I cantieri di piccole dimensioni: in assenza di un ... - Teknoring

I cantieri di piccole dimensioni: in assenza di un regolamento ministeriale, sono le Regioni a
fornire le prime indicazioni sulla gestione delle terre e rocce da scavo
di Federico Vanetti 1
La gestione delle terre e rocce da scavo è oggi uno dei temi più attuali che interessano la gestione dei
cantieri e la realizzazione di opere.
L'attualità del tema è dovuta principalmente all'entrata in vigore del D.M. n. 161/2012 che regola -
per l'appunto - la gestione dei materiali da scavo.
Tale regolamento, da un lato, introduce una disciplina specifica e corposa sulle procedure e i requisiti
per il riutilizzo delle terre e rocce da scavo, dall'altro, apre il fronte a nuovi dubbi interpretativi e a
nuove problematiche gestionali.
Uno dei punti più delicati riguarda sicuramente la gestione dei cantieri di piccole dimensioni, i
quali potrebbero risultare eccessivamente gravati dai tempi e dalle procedure introdotte dal
recente regolamento ministeriale.
Sul punto, un primo chiarimento è stato fornito proprio dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare 2 , che ha specificato come "il D.M. 161/12 non tratta quindi il materiale
riutilizzato nello stesso sito in cui è prodotto" e ciò ai sensi di quanto disposto dall'art. 185, comma 1,
lett. c) 3 del d.lgs. n. 152/2006.
Lo stesso Ministero, poi, ha chiarito anche che il nuovo regolamento sulle terre e rocce da scavo non
ha ad oggetto i piccoli cantieri, in quanto gli stessi dovranno essere regolati da uno specifico decreto
ministeriale emanato ai sensi dell'art. 266, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006.
Il regolamento, quindi, non si applica al materiale da scavo riutilizzato nello stesso sito
(sussistendo le condizioni di cui al citato art. 185) e ai cantieri di piccole dimensioni.
Sempre rispetto a tale categoria di cantieri, anche la Camera dei Deputati, nel mese di dicembre 2012,
stava valutando la possibilità di intervenire per fare chiarezza e per dettare una specifica disciplina
semplificata 4 .
Chi scrive, pur riconoscendo la buona volontà del legislatore nel risolvere una problematica
particolarmente sentita dagli operatori del settore, aveva avuto modo di evidenziare alcuni aspetti del
disegno di legge che avrebbero potuto creare problematiche di coordinamento tra le diverse
disposizioni sulle terre e rocce da scavo e tra le diverse fonti legislative 5 .
1 Avvocato in Milano, Partner dello Studio Legale Internazionale DLA Piper.
2 Nota di chiarimenti ministeriale del 14 novembre 2012 (prot. 0036288) all'Ordine dei Geologi della Regione
Umbria.
3 È escluso dall'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti "il suolo non contaminato e altro materiale allo
stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato ai fini di
costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato".
4 21 dicembre 2012, disegno di legge "Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni
in materia ambientale", art. 27.
5 Cfr. F. Vanetti e A. Gussoni, La gestione delle terre e rocce da scavo, Guida tecnico-legale al D.M. 10 agosto
2012, n. 161, Wolters Kluwer, 2013 (v. appendice).

Tuttavia, in attesa di un regolamento ministeriale specifico o dell'intervento da parte del Parlamento,
si pone oggi il problema di comprendere quale sia la disciplina che si applica alle terre e rocce da
scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni.
Sul punto, sono recentemente intervenute anche la Regione Liguria e la Regione Veneto a dettare
alcuni indirizzi.
L'intervento della Regione Liguria
La Regione Liguria, in particolare, con delibera di Giunta n. 89 del 1 febbraio 2013, ha approvato gli
indirizzi operativi per l'applicazione del Regolamento Terre e Rocce da scavo.
Tale delibera, da un lato, riconosce che i materiali da scavo gestiti ai sensi dell'art. 185, comma 1,
lett. c), del d.lgs. n. 152/2006 non richiedono la presentazione del Piano di Utilizzo ai sensi del
D.M. n. 161/2012 6 . Tale conclusione è sostanzialmente in linea con quanto già precisato dal Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nella nota sopra richiamata.
