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6. Misure Industriali con Strumenti Analogici - ingbeninato

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<strong>6.</strong> <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong><br />

<strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

<strong>6.</strong>1. Generalità<br />

<strong>6.</strong>1. Generalità<br />

Le misure di tipo industriale sono quelle che si effettuano per il rilievo di grandezze su apparati,<br />

macchine e impianti al fine di verificarne le <strong>con</strong>dizioni di funzionamento o la rispondenza a specifiche<br />

tecniche.<br />

Le misure di tipo industriale <strong>con</strong>sentono in genere incertezze relativamente più elevate di quelle<br />

che si ammettono nelle misure di laboratorio. Alcune misure possono essere indirette in quanto<br />

la stima del misurando viene ottenuta dalla elaborazione delle indicazioni di due o più strumenti.<br />

Le misure industriali possono essere effettuate <strong>con</strong> strumenti elettromeccanici analogici o <strong>con</strong><br />

strumenti elettronici analogici e digitali, <strong>con</strong> numerose possibili alternative.<br />

In quanto segue si fa specifico riferimento a misure effettuate <strong>con</strong> strumenti elettromeccanici<br />

analogici, tuttavia molte delle argomentazioni trattate valgono anche per strumenti digitali.<br />

<strong>6.</strong>2. <strong>Misure</strong> in Corrente Continua<br />

Le misure in <strong>con</strong>tinua possono riguardare tensioni, correnti, resistenze e potenze. Le misure di<br />

resistenza e potenza sono indirette in quanto ottenute dalla elaborazione delle indicazioni di<br />

voltmetro e amperometro.<br />

Nella trattazione seguente vengono <strong>con</strong>siderate le misure di tensione, corrente, resistenza e<br />

potenza in regime permanente (corrente <strong>con</strong>tinua) eseguite utilizzando strumenti magnetoelettrici.<br />

Si presuppone che l’oggetto sottoposto a misura sia lineare (indipendente dal valore delle grandezze<br />

in gioco) e non sia polarizzabile (per cui sono escluse misure su semi<strong>con</strong>duttori e liquidi).<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 121


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

<strong>6.</strong>2.1. Misura delle Tensioni<br />

Per la misura delle tensioni <strong>con</strong>tinue si può ricorrere all’uso di un voltmetro indicatore di tipo<br />

magnetoelettrico dotato di resistenze addizionali.<br />

Poiché l’indicazione di uno strumento magnetoelettrico è funzione del valore medio della corrente<br />

che attraversa la bobina mobile, la misura della tensione viene semplicemente ottenuta<br />

facendo in modo che la corrente risulti proporzionale alla tensione applicata.<br />

Essendo la bobina mobile realizzata <strong>con</strong> filo sottile di rame la cui resistività è funzione della<br />

temperatura, per rendere trascurabile questa dipendenza, in serie alla bobine viene sempre montato<br />

un resistore a filo di materiale avente coefficiente di temperatura trascurabile (manganina)<br />

e di valore più elevato di quello della bobina stessa, in modo che il di fondo scala venga raggiunto<br />

<strong>con</strong> ben definito valore intero della tensione (ad esempio, 50 mV).<br />

Il complesso sopra descritto presenta allora una resistenza globale r che viene chiamata resistenza<br />

interna ed è dell’ordine delle decine di ohm.<br />

Se lo strumento deve essere predisposto per misurare tensioni più elevate di quella sopra citata,<br />

si pone in serie ad esso una ulteriore resistenza R, detta resistenza addizionale, se<strong>con</strong>do lo<br />

schema indicato in Figura <strong>6.</strong>1 (si ricorda che lo strumento fornisce una indicazione proporzionale<br />

alla corrente).<br />

Fig. <strong>6.</strong>1 Voltmetro magnetoelettrico <strong>con</strong> resistenza addizionale<br />

Si possono allora scrivere le seguenti relazioni:<br />

V<br />

I R<br />

r V V0<br />

nella quale i simboli usati hanno significato ovvio.<br />

La tensione applicata V è legata alla tensione V0 dal coefficiente<br />

VR<br />

r + R<br />

V = V0+ V R = ( R+ r)I0=<br />

----------- V 0<br />

r<br />

k V<br />

r + R<br />

=<br />

----------r<br />

che è detto potere moltiplicatore della resistenza addizionale.<br />

Per facilitare l’impiego dello strumento, all’interno dello stesso sono montate più resistenze<br />

addizionali in serie, commutabili in modo da poter disporre di più portate (più poteri moltiplicatori).<br />

Normalmente non si superano per ragioni di sicurezza i 600 V <strong>con</strong> 3 o 4 portate.<br />

(<strong>6.</strong>1)<br />

(<strong>6.</strong>2)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 122


<strong>6.</strong>2. <strong>Misure</strong> in Corrente Continua<br />

Ad ogni portata è associata la costate strumentale per la quale si deve moltiplicare la lettura per<br />

ottenere la grandezza cercata. Un voltmetro <strong>con</strong> più portate avrà quindi tante costanti quante<br />

sono le portate. Gli strumenti magnetoelettrici descritti possono appartenere a classi di precisione<br />

anche fino a 0.1.<br />

<strong>6.</strong>2.2. Misura delle Correnti<br />

Per la misura delle correnti <strong>con</strong>tinue si può ricorrere all’uso di uno strumento indicatore di tipo<br />

magnetoelettrico dotato di shunt.<br />

Per la misura di correnti <strong>con</strong>tinue si possono utilizzare strumenti magnetoelettrici, ma poiché la<br />

corrente che può essere sopportata dalla bobina mobile è molto piccola (qualche milliampere),<br />

è solitamente necessario ricorrere all’impiego di derivatori (shunt) se<strong>con</strong>do lo schema di principio<br />

di Figura <strong>6.</strong>2.<br />

Fig. <strong>6.</strong>2 Amperometro <strong>con</strong> derivatore (shunt)<br />

Si possono scrivere le relazioni seguenti:<br />

I<br />

IS<br />

⎧SI<br />

= rI0 ⎪<br />

⎪I<br />

= Is+ I0 ⎨<br />

⎪ S<br />

⎪I<br />

= ----------- I0 ⎩ r + S<br />

S r A<br />

per le quali il significato dei simboli può essere dedotto dalla Figura <strong>6.</strong>2.<br />

La corrente da misurare I è legata alla corrente I0 che attraversa lo strumento dal coefficiente<br />

k A<br />

r + S<br />

=<br />

-----------<br />

S<br />

detto potere moltiplicatore dello shunt.<br />

Con l’artificio descritto, uno stesso strumento può essere impiegato per misurare correnti da<br />

pochi milliampere fino a diverse migliaia di ampere, precisando che esso deve essere tarato<br />

assieme ai propri shunt. La classe di precisione del sistema può essere elevata (classe 0.1 o 0.2).<br />

Bisogna porre attenzione agli effetti delle <strong>con</strong>nessioni tra shunt e strumento che possono incidere<br />

sulla accuratezza della misura se la loro resistenza non è trascurabile rispetto a quella<br />

interna dello strumento (che è solitamente dell’ordine di qualche ohm). In tal caso, il risultato<br />

(<strong>6.</strong>3)<br />

(<strong>6.</strong>4)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 123<br />

I0


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

risulta affetto da errore sistematico (di segno noto, si misura in meno) ma non definito in<br />

ampiezza. Di <strong>con</strong>seguenza risulta aumentata l’incertezza che grava sulla misura.<br />

<strong>6.</strong>2.3. Misura delle Resistenze<br />

Le misure di resistenza possono essere <strong>con</strong>dotte ricorrendo a due strumenti magnetoelettrici,<br />

un voltmetro e un amperometro corredati dei loro apparati ausiliari. La resistenza incognita<br />

viene determinata indirettamente attraverso la elaborazione delle indicazioni dei due strumenti.<br />

La misura è affetta da errore sistematico.<br />

Un dei modi più semplici per effettuare misure di resistenza è quello di ricorrere al metodo voltamperometrico<br />

che prevede l’impiego di due strumenti magnetoelettrici un voltmetro e un<br />

amperometro. Si possono realizzare in alternativa i due schemi rappresentati in Figura <strong>6.</strong>3.<br />

V<br />

A<br />

RA<br />

IA<br />

Fig. <strong>6.</strong>3 Misura di resistenza <strong>con</strong> metodo voltamperometrico<br />

Si <strong>con</strong>sideri per primo lo schema che prevede l’inserzione del voltmetro a valle dell’amperometro.<br />

Risulta immediato <strong>con</strong>statare che mentre il voltmetro è alimentato esattamente dalla tensione ai<br />

capi dell’oggetto RU del quale si vuole determinare il valore di resistenza, la corrente misurata<br />

dell’amperometro è la somma di quella che circola nell’utilizzatore e di quella assorbita dal<br />

voltmetro. Nella misura di corrente si commette quindi un errore di tipo sistematico dipendente<br />

dal metodo usato.<br />

Si possono infatti scrivere le relazioni<br />

Quello che interessa determinare è il valore<br />

V<br />

IV<br />

VV<br />

IU<br />

RU<br />

RV<br />

VU<br />

(<strong>6.</strong>5)<br />

(<strong>6.</strong>6)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 124<br />

V<br />

⎧V<br />

V = V U<br />

⎨<br />

⎩I<br />

A = IU + IV R U<br />

=<br />

V U<br />

-------<br />

IU V<br />

VV<br />

RV<br />

VA<br />

A<br />

RA<br />

IA<br />

RU<br />

VU


mentre invece si misura la resistenza R M data da<br />

Quindi, essendo<br />

R M<br />

<strong>6.</strong>2. <strong>Misure</strong> in Corrente Continua<br />

(<strong>6.</strong>7)<br />

(<strong>6.</strong>8)<br />

appare evidente che si commette un errore sistematico di segno negativo (si misura in meno).<br />

L’errore è tanto minore quanto più elevato è il valore di IV .<br />

In pratica, invece di RU si misura il parallelo tra RV (resistenza interna del voltmetro,<br />

RV = V U ⁄ IV ) e RU , per cui il valore incognito risulta<br />

(<strong>6.</strong>9)<br />

Si osservi che se si pone RV = ∞ , si ha RU = RM .<br />

In modo analogo si può trattare il caso del circuito <strong>con</strong> l’amperometro a valle del voltmetro. Si<br />

possono scrivere le relazioni<br />

La resistenza misurata risulta quindi<br />

R M<br />

V U<br />

-------<br />

I A<br />

= =<br />

R U<br />

I A<br />

IU < I A<br />

(<strong>6.</strong>10)<br />

(<strong>6.</strong>11)<br />

dove RA = V A ⁄ IU è la resistenza interna dell’amperometro. Si osservi che se si pone<br />

RA = 0 si ha RU =<br />

RM .<br />

L’errore sistematico che si commette in questo caso è positivo (si misura in più) a differenza di<br />

quanto trovato per lo schema <strong>con</strong> il voltmetro a valle. Esso è tanto minore quanto più piccolo è<br />

il valore di RA rispetto a quello della resistenza da misurare.<br />

La scelta dello schema non è arbitraria e ci si deve orientare verso quello <strong>con</strong> voltmetro a monte<br />

per la misura delle resistenze di basso valore (sotto i 10 Ω) e allo schema <strong>con</strong> amperometro a<br />

monte per la misura di resistenze elevate (oltre i 1000 Ω). Nel campo intermedio possono essere<br />

valide entrambe le alternative.<br />

Si osserva infine che se si effettua la misura senza correggere il risultato dell’errore sistematico<br />

è come se si operasse <strong>con</strong> strumenti di classe inferiore a quelle proprie in quanto l’errore sistematico<br />

viene in pratica inglobato in quello attribuito al caso aumentando quindi il grado di<br />

incertezza.<br />

In ogni occasione è necessario valutare l’opportunità o meno di effettuare la correzione<br />

dell’errore sistematico.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 125<br />

