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Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione,<strong>19</strong>68-2008<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, 27 settembre 2008 – 22 marzo 2009<br />

“Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione, <strong>19</strong>68-2008”<br />

La mostra è organizzata da <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>,<br />

in collaborazione con il Museum of Contemporary Art, Chicago<br />

IN COPRODUZIONE<br />

CON<br />

PARTNER<br />

ISTITUZIONALE


INDICE<br />

1/ “Italics”: una panoramica della creazione contemporanea in Italia<br />

François Pinault, Presidente di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

2/ “Italics”: dalle vertigini rivoluzionarie al mercato globale dell’arte<br />

Monique Veaute, Amministratore Delegato di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

3/ Un'antica civiltà contemporanea<br />

a cura di Francesco Bonami, Curatore della mostra<br />

4/ Gli artisti in mostra (bio brevi)<br />

5/ Il catalogo<br />

6/ <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>: una storia veneziana<br />

Da Gianni Agnelli a François Pinault<br />

Il Consiglio di Amministrazione<br />

Il Comitato d’Onore<br />

Il Restauro di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> realizzato da Tadao Ando<br />

Gli orientamenti culturali di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

Gli “Incontri di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, aspettando Punta della Dogana”<br />

Il Centro d’Arte Contemporanea di Punta della Dogana, François Pinault Foundation<br />

7/ Il Museum of Contemporary Art, Chicago<br />

8/ Biografie<br />

François Pinault<br />

Monique Veaute<br />

Francesco Bonami<br />

Tadao Ando<br />

9/ Informazioni pratiche<br />

10/ Contatti per la stampa<br />

11/ Ringraziamenti<br />

12/ Didascalie delle immagini del CD


1/<br />

“Italics”:<br />

una panoramica della creazione contemporanea in Italia<br />

François Pinault, Presidente di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

Il viaggio nell’arte contemporanea, iniziato due anni fa a <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, prosegue ora in Italia.<br />

Dopo le prime esposizioni che ne hanno punteggiato l’itinerario, questa tappa è destinata a fare epoca,<br />

poiché ho affidato a Francesco Bonami il compito di presentare la sua visione del panorama artistico<br />

italiano degli ultimi quarant’anni.<br />

Avendo cominciato a collezionare all’inizio degli anni settanta, sono sempre stato affascinato dalla<br />

creatività degli artisti italiani, dall’Arte povera, di cui ho precocemente acquisito opere fondamentali,<br />

fino alle installazioni iconoclaste di Maurizio Cattelan.<br />

La selezione delle opere realizzata dal curatore mette in evidenza il contributo prezioso ma spesso<br />

misconosciuto fornito dagli artisti italiani alla produzione plastica contemporanea.<br />

Certo, l’arte non conosce frontiere, tuttavia questi ultimi, nutriti da un passato ricco e da un presente<br />

vivace, posano ancora oggi uno sguardo particolare sul mondo che ci circonda.<br />

L’esposizione che si svolge a <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> aspira a dare voce a questa specificità, da cui prende il<br />

nome: “Italics. Arte italiana tra tradizione e rivoluzione, <strong>19</strong>68-2008”.<br />

Prodotta da <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> e dal Museum of Contemporary Art di Chicago, che ringrazio per la<br />

collaborazione, Italics partirà in seguito alla volta degli Stati-Uniti. Voglio inoltre ringraziare i nostri<br />

partner veneziani, in particolare il Sindaco di Venezia, Massimo Cacciari e tutto lo staff di <strong>Palazzo</strong><br />

<strong>Grassi</strong>.<br />

François Pinault<br />

3


2/<br />

“Italics”:<br />

dalle vertigini rivoluzionarie al mercato globale dell’arte<br />

Monique Veaute, Amministratore Delegato di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

Dopo due anni e mezzo di attività del “nuovo” <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> è il momento di vedere le cose<br />

obiettivamente e considerare con un certo distacco l’arte italiana degli ultimi anni. Se le esposizioni<br />

precedenti, dedicate alla Collezione François Pinault, “Where Are We Going?” e “Sequence 1”, hanno<br />

rievocato rispettivamente, accennandovi brevemente, i movimenti storici (soprattutto l’Arte Povera) e<br />

alcuni personaggi recenti dell’arte italiana, “Italics” ne disegna un ritratto inedito. Certo, si tratta di un<br />

omaggio agli artisti italiani che durante gli ultimi quarant’anni hanno meritato la stima della loro eredità<br />

storica, ma l’omaggio è inaspettato e coraggioso.<br />

La retrospettiva – che si estende dal nord al sud della penisola e va dalla data mitica del <strong>19</strong>68 a quella,<br />

concretamente attuale, del 2008 – copre due generazioni di artisti e quarant’anni di scoperte.<br />

Tra le molte retrospettive del passato è necessario ricordarne una che ha fatto epoca e cioè quella che,<br />

nel <strong>19</strong>95, il critico e teorico d’arte Germano Celant ha dedicato agli anni <strong>19</strong>43-<strong>19</strong>68 al museo<br />

Guggenheim di New York. <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, con “Italics”, si compiace di inserirsi nella continuità di tale<br />

approfondimento. Il <strong>19</strong>68 segna al tempo stesso la fine dell’epoca seguita al boom del dopoguerra e<br />

l’esplosione di una nuova era.<br />

Se per gli artisti emergenti, molti dei quali non erano ancora nati, il <strong>19</strong>68 è una data come tante altre, per<br />

coloro che l’hanno vissuto con la passione noncurante e l’impertinenza ribelle che allora era nell’aria<br />

rimane l’anno di tutte le libertà e di tutte le rotture.<br />

Le decadi, con i loro movimenti artistici, si susseguono come se ognuna si affrettasse ad annullare le<br />

tracce della precedente, con un’insistenza a volte deleteria nel distruggere ogni illusione passata per<br />

costruire il nuovo dal nulla. La fine degli anni sessanta e l’agonia del sogno di “peace and love”, gli anni<br />

settanta con le Brigate Rosse senza fiori nei cannoni e con l’ombra dei servizi segreti che facevano a<br />

gara nell’intrallazzare. Seguono poi gli anni ottanta, gli yuppy e il loro edonismo reaganiano, una società<br />

che è sempre meno interessata all’arte e sempre più al dio denaro.Tempi duri per i pionieri che, con<br />

ostinazione, continuano nelle loro ricerche... Con l’avvento degli anni novanta, le correnti che dividono<br />

l’ambiente artistico muoiono per rinascere in altre tendenze, come le neoavanguardie. Gestazione<br />

dolorosa e spesso solitaria: la società si preoccupa maggiormente del mercato dell’arte, dove i prezzi<br />

arrivano alle stelle, piuttosto che di prestare orecchio ai vagiti degli artisti neonati.<br />

Si apre poi il XXI secolo, senza grande fasto, forse, ma con una nuova speranza.<br />

Nelle sale sono molti i grandi nomi del passato recente. Mario Merz, protagonista ineguagliabile<br />

dell’arte povera, nato nel <strong>19</strong>22, militante antifascista le cui composizioni mischiano sulla tela balle di<br />

fieno e tratti puri che emergono dall’intimo per riconciliare meglio l’Uomo con la Natura. Pino Pascali,<br />

molto dotato d’ingegno, nato nel <strong>19</strong>35 e falcidiato nel pieno della gioventù da un incidente in<br />

motocicletta. Alighiero Boetti, nato nel <strong>19</strong>40, che esegue disegni a matita su oggetti di uso comune.<br />

Giberto Zorio, nato nel <strong>19</strong>44, che costruisce i suoi lavori come organismi viventi che interagiscono<br />

fisicamente e chimicamente con lo spettatore. Letizia Battaglia che fotografa l’indescrivibile, la<br />

sofferenza mortale inflitta dalla mafia e il corteo coraggioso di coloro che rialzano la testa.<br />

4


Tutti questi eroi, del resto, hanno lasciato tracce della loro gioventù restituite da vecchi documenti del<br />

<strong>19</strong>68* e hanno nutrito il terreno dei nuovi arrivati sulla scena contemporanea, come le sculture<br />

dissacratorie di Maurizio Cattelan, le fotografie intimistiche di Luisa Lambri, le installazioni dinamiche<br />

di Patrick Tuttofuoco.A volte è necessario essere volenterosi per seguire il filo del tempo, districare la<br />

matassa delle dispute e le separazioni successive. Il tono virulento dei belligeranti non ha, tutto<br />

sommato, alcunché di sorprendente perché ognuno degli artisti rivendica con forza la propria<br />

interpretazione dell’epoca, e l’armonia, dato che è in piena gestazione, è necessariamente dissonante.<br />

Nel <strong>19</strong>68, nel fermento del momento, non erano minori le contraddizioni nell’interpretazione della<br />

storia, in piena esplosione. Un esempio fra molti: mentre infuriavano gli scontri violenti tra studenti e<br />

forze di polizia, Pier Paolo Pasolini, cantore di tutte le lacerazioni, stupì la sua cerchia prendendo<br />

vigorosamente posizione a favore dei poliziotti,“figli del popolo senza diploma e senza difesa”, contro gli<br />

studenti,“figli di papà” (cito:“Avete facce di figli di papà.Vi odio come odio i vostri papà”).<br />

Ringrazio innanzitutto la Città di Venezia per la splendida accoglienza che ha riservato alle iniziative e<br />

ai collaboratori di François Pinault, per la serena fiducia concessa, per la velocità e l’efficienza di cui ha<br />

dato prova e per il clima di cordiale apertura in cui ogni avvenimento si è svolto. Un sentito<br />

ringraziamento al nostro partner per l’esposizione, il Museum of Contemporary Art di Chicago, e a tutti<br />

coloro che hanno volentieri prestato alcune delle loro opere. Ringrazio inoltre la società ARTIS, senza<br />

dimenticare tutti gli altri sponsor senza i quali la nostra avventura veneziana non avrebbe potuto vedere<br />

la luce. Grazie infine ai nostri staff, quello di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> e quello di “Italics”.<br />

Monique Veaute<br />

Direttore di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

5


3/<br />

Un'antica civiltà contemporanea<br />

a cura di Francesco Bonami, Curatore della mostra<br />

Sull’“International Herald Tribune” del 20 giugno 2008 erano pubblicate due immagini tratte dai film<br />

italiani vincitori a Cannes: Il Divo di Paolo Sorrentino e Gomorra di Matteo Garrone. Il fotogramma del<br />

Divo è l’immagine di un uomo, Giulio Andreotti, sette volte primo ministro italiano, che cammina solitario<br />

in un paesaggio quasi desertico. L’altro fotogramma è quello di due giovani camorristi a torso nudo che<br />

sparano con fucili mitragliatori su una spiaggia. Queste due immagini sono le due rotaie che corrono<br />

perfettamente parallele attraverso quarant’anni di storia italiana, sulle quali ho deciso di collocare il<br />

treno della mostra che si intitola “Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione <strong>19</strong>68-2008”.<br />

Perché inserire queste due immagini arrivate all’ultimo momento in una riflessione iniziata molti anni fa<br />

su come sia possibile raccontare la storia dell’arte italiana degli ultimi quarant’anni senza finire dentro<br />

il solito labirinto della critica ufficiale? Il fotogramma del Divo e quello di Gomorra sono, nella loro<br />

diversità, due immagini profondamente italiane ma anche, e finalmente, astratte o meglio universali.<br />

Rappresentano molto della nostra contemporaneità ma sono al tempo stesso i simboli della crisi di<br />

identità italiana, che è poi quella della civiltà occidentale nella sua essenza. Rappresentano il potere e<br />

la violenza, l’ordine assoluto e il caos, la frigidità e la sensualità, l’eleganza e la volgarità. Coincidono<br />

esattamente con i binari della tradizione e della rivoluzione, tenuti insieme con uno sforzo enorme dagli<br />

artisti italiani che dal <strong>19</strong>68 a oggi hanno lavorato nel tentativo disperato di far convergere queste due<br />

forze determinanti nella trasformazione della cultura contemporanea del mondo occidentale. Lo<br />

statista Aldo Moro,assassinato nel <strong>19</strong>78 dai terroristi delle Brigate Rosse,aveva inventato per un certo<br />

modo di fare politica la geniale definizione di “convergenze parallele”. Una definizione perfetta che può<br />

essere usata anche per l’arte italiana sulla quale è costruita “Italics”. La rete dell’arte contemporanea<br />

italiana è sempre stata un intricato sistema di direzioni diverse che partivano tutte dalla linea<br />

principale che attraversava la tradizione dei grandi maestri del passato. Questo vettore ferroviario<br />

dell’arte a un certo punto si è però diviso in tre linee diverse: due sono arrivate oltre il confine nazionale<br />

mentre la terza è diventata una rete locale che riconduce sempre agli stessi luoghi. Le linee che hanno<br />

varcato le frontiere italiane si chiamano arte povera e transavanguardia, mentre la rete locale porta, a<br />

seconda delle diverse stazioni di arrivo, il nome di tutti quegli artisti che, per un motivo o per l’altro, non<br />

sono mai riusciti a salire sul treno giusto.<br />

La storia dell’arte italiana contemporanea o post-sessantotto è la storia del film I Vitelloni di Federico<br />

Fellini,dove un gruppo di giovani è incapace di lasciarsi alle spalle la comodità deprimente e noiosa della<br />

provincia per intraprendere il necessario viaggio alla scoperta del mondo. Solo uno dei protagonisti,<br />

