Ernani - Teatro A. Ponchielli
Ernani - Teatro A. Ponchielli
Ernani - Teatro A. Ponchielli
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
<strong>Teatro</strong> Amilcare <strong>Ponchielli</strong> Cremona<br />
venerdi 23 novembre, ore 20.30 (turno A)<br />
domenica 25 novembre, ore 15.30 (turno B)<br />
<strong>Ernani</strong><br />
di<br />
Giuseppe Verdi<br />
fondazione<br />
Stagione<br />
Lirica<br />
2012
con il contributo di
<strong>Ernani</strong><br />
Dramma lirico in quattro parti, libretto di Francesco Maria Piave<br />
dal dramma Hernani, ou l’honneur castillan di Victor Hugo<br />
Musica di Giuseppe Verdi<br />
Ed.Casa Ricordi - BMG Ricordi S.p.a<br />
<strong>Ernani</strong><br />
Don Carlo<br />
Don Ruy Gomez de Silva<br />
Elvira<br />
Giovanna<br />
Don Riccardo<br />
Jago<br />
Personaggi ed Interpreti<br />
Rudy Park<br />
Alessandro Luongo<br />
Enrico Giuseppe Iori<br />
Maria Billeri<br />
Nadiya Petrenko<br />
Saverio Pugliese<br />
Gianluca Margheri<br />
Montanari ribelli e banditi, cavalieri, famigliari di Silva, ancelle di Elvira, cavalieri del re,<br />
personaggi della Lega, nobili spagnuoli ed alemanni, dame spagnuole ed alemanne<br />
direttore<br />
Antonio Pirolli<br />
regia<br />
Andrea Cigni<br />
scene Dario Gessati<br />
costumi Valeria Donata Bettella<br />
light designer Fiammetta Baldiserri<br />
assistente alla regia Roberto Catalano<br />
direttore di scena ed assistente alle scene Emanuele Sinisi<br />
maestro di sala Eugenio Krizanovski<br />
maestri collaboratori di palcoscenico Germana Arcese, Patrizia Bernelich<br />
maestro alle luci Fabio Storelli - maestro ai sovra titoli Sandro Zanon<br />
aiuto regia Irene Noli - aiuto scenografo Alessandra Boffelli Serbolisca<br />
figuranti Marco Bodini, Alessandro Filippa, Samuel Quarshie Mesa,<br />
Nicola Minozzi, Roberto Rebessi, Corrado Villa<br />
nuovo allestimento<br />
Progetto finanziato dalla<br />
per il Circuito Lirico Lombardo
direttore dell’allestimento Primo Federici - macchinisti Claudio Condor, Eduardo Yorsi<br />
Bandez Corrales, Enrico Ghiglione, Giuseppe Premoli, Gianpaolo Zucchi<br />
elettricisti Secondo Albini, Marco Bellini, Matteo Benzoni, Lorenzo Bucci,<br />
Corrado Ferri Borgogno - attrezzista Roberta Pagliari<br />
capo sarta Maria Paolillo - sarte Emilia Galli, Giusy Corbari<br />
parrucchieri e trucco Andrea Santini, Maurizio Roveroni<br />
scene Keiko Shiraishi realizzate nei laboratori del teatro Comunale Luciano Pavarotti, Modena<br />
costumi Sartoria teatrale Arrigo S.r.l, Milano<br />
attrezzeria Fondazione teatro alla Scala, Milano; Fondazione teatro A. <strong>Ponchielli</strong><br />
parrucche Mario Audello, torino - calzature Epoca s.r.l., Milano<br />
illuminotecnica Giochi di luce, Cremona; Coduri de’ Cartosio, Como<br />
fonica Proservice s.r.l., Cremona - trasporti Leccese, Brescia<br />
si ringrazia Nuvola di Matteo Sessa per le riprese video e<br />
Raffaele Rastelli per il servizio fotografico<br />
CoRo DEL CIRCUIto LIRICo LoMBARDo<br />
maestro del coro Antonio Greco<br />
Banda di Palcoscenico del <strong>Teatro</strong> Sociale di Como<br />
oRCHEStRA I PoMERIGGI MUSICALI<br />
Coproduzione dei Teatri del Circuito Lirico Lombardo:<br />
<strong>Ponchielli</strong> di Cremona, Grande di Brescia, Sociale di Como e Fraschini di Pavia<br />
La produzione di <strong>Ernani</strong> è dedicata alla memoria<br />
di Arnaldo Bassini<br />
LE PRoSSIME RECItE<br />
Como, <strong>Teatro</strong> Sociale, 29 novembre e 01 dicembre<br />
Pavia, <strong>Teatro</strong> Fraschini, 9 e 11 dicembre<br />
Brescia, <strong>Teatro</strong> Grande, 14 e 16 dicembre
<strong>Ernani</strong><br />
di Giuseppe Verdi (1813 - 1901)<br />
Prima rappresentazione: Venezia, <strong>Teatro</strong> La Fenice, 9 marzo 1844<br />
Prima rappresentazione al <strong>Teatro</strong> di Cremona: stagione d’autunno del 1844<br />
Ultima rappresentazione al <strong>Teatro</strong> A. <strong>Ponchielli</strong>: stagione 1982<br />
LA tRAMA<br />
