Ricorso contro cartella di pagamento - Dichiarazione Iva omessa

ESEMPI DI RICORSO 

Ricorso contro cartella di pagamento - Dichiarazione Iva omessa 

ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI .......................................... 

contro 

AGENZIA DELLE ENTRATE - Ufficio locale di ......................... 

Ricorso avverso Cartella di pagamento 

Istanza di trattazione in pubblica udienza 

Istanza di sospensione dell’atto impugnato 

Ricorrente: ..................................................., con sede in .................................. (......), Via ......................................................................, 

n. ......., iscritta nel Registro delle Imprese di ........................, codice fiscale e partita Iva n. .................................................., 

in persona del legale rappresentante Sig. ra ........................................................., nata il ....................... a 

................................................, residente in ......................................., Via ..................................................., n. ............, 

codice fiscale ........................................................., rappresentata e difesa dal Dott. ........................................................., 

Ragioniere commercialista e Revisore contabile (Studio .........................................................), giusta procura ad litem 

rilasciata in calce al presente ricorso, 

PREMESSO 

- che in data 31.05.2007, l’Agenzia delle Entrate di ........................ ha notificato la cartella di pagamento n. ..........................., 

della somma complessiva di € 91.804,46, costituita dalle voci che si elencano di seguito, come testualmente descritte 

in cartella (all.1): 

1. Imposta sul valore aggiunto - omesso o carente versamento €. 1.357,00; 

2. Imposta sul valore aggiunto - omesso o carente versamento € 14.726,00; 

3. Iva interessi - omesso versamento € 53,98; 

RATIOConte N . 2 / 2 0 0 8 - 6073-Cdf 

1

2 RATIOConte N . 2 / 2 0 0 8 - 6073-Cdf 



4. Iva interessi - omesso o carente versamento € 81,78; 

5. Iva interessi - omesso versamento € 585,81; 

6. Iva interessi - omesso o carente versamento € 887,50; 

7. Iva sanzione pecuniaria - omesso o carente versamento € 407,10; 

8. Iva sanzione pecuniaria - omesso o carente versamento € 4.417,80; 

9. Recupero Rimborso IVA (imposta) - omesso o carente versamento € 50.000,00; 

10. Recupero Rimborso IVA (interessi) - omesso versamento € 1.989,04; 

11. Recupero Rimborso IVA (interessi) - omesso o carente versamento € 2.292,89; 

12. Recupero Rimborso IVA (sanzione) - omesso o carente versamento € 15.000,00. 

Totale (oltre diritti di notifica pari ad € 5,56) € 91.798,90 

- che tale iscrizione deriva da un ruolo (ordinario) n. ............/....................... reso esecutivo in data 12.07.2006, 

afferente dichiarazione modello Unico/2003 per il periodo d’imposta 2002. 

”Somme dovute a seguito del controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 

e/o dell’art. 54 bis del D.P.R. n. 633/1972. Comunicazione predisposta in data 22.02.2006 con codice atto 

numero ...........................................“. 

Ciò premesso, impugna la cartella di pagamento sopra richiamata, poiché infondata, e 

RICORRE 

a codesta On. le Commissione, esponendo quanto segue: 

1) Osservazioni preliminari. 

Il nuovo sistema di riscossione basato principalmente sulle iscrizioni a ruolo, è disciplinato da una serie di decreti 

legislativi, in attuazione della legge delega del 28.09.1998 n. 337. Purtroppo, tale sistema, così com’è stato fino ad



oggi rappresentato, mostra tutta la sua inadeguatezza e spesso preclude, al destinatario della pretesa, di esercitare 

il proprio diritto di difesa. Nella fattispecie, infatti, la cartella di pagamento non pone il soggetto intestatario nella 

condizione di conoscere i presupposti della pretesa dell’ente emittente (in questo caso l’Agenzia delle Entrate - 

Ufficio locale di ........................................), giacché carente degli elementi minimi necessari per la sua validità, dei 

quali si dirà più avanti. L’unica cosa chiara dell’atto in questione, è invece il pericolo di esecuzione forzata, insito 

nella stessa cartella ed a cui si trova esposta la ricorrente; da qui la richiesta di sospensione degli effetti della cartella 

di pagamento. 

2) Palese nullità della cartella di pagamento e/o della sua giuridica inesistenza. 

A. Assenza dei requisiti di cui all’art. 6 e 1 del Decreto Ministero delle Finanze 3.9.1999, n. 321, e cioè degli 

elementi e della motivazione sui quali si basa l’iscrizione a ruolo. 

