ARTURO ROSSO Antologia di lirici greci - Taliaeditrice.It
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<strong>ARTURO</strong> <strong>ROSSO</strong><br />
<strong>Antologia</strong> <strong>di</strong> <strong>lirici</strong> <strong>greci</strong><br />
In<strong>di</strong>ce<br />
ALCEO<br />
1 Una “volpe” nelle lotte politiche ............................................................................. 1<br />
2 Beviamo, Melanippo ................................................................................................. 2<br />
3 Nascita <strong>di</strong> Achille ...................................................................................................... 3<br />
4 I Dioscuri .................................................................................................................. 4<br />
5 La miglior me<strong>di</strong>cina .................................................................................................. 5<br />
6 Esule nelle più lontane contrade .............................................................................. 6<br />
1<br />
ARCHILOCO<br />
Non apparenza, ma sostanza .................................................................................... 8<br />
2 La serenità sta nell’accontentarsi ............................................................................ 8<br />
3 Tecniche <strong>di</strong> combattimento ....................................................................................... 9<br />
4 L’animo umano ....................................................................................................... 10<br />
5 La volpe e la scimmia ............................................................................................. 11<br />
6 Preghiera a Zeus .................................................................................................... 11<br />
IPPONATTE<br />
1 Un errore irrime<strong>di</strong>abile .......................................................................................... 13<br />
2 Cambio forzato <strong>di</strong> <strong>di</strong>eta .......................................................................................... 13<br />
3 Prelibatezze proibite ............................................................................................... 14<br />
4 Un pittore da quattro sol<strong>di</strong>, per <strong>di</strong> più menagramo................................................ 15<br />
5 Voglia <strong>di</strong> ciceone .................................................................................................... 16<br />
6 Invocazione quasi epica .......................................................................................... 17<br />
1<br />
SAFFO<br />
Ciò che è più desiderabile ...................................................................................... 18<br />
2 Splendore <strong>di</strong> luna .................................................................................................... 19<br />
3 Lo sposo aitante ...................................................................................................... 20<br />
4 Al santuario <strong>di</strong> Cipride ........................................................................................... 21<br />
5 “Proteggete mio fratello”........................................................................................ 22<br />
6 Andromaca, tenera sposa dagli occhi vivaci .......................................................... 23<br />
7 La mitra negata ...................................................................................................... 26
1 - Una «volpe» nelle lotte politiche <strong>di</strong> Lesbo<br />
- fr. 69 Voigt (vv. 1-8)<br />
ALCEO<br />
L’interesse <strong>di</strong> questo frammento che rappresenta una parte minima – appena due strofe,<br />
probabilmete quelle iniziali – <strong>di</strong> un componimento che doveva esere piuttosto esteso, a giu<strong>di</strong>care<br />
dal metro prescelto della strofe saffica, è dovuto soprattutto alla citazione dei Li<strong>di</strong>; costituisce<br />
quin<strong>di</strong> una evidente allusione a vicende contemporanee. Non siamo in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>re nello specifico<br />
a quali avvenimenti storici riman<strong>di</strong>, né quale ne sia il preciso significato: la comparsa del termine<br />
chiaramente metaforico può far pensare a qualche astuto e spregiu<strong>di</strong>cato personaggio (forse<br />
un tiranno: Mirsilo? Pittaco?) che cerca <strong>di</strong> approfittare della situazione ma viene energicamente<br />
contrastato dalle eterie aristocratiche.<br />
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fonte. Papiro <strong>di</strong> Ossirinco 1234<br />
lingua: daletto eolico<br />
metro: strofe saffica<br />
vv. 1-4: «Padre Zeus, i Li<strong>di</strong> amareggiati per la sorte avversa ci misero a <strong>di</strong>sposizione duemila stateri<br />
a patto che fossimo in grado <strong>di</strong> raggiungere la sacra città».<br />
– : l’esor<strong>di</strong>o del testo è una invocazione al padre degli dei, ma non presenta la forma<br />
delle classiche invocazioni degli inni, dove il nome della <strong>di</strong>vinità è accompagnato da appellativi<br />
esaltanti piuttosto le caratteristiche <strong>di</strong>stintive del <strong>di</strong>o: qui leggiamo una formula più confidenziale,<br />
che riflette un moto insieme <strong>di</strong> in<strong>di</strong>gnazione e <strong>di</strong> incredulità per i fatti che si stanno commentando.<br />
– : forma baritonica, come le successive , , ,; in<br />
attico si avrebbe: , , ,.– : dat. del pron. <strong>di</strong> 1 a<br />
pers. plur.; presenta baritonesi e psilosi (fenomeno tipico del <strong>di</strong>aletto eolico consistente nella<br />
mancata aspirazione iniziale): in attico è . – (): la particella per è <strong>di</strong> uso<br />
corrente nella lingua epica.– : anche questa forma presenta fenomeni <strong>di</strong> baritonesi e psilosi.<br />
L’associazone del termine con l’agg. è tipica espressione epica, dove il nome della città<br />
in quanto creatura <strong>di</strong>vina (tutte le città vantano come loro fondatore un <strong>di</strong>o o un semi<strong>di</strong>o) è<br />
costantemente accompagnato dall’appellativo “sacra”.– : inf. aor. con baritonesi da ;<br />
att.: .<br />
vv. 5-8: «loro che non hanno mai nutrito né conosciuto alcun nobile sentimento; ma lui, astuto come<br />
una volpe, prevedendo un facile successo sperava <strong>di</strong> passarla liscia».<br />
Per quanto è dato <strong>di</strong> capire, anche se il testo non offre gran<strong>di</strong> spunti, il poeta sembrerebbe qui<br />
denunciare una mossa assai sospetta dei Li<strong>di</strong>, conosciuti come incapaci <strong>di</strong> slanci <strong>di</strong> nobile<br />
generosità. – : presenta fenomeno <strong>di</strong> crasi; in attico avremmo . ' :<br />
compare improvvisamente, con una brusca svolta del pensiero, il riferimento al personaggio che<br />
doveva essere il vero motivo ispiratore del componimento. Egli è definito «astuto come una volpe»,<br />
1
abituato quin<strong>di</strong> a sfruttare le situazioni ambigue per avvantaggiarsi personalmente cercando facili<br />
successi (=).: è un calco omerico, costruito cioè con la stessa<br />
tecnica degli epiteti che caratterizzano la lingua epica. – : pt. aor. nom., att.: .–<br />
(att.: ): inf. ft da .<br />
2 - Beviamo, Melanippo…<br />
- fr. 38 Voigt (vv.1-13)<br />
Il componimento si presenta come una riflessione simposiale, una delle più autentiche riflessioni<br />
simposiali, dove l’incontro tra due amici nell’atmosfera <strong>di</strong>stesa del convito lascia spazio<br />
all’essenzialità delle considerazioni sul tempo della vita. Anche questo testo è stato trasmesso<br />
frammentario dai Papiri <strong>di</strong> Ossirinco, ma pur nel breve respiro del componimento è possibile<br />
cogliere un senso compiuto e lo sviluppo armonico <strong>di</strong> un pensiero; la riflessione non è nuova nei<br />
<strong>lirici</strong>, e può essere così riassunta: la vita è breve, ed i suoi oggettivi limiti (la morte che tutti attende)<br />
non consentono <strong>di</strong> fare gran<strong>di</strong> progetti; non resta dunque che sfruttare al meglio le energie concesse<br />
dall’effimera giovinezza. In posizione centrale nel testo (cosa che potrebbe far pensare ad una sua<br />
sostanziale completezza) trova collocazione il mito <strong>di</strong> Sisifo, sfruttato in tutta la sua potenzialità<br />
<strong>di</strong>dascalica.<br />
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fonte: Papiri <strong>di</strong> Ossirinco 1233<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: pentapo<strong>di</strong>e dattiloi<strong>di</strong><br />
vv. 1-4: «Bevi, bevi con me, Melanippo. Che vuoi? Quando uno ha superato i minacciosi gorghi<br />
dell’Acheronte compiendo il grande passo, è forse ancora tornato a vedere la luce del sole? Su, non<br />
fare grossi progetti»<br />
– (): l’uso dei due verbi è comune in Alceo e sottolinea <strong>di</strong> volta in volta l’invito alla<br />
riflessione, il raggiunto equilibrio delle passioni, oppure l’esultanza per qualche evento<br />
particolarmente felice; la forma ha il suo corrispettivo nell’imp. att. . – '<br />
: l’Acheronte, il più celebre dei fiumi infernali, viene definito «vorticoso», a sottolineare<br />
l’insomontabile barriera che si crea con la morte tra mondo dei vivi e inferi. –: pt. aor. da<br />
, caratterizzato nella sua forma eolica dal suono consonantico doppio iniziale e dalla<br />
baritonesi. – : rappresenta, come si evince dal contesto, una domanda retorica per cui è<br />
evidente la risposta negativa; l’espressione può anche essere stilisticamente interpretata come un<br />
topos <strong>di</strong> particolare fortuna: si pensi, ad es., all’unde negant re<strong>di</strong>re quemquam <strong>di</strong> Catullo.– :<br />
2
costituisce formula esortativa <strong>di</strong> uso frequente con l’imperativo (att.: ); anche a<br />
questo proposito emerge un’assonanza con l’oraziano spem longam reseces <strong>di</strong> O<strong>di</strong> I, 11.<br />
vv. 5-10: «Perché anche Sisifo, il re figlio <strong>di</strong> Eolo che fra gli uomini era il più ingegnoso, si illudeva<br />
<strong>di</strong> sfuggire alla morte; era sì molto scaltro, ma per legge inflessibile del fato andò, attraversò il<br />
vorticoso Acheronte e il grande Cronide gli decretò una pesante punizione da scontare sotto la nera<br />
terra».<br />
–: si tratta del celebre personaggio <strong>di</strong> Sisifo, ricordato qui con il<br />
patronimico e con la specificazione del ruolo sociale <strong>di</strong> «re»: era infatti re <strong>di</strong> Corinto, secondo il<br />