La vicenda è ambientata nel 1519.<br />
PARtE PRIMA - “Il bandito”<br />
Scena Prima. Le montagne d’Aragona.<br />
Sotto le mentite spoglie di <strong>Ernani</strong>, capo di un gruppo di banditi che si nascondono tra<br />
le montagne, si cela Don Giovanni D’Aragona, ansioso di vendicare l’uccisione del padre<br />
e di liberare l’amata Elvira, tenuta prigioniera dal vecchio Silva nel suo castello.<br />
Sostenuto dai suoi fidi, <strong>Ernani</strong> decide quindi di rapire la fanciulla quella notte stessa.<br />
Scena seconda. Stanza di Elvira al Castello di Silva.<br />
Elvira spera ardentemente che <strong>Ernani</strong> giunga a salvarla dalle nozze con Silva, a cui<br />
verrà presto costretta. Giunge invece in incognito Don Carlo che rivela alla fanciulla<br />
il proprio amore e cerca di portarla via con sé. Sopraggiunge <strong>Ernani</strong> e i due stanno<br />
per battersi quando entra all’improvviso Silva, sdegnato e pronto ad affrontare entrambi<br />
i pretendenti. A quel punto Don Carlo si fa riconoscere, mentre Silva e i suoi<br />
gli rendono omaggio, trova il modo di far allontanare <strong>Ernani</strong>.<br />
PARtE SECoNDA - “L’ospite”<br />
Salone d’onore del castello di Silva. <strong>Ernani</strong>, travestito da pellegrino, chiede ospitalità<br />
presso Silva che lo accoglie senza riserve, informandolo delle sue imminenti nozze<br />
con Elvira. Alla notizia, <strong>Ernani</strong> è sconvolto e rivela la propria identità, ma Silva è<br />
legato al vincolo d’ospitalità e promette di proteggerlo.<br />
Rimasti soli, <strong>Ernani</strong> ed Elvira si scambiano promesse di amore eterno, ma vengono<br />
sorpresi da Silva: il vecchio vorrebbe ucciderli, viene però interrotto dall’arrivo di<br />
Don Carlo, sulle tracce di <strong>Ernani</strong>. Silva nasconde il bandito e si rifiuta di consegnarlo<br />
al re, il quale si adira ancora di più. Interviene Elvira che cerca di intercedere per<br />
Silva: Don Carlo allora pretende la giovane come pegno della fedeltà di Silva.<br />
Partito Don Carlo con Elvira, Silva sfida a duello <strong>Ernani</strong>, che gli rivela l’amore del<br />
re per la giovane e propone a Silva di vendicarsi insieme. Come pegno del suo onore<br />
<strong>Ernani</strong> consegna a Silva un corno da caccia: quando egli vorrà la morte del bandito<br />
dovrà suonare tre volte il corno ed <strong>Ernani</strong> si ucciderà.<br />
PARtE tERZA - “La clemenza”<br />
In Aquisgrana. Nella cripta dov’è sepolto Carlo Magno si nasconde Don Carlo, in<br />
attesa dell’imminente elezione del nuovo imperatore e con la speranza di cogliere
sul fatto un gruppo di congiurati che vogliono attentare alla sua vita. Questi ultimi,<br />
capeggiati da <strong>Ernani</strong> e Silva, scendono poco dopo nella cripta, decretando la morte<br />
di Don Carlo per mano di <strong>Ernani</strong>. Tutti giurano fedeltà al patto, quando tre colpi di<br />
cannone annunciano l’avvenuta elezione: Don Carlo è il nuovo imperatore e, tra lo<br />
stupore di tutti, compare all’improvviso dal sepolcro, ordinando l’arresto dei ribelli.<br />
Interviene Elvira, implorando la clemenza dell’imperatore. Questi dimostra magnanimità<br />
e benevolenza concedendo il perdono a tutti e acconsentendo alle nozze tra<br />
Elvira ed <strong>Ernani</strong>. Silvia, furente, medita vendetta.<br />
PARtE QUARtA - “La maschera”<br />
A Saragozza. Nel palazzo di <strong>Ernani</strong> si preparano i festeggiamenti per le nozze tra<br />
quest’ultimo ed Elvira. Nell’allegrezza generale, viene notata la presenza di un uomo<br />
mascherato che si aggira per il palazzo. La gioia dei due giovani, finalmente uniti,<br />
viene bruscamente interrotta dal suono di un corno da caccia udito in lontananza:<br />
è Silva, venuto a rammentare ad <strong>Ernani</strong> il giuramento fatto. Elvira supplica inutilmente<br />
Silva: il vecchio è irremovibile ed <strong>Ernani</strong>, tenendo fede alla parola data, si<br />
pugnala a morte, mentre Elvira si accascia priva di sensi.
