12.10.2013 Views

Schede degli esperimenti - “Ferrari” di Susa

Schede degli esperimenti - “Ferrari” di Susa

Schede degli esperimenti - “Ferrari” di Susa

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Schede</strong> <strong>degli</strong> <strong>esperimenti</strong><br />

LA DISPERSIONE DELLA LUCE<br />

DESCRZIONE DELL'APPARATO SPERIMENTALE<br />

Materiale<br />

- lampada per proiezioni<br />

- prisma su piattaforma girevole<br />

- foto<strong>di</strong>odo scorrevole lungo una scala graduata<br />

- Display per la lettura della sua uscita<br />

L'apparato sperimentale è in fase <strong>di</strong> ristrutturazione, sarà compattato in modo da<br />

renderlo più idoneo alla mostra, ma i suoi componenti principali sono quelli in figura.<br />

Il foto<strong>di</strong>odo scorre lungo l’asta graduata <strong>di</strong>etro l’apposita fessura<br />

Il segnale emesso dal foto<strong>di</strong>odo viene elaborato e inviato su un <strong>di</strong>splay<br />

Questo esperimento si inserisce al termine del percorso storico sulla comprensione del meccanismo<br />

della visione e apre il tema dei colori e della natura della luce. Dopo l'opera <strong>di</strong> Keplero il<br />

meccanismo della visione sembra definitivamente chiarito:


KEPLERO:<br />

1. Da ogni punto dell’oggetto partono raggi <strong>di</strong> luce in ogni <strong>di</strong>rezione (<strong>di</strong>ffusione)<br />

2. La luce viaggia con velocità infinita <strong>di</strong>sponendosi su superfici sferiche (fronti<br />

d’onda?) in cui i raggi sono analoghi alle traiettorie dei corpi in movimento. (sono le<br />

sfere e non i raggi ad avere coesistenza fisica)<br />

3. La luce non ha colore che viene acquisito nella riflessione sui corpi colorati<br />

4. L’immagine si forma capovolta sulla retina, ma la psiche ha facoltà <strong>di</strong> interpretarla<br />

correttamente. La pupilla ha la funzione <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare il cristallino per consentire la<br />

messa a fuoco dell’immagine sulla retina.<br />

5. In conclusione ogni punto del corpo emette raggi in ogni <strong>di</strong>rezione, questi vengono<br />

a colpire l’occhio che forma la base del cono incidente e quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidua la <strong>di</strong>stanza<br />

del punto oggetto; i raggi vengono rifratti focalizzati sulla retina.<br />

Rimane in evidenza una questione:<br />

Il colore è una proprietà dei corpi (come affermava Keplero) o della luce?<br />

L'esperimento consiste nella semplice osservazione dello spettro della luce bianca emessa dalla<br />

lampada e <strong>di</strong>spersa dal prisma. Si richiama l'interpretazione data da Newton a questo fenomeno,<br />

descritta nel relativo cartellone che, per como<strong>di</strong>tà riportiamo qui <strong>di</strong> seguito:<br />

Tra il 1665 e il 1666 Newton realizzò una serie <strong>di</strong> <strong>esperimenti</strong> che mo<strong>di</strong>ficarono profondamente le concezioni relative<br />

alla natura della luce e dei colori. La luce, infatti, secondo le concezioni che si erano affermate dai tempi <strong>di</strong><br />

Aristotele fino a Cartesio, era per sua natura “bianca”; i colori comparivano come mo<strong>di</strong>ficazioni accidentali<br />

indotte dagli oggetti che essa colpiva o attraversava.<br />

Newton selezionò un piccolo fascio <strong>di</strong> luce solare attraverso foro circolare praticato nella finestra del suo stu<strong>di</strong>o<br />

completamente oscurato. Pose un prisma sul suo percorso, orientandolo in modo tale che l'immagine venisse<br />

proiettata su uno schermo posto a <strong>di</strong>versi metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Sullo schermo apparvero nitidamente i colori<br />

dell'arcobaleno, in una striscia non circolare ma <strong>di</strong> forma allungata: lo spettro della luce bianca.<br />

