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qui - Legautonomie Toscana

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La storia della Lega delle Autonomie è la storia di una concezione moderna<br />

del ruolo del comune, quella di un ente locale vicino ai cittadini, che favorisce<br />

la crescita economica, coniugando sviluppo e sostenibilità.<br />

La particolare capacità di una lettura politica degli eventi, non limitata all’ambito<br />

tecnico ed istituzionale, unita alla possibilità di esprimere le esigenze di tutte<br />

le istituzioni locali, hanno caratterizzato il suo ruolo di promozione e sostegno<br />

di tutto il movimento per le autonomie locali<br />

Con questo libro la Lega delle autonomie, celebra in modo non retorico i suoi<br />

primi novant’anni: una storia a volte drammatica, a volte esaltante che mostra<br />

agli amministratori le radici del loro impegno civile e democratico nel governo<br />

delle comunità locali.<br />

Dalla Lega dei comuni socialisti a <strong>Legautonomie</strong><br />

Oscar Gaspari<br />

Dalla Lega dei comuni socialisti<br />

a <strong>Legautonomie</strong><br />

Novant’anni di riformismo per la democrazia<br />

e lo sviluppo delle comunità locali<br />

Prefazione<br />

Linda Lanzillotta<br />

Postfazione<br />

Oriano Giovanelli<br />

Oscar Gaspari lavora presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione locale.Tra le pubblicazioni più<br />

importanti: L’Italia dei municipi. Il movimento comunale in età liberale (1879-1906), Donzelli, Roma 1998;<br />

Patrizia Dogliani e Oscar Gaspari (a cura di), L’Europa dei comuni. Origini e sviluppo del movimento comunale<br />

europeo dalla fine dell’Ottocento al secondo dopoguerra, Donzelli, Roma 2003<br />

Oscar Gaspari


Oscar Gaspari<br />

Dalla Lega dei comuni socialisti<br />

a <strong>Legautonomie</strong><br />

Novant’anni di riformismo per la democrazia<br />

e lo sviluppo delle comunità locali<br />

Prefazione<br />

Linda Lanzillotta<br />

Postfazione<br />

Oriano Giovanelli


Avvertenza<br />

Quando <strong>Legautonomie</strong> mi ha chiesto di scrivere la storia dell’organizzazione<br />

ho capito di dover combattere una sfida. Una sfida rispetto ai tempi e rispetto<br />

alle fonti. Per uno storico il tempo è sempre breve, e le fonti, spesso, non<br />

sono mai sufficienti: in questo caso la situazione era drammatica rispetto ad entrambi<br />

i termini. Di archivi, infatti, la Lega non ne ha, ci sono solo le riviste.<br />

Tipico di un’organizzazione che ha risolto problemi quotidiani per decenni, risolto<br />

uno si doveva passare in fretta ad un altro; non c’era tempo per gli archivi.<br />

La sfida, come ho già scritto, era quella far passare i fatti dalle pagine dei<br />

quotidiani, in questo caso delle riviste, a quelle della storia. Altri, se lo vorranno,<br />

faranno sicuramente meglio di me, spero aiutati anche da questo libro, che<br />

è, in primo luogo, un volume per ricordare al movimento per le autonomie locali<br />

di oggi di oggi un passato il cui ricordo rischia di essere sopraffatto dagli affanni<br />

della ricerca di soluzioni ai problemi quotidiani.<br />

Ringraziamenti<br />

Il primo ringraziamento va a Loreto Del Cimmuto, direttore di <strong>Legautonomie</strong>,<br />

e a Moreno Gentili, vicedirettore, che non solo hanno voluto questa ricerca,<br />

ma mi hanno spinto ed aiutato a farla nel miglior modo possibile. Il secondo<br />

va a Bruno Puglielli, l’editore, che mi ha sostenuto, aiutato ed è stato<br />

buon consulente. Non posso dimenticare poi Corrado Corghi, che mi ha affidato<br />

i documenti raccolti nel corso della sua ricerca, con fiducia che spero di<br />

non aver deluso.<br />

O. G.


SOMMARIO<br />

Prefazione di Linda Lanzillotta 5<br />

Premessa 9<br />

PARTE I - Dalle origini nel Periodo Liberale alla fine durante l’ascesa<br />

del Fascismo<br />

1. Gli albori del movimento per le autonomie locali alla fine dell’‘800:<br />

dall’associazionismo dei lavoratori a quello delle autonomie locali 13<br />

2. Il movimento socialista e l’affermazione della maggioranza liberale<br />

e cattolica nell’Anci 22<br />

3. La nascita della lega dei Comuni socialisti nel 1916 31<br />

4. L’attività della lega nel periodo liberale 43<br />

5. L’avvento del fascismo, le fratture nel Psi e la fine della lega 53<br />

PARTE II - Durante la Repubblica, negli anni dello scontro<br />

1. La rinascita della lega: le ragioni della fondazione della lega dei comuni<br />

democratici 73<br />

2. La lega dei comuni democratici negli anni della contrapposizione e<br />

dello scontro 100<br />

PARTE III - Dagli anni del Centro-Sinistra ad oggi<br />

1. Gli anni del centro-sinistra 165<br />

2. Gli anni ‘80 191<br />

3. Gli anni ’90: le riforme 208<br />

Postfazione di Oriano Giovanelli 219<br />

Indice dei nomi 225<br />

Indice analitico 231


PREFAZIONE 5<br />

PREFAZIONE<br />

Quasi un secolo di storia<br />

La storia delle autonomie locali in Italia è una storia di partecipazione e di<br />

amministrazione, di riforme e di democrazia. Una storia che affonda le sue radici<br />

nell’inizio del secolo scorso e lo attraversa tutto, per consegnare al nuovo millennio<br />

i suoi frutti più freschi: gli esiti della riforma del sistema della elezione diretta<br />

del sindaco, sicuramente la più riuscita tra le riforme istituzionali di cui tanto<br />

si è discusso nell’ultimo <strong>qui</strong>ndicennio. Una riforma che ha portato con sè forti innovazioni<br />

nei contenuti e negli strumenti dell’amministrazione pubblica e la formazione<br />

di una nuova classe dirigente riformista e pragmatica. Se questi fenomeni<br />

e queste tendenze hanno caratterizzato l’ultima stagione politica e ci consentono<br />

di guardare con fiducia all’immediato futuro, è proprio in virtù della forza che<br />

negli anni il sistema delle autonomie locali ha consolidato: una forza derivante dalla<br />

stessa loro posizione, una posizione di frontiera rispetto alle esigenze, ai bisogni,<br />

alle richieste e alle proteste dei cittadini che le obbliga a comprendere, interpretare,<br />

rispondere ai bisogni immediati e, allo stesso tempo, raccordare queste risposte<br />

ad una prospettiva più ampia e più lunga. Ma anche un’esperienza, quella delle autonomie<br />

locali, che ha radici profonde nella nostra storia municipale e che da tale<br />

storia ricava una tradizione ricca, maturata attraverso un’arco storico sicuramente<br />

assai più lungo e complesso di quello vissuto dal sistema regionale disegnato dalla<br />

Costituzione del ’48 e concretamente avviato solo da pochi decenni.<br />

È su questa ossatura che possiamo oggi contare per dare attuazione al titolo<br />

V della Costituzione e costruire un sistema trasparente, efficiente e moderno,<br />

capace di adeguarsi alle esigenze nuove che le comunità locali esprimono nell’era<br />

della globalizzazione. Una dimensione globale che per essere affrontata<br />

senza rimanerne sopraffatti richiede economie locali forti e coese, capaci di far<br />

valere le proprie specificità, la propria integrazione, la propria identità culturale.<br />

Oggi più che mai, quanto più si espande lo spazio entro il quale i singoli cittadini<br />

e le imprese sono chiamati a operare e confrontarsi, tanto più i sistemi<br />

locali hanno bisogno di forza e di capacità competitiva. È questa la sfida del disegno<br />

federalista ed autonomista : quella di riuscire ad essere un moltiplicatore<br />

della crescita economica e culturale , fattori di consolidamento della coesione<br />

sociale, e di saper dare risposte alle nuove domande che le comunità locali<br />

esprimono senza produrre degenerazioni burocratiche.<br />

Il laboratorio degli anni ‘90<br />

La legge 81, nel 1993, introducendo la elezione diretta del sindaco ha rappresentato<br />

senza dubbio una svolta radicale. Una rivoluzione paragonabile a<br />

quella che diede il via al movimento della autonomie locali, quando le riforme


6 PREFAZIONE<br />

crispine cominciarono a sganciare comuni e province dal corpo amministrativo<br />

del governo centrale. Da allora, si è man mano sedimentata una tradizione;<br />

ma soprattutto si è costruita una cultura dell’amministrare: la posizione dei sindaci,<br />

in prima linea rispetto alle istanze e al controllo della popolazione, e la<br />

mole crescente dei problemi che i governi locali si sono trovati a dover risolvere,<br />

hanno fatto crescere questa cultura. Nel bene e nel<br />

male, con luci ed ombre ma sempre con una più marcata vicinanza – o almeno<br />

una minore lontananza - tra la politica e le persone, tra il dire e il fare.<br />