Il Ministero delle Finanze, con Decreto Ministeriale n. 321/1999, impone ai soggetti coinvolti nel procedimento di 

riscossione - ente creditore (nella fattispecie Agenzia delle Entrate) prima, all’atto della compilazione del ruolo (art. 

1) ed il Concessionario del servizio di riscossione, e poi all’atto della predisposizione della cartella di pagamento 

(Art. 6) - di indicare, rispettivamente nel ruolo e nella cartella, gli elementi essenziali che consentono al contribuente 

di ricostruire la vicenda da cui prende le mosse la pretesa. In quest’ottica il DM 321/1999 prescrive che si proceda 

alla riscossione tramite atti dal contenuto vincolato recanti indicazioni minime quali: 

a) l’ente creditore; 

b) la specie del ruolo; 

c) il codice fiscale e i dati anagrafici dei debitori; 

d) ..... 

e) l’anno ed il periodo di riferimento del credito; 


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f) l’importo di ogni articolo di ruolo; 

g) il totale degli importi iscritti nel ruolo; 

h) il numero delle rate in cui il ruolo deve essere riscosso, l’importo di ciascuna di esse e la cadenza delle stesse; 

i) la data di consegna al Concessionario. 

Il ruolo e la cartella di pagamento devono contenere “l’indicazione sintetica degli elementi sulla base dei quali 

è stata effettuata l’iscrizione al ruolo; nel caso in cui l’iscrizione a ruolo consegua ad un atto precedentemente 

notificato, devono essere indicati gli estremi di tale atto e la relativa data di notifica” (art. 1, c. 2 e 6 D. M. 321/ 

1999). Tali indicazioni sono essenziali per consentire al soggetto passivo di esercitare il proprio diritto di difesa e 

di comprendere m quale precedente fase amministrativa si incardini l’attuale pretesa. In materia di riscossione delle 

imposte tramite cartella, vi sono state pronunce di talune Commissioni Tributarie, che hanno sancito il principio 

secondo cui l’ente percettore “non può avanzare richieste “criptiche” nei confronti del contribuente, costringen- 

dolo a compiere opere di ardita interpretazione per comprendere - sulla base dei numeri e dei simboli usati - 

le motivazioni delle richieste formulate dall’amministrazione stessa nei suoi confronti; la cartella esattoriale che 

contiene una simile pretesa, generica ed incomprensibile, deve pertanto essere annullata” (vd. C.T.R. Lombardia 

Sez. VIII del 12.12.1997 n. 211, C.T.C. 12.07.96, n. 3741; Idem, 7.10.92, n. 5274; Id., 5.09.92, n. 4773; Id., 6.03.92, n. 

1289; Id., 27.11.91, n. 8037; Id., 12.05.90, n. 3587; Id., 5.05.90, n. 3378; Id., 20.06.89, n. 4334). Anche, di recente, la 

Corte di Cassazione, intervenendo in materia, ha messo in evidenza la violazione perpretata dagli enti impositori che 

violano palesemente il diritto di difesa del contribuente, in quanto: “la cartella esattoriale deve indicare, oltrechè 

l’ammontare del tributo recuperato a tassazione, la natura stessa di tale tributo, non competendo al cittadino - il 

quale si vede recapitare una cartella esattoriale priva di qualsivoglia riferimento alla natura suddetta - pervenire 

alla ricostruzione della stessa attraverso operazioni interpretative condotte sulla base di elementi offerti in forma



criptica in cartella (Cass., sez. I, 20.12.1999, n. 14306). Ebbene, la cartella di pagamento in contestazione è 

assolutamente carente sotto questo profilo ed impedisce di individuare il titolo sostanziale della pretesa. Per questo 

la cartella è nulla e merita di essere senza indugio revocata. 