mito. Il personaggio era famoso per la sua astuzia che aveva sfruttato fino al punto <strong>di</strong> osare <strong>di</strong><br />
ingannare gli dei. Suo <strong>di</strong>scendente era Ulisse, ricordato per le stesse qualità ad es. in Euripide,<br />
Ciclope.– : è un epiteto <strong>di</strong> sapore epico, composto da una parte avv. e dalla rad.<br />
vb. che in<strong>di</strong>ca conoscenza, sapere; anch’esso ci ricorda molto da vicino gli epiteti usati da<br />
Omero per Ulisse.– : att. , 3 sing. dell’impf. <strong>di</strong> , qui usato nel senso <strong>di</strong> «decretare,<br />
<strong>di</strong>sporre»; regge l’inf. ().<br />
vv. 10-13: «Ma non pensare alla morte, finché siamo giovani, specialmente. Ora bisogna reggere a<br />
qualsiasi prova che Dio ci dà da sopportare. E se infuria il gelido vento del nord…»<br />
– : riprende in parallelo, con un chiaro rimando interno, l’espressione <strong>di</strong> v. 4;<br />
è forma eolica corrispondente all’att. . – ]': ()<br />
forma <strong>di</strong> cong. aor. con vocale tematica breve introdotto da che si trova usato sia con il<br />
cong. sia con l’i<strong>di</strong>c.– :è da intendere come locuzione avverbiale; letter.: ”se mai<br />
anche in altra occasione”. Secondo altre ipotesi <strong>di</strong> integrazione il testo qui risulterebbe così<br />
formulato: [ / : «ora soprattutto bisogna bere».<br />
3 - Nascita <strong>di</strong> Achille<br />
- fr. 42 Voigt (vv. 1-16)<br />
Due figure femmnili, due donne celebri del mito costituiscono ispirazione per questo canto <strong>di</strong><br />
Alceo: Elena e Teti. La prima, con la sua bellezza funesta, è causa <strong>di</strong> infiniti mali ai Troiani, come è<br />
possibile dedurre dai primi versi rimasti dove si accenna a Priamo, re sfortunato della “sacra Ilio”,<br />
ed alla sua <strong>di</strong>scendenza, travolti dal fascino maledetto <strong>di</strong> Elena: molto esplicito, a questo proposito,<br />
il significato degli ultimi due versi; la seconda figura, con la sua virtù <strong>di</strong> sposa e <strong>di</strong> madre occupa la<br />
parte centrale del componimento; il ritratto <strong>di</strong> Teti, donna esemplare, culmina nella solennità dei vv.<br />
13-14, interamente costituiti dalla celebrazione delle lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> Achille, il “semi<strong>di</strong>o” figlio della<br />
Nereide.<br />
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3
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fonte: Papiri <strong>di</strong> Ossirinco<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe saffiche<br />
vv. 5-11 «Non una moglie <strong>di</strong> questa tempra si prese l’Eacide quando invitò al suo matrimonio tutti<br />
gli dei; la condusse tenera, vergine sposa dalla casa <strong>di</strong> Nereo alla casa <strong>di</strong> Chirone. Sciolse lui stesso<br />
la cintura <strong>di</strong> vergine e [tutti i convitati] inneggiavano all’amore <strong>di</strong> Peleo e della migliore delle<br />
Nerei<strong>di</strong>».<br />
– (att. ) è attr. <strong>di</strong> , a sua volta ogg. <strong>di</strong> ().– : con<br />
baritonesi; att. ,pt. aor.<strong>di</strong> . – (): figlio <strong>di</strong> Ponto e <strong>di</strong> Gea, precedente a<br />
Poseidone, è una delle <strong>di</strong>vinità che rappresenta le forze primitive della natura; da Doride generò le<br />
Nerei<strong>di</strong>. –(att. ): è agg. caro anche a Saffo per esprimere il fascino della figura<br />
femminile (cfr. , fr. 12 Gallavotti, v. 8). – : il Centauro Chirone,<br />
figlio <strong>di</strong> Crono e <strong>di</strong> Filira, a sua volta figlia <strong>di</strong> Oceano. Aveva una pre<strong>di</strong>lezione per Peleo, al quale<br />
aveva consigliato <strong>di</strong> sposare Teti, dandogli anche preziosi consigli sul modo <strong>di</strong> conquistarla. Di qui<br />
la sua assidua presenza nella vita della coppia. Quando nacque Achille Chirone <strong>di</strong>ventò il suo<br />
naturale precettore. – (att. ): è 3 pers plur. dell’impf. <strong>di</strong> epresenta fenomeno<br />
<strong>di</strong> psilosi; come tutti i verbi con tema in vocale segue nel daletto eolico la coniugazione dei vb. in -<br />
.<br />
vv. 12-16 «al volgere <strong>di</strong> un anno partorì il migliore tra i semidei, felice conducente <strong>di</strong> bion<strong>di</strong> cavalli,<br />
mentre i Frigi e la loro città perirono a causa <strong>di</strong> Elena».<br />
– : la proposta <strong>di</strong> integrazione riprende significativamente lo stesso attributo, assegnato sia<br />
alla madre sia al figlio. –(att. , con baritonesi): è attributo <strong>di</strong> , e presenta la<br />
caratteristica desinenza del gen. plur. eolico. – (att. ): propriamente “che spinge”,<br />
in quanto deriva dal vb. .<br />
4 - I Dioscuri<br />
- fr. 44 Lobel-Page (vv. 1-12)<br />
Il frammento conserva tre strofe delle sei che contava originariamente. Si presenta come<br />
componimento inno<strong>di</strong>co de<strong>di</strong>cato a Castore e Polluce, i due fratelli <strong>di</strong> Elena conosciuti come<br />
Dioscuri, cioè figli <strong>di</strong> Leda e <strong>di</strong> Zeus. I Dioscuri erano venerati come protettori dei naviganti in<br />
balia delle turbolenze del mare, e come tali appunto in questo inno vengono invocati. Come nella<br />
rappresentazione ingenua degli inni omerici, anche qui la manifestazione rassicurante del<br />
soprannaturale è descritta sottolineando la scattante esuberanza giovanile dei due fratelli <strong>di</strong>vini.<br />
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4
fonte: Papiro <strong>di</strong> Ossirinco 1233<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe saffiche<br />
vv. 1-6 «Lasciate l’isola <strong>di</strong> Pelope, o figli valorosi <strong>di</strong> Zeus e <strong>di</strong> Leda, e qui a me mostratevi con<br />
animo benigno, Castore e Polluce, voi che percorrete in groppa ai vostri celeri cavalli la terra<br />
spaziosa ed il mare intero».<br />
– ]: è il Peloponneso, terra in cui i Dioscuri godono <strong>di</strong> particolare venerazione,<br />
essendo legati per ragioni <strong>di</strong> stirpe alla città <strong>di</strong> Sparta. Pelopeèeroe eponimo, figlio <strong>di</strong> Tantalo<br />
(quin<strong>di</strong> principe <strong>di</strong> origini orientali) e sposo <strong>di</strong> Ippodamia che gli darà una <strong>di</strong>scendenza famosa (gli<br />
Atri<strong>di</strong>). –: l’aggettivo esprime apprezzamento <strong>di</strong> valore ed ar<strong>di</strong>mento. Altri e<strong>di</strong>tori<br />
propongono integrazioni con oppure , che non comportano alcuna alterazione <strong>di</strong><br />
significato essendo sinonimi. –: è imperativo e con l’espressione iniziale <br />
costituisce formula caratteristica delle preghiere e delleinvocazioni rivolte ad una <strong>di</strong>vinità. –<br />
: l’aggettivo ha significato <strong>di</strong> “ampio”, “vasto” ed è anchc’esso un’eco dell’epiteto omerico.<br />
– ' : i Dioscuri vengono or<strong>di</strong>nariamente raffigurati a cavallo, come testimonia<br />
un celebre rilievo marmoreo del II sec. a.C. custo<strong>di</strong>to nel Museo Nazionale <strong>di</strong> Atene; a cavallo<br />
compaiono anche in una versione occidentale del loro mito, quando avrebbero annunciato alla città<br />
<strong>di</strong> Roma l’esito vittorioso della battaglia del lago Regillo, abbeverando i loro cavalli nel Foro alla<br />
fonte <strong>di</strong> Diuturna.<br />
vv. 7-12 «e con facilità scampate da gelida morte gli uomini balzando sugli alberi delle navi ben<br />
fatte <strong>di</strong> lontano, fulgi<strong>di</strong>, correndo lungo le gomene e portando una luce alla nave nera nella notte<br />
affannosa».<br />
– : è forma eolica per , con significato letterale <strong>di</strong> “gelido”; fuori <strong>di</strong><br />
metafora potrebbe essere reso con “che spaventa, che dà terrore”.– (att.): cioè<br />
l’estremità degli alberi delle navi; con le immagini che seguono, il riferimento espresso a<br />
, “gomene”, e , “luce”, riporta ad un fenomeno tipico, i Fuochi <strong>di</strong> Sant’Elmo, ben<br />
noto ai marinai imbarcati sui velieri dei secoli scorsi. – (att.): il verbo<br />
esprime la straor<strong>di</strong>naria rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> movimento dei Dioscuri e conferisce all’ultima strofe un<br />
andamento assai mosso e vivace.<br />
5 - La migliore me<strong>di</strong>cina<br />
- fr. 335 Voigt (vv. 1-4)<br />
Quet’unica strofe, citata da Ateneo, <strong>di</strong> un carme che non sappiamo quanto fosse esteso propone<br />
un tema caro ad Alceo: il vino come via d’uscita dal dolore e dagli affanni. Il componimento è<br />
sicuramente da collocare in ambito simposiale: lo <strong>di</strong>ce lo schema <strong>di</strong> questo breve testo che contiene,<br />
tra l’altro, anche il nome del destinatario dell’esortazione, Bicchi; probabilmente uno dei giovani a<br />
cui gli anziani dell’eteria <strong>di</strong>spensavano i loro consigli. Considerati tutti questi elementi, si potrebbe<br />
ipotizzare che il componimento avesse un contenuto politico.<br />
,<br />
,<br />
, ' <br />
<br />
<br />
fonte: Ateneo Deipnosofisti 10, 430b-c<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe alcaica<br />
5
vv. 1-3: «Non bisogna lasciare l’animo in balìa delle sventure, perché soffrendo non ne avremo<br />
alcun profitto, o Bicchi»<br />
– : è inf. eolico corrispondente alla forma attica . – : pt. aor. da<br />
; svolge funzione <strong>di</strong> una proposizione ipotetica implicita.<br />
vv. 3-4: «al contrario: il miglior rime<strong>di</strong>o è farsi portare del vino, e sbronzarsi»<br />
– (att. ) è pt. aor. da un tema <strong>di</strong>. Quanto al suo valore, è<br />
il caso qui <strong>di</strong> sottolineare la sfumatura causativa della forma me<strong>di</strong>a.<br />
6 - Esule nelle più lontane contrade<br />
- fr. 130b Voigt (vv. 1-20)<br />
Nel componimento leggiamo un tema centrale, quello dell’esilio, che si porta <strong>di</strong>etro nostalgia e<br />
tormento. Non è dato sapere, anche perché manca tutto l’inizio della lirica, se il poeta si rivolgesse<br />
nella precarietà e nella tristezza dell’esilio ad un amico per trovarvi conforto, oppure se i versi<br />
costituissero uno sfogo personale, una sorta <strong>di</strong> solitaria me<strong>di</strong>tazione da cui sono lontani i toni<br />
irruenti e propri dell’atmosfera calda e cameratesca del simposio.<br />
<br />
<br />
<br />
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[]<br />
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[ ].[ ]...<br />
<br />
fonte: Papiro <strong>di</strong> Ossirinco 2165<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe asclepiadea tetrastica<br />
vv. 1-7: «io, infelice, ignaro delle tue vicende, vivo una con<strong>di</strong>zione da sevaggio, con il desiderio<br />