Moraldo,il più giovane del gruppo,alla fine riesce a partire, a liberarsi della devastante tranquillità della<br />

famiglia e del rassicurante calore del branco. “Italics” è una mostra che vuole immaginare questi vitelloni<br />

improvvisamente maturi, decisi a tuffarsi in un mondo che fino a oggi li ha ignorati. “Italics” è<br />

fondamentalmente una domanda,un’inchiesta, un’esplorazione su più di cento artisti, che tutti insieme<br />

rappresentano una sorta di grande civiltà contemporanea scomparsa e all’improvviso ritornata in<br />

superficie, della quale ci domandiamo perché nel mondo si sappia così poco. Come è possibile che in<br />

quarant’anni gli artisti italiani conosciuti all’estero si riducano a Fontana e Burri, i tredici dell’arte povera,<br />

i tre della transavanguardia, per finire con Cattelan, Beecroft e Vezzoli? Venti in tutto.<br />

6


“Italics” è allora una fantasia e un’illusione? O addirittura un’invenzione? Ovviamente non credo che sia<br />

nessuna di queste cose.“Italics” è un’indagine volta a individuare dove e quando parte dei vagoni del<br />

treno italiano sono stati staccati e deviati su binari morti. “Italics” è la ricerca degli indizi necessari per<br />

capire come mai artisti capaci di produrre opere eccezionali troppo spesso si siano persi o siano stati<br />

abbandonati a loro stessi o gli sia stato fatto credere che il mondo era quello delle loro città, se non<br />

addirittura quello dei loro studi. “Italics” cerca di trovare i veri colpevoli di un crimine, liberando gli artisti<br />

che ingiustamente sono stati condannati alla marginalità. La tesi di “Italics” è che il vero DNA dell’arte<br />

italiana è un altro. L’arte italiana, come gran parte della società, è stata violentata dal fondamentalismo<br />

politico che ne ha soppresso gli istinti internazionali più forti. Mentre nel resto d’Europa si costruivano<br />

musei, in Italia si pensava ad altro. Quando negli anni sessanta l’economia avrebbe consentito di<br />

investire in infrastrutture museali, nessuno ha mosso un dito o investito una lira. Poi è arrivata la crisi e<br />

il ratto della politica si è consumato a spese della cultura, ma la violenza peggiore è stata fatta all’arte<br />

contemporanea. Molti artisti, subita inconsciamente questa violenza, l’hanno poi rimossa, chiudendosi<br />

in se stessi. Solo quelli che si sono affidati a una famiglia sono riusciti in parte a superare il trauma. Ma<br />

di quale famiglia stiamo parlando? Delle tante famiglie che hanno tenuto unita, e schiava al tempo<br />

stesso, l’Italia: la famiglia politica, la famiglia religiosa, la famiglia criminale, la famiglia critica, la<br />

famiglia borghese o quella imprenditoriale, quella terrorista o quella extraparlamentare. In fin dei conti,<br />

una stessa famiglia con nomi diversi: PCI, DC, PSI, Mafia, Chiesa cattolica, Agnelli, arte povera,<br />

transavanguardia, Autonomia Operaia, Lotta Continua, BR, NAR eccetera eccetera. Chi veniva<br />

abbandonato dalla famiglia finiva di solito allo sbando. Non solo artisti contemporanei ma anche<br />

registi, attori, musicisti, scrittori, architetti. “Italics” vuole provare a raccontare la storia di una civiltà<br />

contemporanea scomparsa perché cresciuta fuori dalla famiglia. Una storia difficile da raccontare,<br />

perché la famiglia in Italia non solo ha protetto i propri figli, ma li ha anche oppressi, e l’oppressione va<br />

mano nella mano con la censura. Così la famiglia ha sempre tentato di raccontare la storia dei propri<br />

figli per il timore che un racconto autonomo e più libero potesse indebolire il legame, se non rompere le<br />

catene familiari. In Italia i figli rimangono figli anche quando diventano padri, rimangono figli anche<br />

quando, dopo padri, diventano nonni e infine diventano morti. Anche da morto, il figlio italiano non è mai<br />

libero. Ad esempio, a uno dei più grandi maestri del Novecento, è stato impedito, pur essendo morto, di<br />

partecipare a questa mostra dalla figlia diventata madre del proprio padre, alla quale non piaceva il<br />

racconto che “Italics” tenta di fare dell’arte italiana degli ultimi quarant’anni. Nel tentativo di proteggere<br />

i propri figli dalle cattive compagnie, la famiglia culturale, intellettuale e artistica italiana ha finito per<br />

isolarli dal mondo, condannandoli a una solitudine autoreferente. Allora la mostra è un tentativo forse<br />

ingenuo di immaginare cosa sarebbe potuto accadere all’arte italiana se si fosse mossa come una<br />

popolazione fatta di persone e non in piccoli branchi dove solo il capo poteva decidere il destino degli<br />

altri. Dove solo padri, madri ed eredi, come monarchi minimi, avevano il potere di decidere il futuro dei<br />

propri sudditi. Non solo, “Italics” vuole essere una proposta di riconciliazione culturale con il panorama<br />

internazionale, facendo ascoltare voci raramente ascoltate.<br />

Secondo il grande storico dell’arte Giulio Carlo Argan, le opere d’arte che fanno la storia dell’arte non<br />

sono belle o brutte, ma “giuste”. Dipende da cosa si intende per “giusto”. A mio parere un’opera d’arte è<br />

giusta se fa giustizia dei tempi in cui vive, se riflette in qualche modo la realtà che la circonda. Ma credo<br />

che Argan intendesse qualcosa di diverso. Giusta per lui era un’opera concepita secondo certi criteri,<br />

7


certi parametri, certe direttive e forse all’interno di certe ideologie. Temo che l’arte contemporanea<br />

italiana sia stata vittima di queste direttive e la storia dell’arte contemporanea scritta da Argan ne è una<br />

dimostrazione, con i suoi molti vuoti e le sue molte omissioni. Si potrebbe allora dire che Argan sia stato<br />

un po’ il “divo” del mondo dell’arte italiana,rimasta vittima del suo rigore critico. Il netto confine morale e<br />

politico tracciato da Argan fra arte “giusta” e arte “sbagliata” ha creato un’anomalia italiana<br />

responsabile dell’esclusione di molti artisti che per un motivo o per un altro rimanevano fuori da una<br />

delle tante famiglie. Si potrebbe obiettare che Morandi, scomparso prima del confine anagrafico di<br />

questa mostra, Fontana e Burri, contraddicono questa tesi familiare, ma forse più semplicemente<br />

rappresentano le eccezioni che confermano la regola. In realtà questi tre giganti sono i testimoni della<br />

nascita dell’artista italiano contemporaneo. Re Magi che portano all’artista italiano bambino, che<br />

lavorerà tra gli anni settanta e novanta, tre doni: il gesto, la materia e l’oggetto. Doni che spesso si<br />

riveleranno maledizioni, arrestando la crescita di linguaggi simbolici che in altri paesi troveranno una<br />

maturazione più rapida. Dietro “Italics” non c’è una tesi ma una constatazione: il gruppo, di qualsiasi<br />

natura fosse, ha avuto la meglio sull’individualità e l’identità dei singoli artisti. A questo si sono aggiunte<br />

la mancanza di un sistema museale efficace e di accademie di belle arti aggiornate e aperte al dibattito<br />

e la presenza di università in mano a baronie che hanno consentito unicamente lo sviluppo di una<br />

visione rigida della storia dell’arte,inquadrata per la maggior parte dentro criteri “giusti”. Una critica<br />

d’arte lucidissima ma eccessivamente ideologica e i difetti congeniti dell’artista italicus hanno creato<br />

una situazione forse unica nel mondo dell’arte contemporanea occidentale: un paese con moltissimi ed<br />

eccezionali talenti incapaci o impossibilitati a superare l’invisibile barriera che ha intrappolato l’arte<br />

italiana dal <strong>19</strong>68 a oggi. “Italics” non ha l’ambizione di riscrivere quarant’anni di storia, ma tenta di<br />

fornirne un racconto diverso.<br />

Il curatore in questo caso non è uno storico dell’arte né un critico, ma un esploratore, un antropologo, un<br />

archeologo del presente, un astronomo che studia una galassia semisconosciuta. “Italics” è l’ipotesi di<br />

un universo possibile. “Italics” non è una mostra costruita attorno ad alcuni nomi, ma attorno ad alcuni<br />

lavori che non vogliono essere giusti in modo assoluto, ma giusti in relazione al panorama che li<br />

conteneva, e in relazione ad altri lavori che sono presenti in mostra. La mostra è stata pensata come una<br />

serie di incontri spesso tra sconosciuti, altre volte tra vecchie conoscenze, che però si scambiano<br />

informazioni inedite dimenticando la cronologia. Le assenze anche gravissime che sicuramente ci<br />

saranno non sono frutto di epurazioni sommarie, ma di un ragionamento sul lavoro degli artisti. In certi<br />

casi l’assenza di artisti che alcuni considerano parte imprescindibile di un percorso italiano dipende dal<br />

fatto di non aver individuato opere che potessero arricchire la discussione. “Italics” rimane legata alle<br />

arti visive, non si addentra in territori ibridi come il design, il cinema, la moda o il teatro. Anche se una<br />

figura come Romeo Castellucci del gruppo teatrale Socìetas Raffaello Sanzio ha letteralmente<br />

trasformato il teatro italiano in arte contemporanea, come d’altronde, suo malgrado, ha fatto Carmelo<br />

Bene con produzioni come Salomè. Includerli però avrebbe voluto dire raccontare una storia diversa, in<br />

parte già scritta. Prendere il <strong>19</strong>68 come anno di partenza è stata una scelta naturale, in parte personale<br />

in parte storica. Personalmente il <strong>19</strong>68 è l’anno nel quale, da tredicenne, inizio a prendere coscienza<br />

della realtà sociale. Ma il <strong>19</strong>68 è più che altro il primo anno condiviso dal mondo intero non attraverso<br />

una guerra ma attraverso un terremoto culturale e sociale. Non c’è nazione al mondo in cui, in qualche<br />

forma, non avvengano trasformazioni radicali. Il <strong>19</strong>68 è l’anno in cui, in Italia, la tradizione viene messa<br />

8


ufficialmente in discussione e sotto processo, un processo che, come “Italics” proverà a dimostrare, non<br />

si è ancora concluso. La tradizione, infatti, pur essendo stata il movente di tanti crimini commessi<br />

contro l’innovazione, in Italia non è stata ancora condannata definitivamente. Nel gennaio del <strong>19</strong>68,<br />

inoltre, l’Italia viene devastata dal terribile terremoto del Belice, una scossa naturale che sembra voler<br />

annunciare quella sociale, che seguirà da lì a pochi mesi. Infine, partendo dal <strong>19</strong>68, la storia che “Italics”<br />

prova a scrivere appare ancora una storia molto giovane. Si fosse partiti un decennio prima, si sarebbe<br />

parlato di mezzo secolo, si sarebbe parlato di un’Italia di mezz’età, di un’Italia dove le vere contraddizioni<br />

non erano ancora venute a galla in modo così eclatante.<br />

Quarant’anni mi è sembrato un lasso di tempo “giusto”, anche perché sono l’anello di congiunzione di<br />

due generazioni: quella di chi è nato subito dopo la guerra e quella di chi, come me, è nato agli albori del<br />

boom economico. In quarant’anni si sovrappongono artisti, critici e politici. I figli vogliono essere padri,<br />

ma i padri non rinunciano al loro ruolo, che tengono stretto tra i denti. Le comparse vogliono diventare<br />

divi, ma i divi, con i capelli che iniziano a ingrigire, si ostinano a voler fare la parte dei giovani.<br />

L’immaginazione per gli studenti ribelli deve andare al potere, ma chi questo potere lo tiene saldamente<br />

in mano rifiuta di immaginare un potere diverso dal proprio. Nel <strong>19</strong>68, l’Italia è, e lo sarà fino agli inizi<br />

degli anni ottanta, un paese dove la lotta generazionale si trasforma in una tragica parodia di guerra<br />

civile. Anche nell’arte gli schieramenti sono radicalmente opposti. La pittura, che, come il cattolicesimo,<br />

è inseparabile dall’identità italiana, negli anni settanta viene messa al bando, così come andare in<br />

chiesa diventa un gesto reazionario se non addirittura fascista. Nonostante queste leggi non scritte,<br />

tuttavia, molta gente continuerà ad andare in chiesa, come molti artisti continueranno a dipingere, ma<br />

tutti lo faranno in modo psicologicamente clandestino. L’esclusione della spiritualità e della pittura<br />

dalla sfera collettiva provocherà un trauma latente nello sviluppo della cultura italiana. Sia religione sia<br />

pittura torneranno negli anni ottanta ad affermarsi in modo reazionario attraverso comunità religiose<br />

ottuse o movimenti artistici retrogradi come la transavanguardia o la pittura colta. Anche se la<br />

transavanguardia, alla sua nascita, fa sperare in un recupero innovativo della pittura, l’innovazione è<br />

destinata a essere ingoiata da un mercato dell’arte bulimico e da una critica autoreferenziale e<br />

marginale che, anziché sviluppare l’idea di un luogo, l’Italia, come fabbrica di genialità internazionale,<br />

ripiega sulla catastrofica idea del genius loci, ovvero del genio locale che ancora una volta viene protetto<br />

esclusivamente dalla comunità chiusa del paesello d’origine e che finisce per trasformarsi nello scemo<br />

del villaggio, nell’eterno vitellone. Francesco Clemente e Sandro Chia riescono a liberarsi, il primo<br />

definitivamente, il secondo solo parzialmente, dalle catene della loro origine, trasformando l’identità<br />

italiana da zavorra in mongolfiera per esplorare il mondo, da New York all’India. Ma il ritorno alla pittura,<br />

che in altri paesi come la Germania o gli Stati Uniti ha sempre continuato a fare parte del dibattito fra<br />

linguaggi diversi – Jasper Johns o Andy Warhol hanno condiviso la scena con il minimalismo di Richard<br />

