13. Oscilloscopi - ingbeninato
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13. Oscilloscopi - ingbeninato
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<strong>13.</strong> <strong>Oscilloscopi</strong><br />
<strong>13.</strong>1. Generalità<br />
<strong>13.</strong>1. Generalità<br />
L’oscilloscopio è uno strumento comunemente utilizzato per l’analisi di segnali variabili nel<br />
tempo. In genere il segnale misurato è una tensione, anche se introducendo convertitori o trasduttori<br />
è possibile analizzare ogni genere di grandezza.<br />
Gli oscilloscopi sono di diversi tipi a seconda della misura da eseguire, della frequenza e<br />
dell’ampiezza del segnale da misurare. Inoltre un segnale variabile nel tempo può essere analizzato<br />
in tempo reale (oscilloscopio tradizionale) o memorizzato per essere ripreso successivamente<br />
(oscilloscopio a memoria).<br />
Lo schema a blocchi semplificato di un oscilloscopio tradizionale è illustrato in Figura <strong>13.</strong>1.<br />
Tramite un interruttore è possibile selezionare se rappresentare la variabile Y in funzione di<br />
un’altra variabile X o in funzione del tempo. Nel caso venga rappresentata Y in funzione del<br />
tempo, un opportuno circuito, detto Base dei Tempi, genera un segnale di tensione a dente di<br />
sega VdX = k t che scandisce il CRT in direzione orizzontale. Il segnale da misurare VY , invece,<br />
viene elaborato in modo da ottenere una tensione VdY = kY VY tale da deflettere il fascio elettronico<br />
in direzione verticale. Sul CRT viene, quindi, rappresentata l’evoluzione del segnale VY durante l’intervallo di tempo definito da VdX , come illustrato in Figura <strong>13.</strong>2. Un opportuno<br />
segnale detto “trigger”, permette di sincronizzare la scansione verticale con quella orizzontale,<br />
in modo da mostrare sullo schermo un forma d’onda stabile (qualora ovviamente il segnale sia<br />
periodico).<br />
V Y<br />
V X<br />
Canale Y<br />
Base dei<br />
Tempi<br />
Canale X<br />
V dY<br />
V dX<br />
CRT<br />
Fig. <strong>13.</strong>1 Schema a blocchi semplificato di un oscilloscopio analogico tradizionale<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 261<br />
X<br />
Y
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
a<br />
Y – Segnale da Analizzare<br />
Fig. <strong>13.</strong>2 Principio di funzionamento dell’oscilloscopio con base dei tempi<br />
Nel caso in cui venga rappresentato il segnale V Y in funzione di un segnale esterno V X , si utilizza<br />
una tensione V dX = k X V X invece del segnale generato dalla Base dei Tempi, in modo da produrre<br />
un’opportuna deflessione del fascio elettronico in direzione X. In questo caso, quindi, sul CRT,<br />
viene rappresentata l’evoluzione del segnale Y in funzione del segnale X senza alcuna informazione<br />
temporale, come mostrato in Figura <strong>13.</strong>3.<br />
<strong>13.</strong>2. Tubo a Raggi Catodici<br />
b<br />
X – Base dei Tempi<br />
L’elemento base di un oscilloscopio per uso generale analogico o digitale è il tubo a raggi catodici<br />
(CRT). In un oscilloscopio analogico, infatti, esso permette di rappresentare visivamente<br />
l’andamento di un segnale nel dominio del tempo o in funzione di un altro segnale. In un oscilloscopio<br />
digitale, invece, esso è utilizzato come monitor (anche se in realtà in questo caso è possibile<br />
utilizzare anche displays di altro tipo, per esempio dispositivi a cristalli liquidi).<br />
Come illustrato in Figura <strong>13.</strong>4, un tubo a raggi catodici è costituito da un cannone elettronico,<br />
composto a sua volta da un catodo e da una serie di griglie o lenti, dalle placchette di deflessione<br />
e da uno schermo su cui viene visualizzata la forma d’onda.<br />
Esistono anche tubi catodici speciali che permettono di visualizzare due segnali allo stesso<br />
tempo. Essi sono in genere basati su tre tecniche: tecnica a doppia traccia (un singolo sistema<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 262<br />
a<br />
b<br />
CRT
Y – Segnale da Analizzare<br />
X – Segnale da Analizzare<br />
Fig. <strong>13.</strong>3 Principio di funzionamento dell’oscilloscopio in modalità XY<br />
Filamento<br />
Catodo<br />
Crossover<br />
Luminosità<br />
Fig. <strong>13.</strong>4 Tubo a raggi catodici (CRT)<br />
<strong>13.</strong>2. Tubo a Raggi Catodici<br />
CRT<br />
Primo Anodo Anodo Focalizzatore<br />
Griglia di Controllo<br />
Secondo Anodo<br />
–(VA + VG )<br />
0 –V 0<br />
Placchette di Deflessione Y<br />
–V A<br />
Fuoco Astigmatismo<br />
Placchette di Deflessione X<br />
di deflessione viene commutato tra i due segnali), tecnica dual gun (vi sono due cannoni elettronici<br />
e due sistemi di deflessione ma un singolo schermo) e tecnica dual beam (vi è un singolo<br />
cannone elettronico ma il fascio viene diviso in due da apposite placchette, vi è poi una singola<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 263<br />
Schermo<br />
Simmetria Cilindrica
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
coppia di placchette di deflessione orizzontale seguita da due coppie di placchette di deflessione<br />
verticale).<br />
<strong>13.</strong>2.1. Cannone Elettronico<br />
All’interno del cannone elettronico il fascio di elettroni viene generato e focalizzato. Gli elettroni,<br />
infatti, si comportano sotto molti aspetti in modo simile a un raggio luminoso, in quanto<br />
essi possono essere rifratti, riflessi e focalizzati tramite lenti. Le lenti elettroniche, però, a differenza<br />
di quelle ottiche, sono costituite da campi elettrici opportunamente sagomati, invece che<br />
da materiali con proprietà ottiche diverse.<br />
Gli elettroni, emessi per effetto termoionico dal catodo (a potenziale –VA ) riscaldato da un apposito<br />
filamento, vengono accelerati verso il primo anodo (a potenziale 0) dalla differenza di<br />