B. Violazione della Legge 27.07.2000 n. 212. 

Ancor più clamorosa e palese è la violazione dei precetti contenuti nella L. 212/2000 che detta disposizioni a tutela 

del contribuente procedimentalizzando la fase impositiva ed assicurando una serie di ineliminabili cautele volte a 

riequilibrare il divario esistente fra le parti (A.F. e contribuente). La disciplina è violata dalla cartella de qua in ogni 

sua parte. A suffragio di quanto sopra affermato, è opportuno sottolineare - senza peraltro dimenticare il significato 

e lo scopo di quanto disposto dalle altre norme della legge citata - la portata dell’art. 7, che al 1° comma recita 

testualmente: “Gli atti dell’Amministrazione Finanziaria sono motivati secondo l’art. 3 della L. 7.8.1990 n. 241, 

concernente la motivazione dei presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione 

dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad altro atto, questo deve essere allegato all’atto che 

lo richiama.” Da tale dettato emerge, in maniera inequivocabile, la conferma del legislatore nel considerare la 

motivazione uno degli elementi essenziali per la valida esistenza degli atti della pubblica amministrazione, qual è 

appunto la cartella di pagamento in questione, che, nella fattispecie, non risulta possedere il citato requisito. Invero, 

oltre rilevare l’elencazione degli importi richiesti (vd. pagg. 1 e 2) che, fra l’altro, assommano a circa € 92.000,00, 

dalla cartella in questione non è dato comprendere assolutamente la motivazione di un simile recupero. In partico- 

lare, della sequenza di voci (ben 12!) non vi è traccia né di motivazione né dei relativi conteggi. Pertanto si insiste 

sulla nullità dell’atto in parola. 

3. Nel merito. 

Acclarato quanto sopra, e volendo ipotizzare le ragioni di un’iscrizione a ruolo come quella di cui trattasi, appare 


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del tutto illegittima la procedura seguita dall’Ufficio poiché sembra che la rettifica ex art. 54 bis D.P.R. 633/1972, sia 

da imputare al credito Iva 2001 non riconosciuto così come indicato nel modello Unico 2003 (periodo d’imposta 2002 

- rigo VL26, € 49.758,00). Infatti, da quanto sopra non è dato comprendere il motivo del recupero tenuto altresì conto 

che, a seguito di istanza di rimborso presentata nel febbraio 2003, per € 50.000,00, l’Ufficio - esperiti gli opportuni 

controlli - ha provveduto alla liquidazione e conseguenziale pagamento. Da ciò ne deriva che nella sostanza il 

contribuente aveva ed ha pieno diritto al predetto credito. Orbene, dalla disamina delle diverse dichiarazioni collegate 

alla pretesa in esame emerge che la stessa trae origine da una presunta omessa dichiarazione Iva relativa al periodo 

di imposta 2001. In verità non è così. Infatti, il modello Unico 2001 rifletteva il primo periodo d’imposta della società 

........................................................... che andava dal 28.11.2000 al 31.12.2001. Per questioni meramente tecniche, 

essendo un periodo “a cavallo” la procedura software non ha abbinato la dichiarazione Iva (2001) al predetto modello 

Unico. Di talché, appena resisi conto della situazione, la società ha provveduto a trasmettere la dichiarazione Iva 2001, 

a mezzo servizio postale in data 27.10.2003 protocollo n. 851911770, versando anche la somma di € 51,60 a titolo di 

sanzione ridotta per il “ravvedimento spontaneo” effettuato (alI. 2 e 3). È evidente che si è trattato di un fatto estraneo 

alla volontà del contribuente e che l’Erario non ha subito alcun danno, poiché è stato messo in grado di verificare 

- nella sostanza - la legittimità del credito in parola (tant’è, ricordiamo, che è stato effettuato il relativo rimborso). 

Ad abuntantiam, sembra opportuno al riguardo evidenziare che l’art. 10 della L. 212/2000, nota quale “Statuto dei 

diritti del contribuente”, rubricato “Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente”, al c. 1 

statuisce che: i rapporti tra contribuente e Amministrazione Finanziaria sono improntati al principio della 

collaborazione e della buona fede. Di tutto ciò il contribuente ne è pienamente convinto, tant’è che, sin dal 

ricevimento dell’avviso bonario relativo, ha posto in essere tutti gli atti previsti dall’ordinamento per l’annullamento 

della pretesa erariale, in sostanza infondata.



Infatti: 

- in data 6.10.2005 è stata presentata richiesta di annullamento in autotutela (all. 4); 

- in data 21.10.2005 è stata presentata una nota evidenziando che la giurisprudenza e la prassi emanata al riguardo 

concordavano sul fatto che il credito spettasse (all. 5); 

- in data 4.06.2007 è stata ripresentato il carteggio di cui sopra poiché l’Ufficio aveva smarrito la pratica, fermo 

restando che ripetutamente i diversi impiegati e funzionari che si sono occupati del caso avevano affermato 

(verbalmente) che l’Ufficio avrebbe provveduto all’annullamento dell’atto in trattazione. In definitiva non vi sono 

dubbi sulla spettanza del credito e di ciò sembra convinto anche l’Ufficio. A tal fine riportiamo le disposizioni 

normative, la massi ed una selezione di sentenze della S.C.: 

a) art. 1 D.P.R. 10.11.1997, n. 443; 

b) R. M. 8.05.2001, n. 60; 

c) Cassazione, Sez. I, 20.01.1997, n. 544; id. 25.02.1998, n. 2063; id. 17.04.1998, n. 3916; id. 4.02.2000, n. 1204. 

