COSE E LUOGHI DA VEDERE - Comune di Dolcedo

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DOLCEDO
Guida Turistica
con cenni storico - artistici
a cura del Comune di Dolcedo

IL SINDACO
Se il Comune di Dolcedo ha potuto conservare le pregevoli
testimonianze del suo passato e valorizzare tradizioni e
culture antiche, offrendo, nel contempo, strutture di accoglienza
e servizi moderni è stato grazie ad un costante impegno a
mantenere il territorio, ad una profonda sensibilità artistica
e ad una politica saggia e lungimirante.
La felice posizione geografica consente al paese di godere
della tranquillità della campagna, ma anche del benefico
influsso che il mare esercita sul clima.
Nei nuclei abitati di Dolcedo e delle sue frazioni si coniuga
passato e presente, mantenendo intatti l'impianto urbanistico
antico, ma offrendo anche impianti sportivi, strutture ricreative
ed attività di agriturismo.
Nel corso di tutto l'anno, ma particolarmente d'estate, risulta
ricco il calendario delle celebrazioni religiose, delle iniziative
culturali e di intrattenimento che Dolcedo propone ai residenti
ed ai numerosi turisti che lo scelgono come meta delle loro
vacanze.
Infine degna di nota è senza dubbio la produzione del pregiato
olio di oliva, elemento base della gastronomia locale, delicata
e gustosa, ormai da tutti riconosciuta come originale
interpretazione della rinnovata dieta mediterranea.
Nel presentare tale opuscolo illustrativo, giunto alla sua 2ª
edizione, ringrazio sentitamente tutti coloro che hanno
contribuito alla sua realizzazione, consentendo in tal modo,
di proseguire ed intensificare l'impegno a conservare e
valorizzare ulteriormente quanto abbiamo ereditato da chi ci
ha preceduto.
Piergiorgio GANDOLFO

Hanno collaborato:
per i testi:
Natale Giovanni Trincheri
Pierangela Fierro Trincheri
Adolfo Ranise
per le traduzioni in inglese:
Luca Ranise
per le traduzioni in tedesco:
Besier Anne
Katia Böttger
Puligede Anne
fotografie:
Adolfo Ranise
Impaginazione:
Stefania Milesi
Stampa:
Tipografia San Giuseppe - Arma di Taggia
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
- BERRY E: e M., Alla porta occidentale d’Italia - Bordighera 1963 p.p. 146/147
- CALCAGNO P., I castelli dell Liguria Vol. I - Genova 1972
- CASALIS G. , Dizionario Geografico, storico, statistico e commerciale
degli Stati di S.M. il Re di Sardegna - Torino 1840
- FERRANDO I., I segreti della Provincia di Imperia Bologna 1977
p.p. 118 - 123
- LAMBOGLIA N., I monumenti delle valli di Imperia - Itinerari liguri 12 -
Bordighera 1986
- OSSIAN DE NEGRI T., Il Ponente Ligustico incrocio di civiltà Genova
1974 passim
- PAZZINI PAGLIERI N. - PAGLIERI R., Chiese in Liguria - Genova 1990 p.20
- RICCI. G., Compendio storico della Liguria occidentale - dalla preistoria all’età
contemporanea - Imperia, 1995
- VASSALLO N., Il restauro della cappella di Santa Brigida a Dolcedo in
“Rivista Ingauna e Intemelia” N.S. a XIII, n.3-4 1959 p.p.170 - 171
- TRINCHERI L., Il demonio sconfitto sulla strada verso il Faudo -
In Provincia di Imperia a VI, n.27 Imperia 1988 p. 9

INDICE
CAPTOLO 1
Ambiente e territorio pag. 6
CAPITOLO 2
Cenni storici pag. 11
CAPITOLO 3
Cose e luoghi da vedere pag. 23
CAPITOLO 4
Itinerari pag. 39
CAPITOLO 5
Economia e società pag. 47
CAPITOLO 6
Sport e tempo libero pag.55
CAPITOLO 7
Feste religiose
e manifestazioni pag. 64
Foto di Adolfo Ranise

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SERVIZI PUBBLICI
Uffici comunali, Servizio autolinee R.T. da Imperia, Casa di riposo S.
Giuseppe, Ambulatori medici, Studio dentistico, Farmacia, Carabinieri,
Ufficio Postale, Riparazioni auto e distributore di carburante.
FRAZIONI E LOCALITA' DEL COMUNE
Piazza (capoluogo), Isolalunga, Ripalta, Costa Carnara, Castellazzo,
Ramelli, Bellissimi, Trincheri, Lecchiore, Magliani, Orenghi, Boeri,
Rimbaudi, San Martino, San Paolo.
AMBIENTE E TERRITORIO
AMBIENTE E TERRITORIO 1

AMBIENTE E TERRITORIO
Tra le diverse valli comprese tra Imperia e Arma di Taggia, spicca, insieme
a quella di San Lorenzo, la valle del Prino.
Modeste dorsali la delimitano rispetto alle contermini valli dell'Impero e
di San Lorenzo, mentre il rilievo si fa più elevato, superando i 1000 m di
altitudine in corrispondenza della val Carpasina (confluente nell'Argentina),
ove si trovano alcune cime ben conosciute, come il M. Faudo m 1149 e
il M.Moro m 1184.
Proprio al centro della valle, nei pressi della confluenza del Rio dei Boschi
(un modesto corso d'acqua che scende dalle pendici orientali del Faudo)
nel torrente Prino, a 77 m s.l.m. si trova il capoluogo del comune di
DOLCEDO, il cui territorio si estende su quasi 20 Kmq (esattamente 1932
ha).
Oltre al capoluogo, detto "Piazza" in quanto antica sede di mercato, tipico
centro di fondovalle, il comune conta altri quattro centri: Isolalunga, poco
a est di Dolcedo Piazza, lungo la strada proveniente da Porto Maurizio;
mentre più a ovest, sulla strada che si snoda verso il M. Faudo, si trovano
Costa Carnara m 186, Bellissimi m 286 e Lecchiore m 283.
Non censiti dall'ISTAT, in quanto contigui al capoluogo, sono altri due
piccoli centri, entrambi di pendio:
Ripalta, posta sul rilievo che digrada verso i due corsi d'acqua sopra citati,
e Castellazzo.
VARIAZIONI DEMOGRAFICHE
1-1-1861 - ab. 2627
16-10-1961 - ab. 1477
24-10-1971 - ab. 1273
25-10-1981 - ab. 1196
Distanza da Imperia: Km 7,4
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AMBIENTE E TERRITORIO 7

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Ancient documents witness
that Dolcedo used
to be composed of ten
small districts also called
“villate”. Among them the
most important was, and
still is, Piazza, followed
by Isolalunga, Ripalta,
Costa Carnara, Castellazzo,
Bellissimi, Lecchiore,
Trincheri, Magliani
and Cive’, of which nine
still exist, the latter being
disappeared before anyone
can remember. Over
and above these villages,
a few other boroughs are
still visible, mainly named
after the families who built
them up and lived there.
The high number of villages
is to be justified by
the fact that, in the old
days, the crisis of the coast
determined by the fall
of the Roman Empire
and the consequent standing incursions of different aggressors (e.g.
Longobards, Turks) forced the population to undertake massive migrations
towards the hinterland. In this way it was much easier to defend
themselves. Evidence of this can be found in the presence of numerous
towers, three of which are still very well preserved (Costa Carnara,
Piazza and Isolalunga).
Two torrents cross Dolcedo, Prino and Rio dei Boschi and five bridges
link the different quarters of the village. In a few buildings the presence
of typical terraces, called “altane” used in the past for the desiccation
of fruits and mushrooms can be noticed and typical is the existence of
narrow, twisting streets, often covered, running between tall buildings,
the “carruggi”.
AMBIENTE E TERRITORIO
THE TERRITORY 1

AMBIENTE E TERRITORIO
Documenti molto antichi, affermano che Dolcedo era composto da dieci
piccoli agglomerati urbani, denominati “villate”. La più importante di
tutte, sede dell’attività amministrativa e della maggior parte delle attività
commerciali era ed è tuttora Piazza, troviamo poi Isolalunga, Ripalta,
Costa Carnara, Castellazzo, Bellissimi, Lecchiore, Trincheri, Magliani,
Civè. Ma proprio di Civè, nessuno ricorda più nulla neppure i più anziani
del paese ricordano di averne mai sentito parlare, eppure gli antichi
testi ne confermano l’esistenza. Nel territorio di Dolcedo, possiamo
trovare altri piccoli insediamenti urbani, i quali prendevano i nomi dalle
famiglie che li avevano costituiti e li abitavano in origine, come: Case
dei ... Boeri, Rimbaudi, Orenghi, Giordani, Talloni, Genovesi, Airenti,
Longhi, Ascheri, Sciorati, Villa dei Bensi, Stonzo, Ramelli, S. Paolo,
Costa Rossa.
Come possiamo notare, numerosi erano i nuclei abitati sparsi nel
comprensorio dolcedese, infatti già nell’alto medioevo si assistette a
migrazioni anche massicce verso l’interno e quindi verso la campagna
a seguito della crisi lungo la costa. Nel caso di Dolcedo, come vedremo
più approfonditamente in seguito, l’esodo era motivato soprattutto dal
fatto che a seguito della caduta dell’Impero romano di occidente, lungo
la costa erano numerose le incursioni da parte di Eruli, Ostrogoti,
Longobardi e soprattutto degli ottomani (turchi). Questi ultimi razziavano
spesso e volentieri i centri costieri, dove era anche più difficile difendersi,
spingendosi poi anche nelle zone interne. Per la popolazione costiere
rifugiarsi nell’interno rappresentava comunque un modo per organizzare
meglio le difese, potendo contare su di un territorio più impervio, in
paesi più raccolti e con vicoli bui ottimi per il riparo e le imboscate.
AMBIENTE E TERRITORIO
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AMBIENTE E TERRITORIO
Risalgono ad allora le numerose torri sparse sulla costa ligure e nei
paesi dell’entroterra, cui appunto Dolcedo non faceva eccezione, ve ne
erano diverse, attualmente ne possiamo ammirare ancora tre ben
conservate, una situata a Costa Carnara, l’altra in frazione Piazza ed
una ad Isolalunga, il loro scopo era come ben si può immaginare,
l’avvistamento, con un certo anticipo delle “galee” dei turchi.
Dolcedo, sorge presso la confluenza di due corsi d’acqua, il Prino ed
il Tigna o Rio dei Boschi e cinque ponti mettono in comunicazione le
diverse parti del paese. Singolare è la caratteristica di alcune delle
abitazioni in quanto sono presenti ai piani più alti, dei loggiati, detti
“altane”, che venivano un tempo usate come essiccatoi, in particolare
per la frutta (fichi), ma anche per i funghi di cui i boschi intorno a Dolcedo
sono molto ricchi. Tipica di Dolcedo e più in generale dei paesi liguri
d’origine medioevale è la presenza di carruggi, ovvero di quelle stradine
tortuose e strette inserite tra le case e spesso coperte. Le abitazioni
sono di tipo a schiera unite l’una con l’altra da archetti e ponticelli
Piazza, Palazzata sul torrente Prino.
AMBIENTE E TERRITORIO
1

CENNI STORICI

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THE ORIGIN
The early human presence in the Dolcedo area can be dated back to
the Iron Age, in so far as in the immediate surroundings of Monte Follia
– not far from Monte Faudo – important remains had been found which,
for their morphology, were interpreted by the archaeologists as “Castellari”
remains, fortification systems used by local tribes as shelters should
they be threatened of aggression by rival tribes.
As far as Dolcedo outlook is concerned,
its medieval mark is clearly
visible. Ac- cording to the
information in our hands,
it is very likely that
the first built-up
area was that where
Castellazzo is today
located. As a matter of
fact, and in line with
the scarce documents
still exi- sting, in
this site the only Dolcedo
castle had been
erected, whose importance
grew up
when, in 1028, the
Marquis Oldorico
Manfredi and his
wife Berta annexed
to their fie- fdom further
land situated in
the area of the local
Benedecti- nes monastery.
The Benedectines
founded
their monastery close to the castle, contributing significantly to the
agricultural development of the area. In the following years they then
built up a church, completed in 1290, which is to be considered the first
Christian church and the first Parish of the whole valley. As further
evidence of the Benedectines presence, it is worth recalling the finding
of a corpse of a father Abbott during some refurbishment work in the
church basement. The castle was then destroyed in 1342 by th e Genoese,
but its massive stones are still visible in some of the buildings situated
at Castellazzo.
CENNI STORICI
HISTORICAL INTRODUCTION 2

