1. La medicina legale come punto d'incontro tra medicina e diritto ...
1. La medicina legale come punto d'incontro tra medicina e diritto ...
1. La medicina legale come punto d'incontro tra medicina e diritto ...
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Indice<br />
<strong>1.</strong> <strong>La</strong> <strong>medicina</strong> <strong>legale</strong> <strong>come</strong> <strong>punto</strong> d’incontro <strong>tra</strong> <strong>medicina</strong> e <strong>diritto</strong><br />
Definizione<br />
Cenni storici<br />
Sviluppo, complessità ed esercizio della professione medico-<strong>legale</strong><br />
2. Rapporto di causalità<br />
Concause preesistenti<br />
Concause simultanee<br />
Concause sopravvenute<br />
Criteri da seguire nella valutazione del rapporto causale<br />
3. Diagnosi di morte e denuncia delle cause della morte<br />
Diagnosi di morte<br />
Collegio medico per accertamento della morte<br />
Periodo di osservazione<br />
Visita del medico necroscopo<br />
Certificazione di morte e sepoltura del cadavere<br />
Denuncia sanitaria delle cause di morte<br />
4. Esame del cadavere. Sopralluogo giudiziario<br />
Riscontro diagnostico e autopsia giudiziaria<br />
Esame esterno del cadavere<br />
Esame degli organi interni<br />
Diagnosi differenziale fra lesioni vitali e post mortali<br />
Giudizio conclusivo sulla causa mortis<br />
Luogo della morte e indagini di sopralluogo
5. Epoca della morte e modificazioni tanatologiche del cadavere<br />
Bibliografia<br />
Raffreddamento del cadavere<br />
Rigidità cadaverica<br />
Ipostasi<br />
Disidratazione<br />
Acidificazione<br />
Putrefazione<br />
Saponificazione Adipocera<br />
Mummificazione<br />
Macerazione<br />
Corificazione
Definizione<br />
I capitolo<br />
<strong>La</strong> <strong>medicina</strong> <strong>legale</strong> è la disciplina che affronta tutti i momenti cruciali della<br />
umana esistenza, dalla procreazione assistita alla interruzione della<br />
gravidanza, dalla sperimentazione dei farmaci al <strong>tra</strong>pianto di organi, dagli<br />
effetti lesivi della violenza e dell'incuria alle esigenze di giustizia penale e<br />
civile, rappresentando nel corso degli studi universitari ed in specie di quelli<br />
biomedici e giuridici l’unica occasione che consente la formazione di una<br />
coscienza bioetica adeguata alle complesse questioni inerenti la persona e i<br />
fondamentali diritti alla vita e alla salute, alla dignità e alla libertà dell’uomo.<br />
Le scienze medico-legali implicano anche attività - in ambito di ricerca,<br />
didattica e formazione, assistenza – inerenti innanzitutto la clinica con<br />
assolute esigenze di collaborazione con peculiari specialità quali la<br />
cardiologia, la oncologia, la oftalmologia, la reumatologia. Non secondarie le<br />
implicazioni con l’ambito della comunicazione e dei linguaggi (verbale e non,<br />
orale e scritto, grafico e iconografico), gli aspetti e i problemi economici e<br />
finanziari dell’assistenza e delle assicurazioni (sociali e private con particolare<br />
riferimento all’ambito della responsabilità civile auto), la psicologia e la<br />
grafologia; si deve altresì segnalare la pertinenza e la rilevanza di settori ed<br />
attività di specifica competenza correlati alla analisi del crimine violento, alla<br />
antropologia e alla afrodisiologia forensi, alla balistica. Essenziale il contributo<br />
dei giuristi per le basi del <strong>diritto</strong>, la normativa e la giurisprudenza di<br />
riferimento in ambito di <strong>medicina</strong> <strong>legale</strong> penalistica, civilistica, assicurativa, la<br />
comunicazione, i linguaggi, la persuasione, le investigazioni, la formazione<br />
della prova nel processo penale con particolare riferimento ai temi delle
testimonianze, delle perizie e consulenze tecniche, della informatizzazione di<br />
didattica, giustizia e sanità.<br />
<strong>La</strong> <strong>medicina</strong> <strong>legale</strong> può essere definita <strong>come</strong> il complesso delle conoscenze<br />
biologico-cliniche concernenti l’essere umano, suscettibili di proiezione o di<br />
applicazione entro tutto il sistema del <strong>diritto</strong>. Questa scienza complessa,<br />
costituisce il <strong>punto</strong> d’incontro fra il sapere medico e quello giuridico,<br />
dimos<strong>tra</strong>ndosi utile sia ai fini della corretta elaborazione ed interpretazione<br />
delle norme giuridiche concernerti questioni d’interesse medico (Medicina<br />
Giuridica che è una branca della <strong>medicina</strong> <strong>legale</strong> che si occupa<br />
dell'evoluzione del <strong>diritto</strong> in sanità, dell'intepretazione delle norme e della loro<br />
applicabilità dal <strong>punto</strong> di vista medico), sia ai fini della applicazione ai casi<br />
concreti ( Medicina Forense che studia le applicazioni della scienza medica<br />
alle questioni legali, ossia le conseguenze di lesioni biologiche provocate dai<br />
più diversi agenti eziologici) delle diverse disposizioni di legge.<br />
<strong>La</strong> <strong>medicina</strong> <strong>legale</strong> ha seguito il processo evolutivo delle conoscenze mediche<br />
e con il formarsi di stati organizzati dotati di leggi e norme questi attinsero<br />
alla <strong>medicina</strong> per <strong>tra</strong>rre nozioni utili per la loro legislazione. Prime <strong>tra</strong>cce di<br />
<strong>medicina</strong> <strong>legale</strong> si riscon<strong>tra</strong>no a partire dalla 2700 a.c. in Egitto; in<br />
Mesopotamia il codice di leggi dei Sumeri (2500-1950) prevedeva risarcimenti<br />
in caso di lesioni personali; famosissimo il babilonese Codice di Hammurabi<br />
(1728-1686) che affermava <strong>tra</strong> l'altro il principio della responsabilità<br />
professionale in caso di morte o lesione. Si riporta: "Se un medico ha<br />
eseguito un difficile intervento col coltello di bronzo ed ha provocato la morte<br />
del soggetto gli si tagli la mano" (paragrafo 218 della legge di Hammurabi).<br />
Presso gli Ebrei sia nelle leggi di Mosè che in quelle successive del Talmud si<br />
riscon<strong>tra</strong>vano nozioni medico legali e severe leggi in tema di igiene pubblica.
