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Documenti e testimonianze raccolte dal tenente Adolfo Zamboni Sul ...

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<strong>Documenti</strong> e <strong>testimonianze</strong> <strong>raccolte</strong> <strong>dal</strong> <strong>tenente</strong><br />

<strong>Adolfo</strong> <strong>Zamboni</strong><br />

<strong>Sul</strong> Monte Mosciagh la baionetta ricuperò il cannone<br />

La sera del 18 maggio 1916 venne l'ordine di partenza per<br />

la fronte tridentina: dopo quasi un anno trascorso<br />

sull'arido Carso, questa notizia mise in tutti noi un senso<br />

di profonda gioia. Nessuno del nostro reggimento aveva<br />

mai combattuto sugli Altipiani, ma di là arrivavano le<br />

migliori informazioni: la lotta è ben diversa; il nemico è a<br />

distanza; le trincee sono sicure; l'artiglieria non fa stragi;<br />

insomma, per i combattenti dell'Isonzo il Trentino<br />

appariva come un soggiorno di riposo e di pace.<br />

Contrariamente a quello che avveniva ogni qual volta<br />

arrivava un ordine di partenza per la trincea del Carso, i<br />

fanti fecero bagaglio cantando e scherzando. " Si va in<br />

Trentino, oh finalmente! " e da lungi davano uno sguardo<br />

alle colline fosche del Carso, dove continuamente batteva<br />

il cannone: " Che tu sia maledetto! "; ma subito un<br />

pensiero triste attraversava la loro mente: lassù ci sono<br />

tanti fratelli nostri, molti in vigile attesa, altri dormienti<br />

sulla sinistra dell'Isonzo, nelle doline o lungo i valloni dai<br />

molti ricoveri. A quel luogo di morte, in fondo, erano<br />

affezionati; ognuno aveva lassù un mesto ricordo, un<br />

brandello di carne. Ma ora è venuto il premio alle tante<br />

fatiche: siamo avvicendati di fronte; potremo finalmente<br />

riposare. Ma perchè un ordine di movimento così<br />

improvviso? Si doveva partire a breve intervallo, con treni<br />

diretti, lasciando il grosso bagaglio. Perchè ciò? Si dovrà<br />

tornare tra breve? E sia pure, ma intanto si va lassù;<br />

perchè angustiarci anzi tempo? I tre convogli partirono a scaglioni, a distanza di due ore: la mattina del 19<br />

alle cinque sostammo alla stazione di Padova per una mezz'ora, poi proseguimmo per Vicenza; colà ci<br />

attendammo e la mattina successiva ripartimmo col tram di Marostica. Ma che movimento di truppa!<br />

Quante automobili con ufficiali e generali! Si dice che Cadorna sia sugli Altipiani. Cos'è avvenuto? I<br />

giornali parlano di un attacco di Conrad. La canaglia Lanzichenecca vuol scendere a contaminare le nostre<br />

belle contrade? Ma chi ha tempo di leggere i giornali? Dicon tante sciocchezze! A Marostica i nostri<br />

battaglioni si dividono; il mio, il II, marcia fino a Mason Vicentino dove pernottiamo; alle ore 9 del 20 si<br />

riparte inerpicandosi su per i monti, per raggiungere Asiago. Ci incontriamo coi Granatieri, nostri<br />

compagni indivisibili del Carso; essi ci precedono in autocarro. Ci facciamo mesti pensando a gravi<br />

sciagure: è manifesto però che il nemico avanza, che ha superato tutti gli ostacoli: il rombo dei cannoni<br />

pesanti è vicino. A Crosara, e poi su verso Campana ci si offre lo spettacolo desolante dei primi profughi:<br />

sono vecchi montanari <strong>dal</strong>la pelle abbronzata, donne e bambini macilenti per i disagi del viaggio, a piedi o<br />

su carrette, cariche di povere masserizie; le donne e i ragazzi trascinano le giovenche, i suini; gli uomini<br />

guidano il carro o lo tirano a spalla. Ci narrano i primi avvenimenti: <strong>dal</strong> giorno 16 essi han lasciato le loro<br />

case; i nostri si ritirano sotto l'urto impetuoso del nemico: da Cima Undici al Pasubio la linea è rotta; i forti<br />

di Verena e di Campomolon sono in mano degli Austriaci; essi calano per le valli; tutti i paesi sono in<br />

fiamme. Dio, Dio, preserva la Patria <strong>dal</strong>la rovina! I soldatini del Carso raccolgon le voci del dolore; essi,<br />

che conoscono a prova l'austriaco, l'ungherese e il croato, coi quali si son misurati in tante battaglie, non si<br />

sgomentano; " Coraggio, giovanotti: l'Italia è lassù dove il pericolo minaccia". L'esodo degli abitanti<br />