Con specifico riferimento ai cantieri di piccole dimensioni, invece, la delibera regionale dà
espressamente atto del vuoto legislativo in quanto la fattispecie non è disciplinata dal D.M. 161/2012
e dovrebbe essere trattata da uno specifico regolamento ministeriale ai sensi del citato art. 266 non
ancora emanato.
In attesa, dunque, dell'intervento del legislatore nazionale, la Regione Liguria ha previsto una propria
procedura per la gestione dei materiali da scavo se di volume inferiore o uguale a 1.000 mc in
banco e che non rientrano in progetti sottoposti a VIA o AIA.
Tali interventi minori, alternativamente al Piano di Utilizzo, possono essere coperti da una semplice
dichiarazione resa dal Progettista e dal Proponente ai sensi dell'art. 47 del D.P.R. n. 445/2000
che attesti l'idoneità del materiale da scavo ad essere riutilizzato direttamente senza alcun trattamento
diverso dalla normale pratica industriale, la non provenienza del materiale stesso da siti contaminati e
l'utilizzo di metodologie di scavo che non comportino rischi di contaminazione del terreno.
Le indicazioni regionali ricalcano sostanzialmente il disegno di legge discusso alla Camera il 21
dicembre 2012, ma introducono una soglia quantitativa particolarmente bassa.
La delibera, infatti, ammette la dichiarazione di parte solo nel caso di volumi fino a 1.000 mc in
banco, mentre l'art. 266 del d.lgs. n. 152/2006 dimensionava i piccoli cantieri fissando come
quantitativo degli scavi prodotti il volume di 6.000 mc.
Si pone, dunque, il problema di comprendere come debbano essere regolati i cantieri che
producono tra 1.000 e 6.000 mc di materiali da scavo, i quali, quindi, non rientrano né nel campo di
applicazione del D.M. 161/2012, né in quello oggetto della delibera regionale.
6 "Pertanto , nell'ipotesi in cui ricorrano le condizioni indicate dall'art. 185 c.1 lettera c), integrato come sopra
indicato, il soggetto proponente dell'intervento prevede il riutilizzo del suolo non contaminato e altro materiale
allo stato naturale nello stesso sito di scavo, non è tenuto alla presentazione del Piano di utilizzo ai sensi del
d.m. n. 161/2012".

L'intervento della Regione Veneto
Più complessi, invece, sono gli indirizzi forniti dalla Regione Veneto con delibera di Giunta n. 179
dell'11 febbraio 2013.
Innanzitutto, tali indirizzi individuano la soglia dimensionale degli scavi di piccole dimensioni nei
6.000 mc di volume considerati dall'art. 266 sopra citato, evidenziando come il D.M. n. 161/2012
regoli solo quantitativi superiori a tale soglia.
Le indicazioni regionali, quindi, prevedono diverse procedure operative a seconda del processo
produttivo di origine, che si fondano su dichiarazioni e modelli da presentare in sede di VIA o AIA, in
sede di richiesta di permesso di costruire o di presentazione di DIA.
In buona sostanza, la delibera regionale riconduce la valutazione della gestione delle terre e rocce
da scavo nell'ambito del procedimento volto alla valutazione di impatto ambientale (o AIA) o al
rilascio del titolo edilizio, così come previsto dall'art. 186 del d.lgs. n. 152/2006.
Per gli interventi di manutenzione o di riparazione (attività edilizia libera), invece, non sono richieste
particolari verifiche se i materiali da scavo sono riutilizzati in sito, ovvero nel caso in cui vengano
riutilizzati all'esterno, ma in specifiche attività.
Gli indirizzi regionali, poi, consentono sempre la variazione del sito di destino fino all'inizio dei lavori
di scavo (anche per singoli lotti) o prima dell'uscita del materiale dal sito di deposito.
La delibera, infatti, conferma anche la possibilità di utilizzare un sito di deposito esterno
rinviando la tempistica di tale deposito alle previsioni di cui al D.M. n. 161/2012 7 .