Nell'antica Grecia, dominata dalla figura di Ippocrate, nascono i principi di<br />
Etica medica e di Deontologia.<br />
Le origini della <strong>medicina</strong> <strong>legale</strong> sono quindi antichissime, presso gli Egizi<br />
veniva esercitata l’attività peritale e anche presso i Romani (quasi tremila<br />
anni a.C.). Fra le leggi emanate da Silla (138-78 a.C.), ad esempio, si<br />
ricordano la Lex Cornelia e la Lex Aquilia. Con la prima si obbligavano i<br />
tribunali al “quaerere de veneno” e di espletare tutte quelle ricerche<br />
necessarie a scoprire coloro che s’adoperassero a celare i loro delitti<br />
(“consuetudo criminandi”). Con l’al<strong>tra</strong> si punivano severamente i medici<br />
riconosciuti responsabili della morte del loro assistito per negligenza o<br />
imperizia. Lo sviluppo della disciplina deve molto al Diritto Canonico e alle<br />
varie “Decretales” papali, fra le quali ricordiamo quelle di Gregorio IX divise in<br />
5 parti, delle quali le più che ci riguardano sono la quarta che <strong>tra</strong>tta del<br />
matrimonio e dei suoi impedimenti, e la quinta, che <strong>tra</strong>tta della imputabilità,<br />
dei crimini e delle relative pene. Nell’evoluzione storica della <strong>medicina</strong><br />
medico-<strong>legale</strong> spicca soprattutto il nome di Paolo Zacchia (1584-1659),<br />
archia<strong>tra</strong> del Pontefice Innocenzo X e da questi nominato Protomedico degli<br />
Stati Ecclesiastici. A Roma fu il primo, nel campo del giure, che esaminò ed<br />
espose la particolare posizione del sordomuto nei confronti della legge e del<br />
<strong>diritto</strong> canonico pubblicando, nel 1661, un'opera dal titolo "Quaestiones<br />
Medico-<strong>legale</strong>s": <strong>La</strong> mancanza dell'udito, se congenita, rende l'intelletto più<br />
ottuso, impedendo che possa erudirsi.<br />
Tale opera è stata preceduta dagli studi altrettanto importanti dei tre illustri:<br />
Gian Filippo Ingrassia (1510-1580) at<strong>tra</strong>verso un'accurata ricerca<br />
sull'anatomia umana scoprì un ossicino all'interno dell'orecchio che egli stesso<br />
chiamò "staffa" o "deltoide" che permise una più idonea comprensione dello<br />
stimolo acustico. Fece delle accurate ricerche sulle vesciche seminali che<br />
fecero capire meglio il loro funzionamento. Fondò la <strong>medicina</strong> pubblica quella
<strong>legale</strong> e la polizia sanitaria. Grazia al suo intervento furono presi<br />
provvedimenti sulla sanità pubblica e sull'igiene di Palermo. Tra il 1575 e il<br />
1576 scoppiò in Sicilia un'epidemia di peste; il viceré Don Carlo convocò<br />
l'ormai vecchio ed ammalato Gian Filippo Ingrassia e gli diede la carica di<br />
deputato per il tempo della peste e di consultore sanitario. Egli fu molto<br />
generoso nel dare cura e soccorso agli ammalati. Scrisse un libro che intitolò<br />
"Informatione del Pestifero et Contagioso Morbo" che conteneva le sue<br />
riflessioni su questa esperienza. Questo libro, pur essendo inferiore ad altri<br />
suoi scritti rimane il suo capolavoro. Ingrassia si riteneva un uomo "servo"<br />
della patria e fu per questo che rifiutò lo stipendio che gli spettava ogni<br />
mese. Morì il 6 novembre 1580. In suo onore il paese di Regalbuto ha<br />
intitolato una delle vie principali la scuola elementare e la scuola media. A<br />
Catania a questo famoso personaggio e stato intestato l'Istituto di Anatomia.<br />
Fortunato Fedeli (1550-163) E' ritenuto, il fondatore della <strong>medicina</strong> <strong>legale</strong><br />
per avere compendiato in quattro libri, pubblicati nel 1602, ogni tipo di<br />
Relazione sui referti che i medici sono chiamati a presentare nelle cause e nei<br />
processi dove sia danno fisico a persone.<br />
Giovan Battista Codronchi (1524-1628) il cui testo più significativo è:<br />
Methodus testificandi (1597).<br />
<strong>La</strong> nascita della Medicina Legale <strong>come</strong> corpo dottrinale unitario è stata<br />
grandemente condizionata dalla promulgazione della Costitutio Criminalis<br />
Carolina da parte di Carlo V (1500-1558) nella Dieta di Ratisbona (1532).<br />
<strong>La</strong> necessità di disciplinare in modo organico l’istituto peritale nei processi<br />
penali diede vita ad una serie di studi che portarono ad una sistematizzazione<br />
della materia. Il volume dello Zacchia rimase il testo ufficiale della Medicina<br />
Legale per quasi duecento anni.
Fu nell’800, il secolo della Rivoluzione industriale, che questa scienza entrò<br />
definitivamente nella istituzione universitaria e nella prassi giudiziaria. Si<br />
accentuò inoltre la sua valenza clinica, oltre a quella classica tanatologica.<br />
Questo perchè la rivoluzione industriale portò ad un incremento notevole<br />
degli infortuni connessi all’impiego delle macchine e ai nuovo ritmi e metodi<br />
di produzione, dando così, impulso allo sviluppo della Medicina Previdenziale,<br />
della Medicina Infortunistica, della Medicina Assicurativa, della Medicina del<br />
<strong>La</strong>voro.<br />
Nell’ambito della disciplina si delinearono diversi filoni di ricerche e<br />
applicazioni, il cui sviluppo fu condizionato dall’evoluzione del pensiero<br />
giuridico, dalla riforma dei codici, dal continuo progresso scientifico in campo<br />
medico e tecnologico. Alla fine dell’800 veniva promulgato il Codice<br />
Zanardelli (1890) con il quale l’istituto peritale e la Medicina Legale<br />
en<strong>tra</strong>rono ufficialmente nelle aule di giustizia.<br />
Nello stesso periodo venivano pubblicati gli studi di Cesare Lombroso (1835-<br />
1908) il quale si occupò di antropologia criminale, disciplina di cui egli stesso<br />
fu inventore e secondo la quale i <strong>tra</strong>tti della personalità criminale sono<br />
determinati da tare e anomalie somatiche. Lombroso fu uno dei principali<br />
rappresentanti del positivismo italiano, e le sue tesi ebbero larga risonanza<br />
negli ambienti giuridici e criminologici europei e sudamericani. Nonostante i<br />
suoi gravi limiti, riassumibili nell’interpretazione aprioristicamente<br />
patologistica e organicistica della condotta criminale, l’opera lombrosiana<br />
ebbe il merito di sostituire al <strong>tra</strong>dizionale studio as<strong>tra</strong>tto del delitto lo studio<br />
concreto del delinquente, aprendo la s<strong>tra</strong>da alle più moderne e articolate<br />
formulazioni della psicologia criminale, che in Italia ebbe i suoi rappresentanti<br />
principali in Sante De Sanctis e Agostino Gemelli.<br />
Nel 1876 ad Aversa venne fondato il primo manicomio giudiziario. Nei primi<br />
anni del ‘900, l’Ottolenghi, grande cultore di antropologia criminale, fondò il
primo istituto di Medicina Legale dell’Università di Roma. Istituì inoltre la<br />
Scuola Superiore di Polizia Scientifica che contribuì allo sviluppo<br />
dell’antropologia criminale, orientando gli interessi degli studiosi sull’autore<br />
del reato e sulla sua pericolosità.<br />
Con la Scuola Positiva per la prima volta si iniziò a parlare di misure di difesa<br />
sociale, di pericolosità sociale, di pena finalizzata al recupero del delinquente,<br />
di personalizzazione della sanzione penale, ecc.<br />
In epoca moderna, la Medicina Legale ha avuto un notevole sviluppo in tutti i<br />
settori che la costituiscono e fra essi:<br />
-l’Etica medica e la Bioetica;<br />
-l’Infortunistica e la Traumatologia forense;<br />
-la Tossicologia forense;<br />
-la Balistica forense;<br />
-la Radiologia forense;<br />
-la Medicina previdenziale e la Pensionistica ordinaria e privilegiata;<br />
-la Criminologia clinica;<br />
-la Psichiatria forense;<br />
-la Medicina delle Assicurazioni Private;<br />
-la Tanatologia;<br />
-l’Identificazione personale;<br />
-la Responsabilità professionale;<br />
-la Valutazione del danno alla persona in R.C. ecc.<br />
Peraltro, appaiono sempre più importanti e articolate nel quadro dell’attività<br />
del S.S.N. le prestazioni medico-legali svolte dalle varie Aziende sanitarie<br />
locali.<br />
Lo specialista in Medicina Legale può trovare oggi proficua collocazione in<br />
diversi ambiti lavorativi:
S.S.N. : nei settori o servizi di Medicina Legale delle varie Aziende sanitarie.<br />
Nell’area specifica sono <strong>tra</strong>ttate le diverse problematiche concernenti la<br />
gestione e il coordinamento delle attività di accertamento della validità dei<br />
cittadini residenti nel territorio di competenza, ai fini del rilascio delle varie<br />
certificazioni richieste, della valutazione della idoneità generica e specifica al<br />
lavoro, e dello stato di incapacità temporanea al lavoro, dello stato di<br />
permanente incapacità al lavoro proficuo, della condizione di handicap, ecc.<br />
nonché quelle concernenti la gestione delle attività della polizia mortuaria, la<br />
partecipazione alle Commissioni per l’accertamento degli stati di invalidità<br />
civile, ai Collegi per l’accertamento della morte, ecc.<br />
• Istituti previdenziali:<br />
INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale);<br />
INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul<br />
lavoro);<br />
• Servizi di Medicina Legale delle Forze armate;<br />
• Servizi di Medicina Legale delle FF.SS.;<br />
• Attività medico-legali <strong>come</strong> medici fiduciari delle diverse Compagnie di<br />
Assicurazione;<br />
• Istituti di Patronato (Enti pubblici di assistenza dei lavoratori);<br />
• Ufficio medico-<strong>legale</strong> presso il Ministero della Sanità;<br />
• Istituti Universitari di <strong>medicina</strong> Legale;<br />
• Attività libero-professionale.<br />
Al medico <strong>legale</strong> possono essere chieste relazioni peritali o di consulenza<br />
tecnica con valutazione del danno alla persona in Responsabilità penale (es.:<br />
lesione personale, omicidio; imputabilità ecc.), in Responsabilità civile (es.:<br />
danni alla persona conseguenti a lesioni patite a causa di incidenti s<strong>tra</strong>dali,
ecc.), in ambito infortunistico INAIL, in ambito previdenziale (assegno<br />
ordinario di invalidità o pensione di inabilità INPS), o di sicurezza sociale<br />
(certificazioni per il riconoscimento della invalidità civile, della condizione di<br />
handicap, ecc.), o in materia di controversie di lavoro o assicurative private<br />
(ad es. consulenze medico-assicurative, arbi<strong>tra</strong>ti), ecc.<br />
Le regole alle quali attenersi nella prestazione medico-<strong>legale</strong>, quale che sia<br />
l’ambito in cui questa venga effettuata, sono due:<br />
1) il rigorismo obiettivo del metodo;<br />
2) la dominante conoscenza del rapporto giuridico cui il fatto si riferisce.<br />
Il rigorismo obiettivo del metodo.<br />
Il principio di obiettività impone a ciascuno di essere rigorosamente aderente<br />
alla realtà dei dati clinici o tanatologici o di laboratorio o strumenti rilevati.<br />
<strong>La</strong> valutazione dei dati e la formulazione dei giudizi definitivi dovranno<br />
fondarsi su motivazioni logiche e plausibili, che tengano conto dei reperti,<br />
segni e dati obiettivi riscon<strong>tra</strong>ti, della documentazione medica a disposizione<br />
e delle più accreditate conoscenze scientifiche, concernenti il caso <strong>tra</strong>ttato.<br />
Il metodo medico-<strong>legale</strong> si differenzia nettamente da quello proprio delle altre<br />
branche della <strong>medicina</strong> per essere condizionato dall’istituto della prova.<br />
Non è consentito <strong>tra</strong>sformare il dubbio in certezza e viceversa porre in<br />
dubbio, senza che ve ne sia fondamento, ciò che costituisce un dato di<br />
certezza.