L’onore lo può sentire chi è morto? No.<br />
Vive sol coi vivi? Neppure.<br />
L a citazione posta come titolo è tratta da Falstaff, ultima opera composta da Giuseppe<br />
Verdi: in quella scena del primo atto, Sir John arringa i suoi due servitori sull’inutilità<br />
dell’appellarsi al senso dell’onore, che in fondo non è altro che “una parola”, certamente<br />
non in grado di “riempir(vi) la pancia” o “rimetter(vi) uno stinco…né un piede…né un<br />
dito…né un capello”. Questa risoluta e cinica forma di pragmatismo dell’“immenso Falstaff”<br />
(e, chissà, forse di Verdi stesso) è in totale contrasto con “l’autolesionistico senso<br />
dell’onore” (Paolo Russo), tema portante in <strong>Ernani</strong>, opera della giovinezza, soprattutto<br />
compositiva, di Verdi. Un senso dell’onore portato fino alle estreme conseguenze, che<br />
non solo impedirà la realizzazione della storia d’amore tra <strong>Ernani</strong> ed Elvira, ma sancirà<br />
addirittura la morte del protagonista, proprio nel momento in cui, parafrasando il libretto,<br />
si vede in fine arridere il ciel sereno.<br />
Il tema dell’onore presente in <strong>Ernani</strong> non è solo drammaturgico, ma anche musicale,<br />
espresso abilmente dagli squilli del corno con cui Silva, nell’ultimo atto dell’opera, costringe<br />
<strong>Ernani</strong> a mantenere fede al patto, sancito alla fine del secondo atto: “se uno<br />
squillo intenderà, tosto <strong>Ernani</strong> morirà”.<br />
All’epoca della composizione dell’opera, rappresentata per la prima volta il 9 marzo<br />
1844 al <strong>Teatro</strong> La Fenice di Venezia, l’idea di utilizzare un corno in scena destò non<br />
poche perplessità da parte della dirigenza del teatro veneziano, che cercò in tutti i modi<br />
di far cambiare idea a Verdi. Forse per quel cupo si naturale (nota già di per sé ostica per<br />
i corni che “prediligono” per loro stessa natura costruttiva le tonalità in bemolle), ma<br />
la presenza in palcoscenico di un corno fu ritenuta quanto mai inusuale, come riportato<br />
anche dal Folchetto (pseudonimo di Jacopo Caponi, corrispondente a Parigi del quotidiano<br />
La Perseveranza di Milano) nella sua biografia verdiana: al Conte Alvise Francesco<br />
Mocenigo, Presidente agli Spettacoli della Fenice, “il corno d’<strong>Ernani</strong> non andava a sangue.<br />
- Un corno alla Fenice! – esclamava – non si è mai veduto!”. Ma Verdi, convinto della<br />
propria idea drammaturgico-musicale, replicò senza troppe remore: “Ebbene, si vedrà<br />
questa volta”; e infatti “il corno si vide e si udì”. Non solo: nell’immaginario collettivo,<br />
quel si naturale, quel suono misterioso ed evocativo, si legò indissolubilmente alla figura<br />
di Silva e alla sua irremovibile pretesa di morte e di vendetta. Infatti, dopo la prima<br />
veneziana, accolta con un contenuto successo, le successive rappresentazioni sia alla<br />
Fenice che negli altri Teatri italiani e stranieri sancirono il trionfo della nuova opera di<br />
Verdi; un successo “non solo di ammirazione, di entusiasmo, ma di terrore”, come si può<br />
leggere in un articolo del 1881 (si noti dunque la longevità del successo di <strong>Ernani</strong> nei<br />
primi anni di rappresentazioni) scritto da Filippo Filippi, che prosegue: “la gente, prima<br />
di coricarsi, guardava intorno per paura che ci fosse Don Gomez De Silva col suo corno<br />
fatale, pronto a suonare durante la notte”. Benché forse con una connotazione un po’<br />
gotica e minacciosa, la felice scelta strumentale operata da Verdi pare dunque confermata:<br />
il si naturale del corno diventa simbolo “dell’inviolabilità dei patti basati sull’onore”<br />
(Michele Girardi), alludendo, quasi senza la necessità di sentirlo o di vederlo, all’inesorabilità<br />
del destino di <strong>Ernani</strong>, sancito dall’avventato giuramento fatto a Silva.