insaziabile <strong>di</strong> ascoltare l’assemblea radunata dal bando degli aral<strong>di</strong> e la bulè, o figlio <strong>di</strong> Agesilao: <strong>di</strong><br />
queste istituzioni hanno goduto mio padre e il padre <strong>di</strong> mio padre, fino agli ultimi anni con questi<br />
concitta<strong>di</strong>ni che a vicenda si fanno del male».<br />
– : secondo l’integrazione proposta da Gallavotti può essere inteso come pt. <strong>di</strong> forma eolica<br />
da , che regge il succesivo accusativo plur. (att. ). – (att.<br />
6
): è gen.<strong>di</strong>pendente come cpl. <strong>di</strong>retto dal verbo <strong>di</strong> percezione .– (att.<br />
): allude all’annuncio <strong>di</strong> convocazione dell’assemblea dato dai ban<strong>di</strong>tori per la città.<br />
– : è una crasi da .– : è forma <strong>di</strong> pron. rel. n. pl. secondo un uso già<br />
ben noto dalla lingua omerica.– : nonostante il senso molto chiaro dei<br />
termini, l’espressione rimane ambigua nel suo significato, perché non è dato <strong>di</strong> capire se si riferisca<br />
alla famiglia stessa <strong>di</strong> Alceo o se piuttosto si debba pensare al tiranno Pittaco e suo padre, come<br />
parrebbe lasciare intendere anche un altro frammento.– (att.): l’agg. <strong>di</strong>m presenta<br />
qui la doppia declinazione, della pare variabile e <strong>di</strong> quella invariabile. – : è un<br />
termine <strong>di</strong> nuova formazione composto dal pron. reciproco e concordato con <br />
(att. ).<br />
vv. 8-13: «io, invece, sono esule nelle più lontane contrade e come Onomacle qui, solitario, ho<br />
abitato in un posto da lupi preparando guerra; infatti non è la scelta migliore lasciar cadere la lotta<br />
contro chi sta al potere».<br />
– : il personaggio citato in<strong>di</strong>ca termine <strong>di</strong> riferimento per un’esperienza analoga, ma<br />
non si sa se rappresenti figura storica o mitologica.– [']: è proposta <strong>di</strong> integrazione generica ;<br />
altri (Gallavotti) propende per (att. ) che alluderebbe ad un esilio fra gli Sciti,<br />
quin<strong>di</strong> in Tracia. –: si tratta <strong>di</strong> un hapax <strong>di</strong> cui non è certa la con<strong>di</strong>zione morfologica e<br />
quin<strong>di</strong> la sua funzione sintattica, anche se appaare abbastanza trasparente la composizione con<br />
l’elemento fondamentale «lupo».<br />
vv. 13-20: «ed ora, dopo che ho navigato fino al sacro recinto dei beati scendendo sulla terra nera,<br />
infiacchendomi in queste riunioni, vivo lontano dai mali, dove le ragazze <strong>di</strong> Lesbo, famose per la<br />
loro bellezza, volteggiano nei lunghi pepli e tutt’intorno risuona l’eco <strong>di</strong>vina della sacra invocazione<br />
annuale (intonata) dalle donne. Ma quando gli dei Olimpi dalle molte pene….».<br />
– (att. ): inf. aor. da . – : aor. ind. 1 sing.; nella voce verbale è<br />
riconoscibile il sost. , la “nave da trasporto”. –: 1 sing. dell’ind. pres. con baritonesi<br />
(att. ); il vb. è coniugato seguendo la seconda coniugazione, come è consuetu<strong>di</strong>ne dell’eolico<br />
per i vb. con tema in vocale. – (att. ): letter.: giu<strong>di</strong>cate per la loro bellezza,<br />
con come acc. <strong>di</strong> relazione.– (att. ): è il grido rituale levato dalle donne<br />
in occasione <strong>di</strong> cerimonie sacre.<br />
7
1 - Non apparenza, ma sostanza<br />
- fr. 114 W (vv. 1-4)<br />
ARCHILOCO<br />
Chiarissimo il senso <strong>di</strong> questo frammento: in situazioni <strong>di</strong> vera necessità non è l’apparenza che<br />
conta, ma la sostanza che fa premio. La novità consiste piuttosto nella vigorosa affermazione <strong>di</strong> un<br />
principio che tutti formalmente accettano, ma che in pratica non applicano. È infatti invalsa la tendenza<br />
a dare peso e valore solo a ciò che colpisce anche l’occhio: ai tempi <strong>di</strong> Archiloco come ora. La filosofia<br />
esistenziale ed aconformista del poeta si <strong>di</strong>verte a capovolgere ancora una volta gli schemi mentali<br />
correnti: al modello imperante dell’eroe omerico “magnanimo”, ma contrad<strong>di</strong>stinto da corrispondenti<br />
qualità fisiche, Archiloco contrappone un modello “<strong>di</strong>ssociato” in cui non è detto che l’eccellenza si<br />
debba riscontrare in entrambi gli ambiti, anzi, è spesso vero il contrario.<br />
<br />
' ,<br />
<br />
, , .<br />
fonte: Dione Crisostomo, Orazione 33.<br />
lngua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: tetrametri trocaici<br />
«Non mi piace un comandante che posa a gambe <strong>di</strong>varicate, che va superbo dei suoi riccioli ed è tutto<br />
ben rasato: magari ne avessi uno basso, con le gambe storte, ma che procede sicuro sui pie<strong>di</strong>, pieno <strong>di</strong><br />
coraggio».<br />
– a : mancata contrazione; fenomeno abbastanza usuale nel <strong>di</strong>aletto ionico. – :<br />
pt. pf. da . – : espressione augurativa, in cui è possibile vedere<br />
l’originaria funzione del modo ottativo. –: “a vedersi”; inf. usato in funzione del supino passivo<br />
lat. – : propriamente “storto”, “curvo”, con un aspetto cioè tutt’altro che marziale. –<br />
(att. ): è gen. <strong>di</strong> abbondanza, con la trasformazione <strong>di</strong> - puro in , secondo una prassi usuale<br />
nello ionico.<br />
2 - La serenità sta nell’accontentarsi<br />
- fr. 19 W (vv. 1-4)<br />
Ancora una affermazione contro corrente, frutto <strong>di</strong> saggezza popolare; ne dà testimonianza<br />
Aristotele che la riporta come ragionamento <strong>di</strong> un falegname <strong>di</strong> nome Carone, a sua volta portavoce<br />
dello stesso Archiloco. Non è dato sapere da quale occasione fosse ispirata questa citazione: si tratta<br />
probabilmente dell’esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un componimento a cui doveva seguire l’enunciazione in positivo del<br />
sistema <strong>di</strong> valori a cui il parlante vuole ispirarsi, dopo aver premesso un elenco <strong>di</strong> modelli negativi da<br />
evitare.<br />
“,<br />
' , ' <br />
8
, ' ·<br />
.”<br />
fonte: Aristotele, Retorica III, 17; Plutarco, De tranquilitate animi 10.<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: trimetri giambici<br />
«Non m’interessano i tesori <strong>di</strong> Gige ricco d’oro, né me ne prese mai invi<strong>di</strong>a, né nutro gelosia per opere<br />
<strong>di</strong>vine, e non aspiro a un grande potere: è cosa decisamente lontana dai miei orizzonti».<br />
– : è gen. ionico da . Gige è il mitico re <strong>di</strong> Li<strong>di</strong>a della prima metà del VII sec. a.C.,<br />
dunque contemporaneo del poeta. Il nome <strong>di</strong> Gige <strong>di</strong>venne proverbiale e sinonimo <strong>di</strong> uomo<br />
ricchissimo, dall’immenso potere, anche grazie al ritratto che ne traccia Erodoto nel primo libro delle<br />
Storie. – : aor. 3 sing. (con accento d’enclisi) da .– : “opere <strong>di</strong>vine”,<br />
probabilmente da intendere non alla lettera, ma come “opere straor<strong>di</strong>narie”, che superano cioè i normali<br />
limiti umani: potrebbe essere ancora un’allusione al personaggio <strong>di</strong> Gige che supera per potenza e<br />
ricchezze qualsiasi esempio <strong>di</strong> esistenza umana.– (att. ): è costruito con il gen. :<br />
in<strong>di</strong>ca qui il potere assoluto tipico <strong>di</strong> un monarca orientale, senza la connotazione negativa che<br />
assumerà succesivamente nel lessico politico greco. Il termine compare in questo testo per la<br />
prima volta associato al nome <strong>di</strong> Gige, cosa che testimonia l’origine li<strong>di</strong>a del vocabolo, passato poi<br />
nella lingua greca come tanti altri <strong>di</strong> provenienza orientale. – : più che l’organo della vista<br />
in<strong>di</strong>ca qui il raggio che può abbracciare lo sguardo e, metaforicamente, la realtà propria <strong>di</strong> ciascuno, i<br />
limiti entro i quali è ragionevole muoversi.<br />
3 – Tecniche <strong>di</strong> combattimento<br />
- fr. 3 Gallavotti (vv. 1-5)<br />
Il frammento ci introduce in quella che è la più autentica esperienza <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> Archiloco, la guerra.<br />
È uno dei tanti episo<strong>di</strong> d’armi a cui il poeta ha partecipato facendo il mestiere <strong>di</strong> mercenario, contro<br />
avversari sempre <strong>di</strong>versi: ora gli abitanti <strong>di</strong> Taso, ora una tribù semibarbara, quella dei Sai, ora un<br />
contingente <strong>di</strong> esperti del mestiere delle armi quale è quello cui si allude in questi versi. Il tono<br />
complessivo, come le espressioni usate, ci riportano allo scenario delle battaglie descritte da Omero:<br />
omerici sono gli epiteti e, soprattutto, la figura <strong>di</strong> Ares che domina la scena da protagonista<br />
incontrastato. Ma oltre la proiezione dello scontro su uno sfondo epico, oltre la consacrazione <strong>di</strong> questo<br />
episo<strong>di</strong>o all’ambito nobile del mito, vi leggiamo l’inquietu<strong>di</strong>ne che assale il combattente, per quanto<br />
esperto sia, ogni volta che affronta un nuovo avversario; qui si tratta <strong>di</strong> un avversario temibile, soldati<br />
dell’Eubea specializzati nel combattimento corpo a corpo, la tecnica <strong>di</strong> guerra più feroce che strappa ad<br />
archiloco l’epiteto , non <strong>di</strong> maniera, non suggerito dalla semplice patina epica. Forse i<br />
nemici <strong>di</strong> turno sono proprio quegli Abanti, popolazione dell’Eubea <strong>di</strong> cui Plutarco celebra il coraggio<br />
in guerra citando questo breve testo.<br />
' , <br />
, ' <br />
· ·<br />
<br />
.<br />
fonte: Plutarco, Vita <strong>di</strong> Teseo<br />
9
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: <strong>di</strong>stici elegiaci<br />
«Non si tenderanno certo molti archi, né numerose fionde quando Ares concentra la mischia nel piano;<br />
ma ci sarà l’opera luttuosa delle spade. Di questo tipo <strong>di</strong> battaglia sono loro gli esperti, i signori<br />
d’Eubea valenti in guerra».<br />
– : tmesi; il vb. è alla terza pers. sing. ed è messo in relazione con il solo sogg.<br />
neutro plur. .: “fionde”; il termine ricorda la presenza negli eserciti antichi <strong>di</strong> reparti <strong>di</strong><br />
frombolieri i quali, con la stessa funzione degli arcieri citati prima, avevano il compito <strong>di</strong> colpire il<br />
nemico scompigliandone i ranghi prima <strong>di</strong> giungere al vero e proprio contatto fisico.– : il<br />
termine esprime il momento cruciale, più intenso della battaglia, inteso come “sforzo” o “fatica”;<br />
l’espressione “fatica <strong>di</strong> Ares” ossia “guerra” è tipicamente omerica (cfr. Iliade 7, 147).<br />