<strong>La</strong> dominante conoscenza del rapporto giuridico cui il fatto si<br />
riferisce.<br />
Il medico <strong>legale</strong> dovrà improntare ed orientare la sua indagine soprattutto<br />
tenendo conto delle norme giuridiche di volta in volta interessate dallo<br />
specifico caso in discussione.
Rapporto di causalità<br />
II capitolo<br />
Il primo e più importante dei problemi che il medico <strong>legale</strong> si trova ad<br />
affrontare nella sua attività è la valutazione del rapporto da causalità. Molto<br />
spesso gli viene chiesto di stabilire se un dato evento biologico (la morte, una<br />
lesione, una data malattia ecc.) sia stato causato da un fatto o da una<br />
condotta umana (attiva od omissiva), così da poter essere addebitato<br />
all’autore della condotta stessa. Nella pratica è facile osservare che quel dato<br />
evento non è mai il prodotto esclusivo di un solo fattore causale, ma di una<br />
pluralità di fattori (concause), di diverso significato e di cui peraltro solo<br />
alcuni hanno valore oltre che medico anche giuridico. Al medico, in quanto<br />
tale, spetta il compito di chiarire nel dettaglio il meccanismo patogenetico con<br />
cui si producono determinati eventi di danno alla persona (lesione, malattia,<br />
invalidità, morte), confrontando il diverso peso specifico dei vari antecedenti<br />
causali, volta per volta in discussione, di rilevanza medica e giuridica. Il<br />
rapporto di causalità deve essere concepito “<strong>come</strong> una catena in cui ciascun<br />
anello <strong>tra</strong>smette a quello che segue un impulso verso un fine determinato,<br />
impulso che a sua volta ha ricevuto dall’anello precedente..” (Diez). Gli eventi<br />
più importati di questa catena sono in generale l’ultimo, che costituisce<br />
l’evento finale di danno, ed il primo, che rappresenta l’evento lesivo iniziale.<br />
<strong>La</strong> valutazione corretta del rapporto di causalità consente di identificare<br />
dell’evento dannoso considerato la causa unica oppure, più di frequente, lo si<br />
ripete, i molteplici concausali e in tal caso occorrerà specificare, secondo un<br />
criterio comparativo, il diverso peso specifico che ciascuno di essi ha avuto<br />
nel determinismo dell’evento considerato (lesione iniziale, esito invalidante<br />
finale, exitus).
Causa in senso letterale è ciò che modifica, e più precisamente, può essere<br />
definita <strong>come</strong> quell’antecedente di interesse e valore medico e giuridico da<br />
cui dipende invariabilmente e necessariamente l’avverarsi della condizione<br />
maggiorativi dello stato anteriore, anch’essa di rilevanza medica e giuridica.<br />
<strong>La</strong> differenza <strong>tra</strong> la causa e la concausa sta nel fatto che pur <strong>tra</strong>ttandosi in<br />
en<strong>tra</strong>mbi i casi di antecedenti necessari, solo la causa è da sé sola sufficiente<br />
alla produzione dell’evento.<br />
Si comprende che nella pratica forense il compito più importante che il<br />
giudice si trova ad affrontare, oltre a quello di stabilire il quantum di danno<br />
sofferto da una certa persona, è in via preliminare proprio quello di verificare<br />
se effettivamente quel danno derivi causalmente o concausalmente dalla<br />
condotta del colpevole o dal fatto illecito considerato; talora, se il soggetto<br />
stesso, al quale si imputa di averlo provocato, possa effettivamente esserne<br />
giudicato responsabile, ecc.<br />
È proprio su questo che vertono le questioni più decisive al fine del giudizio<br />
conclusivo. Ove si dimostri che l’imputato e la condotta che ha posto in<br />
essere sono es<strong>tra</strong>nei al fatto, il soggetto in questione non sarà chiamato a<br />
risponderne in sede penale o civile. Talora questa es<strong>tra</strong>neità verrà accertata e<br />
confermata a livello psichico, vale a dire <strong>come</strong> assenza psichica dell’autore al<br />
momento del fatto, assumendo in merito importanza decisiva la<br />
dimos<strong>tra</strong>zione della sua eventuale incapacità di intendere o di volere al<br />
momento del fatto o dell’assenza di dolo o di colpa nella produzione<br />
dell’evento dannoso considerato. Dunque, nella attribuzione della<br />
responsabilità, il Magis<strong>tra</strong>to pone attenzione non soltanto alla causazione,<br />
ovvero alla produzione materiale o fisica o biologica o anatomo-patologica del<br />
danno in esame ma anche ai cosiddetti fattori psichici. Perciò egli rivolgerà l<br />
suo interesse non solo al danno biologico subito dalla vittima, ma anche alla<br />
personalità e alla effettiva consapevolezza del soggetto che ha posto in
essere la condotta lesiva e cagionato i relativi esiti, valutandone in particolare<br />
l’imputabilità e la colpevolezza. Si comprende in definitiva che la valutazione<br />
del nesso causale, in quanto ricerca che mira alla identificazione di cause<br />
imputabili all’uomo, è sempre fondata sull’analisi di un duplice ordine di<br />
rapporto:<br />
-Rapporto di causalità giuridico-materiale o anatomo-patologica. Si<br />
<strong>tra</strong>tta di studiare il rapporto fisico od oggettivo esistente fra una certa<br />
condotta illecita, o, più in generale, fra un dato antecedente, di rilevanza<br />
medica e giuridica, e un determinato evento dannoso, pur esso di rilevanza<br />
medica e giuridica ad un tempo.<br />
-Rapporto di causalità psichica. Si intende il rapporto psicologico<br />
soggettivo che intercorre <strong>tra</strong> la personalità del soggetto, autore della specifica<br />
condotta considerata, e l’insorgenza dell’evento dannoso in esame.<br />
Solo dopo che si è dimos<strong>tra</strong>ta l’effettiva sussistenza di en<strong>tra</strong>mbi (rapporto<br />
causalità materiale e rapporto causalità psichica), il giudice potrà valutare il<br />
modo corretto e completo il caso in esame ed emettere la sua sentenza. Si<br />
capisce dunque che nel giudizio conclusivo sulla responsabilità, il Magis<strong>tra</strong>to<br />
dovrà tenere nella debita considerazione se <strong>tra</strong>ttasi di reato doloso o colposo,<br />
se e quanto al determinarsi del fatto obiettivato abbiano concorso il dolo o la<br />
colpa dello stesso danneggiato o di terzi; l’eventuale colpa dei sanitari<br />
intervenuti successivamente al fatto lesivo, ecc.<br />
Concause preesistenti<br />
L’art. 41 del c.p. recita testualmente: “Il concorso di cause preesistenti o<br />
simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione<br />
del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e
l’evento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando<br />
sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione<br />
od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si<br />
applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano<br />
anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel<br />
fatto illecito altrui”.<br />
Dal <strong>punto</strong> di vista medico-<strong>legale</strong> per causa si intende ciò che modifica, cioè<br />
più precisamente l’antecedente, di rilevanza medica e giuridica ad un tempo,<br />
necessario da sé solo sufficiente e quindi adeguato e determinante alla<br />
produzione dell’evento dannoso, previsto dalla legge <strong>come</strong> reato.<br />
Per concausa si intende invece uno degli antecedenti causali, pur esso di<br />
rilevanza sia medica che giuridica, che concorre con gli altri alla produzione<br />
dell’evento finale di danno sicché senza di esso l’evento dannoso non si<br />
sarebbe verificato, nonostante l’attualità degli altri fattori produttivi. In questo<br />
senso la concausa, anche se necessaria, non è da sé sola sufficiente e<br />
determinante a produrre l’evento dannoso in questione.<br />
Compito specifico del medico <strong>legale</strong> è proprio quello di stabilire con la<br />
massima accuratezza e seguendo criteri scientificamente corretti, il peso<br />
specifico che quel determinato antecedente assume nei riguardi della<br />
produzione dell’evento finale di danno. Da ciò la necessità del confronto, fra<br />
quello stesso antecedente ed altri, che pure si dimostri abbiano avuto un<br />
certo ruolo nel determinismo dell’evento considerato. L’art. 41 c.p. dispone<br />
espressamente che il rapporto di causalità non è escluso, ove alla produzione<br />
dell’evento dannoso o pericoloso abbiano contribuito oltre all’antecedente<br />
giuridicamente rilevante considerato anche altre eventuali concause<br />
preesistenti, simultanee o sopravvenute, pure se indipendenti dall’azione od<br />
omissione del colpevole.