potenziale VA . La griglia di controllo (a potenziale –VA – VG ), posta tra il catodo e il primo<br />
anodo, determina il numero di elettroni che costituiscono il fascio, permettendo così di controllare<br />
la Luminosità dello schermo. La dimensione del foro denominato “crossover” nella griglia<br />
di controllo, invece, determina la dimensione geometrica del punto luminoso sullo schermo.<br />
L’anodo focalizzatore (a potenziale –V) ha la funzione di concentrare il fascio di elettroni,<br />
mentre il secondo anodo (a potenziale 0) introduce una ulteriore accelerazione. Il controllo del<br />
Fuoco viene normalmente posto sul secondo anodo in modo da non interferire con l’azione<br />
dell’anodo focalizzatore. Il controllo dell’Astigmatismo (normalmente non accessibile) è invece<br />
connesso a un ulteriore anodo.<br />
La griglia di controllo, oltre a determinare la luminosità dello schermo, può anche essere utilizzata,<br />
tramite opportuni circuiti (Circuiti Asse Z), per bloccare il fascio di elettroni tra una scansione<br />
dello schermo e la successiva (Figura <strong>13.</strong>5a). Alternativamente, questa stessa funzione<br />
può essere realizzata tramite opportune placchette di spegnimento che deviano il fascio al di<br />
fuori dello schermo (Figura <strong>13.</strong>5b).<br />
Griglia di Controllo<br />
Filamento<br />
Catodo<br />
Circuiti<br />
Asse Z<br />
Primo Anodo<br />
(a)<br />
Luminosità<br />
Impulso di Sblocco<br />
Dalla Base dei Tempi<br />
Placchette di Spegnimento<br />
Livello di Interdizione<br />
Fascio Deviato<br />
Fig. <strong>13.</strong>5 Interdizione del fascio elettronico tra una scansione e l’altra dello schermo tramite<br />
griglia di controllo (a) o placchette di spegnimento (b)<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 264<br />
(b)<br />
Schermo
<strong>13.</strong>2.2. Placchette di Deflessione<br />
<strong>13.</strong>3. Base dei Tempi<br />
Il fascio di elettroni generato e focalizzato dal cannone elettronico deve, poi, essere indirizzato<br />
verso le coordinate desiderate sullo schermo. Questa funzione viene svolta dalle placchette di<br />
deflessione (X e Y). Negli oscilloscopi, in genere, si utilizza la deflessione elettrostatica, realizzata<br />
tramite placchette parallele a cui è applicata una differenza di potenziale. Ovviamente, si<br />
potrebbe ottenere lo stesso risultato anche utilizzando due coppie di bobine (deflessione magnetica),<br />
come nei televisori.<br />
<strong>13.</strong>2.3. Schermo<br />
Lo schermo di un CRT è costituito da una lastra di vetro (in genere il tubo a vuoto stesso) sulla<br />
cui parete interna vengono depositate sostanze (fosfori) che, colpite dagli elettroni emettono<br />
radiazioni luminose visibili. L’energia degli elettroni incidenti, infatti, in parte viene dissipata<br />
sotto forma di calore, in parte ionizza il materiale e in parte eccita il materiale provocando<br />
un’emissione luminosa per un certo periodo di tempo, come illustrato in Figura <strong>13.</strong>6.<br />
Luminosità<br />
100%<br />
90%<br />
10%<br />
Fig. <strong>13.</strong>6 Comportamento dello schermo colpito dal fascio di elettroni<br />
<strong>13.</strong>3. Base dei Tempi<br />
Corrente del Fascio<br />
Tempo di Formazione Tempo di Decadimento<br />
Fluorescenza Fosforescenza<br />
Uscita Luminosa Complessiva<br />
Lo schema a blocchi della Base dei Tempi è illustrato in Figura <strong>13.</strong>7. Il blocco più importante è<br />
ovviamente il Generatore di Rampa che genera il segnale per il canale X, mentre gli altri blocchi<br />
servono per controllare e selezionare le diverse modalità di funzionamento. Il Circuito di Prelievo<br />
è in realtà parte del canale verticale.<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 265<br />
t
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
Segnale di Ingresso (Y)<br />
EXT<br />
Circuito di<br />
Prelievo<br />
INT<br />
1<br />
LINE<br />
220 V 10 V<br />
Canale Y<br />
Level Slope (+/–)<br />
Generatore<br />
di Trigger<br />
Selettore di Trigger<br />
Fig. <strong>13.</strong>7 Schema a blocchi della Base dei Tempi<br />
<strong>13.</strong>3.1. Modalità di Funzionamento<br />
Selettore di Sweep Mode<br />
10<br />
Auto / Trigger / Single<br />
Circuito<br />
Auto<br />
2 3<br />
Circuito di<br />
Ripristino<br />
Generatore<br />
di Gate<br />
Circuiti Asse Z<br />
Circuito di<br />
Hold-Off<br />
Canale X<br />
Generatore<br />
di Rampa<br />
Time / Division<br />
Nella base dei tempi esistono tipicamente tre modalità di funzionamento (triggered, auto e<br />
single-sweep) che possono essere selezionate tramite il Selettore di Sweep Mode.<br />
Modo Triggered<br />
La modalità di funzionamento triggered viene in genere utilizzata per visualizzare segnali periodici.<br />
La Base dei Tempi, infatti, viene avviata da un opportuno segnale di trigger, sincrono col<br />
segnale da visualizzare (Y), permettendo così di ottenere sullo schermo una traccia stabile. Tramite<br />
un selettore (Selettore di Trigger) è possibile scegliere se prelevare il segnale di trigger dal<br />
segnale Y, da un segnale esterno oppure dalla tensione di linea (per esempio 220 V, 50 Hz).<br />
In questa modalità di funzionamento il blocco chiamato Circuito Auto è disabilitato, mentre il<br />
Generatore di Trigger fornisce in uscita un impulso ogni qual volta il segnale selezionato (INT,<br />
EXT o LINE) attraversa una determinata soglia (controllo Level) con una determinata pendenza<br />
(controllo Slope), come mostrato in Figura <strong>13.</strong>8 (segnali 1 e 2). Il segnale ottenuto dal Generatore<br />
di Trigger viene fornito in ingresso al Generatore di Gate, che è costituito da un circuito<br />
bistabile (stati A e B) con uno terzo stato C metastabile indotto dal segnale generato dal Circuito<br />