Una breve annotazione relativa alle recite di questa edizione cremonese di <strong>Ernani</strong>.<br />
L’opera verrà rappresentata con l’integrazione di due brani, inseriti nell’appendice<br />
dell’edizione critica del dramma lirico verdiano. Il primo, assai di sovente eseguito, è<br />
la cabaletta di Silva dell’atto I (“Infin che un brando vindice”), aggiunta da parte del<br />
basso Ignazio Marini per le rappresentazioni dell’opera al <strong>Teatro</strong> alla Scala di Milano nel<br />
settembre 1844. In realtà, la musica della cabaletta era stata scritta da Verdi proprio per<br />
Marini (futuro primo Attila alla Fenice nel 1846) ma per alcune recite di Oberto, conte<br />
di San Bonifacio a Barcellona nel 1842. Il basso non fece altro che inserire dopo l’aria<br />
di sortita di Silva la cabaletta di Oberto (modificata nel testo) facendola così diventare<br />
uno dei cavalli di battaglia di molti successivi interpreti del ruolo.<br />
La seconda integrazione riguarda invece il finale atto II, nel quale verrà eseguita un’aria<br />
con coro di <strong>Ernani</strong> (“Odi il voto”), scritta da Verdi su diretta richiesta di Gioachino<br />
Rossini, che rinumerò direttamente il giovane collega, per il tenore Nikolaj Ivanov, che<br />
la eseguì per la prima volta il 26 dicembre 1844 a Parma. L’inserimento di quest’aria<br />
modifica in parte il senso drammaturgico del finale d’atto, ponendo ancor più l’attenzione<br />
sul protagonista, archetipo del tenore “eroico, lirico, ardente, disperato” (Julian<br />
Budden) e dell’“eroe, generoso patriota o guerriero e amante contrastato” (Massimo<br />
Mila) dei successivi melodrammi verdiani.<br />
(testo a cura di Vittoria Fontana)
Note Musicali<br />
di Antonio Pirolli<br />
Ai tempi dei miei studi in Conservatorio, durante un corso di Storia dell’Estetica sull’ultimo<br />
Verdi, il prof. Claudio Casini ci stupì tutti sostenendo che Otello era una brutta<br />
opera. Alla mia domanda sul perché di una tale affermazione, il prof. Casini rispose<br />
che l’opera (in senso complessivo) di Verdi può essere facilmente distinta in diverse fasi<br />
compositive, riprendendo così la teoria di Bruno Barilli sulle composizioni “a cicli” del<br />
Cigno di Busseto.<br />
Otello, infatti, pur risentendo del nuovo clima culturale mitteleuropeo, non risulta<br />
un’opera del tutto compiuta, come poi invece sarà il grande capolavoro di fine carriera,<br />
Falstaff.<br />
Tenendo presente questa teoria, si può certamente affermare che <strong>Ernani</strong> è un’opera<br />
ponte, ovvero un’opera che getta le basi per il successivo periodo compositivo verdiano,<br />
più legato al romanticismo musicale. <strong>Ernani</strong> può quindi essere considerato un enorme<br />
“cantiere” dove Verdi, nel pieno delle sue forze compositive, comincia a tracciare quella<br />
che sarà la cifra stilistica propria del Verdi romantico.<br />
Ad esempio, in <strong>Ernani</strong> vi è una straordinaria caratterizzazione dei singoli personaggi,<br />
che diventano fulcro della vicenda. Questa attenzione al singolo è del tutto assente<br />
nelle opere precedenti, soprattutto nei due primi grandi successi verdiani, Nabucco e I<br />
Lombardi alla Prima Crociata. Inoltre, in <strong>Ernani</strong> vi è una perfetta assegnazione vocale<br />
a ciascun personaggio dell’opera, anticipando quelle dei melodrammi successivi. Così,<br />
Don Carlo è l’archetipo di quello che consideriamo il cosiddetto baritono verdiano, con<br />
le caratteristiche vocali e lo spessore interpretativo dei grandi personaggi baritonali<br />
creati dal compositore. O ancora: la figura lirica ed eroica dell’eroe è affidata, a partire<br />
proprio da <strong>Ernani</strong>, al tenore.<br />
