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PARTE VII AMPLIFICATORI LINEARI - Fisica - Sapienza

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<strong>PARTE</strong> <strong>VII</strong><br />

<strong>AMPLIFICATORI</strong> <strong>LINEARI</strong><br />

1. Generalità<br />

I parametri fondamentali di un amplificatore sono il guadagno in tensione (cioè la funzione<br />

di trasferimento), che qui indichiamo con il simbolo A(s), l'impedenza d'ingresso Z in (s) e<br />

l'impedenza d'uscita Z o (s). Nel caso degli amplificatori, infatti, si considerano generalmente solo<br />

questi tre parametri, dei quattro necessari a caratterizzare compiutamente una rete due porte (vedi<br />

Parte V), dal momento che assai spesso l'influenza del circuito d'uscita su quello d'ingresso può<br />

venire trascurata. E<br />

quindi l'impedenza<br />

d'ingresso si assume in<br />

genere indipendente da<br />

quella del carico, l'impedenza d'uscita da quella della sorgente 1 .<br />

Il modello di un amplificatore ideale si riduce a un generatore controllato ideale: un<br />

generatore di tensione controllato in tensione, dato che ci stiamo occupando di amplificatori di<br />

tensione. Questo significa assumere che il guadagno sia una costante reale (indipendente dalla<br />

frequenza), che l'impedenza d'ingresso sia infinita e che l'impedenza d'uscita sia nulla: tutte<br />

condizioni certamente irrealizzabili.<br />

Ai fini pratici risulta peraltro spesso soddisfacente, come ottima approssimazione di un<br />

amplificatore ideale, cosiderare un amplificatore che abbia guadagno indipendente dalla frequenza<br />

nella regione delle frequenze di interesse, impedenza d'ingresso molto più alta di quella delle<br />

sorgenti che si prevede di utilizzare e, se non si tratta di un amplificatore di potenza, impedenza<br />

d'uscita molto più bassa di quella dei carichi a cui s'intende collegarlo.<br />

Dei tre parametri menzionati prima, il più importante è evidentemente l'amplificazione,<br />

d’altronde essenziale perchè un amplificatore possa venir chiamato tale. In ordine d'importanza<br />

(cioè di attenzione) segue poi l'impedenza d'ingresso, anche perchè generalmente risulta più difficile<br />

ottenere che essa sia molto maggiore dell'impedenza della sorgente (che può essere costituita da un<br />

1 Queste assunzioni, naturalmente, non sempre sono ben verificate. Esse non sono valide in molti amplificatori a un solo<br />

stadio (un esempio immediato è il circuito inseguitore d'emettitore). Ma anche nel caso degli amplificatori a più stadi<br />

può essere necessario impiegare cautela. Si pensi all'effetto di una capacità parassita, anche di valore molto piccolo, fra<br />

l'ingresso e l'uscita di un amplificatore ad alto guadagno.<br />

G. V. Pallottino – Maggio 2011 Appunti di Elettronica - parte <strong>VII</strong> pag.<br />

Università di Roma <strong>Sapienza</strong> - Dipartimento di <strong>Fisica</strong><br />

1


ivelatore o da un trasduttore di caratteristiche particolari) di quanto non sia invece ottenere che<br />

l'impedenza d'uscita risulti trascurabile rispetto a quella del carico (che spesso può essere scelto con<br />

maggior libertà e che inoltre può venire opportunamente adattato).<br />

Si verifica spesso in pratica, sopratutto negli amplificatori dotati di banda passante<br />

relativamente estesa, che l'amplificazione possa venire espressa nella forma seguente:<br />

(1) A(s) = A o B(s) L(s)<br />

decomponendola cioè nel prodotto di una costante reale A o che rappresenta il guadagno (in continua<br />

o a centrobanda), e di due funzioni di s espresse in forma normalizzata: B(s), che caratterizza la<br />

risposta dell'amplificatore ai tempi brevi (alte frequenze), ed L(s) che ne caratterizza la risposta ai<br />

tempi lunghi (basse frequenze). Si noti peraltro che negli amplificatori "in continua", che non<br />

presentano tagli a bassa frequenza, si ha L(s)=1. In pratica la decomposizione (1) è significativa<br />

soltanto se i poli e gli zeri della A(s) possono venire raggruppati nel piano complesso in due<br />

"nuvole" ben separate fra loro: una prossima all'origine e un’altra ben distante dalla prima, come<br />

mostrato nella figura. Questo discorso corrisponde alla nozione intuitiva di un amplificatore che ha<br />

guadagno costante in una estesa regione di frequenza, presentando poi tagli sia alle basse che alle<br />

alte frequenze (vedi Esempio a pag. 16 della Parte IV, nel caso in cui si ha 1 >> 2 ).<br />

Quanto più distano fra loro le due "nuvole" di singolarità, tanto più la decomposizione (1) è<br />

significativa nel senso che la risposta ai tempi brevi è determinata soltanto dalla B(s) (cioè la L(s)<br />

G. V. Pallottino – Maggio 2011 Appunti di Elettronica - parte <strong>VII</strong> pag.<br />

Università di Roma <strong>Sapienza</strong> - Dipartimento di <strong>Fisica</strong><br />