Serra o Donald Judd e Joseph Beuys con la pittura di Sigmar Polke o Gerard Richter – in Italia è vissuto<br />

come una vendetta dell’effimero sull’opprimente impegno politico. Un artista visionario come Alighiero<br />

Boetti, alla fine negli anni settanta, vede la pittura come un tradimento degli ideali della rivoluzione<br />

artistica e politica esplosi con il ’68. Dipingere rappresenta una forma di distacco dalla realtà a cui gli<br />

artisti dell’arte povera hanno sempre guardato con sospetto se non addirittura con disprezzo. Ma<br />

dipingere, come pregare, sembra essere una necessità inalienabile dell’identità italiana, così, a metà<br />

degli anni ottanta, molti artisti dell’arte povera si troveranno costretti a cercare un loro modo di essere<br />

9


pittori per poter stabilire un dialogo con un mondo dell’arte ipnotizzato dal ritorno selvaggio della<br />

pittura. Boetti resisterà, non dipingerà mai, vaccinato dalla passione per il disegno, un mezzo<br />

espressivo che consente di essere direttamente coinvolti con il presente e la cronaca. Anche Marisa<br />

Merz alternerà sempre scultura e disegno, senza mai cadere nella trappola del quadro. Ma la pittura<br />

rimane come la Chiesa una delle grandi madri della cultura italiana. Così, se la religione e la presenza<br />

del Vaticano hanno, se non bloccato, almeno ritardato lo sviluppo di una cultura laica moderna e<br />

contemporanea, e la pittura e il Rinascimento hanno rimandato la nascita di un’arte contemporanea<br />

veramente libera di rinnovarsi, la rimozione forzata, negli anni settanta, di pittura e religione dal<br />

panorama della società ha prodotto traumi che hanno impedito di leggere gli ultimi quarant’anni in<br />

modo chiaro.<br />

“Italics” mette sul lettino dell’analista l’arte italiana nel tentativo di capire meglio la sua storia fatta di<br />

traumi rimossi. Traumi a volte nascosti dalla sindrome dell’ideologia politica, come nei Funerali di<br />

Togliatti (<strong>19</strong>72) di Renato Guttuso, massimo genio locale ignorato dal resto del mondo ma beatificato<br />

da quella chiesa-ombra che è stato in Italia il Partito Comunista Italiano. Oppure ferite sociali come la<br />

Mafia, rese astratte nella materia nera e spaccata di un cretto di Alberto Burri o manifestate<br />

chiaramente nelle foto di Letizia Battaglia, che non ha nulla da invidiare a giganti della fotografia<br />

come l’americano Weegee. Traumi assorbiti dalla società dello spettacolo responsabile di aver<br />

trasformato la televisione nell’unica realtà e verità accettabile dell’Italia contemporanea, che nei<br />

video di Francesco Vezzoli si aggrappa però a miti di un intrattenimento più umano, come l’attrice di<br />

cabaret Franca Valeri e l’alba della televisione di stato, la Rai. Il trauma dell’equivoco fatale che ha<br />

confuso la sperimentazione e l’avanguardia con una ricerca estetica fine a se stessa o forse sfruttata<br />

per rafforzare il luogo comune di un’eleganza italiana diffusa e tentacolare che ha ingabbiato<br />

fenomeni come Dadamaino, Castellani, Alviani o Accardi, impedendo loro di sfidare sullo stesso<br />

terreno i colleghi che lavoravano dall’altra parte dell’Atlantico. Il trauma di quel sottoproletariato<br />

raccontato e idealizzato da Pasolini, rimosso dalle baraccopoli urbane e segregato nell’architettura<br />

di periferie senza identità, come la cucina-tinello dello scoiattolo suicida di Maurizio Cattelan. Il<br />

trauma di una micro-bohème locale, che ha impedito a un’artista come Carol Rama di diventare la<br />

Louise Bourgeois italiana. Il ricatto della bellezza messa sempre in pericolo dall’ossessione e<br />

dall’amore per il cibo, espresso così intensamente nella serie di disegni di Vanessa Beecroft sullo<br />

spettro dell’anoressia, molto più efficaci dell’imbarazzante e prevedibile spettacolarità della<br />

pubblicità di Oliviero Toscani con la ragazza scheletrica. Il trauma della demagogia psichiatrica, che<br />

ha relegato un artista come Carlo Zinelli a caso clinico, mentre a Los Angeles un eccentrico come<br />

Raymond Pettibon è diventato un eroe di gallerie e musei d’arte contemporanea. Il trauma di una<br />

cultura, che, anziché cercare nella propria specifica intraducibilità l’occasione per diventare<br />

universale, ha preferito diventare introversa, finendo per parlare a se stessa. “Italics” come i film Il<br />

Divo e Gomorra, ma anche come i film di Antonioni o Fellini, senza l’arroganza di voler essere al loro<br />

livello, ma rimanendo nei limiti e nella dimensione di una mostra di arte contemporanea, prova a<br />

raccontare al mondo una storia diversa dell’arte italiana,una storia più universale e meno locale.<br />

“Italics” tenta di rompere gli argini di un fiume che, per quarant’anni, ha corso dentro rive artificiali:<br />

quella della politica culturale e quella della critica d’arte. “Italics” non vuole ricostruire un olimpo di<br />

creta con le sue divinità, ma vuole offrire a un pubblico internazionale l’opportunità di scoprire un<br />

10


territorio nascosto, una grande e antica civiltà contemporanea rimasta sepolta sotto la cenere del<br />

vulcano politico esploso nel <strong>19</strong>68.<br />

Il film “Italics” si apre con sei opere essenziali che ci conducono dentro il racconto dell’arte italiana,<br />

complicato, affascinante ma anche ricchissimo. La prima opera è la fontana-autoritratto di Alighiero<br />

Boetti. L’homo italicus nella sua essenza, con la mente che fuma come un vulcano pronto, appunto, a<br />

esplodere provocando una rivoluzione. La seconda opera è una piccolissima roccia con un piccolissimo<br />

ritratto a matita: è un lavoro di Gino De Dominicis. Il mito di Giotto, il mito dell’artista pastore, il mito della<br />

mano che con un semplice gesto può trasformare la realtà. La terza opera è costituita dai nove corpi<br />

coperti da un lenzuolo di Maurizio Cattelan, scolpiti in marmo bianco. Una scultura che collega con un<br />

filo diretto la storia dell’arte alla cronaca del presente: da Bernini ai cadaveri dell’Iraq; l’estasi di santa<br />

Teresa a confronto con l’eterna tragedia della follia umana. La quarta opera rappresenta le teste<br />

mozzate del museo Lombroso di Torino nel film di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. Anche qui la<br />

storia dell’arte – Caravaggio, Cellini – si aggancia alla storia contemporanea più recente, i video delle<br />

decapitazioni degli ostaggi da parte dei terroristi islamici. La quinta opera è anche un suono, un rumore,<br />

la piccola fontana di Marisa Merz. Dopo la violenza il miracolo, come nel film La fontana della vergine di<br />

Ingmar Bergman. La sorgente come simbolico rifiuto della morte. La sesta opera è l’Italia d’oro<br />

rovesciata di Luciano Fabro. Un’Italia non impiccata o a testa in giù, ma l’Italia raccontata da “Italics”. Un<br />

mondo diverso, una civiltà contemporanea misteriosa che siamo stati abituati a osservare sempre dallo<br />

stesso punto di vista, da nord a sud, uno stivale attaccato all’Europa come un’appendice. Ma così come<br />

ce la mostra Fabro diventa un pianeta, una stella, una cometa inseguita come una premonizione da un<br />

popolo di artisti nomadi nell’universo globale della società e della storia contemporanee.<br />

Francesco Bonami, Chicago 2008<br />

11


4/<br />

Gli artisti in mostra (bio brevi)<br />

Carla Accardi<br />

Nata a Trapani nel <strong>19</strong>24. Vive e lavora a Roma.<br />

Valerio Adami<br />

Nato nel <strong>19</strong>35 a Bologna. Vive e lavora a Parigi.<br />

Getulio Alviani<br />

Nato nel <strong>19</strong>39 a Udine. Vive e lavora a Milano.<br />

Pietro Annigoni<br />

Nato nel <strong>19</strong>10 a Milano. Morto nel <strong>19</strong>88 a Firenze.<br />

Giovanni Anselmo<br />

Nato nel <strong>19</strong>34 a Borgofranco d’Ivrea (Torino). Vive e lavora a Torino.<br />

Alessandra Ariatti<br />

Nata nel <strong>19</strong>67 a Reggio Emilia. Vive e lavora a Borzano di Albinea (Reggio Emilia).<br />

Stefano Arienti<br />

Nato nel <strong>19</strong>61 ad Asola (Mantova). Vive e lavora a Milano.<br />

Micol Assaël<br />

Nata nel <strong>19</strong>79 a Roma. Vive e lavora a Roma.<br />

Giorgio Avidgor<br />

Nato nel <strong>19</strong>32. Vive e lavora a New York.<br />

Enrico Baj<br />

Nato nel <strong>19</strong>24 a Milano. Morto nel 2003 a Vergiate (Varese).<br />

Nanni Balestrini<br />

Nato nel <strong>19</strong>35 a Milano. Vive e lavora a Parigi e Roma.<br />

Rosa Barba<br />

Nata nel <strong>19</strong>72 ad Agrigento. Vive e lavora a Colonia.<br />

Massimo Bartolini<br />

Nato nel <strong>19</strong>62 a Cecina (Livorno). Vive e lavora a Cecina.<br />

12


Gianfranco Baruchello<br />

Nato nel <strong>19</strong>24 a Livorno. Vive e lavora a Roma.<br />

Gabriele Basilico<br />

Nato a Milano nel <strong>19</strong>44. Vive e lavora a Milano.<br />

Letizia Battaglia<br />

Nata a Palermo nel <strong>19</strong>35. Vive lavora a Palermo.<br />

Vanessa Beecroft<br />

Nata nel <strong>19</strong>69 a Genova, vive e lavora a New York.<br />

Simone Berti<br />

Nato nel <strong>19</strong>66 ad Adria (Rovigo). Vive e lavora a Milano.<br />

Alighiero Boetti<br />

Nato nel <strong>19</strong>40 a Torino. Morto nel <strong>19</strong>94 a Roma.<br />

Agostino Bonalumi<br />

Nato nel <strong>19</strong>35 a Vimercate (Milano). Vive e lavora a Milano.<br />

Monica Bonvicini<br />

Nata nel <strong>19</strong>65 a Venezia. Vive e lavora a Berlino e Los Angeles.<br />

Alberto Burri<br />

Nato nel <strong>19</strong>15 a Città di Castello (Perugia). Morto nel <strong>19</strong>95 a Nizza.<br />

Pierpaolo Campanini<br />

Nato nel <strong>19</strong>64 a Cento (Ferrara). Vive e lavora a Cento (Ferrara).<br />

Enrico Castellani<br />

Nato nel <strong>19</strong>30 a Castelmassa (Rovigo). Vive e lavora a Celleno (Viterbo).<br />

Alice Cattaneo<br />

Nata nel <strong>19</strong>76 a Milano. Vive e lavora a Milano.<br />

Maurizio Cattelan<br />

Nato nel <strong>19</strong>60 a Padova. Vive e lavora a New York.<br />

Mario Ceroli<br />

Nato nel <strong>19</strong>38 a Castel Frentano (Chieti). Vive e lavora a Roma.<br />

13


Sandro Chia<br />

Nato nel <strong>19</strong>46 a Firenze. Vive e lavora a tra Miami, Roma e Montalcino (Siena).<br />

Francesco Clemente<br />

Nato a Napoli nel <strong>19</strong>52. Vive e lavora a New York.<br />

Fabrizio Clerici<br />

Nato nel <strong>19</strong>13 a Milano. Morto nel <strong>19</strong>93 a Roma.<br />

Cesare Colombo<br />

Nato a Lecco nel <strong>19</strong>35. Vive e lavora a Milano.<br />

Gianni Colombo<br />

Nato nel <strong>19</strong>37 a Milano. Morto nel <strong>19</strong>93 a Melzo, Milano.<br />

Enzo Cucchi<br />

Nato a Morro d’Alba (Ancona) nel <strong>19</strong>49. Vive e lavora a Roma.<br />

Roberto Cuoghi<br />

Nato nel <strong>19</strong>73 a Modena. Vive e lavora a Milano.<br />

Dadamaino<br />

Nata nel <strong>19</strong>35 a Milano. Morta nel 2004 a Milano.<br />

Tano D’Amico<br />

Nato a Filicudi (isole Eolie) nel <strong>19</strong>42. Vive e lavora a Roma.<br />

Enrico David<br />

Nato nel <strong>19</strong>66 ad Ancona. Vive e lavora a Londra.<br />

Giorgio De Chirico<br />

Nato nel 1888 a Volos, Grecia. Morto nel <strong>19</strong>78 a Roma.<br />

Gino De Dominicis<br />

Nato nel <strong>19</strong>47 ad Ancona. Morto nel <strong>19</strong>98 a Roma.<br />