Se dal punto di vista costituzionale questo fa delle autonomie locali lo scheletro<br />

del nostro sistema, dal punto di vista politico ne fa i laboratori più pronti<br />

ad accogliere ed elaborare le novità. Come è successo appunto nel ’93, con l’introduzione<br />

dell’elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia . La<br />

novità sostanziale era nel fatto che per la prima volta si instaurava un rapporto<br />

di responsabilità diretta tra eletti ed elettori: al sindaco, al presidente della provincia<br />

si poteva finalmente chiedere conto, fisicamente, dell’attuazione del programma<br />

e, in generale, di tutto ciò che non funzionava nella città. Da allora,<br />

sono cambiate non solo la percezione del ruolo del primo cittadino, la sua popolarità,<br />

la sua visibilità: ma anche i suoi poteri, la possibilità di dare un’impronta<br />

politica al proprio mandato e innovare concretamente gli strumenti e gli<br />

obiettivi nel governo delle città. E questo elemento, quello della responsabilità<br />

politica, della accountability degli eletti, è stato ciò che l’opinione pubblica ha<br />

richiesto da allora alle leggi elettorali.<br />

È da <strong>qui</strong>, peraltro, dalla responsabilità diretta del sindaco nei confronti dei<br />

cittadini e, dunque, dalla necessità di dare risposte adeguate e tempestive che<br />

nasce la spinta all’innovazione amministrativa.<br />

Così, è a livello delle autonomie locali che si sperimentano, nel corso degli<br />

anni Novanta, soluzioni innovative che saranno poi estesee all’amministrazione<br />

centrale segnando una stagione di profondi cambiamenti nell’amministrazione<br />

italiana. Ed è sempre nel sistema delle autonomie che si definiscono nuovi<br />

strumenti di finanza locale e di gestione amministrativa per ottimizzare la gestione<br />

amministrativa e contabile per conciliare le esigenze del risanamento finanziario<br />

imposto dall’esigenza dell’Italia di allinearsi agli standard europei e<br />

quelle, altrettanto urgenti, di modernizzare le nostre città, di fronteggiare le sfide<br />

ambientali, di gestire i contraccolpi della globalizzazione.<br />

Grandi cambiamenti sociali ed economici cui una nuova generazione di amministratori<br />

ha saputo rispondere con nuovi paradigmi : una gestione della<br />

proprietà pubblica che, abbandonata la logica della rendita fondiaria, diveniva<br />

la leva di grandi operazioni di riqualificazione urbana e di riconversione produttiva<br />

ed economica dei territori; una trasformazione degli assetti delle aziende<br />

municipalizzate traghettate dalla logica del monopolio e dell’organizzazione<br />

burocratica a quella dell’organizzazione d’impresa e del mercato; l’introduzione<br />

di criteri privatistici nel reclutamento e nella valutazione dei dirigenti e l’adozione<br />

di modelli organizzativi volti a premiare professionalità e qualità, a valorizzare<br />

i talenti interni e immettere risorse esterne. Sfide necessarie, affrontate<br />

con esiti alterni come è logico che avvenga in una fase di così profondi cambiamenti.<br />

Sfide ancora da giocare : ma che certo hanno formato sul campo


PREFAZIONE 7<br />

una nuova generazione di politici-amministratori, resi più forti dall’investitura<br />

popolare, ma proprio per questo anche più esposti al controllo e al giudizio democratico.<br />

La sfida dell’oggi<br />

Per tutti questi motivi le autonomie locali sono state un laboratorio, anzi<br />

tanti laboratori, dell’innovazione politica e amministrativa. A questo punto si<br />

rende necessaria una riflessione sull’insieme del sistema e sui connotati nel nostro<br />

federalismo, dunque sul modo per dare attuazione al titolo V della Costituzione.<br />

Il ruolo delle autonomie locali è infatti cresciuto anche tra i conflitti:<br />

quello politico con il governo centrale ha caratterizzato l’ultima fase, nella quale<br />

senza dare alcun impulso né strumenti concreti al federalismo fiscale il governo<br />

di centro-destra si è limitato a scaricare in periferia – sulle regioni e sui<br />

comuni – i problemi economici che non riusciva a risolvere al centro. Quella<br />

fase si è finalmente chiusa, e il sistema delle autonomie locali può tornare a<br />

contare su un approccio cooperativo con il governo per la ricerca della soluzione<br />

dei problemi comuni. Ma c’è anche un’altra riflessione da approfondire:<br />

quella che riguarda i rapporti tra i diversi livelli del governo regionale e locale,<br />

e i cerchi concentrici da tracciare da comuni a province a regioni in un disegno<br />

costituzionale saggio, e<strong>qui</strong>librato ed efficiente che valorizzi il ruolo di elaborazione<br />

politica delle regioni senza comprimere l’autonomia del sistema locale.<br />

Per questo le regioni dovranno poter sviluppare politiche di innovazione e per<br />

la competitività evitando però di incorrere nella tentazione di rosicchiare spazio,<br />

ruolo e competenze a scapito dei comuni e delle province ovvero la moltiplicazione<br />

e sovrapposizione di compiti analoghi. È un rischio che potrebbe essere<br />

indotto dalla affinità dei sistemi elettorali che potrebbe indurre una qualche<br />

confusione tra livelli politici, organizzativi e amministrativi; ma è un rischio<br />

da evitare poichè si tradurrebbe in un fattore di inefficienza del sistema,<br />

di tensioni e conflitti tra livelli di governo, in un danno per gli interessi dei cittadini<br />

e delle imprese.<br />

La sfida attuale allora è quella di costruire un moderno ed e<strong>qui</strong>librato sistema<br />

di governo multilevel. Evitare il paradosso di un nuovo centralismo – stavolta<br />

di stampo regionalistico – e dare a ciascun livello di governo chiarezza sul<br />

proprio ruolo. Alle regioni è stata attribuita una missione importante in termini<br />

di legislazione, programmazione, indirizzo: aggiungere a questa compiti di<br />

gestione ed erogazione diretta dei servizi sarebbe sbagliato e depriverebbe il patrimonio<br />

di competenze delle autonomie locali. Non sarebbe certo questo il<br />

modo migliore per realizzare il federalismo e la sua aspirazione originaria: che<br />

è quella di valorizzare le peculiarità, i talenti e le istanze democratiche presenti<br />

nei territori avvicinando quanto più possibile l’amministrazione ai cittadini per<br />

rendere le risposte adeguate, proporzionate e coerenti con i bisogni che il cittadino<br />

esprime. Allo stesso tempo va detto che la missione delle regioni, così definita,<br />

per esplicarsi pienamente e compiutamente ha bisogno di svolgersi entro<br />

una rete che la connetta e la coordini con tutte le regioni e con il governo


8 PREFAZIONE<br />

centrale; e che a nessun livello questo disegno federalista può davvero essere attuato<br />

se non è accompagnato dal federalismo fiscale. Il compimento di questo<br />

disegno, la chiarezza dei compiti e dei livelli di governo, la attuazione del disegno<br />

costituzionale sono peraltro la premessa necessaria perché dai territori e<br />

delle loro risorse riparta un circolo virtuoso, si innesti una crescita democratica<br />

ed economica.<br />

Il riformismo delle città<br />

L’innovazione portata dai laboratori delle città nel nostro sistema politico è<br />

stata il frutto di tanti fattori, dalla tradizione secolare delle autonomie locali, al<br />

nuovo sistema elettorale, alle singole soggettività messe in campo dalle persone<br />

che sono state protagoniste di questa stagione. Il riformismo spesso cercato a<br />

fatica nelle teorie si è visto in pratica, anche nelle sue contraddizioni, nei conflitti<br />

con resistenze corporative, nelle battute d’arresto. Si è dovuto fare le ossa<br />

sul campo, pragmaticamente. E su questo campo si è formata una classe politica<br />

e dirigente nuova, negli stessi anni nei quali la crisi dei partiti pesanti – la<br />

loro sparizione, o la loro radicale trasformazione – liberava energie ma lasciava<br />

anche un vuoto. Nella crisi dei partiti e negli anni nei quali si è rischiato che<br />

questa si trasformasse in anti-politica, le autonomie locali hanno anche costituito<br />

un vivaio di nuova classe dirigente per il centrosinistra. Non è un caso<br />

dunque che da queste posizioni “di frontiera” siano maturate anche le scelte più<br />

convinte e coerenti a favore di una radicale innovazione politica, una spinta<br />

verso la costruzione di soggetti politici che sappiano guardare in modo nuovo<br />

ai temi che il nuovo secolo e il nuovo millennio ci pongono e che proprio nelle<br />

città emergono in tutta la loro forza: i temi dei mutamenti climatici, delle<br />

trasfromazioni demografiche legate all’invecchiamento e ai grandi flussi migratori<br />

messi in moto dalla globalizzazione, il multiculturalismo. I temi, insomma,<br />

di fronte ai quali appaiono non più sufficienti gli strumenti e i paradigmi di lettura<br />

e di interpretazione offerti dalle pur nobili tradizioni politiche del Novecento.<br />

Linda Lanzillotta<br />

Ministro per gli Affari regionali<br />

e le autonomie locali


PREMESSA 9<br />

PREMESSA<br />

1. Il movimento per le autonomie locali:<br />

un ruolo politico-istituzionale e tecnico-amministrativo<br />

La Lega dei comuni socialisti, progenitrice dell’attuale Lega delle autonomie<br />

locali, venne fondata nel 1916 per fornire supporto politico-istituzionale e tecnico-amministrativo<br />

alle amministrazioni locali guidate dal Partito socialista<br />

italiano (Psi) già aderenti all’Associazione dei comuni italiani (Anci) 1 ed all’Unione<br />

delle province d’Italia (Upi). Per ricostruire la storia della Lega è <strong>qui</strong>ndi<br />

necessario fare riferimento alla storia di Anci ed Upi, costituite, rispettivamente,<br />

nel 1901 e nel 1908, ma non solo e non tanto perché ne precedettero la nascita.<br />

