Documenti e testimonianze raccolte dal tenente Adolfo Zamboni Sul ...
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inferocisce i fantaccini; non avvertono più fatiche e disagi. Avanti, avanti! I soldati sostano nei paesi;<br />
chiedon vecchi drappi; di stoffe tricolori forman bandiere della Patria; le issano su aste improvvisate; ogni<br />
reparto ne vuole una; sotto l'insegna d'Italia si marcia più spediti; cresce l'entusiasmo; i canti s'innalzano.<br />
Avanti, avanti! soldati <strong>dal</strong>le mostrine del sangue e della morte; avanti veterani del San Michele e di Bosco<br />
Cappuccio. Verso S. Giacomo di Lusiana un biroccio tirato da un asinello si ferma; sorge un vecchietto e<br />
parla alla truppa; ha gli occhi sfavillanti ed il viso bagnato di lagrime: "Figlioli - egli dice - sono vecchio e<br />
ho dovuto fuggire; ma li ho affrontati nel '66 quei luridoni e mi son battuto come un leone. Andate,<br />
figlioli, salvate la Patria; Dio vi benedica!" E così dicendo volse lo sguardo al cielo; poi volle veder sfilare<br />
tutto il reggimento, rimanendo in piedi a capo scoperto. Il vecchio campione d'Italia incitava i nuovi, e<br />
questi a loro volta giuravano in cuor loro di rendersi degni emuli della gloria degli avi. Il 24 mattina<br />
eravamo in prossimità di Asiago sulle pendici di monte Sprunch; la ridente cittadina nel bel mezzo del<br />
verde Altopiano era in fiamme; colpi di cannone da 305 la bombardavano con fuoco intermittente. Le<br />
fanterie e i granatieri si battevano a Roana e a Camporovere; <strong>dal</strong>la Val d'Assa uscivano forti colonne di<br />
baldanzosi austriaci. Quando nella bella mattina del fiorente maggio mirammo da bassa quota le posizioni<br />
formidabili del Verena, di Tonezza, del Toraro e di Campomolon, già nostre ed ora dolorosamente<br />
perdute, avemmo intera la sensazione del disastro e ci chiedemmo come mai, per quale errore o per quale<br />
fato avverso, poterono così facilmente e in così breve tempo esser spalancate al nemico le ferrate porte<br />
d'Italia. Mentre gli animi erano sbigottiti e timorosi per la sorte della Patria, ecco comparire fra le nostre<br />
truppe un soldato della milizia territoriale; era inerme e portava sul volto le tracce dello spavento: diceva<br />
d'aver smarrito il suo reparto; portava notizie gravissime. I nostri fanti, esacerbati, credendo di essersi<br />
imbattuti in un vile e in un traditore, volevano linciarlo; ci volle del bello e del buono per sottrarlo alla<br />
giustizia sommaria e affidarlo ai carabinieri. Le truppe di rincalzo, accorse da ogni parte della fronte<br />
Giulia, stavano costruendo una linea di resistenza lungo le pendici settentrionali di M.Pau, Magnaboschi,<br />
Caberlaba, Sprunch ed Echar; ma era necessario arrestare l'impeto furioso del nemico che aveva per<br />
iscopo di rigettare i nostri <strong>dal</strong>le montagne che proteggono la pianura veneta. Il comando degli Altipiani<br />
mandò l'ordine alla " Catanzaro " di recarsi a frenare l'urto avversario sulla linea di Monte Interrotto -<br />
Mosciagh; non si conosceva la sorte dei reparti che lassù s'eran ritirati. Evitando la via scoperta che passa<br />
per Asiago, girammo intorno al Sisemol e per Ronchi raggiungemmo il ridente paesello di Gallio, dove ci<br />
colse la notte. Non una guida, non un uomo pratico dei luoghi; le truppe stanche, affamate, entrarono nei<br />
boschi e procedettero con le misure di sicurezza verso la meta fissata, col pericolo di imbattersi ad ogni<br />
passo nel nemico. Misurava la mesta marcia il rombo del cannone austriaco puntato su Asiago e<br />
illuminavan di tratto in tratto la densa oscurità le fiamme che si levavano alte <strong>dal</strong>la città in rovina. Verso le<br />
due del mattino arrivammo alle pendici dell'Interrotto e, dopo una breve sosta, salimmo per erti sentieri fra<br />
le boscaglie, sulla cima del monte. Ahimè, quale spettacolo! All'impazzata fuggivano i cavalli<br />
dell'artiglieria; alcuni, gravemente feriti, rantolavano sul terreno, altri si trascinavano a stento verso il<br />
piano, allontanandosi <strong>dal</strong> campo della battaglia. Gli austriaci avevano occupato la cima del monte<br />
Mosciagh conquistando due batterie da campagna dopo una lotta a corpo a corpo con i difensori. Noi ci<br />
trovammo così impegnati in una mischia insidiosa, perchè la densa boscaglia non permetteva di osservare<br />
le posizioni dell'avversario. Di fronte all'impeto dei nostri fanti che, pur di avanzare, non si spaventavano<br />
delle perdite, gli austriaci si ritirarono, lasciandoci in possesso della cima del Mosciagh, ma senza<br />
abbandonare le due batterie da campagna catturate nel mattino. La vittoria era nostra, ma non completa;<br />
occorreva liberare i nostri pezzi. Verso il tramonto si scatenò una terribile tormenta che prostrò<br />
fisicamente le truppe già provate e affamate: il rancio non arrivava. La giornata seguente passò in continue<br />
scaramucce: in una di queste il comandante del mio battaglione, maggiore Corrado, rimase ferito ad un<br />
braccio. Non volle lasciare il suo posto di combattimento, non fiatò per non impressionare i soldati: alle<br />
nove di sera si doveva attaccare di sorpresa per riconquistare i nostri cannoni. Arrivata l'ora, le truppe<br />
fecero irruzione; ma il nemico era all'erta e rispose con un fuoco micidiale di mitraglia e di bombe a mano;<br />
la notte calante rendeva terribile la battaglia; le grida degli assalitori si confondevano con i lamenti dei<br />
feriti abbandonati sul terreno e calpestati dai compagni che accorrevano. Raggiungemmo i nostri cannoni e<br />
li liberammo, ma a prezzo di molto sangue. Io non so<br />
quanti furono i valorosi che giacquero nella mischia<br />
furiosa: intorno a me, ferito gravemente ad una coscia e<br />
confuso con i miei soldati, si levavano alti i lamenti:<br />
caduti presso un cannone , avemmo la sventura di non<br />
poter essere subito asportati perchè contro i pezzi era<br />
incessante il fuoco del nemico, il quale contendeva ai<br />
nostri il possesso. Finalmente l'alba sorse a riscaldare la<br />
31/08/2005