Ra Di Martino<br />

Nata nel <strong>19</strong>75 a Roma. Vive e lavora a New York.<br />

Salvatore Emblema<br />

Nato nel <strong>19</strong>29 a Terzigno (Napoli). Morto nel 2006.<br />

14


Bruna Esposito<br />

Nata nel <strong>19</strong>60 a Roma. Vive e lavora a Roma.<br />

Luciano Fabro<br />

Nato nel <strong>19</strong>36 a Torino. Morto nel 2007 a Milano.<br />

Flavio Favelli<br />

Nato nel <strong>19</strong>67 a Firenze. Vive e lavora a Samoggia - Savigno (Bologna).<br />

Gianfranco Ferroni<br />

Nato nel <strong>19</strong>27 a Livorno. Morto nel 2001 a Bergamo.<br />

Tano Festa<br />

Nato a Roma nel <strong>19</strong>38 e morto nel <strong>19</strong>88 a Roma.<br />

Lucio Fontana<br />

Nato nel 1899 a Rosario de Santa Fe (Argentina). Morto nel <strong>19</strong>68 a Milano.<br />

Giuseppe Gabellone<br />

Nato nel <strong>19</strong>73 a Brindisi. Vive e lavora a Milano.<br />

Alberto Garutti<br />

Nato nel <strong>19</strong>48 a Galbiate (Lecco). Vive e lavora a Milano.<br />

Francesco Gennari<br />

Nato nel <strong>19</strong>73 a Pesaro. Vive e lavora tra Milano e Pesaro.<br />

Luigi Ghirri<br />

Nato nel <strong>19</strong>43 a Scandiano (Reggio Emilia). Morto nel <strong>19</strong>92 a Roncocesi (Reggio Emilia).<br />

Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi<br />

Nato nel <strong>19</strong>42 a Merano (Bolzano). Nata nel <strong>19</strong>42 a Lugo di Romagna (Ravenna). Vivono e lavorano<br />

a Milano.<br />

Piero Gilardi<br />

Nato a Torino nel <strong>19</strong>42. Vive e lavora a Torino.<br />

Domenico Gnoli<br />

Nato nel <strong>19</strong>33 a Roma. Morto nel <strong>19</strong>70 a New York.<br />

Massimo Grimaldi<br />

Nato nel <strong>19</strong>74 Taranto. Vive e lavora a Milano.<br />

15


Renato Guttuso<br />

Nato nel <strong>19</strong>11 a Bagheria (Palermo). Morto nel <strong>19</strong>87 Roma.<br />

Paolo Icaro<br />

Nato a Torino nel <strong>19</strong>36. Vive e lavora a Pesaro.<br />

Mimmo Jodice<br />

Nato a Napoli nel <strong>19</strong>34. Vive e lavora a Napoli.<br />

Maria Lai<br />

Nata nel <strong>19</strong><strong>19</strong> a Ulassai (Nuoro). Vive e lavora a Ulassai (Nuoro).<br />

Luisa Lambri<br />

Nata nel <strong>19</strong>69 a Cantù (Como). Vive e lavora a Milano.<br />

Ketty La Rocca<br />

Nata nel <strong>19</strong>38 a La Spezia. Morta nel <strong>19</strong>76 a Firenze.<br />

Leonardo Leoncillo<br />

Nato nel <strong>19</strong>15 a Spoleto (Perugia). Morto nel <strong>19</strong>68 a Roma.<br />

Domenico Mangano<br />

Nato a Palermo nel <strong>19</strong>76. Vive e lavoro tra Roma e Palermo.<br />

Margherita Manzelli<br />

Nata nel <strong>19</strong>68 a Ravenna. Vive e lavora a Milano.<br />

Gino Marotta<br />

Nato nel <strong>19</strong>35 a Campobasso. Vive e lavora a Roma.<br />

Fabio Mauri<br />

Nato a Roma nel <strong>19</strong>26. Vive e lavora a Roma.<br />

Fernando Melani<br />

Nato nel <strong>19</strong>07 a S, Piero Agliana (Pistoia). Morto nel <strong>19</strong>85 a Pistoia.<br />

Mario Merz<br />

Nato nel <strong>19</strong>25 a Milano, morto nel 2003 a Milano.<br />

Marisa Merz<br />

Nata nel <strong>19</strong>31 a Torino. Vive e lavora a Milano.<br />

16


Maurizio Mochetti<br />

Nato nel <strong>19</strong>40 a Roma. Vive e lavora a Roma.<br />

Carlo Mollino<br />

Nato nel <strong>19</strong>05 a Torino. Morto nel <strong>19</strong>73 a Torino.<br />

Liliana Moro<br />

Nata a Milano nel <strong>19</strong>61. Vive e lavora a Milano.<br />

Ugo Mulas<br />

Nato a Pozzolengo (Brescia) nel <strong>19</strong>28 e morto a Milano nel <strong>19</strong>73.<br />

Bruno Munari<br />

Nato nel <strong>19</strong>07 a Milano. Morto nel <strong>19</strong>98 a Milano.<br />

Paolo Mussat-Sartor<br />

Nato nel <strong>19</strong>47 a Torino. Vive e lavora a Torino.<br />

Ugo Nespolo<br />

Nato nel <strong>19</strong>41 a Mosso Santa Maria (Biella). Vive e lavora a Torino.<br />

Gastone Novelli<br />

Nato nel <strong>19</strong>25 a Vienna. Morto nel <strong>19</strong>68 a Milano.<br />

Luigi Ontani<br />

Nato a Montovolo di Grizzana Moranti (Bologna) nel <strong>19</strong>43. Vive e lavora a Roma.<br />

Giulio Paolini<br />

Nato nel <strong>19</strong>40 a Genova. Vive e lavora tra Torino e Parigi.<br />

Pino Pascali<br />

Nato nel <strong>19</strong>35 a Bari, morto nel <strong>19</strong>68 a Roma.<br />

Luca Maria Patella<br />

Nato nel <strong>19</strong>34 a Roma. Vive e lavora a Roma.<br />

Giuseppe Penone<br />

Nato nel <strong>19</strong>47 a Garessio (Cuneo). Vive e lavora tra Torino e Parigi.<br />

Diego Perrone<br />

Nato nel <strong>19</strong>70 ad Asti. Vive e lavora ad Asti.<br />

17


Alessandro Pessoli<br />

Nato a Cervia (Ravenna) nel <strong>19</strong>63. Vive e lavora a Milano.<br />

Gianni Piacentino<br />

Nato nel <strong>19</strong>45 a Coazze (Torino). Vive e lavora a Torino.<br />

Michelangelo Pistoletto<br />

Nato nel <strong>19</strong>33 a Biella. Vive e lavora a Biella.<br />

Paola Pivi<br />

Nata a Milano nel <strong>19</strong>71. Vive e lavora a Anchorage, Alaska, USA.<br />

Emilio Prini<br />

Nato a Stresa nel <strong>19</strong>43. Vive e lavora a Roma.<br />

Carol Rama<br />

Nata a Torino nel <strong>19</strong>18. Vive e lavora a Torino.<br />

Pietro Roccasalva<br />

Nato a Modica (Ragusa) nel <strong>19</strong>70. Vive e lavora a Milano.<br />

Mimmo Rotella<br />

Nato a Catanzaro nel <strong>19</strong>18 e morto a Milano nel 2006.<br />

Andrea Salvino<br />

Nato a Roma nel <strong>19</strong>69. Vive e lavora a tra Roma e Berlino.<br />

Salvo<br />

Nato nel <strong>19</strong>47 a Leonforte, Enna. Vive e lavora a Torino.<br />

Salvatore Scarpitta<br />

Nato a New York nel <strong>19</strong><strong>19</strong>. Morto a New York nel 2007.<br />

Mario Schifano<br />

Nato nel <strong>19</strong>34 a Homs, Libia. Morto nel <strong>19</strong>98 a Roma.<br />

Marinella Senatore<br />

Nata nel <strong>19</strong>77 a Cava dé Tirreni, Salerno. Vive e lavora a Madrid (Spagna).<br />

Ettore Sottsass<br />

Nato a Innsbruck (Austria) nel <strong>19</strong>17 e morto a Milano nel 2007.<br />

18


Emilio Tadini<br />

Nato a Milano nel <strong>19</strong>27 e morto a Milano nel 2002.<br />

Patrick Tuttofuoco<br />

Nato nel <strong>19</strong>74 a Milano. Vive e lavora a Milano.<br />

Giuseppe Uncini<br />

Nato nel <strong>19</strong>29 a Fabiano (Ancona). Morto nel 2008 a Trevi.<br />

Emilio Vedova<br />

Nato nel <strong>19</strong><strong>19</strong> a Venezia . Morto nel 2006 a Venezia.<br />

Francesco Vezzoli<br />

Nato nel <strong>19</strong>71 a Brescia. Vive e lavora a Milano.<br />

Franco Vimercati<br />

Nato nel <strong>19</strong>40 a Milano. Morto nel 2001 a Milano.<br />

Carlo Zinelli<br />

Nato nel <strong>19</strong>16 a San Giovanni Lupatoto, Verona. Morto nel <strong>19</strong>74 a Chievo.<br />

Gilberto Zorio<br />

Nato a Adorno Micca (Biella) nel <strong>19</strong>44. Vive e lavora a Torino.<br />

<strong>19</strong>


5/<br />

Il catalogo<br />

Electa pubblica il catalogo della mostra “Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione, <strong>19</strong>68-2008”,<br />

a cura di Francesco Bonami, inaugurando la collaborazione editoriale con <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> e il futuro<br />

Centro d’Arte Contemporanea di Punta della Dogana a Venezia.<br />

Realizzato su progetto grafico di Christoph Radl, con 200 illustrazioni a colori, il volume presenta oltre<br />

150 opere di artisti che sono stati e sono oggi, tra i protagonisti dell’arte italiana, nell’ambito di una<br />

analisi che attraversa i nostri ultimi 40 anni di storia. Propone un inedito ritratto dell’arte<br />

contemporanea italiana, un viaggio che parte dalle rotture del ‘68, attraverso anni turbolenti e ricchi di<br />

contraddizioni che hanno generato il nostro presente, e le opere di artisti noti, nuovi, dimenticati,<br />

sconosciuti o trascurati.<br />

I contributi critici (prima sezione) analizzano le tensioni e le correnti artistiche immergendole nel<br />

contesto storico, sociologico e culturale che le ha generate. I saggi di Francesco Bonami, Guido<br />

Guerzoni, Giuliano da Empoli, Francesco Manacorda e Paola Nicolin con ironia e disincanto delineano<br />

la fruizione e i “modi di consumo” dell'arte contemporanea da parte dell'italiano e del turista medio dal<br />

<strong>19</strong>68 ad oggi.<br />

La selezione operata dal curatore Francesco Bonami, raccolta nella parte centrale del volume, presenta<br />

opere che vanno dagli artisti storici, come Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio, Mario Merz, a quelli<br />

che oggi sono protagonisti della scena artistica italiana e internazionale, come Patrik Tuttofuoco, Ra di<br />

Martino, Paola Pivi.<br />

La terza parte del catalogo presenta una cronologia che sintetizza i principali eventi storici, politici,<br />

sociali e di costume che dal <strong>19</strong>68 ad oggi hanno delineato e continuano a caratterizzare il contesto da<br />

cui l’arte ha tratto e trae ispirazione.<br />

Chiudono il volume le biografie degli artisti in mostra.<br />

20


Catalogo Electa<br />

Formato<br />

24x28 cm<br />

Pagine 300<br />

Illustrazioni 200<br />

Prezzo in libreria 50 €<br />

Prezzo in mostra 39 €<br />

A cura di Francesco Bonami<br />

Sommario<br />

25 Un’antica civiltà contemporanea<br />

Francesco Bonami<br />

33 Mediazioni e ricezioni della contemporaneità <strong>19</strong>60-<strong>19</strong>90<br />

Guido Guerzoni<br />

53 Il “Core Business” della conservazione<br />

Giuliano da Empoli<br />

57 “Se la forma scompare la sua radice è eterna”<br />

La rivolta dei poeti e degli inventori<br />

Francesco Manacorda<br />

63 Sragionare in lungo e in largo<br />

Note sull’arte italiana oggi, tra ricerca dell’identità e ipotesi di spazio<br />

Paola Nicolin<br />

73 Catalogo<br />

226 Regesto<br />

234 Cronologia <strong>19</strong>68-2008<br />

A cura di Stefano Collicelli Cagol<br />

278 Artisti in mostra<br />

A cura di Cecilia Alemani, Vittoria Martini, Emanuela Mazzonis e Roberta Tenconi<br />

21


6/<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>: una storia veneziana<br />

L’architettura di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> è attribuita a Giorgio Massari (1687-1766) che stava ultimando<br />

all’epoca Ca’ Rezzonico, al di là del Canal Grande. Aveva in precedenza costruito la grande chiesa dei<br />

Gesuati, sulla rive delle Zattere e quella della Pietà, sulla riva degli Schiavoni. A lui si deve anche la<br />

facciata del museo dell’Accademia. La famiglia <strong>Grassi</strong>, originaria di Chioggia, aveva acquistato un<br />

terreno situato in splendida posizione, la cui forma trapezoidale aveva il vantaggio di offrire un’ampia<br />

facciata sul canale, magnificamente orientata a occidente. Curiosamente, le circostanze precise della<br />

costruzione del palazzo sono poco conosciute. Si suppone che possa essere stata intrapresa nel 1740,<br />

più probabilmente nel 1748, data in cui un testo segnala lavori di scavo e di preparazione di<br />

fondamenta. Potrebbe essere stata ultimata dopo la morte dei committenti, quella di Anzolo <strong>Grassi</strong> nel<br />