Le tre organizzazioni, infatti, devono essere considerate le principali articolazioni<br />

di un unico movimento per le autonomie locali diretto ad affermare il<br />

ruolo fondamentale di comuni, province e degli altri enti locali nella Nazione.<br />

Furono gli stessi interpreti di questa storia ad utilizzare per primi il termine<br />

“movimento” riferendosi alla realtà dei comuni, i più importanti ed attivi tra le<br />

autonomie locali. Il socialista riformista Giovanni Montemartini, dopo aver accennato<br />

al panorama comunale internazionale, scriveva nel 1902: “Anche in<br />

Italia abbiamo una primavera nella vita municipale […] La espressione massima<br />

di questo movimento si ha nella Associazione dei Comuni italiani” 2 .<br />

Luigi Sturzo, tra i protagonisti di queste vicende, scriveva nel 1949 che: “La<br />

campagna per le autonomie locali fu fatta principalmente dall’associazione nazionale<br />

dei comuni italiani […] Faceva riscontro a questa associazione quella<br />

delle provincie, che anch’essa sosteneva, nel suo ambito, i principii di autonomia<br />

amministrativa […] La campagna era serrata contro l’accentramento burocratico<br />

e contro l’ingerenza politica nella vita amministrativa locale. Tutti i<br />

partiti, compresi i liberali, partecipavano alla campagna dei comuni e delle provincie”<br />

3 .<br />

Il sacerdote di Caltagirone scriveva di una “campagna [...] contro l’accentramento<br />

burocratico” e “contro l’ingerenza politica” evidenziando così i due<br />

ambiti dell’impegno delle organizzazioni del movimento in favore delle amministrazioni<br />

locali: uno tecnico-amministrativo ed uno politico-istituzionale. In secondo<br />

luogo Sturzo evidenziava l’unitarietà come caratteristica essenziale di<br />

1<br />

Per definire l’Associazione dei comuni italiani si è preferito utilizzare la sigla Anci, che<br />

identifica l’attuale Associazione nazionale dei comuni italiani ricostituita nel 1946, per evidenziare<br />

la continuità della storia dell’Associazione prima e dopo il fascismo, una scelta compiuta<br />

per primo da Gabriele De Rosa, La nascita dell’Associazione dei comuni, Roma, Edizioni cinque<br />

lune, 1962, ora in Roberto Ruffilli, Maria Serena Piretti (a cura di), Per la storia dell’Anci, Roma,<br />

Anci, 1986, pp. 9-21.<br />

2<br />

G. Montemartini, La municipalizzazione dei publici servigi, Milano, Società editrice libraria,<br />

1902, pp. 372-3.<br />

3<br />

Luigi Sturzo, La regione nella nazione (1949), Opera Omnia di Luigi Sturzo, Prima serie,<br />

Opere, vol. XI, Zanichelli, Bologna, 1974, pp. 11-2; i corsivi sono redazionali.


10 PREMESSA<br />

quella che definiva, indifferentemente, la “campagna per le autonomie locali” o<br />

la “campagna dei comuni e delle provincie”.<br />

Caratteristica fondamentale del movimento era <strong>qui</strong>ndi l’unitarietà, che si basava<br />

su una rivendicazione di autonomia nei confronti del potere centrale così<br />

forte, talvolta, da superare i confini dell’appartenenza degli amministratori e dei<br />

tecnici delle amministrazioni locali ai vari partiti. Unitarietà che, però, non impediva<br />

contrasti anche forti tra le diverse organizzazioni, in particolare tra le<br />

maggiori, Anci e Lega e tra Anci ed Upi. I contrasti non potevano essere spiegati<br />

solo con la diversità delle aree politiche di riferimento - tra l’altro marginale<br />

tra Anci ed Upi - ma anche con l’esistenza di una sorta di concorrenzialità tra<br />

le diverse strutture in entrambi gli ambiti delle rispettive attività, sia politico-istituzionale,<br />

sia tecnico-amministrativa. Quella che può essere definita come vera<br />

e propria rivalità tra le organizzazioni veniva alla luce, in particolare, a partire<br />

dagli anni ’80, via via che veniva superata la fase di contrapposizione ideologica<br />

tra l’Anci, vicina alle forze politiche al governo e la Lega, vicina a quelle dell’opposizione.<br />

Sarebbe divenuta allora evidente, rispetto a tutte le altre organizzazioni,<br />

“la tentazione ricorrente di fare da sé dell’Anci, spinta dalla maggior forza degli<br />

enti e dal maggior numero degli amministratori rappresentati” 4 .<br />

2. Dalla natura politica e dalla trasversalità le capacità di stimolo<br />

della Lega<br />

La Lega si caratterizzava rispetto alle altre organizzazioni per alcune caratteristiche<br />

essenziali di tipo sia politico, sia tecnico. Dal punto di vista politico si caratterizzava<br />

per essere rivolta alle amministrazioni guidate dalla sinistra e per difendere<br />

quelle stesse amministrazioni dai soprusi del Ministero dell’interno che le colpivano<br />

in misura assolutamente superiore a quella cui pure erano soggette tutte le autonomie<br />

locali. Dal punto di vista tecnico la Lega si distingueva per il fatto di associare<br />

vari tipi di autonomie locali: comuni, province e, in seguito, comunità montane<br />

ed anche regioni. La caratterizzazione politica e, <strong>qui</strong>ndi, la particolare capacità<br />

di una lettura articolata e complessa degli eventi non limitata all’ambito giuridico-istituzionale<br />

unita alla possibilità di esprimere posizioni che fossero espressione<br />

dei diversi tipi di autonomia locale e, dal secondo dopoguerra anche delle regioni,<br />

favorirono quel ruolo di stimolo nei confronti di tutto il movimento e di tutte le<br />

organizzazioni che ha caratterizzato le vicende della Lega fino ad oggi.<br />

Questa storia della Lega, <strong>qui</strong>ndi, non verrà letta esclusivamente alla luce della<br />

storia dei movimenti e dei partiti politici, diversamente da quanto è accaduto<br />

nella ricerca di Corrado Corghi, del 1979 5 , e nelle opere, di impostazione si-<br />

4<br />

Oscar Gaspari, L’Italia delle Province. Breve storia dell’Unione delle Province d’Italia dal<br />

1908 ai nostri giorni, Roma, Upi Editoria e servizi, 2004, pp. 203-4.<br />

5<br />

Corrado Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo. Contributo per una<br />

ricerca storica sull’associazionismo dei poteri locali in Italia, Roma, Edizioni delle Autonomie,<br />

1979, bozza di stampa non corretta; la ricerca è stata poi pubblicata nel 1984, a puntate, nella<br />

rivista “Calendario del popolo” (CdP), citato di seguito.


PREMESSA 11<br />

mile, dedicate all’Anci ed ai politici cattolici nelle istituzioni locali, prima fra<br />

tutte quella di Gabriele De Rosa, del 1962, per finire con quella di Chiaramonte,<br />

del 2004 6 . Verranno così messe in evidenza le vicende politico-istituzionali<br />

e quelle tecnico-amministrative relative al movimento per le autonomie<br />

locali che invece, nelle citate ricerche, sono state sostanzialmente trascurate. Solo<br />

assumendo questo particolare punto di vista, infatti, è possibile comprendere<br />

pienamente le peculiarità della storia di un’organizzazione come la Lega che,<br />

altrimenti, verrebbe considerata come una mera appendice del Psi nel periodo<br />

liberale e fascista, e del Partito socialista e di quello comunista nel periodo repubblicano,<br />

e non si comprenderebbe la continuità del suo ruolo anche all’indomani<br />

della crisi dei partiti politici di massa avvenuta alla fine del ‘900. Una<br />

lettura della storia della Lega impostata soprattutto sul piano politico, può spiegare<br />

come mai le vicende della Lega non abbiano fino ad ora sollevato l’interesse<br />

dovuto ad un’organizzazione che ormai da novant’anni è tra i protagonisti<br />

della scena politico-istituzionale italiana.<br />

6<br />

Gabriele De Rosa, La nascita dell’Associazione dei comuni, Roma, Edizioni cinque lune,<br />

1962; Lorenzo Bedeschi, Socialisti e cattolici nei comuni dall’unità al fascismo, Roma, Edizioni<br />

Lega per le autonomie e i poteri locali, 1973; Mario Belardinelli, Movimento cattolico e questione<br />

comunale dopo l’unità, Roma, Edizioni Studium, 1979; Roberto Ruffilli, Alle origini dell’Associazione<br />

nazionale dei comuni italiani, in Ruffilli, Piretti (a cura di), Per la storia dell’Anci,<br />

cit., pp. 23-35; Umberto Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci, Soveria Mannelli, Rubbettino,<br />

2004.