V U<br />

-----------------<br />

IU + IV RV RM = --------------------<br />

RV – RM ⎧V<br />

V = V U + V A<br />

⎨<br />

⎩ =<br />

V U<br />

-------<br />

I A<br />

I U<br />

V U + V A<br />

= = -------------------- = RU + RA I U


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

La stima dell’incertezza che grava sulla stima della resistenza del misurando deve essere valutata<br />

in base alle incertezze tipo relative a tensione e corrente e determinando quindi l’incertezza<br />

composta e quella estesa <strong>con</strong> le regole indicate nel Capitolo 1.<br />

<strong>6.</strong>2.4. Misura delle Potenze<br />

La misura della potenza che transita nella sezione di un circuito in corrente <strong>con</strong>tinua può essere<br />

effettuata ricorrendo a due strumenti magnetoelettrici, un voltmetro e un amperometro corredati<br />

dei loro apparati ausiliari. La potenza incognita viene determinata indirettamente attraverso<br />

la elaborazione delle indicazioni dei due strumenti. La misura è affetta da errore sistematico.<br />

Uno dei metodi classici per effettuare misure di potenza nei circuiti a corrente <strong>con</strong>tinua è quello<br />

voltamperometrico che prevede l’impiego di un voltmetro e di un amperometro magnetoelettrici.<br />

Analogamente a quanto esposto per le misure di resistenza, si possono realizzare in alternativa<br />

i due schemi rappresentati in Figura <strong>6.</strong>4.<br />

V<br />

A<br />

RA<br />

IA<br />

V<br />

IV<br />

VV<br />

Fig. <strong>6.</strong>4 Misura di potenza <strong>con</strong> metodo voltamperometrico<br />

IU<br />

RU<br />

RV<br />

VU<br />

Si <strong>con</strong>sideri per primo lo schema che prevede l’inserzione del voltmetro a valle dell’amperometro.<br />

Risulta immediato <strong>con</strong>statare che il voltmetro misura esattamente la tensione ai capi dell’utilizzatore<br />

RU del quale si vuole misurare la potenza assorbita, mentre la corrente misurata<br />

dell’amperometro è quella che circola nell’utilizzatore aumentata di quella assorbita dal voltmetro.<br />

Nella misura di corrente si commette dunque un errore di tipo sistematico.<br />

Si possono infatti scrivere le solite relazioni<br />

(<strong>6.</strong>12)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 126<br />

V<br />

⎧V<br />

V = V U<br />

⎨<br />

⎩I<br />

A = IU + IV V<br />

VV<br />

RV<br />

VA<br />

A<br />

RA<br />

IA<br />

RU<br />

VU


Quello che interessa determinare è il valore<br />

mentre invece si misura la potenza P M data da<br />

<strong>6.</strong>2. <strong>Misure</strong> in Corrente Continua<br />

(<strong>6.</strong>13)<br />

(<strong>6.</strong>14)<br />

nella quale RV è la resistenza interna del voltmetro.<br />

Appare evidente che l’errore sistematico è positivo (si misura in più) ed è tanto minore quanto<br />

più elevato è il valore di RV a parità di tensione (il voltmetro ideale è quello <strong>con</strong> RV = ∞ ).<br />

L’errore sistematico espresso in valore relativo percentuale risulta immediatamente pari a<br />

L’errore sistematico può essere corretto se è nota R V tramite la relazione<br />

(<strong>6.</strong>15)<br />

(<strong>6.</strong>16)<br />

In modo analogo si può trattare il caso del circuito <strong>con</strong> l’amperometro a valle del voltmetro. Si<br />

possono scrivere le relazioni<br />

La potenza misurata è data da<br />

P U<br />

V U I U<br />

(<strong>6.</strong>17)<br />

(<strong>6.</strong>18)<br />

nella quale RA è la resistenza interna dell’amperometro (l’amperometro ideale è quello <strong>con</strong><br />

RA = 0 ).<br />

L’errore sistematico che si commette è positivo (si misura in più) ed è tanto minore quanto più<br />

piccolo è il valore di RA a parità di corrente.<br />

L’errore sistematico espresso in valore relativo percentuale risulta<br />

ε % 100<br />

Il valore della potenza misurata può essere corretto se è nota RA tramite la relazione<br />

IU 2 RA = ------------<br />

PU =<br />

PM = V UI A = V U( IU + IV ) = V UI U + V UI V = PU + -------<br />

ε % 100 V U 2 ⁄ RV = ------------------<br />

P U<br />

I A<br />

=<br />

P M<br />

I U<br />

(<strong>6.</strong>19)<br />

(<strong>6.</strong>20)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 127<br />

P U<br />

V U 2<br />

– -------<br />

R V<br />

⎧V<br />

V = V U + V A<br />

⎨<br />

⎩ =<br />

PM = V VI U = ( V U + V A)IU=<br />

V UI U + V AI U = PU + I 2<br />

U<br />

RA<br />

PU =<br />

PM – I 2<br />

U RA<br />

V U 2<br />

R V


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

Si può <strong>con</strong>cludere che in entrambi i casi <strong>con</strong>siderati, la potenza misurata è più grande di quella<br />

da determinare.<br />

La scelta dello schema non è arbitraria e ci si deve orientare allo schema <strong>con</strong> voltmetro a monte<br />

per la misura su circuiti di bassa resistenza e allo schema <strong>con</strong> amperometro a monte per la<br />

misura su circuiti di resistenza elevata, analogamente a quanto visto per la misura delle resistenze.<br />

Anche per le misure di potenza è in ogni occasione necessario valutare l’opportunità o meno di<br />

effettuare la correzione dell’errore sistematico.<br />

La stima dell’incertezza che grava sulla stima del misurando (potenza assorbita) deve essere<br />

valutata partendo dalle incertezze tipo relative a tensione e corrente e determinando quindi<br />

l’incertezza composta e quella estesa <strong>con</strong> le regole indicate nel Capitolo 1.<br />

<strong>6.</strong>3. Misura di Tensioni Alternate<br />

Di una tensione alternata può essere richiesta la determinazione dei valori efficace, medio e di<br />

cresta. Per misurare il valore efficace si usano strumenti elettromagnetici.<br />

Di una grandezza alternata presentano significato tre valori: il valore efficace, il valore medio e<br />

il valore di cresta la cui importanza varia a se<strong>con</strong>da del fenomeno in esame. I rapporti tra i tre<br />

valori citati sono costanti e definiti solamente se l’onda della grandezza è sinusoidale nel qual<br />

caso valgono le relazioni<br />

V M<br />

2 2<br />

= 2V e V m =<br />

--------- V<br />

(<strong>6.</strong>21)<br />

π<br />

essendo<br />

• V il valore efficace;<br />

• VM il valore di cresta;<br />

• Vm il valore medio sul semiperiodo.<br />

Per misurare il valore efficace di tensioni alternate (sinusoidali o meno) si può ricorrere a strumenti<br />

indicatori di tipo elettromagnetico.<br />

Analogamente a quanto esposto per le misure in <strong>con</strong>tinua, alla parte fondamentale dello strumento<br />

vengono aggiunte resistenze addizionali per ottenere più portate (e quindi più costanti).<br />

Lo schema che si impiega è lo stesso di Figura <strong>6.</strong>1.<br />

Le portate classiche variano da alcune decine ad alcune centinaia di volt, mentre tipiche sono le<br />

classi di precisione 0.2 e 0.5.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 128


<strong>6.</strong>3. Misura di Tensioni Alternate<br />

Per misurare i valori medio e di cresta si possono usare strumenti magnetoelettrici <strong>con</strong> opportuni<br />

dispositivi ausiliari.<br />

Se della tensione di cui si desidera misurare il valore medio, si deve operare in modo diverso,<br />

tenendo presente quanto segue.<br />

Premesso che il valore medio di una grandezza alternata esteso ad un intero periodo è nullo per<br />

definizione, interessa a volte determinare il valore medio limitato ad un solo semiperiodo. Allo<br />

scopo si può ricorrere all’uso di uno strumento magnetoelettrico al quale è stato applicato un<br />

raddrizzatore. Lo schema di principio è quello di Figura <strong>6.</strong>5.<br />

V<br />

Vi Vu<br />

Tensione<br />

Tempo<br />

Fig. <strong>6.</strong>5 Voltmetro sensibile al valore medio sul semiperiodo di una tensione alternata<br />

V i<br />

Nella bobina mobile dello strumento passa quindi una corrente unidirezionale periodica per cui,<br />

se la frequenza meccanica propria dell’equipaggio mobile è notevolmente più bassa di quella<br />

del segnale da misurare, la deviazione dell’indice risulta proporzionale al valore medio della<br />

grandezza (Vm ).<br />

Vale la relazione<br />

V m<br />

∫<br />

T ⁄ 2<br />

0<br />

(<strong>6.</strong>22)<br />

dove VM è il valore massimo della tensione, ω la pulsazione, T il periodo e t il tempo.<br />

Sugli strumenti <strong>con</strong>cepiti per misurare il valore medio, la scala è di solito tracciata moltiplicandola<br />

per π ⁄ ( 2 2)<br />

=<br />

1.11 che è il fattore di forma relativo ad un’onda sinusoidale. In tal modo<br />

la lettura dello strumento corrisponde al valore efficace della grandezza sinusoidale che ha<br />

valore medio uguale a quello della grandezza misurata (taratura in valore efficace).<br />

La presenza dei raddrizzatori fa si che questi strumenti abbiano classe di precisione non<br />

migliore di 0.5.<br />

La misura del valore di cresta di una tensione alternata, può essere ancora misurata, sotto certe<br />

<strong>con</strong>dizioni, <strong>con</strong> uno strumento magnetoelettrico utilizzando lo schema di Figura <strong>6.</strong><strong>6.</strong><br />

Il <strong>con</strong>densatore C, caricato attraverso i raddrizzatori, tende ad assumere il valore di cresta della<br />

tensione applicata. Se lo strumento magnetoelettrico presenta resistenza interna elevata, tanto<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 129<br />

Vu<br />

2<br />

= --- V M sin( ωt)<br />

dt<br />

T


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

Fig. <strong>6.</strong>6 Voltmetro sensibile al valore di cresta di una tensione alternata<br />

che il prodotto R C risulti notevolmente superiore alla durata del semiperiodo dell’onda della<br />

tensione, il <strong>con</strong>densatore si scarica poco durante il tempo in cui la tensione non è al valore di<br />

cresta. Di <strong>con</strong>seguenza, l’indicazione dello strumento risulta praticamente proporzionale al<br />

valore di cresta. Per ottenere il risultato richiesto è quindi opportuno che la resistenza interna<br />

dello strumento sia molto elevata e il <strong>con</strong>densatore di capacità pure elevata.<br />

<strong>6.</strong>4. Misura di Correnti Alternate<br />

Per la misura delle correnti alternate è in generale richiesto il valore efficace per cui si può<br />

ricorrere all’impiego di strumenti elettromagnetici.<br />

Negli amperometri elettromagnetici, la bobina viene realizzata <strong>con</strong> poche spire di sezione relativamente<br />

elevata. Molte volte la bobina è suddivisa in due parti uguali che possono essere collegate<br />

in serie o in parallelo per ottenere così uno strumento <strong>con</strong> due portate, come schematicamente<br />

indicato in Figura <strong>6.</strong>7.<br />

I<br />

Vi<br />

Vd<br />

Ii = Id<br />

Fig. <strong>6.</strong>7 Amperometro elettromagnetico<br />

I<br />

I<br />

C V<br />

I<br />

I/2<br />

Connessione in Serie Connessione in Parallelo<br />

Gli amperometri elettromagnetici hanno normalmente portate non superiori a 10 A. Per misurare<br />

correnti più elevate si può ricorrere alla interposizione di trasformatori di corrente (descritti<br />

nel Capitolo 11) in quanto l’uso di shunt non è possibile per la presenza di parametri non puramente<br />

ohmici.<br />

Per misure di laboratorio dalla <strong>con</strong>tinua a 500 Hz sono abbastanza diffusi amperometri elettromagnetici<br />

in classe 0.2 e 0.5.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 130<br />

Vu<br />

I/2<br />

I I


<strong>6.</strong>5. <strong>Misure</strong> di Potenza Attiva in Sistemi Monofase in Regime Sinusoidale<br />