Le concause preesistenti di lesione possono essere distinte in:<br />
- concause preesistenti anatomiche;<br />
- concause preesistenti fisiologiche;<br />
- concause preesistenti patologiche.<br />
Concause simultanee<br />
In genere si porta l’esempio di una ferita inferta con uno strumento<br />
contaminato, <strong>come</strong> la lama sporca di un pugnale, per cui oltre alla ferita da<br />
taglio, il colpevole risponderà anche del quadro infettivo causato dagli agenti<br />
microbici introdotti nell’organismo dalla lama e dei suoi esiti eventuali.<br />
Concause sopravvenute<br />
Si può pensare ad esempio ad una persona ferita in modo non grave che<br />
muore per una successiva complicanza settica della ferita stessa, per un<br />
inadeguato <strong>tra</strong>ttamento dei medici o per una scarsa cura da parte dello<br />
stesso ferito, ecc.<br />
Il feritore sarà comunque chiamato a rispondere della morte, sia pure a titolo<br />
diverso da quello di omicidio doloso (si potrà parlare di omicidio<br />
preterintenzionale e po<strong>tra</strong>nno essere concesse le attenuanti del caso,
valendosi il Giudice del proprio potere discrezionale nell’applicazione della<br />
pena).<br />
Criteri da seguire nella valutazione del rapporto causale<br />
Effettuato il raffronto <strong>tra</strong> ciò che quella persona era prima di un certo fatto e<br />
ciò che è al momento dell’esame clinico e medico-<strong>legale</strong>, si dovrà stabilire<br />
quale o quali delle modificazioni eventualmente obiettivate siano da riferire<br />
causalmente o concausalmente all’antecedente o agli antecedenti,<br />
giuridicamente rilevanti, considerati. Si preciseranno quindi la natura e l’entità<br />
del danno funzionale, tenuto conto dello specifico rapporto giuridico cui il<br />
fatto si riferisce. I vari criteri di ricerca del rapporto causale tendono alla<br />
conoscenza dei meccanismi etio-patogenetici del danno considerato. Nessuno<br />
di essi è però da sé solo sufficiente a giustificare, provare o convalidare il<br />
nesso causale. Solo la concordanza dei dati che emergono dall’analisi dei vari<br />
criteri, insieme considerati, può condurre ad un giudizio effettivamente<br />
motivato in materia di ammissione o esclusione del nesso causale. I criteri di<br />
cui <strong>tra</strong>ttasi sono:<br />
-criterio cronologico;<br />
-criterio qualitativo;<br />
-criterio quantitativo;<br />
-criterio modale;<br />
-criterio topografico;<br />
-criterio della continuità fenomenologica;<br />
-criterio di esclusione.
III capitolo<br />
Diagnosi di morte e denuncia delle cause ella morte<br />
<strong>La</strong> morte può essere definita in negativo <strong>come</strong> la privazione di tutte le<br />
proprietà biologiche dell’essere vivente. Ha inizio con la cessazione<br />
irreversibile delle tre funzioni:<br />
cardiocircolatoria (morte clinica);<br />
respiratoria (morte reale);<br />
nervosa (morte <strong>legale</strong>).<br />
Prosegue con le <strong>tra</strong>sformazioni e il degrado del cadavere e termina con la<br />
distruzione completa, ovvero con la dissoluzione di ogni cellula<br />
dell’organismo. Durante la morte la persona diventa cadavere e perde la sua<br />
capacità giuridica. Da qualsiasi <strong>punto</strong> la si studi la morte rappresenta un<br />
evento unitario e dal significato in equivoco; quel giudizio dovrà essere quindi<br />
il risultato di una diagnosi certa e non di una prognosi. Il momento cen<strong>tra</strong>le e<br />
più importante ai fini della diagnosi è costituito dal rilievo della cessazione<br />
globale e definitiva, perciò irreversibile ed inemendabile, di tutte le funzioni<br />
dell’encefalo (legge n. 578 29 dicembre 1993: Norme per l’accertamento e la<br />
certificazione di morte, GU n. 5 dell’8 gennaio 1994).<br />
Diagnosi di morte<br />
Quando si hanno segni certo della cessazione delle funzioni non solo della<br />
corteccia cerebrale e degli emisferi, ma anche del tronco e quindi di tutto il<br />
cervello, la prosecuzione della vita vegetativa risulterà impossibile. Solo allora<br />
il paziente si giudicherà clinicamente morto. Essendo la morte un fenomeno<br />
unitario, è errato parlare distintamente di una morte cardiaca o respiratoria o
di una morte cerebrale. È più corretto parlare di criteri cardiologici, respiratori<br />
o neurologici per l’accertamento del decesso. <strong>La</strong> legge 578/93 afferma all’art.<br />
2 che anche la morte per arresto cardiaco s’intende avvenuta quando la<br />
respirazione e la circolazione sono cessate per un intervallo di tempo tale da<br />
comportare la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo.<br />
Collegio medico per l’accertamento della morte<br />
È nominato dalla Direzione Sanitaria ed è composto da un medico <strong>legale</strong> o, in<br />
mancanza, da un medico della direzione sanitaria o da un anatomo-patologo,<br />
da un medico specialista in anestesia e rianimazione e da un medico neuro-<br />
fisiopatologo o, in mancanza, da un neurologo o da un neurochirurgo esperto<br />
in elettroencefalografia.<br />
Periodo di osservazione<br />
<strong>La</strong> durata dell’osservazione ai fini dell’accertamento della morte deve essere<br />
non inferiore a:<br />
- sei ore per adulti e bambini in età superiore ai cinque anni;<br />
- dodici ore per i bambini di età compresa <strong>tra</strong> uno e cinque anni;<br />
- ventiquattro ore nei bambini in età inferiore ad un anno.<br />
Qualora l’accertamento della morte venga effettuato senza l’ausilio di<br />
strumentazione adeguata e al di fuori delle strutture ospedaliere, al fine di<br />
scongiurare il pericolo di inumare persone in stato di morte apparente, il<br />
Regolamento di Polizia Mortuaria DPR 10 settembre 1990 n. 285 prevede che
venga rispettato un più lungo periodo di osservazione, esteso sino alla<br />
comparsa di fenomeni tanatologici certi. Si dispone che nessun cadavere<br />
venga chiuso in cassa, né sottoposto ad autopsia o a <strong>tra</strong>ttamenti conservativi,<br />
a conservazione in celle frigorifere, né inumato, tumulato, cremato,<br />
imbalsamato, ecc. prima che siano <strong>tra</strong>scorse 24 ore dal momento del decesso<br />
o 48 ore nei casi di morte improvvisa o nel sospetto di morte apparente. Si fa<br />
eccezione per i casi di decapitazione o maciullamento o per quelli nei quali il<br />
medico necroscopo avrà accertato la morte anche mediante l’ausilio di<br />