PARTE I<br />

DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE ALLA<br />

FINE DURANTE L’ASCESA DEL FASCISMO<br />

1. Gli albori del movimento per le autonomie locali alla fine<br />

dell’‘800: dall’associazionismo dei lavoratori a quello delle<br />

autonomie locali<br />

Negli ultimi decenni della seconda metà dell’‘800 si svilupparono e si intrecciarono<br />

richieste di riforma sociale e politico-istituzionale che accompagnarono<br />

le grandi trasformazioni economiche e sociali di quel periodo. In quegli<br />

anni maturarono sia le prime iniziative legate ai nascenti movimenti politici<br />

socialista e cattolico, sia quelle del movimento per le autonomie locali, articolato<br />

nel movimento dei comuni ed in quello delle province. Non è possibile<br />

comprendere pienamente l’evoluzione della legislazione e dell’attività amministrativa<br />

degli enti locali senza fare riferimento a questo intreccio tra attività politico-sociale<br />

e politico-istituzionale, di cui la Lega è stata senza dubbio l’esempio<br />

più evidente. Si trattò però di intreccio e non di identificazione tra due distinte<br />

attività l’una, propria di partiti e sindacati prevalentemente nel campo<br />

politico e sociale, e l’altra, quella della Lega, nell’ambito del movimento per le<br />

autonomie locali, in gran parte nella realtà amministrativa e delle istituzioni.<br />

Comuni e province nell’Italia unita, non appena ne ebbero la possibilità, si<br />

organizzarono per sostenere i propri interessi di istituzioni, in riferimento ed in<br />

nome dei cittadini, sia sul piano nazionale, sia su quello internazionale. La questione<br />

fondamentale era – ed è - in primo luogo, quella finanziaria, sulla base<br />

del fatto che essendo limitate le possibilità di tassare i cittadini, era evidente che<br />

maggiori erano le risorse che andavano allo Stato, meno erano quelle che rimanevano<br />

a comuni e province e viceversa.<br />

I due congressi dei sindaci che si svolsero a Torino nel 1879 e nel 1884, promossi<br />

dal sindaco liberale Luigi Ferraris, possono essere considerate le prime<br />

manifestazioni di quello che si sarebbe sviluppato in seguito in un vero e proprio<br />

movimento comunale 7 . Ma fu la riforma del 1888 voluta da Francesco<br />

7<br />

Di questi eventi Elisabetta Colombo sottolinea il carattere esclusivamente tecnico-finanziario,<br />

l’assoluta lontananza “dalla carica eversiva propria delle battaglie di fine secolo”, evidenziata<br />

anche dal fatto che i sindaci partecipanti fossero di nomina regia e, in conclusione, la sostanziale<br />

estraneità di questi congressi al movimento per le autonomie locali proprie del periodo<br />

a cavallo tra ‘800 e ‘900. Pur senza sottovalutare questi dati, è però possibile rinvenire al-


14 PARTE I<br />

Crispi - che concesse ai comuni con più di 10.000 abitanti ed alle province l’elezione<br />

del sindaco e del presidente della deputazione provinciale da parte dei<br />

rispettivi consigli 8 - a rendere possibile la trasformazione delle sporadiche proteste<br />

di comuni e province, singole ed organizzate, in un vero e proprio movimento<br />

per le autonomie locali. Se prima di allora un sindaco nominato con decreto<br />

regio solo eccezionalmente avrebbe potuto promuovere o favorire manifestazioni<br />

di autonomia da parte del proprio comune, per la provincia era pressoché<br />

impossibile esprimere posizioni non conformi alle direttive del governo.<br />

Secondo la legge comunale e provinciale del 1865, infatti, era il prefetto a capo<br />

dell’amministrazione provinciale.<br />

Ancora una volta in modo simile a quanto era accaduto ai lavoratori - ma in<br />

misura e, soprattutto, con una diversa natura, in quanto istituzioni regolati da<br />

leggi - comuni e province poterono associarsi non solo quando ne avvertirono<br />

la necessità, ma anche quando le leggi diedero loro, non certo libertà e diritti<br />

civili, come ai lavoratori, ma una sufficiente autonomia<br />

Fu proprio qualche anno dopo la riforma crispina che il radicale e massone 9<br />

Francesco Fazi, sindaco di Foligno, promosse quattro incontri che si tennero tra<br />

il 1892 ed il 1894 a Perugia, Ancona, Forlì e Roma, a cui parteciparono fino a<br />

duemila sindaci di tutta Italia. Le ragioni di queste proteste erano soprattutto<br />

economiche. Ecco come Corghi sintetizza la situazione della finanza locale, la<br />

cui pessima condizione è stata confermata anche da più recenti e specifiche ricerche<br />

10 :<br />

“Gli enti locali vennero spremuti all’osso con le leggi che vanno dal 1865 al<br />

1870 riservando ad essi il compito di assicurare allo stato il raggiungimento del<br />

pareggio contabile delle proprie finanze (Quintino Sella): così province e comuni<br />

pagarono spese non di loro spettanza, mentre lo stato avocò a sé beni e<br />

imposte degli enti locali […] condannati al progressivo indebitamento” 11 .<br />

cuni elementi di importante continuità con le successive vicende del movimento per le autonomie<br />

locali considerato nel suo complesso. La continuità era nel ruolo fondamentale esercitato<br />

nel movimento dalla città di Torino, nell’attenzione ai provvedimenti finanziari e nell’estremo<br />

realismo, nella stessa osse<strong>qui</strong>osità dei toni, nell’estrema riluttanza a costituire un’organizzazione<br />

permanente, caratteristiche che erano proprie in particolare dell’ala moderata del movimento<br />

per le autonomie locali, qual era, ad esempio, quello delle province; Elisabetta Colombo,<br />

Le “conferenze tributarie” dei sindaci, 1879-1884, in “Storia, Amministrazione, Costituzione.<br />

Annale dell’Istituto per la scienza dell’amministrazione pubblica” (Annale Isap) 7/1999, pp.<br />

121-156; su questi eventi cfr. Fernanda Mazzanti Pepe, Il movimento per le autonomie locali e il<br />

decentramento amministrativo nell’ultimo decennio dell’Ottocento, in Annale Isap 6/1998, pp.<br />

127-166.<br />

8<br />

Su questo argomento si veda, in particolare, Archivio ISAP 6. Le riforme crispine, Milano,<br />

1990, 4 voll. L’elettività dei sindaci dei comuni minori veniva concessa nel 1896 dal governo<br />

di Antonio Starabba, marchese di Rudinì.<br />

9<br />

Sull’importantissimo ruolo della massoneria nelle iniziative di Fazi e, successivamente, nella<br />

fondazione dell’Anci, cfr. Oscar Gaspari, L’Italia dei municipi. Il movimento comunale in età<br />

liberale (1879-1906), Roma, Donzelli, 1998, pp. 74-81.<br />

10<br />

Il riferimento è, in particolare, all’opera di Gianni Marongiu, Storia dei tributi degli enti<br />

locali (1861-2000), Padova, Cedam, 2002, pp. 73-135.<br />

11<br />

Corrado Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (1). L’inizio della<br />

lotta per la con<strong>qui</strong>sta dei comuni, CdP, feb. 1984, p. 9919.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 15<br />

1.1. I lavoratori alla con<strong>qui</strong>sta dei comuni<br />

Non fu un caso che ad intervenire a quelle assemblee fossero soprattutto sindaci<br />

della sinistra e, in particolare, socialisti. La mobilitazione di questa parte<br />

politica rispetto ai comuni era di antica data, scrive ancora Corghi:<br />

“Grande merito storico di Andrea Costa (sarà il primo deputato socialista eletto<br />

nel 1882) fu di aver affermato per primo, con fermezza e passionalità romagnola,<br />

la necessità della con<strong>qui</strong>sta dei comuni da parte dei lavoratori. Il primo<br />

passo in questa linea è la fondazione, nel 1881, del Partito socialista rivoluzionario<br />

di Romagna” 12 .<br />

La riforma elettorale politica promossa dal governo Depretis nel 1882, allargò<br />

il suffragio dal 2 al 7% della popolazione e permise l’elezione a deputato<br />

di Costa, il quale ebbe il “merito indiscusso” di aver condotto “il socialismo romagnolo<br />

e non solo romagnolo a riconoscere il principio della partecipazione<br />

alle elezioni in genere, alle amministrative in ispece” 13 . “Impadronirsi dei Comuni<br />

mediante viva partecipazione alle elezioni amministrative, e trasformare<br />

a vantaggio del popolo e dell’autonomia comunale l’attuale ordinamento amministrativo,<br />

affidando alle associazioni operaie i lavori comunali e l’esercizio<br />

delle proprietà del comune ed impegnando, all’occorrenza, la lotta contro lo<br />

Stato”, era questo il programma del partito di Andrea Costa nel 1881 14 . In queste<br />

righe sono delineate le caratteristiche fondamentali del programma socialista<br />

per i comuni che giustificava la partecipazione alle elezioni locali vista allora,<br />

in particolare dagli anarchici, come un vero e proprio tradimento della lotta<br />

rivoluzionaria. Il programma dei socialisti, una volta arrivati al governo dei<br />

comuni, avrebbe dovuto permettere un’amministrazione volta al vantaggio delle<br />

classi popolari ed alla promozione dell’autonomia comunale; all’instaurazione<br />

di un rapporto privilegiato con le organizzazioni dei lavoratori; un’amministrazione,<br />

infine, che gestisse le risorse del comune a beneficio dei lavoratori e<br />

che si impegnasse nella lotta contro lo Stato liberale.<br />

L’interesse dei socialisti per le amministrazioni locali assunse consistenza e<br />

dimensione nazionale nel quarto congresso del Partito dei lavoratori italiani che<br />

si svolse a Bologna nel 1888. Nell’assemblea, Costa, deputato di Imola, e i suoi<br />

compagni, riuscirono ad affermare la loro linea rispetto alla “forte componente<br />

astensionistica a quell’epoca di matrice prevalentemente anarchica”, una linea<br />

che venne fatta propria dal programma del Partito dei lavoratori italiani<br />

(dal 1895 Partito socialista italiano), nato a Genova nel 1892, che prevedeva:<br />

“una lotta più ampia intesa a con<strong>qui</strong>stare i poteri pubblici per trasformarli da<br />

strumento che è oggi di oppressione e sfruttamento, in strumento per l’espropriazione<br />

economica e politica della classe dominante” 15 .<br />

12<br />

Ibidem.<br />

13<br />

Ettore Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa, in idem, Costituzione<br />

e amministrazione nell’Italia unita, Bologna, Il Mulino, 1981, p. 147.<br />

14<br />

Gastone Manacorda, Il movimento operaio attraverso i suoi congressi. Dalle origini alla formazione<br />

del Partito Socialista (1853-1892), Roma, Rinascita, 1953, p. 345.<br />

15<br />

Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (1)..., cit., pp. 9919-20.