LE ORIGINI
CENNI STORICI
Le prime presenze
umane nel territorio
di Dolcedo,
risalgono probabilmente
all’età
del ferro, infatti
nei pressi del
Monte Follia, una
cima al ridosso del
versante meridionale del
Monte Faudo, durante gli scavi
degli archeologi, sono venuti alla luce reperti quali un
sito per la lavorazione dei metalli, fornaci, oggetti, e strutture abitative
la cui morfologia è riconducibile a quella dei castellari.
I castellari erano dei sistemi di fortificazione e di avvistamento collocati
in posizione strategica, in cui le tribù di allora, dedite principalmente
alla pastorizia, si rifugiavano insieme alle greggi, ogni qualvolta venivano
minacciate dall’aggressione di altre tribù a loro ostili.
Per quanto riguarda l’aspetto di Dolcedo si può osservarne la chiara
impronta medioevale.
I dati in nostro possesso ci fanno ritenere che il suo primo nucleo
abitato sorgesse dove attualmente è situata la borgata di Castellazzo.
Proprio in tale località sorgeva un castello, detto anche Castellaccio
( da qui il nome della borgata), l’unico a Dolcedo di cui si abbiano
notizie, seppur frammentarie. L’ importanza di tale castello aumentò
quando, nel 1028, il Marchese Oldorico Manfredi e sua moglie Berta,
infeudarono alcune terre della zona del convento delle Benedettine di
Caramagna Piemonte.
Proprio i Benedettini fondarono accanto al castello un monastero,
contribuendo a dare un grande impulso all’agricoltura. Successivamente
essi costruiranno nel 1290 una Chiesa accanto al convento, dedicata
alla SS. Annunziata, che è da considerarsi la prima chiesa conservata
al culto cristiano nel paese e la prima parrocchia della vallata.
A conferma della presenza dei Benedettini giova ricordare il ritrovamento,
avvenuto durante alcuni lavori svolti sulle fondamenta della chiesa,
della salma di un Padre Abate superiore di tale ordine, ancora con
accanto una mitra, il pastorale e l’anello. Gli storici dell’epoca sostengono
che potesse trattarsi di un alto prelato, distintosi per rettitudine e qualità
morali.
Il castello fu poi distrutto dai genovesi nel 1342, tuttavia le possenti
pietre squadrate, si possono ancora ammirare inserite nella costruzione
di alcune abitazioni del luogo.
2
CENNI STORICI 13

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ZUR GESCHICHTE DOLCEDOS
Die Ursprünge Dolcedos reichen bis ins Mittelalter zurück.
Es stand unter der Feudalherrschaft der Markgrafen von Clavesana.
sein ältester Teil ist Castellazzo, wo il XI. Jajrj. die Kirche Santa Maria
erbaut wurde.
Im Jahre 1103 überließ der Bischof von Albenga die Kirche San Tommaso
den Benediktinermönchen, die zu jener Zeit begannen, den Olivenanbau
in den umliegenden Ländereien einzuführen.
12285 wurde Dolcedo der Republik Genua unterstellt.
1613 erhielt es das Recht auf Selbstverwaltung.
Antiche misure dell’olio e del vino.
ALTE MAßSYSTEME
Unter dem Bogengang, der einst Markstätte war, sind heute noch die
alten Hohlmaße für Öl un dWein und ein Längenmaß zu besichtigen.
Hier wurden Leder aus dem Berberland, wollene Gewebe, Wein und
Öl feilgeboten.
CENNI STORICI
2

I SARACENI
CENNI STORICI
Un pericolo imminente si profila all’orizzonte, all’albeggiare del X secolo,
infatti la debolezza dell’Impero Carolingio, determinata dalle lotte intestine
per la successione di Carlo Magno, favorì l’incursione dei pirati venuti
dal mare, i terribili Saraceni.
Essi avevano costituito la loro base, alla quale fu dato il nome di
Frassineto, nella baia di Saint Tropez, e da lì operavano le loro incursioni
lungo la costa e nell’entroterra.
Fu il periodo peggiore mai vissuto nel corso della storia, da parte delle
popolazioni liguri; devastazioni, deportazioni, uccisioni e stupri, ridussero
la Liguria ad una lingua di terra desertica e priva di vita. Le innovazioni
agricole introdotte dai frati Benedettini, furono distrutte assieme ai loro
monasteri.
Le popolazioni liguri si erano rifugiate nel frattempo sulle montagne e
lì rimarranno per molti anni, finché Guglielmo d’Arles conte di Provenza,
alleandosi con i principali feudatari della zona, dopo aspri combattimenti
espugnò il Frassineto, ponendo fine ad un lungo periodo di terrore.
Siamo alle porte dell’anno mille, ha inizio la ricostruzione e grande
importanza assumerà l’opera dei frati Benedettini e Cistercensi
nell’agricoltura e dei Monasteri, arricchitisi con le imponenti donazioni
fatte da ricchi Signorotti, Re e Vescovi, desiderosi di guadagnarsi un
posto in Paradiso, in quanto si avvicinava l’anno mille, al cui scoccare
sarebbe dovuto finire il Mondo.
Ripalta: Ponte medievale.
2
CENNI STORICI 15

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THE SARACENS
In the early 10th
century a present
danger takes shape.
In fact, the weakness
of the Carolingian
Empire, determined
by the internal fight
for the succession to
Charlemagne’s throne,
favoured the incursions
of pirates
coming from the sea,
the terrible Saracens.
They had situated
their base, named
Frassineto, in St.
Tropez Bay and therefrom
they performed
their incursions
along the coast and
in the hinterland. It
was probably the
worst period in the
Ripalta: colonna medioevale.
history of the Ligurian
populations: destruction, devastation, death, rapes turned Liguria into
a lifeless country. The agricultural innovations the Benedectines had
introduced, were swept away together with their monasteries.
The Ligurian populations, who in the meantime had taken refugee up
the mountains, lived there many years, until Guglielmo d’Arles Earl of
Provence, after forming an alliance with the principal Feudal Lords of
the area managed, further to bloody battles, to take by force the
Frassineto, giving an end to a long period of terror.
At the opening of the new millennium the reconstruction started and the
activity in favour of the agriculture promoted by the monks grew up
steadily in importance, as well as their monasteries, thanks to the
donations made by Nobles, Kings and Bishops longing for a place in
Heaven, considering that the year 1000 was dangerously approaching,
bringing with it the end of the world.
CENNI STORICI
HISTORICAL INTRODUCTION
2

CENNI STORICI
LA RINASCITA, GLI EVENTI LA NOTORIETA’
Successivamente all’allontanamento dei Saraceni, Dolcedo visse
momenti di pace e prosperità. Infatti una vera e propria rivoluzione
economica e sociale avviene a partire dal 16 giugno 1103, data in cui
il Vescovo di Albenga Adalberto, cede la pieve di San Tommaso ai
monaci di benedettini dell’isola di Lerino; è grazie a loro che comincia
nelle campagne di Dolcedo la diffusione della coltura dell’olivo. Dolcedo
era allora sotto la giurisdizione di Arduino di Ivrea, ed era compreso nei
territori assegnati ai vari conti, da parte di Berengario che venivano
denominati marche e sorgeva come già accennato in località strategica
e più precisamente a metà percorso della strada romana che dal colle
San Maurizio, attraverso il colle di Poggiobonfiglio, percorreva la Val
Prino e proseguiva per Santa Brigida. Arduino distaccò probabilmente
in questo luogo un suo funzionario, un castellano con diritto di “tener
milizia e riscuotere gabella” ed amministrare la giustizia.
Alla morte di Arduino, Dolcedo per eredità venne in possesso della
contessa Adelaide di Susa.
All’epoca il territorio dolcedese era inserito in quell’allora fantomatico
e dai confini non ben definiti “Regno d’Italia”, che si estendeva grosso
modo dalle Alpi alla Ciociaria ed era sottoposto alla giurisdizione di
Ottone I il Grande, ed in seguito ai suoi successori.
Le prime testimonianze del nome dato alla Pieve di S. Tommaso, sono
riportate su un documento del 1218 (in cui il monastero delle Benedettine
passava al vescovo di Asti), che venne citato per la prima volta Dolcedo,
con il nome di Villadolce, mentre in alcune carte geografiche dell’epoca
è chiamato Doceo, queste informazioni ci vengono riportate da un
documento di Agostino Giustiniani (1470-1546), genovese di nascita e
vescovo di Nibbio in Corsica.
Questo antico ed allora popoloso villaggio, appartenne all’inizio del
secolo XII, al marchese Bonifacio di Savona, discendente di Aleramo;
e quindi al marchese Ugone di Clavesana suo figlio, ma già nel 1161,
a differenza delle terre vicine, Dolcedo si era già affrancato dalla
condizione di feudo dei marchesi Clavesana, entrando a far parte della
Communitas di Porto Maurizio con il nome di Terziere di San Tommaso,
associandosi con il Terziere di San Giorgio di Torrazza e con quello di
San Maurizio.
I posteri di Ugone, Bonifacio figlio di Oddone e Bonifacio detto Tagliaferro,
nell’anno 1233 vendettero i diritti sul Terziere di San Tommaso alla
Repubblica di Genova, che già da tempo grazie al suo potere economico,
stava estendendo i propri possedimenti nel ponente ligure.
2
CENNI STORICI 17

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THE REANISSANCE, THE EVENTS, THE NOTORIETY
Following the defeat of the Saracens, Dolcedo experienced a period of
peace and prosperity. Starting from 16 June 1103, date when Adalberto,
Bishop of Albenga, donated S. Tommaso church to the Benedectines
of Lerino Isle, a social and economical revolution of paramount importance
took place. It was them who initiated in the Dolcedo countryside the
cultivation of the olive tree. At that time Dolcedo was under the jurisdiction
of Arduino of Ivrea and it was encompassed within the territories - also
named “Marche” - assigned to various Earls by Berengario. The village
was located in a strategic site, halfway of the roman street which, from
S. Maurizio Hill, through Poggiobonfiglio Hill, covered the whole Prino
Valley and continued up to S.Brigida. It is likely that Berengario assigned
this site to one of his functionaries, who was responsible for administering
the justice and cashing the taxes.
At Arduino’s death Dolcedo was inherited by Adelaide Countess of
Susa. At that time Dolcedo was encompassed within that not yet well
defined Reign of Italy, which in broad terms covered the area going
from the Alps to the “Ciociaria” and it was under the jurisdiction of Ottone
I the Great and his successors.With regards to the inclusion of this
ancient, densely populated village in the historical and political situation
of that age it is worth remembering that, although at the beginning of
the XII Century Dolcedo belonged to the Marquise Bonifacio of Savona,
descendant of Aleramo and then to the Marquise Ugone of Clavesana,
his son, since 1161 - unlike the neighbouring lands - it was no longer
a fiefdom of the Marquises Clavesana, having joined S.Maurizio Communitas
with the name of “Terziere di S. Tommaso”, forming an association
together with Torrazza and S.Maurizio.
The earlier evidences of the name given to the parish church of S.
Tommaso are reported in a document dating back to 1218, where for
the first time Dolcedo is mentioned with the name of Villadolce, whereas
in some maps of that period the name Doceo is used.
In 1233 Ugone’s successors sold their feudal rights on Dolcedo to the
Republic of Genoa, who was implementing its policy based on the
purchase - rather than the military conquer - of territory, for the yearly
sum of lire 250. Later on, in 1236, Porto Maurizio prohibited to Dolcedo
inhabitants the collection of firewoods and the grazing of their cattle in
the Monte Faudo forest. As a consequence, when Porto Maurizio rebelled
to Genoa, Dolcedo did not join the rebellion, although the massive
Genoese repression had adverse effects also on it.
CENNI STORICI
HISTORICAL INTRODUCTION 2