Ne consegue che l’imposta iscritta in cartella è illegittima come sono illegittimi gli oneri accessori (interessi 

e sanzioni). 

la ricorrente chiede a Codesta On. le Commissione: 

In via preliminare: 

P.Q.M. 

• La sospensione della cartella di pagamento ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 del D.Lgs. 546/1992, in conside- 

razione dell’evidente fumus boni juris, emergente dal ricorso (cartella di pagamento priva dei presupposti essenziali, 

lesiva del diritto di difesa ed infondata nella pretesa), nonché del pericolo di danno grave ed irreparabile derivante 

al contribuente in considerazione dell’elevato importo richiesto (€ 91.804,46). 


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Infatti, a quest’ultimo riguardo, la contribuente non dispone della liquidità necessaria (vd. bilancio al 31.12.2006 - 

ultimo presentato al Registro Imprese, all. 6) e sarebbe costretta a porre in essere operazioni straordinarie, pren- 

dendo in seria considerazione addirittura l’alienazione di immobilizzazioni, ponendo così a rischio l’azienda nella 

gestione corrente (pagamento dei salari e stipendi, contributi, fornitori, ecc.). Tutto ciò per far fronte ad una pretesa 

infondata dell’Amministrazione Finanziaria. Pertanto, anche il periculum in mora è pienamente comprovato. 

• La trattazione del presente ricorso in pubblica udienza ai sensi dell’art. 33, c. 1, D.Lgs. 546/1992. 

In diritto e nel merito. 

a) La declaratoria di nullità della cartella di pagamento citata in premessa per complessivi €. 91.804,46, giacché 

infondata; 

b) L’annullamento della cartella di pagamento medesima per assoluta mancanza di motivazione. 

In ipotesi denegata di quanto precede: 

c) L’annullamento delle sanzioni amministrative ex artt. 5 e 6 del D.Lgs. 472/1997. 

d) In ogni caso, la condanna delle spese di giudizio ex art. 15 del D.Lgs. 546/1992 dell’Agenzia delle Entrate, rilevato 

altresì che un simile contenzioso poteva senza dubbio essere evitato al contribuente che si è veduto costretto a 

presentare ricorso giurisdizionale nonostante tutta la collaborazione profusa e nella convinzione delle valide ragioni 

sostenute. Il presente ricorso, redatto in duplice esemplare, è notificato mediante presentazione dell’atto ai sensi 

dell’art. 20 del D.Lgs. 546/1992, all’Agenzia delle Entrate - Ufficio di ..........................., con invito a costituirsi nei 

modi e nei termini di legge e la copia, che la parte dichiara conforme all’originale, a mente dell’art. 22 del D.Lgs. 

546/1992, sarà depositata entro il termine di 30 giorni, presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale 

di ........................... 

Si fa riserva di produrre ulteriori documenti e di presentare memorie, e si allega il fascicolo di parte con la seguente



documentazione: 

1. fotocopia della cartella di pagamento; 

2. fotocopia della dichiarazione Iva 2001 e del relativo versamento della sanzione a titolo di “ravvedimento spon- 

taneo”; 

3. richiesta di annullamento della cartella in autotutela e nota integrativa alla stessa; 

4. bilancio 2006 (ultimo presentato) della società dal quale si rileva l’insufficienza delle disponibilità liquide per il 

pagamento della cartella impugnata. 

PROCURA 

Delego a rappresentarmi ed assistermi nel giudizio di cui al ricorso che precede, in qualunque grado e stato, il Dott. 

Rag. ......................................................, iscritto ................................................................................, conferendo ogni e 

più ampia facoltà e mandato, compreso quello di sottoscrivere atti del ricorso, eventuali memorie e repliche, e di 

farsi sostituire in qualsiasi stato e grado del giudizio. All’uopo elegge domicilio nello studio del suddetto profes- 

sionista in .......................................... (.........), Via ....................................., n. ........ - cap .......... (Studio ..................................................). 

Il legale rappresentante ...................................................... 

visto per l’autentica 


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