Per <strong>di</strong>mostrare che il colore non era una mo<strong>di</strong>ficazione accidentale della luce indotta dal prisma, selezionò uno dei<br />

raggi colorati, lo fece passare attraverso un secondo prisma ed osservò che il suo colore rimaneva sempre inalterato.<br />

Organizzò infine l'esperimento cruciale; facendo passare il raggio scomposto dal prisma attraverso una lente<br />

convergente rigenerò il fascio <strong>di</strong> luce bianca.<br />

Dai suoi <strong>esperimenti</strong> Newton dedusse che la luce non era una sostanza elementare “intrinsecamente bianca”,<br />

ma una miscela eterogenea <strong>di</strong> “raggi <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso colore”, che lo spettro appariva <strong>di</strong> forma allungata perché i raggi sono<br />

rifratti in modo <strong>di</strong>verso a seconda del colore, in quanto presentano in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> rifrazione <strong>di</strong>fferenti. Per primo si<br />

accorse che <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>stribuzioni spettrali sono in<strong>di</strong>stinguibili per l'occhio umano, aprendo la strada alla moderna<br />

concezione secondo la quale ad ogni “colore percepito” corrisponde un'intera classe <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzioni spettrali. Queste<br />

idee <strong>di</strong> Newton trovarono un formulazione rigorosa nei secoli successivi grazie ai lavori <strong>di</strong> illustri fisici e matematici


(Grossman, Rieman, Helmotz...)<br />

Per descrivere i fenomeni osservati, dopo alcuni ripensamenti, Newton adottò il modello corpuscolare; secondo la sua<br />

concezione, la luce bianca era composta da una miscela <strong>di</strong> particelle <strong>di</strong>fferenti (una per ogni colore). La teoria<br />

newtoniana della luce e dei colori suscitò un ampio <strong>di</strong>battito, soprattutto nel confronto con la teoria ondulatoria<br />

sostenuta da Huygens.<br />

DIFFRAZIONE DA UNA FENDITURA O DA UN OSTACOLO<br />

ONDE MECCANICHE<br />

(ESPERIENZA CON L'ONDOSCOPIO)<br />

Se il colore è nella luce ogni modello della ra<strong>di</strong>azione (ondulatorio o corpuscolare) dovrà renderne<br />

conto. In questo esperimento si analizza una fenomeno caratteristico del modello ondulatorio: la<br />

<strong>di</strong>ffrazione attraverso una fen<strong>di</strong>tura.<br />

Si può partire dal confronto fra il suono e la luce. Se una persona parla in una stanza chiusa e<br />

insonorizzata ovviamente dall'esterno non si sente e non si vede nulla. Se si pratica un foro nella<br />

parete e nella stanza una persona parla, per vederla bisogna mettere l'occhio esattamente nella<br />

<strong>di</strong>rezione in<strong>di</strong>viduata dalla persona e dal foro, invece per ascoltare la sua voce ciò non è necessario.<br />

Se ne deduce che, all'apparenza, il suono, che è un'onda, passando attraverso un foro si allarga in<br />

tutte le <strong>di</strong>rezioni (<strong>di</strong>ffrazione da una fen<strong>di</strong>tura), mentre la luce non lo fa. La stessa cosa succede se si<br />

incontra un ostacolo: il suono aggira gli ostacoli, mentre la luce no. Questa semplice osservazione<br />

convinse Newton e la maggior parte dei suoi contemporanei e respingere il modello ondulatorio per<br />

descrivere la natura della luce, optando per il modello corpuscolare. Huyghens invece rimase un<br />

convinto assertore del modello ondulatorio. Egli descrive dapprima la complessità dell’orlo<br />

dell’ombra <strong>di</strong> un piccolo ostacolo, come un capello, un ago, proiettata su una schermo bianco<br />

me<strong>di</strong>ante un sottile pennello <strong>di</strong> raggi solari entranti da un forellino praticato in una<br />

imposta:l’ombra non è nettamente delimitata per quanto sottile sia il foro, ma<br />