2


ha effetto trascurabile su essa) mentre la risposta ai tempi lunghi è determinata soltanto dalla L(s)<br />

(cioè la B(s) ha effetto trascurabile su essa).<br />

RISPOSTA AI TEMPI BREVI<br />

2. Calcolo dei tempi caratteristici<br />

Come si è detto, la risposta ai tempi brevi (ad alta frequenza) di un amplificatore è<br />

determinata essenzialmente dalla funzione B(s). Da essa si ricavano la risposta impulsiva e la<br />

risposta indiciale corrispondenti:<br />

b(t)=L -1 [B(s)] ; b u (t)=L -1 [B(s)/s]<br />

Ma per caratterizzare la risposta ai tempi brevi di un amplificatore è spesso sufficiente<br />

calcolarne il tempo di salita e il ritardo, in alternativa alla determinazione degli andamenti<br />

dettagliati delle risposte nel dominio del tempo, che richiedono calcoli di antitrasformazione.<br />

Vogliamo ricavare pertanto delle relazioni generali, sebbene approssimate, che permettano<br />

di calcolare i tempi caratteristici della risposta indiciale quando si conosca la funzione B(s), in<br />

alternativa alle valutazioni dei tempi caratteristici empirici presentate nella Parte I 2 . Consideriamo<br />

qui il ritardo e il tempo di salita , espressi in forma analitica, che abbiamo introdotto nella Parte I<br />

e che richiamiamo qui con riferimento alla risposta impulsiva ai tempi brevi b(t)<br />

(2) <br />

<br />

<br />

<br />

0<br />

tb t dt<br />

<br />

(3) <br />

<br />

<br />

2 2<br />

2 t b t dt <br />

0<br />

<br />

Ricordiamo che queste espressioni sono valide soltanto se la risposta impulsiva è espressa in<br />

forma normalizzata, come è certamente vero per la b(t) per come la B(s) è stata definita nella (1), e<br />

2 Ricordiamo che nella Parte I è stata ricavata la seguente relazione esatta fra il tempo di salita empirico t r e la larghezza<br />

di banda B (a -3 dB) per un sistema del primo ordine: B t r = 0,3497... 0,35. Abbiamo anche visto che questa relazione<br />

è valida, in prima approssimazione, anche per altri tipi di funzioni di trasferimento, ma con valori del prodotto B t r che<br />

sono generalmente compresi fra 0,3 e 0,45.<br />

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3


se la risposta indiciale b u (t) presenta andamento monotono crescente (almeno<br />

approssimativamente).<br />

Esprimiamo la B(s) nella seguente forma approssimata<br />

2<br />

s<br />

B s st b t dt<br />

0 b t dt s<br />

0 tb t dt t b t dt<br />

0<br />

2<br />

0<br />

<br />

2<br />

(4) exp <br />

ottenuta sviluppando in serie il fattore esponenziale e arrestando lo sviluppo al termine di secondo<br />

grado in s. Questa, utilizzando le espressioni (2) e (3), assume la forma:<br />

(5) Bs<br />

2 2<br />

s 2 <br />

1s <br />

<br />

2 2<br />

<br />

Consideriamo ora la B(s), espressa come rapporto di polinomi in s, approssimandola arrestandoci ai<br />

termini di secondo grado in s<br />

(6) Bs<br />

1 s s 1<br />

s <br />

<br />

s<br />

<br />

1 1<br />

<br />

<br />

2 2<br />

1 2 1 2<br />

<br />

2 2<br />

1 s 2 s 1 s 2<br />

s<br />

Da questa, usando l'ulteriore approssimazione 1/(1+) 1 - + , si ottiene la seguente espressione<br />

approssimata di B(s):<br />

(7) B(s) 1+( 1 - 1 )s +( 2 - 1 1 + 1 2 - 2 )s 2<br />

Le relazioni desiderate fra i tempi caratteristici e i coefficienti della B(s) si ottengono infine<br />

uguagliando le due espressioni (5) e (7):<br />

(8) 1 1<br />

(9) 2 2 2<br />

2 <br />

<br />

<br />

1 1 2 2<br />

<br />

<br />

Si nota che queste relazioni vanno utilizzate con cautela, dato che sono state ottenute attraverso<br />

varie approssimazioni.<br />

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4


Esempio 1. Funzione passabasso del primo ordine.<br />

Essendo B(s) = 1/(1+s), i coefficienti valgono:<br />

1 = 0 ; 2 = 0 ; 1 = τ ; 2 = 0<br />

Si ha pertanto: = ; = <br />

Esempio 2. Funzione passabasso del secondo ordine, con poli reali.<br />

Qui abbiamo<br />

<br />

B s<br />

<br />

1 1<br />

<br />

2<br />

1 s1 s 1 s s<br />

1 2 1 2 1 2<br />

e i coefficienti valgono<br />

1 = 0 ; 2 = 0 ; 1 = 1 + 2 ; 2 = 1 2<br />

Si ha pertanto: = ; = <br />

Confrontando i risultati dei due Esempi si osserva subito che i ritardi si compongono<br />