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inferocisce i fantaccini; non avvertono più fatiche e disagi. Avanti, avanti! I soldati sostano nei paesi;<br />

chiedon vecchi drappi; di stoffe tricolori forman bandiere della Patria; le issano su aste improvvisate; ogni<br />

reparto ne vuole una; sotto l'insegna d'Italia si marcia più spediti; cresce l'entusiasmo; i canti s'innalzano.<br />

Avanti, avanti! soldati <strong>dal</strong>le mostrine del sangue e della morte; avanti veterani del San Michele e di Bosco<br />

Cappuccio. Verso S. Giacomo di Lusiana un biroccio tirato da un asinello si ferma; sorge un vecchietto e<br />

parla alla truppa; ha gli occhi sfavillanti ed il viso bagnato di lagrime: "Figlioli - egli dice - sono vecchio e<br />

ho dovuto fuggire; ma li ho affrontati nel '66 quei luridoni e mi son battuto come un leone. Andate,<br />

figlioli, salvate la Patria; Dio vi benedica!" E così dicendo volse lo sguardo al cielo; poi volle veder sfilare<br />

tutto il reggimento, rimanendo in piedi a capo scoperto. Il vecchio campione d'Italia incitava i nuovi, e<br />

questi a loro volta giuravano in cuor loro di rendersi degni emuli della gloria degli avi. Il 24 mattina<br />

eravamo in prossimità di Asiago sulle pendici di monte Sprunch; la ridente cittadina nel bel mezzo del<br />

verde Altopiano era in fiamme; colpi di cannone da 305 la bombardavano con fuoco intermittente. Le<br />

fanterie e i granatieri si battevano a Roana e a Camporovere; <strong>dal</strong>la Val d'Assa uscivano forti colonne di<br />

baldanzosi austriaci. Quando nella bella mattina del fiorente maggio mirammo da bassa quota le posizioni<br />

formidabili del Verena, di Tonezza, del Toraro e di Campomolon, già nostre ed ora dolorosamente<br />

perdute, avemmo intera la sensazione del disastro e ci chiedemmo come mai, per quale errore o per quale<br />

fato avverso, poterono così facilmente e in così breve tempo esser spalancate al nemico le ferrate porte<br />

d'Italia. Mentre gli animi erano sbigottiti e timorosi per la sorte della Patria, ecco comparire fra le nostre<br />

truppe un soldato della milizia territoriale; era inerme e portava sul volto le tracce dello spavento: diceva<br />

d'aver smarrito il suo reparto; portava notizie gravissime. I nostri fanti, esacerbati, credendo di essersi<br />

imbattuti in un vile e in un traditore, volevano linciarlo; ci volle del bello e del buono per sottrarlo alla<br />

giustizia sommaria e affidarlo ai carabinieri. Le truppe di rincalzo, accorse da ogni parte della fronte<br />

Giulia, stavano costruendo una linea di resistenza lungo le pendici settentrionali di M.Pau, Magnaboschi,<br />

Caberlaba, Sprunch ed Echar; ma era necessario arrestare l'impeto furioso del nemico che aveva per<br />

iscopo di rigettare i nostri <strong>dal</strong>le montagne che proteggono la pianura veneta. Il comando degli Altipiani<br />

mandò l'ordine alla " Catanzaro " di recarsi a frenare l'urto avversario sulla linea di Monte Interrotto -<br />