<strong>di</strong>mostra che la ra<strong>di</strong>azione luminosa invade la parte che avrebbe dovuto essere<br />

oscura e vi si <strong>di</strong>stribuisce in series, cioè in filetti chiari e scuri che oggi si<br />

<strong>di</strong>cono frange. Osserva inoltre Huyghens che anche le onde meccaniche<br />

evidenziano il fenomeno della <strong>di</strong>ffrazione solo se il foro è dello stesso or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

grandezza della lunghezza d'onda. Con fori molto più gran<strong>di</strong> il fenomeno<br />

svanisce. Ipotizza quin<strong>di</strong> che la luce sia un'onda la cui lunghezza d'onda è


molto piccola per cui il fenomeno della <strong>di</strong>ffrazione si evidenzia solo se il foro o<br />

l'ostacolo sono <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridottissime.<br />

Questo esperimento consente <strong>di</strong> verificare la <strong>di</strong>ffrazione delle onde<br />

meccaniche. Tramite un ondoscopio, simile a quello in figura, si genera un'onda<br />

piana che successivamente attraversa un piccolo foro (oppure incontra un<br />

ostacolo). Si osserva che dal foro (o dall'ostacolo) emerge un'onda sferica che<br />

si propaga in tutte le <strong>di</strong>rezioni.<br />

DIFFRAZIONE DELLA LUCE<br />

DA UNA FENDITURA VARIABILE E/O DA UN CAPELLO<br />

La luce emessa da un laser viene inviata su una fen<strong>di</strong>tura variabile e l'immagine raccolta su uno<br />

schermo. Regolando la fen<strong>di</strong>tura si osservano delle frange <strong>di</strong> interferenza con un massimo centrale<br />

più largo ed intenso e massimi secondari più stretti e <strong>di</strong> debole intensità. Man mano che la fen<strong>di</strong>tura<br />

si riduce <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni le frange <strong>di</strong>ventano sempre più larghe e deboli, il massimo centrale tende ad<br />

occupare quasi tutto lo spazio (fen<strong>di</strong>tura quasi puntiforme) ed i massimi secondari non sono più<br />

percepibili. Si può quin<strong>di</strong> pensare ad un'onda sferica emergente dal foro, in analogia con quanto<br />

osservato me<strong>di</strong>ante l'ondoscopio.<br />

Al posto della fen<strong>di</strong>tura può essere anche posizionato un capello ed osservare le analoghe frange <strong>di</strong><br />

interferenza.<br />

A questo punto ci si pone la domanda: nel modello ondulatorio, quale grandezza fisica è legata alla<br />

nostra percezione del colore?<br />

Come abbiamo già osservato, a parità <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni della fen<strong>di</strong>tura, il fenomeno della <strong>di</strong>ffrazione<br />

sarà più evidente tanto maggiore è la lunghezza d'onda. Si può verificare che, utilizzando luci<br />

monocromatiche generate da laser <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso colore, il fenomeno della <strong>di</strong>ffrazione è <strong>di</strong>fferente, ha<br />

maggior ampiezza con un laser rosso e minor ampiezza con uno verde. Se ne deduce che la luce del<br />

laser rosso ha una lunghezza d'onda maggiore rispetto a quella del verde.<br />

Conclusioni:<br />

Nel modello ondulatorio luci monocromatiche con <strong>di</strong>versa lunghezza d'onda vengono percepite<br />

dall'occhio come luci <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso colore.<br />

LUCE ED ENERGIA<br />

LO SPETTRO DELLA LUCE BIANCA<br />

EMESSA DA UNA LAMPADA AD INCANDESCENZA<br />

Per questo esperimento si ritorna al tavolo della “<strong>di</strong>spersione della luce” e si utilizza lo stesso<br />

apparato sperimentale.<br />

Si ritorna a guardare lo spettro della luce emessa dalla lampada per osservare che i vari colori<br />

hanno una <strong>di</strong>versa intensità. Ci si chiede quin<strong>di</strong> come sia <strong>di</strong>stribuita l'energia del fascio sulle varie<br />

lunghezze d'onda.<br />

Si parte da una domanda:


“Qual'è, secondo voi, il colore più luminoso?”.<br />

Si invita a rispondere scegliendo sulla scala graduata il valore ritenuto ottimale.<br />

Si procede poi alla verifica sperimentale spostando il foto<strong>di</strong>odo lungo la scala graduata e leggendo<br />

sul <strong>di</strong>play i risultati delle misure. Si consiglia <strong>di</strong> fare 3 o 4 misure: una nel violetto, una nel verde e<br />

l'altra nel rosso. Se si ha tempo, spostando il foto<strong>di</strong>odo con continuità si può in<strong>di</strong>viduare il massimo<br />

dell'intensità. Inoltre può essere interessante spostare il foto<strong>di</strong>odo nella zona dell'infrarosso, dove la<br />

ra<strong>di</strong>azione è intensa benché non visibile e richiamare gli <strong>esperimenti</strong> <strong>di</strong> Herscel che hanno condotto<br />

alla scoperta dei raggi infrarossi.<br />

Conclusioni:<br />

• L'energia non è <strong>di</strong>stribuita uniformemente sulle varie lunghezze d'onda ma l'intensità della<br />

ra<strong>di</strong>azione in funzione della lunghezza d'onda è rappresentata da una curva a campana con<br />

un massimo ( corpo nero)<br />

• Il massimo della curva <strong>di</strong>pende dalla temperatura dell'oggetto incandescente. Aumentando la<br />

temperatura aumenta la frequenza ( <strong>di</strong>minuisce la lunghezza d'onda) della ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong><br />

massima intensità. Nel caso della lampa<strong>di</strong>na il massimo è nel primo infrarosso, mentre ad<br />

es. per il sole il massimo è nel verde.<br />

• L'intensità da noi soggettivamente percepita non coincide con quella oggettiva misurata con<br />

il foto<strong>di</strong>odo, perché il nostro occhio si è evoluto adattandosi alla ra<strong>di</strong>azione solare, quin<strong>di</strong> è<br />

più sensibile a certe lunghezze d'onda che ad altre.


Alcune Premesse<br />

1) La <strong>di</strong>spersione della luce<br />

Fin dal Seicento Newton aveva mostrato come scomporre la luce nei suoi colori dal<br />

rosso al violetto <strong>di</strong>sperdendoli me<strong>di</strong>ante un prisma per ottenere uno spettro (“spectrum”<br />

significa appunto “<strong>di</strong>spersione”; nello spettro visibile il rosso è il colore meno deviato<br />

rispetto alla <strong>di</strong>rezione della ra<strong>di</strong>azione incidente e il violetto è il più deviato); ciò era<br />

importante perché <strong>di</strong>mostrava che il colore è una proprietà della luce e non <strong>degli</strong> oggetti<br />

che appaiono <strong>di</strong>versamente “colorati”; oggi noi sappiamo che tale proprietà è legata ad<br />

una grandezza caratteristica detta “lunghezza d’onda” (λ ), che venne misurata per la<br />

prima volta all’inizio dell’Ottocento da Young;<br />

violetto blu verde giallo arancio rosso<br />

↓ ↓ ↓<br />

λ (nm) → 380 550 780<br />

2) Il prisma e la separazione dei colori dello spettro<br />

Il prisma, messo sul cammino <strong>di</strong> un raggio, lo fa deviare dalla <strong>di</strong>rezione iniziale a<br />

causa dell’interazione fra il raggio e il materiale trasparente <strong>di</strong> cui è formato il<br />

prisma. L’angolo <strong>di</strong> deviazione <strong>di</strong>pende dalla <strong>di</strong>rezione del raggio incidente e da un<br />

numero caratteristico del materiale detto in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> rifrazione n. A sua volta n <strong>di</strong>pende<br />

dal “colore”, cioè dalla lunghezza d’onda, con variazioni che sono piccolissime: ad<br />

esempio fra il verde­giallo, λ ≈ 500 nm, e il rosso scuro λ ≈ 700 nm n <strong>di</strong>minuisce <strong>di</strong><br />

circa lo 0,3%. Poiché l’angolo <strong>di</strong> deviazione cresce al crescere <strong>di</strong> n, il violetto è più<br />

deviato del blu, e questo è deviato più del verde, ecc., per cui i <strong>di</strong>versi colori si<br />

separano. Per valutare la separazione, abbiamo pre<strong>di</strong>sposto sullo schermo un righello<br />

che parte dal viola e va verso il rosso (asse y). La posizione in y serve tuttavia solo<br />