linearmente, mentre i tempi di salita si compongono quadraticamente.<br />

Esempio 3. Impedenza di un circuito RC, con induttore L in serie al resistore per allargare la<br />

banda.<br />

1<br />

s<br />

<br />

1 s s<br />

Ponendo = L/R²C, abbiamo la funzione normalizzata <br />

2 2<br />

e i coefficienti valgono<br />

1 = ; 2 = 0 ; 1 = ; 2 = 2<br />

Si ha pertanto: = (1-) ; = [2(1-2-²)] ½<br />

Qui, al crescere di , entrambi i parametri e vengono ad assumere valori negativi, cosa<br />

evidentemente assurda. Il fatto è che in questo circuito al crescere di , cioè dell'induttanza L, la<br />

risposta indiciale diviene oscillante e allora le definizioni (2) e (3) non sono più applicabili 3 (il<br />

limite si ha per = 0.25).<br />

B s<br />

3<br />

Precisiamo ancora che il calcolo presentato nell’Esempio 3 è comunque approssimato. L’analisi esatta va svolta<br />

antitrasformando la funzione B(s)/s e studiando i parametri caratteristici (tempo di salita, ritardo e sovraelongazione)<br />

della risposta indiciale nel dominio del tempo al variare del parametro .<br />

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5


Esempio 4. Funzione con un polo e uno zero reali.<br />

Consideriamo la funzione<br />

<br />

B s<br />

1<br />

s<br />

<br />

1<br />

s<br />

con < 1, per cui i coefficienti valgono:<br />

1 = ; 2 = 0 ; 1 = ; 2 = 0<br />

Si ha pertanto: = (1-) ; = [2(1-)] ½<br />

I tempi caratteristici diminuiscono all'aumentare di , fino ad annullarsi per = 1, cioè quando lo<br />

zero cancella il polo e B(s) = 1.<br />

Esempio 5. Funzione passabasso del secondo ordine, espressa nella forma standard dei sistemi<br />

risonanti.<br />

Consideriamo la funzione (diversa da quella dell’Esempio 2 perchè per Q > 0,5 i poli sono<br />

1<br />

s Q s Q<br />

complessi): Bs 2 2 2<br />

1<br />

o o<br />

I coefficienti valgono<br />

1 = 0 ; 2 = 0 ; 1 = 1/ o Q ; 2 = 1/ o ²<br />

Si ha pertanto: = 1/ o Q ; = [2(1/Q²-2)] ½ / o<br />

I tempi caratteristici diminuiscono all'aumentare di Q, ma, come nell'Esempio 3, non ha senso<br />

calcolarli oltre un certo limite, che è fissato dal massimo valore di Q oltre il quale la risposta<br />

indiciale diviene oscillante.<br />

Esercizio 1. Ricavare le espressioni della risposta impulsiva e della risposta indiciale del sistema considerato<br />

nell’Esempio 4. Calcolare il ritardo per = 1 s e per i seguenti valori di : 0, 0.1, 0.2, 0.5, a) utilizzando la relazione<br />

esatta (2); b) utilizzando la relazione approssimata (8). Ripetere i calcoli precedenti utilizzando la definizione empirica<br />

del ritardo t d (50% del valore finale della risposta indiciale), supponendo che questa grandezza dipenda da allo stesso<br />

modo di . Presentare i risultati in una tabella.<br />

Esercizio 2. Spiegare per quale motivo nell’Esempio 4 non ha senso considerare il caso <br />

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6


3. Amplificatori a larga banda<br />

Uno stadio amplificatore di tensione è costituito fondamentalmente da un dispositivo attivo<br />

e da un carico. Molti dispositivi attivi (ma i transistori bipolari solo in prima approssimazione) sono<br />

riconducibili in modo significativo al modello (per piccoli segnali) rappresentato da un generatore<br />

ideale di corrente, controllato dalla tensione d'ingresso, mentre il carico (al quale generalmente<br />

contribuisce anche l'impedenza d'ingresso dello stadio<br />

successivo) è costituito da una opportuna impedenza Z, in<br />

parallelo alla quale vi è però sempre una capacità C (capacità<br />

d'uscita del dispositivo, capacità parassite, ecc.).<br />

Se il carico è resistivo (Z = R) si ha evidentemente<br />

l’amplificazione A 0 = g m R, dove g m è la transconduttanza del dispositivo attivo, mentre la costante<br />

di tempo = RC determina la velocità di risposta e la banda passante (B = 1/2). Si conclude che il<br />

prodotto banda-guadagno<br />

(10) A 0 B = g m /2C<br />

è indipendente dalla resistenza R e dipende soltanto dal rapporto fra la transconduttanza g m e la<br />

capacità C. Il rapporto g m /C costituisce dunque una figura di merito assai significativa per le<br />

prestazioni di uno stadio amplificatore (o di un dispositivo).<br />

Idealmente, al fine di massimizzare la velocità di risposta, l'impedenza indiciale del carico<br />

dovrebbe assumere valore infinito ai tempi brevi, in modo che la corrente fornita dal generatore<br />