16 PARTE I<br />

1.2. Adattare il programma socialista alla realtà dell’istituzione locale<br />

La riforma del 1882, ricorda Ettore Rotelli, mise “in moto una dinamica politico-istituzionale<br />

difficilmente arrestabile”: sei anni dopo arrivò la riforma crispina.<br />

La campagna elettorale per le elezioni del 1889, le prime dopo la riforma,<br />

videro riaffiorare nella sinistra “tutte le suggestioni del socialismo anarchico”<br />

ma, alla fine, passò la tesi di un “programma minimo” da realizzare una volta<br />

con<strong>qui</strong>stato il comune 16 . Sotto la formula “programma minimo” i socialisti<br />

del primo ‘900 raggruppavano gli obiettivi principali che le loro amministrazioni<br />

avrebbero dovuto perseguire. Secondo quanto stabilito nel congresso di<br />

Parma del 1895, ai primi posti vi erano: il passaggio al comune dei servizi pubblici,<br />

come gas, acqua potabile, tranvie, linee elettriche e, <strong>qui</strong>ndi, la riforma<br />

delle imposte comunali, l’abolizione delle spese di lusso, l’aggiudicazione dei lavori<br />

pubblici alle cooperative di lavoro, la giornata di lavoro di otto ore per i lavoratori<br />

comunali 17 .<br />

Tenendo conto dei limiti imposti dalla legislazione in vigore nei comuni,<br />

nonostante venisse definito minimo, a ben vedere, si trattava di un programma<br />

teorico ben difficilmente realizzabile 18 , ma il principio dell’adattamento del<br />

progetto rivoluzionario alla concreta realtà dell’istituzione locale era passato. E<br />

così, una volta con<strong>qui</strong>stato Imola ed altri comuni romagnoli nel 1889, insieme<br />

a tanti altri municipi come Verona, Catania, Venezia e Genova, i socialisti si<br />

prepararono alla realizzazione di misure dirette allo sviluppo della realtà locale<br />

per il miglioramento delle condizioni dei cittadini più poveri, dei lavoratori<br />

proletari. Scriveva Andrea Costa: “l’amministrazione sarà migliorata, curata la<br />

proprietà generale, maggiormente diffusa l’istruzione, diminuiti ed equamente<br />

ripartiti gli aggravi, sollevate le condizioni di coloro che dal comune dipendono,<br />

gittati i germi di un avvenire migliore economico e sociale” 19 .<br />

Spesso, però, l’adattamento del programma socialista alla situazione amministrativa<br />

non sarebbe stato considerato sufficiente dall’autorità di governo. Lo<br />

scioglimento del consiglio comunale di Imola nel 1898, infatti, fu quasi certamente<br />

collegato “all’avvento di un’amministrazione dichiaratamente socialista<br />

e, in ogni caso, alle scelte concrete che questa aveva compiuto” 20 . Iniziavano da<br />

allora le prime esperienze di scioglimenti dei consigli comunali, misura che tanto<br />

avrebbe colpito le amministrazioni socialiste nel periodo liberale.<br />

Sin dal loro primo affacciarsi nelle istituzioni locali i socialisti avrebbero così<br />

dovuto risolvere da una parte, la questione dell’adattamento del loro programma<br />

teorico alle concrete ed effettive possibilità dell’amministrazione loca-<br />

16<br />

Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa…, cit., pp. 148-153.<br />

17<br />

Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (1)..., cit., p. 9924; su questo<br />

argomento e, più in generale, sulla nascita di un progetto socialista per gli enti locali cfr. Ernesto<br />

Ragionieri, La formazione del programma amministrativo socialista in Italia, in Politica e<br />

amministrazione nella storia dell’Italia unita, Roma, Editori Riuniti, pp. 199-264.<br />

18<br />

Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa…, cit., p. 153.<br />

19<br />

Andrea Costa agli amici, in “La Lega Democratica”, n. 42, 20 ottobre 1889; riportato da<br />

Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa..., cit., pp. 154-5.<br />

20<br />

Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa..., cit., p. 161.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 17<br />

le e, dall’altra, la questione del rapporto con l’autorità di governo. La mobilitazione<br />

unitaria, lo stesso strumento proposto ai lavoratori per il miglioramento<br />

delle loro condizioni, fu il principale mezzo per difendere i comuni individuato<br />

dai socialisti, insieme a tutta la sinistra, radicale e repubblicana. Fu in questa<br />

logica che sindaci, amministratori e consiglieri comunali della sinistra parteciparono<br />

all’iniziativa di Francesco Fazi.<br />

1.3. I primi convegni dei sindaci eletti dai consigli<br />

I protagonisti principali delle assemblee organizzate dal sindaco di Foligno<br />

furono i municipi piccoli e medi che sono, ancora oggi, i più forti sostenitori<br />

dell’associazionismo delle istituzioni locali. Le ragioni del loro attivismo risiedevano<br />

principalmente nel fatto che, a differenza delle grandi città, essi non<br />

avevano mezzi ed influenza politica tali da sperare di vedere soddisfatte le proprie<br />

esigenze. Era evidente che solo attraverso un’azione collettiva i comuni piccoli<br />

e medi avevano qualche possibilità di ottenere dei risultati positivi. Vi è poi<br />

un’altro dato della mobilitazione di Fazi che deve essere sottolineato in quanto<br />

caratteristica basilare del movimento comunale: il protagonismo dei comuni<br />

del centro e del nord, aree dove le tradizioni storiche di autonomia locale erano<br />

senza dubbio più forti e che coincidevano, in gran parte, con le aree di maggior<br />

forza dei partiti della sinistra.<br />

Verso la fine della mobilitazione promossa da Fazi, nel 1894, si sviluppò anche<br />

l’intesa con alcuni studiosi lombardi e veneti, tra cui il più conosciuto ed<br />

attivo era il milanese Giovanni Casnati 21 .<br />

Furono questi studiosi ad organizzare i convegni successivi, i primi a Milano<br />

nel 1894 ed a Verona nel 1895, ai quali contribuirono attivamente le amministrazioni<br />

provinciali delle due regioni, in particolare quello del 1895 fu diretto<br />

dal sindaco di Verona, il radicale Augusto Caperle, e dal presidente della<br />

deputazione provinciale veronese, Luigi Dorigo. All’attività dei comitati regionali<br />

lombardo e veneto si aggiunse nel 1896 quella del comitato regionale piemontese<br />

e in un’assemblea del comitato lombardo svoltasi nel 1897, a Milano,<br />

nacque l’idea di tenere il primo congresso nazionale delle province, che si svolse<br />

dal 20 al 24 ottobre 1898 a Torino 22 . Furono “il diffuso regionalismo” di fine<br />

‘800 ed alcune norme giudicate lesive delle province a spingere le amministrazioni<br />

provinciali al congresso nazionale 23 , proprio come disposizioni reputate<br />

dannose alle finanze comunali avevano indotto qualche anno prima i comuni<br />

a mobilitarsi intorno al sindaco di Foligno.<br />

21<br />

Roberto Ruffilli, La questione regionale dall’unificazione alla dittatura (1862-1942), Bologna,<br />

Il Mulino, 1971, pp. 114-118<br />

22<br />

Sull’assemblea cfr. Atti del primo congresso nazionale delle rappresentanze provinciali di Torino.<br />

20-24 ottobre 1898, 2 voll., Torino 1899, ristampa a cura dell’Unione delle province d’Italia<br />

1908-1983, Roma. Da notare che sempre Torino aveva ospitato 19 anni prima, nel 1879,<br />

la prima riunione dei municipi italiani, a conferma della prossimità del movimento dei comuni<br />

e di quello delle province.<br />

23<br />

Mazzanti Pepe, Il movimento per le autonomie locali e il decentramento..., cit., pp. 143-157.