<strong>6.</strong>5. <strong>Misure</strong> di Potenza Attiva in Sistemi Monofase in<br />

Regime Sinusoidale<br />

Per la misura delle potenze attive in regime sinusoidale si può ricorrere all’uso di wattmetri<br />

elettrodinamici. In un sistema ad N fili, la misura di potenza può essere <strong>con</strong>dotta <strong>con</strong> N – 1<br />

wattmetri. La misura è sempre affetta da errore sistematico di segno positivo.<br />

In un circuito monofase in regime sinusoidale, la potenza istantanea (p) è uguale al prodotto dei<br />

valori istantanei di tensione (v) e corrente (i)<br />

p = vi = VM sin( ωt)<br />

I M sin(<br />

ωt + ϕ)<br />

(<strong>6.</strong>23)<br />

nella quale VM e IM sono i valori di cresta delle grandezze in gioco, ω la pulsazione, ϕ l’angolo<br />

di sfasamento esistente tra le due grandezze (ritardo della corrente sulla tensione) e t il tempo.<br />

Sviluppando il prodotto si ottiene la relazione<br />

p = VIcos( ϕ)<br />

+ VIsin( 2ωt + ϕ)<br />

(<strong>6.</strong>24)<br />

nella quale V e I rappresentano i valori efficaci rispettivamente di tensione e corrente.<br />

Dalla equazione (<strong>6.</strong>24) si rileva che la potenza istantanea è formata da un termine costante<br />

VIcos( ϕ)<br />

e da un termine sinusoidale a frequenza doppia VIsin( 2ωt + ϕ)<br />

.<br />

Il valore che interessa, in quanto presiede agli scambi di energia, è il valore medio di p sul periodo<br />

(P) che si identifica <strong>con</strong> il primo termine<br />

P =<br />

VIcos( ϕ)<br />

(<strong>6.</strong>25)<br />

in quanto il se<strong>con</strong>do termine ha valore medio nullo. Gli andamenti della potenza istantanea e<br />

della potenza media sono rappresentati Figura <strong>6.</strong>8.<br />

Lo strumento analogico classico per la misura della potenza attiva è il wattmetro elettrodinamico<br />

che fornisce una indicazione proporzionale al valore medio della potenza istantanea (si<br />

veda anche quanto è già stato detto nel Capitolo 4). Alla bobina fissa viene inviata la corrente<br />

(amperometrica) mentre quella mobile è sottoposta alla tensione (voltmetrica). La Figura <strong>6.</strong>9<br />

illustra le due possibili inserzioni.<br />

I wattmetri di laboratorio hanno solitamente la bobina amperometrica realizzata <strong>con</strong> poche spire<br />

di sezione relativamente elevata, suddivisa in due sezioni uguali che possono essere messe in<br />

serie o parallelo (due portate amperometriche). La bobina voltmetrica è invece costituita da<br />

molte spire di piccola sezione, associate alla quale sono più resistenze addizionali (più portate<br />

voltmetriche).<br />

Ad ogni combinazione tensione/corrente corrisponde una ben definita costante strumentale. La<br />

costante (kW ) dello strumento è determinata dal prodotto delle portate amperometrica e voltmetrica<br />

diviso per il numero delle divisioni della scala.<br />

La misura effettuata <strong>con</strong> il wattmetro è affetta da errore sistematico la cui entità dipende<br />

dall’auto<strong>con</strong>sumo dello strumento e il cui segno è sempre positivo (si misura sempre in più).<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 131


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

Tensione, Corrente, Potenza<br />

Fig. <strong>6.</strong>8 Andamenti della potenza istantanea e della potenza media in funzione del tempo<br />

V<br />

Fig. <strong>6.</strong>9 Possibili inserzioni del wattmetro per misure di potenza attiva in sistemi monofase<br />

Con riferimento alla Figura <strong>6.</strong>9, nel caso in cui la voltmetrica è derivata a valle dell’amperometrica,<br />

si può osservare, in analogia a quanto esposto a proposito delle misure in <strong>con</strong>tinua, che la<br />

tensione applicata allo strumento è esattamente quella esistente ai morsetti dell’utilizzatore,<br />

mentre la corrente nell’amperometrica comprende anche la quota parte assorbita dalla voltmetrica.<br />

Il wattmetro misura quindi una potenza (P M ) più grande di quella realmente assorbita dall’utilizzatore<br />

(P U ) se<strong>con</strong>do la relazione<br />

<strong>con</strong> un errore sistematico relativo dato da<br />

v<br />

T v = T i = 2 T p<br />

Tempo<br />

I IU<br />

I<br />

W<br />

RA<br />

RV<br />

U VU<br />

P M<br />

=<br />

P U<br />

(<strong>6.</strong>26)<br />

(<strong>6.</strong>27)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 132<br />

i<br />

V<br />

2<br />

V U<br />

+ -------<br />

R V<br />

ε % 100 V U 2 ⁄ RV =<br />

------------------<br />

P U<br />

W<br />

p<br />

P<br />

RV<br />

RA<br />

IU<br />

U VU


<strong>6.</strong>5. <strong>Misure</strong> di Potenza Attiva in Sistemi Monofase in Regime Sinusoidale<br />

Il valore di P U si può trovare immediatamente se è noto il valore di R V (correzione dell’errore<br />

sistematico), utilizzando la relazione<br />

P U<br />

(<strong>6.</strong>28)<br />

In analogia a quanto detto sopra, si può trattare ora lo schema che prevede l’amperometrica a<br />

valle della voltmetrica. Anche in questo caso il wattmetro misura in più<br />

<strong>con</strong> un errore sistematico relativo pari a<br />

=<br />

L’errore sistematico può essere corretto se si <strong>con</strong>osce il valore di R A , utilizzando la relazione<br />

(<strong>6.</strong>29)<br />

(<strong>6.</strong>30)<br />

(<strong>6.</strong>31)<br />

Si noti che, a differenza di R V , la resistenza R A non è indipendente dalla temperatura in quanto<br />

la bobina amperometrica è di rame. Si deve infine osservare che le relazioni scritte sopra sono<br />

sempre valide, ad esempio, anche quando nel circuito sono in gioco potenze reattive.<br />

Il wattmetro è anche affetto da un altro errore sistematico attribuibile allo sfasamento tra la<br />

tensione applicata alla voltmetrica e la corrente che attraversa la bobina stessa. Poiché è di<br />

difficile valutazione, di esso si tiene implicitamente <strong>con</strong>to nella classe che caratterizza lo strumento.<br />

Un’altra causa di errore sistematico, che è però di difficile valutazione, è dovuta al fatto che il<br />

circuito voltmetrico non è puramente resistivo (prevale in genere l’effetto induttivo della bobina<br />

voltmetrica) per cui la corrente nello stesso non è perfettamente in fase <strong>con</strong> la tensione. Un altro<br />

parametro che può creare errori dello stesso tipo, è la mutua induttanza esistente tra le due<br />

bobine. Anche se nella costruzione degli strumenti si fa in modo di ridurre al minimo le cause<br />

di errore suddette, si deve <strong>con</strong>siderare, in linea generale, la situazione rappresentata dal diagramma<br />

vettoriale di Figura <strong>6.</strong>10.<br />

Prescindendo dagli auto<strong>con</strong>sumi, la potenza misurata risulta<br />

essendo ε l’angolo tra la tensione applicata alla voltmetrica e la relativa corrente.<br />

L’errore sistematico relativo che si commette è dato da<br />

P M<br />

(<strong>6.</strong>32)<br />

(<strong>6.</strong>33)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 133<br />

2<br />

V U<br />

– -------<br />

R V<br />

PM = PU + IU ε %<br />

2 RA<br />

2 RA<br />

100 IU = ------------<br />

P U<br />

PU = PM – IU 2 RA<br />

PM = VIcos( ϕ– ε)<br />

ε % 100 PM P – U VIcos( ϕ)<br />

cos( ε)<br />

VIsin( ϕ)<br />

sin( ε)<br />

VI ( ϕ)<br />

-------------------- 100 cos –<br />

+<br />

= =<br />

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------<br />

VIcos( ϕ)<br />

P U


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

V<br />

ε<br />

IV<br />

ϕ<br />

Fig. <strong>6.</strong>10 Diagramma vettoriale relativo a misure di potenza attiva in sistemi monofase<br />

Essendo l’angolo ε molto piccolo, si può assumere cos(ε) = 1 per cui semplificando, si ottiene<br />

VIcos( ϕ)<br />

VIsin( ϕ)<br />

sin( ε)<br />

VI ( ϕ)<br />

ε % 100 cos –<br />

+<br />

≅ -------------------------------------------------------------------------------------------------- = 100tan( ϕ)<br />

sin(<br />

ε)<br />

VIcos( ϕ)<br />

(<strong>6.</strong>34)<br />

Si <strong>con</strong>clude osservando che l’errore sistematico che si commette non dipende solo dallo strumento<br />

ma anche dalle caratteristiche del circuito (sarebbe nullo per ϕ = 0 e infinito per ϕ = 90°).<br />

Risulta pertanto che le misure a basso fattore di potenza possono risultare critiche per quanto<br />

riguarda l’accuratezza raggiungibile. Ad esempio, per cos(ϕ) = 0.05 si ha<br />

tan(<br />

ϕ)<br />

1<br />

≅ ---------------- =<br />

20<br />

cos(<br />

ϕ)<br />

(<strong>6.</strong>35)<br />

Se l’errore proprio (di fase) del wattmetro fosse dello 0.2%, l’errore sistematico sulla misura di<br />

potenza sarebbe del 4% (di valore positivo se il misurando è induttivo, negativo se è capacitivo).<br />

Poiché il valore di ε non è noto e non è neppure costante, ne risulta che è impossibile procedere<br />

alla correzione dei risultati per cui il problema finisce per ricadere nella valutazione dell’incertezza<br />

di cui il risultato della misurazione risulta affetto.<br />

Si deve anche rilevare che in tali <strong>con</strong>dizioni, la deviazione dell’indice dello strumento sarebbe<br />

molto ridotta (meno del 10% della scala) per cui diverrebbero rilevanti anche le incertezze di<br />

lettura.<br />

Per le misure di potenza a basso fattore di potenza <strong>con</strong>viene ricorrere a wattmetri detti a basso<br />

cos(ϕ).<br />

Per ovviare al problema sopra descritto, si può ricorrere all’uso di wattmetri per basso cos(ϕ)<br />

che sono strumenti più pregiati nei quali la molla antagonista è ridotta in modo che la portata<br />

dello strumento sia pure ridotta. Ad esempio, un wattmetro per cos(ϕ) = 0.2 va in fondo <strong>con</strong> una<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 134<br />

I


<strong>6.</strong><strong>6.</strong> <strong>Misure</strong> di Potenza Apparente in Sistemi Monofase in Regime Sinusoidale<br />

potenza attiva pari a 1/5 di quella corrispondente al prodotto V I, essendo V la portata voltmetrica<br />

e I quella amperometrica.<br />

La costante di uno strumento di questo tipo è data dal prodotto delle portate amperometrica e<br />

voltmetrica, a sua volta moltiplicato per il grado di alleggerimento applicato alla coppia resistente<br />

(sullo strumento è solitamente indicato il valore di questa se<strong>con</strong>do fattore).<br />

<strong>6.</strong><strong>6.</strong> <strong>Misure</strong> di Potenza Apparente in Sistemi Monofase in<br />

Regime Sinusoidale<br />

La misura della potenza apparente in un circuito monofase in regime sinusoidale si ottiene<br />

combinando le indicazioni del voltmetro e dell’amperometro.<br />

Poiché non esiste uno strumento analogico capace di fornire direttamente la potenza apparente,<br />

occorre utilizzare uno degli schemi indicati in Figura <strong>6.</strong>11.<br />

V<br />

IA<br />

A<br />

V<br />

VV<br />

I<br />

RU<br />

VU<br />

Fig. <strong>6.</strong>11 Schemi per la misura della potenza apparente in sistemi monofase in regime sinusoidale<br />