1758, più probabilmente quella del figlio Paolo nel 1772, mentre il decesso di Massari risale al 1766. Fu<br />

dunque quasi contemporanea alla seconda tranche di lavori di Ca’ Rezzonico. È l’ultimo palazzo che<br />

Venezia avrebbe costruito prima della caduta della Repubblica. Dopo la rapida estinzione della famiglia<br />

<strong>Grassi</strong>, e in ogni caso della sua ricchezza, il palazzo andò incontro a una serie di avventure ed entrò a far<br />

parte di patrimoni immobiliari più o meno fortunati che ne trasformarono più volte la destinazione.<br />

Nel 1840, sotto il regno dell’imperatore d’Austria Ferdinando Primo, i fratelli Angelo e Domenico <strong>Grassi</strong><br />

cedettero il palazzo alla Società Veneta Commerciale di Spiridione Papadopoli, che lo rivendette quattro<br />

anni dopo al tenore lirico Antonio Poggi, grande interprete del romanticismo italiano. Quasi subito, questi<br />

lo cedette al pittore ungherese Józsej Agost Schöfft. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1850, la seconda<br />

moglie Giuseppina Lindlau vi stabilì per alcuni anni sotto il nome di Hôtel de la Ville uno di quegli alberghi<br />

che già cominciavano a moltiplicarsi negli antichi palazzi veneziani. Nuovo cambiamento di proprietario<br />

nel 1857, con l’acquisto da parte di un finanziere greco stabilitosi a Vienna, il barone Simeone de Sina, che<br />

vi introdusse trasformazioni importanti. Per ragioni di stabilità, aggiunse quattro colonne al vestibolo,<br />

distrusse una parte dei decori del XVIII secolo, divise la grande sala da ballo del primo piano nobile (e per<br />

questo occultò l’affresco di Giambattista Canal Il trionfo della Giustizia incoronata dalla Gloria, allora<br />

attribuito a Giambattista Tiepolo) per ricavare un’anticamera a volte ogivali, la sala del Trionfo di Nettuno<br />

e Anfitrite, che il pittore austriaco Christian Griepenkerl illustrò con scene mitologiche e ornamenti rococò.<br />

Mezzo secolo dopo, nel <strong>19</strong>08, i suoi eredi vendettero nuovamente il palazzo, questa volta al celebre<br />

industriale svizzero Giovanni Stucky, che aveva costruito dopo il 1896 i grandi mulini in mattone rosso<br />

della Giudecca e che morì due anni dopo, nel 1810, assassinato davanti alla stazione di Venezia da un<br />

suo operaio licenziato. Il figlio Giancarlo introdusse nell’edificio ascensori, elettricità, termosifoni.<br />

Risalgono al suo intervento anche alcuni soffitti a cassonetti e cornici di legno dorato.<br />

Giancarlo fece trasferire dal salone alla scala l’affresco di Giambattista Canal.<br />

Alla morte di Giancarlo Stucky, nel <strong>19</strong>43, il palazzo passò nelle mani di un altro grande industriale e<br />

finanziere veneziano, Vittorio Cini che, dopo la morte del beneamato figlio, se ne separò nel <strong>19</strong>49.<br />

Il palazzo fu allora acquistato da una società immobiliare che, due anni dopo, vi stabilì un Centro<br />

internazionale dell’Arte e del Costume, effettuando due interventi essenziali: la copertura del cortile<br />

con una vetrata, e la sostituzione del vecchio pavimento eroso di lastre in pietra d’Istria con marmi<br />

intarsiati e levigati. Il giardino fu distrutto e sostituito da un teatro all’aperto destinato ai ricevimenti e<br />

alle sfilate di moda.<br />

22


Da Gianni Agnelli a François Pinault<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> viene acquistato nel <strong>19</strong>83 dal gruppo Fiat, che ne affida la ristrutturazione all’architetto<br />

milanese Gae Aulenti, allora all’apice della notorietà, diventando uno dei centri espositivi più prestigiosi<br />

d’Europa. Sotto la guida di illustri direttori (tra cui Pontus Hulten, Paolo Viti ed altri) <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

presenta ambiziose mostre di grande successo, dedicate all’arte e alla storia delle grandi civiltà, tra cui<br />

(solo per citarne alcune): una grande retrospettiva nel <strong>19</strong>86 dedicata al Futurismo, i Maya nel <strong>19</strong>98, gli<br />

Etruschi, Andy Warhol. L’ultima mostra dell’epoca Fiat, Dalí, chiude nel febbraio 2005. In seguito alla<br />

morte di Gianni Agnelli, il gruppo Fiat decide di separarsi da <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>.<br />

Nel maggio 2005, <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> viene acquistato da François Pinault. Viene costituita una nuova<br />

società <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> S.p.A, che abbina François Pinault, azionista di maggioranza (80%) al Casinò<br />

Municipale di Venezia, società a economia mista di cui è azionista la Città di Venezia, desiderosa di<br />

rimanere associata allo sviluppo delle attività di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>.<br />

Il consiglio d’amministrazione<br />

François Pinault, Presidente<br />

Monique Veaute, Direttore e Amministratore Delegato<br />

Patricia Barbizet, Amministratore<br />

Jean-Jacques Aillagon, Amministratore<br />

Isabelle Nahum-Saltiel, Amministratore<br />

Guido Rossi, Amministratore in rappresentanza del Casino Municipale di Venezia<br />

Il comitato d’onore<br />

François Pinault, Presidente<br />

Tadao Ando<br />

Ruy Brandolini d’Adda<br />

Frieder Burda<br />

Teresa Cremisi<br />

Jean-Michel Darrois<br />

John Elkann<br />

Timothy Fok-Tsun-Ting<br />

Dakis Joannou<br />

Chairman Lee Kun-Hee<br />

Alain Minc<br />

Alain-Dominique Perrin<br />

Miuccia Prada<br />

Giandomenico Romanelli<br />

Ileana Sonnabend (†)<br />

Jérôme Zieseniss<br />

23


Il Restauro di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> realizzato da Tadao Ando<br />

François Pinault ha chiesto al celebre architetto giapponese Tadao Ando di ristrutturare e<br />

modernizzare <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>. Tadao Ando ha adottato uno stile sobrio e minimalista, che rispetta la<br />

struttura storica del palazzo portandolo nel XXI secolo. Ha installato per esempio nelle sale espositive<br />

cimase bianche, che mascherano le pareti senza toccarle; leur découpe rivela la cornice di marmo delle<br />

porte. L’illuminazione – messa a punto con lo studio Ferrara-Palladino srl – è costituita da 1800 faretti,<br />

inseriti in travi di alluminio che ospitano anche i dispositivi di sicurezza. La gamma cromatica dominata<br />

da bianco e grigio conferisce alle sale l’atmosfera serena necessaria alla contemplazione delle opere<br />

esposte. La vetrata dell’atrio è ora ricoperta da un velarium in fibre di vetro, che diffonde una luce chiara<br />

e avvolgente, in linea con gli interventi di Tadao Ando.<br />

Infine, le reception e gli spazi di servizio sono stati riorganizzati e fluidificati per offrire la massima<br />

comodità ai visitatori.<br />

Gli orientamenti culturali di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

In linea con la tradizione, <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> rimane fedele alla sua vocazione di luogo di presentazione di<br />

grandi mostre temporanee.<br />

Alcune si baseranno in tutto o in parte sulle risorse della Collezione François Pinault. Altre faranno<br />

ricorso ai prestiti di collezioni pubbliche e private. La programmazione di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> si sviluppa<br />

lungo tre grandi assi:<br />

- le mostre d’arte contemporanea,<br />

- le mostre d’arte moderna, monografiche o tematiche,<br />

- le mostre dedicate a grandi momenti della storia delle civiltà.<br />

Gli incontri di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, aspettando Punta della Dogana<br />

Nel mese di gennaio 2008 <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> ha avviato, in collaborazione con importanti istituzioni<br />

accademiche di Venezia, quali l’Università Ca’ Foscari, l’Università IUAV, e con il supporto della<br />

Fondazione IUAV, il ciclo di “Incontri di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, aspettando Punta della Dogana”. Gli incontri<br />

hanno l’obiettivo di far conoscere al pubblico, soprattutto giovane, i grandi artisti del nostro tempo<br />

presenti nella Collezione François Pinault, in vista dell’apertura del Centro d’Arte Contemporanea<br />

François Pinault Foundation, che da giugno 2009 ne esporrà le opere e i capolavori.<br />

Jeff Koons – 15 gennaio 2008<br />

Michelangelo Pistoletto – <strong>19</strong> febbraio 2008<br />

Martial Raysse – 18 marzo 2008<br />

Richard Serra – 15 aprile 2008<br />

Subodh Gupta – 21 maggio 2008<br />

Franz West – 17 giugno 2008<br />

Prossimo incontro:<br />

Tadao Ando – 24 ottobre 2008<br />

24


Il Centro d’Arte Contemporanea di Punta della Dogana, François Pinault Foundation<br />

La Punta della Dogana o Dogana de Mar, sede degli antichi depositi doganali accanto alla chiesa di<br />

Santa Maria della Salute, è stata affidata in concessione alla Città di Venezia dallo Stato italiano, che ne<br />

conserva la proprietà.<br />

Nel 2007, la Città di Venezia ha scelto <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> come partner per la realizzazione del Centro d’Arte<br />

Contemporanea di Punta della Dogana. François Pinault ha affidato il progetto di restauro all’architetto<br />

Tadao Ando, che ha già realizzato il restyling di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>.<br />

L’edificio di Punta della Dogana si compone di una successione di ambienti che servivano come<br />

magazzini per le attività doganali del commercio marittimo veneziano.<br />

L’eccezionale posizione strategica, a controllo dell’ingresso del Canal Grande, l’affaccio frontale che<br />

domina da un lato Piazza San Marco e dall’altro l’isola di San Giorgio Maggiore, mentre vicinissimi si<br />

ergono la basilica di S. Maria della Salute ed il Seminario patriarcale, fanno di Punta della Dogana un<br />

luogo simbolico di assoluta rilevanza.<br />

Il progetto di Tadao Ando concettualmente mira a restituire all’edificio la sua logica architettonica: sei<br />

navate principali orientate da un lato verso il Canale della Giudecca (sud) e dall’altro verso il canal<br />

Grande (nord), che si susseguono e che man mano che ci si allontana dalla Chiesa della Salute<br />

diminuiscono in lunghezza, sino a formare un triangolo.<br />

Durante il secolo scorso l’edificio ha subito numerose alterazioni, di cui tener conto. In linea generale il<br />

progetto di Ando prevede che tutte le partizioni aggiunte nel corso delle ristrutturazioni precedenti<br />

vengano rimosse, al fine di ripristinare le forme originali della primissima costruzione. In particolar<br />

modo, le pareti ritroveranno i mattoni a vista e saranno nuovamente visibili le capriate. Al centro<br />

dell’edificio, tuttavia, sarà mantenuto in via eccezionale lo spazio quadrato ottenuto in epoca<br />

successiva all’edificazione. È qui che si inserisce una struttura autoportante, una “scatola di<br />

calcestruzzo” in grado di sostenere il peso, spesso ingente, delle opere d’arte contemporanea.<br />

Nel rispetto del valore storico, artistico, culturale e simbolico di questo luogo, il progetto di Tadao Ando<br />

mira a restituire a Punta della Dogana tutta la sua energia e fascino, attraverso l’incontro di elementi<br />

antichi e nuovi che consentiranno all’edificio di riunire il passato, il presente e il futuro.<br />

La partnership con la Città di Venezia per la gestione di Punta della Dogana avrà una durata, rinnovabile,<br />

di 30 anni.<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> e il Centro d’Arte Contemporanea di Punta della Dogana sono destinati a costituire un<br />

insieme culturale coerente, nel quale ognuno dei due siti svilupperà una propria specifica individualità:<br />

la Punta della Dogana ospiterà un centro d’arte contemporanea sostenuto dalla presenza permanente<br />

della Collezione François Pinault; <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> conserverà, fedele alla propria tradizione, la propria<br />

vocazione di luogo dedicato alla presentazione di grandi mostre temporanee, secondo una<br />

programmazione alternata di arte contemporanea, arte moderna del XX secolo e storia .<br />

25


7/<br />

Il Museum of Contemporary Art, Chicago<br />

Tra le principali istituzioni museali di Chicago e i maggiori spazi espositivi del paese dedicati all’arte<br />

contemporanea, il Museum of Contemporary Art presenta un ampio programma di mostre di artisti<br />

nazionali e internazionali, dando una testimonianza della storia delle arti visive dal <strong>19</strong>45 a oggi<br />

attraverso pittura, scultura, fotografia, video, film e performance. Il museo ha la sua sede nel cuore del<br />

Magnificent Mile, nei pressi della storica Water Tower. Il museo dispone di oltre 2700 metri quadri di<br />

spazi espositivi, un auditorium da 300 posti, un gift e bookstore, un caffetteria e uno sculpture garden<br />

affacciato sul lago Michigan. L’MCA è un istituzione senza scopi di lucro e fa parte dall’American<br />

Association of Museums. È generosamente sostenuto dal suo consiglio di amministrazione, soggetti<br />

privati e aziende, fondazioni pubbliche e private, enti governativi e locali tra cui l’Illinois Arts Council e il<br />

City of Chicago Department of Cultural Affairs. Le sue attività sono possibili grazie al contributo del<br />