18 PARTE I<br />

Già alla fine dell’’800 erano così delineate gran parte delle principali caratteristiche<br />

del movimento per le autonomie locali: il primato del movimento comunale<br />

su quello delle province, la forte capacità di mobilitazione dei comuni<br />

piccoli e medi, la tensione del movimento comunale verso l’unità. Infatti, per<br />

quanto in questo periodo fosse palese la leadership dei partiti popolari - ed in<br />

particolare dei radicali - rispetto alle altre formazioni politiche, amministratori<br />

della sinistra ed amministratori liberali - e poi anche cattolici - si trovarono e si<br />

sarebbero trovati uno accanto all’altro per rivendicare maggiore autonomia e<br />

maggiori risorse dal governo.<br />

Finita la crisi politico-istituzionale di fine secolo, con manifestazioni e morti<br />

in tutta Italia ed il fallimento della svolta politica autoritaria tentata dal governo<br />

del generale Luigi Pelloux, il movimento dei comuni riprese nel 1900 attraverso<br />

due iniziative distinte e concorrenti: la prima, avviata dai grandi comuni liberali<br />

del nord e della <strong>Toscana</strong>, con Verona e Firenze in testa; la seconda promossa<br />

da socialisti, repubblicani e radicali, partita da Parma e Milano, che risultò<br />

vincente. Quest’ultima iniziativa, infatti, si estese ai comuni piccoli e medi<br />

di tutta Italia e, nel 1901, diede vita all’Associazione dei comuni italiani.<br />

1.4. La fondazione dell’Anci<br />

Il congresso di fondazione dell’Anci si svolse nel ridotto del Regio Teatro di<br />

Parma dal 17 al 19 ottobre del 1901. Il sindaco di Milano, il radicale Giuseppe<br />

Mussi, inaugurò il congresso chiedendo allo Stato il “legale sviluppo della nostra<br />

vita, sgravii delle nostre finanze”. L’azione dei comuni sarebbe dovuta essere<br />

“lenta e pacifica” 24 . Il dibattito congressuale si aprì sul nome da dare all’organizzazione<br />

dei comuni. Il consigliere comunale socialista parmense Ferdinando<br />

Laghi, promotore della prima delibera che aveva dato il via alla nascita dell’Anci,<br />

chiese l’adozione del termine lega invece di quello di associazione che era<br />

stato proposto nella bozza in discussione al congresso, ma il suo parere venne<br />

bocciato. Il termine lega ricordava troppo le leghe socialiste dei lavoratori e<br />

avrebbe potuto allontanare ancor più i moderati, già poco presenti a Parma.<br />

La discussione si riaccese sulla scelta della sede dell’Associazione, questa volta<br />

prevalse la posizione sostenuta dai socialisti, che avevano chiesto Milano perché<br />

amministrata dai partiti popolari, ed era appoggiati dai radicali perché il<br />

sindaco Mussi apparteneva alle loro file. Da allora e per 15 anni, fino al 1916,<br />

il capoluogo lombardo avrebbe ospitato la sede dell’Anci, anche quando l’amministrazione<br />

comunale passò sotto il controllo di una maggioranza liberale<br />

moderata. L’assemblea dei sindaci di Parma, <strong>qui</strong>ndi, elesse il consiglio direttivo<br />

che risultò composto da 15 membri, il quale poi a sua volta indicò come presidente<br />

Mussi, e due vicepresidenti, Giovanni Mariotti, radicale, sindaco di<br />

Parma e Antonino Martino, repubblicano, sindaco di Messina. Il socialista<br />

riformista Emilio Caldara fu nominato segretario dell’Associazione e direttore<br />

dell’organo ufficiale “L’Autonomia comunale”. L’Associazione fondata a Parma<br />

24<br />

Il Congresso di Parma, “L’Autonomia comunale”, (AC) 20 mar. 1901, n. 1, p. 2.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 19<br />

era controllata da una maggioranza politica di sinistra all’interno della quale,<br />

però, le frange più estremiste, seppure rappresentate nel consiglio direttivo, non<br />

ottennero alcun ruolo di rilievo nell’organizzazione.<br />

Con la fondazione dell’Anci il principio dell’associazionismo, che socialisti,<br />

radicali e repubblicani avevano per primi promosso tra i lavoratori, passava alle<br />

istituzioni locali grazie a quegli stessi movimenti politici. Anche l’idea di<br />

chiamare l’organizzazione dei comuni lega - oltre che esigenze politiche propagandistiche<br />

- evidenziava il fatto che il principio dell’associazionismo delle autonomie<br />

locali derivava da quello delle leghe dei lavoratori. E fu proprio il cambiamento<br />

del nome da lega in associazione, insieme all’approvazione di uno statuto<br />

più moderato rispetto a quello proposto inizialmente, a sollevare i primi<br />

dubbi sull’utilità dell’Anci in una parte importante del Psi.<br />

Il commento più significativo, in questo senso, apparve appena dopo il congresso<br />

di Parma nella “Critica sociale”. In un articolo firmato con lo pseudonimo<br />

“Il Federalista” Salvemini presentò il progetto di uno “Statuto della Federazione<br />

Nazionale fra i Comuni italiani per la con<strong>qui</strong>sta dell’autonomia” che<br />

avrebbe dovuto “tutelare i Comuni, giuridicamente e moralmente dalle illegali<br />

sopraffazioni del potere centrale”, promuovere la modifica della legge comunale<br />

e provinciale, la riforma fiscale e l’abolizione di province e prefetture sostituendole<br />

con consorzi di municipi. La Federazione doveva essere formata da<br />

Federazioni locali di non meno di 20 comuni che avrebbero poi costituito la<br />

Federazione nazionale ed eletto il consiglio federale. Salvemini considerava<br />

questa prospettiva realizzabile solo attraverso l’alleanza dei socialisti con gli altri<br />

partiti popolari 25 per costruire un movimento comunale che sarebbe stato<br />

“principio di rinnovamento completo di tutta la vita pubblica italiana” per con<strong>qui</strong>stare,<br />

con l’autonomia comunale, l’indipendenza dalla ingerenza governativa<br />

e <strong>qui</strong>ndi segnare la fine della corruzione elettorale. I comuni autonomi, a<br />

questo punto, avrebbero sentito “il bisogno di associarsi fra loro in federazioni<br />

regionali” e l’Italia sarebbe diventata uno Stato federale 26 .<br />

Era palese la disparità tra il progetto dell’esponente socialista e, più in generale,<br />

tra il modello combattivo di organizzazione proposto dai socialisti e quello<br />

che sarebbe stato sostenuto a Parma dai radicali Mussi e Mariotti, che prospettavano<br />

un organismo non estremista ed aperto al contributo di tutti i comuni.<br />

Mentre Mariotti collo<strong>qui</strong>ava amichevolmente con il prefetto per tran-<br />

25<br />

Pur sottolineando la necessità di un’alleanza tra i partiti popolari, Salvemini non risparmiò<br />

critiche ai possibili alleati, in particolare ai repubblicani, che considerò come i veri responsabili<br />

del cambiamento del nome dell’organizzazione comunale da Lega in Associazione, e<br />

scrisse, ironicamente, se non sarebbe stato meglio fare una “Confraternita di Comuni” per favorire<br />

l’adesione di un maggior numero di municipi.<br />

26<br />

Il Federalista, L’Autonomia Comunale e il prossimo Congresso di Parma, in “Critica sociale”,<br />

11 ott. 1901, ora in Ruffilli, Piretti (a cura di), Per la storia dell’Anci…, cit., pp. 190-9. L’idea<br />

generale del progetto salveminiano, sembra riecheggiare il progetto di Andrea Costa del<br />

1879 che individuò nei comuni “l’organizzazione politica della società, non [restava], infatti, al<br />

di sopra dei Comuni che la loro federazione [...] uno Stato inteso come federazione di Comuni”,<br />

(Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa…, cit., pp.142-3), l’impostazione<br />

di Costa aveva però forti toni anarchici che non erano evidenti in quella di Salvemini.


20 PARTE I<br />

<strong>qui</strong>llizzarlo rispetto alla natura del congresso parmense 27 - evidenziando fin da<br />

quel momento la priorità della prospettiva del dialogo con le istituzioni nazionali,<br />

propria della storia dell’Anci – Salvemini elaborava un progetto che tendeva<br />

alla riforma democratica e federalista dello Stato.<br />

1.5. La primavera municipale in Italia<br />

La nascita dell’Anci, seguita due anni dopo dall’approvazione della legge sulle<br />

aziende municipalizzate (29 marzo 1903, n. 103), annunciava la primavera<br />

municipale in Italia 28 . È questa la definizione particolarmente efficace del socialista<br />

riformista Giovanni Montemartini 29 il quale, dopo aver accennato al panorama<br />

comunale internazionale, scriveva nel 1902: “Anche in Italia abbiamo<br />

una primavera nella vita municipale […] La espressione massima di questo movimento<br />

si ha nella Associazione dei Comuni italiani” 30 . Il fondatore del Partito<br />

popolare, Luigi Sturzo, scriveva nel 1949 di un “movimento municipalista<br />

che culminò nell’Associazione dei comuni italiani, [che] datava dalla fine dell’ottocento”<br />

31 . Nell’Anci ebbero la possibilità di lavorare uno accanto all’altro i<br />

protagonisti del movimento comunale, il complesso di tecnici, amministratori e<br />

politici di diverso orientamento politico e cultura che, sia sul piano nazionale,<br />

sia su quello internazionale 32 , aveva l’obiettivo di affermare la centralità delle<br />

27<br />

Dai rapporti del prefetto di Parma, Pietro Veyrat, risaltava l’opera tran<strong>qui</strong>llizzatrice di<br />

Mariotti, con il quale il funzionario parrebbe proprio aver avuto diversi collo<strong>qui</strong>. Altrettanto<br />

importante fu la funzione svolta del prefetto presso il Ministero dell’interno. Veyrat apparve<br />

quasi come un vero e proprio rappresentante delle richieste dei comuni presso la sede centrale,<br />

in certi momenti sembrò addirittura farsi personalmente garante delle assicurazioni di Mariotti.<br />