– : è, come il successivo , un epiteto <strong>di</strong> ispirazione omerica, ma nello stesso<br />
tempo il termine centrale <strong>di</strong> tutto il componimento, quello che meglio esprime lo stato d’animo del<br />
momento nel combattente che prevede la strage feroce conseguenza <strong>di</strong> ogni combattimento corpo a<br />
corpo. – : è da intendersi come “esperti”; tuttavia l’uso del termine non appare<br />
casuale: nel momento dellla paura che precede lo scontro il nemico, soprattutto se conosciuto come<br />
temibile e valoroso, viene percepito come una entità che supera l’or<strong>di</strong>nario umano, perché ne sfuggono<br />
le reali potenzialità.– : il toponimo permette <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare il tipo e la provenienza dei soldati<br />
nemici, probabilmente gli Abanti <strong>di</strong> cui parla Plutarco.– : epiteto omerico la cui ra<strong>di</strong>ce<br />
iniziale designa metaforicamente la “guerra”.<br />
4 - L’animo umano<br />
- fr. 131 -132 W<br />
Il frammento presenta un tono gnomico, proponendo una considerazione che riguarda l’animo<br />
umano e la sua straor<strong>di</strong>naria mutevolezza (significativo il fatto <strong>di</strong> rapportarne la con<strong>di</strong>zione ad ,<br />
il giorno, l’unità <strong>di</strong> tempo per eccellenza che scan<strong>di</strong>sce l’esistenza umana). Già gli antichi<br />
commentatori avevano in<strong>di</strong>viduato in questi versi la ripresa <strong>di</strong> un sapere antico, accostandovi una<br />
analoga considerazione <strong>di</strong> Omero (Od. 18, 136)<br />
, ,<br />
, ' .<br />
' .<br />
fonte: Diogene Laerzio, Vite dei filosofi 9, 71<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: tetrametri<br />
«Tale è lo stato d’animo per gli uomini, o Glauco figlio <strong>di</strong> Leptine, quale il giorno che <strong>di</strong> volta in volta<br />
Zeus porta, e pensano a seconda delle opere a cui attendono».<br />
– : Glauco è l’amico <strong>di</strong> Archiloco più volte ricordato nei suoi versi. Qui, olte al nome proprio,<br />
compare anche il patronimico. – ' (, con aspirazione perché precede spirito aspro): non regge<br />
, ma è in tmesi rispetto al vb.. – : forma caratteristica del <strong>di</strong>aletto ionico, che <strong>di</strong><br />
norma non presenta contrazioni (att. ).<br />
10
5 - La volpe e la scimmia<br />
- fr. 185 W (vv. 1-6)<br />
Il frammento si pone come introduzione ad un , una favola che ha come protagonisti la volpe e<br />
la scimmia; su che cosa verta la favola è facile intuire: la volpe scaltra fa scontare amaramente alla<br />
scimmia la presunzione non sorretta da intelligenza. La favola è costruita su un modello abbastanza<br />
comune e con ogni probabilità è identificabile con quella <strong>di</strong> Esopo in cui si racconta <strong>di</strong> una scimmia<br />
eletta re degli animali per la sua straor<strong>di</strong>naria abilità nella danza, e della vendetta crudele della volpe<br />
gelosa che sfrutta la creduloneria e la stoltezza della scimmia.<br />
' , ,<br />
,<br />
<br />
' ,<br />
' ' ,<br />
.<br />
fonte: Pseudo Ammonio, Affinità <strong>di</strong> parole <strong>di</strong>fferenti.<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: trimetro giambico + tripo<strong>di</strong>a dattilica catalettica<br />
«Vi racconterò una storia, o Cericide, triste messaggero: una scimmia andava in <strong>di</strong>sparte dagli altri<br />
animali sola, per una strada fuori mano, e a lei dunque si fece incontro una volpe astuta,<br />
dall’intelligenza fina».<br />
– : è forma non contratta (att. ). L’esor<strong>di</strong>o del frammento ricorda molto da vicino una formula<br />
esiodea: “ed ora racconterò una favola ai re” (Opere, 202.). – : è un patronimico “parlante”<br />
che letteralmente significa “figlio <strong>di</strong> araldo”. – : dat. <strong>di</strong> con -ascritta,<br />
grammaticalmente riferito al pron. ; propriamente designa il bastone che è l’insegna del<br />
ban<strong>di</strong>tore, quin<strong>di</strong>, per traslato, l’araldo stesso. – : è la caratteristica riconosciuta<br />
alla volpe; per traslato vale infatti “avveduto”, “accorto”.<br />
6 - Preghiera a Zeus<br />
- fr. 177 W (vv. 1-4)<br />
Il frammento, sicuramente parte <strong>di</strong> un testo più ampio, una favola, doveva rappresentare il momento<br />
dell’intervento <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> uno dei due protagonisti, la volpe che si rivolge <strong>di</strong>sperata a Zeus invocandone<br />
le prerogative <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce e <strong>di</strong> garante <strong>di</strong> una vita or<strong>di</strong>nata non solo nella società umana, ma anche tra gli<br />
animali. La favola dell’alleanza tra la volpe e l’aquila, e dell’<strong>di</strong> quest’ultima che ghermisce i<br />
piccoli della volpe, salvo poi a pagarne uno scotto molto amaro, è presente anche nella raccolta <strong>di</strong><br />
Esopo. Il concetto espresso nella preghiera della volpe a Zeus – cioè <strong>di</strong> una giustizia universale che<br />
governa tutti gli esseri – sembra porsi in contrasto con l’affermazione <strong>di</strong> Esiodo che, nelle Opere, vv.<br />
279-280, alludendo agli animali amaramente constata: «… fra loro giustizia non c’è, / ma agli uomini<br />
(il figlio <strong>di</strong> Crono) <strong>di</strong>ede giustizia che è molto migliore».<br />
, , ,<br />
11
' ' ' <br />
, <br />
.<br />
fonte: Stobeo (sezione de<strong>di</strong>cata alla giustizia <strong>di</strong>vina); Clemente Alessandrino, Stromata.<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: trimetro giambico + <strong>di</strong>metro giambico<br />
«O Zeus, padre Zeus, tuo il potere del cielo, tu sorvegli le opere degli uomini, quelle empie e quelle<br />
giuste, tu ti preoccupi dei comportamenti arroganti e quelli giusti degli animali».<br />
– ' : fenomeno <strong>di</strong> tmesi; con il vb. si vuole esprimere il potere <strong>di</strong> Zeus <strong>di</strong> sovrintendere su<br />
tutto il mondo, ruolo su cui ironizza Luciano nel Bis accusatus sive tribunalia. – : agg. sost. n.<br />
plur. ricavato da un avv. ionico , con significato <strong>di</strong> “del tutto”; è sinonimo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ,<br />
“atti perversi”. –: la tra<strong>di</strong>zione riporta qui una crasi: ; la correzione in <br />
(Matthiae) è proposta per ottenereil parallelismo compiuto con la successiva coppia<br />
.<br />
12
1 - Un errore irrime<strong>di</strong>abile<br />
- fr. 33 Degani (vv. 1-2)<br />
IPPONATTE<br />
Il frammento si presenta come un’invettiva violenta contro un avversario non meglio precisato,<br />
anche se l’immaginazione corre imme<strong>di</strong>atamente a Bupalo, eterno rivale e bersaglio dei più violenti<br />
attacchi da parte <strong>di</strong> Ipponatte. In virtù <strong>di</strong> quei paradossi che si verificano spesso in letteratura, grazie ad<br />
un sapiente uso dello stile, l’attacco in<strong>di</strong>retto, generico, risulta ancora più feroce in questo assoluto<br />
anonimato; ci saremmo aspettati, se non il nome del destinatario dell’invettiva, almeno un patronimico,<br />
o l’allusione alla madre, invece questa formula esecratoria si limita a citare la levatrice quale<br />
responsabile della venuta al mondo <strong>di</strong> tanto negativo personaggio.<br />
<br />
<br />
<br />
fonte: Etymologicum Genuinum<br />
lingua: ionica<br />
metro: trimetri scazonti<br />
«Quale tagliatrice <strong>di</strong> ombelichi ti raschiò e ti lavò mentre scalciavi, maledetto da Zeus?»<br />
– : è termine tecnico, composto dalla ra<strong>di</strong>ce del vb. , usato da Ippocrate; qui<br />
assume però una evidentissima impronta negativa. – : anche questo è termine composto (da<br />
e); allude sicuramente all’effetto devastante prodotto dall’abbattersi del fulmine <strong>di</strong> Zeus,<br />
ma gioca sull’aristocratica eco <strong>di</strong> analoghi composti frequentemente attestati nella poesia epica, quali<br />
e . – : è uno dei due verbi che si riferiscono alla prima pulizia del bambino<br />
appena nato; a <strong>di</strong>fferenza del successivo ha una sfumatura decisamente negativo,<br />
richiamandosi piuttosto alla pulizia che si fa del maiale per lavorarlo, anziché all’azione esercitata sulla<br />
pelle delicata <strong>di</strong> un neonato.– : si tratta <strong>di</strong> un verbo piuttosto raro; nel significato <strong>di</strong><br />
“sgambettare” dei bambini lo usa anche Ippocrate.<br />
<br />
2 - Cambio forzato <strong>di</strong> <strong>di</strong>eta<br />
- fr. 36 Degani (vv. 1-6)<br />
Il testo citato da Ateneo descrive la triste sorte <strong>di</strong> un gaudente che, abituato a sod<strong>di</strong>sfare ogni suo<br />
capriccio alimentare, si trova alla fine sul lastrico dopo aver <strong>di</strong>lapidato tutti i suoi averi in gozzoviglie.<br />
La struttura del frammento, costituito da una netta contrapposizione tra la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> cui lo<br />
scialacquatore godeva prima e quella a cui è costretto dopo, fa pensare ad un topos con sfondo<br />
moralistico <strong>di</strong>scretamente <strong>di</strong>ffuso nella letteratura comico-realistica attraverso il modello caricaturale<br />
che mette alla berlina il mangione, figura immancabile nella tra<strong>di</strong>zione popolare: ne fanno fede, anche<br />
nella letteratura latina, il romanzo <strong>di</strong> Petronio e le Satire <strong>di</strong> Orazio. L’esor<strong>di</strong>o segnato dall’articolo<br />
seguito dalla particella ,tipico della lingua greca nell’introdurre casistiche seriali, lascia aperta<br />
l’ipotesi che altri esempi fossero riportati nel componimento originale.<br />
<br />
<br />
13
· <br />
' , <br />
, .<br />
fonte: Ateneo, Depnosofisti 7, 304b<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: coliambi<br />
«Uno <strong>di</strong> loro infatti, pasteggiando tutti i giorni a suo agio e abbondantemente con tonnina e pasticcio <strong>di</strong><br />
formaggio come un eunuco <strong>di</strong> Lampsaco, <strong>di</strong>vorò l’intero patrimonio, tanto che ora è costretto a scavare<br />
la terra sassosa delle montagne, accontentandosi <strong>di</strong> mangiare fichi or<strong>di</strong>nari ed una pagnotta d’orzo, cibo<br />
da schiavi».<br />
– : avv. <strong>di</strong> uso non frequente (se ne trova una variante in Omero) con etimo nella ra<strong>di</strong>ce<br />
del vb. , da cui il significato <strong>di</strong> “copiosamente”, “a profusione”. – :<br />
è chiaramente il tonno femmina la cui carne è particolarmente pregiata e già molto apprezzata<br />
nei ricettari antichi, come si può dedurre da opere specialistiche quali gli Hedypatheia <strong>di</strong> Archestrato <strong>di</strong><br />