La grandezza da misurare viene ottenuta dal prodotto delle indicazioni di voltmetro (V V ) e<br />

amperometro (I A ),<br />

S =<br />

VVIA (<strong>6.</strong>36)<br />

In linea di principio, anche questa misurazione è affetta da errore sistematico per tenere <strong>con</strong>to<br />

del quale non è possibile operare se non si <strong>con</strong>osce l’angolo di sfasamento tra tensione e corrente<br />

dell’oggetto sotto misura.<br />

In generale questa la correzione non viene applicata in quanto la potenza apparente presenta<br />

importanza notevolmente ridotta rispetto alla potenza attiva. Nella valutazione della incertezza<br />

<strong>con</strong> la quale la grandezza cercata viene determinata si può tenere <strong>con</strong>to dell’errore sistematico.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 135<br />

V<br />

V<br />

VV<br />

IA<br />

A<br />

RA<br />

I<br />

RU<br />

VU


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

L’incertezza di misura composta e quella estesa vengono stimate applicando le regole indicate<br />

nel Capitolo 1.<br />

<strong>6.</strong>7. <strong>Misure</strong> di Potenza Reattiva in Sistemi Monofase in<br />

Regime Sinusoidale<br />

Per la misura della potenza reattiva non si dispone di strumenti analogici che <strong>con</strong>sentano di<br />

rilevare direttamente la grandezza per cui si ricorre alla determinazione indiretta. Il procedimento<br />

più diffuso è quello di elaborare le indicazioni di wattmetro, voltmetro e amperometro.<br />

Quando le grandezze sono sinusoidali, la determinazione della potenza reattiva potrebbe essere,<br />

in linea di principio, effettuata ricorrendo ad un varmetro, che costruttivamente potrebbe essere<br />

derivato da un wattmetro facendo in modo che la corrente nella voltmetrica sia in quadratura<br />

<strong>con</strong> la tensione (Figura <strong>6.</strong>12).<br />

Fig. <strong>6.</strong>12 Schema di principio di un varmetro monofase<br />

Con uno strumento di questo tipo l’indicazione sarebbe data da<br />

V<br />

I<br />

var<br />

Q = VIcos( 90° – ϕ)<br />

= VIsin( ϕ)<br />

(<strong>6.</strong>37)<br />

Per ottenere la <strong>con</strong>dizione cercata si dovrebbe ricorrere ad artifici circuitali la cui validità<br />

sarebbe limitata ad una sola frequenza (presenza <strong>con</strong>temporanea di <strong>con</strong>densatori, induttori e<br />

resistori). Come si vedrà più avanti, il problema può essere affrontato in modo diverso nel caso<br />

dei circuiti trifase <strong>con</strong> tensioni e correnti sinusoidali.<br />

Generalmente, la determinazione della potenza reattiva Q viene perciò effettuata per via indiretta<br />

elaborando le indicazioni di wattmetro, amperometro e voltmetro (sono quindi necessari<br />

tre strumenti)<br />

(<strong>6.</strong>38)<br />

dove P è la potenza attiva misurata <strong>con</strong> il wattmetro e S è la potenza apparente determinata dal<br />

prodotto V I.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 136<br />

U<br />

Q S2P2 – ( VI)<br />

2 P2 = =<br />


<strong>6.</strong>8. Misura del Fattore di Potenza in Sistemi Monofase in Regime Sinusoidale<br />

Questa misurazione include errori sistematici del tipo già discusso e dei quali, volendo si può<br />

tenere <strong>con</strong>to apportando le opportune correzioni.<br />

Per la stima della incertezza che grava sul risultato finale, si deve operare se<strong>con</strong>do quanto indicato<br />

al Capitolo 1.<br />

<strong>6.</strong>8. Misura del Fattore di Potenza in Sistemi Monofase in<br />

Regime Sinusoidale<br />

Per la misura del fattore di potenza si potrebbe ricorrere a strumenti analogici logometrici ma<br />

si preferisce determinare la grandezza per via indiretta elaborando le indicazioni di wattmetro,<br />

voltmetro e amperometro.<br />

L’uso di strumenti logometrici del tipo descritto nel Capitolo 4 <strong>con</strong>sentirebbe di effettuare la<br />

misura diretta del fattore di potenza. La scarsa diffusione di questi strumenti è legati alla modesta<br />

accuratezza <strong>con</strong>seguibile, per cui in laboratorio si preferisce procedere <strong>con</strong> la determinazione<br />

indiretta.<br />

Come per la potenza reattiva si parte dalle indicazioni di wattmetro, amperometro e voltmetro.<br />

Tra le diverse possibili elaborazioni quella che si preferisce è la seguente:<br />

cos(<br />

ϕ)<br />

(<strong>6.</strong>39)<br />

nella quale P è la potenza attiva e S la potenza apparente.<br />

Degli errori sistematici si può tenere apportando, se necessario, le opportune correzioni. Per la<br />

stima della incertezza che grava sul risultato finale, si deve operare se<strong>con</strong>do quanto indicato al<br />

Capitolo 1.<br />

<strong>6.</strong>9. <strong>Misure</strong> di Potenza Attiva in Sistemi Polifase in<br />

Regime Sinusoidale<br />

=<br />

In un sistema qualsiasi a N fili, la potenza attiva si può misurare utilizzando N – 1 wattmetri.<br />

Le <strong>con</strong>siderazioni sviluppate nel seguito sono state per semplicità riferite ai sistemi trifase ma<br />

esse possono essere ovviamente estese a qualunque sistema avente un numero di fasi qualunque.<br />

In un sistema trifase, l’oggetto sotto misura può essere collegato a triangolo o a stella, oppure<br />

essere costituito da più carichi misti in parallelo (anche monofase), mentre il sistema di alimentazione<br />

può essere a tre o quattro fili.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 137<br />

P<br />

--<br />

S


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

La misura della potenza attiva su sistemi trifase a quattro fili deve essere eseguita <strong>con</strong> tre wattmetri.<br />

Il sistema trifase è a quattro fili quando si è in presenza di neutro attivo (Figura <strong>6.</strong>13). La<br />

potenza attiva si ottiene come somma delle potenze relative a ciascuna delle fasi.<br />

1<br />

2<br />

3<br />

N<br />

Fig. <strong>6.</strong>13 Misura di potenza attiva in un sistema trifase a quattro fili<br />

W1<br />

W2<br />

W3<br />

R1<br />

R2<br />

R3<br />

Dette E 1 , E 2 ed E 3 le tensioni di fase e I 1 , I 2 e I 3 le rispettive correnti, sfasate rispetto alle prime<br />

degli angoli ϕ 1 , ϕ 2 , ϕ 3 la potenza è data da<br />

(<strong>6.</strong>40)<br />

La misura della potenza attiva sui sistemi trifase a tre fili può essere eseguita <strong>con</strong> tre o due wattmetri.<br />

Per i collegamenti a stella e triangolo, la potenza attiva si può sempre ottenere come somma<br />

delle potenze relative a ciascuna delle fasi, come indicato per i sistemi a quattro fili<br />

(<strong>6.</strong>41)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 138<br />

I1<br />

I2<br />

I3<br />

Z1<br />

Z2<br />

Z3<br />

P = E1I1cos( ϕ1) + E2I 2cos( ϕ2) + E3I 3cos( ϕ3) P =<br />

E1I1cos( ϕ1) + E2I 2cos( ϕ2) + E3I 3cos( ϕ3) O


<strong>6.</strong>9. <strong>Misure</strong> di Potenza Attiva in Sistemi Polifase in Regime Sinusoidale<br />

Si tenga presente che nel caso in oggetto sono indicate <strong>con</strong> E1 , E2 ed E3 le tensioni di fase e <strong>con</strong><br />

I1 , I2 e I3 le correnti di linea, mentre nel caso del triangolo le E1 , E2 ed E3 corrispondono alle<br />

tensioni <strong>con</strong>catenate e le I1 , I2 e I3 alle correnti di fase.<br />

Si vuole ora dimostrare che la potenza attiva sui sistemi trifase a tre fili può essere misurata <strong>con</strong><br />

solo due wattmetri. In quanto segue si fa per semplicità riferimento ad un circuito collegato a<br />

stella, anche se le <strong>con</strong>clusioni hanno validità più generale.<br />

Se si modifica lo schema di Figura <strong>6.</strong>14a in quello di Figura <strong>6.</strong>14b, separando cioè il centro<br />

stella delle voltmetriche da quello del carico si ha, in generale, che i due centri stella non coincidono<br />

elettricamente. Ciò può essere dovuto a dissimmetrie nelle impedenze a valle della<br />

sezione di misura o nelle resistenze addizionali dei wattmetri.<br />

1<br />

2<br />

3<br />

W1<br />

W2<br />

W3<br />

R1<br />

R2<br />

R3<br />

I1<br />

I2<br />

I3<br />

(a)<br />

Fig. <strong>6.</strong>14 Misura di potenza attiva in un sistema trifase a tre fili<br />

Z1<br />

Z2<br />

Z3<br />

O<br />

Con notazione vettoriale, la somma delle indicazioni dei tre wattmetri può essere scritta come<br />

(<strong>6.</strong>42)<br />

avendo indicato <strong>con</strong> H il vettore di tensione esistente tra i due centri stella. Sviluppando si<br />

ottiene<br />

(<strong>6.</strong>43)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 139<br />

1<br />

2<br />

3<br />

W1<br />

W2<br />

W3<br />

P = ( E1– H)<br />

• I1 + ( E2 – H)<br />

• I2 + ( E3 – H)<br />

• I3 P =<br />

E1•I1+ E2 • I2 + E3 • I3 + H • ( I1+ I2 + I3) R1<br />

R2<br />

R3<br />

I1<br />

I2<br />

I3<br />

(b)<br />

O´<br />

Z1<br />

Z2<br />

Z3<br />

O


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

Essendo il sistema a tre fili, la somma vettoriale delle correnti è per definizione nulla, ovvero<br />

I1 + I2 + I3 = 0<br />

(<strong>6.</strong>44)<br />

per cui la potenza misurata coincide <strong>con</strong> quella assorbita dal carico.<br />

Un ulteriore passo può essere fatto ponendo in corto circuito una delle voltmetriche (ad esempio<br />

quella del wattmetro W3 ) la cui tensione diverrà nulla, mentre sulle due rimanenti voltmetriche<br />

la tensione passa da quella di fase alla <strong>con</strong>catenata, valgono allora lo schema e il diagramma<br />

vettoriale di Figura <strong>6.</strong>15, che rappresentano l’inserzione di Aron (Figura <strong>6.</strong>16).<br />

1<br />

Fig. <strong>6.</strong>15 Diagramma vettoriale relativo all’inserzione di Aron per la misura della potenza<br />

attiva in un sistema trifase a tre fili<br />

1<br />

2<br />

3<br />

3<br />

E3´<br />

O´<br />

V31<br />

H<br />

I3<br />

E1´<br />

E2´<br />

ϕ3<br />

E3<br />

W1<br />

W2<br />

ϕ1<br />

E1<br />

I1<br />

Fig. <strong>6.</strong>16 Inserzione di Aron per la misura della potenza attiva in un sistema trifase a tre fili<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 140<br />

O<br />

V23<br />

R1<br />

R2<br />

I1<br />

I2<br />

E2<br />

I2 ϕ2<br />

V12<br />

Z1<br />

Z2<br />

I3 Z3<br />

2<br />

O


In questo caso si può scrivere<br />

<strong>6.</strong>9. <strong>Misure</strong> di Potenza Attiva in Sistemi Polifase in Regime Sinusoidale<br />

L’ultimo termine della equazione (<strong>6.</strong>45) è evidentemente nullo e per tanto si ottiene<br />

che, essendo<br />

diventa<br />

come volevasi dimostrare.<br />

P = ( E1– E3) • I1 + ( E2 – E3) • I2 + ( E3 – E3) • I3 P = E1•I1+ E2 • I2 + E3 • ( – I1 – I2) I 3<br />

=<br />

– I1 – I2 P =<br />

E1•I1+ E2 • I2 + E3 • I3 (<strong>6.</strong>45)<br />

(<strong>6.</strong>46)<br />

(<strong>6.</strong>47)<br />

(<strong>6.</strong>48)<br />

Da quanto sopra esposto deriva un importante <strong>con</strong>clusione di validità generale: la potenza<br />

attiva in un circuito ad N fili può essere misurata <strong>con</strong> N – 1 wattmetri.<br />