elettrocardiografo, la cui regis<strong>tra</strong>zione deve avere una durata non inferiore a<br />
20 minuti primi. Ove la morte sia dovuta ad una delle malattie infettive o<br />
diffusive, comprese in un apposito elenco pubblicato dal Ministero della<br />
Sanità oppure nei casi in cui il cadavere presenti già segni di iniziata<br />
putrefazione, oppure quando altre ragioni speciali lo richiedano, su proposta<br />
del coordinatore sanitario dell’A.s.s.l., il Sindaco può ridurre la durata<br />
dell’osservazione a meno di 24 ore. Durante tale periodo, il corpo deve essere<br />
posto in condizioni tali che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita.<br />
Visita del medico necroscopo<br />
Il Regolamento di Polizia Mortuaria stabilisce che la visita del medico<br />
necroscopo deve essere sempre effettuata non prima di 15 ore dal decesso<br />
salvo i casi particolari che sono previsti dall’art. 8, vale a dire i casi di<br />
decapitazione, di maciullamento, ecc. nonché quelli sottoposti ad<br />
accertamento precoce della morte, e non dopo le trenta ore.<br />
L’accertamento della morte eseguito dall’apposito Collegio medico secondo le<br />
modalità prima indicate esclude ogni ulteriore accertamento da parte del<br />
medico necroscopo e l’obbligo della certificazione della morte, compete al
componente medico-<strong>legale</strong> o in mancanza a chi è stato designato a<br />
sostituirlo.<br />
Certificato di morte e sepoltura del cadavere<br />
Occorre distinguere il certificato di constatazione del decesso dalla denuncia<br />
delle cause di morte.<br />
Il primo può essere chiesto a qualsiasi medico che abbia prestato assistenza<br />
al morente oppure che sia intervenuto a decesso appena verificatosi. Si <strong>tra</strong>tta<br />
di una attestazione scritta nella quale il medico dà atto dell’avvenuto decesso<br />
e, ove siano riconoscibili, attesta quali siano le cause immediate del suo<br />
verificarsi, le eventuali terapie praticate, ecc.<br />
<strong>La</strong> denuncia delle cause di morte, sarà obbligatoria solo per chi realmente<br />
conosce la concatenazione causale degli eventi che hanno condotto all’exitus<br />
il paziente. Tale obbligo vale in genere per il medico curante oppure per il<br />
medico necroscopo. Se l’esame esterno del cadavere pone in evidenza segni<br />
certi o sospetti di morte violenta, il medico avrà anche l’obbligo di stilare il<br />
referto e di mettere quindi la salma a disposizione dell’Autorità giudiziaria. È<br />
indispensabile che si sappia fare una corretta diagnosi differenziale <strong>tra</strong> morte<br />
naturale e morte violenta e che si sappia indicare l’epoca a cui risale l’exitus.<br />
Va infine segnalato che il medico può trovarsi di fronte a parti di cadavere<br />
oppure a resti mortali o ad ossa umane. Chi ne fa la scoperta deve<br />
informarne immediatamente il Sindaco, il quale ne dà subito comunicazione<br />
all’Autorità Giudiziaria, a quella di Pubblica Sicurezza ed all’azienda u.s.l.<br />
incarica dell’esame del materiale rinvenuto il medico necroscopo e comunica i
isultati degli accertamenti eseguiti al Sindaco ed alla stessa Autorità<br />
Giudiziaria affinché questa rilasci il nulla osta per la sepoltura.<br />
Ad eccezione dell’ipotesi precedenti concernenti il rinvenimento di resti<br />
mortali, l’unica certificazione che abbia valore giuridico ai fini del rilascio<br />
dell’autorizzazione alla sepoltura da parte dell’Ufficiale di Stato civile, è il<br />
certificato di visita necroscopica ovvero la denuncia delle cause di morte. Solo<br />
quando queste risulteranno accertate, il cadavere potrà essere sepolto. Tale<br />
accertamento, che escluda il sospetto di morte violenta, è altresì necessario e<br />
pregiudiziale perché il corpo possa essere cremato, ferma restando in tal caso<br />
la necessità di una specifica disposizione espressa in vita dal defunto e<br />
dell’autorizzazione del Sindaco.<br />
Denuncia sanitaria delle cause di morte<br />
È una denuncia obbligatoria diretta al Sindaco del comune di residenza da<br />
inviare entro le 24 ore dall’accertamento del decesso. Con essa il medico<br />
precisa quali siano state le cause iniziali, intermedie e tardive che a suo<br />
giudizio hanno condotto a morte il proprio assistito. L’obbligo della denuncia<br />
della causa di morte vale anche per i medici che siano stati incaricati di<br />
eseguire autopsia giudiziaria oppure di effettuare un riscontro diagnostico,<br />
disposto dall’Autorità sanitaria. <strong>La</strong> denuncia deve essere fatta entro le 24 ore<br />
dall’accertamento del decesso su apposita scheda di morte, stabilita dal<br />
Ministero della Salute, d’intesa con l’Istituto Nazionale di Statistica. Al<br />
Comune pervengono sia le schede-denuncia delle cause di morte sia i<br />
certificati del medico necroscopo. Tali ultimi saranno allegati al registro di<br />
morte.
<strong>La</strong> scheda di denuncia ISTAT comprende due riquadri: uno per la morte<br />
dovuta a causa naturale e l’altro per la morte dovuta a causa violenta. Per<br />
quest’ultima il medico dovrà precisare se si <strong>tra</strong>tta di suicidio o di omicidio o di<br />
accidente o di infortunio sul lavoro. Dovrà quindi saper descrivere la lesione<br />
causale iniziale, le complicazioni sopravvenute, gli eventuali stati morbosi<br />
preesistenti, il mezzo, il modo, il luogo e l’epoca della lesione stessa, quindi<br />
l’intervallo di tempo eventuale intercorso fra il momento del fatto violento e<br />
l’epoca del decesso.<br />
Allorché sussista un dubbio fondato e motivato sulle cause cliniche della<br />
morte, il medico curante oppure il medico necroscopo dovrà chiedere alla<br />
competente Autorità Sanitaria di disporre il riscontro diagnostico.<br />
Il Procuratore della Repubblica cui perviene il referto accerta at<strong>tra</strong>verso un<br />
proprio Perito la causa della morte ordinando l’esame esterno del cadavere<br />
oppure l’autopsia secondo le modalità stabilite dal codice di procedura<br />
penale. Trattandosi di persona sconosciuta, ordina che il cadavere sia esposto<br />
nel luogo pubblico a ciò designato e, all’occorrenza, sia fotografato. Si<br />
eseguiranno le varie indagini occorrenti per la sua identificazione.<br />
<strong>La</strong> sepoltura in questi casi non può mai essere eseguita senza l’ordine del<br />
Procuratore della Repubblica.