Un’altra caratteristica tipica delle composizioni verdiane, che può essere rintracciata<br />
già in <strong>Ernani</strong>, è la struttura propria del melodramma, con la riduzione progressiva della<br />
lunghezza degli atti, così da attribuire stringatezza ed incisività sempre crescente al<br />
dramma lirico. Ciò viene supportato da un’ulteriore e fondamentale novità introdotta<br />
da Verdi in quest’opera: la scarsità dei pezzi a solo a cui fanno da contrappeso i molti<br />
momenti d’assieme, in primo luogo i grandi concertati che chiudono il primo e il terzo<br />
atto. In essi, pur senza ancora quella maturità ed esperienza compositiva che caratterizzerà<br />
le opere dei anni successivi, è già ben evidente il talento di Verdi, che all’epoca<br />
era considerato ancora agli esordi della propria carriera.<br />
Alcuni esempi di questo successivo sviluppo di abilità compositiva, presente in nuce in<br />
<strong>Ernani</strong>, possono essere rintracciati in vari momenti dell’opera: l’introduzione musicale<br />
del IV atto con la banda che suona una danza fuori scena e che verrà poi ripreso in<br />
Un ballo in maschera; oppure l’inizio dell’atto III con la celebre aria di Don Carlo che<br />
richiama le scure sonorità di certe pagine di Simon Boccanegra; o ancora: i concitati<br />
terzetti che non possono non ricordare Il Trovatore.<br />
In <strong>Ernani</strong>, dunque, pur a digiuno di una vera e propria scuola compositiva contrappuntistica,<br />
Verdi riesce comunque a trovare, grazie esclusivamente al proprio talento,<br />
delle finezze strumentali tipiche delle opere del suo ultimo periodo.
L’onore. Ad ogni Costo.<br />
Note di regia di Andrea Cigni<br />
<strong>Ernani</strong> è, delle opere di Verdi, una tra più difficili da restituire alla dimensione visiva.<br />
Ci sono dei vincoli storici, drammaturgici, semantici, molto forti nel libretto e nella<br />
storia stessa e dunque ogni lettura, ogni interpretazione, deve tener conto di queste<br />
indicazioni provenienti da una tradizione, ma anche da una coerenza visiva, che non<br />
desidero tradire.<br />
Un ascolto attento della musica e la lettura del testo fanno emergere tre valori: l’onore,<br />
da difendere e far valere ad ogni costo, da parte di tutti i personaggi e la ‘pesantezza’<br />
di un ben preciso momento storico, in cui brutalità, aggressività, crudeltà erano<br />
ingredienti di una società fondata sul potere, in gran parte politico e militare, da far<br />
valere costantemente. Il terzo elemento, l’amore, resta perciò marginale alla vicenda: la<br />
storia tra <strong>Ernani</strong> ed Elvira passa quasi in secondo piano rispetto ai vari intrecci, fatti<br />
di promesse, di vendette, di complotti, tra i protagonisti maschili e rischia spesso di<br />
scomparire all’interno della vicenda raccontata. Proprio grazie ad alcuni duetti, come<br />
quello del secondo atto o quello finale, viene recuperato il senso “degli affetti”, proprio<br />
del melodramma ottocentesco e che ovviamente non poteva mancare anche in questo<br />
lavoro, tuttavia è in buona parte offuscato da quel senso del dovere e dell’onore cui<br />
accennavo poche righe sopra.<br />
L’epoca della nostra ambientazione è dunque quella del Cinquecento spagnolo, ma non<br />
una riproduzione filologica che cerca di copiare o riprodurre semplicemente forme e<br />
simboli del Siglo de Oro, in modo didascalico. Più onestamente un’appassionante lettura<br />
in chiave evocativa, teatrale ed espressiva non solo dei caratteri dei personaggi, ma<br />
anche dei luoghi dentro ai quali si trovano ad agire e delle situazioni drammatiche<br />
che prendono vita: senza tradire le linee storiche, ma reinventando molto del materiale<br />
visivo, del periodo in questione.<br />