Gela. Il è un pasticcio <strong>di</strong> formaggio ed aglio con<strong>di</strong>ti con aceto: corrisponde al moretum<br />
latino descritto nell’omonimo poemetto pseudovirgiliano. – : qui il significato del verbo<br />
viene esaltato dal contesto grazie alla presenza della coppia <strong>di</strong> avverbi ed alla sottolineatura del<br />
prelibato menu. –: non risulta del tutto chiaro l’abbinamento; l’espresso<br />
riferimento all’eunuco si può spiegare tenendo conto del fatto che gli eunuchi erano in genere d’aspetto<br />
florido e ben pasciuto, tanto che l’immagine stereotipa dell’eunuco era quella <strong>di</strong> una persona grassa.<br />
Per la citazione <strong>di</strong> Lampsaco si può solo ipotizzare l’allusione – per altro usuale – all’oriente come<br />
terra <strong>di</strong> mollezze (Lampsaco, antica colonia greca, è città della Misia; godette sempre fama <strong>di</strong> città<br />
ricca e <strong>di</strong> ottima produttrice <strong>di</strong> vini <strong>di</strong> qualità). – : dal significato generico <strong>di</strong> “ciò che viene<br />
dalla sorte”, cioè <strong>di</strong> un bene – un lotto <strong>di</strong> terra, generalmente – assegnato per sorteggio, si arriva al<br />
concetto più specifico <strong>di</strong> “ere<strong>di</strong>tà”, patrimonio che passa <strong>di</strong> padre in figlio.– ' : sono le<br />
“pietre <strong>di</strong> montagna”, cioè terreno sassoso, particolarmente <strong>di</strong>fficile da lavorare e, nonostante la fatica<br />
impiegata, particolarmmente avaro nel fruttificare; l’intera espressione è espressione proverbiale<br />
corrente.– : l’aggettivo allude all’estrema semplicità del cibo rappresentato da fichi, prodotto<br />
<strong>di</strong>ffusissimo nell’intero bacino me<strong>di</strong>terraneo meri<strong>di</strong>onale: anzi, ne sottolinea la povertà, richiamando la<br />
qualità non eccezionale dei fichi consumati dalle persone <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni me<strong>di</strong>o-basse, fichi appunto “a<br />
buon mercato”.– : il verbo è impiegato spesso nel significato <strong>di</strong> “rodere”, “brucare” o<br />
“sgranocchiare” in riferimento ad animali.– (nom. ): è la pagnotta rotonda, <strong>di</strong><br />
confezione molto semplice; il termine non è greco, ma <strong>di</strong> provenienza orientale, e conferma la tendenza<br />
tipica <strong>di</strong> Ipponatte <strong>di</strong> utilizzare prestiti dalle lingue orientali con cui lo metteva naturalmente in contatto<br />
la sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> greco d’Asia Minore.<br />
3 - Prelibatezze proibite<br />
- fr. 37 Degani (vv. 1-3)<br />
Il frammento presenta in comune con il precedente un elenco <strong>di</strong> leccornie che spaziano dai piatti più<br />
robusti <strong>di</strong> carne <strong>di</strong> selvaggina ai dolci; questo particolare è parso ad alcuni e<strong>di</strong>tori sufficiente per<br />
collegarlo strettamente al fr. 36. Viene però naturale un’obiezione: non è facile giustificare il ritorno<br />
alla descrizione degli antichi, lauti banchetti dopo il quadro netto e scabro della nuova <strong>di</strong>eta e del nuovo<br />
stile <strong>di</strong> vita del gaudente quali vengono presentati negli ultimi tre versi del testo precedente.<br />
14
Stilisticamente il frammento è modulato sulla litote, che scan<strong>di</strong>sce i tre versi. Non è del tutto superfluo<br />
richiamare anche a questo proposito il gusto per lo sperimentalismo linguistico caro ad Ipponatte, che si<br />
avvale <strong>di</strong> un sapiente accostamento <strong>di</strong> termini epici e <strong>di</strong> termini <strong>di</strong> nuovo conio, o <strong>di</strong> hapax.<br />
,<br />
,<br />
' .<br />
fonte: Ateneo, Deipnosofisti 14, 645c<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: coliambi<br />
«Non ingozzandosi <strong>di</strong> francolini <strong>di</strong> monte e lepri, non condendo con sesamo i tortini, non inzuppando<br />
le frittelle nel miele».<br />
– : la carne del francolino <strong>di</strong> monte, specie della famiglia dei fasiani<strong>di</strong> assai <strong>di</strong>ffusa nella<br />
Ionia, era molto apprezzata, come sappiamo anche da Aristofane (Acarnesi). –:<br />
propriamente “<strong>di</strong>vorare a morsi”; il vb. esprime la voracità del robusto mangiatore <strong>di</strong> fronte a vivande<br />
prelibate.– : sono “frittelle” così chiamate dal recipiente, , una specie <strong>di</strong> padella, in<br />
cui vengono fritte.– : il verbo, qui usato nel senso <strong>di</strong> “insaporire”, “preparare un cibo con<br />
certi sapori”, in realtà attiene propriamente all’area dell’arte me<strong>di</strong>ca o ad<strong>di</strong>rittura della magia, su cui<br />
volutamente gioca Ipponatte per scherzare sugli effetti “magici” che sortiscono sul palato certi<br />
manicaretti sapientemente preparati da cuochi esperti.– : è un hapax, anch’esso<br />
probabilmente non greco: dovrebbe designare una sorta <strong>di</strong> focaccia.– : il termine, usato al<br />
plurale , significa “miele”; al singolare significherebbe “favo”.<br />
4 – Un pittore da quattro sol<strong>di</strong>, per <strong>di</strong> più menagramo<br />
- fr. 39 Degani (28 Thesaurus - W) (vv. 1-6)<br />
Il nome proprio con cui esor<strong>di</strong>sce questo passo rimanda ad una categoria contro la quale Ipponatte<br />
spesso si lasciava trasportare a violente invettive: gli artisti. Il testo si apre infatti con un epiteto, feroce<br />
nella sua oscenità, che sembra preludere alla sequela <strong>di</strong> ingiurie <strong>di</strong> certi personaggi aristofaneschi,<br />
padroni della scena in virtù della loro debordante scurrilità. Il tono complessivo è quello <strong>di</strong> un<br />
ammonimento perentorio sottolineato dal , quasi uno scongiuro alla rovescia che poggia su una<br />
formula <strong>di</strong>ssacrante – “rotto fino alle spalle” – che lo precede. La <strong>di</strong>ffida è rivolta ad un pittore <strong>di</strong> navi,<br />
un personaggio poco più che anonimo tra le maestranze che operano nei cantieri, artigiano fra i tanti,<br />
ma così maldestro e con un gusto così approssimativo della bellezza e dell’ornato da attirare con le<br />
figure <strong>di</strong>pinte sulle fiancate persino il malocchio sui membri dell’equipaggio.<br />
, <br />
<br />
' ·<br />
,<br />
, ,<br />
.<br />
fonte: Tzetze, scolio a Antehomerica 168<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
15
metro: coliambi<br />
«Mimne, rotto fino alle spalle, non <strong>di</strong>pingere più sulla fiancata dai molti banchi <strong>di</strong> una trireme un<br />
serpente che saetta dal rostro in <strong>di</strong>rezione del timoniere; infatti sarà una iattura, un malaugurio, o feccia<br />
e servo dei servi, per il nocchiero se il serpente gli morde proprio lo stinco».<br />
– : l’hapax composto da è un insulto dal significato osceno: è<br />
sinonimo <strong>di</strong> (De Martino -Vox).– : l’agg. risulta concordato con , per<br />
ipallage; il senso richiederebbe una concordanza con , in quanto è la nave ad essere<br />
tra<strong>di</strong>zionalmente definita “dai molti banchi”.– : termine derivato da ,designa il<br />
rostro, ossia lo sperone corazzato della nave utilizzato per sfondare la chiglia delle imbarcazioni<br />
nemiche durante gli scontri in mare.– : i due termini, in caso vocativo, non sono<br />
altrove attestati: la valenza sostanzialmente sinonimica è ricavabile da una glossa <strong>di</strong> Esichio che dà a<br />
il significato <strong>di</strong> “servo dei servi”; al <strong>di</strong> là della ricerca <strong>di</strong> una loro possibile origine orientale,<br />
va detto che spesso le parole usate per insulti o motteggi sono inventate o volutamente deformate, pur<br />
partendo da ra<strong>di</strong>ci correnti.– : è crasi da , la parte degli arti inferiori più<br />
esposta ai colpi e vulnerabile (anteriore o posteriore rispetto alla tibia, l’osso interno della gamba,<br />
, appunto).<br />
5 - Voglia <strong>di</strong> ciceone<br />
- fr. 48 Degani (vv. 1-4)<br />
Un personaggio – forse lo stesso Ipponatte, visto che il frammento può trovare adeguata<br />
collocazione accanto ad altre analoghe “richieste”, alcune delle quali “firmate” nel senso che vi<br />
compare in evidenza il nome del poeta – chiede al suo interlocutore (sarà anche qui un <strong>di</strong>o?), con la<br />
solita concessione all’iperbole, <strong>di</strong> mandargli al più presto una considerevole quantità d’orzo, quanto<br />
egli ritiene necessario per ricavarne farina sufficiente per un “ciceone”, bevanda energetica, nutritiva.<br />
Ma il ciceone è anche la bevanda simbolo del rituale con cui si celebrano i misteri <strong>di</strong> Demetra: si può<br />
quin<strong>di</strong> formulare l’ipotesi che ci troviamo ancora una volta <strong>di</strong> fronte alle amabili paro<strong>di</strong>e con cui<br />
Ipponatte investiva <strong>di</strong>rettamente il dorato e spensierato mondo dell’Olimpo sortendo effetti esilaranti<br />
grazie al sapiente dosaggio <strong>di</strong> formule solenni e <strong>di</strong> improvvise meschinità. Qui, ad esempio, si<br />
esor<strong>di</strong>sce con una formula <strong>di</strong> esecrazione e <strong>di</strong> minaccia – “perderò la mia anima “ – sorretta dalla<br />
solennità <strong>di</strong> un epiteto <strong>di</strong> pura matrice epica, che si stempera subito dopo nella or<strong>di</strong>naria banalità del<br />
“me<strong>di</strong>mno d’orzo”.<br />
,<br />
<br />
, <br />
.<br />
fonte: Tzetze, scolio a Sui metri<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: coliambi<br />
«Alla per<strong>di</strong>zione consegnerò la mia anima, che è tutta un gemito, se non mi man<strong>di</strong> al più presto un<br />
me<strong>di</strong>mno d’orzo, perché ne possa fare con la farina un ciceone da bere come me<strong>di</strong>cina al mio<br />
malanno».<br />
16
– : l’aggettivo ha una rilevanza epica ed è attestato nell’Iliade e nell’O<strong>di</strong>ssea; evoca<br />
imme<strong>di</strong>atamente l’assonanza con altri celebri epiteti, quali ,.– : il<br />
è misura <strong>di</strong> capacità, propriamente la misura ateniese per il grano che superava <strong>di</strong> poco i 50<br />
litri.– : gen. <strong>di</strong> origine; letteralm.: “dalla farina (ricavata)”.: l’infinito ha qui valore<br />
consecutivo-finale.– : bevanda densa, ottenuta dalla miscela (l’etimologia rimanda al vb.<br />
,“mescolare”) <strong>di</strong> farina, acqua o vino , miele e formaggio. Nell’inno omerico a Demetra,<br />
<strong>di</strong>vinità al cui culto è associata la bevanda, si cita un ciceone fatto con acqua, farina e menta.<br />
6 - Invocazione quasi epica<br />
- fr. 126 Degani (vv. 1-4)<br />