IV capitolo<br />
Esame del cadavere. Sopralluogo giudiziario<br />
Il sopralluogo giudiziario rappresenta inevitabilmente il <strong>punto</strong> di partenza di<br />
fondamentale importanza ai fini della comprensione dell’evento doloso.<br />
Mentre l’esame sistematico del cadavere eseguito su disposizione dell’Autorità<br />
sanitaria, prende il nome di riscontro diagnostico, l’autopsia è ordinata dal<br />
Magis<strong>tra</strong>to, quando è ritenuta necessaria per l’identificazione del cadavere o<br />
per stabilire la causa, i mezzi, l’epoca e le modalità della morte ai fini del<br />
giudizio di responsabilità.<br />
L’autopsia è considerata un accertamento tecnico non ripetibile. Quindi risulta<br />
fondamentale l’attività del Pubblio Ministero e del suo consulente che dovrà<br />
saper orientare sull’opportunità di promuovere “incidente probatorio”.<br />
L'incidente probatorio è un istituto del <strong>diritto</strong> processuale penale con il quale<br />
il pubblico ministero e la difesa dell'indagato possono chiedere l'assunzione<br />
anticipata dei mezzi prova nelle fasi precedenti il dibattimento. Anche se è<br />
prescritto durante la fase delle indagini preliminari non ne è escluso il suo<br />
ricorso nell'udienza preliminare - in questo caso competente è il gip che<br />
procede - e nella fase predibattimentale. I presupposti che lo giustificano non<br />
sono da ricercare soltanto nell'irripetibilità del mezzo prova da assumere ben<br />
potendo anche consistere in una mera ragione di opportunità (<strong>come</strong> accade<br />
nel caso di una perizia che se disposta nella fase dibattimentale per la sua<br />
complessità determinerebbe una sospensione del processo per oltre 60<br />
giorni). Tale richiesta viene avanzata quando la prova riguardi una persona,<br />
una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile
oppure, quando, se la perizia fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe<br />
determinare una sospensione superiore a 60 giorni.<br />
I metodi e le tecniche per stabilire sesso, età razza, statura, e per analizzare<br />
<strong>tra</strong>umi sono utili all’antropologo per capire le differenze verticali e orizzontali<br />
(nel tempo e nello spazio) delle popolazioni mondiali.<br />
Quando gli stessi metodi vengono applicati a resti moderni di soggetti<br />
sconosciuti, con lo scopo di identificare e stabilire una modalità di morte,<br />
allora siamo nell’ambito forense.<br />
Spesso si tende a confondere il medico <strong>legale</strong> con l’antropologo forense.<br />
Esistono delle differenze di percorso formativo e di campo d’indagine, anche<br />
se la stretta collaborazione delle due discipline si rende necessaria per<br />
ottenere una completezza di risultati.<br />
L’antropologo forense è un esperto delle ossa, dello scheletro.<br />
Il patologo forense è un medico che effettua autopsie con lo scopo di stabilire<br />
una causa di morte, classificata in diversi modi <strong>come</strong> causa naturale,<br />
accidentale, suicida, omicida, ecc.<br />
Mentre l’antropologo forense focalizza sull’osso, il patologo forense focalizza<br />
l’attenzione sui tessuti molli.<br />
Questo spiega perché si possa incorrere in errori valutativi, quando una<br />
disciplina cerchi di prevaricare l’al<strong>tra</strong>: il medico <strong>legale</strong> non può improvvisarsi<br />
antropologo e l’antropologo non può sopperire al medico <strong>legale</strong>.<br />
Il medico <strong>legale</strong>, l’antropologo e l’odontologo, ad esempio, una volta<br />
effettuati i prelievi sul luogo, necessitano di analisi più approfondite, che<br />
vanno dall’esame autoptico ad una serie di analisi di laboratorio,<br />
generalmente finalizzate a ricostruire un profilo biologico, un’identità<br />
personale quando possibile, una causa di morte ed un’epoca della morte.
I risultati che ne derivano vengono poi <strong>tra</strong>mutati in consulenze tecniche o<br />
perizie, che hanno lo scopo di <strong>tra</strong>durre al magis<strong>tra</strong>to il dato tecnico<br />
specialistico.<br />
Il Magis<strong>tra</strong>to, proprio per il ruolo che ricopre è, per antonomasia, il “peritus<br />
peritorum”.<br />
Poiché le sue competenze tecniche non gli consentono di portare avanti una<br />
specifica indagine sul quesito da egli stesso formulato, è tenuto a nominare,<br />
per tale compito, un esperto.<br />
Il sopralluogo giudiziario rappresenta inevitabilmente il <strong>punto</strong> di partenza di<br />
fondamentale importanza in un’inchiesta di polizia.<br />
E’ un momento di collaborazione <strong>tra</strong> magis<strong>tra</strong>tura, polizia giudiziaria e<br />
<strong>medicina</strong> <strong>legale</strong>.<br />
Il proposito dell’investigazione sulla scena del crimine è quello di stabilire<br />
cosa sia successo (ossia ricostruire la scena del crimine) e identificare la/e<br />
persona/e responsabili.<br />
Ciò è possibile documentando le condizioni del luogo di ritrovamento e<br />
riconoscendo tutte le evidenze fisiche.<br />
Un esperto non deve <strong>tra</strong>rre delle conclusioni affrettate basandosi solo su<br />
informazioni approssimative, ma deve prendere in considerazione una serie<br />
ipotesi di modalità di reato, non scartando quelle possibili: “qualsiasi<br />
elemento, <strong>come</strong> pure l’assenza di elementi, può costituire una prova”.<br />
Lo scopo dell’investigazione si estende anche alla considerazione degli episodi<br />
connessi al decesso (suicidio/ autodifesa) e alla documentazione di quegli<br />
elementi che supportano o confutano tali ipotesi.
Riscontro diagnostico e autopsia giudiziaria<br />
L’indagine autoptica si effettua tutte le volte che il Magis<strong>tra</strong>to le richiede.<br />
Secondo la raccomandazione del Consiglio della Comunità Europea n. R (99)3<br />
le autopsie dovrebbero essere effettuate in tutti i casi di morte non naturale,<br />
certa o sospetta, anche se sia <strong>tra</strong>scorso un certo tempo <strong>tra</strong> l’evento reputato<br />
responsabile sotto il profilo causale e il decesso. Essa va effettuata:<br />
-nei casi di omicidio certo o sospetto;<br />
-nei casi di suicidio;<br />
-nei casi di morte improvvisa;<br />
-nei casi di sospetta violenza dei diritti umani;<br />
-nei casi di morte iatrogena o in rapporto a “mal practice” professionale;<br />
-incidenti s<strong>tra</strong>dali;<br />
-infortuni sul lavoro;<br />
-malattie professionali;<br />
-incidenti domestici;<br />
-catastrofi naturali o tecnologiche;<br />
-morte in condizione di detenzione carceraria o in rapporto ad azioni di<br />
polizia;<br />
-cadaveri non identificati o resti scheletrici.<br />
Il riscontro diagnostico è disciplinato dall’art. 37 del Regolamento di Polizia<br />
mortuaria (DPR 10 settembre 1990, n. 285). Esso viene eseguito quando si<br />
<strong>tra</strong>tta di accertare le cause della morte nel caso di cadavere di persone<br />
decedute senza assistenza medica, <strong>tra</strong>sportati in un ospedale o in un obitorio<br />
o in un deposito di osservazione o nel caso di cadaveri di persone decedute in<br />
ospedali, Cliniche universitarie o negli Istituti di cura privati, tutte le volte che
lo dispongano i rispettivi direttori sanitari, primari o medici curanti per il<br />
controllo della diagnosi o per il chiarimento di quesiti clinico-scientifici.<br />
Esame esterno del cadavere<br />
Le principali finalità dell’indagine sono sostanzialmente le seguenti:<br />
-accertare l’identità del cadavere;<br />
-stabilire l’epoca della morte;<br />
-precisare la causa del decesso e quindi:<br />
• descrivere i segni esteriori di lesività ed i vari reperti <strong>tra</strong>umatologici<br />
senza modificare lo stato fisico del cadavere;<br />
• obiettivare eventuali reperti morbosi in atto all’epoca del decesso,<br />
ovvero consolidati (esiti di malattie pregresse).<br />
A parte i dati concernenti la statura, il peso, il sesso, l’età apparente, la forma<br />
del cranio, il colore dei capelli, il carattere dei peli, la presenza dei nei, di<br />
cicatrici, di deformazioni ossee, si prenderà nota delle eventuali lesioni,<br />
antiche o recenti, dei materiali es<strong>tra</strong>nei presenti sul corpo <strong>come</strong> <strong>tra</strong>cce di<br />
sangue e di altre macchie sospette, di capelli, di peli, ecc.<br />
Esame degli organi interni<br />
Le finalità dell’indagine in ambito medico-<strong>legale</strong> sono quelle di mettere in<br />
evidenza tutti i reperti anatomo-patologici (macro e microscopici) utili ai fini<br />
della identificazione personale, dell’accertamento dell’epoca della morte e
della causa mortis. <strong>La</strong> dissezione va sempre effettuata con sistematicità e<br />
dopo aver compreso il significato dei quesiti a cui occorre rispondere. Vanno<br />
evitate mutilazioni inutili e la salma va ricomposta in ogni caso in modo<br />
soddisfacente così da essere restituita alla pietà dei congiunti.<br />
Solitamente si procede aprendo dapprima la cavità cranica, poi quella<br />
toracica, quindi il collo, la cavità addominale, il bacino e gli arti. Occorre<br />
essere preparati in anticipo a raccogliere campioni dei vari liquidi corporei<br />
quali il sangue, l’urina, il contenuto gastrico ed intestinale, il liquido cerebro<br />
spinale, la bile, ecc. nonché frammenti di organi o tessuti.<br />
Prima che un organo venga tagliato o ripulito in acqua occorre farne una<br />
preliminare, accurata ispezione precisandone la forma, il volume, i diametri, il<br />
peso, il colorito, l’aspetto della superficie, degli involucri, la consistenza, ecc.<br />
Diagnosi differenziale fra lesioni vitali e post mortali<br />
A volte, nello studio medico-<strong>legale</strong> del cadavere e delle cause della morte ci si<br />
trova di fronte alla necessità di distinguere se determinate lesioni siano state<br />
prodotte in vita oppure se siano state prodotte dopo la morte. I segni che<br />
depongono per il carattere pre-mortale o vitale della lesione sono:<br />
-reazione flogistica a carico dei margini della ferita, con aspetti di diverso<br />
tipo, anche in base al tempo <strong>tra</strong>scorso dal momento di produzione della<br />
lesione, sino all’instaurarsi dei processi di granulazione e di cicatrizzazione;<br />
-infil<strong>tra</strong>zione leucocitaria in corrispondenza dei margini della ferita;<br />
-infil<strong>tra</strong>zione leucocitaria perivascolare;<br />
-infil<strong>tra</strong>zione emorragica.