Ciò che salta subito all’attenzione è che <strong>Ernani</strong> è un’opera teatrale più che d’apparato,<br />
che si sviluppa tra quattro personaggi principali (addirittura Silva nelle prime<br />
intenzioni doveva dare il titolo all’opera), portatori di altrettanti temi diversi tra loro,<br />
accomunati dal concetto dell’onore.<br />
Il resto delle presenze in palcoscenico hanno un valore non di commento o di personaggio,<br />
ma creano una sorta di ambientazione: soldati, cavalieri, cortigiani, elettori, personaggi<br />
della lega, dame, maschere, entro i quali i protagonisti si muovono raccontandoci<br />
la loro storia.<br />
Il maggior risalto è dato ai protagonisti, al loro agire, alla loro risoluzione drammatica,<br />
al loro esistere non come personaggi ‘storici’ in costume, bensì come veri e propri attori,<br />
portatori di una storia drammatica e di alcuni valori che ritornano nell’opera a più<br />
riprese e di cui ognuno enfatizza un aspetto particolare rispetto agli altri.<br />
<strong>Ernani</strong> è l’incarnazione del coraggio e dell’onore che passa attraverso la vendetta, Elvira<br />
dell’avventura amorosa cortese, Don Carlo del potere e di ciò che questo può far<br />
ottenere (finanche a cambiare il carattere delle persone stesse), Silva dell’attaccamento a<br />
una giovinezza ormai fuggevole e alla difesa del potere che ormai sempre vede sfuggire.<br />
Tutti i personaggi hanno a che fare con questo pressante concetto della difesa dell’ono-
e, spesso invocato anche per motivi banali e futili, impiegando energie anche in modo<br />
del tutto esagerato.<br />
Il lavoro desidera rispettare la tradizione letteraria e musicale cui quest’opera rimanda,<br />
ma al tempo stesso cura in modo forte l’azione drammatica, rivaluta alcune linee e forme<br />
nei costumi e nelle scene, astrae ed evoca quegli elementi che da semplici apparati di<br />
stile dovranno comunicare un senso teatrale che necessariamente è dentro quest’opera.<br />
Il colore dominante della scena è l’oro, in tutte le sue sfumature, ossidazioni, lavorazioni.<br />
La pesantezza di un periodo storico ‘ricco’ che impone il proprio senso del dovere e<br />
dell’onore passa anche attraverso questo materiale, con cui è realizzato tutto l’impianto<br />
scenico e dentro il quale tutti si trovano a vivere. Il richiamo al retablo spagnolo è evidente<br />
e fortemente voluto.<br />
La mutevolezza dei quadri è restituita attraverso un elemento centrale che ruota, si<br />
apre, si scompone, si spacca, modificando l’ambiente e creandone di volta in volta diversi<br />
e molteplici, rompendo la luce e accogliendo personaggi, elementi di scenografia<br />
ed evocando atmosfere.<br />
Tutto è decorato con la minuzia e l’ossessività del retablo cinquecentesco per quanto<br />
riguarda l’interno della scena, ma nel momento in cui questa ruota verso lo spettatore<br />
mostra anche l’altra fonte di ispirazione del nostro lavoro, parte del materiale letterario<br />
del romanzo che ha ispirato Verdi: così tutta la parete circolare esterna vede riprodotte<br />
frasi dell’opera stessa di Victor Hugo.<br />
Pochi elementi simbolici entrano nel ‘cerchio magico’ del nostro retablo: i ricchi abiti da<br />
sposa per Elvira privi di anima, due sedute speculari per il castello di Silva, un tavolo/<br />
cornice specchiante per l’atto II, richiamo di un ponte levatoio che difende la rocca,<br />
la testa di Carlo Magno nella tomba dell’Atto III ed infine il vuoto lasciato dalla parete<br />
umana delle immobili maschere dell’atto IV.<br />
Il vuoto, il nulla è ciò che resta in mano ai protagonisti alla fine dell’opera, insieme alla<br />
difesa dell’onore che perde di qualunque senso e di qualunque ragionevolezza in un<br />
finale spietato.