<strong>di</strong>rezione del<br />

per aiutare l’identificazione del colore, ma non è legata in modo semplice alla infrarosso<br />

raggio incidente<br />

lunghezza d’onda, come si può vedere <strong>di</strong>rettamente dallo spettro (ad esempio la<br />

separazione sullo schermo fra il verde­giallo e il rosso è molto minore della<br />

separazione fra il verde­giallo e il violetto, anche se le <strong>di</strong>fferenze fra lunghezze<br />

d’onda sono circa 200 nm prisma per entrambi i casi).<br />

angolo <strong>di</strong> deviazione<br />

rosso<br />

ultravioletto<br />

violetto


3) La ra<strong>di</strong>azione IR (Infra Rossa)<br />

è una componente della ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica (come la ra<strong>di</strong>azione emessa dal<br />

sole o da una lampada o da una fiamma o da un qualunque corpo); nello spettro<br />

della ra<strong>di</strong>azione solare, quale si osserva in un arcobaleno oppure si ottiene con un<br />

prisma, appare “al <strong>di</strong> sotto” (infra) del colore rosso (cioè meno deviata del rosso<br />

rispetto alla <strong>di</strong>rezione della ra<strong>di</strong>azione incidente).<br />

Non è visibile: il nostro occhio infatti percepisce solo i colori che nello spettro<br />

stanno fra il rosso e il violetto;<br />

Ciò che <strong>di</strong>fferenzia la ra<strong>di</strong>azione IR dalla ra<strong>di</strong>azione visibile è l’energia portata dal<br />

singolo quanto <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione. Nel 1905 Einstein, interpretando i dati <strong>di</strong> un famoso<br />

esperimento (l’effetto fotoelettrico) <strong>di</strong>mostrò che la ra<strong>di</strong>azione trasporta energia in<br />

singoli “quanti”, cioè in quantità <strong>di</strong>screte; il valore del quanto <strong>di</strong> energia è molto<br />

piccolo e <strong>di</strong>pende dalla “lunghezza d’onda”, cioè dal “colore” della ra<strong>di</strong>azione (per<br />

un quanto IR è minore <strong>di</strong> 2,9⋅ 10 ­19 J, mentre per un “fotone”, cioè un quanto <strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>azione visibile, l’energia varia da circa 2,9⋅ 10 ­19 J per il rosso a circa 6⋅ 10 ­19 J per<br />

il violetto). La luce visibile ha lunghezze d’onda che vanno da circa 380 nm (1<br />

nm=10 ­9 m) per il violetto a circa 780 nm per il rosso scuro; il verde che sfuma verso<br />

il giallo ha lunghezza d’onda <strong>di</strong> circa 550 nm; la ra<strong>di</strong>azione IR fu scoperta nel 1800<br />

da Herschel in modo casuale: egli cercava <strong>di</strong> controllare, usando termometri con il<br />

bulbo annerito, se i <strong>di</strong>versi colori “scaldassero” tutti nello stesso modo e si accorse<br />

che giunge della ra<strong>di</strong>azione che porta energia anche al <strong>di</strong> là del rosso (<strong>di</strong> qui il nome<br />