Ancora una paro<strong>di</strong>a, questa volta <strong>di</strong> un proemio epico: epica la citazione della Musa, epico il<br />
patronimico – ci viene in mente, grazie all’omeoteleuto, il omerico – epica la voce ,<br />
epica la formula “lungo la riva del mare infecondo”; anzi, si ha l’impressione che Ipponatte voglia<br />
ad<strong>di</strong>rittura abbracciare in uno scherzoso proemio due proemi seri, quelli dell’Iliade e dell’O<strong>di</strong>ssea,<br />
incrociando elementi presi alternativamente dall’uno e dall’altro. Ma basta l’affacciarsi <strong>di</strong> termini cari<br />
alla letteratura comica, soprattutto del mimo, l’allusione alle imprese “eroiche” del protagonista la cui<br />
unica “aristia” consiste nel mangiare smodatamente, il richiamo alla morte come “mala morte” per<br />
convincersi imme<strong>di</strong>atamente che qui siamo <strong>di</strong> fronte all’ennesimo scherzo <strong>di</strong> Ipponatte.<br />
,<br />
, ,<br />
', < > <br />
' .<br />
fonte: Ateneo, Depnosofisti 15, 698b-c<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto ionico<br />
metro: esametri dattilici<br />
«Del figlio <strong>di</strong> Eurimedonte cantami o Musa la Carid<strong>di</strong>, lo stomaco che tutto maciulla,<br />
dell’Eurimedontiade che ingurgita smodatamente; perché perisca per voto avverso, da pubblica<br />
decisione espresso, <strong>di</strong> mala morte sul lido del mare infecondo»<br />
– : la <strong>di</strong>vinità che presiede alla poesia, presente in ogni proemio epico, da Omero ad Esiodo.–<br />
: è un chiaro patronimico <strong>di</strong> imitazione omerica e <strong>di</strong> facile ed imme<strong>di</strong>ato reperimento<br />
(cfr. Iliade, 1).– : è un conio Ipponatteo che, in base alla sua componente più specifica<br />
() allude ad una voragine senza fondo, in grado <strong>di</strong> inghiottire qualsiasi cosa come il mitico<br />
mostro <strong>di</strong> Carid<strong>di</strong> inghiottiva le navi <strong>di</strong> passaggio.– : l’espressione <strong>di</strong> cui il termine fa parte<br />
letteralmente suona come : “il coltello nello stomaco”, con allusione ad un apparato <strong>di</strong>gerente in grado<br />
<strong>di</strong> smaltire enormi quantità <strong>di</strong> cibo. Alcuni leggono l’intera espressione cone termine unico, sulla scorta<br />
<strong>di</strong> , “ventriloquo”. –': aspirazione dell’omerico (O<strong>di</strong>ssea, 1).– <br />
: se è praticabile l’integrazione con , l’intera espressione presenterebbe le figure del<br />
chiasmo e del poliptoto. vale propriamente “destino”, “sorte”.– ' : si<br />
tratta <strong>di</strong> una delle più tpiche formule omeriche, che riporta, riferito al mare, il celebre epiteto che viene<br />
generalmente interpretato come “infecondo”, ma il cui significato non è del tutto certo.<br />
17
1 - Ciò che è più desiderabile<br />
- fr. 16 LP (vv 1-20)<br />
SAFFO<br />
È una delle poche o<strong>di</strong> saffiche conservatesi pressoché integre: proprio per questo ci dà modo <strong>di</strong><br />
apprezzarne struttura e forma. Il componimento è organizzato secondo uno schema circolare che<br />
presenta nella parte centrale la vicenda <strong>di</strong> Elena, posta con tutta la forza dell’alone mitico a sostenere e<br />
convalidare un assunto: è più bello ciò che si ama.<br />
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fonte: Papiri <strong>di</strong> Ossirinco 1231 – 2166<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe saffica<br />
vv. 1-4 «Alcuni sostengono che sulla terra scura la cosa più bella sia uno squadrone <strong>di</strong> cavalleria, altri<br />
una schiera <strong>di</strong> fanti, oppure una flotta: io per me <strong>di</strong>co che è ciò che si ama».<br />
– (att. ) con baritonesi; regge anche(att. ) e <br />
(). –: con baritonesi; è tipico attributo omerico per la terra. –: inf. eolico <strong>di</strong><br />
(att. ).– ' (att. ): coppia <strong>di</strong> pronome <strong>di</strong>mostrativo e relativo in<br />
genitivo, perché <strong>di</strong>pende da.<br />
vv. 5-12 «è semplice renderlo comprensibile a tutti: quella che più si <strong>di</strong>stinse per la sua bellezza tra gli<br />
uomini, Elena, lasciato il nobilissimo marito se ne andò sulla nave a Troia, né si <strong>di</strong>ede più pensiero<br />
della figlia o dei cari genitori, ma fu Cipride a trascinarla con suo pieno consenso»<br />
– (con baritonesi; att. ): sottintende ed è espressione impersonale che regge<br />
l’inf.(att. ).– : agg. verb. esprimente possibilità da . È pre<strong>di</strong>cativo<br />
18
ispetto al successivo. – (att. ): pt. aor. f. da . –(att.<br />
): Elena, figlia <strong>di</strong> Leda e <strong>di</strong> Tindaro, sposa <strong>di</strong> Menelao che qui viene ricordato come “marito<br />
valentissimo”, è figura centrale in questo componimento ed è il tramite attraverso il quale viene evocata<br />
Anattoria.– ': forma <strong>di</strong> superlativo rafforzato che ricorda l’epiteto omerico <br />
usuale per gli eroi e per gli Atri<strong>di</strong> in particolare; 'accentua la caratteristica del valore<br />
<strong>di</strong>mostrato in guerra.– () (att. ): pt. aor. f. <strong>di</strong> .– ()<br />
(att. ): l’intensità del verbo esprime efficacemente la forza incontrastabile della passione<br />
d’amore che Saffo ben conosce.– (att. , con psilosi): il termine esprime la<br />
con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> libera volontà <strong>di</strong> Elena nel sottostare al’imperioso impulso della dea; ha funzione<br />
pre<strong>di</strong>cativa rispetto ad . Altri propongono una integrazione in , «innamorata».<br />
vv. 13-20 «[….] [….] ed ecco mi riaffiora nostalgia <strong>di</strong> Anattoria assente; vorrei ammirare piuttosto il<br />
suo amabile portamento e il fulgido splendore del suo volto che non i carri dei Li<strong>di</strong> e i loro fanti chiusi<br />
nelle armature».<br />
– : è gen. determinato dalla reggenza del successivo () (att. ), verbo<br />
<strong>di</strong> memoria <strong>di</strong> cui rimane in ombra il soggetto che era compreso nei due versi perduti: con buona<br />
probabilità è ancora la dea dell’amore. Anattoria è una ragazza del tiaso, una delle più care a Saffo; il<br />
fatto che la poetessa qui <strong>di</strong>a grande risalto all’assenza (o lontananza) <strong>di</strong> Anattoria come con<strong>di</strong>zione<br />
pressoché irreversibile - tanto da de<strong>di</strong>carvi l’intero adonio - potrebbe alludere a un trasferimento della<br />
ragazza per ragioni <strong>di</strong> matrimonio in terre lontane, forse la stessa Li<strong>di</strong>a citata non a caso più avanti. –<br />
: crasi da ; il termine in<strong>di</strong>ca lo splendore che si manifesta con improvvisi<br />
bagliori o guizzi <strong>di</strong> luce; riferito al volto <strong>di</strong> Anattoria esprime la straor<strong>di</strong>naria vivacità dell’aspetto, e<br />
probabilmente la luminosità degli occhi mobilissimi. –: questa immagine e la<br />
successiva, riprendendo una suggestione dell’inizio (manovre <strong>di</strong> eserciti), definiscono anche<br />
semanticamente la struttura circolare dell’ode.<br />
2 - Splendore <strong>di</strong> luna<br />
- fr. 34 LP (vv. 1-4)<br />
Un’unica strofe è rimasta <strong>di</strong> questo componimento che con ogni probabilità sfruttava lo spettacolo<br />
sraor<strong>di</strong>naro <strong>di</strong> un plenilunio come metafora del fascino irresistibile <strong>di</strong> qualche fanciulla in fiore <strong>di</strong><br />
fronte alla quale, e a paragone della quale, scompariva la grazia <strong>di</strong> quasiasi altro volto. Al <strong>di</strong> là della<br />
destinazione dei versi, che per noi rimane forzatamente oscura, il frammeno dà modo <strong>di</strong> apprezzare<br />
l’eccezionale sensibilità <strong>di</strong> Saffo per le manifestazioni della natura colte in una serie inesauribile <strong>di</strong><br />
suggestioni in tante immagini vivide <strong>di</strong>sseminate nelle liriche sopravvissute; tutte quante trasmettono<br />
con uguale intensità l’incanto e lo stupore estatico ogni volta rinnovato.<br />
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<br />
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<br />
fonte: Eustazio, commento a Iliade 8, 555-559<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe saffica<br />
vv. 1-4: «Le stelle intorno alla bella luna tornano a nascondere il loro fulgido aspetto quand’essa brilla<br />
piena, al culmine del suo splendore su tutta la terra».<br />
19
– (con baritonesi): sono le luci celesti della notte, visibili fin quando il chiaro della luna,<br />
<strong>di</strong>ffuso e dominante, non le sovrasta. – : avverbio già <strong>di</strong> uso omerico, col significato <strong>di</strong><br />
“nuovamente”, a sottolineare la vicenda ritmica della natura, in cui i fenomeni si manifestano con<br />
immancabile regolarità.– (att. ): un fenomeno naturalissimo quale la<br />
realizzazione della legge fisica per la quale una fonte <strong>di</strong> luce più forte ed intensa ne annulla un’altra più<br />
debole viene visto da Saffo come un gioco <strong>di</strong> relazioni consapevoli, in cui chi sa <strong>di</strong> essere inferiore<br />
volontariamente si fa da parte <strong>di</strong> fronte ai maggiori meriti <strong>di</strong> altri; anzi, traduce questo atto non in<br />
remissiva rinuncia, ma in una attiva manifestazione <strong>di</strong> deferenza ed ossequio. – :<br />
l’integrazione dell’adonio (dovuta al Neue) completa logicamente il senso dell‘endecasillabo<br />
precedente, i cui concetti centrali (,) esaltano l’incontenibile <strong>di</strong>lagare dello<br />
splendore lunare.<br />
3 - Lo sposo aitante<br />
- fr. 111 Voigt (123 Diehl) (vv. 1-6)<br />
Il testo è la parte residua <strong>di</strong> un epitalamio in cui si vuole riproporre il tono popolare - conforme alla<br />
natura originaria <strong>di</strong> questi componimenti - attraverso il ritornello interno alla strofe che scan<strong>di</strong>sce la<br />
breve composizione. Qui trova spazio l’esaltazione della figura atletica dello sposo, fin troppo marcata<br />
per essere realistica: anche a questo proposito è opportuno sottolineare che tali componimenti avevano<br />
un tono naturalmente scherzoso, a volte anche decisamente canzonatorio, e nascevano dalla fantasia<br />
degli amici dello sposo impegnati a celebrare nel giorno felice delle nozze il loro compagno che<br />
lasciava lo spensierato mondo <strong>di</strong> prodezze e la goliar<strong>di</strong>a del gruppo per la nuova vita.<br />
·<br />
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.<br />
,<br />
.<br />
fonte: Efestione metricologo, VII, 1; Demetrio, De elocutione, 148<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe composita in metri vari: tetrapo<strong>di</strong>e; gliconeo; enoplio<br />