In questi contatti il sindaco parmense, sottolineando il proprio ruolo di moderatore, cercò<br />

di minimizzare la pericolosità politica del congresso del quale anticipava quella che sarebbe dovuta<br />

essere una tra le principali richieste, di carattere s<strong>qui</strong>sitamente finanziario, a dimostrazione<br />

del carattere legale della manifestazione; Archivio Centrale dello Stato, (Acs), Fondo Ministero<br />

dell’interno (Min. Int.), Comuni, b. 460, fasc. 15900.11, lettere del prefetto di Parma al<br />

Ministro dell’interno del 2, 4 e 21 ott. 1901.<br />

28<br />

Ancora nel 1910 sulla prima pagina de l’“Avanti!”, Giovanni Zibordi firmava un articolo<br />

intitolato Primavera di vita municipale, 8 set. 1910.<br />

29<br />

Cfr. La cultura delle riforme in Italia fra Otto e Novecento: i Montemartini. Atti del Seminario<br />

nazionale, Pavia 15 dicembre 1984, Pavia, Amministrazione provinciale, 1986; Vito Gallotta<br />

(a cura di), Cultura e lavoro nell’età giolittiana, Napoli, Guida, 1989.<br />

30<br />

Giovanni Montemartini, La municipalizzazione dei publici servigi, Milano, Società editrice<br />

libraria, 1902, pp. 372-3.<br />

31<br />

L. Sturzo, Unità o centralismo statale?, “Il Mondo”,12 mag.1949 in idem, Politica di questi<br />

anni. Consensi e critiche (Dall’aprile 1948 al dicembre 1949), Bologna, Zanichelli, 1955,<br />

p.213.<br />

32<br />

Per un’analisi del movimento comunale italiano e dei primi anni dell’Associazione nazionale<br />

dei comuni italiani cfr. Gaspari, L’Italia dei municipi..., cit.; sul movimento comunale internazionale<br />

cfr. Oscar Gaspari, Alle origini del movimento comunale europeo: dall’Union Internationale<br />

des Villes al Consiglio dei comuni d’Europa (1913-1953), “Memoria e ricerca”, n.10,<br />

dic. 1997, 147-163; idem, Cities against States? Hopes, Dreams and Shortcomings of the European<br />

Municipal Movement 1900–1960, “Contemporary European History”,vol. 11, n.4, nov. 2002,<br />

pp. 597-621.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 21<br />

funzioni e dei problemi delle città presso le istituzioni e l’opinione pubblica per<br />

meglio rispondere ai crescenti bisogni dei cittadini.<br />

In particolare nell’organizzazione lavorarono insieme - oltre a liberali, radicali<br />

e repubblicani - i protagonisti della storia politico-istituzionale italiana del<br />

‘900: gli esponenti del movimento socialista e di quello cattolico 33 , storici oppositori<br />

dello Stato liberale che, nella battaglia per l’autonomia comunale, trovarono<br />

un eccezionale luogo di collaborazione e di confronto.<br />

Fu nella gestione della strategia dei comuni italiani di fronte allo Stato liberale<br />

che il municipalismo sociale cattolico e il socialismo municipale socialista<br />

riuscirono per alcuni anni a trovare una sintesi. I due movimenti avevano visioni<br />

sostanzialmente divergenti su materie molto importanti, basti pensare all’educazione<br />

ed all’assistenza, che i socialisti volevano laica ed i cattolici intendevano<br />

fortemente permeata da valori religiosi e con possibilità di interventi diretti<br />

di istituzioni religiose. Furono comunque, secondo Aimo:<br />

“le amministrazioni socialiste e popolari le autentiche protagoniste [della] rinascita<br />

comunale [..] le anticipatrici di politiche pubbliche, di forte impatto sociale<br />

e di rilevo simbolico, che saranno poi seguite e imitate dallo stesso Stato centrale<br />

e che hanno fatto parlare di un vero e proprio ‘diritto comunale’ […] dalle<br />

aziende municipalizzate al sostegno alle cooperative, dalla costruzione di case<br />

popolari alla predisposizione di doposcuola per i bambini poveri, dall’apertura<br />

di mercati rionali alla realizzazione di spacci comunali, dall’istituzione degli Uffici<br />

del lavoro alla tutela del patrimonio artistico, dalla prevalenza della tassa di<br />

famiglia sui dazi consumo alla limitazione delle spese di lusso e così via” 34 .<br />

È bene però precisare fin d’ora che non tutti i cattolici, né tutti i socialisti<br />

furono egualmente impegnati nel movimento per le autonomie locali. Nei cattolici,<br />

alla fine dell’età giolittiana:<br />

“l’originaria spinta propulsiva del municipalismo cattolico si attenua e […]<br />

vengono alla luce le sue due anime contrapposte: quella più strumentale, che<br />

faceva della bandiera dell’autonomismo un mezzo per sostenere e rinvigorire la<br />

polemica ideale contro il liberalismo, e quella più laica e lineare, che di tale battaglia<br />

dottrinale si serviva come di una tappa importante per una democratizzazione<br />

complessiva della macchina statale”.<br />

Per quanto riguarda i socialisti, i settori più moderati e riformisti formularono:<br />

“programmi che, pur mantenendo sullo sfondo l’ideale del superamento dello<br />

Stato borghese e capitalista, indicano gli obiettivi e i mezzi per consentire alla<br />

classe operaia (e ai ceti subalterni) di utilizzare a proprio vantaggio le istituzioni<br />

esistenti […, ma] la nuova strategia non troverà unanime accoglienza e le frazioni<br />

rivoluzionarie e anarchiche non mancheranno di criticarla” 35 , e soprattutto,<br />

è il caso di sottolinearlo, di boicottarla.<br />

33<br />

Su questo argomento, oltre al citato Bedeschi si vedano Corrado Corghi, La Lega per le<br />

autonomie locali dalle origini al fascismo (2). L’Associazione dei comuni e i cattolici, CdP, mar.<br />

1984, pp. 9996-10002; e Mario Belardinelli, Movimento cattolico e questione comunale dopo l’Unità,<br />

Roma, Edizioni Studium, 1979.<br />

34<br />

Piero Aimo, Stato e poteri locali in Italia (1848-1995), Roma, Carocci 1998, p. 92.<br />

35<br />

Aimo,Stato e poteri locali in Italia..., cit., pp. 89-90.


22 PARTE I<br />

2. Il movimento socialista e l’affermazione della maggioranza<br />

liberale e cattolica nell’Anci<br />

Il secondo congresso dell’Anci si svolse dal 9 all’11 novembre 1902 a Messina.<br />

Tra i protagonisti vi fu Sturzo, sacerdote e consigliere comunale di Caltagirone<br />

36 che, due anni dopo, nel congresso di Napoli del 1904, venne eletto nel<br />

consiglio direttivo dell’Anci insieme al cattolico parmense Giuseppe Micheli, di<br />

Parma. Fu quello il primo successo dell’alleanza tra cattolici e liberali diretta a<br />

sostituire la coalizione di socialisti, repubblicani e radicali alla testa dell’Anci.<br />

Nel 1905 si tenne a Firenze un congresso straordinario dell’associazione nel<br />

quale il sindaco della città, Ippolito Niccolini, sottolineò l’unità dei comuni italiani<br />

in difesa della propria autonomia al di là delle distinzioni politiche e della<br />

collocazione geografica. Si poneva così fine, idealmente, alla divisione che per anni<br />

aveva separato i comuni italiani tra grandi moderati e piccoli e medi comuni<br />

più battaglieri. Proprio il comune di Firenze nel 1900, infatti, aveva ospitato una<br />

riunione di grandi comuni del Nord e della <strong>Toscana</strong>, guidati dai liberali, a cui si<br />

sarebbero contrapposti i comuni piccoli e medi della sinistra che avrebbero dato<br />

vita all’Anci. Il congresso straordinario, dedicato al problema della eliminazione<br />

dai bilanci comunali delle spese di competenza dello Stato - come quelle per l’arredamento<br />

dei tribunali e per l’alloggio delle truppe - nel disegno di alcuni membri<br />

socialisti della direzione, avrebbe dovuto promuovere le dimissioni dei consiglieri<br />

comunali, una sorta di sciopero nazionale dei comuni contro il Governo.<br />

La nuova maggioranza di sindaci liberali e cattolici affermatasi per la prima<br />

volta proprio in quell’occasione, riuscì però a far passare la linea che prevedeva<br />

la mobilitazione dei sindaci per spingere il Parlamento ad approvare un apposito<br />

disegno di legge presentato da alcuni senatori vicini all’Anci. La scelta risultò<br />

vincente e, due anni dopo, venne varata la legge 24 marzo 1907, n. 116, che prevedeva<br />

il graduale passaggio dai comuni allo Stato di tutte le spese di competenza<br />

statale; l’organo ufficiale dell’Associazione la definì “la nostra legge” 37 .<br />

2.1. L’autonomia comunale dal terreno politico a quello istituzionale e<br />

tecnico-amministrativo<br />

Nel 1906, al congresso di Torino, una coalizione di liberali e di cattolici guidati<br />

da Sturzo ottenne la maggioranza dei seggi nel consiglio direttivo. Da allora<br />

il presidente dell’Associazione fu sempre un liberale e le più importanti ini-<br />

