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Restauri AL complesso monumentale di Santa Croce - Onduline

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La referenza <strong>Onduline</strong><br />

SCHEDA STORICA<br />

SANTA CROCE, UN GIOIELLO ARCHITETTONICO<br />

La chiesa <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Croce</strong>, che sorge maestosa nella quiete<br />

della campagna, è l’esempio più significativo <strong>di</strong> architettura<br />

tardo rinascimentale dell’alessandrino. E<strong>di</strong>ficato tra il 1566 e<br />

il 1572 su progetto del perugino Ignazio Danti e parzialmente<br />

mo<strong>di</strong>ficato nel Sei e Settecento, nonostante le devastazioni<br />

e spoliazioni belliche subite nel corso dei secoli il <strong>complesso</strong><br />

domenicano ha conservato l’impronta e il carattere<br />

iniziali. Fondatore <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Croce</strong> fu il boschese Antonio Ghislieri<br />

(1504-1572), eletto papa il 7 Gennaio 1566 con il nome<br />

<strong>di</strong> Pio V. Con la bolla “Praeclarum quidem opus”, emanata il<br />

primo agosto dello stesso anno, l’unico pontefice piemontese<br />

della lunga storia del cattolicesimo deliberò che nei pressi<br />

del suo paese natale iniziasse la costruzione <strong>di</strong> un convento<br />

e <strong>di</strong> una chiesa destinata fra l’altro ad accogliere le sue<br />

spoglie (ciò che in realtà non avvenne, poiché il sepolcro si<br />

trova a Roma nella Basilica <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> Maria Maggiore). Chiesa<br />

e convento furono affidati da Pio V all’Or<strong>di</strong>ne dei Frati Pre<strong>di</strong>catori<br />

Domenicani, cui egli stesso apparteneva (vi entrò<br />

LA DIFFICOLTÀ DI UN RESTAURO<br />

quattor<strong>di</strong>cenne, assumendo il nome <strong>di</strong> Michele). Salvo il periodo<br />

napoleonico, vi officiarono fino al 1854 quando - per<br />

effetto della legge Siccar<strong>di</strong> - il convento fu incamerato dallo<br />

Stato insieme ai ricchi posse<strong>di</strong>menti in gran parte procuratigli<br />

dallo stesso Pio V. Nel 1860 il convento fu trasformato in<br />

quartier generale, poi in clinica oftalmica e in ultimo (fino al<br />

1989) in riformatorio. L’architettura esterna della chiesa, impreziosita<br />

da un bel portale, ha le linee ariose tipiche del Rinascimento<br />

ed è caratterizzata da una facciata in marmo e<br />

pietra, <strong>di</strong> gusto classicheggiante, e da fianchi in laterizio. L’interno,<br />

a navata unica con volta a botte e <strong>di</strong>eci cappelle laterali<br />

intercomunicanti, custo<strong>di</strong>sce pregevoli opere giunte fino<br />

a noi nonostante profanazioni e saccheggi abbiano portato<br />

alla <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> parte del ricco corredo costituito <strong>di</strong> <strong>di</strong>pinti,<br />

arre<strong>di</strong> sacri, paramenti, corali, co<strong>di</strong>ci e libri miniati.<br />

La considerevole estensione - inscrivibile in un rettangolo <strong>di</strong><br />

circa 75 x 98 metri - del <strong>complesso</strong> boschese è <strong>di</strong> fatto il motivo<br />

che ha impe<strong>di</strong>to nell’ultimo ventennio un reale e concreto<br />

recupero dell’intero compen<strong>di</strong>o nonostante gli sforzi<br />

da più parti attivati. Le eccezionali qualità, in spazi e in valori<br />

storico-artistici, che fanno dell’ex <strong>complesso</strong> conventuale<br />

domenicano un vero unicum a livello regionale, insieme<br />

alla particolare ubicazione - un piccolo comune alessandrino<br />

- hanno molto limitato le possibilità d’intervento, che dovevano<br />

essere giocate in una realtà decisamente sotto<strong>di</strong>mensionata,<br />

sia a livello economico sia a livello operativo,<br />

per valorizzare un insieme <strong>di</strong> tale portata, rendendo il bene<br />

una sorta <strong>di</strong> cattedrale nel deserto. Il tema del recupero, della<br />

rifunzionalizzazione e della valorizzazione <strong>di</strong> un <strong>complesso</strong><br />

<strong>monumentale</strong> è chiaramente legato all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un<br />

uso compatibile con le sue caratteristiche peculiari - quando<br />

quello originale non risulti più percorribile - e che riesca<br />

contestualmente a conciliare le istanze legate ad una irrinunciabile<br />

azione <strong>di</strong> salvaguar<strong>di</strong>a e restauro dei caratteri storico-artistici<br />

e monumentali - straor<strong>di</strong>nariamente significativi<br />

per <strong>Santa</strong> <strong>Croce</strong> - con le necessità derivanti dalla attivazione<br />

<strong>di</strong> nuove funzioni con le relative opere e<strong>di</strong>li ed impiantistiche<br />

del caso. L’abbandono della funzione <strong>di</strong> riformatorio<br />

e <strong>di</strong> casa penale, che il <strong>complesso</strong> conventuale ha, suo malgrado,<br />

ospitato dalla fine del secolo XIX agli anni Novanta<br />

del XX, se da un lato è stato motivo <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione per l’eliminazione<br />

<strong>di</strong> una destinazione incompatibile che aveva ulteriormente<br />

e pesantemente minato i valori dell’impianto cinquecentesco<br />

- già a<strong>di</strong>bito a usi militari dopo la soppressio-<br />

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<strong>Onduline</strong> Opinion n. 26 - settembre 2007

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