CENNI STORICI
Era un accorta politica quella dei genovesi, compravano ciò che altri
avrebbero ottenuto con la forza, garantendo pace e stabilità. Per la
cronaca Dolcedo o meglio il Terziere di San Tommaso, venne venduto
per la bella cifra , per l’epoca, di “annue lire 250”
Altro contrasto sorse quando, nel 1236 Porto Maurizio proibì ai dolcedesi
di entrare nei boschi del Faudo per tagliare la legna e pascolarvi gli
animali, cosicché quando Porto Maurizio si ribellò a Genova, Dolcedo
non si unì alla rivolta, si racconta infatti che i padri di famiglia riunitisi
nella chiesa parrocchiale firmarono un’atto solenne di autonomia,
creando un nuovo gonfalone cittadino. Tuttavia la repressione genovese
su Porto Maurizio fu pesante e ne farà indirettamente le spese anche
Dolcedo, ne seguirà una sudditanza durata circa quattro secoli, infatti
solo nel 1613, la Repubblica di Genova, riconoscendo la fedeltà degli
abitanti del luogo, concedeva al terziere di S. Tommaso, ovvero a
Dolcedo, autonomia amministrativa. Dolcedo dipenderà comunque dal
governo di Genova sino al 1805.
Facendo un passo indietro ricordiamo come a seguito di una convenzione
stipulata tra Bonifacio di Clavesana ed i consoli genovesi (17 Dicembre
1192), Dolcedo divenne località di rifugio per importanti famiglie dell’epoca,
durante l’imperversare della feroce guerra tra Guelfi e Ghibellini, venendo
considerata una sorta di isola felice, risalgono ad allora infatti gli arrivi
dei Lupi dalla Romagna, dei Berti da Firenze e degli Airenti da Bologna.
Sempre intorno a quelli anni fissarono un ospizio a Dolcedo i Padri
Domenicani, grazie alla donazione fatta loro da parte dei conti Lascaris
di Ventimiglia e della famiglia Berti, dei terreni e di un convento
appositamente costruito, divenuto poi celebre per esser stato dimora
del Rev. Giuseppe Berti inquisitore in Pavia, nonché della annessa
Chiesa.
Dolcedo era quindi un centro di rilevante importanza e rappresentava
un capo cantone all’interno della Serenissima Repubblica di Genova,
con presenza di un giudice di pace di Prima classe. Per rimarcare
ulteriormente la grande importanza di Dolcedo giova ricordare come
esso prima della tremenda epidemia di peste del 1640 potesse contare
oltre 4000 abitanti, un numero così cospicuo è da correlarsi oltrechè
alla ricchezza del territorio, alla presenza di un insieme di istituti di
istruzione primaria dove si insegnavano arti e mestieri e discipline
filosofiche, risale all’epoca infatti l’istituzione di una scuola “rettorica”
che da nomi illustri quali un vice-re di Sardegna, un arcivescovo ed un
importante teologo. Notevole la presenza di un insieme ben avviato di
attività artigianali.
2
CENNI STORICI 19

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This led Dolcedo to a subjection to Genoa which lasted four centuries,
until 1633 when the latter, recognizing the faithfulness demonstrated
by the natives, decided to grant Dolcedo administrative autonomy.
However, Dolcedo will be dependent upon Genoa’s government until
1805.
Under Genoa’s government Dolcedo acquired a remarkable importance,
being host of important schools of arts and philosophical disciplines. It
counted, before the plague of 1640, 4000 citizens.
Under the Empire of Napoleon its importance increased up to the point
that, on 25 March 1810, it deserved the title of Town, sharing it with
Porto Maurizio, Pieve di Teco, Alassio and Oneglia only. Starting from
that date Dolcedo became more and more important, thank to the floridity
of its agriculture based mainly on the olive tree cultivation, as well as
that of its industries and commercial activities.
CENNI STORICI
HISTORICAL INTRODUCTION
2

CENNI STORICI
A proposito di territorio ricordiamo come, durante la dominazione
genovese, molte famiglie nobili tra cui i Doria avevano acquistati terreni
a Dolcedo. Questi ultimi allo scopo di ottenere quei titoli di benemerenza
che avrebbero garantito loro l’ ingresso nel Senato della Repubblica,
lasciarono in eredità ai dolcedesi il diritto di essere curati gratuitamente
presso l’ospedale Galliera di Genova.
L’ importanza di Dolcedo andò intensificandosi sotto l’impero napoleonico
ed è proprio durante questo periodo che, con decreto imperiale, Dolcedo
si guadagna il 25 Marzo 1810 l’appellativo di città, dividendolo unitamente
solo con Porto Maurizio, Pieve di Teco, Alassio ed Oneglia e con altri
importanti paesi del dipartimento di Montenotte, ovvero i grossi centri
dell’entroterra savonese .
2
CENNI STORICI 21

22
DOLCEDO OGGI
CENNI STORICI
CENNI STORICI
Le vicissitudini della storia non risparmieranno certo Dolcedo, le guerre
e le carestie proveranno fortemente la popolazione dolcedese.
Dolcedo ha pagato un forte dazio anche in termini di vite umane durante
i conflitti mondiali e sul suo territorio si sono vissute pagine importanti
della resistenza.
Oggi che tutto ciò e solo un brutto ricordo, Dolcedo si offre all’Europa
unita come centro multietnico, dove cittadini di diverse nazionalità,
nonché connazionali provenienti dalle più disparate località di Italia ne
hanno fatto la loro residenza.
I tedeschi più di altri hanno apprezzato le bellezze artistiche, il clima
e la tranquillità di Dolcedo, continuando ad affluire numerosi; affascinati
dal luogo essi acquistano e ristrutturano vecchi mulini ed antiche
costruzioni in pietra, contribuendo così alla rivalorizzazione degli antichi
borghi.
Nel duemila troviamo una Dolcedo rinnovata e migliorata nell’immagine
esteriore, che dopo un periodo di relativa decadenza, si appresta a
vivere un futuro di prosperità, con il ritorno di numerose attività commerciali
e con la presenza attiva di associazioni culturali, sportive e ricreative,
che contribuiscono fattivamente alla divulgazione dell’immagine di
questo splendido paese a “due passi dal mare”.
DOLCEDO TODAY
War and famine afflicted also Dolcedo who, during the first and second
world conflicts, paid a tragic contribution in terms of human lives. Today
these are sad memories only: Dolcedo has been turned into a multietnical
centre where people from different countries live in perfect harmony.
In particular, Germans more than others have learned to appreciate the
artistic beauties, the climate and the stillness of Dolcedo, contributing
through the restructuring and refurbishment of old stone buildings and
mills to the re-evaluation of the ancient villages.
Therefore, in the new millennium we find a new Dolcedo, improved in
its outlook and ready to enjoy a flourishing future made of important
commercial activities and well-known cultural and sport associations,
devoted to the sponsoring of a beautiful site “five minutes walk from the
sea”.
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COSE E LUOGHI DA VEDERE
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COSE E LUOGHI DA VEDERE
SUTTU MÜNTE
Il Monte di Pietà, fu istituito nel 1505
da Padre Agostino di Savona, capitato
a Dolcedo per predicare la quaresima
nell’anno 1504. In quell’anno una forte
siccità mise in ginocchio l’economia
locale ed egli con l’ausilio dell’abile
amministratore ed oratore Cristoforo
Ranoisio, riuscì nell’impresa di raccogliere
dalle famiglie ricche del luogo
un fondo vicino alle duecentomila lire,
una cifra enorme per l’epoca, grazie
alle elemosine di generi di tutti i tipi, in particolare all’inizio si richiese
il deposito di due “pinte” d’olio, ma in seguito oltre all’olio furono donati,
legumi, vino, fichi ecc. Il valore del fondo divenne quasi doppio dopo
l’incorporamento della confraternita di S. Spirito; scopo del Monte di
Pietà non era solo quello di assistere i bisognosi nei periodi di carestia,
ma anche quello di contribuire a favorire l’economia del paese, con i
fondi infatti si costruì la loggia (molto caratteristica), attuale sede del
Comune, al di sotto della quale sorsero varie attività commerciali e
dove il visitatore può osservare le antiche misure dell’olio e del vino,
(vedi pag. 11) nonché quelle lineari, questa viene ancor oggi denominata
in dialetto “suttu munte”; tale istituzione fu attiva sino al 1863, allorchè
vennero soppresse le proprietà monastiche.
SUTTU MÜNTE
The pawnshop was founded in 1505 by Father Agostino of Savona,
who came to Dolcedo to preach the Lent in 1504. In that year a terrible
drought caused the collapse of the local economy, but he was able,
with the help of Cristoforo Ranoisio, administrator and orator, to collect
from the rich families of the village nearly 200.000 lire. The aim of the
pawnshop was not only the assistance of the poor in famine periods,
but also to contribute in favour of the local economy.
As a matter of fact, the Loggia, which today is the seat of the Council,
was built with the monies collected and in the area below it (still called
suttu münte) various commercial activities were promoted (the ancient
measures for oil and wine are still visible). This institution operated until
1863, year in which the monastic properties were suppressed.
SUTTU MÜNTE
Der Bogengang aus dem Jahre 1650 ist zum Symbol der Gemeinde
Dolcedo geworden.
COSE E LUOGHI DA VEDERE
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IL PONTE GRANDE
COSE E LUOGHI DA VEDERE
Riguardo al Ponte Grande, mirabile costruzione lavorata in conci di
pietra squadrata, fu fatto costruire nel 1292, come si può leggere
nell’iscrizione MCCLXXXXII DIE 3 JULI HOC OPUS PERFECTUM
FUIT, su ordine dei Gerosolomitani, strani monaci, mezzi frati e mezzi
guerrieri ”. Successivamente nel 1530 i Gerosolomitani costituiranno
l’ordine dei Cavalieri di Malta. Recentemente in occasione del Convegno
di San Giovanni e territorio, tenutosi nel Settembre 1997, lo studioso
F. Cervini ha posto dubbi sull’autenticità dell’epigrafe marmorea riportante
la scritta 1292, in quanto secondo il Cervini, è molto raro poter trovare
lavorazioni su marmo in quell’epoca, l’ epigrafe potrebbe pertanto essere
stata apposta successivamente. Inoltre egli ha sollevato altri dubbi circa
la croce apposta sul ponte stesso in prossimità dell’epigrafe marmorea,
potrebbe infatti trattarsi, secondo il Cervini, di un segno apposto per
sacralizzare il luogo e quindi non si tratterebbe, come si pensava sino
ad oggi, della “firma di autenticità” apposta dai Cavalieri di Malta. Tuttavia
qualunque sia la verità storica, possiamo senz’altro affermare che siamo
in presenza di un’ opera veramente imponente.
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COSE E LUOGHI DA VEDERE 25