“infra­rosso”) ponendo un prisma sul cammino <strong>di</strong> un pennello <strong>di</strong> fascio <strong>di</strong> raggi<br />

solari per farli deviare; i raggi infrarossi sono anzi “più cal<strong>di</strong>” <strong>degli</strong> altri, cioè fanno<br />

salire più rapidamente la temperatura del termometro.<br />

4) Che cosa è un “foto<strong>di</strong>odo” e come funziona<br />

Il foto<strong>di</strong>odo è un rivelatore <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione in grado <strong>di</strong> trasformare l’energia portata<br />

dalla ra<strong>di</strong>azione in energia elettrica, in particolare <strong>di</strong> dare una corrente elettrica <strong>di</strong><br />

intensità proporzionale all’intensità della ra<strong>di</strong>azione incidente in modo circa<br />

in<strong>di</strong>pendente dalla lunghezza d’onda, almeno nella banda che a noi interessa, fra l’IR<br />

e l’UV.Come funziona: un <strong>di</strong>odo è formato dalla giunzione <strong>di</strong> due semiconduttori<br />

“drogati” in modo <strong>di</strong>verso. Da un lato della giunzione c’è un semiconduttore<br />

“drogato n”, che è ricco <strong>di</strong> elettroni che possono muoversi e generare una corrente


elettrica; questi elettroni tuttavia non possono passare dal lato “p” della giunzione<br />

perché non hanno sufficiente energia. Quando arriva la ra<strong>di</strong>azione, l’energia portata<br />

dal singolo quanto <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione, se viene ceduta a un elettrone, lo mette in grado <strong>di</strong><br />

passare al lato p e <strong>di</strong> circolare poi liberamente. L’intensità della corrente I è<br />

proporzionale al numero <strong>di</strong> elettroni messi in circolo e quin<strong>di</strong> all’intensità della<br />

ra<strong>di</strong>azione incidente.<br />

n p<br />

5) Le leggi <strong>di</strong> Kirkoff e lo “spettro <strong>di</strong> corpo nero”<br />

Durante tutta la prima metà dell’Ottocento gli “spettroscopisti” lavorarono a<br />

classificare e riconoscere tutti gli “spettri” <strong>di</strong> colore emessi e assorbiti dalle <strong>di</strong>verse<br />

sostanze, chiarendo così il ruolo che hanno i <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> interazione fra la<br />

ra<strong>di</strong>azione e la materia nel determinare il colore della luce; Un corpo può emettere<br />

ra<strong>di</strong>azione (sorgente <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione) trasformando in energia ra<strong>di</strong>ante altre forme <strong>di</strong><br />

energia (ad es. in una lampa<strong>di</strong>na accesa si trasforma energia elettrica in energia<br />

ra<strong>di</strong>ante, attraverso <strong>di</strong>verse trasformazioni interme<strong>di</strong>e), oppure può assorbire in tutto<br />

o in parte la ra<strong>di</strong>azione; se l’assorbimento è parziale, la ra<strong>di</strong>azione non assorbita può<br />

essere trasmessa (corpi trasparenti) oppure <strong>di</strong>ffusa, eventualmente in modo speculare<br />

(riflessione speculare). L’intensità della ra<strong>di</strong>azione emessa o assorbita o <strong>di</strong>ffusa alle<br />

<strong>di</strong>verse lunghezze d’onda (cioè ai <strong>di</strong>versi colori) <strong>di</strong>pende principalmente dalla<br />

temperatura: aumentando la temperatura aumenta l’emissione alle piccole lunghezze<br />

d’onda (lo spettro si sposta verso il violetto); per una buona emissione nel visibile<br />

occorrono temperature <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> gra<strong>di</strong> (la temperatura della superficie del Sole è<br />

stimata essere intorno a 6500 K); a temperature inferiori, l’emissione nel visibile non<br />

è apprezzabile, mentre rimane importante quella nell’IR. A parità <strong>di</strong> temperatura,<br />

l’intensità della ra<strong>di</strong>azione emessa, assorbita o <strong>di</strong>ffusa alle <strong>di</strong>verse lunghezze d’onda<br />

(cioè ai <strong>di</strong>versi colori) <strong>di</strong>pende dal corpo: ad esempio un oggetto “rosso” <strong>di</strong>ffonde<br />

prevalentemente alle lunghezze d’onda del rosso e assorbe gli altri colori, un oggetto<br />