La <strong>con</strong>clusione alla quale si è giunti è valida per qualsiasi sistema polifase (incluso il monofase<br />

che ha due fili e per il quale la misura di potenza si effettua <strong>con</strong> un wattmetro), anche se non<br />

simmetrico nelle tensioni e squilibrato nelle correnti. Come si vedrà più avanti, la regola è<br />

valida anche nel caso di grandezze non sinusoidali.<br />

La misura effettuata <strong>con</strong> l’inserzione di Aron può comportare che un wattmetro fornisca indicazione<br />

negativa per cui essa deve essere sottratta dall’altra indicazione. Sui sistemi simmetrici<br />

ed equilibrati, ciò avviene per fattori di potenza inferiori a 0.5.<br />

Si osservi infine che, come le precedenti, anche questa misura è affetta da errore sistematico che<br />

può essere corretto. Per la determinazione delle incertezze composta ed estesa si devono applicare<br />

le regole indicate nel Capitolo 1.<br />

Sotto l’aspetto delle incertezze, si fa presente che nel caso di circuito a fattore di potenza molto<br />

basso, l’inserzione di Aron può comportare incertezze molto elevate in quanto i due termini dei<br />

quali si deve effettuare la sottrazione hanno ampiezze poco diverse tra loro. Poiché l’uso di<br />

wattmetri a basso cos(ϕ) non è adatto per lo schema in oggetto, per la misura si deve ricorrere<br />

a tre wattmetri, misurando le potenze di ogni fase e sommandole (in questo caso l’uso di wattmetri<br />

a basso cos(ϕ) è possibile).<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 141


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

<strong>6.</strong>10. <strong>Misure</strong> di Potenza Apparente in Sistemi Polifase in<br />

Regime Sinusoidale<br />

La misura della potenza apparente viene ottenuta indirettamente dalla elaborazione di più strumenti.<br />

Se i sistemi sono simmetrici nelle tensioni ed equilibrati nelle correnti la determinazione<br />

delle potenza apparente può essere fatta seguendo i metodi già indicati per i sistemi monofase.<br />

Se il sistema in oggetto è simmetrico nelle tensioni ed equilibrato nelle correnti, le potenze<br />

apparente e reattiva possono essere determinate per via indiretta seguendo regole analoghe a<br />

quelle adottate per i sistemi monofase.<br />

Per la potenza apparente vale la relazione<br />

S = 3VI<br />

essendo S la potenza apparente trifase, V la tensione <strong>con</strong>catenata ed I la corrente di linea.<br />

<strong>6.</strong>11. <strong>Misure</strong> di Potenza Reattiva in Sistemi Polifase in<br />

Regime Sinusoidale<br />

(<strong>6.</strong>49)<br />

La misura della potenza reattiva viene ottenuta indirettamente dalla elaborazione di più strumenti.<br />

Se i sistemi sono simmetrici nelle tensioni ed equilibrati nelle correnti la determinazione<br />

delle potenza reattiva può essere fatta seguendo i metodi già indicati per i sistemi monofase.<br />

Per la potenza reattiva si opera in modo analogo a quanto fatto per la potenza apparente, ottenendo<br />

Q S2P2 = –<br />

(<strong>6.</strong>50)<br />

nella quale P è la potenza attiva totale e S la potenza apparente determinata come sopra.<br />

Un metodo assai diffuso per la misura della potenza reattiva è quello che, verificate le <strong>con</strong>dizioni<br />

di simmetria e equilibrio, si basa sull’uso di un wattmetro inserito come indicato in<br />

Figura <strong>6.</strong>17.<br />

La potenza reattiva risulta infatti<br />

Q = 3VIcos( 90° – ϕ)<br />

= 3VIsin( ϕ)<br />

(<strong>6.</strong>51)<br />

L’indicazione del wattmetro deve essere moltiplicata per 3<br />

al fine di ottenere il valore di Q.<br />

Questo metodo che, come già detto, presuppone le <strong>con</strong>dizioni di simmetria ed equilibrio del<br />

sistema, può essere utilizzato solamente per misure indicative (ad esempio, sui quadri di cen-<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 142


1<br />

2<br />

3<br />

Wc<br />

<strong>6.</strong>11. <strong>Misure</strong> di Potenza Reattiva in Sistemi Polifase in Regime Sinusoidale<br />

Fig. <strong>6.</strong>17 Inserzione di un wattmetro per la misura della potenza reattiva in sistemi trifase<br />

simmetrici ed equilibrati<br />

trale). Per misure di precisione, non si può infatti presumere che le <strong>con</strong>dizioni richieste siano<br />

verificate.<br />

Se i sistemi sono simmetrici nelle tensioni e non equilibrati nelle correnti la determinazione<br />

delle potenze suddette può essere fatta <strong>con</strong> l’inserzione Righi.<br />

Nel caso di carico squilibrato ma tensioni ancora simmetriche, si può ricorrere alla inserzione<br />

di Figura <strong>6.</strong>18 (inserzione di Righi o dei tre wattmetri).<br />

Essa viene realizzata inserendo due strumenti se<strong>con</strong>do lo schema di Aron già discusso ed il terzo<br />

<strong>con</strong> la bobina amperometrica sulla fase rimasta libera e la voltmetrica derivata fra le due altre<br />

fasi.<br />

Indicando <strong>con</strong> Wa , Wb e Wc le indicazioni dei tre wattmetri e ricordando l’ipotesi di simmetria<br />

si ha<br />

Si procede quindi ottenendo<br />

Z1<br />

Z2<br />

Z3<br />

O<br />

3<br />

(<strong>6.</strong>52)<br />

(<strong>6.</strong>53)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 143<br />

E3<br />

E1<br />

O<br />

⎧W<br />

a = VI1cos( ϕ1 – 30° )<br />

⎪<br />

⎨W<br />

b = VI2cos( ϕ2 + 30° )<br />

⎪<br />

⎩W<br />

c = VI3cos( ϕ3 – 90° )<br />

1<br />

ϕ<br />

I<br />

90˚ – ϕ<br />

W a + W c =<br />

VI1cos( ϕ1 – 30° ) + VI3cos( ϕ3 – 90° )<br />

E2<br />

V = V23<br />

2


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

Fig. <strong>6.</strong>18 Inserzione di Righi per la misura della potenza reattiva in sistemi trifase simmetrici<br />

Utilizzando note formule trigonometriche del coseno della somma o differenza di angoli si<br />

ottiene per il primo termine<br />

e per il se<strong>con</strong>do termine<br />

da cui sostituendo si ottiene<br />

1<br />

2<br />

3<br />

Wa<br />

Wb<br />

cos( ϕ1 – 30° ) = cos [ ( ϕ1 + 30° ) – 60° ] =<br />

=<br />

(<strong>6.</strong>54)<br />

(<strong>6.</strong>55)<br />

(<strong>6.</strong>56)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 144<br />

Wc<br />

cos( ϕ1 + 30° ) cos( 60° ) + sin( ϕ1 + 30° ) sin(<br />

60° ) =<br />

1<br />

3<br />

= -- cos(<br />

ϕ1 + 30° ) + ------ sin(<br />

ϕ1 + 30° )<br />

2<br />

2<br />

cos( ϕ3 – 90° ) = cos [ ( ϕ3 – 30° ) – 60° ] =<br />

=<br />

cos( ϕ3 – 30° ) cos( 60° ) + sin( ϕ3 – 30° ) sin(<br />

60° ) =<br />

1<br />

3<br />

= -- cos(<br />

ϕ3 – 30° ) + ------ sin(<br />

ϕ3 – 30° )<br />

2<br />

2<br />

1<br />

3<br />

W a + W c = VI1 -- cos(<br />

ϕ1 + 30° ) + ------ sin(<br />

ϕ1 + 30° ) +<br />

2<br />

2<br />

+ VI 3<br />

Z1<br />

Z2<br />

Z3<br />

1<br />

3<br />

-- cos(<br />

ϕ3 – 30° ) +<br />

------ sin(<br />

ϕ3 – 30° )<br />

2<br />

2<br />

O


<strong>6.</strong>11. <strong>Misure</strong> di Potenza Reattiva in Sistemi Polifase in Regime Sinusoidale<br />

A questo punto è possibile mettere in evidenza la potenza reattiva Q cercata e la potenza attiva<br />

P, ottenendo<br />

Ricordando che, se<strong>con</strong>do l’inserzione Aron, la potenza attiva è espressa da<br />

si ha finalmente<br />

ossia<br />

W a + W c<br />

1<br />

= -- [ VI1cos( ϕ1 + 30° ) + VI3cos( ϕ3 – 30° ) ] +<br />

2<br />

+ 3<br />

------ [ VI1cos( ϕ3 – 30° ) + VI3sin( ϕ3 – 30° ) ] =<br />

2<br />

1 3<br />

= --P + ------Q<br />

2 2<br />

W a + W c<br />

P = Wa+ W b<br />

=<br />

1<br />

3<br />

-- ( W a + W b)<br />

+ ------Q<br />

2<br />

2<br />

Q W a W – b + 2W c<br />

= --------------------------------------<br />

3<br />

(<strong>6.</strong>57)<br />

(<strong>6.</strong>58)<br />

(<strong>6.</strong>59)<br />

(<strong>6.</strong>60)<br />

Questa formula permette di determinare la potenza reattiva Q in base alle tre letture Wa , Wb e<br />

Wc dei tre wattmetri.<br />

La potenza apparente può allora essere determinata <strong>con</strong> la relazione<br />

S P2Q2 = +<br />

(<strong>6.</strong>61)<br />

Nel caso di sistemi non simmetrici, si deve procedere diversamente. Per la potenza attiva vale<br />

quanto detto nel Capitolo <strong>6.</strong>9., per cui le potenze si sommano aritmeticamente. Per la potenza<br />

reattiva si effettua la somma algebrica dei <strong>con</strong>tributi delle singole fasi, tenendo presente i segni<br />

relativi (ci possono essere carichi induttivi e capacitivi). Per la potenza apparente si procede vettorialmente,<br />

o più comodamente applicando la relazione<br />

∑<br />

S ( P)<br />

2<br />

=<br />

( ∑Q)<br />

2<br />

+<br />

(<strong>6.</strong>62)<br />

Se non è possibile effettuare misure sulle singole fasi, le potenze apparente e reattiva non possono<br />

essere determinate in modo univoco.<br />

Se il sistema può essere <strong>con</strong>siderato simmetrico e gli squilibri sulle correnti non sono vistosi, si<br />

può operare facendo la media delle correnti rilevate sulle tre fasi e procedendo quindi come<br />

indicato per i sistemi simmetrici ed equilibrati.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 145


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

<strong>6.</strong>12. Potenze Attiva, Reattiva ed Apparente in Regime<br />

Non-Sinusoidale<br />

Le definizioni di potenze reattiva ed apparente in regime non-sinusoidale possono essere date<br />

solo in forma <strong>con</strong>venzionale (senza significato fisico).<br />

<strong>6.</strong>12.1. Potenza Istantanea<br />

Si <strong>con</strong>sideri per semplicità un circuito monofase in cui la tensione o la corrente, o entrambe le<br />

grandezze, non siano sinusoidali. Se ciascun segnale viene scomposto in serie di Fourier, si<br />

ottengono tanti termini di tipo sinusoidale di ampiezza e fase diversa. Non necessariamente tutte<br />

le armoniche sono presenti, anzi nella maggioranza dei casi avviene esattamente il <strong>con</strong>trario.<br />

La potenza istantanea (p) è sempre uguale al prodotto dei valori istantanei di tensione (v) e corrente<br />