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THINGS AND PLACES TO SEE
THE “PONTE GRANDE”
As regards the “Ponte Grande”, it was built in 1292 by order of the
“Gerosolomitani”, strange monks “half friars and half warriors”. In 1530
they then founded the order of the Knights of Malta. During a recent
congress, held in 1997, the historian F. Cervini raised some doubts with
respect to the authenticity of the epigraph reporting the year 1292 for,
according to his speech, there exist only few examples of engraved
marble dating back to that period.
The epigraph might therefore have been engraved at a later stage. He
also doubted the authenticity of the cross located on the same bridge,
always interpreted as the “signature” of the Knights of Malta. He reiterated
that it might have also been engraved later with the aim to turn the
bridge into a sacred place. Whatever the historical truth is, it may be
affirmed with no margin of doubt that it is an impressive work of art.
DIE "PONTE GRANDE"
Die "Große Brücke" wurde im Jahre 1292 von den Malteserrittern aus
behauenem Stein gebaut.
COSE E LUOGHI DA VEDERE
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COSE E LUOGHI DA VEDERE
LA PARROCCHIALE DI S. TOMMASO
Si tratta di una costruzione con una sola magnifica arcata a sesto acuto,
ad una sola volta in declivio, di pietra scalpellata da maestri muratori
del luogo.
La Chiesa di S. Tommaso, è la più ricca e vasta della valle; ed è
l’ampliamento di quella preesistente di stile romanico. L’aspetto attuale
è quello definitosi dopo la ricostruzione terminata nel 1738, che è
caratterizzata esternamente da una facciata in stile barocco, e da un
portico dello stesso stile, sorretto da colonne di pietra nera. Il portale
che questi racchiude è quello della vecchia chiesa quattrocentesca e
ne rappresenta in pratica l’unico ricordo, sull’architrave possiamo leggere
la seguente iscrizione: MCCCCLXXXXII DIE XI DECEMBRIS PRO
IUDICE BERNARDI BERTA ET THOMAE DE REBUTATI.
La Chiesa si affaccia sul sagrato, caratterizzato
da una pavimentazione di acciottolato
sistemato in corsi policromi
bianchi e neri. Una caratteristica importante
del sagrato, era quella di essere
stato in passato, un luogo di rifugio, in
quanto come citano gli antichi scritti, “
sopra questo territorio, non avevano
giurisdizione alcuna i signori feudali:
onde è che le genti soggette, oppresse
per tutti i sei giorni della settimana, nella
loro condizione di uomini del Marchese
(di Clavesana), potevano respirare
un’aurea di libertà”. Tornando a parlare
della Chiesa, opera dell’architetto Giacomo
Filippo Marvaldi (1673 – 1743) diciamo
subito che è caratterizzata
da una pianta a croce greca a tre navate con
quattro bracci uguali a cui si aggiunge una
profonda abside centrale, il suo aspetto è imponente
data la vastità dell’ambiente. I lavori
iniziarono nel 1717, e l’interno allora fu decorato
con stucchi verdi e rosa che attualmente sono
presenti solo nella parte anteriore, in quanto in
gran parte sostituiti nel restauro del 1860 da
una tinteggiatura blu intenso, forse fin troppo
carica, che però contribuisce ad esaltare le
numerose decorazioni, i capitelli e le lesene
dorati.
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COSE E LUOGHI DA VEDERE 27

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S. TOMMASO PARISH
THINGS AND PLACES TO SEE
S. Tommaso church is the richest of the valley and it represents the
enlargement of the pre-existing Romanesque church. The present
outlook is that outlined after the reconstruction started in 1717 and
ended in 1738, featured by a facade and a portico in baroque style. The
portal is that of the old church of the XV century and it is the only part
left of it; the churchyard is made up of black and white cobblestones
and it was used as refuge, according to old documents which quote:
“On this piece of land, no Feudal Lords had jurisdiction, so that subjugated
people, oppressed six days out of seven under their condition of subjects
belonging to the Marquise of Clavesana, could breath the smell of
freedom”.
The church was built up in pursuance of the project of the Architect
Giacomo Filippo Marvaldi (1673-1743). The interior is at Greek cross
with three naves, four wings and a central apse. It contains nine altars,
some of them enclosed into chapels, enriched with works of art like a
painting of Gregorio De Ferrari, representing the martyrdom of S. Pietro
of Verona and many others.
In the second chapel on the left hand side, in a dedicated urn, since 10
January 1789 lies the body of S. Prospero dressed in Roman soldier
clothes. It was donated to the church by Father Giobatta, a preacher
born in Dolcedo. It is exposed to the faithful on the day of his feast, the
fourth Sunday after Easter.
COSE E LUOGHI DA VEDERE
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THINGS AND PLACES TO SEE
Sono presenti all’interno nove altari, alcuni di
essi inseriti in cappelle, che sono arricchiti da
diverse opere d’arte tra le quali ricordiamo: una
tela di Gregorio De Ferrari (secondo altare a
destra), rappresentante il martirio di S. Pietro
da Verona, un’altra tela attribuita alla scuola del
Cambiaso, ( terzo altare a sinistra), raffigurante
il martirio di S. Stefano, le tele dell’abside, riguardanti
la natività, lo sposalizio della Vergine
e la Sua morte, attribuibili ai fratelli Carrega.
Tra le opere scultoree, l’altare di marmo policromo
rappresenta un’opera di grande valore, così
come la statua in legno della Madonna del Rosario
ed il Coro settecentesco in legno di noce intarsiato, di chiaro stile
piemontese. Nella seconda cappella a sinistra, viene conservato il corpo
di S. Prospero, ivi sistemato il 10 Gennaio 1789. Il corpo del Santo fu
fatto donare alla Chiesa da padre Giobatta un Cappuccino predicatore
nativo di Dolcedo. Questa può considerarsi una gloria esimia, anche
per la maestosità della posizione, che fa vedere il Martire riccamente
vestito da soldato Romano, custodito in apposita urna, questi viene
esposto alla venerazione dei fedeli il giorno della sua festa, che cade
la quinta domenica dopo Pasqua.
DIE FASSADE DER PFAR-
RKIRCHE SAN TOMMASO
Sie entrhält ein antikes Kleinod: Das
Portal aus dem XV. Jahrh. aus "Pietra
nera" (schwarzer Stein) trägt im Architrav
folgende Inschrift: "Am 11.
Dezember 1492 gestiftet von Bernardo
Berta und Tommaso Rebuttati".
San Prospero
INNERE DER PFARRKIRCHE SAN TOMMASO
Der weitläufige Inneraum hat die Form eines griechischen Kreuzes. Unter den
Kunstscjätze, befinden sich:
- "Das Martyrium des HI. Petrus" von G. De Ferrari. (Rechts, 2. Seitenkapelle)
- "Das Martyrium des HI. Stefan", der Schule von Cambiasco zugeschrieben
(Links, 3. Seitenkapele)
- Die Gemälde in der Apsis zeigen "Mariä Geburt", "Die Vermählung der Jungfrau
Maria", "Den Tod Mariens" und "Mariä Himmelfahrt". Dieser Bilderzyklus wird
den Gebrüdern Carrega und ihrer Schule zugeschrieben.
- Die Hölzerne Statue der Resenkranzmadonna aus der SChule des Bissone.
(Rechts, 2. Seitenkapelle)
- Der Altar aus polychromen Marmor.
- Das Chorgestühl aus dem XVIII. Jahrh. in intarsiertem Holz.
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COSE E LUOGHI DA VEDERE 29

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COSE E LUOGHI DA VEDERE
SAGRATO
Attraverso l'antica loggia del Comune si accede alla splendida piazzetta
tutta circondata da costruzioni: da una parte la parrocchiale di San
Tommaso, dalle altre abitazioni risalenti probabilmente al XVII secolo.
La pavimentazione è in ciottoli sistemati in corsi policromi bianchi e neri.
Nel passato era luogo di rifugio in quanto "sovra questo terreno non
avevano giurisdizione alcuna i signori feudali: onde è che le genti
soggette, oppresse per tutti i sei giorni della settimana, nella loro
condizione di uomini del Marchese (di Clavesana) potevano quivi soltanto
respirare un'aura di libertà" (Doneaud, op. cit., 1875).
Oggi, nella stagione estiva, il sagrato, con la sua ottima acustica, fa da
naturale teatro per concerti di musica classica.
SAGRATO
The pavement of the sagrate is pebblestoned, laid in black and white
stripes. During the summer concerts of classical music are held here.
DER KIRCHPLATZ
Der Kirchplatz ist mit Flußkieseln gepflastert, die abwechselnd in
schwarzen und weißen Bahnene verlegt wurden. Im Sommer finden
hier klassische Konzerte statt.
COSE E LUOGHI DA VEDERE
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COSE E LUOGHI DA VEDERE
L’ORATORIO DI SAN LORENZO
Circa le chiese presenti in tutto il comprensorio dolcedese, merita
senz’altro un cenno l’Oratorio di San Lorenzo, non fosse altro per la
sua imponenza: in tipico stile barocco, esso presenta una facciata
altissima sulla quale troviamo lesene in due ordini scompartiti. La facciata
è coronata da un piccolo timpano chiuso tra due piccoli campanili
simmetrici tra loro. L’interno è ad un unica navata ed è arricchito dalla
presenza di un coro ligneo della Confraternita di S. Lorenzo. Questa
Chiesa attualmente viene aperta al pubblico in occasione della Domenica
delle Palme, in tale giorno parte la Processione verso la Chiesa di S.
Tommaso, ed il giorno di San Lorenzo.
S. LORENZO ORATORY
Among the churches existing in Dolcedo area, the oratory of S. Lorenzo
deserves to be mentioned. In baroque style, it has a tall facade crowned
by two small bell towers. The interior offers a single nave and a wooden
choir. The church is open to the public on Palm Sunday on the occasion
of the parade ending up at S. Tommaso church, and on S. Lorenzo’s
day.
ORATORIUM VON SAN LORENZO
Das Barockgebäude mit der hohen Fassade wird am Palmsonntag
geöffnet. Außerdem finden hier Kunst-und Musikveranstaltungen statt.
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COSE E LUOGHI DA VEDERE 31

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COSE E LUOGHI DA VEDERE
CARUGGIU SUTTAN
BOTTEGHE
La palazzata sul Prino presenta due elementi tipici.
Ci sono le case a grandi finestre ed altane e la torre testimone di
un'antica nobiltà.
Al piano terra invece sono presenti diverse botteghe con la caratteristica
porta che fa anche da banco vendita.
CARUGGIU SUTTAN (characteristic narrow streets)
BOTTEGHE
The 16th century shops are characteristic for their doors which also
served as counters.
DIE KRÄMERGASSE AM UNTEREN FLUßUFER
Die einstigen Kaufmannsläden aus dem XVII. Jahrh. haben noch die
charakteristische Eingangstür, die gleichzeitig als Ladentheke diente.
COSE E LUOGHI DA VEDERE
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COSE E LUOGHI DA VEDERE
S. DOMENICO
A metà strada fra San Lorenzo e la maestosa torre campanaria della
parrocchiale colpiscono lo sguardo del visitatore i resti di un altro
campanile: è quello di San Domenico.
La fondazione si deve alla comunità domenicana di Taggia, avendo i
Dolcedesi contribuito validamente alla costruzione di quel convento.
Originari di Dolcedo furono anche due priori del 1500 e del 1501: fra
Giacomo e fra Guglielmo Ascheri.
La parrocchia di San Tommaso, timorosa di perdere importanza con la
presenza dei Domenicani, ostacolò la costruzione del convento di
Dolcedo.
Intervenne allora il parlamento locale che in una seduta speciale del
1648 approvò l'iniziativa.
La chiesa non fu mai ultimata e i frati domenicani soggiornarono ben
poco nell'edificio a cui oggi sono annesse le scuole elementari.
ST. DOMENICO
Founded by the Domenican friars, this church was never completed.
S. DOMENICO
Die Kirche, die die Dominikanermönche gründeten, wurde nie vollendet.
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COSE E LUOGHI DA VEDERE 33