possa caricare la capacità C più rapidamente possibile, per assumere poi un valore finito costante<br />

allo scopo di definire il guadagno. Questa condizione è ben approssimata usando un'impedenza di<br />

carico costituita da un resistore con un induttore in serie.<br />

Disponendo più elementi amplificatori in parallelo, la situazione non si modifica se il<br />

contributo dominante alla capacità C è costituito dalla capacità d'uscita (incluse le capacità<br />

parassite) di ciascun elemento: la figura di merito g m /C resta infatti invariata dal momento che sia<br />

la transconduttanza che la capacità aumentano dello stesso fattore. La disposizione di più elementi<br />

amplificatori in parallelo risulta invece chiaramente vantaggiosa quando la capacità C è<br />

rappresentata da un carico fisso, dominante rispetto alle capacità d’uscita degli elementi.<br />

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Una soluzione assai efficace 4 per migliorare il prodotto banda-guadagno rispetto all’ímpiego di un singolo<br />

amplificatore è costituita dagli amplificatori distribuiti. Questo tipo di circuiti impiega più dispositivi amplificatori che<br />

sono "in parallelo" dal punto di vista del guadagno, ma le cui capacità vengono separate inserendole in linee di<br />

trasmissione a elementi concentrati, secondo lo schema di principio illustrato nella figura qui sotto (le capacità C 1 e C 2<br />

conglobano le capacità, rispettivamente d’ingresso e d’uscita, dei transistori).<br />

Le due linee, quella alimentata dal segnale d'ingresso e quella dove si raccoglie il segnale d'uscita, sono<br />

entrambe adattate, allo scopo di<br />

evitare riflessioni, e sono<br />

realizzate con uguale ritardo per<br />

cella, in modo che su entrambe i<br />

segnali si propaghino in fase. Se<br />

l'ingresso, in particolare, è un<br />

gradino di tensione, il fronte<br />

d'onda del segnale amplificato dal<br />

primo transistore raggiungerà<br />

l'uscita del secondo allo stesso<br />

istante in cui il fronte d'onda<br />

amplificato da quest'ultimo verrà<br />

ad eccitare la linea d'uscita, e così via.<br />

Se il segnale d'ingresso è V 1 , a ciascuna delle basi viene applicato V 1 /2 trattandosi di una linea adattata. Se la<br />

transconduttanza di ciascun transistore è g m , ciascun collettore contribuirà all'uscita con una corrente di intensità<br />

g m V 1 /2, che nella linea d'uscita si suddividerà in parti uguali fra le due onde che viaggiano verso le resistenze di<br />

terminazione. Di conseguenza la corrente totale fornita al carico dagli n transistori sarà ng m V 1 /4. Si conclude che<br />

l'amplificazione statica totale, dalla sorgente al carico, è<br />

(11) A o = -ng m R o2 /4<br />

4. Composizione dei tempi caratteristici<br />

Studiamo ora come si compongono i tempi caratteristici di più stadi amplificatori collegati<br />

in cascata, esaminando il caso di due stadi con funzioni di trasferimento ai tempi brevi B 1 (s) e B 2 (s);<br />

i risultati saranno immediatamente generalizzabili al caso di un numero arbitrario di stadi in cascata.<br />

Scriviamo il prodotto B(s) = B 1 (s)B 2 (s) esprimendo le due funzioni nella forma<br />

approssimata (5):<br />

(12) <br />

2 2 2<br />

2<br />

s 2 <br />

1<br />

s 2 <br />

2<br />

B s 1 s1 1 1 s2 2<br />

<br />

2 2<br />

2 2<br />

<br />

4 T.T.W. Wong, Fundamentals of Distributed Amplification, Artech House, 1993<br />

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Sviluppando il prodotto e trascurando i termini in s di grado superiore al secondo si ottiene<br />

2<br />

s <br />

<br />

1<br />

<br />

2<br />

1<br />

<br />

2<br />

<br />

2 <br />

2<br />

(13) Bs 1 s <br />

2 2<br />

2 1 2<br />

da cui si deduce che = 1 + 2 e 2 = 2 1 + 2 2 . Nel caso di n stadi in cascata si ha pertanto:<br />

(14) = i ; 2 2<br />

= i<br />

<br />

<br />

<br />

Si conclude che i ritardi di più stadi in cascata si compongono linearmente, mentre i tempi<br />

di salita si compongono quadraticamente (sempre per risposte indiciali non oscillanti). Questo<br />

stesso risultato vale anche per i tempi caratteristici definiti empiricamente, cioè per il ritardo t d al<br />

50% e il tempo di salita t r fra il 10% e il 90% del valore finale della risposta indiciale.<br />