(i), qualunque sia la forma dei segnali<br />

(<strong>6.</strong>63)<br />

nella quale i simboli hanno significato ovvio.<br />

Se si sviluppa il prodotto, si ottiene un numero di termini molto elevato (a causa dei prodotti<br />

incrociati). A titolo d’esempio, in Figura <strong>6.</strong>19 sono stati tracciati i diagrammi di tensione, corrente<br />

e potenza istantanee per casi di tensione sinusoidale e di corrente distorta.<br />

In Figura <strong>6.</strong>19a la corrente ha un’armonica di terzo ordine, mentre in Figura <strong>6.</strong>19b un’armonica<br />

di quinto ordine. In entrambi i casi il valore medio della potenza istantanea è nullo, stando a<br />

significare che nella sezione di misura non transita potenza attiva. Il fatto che siano però in gioco<br />

correnti e tensioni implica automaticamente che nel sistema è in gioco potenza reattiva.<br />

<strong>6.</strong>12.2. Potenza Attiva<br />

∞<br />

∑<br />

∞<br />

∑ Ii sin iωt + ϕi i = 0<br />

i = 0<br />

p = vi = Visin( iωt )<br />

La potenza attiva in regime non-sinusoidale è data dalla somma dei prodotti scalari tra tensione<br />

e corrente relativi alle singole armoniche.<br />

Si <strong>con</strong>sideri un circuito monofase in cui sia la tensione che la corrente non siano sinusoidali. La<br />

potenza attiva viene definita come<br />

P =<br />

ViIicos( ϕi) dove <strong>con</strong> l’indice i sono state indicate le varie armoniche.<br />

∞<br />

∑<br />

i = 0<br />

( )<br />

(<strong>6.</strong>64)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 146


Tensione, Corrente, Potenza<br />

Tensione, Corrente, Potenza<br />

<strong>6.</strong>12. Potenze Attiva, Reattiva ed Apparente in Regime Non-Sinusoidale<br />

v<br />

v<br />

i<br />

Tempo<br />

Fig. <strong>6.</strong>19 Tensione, corrente e potenza istantanea in caso si forma d’onda di tensione sinusoidale<br />

e forma d’onda di corrente non sinusoidale<br />

Si presuppone quindi che le onde di tensione e corrente siano state scomposte in serie di Fourier<br />

nelle varie sinusoidi aventi ordine di armonicità da 1 a ∞. La potenza attiva è quindi costituita<br />

dalla sommatoria dei prodotti scalari (in senso vettoriale) di tutte le combinazioni di tensioni e<br />

correnti sinusoidali aventi la stessa frequenza e se<strong>con</strong>do il relativo angolo di sfasamento.<br />

Si noti che quanto esposto è valido anche se corrente e tensione <strong>con</strong>tengono componenti costanti<br />

(in questo caso ϕ = 0).<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 147<br />

(a)<br />

i<br />

Tempo<br />

(b)<br />

p<br />

p<br />

P<br />

P


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

Per quanto riguarda il comportamento del wattmetro, è importante rilevare che ogni <strong>con</strong>tributo<br />

V iI icos(<br />

ϕi) produce una coppia motrice Ci e che l’equipaggio mobile è globalmente sollecitato<br />

dalla somma delle singole coppie. Ne <strong>con</strong>segue che il wattmetro è sempre in grado di fornire<br />

l’indicazione corretta della potenza attiva che transita nella sezione del circuito in cui si effettua<br />

la misura (almeno nel campo delle frequenze industriali).<br />

Tale proprietà è valida anche per i sistemi polifase per cui resta <strong>con</strong>fermato che le misure di<br />

potenza attiva su un sistema qualunque possono sempre essere effettuate <strong>con</strong> N – 1 wattmetri.<br />

<strong>6.</strong>12.3. Potenza Reattiva<br />

In presenza di tensioni e correnti non sinusoidali, la definizione di potenza reattiva non è univoca<br />

e può essere solamente <strong>con</strong>venzionale.<br />

Si <strong>con</strong>sideri ancora per semplicità un circuito monofase in cui sia la tensione che la corrente non<br />

siano sinusoidali. Della potenza reattiva si possono definire tutti i <strong>con</strong>tributi delle diverse coppie<br />

armoniche di tensioni e correnti analogamente a quanto fatto per la potenza attiva:<br />

(<strong>6.</strong>65)<br />

dove <strong>con</strong> l’indice i sono state indicate le varie armoniche.<br />

Questa potenza reattiva Q è quindi costituita dalla sommatoria dei prodotti vettoriali di tutte le<br />

combinazioni di tensioni e correnti sinusoidali aventi la stessa frequenza e se<strong>con</strong>do il relativo<br />

angolo di sfasamento.<br />

Si devono ora prendere in <strong>con</strong>siderazione anche tutti i prodotti tra i termini non isofrequenziali<br />

(i ≠ k),<br />

(<strong>6.</strong>66)<br />

Si osservi che il valore medio di questi termini è nullo (potenza attiva nulla). Ci si deve ora chiedere<br />

in quale modo mettere in <strong>con</strong>to tutti i <strong>con</strong>tributi del tipo descritto. La risposta a questa<br />

domanda è discussa nei paragrafi seguenti.<br />

<strong>6.</strong>12.4. Potenza Apparente<br />

∞<br />

∑<br />

Q = ViIisin( ϕi) i = 0<br />

Dik = V isin( iωt ) Ik sin(<br />

kωt + ϕk) In regime non sinusoidale non è possibile dare una definizione univoca della potenza apparente<br />

poiché non si può ricorrere alla rappresentazione <strong>con</strong>venzionale (vettoriale).<br />

È generalmente accettato <strong>con</strong>siderare <strong>con</strong>venzionalmente come potenza apparente in un circuito<br />

monofase il prodotto dei valori efficaci di tensione e corrente<br />

S =<br />

VI<br />

(<strong>6.</strong>67)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 148


<strong>6.</strong>13. Alcune Teorie sul Significato delle Potenze in Regime Non-Sinusoidale<br />

Si osservi che tale definizione non ha un chiaro significato fisico. Analogamente si può dire<br />

della definizione del fattore di potenza mediante la relazione<br />

(<strong>6.</strong>68)<br />

Si può ulteriormente notare che se si applica in regime non-sinusoidale la stessa formula che in<br />

regime sinusoidale si applica alle potenze si <strong>con</strong>stata che<br />

(<strong>6.</strong>69)<br />

<strong>6.</strong>13. Alcune Teorie sul Significato delle Potenze in Regime<br />

Non-Sinusoidale<br />

Sulle definizioni delle potenze in regime non sinusoidale numerosi sono stati i <strong>con</strong>tributi da<br />

parte di studiosi della materia. Il fatto che esistano diverse interpretazioni per gli stessi fenomeni<br />

sta a dimostrare la <strong>con</strong>venzionalità dei procedimenti seguiti.<br />

<strong>6.</strong>13.1. Teoria di Budeanu<br />

cos(<br />

ϕ)<br />

Budeanu esprime la potenza apparente mediante le tre componenti P, Q e D, mutuamente ortogonali<br />

(rappresentazione nello spazio). Con P si intende la potenza attiva definita da<br />

(<strong>6.</strong>70)<br />

nella quale V0 e I0 rappresentano le eventuali componenti <strong>con</strong>tinue di tensione e corrente (nel<br />

qual caso ϕ0 = 0).<br />

Con Q si rappresenta la potenza reattiva definita da<br />

Per il termine D Budeanu propone la definizione<br />

∞<br />

∑<br />

∞<br />

∑<br />

=<br />

(<strong>6.</strong>71)<br />

<strong>con</strong> m ≠ k (<strong>6.</strong>72)<br />

che assume valore nullo quando tutte le armoniche di corrente sono proporzionali a quelle di<br />

tensione e quando tutti gli sfasamenti relativi ϕ i sono uguali.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 149<br />

P<br />

--<br />

S<br />

S2 P2 – ≥ Q<br />

∞<br />

∑<br />

P = ViIicos( ϕi) i = 0<br />

∞<br />

∑<br />

Q = ViIisin( ϕi) i = 0<br />

D2 =<br />

[ V 2<br />

k Im<br />

2 + V 2<br />

mIk 2 – 2V kV mI kI mcos( ϕk – ϕm) ]<br />

m = 0 k = 0


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

La formula sopra riportata che esprime D è una pura espressione matematica ricavata estrapolando<br />

ai sistemi <strong>con</strong> onde deformate le formule classiche del regime sinusoidale e si può dimostrare<br />

che<br />

(<strong>6.</strong>73)<br />

Al termine D si da il nome di potenza reattiva deformante ma la grandezza non ha alcun significato<br />

fisico anche se associato a potenza reattiva.<br />

<strong>6.</strong>13.2. Teoria di Shepherd e Zakikhani<br />

Questi due ricercatori hanno proposto di scomporre la potenza apparente in tre termini detti<br />

rispettivamente potenza apparente attiva (A R ), potenza apparente reattiva (A X ) e potenza apparente<br />

deformante (A D ) che assumono le espressioni<br />

∑<br />

(<strong>6.</strong>74)<br />

in cui le armoniche comuni ai due segnali sono indicate <strong>con</strong> il pedice k, mentre i pedici j e p<br />

indicano, rispettivamente, le armoniche <strong>con</strong>tenute solo nel segnale di tensione e solo in quello<br />

di corrente.<br />

<strong>6.</strong>13.3. Teoria di Sharon<br />

S2 P2 Q2 D2 = + +<br />

∑<br />

A2 ⎛<br />

R V 2⎞<br />

⎝ k I 2<br />

⎠ k cos ( ϕk) k<br />

2<br />

=<br />

k<br />

A2 ⎛<br />

X V 2⎞<br />

⎝∑k I 2<br />

⎠ k sin ( ϕk) k<br />

2<br />

⎧<br />

⎪<br />

⎪<br />

⎪<br />

⎪<br />

⎨<br />

= ∑<br />

⎪<br />

k<br />

⎪<br />

⎪A<br />

2 ⎛<br />

D = V 2⎞⎛<br />

⎝∑k I 2⎞<br />

⎛<br />

⎠⎝∑p+<br />

V 2⎞⎛<br />

⎠ ⎝∑j I 2<br />

⎠ ∑ k + I 2⎞<br />

⎪<br />

⎝ ∑ p⎠ ⎩<br />

k p<br />

j k p<br />

Sharon propone di scomporre la potenza apparente in tre componenti ortogonali, costituiti dalla<br />

potenza attiva<br />

P = ViIicos( ϕi) i = 0<br />

dalla potenza reattiva in quadratura S 0 data da<br />

∞<br />

∑<br />

∞<br />

∑<br />

S 2<br />

0 V 2 I 2<br />

i cos ( ϕi) 2<br />

=<br />

i = 0<br />

(<strong>6.</strong>75)<br />

(<strong>6.</strong>76)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 150


e dalla potenza reattiva complementare S C data da<br />

S C<br />

<strong>6.</strong>14. <strong>Misure</strong> di Potenza su Circuiti Non Lineari di Tipo Induttivo<br />

(<strong>6.</strong>77)<br />

dove V è il valore efficace della forma d’onda di tensione e <strong>con</strong> h e k si indicano le armoniche<br />

non comuni.<br />

<strong>6.</strong>13.4. Teoria di Czarnescki<br />

=<br />

⎛ V 2⎞<br />

⎝∑j⎠ I 2<br />

k cos ( ϕk) j<br />

2 ∑ V<br />

k<br />

2 + I 2 ∑ p<br />

p<br />

∑∑<br />

⎛ ⎞ +<br />

⎝ ⎠<br />

+ 1<br />

-- [ V hI k cos( ϕk) + V kI hcos( ϕh) ]<br />

2<br />

2<br />

h<br />

k<br />

Nella teoria di Czarnescki il problema è affrontato dal punto di vista della compensazione delle<br />

componenti armoniche della corrente reattiva, definita dalla somma delle componenti armoniche<br />

della corrente, in quadratura rispetto alle corrispondenti armoniche di tensione.<br />