Chicago Park District. I trasporti aerei sono garantiti da American Airlines, compagnia aerea ufficiale<br />

del museo.<br />

L’MCA si trova al 220 di Chicago Avenue, un isolato a est di Michigan Avenue. Il museo e lo sculpture<br />

garden sono aperti da mercoledì a domenica dalle 10 alle 17 e martedì dalle 10 alle 20. Il museo è chiuso<br />

il lunedì. Martedì ingresso libero grazie al contributo di Target. Ingresso: intero $10, ridotto $6 (studenti<br />

e anziani), minori sotto i 12 anni, membri MCA e militari ingresso libero.<br />

Tutte le informazioni sulle esposizioni, le attività e gli eventi speciali dell’MCA sono disponibili sul sito<br />

www.mcachicago.org o al numero 312.280.2660<br />

26


8/<br />

Biografie<br />

François Pinault<br />

Presidente di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

François Pinault è nato il 21 agosto <strong>19</strong>36 a Champs-Geraux, in Bretagna (Côtes-du-Nord). Nel <strong>19</strong>63<br />

fonda a Rennes la sua prima impresa nel campo del commercio di legname e in seguito allarga questa<br />

attività occupandosi di importazione, trasformazione e infine della distribuzione. Nel <strong>19</strong>88 il gruppo<br />

Pinault viene quotato in Borsa. Nel <strong>19</strong>90 François Pinault decide di spostare le attività del gruppo dal<br />

settore del legname e di orientarle verso il settore retail. Il gruppo acquisisce una dopo l’altra le società<br />

CFAO (Compagnie Française de l’Afrique Occidentale), leader nell’Africa subsahariana, Conforama,<br />

leader nel campo dell’arredamento e delle attrezzature per la casa e la società Au Printemps con le sue<br />

affiliate tra le quali La Redoute, leader della vendita per corrispondenza. Il nome del gruppo diventa<br />

Pinault – Printemps – Redoute (PPR) e aumenta il suo portafoglio di marchi con l’acquisto della FNAC,<br />

leader nella distribuzione di prodotti culturali, di PUMA, leader nell’ambito dei prodotti sportivi; e nel<br />

lusso con GUCCI GROUP, secondo gruppo mondiale del lusso con un portafoglio di marche prestigiose<br />

quali Gucci, Yves Saint Laurent, Bottega Veneta, Sergio Rossi, Boucheron, Stella Mc Cartney, Alexander<br />

Mc Queen, Bédat& co, Balenciaga. Parallelamente, Nel <strong>19</strong>92 fonda Artemis, società di capitali<br />

interamente controllata da François Pinault e dalla sua famiglia. Artemis controlla il gruppo PPR, ma<br />

anche i vigneti di Bordeaux di Château-Latour, la Casa d’Aste Christie’s, il gruppo Le Point (il settimanale<br />

Le Point, Histoire et Historia) e una partecipazione nel gruppo Bouygues in qualità di azionista di<br />

controllo (settori delle costruzioni, delle telecomunicazioni e dei media) e nel gruppo Vinci. Infine<br />

François Pinault è anche proprietario di una squadra di calcio della serie maggiore, lo Stade Rennais,<br />

nonché titolare del Théâtre Marigny, a Parigi. François Pinault, uno dei più grandi collezionisti d’arte<br />

contemporanea al mondo, ha rilevato nel 2005 il controllo della società <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> S.p.A. ed ha<br />

ottenuto in concessione la gestione di Punta della Dogana a Venezia per la creazione di un nuovo Centro<br />

d’Arte Contemporanea.<br />

Monique Veaute<br />

Amministratore Delegato di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

Nata a Tübingen, Germania, il 12 aprile <strong>19</strong>51.<br />

Dopo aver studiato Scienze Umane (sociologia, filosofia) all’Università di Strasburgo, inizia la sua<br />

carriera come giornalista a Radio France nel <strong>19</strong>77 e dal <strong>19</strong>84 diventa responsabile degli eventi<br />

internazionali a France Musique. Fonda e dirige nel <strong>19</strong>82 la sezione Musica della Biennale di Parigi e<br />

organizza nel <strong>19</strong>84 l’apertura della Grande Halle de la Villette, partecipa alla creazione del Festival<br />

Musica di Strasburgo, del quale è ancora consulente artistico.<br />

Nel <strong>19</strong>84, per richiesta di Jean-Marie Drot, Direttore di Villa Medici, crea a Roma il Festival di Villa<br />

Medici, che nel <strong>19</strong>86 diventa Fondazione Romaeuropa-arte e cultura, di cui è stata Direttore Artistico<br />

sin dalla prima edizione e direttore Generale fino a 2007. Mantiene oggi la carica di Vice Presidente.<br />

Dal <strong>19</strong>89 al <strong>19</strong>91, è Consigliere Tecnico per la cultura e gli audiovisivi del Presidente della Camera dei<br />

Deputati in Francia; e dal <strong>19</strong>92 al <strong>19</strong>93 è Consigliere Culturale all’ Ambasciata di Francia a Lisbona. Dal<br />

27


<strong>19</strong>99 al 2002, Consigliere Scientifico dell’Istituto Nazionale di Dramma Antico.<br />

Da novembre 2004 a ottobre 2006 in Francia è stata incaricata dal Presidente della Repubblica come<br />

Commissario Generale della francofonia, e da Gennaio a Ottobre 2007 è stata membro del gabinetto del<br />

segretario generale.<br />

Dal 2005 è membro del Consiglio di Amministrazione dell’Accademia di Francia a Roma.<br />

Da settembre 2006, è la presidente del Centro Chorégraphique National de Créteil – Compagnie<br />

Montalvo Hervieu.<br />

Dal 2006 è membro del Comité d’ Etique pour la Publicité.<br />

Monique Veaute è stata insignita in Francia del titolo di Chevalier des arts et lettres dal Ministro della<br />

Cultura e ha ricevuto l’Ordre National du Mérite dal Ministro degli Affari Europei; in Italia è stata<br />

insignita, nel 2006, del titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.<br />

Da agosto 2007 Monique Veaute è Amministratore Delegato di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> a Venezia ed è stata<br />

recentemente riconfermata nel ruolo per tre anni.<br />

Francesco Bonami<br />

Curator Museum of Contemporary Art di Chicago, Curatore della mostra “Italics”.<br />

Nato a Firenze nel <strong>19</strong>55, è attualmente guest curator del Museum of Contemporary Art di Chicago, è<br />

direttore artistico della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’Arte a Torino, di Pitti Discovery a<br />

Firenze e del Centro di Arte Contemporanea Villa Manin. È anche direttore artistico di ENEL<br />

Contemporanea, serie di commissioni pubbliche in varie città italiane. É redattore di arte<br />

contemporanea per DOMUS e curatore della collana Supercontemporanea, edita da Electa. Nel 2003, è<br />

stato direttore della 50a Biennale di Arti Visive di Venezia. Le ultime mostre di cui si è occupato sono:<br />

“Universal Experience; Art, Life and The Tourist Life” al MCA di Chicago, alla Hayward Gallery di Londra e<br />

al Mart di Rovereto, “La Dolce Crisi - Fotografia Italiana Contemporanea” al Centro d’Arte<br />

Contemporanea di Villa Manin. Insieme a Carolyn Cristoph Bargajev è stato curatore de “La sindrome di<br />

Pantagruel” nell’ambito della prima edizione di T - Torino Triennale. Ha organizzato per il MCA la prima<br />

Antologica di Rudolf Stingel che si è poi spostata al Whitney Museum of American Art a New York e ha<br />

ricevuto il secondo premio dell’AICA per le migliori personali nazionali del 2008. A Torino ha organizzato<br />

“Alllooksame: arte da Cina, Corea, Giappone”; “Silence: Listen to the show”; “Stop and GO” (Video della<br />

collezione Sandretto Re Rebaudengo) e “You prison: l’architettura riflette sullo spazio degli istituti<br />

correttivi”. Per l’MCA e <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> ha curato “Italics: Arte Italiana fra tradizione e rivoluzione <strong>19</strong>68-<br />

2008” con oltre 100 artisti e 160 opere. Presso l’MCA sta curando la prima retrospettiva mondiale di Jeff<br />

Koons con più di 50 opere dal <strong>19</strong>85 al 2008, che sarà inaugurata nel maggio 2008. Attualmente lavora<br />

per la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e per la Tate Liverpool alla prima antologica di Glenn<br />

Brown che aprirà nel giugno 2009.<br />

Altri incarichi curatoriali: Consulente curatore per la mostra sull’Arte Povera organizzata dal Walker Art<br />

Center e dalla Tate Modern a Londra, “Manifesta 3” a Lubiana, “Aperto 93” alla Biennale di Venezia,<br />

“Tradition and Innovation: Italian Art since <strong>19</strong>45” al National Museum di Seoul, la seconda Site Santa Fe<br />

Biennal, Campo 95’, Campo 6, L.A. Times e “Common People” alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo<br />

per l’Arte a Torino, “Vertical Time” alla Barbara Gladstone Gallery di New York, “Yesterday Begins<br />

Tomorrow “ presso The Bard College for Curatorial Studies, “Unfinished History” al Walker Art Center di<br />

28


Minneapolis e al Museum of Contemporary Art di Chicago, “Examining Pictures” alla Whitechapel di<br />

Londra e al Museum of Contemporary Art di Chicago, “Age Of Influence” al Museum of Contemporary Art<br />

di Chicago, Uniform; per Pitti Immagine a Firenze; “Order and Disorder” al PS1 di New York, “The Fourth<br />

Sex” con Raf Simons, e “Non toccare la donna bianca” per la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per<br />

l’arte.<br />

Scrive regolarmente editoriali per Il Riformista, Vanity Fair Italia, Panorama First, La Gazzetta dello<br />

Sport e il Corriere della Sera Firenze e collabora anche con altre pubblicazioni come The New York Times<br />

Magazine e Artforum. Tra le sue pubblicazioni “Echoes: Contemporary Art at the Age of Endless<br />

Conclusion” The Monacelli Press, “Cream” e la monografia di Maurizio Cattelan, editi da Phaidon Press.<br />

Il suo primo romanzo “Lezioni di Fumo” è pubblicato da Marsilio Editore. Il libro sull’arte contemporanea<br />

“Potevo Farlo Anch’io”, per Mondatori, è già arrivato alla 9a ristampa. Con Jeffrey Inaba e Giuliano da<br />

Empoli sta lavorando al volume “Imparare da Venezia: il fato della città storica nell’era delle megalopoli”<br />

che sarà pubblicato nel 2010.<br />

Vive e lavora a New York dal <strong>19</strong>87.<br />

Tadao Ando<br />

Architetto<br />

Nato a Osaka nel <strong>19</strong>41, Tadao Ando è un “autodidatta” dell’architettura, essendosi formato “sul campo”,<br />

viaggiando per l’Europa durante gli anni sessanta. Affascinato da Le Corbusier, nel <strong>19</strong>65 decide di<br />

andare a conoscerlo di persona. Ma quando arriva a Parigi, Le Corbusier è appena morto e Tadao Ando<br />

potrà solo ammirare le sue opere. Tornato in Giappone, nel <strong>19</strong>69 apre il proprio studio e inizia a costruire<br />

delle case essenziali, che rivelano la sua percezione fisica, vissuta, dell’architettura e la sua<br />

inclinazione per le soluzioni pure, nelle quali la materialità sconfina nella spiritualità.<br />

Si fa notare, i suoi incarichi aumentano. I suoi musei e le sue chiese testimoniano la continuità del suo<br />

stile, ma rivelano anche la capacità di impadronirsi di un paesaggio del quale Ando, modellando la<br />

scenografia dei percorso, riesce a rivelare l’essenza. Permeato di tradizioni giapponesi, del loro gusto<br />

per il montaggio, per l’equilibrio, per la capacità di far parlare la materia per mezzo della luce, Ando ha<br />

mutuato dalla tradizione del modernismo occidentale la purezza dei volumi e il nitore delle forme che<br />

egli impiega per instaurare una dialettica tra l’interno e l’esterno, tra l’ombra e la luce, tra l’oggetto e il<br />

contesto circostante. Nel <strong>19</strong>95 Ando riceve il Pritzker Prize, una delle più alte onorificenze riservate agli<br />

architetti. Devolve il premio agli orfani di Kobe, colpiti dal terremoto che in quello stesso anno ha in parte<br />

distrutto la città.<br />

29


9/<br />

Informazioni pratiche<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

Campo San Samuele, 3231<br />

30124 Venezia<br />

Fermate di vaporetto : San Samuele (linea 2), Sant’Angelo (linea 1)<br />

Tel/ +39 (0)41 523 16 80<br />

Fax/ +39 (0)41 528 62 18<br />

www.palazzograssi.it<br />

Infoline : <strong>19</strong>9 139 139<br />

Orari d’apertura<br />

Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione, <strong>19</strong>68-2008.<br />

(27 settembre 2008 – 22 marzo 2009)<br />

Aperto dalle ore 10 alle ore <strong>19</strong>.<br />

Chiusura della biglietteria alle ore 18.<br />

Chiuso il martedì e nei giorni 24, 25, 31 dicembre 2008 e il 1 gennaio 2009<br />

Ingresso<br />

Intero: 15 euro con audioguida /10 euro biglietto semplice<br />

Ridotto:<br />

12 euro con audioguida / 8 euro biglietto semplice (gruppi di adulti da 15 a 25 persone, residenti nel<br />

Comune di Venezia, militari con tesserino, associati ICOM, Venice Card Senior, possessori della Venice<br />