di Ripristino (segnale 7). Quando nel segnale di trigger (2) compare un impulso negativo tale<br />
da portare la tensione in ingresso al Generatore di Gate al di sotto della tensione di soglia V1 (segnale 3), il circuito bistabile commuta dallo stato A allo stato B, avviando così il Generatore<br />
di Rampa (segnali 4 e 5).<br />
Il segnale in uscita dal Generatore di Gate viene fornito ingresso ai Circuiti Asse Z in modo da<br />
sbloccare il fascio elettronico, mentre il segnale in uscita dal Generatore di Rampa viene fornito<br />
in ingresso al Canale X e allo stesso tempo al Circuito di Hold-Off che a sua volta fornisce in<br />
uscita una rampa con pendenza diversa (segnale 6). Questa rampa rappresenta il segnale di<br />
ingresso al Circuito di Ripristino che è normalmente costituito da un trigger di Schmidt con<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 266<br />
9<br />
8<br />
7<br />
4<br />
6<br />
5
Slope –<br />
Stato A<br />
1<br />
V S<br />
V R<br />
V 1<br />
V 2<br />
Level<br />
Stato B<br />
0<br />
0<br />
Stato C<br />
<strong>13.</strong>3. Base dei Tempi<br />
Fig. <strong>13.</strong>8 Forme d’onda della base dei tempi in modalità di funzionamento triggered<br />
soglie V S e V R . Quando la rampa raggiunge la tensione V S , l’uscita del Circuito di Ripristino<br />
cambia di stato (segnale 7), portando il Generatore di Gate nello stato C. L’uscita del Generatore<br />
di Gate, quindi, cambia stato e il Generatore di Rampa viene azzerato (segnali 3, 4 e 5).<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 267<br />
1<br />
1<br />
Stato A<br />
0<br />
0<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
Mentre il Generatore di Gate si trova negli stati B e C, gli impulsi di trigger eventualmente<br />
sopravvenuti vengono ignorati.<br />
A questo punto, la rampa in uscita dal Circuito di Hold-Off inizia a scendere (segnale 6).<br />
Quando essa raggiunge la tensione VR , il Circuito di Ripristino cambia nuovamente stato<br />
(segnale 7), riportando così il Generatore di Gate nello stato iniziale A. Conseguentemente,<br />
quando compare il successivo impulso nel segnale di trigger, il ciclo ricomincia, provocando<br />
una nuova scansione orizzontale dello schermo. Nella modalità di funzionamento triggered,<br />
quindi, la Base dei Tempi si comporta come un circuito monostabile.<br />
Modo Auto<br />
La modalità di funzionamento auto ovvia agli inconvenienti che presenta la modalità di funzionamento<br />
triggered quando il segnale di trigger è assente o molto lento (in genere per frequenze<br />
inferiori a 40 Hz). In questa modalità di funzionamento il Circuito Auto è attivo. Esso riceve in<br />
ingresso un impulso generato dal Circuito di Ripristino (segnale 8), nonché il segnale di uscita<br />
del Generatore di Trigger (segnale 10). Qualora non compaia alcun un impulso di trigger per<br />
un determinato tempo (generalmente 25 ms, fissato da un circuito monostabile), l’impulso<br />
generato dal Circuito di Ripristino viene direttamente fornito in ingresso al Generatore di Gate<br />
attraverso un interruttore (S), come mostrato in Figura <strong>13.</strong>9 (segnale 9). Pertanto, una volta terminato<br />
un ciclo di funzionamento della Base dei Tempi (rampa e hold-off), inizia automaticamente<br />
un nuovo ciclo, provocando così una continua scansione dello schermo. Il primo impulso<br />
al Generatore di Gate viene fornito manualmente quando si seleziona il modo auto. Nella<br />
modalità di funzionamento auto, quindi, la Base dei Tempi si comporta come un circuito astabile.<br />
Level Slope (+/–)<br />
Generatore<br />
di Trigger<br />
Circuito Auto<br />
Monostabile<br />
T = 25 ms<br />
10<br />
1 25 ms<br />
0<br />
1<br />
2 3<br />
Circuito di<br />
Ripristino<br />
Generatore<br />
di Gate<br />
Fig. <strong>13.</strong>9 Schema a blocchi semplificato della Base dei Tempi in modalità auto<br />
Modo Single-Sweep<br />
La modalità di funzionamento single-sweep viene in genere utilizzata per visualizzare segnali<br />
non periodici. In questo caso, infatti, in modalità triggered o auto si otterrebbe una traccia non<br />
stabile sullo schermo. In modalità single-sweep, pertanto, vengono inibiti tutti gli impulsi di<br />
trigger successivi al primo, provocando una singola scansione dello schermo. Questo viene ottenuto<br />
inibendo il cambiamento di stato del segnale in uscita al Circuito di Ripristino (segnale 7)<br />
quando la rampa in uscita dal Circuito di Hold-Off (segnale 6) scende al di sotto della tensione<br />
VR . Il Generatore di Gate, quindi, dopo la prima scansione rimane nello stato C finché l’utente<br />
non decide di effettuare un nuova scansione.<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 268<br />
9<br />
S<br />
8<br />
7
<strong>13.</strong>3.2. Generatore di Trigger<br />
<strong>13.</strong>3. Base dei Tempi<br />
Il Generatore di Trigger ha il compito di trasformare il segnale selezionato tramite il Selettore<br />
di Trigger in una serie di impulsi con caratteristiche predefinite (ampiezza, durata e ritardo). Lo<br />
schema a blocchi del Generatore di Trigger è illustrato in Figura <strong>13.</strong>10.<br />
Segnale di Trigger<br />
DC<br />
AC<br />
HFR<br />
LFR<br />
Selettore di Accoppiamento<br />
Fig. <strong>13.</strong>10 Schema a blocchi del Generatore di Trigger<br />
Esso è sostanzialmente costituito da un Circuito ad Isteresi (trigger di Schmidt o circuito a<br />
diodo tunnel), che determina l’attraversamento da parte del segnale di trigger del livello di tensione<br />
Level con pendenza Slope, seguito da un Derivatore, che trasforma il gradino in uscita dal<br />
Circuito ad Isteresi in un singolo impulso di ampiezza e durata costanti. Il Circuito ad Isteresi<br />
è connesso al segnale di trigger tramite quattro sezioni di accoppiamento (DC, AC, HFR e<br />
LFR), selezionabili tramite il Selettore di Accoppiamento:<br />