Nei sistemi <strong>con</strong> onde deformate non si riesce, mediante un <strong>con</strong>densatore o un induttore, ad<br />

annullare la totale potenza non attiva. Al fine di compensare le componenti armoniche della corrente<br />

reattiva è necessario un circuito rifasatore che presenti, per ciascuna armonica, una suscettanza<br />

pari all’opposto di quella del carico per la frequenza <strong>con</strong>siderata o che richiuda la corrente<br />

armonica prodotta da quest’ultimo.<br />

La scomposizione della corrente in tre componenti ortogonali porta ad individuare una porzione<br />

della totale potenza apparente S che può essere compensata per mezzo di un circuito passivo<br />

(potenza reattiva Qr ) e della potenza diffusa Ds per la quale tale tipo di compensazione è inefficace.<br />

Alla teoria di Czarnescki può essere data una formulazione matematica piuttosto complessa che<br />

presenta poco interesse pratico. Si deve poi tenere presente che nei sistemi in esame si è sovente<br />

in presenza di fenomeni armonici rappresentabili attraverso circuiti a corrente costante (di<br />

armonica) per cui è più semplice ragionare per via intuitiva e per singole armoniche.<br />

<strong>6.</strong>14. <strong>Misure</strong> di Potenza su Circuiti Non Lineari di Tipo<br />

Induttivo<br />

Per la misura della cifra di perdita in lamierini magnetici si può utilizzare l’apparecchio di<br />

Epstein. Occorre fare attenzione nella determinazione delle potenze perché il circuito è non<br />

lineare e pertanto occorre interpretare i risultati.<br />

Quando le misure di potenza devono essere effettuate su circuiti non lineari si deve porre particolare<br />

attenzione nella interpretazione dei risultati ottenuti. Per chiarire i <strong>con</strong>cetti <strong>con</strong>viene fare<br />

riferimento ad una classica misurazione che viene effettuata per determinare la cifra di perdita<br />

dei lamierini magnetici utilizzati nelle macchine elettriche nelle quali essi sono sottoposti a<br />

magnetizzazione alternata. I suddetti lamierini presentano caratteristica B = f(H) non lineare e<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 151


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

non indipendente dalle vicissitudini a cui gli stessi vengono sottoposti (cicli di isteresi), come<br />

si può notare nella Figura <strong>6.</strong>20.<br />

Fig. <strong>6.</strong>20 Ciclo di isteresi di un materiale magnetico<br />

Si deve anche tenere presente che essendo B e H interdipendenti, risulta che se B è sinusoidale<br />

non lo può essere H e viceversa. Il primo caso è il più comune e corrisponde, ad esempio, all’alimentazione<br />

del circuito elettrico <strong>con</strong> tensione sinusoidale impressa per cui anche il flusso e<br />

l’induzione nel circuito magnetico risultano sinusoidali. La forma del campo H (che è poi quella<br />

della forza elettromotrice e della corrente di eccitazione) è invece appuntita. Se è invece sinusoidale<br />

H (corrente sinusoidale impressa), B risulta appiattita (Figura <strong>6.</strong>21).<br />

Fig. <strong>6.</strong>21 Andamento dei campi B e H in presenza di isteresi e saturazione nel materiale<br />

magnetico<br />

La potenza magnetizzante (induttiva) perde allora significato preciso appunto perché B ed H<br />

non sono entrambe sinusoidali. In tal caso si può <strong>con</strong>venzionalmente fare riferimento al valore<br />

efficace H E ed assumere come potenza magnetizzante specifica per unità di volume<br />

Q V<br />

=<br />

2πfBH E<br />

(<strong>6.</strong>78)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 152


e per unità di massa<br />

<strong>6.</strong>14. <strong>Misure</strong> di Potenza su Circuiti Non Lineari di Tipo Induttivo<br />

Q M<br />

=<br />

2π<br />

---------- fBHE γ<br />

(<strong>6.</strong>79)<br />

dove γ è la densità di massa (o peso specifico). Un se<strong>con</strong>do importante problema riguarda le perdite<br />

che sono da attribuire a due fenomeni distinti: isteresi e correnti parassite. A causa del fenomeno<br />

di isteresi, durante la magnetizzazione viene fornita al materiale una energia che non è poi<br />

interamente restituita durante la smagnetizzazione. L’energia perduta che si trasforma in calore<br />

è rappresentata, in una certa scala e per unità di volume, della superficie del ciclo di isteresi. Si<br />

può perciò scrivere<br />

w = HdB (<strong>6.</strong>80)<br />

integrale esteso a tutto il ciclo. Poiché questa è l’energia dissipata per ogni ciclo, per passare<br />

alla potenza basta tenere <strong>con</strong>to della frequenza. Si è soliti esprimere le perdite per isteresi <strong>con</strong><br />

una relazione del tipo<br />

P I<br />

(<strong>6.</strong>81)<br />

dove k I è una costante e n un esponente che varia tra 2 e 3 <strong>con</strong> l’induzione stessa (esponente di<br />

Steimetz). Per limitare le perdite per isteresi il lamierino viene ottenuto da una lega ferro-silicio,<br />

<strong>con</strong> silicio intorno al 3.5%.Un’altra sorgente di perdite è dovuta al fatto che per la presenza di<br />

un flusso alternato, nello stesso materiale magnetico si indu<strong>con</strong>o forze elettromotrici. Essendo<br />

poi il materiale buon <strong>con</strong>duttore, si ha anche la circolazione di correnti parassite. Le perdite per<br />

correnti parassite sono proporzionali ai quadrati di induzione, frequenza e spessore del lamierino<br />

e inversamente proporzionale alla resistività del materiale. Per limitare le perdite per correnti<br />

parassite, i circuiti magnetici vengono laminati e si fa ricorso a leghe che permettono di<br />

aumentare la resistività. L’isolamento superficiale dei lamierini è oggi ottenuto per ossidazione<br />

diretta durante il processo produttivo. Analogamente a quanto detto per le perdite per isteresi,<br />

si può usare per le perdite per correnti parassite una espressione del tipo<br />

P P<br />

=<br />

=<br />

∫<br />

k I fB n<br />

k P f 2 B 2<br />

(<strong>6.</strong>82)<br />

Le perdite totali nel circuito magnetico possono quindi essere espresse <strong>con</strong> la formula binomia<br />

PO kI fBn kP f 2B2 =<br />

+<br />

(<strong>6.</strong>83)<br />

A titolo indicativo si può ricordare che a 50 Hz e 1.5 T, la cifra di perdita può variare da 0.8 a<br />

2.0 W/kg, i valori più bassi sono quelli dei lamierini a cristalli orientati usati nei trasformatori<br />

di potenza. In definitiva, ci si trova ad operare su un sistema fortemente induttivo <strong>con</strong> corrente<br />

non sinusoidale (nell’ipotesi di tensione sinusoidale).<br />

Per quanto riguarda le potenze apparente e magnetizzante in gioco nel circuito, si rammenta<br />

quanto già discusso in merito a circuiti in cui le grandezze in gioco non sono sinusoidali (nel<br />

caso in oggetto la corrente).<br />

Per la potenza apparente si può assumere <strong>con</strong>venzionalmente il prodotto tra i valori efficaci di<br />

tensione e corrente.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 153


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

Per la potenza reattiva, se si segue l’interpretazione dalla al problema dal Budeanu, se ne<br />

devono <strong>con</strong>siderare due tipi: <strong>con</strong>venzionale e distorcente.<br />

Si ricorda che in casi come quelli in oggetto non è possibile tracciare diagrammi vettoriali in<br />

quanto le grandezze non sono sinusoidali ed il fattore di potenza che perde il suo significato.<br />

<strong>6.</strong>14.1. Apparecchio di Epstein per la Determinazione della Cifra di Perdita<br />

di Lamierini Magnetici<br />

L’apparecchio di Epstein viene utilizzato per determinare la cifra di perdita dei lamierini<br />

magnetici che rappresenta la perdita dissipata dalla massa di un chilogrammo di materiale<br />

quando uniformemente eccitato a prefissati valori di induzione e di frequenza.<br />

L’apparecchio si presenta come indicato in Figura <strong>6.</strong>22. Lungo i tubi esterni sono avvolti<br />

insieme ed uniformemente in modo da simulare un solenoide, due avvolgimenti detti rispettivamente<br />

primario e se<strong>con</strong>dario. Ciascuno di detti avvolgimenti è costituito da un predeterminato<br />

numero di spire (normalmente 600 spire).<br />

Fig. <strong>6.</strong>22 Apparecchio di Epstein<br />

Per la prova si sceglie una prefissata massa di lamierini (normalmente 10 kg) tagliati in strisce<br />

di lunghezza e larghezza pure prefissate (500 mm e 30 mm, rispettivamente).<br />

Le strisce così ottenute devono essere disposte nei tubi in modo che i giunti che si formano<br />

all’esterno siano alternati e stretti così da ridurre l’effetto dei traferri.<br />

Il circuito che si realizza per la misura è quello rappresentato in Figura <strong>6.</strong>23. Esso presenta il<br />

particolare che il voltmetro e la voltmetrica del wattmetro sono eccitate dalla tensione fornita<br />

dall’avvolgimento se<strong>con</strong>dario <strong>con</strong> il che si ottengono due grossi vantaggi:<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 154


<strong>6.</strong>14. <strong>Misure</strong> di Potenza su Circuiti Non Lineari di Tipo Induttivo<br />

• si escludono dalla misura della potenza le perdite per resistenza che si verificano nell’avvolgimento<br />

alimentato (primario);<br />

• la forza elettromotrice indotta nel se<strong>con</strong>dario è direttamente legata alla induzione nel circuito<br />

magnetico, che è ciò che interessa.<br />

A<br />

W<br />

~ V<br />

Fig. <strong>6.</strong>23 Circuito per la misura della cifra di perdita <strong>con</strong> l’apparecchio di Epstein<br />

Si devono utilizzare strumenti di buona qualità che <strong>con</strong>sentano di misurare la tensione, la<br />

potenza, la corrente e la frequenza, preferibilmente di tipo digitale in quanto caratterizzati da<br />

auto<strong>con</strong>sumo trascurabile. Si deve anche tenere <strong>con</strong>to che il circuito risulta fortemente induttivo<br />

per cui è necessario l’impiego d un wattmetro adatto per basso fattore di potenza.<br />

Per l’alimentazione del circuito occorre una sorgente che per il momento si <strong>con</strong>sidera in grado<br />

di fornire una tensione perfettamente sinusoidale.<br />

Per applicare il procedimento si deve determinazione della sezione S del pacco di lamierini, per<br />

cui detti M la massa dei lamierini (chilogrammi), γ il peso specifico del materiale magnetico ed<br />

L la lunghezza totale del circuito magnetico, si ottiene<br />

S<br />

=<br />

M<br />

----γL<br />

(<strong>6.</strong>84)<br />

nella quale si può assumere γ = 7.6 kg/dm 3 e L = 2.00 m.<br />

Poiché lo scopo della misura è quello di determinare la cifra di perdita all’induzione B e alla<br />

frequenza f, si può determinare la tensione E che deve apparire ai terminali del se<strong>con</strong>dario per<br />

dette induzione e frequenza, che risulta<br />

E =<br />

2πNfBS<br />

(<strong>6.</strong>85)<br />

nella quale N è il numero delle spire dell’apparecchio.<br />

Le misure vengono quindi <strong>con</strong>dotte rilevando un certo numero di valori di potenza assorbita in<br />

funzione della tensione a frequenza costante, ed effettuando l’interpolazione grafica dei punti<br />

risultanti, in modo da escludere eventuali letture affette da errori grossolani.<br />

Al valore di tensione determinato come sopra si determina quindi la potenza misurata PM .<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 155


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

Se l’auto<strong>con</strong>sumo delle voltmetriche non è trascurabile, si deve apportate alla potenza misurata<br />

dedotta come sopra una correzione p data da<br />

(<strong>6.</strong>86)<br />

essendo RT il valore della resistenza dell’arco doppio costituito dalle resistenze interne del voltmetro<br />

e della voltmetrica del wattmetro.<br />

Si ottiene infine il valore della potenza corretta PC Il valore della cifra di perdita cercato C è data infine dalla relazione<br />

