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Il terzo occhio. Follia: limite o possibilità?

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La malattia assume quindi un ruolo fondamentale nella creazione artistica e nell’originalità, venendo definita<br />

“a quintessential aesthetic experience.” Nonostante la Woolf sottolinei la difficoltà nel collegare e creare<br />

frasi di senso compiuto, dimostra anche come la malattia sia accompagnata da una visione creativa, possibile<br />

grazie a un distacco e un rifiuto dell’ordinario, delle leggi della normalità. La sofferenza provocata dalle<br />

malattie ha la capacità di portare gli uomini ai margini del conscio alterando le percezioni di se stessi e del<br />

mondo.<br />

Permette poi di viaggiare nel tempo, facendo fiorire nuove, fresche sensazioni ed immagini che erano<br />

inaccessibili nel “mondo dei sani” e si rivelano utili per iniettare originalità e sensualità nella forma del<br />

romanzo.<br />

Emerge quindi l’affinità tra arte e malattia, che ci consente di percepire e di sentirci in prima persona<br />

partecipi della pienezza di un’opera: “<strong>Il</strong>lness invokes the bodily awareness and the perceptual uniqueness<br />

necessary for creating a work of art”.<br />

L’autrice si focalizza, perciò, sull’impatto fisiologico che la malattia ha sulla mente e sul corpo.<br />

Quest’ultimo durante l’infermità presenta dei cambiamenti, dei dolori e delle irrequietezze fondamentali per<br />

l’arte: “When ill, the author experiences a synergy between mind, body, and the act of writing.”<br />

Per la Woolf il corpo è perciò risorsa d’arte, poiché influisce sulla lingua e quindi sulla creatività della<br />

forma. Di conseguenza i cosiddetti “malati” sono in realtà più dotati, migliori nel raggiungere il luogo,<br />

denominato “zona vitale” da Charles Mauron 2 , dove le impressioni sono colorate dalle sensazioni tanto<br />

quanto dall’intelletto.<br />

L’artista richiede infatti al lettore l’interruzione dei ragionamenti intellettivi, quasi un arresto della vita, così<br />

che la mente sia sospesa ed il piacere scaturito dall’arte sia intensificato dalla nostra immobilità. La malattia<br />

viene dunque considerata una condizione positiva poiché predispone il soggetto a dissociarsi dal flusso della<br />

vita, a frenare la corsa e quindi a percepire, partecipare ed osservare con maggiore sensibilità l’essenza stessa<br />

dell’oggetto, dell’opera.<br />

2 Charles Mauron (1899-1966): traduttore francese dei capolavori inglesi e critico letterario.<br />

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