vv. 1-4: «Su, muratori, tirate su l’architrave, perché sta arrivando lo sposo - un vero Ares! - molto più<br />
alto <strong>di</strong> un uomo alto».<br />
– (att. ): avverbio. – : è propriamente la trave, elemento <strong>di</strong> sostegno del tetto o del<br />
soffitto; qui designa in modo specifico l’”architrave”, l’elemento architettonico piano che poggia sui<br />
due stipiti, per sineddoche passato anche a significare “casa” o “palazzo” o “camera”.– : è<br />
grido <strong>di</strong> gioia ed esultanza che costituisce il ritornello interno alla strofe o .– :<br />
usato come aggettivo che viene sostantivato dal successivo .– (con baritonesi; att.<br />
): in<strong>di</strong>ca una parentela generica, acquisita per matrimonio; qui è evidente il significato <strong>di</strong><br />
“sposo”, visto che il componimento riecheggia i canti festosi <strong>di</strong> amici e coetanei. –: è<br />
iperbole scherzosa che allude alla statura imponente (ma potrebbe trattarsi anche <strong>di</strong> espressione<br />
fortemente ironica) dello sposo.– : è secondo termine <strong>di</strong> paragone. – (att. ):<br />
20
comparativo da nella forma eolica che non usa la consonante doppia , ma i suoi due suoni<br />
costitutivi <strong>di</strong>stinti (sibilante e dentale).<br />
4 - Al santuario <strong>di</strong> Cipride<br />
- fr. 5-6 Gallavotti (vv. 1-16)<br />
L’ode, occupata per una parte significativa (3 strofe su 4) dalla descrizione <strong>di</strong> un boschetto sacro <strong>di</strong><br />
meli cotogni, rivela però una sorpresa nell’ultima strofe, de<strong>di</strong>cata alla manifestazione della <strong>di</strong>vinità<br />
nella forma cara a Saffo: la dea Cipride “umanizzata” (si è spogliata dell’infula, simbolo <strong>di</strong> sacralità),<br />
estremamente vicina al cuore del fedele che la desidera, colta in un atto <strong>di</strong> amorevole sollecitu<strong>di</strong>ne, ma<br />
nello stesso tempo lontana, ieratica nei gesti, irraggiungibile, oggetto unicamente <strong>di</strong> ammirazione da<br />
parte dei mortali. Lo squilibrio evidente tra le parti ha fatto pensare che l’ode non sia completa, e che<br />
manchi qualche elemento determinante anche per qualificare il genere del componimento; sarà un’ode<br />
descrittiva, intrisa della sensibilità struggente della poetessa per la natura, o sarà piuttosto una preghiera<br />
sullo stile della celeberrima ode completa ad Afro<strong>di</strong>te tramandata da Dionigi d’Alicarnasso?<br />
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fonte: ostrakon egiziano<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe saffica<br />
<br />
vv. 1-4: «In questa parte <strong>di</strong> Creta [mi invita] una sacra grotta dove ci sono un grazioso boschetto <strong>di</strong><br />
meli ed altari odorosi d’incenso»<br />
– : gen. (att. ); l’inizio del carme è <strong>di</strong> interpretazione dubbia, anche perché non è<br />
chiaramente ricostruibile il vb. reggente: potrebbe in<strong>di</strong>care anche un moto da luogo,<br />
<strong>di</strong>pendente da un nella parte corrotta.– : (att. ) baritonesi.– : è il<br />
“bosco sacro”, area <strong>di</strong> pertinenza () del santuario e consacrata alla <strong>di</strong>vinità, come <strong>di</strong>mostra la<br />
presenza <strong>di</strong> altari, esplicitamente citati al v. 3.– : gen. plur. eol. da , att. . –<br />
: (att. ]) è dat. strumentale.<br />
vv. 5-8: «e attraverso i rami dei meli un’acqua fresca gorgoglia, e tutto quel luogo era ombreggiato (<strong>di</strong><br />
piante) <strong>di</strong> rose, e una calma che assopisce (scende) mentre stormiscono le fronde»<br />
21
– (): “e lì”; è usato come avverbio locativo.– : agg. (att. ); concorda con<br />
del v. precedente.– (att. ): sono i roseti che conferiscono un tocco <strong>di</strong> grazia all’intero<br />
santuario, affidando con gli altri fiori alla brezza i loro soavi profumi, come viene ricordato al v. 11. –<br />
: att. . – (): ppf. da ; ma si tratta <strong>di</strong> una lettura congetturale. Gallavotti<br />
propone (), “brulica”. – : per il senso si può<br />
interpretare come genitivo assoluto. –: è passo <strong>di</strong> lettura molto incerta: Gallavotti legge<br />
, interpretando “scende” (dalle fronde tremolati).<br />
vv. 9-12: «e lì il prato pastura <strong>di</strong> cavalli è tutta una fioritura <strong>di</strong> tulipani, e le brezze profumano <strong>di</strong> miele,<br />
e sbuffi giù dal cielo scendono»<br />
– : è caratteristico epiteto omerico (cfr. Illiade 3, 258), costituito dalla parte nominale <br />
e dalla ra<strong>di</strong>ce del vb. .– (att. ): ind. pf. 3 sing. dal vb. . –():<br />
letter.: “dal colore acceso”; l’aggettivo allude alla tonalità calda, dall’aspetto <strong>di</strong> fiamma, propria della<br />
fioritura dei tulipani. – (att. ): neutro avv.<br />
vv. 13-16: «qui tu, <strong>di</strong>smesse le sacre bende, o Cipride, delicatamente versa il nettare misto alle gioie in<br />
coppe d’oro»<br />
– : l’avv. <strong>di</strong> luogo si richiama all’della prima strofe e chiude anche strutturalmente la<br />
composizione, ritmata dagli delle strofe interme<strong>di</strong>e.– (att. ): pt. aor. f. con<br />
baritonesi da .– (att. ): dat. eolico.– (att.<br />
): pt. pf. n. dal vb. (). –: propriamente<br />
“abbondanza, opulenza”, da cui il significato derivato <strong>di</strong> “pubblica festa”, generalmente accompagnata<br />
e sottolineata dal banchetto rituale comunitario.<br />
5 - “Proteggete mio fratello”<br />
- fr. 25 Diehl (vv. 1-12)<br />
Il componimento è ispirato dal ritorno del fratello <strong>di</strong> Saffo da un viaggio in Egitto. Carasso (questo<br />
il nome tramandato del personaggio in questione) aveva raggiunto il delta del Nilo, e precisamente la<br />
località <strong>di</strong> Naucrati, antica e fiorente colonia greca, per vendervi una partita del prestigioso vino <strong>di</strong><br />
Lesbo; sennonchè a Naucrati era stato fatalmente attratto dalle grazie <strong>di</strong> un’etera <strong>di</strong> nome Dorica, e con<br />
lei aveva intrecciato una relazione che dovette avere anche qualche strascico poco piacevole, a<br />
giu<strong>di</strong>care dalle allusioni che compaiono nell’ode. Una volta che Carasso ha preso la decisione <strong>di</strong><br />
ritornare a casa, la sorella prova un senso <strong>di</strong> liberazione e rivolge alle <strong>di</strong>vinità marine la sua personale<br />
supplica perché assistano il fratello durante il viaggio. Per il suo particolare argomento, l’ode può<br />
essere considerata un esempio <strong>di</strong> propemptikón, ossia canto beneaugurante <strong>di</strong> accompagnamento.<br />
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22
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fonte: Papiri <strong>di</strong> Ossirinco<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe saffica<br />
vv. 1-4: «Tu, Cipride, e voi, Nerei<strong>di</strong> concedete che mio fratello possa ritornare qui sano e salvo, e ciò<br />
che in cuor suo desidera che avvenga, completamente portatelo a buon fine,»<br />
– : come ogni preghiera, anche quest’ode inizia con l’invocazione alle <strong>di</strong>vinità<br />
specifiche, in questo caso <strong>di</strong>vinità marine, perché chi le invoca implora protezione su una persona cara<br />
che affronta le insi<strong>di</strong>e del mare per ritornare a casa. Afro<strong>di</strong>te compare qui invocata con l’epiteto <strong>di</strong><br />
“Cipride”, cioè dea nata dal mare <strong>di</strong> Cipro, isola in cui godeva <strong>di</strong> un culto antichissimo (il santuario <strong>di</strong><br />
Pafo risale al secondo millennio a.C.). Le Nerei<strong>di</strong> erano le numerose (cinquanta, ma secondo certe fonti<br />
anche un centinaio) figlie della <strong>di</strong>vinità marina Nereo e nipoti del <strong>di</strong>o Oceano; <strong>di</strong> tutta questa fitta<br />
schiera però una sola figura viene <strong>di</strong> fatto ricordata spesso nella mitologia, quella <strong>di</strong> Teti, <strong>di</strong>ventata<br />
famosa per aver dato la vita al più celebre degli eroi omerici, Achille.– : (att. )<br />
presenta fenomeno <strong>di</strong> baritonesi.– (): avv. locativo (att. ).– ]<br />
: il verso contiene in tutta la sua estensione una formula cara a Saffo: si confronti, ad es.,<br />
l’ode ad Afro<strong>di</strong>te (fr. 1 Voigt), v. 17.– : inf. aor. pass. (att. ]); <strong>di</strong>pende dall’imp.<br />
<strong>di</strong> v. 2.<br />
vv. 5-8: «e tutti gli errori che prima ha commesso, possa rime<strong>di</strong>arli e <strong>di</strong>ventare fonte <strong>di</strong> gioia per i suoi<br />
cari, sciagura per i nemici; ma voglia il cielo che a noi mai nessuno ne capiti;»<br />
– (att. ): è aor. II 3 sing. del vb. , propriamente “fallire, mancare l’obiettivo;<br />
è la più chiara allusione <strong>di</strong> Saffo alle esperienze negative fatte dal fratello in terra d’Egitto.– <br />
/ ' : formula classica <strong>di</strong> augurio e scongiuro<br />
contemporaneamente: “gioia ai propri amici e pene ai nemici”; cfr. anche Archiloco : “Una sola cosa<br />
grande io so: ricambiare con male chi mi fa del male”. – (att. ): dat. pron. pers. 1 pers. plur.,<br />
con fenomeno <strong>di</strong> psilosi.<br />
vv. 9-12: «e voglia mettere a parte del suo onore la sorella, possa <strong>di</strong>menticare i gravi affanni <strong>di</strong> cui<br />
prima soffriva, e mi tormentava il cuore»<br />
– (att. ): il termine riprende intenzionalmente la forma maschile <strong>di</strong> v. 2,<br />
stabilendo un parallelo <strong>di</strong> significato e una stretta consequenzialità tra il ravve<strong>di</strong>mento del fratello e la<br />
raggiunta serenità d’animo della sorella.– (att. ): sintatticamente <strong>di</strong>pende dall’agg.<br />
(rad. vb. , “con<strong>di</strong>videre, partecipare); in quanto al senso, assume un significato<br />
molto esteso, ben oltre l’or<strong>di</strong>nario ambito etico, fino a coinvolgere la sfera affettiva, a volte anche<br />
erotica.– : può essere considerata altra formula cara a Saffo; cfr. fr.1 Voigt, vv. 3-4:<br />
'/ . La forma è impf. 3 sing. dal vb. (), nel suo<br />
significato originario <strong>di</strong> “domare”, “soggiogare”, “abbattere”.<br />
6 – Andromaca, tenera sposa dagli occhi vivaci<br />
- fr. 44 Voigt<br />
Andromaca è la figura più “tragica” dell’epica omerica: rimasta vedova del marito Ettore che per lei<br />
rappresentava tutto (oltre che consorte, fratello e padre, come lei stessa si esprime nell’ultimo incontroad<strong>di</strong>o),<br />
vede morire nel modo più terribile anche il figlioletto Astianatte, scaraventato dalle mura <strong>di</strong><br />
Troia dai vincitori perché venga cancellata ogni traccia della <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong> Priamo. Eppure questa<br />