Mosciagh; non si conosceva la sorte dei reparti che lassù s'eran ritirati. Evitando la via scoperta che passa<br />

per Asiago, girammo intorno al Sisemol e per Ronchi raggiungemmo il ridente paesello di Gallio, dove ci<br />

colse la notte. Non una guida, non un uomo pratico dei luoghi; le truppe stanche, affamate, entrarono nei<br />

boschi e procedettero con le misure di sicurezza verso la meta fissata, col pericolo di imbattersi ad ogni<br />

passo nel nemico. Misurava la mesta marcia il rombo del cannone austriaco puntato su Asiago e<br />

illuminavan di tratto in tratto la densa oscurità le fiamme che si levavano alte <strong>dal</strong>la città in rovina. Verso le<br />

due del mattino arrivammo alle pendici dell'Interrotto e, dopo una breve sosta, salimmo per erti sentieri fra<br />

le boscaglie, sulla cima del monte. Ahimè, quale spettacolo! All'impazzata fuggivano i cavalli<br />

dell'artiglieria; alcuni, gravemente feriti, rantolavano sul terreno, altri si trascinavano a stento verso il<br />

piano, allontanandosi <strong>dal</strong> campo della battaglia. Gli austriaci avevano occupato la cima del monte<br />

Mosciagh conquistando due batterie da campagna dopo una lotta a corpo a corpo con i difensori. Noi ci<br />

trovammo così impegnati in una mischia insidiosa, perchè la densa boscaglia non permetteva di osservare<br />

le posizioni dell'avversario. Di fronte all'impeto dei nostri fanti che, pur di avanzare, non si spaventavano<br />

delle perdite, gli austriaci si ritirarono, lasciandoci in possesso della cima del Mosciagh, ma senza<br />

abbandonare le due batterie da campagna catturate nel mattino. La vittoria era nostra, ma non completa;<br />

occorreva liberare i nostri pezzi. Verso il tramonto si scatenò una terribile tormenta che prostrò<br />

fisicamente le truppe già provate e affamate: il rancio non arrivava. La giornata seguente passò in continue<br />

scaramucce: in una di queste il comandante del mio battaglione, maggiore Corrado, rimase ferito ad un<br />

braccio. Non volle lasciare il suo posto di combattimento, non fiatò per non impressionare i soldati: alle<br />

nove di sera si doveva attaccare di sorpresa per riconquistare i nostri cannoni. Arrivata l'ora, le truppe<br />

fecero irruzione; ma il nemico era all'erta e rispose con un fuoco micidiale di mitraglia e di bombe a mano;<br />

la notte calante rendeva terribile la battaglia; le grida degli assalitori si confondevano con i lamenti dei<br />

feriti abbandonati sul terreno e calpestati dai compagni che accorrevano. Raggiungemmo i nostri cannoni e<br />

li liberammo, ma a prezzo di molto sangue. Io non so<br />

quanti furono i valorosi che giacquero nella mischia<br />

furiosa: intorno a me, ferito gravemente ad una coscia e<br />

confuso con i miei soldati, si levavano alti i lamenti:<br />

caduti presso un cannone , avemmo la sventura di non<br />

poter essere subito asportati perchè contro i pezzi era<br />

incessante il fuoco del nemico, il quale contendeva ai<br />

nostri il possesso. Finalmente l'alba sorse a riscaldare la<br />

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nostra completa vittoria e a illuminare il triste campo della<br />

lotta. Da questo fatto d'armi, che ebbe una così simpatica ripercussione per tutto il Paese trepidante e<br />

commosso, il 141° Fanteria trasse il suo motto glorioso:" Su Monte Mosciagh la baionetta ricuperò il<br />

cannone ", e l'insigne scultore calabrese Volterrani l'eternò in una magnifica medaglia di cui ogni fante del<br />

Reggimento volle un esemplare che gli fosse caro ricordo. Dal canto suo il Comando Supremo, nel<br />

bollettino del 29 maggio si compiacque additare alla riconoscenza della Nazione i combattenti del<br />

Mosciagh con queste parole: " Le valorose fanterie del 141° con furiosi attacchi sono riuscite a togliere al<br />

nemico e a mettere in salvo alcune batterie da campagna." Ma anche le posizioni del Mosciagh,<br />

conquistate con tanto sangue, dovettero essere abbandonate il giorno 28 maggio, perchè la linea difensiva<br />

era stata dai superiori comandi arretrata al margine meridionale dell'altipiano d'Asiago. " Ritirarci? - si<br />

chiedevano i soldati - ma perchè ? Mandino altre truppe, si dispongano ai nostri lati, e noi continueremo<br />

ad avanzare ". Ma la ritirata era una tristissima necessità ed i fanti obbedirono con nell'animo un grande<br />

sconforto, anche perchè si dovettero lasciare sul terreno, senza alcuna sepoltura, i nostri morti e, doloroso<br />

a dirsi, persino i feriti gravi. Il nemico incalzava più a Sud e la presenza del Reggimento era indispensabile<br />

altrove: tra Magnaboschi e il Cengio. E sulle pendici di questi monti famosi e gloriosi le truppe della<br />