• accoppiamento in DC (continua): il segnale di trigger passa inalterato;<br />
• accoppiamento in AC (alternata): passano solo le componenti spettrali del segnale di trigger<br />
con frequenza maggiore di fL (tipicamente 10 Hz);<br />
• accoppiamento HFR (reiezione delle alte frequenze): passano solo le componenti spettrali<br />
del segnale di trigger con frequenza minore di fH (tipicamente 30 kHz);<br />
• accoppiamento LFR (reiezione delle basse frequenze): passano solo le componenti spettrali<br />
del segnale di trigger con frequenza maggiore di fH (tipicamente 30 kHz).<br />
<strong>13.</strong>3.3. Generatore di Gate<br />
1<br />
Level Slope<br />
Circuito a<br />
Isteresi<br />
Derivatore<br />
Generatore di Gate<br />
Il Generatore di Gate è sostanzialmente un circuito bistabile che viene attivato (set) dal Generatore<br />
di Trigger e disattivato (reset) dal Circuito di Ripristino. Esso è in genere realizzato tramite<br />
un diodo tunnel, come mostrato in Figura <strong>13.</strong>11.<br />
Data una corrente di polarizzazione IB , il diodo tunnel può presentare due diversi valori stabili<br />
di tensione (VA e VB ). Quando il Generatore di Gate si trova nello stato A (in attesa di trigger),<br />
nel diodo fluisce la corrente IB (l’interruttore S è chiuso) e VP = VA . Quando si presenta un<br />
impulso di trigger di ampiezza sufficiente, la tensione ai capi del diodo diviene maggiore di VH ,<br />
portando il Generatore di Gate nello stato B. Successivamente il segnale proveniente dal Circuito<br />
di Ripristino apre l’interruttore S, interrompendo la corrente nel diodo e portando il Gene-<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 269
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
Generatore di Trigger<br />
Diodo Tunnel<br />
I t<br />
I V<br />
S<br />
I t<br />
V P<br />
V Ri<br />
I B<br />
Fig. <strong>13.</strong>11 Schema a blocchi e principio di funzionamento del Generatore di Gate<br />
ratore di Gate nello stato C. In Figura <strong>13.</strong>11 si può notare che, quando il Generatore di Gate si<br />
trova negli stati B e C, gli impulsi di trigger non producono alcun effetto. Quando l’interruttore<br />
S viene richiuso, infine, il Generatore di Gate si porta nuovamente nello stato A e il ciclo può<br />
ricominciare.<br />
<strong>13.</strong>3.4. Generatore di Rampa<br />
t<br />
V P<br />
I<br />
I B<br />
C<br />
t<br />
V A<br />
A<br />
G<br />
Circuito di Ripristino<br />
V H<br />
Circuito di<br />
Uscita Generatore di Rampa<br />
Il Generatore di Rampa è normalmente un integratore di Miller con resistenza (R) o capacità<br />
(C) variabile tramite il controllo Time / Division. Inoltre, vi è un interruttore che permette di<br />
azzerare l’integratore al termine di ogni scansione.<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 270<br />
V L<br />
V B<br />
B<br />
V Ri<br />
V<br />
t
<strong>13.</strong>3.5. Circuito di Hold-Off<br />
<strong>13.</strong>3. Base dei Tempi<br />
Il Circuito di Hold-Off, il cui diagramma a blocchi è illustrato in Figura <strong>13.</strong>12, preleva una frazione<br />
(β V I ) della tensione in uscita dal Generatore di Rampa e la fornisce in ingresso al Circuito<br />
di Ripristino (trigger di Schmidt) attraverso l’interruttore S 1 (V H = β V I ), caricando il condensatore<br />
C H .<br />
Generatore<br />
di Rampa<br />
β V I<br />
V I<br />
V H<br />
V S<br />
V R<br />
V Ri<br />
Fig. <strong>13.</strong>12 Diagramma a blocchi del Circuito di Hold-Off<br />
S 1<br />
Circuito di<br />
Ripristino<br />
Quando la tensione VH all’ingresso del Circuito di Ripristino raggiunge la soglia di scatto del<br />
Circuito di Ripristino (VH = VS ), l’uscita del Circuito di Ripristino (VRi ) cambia stato, chiudendo<br />
l’interruttore S2 e aprendo S1 . Il condensatore CH viene, quindi, scaricato a corrente<br />
costante (I), dando luogo a una rampa con pendenza negativa. Il valore di CH viene determinato<br />
dal controllo Time / Division insieme ai valori di capacità e resistenza del Generatore di Rampa,<br />
in modo da mantenere costante il rapporto tra il tempo di salita (ts ) e il tempo di discesa (td ) della<br />
rampa stessa. Siccome il tempo di discesa della rampa deve essere molto più breve del tempo<br />
di salita (ts / td ≅ 1000), il valore di CH è in genere molto minore del valore di C.<br />
Quando la tensione VH scende al di sotto della soglia di riscatto del Circuito di Ripristino (VR ),<br />
l’uscita del Circuito di Ripristino cambia nuovamente stato, riportando il Circuito di Hold-Off<br />
nelle condizioni iniziali.<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 271<br />
C H<br />
V H<br />
S 2<br />
Time / Division<br />
t<br />
t<br />
I<br />
V Ri<br />
Generatore di Gate
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
<strong>13.</strong>4. Canale Verticale (Y)<br />
La funzione principale del Canale Verticale è di portare il segnale d’ingresso al livello di tensione<br />
necessario a deflettere opportunamente il fascio elettronico. Lo schema a blocchi del<br />
Canale Verticale è mostrato in Figura <strong>13.</strong><strong>13.</strong> Esso è sostanzialmente costituito da un Selettore<br />
di Ingresso che determina il tipo di accoppiamento (AC, DC o GND) e da una catena di attenuatori<br />
e amplificatori, il cui guadagno è determinato dal controllo V / Division.<br />
V Y<br />
AC<br />
GND<br />
DC<br />
Selettore di Ingresso<br />
Fig. <strong>13.</strong>13 Schema a blocchi del Canale Verticale<br />
L’ampiezza a della traccia visualizzata sullo schermo (numero di divisioni) risulta data da<br />
(<strong>13.</strong>1)<br />
dove K1 , K2 e K3 rappresentano il guadagno (o l’attenuazione) dei diversi blocchi della catena.<br />
Variando uno qualsiasi di questi parametri (in genere K1 a scatti a K2 in modo fine), è quindi<br />
possibile variare l’ampiezza della traccia.<br />