Giudizio conclusivo sulla causa mortis<br />
A seconda delle cause che la provocano si parla distintamente di:<br />
• morte naturale: se il decesso rappresenta la naturale conclusione del<br />
processo di malattia;<br />
• morte improvvisa: quando il decesso si verifica in modo istantaneo o<br />
rapido, inatteso od inopinato rispetto alle condizioni cliniche preesistenti<br />
al decesso;<br />
• morte iatrogena: ci si riferisce in genere a quei decessi nella cui genesi<br />
assumono importanza fattori legati al <strong>tra</strong>ttamento medico o chirurgico<br />
instaurato, a reazioni dannose o tossiche o allergiche ai farmaci<br />
somminis<strong>tra</strong>ti ecc.;<br />
• morte violenta: se il decesso è causato dal comportamento violento di<br />
terzi oppure della persona su se stessa (omicidio, suicidio, accidente).<br />
Luogo della morte e indagini di sopralluogo<br />
Le indagini di sopralluogo sono tutte quelle che vengono effettuate sullo<br />
stesso luogo del ritrovamento del cadavere o dove si suppone sia stato<br />
commesso un delitto il medico incaricato di effettuarle deve rispettare tre<br />
regole fondamentali:<br />
<strong>1.</strong> analizzare la scena del delitto, rilevando analiticamente e con il<br />
massimo scrupolo i vari dati ambientali. Potrà essere di grande utilità il<br />
rilievo di eventuali impronte di piedi, di <strong>tra</strong>cce di veicoli o di sangue o di<br />
altri liquidi biologici <strong>come</strong> sperma, saliva, feci meconio, latte, ecc.<br />
oppure il rinvenimento di capelli, peli, ecc. o di oggetti di particolare
significato criminologico <strong>come</strong> armi da fuoco, da taglio, ecc. Si valuterà<br />
se sono presenti segni di colluttazione, quale sia l’ubicazione della<br />
vittima in rapporto al luogo ove si trova, quale l’atteggiamento dei vari<br />
segmenti corporei, lo stato delle vesti, segni di bavagli, di legature ecc.<br />
2. regis<strong>tra</strong>re i dati obiettivati mediante appunti, disegni, fotografie,<br />
schemi, ecc.<br />
3. non modificare la scena del delitto senza che siano state<br />
completamente effettuate le indagini preliminari necessarie. Completato<br />
il sopralluogo, il corpo potrà essere <strong>tra</strong>slato all’obitorio per l’esame<br />
settorio.
VI capitolo<br />
Epoca della morte e modificazioni tanatologiche del cadavere<br />
I segni della morte considerati in rapporto al tempo, possono distinguersi in:<br />
- immediati: cessazione definitiva delle funzioni respiratoria,<br />
cardiocircolatoria e nervosa;<br />
- consecutivi: raffreddamento, rigidità, ipostasi, disidratazione,<br />
acidificazione;<br />
- <strong>tra</strong>sformativi: sia distruttivi, sia conservativi: putrefazione,<br />
macerazione, mummificazione, saponificazione.<br />
Raffreddamento del cadavere<br />
Subito dopo il decesso, la temperatura del corpo diminuisce sino a<br />
raggiungere l’equilibrio con quella ambientale. Il decremento termico non<br />
segue però le comuni leggi fisiche, poiché, anche dopo la morte, si verificano<br />
processi biochimici capaci di produrre calore.<br />
Tali processi sono più intensi nelle fasi che seguono immediatamente l’exitus;<br />
poi si riducono gradualmente mano a mano che <strong>tra</strong>scorre più tempo dal<br />
momento della morte.<br />
Si possono distinguere:<br />
- fase di discesa lenta: durante le prime quattro ore. <strong>La</strong> temperatura<br />
decresce di circa mezzo grado l’ora;<br />
- fase di discesa rapida: durante le successive dieci ore. <strong>La</strong><br />
temperatura decresce di circa un grado l’ora;<br />
- fase di nuova discesa lenta: fra la quindicesima e la ventiquattresima<br />
ora dal momento del decesso. <strong>La</strong> temperatura scende dapprima di
tre quarti di grado per ora, sino a raggiungere la temperatura<br />
ambientale. A causa dell’evaporazione post-mortale, la temperatura<br />
del corpo si abbassa ulteriormente di circa mezzo grado – un grado<br />
rispetto a quella esterna;<br />
- fase dell’equilibrio termico: oltre la ventiquattresima ora.<br />
Rigidità cadaverica<br />
Il rigor mortis consiste nell’irrigidimento dei muscoli volontari e involontari,<br />
che si manifesta dopo una fase di iniziale flaccidità post-mortale. Diventano<br />
rigide dapprima le palpebre, circa due, tre ore dopo il decesso.<br />
Successivamente il rigor si estende ai muscoli mimici del volto, quindi al resto<br />
della muscolatura della testa e del collo, del tronco, dell’addome, degli arti<br />
inferiori e dei piedi.<br />
Generalmente il processo si completa in un intervallo di tempo compreso fra<br />
le otto e le dodici ore seguendo un ordine cranio-caudale.<br />
Raggiunge il massimo fra le trentasei e le quarantotto ore dopo la morte ed<br />
inizia a regredire man mano che l’autolisi distrugge le proteine muscolari.<br />
<strong>La</strong> rigidità cadaverica consiste essenzialmente in un processo post-mortale di<br />
gelificazione dell’actomiosina con conseguente re<strong>tra</strong>zione della fibra<br />
muscolare. Il muscolo rimane in stato di con<strong>tra</strong>ttura sino a che non iniziano i<br />
fenomeni putrefattivi e più precisamente la distruzione autolitica dei ponti<br />
gelificati di actomiosina.
Ipostasi<br />
Venuta meno l’energia presso ria prodotta dalle con<strong>tra</strong>zioni del cuore, il<br />
sangue si raccoglie nelle parti declivi, sotto la spinta della forza di gravità e<br />
della funzione vasale residua. Le ipostasi indicano la posizione assunta dal<br />
corpo dopo la morte e concorrono con altri dati a stabilire l’epoca del<br />
decesso. Le ipostasi indicano la posizione assunta dal corpo e concorrono con<br />
altri dati a stabilire l’epoca del decesso.<br />
Talora possono fornire utili indizi circa a stessa causa di morte.<br />
Quando il cadavere assume una posizione supina, le macchie ipostatiche sono<br />
situate alla nuca, sul dorso e sulla faccia posteriore degli arti, nella posizione<br />
prona, sono situate invece sulle ragioni anteriori o ven<strong>tra</strong>li; nel decupido<br />
laterale sono situate sull’emifianco di decupido, ad eccezione dei punti di<br />
appoggio. Si parla di ipostasi anti-gravitarie quando si formano in zone non<br />
declivi, per ostacolo al deflusso ematico verso le regioni declivi. Talora si<br />
costituiscono grazie alla cosiddetta pseudo circolazione post-mortale causata<br />
dalla rigidità dei muscoli, che può spingere il sangue nelle sedi a monte,<br />
oppure dall’aumento putrefattivi della pressione endoaddominale.<br />
In rapporto al tempo si distinguono diverse fasi. In linea generale quando<br />
ancora non si vedono ipostasi sul corpo, possiamo supporre che siano<br />
<strong>tra</strong>scorse meno di due ore dal momento della morte. Dalla seconda, terza ora<br />
in poi e sino alle dodici ore successive, le macchie aumentano d’intensità. Si è<br />
soliti distinguere:<br />
- fase di migrabilità assoluta o totale: movendo il cadavere, le<br />
ipostasi possono spostarsi completamente dalla prima sede e<br />
ricomparire nella nuova diventata declive. In questo caso si può<br />
pensare che siano passate 6-8 ore dal momento della morte;
- fase di migrabilità parziale: movendo il cadavere le macchie<br />
ancora si spostano, ma solo parzialmente. Perciò accanto alle<br />
ipostasi si producono nuove piccole macchie, mentre le prime si<br />
attenuano d’intensità pur senza scomparire. In questo caso<br />
possiamo pensare che siano <strong>tra</strong>scorse 8-12 ore dal momento del<br />
decesso;<br />
- fase di fissità relativa: può essere considerata estesa dalla<br />
dodicesima sino alla quarantottesima o settantaduesima ora circa.<br />
Le macchie possono ancora scomparire o spostarsi dalla posizione<br />
originaria, ma solo esercitando un’azione presso ria locale più o<br />
meno intensa;<br />
- fase di flessibilità assoluta: dopo le 48-72 ore dal momento della<br />
morte, la macchia ipostatica non è più spostabile. Ciò si verifica<br />
per la diffusione dei pigmenti ematici at<strong>tra</strong>verso le pareti vasali<br />
interessate dal fenomeno putrefattivi.<br />
Le ipostasi sono di colorito rosso-violaceo. Possono assumere in colorito rosso<br />
ciliegia nell’avvelenamento di ossido di carbonio; un colore rosso vivo<br />
nell’avvelenamento da cianuro, un colorito bruno caffè nelle morti causate da<br />
veleni metaemoglobolizzanti (vapori nitrosi, anilina, ecc.). Il colorito diventa<br />
verdastro nello stadio colorativi della fase putrefattiva per formazione di<br />
solfo-emoglobina. Hanno un colorito assai pallido e sono estremamente<br />
scarse nelle morti per shock emorragico.
