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28-29-30 farmacologia.pdf - Punto Effe

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PRIMOPIANO<br />

FARMACOLOGIA<br />

Placebo e nocebo:<br />

l’importanza e l’utilizzo<br />

dei “non farmaci”<br />

in terapia<br />

DI ARIANNA CAROLINA ROSA<br />

RICERCATORE IN FARMACOLOGIA<br />

DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO<br />

GIANLUCA MIGLIO<br />

RICERCATORE IN FARMACOLOGIA,<br />

UNIVERSITÀ DI TORINO<br />

E ROBERTO FANTOZZI<br />

PROFESSORE ORDINARIO<br />

DI FARMACOLOGIA, UNIVERSITÀ<br />

DI TORINO; SOCIETÀ ITALIANA<br />

DI FARMACOLOGIA<br />

Gli effetti di ogni trattamento medico<br />

(farmacologico o meno)<br />

hanno due componenti, una<br />

correlata con gli effetti specifici del trattamento<br />

e l’altra con la percezione di aver ricevuto<br />

una terapia (Colloca & Benedetti,<br />

2005), quest’ultima indicata come “effetto<br />

placebo”. Il termine placebo tradizionalmente<br />

identifica un trattamento inerte. Opposto<br />

al placebo è il nocebo. È molto meno<br />

conosciuto dell’effetto placebo, poiché l’induzione<br />

sperimentale di una risposta nocebo<br />

richiede una procedura ansiogenica<br />

che causa stress. Queste definizioni generano<br />

un paradosso: se il placebo (o il nocebo)<br />

è inerte, allora non può causare un<br />

effetto perché privo di qualsiasi attività intrinseca.<br />

Se i primi risultati che hanno<br />

messo in luce l’importanza dell’effetto placebo<br />

sono stati riportati da Henry Beecher<br />

(1955) in una meta-analisi in cui si dimostra<br />

che circa il 35 per cento dei pazienti risponde<br />

positivamente alla somministrazione<br />

del placebo nel trattamento del dolo-<br />

Una paradossale<br />

opportunità?<br />

re, i progressi nella comprensione dei<br />

meccanismi neurobiologici e psicologici<br />

degli effetti placebo e nocebo hanno non<br />

solo spostato la questione dal concetto di<br />

contenuto inerte (per esempio, compresse<br />

di amido) a quello di interventi placebo o<br />

nocebo (trattamenti simulati e contesto clinico),<br />

ma hanno anche permesso di sfatare<br />

le numerose credenze sui placebo e sui<br />

loro effetti (tabella1).<br />

Con “effetto placebo” s’intende quindi l’effetto<br />

osservato nel gruppo placebo di uno<br />

studio clinico, prodotto da un fenomeno<br />

biologico placebo in aggiunta ad altri fatto-<br />

ri che contribuiscono al miglioramento dei<br />

sintomi quali il decorso naturale della malattia,<br />

la regressione alla media (fenomeno<br />

statistico in cui le misure successive dei<br />

sintomi tendono a essere minori rispetto a<br />

quelle iniziali), il reporting bias, gli errori di<br />

giudizio. Questa definizione demarca la<br />

differenza con la “risposta placebo”, spesso<br />

utilizzata come sinonimo di effetto placebo,<br />

che però indica i singoli fenomeni<br />

biologici alla base dell’effetto placebo stesso<br />

(Benedetti & Amanzio, 2011). Gli effetti<br />

placebo sono da intendere come reali<br />

eventi psicobiologici causati dal contesto<br />

<strong>28</strong> puntoeffe


PRIMOPIANO<br />

FARMACOLOGIA<br />

terapeutico nel suo complesso. Da un<br />

punto di vista psicologico molti meccanismi<br />

possono contribuire agli effetti placebo.<br />