L’accoppiamento GND permette di connette l’ingresso Y a massa in modo da determinare lo<br />
zero del segnale. Tramite il controllo Posizione, è poi possibile aggiustare verticalmente il<br />
livello di zero in modo da porre la forma d’onda da visualizzare al centro dello schermo.<br />
<strong>13.</strong>4.1. Attenuatore<br />
V / Division Coarse<br />
K 1<br />
Attenuatore<br />
Y<br />
Amplificatore<br />
Y<br />
Il primo stadio del Canale Verticale è un attenuatore programmabile (Attenuatore Y). L’Attenuatore<br />
Y deve avere due caratteristiche fondamentali: attenuare il segnale indipendentemente<br />
dalla frequenza e presentare un’impedenza d’ingresso indipendente dall’attenuazione selezionata<br />
(l’impedenza d’ingresso dell’Attenuatore Y è anche l’impedenza d’ingresso dell’oscilloscopio).<br />
Pertanto, per soddisfare questi requisiti è necessario utilizzare un attenuatore compensato.<br />
Esso è costituito da una serie di sezioni (Figura <strong>13.</strong>14) che possono essere inserite o disinserite<br />
a seconda dell’attenuazione richiesta. Le capacità C 1 , C 2 e C 3 permettono di mantenere<br />
l’attenuazione costante al variare della frequenza del segnale. La rete costituita da R in e C in (terminazione)<br />
rappresenta l’impedenza d’ingresso dell’Amplificatore Y.<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 272<br />
V 1<br />
a =<br />
K1K2K3VY K 2<br />
V / Division Fine<br />
V 2<br />
Posizione Polarità<br />
Base dei Tempi<br />
CRT<br />
K 3<br />
a
Fig. <strong>13.</strong>14 Sezione e terminazione di un attenuatore compensato<br />
<strong>13.</strong>4.2. Amplificatore Y<br />
<strong>13.</strong>4. Canale Verticale (Y)<br />
La caratteristica più importante dell’Amplificatore Y è di avere una elevata frequenza di taglio,<br />
in quanto essa determina la banda passante dell’intero oscilloscopio (B), ovvero la massima frequenza<br />
di segnale visualizzabile. Per massimizzare B senza degradare il guadagno, pertanto,<br />
l’Amplificatore Y è normalmente costituito da più stadi in cascata, come mostrato in<br />
Figura <strong>13.</strong>15.<br />
Attenuatore<br />
C 3<br />
Adattatore di<br />
Impedenza<br />
Fig. <strong>13.</strong>15 Schema a blocchi dell’Amplificatore Y<br />
R 1<br />
C 1<br />
R 2<br />
Il primo stadio è in genere un Adattatore di Impedenza, che funge da terminazione per l’Attenuatore<br />
Y. Il segnale differenziale ottenuto in uscita dall’Adattatore di Impedenza viene fornito<br />
in ingresso a un Preamplificatore Differenziale (secondo stadio), il cui guadagno può essere<br />
variato tramite il controllo V / Division Fine, in modo da determinare accuratamente l’ampiezza<br />
del segnale sullo schermo. Inoltre, il controllo Posizione permette di aggiungere una componente<br />
continua al segnale, determinando così la posizione verticale della traccia sullo schermo.<br />
Infine, il controllo Polarità consente di invertire di segno il segnale (sfasamento di 180˚).<br />
Il terzo stadio dell’Amplificatore Y è in genere un Linea di Ritardo. Essa è necessaria in tutti gli<br />
oscilloscopi con banda superiore a 10 MHz per equalizzare i ritardi del Canale X e del Canale<br />
Y, permettendo così di visualizzare il fronte di attacco del segnale. Infatti, se il ritardo del<br />
Canale X (tdX ) fosse superiore al ritardo del Canale Y (tdY ), il fronte di attacco del segnale non<br />
verrebbe visualizzato, con conseguente perdita di informazione (per questo motivo generalmente<br />
la Linea di Ritardo viene dimensionata in modo da ottenere tdY leggermente maggiore di<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 273<br />
C2<br />
R in<br />
C in<br />
Sezione Terminazione<br />
V / Division Fine<br />
Preamplificatore<br />
Differenziale<br />
Base dei Tempi<br />
Posizione Polarità<br />
Linea di<br />
Ritardo<br />
Beam Finder<br />
Amplificatore<br />
Finale Y<br />
Placchette di Deflessione
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
tdX ). La Linea di Ritardo può essere realizzata a parametri concentrati, a parametri distribuiti<br />
o, più comunemente, con circuito stampato.<br />
Infine, l’ultimo stadio dell’Amplificatore Y è l’Amplificatore Finale Y che pilota le placchette<br />
di deflessione verticale (elevata amplificazione).<br />
<strong>13.</strong>4.3. <strong>Oscilloscopi</strong>o a Doppia Traccia<br />
Nell’analisi dei segnali nel dominio del tempo è spesso importante poter visualizzare due forme<br />
d’onda contemporaneamente (per esempio i segnali d’ingresso e di uscita di un circuito). Quasi<br />
tutti gli oscilloscopi, pertanto, prevedono questa possibilità (oscilloscopi a doppia traccia). Per<br />
realizzare oscilloscopi a doppia traccia, oltre alle tecniche dual beam e dual gun che prevedono<br />
la duplicazione di parte del tubo a raggi catodici e del Canale Y, esistono anche soluzioni basate<br />
su circuiti di commutazione che, richiedendo meno circuiti addizionali, risultano più economiche<br />
e quindi molto più diffuse. Lo schema a blocchi del canale verticale (Canale Y) di un oscilloscopio<br />
a doppia traccia con circuiti di commutazione è illustrato in Figura <strong>13.</strong>16.<br />
V Y, A<br />
V Y, B<br />
V / Division A Posizione A Polarità A<br />
Selettore di<br />
Ingresso<br />
Base dei Tempi<br />
Selettore di<br />
Ingresso<br />
Attenuatore<br />
A<br />
Amplificatore<br />
di Trigger<br />
Selettore Trigger<br />
Attenuatore<br />
B<br />
A<br />
A + B<br />
B<br />
Preamplificatore<br />
A<br />
Preamplificatore<br />
B<br />
V / Division B Posizione B Polarità B<br />
Circuito di Commutazione<br />
Linea di<br />
Ritardo<br />
Circuito<br />
Pilota<br />
Amplificatore<br />
Finale Y<br />
Fig. <strong>13.</strong>16 Schema a blocchi del Canale Y di un oscilloscopio a doppia traccia<br />
La struttura del circuito è analoga a quella di un oscilloscopio a singola traccia. Tuttavia, i primi<br />