“bianco” <strong>di</strong>ffonde in modo circa uguale tutti i colori, un oggetto “nero” li assorbe<br />

tutti. Kirkoff, intorno alla metà dell’Ottocento, raccolse le leggi principali della<br />

spettroscopia nell’enunciato secondo il quale “un corpo assorbe la ra<strong>di</strong>azione nello<br />

stesso modo con cui la emette”: una superficie che assorbe molto la ra<strong>di</strong>azione, come<br />

una superficie nera, tende anche ad emettere molto; si ha uno “spettro <strong>di</strong> corpo nero”<br />

quando la superficie del corpo emette e assorbe in modo uniforme a tutte le<br />

lunghezze d’onda, come appunto fa un oggetto nero ideale, e quin<strong>di</strong> l’intensità della<br />

ra<strong>di</strong>azione alle <strong>di</strong>verse lunghezze d’onda <strong>di</strong>pende unicamente dalla temperatura;<br />

E' possibile calcolare teoricamente lo spettro <strong>di</strong> copro nero partendo da principi primi<br />

statistici: la formula teorica corretta fu derivata da Planck nel 1901, postulando l’esistenza <strong>di</strong><br />

una nuova costante naturale, il quanto <strong>di</strong> azione h, e proprio da questa formula iniziò la lunga<br />

storia della meccanica quantistica<br />

I


Lo “spettro <strong>di</strong> corpo nero” teorico per <strong>di</strong>verse temperature della sorgente<br />

intensità (unità arbitrarie)<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

Formula <strong>di</strong> Planck<br />

50<br />

0<br />

UV visibile infrarosso<br />

6000<br />

K<br />

E λ=<br />

3000<br />

K<br />

0 400 800 1200 1600 2000 2400 2800 3200 3600 4000<br />

C<br />

λ 5 e hc/ λkT −1<br />

dove:<br />

E(λ ) = densità <strong>di</strong> energia alla lunghezza d’onda λ<br />

h = costante <strong>di</strong> Planck = 6,6 ⋅ 10 ­34 J⋅ s<br />

k = costante <strong>di</strong> Boltzmann = 1,4 ⋅ 10 ­23 J⋅ K ­1<br />

T = temperatura assoluta (in gra<strong>di</strong> kelvin)<br />

lunghezza d'onda (nm)<br />

1000<br />

K


Scheda <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento<br />

La fotoconducibilità e il foto<strong>di</strong>odo<br />

Alcuni materiali sono detti semiconduttori in quanto presentano, dal punto <strong>di</strong> vista della conducibilità<br />

elettrica, un comportamento che si trova a metà strada tra i conduttori (ad esempio il rame che trova impiego<br />

nei fili elettrici) e gli isolanti (ad esempio la plastica o la gomma che trovano impiego come rivestimenti dei<br />

fili elettrici per isolarli dall’ambiente esterno).<br />

In questi materiali (ad esempio silicio, germanio o arseniuro <strong>di</strong> gallio) solo una piccola parte <strong>degli</strong> elettroni<br />

<strong>degli</strong> atomi sono liberi <strong>di</strong> muoversi e <strong>di</strong> produrre una corrente elettrica quando viene applicato un campo<br />

elettrico (ad esempio una pila).<br />

Nei semiconduttori gli elettroni hanno una <strong>di</strong>stribuzione energetica a bande; ovvero, solo alcuni intervalli <strong>di</strong><br />

energia sono permessi. La situazione è analoga a quella <strong>degli</strong> elettroni in un atomo dove le energie permesse<br />

sono quantizzate (solo alcuni valori sono permessi) con la <strong>di</strong>fferenza che anziché singoli livelli, sono<br />

permessi intervalli <strong>di</strong> energia. Nello schema a lato le bande grigie si riferiscono ai valori <strong>di</strong> energia permessi,<br />

mentre quella bianca (detta gap proibita) si riferisce ai valori <strong>di</strong> energia che gli elettroni non possono<br />

assumere.<br />

Gli elettroni che si trovano nella banda <strong>di</strong> valenza sono quelli legati maggiormente agli atomi; in presenza <strong>di</strong><br />

un campo elettrico essi non contribuiscono alla corrente elettrica. Solo gli elettroni meno legati che si trovano<br />