Esercizio. Calcolare il tempo di salita di un impulso con tempo di salita di 10 ns, amplificato da un circuito con tempo<br />

di salita di 50 ns, quale viene osservato a un oscilloscopio il cui amplificatore ha, con buona approssimazione, funzione<br />

di trasferimento del primo ordine, con larghezza di banda B = 100 MHz.<br />

5. La larghezza di banda<br />

Consideriamo ora la risposta in regime sinusoidale permanente di un amplificatore per cui la<br />

decomposizione (1) sia significativa. In tal caso la risposta nella regione delle alte frequenze si<br />

ottiene sostituendo s con j nella funzione B(s). La larghezza di banda B, o frequenza di taglio<br />

superiore, come già abbiamo visto nella Parte I, è definita come la frequenza a cui il modulo della<br />

funzione si riduce a 1/2 = 0,707... (-3 dB). Nel caso particolare in cui la B(s) possiede un solo polo<br />

con costante di tempo , sappiamo già che B = 1/2. Nel caso generale la larghezza di banda B,<br />

che qui indicheremo con F per evitare ambiguità di simboli, si ricava risolvendo l'equazione<br />

(15) |B(2jF)| = 1/2<br />

Quando la funzione B(s) risulta dal prodotto di più funzioni, di ciascuna delle quali è nota la<br />

larghezza di banda F i , il calcolo della larghezza di banda F in funzione delle F i non è affatto<br />

immediato. Per questo ci limitiamo a considerare il caso in cui la B(s) abbia soltanto poli reali, cioè<br />

sia costituita dal prodotto di n funzioni, ciascuna con una sola costante di tempo e caratterizzata<br />

dunque dalla banda F i = 1/2 i . In tal caso si ha<br />

B(s) = 1/(1+ i s)<br />

e dalla (15) si ottiene:<br />

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2 2<br />

<br />

i1 i<br />

i1<br />

i<br />

n<br />

n<br />

(16) F<br />

F F <br />

1 2 1 2<br />

<br />

Nel caso particolare in cui tutte le F i sono uguali fra loro, cioè i poli della B(s) sono tutti<br />

coincidenti, si ha<br />

(17) [1 + (F/F i )²] n = 2<br />

e si ricava allora<br />

(18) F = F i (2 1/n - 1) ½<br />

Se le funzioni B i non sono uguali, ma hanno tutte larghezza di banda molto maggiore di F, allora si<br />

può sviluppare la (16) nella forma seguente<br />

<br />

n<br />

2 n<br />

(19) F F F F <br />

1<br />

2 2<br />

1 1 2<br />

1 i<br />

<br />

i<br />

i1<br />

i<br />

<br />

<br />

da cui si ricava infine l'espressione approssimata:<br />

1/<br />

n<br />

F 1 Fi<br />

(20) 2<br />

i1<br />

RISPOSTA AI TEMPI LUNGHI<br />

6. La pendenza iniziale della risposta indiciale<br />

La risposta di un amplificatore ai tempi lunghi (alle basse frequenze) è determinata dai tagli<br />

a bassa frequenza introdotti dalle capacità di disaccoppiamento che separano i vari stadi o dalla<br />

presenza di trasformatori. Se L(s) è la funzione di trasferimento normalizzata che, in base alla<br />

decomposizione (1), caratterizza la risposta ai tempi lunghi, la corrispondente risposta indiciale<br />

l u (t) = L -1 [L(s)/s] presenta valore unitario per t = 0 e si annulla per t che tende all'infinito. L’esempio<br />

più semplice è quello del circuito CR passaalto, per cui si ha L(s) = s/(1+s) con risposta indiciale<br />

l u (t) = exp(-t/) u(t).<br />

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La risposta ai tempi lunghi viene spesso caratterizzata globalmente considerando come<br />

parametro la pendenza iniziale della risposta indiciale normalizzata:<br />

(21)<br />

dlu<br />

<br />

dt<br />

t<br />

<br />

<br />

<br />

t0<br />

Applicando questa definizione al caso del circuito CR considerato prima si ha: = -1/. Si può<br />

interpretare dunque come il negativo del reciproco della costante di tempo equivalente dominante<br />

alle basse frequenze.<br />

Dal valore di<br />

questo parametro dipende<br />

la forma della risposta agli<br />

impulsi, come mostra la<br />

figura a fianco, che<br />

rappresenta la risposta di<br />

un circuito CR a un<br />

gradino unitario e a un<br />

impulso unitario di durata<br />

fissa T per valori<br />

decrescenti di . Si nota in<br />

particolare che alla<br />

risposta a un impulso è sempre associata una "coda", la cui presenza può falsare la misura<br />

dell'ampiezza dell'impulso seguente (ciò che non si<br />

verifica negli amplificatori in continua).<br />

Esercizio. Calcolare l'ampiezza V' che viene misurata<br />

osservando il secondo impulso mostrato nella figura. I valori<br />

dei parametri sono: V = 1 volt, T = 1 µs, T' = 0.7 µs, = 2 s.<br />

Quando, come accade di frequente negli amplificatori, alla funzione L(s) sono associate più<br />

costanti di tempo (per esempio quando essa possiede più zeri all'origine e altrettanti poli reali) può<br />

darsi che la corrispondente risposta indiciale non decada monotonicamente a zero, presentando<br />

dunque delle oscillazioni. Ciò si verifica in particolare quando vi sono più costanti di tempo uguali<br />

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o poco diverse fra loro. Pertanto quando si desidera un decadimento monotono della l u (t) conviene<br />

fare in modo che una delle costanti di tempo sia dominante, cioè assai più breve di tutte le altre.<br />