Disidratazione<br />
Anche l’evaporazione ed il conseguente disseccamento post-mortale sono più<br />
o meno rapidi ed intensi a seconda dei vari fattori estrinseci (temperatura,<br />
ventilazione, umidità) ed intrinseci (costituzione, peso, condizioni del<br />
pannicolo adiposo sottocutaneo, sottigliezza della cute, ecc.).<br />
Una disidratazione cadaverica rapidissima quale può verificarsi in climi assai<br />
asciutti, caldi e ventilati può esitare in uno stato di mummificazione naturale.<br />
<strong>La</strong> disidratazione cadaverica assume aspetti particolarmente evidenti a livello<br />
oculare:<br />
Acidificazione<br />
- tela di Winslow (velo corneale) ovvero opacamento corneale;<br />
- macchie sclerali;<br />
- infossamento del bulbo e riduzione della tensione endoculare:<br />
segno di Louis.<br />
È dovuta sostanzialmente all’accumulo di acido lattico provocato dalla<br />
cessazione dei meccanismi ossido riduttivi a livello cellulare. L’accumulo di<br />
cataboliti acidi può essere studiato a livello di:<br />
-liquidi organici;<br />
-visceri interni;<br />
-umor acqueo e umor vitreo.<br />
I risultati non sono univoci e per tale motivo i dati che ne derivano non sono<br />
generalmente utilizzabili ai fini della valutazione dell’epoca della morte.
Putrefazione<br />
Man a mano che ci si allontana dal momento della morte, i vari tessuti del<br />
corpo vanno incontro ad un progressivo sfacelo per l’azione di microrganismi<br />
saprofiti (batteri aerobi e anaerobi), che vengono a sommare i loro effetti a<br />
quelli dei fermenti autolitici. L’andamento della putrefazione segue<br />
generalmente la regola dell’<strong>1.</strong>2.8 esposta a suo tempo da Camper: il grado di<br />
putrefazione di un cadavere esposto all’aria da una settimana (1),<br />
corrisponde a quello raggiunto in due settimane dall’annegato (2) e in otto<br />
settimane dal cadavere inumato (8).<br />
<strong>La</strong> mancanza d’aria, l’assenza di microrganismi, le temperature basse o molto<br />
elevate, l’atmosfera secca ed asciutta, o per converso l’emersione in acque<br />
fredde, oppure l’interramento tendono a rallentare notevolmente la<br />
degradazione del cadavere.<br />
Tra i fattori intrinseci più importanti che possono la maggiore rapidità del<br />
processo putrefattivi, a parte l’età, sono da annoverare soprattutto le cause<br />
infettive della morte e l’obesità.<br />
A seconda del tempo <strong>tra</strong>scorso rispetto al momento del decesso si<br />
distinguono:<br />
- periodo colorativo con<strong>tra</strong>ddistinto dalla cosiddetta macchia verde<br />
putrefattiva che compare verso il secondo o terzo giorno dopo la<br />
morte ad una temperatura ambientale di 20°C;<br />
- periodo gassoso inizia verso il terzo, quarto giorno, in inverno<br />
entro 15-20 giorni dal momento del decesso;<br />
- periodo colliquativo si rende ben manifesto in estate verso il 2°<br />
mese, in inverno solo dopo 4 mesi o più dalla morte. Il cadavere<br />
viene aggredito da parte di germi aerobi e anaerobi;
- periodo della scheletrizzazione si completa in genere dopo 3-5<br />
anni.<br />
È più precoce nei cadaveri interrati. Più tardivo nei cadaveri sepolti in<br />
cassa di zinco.<br />
Saponificazione Adipocera<br />
È un processo <strong>tra</strong>sformativo che si verifica nei cadaveri esposti ad elevata<br />
umidità ambientale e scarsa ventilazione o che restano per molto tempo in<br />
acqua.<br />
Si <strong>tra</strong>tta generalmente di soggetti morti per annegamento e rimasti in acqua<br />
oppure di cadaveri sommersi o di corpi inumati in terreno umido, <strong>come</strong><br />
avviene nel caso di superficialità della falda freatica.<br />
<strong>La</strong> saponificazione non è sempre preceduta da un certo grado di putrefazione<br />
del cadavere.<br />
Esternamente l’adipocera si presenta <strong>come</strong> una massa bianca, saponosa, di<br />
consistenza friabile oppure più o meno dura e compatta, untuosa, viscida, dal<br />
tipico odore di formaggio o rancido.<br />
Si forma una specie di corazza untuosa che sembra fatta di calce o di lardo<br />
che circonda tutto il corpo del cadavere.<br />
Essa quando si verifica è ben evidente già dopo sei mesi dalla morte.
Mummificazione<br />
Quando il processo putrefattivi si arresta negli stadi iniziali, essendo il<br />
cadavere posto in ambiente asciutto, assai caldo e ben ventilato, il corpo va<br />
incontro ad una rapida e massiva perdita di liquidi. È in queste condizioni che<br />
si verifica il fenomeno di mummificazione più frequente nel caso di soggetti<br />
magri. Il corpo assume un colorito bruno, pergamenaceo, a tipo cuoi vecchio,<br />
a differenza di quello lucente, tipico della codificazione: varietà di processo<br />
<strong>tra</strong>sformativo che può osservarsi fra il 1° e il 2° anno di inumazione nei<br />
cadaveri rimasti in casse metalliche ermeticamente chiuse, specie se di zinco.<br />
In condizioni favorevoli il processo può completarsi anche entro un anno dalla<br />
morte.<br />
Macerazione<br />
Per macerazione si intende il processo <strong>tra</strong>sformativo cui va incontro il feto in<br />
caso di morte in utero e di mancata o ritardata espulsione, dovuto<br />
prevalentemente ad azione di enzimi autolitici.<br />
Corificazione<br />
<strong>La</strong> codificazione è il processo <strong>tra</strong>sformativo dei cadaveri nelle casse di zinco.<br />
Avviene più lentamente nel tempo rispetto ai cadaveri inumati.<br />
<strong>La</strong> cute assume un caratteristico aspetto di “cuoio recente” e sul fondo della<br />
cassa è dato di osservare per molto tempo una certa quantità di liquame<br />
cadaverico.
Bibliografia<br />
Bazzi,T., De Vincentiis, G., <strong>La</strong> valutazione medico-<strong>legale</strong> e<br />
l'inquadramento clinico delle tossicomanie, Giuffrè, Milano 1960<br />
Bertolino, M., L'imputabilità ed il vizio di mente nel sistema penale<br />
italiano, Giuffrè, Milano 1990.<br />
Bruno, F., <strong>La</strong> pericolosità sociale psichiatrica, in F. Ferracuti (a cura<br />
di), Trattato di Criminologia, Medicina Criminologica e Psichiatria<br />
Forense, vol. XIII, Giuffrè, Milano 1990.<br />
Crespi, A., voce Imputabilità, in Enciclopedia del <strong>diritto</strong>, vol. XX,<br />
Giuffrè, Milano 1970.<br />
Macchiarelli L., Albarello P., Cave Bondi G., Di Luca N.M., Feola T.,<br />
Medicina Legale, Minerva Medica, Torino 2006<br />
Puccini C. - Istituzioni di Medicina Legale - Ed. Ambrosiana Milano<br />
Pazzini A., Storia della <strong>medicina</strong> vol. I-II, Società Editrice libraria,<br />
Milano 1947