La suggestione verbale di un miglioramento<br />

che tipicamente accompagna la<br />

somministrazione di un farmaco crea<br />

un’aspettativa (meccanismo cognitivo; figura<br />

in basso). Esemplificativo, in tal senso,<br />

il risultato di uno studio in cui ai partecipanti<br />

veniva praticato uno stimolo doloroso<br />

trattato per via topica con una crema<br />

placebo. I pazienti sono stati suddivisi in<br />

due gruppi: al primo è stato detto che la<br />

crema era inerte, al secondo che era un<br />

potente analgesico. Solo il secondo gruppo<br />

ha manifestato un effetto analgesico<br />

(Price et al., 1985). L’effetto della suggestione<br />

verbale è tanto maggiore quanto più<br />

è autorevole la fonte, e non prescinde da<br />

un rapporto di fiducia. Questo evidenzia il<br />

ruolo chiave del rapporto paziente-operatore<br />

sanitario e dell’ambiente in cui viene<br />

effettuato il trattamento. Questi fattori contestuali<br />

e le aspettative di miglioramento<br />

cooperano nell’attivare le risposte placebo<br />

autoterapeutiche e l’instaurarsi di un circolo<br />

grazioso (figura in basso). L’aspettativa<br />

non è l’unico meccanismo degli effetti placebo.<br />

La dimostrazione che in certi casi gli<br />

effetti placebo sono più ampi dopo la somministrazione<br />

ripetuta di un farmaco attivo<br />

ha permesso di identificare il condizionamento<br />

(apprendimento associativo) quale<br />

ulteriore meccanismo (non cognitivo).<br />

I condizionamenti determinano variazioni<br />

fisiologiche inconsce nella secrezione ormonale<br />

e nella risposta immunitaria, che<br />

sono riprodotte dalla somministrazione<br />

successiva di placebo (tabella 2 a pagina<br />

<strong>30</strong>). I due meccanismi, cognitivi e non cognitivi,<br />

coesistono e interagiscono: è stato<br />

evidenziato, infatti, che il condizionamento<br />

consegue all’aspettativa ed è dipendente<br />

dall’esperienza acquisita. La tabella 2 riporta<br />

esempi di condizioni mediche dove<br />

è stato dimostrato un ruolo per gli effetti<br />

placebo o nocebo e i meccanismi che li<br />

sottendono. Gli effetti nocebo possono<br />

manifestarsi quando il contesto psicosociale<br />

positivo tipico degli effetti placebo è<br />

invertito. Nel caso del dolore, dove gli effetti<br />

placebo e nocebo sono stati più studiati,<br />

il modello di risposta alla base dell’analgesia<br />

da placebo/iperalgesia da nocebo si basa<br />

sul bilancio tra attivazione/deattivazione<br />

dei sistemi dopaminergico e oppioidergico ><br />

L’uso del termine placebo (dal latino placere: io piacerò) in ambito medico,<br />

per descrivere trattamenti innocui che servono a dare conforto al paziente,<br />

risale alla fine del 1700. Il significato di questo termine e il suo originale<br />

impiego sono però diversi. Il versetto 9 del Salmo 114 (oggi 116) dei Vespri<br />

dei Morti recita, infatti, «Placebo domino in regione vivorum» («Piacerò<br />

al Signore nella terra dei viventi»). Più laico e più spregiativo è il significato,<br />

ancora non medico, assunto dal placebo fino al XIV secolo: in Canterbury Tales,<br />

Chaucer usa “Placebo” come nome proprio di un uomo, “the yes man”,<br />

malvagio e adulatore. Opposto al placebo è il nocebo (da nocere: io nuocerò)<br />