<strong>6.</strong>14.2. Separazione delle Perdite<br />

(<strong>6.</strong>87)<br />

(<strong>6.</strong>88)<br />

Se si desidera effettuare la separazione delle perdite si può osservare che partendo dalla espressione<br />

che esprime la perdita misurata si può scrivere<br />

(<strong>6.</strong>89)<br />

dove il termine al primo membro rappresenta la perdita per ciclo.<br />

La funzione scritta rappresenta una retta in funzione della frequenza, per cui <strong>con</strong> una prova a<br />

induzione costante in funzione di f si può ottenere la ripartizione desiderata (Figura <strong>6.</strong>24). Naturalmente<br />

le ordinate in corrispondenza della induzione di riferimento (ovvero della tensione di<br />

riferimento) devono essere moltiplicate per f per ottenere i valori desiderati che in genere si<br />

esprimono poi in frazione (o percentuale) delle perdite totali corrette.<br />

P/f<br />

Fig. <strong>6.</strong>24 Ripartizione delle perdite in un materiale magnetico<br />

p<br />

=<br />

E2 ------<br />

RT PC = PM – p<br />

C<br />

=<br />

PC ------<br />

M<br />

PC ------ kI B<br />

f<br />

n kP fB2 = +<br />

k P fB 2<br />

k I B n<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 156<br />

f


<strong>6.</strong>14. <strong>Misure</strong> di Potenza su Circuiti Non Lineari di Tipo Induttivo<br />

<strong>6.</strong>14.3. Misura delle Perdite <strong>con</strong> Tensione Non Sinusoidale<br />

In laboratorio ci si trova a volte a dover effettuare la determinazione della cifra di perdita <strong>con</strong><br />

una sorgente di tensione di onda non perfettamente non sinusoidale. La misura risulta così<br />

affetta da errore sistematico che può però essere corretto in base alle <strong>con</strong>siderazioni seguenti.<br />

Si deve preliminarmente chiarire che le perdite per isteresi e per correnti parassite che si manifestano<br />

nel lamierino seguono leggi diverse:<br />

• le perdite per isteresi sono funzione del valore massimo dell’induzione BM in <strong>con</strong>seguenza<br />

del fatto che dipendono dal ciclo di isteresi. Si deve anche tenere presente che l’esponente di<br />

Steimetz è, come già precisato, variabile <strong>con</strong> l’induzione stessa;<br />

• le perdite per correnti parassite sono invece, per la legge di Joule, proporzionali al quadrato<br />

del valore efficace delle tensioni indotte nei lamierini e dipendono quindi dal valore efficace<br />

dell’induzione BE .<br />

Ne <strong>con</strong>segue che se l’onda di tensione non è sinusoidale si pone il problema di come elaborare<br />

i risultati delle misure <strong>con</strong>dotte in funzione della tensione.<br />

Si può allora osservare che sarebbe necessario disporre di uno strumento che sia in grado di<br />

misurare il valore massimo dell’induzione (o una grandezza proporzionale a questa) e di un altro<br />

strumento in grado di misurare il valore efficace dell’induzione stessa (o una grandezza proporzionale<br />

a questa).<br />

Per la misura del valore efficace non vi sono problemi poiché basta utilizzare, per quanto detto<br />

sopra, un voltmetro a valore efficace.<br />

Per la misura del valore massimo dell’induzione sono necessarie alcune ulteriori <strong>con</strong>siderazioni,<br />

che verranno descritte nel Capitolo <strong>6.</strong>15.2.<br />

Per effettuare le misure è allora necessario inserire nel circuito anche un voltmetro a valore<br />

medio, come indicato in Figura <strong>6.</strong>25.<br />

A<br />

W<br />

~ VE VM Fig. <strong>6.</strong>25 Circuito per la misura della cifra di perdita <strong>con</strong> l’apparecchio di Epstein <strong>con</strong> tensione<br />

non sinusoidale<br />

Per l’esecuzione dei rilievi sperimentali si procede nello stesso modo precedentemente indicato<br />

prendendo come riferimento le indicazioni del voltmetro a valore medio (tarato in valore efficace).<br />

In questo modo, si misurano correttamente le perdite per isteresi e non quelle per correnti<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 157


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

parassite che sono proporzionali al valore efficace della tensione. Il <strong>con</strong>trario avverrebbe se si<br />

prendessero come riferimento le indicazione del voltmetro a valore efficace.<br />

Per poter procedere alla correzione dei risultati e riportarli al caso di onda sinusoidale, è necessario<br />

procedere alla suddivisione delle perdite facendo rilievi in funzione della frequenza e ad<br />

induzione costante, come precedentemente illustrato.<br />

Conviene esprimere i risultati in funzione del voltmetro a valore medio in quanto l’esponente<br />

di Epstein non è costante (si opera ad induzione massima costante).<br />

Per l’induzione prescelta si determinano correttamente le perdite per isteresi per ciclo, per risalire<br />

alla potenza corrispondente si deve moltiplicare per la frequenza in modo da ottenere il termine<br />

(<strong>6.</strong>90)<br />

Le perdite per correnti parassite cercate si ottengono moltiplicando l’ordinata corrispondente<br />

del grafico lineare per la frequenza e per il quadrato del rapporto tra il valore della tensione a<br />

cui le perdite devono essere riferite e l’indicazione del voltmetro a valore efficace, per ottenere<br />

(<strong>6.</strong>91)<br />

nella quale V è indicazione del voltmetro a valore efficace e VN è tensione alla quale devono<br />

essere riportate le perdite.<br />

Le perdite riportate all’onda sinusoidale si ottengono poi sommando le quote dovute all’isteresi<br />

e alle correnti parassite (quest’ultima corretta come detto sopra)<br />

<strong>6.</strong>15. Alcune <strong>Misure</strong> Particolari<br />

P I<br />

k I fB n<br />

(<strong>6.</strong>92)<br />

La misura di alcune grandezze caratteristiche, come il valore di cresta di tensioni alternate elevate<br />

o il valore massimo dell’induzione magnetica, richiede metodi specifici.<br />

<strong>6.</strong>15.1. Misura del Valore di Cresta di Tensioni Alternate Elevate<br />

=<br />

PPC kP f 2B 2<br />

E V ⎛ N<br />

------ ⎞<br />

⎝ V ⎠<br />

2<br />

=<br />

P =<br />

PI+ PPC In Figura <strong>6.</strong>26 è rappresentato uno schema adatto per la misurazione del valore massimo (di cresta)<br />

di una grandezza alternata particolarmente adatto per alta tensione.<br />

Ad un <strong>con</strong>densatore per alta tensione, ad esempio in gas compresso, viene posto in serie un<br />

dispositivo costituito da due diodi in <strong>con</strong>trofase, un milliamperometro magnetoelettrico (o altro<br />

strumento sensibile al valore medio) e un resistore di valore pari a quello della resistenza interna<br />

del milliamperometro. Poiché il <strong>con</strong>densatore è di bassa capacità (dell’ordine delle centinaia o<br />

migliaia di picofarad), la presenza del dispositivo aggiuntivo non influisce sul valore della cor-<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 158


mA<br />

Fig. <strong>6.</strong>26 Misura del valore di cresta di tensioni alternate elevate<br />

<strong>6.</strong>15. Alcune <strong>Misure</strong> Particolari<br />

rente e nemmeno sulla sua forma. In questo modo, la corrente istantanea di carica i del <strong>con</strong>densatore<br />

alimentato dalla tensione alternata v, che risulta<br />

(<strong>6.</strong>93)<br />

viene raddrizzata dai due diodi che funzionano alternativamente.<br />

Poiché, qualunque sia la forma della tensione da misurare, la corrente di carica si annulla in corrispondenza<br />

dei massimi della tensione (Figura <strong>6.</strong>27) è possibile scrivere<br />

L’integrale definito esteso per mezzo periodo della corrente dato da<br />

δ<br />

∫<br />

T ⁄ 2<br />

(<strong>6.</strong>94)<br />

(<strong>6.</strong>95)<br />

risulta quindi proporzionale al valore massimo della tensione (VM ).<br />

Più esattamente, poiché il milliamperometro è percorso dalla corrente solamente per mezzo<br />

periodo, la corrente media (Im ) da esso indicata sarà data da<br />

Si noti che la corrente indicata dallo strumento è funzione della frequenza.<br />

<strong>6.</strong>15.2. Misura del Valore Massimo dell’Induzione Magnetica<br />

v<br />

i C v d<br />

= ---dt<br />

idt = Cdv (<strong>6.</strong>96)<br />

In diversi tipi di misure industriali che coinvolgono grandezze magnetiche, come per esempio<br />

nella misura della cifra di perdita di un materiale magnetico tramite il giogo di Epstein, si rende<br />

necessario determinare il valore massimo dell’induzione magnetica.<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 159<br />

C<br />

2 2<br />

= --- idt = --- Cdv =<br />

T T<br />

0<br />

I m<br />

∫<br />

V M<br />

– V M<br />

2C<br />

= ------V M =<br />

2 fCVM T<br />

4C<br />

------V M<br />

T


6 <strong>Misure</strong> <strong>Industriali</strong> <strong>con</strong> <strong>Strumenti</strong> <strong>Analogici</strong><br />

I m<br />

Tensione, Corrente<br />

i<br />

T/2<br />

Tempo<br />

Fig. <strong>6.</strong>27 Andamento di tensione e corrente nel circuito per la misura del valore di cresta di<br />

tensioni alternate elevate<br />

Si dimostra che tale valore massimo è proporzionale al valore medio della tensione indotta<br />

purché la forma d’onda della grandezza passi per lo zero due volte per periodo. Si <strong>con</strong>siderino<br />

le forme d’onda riportate Figura <strong>6.</strong>28 che rappresentano i valori istantanei dell’induzione<br />

magnetica b e la forza elettromotrice di autoinduzione o indotta e. Si può allora scrivere<br />

dove N è il numero di spire A la sezione dei circuito magnetico.<br />

B M<br />

E m<br />

Tensione, Corrente<br />

–B M<br />

b<br />

v<br />

e N φ d<br />

– ----- N<br />

dt<br />

b d<br />

= = – ----- A<br />

dt<br />

e T/2<br />

Tempo<br />

(<strong>6.</strong>97)<br />

Fig. <strong>6.</strong>28 Andamento di tensione e induzione magnetica nel circuito per la misura del valore<br />

massimo dell’induzione magnetica<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 160


In forma diversa si può scrivere<br />

edt = – NAdb <strong>6.</strong>15. Alcune <strong>Misure</strong> Particolari<br />

(<strong>6.</strong>98)<br />

Il valore medio della tensione (E m ) riferito al semiperiodo, misurato ad esempio <strong>con</strong> un voltmetro<br />

magnetoelettrico collegato come indicato in Figura <strong>6.</strong>5, è dato da<br />

E m<br />

∫<br />

T ⁄ 2<br />

2<br />

2<br />

--- edt ---<br />

2NA<br />

= = – NAdb = – ---------- 2BM= – 4NAf<br />

BM T<br />

T<br />

T<br />

0<br />

B M<br />

– BM (<strong>6.</strong>99)<br />

avendo indicato <strong>con</strong> T il periodo, <strong>con</strong> f la frequenza e <strong>con</strong> BM il valore massimo dell’induzione.<br />

Questa relazione è valida in quanto la forza elettromotrice indotta è nulla quando è nulla la derivata<br />

dell’induzione, ovvero quando quest’ultima è massima.<br />

Si tenga presente che se il voltmetro a valore medio è tarato in valore efficace per onda sinusoidale,<br />

il fattore di forma sarà dato dal rapporto tra il vero valore efficace della tensione e l’indicazione<br />

del voltmetro sensibile al valore medio, moltiplicato per 1.11.<br />

Inoltre, si può osservare che per onda sinusoidale il valore efficace della forza elettromotrice<br />

(E) sarebbe dato da<br />

formula ben nota dall’elettrotecnica elementare.<br />

∫<br />

E = 1.11Em =<br />

– 4.44NAf BM (<strong>6.</strong>100)<br />

A. Bossi e P. Malcovati, <strong>Misure</strong> Elettriche 161

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