Restauri AL complesso monumentale di Santa Croce - Onduline

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nell’ambito delle manifestazioni dell’anno giubilare (2000), «non sufficienti ad assicurare la completa e piena funzionalità degli spazi interessati»; consentire al Comune di Bosco Marengo l’allestimento del Museo Vasariano; garantire allo stesso Comune ed agli altri enti coinvolti “una più organica e continuativa programmazione delle attività espositive, museali, culturali e di spettacolo” e la possibilità di una effettiva e sistematica fruizione degli spazi da parte del pubblico; consentire al World Political Forum (organismo voluto da Michail Gorbaciov) di svolgere nella chiesa e negli altri spazi le prossime sessioni plenarie e altre attività connesse; dare avvio La referenza Onduline al processo di ristrutturazione dell’intero complesso. L’intervento è stato suddiviso in due lotti: il primo ha riguardato il restauro e l’adeguamento funzionale della chiesa, l’altro le opere edili relative alla chiesa e quelle edili ed impiantistiche relative al Museo Vasariano. Nel rifacimento della copertura, deteriorata per tutta la sua superficie (5.000 mq) l’impresa Mazziotta Costruzioni si è affidata alla lastra ondulata fibrobituminosa ONDA- BASE 190 di Onduline Italia. Questo particolare accorgimento offre una valida protezione contro eventuali infiltrazioni garantendo al contempo una continua ventilazione della struttura. Onduline Opinion n. 26 - settembre 2007 31
La referenza Onduline SCHEDA STORICA SANTA CROCE, UN GIOIELLO ARCHITETTONICO La chiesa di Santa Croce, che sorge maestosa nella quiete della campagna, è l’esempio più significativo di architettura tardo rinascimentale dell’alessandrino. Edificato tra il 1566 e il 1572 su progetto del perugino Ignazio Danti e parzialmente modificato nel Sei e Settecento, nonostante le devastazioni e spoliazioni belliche subite nel corso dei secoli il complesso domenicano ha conservato l’impronta e il carattere iniziali. Fondatore di Santa Croce fu il boschese Antonio Ghislieri (1504-1572), eletto papa il 7 Gennaio 1566 con il nome di Pio V. Con la bolla “Praeclarum quidem opus”, emanata il primo agosto dello stesso anno, l’unico pontefice piemontese della lunga storia del cattolicesimo deliberò che nei pressi del suo paese natale iniziasse la costruzione di un convento e di una chiesa destinata fra l’altro ad accogliere le sue spoglie (ciò che in realtà non avvenne, poiché il sepolcro si trova a Roma nella Basilica di Santa Maria Maggiore). Chiesa e convento furono affidati da Pio V all’Ordine dei Frati Predicatori Domenicani, cui egli stesso apparteneva (vi entrò LA DIFFICOLTÀ DI UN RESTAURO quattordicenne, assumendo il nome di Michele). Salvo il periodo napoleonico, vi officiarono fino al 1854 quando - per effetto della legge Siccardi - il convento fu incamerato dallo Stato insieme ai ricchi possedimenti in gran parte procuratigli dallo stesso Pio V. Nel 1860 il convento fu trasformato in quartier generale, poi in clinica oftalmica e in ultimo (fino al 1989) in riformatorio. L’architettura esterna della chiesa, impreziosita da un bel portale, ha le linee ariose tipiche del Rinascimento ed è caratterizzata da una facciata in marmo e pietra, di gusto classicheggiante, e da fianchi in laterizio. L’interno, a navata unica con volta a botte e dieci cappelle laterali intercomunicanti, custodisce pregevoli opere giunte fino a noi nonostante profanazioni e saccheggi abbiano portato alla dispersione di parte del ricco corredo costituito di dipinti, arredi sacri, paramenti, corali, codici e libri miniati. La considerevole estensione - inscrivibile in un rettangolo di circa 75 x 98 metri - del complesso boschese è di fatto il motivo che ha impedito nell’ultimo ventennio un reale e concreto recupero dell’intero compendio nonostante gli sforzi da più parti attivati. Le eccezionali qualità, in spazi e in valori storico-artistici, che fanno dell’ex complesso conventuale domenicano un vero unicum a livello regionale, insieme alla particolare ubicazione - un piccolo comune alessandrino - hanno molto limitato le possibilità d’intervento, che dovevano essere giocate in una realtà decisamente sottodimensionata, sia a livello economico sia a livello operativo, per valorizzare un insieme di tale portata, rendendo il bene una sorta di cattedrale nel deserto. Il tema del recupero, della rifunzionalizzazione e della valorizzazione di un complesso monumentale è chiaramente legato all’individuazione di un uso compatibile con le sue caratteristiche peculiari - quando quello originale non risulti più percorribile - e che riesca contestualmente a conciliare le istanze legate ad una irrinunciabile azione di salvaguardia e restauro dei caratteri storico-artistici e monumentali - straordinariamente significativi per Santa Croce - con le necessità derivanti dalla attivazione di nuove funzioni con le relative opere edili ed impiantistiche del caso. L’abbandono della funzione di riformatorio e di casa penale, che il complesso conventuale ha, suo malgrado, ospitato dalla fine del secolo XIX agli anni Novanta del XX, se da un lato è stato motivo di soddisfazione per l’eliminazione di una destinazione incompatibile che aveva ulteriormente e pesantemente minato i valori dell’impianto cinquecentesco - già adibito a usi militari dopo la soppressio- 32 Onduline Opinion n. 26 - settembre 2007
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