Esercizio. Calcolare e graficare la risposta indiciale per le funzioni L(s) = (s/(1+s))², L'(s) = (s/(1+s)) 3 .<br />

Tutti questi fenomeni che, come si è detto, conducono a errori anche rilevanti nella misura<br />

dell'ampiezza degli impulsi, possono essere eliminati alla radice ricorrendo ad amplificatori in<br />

continua, oppure ridotti grandemente utilizzando circuiti nonlineari,<br />

generalmente impieganti diodi. Dopo un circuito di accoppiamento CR,<br />

per esempio, si può collegare un diodo verso massa in modo da evitare<br />

che la tensione d’uscita presenti escursioni negative (o positive, a<br />

seconda del verso con cui viene disposto) apprezzabili.<br />

7. Composizione delle pendenze iniziali<br />

Disponendo più stadi in cascata, ciascuno con risposta indiciale con pendenza iniziale i , la<br />

pendenza iniziale della risposta complessiva risulta pari alla somma delle pendenze iniziali dei<br />

singoli stadi:<br />

(22) = i<br />

Questo risultato si dimostra immediatamente nel caso di due blocchi in cascata con<br />

pendenze iniziali 1 = -1/ 1 e 2 = -1/ 2 . Se la funzione complessiva è L(s)= 1 2 s²/(1+ 1 s)(1+ 2 s), la<br />

risposta indiciale è l u (t) = u(t)[ 2 exp(-t/ 1 )- 1 exp(-t/ 2 )]/( 2 - 1 ). Derivando rispetto al tempo e<br />

ponendo t = 0, si ottiene infatti = -(1/ 1 +1/ 2 ) = 1 + 2 .<br />

Il risultato espresso dalla (22) può essere interpretato come segue: un sistema che possiede<br />

una molteplicità di costanti di tempo a bassa frequenza è equivalente, per quanto riguarda la<br />

pendenza iniziale della risposta indiciale, a un sistema con una sola costante di tempo, il cui inverso<br />

è pari alla somma degli inversi di tutte le costanti di tempo del sistema considerato.<br />

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CENNI SUGLI <strong>AMPLIFICATORI</strong> PER GRANDI SEGNALI<br />

8. Generalità sugli amplificatori per grandi segnali<br />

Consideriamo ora brevemente gli amplificatori per grandi segnali, dove le ampiezze dei<br />

segnali in gioco - tensioni negli amplificatori di tensione, tensioni e correnti negli amplificatori di<br />

potenza - sono tali che i modelli linearizzati per piccoli segnali non sono più applicabili o comunque<br />

richiedono estrema cautela. In questi circuiti l'attenzione è rivolto sopratutto a ottenere determinate<br />

prestazioni (escursione di tensione sul carico, potenza fornita al carico, efficienza energetica, ecc.),<br />

senza superare i limiti di tensione, corrente, potenza e temperatura oltre i quali i dispositivi si<br />

danneggiano, e assicurando, per quanto possibile, una buona linearità alla relazione ingresso-uscita.<br />

A questo riguardo sottolineiamo subito una importante proprietà dei transistori bipolari,<br />

della quale si deve tener conto: la relazione fra corrente di collettore e corrente di base presenta un<br />

assai maggior grado di linearità (il guadagno h fe dipende relativamente poco dalla corrente al<br />

variare di questa su un intervallo relativamente esteso) della relazione fra corrente di collettore e<br />

tensione base-emettitore (dove entra in gioco la caratteristica esponenziale d'ingresso). Ricordiamo<br />

anche che nei transistori FET di potenza si ha invece buona linearità nella relazione fra la corrente<br />

di drain e la tensione fra porta e source (in questo caso è la transconduttanza che dipende<br />

relativamente poco dalla corrente d'uscita).<br />

Facendo riferimento proprio ai transistori bipolari - per fissare le idee, ma le considerazioni<br />

che seguono sono del tutto generali - a una tensione d'ingresso sinusoidale v b (t) = V b cos(t)<br />

corrisponderà la tensione d'uscita:<br />

(23) v c (t) = V c1 cos(t) + V c2 cos(2t) + V c3 cos(3t) + ...<br />

dove il primo termine rappresenta l'armonica fondamentale e i successivi le armoniche superiori,<br />

generalmente indesiderate. Si definisce distorsione totale (total harmonic distortion, THD) la<br />

grandezza normalizzata, espressa di solito in percentuale<br />

(24)<br />

D <br />

V<br />

V<br />

2 2<br />

c2 c3<br />

V<br />

c1<br />

...<br />

Per un dato circuito, l'entità della distorsione dipende sia dal punto di lavoro prescelto che<br />

dall'ampiezza dei segnali. Essa aumenta, in genere più che proporzionalmente, al crescere<br />

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dell'ampiezza dei segnali, ed assume valori particolarmente elevati quando il dispositivo viene<br />

portato in condizioni di saturazione o d'interdizione (cioè la nonlinearità diventa violenta).<br />