Viene, poi, considerata l'ipotesi di gestione e riutilizzo dei materiali da scavo nell'ambito di
procedimenti di bonifica. In tal caso, il progetto operativo di bonifica dovrà sostituire il Piano di
Utilizzo indicando le modalità di riutilizzo.
Infine, la delibera regionale fornisce indicazioni tecniche sulle modalità di indagine delle aree e di
campionamento dei materiali, sulla compatibilità ambientale tra sito di produzione e sito di riutilizzo,
nonché fornisce una modulistica da utilizzare.
Considerazioni
Lo sforzo dei legislatori regionali rappresenta evidentemente l'estremo tentativo di colmare un vuoto
legislativo di livello nazionale che sta creando molteplici problemi agli operatori di settore.
Tuttavia, a prescindere dai dubbi di legittimità costituzionale in merito agli interventi delle
Regioni in materia ambientale, tali interventi - fino ad oggi - hanno fornito risposte ad alcune
domande, ma hanno anche evidenziato alcuni limiti.
Per quanto riguarda gli indirizzi liguri, gli stessi semplificano molto le procedure, ma stabiliscono un
limite volumetrico che non è in linea né con la previsione nazionale (art. 266 del d.lgs. n. 152/2006),
7 Invero, tale rinvio potrebbe creare non pochi problemi, in quanto la tempistica del deposito intermedio
dovrebbe essere stabilita nel Piano di Utilizzo che, in Veneto, è sostituito da un modello/dichiarazione per i
piccoli cantieri.

né tantomeno con quello regolamentare (D.M. 161/12), che riconducono entrambi la soglia
dimensionale dei piccoli cantieri a 6.000 mc di volume di materiale scavato.
La disciplina veneta, invece, è in linea con i quantitativi riferibili ai piccoli cantieri, ma contiene una
disciplina molto articolata che rappresenta un corpus ibrido a cavallo della disciplina dettata dall'art.
186 del d.lgs. n. 152/2006 e quella introdotta dal D.M. n. 161/2012. Il dubbio è che tali procedure e
adempimenti finiscano per non rappresentare una effettiva semplificazione.
Ad avviso di chi scrive, il problema dei cantieri di piccole dimensioni troverebbe una risposta molto
più semplice di quanto si possa pensare.
Avendo lo stesso Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare chiarito che il D.M.
n. 161/2012 non trova applicazione rispetto ai cantieri di piccole dimensioni di cui all'art. 266 del
d.lgs. n. 152/2006, è evidente che tali cantieri continuano ad essere regolati dalla normativa
previgente.
Ne consegue che il nuovo regolamento sulle terre e rocce da scavo ha abrogato solo parzialmente
l'art. 186 del d.lgs. 152/06 con riferimento ai cantieri in generale, mentre tale previsione dovrebbe
continuare a trovare applicazione rispetto ai cantieri di piccole dimensioni.
Ciò troverebbe conferma anche nel dettato di cui al citato art. 266, il quale, laddove prevede
l'emissione di un regolamento "per la semplificazione amministrativa delle procedure", si riferisce
indirettamente alle procedure dettate dall'art. 186.
Non a caso, prima dell'entrata in vigore del D.M. 161/2012, l'art. 186 trovava applicazione anche
rispetto ai cantieri di piccole dimensioni.
Fondamentalmente, dunque, per i cantieri in cui sono prodotti fino a 6.000 mc di materiale da scavo,
la possibilità di riutilizzo di tali materiali deve essere valutata nell'ambito della procedura di VIA o di
rilascio del titolo edilizio, così come previsto dal citato art. 186.
Nel caso di dubbi o lacune, per analogia, potrebbero trovare anche applicazione le previsioni di cui al
citato D.M. 161/12 a condizione che tali previsioni non siano incompatibili o in contrasto con le
procedure previste dall'art. 186 e a condizione che non aggravino il procedimento in quanto il
legislatore ha chiaramente indicato che per i piccoli cantieri occorre una semplificazione dell'iter
procedurale.