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COSE E LUOGHI DA VEDERE
ALTRE CHIESE ED ORATORI SUL TERRITORIO
Chiesa di S. Bartolomeo (loc. Boeri)
Chiesa di San Antonio (loc. Montà di Longhi)
Oratorio San Carlo (Piazza)
COSE E LUOGHI DA VEDERE
Santuario dell’Acquasanta
(Lecchiore)
Chiesa Ss. Cosma e Damiano
(loc. Magliani)
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COSE E LUOGHI DA VEDERE
SANTA BRIGIDA
Eretta su un valico, punto di incrocio di antichi percorsi che mettevano
in comunicazione le valli del Prino e di San Lorenzo, ai piedi del Monte
Faudo, la cappella di Santa Brigida risale al 1425, data che si legge in
caratteri gotici posta sullo stipite sinistro del portale della facciata.
L’iscrizione riporta anche i nomi dei “masarii” che la fecero costruire: i
“dominici” Sasius e Ascherius. Significativa già nell’intitolazione, in
quanto dedicata proprio alla santa protettrice dei valichi montani, la
Cappella di Santa Brigida rientra nella tipologia delle cappelle campestri
del tardo Medioevo costruite per accogliere i viandanti.
L’esterno in pietra grezza sommariamente intonacata, è di aspetto
essenziale e severo: la facciata rivolta a NW verso il Monte Faudo, ha
un portale ad arco leggermente acuto con architrave decorato da una
croce e due mensole di sostegno scolpite in forma di testa umana. Altro
portale simile, ma più piccolo si trova sul fianco ad ovest: esso è in
pietra squadrata, col simbolo dell’Agnus Dei al centro dell’architrave.
L’abside è caratterizzata dalla presenza di due monofore stombate e,
al di sopra, da una bella serie di arcatelle pensili ogivali sostenute da
mensole che in un caso solo, al centro, sono sostituite da una piccola
testa umana d’impronta tipicamente romanica, come le due della facciata.
La sequenza di arcatelle proseguiva anche lungo le fiancate, ma è
conservata solo quella occidentale.
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SANTA BRIGIDA
THINGS AND PLACES TO SEE 3
S. Brigida’s chapel was built in 1425 on a pass where ancient paths
used to link Prino valley with S. Lorenzo valley. It is made up of rough
stones and its outlook is essential and severe. Essential is also the
interior, furnished with stone benches located along the walls.
In 1986 restoration works promoted by the Imperia Rotary Club led to
the discovery of a fresco, unfortunately damaged in various parts,
depicting Jesus Christ with the Angels and four medallions containing
the Evangelists (missing).
If, speaking to the natives,
in particular to the most
senior of them, someone
asked what is odd about
S. Brigida, they would very
likely respond that, up
there, where the chapel is
located, the Devil dances.
As a matter of fact the legend
tells that, whoever
would push himself up to
that pass on the night of
the 31st August, might end
up facing scaring encounters. But let’s see how the legend took shape.
S. Brigida was born in Sweden in 1302, daughter of a noble family.
Around 1340 she undertook a pilgrimage to Rome and, during her
journey, she also stopped in Liguria, crossing the valley which connects
Pietrabruna to Dolcedo.
There are rumours that along those valleys the Devil had been wandering
about for long, terrorising the population who saw him climb up the
valley stamping his feet on both sides of it. It happened that he decided
to tempt the Saint, showing up under a false identity not far from the
pass, but she immediately spotted out the trick and she promptly crossed
herself. At the sight of that gesture Satan cleared off immediately and
in such a hurry that he fell over down the valley, stamping his knee on
a huge rock.
Many affirmed they had seen the print on the rock, even though it is
very likely that today nothing is left of it. The natives were so thankful
to S. Brigida that they decided to build up a chapel in her honour, where
even today masses, as well as the fields blessing, are celebrated.
COSE E LUOGHI DA VEDERE

COSE E LUOGHI DA VEDERE
L’interno è molto
semplice, con il
vano presbiteriale
separato e ridotto
allo spazio navatarifugio,
arredata
con panche in
pietra grezza lungo
le pareti. Negli anni
1986 e 1987 il
Rotary club di
Imperia ha
promosso un felice
restauro che ha
interessato l’abside, nella quale era venuto alla luce un bel affresco,
purtroppo mutilo in molte parti. Esso raffigura il Cristo Pantocratore con
angeli, attorniato da quattro medaglioni con i quattro evangelisti (mancanti)
e sottostante la teoria di Apostoli, scandita da archetti pensili a sesto
acuto di impronta gotica. F. Boggero e R. Pagliari li attribuiscono ad un
anonimo pittore piemontese della prima metà del secolo XV, un maestro
minore, vicino al contemporaneo Antonio da Monteregalo.
Se parlando con i dolcedesi, specie con i più anziani, qualcuno gli
chiedesse cosa c’è di strano a Santa Brigida, molto probabilmente gli
risponderebbero che lì, sul passo dove sorge la cappella, vi balla il
diavolo. La leggenda narra infatti che chi si avventurasse sulla collina
la notte del 31 agosto potrebbe fare brutti incontri. Ma vediamo come
è nata la leggenda, Santa Brigida, nata in Svezia nel 1302 da nobile
famiglia, intorno al 1340 volle intraprendere un pellegrinaggio a Roma;
durante il suo viaggio sostò anche in Liguria, dove ebbe occasione di
passare proprio sul valico che collega Pietrabruna a Dolcedo. Si narra
che in quelle valli si aggirasse da tempo il demonio, seminando terrore
tra la popolazione nel vederlo risalire con le sue lunghe falcate, poggiando
gli zoccoli da una parte all’altra della valle. Accade che il diavolo volle
indurre in tentazione la Santa presentandosi a Lei sotto mentite spoglie
in prossimità del passo, ma lei si accorse prontamente dell’inganno e
si fece prontamente il segno della croce. Alla vista del gesto Satana si
allontano precipitosamente e nella fuga cadde a fondovalle, imprimendo
la sagoma del suo ginocchio sopra un’enorme roccia. Molti sostengono
di averla vista, l’impronta del diavolo, anche se oggi probabilmente non
rimane traccia di quella pietra. La popolazione di Dolcedo fu così grata
alla Santa che eresse sul valico una cappella in suo onore, dove ancora
oggi si celebrano funzioni religiose e la benedizione dei campi.
COSE E LUOGHI DA VEDERE
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“E PRËE GARBE”
Le pietrebucate che servivano
da supporto ai pali in legno
sono un significativo esempio
della parsimonia dei nostri predecessori,
infatti il risparmio è
duplice: si risparmia il terreno
in quanto i paletti, anziché essere
inseriti nella terra, sono
posti sul muro ed inoltre i paletti
stessi hanno una durata molto
più lunga perché non sono a contatto diretto con la terra.
La figura del “ciapé” era un tempo molto importante e tale persona era
il maestro costruttore delle “ciappe” con le quali si coprivano i tetti. Non
da meno era la figura del costruttore di pietre bucate che con pochi
mezzi (punta e mazzetta) e molta maestria, preparava le pietre che poi
erano usate nelle vigne, nei pergolati delle case patrizie, ecc.
Forse l’ultimo maestro di quest’arte è stato Giuseppe Trincheri “U barba
Pepìn” il quale aveva preparato tutte le pietre per la prestigiosa tenuta
della “Cusetta” che sovrasta la casa della famiglia Bellissima, che fanno
ancora bella mostra di sé ed egregiamente servono all’uso.
“U PUSSU DE VILLE”
COSE E LUOGHI DA VEDERE 3
Arrivando a Dolcedo in direzione Monte Faudo,
prima di giungere all’abitato di Bellissimi
si nota, a monte della provinciale in una larga
fascia di olivi, una costruzione che assomiglia
ad una “casella” tagliata a metà: si tratta del
“pussu de ville”. È un pozzo fatto in pietra, di
forma circolare ed è sicuramente il più profon-
do del circondario. Nella parte superiore aveva
un argano in legno che serviva a sollevare i
secchi d’acqua che poi venivano versati in
una canaletta cha andava ad alimentare un
abbeveratoio al quale si dissetavano gli animali
da soma. Ancorché insistendo in una proprietà
privata il pozzo è collegato alla strada mulattiera
che da Dolcedo saliva a Bellissimi e poi
proseguiva verso il Monte Faudo. Il nome “pussu ve ville” significa “il
pozzo delle frazioni” (alte) Bellissimi e Trincheri e ad esso, negli anni
in cui non esistevano ancora i moderni acquedotti, spesso gli abitanti
hanno fatto ricorso per prelevare l’acqua per gli usi domestici.
COSE E LUOGHI DA VEDERE

ITINERARI
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ITINERARI 39

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THE BRIDGES’ WALK
Evocative is the walk starting from S. Brigida chapel. The path runs
down to Rio Merea valley and leads to a modern house. Therefrom, a
mule track crosses the wood and ends up at Merea Bridge, built at the
beginning of XIX century (picture).
FATHER LUIGI HERMITAGE
It is located not far from Merea Bridge, and it is named after Luigi
Bellissima, a hermit who had chosen that place for his spiritual isolation.
Over the bridge, the remains of his lodgings are visible. A little bit further
down the visitors can enjoy the sight of small lakes and beautiful
waterfalls. The path leads then up to a rural area where some small
stone houses are situated. Over a farmers’ house, the path turns left
and crosses lavender fields, which in the old days were at the basis of
the local economy.
MARTELLI BRIDGE
Leaving the fields, the
visitors reach Martelli
Bridge, older than
Merea Bridge, and built
on the way which
connects Dolcedo to
Pietrabruna. The path
goes up through olive
trees to a borough
called Buxi and, over
it, meets a typical
construction of this
area, called Casô.
THE “CASÔ”
It was a stone, rectangularly shaped building with three arches and a
roof made up of sleet blocks, which can only be found in this area. It
was used in winter periods to host shepherds with their flocks, normally
composed of 80/90 sheep, whose manure was then used for the olive
tree cultivation.
ITINERARI
ITINERARIES 4

LA PASSEGGIATA DEI PONTI
Una suggestiva passeggiata è quella con partenza dalla cappella di
Santa Brigida, piccola chiesa campestre risalente al 1425.
Il percorso, ben segnalato, inizia partendo di fronte al portale laterale
della suddetta cappella in direzione dello sterrato che scende nella valle
del Rio Merea. Giunti presso una casa moderna inizia una mulattiera.
Dopo aver camminato in mezzo al bosco si raggiunge il Ponte Merea.
PONTE MEREA
Tale manufatto fu costruito intorno
agli inizi del 1800. Infatti Trincheri
Gio Batta di Bellissimi tramanda che
il nonno materno ( tale Giordano
Francesco detto Chichin di Franci)
morto nel 1921 all’età di 86 anni,
lavorò insieme ad un altro abitante
del paese (Oliva Gio Batta detto Pipin
de Zanin) alla costruzione dell’alto
muro che ancor oggi sostiene la
mulattiera , appena oltrepassato il
ponte in direzione di Pietrabruna.
Racconta lo stesso, che preparata
la base per il muro con un notevole
scavo di sbancamento, i due si
allontanarono per consumare il
magro pasto e che la parete di terrà
franò proprio durante tale pausa,
lasciandoli quindi fortunatamente
indenni.
L’EREMO DI PRE’ LUIGI
ITINERARI
Nei pressi del Ponte Merea si trova l’eremo di Prè Luigi, dal nome di
Luigi Bellissima, un eremita che aveva scelto quel luogo per il suo ritiro
spirituale. Appena oltrepassato il ponte, al di là del torrente, è ben
visibile quanto rimane del suo misero “alloggio”: sotto un naturale riparo
della roccia, i resti del muro a secco, con una piccola finestrella, che
delimitava l’angusto spazio che egli aveva eletto a suo domicilio. Nelle
memorie paesane si tramanda che Orengo G.B. detto Cin classe 1874,
ricordava di aver conosciuto all’età di 13 – 14 anni, Prè Luigi, il quale
era solito dire che sarebbe arrivato il tempo in cui gli uomini avrebbero
volato e le carrozze sarebbero andate senza cavalli.
4
ITINERARI 41

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Poco sotto l’eremo
è possibile individuare
in mezzo alla
folta vegetazione,
diversi laghetti ed
una suggestiva cascata.
Il percorso
prosegue in salita
fino a raggiungere
una zona rurale
con diverse caselle,
alcune di notevoli
dimensioni.
Superata una casa contadina, il tracciato devia a sinistra fino a raggiun-
gere le coltivazioni di lavanda che in passato hanno fatt o ricca l’economia
di quest’area.
PONTE MARTELLI
Aggirato il casolare vicino alle coltivazioni si raggiunge, in breve tempo,
il Ponte “Martelli”, più antico del precedente, costruito sulla direttrice
fondamentale che unisce Dolcedo con Pietrabruna. Il cammino prosegue
in salita in mezzo a fasce ed oliveti fino a giungere in località “Buxi”
dove a monte del sentiero, si torva un pilone votivo circolare di pregiata
fattura. Poco più avanti incontriamo una costruzione tipica di queste
valli denominata “casô”,.
I CASÔ
Con il termine dialettale Casô si indica una costruzione in pietra a pianta
rettangolare, con il tetto ad una sola falda che era caratterizzata da tra
arcate centrali sulle quali poggiavano i travetti di quercia della piccola
orditura che reggeva il tetto costituito in “ciappe” di ardesia. Questa
tipologia di costruzione era dovuta al fatto che nella zona non esistevano
essenze legnose così alte da poterne ricavare un colmo centrale assai
lungo, mentre per conto esisteva una enorme disponibilità di materiale
pietroso. Si tratta di una costruzione non solo tipica, ma esclusiva del
Comune di Dolcedo. Tale manufatto ospitava le greggi dei pastori
“brigaschi” ( soprattutto provenienti da Realdo e Verdeggia) che qui
venivano in transumanza durante l’inverno e trovava la sua giusta
ITINERARI
ITINERARI 4