Negli amplificatori di potenza la grandezza essenziale è la potenza P L fornita al carico,<br />

generalmente specificata in regime sinusoidale per un dato valore di distorsione (per esempio, 10 W<br />

con distorsione dell'1%, 20 W con distorsione del 5%). Ma ha grande importanza anche il<br />

rendimento, cioè il rapporto<br />

(25) = P L / P al<br />

fra la potenza P L fornita al carico e quella (P al ) erogata in continua dall'alimentatore. Anche perché<br />

dal rendimento dipende la potenza dissipata nei dispositivi amplificatori, che li riscalda<br />

innalzandone la temperatura. Sono i limiti per quest'ultima grandezza, infatti, che spesso<br />

determinano un limite pratico alla potenza massima che può essere fornita al carico. Poichè d'altra<br />

parte la potenza erogata dall'alimentatore è pari alla somma della potenza fornita al carico e di tutte<br />

le dissipazioni nel circuito (incluse quelle nei dispositivi, che generalmente sono dominanti) si<br />

comprende come il rendimento rappresenti una importante figura di merito di un amplificatore di<br />

potenza. Soprattutto in una sana ottica di sobrietà energetica.<br />

9. Classi di funzionamento<br />

Negli amplificatori di potenza si distinguono varie classi di funzionamento a seconda della<br />

frazione di periodo, con riferimento a segnali sinusoidali, durante la quale i dispositivi si trovano in<br />

conduzione.<br />

Negli amplificatori in classe A i dispositivi si trovano in conduzione, in una regione di<br />

funzionamento almeno approssimativamente lineare, durante tutto il periodo. Di conseguenza la<br />

linearità è relativamente buona (e può venire migliorata ulteriormente utilizzando lo schema a<br />

controfase, di cui ci occuperemo fra breve, che riduce nel carico l'effetto delle distorsioni di ordine<br />

pari).<br />

La figura<br />

mostra che la<br />

potenza massima<br />

(prodotto dei valori<br />

efficaci della<br />

tensione e della<br />

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corrente del segnale) che può essere fornita al carico<br />

(26) P L = (V max - V min )(I max - I min )/8<br />

è determinata dall'estensione della zona approssimativamente lineare delle curve caratteristiche<br />

attorno al punto di lavoro, mentre la potenza media erogata dall'alimentatore è P al = V CC I C , dove I C<br />

è la corrente di polarizzazione nel punto di lavoro prescelto, cioè è costante. Il rendimento dipende<br />

dunque dall'ampiezza del segnale.<br />

In prima approssimazione, cioè supponendo lineare tutta la caratteristica d'uscita del<br />

transistore, si trova che la potenza massima fornita al carico è un quarto di quella assorbita<br />

dall'alimentatore e quindi il rendimento limite è = 25%, come si ottiene ponendo nella (26)<br />

V max = V CC , V min = 0, I max = V CC /R L , I C = I max /2, I min = 0.<br />

In pratica il carico può<br />

venire collegato al dispositivo<br />

amplificatore anche in altri<br />

modi, cioè mediante<br />

accoppiamento induttivo oppure<br />

a trasformatore, come è<br />

mostrato negli schemi a fianco.<br />

In questi circuiti occorre<br />

distinguere fra la retta di carico in continua, la cui pendenza è determinata dalla resistenza (generalmente assai modesta)<br />

dell'induttore o del primario del trasformatore, e la retta di carico in alternata. Quest'ultima passa attraverso il punto di<br />

polarizzazione a riposo del collettore (V C V CC , I C , trascurando la caduta ohmica sull'induttore o sul trasformatore) con<br />

pendenza determinata dalla resistenza del carico (attraverso il rapporto di trasformazione, nel caso di accoppiamento a<br />

trasformatore).<br />

In presenza di segnale la tensione di collettore, in questi circuiti, varia attorno a V C V CC con una escursione<br />

massima totale approssimativamente doppia rispetto al caso del circuito con carico resistivo visto prima. Il rendimento<br />

limite corrispondente al caso di linearizzazione totale è dunque = 50% (ciò si ottiene ponendo nella (26) V max = 2V CC ,<br />

V min = 0, I max = 2I C , I min = 0, e considerando che P al = V CC I C ).<br />

Negli amplificatori in classe B i dispositivi si trovano in conduzione soltanto durante metà<br />

del periodo, e sono dunque polarizzati all'estremo della caratteristica, con corrente di riposo<br />

trascurabile. In questi amplificatori si usa il circuito detto a controfase, che comprende due<br />

dispositivi di polarità opposta (per esempio un transistore NPN e uno PNP), all'ingresso dei quali è<br />

applicato il medesimo segnale, ma disposti in modo che nel carico fluisca la differenza fra le loro<br />

correnti d'uscita. Come è mostrato nella figura a pagina seguente.<br />

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In questi circuiti, a differenza di quelli in classe A,<br />

la potenza erogata dall'alimentatore varia con l'ampiezza<br />

del segnale. In prima approssimazione, la corrente<br />

dell'alimentatore è il valor medio di una sinusoide<br />

rettificata. Pertanto, nell'approssimazione di linearizzazione<br />

totale della caratteristica per un segnale di massima<br />

ampiezza, la potenza erogata dall'alimentatore è<br />

P al = 2V CC ²/R L , mentre la potenza fornita al carico è<br />

P L = V CC ²/2R L ; il rendimento limite è dunque = /4 = 78.5%, assai maggiore che in classe A. E<br />

quindi la potenza dissipata nei dispositivi, a parità di potenza d'uscita, è assai minore che in classe<br />