nella banda <strong>di</strong> conduzione contribuiscono alla corrente elettrica. In con<strong>di</strong>zioni “normali” il numero <strong>di</strong> questi<br />

elettroni <strong>di</strong>pende dalla temperatura: infatti il calore è in grado <strong>di</strong> fornire sufficiente energia agli elettroni più<br />

legati (quelli in banda <strong>di</strong> valenza) per farli passare in banda <strong>di</strong> conduzione e quin<strong>di</strong> farli contribuire alla<br />

corrente elettrica. In un semiconduttore, quin<strong>di</strong>, la corrente elettrica (che è proporzionale al numero <strong>di</strong><br />

elettroni in banda <strong>di</strong> conduzione) <strong>di</strong>pende dalla temperatura: ad alta temperatura aumenta la corrente<br />

elettrica.<br />

Un altro modo <strong>di</strong> aumentare massicciamente il numero <strong>di</strong> elettroni in banda <strong>di</strong> conduzione (e quin<strong>di</strong> la<br />

corrente elettrica in presenza <strong>di</strong> campo elettrico) è quello <strong>di</strong> illuminare con della luce il semiconduttore:<br />

poiché l’energia necessaria per portare elettroni dalla banda <strong>di</strong> valenza a quella <strong>di</strong> conduzione è piccola, è<br />

sufficiente illuminarlo con luce visibile, IR o UV. Si parla allora <strong>di</strong> fotoconducibilità perché la corrente<br />

elettrica (proporzionale come detto al numero <strong>di</strong> elettroni in banda <strong>di</strong> conduzione) <strong>di</strong>pende dal numero <strong>di</strong><br />

fotoni che colpiscono il materiale (un’applicazione <strong>di</strong> questo fenomeno sono le celle solari).<br />

Per misurare in modo più sensibile la luce incidente, anziché utilizzare un materiale semiconduttore puro (in<br />

tal caso si parlerebbe <strong>di</strong> fotoresistenza) si utilizzano solitamente dei foto<strong>di</strong>o<strong>di</strong> (come quelli presenti nei<br />

ricevitori del segnale proveniente da telecoman<strong>di</strong>; ad esempio nel telecomando dei televisori che lavorano<br />

nell’infrarosso).<br />

Nei foto<strong>di</strong>o<strong>di</strong>, con la creazione <strong>di</strong> una giunzione p­n (drogaggio del semiconduttore con atomi <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso<br />

tipo) si riesce a ridurre la corrente <strong>di</strong> buio (ovvero la corrente elettrica che circola in presenza <strong>di</strong> campo<br />

elettrico al buio) <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> grandezza (si arriva da qualche mA per un semiconduttore puro a<br />

qualche nA in un <strong>di</strong>odo, dove 1 nA = 0.000000001 A). In questo modo, quando un fotone colpisce il <strong>di</strong>odo,<br />

viene “visto” più facilmente rispetto ad un semiconduttore puro in quando si riesce a <strong>di</strong>stinguerlo meglio


ispetto al “rumore <strong>di</strong> fondo”.E’ un po’ come usare un registratore <strong>di</strong> suoni per immortalare una voce (quella<br />

dei fotoni) nella stanza silenziosa <strong>di</strong> un sotterraneo (foto<strong>di</strong>odo) oppure in una via trafficata (semiconduttore<br />

puro).<br />

Una fotografia dei foto<strong>di</strong>o<strong>di</strong> utilizzati: si vede, attraverso la finestra trasparente <strong>di</strong> quarzo il quadratino grigio<br />

<strong>di</strong> semiconduttore (in queso modello della Hamamatsu si tratta <strong>di</strong> silicio)<br />

La curva <strong>di</strong> efficienza percentuale del foto<strong>di</strong>odo utilizzato in funzione della lunghezza d’onda.<br />

(l’efficienza è il rapporto tra numero <strong>di</strong> fotoni misurati e numero <strong>di</strong> fotoni incidenti; in un rivelatore ideale si<br />

dovrebbe avere il 100% per tutte le lunghezze d’onda).

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!