ITINERARI
collocazione nell’area tra Santa Brigida e San Bernardo. Questo è
spiegato dal fatto che doveva essere vicino al bosco per permettere
l’approvvigionamento dello strame “giassu” - ( stesso termine dialettale
usato per indicare la statica pietra sulla quale gira la macina del frantoio)
ed al tempo stesso non doveva essere troppo lontano dall’oliveto che
era poi la destinazione del letame che qui era prodotto.
Il gregge tipo del pastore brigasco era composto da 80/90 pecore. Il
proprietario del casô pagava al pastore una cifra per ogni pecora che
lo stesso faceva pernottare nel proprio casô. Era compito del proprietario
fare in modo che il fondo fosse ben ricoperto di strame (composto di
foglie ed erbe) che con le urine e le deiezioni degli animali produceva
un ottimo concime per l’oliveto. Poi a dorso di mulo, tale concime, veniva
trasportato ai piedi degli ulivi, dove, per l’occasione, venivano scavate
delle profonde buche “ fo e sotte” che venivano riempite e poi ricoperte.
In definitiva “U Casô” era un manufatto che rappresentava l’anello di
congiunzione tra la cultura alpina “l’Occitano Provenzale” dei pastori
brigaschi e la coltura olivicola dei nostri vecchi nel reciproco rispetto
delle proprie tradizioni.
Proprio per questo una nuova associazione
ha scelto come proprio nome “U
Casô Novu”, infatti i soci fondatori sono
disponibili a rispettare si i nuovi modelli
di vita, ma per contro si sentono profondamente
impegnati in una assidua
ricerca ed al mantenimento delle proprie
radici e tradizioni. L’ importanza rivestita
da U Casô è data anche dal fatto che
gli stessi hanno dato origine a specifici
toponimi: “ da U Casô di Senatti” - “ da
U Casô di Scaraette” - “ da U Casô de
Cantagallu “ ecc. Ad alcune di queste
costruzioni, ormai in disuso da molti
anni, è crollato il tetto in “ciappe” perché
è marcita l’orditura in legno, ma sono
rimasti a dar bella prova della loro forza,
gli archi centrali che destano curiosità
agli occhi dell’attento escursionista che
spesso non riesce a comprendere quale poteva essere l’uso di tale
arcaico manufatto.
L’escursione è terminata ora un bel selciato ci riporta nuovamente a
Santa Brigida.
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ITINERARI 43

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ITINERARI
RIPALTA
PIAZZA
COSTA CARNARA
CASTELLAZZO
ITINERARI
PIAZZA
COSTA CARNARA
CASTELLAZZO
RIPALTA
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LECCHIORE
BELLISSIMI
ISOLALUNGA
ITINERARI
BELLISSIMI
LECCHIORE
ISOLALUNGA
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ITINERARI
LA VEGETAZIONE
THE VEGETATION
ITINERARI
Nella zona litoranea l’ulivo è senz’altro la pianta più presente; tuttavia
lungo l’itinerario proposto in questo opuscolo, che interessa le zone più
interne del territorio dolcedese, troviamo altri alberi di grandi dimensioni
come la Roverella (Quercus pubescens), il Carpino (Carpinus betulus),
il Ginepro (Junniperus communis), qualche raro castagno (Castanea
sativa) e l’Olmo. Quest’ultimo dopo un periodo di vera crisi, che ha visto
la morte di molte piante anche di grossa taglia dovuta ad una malattia
detta appunto “Graffiosi dell’Olmo” , sembra in netta ripresa.
Vi sono poi alcune tipiche piante della macchia Mediterranea: Lentisco
(Pistacia lentiscus), Terebinto (Pistacia terebintus), Alaterno ( Rhamnus
alaternus), Frangola (Rhamnus frangula), Sanguino (Cornus sanguinea),
Ginestra, detta anche Ginestrea di Spagna (Spartium junceum), di cui a
Giugno si raccoglievano i fiori per le infiorate del Corpus Domini, Ginestra
dei carbonai (Sarothamnus scoparius), lo spinoso Ginestrone (Ulex
europeus), ed infine la Coriaria (Coriaria myrtifolia). Quest’ultima in dialetto
dolcedese si chiama Frattaja e si ritrova nel modo di dire “esse in t’in
frattajo” , che equivale all’italiano “essere in un ginepraio”, e sostituisce
quindi il Ginepro.
Si incontrano le Vitalbe, nelle due varianti Clematis flammula e Clematis
vitalba. Rare sono le Daphne laureola e le Helleborus foetidus; la prima
un tempo era assai nota, in quanto serviva ai pescatori di frodo per intontire
il pesce con un macerato ed era chiamata Voregu.
Durante il mese di giugno fanno bella mostra di loro le Rose canine ed il
Cisto.
Su tutti però regna sovrano il Rovo, segno di decadenza dell’agricoltura
povera del nostro entroterra, ma anche pianta pioniera che guida una
lenta, inesorabile riconquista della Roverella sulle zone coltive di un tempo.
Diffusa è la presenza di varietà di funghi, specie nei boschi alle pendici
del Monte Faudo.
Other than olive trees, Dolcedo area is also rich in oaks (Quercus Pubescens),
Junipers (Junniperus communis), elms and many other species.
As far as plants are concerned, the typical species of the Mediterranean
region are present, e.g. broom, Pistacia terebintus, coriaria myrtifolia etc.
Unfortunately, what Dolcedo is never short of is the blackberry bush, which
can be construed as the symbol of an agriculture in constant decline.
Finally, Dolcedo’s woods are also rich in mushrooms.
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ECONOMIA E SOCIETÀ

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ECONOMIA E SOCIETÀ
ECONOMIA E SOCIETÀ
Dopo la costituzione in comune Dolcedo attraversa un periodo di
prosperità, legato principalmente alla coltivazione dell’olivo, importato
a Dolcedo come già più volte sottolineato dai frati benedettini.
Il XVII secolo sarà per Dolcedo il periodo di maggior fulgore economico,
si arriveranno a contare ben 119 frantoi oleari disseminati sul territorio
Dolcedese.
Fiorente era anche il commercio legato alla fabbricazione in loco di un
panno morbido e molto resistente di lana grezza, “l’arabaxo” o “arbasino”,
tale vocabolo proviene dalla lingua araba, che molto ha contribuito a
coniare il dialetto locale.
Che Dolcedo vivesse in quell’epoca un momento d’oro, lo conferma la
presenza di famiglie nobili, notai ed avvocati, fatto che testimonia il
giro di affari, di contrattazioni e commerci effettuati dai dolcedesi. È
interessante soffermarsi anche sulle famiglie dell’epoca, nucleo vitale
della società di allora, esse si organizzavano costituendo vere e proprie
associazioni, dette “parentele”, le quali erano ben organizzate, tanto
da creare al loro interno autentiche istituzioni di previdenza sociale,
quale una cassa prestiti e dotazioni per le spose figlie degli appartenenti
alle famiglie stesse.
ECONOMY AND SOCIETY
After being turned into a town council, Dolcedo experienced a long
period of prosperity mainly due, as already underlined, to the olive tree
cultivation. In the XII Century it registered the peak of its economic
floridity, as witnessed by the existence of 119 olive presses in its territory.
Well developed was also the trading of a locally produced wool cloth,
the “arabaxo” or “arbasino”, words stemming from the Arabic language,
which deeply contributed to forge the local dialect. Evidence of Dolcedo
floridity can also be found in the fact that noble families, advocates and
notaries lived there, clear proof of the volume of commercial exchanges
taking place in the area. It is also worth turning the attention to the
families of that age, real heart of the society. They used to form
associations, called “parentele” (relationships), which were well organized
up to the point that they also included, inter alia, social security
institutions.
ECONOMIA E SOCIETÀ
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ECONOMIA E SOCIETÀ
L'ATTIVITÀ' TIPICA DEL LUOGO: LA COLTIVAZIONE DELL'OLIVO
L'olivo si coltiva in strette terrazze sostenute da muretti a secco, la cui
estensione supera spesso quella del terreno coltivabile.
L'olivicoltura si sviluppa in Dolcedo soprattutto a partire dal Basso
Medioevo, ma la pianta in questione fa la sua comparsa in Liguria
intorno al VI-IV secolo a.C., diffusa su iniziativa dei Focesi. Recenti
analisi scientifiche fatte sui pollini rinvenuti negli strati di torba delle Alpi
Marittime fanno pensare che, allo stato selvatico, l'olivo (oleaster)
esistesse già nell'età del bronzo, in Liguria.
Quando i Benedettini acquistano proprietà e costruiscono chiese nel
Ponente, inizia anche la diffusione, su larga scala, della coltivazione
dell'olivo e il paesaggio viene rivoluzionato: nasce quella interminabile
teoria di muretti a secco che dalla costa si inerpicano fino alla cresta
dei monti, interrotti qua e là da strade a ciottoli o in terra battuta, che
permettono il raggiungimento delle varie proprietà.
Dolcedo raggiunge una posizione economica abbastanza florida con i
suoi numerosissimi oliveti in cui prevale la coltivazione della varietà
"Taggiasca".
Gli olivi occupano oggi 615 ettari (31%) del territorio comunale; siamo
così al terzo posto (dopo Imperia - 1675 ha - e Pontedassio - 623 ettari)
nella graduatoria provinciale fatta in base alle varie superfici comunali
ad oliveto.
Una volta la raccolta del frutto veniva fatta a mano, a terra, o tramite
la bacchiatura. Questa operazione aveva, fino ad una trentina di anni
fa, anche una grande importanza sociale. Infatti per fare fronte alla
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ECONOMIA E SOCIETÀ 49

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ECONOMY AND SOCIETY
THE TYPICAL ACTIVITY OF THE SURROUNDING COUNTRYSIDE
IS THE CULTIVATION OF THE OLIVE TREES
The olive trees is cultivated on narrow terraces sustained by stone walls
whose extention often surpasses that of the land to cultivate. The final
product of this cultivation is the oil; very important for a sane diet.
Amongst the various oils available the best is, without doubt, the "extra
virgin pure olive oil" wich does not undergo any chemical manipulation
and contains an acidity rate not superior to 1%.
ECONOMIA E SOCIETÀ
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ECONOMIA E SOCIETÀ 5
necessità di manodopera femminile, indispensabile per raccolte rapide
del prodotto, giungevano nel territorio comunale veri e propri sciami di
ragazze, provenienti soprattutto dal Piemonte e dall'Emilia. Siccome il
clima invernale rendeva inoperose queste giovani nelle terre di origine,
esse venivano a fare la stagione presso i proprietari olivicoli delle nostre
zone. Così in inverno la popolazione residente nell’ambito comunale
poteva crescere anche di 1000 unità, con sommo e comprensibile
gaudio della gioventù maschile locale.
Questa migrazione stagionale ha avuto effettivamente, come
conseguenza, la celebrazione di molti matrimoni "interregionali".
Oggi l'olivicoltura ha perso terreno e la maggior parte dei Dolcedesi che
la praticano, la esercitano come secondo lavoro e la vedono come
reddito aggiuntivo ma non essenziale.
Del resto già Boine nell'articolo ricordato registrava la
crisi intervenuta alla fine dell'Ottocento: "Il prato diventò
uliveto, il campo uliveto, la vigna uliveto, il bosco in alto,
faticosamente, dolorosamente, tenacemente, uliveto.
Come il popolo di una città medievale, la cattedrale sua,
così nei secoli. Secoli di stenti, secoli di fede, chiusa.
Colpi di bidente, pietre l'una sull'altra, a fatica, pareva
avidità di possesso, ed era nell'oscuro, nelle torbide profondità del
volere, la coscienza di una razza, la forza, la sicura religione. La nostra
Cattedrale: gli uliveti folti, boscosi, d'argento per tutto. Avevamo fatto
il nostro destino. E noi fummo tra gli ulivi come un popolo antico nella
sua cattedrale: ogni nostra speranza era lì, ogni nostra sicurezza era
lì, negli ulivi. Ora dunque gli olivi ci furono, come una benefica divinità,
che manda l'abbondanza e la pace sopra il popolo suo. Noi fummo
ricchi e pacifici, noi lavorammo ciascuno sul suo, come
La “quarta” La macina
ECONOMIA E SOCIETÀ