stadi del Canale Y (Selettore, Attenuatore e Preamplificatore) vengono duplicati per poter prelevare<br />
i due segnale d’ingresso (V Y, A e V Y, B ). I segnali in uscita dal Preamplificatore A e dal<br />
Preamplificatore B vengono poi combinati tramite un Circuito di Commutazione e forniti in<br />
ingresso a una singola Linea di Ritardo e quindi a un singolo Amplificatore Finale Y. Il controllo<br />
Selettore Trigger permette di selezionare il segnale di trigger da inviare alla Base dei Tempi (A,<br />
B o A + B). Inoltre, un apposito Circuito Pilota gestisce la commutazione tra i segnali. Agendo<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 274<br />
TA<br />
Mode<br />
Placchette di Deflessione<br />
A<br />
B<br />
ALT<br />
CHOP<br />
A + B<br />
Base dei Tempi (ALT) Circuiti Asse Z (CHOP)
<strong>13.</strong>4. Canale Verticale (Y)<br />
sul Circuito Pilota tramite il controllo Mode è possibile selezionare se visualizzare il segnale A<br />
(modalità A), il segnale B (modalità B), la somma dei due segnali (modalità A + B) oppure<br />
entrambi i segnali utilizzando alternativamente la modalità alternate (modalità ALT, normalmente<br />
utilizzata per frequenze superiori a 30 kHz) o la modalità chopped (modalità CHOP, normalmente<br />
utilizzata per frequenze inferiori a 500 Hz). È possibile anche visualizzare la differenza<br />
dei due segnali, invertendo il segnale A o il segnale B tramite il controllo Polarità e selezionando<br />
la modalità A + B.<br />
Modalità Alternate<br />
In modalità alternate i segnali A e B vengono visualizzati alternativamente sullo schermo in<br />
scansioni successive (durante una scansione dello schermo viene visualizzato il segnale A e<br />
durante la scansione seguente il segnale B), come mostrato in Figura <strong>13.</strong>17. Se i segnali sono<br />
correlati in frequenza è sufficiente prelevate il segnale di trigger indifferentemente dal segnale<br />
A o dal segnale B. Se i segnali non sono correlati in frequenza, invece, è necessario prelevare il<br />
trigger dal segnale da visualizzare (A + B, come in Figura <strong>13.</strong>17). In modalità alternate è<br />
comunque possibile ottenere forme d’onda stabili sullo schermo anche in presenza di segnali<br />
scorrelati in frequenza. Un apposito segnale (TA), fornito dalla Base dei Tempi provoca la commutazione<br />
del Canale Y dal segnale A al segnale B o viceversa (tramite il Circuito Pilota).<br />
V Y, A<br />
V Y, B<br />
Trigger<br />
Rampa<br />
Gate<br />
TA<br />
Fig. <strong>13.</strong>17 Principio di funzionamento dell’oscilloscopio a doppia traccia in modalità alternate<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 275<br />
t<br />
t<br />
t<br />
t<br />
t<br />
t
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
Modalità Chopped<br />
In modalità chopped i segnali A e B vengono visualizzati alternativamente sullo schermo<br />
durante la medesima scansione, come mostrato in Figura <strong>13.</strong>18. Ovviamente, in questo caso,<br />
per avere una traccia stabile, i due segnali devono essere correlati in frequenza. Inoltre, la frequenza<br />
di commutazione tra un segnale e l’altro (determinata dal Circuito Pilota, normalmente<br />
circa 1 MHz) deve essere molto superiore alla frequenza dei segnali stessi. La modalità chopped,<br />
quindi, viene generalmente utilizzata per segnali lenti.<br />
V Y, A<br />
V Y, B<br />
Chopper<br />
Rampa<br />
Asse Z<br />
Fig. <strong>13.</strong>18 Principio di funzionamento dell’oscilloscopio a doppia traccia in modalità chopped<br />
Per evitare che i transitori di commutazione tra un segnale e l’altro appaiano sullo schermo,<br />
occorre inviare appositi impulsi ai Circuiti Asse Z (oltre al segnale di Gate) in modo da bloccare<br />
il fascio elettronico in corrispondenza delle commutazioni. Il segnale di Chopper viene generato<br />
dal Circuito Pilota.<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 276<br />
t<br />
t<br />
t<br />
t<br />
t
<strong>13.</strong>5. Canale Orizzontale (X)<br />
<strong>13.</strong>5. Canale Orizzontale (X)<br />
Lo schema a blocchi del Canale Orizzontale è illustrato in Figura <strong>13.</strong>19. Esso è costituito<br />
dall’Attenuatore X (analogo all’Attenuatore Y), da un Preamplificatore X (analogo al Preamplificatore<br />
Y) e da un Amplificatore Finale X (analogo all’Amplificatore Finale Y). Tramite un<br />
selettore (controllo Horizontal Display), la rampa generata dalla Base dei Tempi viene connessa<br />
all’Amplificatore Finale X in alternativa al segnale fornito dal Preamplificatore X. I controlli<br />
del Canale Orizzontale (V / Division, Posizione e Polarità) sono analoghi a quelli del Canale<br />
Verticale.<br />
V / Division Coarse<br />
V X<br />
Attenuatore<br />
X<br />
V / Division Fine<br />
Preamplificatore<br />
X<br />
Posizione Polarità<br />
Fig. <strong>13.</strong>19 Schema a blocchi del Canale Orizzontale<br />
<strong>13.</strong>6. <strong>Oscilloscopi</strong>o Digitale<br />
Base dei<br />
Tempi<br />
Beam Finder<br />
Amplificatore<br />
Finale X<br />
Horizontal Display<br />
Al giorno d’oggi, grazie al progresso delle tecnologie integrate, gli oscilloscopi analogici per<br />
applicazioni generiche, sono stati quasi completamente soppiantati dagli oscilloscopi digitali,<br />
come è del resto accaduto in molti altri casi (per esempio i multimetri o gli analizzatori di armoniche).<br />
La tecnologia digitale, infatti, offre prestazioni e funzioni indiscutibilmente superiori a<br />
parità di costo. Benché il principio di funzionamento di un oscilloscopio digitale non differisca<br />
di molto da quello di un oscilloscopio analogico (i controlli sono gli stessi, come pure i blocchi<br />
base), le architetture interne nei due casi sono sostanzialmente diverse.<br />