"Catanzaro" , insieme coi Granatieri, contesero giorno e notte, a palmo a palmo, il terreno al feroce<br />

assalitore; il 3 di giugno la Brigata, attaccata in pieno a Magnaboschi, fece un supremo sforzo e riuscì a<br />

ributtare gli Austriaci, che tentarono qualche giorno dopo l'ultima disperata prova allo sbocco della Val<br />

Canaglia, tra i monti Barco, del Busibollo e Pau; ancora una volta i fanti della "Catanzaro" si mostrarono<br />

più forti del tracotante nemico e lo fiaccarono definitivamente. Furono combattimenti giganteschi, nei<br />

quali non si potrebbe dire se più rifulgessero per valore i semplici gregari o gli ufficiali di grado elevato;<br />

infatti a Magnaboschi, in uno dei momenti più gravi della mischia, il generale Carlo Sanna e il colonnello<br />

Gavino Manunta impugnarono il fucile come umili soldati e attaccarono alla baionetta, portando tra le file<br />

dei nostri un indescrivibile entusiasmo che assicurò la vittoria.<br />

31/08/2005<br />

Nota: La copertina della Domenica del Corriere del Giugno del 1916, che riporta il fatto d'armi del<br />

Mosciagh.<br />

Vedi anche articolo di Mario Saccà: La Brigata Catanzaro a Monte Mosciagh : 28 Maggio 1916<br />

Vedi anche le forze e le perdite giornaliere nei combattimenti sull'Altopiano del 141° Br.Catanzaro<br />

(file.xls)<br />

Vedi anche l'elenco degli ufficiali del 141° Brigata Catanzaro caduti <strong>dal</strong> 1915 al 1917 (file.doc)<br />

Vedi anche I servizi prestati in zona di guerra e di riposo <strong>dal</strong> 141° Br.Catanzaro, le perdite subite e lo stato<br />

di servizio del Ten <strong>Adolfo</strong> <strong>Zamboni</strong> (file.xls)


Firenze, 20 Marzo 1929, VIII<br />

Lettera del duca d'Aosta<br />

Al Capitano di Complemento Professore <strong>Adolfo</strong> <strong>Zamboni</strong>, Padova<br />

"L'omaggio devoto della fervida rievocazione : "DELLE GESTA COMPIUTE DAL 141° REGGIMENTO<br />

FANTERIA NELLA GRANDE GUERRA" mi è giunto assai caro, perchè ho sempre nel cuore questa magnifica<br />

legione di prodi che <strong>dal</strong>la terra di Calabria trasse la tenacia e l'anima pugnace. La fede dei Fanti del Carso è<br />

offerta di continuità nell'ardore di cui si riesalta il prodigio della Vittoria. Dalla rinascita, rigermogliano gli<br />

olocausti, si rianimano le virtù del sacrificio: ogni fiore divelto ed ogni opera osata, rifiorisce alla luce della<br />

meravigliosa primavera italica che non ammette tramonti. Inchinandomi alla bandiera del 141° Fanteria -<br />

medaglia d'oro - che nel trionfo delle Armi d'Italia agitò le sue glorie nel sole di Trieste - mèta di luce per i fieri<br />

combattenti della mia Terza Armata - ricontemplo il sacrificio degli Eroi noti ed oscuri che per virtù d'amore<br />

eternamente vivranno nel culto della Patria.<br />

31/08/2005<br />

Con cuore sempre memore<br />

Emanuele Filiberto di Savoia


Stralcio del diario storico del 141° fanteria riguardante l'attacco del 6 Agosto alla zona compresa tra<br />

il Valloncello del Naso e il Canalone Gatti, con copia della minuta scritta a mano.<br />

31/08/2005


31/08/2005<br />

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