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ECONOMIA E SOCIETÀ
uomini, non come servi...
Ma ecco da vent'anni la Divinità è in corruccio col suo popolo, ecco
l'uliveto di dieci secoli rifiuta a noi ora l'olio ingue e l'abbondanza
gioconda. La nostra ricchezza era la ricchezza degli uomini sobri, non
quella di chi ha tesori in rifugio alle banche.
Vent'anni! Sì, i primi al tracollo sono stati i proprietari buoni, quelli con
cento, con 200 mila lire di terreno. Vivevano signori perché ogni anno
il raccolto era sicuro e abbondante, ora vivono modesti, ora non escono
più di paese, ora trascurano ogni loro cosa, ora languiscono tristi. I
poveri, nel decadere dei ricchi, comprarono dapprima avidi dai ricchi,
coi risparmi di chissà quanto, ed a me ragazzo, pareva che il loro salire
fosse un trionfo fatale e giusto. Ma alfine (ecco qui che io finisco ora
con la storia) alfine chi era ricco si trova povero, chi si curvava ogni
giorno sulla terra arsiccia e dura, chi la fasciava, l'avviluppava con la
sua anima schietta, chi le dava tutta quanta la forza dei muscoli mai
riposati, chi era pronto a faticare, rimase povero e faticò. Da vent'anni!
Ecco la storia, semplice storia poco importante di sette e otto vallate
coltivate ad olivi, in Italia, in Liguria, in un bell'angolo di Liguria ove c'è
il mare...
Ogni primavera l'albero mette i fiori, poi seccano, poi cadono, ed il poco
frutto del male se lo mangia. Speranza, disperazione, ogni anno così,
da dieci anni assolutamente così.
Ma gli oliveti di Puglia e di Calabria, gli oliveti di Grecia, Turchia, Africa,
Spagna, fanno olio a cateratte: olio denso, olio grasso, olio torbido ed
olio aspro e verde.
Oh! Il morbido olio dei nostri frantoi, quand'io ero ragazzo; olio chiaro,
olio dolcissimo, olio vellutato al palato, olio limpido, olio d'oro..."
“sportin” (pressa)... ...’olio il travaso
ECONOMIA E SOCIETÀ
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ECONOMIA E SOCIETÀ
PREGI DELL' OLIO D'OLIVA NELL'ALIMENTAZIONE
Per mettere bene in evidenza il valore dell'olio d'oliva in una alimentazione
che abbia come fine anche la buona salute, oltre che la delizia del
palato, può senz'altro bastare un confronto fra la composizione
percentuale media in acidi grassi di alcuni oli vegetali e la composizione
percentuale degli stessi nel latte materno.
E' quindi evidente che l'olio si avvicina più degli altri oli vegetali alla
composizione del latte materno. E' necessario aggiungere altro?
Pensiamo di no. Comunque spendiamo ancora qualche parola per
sfatare quella convinzione che fa spesso privilegiare, per la frittura, l'olio
di semi a quello di oliva. Anche molte massaie liguri, che pure hanno
a disposizione l'olio di semi non "è più leggero", è meno viscoso e così
gocciola via più facilmente dagli alimenti. In effetti l'olio di oliva resiste
di più alle alte
temperature:
infatti è più ricco
(rispetto agli oli di
semi) di acido
oleico che è un
acido grasso
mono-insaturo:
esso presenta
cioè nella sua
catena di atomi di
carbonio una sola
doppia valenza.
Questo significa
che l'olio di oliva,
riscaldato anche fino a 200°, ha un più difficile deterioramento rispetto
agli altri oli vegetali che sono più ricchi di grassi polinsaturi (acido
linoleico, acido linolenico - vedi precedente tabella). Gli altri oli hanno
cioè una maggior possibilità di dare origine a perossidi e a prodotti di
degradazione che possono essere causa di effetti tossici per l'organismo.
Ora, poiché tutti i grassi vengono danneggiati dalle alte temperature,
è evidente che i più resistenti saranno quelli dotati di una struttura più
stabile, quelli con "meno valenze" cioè con meno possibilità di accogliere
elementi nuovi. E allora friggiamo tranquillamente con l'olio d'oliva!
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ECONOMIA E SOCIETÀ 53

ECONOMIA E SOCIETÀ
CLASSIFICAZIONE DELL'OLIO D'OLIVA
L'olio d'oliva, dal 1 gennaio 1990, cambierà nome. Lo ha stabilito un
regolamento della CEE che ha cambiato le denominazioni dell'olio
d'oliva attualmente in vigore in Italia. Il regolamento, valido anche sul
territorio nazionale senza bisogno di una legge di attuazione, riduce
praticamente a due i tipi di oli vergini commerciabili al minuto: "olio
d'oliva vergine extra", con acidità non superiore all'1% in peso (come
prevede la legge italiana) e "l'olio d'oliva vergine", con un'acidità non
superiore al 2% (4% in Italia). L'altra novità è che l'extra vergine dovrà
essere "di gusto assolutamente perfetto" e il vergine "di gusto perfetto"(1).
e' importante precisare a questo punto che tutti gli altri oli, al di fuori
dell'extra vergine e del vergine, hanno avuto un trattamento chimico.
DER HAUPTERWERB DES ORTES:
DIE PRODUKTION VON OLIVENÖL
Die Olivenbäume waschen auf schmalen Terrassen, die von
Trockenmauerwerk aus Naturstein gehalten werden. Oft sind die Mauern
breiter als das bestellbare Land. Endprodukt des Anbaus ist das Olivenöl,
das ein wichtiger Bestandteil der gesunden Ernährung ist. Unter den
verschiedenen Ölsorten gilt das “Olio extra vergine di oliva” (Jungfernöl
extra) als das Feinste. Es ist ein reines Naturprodukt ohne chemischte
Zusäste, dessen Säurewert 1 Prozent nicht übersteigen darf.
54 ECONOMIA E SOCIETÀ
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SPORT E TEMPO LIBERO

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MONTE FAUDO MARATHON
It is a 23 Km. long marathon at international level which takes place
every year in June, starting from Imperia and ending at Monte Faudo.
Among the participants, it is worth mentioning a Dolcedo athlete, Lorenzo
Trincheri.
FOOTBALL LEAGUE
Played from September to June. The matches of the home team are
held every other Sunday at the local football ground.
“BALUN” LEAGUE
The “Balun” is Dolcedo traditional sport, played in the Spring-Summer
period. Recently a new ground has been built, which hosts the games
of the Conad Imperia team, taking part to the Italian Premier League.
The crowd capacity is 2000.
SPORTS AND LEISURES
SPORTS AND LEISURES 6
FAMOUS ATHLETES
The most famous Dolcedo
athlete is Giuseppe
Perletto, a professional
cyclist who, in the
seventies, was member of
famous teams like
Sammontana, Magniflex, S.
Giacomo. He counts 60
victories as nonprofessional
and 9 as
professional cyclist and
during his career had the
privilege to precede people
like Eddie Merckx and
Felice Gimondi. His best
result can be considered
the fifth place obtained at
the Giro díItalia in 1975.

SPORT E TEMPO LIBERO
LA MARATONA DEL MONTE FAUDO
Si svolge nel mese di Giugno, ed è un appuntamento fisso nel
panorama delle grandi gare podistiche a carattere internazionale..
Si tratta di una dura prova di maratona, lunga 23 Km, che si snoda
dal Imperia sino alla vetta del Monte
Faudo. Vi partecipano podisti
provenienti da tutto il mondo e nomi
molto accreditati. Ultimamente è
appannaggio di atleti di colore,
specialmente africani. Tra
rappresentanti italiani, anche un
dolcedese, che continua a
distinguersi per gli ottimi risultati
conseguiti sia nella maratona del
Faudo sia in altre competizioni di
livello nazionale ed internazionale,
si tratta di Lorenzo Trincheri ( nella
foto).
IL CAMPIONATO DI CALCIO
Come anche i tornei maggiori, nel
periodo tra settembre e giugno, il
Campo Comunale di Dolcedo “ G.
Ascheri” ospita le gare del campionato di calcio alla quale è iscritta
la locale formazione della Polisportiva Dolcedo 90. Gli appassionati
locali ed i tifosi e simpatizzanti delle squadre ospiti, provenienti da
vari angoli di Liguria si danno appuntamento per assistere alle varie
sfide che a domeniche alterne si svolgono sul rettangolo di gioco di
Dolcedo.
IL CAMPIONATO DI PALLONE ELASTICO ( BALUN)
Come già descritto in precedenza, il Balun è senza dubbio la pratica
sportiva tradizionalmente più seguita dai dolcedesi. Recentemente,
grazie anche allo splendido sferisterio comunale, Dolcedo ospita nel
periodo primavera – estate le gare che vedono protagonista la quadretta
della Conad Imperiese capitanata da Molinari e che partecipa al
campionato italiano di serie A. La partecipazione di pubblico è sempre
numerosa, raggiungendo in alcune gare anche le duemila presenze.
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SPORT E TEMPO LIBERO 57

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THE”BALUN”
The “Balun” mirrors with no doubts the agricultural culture of this Italian
piece of land, reflecting a world which is still far from being overwhelmed
by a society in standing evolution. If we think to the courts where this
sport is played, we are necessarily led to call to our minds the ancient
squares and streets of the villages located in the area, characterised by
the shortage of free spaces. Also the duration of each game, not
predetermined, is sign of a still society, where the clock is nearly
motionless and every change is turned into a ritual, in something solemn.
This sport also reflects
the change of
the seasons, so important
for an agricultural
society, being
played only when the
good weather starts.
Even today, watching
a game, you can feel
on the tribunes a
strange feeling made
of nostalgia mixed to
embarrassment.
Standardisation needs,
which have imposed
on this sport
rules common to
other sports, are
dangerously jeopardising
a phenomenon
which is the expression
of an archaic
culture and mentality
hardly integrable with the modernity. It may sound anachronistic, but
the “Balun” still reflects the conflict between the present and a past
deeply rooted in the culture of this area.
SPORT E TEMPO LIBERO
SPORTS AND LEASURES 6