Lo schema a blocchi semplificato di un oscilloscopio digitale è illustrato in Figura <strong>13.</strong>20. Esso<br />
è costituito fondamentalmente da un Circuito di Ingresso (come nell’oscilloscopio analogico),<br />
da un Convertitore A/D, da un Microprocessore, da una Memoria e dallo Schermo (con i relativi<br />
Convertitori D/A e Amplificatori Finali).<br />
Il segnale da analizzare viene convertito in forma digitale, memorizzato, elaborato dal Microprocessore<br />
ed infine visualizzato sullo Schermo. I vantaggi di un oscilloscopio digitale sono<br />
innumerevoli. Innanzitutto, grazie alla possibilità di memorizzare il segnale, è possibile visualizzare<br />
chiaramente anche forme d’onda non periodiche o molto lente. Inoltre, l’elaborazione<br />
digitale del segnale permette di includere nell’oscilloscopio numerose funzioni di misura (cursori<br />
sullo schermo, misure di frequenza, trasformata di Fourier, operazioni matematiche, zoom)<br />
tipicamente non disponibili in oscilloscopi analogici. Infine, siccome lo Schermo è gestito diret-<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 277<br />
Placchette di Deflessione
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
V Y<br />
Circuito di<br />
Ingresso<br />
Clock<br />
Volt / Division<br />
f S<br />
Interfaccia<br />
Utente<br />
Convertitore<br />
A/D<br />
Base dei<br />
Tempi<br />
Time / Division<br />
Fig. <strong>13.</strong>20 Schema a blocchi semplificato di un oscilloscopio digitale<br />
tamente dal Microprocessore, è possibile realizzare facilmente oscilloscopi con numerosi canali<br />
(tipicamente quattro).<br />
<strong>13.</strong>6.1. Convertitore Analogico/Digitale<br />
Memoria Microprocessore<br />
Ricostruzione e<br />
Elaborazione<br />
Convertitori<br />
D/A X e Y<br />
Amplificatori<br />
Finali X e Y<br />
Schermo<br />
La conversione analogico/digitale del segnale da analizzare è la caratteristica peculiare di un<br />
oscilloscopio digitale. La precisione (risoluzione) e la velocità (frequenza di campionamento)<br />
del Convertitore A/D, infatti, determinano le prestazioni dell’intero oscilloscopio. La digitalizzazione<br />
di un segnale analogico tempo-continuo coinvolge due processi di discretizzazione: un<br />
processo di discretizzazione nel dominio del tempo (campionamento) e un processo di discretizzazione<br />
in ampiezza (quantizzazione).<br />
In base al teorema di Shannon, il processo di campionamento non comporta perdita di informazione<br />
purché la frequenza di campionamento fS sia almeno il doppio della banda del segnale da<br />
convertire (frequenza di Nyquist), come mostrato in Figura <strong>13.</strong>21. In pratica, per non avere perdita<br />
di informazione le “immagini” del segnale introdotte dal campionamento intorno ai multipli<br />
interi di fS non si devono sovrapporre. La banda passante B di un oscilloscopio digitale risulta,<br />
quindi, limitata dal massimo valore di fS (B = fS / 2).<br />
Il processo di discretizzazione in ampiezza o quantizzazione, invece, introduce inevitabilmente<br />
un errore, detto errore di quantizzazione. Il segnale digitale in uscita da un Convertitore A/D,<br />
infatti, è per definizione costituito da un numero finito di bit (N) che identificano 2 N – 1 intervalli<br />
di quantizzazione, ciascuno di ampiezza ∆ / (2 N – 1), dove ∆ denota l’ampiezza massima<br />
del segnale (Figura <strong>13.</strong>22). Pertanto, tutti i livelli analogici compresi in un particolare intervallo<br />
di quantizzazione dopo la conversione A/D risultano indistinguibili, provocando una perdita di<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 278
<strong>13.</strong>7. Probe<br />
informazione. L’entità dell’errore di quantizzazione risulta tanto minore quanto maggiore è la<br />
risoluzione del Convertitore A/D, definita dal numero N di bit in uscita. Ovviamente, il segnale<br />
minimo rivelabile da un oscilloscopio digitale è legato alla risoluzione del Convertitore A/D.<br />
In oscilloscopi a larga banda, per soddisfare il teorema di Shannon vengono in genere utilizzati<br />
n convertitori A/D in parallelo che campionano il segnale in n istanti successivi, come illustrato<br />
in Figura <strong>13.</strong>23. Gli n segnali digitali così ottenuti vengono poi ricombinati in modo da produrre<br />
un unico segnale campionato a frequenza più alta.<br />
<strong>13.</strong>7. Probe<br />
B f S<br />
B f S<br />
Fig. <strong>13.</strong>21 Campionamento di un segnale analogico tempo-continuo<br />
N out<br />
2 N<br />
Spettro del Segnale Tempo-Continuo<br />
Fig. <strong>13.</strong>22 Quantizzazione di un segnale analogico<br />
i<br />
0<br />
Spettro del Segnale Campionato<br />
2f S 3f S 4f S 5f S<br />
Il probe o sonda di un oscilloscopio è costituito da un cavetto coassiale completato ad un<br />
estremo da un sistema divisore e all’altro da un connettore per il collegamento all’ingresso<br />
dell’oscilloscopio (Figura <strong>13.</strong>24).<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 279<br />
V in<br />
∆ Intervallo di Quantizzazione (Qi )<br />
f<br />
f
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
V in<br />
Fig. <strong>13.</strong>23 Convertitore A/D per oscilloscopi a larga banda<br />
Fig. <strong>13.</strong>24 Probe dell’oscilloscopio<br />
1<br />
2<br />
n<br />
Convertitore<br />
A/D<br />
Convertitore<br />
A/D<br />
Convertitore<br />
A/D<br />
Unità di<br />
Controllo<br />
I1 cavo coassiale ha la funzione di proteggere dai disturbi esterni il segnale da inviare all’oscilloscopio,<br />
ma costituisce un carico per il circuito di misura e può produrre fenomeni di attenuazione.<br />
Per evitare che il carico costituito dal cavetto e dalla impedenza di ingresso dell’oscilloscopio<br />
influiscano sulla misura, è necessario aumentare l’impedenza vista al terminale del probe<br />
mediante opportuni artifici.<br />