A.<br />

La distorsione, d'altra parte, può essere rilevante, dal momento che i dispositivi, interdetti a<br />

riposo, vengono portati in conduzione dal segnale e si muovono dunque, sopratutto quando questo<br />

ha piccola ampiezza, in una regione fortemente nonlineare della caratteristica (distorsione di<br />

crossover). Si dimostra poi che se i due dispositivi usati nello schema a controfase hanno<br />

caratteristiche molto simili, le armoniche di ordine pari generate da ciascuno di essi si cancellano<br />

fra loro nel segnale d'uscita.<br />

Negli amplificatori in classe AB i dispositivi si trovano in conduzione durante una frazione<br />

di periodo fra e 2. Questo consente di ridurre la distorsione rispetto alla classe B, ottenendo nel<br />

contempo un rendimento maggiore che in classe A, sebbene inferiore alla classe B. Anche negli<br />

amplificatori in classe AB si adottano schemi a controfase. Lo schema di principio è anzi lo stesso<br />

mostrato a proposito degli amplificatori in classe B. La differenza sta nella diversa polarizzazione<br />

dei transistori in condizioni di riposo, che ora sono accesi mentre in classe B erano al limite<br />

dell'interdizione.<br />

Negli amplificatori in classe C, infine, i dispositivi si<br />

trovano in conduzione solo durante meno della metà del periodo. In<br />

condizioni di riposo essi sono dunque più o meno fortemente<br />

interdetti (la tensione V BB è nulla o negativa per il transistore NPN<br />

in figura) e si accendono solo quando il segnale d’ingresso assume<br />

ampiezza sufficiente. Il comportamento è dunque violentemente<br />

nonlineare, come mostra la forma d'onda della corrente di collettore<br />

nella figura. Ma siccome il carico è costituito da un circuito accordato alla frequenza del segnale, le<br />

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armoniche della corrente danno un contributo trascurabile alla tensione d'uscita (perchè l'impedenza<br />

che il carico presenta per le armoniche è assai minore di quella presentata alla fondamentale, a cui è<br />

accordato). Resta il fatto che l'ampiezza della sinusoide d'uscita non è proporzionale all'ampiezza di<br />

quella d'ingresso. Gli amplificatori in classe C sono dunque utilizzabili per amplificare sinusoidi di<br />

ampiezza costante: per esempio un'onda portante in un sistema a radiofrequenza, ma non un segnale<br />

modulato in ampiezza.<br />

Il vantaggio della classe C riguarda il rendimento, generalmente assai elevato, ancora<br />

maggiore che in classe B. Il motivo può essere compreso in termini qualitativi considerando la<br />

dissipazione nel transistore dello schema in figura: quando la tensione d'uscita è elevata, il<br />

dispositivo è interdetto e dunque non dissipa; quando il dispositivo conduce corrente, invece, la<br />

tensione d'uscita, cioè la tensione di collettore, assume i valori più bassi. Di conseguenza il prodotto<br />

v CE i C , che è quello che conta, è sempre o nullo o relativamente basso.<br />

L'esigenza di migliorare il rendimento degli amplificatori di potenza, che assume particolare<br />

rilievo negli apparati di grande e grandissima potenza, ha condotto a introdurre altre classi di<br />

funzionamento oltre a quelle tradizionali di cui si è fatto cenno finora, rivolgendo l'attenzione<br />

proprio a minimizzare la caduta di tensione sui dispositivi quando questi si trovano in conduzione.<br />

Un esempio interessante sono gli amplificatori in classe D, in cui questo concetto viene spinto<br />

all'estremo facendo lavorare i dispositivi come interruttori. Così si ha dissipazione di potenza solo<br />

quando i dispositivi sono accesi, ma essa è comunque molto bassa, essendo data dal prodotto di una<br />

corrente anche molto elevata per una tensione molto bassa, la tensione di saturazione V CEsat .<br />

In questi amplificatori, che hanno rendimenti assai elevati, prossimi all'unità, occorre però<br />

un apposito circuito (modulatore d'impulsi) che provveda a convertire il segnale analogico<br />

d'ingresso nel segnale impulsivo che comanda gli interruttori che ne costituiscono lo stadio finale di<br />

potenza. E occorre anche un circuito di filtraggio, simbolizzato dall'induttore L nello schema in<br />

figura, che riconverta in forma analogica gli impulsi di corrente generati dagli interruttori.<br />

Notiamo infine che amplificatori in classe D sono oggi disponibili in forma integrata e che questa<br />

tecnologia di recente<br />

si è molto affermata<br />

in campo audio.<br />

Segnale di comando e<br />

schema semplificato di un<br />

amplificatore in classe D<br />

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