Card Junior e Rolling Venice di oltre 26 anni, Dipendenti UniCredit)<br />

10 euro con audio guida / 6 euro biglietto semplice (giovani da 7 fino a 18 anni, gruppi scolastici,<br />

studenti fino a 26 anni, sordomuti, accompagnatore di persona disabile, Dipendenti Fnac e Gruppo<br />

Pinault)<br />

Gratuito: bambini fino a 6 anni accompagnati, 2 accompagnatori per ogni gruppo scolastico di 25<br />

persone, 1 accompagnatore per ogni gruppo di adulti di 15 persone, Grandi Invalidi, Guide autorizzate<br />

con patentino rilasciato dalla Provincia di Venezia, Giornalisti (con tessera stampa valida per l’anno in<br />

corso)<br />

Solo audioguida: 7 euro. Le audioguide sono disponibile in lingua italiana, francese e inglese.<br />

Prenotazioni<br />

(Circuito Vivaticket by Charta)<br />

www.vivaticket.it<br />

Telefonicamente dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20 e sabato dalle 8 alle 13.<br />

Dall’ Italia/ 899.666.805<br />

Dall'estero/ +39.0445.230313<br />

Fax/ +39.0445.357099<br />

30


Commissione di prenotazione: 1 euro<br />

400 Punti vendita: elenco completo consultabile sul sito www.vivaticket.it<br />

Circuito UniCredit<br />

- Punti vendita UniCredit<br />

- Filiali Unicredit Banca<br />

- Filiali della Banca Popolare dell’Emilia Romagna<br />

Visite guidate e Prevendita<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> ha attivato una partnership con l’associazione Codess per proporre ai visitatori un<br />

servizio di visite guidate in francese, italiano e inglese.<br />

Su prenotazioni per gruppi o eventi speciali<br />

Codess Cultura<br />

www.codesscultura.it / prenotazioni@codesscultura.it<br />

Tel/ +39 041 52 40 1<strong>19</strong><br />

Fax/ +39 041 72 30 07<br />

Senza prenotazioni<br />

in italiano ogni domenica alle ore 10.30<br />

in francese ogni I, III, V domenica del mese alle ore 11<br />

in inglese ogni II, IV domenica del mese alle ore 11<br />

Per altre informazioni, i visitatori possono anche rivolgersi a<br />

Cooperative Guide Turistiche Venezia<br />

Tel/ +39 041 52 09 0385<br />

Fax/ +39 041 52 10 762<br />

guide@guidevenezia.it<br />

Didattica<br />

La sezione didattica di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, a cura di Codess Cultura, in occasione della mostra “Italics. Arte<br />

italiana fra tradizione e rivoluzione, <strong>19</strong>68-2008” organizza una serie di attività dedicate al pubblico più<br />

giovane di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> : visite guidate e Laboratori didattici per i gruppi scolastici e Ateliers<br />

domenicali per i bambini. L’intento di tutte queste attività è di instaurare un dialogo attivo e fecondo con<br />

i visitatori in età scolare sull’arte contemporanea italiana, per stimolare la sensibilità dei più giovani<br />

nell’approccio al contemporaneo.<br />

Per informazioni e prenotazioni:<br />

Sezione Didattica di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, a cura di Codess Cultura<br />

Tel/ +39 041 240 1345, Fax/+39 041 240 13<strong>19</strong><br />

email/ scuole@palazzograssi.it<br />

Per maggiori informazioni relative alle visite guidate per le scuole, gli insegnanti sono invitati a<br />

conttatare la Sezione Didattica di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, Tel/ +39 041 240 1345, da lunedì a venerdì, dalle 9 alle<br />

13, oppure tramite email/ scuole@palazzograssi.it.<br />

31


<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> Shop<br />

Situato al piano terra di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, il bookshop è affidato alla casa editrice Electa, specializzata<br />

nella pubblicazione di libri d’arte e architettura. Questo spazio, interamente disegnato da Tadao Ando,<br />

propone, oltre alla vendita dei cataloghi delle mostre di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, un’ampia gamma di volumi<br />

d’arte e architettura, nonché prodotti esclusivi di merchandising.<br />

Aperto dalle ore 10 alle ore <strong>19</strong>.<br />

Tel/+39 041 27 70 876 – +39 041 52 39 174<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> Café<br />

Al primo piano di <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong>, con una splendida vista sul Canal Grande e sul Campo San Samuele, il<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> Café, gestito da Irina Freguia, proprietaria del noto ristorante Vecio Fritolin, propone fra<br />

le sue specialità un’ampia scelta di ricette veneziane.<br />

Aperto dalle 10 alle 18.<br />

Tel/+39 041 24 01 337<br />

32


10/<br />

Contatti per la stampa<br />

Italia e corrispondenti<br />

Paola Manfredi<br />

Corso Italia, 8<br />

20122 Milano<br />

c/o Dandelio<br />

Tel. +39 02 45485093<br />

Cell. +39 335 5455539<br />

press@paolamanfredi.com<br />

Internazionale<br />

Pauline de Montgolfier / Eva Dalla Venezia<br />

Claudine Colin Communication<br />

28 rue de Sévigné - 75004 Paris<br />

Tel: +33 (0) 1 42 72 60 01<br />

Fax: +33 (0) 1 42 72 60 01<br />

pauline@claudinecolin.com<br />

eva@claudinecolin.com<br />

33


11/<br />

Ringraziamenti<br />

Italics. Arte italiana<br />

fra tradizione e<br />

rivoluzione<br />

<strong>19</strong>68-2008<br />

Venezia, <strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

27 settembre 2008 –<br />

22 marzo 2009<br />

Mostra a cura di<br />

Francesco Bonami<br />

Con la collaborazione di<br />

Cecilia Alemani<br />

Emanuela Mazzonis<br />

Catalogo<br />

Electa<br />

Progetto grafico<br />

Christoph Radl<br />

Grafica della mostra<br />

BaldassarreCarpiVitelli, Roma<br />

Audioguida<br />

Antenna Audio, Roma<br />

Didattica<br />

Sara Moscatelli,<br />

Codess Cultura, Venezia<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> Shop<br />

Electa<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong> Café<br />

Ristorante Vecio Fritolin<br />

Trasporti<br />

Gondrand<br />

Assicurazioni<br />

Generali<br />

Partner istituzionale<br />

Mostra organizzata con<br />

la collaborazione di<br />

Con il contributo di<br />

Mediation Event Carrier<br />

Media partner<br />

<strong>Palazzo</strong> <strong>Grassi</strong><br />

Consiglio d’amministrazione<br />

François Pinault<br />

Presidente<br />

Monique Veaute<br />

Amministratore delegato<br />

Patricia Barbizet<br />

Amministratore delegato<br />

Jean-Jacques Aillagon<br />

Amministratore<br />

Isabelle Nahum-Saltiel<br />

Amministratore<br />

Guido Rossi<br />

Amministratore<br />

Comitato d’onore<br />

François Pinault Président<br />

Tadao Ando<br />

Ruy Brandolini d’Adda<br />

Frieder Burda<br />

Teresa Cremisi<br />

Jean-Michel Darrois<br />

John Elkann<br />

Timothy Fok Tsun-ting<br />

Dakis Joannou<br />

Lee Kun-hee<br />

Alain Minc<br />

Alain-Dominique Perrin<br />

Miuccia Prada<br />

Giandomenico Romanelli<br />

Jérôme Zieseniss<br />

Squadra<br />

François Pinault<br />

Presidente<br />

Monique Veaute<br />

Amministratore delegato e<br />

direttore<br />

Raimondo Ferraro<br />

Direttore<br />

Ufficio Mostre<br />

Mélanie Adicéam<br />

Claudia De Zordo<br />

Marco Ferraris<br />

Emanuela Mazzonis<br />

Silvia Roman<br />

Sviluppo<br />

Ashok Adicéam<br />

Noelle Solnon<br />

Comunicazione<br />

Anouk Aspisi<br />

Paola Trevisan<br />

Delphine Trouillard<br />

Con Paola Manfredi, Milano<br />

e Claudine Colin<br />

Communication, Paris<br />

Editoria<br />

Marina Rotondo<br />

Emmanuel Bérard<br />

Amministrazione<br />

Carlo Gaino<br />

Silvia Inio<br />

Assistenti della direzione<br />

Suzel Berneron<br />

Elisabetta Bonomi<br />

Marina Scozzi (†)<br />

Sicurezza<br />

Antonio Boscolo<br />

Luca Busetto<br />

Andrea Greco<br />

Gianni Padoan<br />

Vittorio Righetti<br />

Dario Tochi<br />

Con la collaborazione di<br />

Servizi generali<br />

Angelo Clerici<br />

Giulio Lazzaro<br />

Massimo Veggis<br />

Si ringrazia<br />

34


12/<br />

Didascalie delle immagini del CD<br />

AA1<br />

Alessandra Ariatti<br />

Lorenzo, <strong>19</strong>95<br />

Olio su tela<br />

165 x 125 cm<br />

Collezione Pareti<br />

AB5 a-AB5 d<br />

Alighiero Boetti<br />

Tra sé e sé, <strong>19</strong>87<br />

4 opere - tecnica mista su carta intelata<br />

150 x 100 cm ciascuna<br />

Collezione Marco Noire e Silvia Chessa<br />

ABU1<br />

Alberto Burri<br />

Nero Cretto, <strong>19</strong>76<br />

Acrylic and glue on Cellotex<br />

144,7 x 243,8 cm<br />

Collezione privata<br />

Foto: Courtesy of Daniella Luxembourg Art, London<br />

AS1<br />

Andrea Salvino<br />

Loin du Vietnam, 2007<br />

Matita su tela<br />

220 x 160 cm<br />

Courtesy Antonio Colombo Arte Contemporanea, Milano<br />

Foto: Paolo Vandrasch<br />

BE1a-b<br />

Bruna Esposito<br />

Senza titolo, DVD per la proiezione di un ombra, 2005<br />

Videoproiezione, 5’11”<br />

Città Sant’Angelo, Museolaboratorio Ex Manifattura Tabacchi<br />

Foto: Antonio Capone e Lagamon, Roma<br />

BM2<br />

Bruno Munari<br />

Filopeso (doppio quadrato), <strong>19</strong>81<br />

Tubi in alluminio, corda colorata e piombo<br />

240 x 50 x 60 cm<br />

Mantova, Corraini Arte Contemporanea<br />

Foto: Bruno Munari – Courtesy of Corraini<br />

35


CR1<br />

Carol Rama<br />

Presagi di Birnam, <strong>19</strong>70<br />

Camere d'aria di bicicletta su cavalletto di ferro<br />

180 x 120 x 60 cm<br />

Courtesy Collezione Leo Katz, Bogotà (Colombia)<br />

Foto: Pino dell'Acquila<br />

D1 (nero)<br />

Dadamaino<br />

L’inconscio razionale, <strong>19</strong>76-<strong>19</strong>77<br />

Acrilico su tela<br />

Cm 100 x 100<br />

Padova, Collezione privata<br />

Courtesy Arte Studio Invernizzi, Milano Foto Paolo Vandrasch<br />

D2 (bianco)<br />

Dadamaino<br />

L’inconscio razionale, <strong>19</strong>76-<strong>19</strong>77<br />

Acrilico su tela<br />

Cm 100 x 100<br />

Padova, Collezione privata<br />

Courtesy Arte Studio Invernizzi, Milano Foto Paolo Vandrasch<br />

DG5<br />

Domenico Gnoli<br />

Chair, <strong>19</strong>69<br />

Acrilico e sabbia su tela<br />

160 x 160 cm<br />

Courtesy Fundacion Yannick y Ben Jakober, Maiorca<br />

DM1a-d<br />

Domenico Mangano<br />

La storia di Mimmo, <strong>19</strong>99-2000<br />

Video, 8’43”<br />

Courtesy l’artista e Magazzino d’Arte Moderna, Roma<br />

DP1<br />

Diego Perrone<br />

La fusione della campana, 2008<br />

Resina epossidica, ferro, polistirolo<br />

210 x 210 cm<br />

Courtesy Galleria Massimo De Carlo, Milano<br />

ET1<br />

Emilio Tadini<br />

Color&Co., <strong>19</strong>69<br />

Acrilico su tela<br />

100 x 81 cm<br />

Courtesy Fondazione Marconi, Milano<br />

36


FC2<br />

Francesco Clemente<br />

Il primo autoritratto – Self Portrait the First, <strong>19</strong>79<br />

Inchiostro e acquarello su carta intelata<br />

111,8 x 147,3 cm<br />

Zurigo, Collezione Bruno Bischofberger<br />

Foto: Roland Reiter, Zuerich<br />

FCL1<br />

Fabrizio Clerici<br />

Il labirinto, <strong>19</strong>83<br />

Olio su tavola<br />

100 x 150 cm<br />

Collezione privata, courtesy Archivio Fabrizio Clerici, Roma<br />

FCL2<br />

Fabrizio Clerici<br />

Corpus Hermeticum, <strong>19</strong>78<br />

Olio su tavola<br />

105 x 155 cm<br />

Collezione privata, courtesy Archivio Fabrizio Clerici, Roma<br />

FCL3<br />

Fabrizio Clerici<br />

Un istante dopo, <strong>19</strong>78<br />

Olio su tavola<br />

100 x 150 cm<br />

Collezione privata, courtesy Archivio Fabrizio Clerici, Roma<br />

FF1<br />

Flavio Favelli<br />

Palco-Buffet, 2007<br />

Piastrelle di pavimento, pulpita di chiesa, legno di radica<br />

180 x 120 x 120 cm<br />

Galleria Maze, Torino<br />

FME10<br />

Fernando Melani<br />

Teatrino, 22 dicembre <strong>19</strong>78<br />

Legno, tubi di ferro, rete zincata elettrosaldata, DAS, filo di nylon, colori acrilici, vernice<br />