Per chiarire le idee si consideri il caso di un generatore di impulsi con resistenza interna<br />
Rg = 50 Ω e capacità di uscita Cg = 20 pF, come indicato in Figura <strong>13.</strong>25.<br />
Con questi parametri la risposta del sistema non è più rettangolare ma esponenziale. Convenzionalmente<br />
si indica con tr il tempo necessario al segnale per passare dal 10% al 90% del valore<br />
di cresta, per cui nel caso considerato tr è dato da<br />
tr = 2.2Cg Rg =<br />
2.2 ns<br />
Multiplexer N out<br />
(<strong>13.</strong>2)<br />
Se si considera ora anche l’impedenza di ingresso dell’oscilloscopio, il circuito si modifica<br />
come indicato in Figura <strong>13.</strong>26a. Se la resistenza R i è elevata (ad esempio 1 MΩ), il circuito può<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 280
Fig. <strong>13.</strong>25 Circuito equivalente di un generatore di impulsi<br />
<strong>13.</strong>7. Probe<br />
essere semplificato come illustrato in Figura <strong>13.</strong>26b, in cui C g e C i sono considerate in parallelo.<br />
Conseguentemente il tempo t r diviene<br />
(a)<br />
(b)<br />
Rg<br />
50 Ω<br />
Cg<br />
20 pF<br />
Fig. <strong>13.</strong>26 Circuito equivalente di un generatore di impulsi connesso a un oscilloscopio<br />
(<strong>13.</strong>3)<br />
Gli effetti della resistenza e della capacità introdotti dal cavetto e dell’oscilloscopio possono<br />
essere ridotti inserendo un resistore (R 1 ) in serie con il conduttore nel cavo coassiale. Questo<br />
resistore viene collocato sulla testa del probe come indicato in Figura <strong>13.</strong>27.<br />
C1<br />
11.1 pF<br />
Fig. <strong>13.</strong>27 Circuito equivalente del probe dell’oscilloscopio<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 281<br />
90%<br />
10%<br />
tr = 2.2( Cg + Ci)Rg= 13 ns<br />
Generatore<br />
Rg<br />
50 Ω<br />
Rg<br />
50 Ω<br />
Cg<br />
20 pF<br />
Cg + Ci<br />
120 pF<br />
Probe + Cavetto<br />
R1<br />
9 MΩ Ccomp Cc<br />
tr<br />
<strong>Oscilloscopi</strong>o<br />
Ci<br />
100 pF<br />
<strong>Oscilloscopi</strong>o<br />
Ci<br />
100 pF<br />
Ri<br />
1 MΩ<br />
Ri<br />
1 MΩ
13 <strong>Oscilloscopi</strong><br />
Con l’inserimento del resistore R 1 un segnale a bassa frequenza che giunge all’ingresso<br />
dell’oscilloscopio risulta attenuato nel rapporto<br />
(<strong>13.</strong>4)<br />
Di solito questo rapporto viene scelto in modo che sia un numero intero (1:10 oppure 1:50). Per<br />
ottenere una corretta risposta in funzione della frequenza (mantenere l’attenuazione costante) è<br />
però necessario includere nel circuito anche delle capacità come indicato in Figura <strong>13.</strong>27. La<br />
capacità C comp detta di compensazione può essere adattata e si fa in modo che risultino uguali i<br />
seguenti rapporti:<br />
⎧<br />
⎪<br />
⎪<br />
⎨<br />
⎪<br />
⎪<br />
⎩<br />
(<strong>13.</strong>5)<br />
dove kR rappresenta l’attenuazione per le basse frequenze e kC quella per le altre frequenze.<br />
In questo modo con i parametri di Figura <strong>13.</strong>27 la resistenza totale è di 10 MΩ e la capacità<br />
totale di 10.3 pF. È evidente il vantaggio che si ottiene se si confrontano questi valori con quelli<br />
propri dell’oscilloscopio (Ri = 1 MΩ e Ci = 100 pF).<br />
<strong>13.</strong>8. Taratura di un <strong>Oscilloscopi</strong>o<br />
k R<br />
k C<br />
=<br />
=<br />
k<br />
=<br />
R i<br />
-----------------<br />
R1 + Ri R i<br />
-----------------<br />
R1 + Ri C 1<br />
---------------------------------------------------<br />
C1 + Ci + Cc + Ccomp L’oscilloscopio è uno strumento per la misurazione di segnali nel dominio del tempo. Il processo<br />
di taratura di un oscilloscopio (indifferentemente analogico o digitale), pertanto, deve<br />
necessariamente prevedere la verifica di tutti i parametri che determinano la qualità della misurazione<br />
nel dominio del tempo.<br />
In particolare, è necessario verificare la precisione della risposta dell’oscilloscopio in ampiezza<br />
e in fase (ovvero la funzione di trasferimento) su tutta la banda di funzionamento dello strumento.<br />
Inoltre, è necessario verificare l’uniformità della risposta in frequenza tra i diversi canali<br />
dell’oscilloscopio, nonché l’uniformità dei ritardi introdotti dallo strumento sui diversi canali e<br />
nella Base dei Tempi. Infine è necessario verificare la precisione e la stabilità con cui viene prelevato<br />
il segnale di trigger. Tutti questi parametri vanno, ovviamente, verificati in tutte le condizioni<br />
di funzionamento dello strumento (tipicamente con diverse ampiezze dei segnali e con<br />
diversa selezione dell’accoppiamento dei segnali di ingresso e di trigger).<br />
Per la verifica della funzione di trasferimento dell’oscilloscopio può essere utilizzato un analizzatore<br />
di rete (network analyzer) di elevata precisione, in grado di generare e misurare segnali<br />
sinusoidali di frequenza e ampiezza variabili. Un generatore di impulsi e un oscilloscopio di<br />
precisione più elevata dello strumento sotto taratura possono invece essere utilizzati per la verifica<br />
dei ritardi.<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 282
<strong>13.</strong>8. Taratura di un <strong>Oscilloscopi</strong>o<br />
Le caratteristiche di linearità dell’oscilloscopio possono infine essere verificate alternativamente<br />
tramite analisi armonica di segnali sinusoidali oppure tracciando la caratteristica di trasferimento<br />
ingresso/uscita in continua.<br />
Queste considerazioni, abbastanza generali, vanno poi precisate e specificate a seconda del<br />
modello e della casa costruttrice dell’oscilloscopio.<br />
In generale, comunque, le case costruttrici di strumenti forniscono, oltre a un servizio di taratura,<br />
anche tutte le procedure da utilizzare per effettuare una corretta taratura dell’oscilloscopio.<br />
A. Bossi e P. Malcovati, Misure Elettriche 283