IL BALUN
SPORT E TEMPO LIBERO
Possiamo senz’altro dire che il pallone elastico è specchio della cultura
contadina di questo estremo angolo d’Italia, esso infatti riflette i tempi
e gli spazi di un mondo che resiste ancora all’omologazione contemporanea;
pensiamo innanzitutto alla forma del campo, un corridoio di
novanta metri con un muraglione laterale, che non è altro che la riproduzione
delle antiche piazze e strade dei paesi, manifestando la penuria
di spazi liberi, per la pendenza del suolo o per la necessità di dedicare
maggior terreno possibile alle coltivazioni come accade in Piemonte.
Anche nella durata della partita troviamo indizi significativi, quali, ad
esempio, l’assenza di un termine prefissato per concludere la gara. In
teoria la partita potrebbe durare all’infinito, vedendo la palla rimbalzare
da una parte all’altra del campo. La partita termina quando si raggiungono
gli undici giochi, vi sono quindi partite che durano un ora ed altre che
sembrano non finire mai, quando vi è equilibrio tra le squadre contendenti.
L’assenza di limiti riflette una società che ha problemi di tempo, come
l’aristocrazia europea del tennis, ma certo non motivi nobiliari, bensì per
la consuetudine di giocare principalmente nei giorni festivi, quando gli
uomini non si dedicavano al lavoro dei campi e la giornata intera era
dedicata al pallone elastico.
“ Questo sottointende una visione del tempo costituita dall’opposizione
binaria di luce e buio; si tratta di un tempo antecedente non solo al tempo
del mercante tiranneggiato dagli orologi, ma anche del tempo della chiesa
imperniato sulle sue liturgie. E’ il tempo quasi immobile delle antiche
società agricole che si riflette in un tempo di gioco lungo e scandito da
rituali al limite della solennità: i cambi di campo durante la partita durante
i quali i due capitani si sfiorano procedendo a testa alta seguiti dalle loro
squadre e, soprattutto, la fasciatura del pugno. (Sarchi F. Lo spazio il
tempo del pallone elastico, Bollettino dell’Associazione Culturale Comunità
di Villaregia, VI – VIII (1995-97) N. 6-7-8; Pag. 2)
Accanto a questa contrapposizione giornaliera di luce e buio, troviamo
il corrispettivo annuale fra la stagione calda e quella fredda, tipica della
scansione temporale delle civiltà contadine. Il pallone elastico torna ad
essere praticato nella bella stagione, era tradizione far iniziare il campionato
il giovedì di Pasqua ed è significativo il detto secondo cui i veri campioni
non si vedono quando maturano le ciliegie, cioè ad inizio stagione, ma
quando maturano i fichi, offrendo come la natura stessa i suoi frutti
migliori alla fine dell’estate.
Ancora oggi, osservando una partita di “Balun”, talvolta serpeggia tra le
tribune un sensazione di nostalgia, mista a disagio; la razionalizzazione
inevitabile che ha posto a questo sport esigenze e regole comuni alle
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SPORT E TEMPO LIBERO 59

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altre pratiche agonistiche, rischia di snaturare un fenomeno che in
quanto espressione di una cultura e di una mentalità arcaica difficilmente
si integra con i modelli della modernità. Spesso si sente dire che grandi
campioni come Balestra, non calcheranno più la rena di un campo,
oppure che certi falli in certi momenti del gioco non andrebbero fischiati,
che i pantaloni bianchi della vecchia divisa erano molto meglio degli
odierni e più comodi pantaloncini, ed anche che il balun, come pura
espressione di forza e destrezza, è uno sport per soli uomini.
E’ certamente una forma di nostalgia anacronistica e conservatrice, ma
rivela con chiarezza come i tempi e gli spazi del pallone elastico
rappresentino ancora un punto di attrito tra il presente ed un passato
le cui propaggini si radicano nella nostra cultura e nei nostri gesti.
POLISPORTIVA DOLCEDO 90
Dal 1990 la Polisportiva utilizza la popolarità di uno sport come il calcio
per diffondere il buon nome del paese di Dolcedo anche al di fuori della
provincia di Imperia. Nata dall’iniziativa di un folto numero di appassionati,
tutti di Dolcedo, si è sempre ben distinta nel panorama calcistico
dilettantistico, ottenendo ottimi piazzamenti e risultati di prestigio, tra
cui una promozione al campionato di seconda categoria, dove
attualmente milita con ambizioni di successo.
La partita della Domenica è ormai un appuntamento fisso per gli
appassionati del paese, che possono vedere la propria squadra misurarsi
con quelle dei paesi e delle città vicine. Nascono così simpatiche rivalità
di “campanile” e vengono così rese piacevoli anche le noiose domeniche
invernali.
SPORT E TEMPO LIBERO
SPORT E TEMPO LIBERO 6

SPORTIVI FAMOSI
SPORT E TEMPO LIBERO
Un personaggio che è dato lustro al nome di Dolcedo in Italia e nel
mondo, è stato sicuramente il corridore professionista Giuseppe Perletto.
Specialista scalatore, buon passista è stato in grado di imporsi in
numerose corse ciclistiche anche di grande importanza.
Perletto nato a Dolcedo il 2 Maggio 1948, ha iniziato a correre nel 1966
con l’ Unione Sportiva Caramagna passando successivamente alla
Costa Azzurra Borgotallo; diventa professionista nel 1972, terminando
la sua carriera nel 1979. Da professionista ha vestito le maglie di
prestigiose squadre, quali la Zonca Santini, la Sammontana, la Magniflex
e la San Giacomo.
Perletto ha conseguito 60 vittorie da dilettante tra cui un secondo posto
al giro d’Italia Dilettanti. Ha vestito anche la maglia azzurra della nazionale
dilettanti, conseguendo una vittoria nella gara con arrivo a Civitavecchia,
corsa in preparazione alla Praga - Varsavia –Berlino. Miglior scalatore
al Giro di Bulgaria nel 1970, si distingue anche in altre gare internazionali.
Nel 1972 approda al difficile mondo del professionismo, togliendosi
molte soddisfazioni e precedendo in alcune occasioni campioni del
calibro di Merckx e Gimondi. Ottiene ben nove vittorie da professionista,
nel 1974 è primo nella tappa con arrivo a Sanremo del Giro d’Italia e
vince un Grand Prix a Losanna in Svizzera. Nel 1975 vince il Giro della
Provincia di Reggio Calabria. Nel 1976 è primo all’arrivo di Fiuggi durante
la Tirreno – Adriatico e sempre lo stesso anno si aggiudica la tappa
di Andorra alla settimana Catalana. Nel 1977 è nuovamente primo in
una tappa del Giro d’Italia al Col Druscè e successivamente segna
ancora il proprio nome nell’albo d’oro della settimana catalana vincendo
la tappa con arrivo a Sitges. Nel 1978 vince nuovamente una tappa del
giro d’Italia con arrivo a Sarezzo sempre lo stesso anno si aggiudica il
prestigioso Giro di Toscana. Non solo i primi posti fanno onore ai corridori
ciclisti ma anche i piazzamenti specie nelle corse a tappe; considererei
epico il quinto posto al Giro d’Italia del 1975, uno tra i Giri più difficile,
se non il più difficile in assoluto degli ultimi trent’anni, ricordo che fu una
corsa massacrante con numerosi arrivi in salita e durante la quale
Perletto fu sempre protagonista, memorabile fu il terzo posto nella
tappa dello Stelvio. Eccezionale è stato anche il secondo posto nella
massacrante cronoscalata del Ciocco. Quell’anno Perletto tenne incollati
davanti alla tivù tutti gli appassionati di ciclismo dolcedesi, ma anche
di tutta la Liguria, essendo stato l’unico corridore ligure professionista
in attività in quelli anni. Per terminare ricorderei l’ottimo settimo posto
al giro di Spagna.
Un aneddoto va ricordato, ogni qualvolta Perletto vinceva una gara, i
ragazzi del paese si precipitavano a “battagliare”, ovvero a suonare le
campane della chiesa in segno di gioia.
SPORT E TEMPO LIBERO
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SPORT E TEMPO LIBERO
SPORTS AND LEASURES
BELLISSIMI FRIENDS ASSOCIATION
A group of friends who have been organizing parties and cultural events
for many years on the occasion of the “Madonna della Misericordia”
celebrations, which fall the first Sunday of September.
PONTE GRANDE ASSOCIATION
Founded in 1984, this association has
promoted over the years the diffusion
of classic music at Dolcedo. Every
Summer evocative concerts are held in
the churchyard of S. Tommaso church.
In the last few years this event has also
embraced jazz and ethnic music
concerts.
“U CASÀ NOVU” ASSOCIATION
This association has been founded
recently with the aim of reproducing the
privileged man’s environment
relationship which distinguished the ancient way of living. The initiatives
promoted by this association embrace sport events, art exhibitions etc.
DOLCEDO 90 SPORTING CLUB
Since 1990 this sporting Club has been using football to promote the
image of Dolcedo also outside Imperia county. The squad plays in a
non-professional league and the Sunday game is an appointment the
local fans never fail to follow, being also an occasion to “take the pÖ”
out of the opponents’ fans (generally teams of neighbouring villages),
turning a boring Sunday in something enjoyable.
THE “SPLAUDO”
According to this old tradition, Dolcedo natives have the right to claim
a sum of money from any foreigner who marries a local girl (Want to
give it a try?).
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SPORT E TEMPO LIBERO
ASSOCIAZIONE AMICI DI BELLISSIMI
Da numerosi anni ormai, gli abitanti della frazione Bellissimi, organizzano
feste ed incontri culturali in occasione della Madonna della Misericordia,
ricorrenza che viene celebrata la prima domenica di settembre. Sono
state allestite mostre fotografiche sugli antichi mestieri, esposizioni
dedicate ai frantoi, al mondo dell’olivo, collezioni di opere d’arte create
con elementi naturali. Non mancano poi i tornei di petanque, particolare
gioco di bocce praticato su fondo irregolare.
ASSOCIAZIONE PONTE GRANDE
Fondata nel 1984 , ha contribuito a portare a Dolcedo la suggestione
e l’incanto della musica; ogni anno, nel periodo estivo, prende avvio la
rassegna: “ Incontri con la musica classica” che ospita i concerti nel
delizioso scenario del sagrato della chiesa di San Tommaso, il quale
oltre ad avere un ottima acustica, offre allo spettatore la grazia con cui
arcate, terrazze e scale delle case tutto intorno si armonizzano con la
facciata barocca della parrocchiale. Negli ultimi anni, oltre alla classica,
si sono allestiti concerti di musica Jazz e di musica etnica ( ballate e
danze irlandesi) con gran successo di pubblico. In passato ha curato
anche l’organizzazione del prestigioso “ Premio Dolcedo”, concorso di
poesia dialettale ligure e dell’area occitano-provenzale.
ASSOCIAZIONE “U CASÀ NOVU”
Sorta di recente, nasce con l’intento di ricreare quel rapporto privilegiato
tra uomo ed ambiente che caratterizzava gli antichi stili di vita. Nel suo
nome si trovano la radice ed il senso delle iniziative proposte; il casà
era una costruzione di pietra bassa e piuttosto lunga, con arcate al suo
interno, su cui poggiavano le travi del tetto fatto di lastre di ardesia, le
ciappe, e serviva per ospitare le greggi dei pastori brigaschi che durante
l’inverno, da Briga, Tenda e Realdo, scendevano in transumanza nelle
nostre zone. L’ associazione ha fra i suoi progetti iniziative che spaziano
dallo sport, alla cultura locale, all’arte, affinché non vadano dimenticati
quei momenti di incontro fra culture ricche di storia e tradizioni.
LO SPLAUDO
una curiosa tradizione, che veniva praticata in diversi luoghi della
provincia, seppur con nomi differenti, è quella dello splaudo. Essa
consiste nella richiesta di pagamento che i giovani del paese richiedono
allo “straniero” cioè a chi non è del posto e chiede in sposa una ragazza
dolcedese. Questa vera e propria privazione non poteva passare
inosservata dalla popolazione maschile, la quale si vedeva sottrarre
una potenziale moglie, così chiedeva al futuro sposo almeno un
indennizzo, talvolta in denaro, ma molto più spesso consistente in un
abbondante bevuta in osteria.
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SPORT E TEMPO LIBERO 63

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FESTE RELIGIOSE E MANIFESTAZIONI
FESTE RELIGIOSE
San Prospero: quinta domenica dopo Pasqua
Sacro Cuore: ultima domenica di Giugno
San Tommaso: la domenica più vicina al 21 Dicembre
Lunedì di Pentecoste: in questa data si svolge una processione da
Bellissimi a Santa Brigida; la gente in preghiera segue il crocefisso
portato a braccia sino alla cappella, dove si celebra una messa e si
procede poi alla benedizione delle campagne.
Madonna dell’Acqua Santa: la prima domenica di luglio
Madonna della Misericordia: si celebra in Bellissimi la prima domenica
di settembre.
FESTE RELIGIOSE E MANIFESTAZIONI
RELIGIOUS
CELEBRATIONS
San Prospero: fifth Sunday
after Easter;
Sacro Cuore: last Sunday
of June;
San Tommaso: the Sunday
preceding 21 December;
Lunedì di Pentecoste
(Monday following Whit
Sunday): A parade starting
from Bellissimi and ending
at S. Brigida takes place,
followed by a mess and the
fields blessing;
Madonna dellíAcqua Santa:
first Sunday of July;
Madonna della
Misericordia: Celebrated at
Bellissimi the first Sunday
of September.
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