termine scelto da Kennedy nel 1961, per identificare un prodotto inerte<br />

che esercita effetti negativi come diretto risultato del pessimismo<br />

e delle aspettative del paziente a cui è somministrato.<br />

FALSO<br />

L’effetto placebo contribuisce a ~1/3<br />

dell’effetto terapeutico totale<br />

Esistono differenze tra i placebo<br />

responder e i placebo non-responder.<br />

Per esempio, rispondono le persone<br />

meno intelligenti e gli ipocondriaci<br />

Gli effetti sono solo a breve termine<br />

TABELLA 1<br />

CENNI STORICI<br />

PLACEBO: CREDENZE E VERITÀ<br />

VERO<br />

L’effetto può variare dallo 0 al 100%<br />

Queste differenze non sono state<br />

definite e miglioramenti<br />

sono stati dimostrati<br />

per la maggior parte dei sintomi<br />

Sono stati dimostrati effetti<br />

a lungo termine<br />

MECCANISMI COGNITIVI DELL’EFFETTO PLACEBO: ESEMPI<br />

Raccomandazioni<br />

degli amici<br />

Sapere che è in atto<br />

una cura<br />

Autorità e affidabilità<br />

delle informazioni sul<br />

metodo terapeutico<br />

Operatore sanitario<br />

rassicurante<br />

Ambiente<br />

tranquillizzante<br />

Aspettative<br />

sull’approccio<br />

terapeutico<br />

Aspettative di<br />

miglioramento<br />

<strong>Effe</strong>tti contestuali<br />

promuoventi<br />

Teoria terapeutica<br />

plausibile<br />

Esperienze personali<br />

precedenti<br />

Attivazione di meccanismi<br />

autoterapeutici<br />

Circolo<br />

grazioso<br />

Miglioramento<br />

puntoeffe <strong>29</strong>


PRIMOPIANO<br />

FARMACOLOGIA<br />

MECCANISMI DEGLI EFFETTI PLACEBO/NOCEBO: ESEMPI<br />

nel nucleo accumbens. Questo modello è<br />

poi integrato dal ruolo giocato dal neuropeptide<br />

colecistochinina, antagonista funzionale<br />

degli oppioidi endogeni e mediatore<br />

delle risposte nocebo (Enck et al.,<br />

2008). Inoltre, studi recenti hanno dimostrato<br />

che il modello dell’analgesia da placebo<br />

comprende risposte più complesse,<br />

incluse l’attivazione dei sistemi oppioidergici<br />

discendenti spinali e dei sistemi degli<br />

endocannabinoidi (Benedetti et al.,<br />

2011). L’importanza degli effetti placebo/nocebo<br />

è oggi ampiamente riconosciuta.<br />

L’approccio attuale della Evidence-based<br />

medicine si basa infatti sulla dimostrazione<br />

sperimentale della superiorità al placebo<br />

di qualsiasi trattamento medico. Tuttavia,<br />

gli studi placebo-controllati non consentono<br />

di apprezzare pienamente il contributo<br />

delle componenti placebo/nocebo<br />

all’effetto del trattamento, in quanto evidenziano<br />

solo la componente specifica<br />

dell’effetto. Questi limiti metodologici potrebbero<br />

trovare soluzione nel disegno<br />

open-hidden, che non prevede il gruppo<br />

placebo ma confronta gli effetti ottenuti<br />

con due modalità di somministrazione:<br />

quella open (tradizionale, in presenza di<br />

suggestione verbale) e quella hidden (il<br />

paziente non è a conoscenza del momento<br />

della somministrazione, attraverso per<br />

esempio l’impiego di sistemi automatici<br />

pre-programmati di infusione). Questo disegno<br />

ha permesso di dimostrare che gli<br />

effetti analgesici degli oppioidi (per esempio,<br />

morfina, tramadolo) e dei Fans (ketorolac,<br />

metimazolo) hanno un’ampia componente<br />

placebo, poiché significativamente<br />

diminuiti quando i farmaci sono<br />

somministrati secondo la modalità hidden.<br />

Inoltre, il ricorso all’open-hidden ha<br />

dimostrato che l’analgesia da proglumide<br />

Bibliografia<br />

Beecher, Jama 1955; 159: 1602-6.<br />

Benedetti & Amanzio, Patient Educ Couns 2011; 84: 413-9.<br />

Benedetti et al., Nat Med 2011; 17: 12<strong>28</strong>-<strong>30</strong>.<br />

