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Terre Alte terre di fascino - Gal Oltrepò Pavese

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però gran parte della fortezza era ancora conservata: sebbene<br />

quasi interamente scoperchiato, l’e<strong>di</strong>ficio conservava camere<br />

con soffitti in legno, pareti ben decorate e alcune porte<br />

interne con stipiti ed architravi in arenaria ben lavorata.<br />

Dal questo bel promontorio si gode un’ampia visuale su<br />

tutta la vallata: in particolare i paesi <strong>di</strong> Casanova Staffora<br />

e <strong>di</strong> Cegni con le caratteristiche cantine che occupano tutto<br />

il versante. Verso nord svetta tra i boschi il castello <strong>di</strong><br />

Oramala, fortezza a ridosso dell’ampia vallata. Verso Sud<br />

invece il paesaggio è più selvaggio: l’alta Val Staffora è infatti<br />

più chiusa, più stretta, meno interessata dai centri<br />

abitati, più incontaminata e selvaggia.<br />

Santa Margherita Staffora offre quin<strong>di</strong> un paesaggio ampio<br />

e caratteristico che, nelle giornate più belle, permette<br />

<strong>di</strong> ammirare l’intera Valle.<br />

IL MONTE LESIMA<br />

Il monte Lesima, riconoscibile anche da lontano per il<br />

geoide della stazione <strong>di</strong> controllo dell’aeronautica militare,<br />

è la vetta più elevata dell’intero Oltrepo pavese. Con i suoi<br />

1724 m offre una vista panoramica meravigliosa: lo sguardo<br />

spazia dal territorio pavese a quello piacentino arrivando,<br />

nelle giornate migliori, sino al Mar Ligure.<br />

Secondo la leggenda, la vetta più alta dell’Oltrepo deve il<br />

suo nome al condottiero Annibale: questi infatti, salitovi<br />

per osservare le truppe romane nemiche vinte al Trebbia<br />

nel 218 a.C., si ferì ad una mano; da “lesa manu” deriverebbe<br />

quin<strong>di</strong> il nome o<strong>di</strong>erno del monte.<br />

Per raggiungere la cima, superati i Piani <strong>di</strong> Lesima e lasciata<br />

la strada asfaltata per uno dei tanti sentieri contrassegnati<br />

in rosso e bianco che si aprono sulla destra, si attraversano<br />

dapprima bellissime faggete. In questi boschi i<br />

sentieri si snodano tra i tronchi dei faggi, grigi, lisci, <strong>di</strong>ritti<br />

o contorti, che creano un ambiente suggestivo e unico.<br />

Solo in alcuni punti i boschi <strong>di</strong> faggio sono davvero “puri”;<br />

ai margini delle faggete o nelle zone più rade la maggiore<br />

quantità <strong>di</strong> luce consente l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> un’altra specie,<br />

tipica delle alte quote: il maggiociondolo, dalle piccole foglie<br />

lucide, trifogliate, e dai bei fiori giallo oro riuniti in<br />

grappoli che, nella tarda primavera, ornano i rami.<br />

Superata la fascia boscata, si raggiunge la zona delle praterie,<br />

più aperta, soleggiata e molto ventosa.<br />

Qui dominano la scena le specie erbacee, tra cui molti<br />

LA SPECIE SIMBOLO<br />

DEL MONTE LESIMA:<br />

ASTRAGALUS SIRINICUS TEN.<br />

Il monte Lesima riveste una<br />

grande importanza anche dal<br />

punto <strong>di</strong> vista botanico, poiché<br />

rappresenta la stazione<br />

più settentrionale dell’astragalo<br />

del monte Sirino (Astragalus<br />

sirinicus Ten.), entità<br />

me<strong>di</strong>terraneo-montana a <strong>di</strong>ffusione<br />

molto frammentata<br />

lungo l’intera penisola.<br />

L’astragalo del monte Sirino<br />

è un’erba che raggiunge altezze<br />

<strong>di</strong> 30-40 cm. Ha fusti<br />

legnosi accompagnati da spine;<br />

le foglie, lunghe 5-8 cm,<br />

sono verde-argento, composte<br />

da 15-19 segmenti ellittici.<br />

I fiori, raccolti in racemi<br />

lunghi 2 cm, sono <strong>di</strong> colore<br />

giallo oro e fioriscono da giugno<br />

a luglio. I frutti sono legumi<br />

ovoi<strong>di</strong>.<br />

Come suggerisce il nome,<br />

questa pianta è originaria<br />

delle zone dell’Appennino<br />

centro-meri<strong>di</strong>onale, dove è<br />

stata rinvenuta per la prima<br />

volta nel 1826; durante le glaciazioni<br />

però la specie si è<br />

spinta nelle aree più settentrionali<br />

rimanendo, dopo il ritiro<br />

dei ghiacciai sino ai giorni<br />

nostri, esclusivamente in<br />

questa piccola area dell’Appennino<br />

pavese-piacentino.<br />

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