Antonio Pirolli<br />
Nato a Roma, si è diplomato in pianoforte, composizione, musica corale e in direzione<br />
d’orchestra al Conservatorio di Santa Cecilia. Si è quindi perfezionato con Zoltan<br />
Pesko, Vladimir Delman e Rudolf Barshai, vincendo il terzo premio al concorso<br />
Arturo Toscanini di Parma.<br />
Dal 1995 al 2001 è stato direttore musicale al <strong>Teatro</strong> dell’Opera di Ankara, ricoprendo<br />
lo stesso incarico presso l’Opera di Stato di Istanbul dal 2002 al 2005.<br />
È stato ospite di prestigiose Istituzioni in Italia e all’Estero: <strong>Teatro</strong> alla Scala, <strong>Teatro</strong><br />
dell’ Opera di Roma, <strong>Teatro</strong> Carlo Felice di Genova, Maggio Musicale Fiorentino,<br />
<strong>Teatro</strong> Bellini di Catania, New National Theatre di Tokyo, <strong>Teatro</strong> San Carlo di Lisbona,<br />
<strong>Teatro</strong> Colon di Buenos Aires e l’Opera di Stato di Wiesbaden.<br />
Vanta un vasto repertorio, con una predilezione per l’Ottocento italiano e l’opera<br />
francese, non senza frequenti incursioni in Puccini e nel repertorio sinfonico.<br />
Sono da ricordare in particolare La gioconda al Festival di Santander (Spagna),<br />
una tournée in Giappone con il <strong>Teatro</strong> dell’Opera di Roma, il debutto alla Deutsche<br />
Oper di Berlino con Andrea Chénier, Macbeth a Lisbona, Nabucco e Aida a Caracalla<br />
ed Il Trovatore al Massimo Bellini di Catania; Tosca a Firenze, un grande concerto<br />
dedicato al repertorio operistico per la stagione del <strong>Teatro</strong> di San Carlo di Napoli e<br />
Turandot al Filarmonico di Verona. È stato anche applaudito sul podio del Palacio<br />
Euskalduna di Bilbao con l’Aroldo verdiano e per <strong>Ernani</strong> al Massimo Bellini di Catania,<br />
all’Arena di Verona per Il barbiere di Siviglia e per La bohéme a Santander.<br />
Ha diretto anche Un ballo in Maschera al <strong>Teatro</strong> “Verdi” di Salerno e Medea e Puritani<br />
per il Circuito dei Teatri Lombardi nelle stagioni 2010 e 2011.
Andrea Cigni<br />
Toscano, laureato al Dams di Bologna si è formato grazie a numerose esperienze di<br />
recitazione, mimica, dizione, danza ed espressività corporea.<br />
È stato attore e mimo prendendo parte a numerosi allestimenti e collaborando con<br />
registi quali Pier Luigi Pizzi, Giancarlo Cobelli, Yannis Kokkos, Alberto Fassini,<br />
Beni Montresor, Henning Brockhaus. In qualità di assistente alla regia ha allestito<br />
numerose opere (Rinaldo, Aida, Fille du Régiment, Otello, L’Orfeo, Francesca da<br />
Rimini, Simon Boccanegra, Macbeth, Il Trovatore, The turn of the screw) nei più<br />
prestigiosi teatri d’opera.<br />
Ha curato la regia di varie pièces teatrali: La Morsa di Pirandello, Poesie Recitardanzando<br />
di Giorgio Caproni, Rosa Pazza e disperata di Enzo Siciliano, Processo a Genet<br />
(tratto dal Journal du Voleur di Jean Genet). Nel 2006 ha debuttato a Cremona<br />
con la mise en éspace di una performance di danza e musica dal titolo Buenos Aires<br />
Madrigals al <strong>Teatro</strong> <strong>Ponchielli</strong>, subito seguita dalla regia dell’opera lirica Andromeda<br />
Liberata di Antonio Vivaldi e altri, in prima rappresentazione assoluta in tempi<br />
moderni, che ha riscosso enorme successo di critica e di pubblico.<br />
Nel maggio 2007 ha curato la regia de L’Orfeo di Claudio Monteverdi diretto da<br />
A. Marcon, in occasione dei 400 anni dalla prima rappresentazione dell’opera:<br />