Benedetti et al., Nat Neurosci 2004; 7: 587-8.<br />

Colloca & Benedetti, Nat Rev Neurosci 2005; 6: 545-52.<br />

Enck et al., Neuron 2008; 59: 195-206.<br />

Finnis et al., Lancet 2010; 375: 686-95.<br />

Hrobjartsson et al., Eval Health Prof 2003; 26: 153-65.<br />

Price et al., Pain 1985; 83: 147-56.<br />

Tilburt et al., BMJ 2008; 337: 19-38.<br />

DOLORE<br />

MALATTIA DI PARKINSON<br />

DEPRESSIONE<br />

ANSIA<br />

DIPENDENZA<br />

SISTEMA CARDIOVASCOLARE<br />

SISTEMA RESPIRATORIO<br />

SISTEMA IMMUNITARIO<br />

SISTEMA ENDOCRINO<br />

APPARATO GASTROINTESTINALE<br />

TABELLA 2<br />

(un antagonista della colecistochinina),<br />

inizialmente osservata in studi clinici contro<br />

placebo, è in realtà un effetto anti-nocebo<br />

(Finnis et al., 2010).<br />

Alla luce di quanto detto, si apre quindi la<br />

possibilità di ottenere effetti terapeutici<br />

senza la somministrazione di farmaci.<br />

Attivazione dei sistemi oppioidergico, dopaminergico<br />

e degli endocannabinoidi (placebo); attivazione della<br />

colecistochinina e deattivazione della dopamina (nocebo)<br />

Attivazione dopaminergica nello striato e variazioni<br />

nell’attività dei neuroni dei gangli della base e del talamo<br />

Variazioni dell’attività elettrica e metabolica<br />

in regioni cerebrali<br />

Variazioni nell’attività nel cingolo anteriore e nella<br />

corteccia orbitofrontale; variazioni genetiche del<br />

trasportatore della serotonina e della triptofano-idrolasi 2<br />

Variazioni metaboliche in regioni cerebrali<br />

Riduzione dell’attività β-adrenergica cardiaca<br />

Condizionamento dei recettori degli oppioidi<br />

nei centri respiratori<br />

Condizionamento di mediatori immunitari e degli effetti<br />

antistaminici nella rinite allergica<br />

Condizionamento di sistemi ormonali<br />

Condizionamento dei sintomi, attivazione della corteccia<br />

prefrontale/deattivazione della corteccia cingolata<br />

ETICAMENTE ACCETTABILE<br />

Una possibilità già sperimentata in pazienti<br />

affetti da malattia di Parkinson ripetutamente<br />

trattati con apomorfina (condizionamento),<br />

in cui la successiva somministrazione<br />

di un placebo in sala operatoria,<br />

immediatamente prima dell’intervento<br />

d’impianto di elettrodi per la stimolazione<br />

cerebrale profonda, ha causato una diminuzione<br />

della rigidità muscolare che, sebbene<br />

di breve durata (20-<strong>30</strong> minuti), è stata<br />

clinicamente utile per poter eseguire più<br />

facilmente e rapidamente alcune procedure<br />

chirurgiche (Benedetti et al., 2004).<br />

Studi che hanno esaminato il comportamento<br />

di medici sia europei sia americani<br />

hanno rivelato che sebbene la prescrizione<br />

di placebo sia una pratica non comune,<br />

è frequente il ricorso a trattamenti attivi con<br />

l’intento primario di promuovere una risposta<br />

placebo o di esaudire i desideri del paziente<br />

(Hrobjartsson et al., 2003; Tilburt et<br />

al., 2008). Elementi questi che supportano<br />

la decisione dell’Fda, nel 2003, di approvare<br />

la prescrizione di un placebo.<br />

Questi dati portano nuove considerazioni<br />

etiche sull’uso del placebo (Dichiarazione<br />

di Helsinki, 2000; http://www.ema.europa.eu;<br />

http://www.agenziafarmaco.gov.it),<br />

che secondo il Dm 12 maggio 2006, in linea<br />

di principio non può essere utilizzato<br />

nella sperimentazione clinica se sono disponibili<br />

trattamenti efficaci noti, oppure<br />

se l’uso del placebo comporta sofferenza,<br />

prolungamento di malattia o rischio (Gu n.<br />

194 del 22 agosto 2006).<br />

Considerando che gli effetti placebo sono<br />

impliciti alla comune pratica clinica, creare<br />

un’interazione di supporto che riduca<br />

l’ansia (nocebo) e promuova le aspettative<br />

positive (placebo), nonché fornire un’onesta,<br />

e non ingannevole, informazione dei<br />

benefici attesi dal trattamento medico, è<br />

eticamente accettabile. Dovrebbero essere<br />

quindi sviluppate e impiegate tecniche<br />

non decettive d’informazione allo scopo di<br />

prescrivere trattamenti indirizzati a promuovere<br />

gli effetti placebo.

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