figura tragica e fragile ha un momento <strong>di</strong> grande e sfolgorante luminosità qundo nel canto VI<br />
23
dell’Iliade ricorda i momenti felici della sua vita: prima promessa, poi sposa felice <strong>di</strong> Ettore, concessa<br />
dal padre Eezione al giovane eroe troiano in cambio <strong>di</strong> una ricchissima dote in quella lontana, verde e<br />
boscosa Tebe Ipoplacia…Questo momento felice Saffo ritrae nell’ode, rendendo omaggio alla<br />
freschezza dell’amore <strong>di</strong> due giovani, alla potenza straor<strong>di</strong>naria <strong>di</strong> un sentimento che tutto cambia,<br />
uomini e mondo. Il componimento, da alcuni considerato spurio per la forma metrica insolita e per una<br />
certa pesantezza che lo appiattisce su uno stile più epico che lirico, è costituito da tre parti nettamente<br />
<strong>di</strong>stinte: l’annuncio dell’anghelos che presenta i due sposi attraverso la magnificenza dei tesori che li<br />
accompagnano, i preparativi che a Troia vengono fatti dall’intera popolazione, in una sorta <strong>di</strong> gara<br />
corale, per accoglierli, la cerimonia vera e propria con il rito dei canti alterni <strong>di</strong> donne e uomini.<br />
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24
fonte: testo papiraceo<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico, con forte impronta epica<br />
metro: paragliconei<br />
vv. 1-4: testo molto lacunoso e corrotto; è possibile ricavarne con certezza il nome <strong>di</strong> un personaggio e<br />
la sua funzione: si tratta dell’araldo Ideo, a cui appartengono anche le parole comprese fino al v. 10<br />
sotto forma <strong>di</strong> racconto <strong>di</strong>retto.<br />
vv. 5-10: «Ettore ed il suo seguito conducono dalla sacra Tebe e dalla irrigua Placia la dolce<br />
Andromaca dagli occhi vivaci, in nave, sul mare salato; e (con lei viaggiano) molti bracciali d’oro, e<br />
vesti <strong>di</strong> porpora fini, e monili <strong>di</strong> varia foggia, e innumerevoli boccali d’argento, e oggetti d’avorio»–<br />
() (att. ): 3 plur. pres. ind. dal vb. .– : “dagli occhi mobilissimi”; è<br />
epiteto <strong>di</strong> chiara reminiscenza omerica. – : nome della terra d’origine della famiglia <strong>di</strong><br />
Andromaca, regione che Omero ricorda come dominata dal “Placo selvoso”.– : è crasi per<br />
(att. ).– : congettura; il significato che si intuisce è “fini, leggere”<br />
(letter. “che ondeggiano alla brezza”)<br />
vv. 11-18: «così <strong>di</strong>sse: e prontamente s’alzò il caro padre. E la notizia (<strong>di</strong>ffondendosi) per la spaziosa<br />
città giunse agli amici; e subito le donne <strong>di</strong> Ilio facevano attaccare i muli alle veloci carrozze, e vi<br />
saliva l’intera folla <strong>di</strong> donne e fanciulle caviglie sottili. A parte poi seguivano le figlie <strong>di</strong> Priamo. E i<br />
giovani tutti, ancora liberi da vincoli coniugali, attaccavano i cavalli ai carri (dai timoni) ricurvi, e in<br />
gran pompa …»<br />
– (): formula epica <strong>di</strong> conclusione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto.– : è Priamo, il primo ad<br />
essere informato dell’arrivo degli sposi e il primo cui spetta, per il suo ruolo paterno e per la sua<br />
autorità, muovere loro incontro; con questa espressione ha inizio una sorta <strong>di</strong> rassegna gerarchica del<br />
corteo spontaneo che si forma per accogliere la coppia: il re, le donne sposate e le vergini, su carri tirati<br />
da muli, gli uomini con cavalli e carri: rigorosamente in <strong>di</strong>sparte, per non confondersi con la folla, le<br />
principesse della famiglia reale.– : acc. plur.; il termine designa probabilmente un carro<br />
leggero.– : “dalle delicate caviglie”; nell’aggettivo è chiaramente riconoscibile<br />
l’impronta <strong>di</strong> un comune epiteto omerico usato per esaltare la bellezza muliebre.<br />
vv. 24-27: «e il (suono del) flauto struggente, e la cetra, e lo strepito dei crotali si mescolavano, e le<br />
vergini armoniosamente cantavano un sacro canto, e al cielo giungeva l’eco <strong>di</strong>vina (dei loro canti)»<br />
– (att. ): “dal dolce suono”; anche questo è epiteto tipico della tra<strong>di</strong>zione epica.–<br />
: il krotalon è uno strumento musicale a percussione costituito da due legni<br />
incernierati; non dà un suono armonioso (qui infatti è definito , “strepito”, “rumore”) e serve<br />
soprattutto a ritmare.<br />
vv. 28-30: «lungo le strade c’era quanto si può desiderare ….crateri ed anfore ….. profumi <strong>di</strong> mirra e<br />
cassia e d’incenso si mescolavano,»<br />
– : essenze <strong>di</strong> chiara provenienza orientale, elencate qui probabilmente a<br />
sottolineare l’ambientazione non greca, ma asiatica dell’evento. I profumi esotici, rarissimi in<br />
occidente, da sempre richiamano con la loro preziosità occasioni particolarmente solenni o <strong>di</strong> culto.<br />
vv. 31-34: «e levavano il loro acuto canto tutte le donne più anziane, poi tutti gli uomini alto facevano<br />
risuonare il dolce inno invocando Apollo Peane dalla bella lira che da lungi saetta e celebravano Ettore<br />
ed Andromaca simili a dei.»<br />
– (att. ): impf. 3 plur. eolico; il vb. è un verbo “tecnico” ed in<strong>di</strong>ca il<br />
grido rituale <strong>di</strong> tonaità particolarmente acuta levato dalle donne per invocare una <strong>di</strong>vinità; vi è annessa<br />
generalmente una espressione <strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong> trionfo.– (): o è epiteto consueto <strong>di</strong><br />
Apollo invocato come “Soccorritore” o “Liberatore” da qualche male. – : ancora<br />
due epiteti riferiti ad Apollo che richiamano i due caratteristici attributi del <strong>di</strong>o: l’arco e la cetra.<br />
25
(att. ) è epiteto già noto ad Omero ed Esiodo.– (eol. per<br />
): “pari agli dei”; è l’epiteto comunemente usato nei poemi omerici per gli eroi.<br />
7 - La mitra negata<br />
- fr. 98 Voigt<br />
L’ode investe l’ambito familiare; è un componimento complesso, anche se ispirato da un argomento<br />
molto semplice: la comunicazione da parte della madre alla figlia dell’impossibilità <strong>di</strong> procurarle un<br />
copricapo esotico, una mitra appunto. Le argomentazioni si svolgono seguendo uno schema educativo<br />
che si avvale <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> a tra<strong>di</strong>zioni, esempi recuperabili nell’ambito della famiglia (i tempi della<br />
nonna…) per arrivare ad argomenti più complicati ed ardui, sicuramente <strong>di</strong>fficili da comprendere per<br />
una adolescente: le restrizioni imposte da misure finanziarie del governo. L’ode consente quin<strong>di</strong> anche<br />
<strong>di</strong> gettare uno sguardo sulle vicende del tempo, oltre che sugli usi e le abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> una famiglia<br />
aristocratica nella <strong>greci</strong>a arcaica.<br />
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fonte: Papiro <strong>di</strong> Copenhagen 301; papiro <strong>di</strong> Milano 32<br />
lingua: <strong>di</strong>aletto eolico<br />
metro: strofe costituite da una coppia <strong>di</strong> gliconei più un cretogliconeo<br />
<br />
vv. 1-5: «… infatti Cleide, colei che mi generò, mi raccontava che al tempo della sua giovinezza se<br />
una ragazza portava i capelli legati da un nastro rosso, questo era un bell’ornamento»<br />
– : compare qui il nome della madre <strong>di</strong> Saffo; la grafia del nome lascia intravedere la presenza<br />
del <strong>di</strong>gamma (). –: agg. poss. derivato da (att. ) già usato nella lingua<br />
26
epica (però per lo più al plurale).– (att. ): è la “chioma” (anche delle piante).–<br />
(att. , con psilosi): concorda con il sogg. e costituisce voce vb.<br />
perifrastica con la forma . – : inf. eolico <strong>di</strong> (att.). – : pr. rifl. dat.– (att.<br />
): pron. rel. f. nom.<br />
vv. 6-9: «ma se una aveva i capelli più bion<strong>di</strong> <strong>di</strong> una fiaccola sfavillante (era) adatta per corone <strong>di</strong> fiori<br />
smaglianti.»<br />
– : acc. plur. f.– (att. ): è secodo termine <strong>di</strong> paragone.–<br />
: è lettura <strong>di</strong> Gallavotti; l’agg. non si trova attestato altrove. Qui è parte nom. in una<br />
infinitiva ancora da considerarsi <strong>di</strong>pendente dall’ iniziale.<br />
vv. 10-13: «Ma proprio ora, Cleide, (mi) chie<strong>di</strong> una mitra variopinta <strong>di</strong> Sar<strong>di</strong>, come quelle che la città<br />
<strong>di</strong> Meonia … »<br />
– (= ): accessorio costituito da una cuffia da donna o turbante che allude alla moda<br />
corrente <strong>di</strong> usare nel proprio abbigliamento dei capi <strong>di</strong> provenienza orientale. Nei poemi omerici il<br />
termine “mitra” in<strong>di</strong>ca or<strong>di</strong>nariamente una cintura.<br />
vv. 14-16: «ma io non so da dove ti potrà arrivare la mitra, perché al Mitilenese ….»<br />
– : anche se l’aggettivo ha dato occasione ai commentatori <strong>di</strong> formulare ipotesi<br />
<strong>di</strong>sparate, sembra comprovato da parecchie altre citazioni (Callimaco, Diogene Laerzio, Suda) che qui<br />
si alluda a Pittaco, che era Mitilenese per parte <strong>di</strong> madre; questo fatto conferirebbe all’espressione un<br />
tono spregiativo.<br />
vv. 19-21: «…(che) tu, o figlia, nutra un legittimo desiderio se vuoi l’acconciatura <strong>di</strong> una mitra<br />
variopinta. Queste le occasioni <strong>di</strong> rimpianto che prova a iosa la nostra città per l’esilio dei Cleanatti<strong>di</strong>;<br />
costoro infatti con gran danno furono ban<strong>di</strong>ti.»<br />
– : l’infinitiva <strong>di</strong>pende da un verbo scomparso ed irrecuperabile; Gallavotti pensa<br />
che nella parte perduta si potesse alludere a misure economiche – probabilmente delle leggi suntuarie –<br />
prese da Pittaco per limitare o impe<strong>di</strong>re l’importazione <strong>di</strong> beni <strong>di</strong> lusso, e che quin<strong>di</strong> al tiranno non<br />
piacesse affatto che un’adolescente potesse desiderare una mitra <strong>di</strong> Li<strong>di</strong>a.– : gen. plur.<br />
<strong>di</strong>pendente da (att. );l’espressione ricorda un episo<strong>di</strong>o della storia politica <strong>di</strong> Mitilene, la<br />
cacciata della famiglia dei Cleanatti<strong>di</strong>, che avevano lasciato negli aristocratici un ricordo ottimo grazie<br />
al loro equilibrio ed alla loro saggezza <strong>di</strong> governo.– : Gallavotti legge qui (), ipotizzando<br />
un possibile destinatario del componimento nella figura del conterraneo <strong>di</strong> Saffo.– : è aor.<br />
pass. da (att. ).– : è neutro plur. con valore avv. già attestato in Omero<br />
().<br />
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