52 x 53 cm<br />

Pistoia, Casa Studio Fernando Melani<br />

FV1_30_a/b/c (3 sequenze)<br />

Francesco Vezzoli<br />

An embroidered Trilogy, <strong>19</strong>97-99<br />

Video installazione, 12 minuti<br />

Courtesy Francesco Vezzoli e Galleria Giò Marconi, Milano<br />

37


GA1-a/b/c<br />

Getulio Alviani<br />

Interrelazione cromospeculare, <strong>19</strong>69<br />

Ambiente, materiali vari<br />

210 x 420 x 420 cm<br />

Accademia Carrara, Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo<br />

Foto: Antonio Maniscalco<br />

GAV 6<br />

Giorgio Avigdor<br />

#23. Sconosciuta Brandizzo 1, <strong>19</strong>70<br />

Cybachrome<br />

20,5 x 30,2 cm<br />

Courtesy Giorgio Avigdor<br />

GAV7<br />

Giorgio Avigdor<br />

#24. Sconosciuta Brandizzo 2, <strong>19</strong>70<br />

Cybachrome<br />

20,5 x 30,2 cm<br />

Courtesy Giorgio Avigdor<br />

GAV8<br />

Giorgio Avigdor<br />

#25. Sconosciuta Brandizzo 3, <strong>19</strong>70<br />

Cybachrome<br />

20,5 x 30,2 cm<br />

Courtesy Giorgio Avigdor<br />

GAV9<br />

Giorgio Avigdor<br />

#26. Sconosciuta Brandizzo 4, <strong>19</strong>70<br />

Cybachrome<br />

20,5 x 30,2 cm<br />

Courtesy Giorgio Avigdor<br />

GAV10<br />

Giorgio Avigdor<br />

#27. Sconosciuta Brandizzo 5, <strong>19</strong>70<br />

Cybachrome<br />

20,5 x 30,2 cm<br />

Courtesy Giorgio Avigdor<br />

GB1<br />

Gianfranco Baruchello<br />

La Grande Biblioteca, <strong>19</strong>76 - <strong>19</strong>86<br />

Teche di legno e Plexiglas<br />

210 x 200 x 15 cm<br />

Fondazione Gianfranco Baruchello, Roma<br />

Foto: Claudio Abate, Roma<br />

38


GBA1a-b<br />

Gabriele Basilico<br />

Contact, <strong>19</strong>84<br />

12 dittici<br />

Stampa a getto d’inchiostro<br />

Cm 77 x 60 cad<br />

Courtesy Studio Guenzani, Milano<br />

GC1<br />

Gianni Colombo<br />

Spazio elastico, <strong>19</strong>67-<strong>19</strong>68<br />

Elastici fluorescenti, motori elettrici, lampada di Wood<br />

Cm 400 x 400 x 400<br />

Milano, Archivio Gianni Colombo<br />

GDE1<br />

Gino De Domenicis<br />

Untitled, <strong>19</strong>92<br />

Carboncino su tavola<br />

100 x 60 Cm<br />

Collezione privata, Milano<br />

GDE3a-b<br />

Gino De Dominicis<br />

Senza titolo, <strong>19</strong>94-<strong>19</strong>95<br />

Pietra, pirite cubica, grafite<br />

Cm 5,5 x 8,5<br />

Venezia, Collezione Giovanni Michelagnoli<br />

GF2<br />

Gianfranco Ferroni<br />

Pavimento. Lo studio, <strong>19</strong>75<br />

Tecnica mista su cartone su tavola<br />

97 x 74,5 cm<br />

Collezione privata, Monza<br />

GG1a-c<br />

Giuseppe Gabellone<br />

L’assetato, 2008<br />

Ferro, ferro zincato<br />

Cm 120 x 49 x 28<br />

Courtesy Studio Guenzani, Milano ; Galerie Emmanuel Perrotin, Parigi-Miami<br />

GG3<br />

Giuseppe Gabellone<br />

Untitled, <strong>19</strong>97<br />

C-Print montata su alluminio<br />

Cm 150 x 217<br />

Collezione Frank Trust<br />

39


GU1<br />

Giuseppe Uncini<br />

Sedia con ombra, <strong>19</strong>68<br />

Ferro tubolare, cemento, rete metallica<br />

Cm 200 x 200 x 80<br />

Courtesy Fondazione Marconi, Milano<br />

LF1<br />

Luciano Fabro<br />

L'Italia d'oro, <strong>19</strong>71<br />

Bronzo dorato<br />

92 x45 cm<br />

Collection ARTIS<br />

Foto: Collezione ARTIS; Ex-Collezione di Mrs. Margherita Stein<br />

LFO1<br />

Lucio Fontana<br />

Ambiente Bianco, <strong>19</strong>68<br />

Panello in gesso con taglio<br />

Cm 330 x 520 x 80<br />

Fondazione Lucio Fontana, Milano<br />

LG2-LG18<br />

Luigi Ghirri<br />

Rimini <strong>19</strong>77 da "in Scala", <strong>19</strong>77<br />

17 stampe cromogeniche da negativo 24 x 36 mm<br />

30 x 40 cm con cornice<br />

Eredi di Luigi Ghirri<br />

MC1<br />

Maurizio Cattelan<br />

All, 2008<br />

9 sculture<br />

Marmo bianco di Carrara<br />

Dimensioni variabili<br />

Courtesy l’artista e Marian Goodman, New York<br />

MC3<br />

Maurizio Cattelan<br />

Bidibidobidiboo, <strong>19</strong>95<br />

Scoiattolo tassidermizzato , tecnica mista<br />

58 x 50 x 50 cm<br />

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino<br />

ML1<br />

Maria Lai<br />

Il telaio del mattino, <strong>19</strong>68-<strong>19</strong>71<br />

Legno, spago, sabbia<br />

230 x 40 x 25 cm<br />

Fondazione Banco di Sardegna<br />

40


ML2<br />

Maria Lai<br />

Il Telaio della Terra, <strong>19</strong>68<br />

Legno, spago, sabbia<br />

200 x 100 x 20 cm<br />

Fondazione "stazione dell'arte" Ulassai (OG)<br />

MM1<br />

Margherita Manzelli<br />

N, 2002<br />

Grafite e acquarello su carta<br />

57,5 x 76,5 cm<br />

Milano, Collezione privata, courtesy Studio Guenzani, Milano<br />

MMER1<br />

Marisa Merz<br />

Fontana, 2007<br />

Piombo, acqua, motore – rosa del deserto<br />

Cm 80 x 80<br />

Collezione Merz<br />

MP1<br />

Michelangelo Pistoletto<br />

Le trombe del giudizio, <strong>19</strong>68<br />

Alluminio<br />

100 x 200 cm<br />

Collezione Cittadellarte - Fondazione Pistoletto, Biella<br />

Foto: P. Bressano<br />

NB2<br />

Nanni Balestrini<br />

Sì alla violenza operaia,<strong>19</strong>72<br />

Tecnica mista su tavola<br />

100 x 154,5 cm<br />

Collezione privata, Carpi (Modena)<br />

PC1<br />

Pierpaolo Campanini<br />

Untitled, 2003<br />

Olio su tela<br />

Cm 155 x 170<br />

Svizzera, collezione privata<br />

Foto: Francesca Kaufmann<br />

41


PC2<br />

Pierpaolo Campanini<br />

Untitled, 2003<br />

Olio su tela<br />

Cm 155 x 170<br />

Courtesy Francesca Kaufmann, Milano<br />

Foto: Francesca Kaufmann<br />

PPI2<br />

Pivi Paola<br />

Untitled, 2005<br />

Stampa fotografica montata su alluminio<br />

93,5 x 142,2cm<br />

Foto : Hugo Giendinning<br />

Courtesy Galleria Massimo de Carlo<br />

PPI3<br />

Pivi Paola<br />

Untitled, 2005<br />

Stampa fotografica montata su alluminio<br />

95,5 x 143cm<br />

Foto : Hugo Giendinning<br />

Courtesy Galleria Massimo de Carlo<br />

PPI4<br />

Pivi Paola<br />

Untitled, 2005<br />

Stampa fotografica montata su alluminio<br />

85,8 x 133,6cm<br />

Foto : Hugo Giendinning<br />

Courtesy Galleria Massimo de Carlo<br />

PPI5<br />

Pivi Paola<br />

Untitled, 2005<br />

Stampa fotografica montata su alluminio<br />

94,5 x 134,2cm<br />

Foto : Hugo Giendinning<br />

Courtesy Galleria Massimo de Carlo<br />

PPI6<br />

Pivi Paola<br />

Untitled, 2005<br />

Stampa fotografica montata su alluminio<br />

99,5 x 148,8cm<br />

Foto : Hugo Giendinning<br />

Courtesy Galleria Massimo de Carlo<br />

42


PPI7<br />

Pivi Paola<br />

Untitled, 2005<br />

Stampa fotografica montata su alluminio<br />

88,5 x 142,5cm<br />

Foto : Hugo Giendinning<br />

Courtesy Galleria Massimo de Carlo<br />

PT1<br />

Patrick Tuttofuoco<br />

Walkaround, 2002<br />

10 grattacieli, tecnica mista<br />

Dimensioni variabili<br />

My Private, Milano<br />

RC1<br />

Roberto Cuoghi<br />

Senza titolo, 2006<br />

Stampa e cartone e cera<br />

Cm 58 x 42<br />

Courtesy Galleria Massimo De Carlo, Milano<br />

RG1<br />

Renato Guttuso<br />

I funerali di Togliatti, <strong>19</strong>72<br />

Acrilici e collage di carta stampate su carta incollata a quattro panelli di compensato<br />

340 x 440 cm<br />

MA<strong>Mb</strong>o, Museo d'Arte Moderna di Bologna, deposito permanente della Direzione Nazionale<br />

Democratici di Sinistra<br />

S13<br />

Salvo<br />

Io sono il migliore, <strong>19</strong>70<br />

Lapide in marmo nero venato<br />

80 x 90 cm<br />

Courtesy 1000eventi<br />

SA1<br />

Stefano Arienti<br />

Cassetto con strisce, <strong>19</strong>87-<strong>19</strong>89<br />

Carta stampata piegata (fumetti ) in cassetto di legno<br />

Cm 39,5 x 46<br />

Collezione Privata, Milano - Courtesy Studio Guenzani<br />

43


TD1a<br />

Tano D’Amico<br />

Roma <strong>19</strong>74. Scontri per la casa a San Basilio, <strong>19</strong>77<br />

Stampa ai sali d’argento<br />

50 x 60 cm<br />

Courtesy Tano D’Amico<br />

TD1b<br />

Tano D’Amico<br />

Bologna <strong>19</strong>77. Assemblea al Palasport, <strong>19</strong>77<br />

Stampa ai sali d’argento<br />

50 x 60 cm<br />

Courtesy Tano D’Amico<br />

TD1c<br />

Tano D’Amico<br />

Roma <strong>19</strong>77. Dopo i funerali di Walter Rossi ucciso dai fascisti, <strong>19</strong>77<br />

Stampa ai sali d’argento<br />

50 x 60 cm<br />

Courtesy Tano D’Amico<br />

TD1d<br />

Tano D’Amico<br />

2 Roma. La cancellata dell'Università il giorno della cacciata di Lama, <strong>19</strong>77<br />

Stampa ai sali d’argento<br />

50 x 60 cm<br />

Courtesy Tano D’Amico<br />

TD1e<br />

Tano D’Amico<br />

Assemblea e foto di gruppo del '77, <strong>19</strong>77<br />

Silver salt print<br />

50 x 60 cm<br />

Courtesy Tano D’Amico<br />

TD1f<br />

Tano D’Amico<br />

Roma <strong>19</strong>77 Ragazza e carabinieri, <strong>19</strong>77<br />

Stampa ai sali d’argento<br />

50 x 60 cm<br />

Courtesy Tano D’Amico<br />

TD1g<br />

Tano D’Amico<br />

Roma <strong>19</strong>77 Il giorno che uccisero Giorgiana Masi, <strong>19</strong>77<br />

Stampa ai sali d’argento<br />

50 x 60 cm<br />

Courtesy Tano D’Amico<br />

44


TD1h<br />

Tano D’Amico<br />

Roma <strong>19</strong>77 Paolo e Daddo feriti e in fuga, <strong>19</strong>77<br />

Stampa ai sali d’argento<br />

50 x 60 cm<br />

Courtesy Tano D’Amico<br />

TD1i<br />

Tano D’Amico<br />

Potrebbero essere fratelli. Roma '77, <strong>19</strong>77<br />

Stampa ai sali d’argento<br />

50 x 60 cm<br />

Courtesy Tano D’Amico<br />

UN1a/b/c<br />

Ugo Nespolo<br />

Un supermaschio, <strong>19</strong>75 - <strong>19</strong>76<br />

Video a colori<br />

23’38 min<br />

Collezione dell’artista<br />

UN2<br />

Ugo Nespolo<br />

Molotov, <strong>19</strong>68<br />

Inchiostro d’India e dattiloscritto su tela<br />

24 x 18 cm<br />

Collezione dell’artista<br />

VA1<br />

Valerio Adami<br />

Le docce pubbliche, <strong>19</strong>69<br />

Acrilico su tela<br />

Cm 89 x 116<br />

Courtesy Fondazione Marconi, Milano<br />

45

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