l’allestimento ha inaugurato il Festival Monteverdi di Cremona al <strong>Teatro</strong> <strong>Ponchielli</strong><br />
ottenendo la copertina del prestigioso mensile italiano “L’Opera”. Nel 2008 ha<br />
curato la regia di Paride ed Elena di Gluck, per il Circuito Lirico Toscano coprodotto<br />
dall’Opera Royal de Wallonie di Liegi. Sempre nel 2008 ha realizzato, per<br />
la Stagione Lirica del Circuito Lirico Lombardo il dittico La Medium di Menotti e<br />
Gianni Schicchi di Giacomo Puccini. Nel 2009: Aida di Giuseppe Verdi per il Festival<br />
Opera al Giardino di Boboli a Firenze, con le scene di Igor Mitoraj e La Figlia<br />
del Reggimento di Gaetano Donizetti per il Circuito Lirico Lombardo, il <strong>Teatro</strong><br />
Donizetti di Bergamo e il <strong>Teatro</strong> Alighieri di Ravenna.<br />
Nel 2010 ha realizzato un nuovo allestimento de La Traviata di Giuseppe Verdi per<br />
i teatri della Lombardia e Roméo et Juliette di Charles Gounod per i Teatri di Pisa,<br />
Ravenna, Rovigo e Trento.<br />
Per la stagione 2011: Madama Butterfly e Tosca di Puccini per il <strong>Teatro</strong> Politeama di<br />
Palermo, una fortunata produzione de Il Cappello di Paglia di Firenze di Nino Rota<br />
per il Maggio Musicale Fiorentino, la ripresa di Roméo et Juliette di Gounod per il<br />
Circuito Lirico Lombardo ed un nuovo allestimento di Norma di Vincenzo Bellini<br />
per il <strong>Teatro</strong> Verdi di Sassari.<br />
Ha recentemente ripreso Roméo et Juliette di Gounod per il <strong>Teatro</strong> Verdi di Sassari.<br />
È docente di Arte Scenica e Storia del <strong>Teatro</strong> presso l’Istituto Superiore di Studi<br />
Musicali di Cremona ‘Claudio Monteverdi’.
<strong>Teatro</strong> Amilcare<br />
Consiglio d i AmministrAzione<br />
Oreste Perri, Presidente<br />
Vito Zucchi, Vicepresidente<br />
Walter Berlini, Elisabetta Carutti<br />
Renzo Zaffanella, Consiglieri<br />
Co l l e g i o d e i re v i s o r i<br />
Renzo Rebecchi, Presidente<br />
Giovanni Costa e Andrea Ferrari, Revisori effettivi<br />
Alessandra Donelli e Alessandro Tantardini, Revisori supplenti<br />
Angela Cauzzi, Sovrintendente
<strong>Teatro</strong> Amilcare <strong>Ponchielli</strong> Cremona<br />
fondazione<br />
fondazione<br />
<strong>Ponchielli</strong> Cremona<br />
Fo n d A t o r i<br />
so s t e n i t o r i<br />
Benemeriti<br />
Promotori<br />
Ordinari<br />
Vito Zucchi<br />
Fondazione<br />
Arvedi Buschini<br />
Centro di Musicologia<br />
Walter Stauffer<br />
Società Editoriale Cremonese S.p.A.<br />
AEM-CoM s.r.l. - A.F.M. di Cremona (Azienda Farmaceutica Municipale) S.p.A.<br />
ARCAR s.p.a. - Associazione Costruttori ANCE Cremona<br />
Cesini Due di Cesini G. e M. S.n.c. - Comune di Castelvetro Piacentino<br />
Euroresin CtC s.r.l. - Fantigrafica s.r.l. - Giuliana Guindani<br />
Guindani Viaggi - Maglia Club s.r.l. - Nuova oleodinamica Bonvicini s.r.l.<br />
Relevés articoli per la danza - Seri Art s.r.l.
Info:<br />
Fondazione <strong>Teatro</strong> Amilcare <strong>Ponchielli</strong> Cremona<br />
Corso Vittorio Emanuele II, 52 - 26100 Cremona<br />
Segreteria 0372.022.010/011<br />
Fax 0372.022.099<br />
Biglietteria 0372.022.001/002 (ore 10.30 - 13.30 e 16.30 - 19.30)<br />
Biglietteria on-line: www.vivaticket.it<br />
e-mail: info@teatroponchielli.it<br />
www.teatroponchielli.it<br />
Progetto grafico: Corrado Testa - Testa Consulenti & Creativi Pubblicitari<br />
Esecutivi digitali: Service Lito (Persico Dosimo - CR)<br />
Stampa: Fantigrafica (Cremona)