36<br />

Su Sturzo consigliere comunale e, dal 1905, pro-sindaco, cfr. Umberto Chiaramonte, Il<br />

municipalismo di Luigi Sturzo pro-sindaco di Caltagirone (1899-1920), presentazione di Gabriele<br />

De Rosa, Brescia, Morcelliana, 1992; idem, Luigi Sturzo e il governo locale, Soveria Mannelli,<br />

Rubbettino, 2002.<br />

37<br />

La nostra legge, AC, n. 4-5, apr.-mag. 1907, p. 100. Sulla questione delle spese dello Stato<br />

caricate sui bilanci degli enti locali è particolarmente interessante il saggio di Vittorio Italia,<br />

La provincia quale destinataria di oneri a favore dello Stato, in Antonio Amorth, (a cura di), Le<br />

province. L’ordinamento comunale e provinciale, 2, ISAP, Atti del congresso celebrativo del centenario<br />

delle leggi amministrative di unificazione, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1968, pp. 119-138.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 23<br />

ziative dell’Anci abbandonarono il terreno più propriamente politico per concentrarsi<br />

su questioni di carattere tecnico, finanziario ed istituzionale. In particolare,<br />

l’obiettivo prioritario della maggioranza moderata affermatasi a partire<br />

dal congresso di Firenze diveniva quello di garantire ai comuni più risorse da<br />

gestire con la maggiore autonomia possibile.<br />

Nel campo istituzionale l’Anci sostenne il progetto del Consiglio superiore dei<br />

comuni, prima proposta di un organismo istituzionale per regolare i rapporti tra<br />

Stato e comuni 38 , presentata alla Camera nel marzo del 1906 da Pietro Niccolini,<br />

componente del consiglio direttivo dell’Anci. L’ex sindaco di Ferrara presentava la<br />

proposta nel corso del dibattito sul disegno di legge per la revisione dell’istituto dello<br />

scioglimento dei consigli comunali. Questo potere, che il Ministero dell’interno<br />

avrebbe dovuto utilizzare solo in casi eccezionali, nel periodo giolittiano veniva impiegato<br />

con larghezza, in particolare per favorire l’elezione dei candidati del Governo<br />

nelle consultazioni politiche nazionali 39 . L’Anci proponeva che per lo scioglimento<br />

derivante da problemi di ordine pubblico vi dovesse essere “un unico responsabile,<br />

il ministro, unico giudice il Parlamento. Negli altri due casi (cioè violazione<br />

di legge e disordine finanziario) niente Consiglio di Stato, niente Consiglio<br />

dei Ministri, ma un magistrato speciale; il Consiglio superiore dei Comuni” 40 .<br />

L’ideatore del progetto fu Emanuele Greppi, presidente dell’Anci, un liberale<br />

conservatore - come Niccolini -, assessore alle finanze e, dal 1911, sindaco<br />

del comune di Milano. Il modello di Greppi era quello del Consiglio superiore<br />

del lavoro: comuni e Governo dovevano avere pari dignità, proprio come accadeva<br />

nelle relazioni tra padroni e lavoratori. Il concetto, esplicitamente mutuato<br />

dall’ideologia socialista, era rivoluzionario rispetto al modo in cui erano<br />

impostati i rapporti centro-periferia nell’Italia del primo ‘900, basati sulla subordinazione<br />

degli enti locali all’Esecutivo, e sottolineava la forza, anche presso<br />

i liberali, del modello di azione politica sostenuto dal movimento socialista. La<br />

proposta venne più volte discussa, approvata e rivista nel corso della storia dell’Associazione<br />

per tutto il periodo liberale.<br />

2.2. Le nuove organizzazioni del movimento per le autonomie locali<br />

2.2.1. L’Unione delle province d’Italia, l’Unione statistica delle città italiane e<br />

la Federazione delle aziende municipalizzate italiane<br />

La fondazione dell’Anci nel 1901 stimolò la nascita di altre organizzazioni<br />

la principale delle quali fu l’Unione delle province d’Italia. Dopo il citato appuntamento<br />

di Torino del 1898, si svolse un secondo congresso nazionale, il 15<br />

38<br />

Su questo argomento cfr. Oscar Gaspari, I precedenti della Conferenza Stato-Città e Autonomie<br />

locali, in “Amministrare”, n. 1, 1998, pp. 129-146.<br />

39<br />

La letteratura su questo tema è ampia, si rimanda, tra gli ultimi contributi, a Giovanni<br />

Schininà, Le città meridionali in età giolittiana. Istituzioni statali e governo locale, Acireale-Roma,<br />

Bonanno, 2002.<br />

40<br />

L’intervento è pubblicato in L’opera dell’Associazione dei Comuni nel Parlamento, “Rivista<br />

municipale”, n. 3, mar. 1906, pp. 55-67.


24 PARTE I<br />

maggio 1905 a Napoli, ma solo in occasione della terza assemblea nazionale,<br />

tenutasi a Roma il 23-25 marzo 1908 41 , le province riuscirono a costituire la<br />

propria organizzazione, vincendo i timori della maggioranza degli amministratori<br />

provinciali, grazie anche al beneplacito del Presidente del Consiglio, Giovanni<br />

Giolitti 42 . Il relativo ritardo nella nascita dell’Upi - che, oltretutto, per il<br />

minor numero e la maggiore omogeneità politica delle province rispetto ai comuni<br />

avrebbe dovuto avere, almeno teoricamente, più possibilità di essere fondata<br />

per prima - mette in risalto il fatto che il principio dell’associazionismo era<br />

considerato tout court eversivo. Una circostanza riaffermata dal fatto che l’Upi<br />

nacque come organizzazione temporanea delle province e divenne definitiva solo<br />

nel 1912, ad un <strong>qui</strong>nquennio dalla fondazione 43 .<br />

L’Unione, idealmente, andava ad occupare l’ala più moderata del movimento<br />

per le autonomie locali, composta com’era, in grandissima maggioranza, da<br />

amministrazioni liberali e comunque con forti tendenze conservatrici. Il riconoscimento<br />

dato da Giolitti all’Upi, però, evidenziava anche il tentativo del governo<br />

di controbilanciare l’Anci con una moderatissima organizzazione delle<br />

province. L’Associazione dei comuni, infatti, nonostante fosse guidata da una<br />

maggioranza formata da liberali e cattolici di Sturzo, appoggiati dai socialisti riformisti,<br />

era purtuttavia considerata pericolosa. Ma l’Upi, nata anche con l’obiettivo<br />

di bilanciare in senso moderato l’azione dell’Anci, non solo si sarebbe<br />

ben presto alleata con l’organizzazione dei comuni ma il suo segretario, Annibale<br />

Gilardoni, sarebbe diventato nel primo dopoguerra uno dei massimi esponenti<br />

del Ppi del periodo liberale 44 .<br />

Fu comunque nell’ambito del movimento comunale che il principio dell’associazionismo<br />

ebbe maggiore successo. Dopo l’Anci, per l’azione in ambito politico-istituzionale,<br />

vennero sviluppate organizzazioni di tipo tecnico-amministrativo<br />

affinché coadiuvassero le giunte nella loro attività di governo. La prima<br />

organizzazione di questo tipo fu l’Unione statistica delle città italiane (Usci) 45<br />

che organizzò stabilmente, nel 1907, il comitato di comuni che gestiva la pubblicazione<br />

dell’Annuario statistico delle città italiane, promosso in un convegno<br />

di sindaci svoltosi qualche giorno prima dell’apertura del congresso straordinario<br />

di Firenze del 1905. L’Unione, ispirata e animata dallo statistico fiorentino<br />

41<br />

Atti della prima assemblea generale dell’Unione delle Provincie d’Italia..., cit., Sulla storia<br />

dell’Upi cfr. Gaspari, L’Italia delle Province…, cit.<br />

42<br />

Giolitti diede udienza ai rappresentanti delle province il giorno dopo la conclusione dei<br />

lavori dell’assemblea di Roma, il 26 marzo, al termine dell’incontro si dichiarava: “lieto della<br />

costituzione dell’Associazione la quale, mantenendo continuamente in contatto fra loro le singole<br />

amministrazioni, non solo aiuterà la tutela degli interessi comuni, ma sarà di grande vantaggio<br />

per lo svolgimento ed il miglioramento di quei servizi che sono pure tanta parte della vita<br />

sociale”; Atti della prima assemblea generale dell’Unione delle Provincie..., cit. pp. 190-1.<br />

43<br />

V Assemblea generale dell’Upi, “Bollettino dell’Unione delle Provincie d’Italia”, ott. 1912,<br />

pp. 321-327.<br />

44<br />

Oscar Gaspari, La riforma della finanza locale negli scritti di Annibale Gilardoni, Roma,<br />

Gaffi, 2005.<br />

45<br />

Oscar Gaspari, L’Unione statistica delle città italiane (1905-1948), in “Ricerche storiche”,<br />

numero monografico La città che cambia. Infrastrutture e servizi tecnici a rete in Italia fra ‘800<br />

e ‘900, n. 3, set.-dic. 2000, pp. 465-490.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 25<br />

Ugo Giusti 46 e voluta dal sindaco Ippolito Niccolini, per gli intensi rapporti con<br />

istituzioni scientifiche ed omologhi organismi europei, fu senza dubbio la struttura<br />

che, all’interno del movimento comunale italiano, ebbe i maggiori e i più<br />

intensi contatti internazionali 47 .<br />

Un’altra organizzazione nata a seguito della fondazione dell’Anci fu la Federazione<br />

delle aziende municipalizzate italiane, antenata dell’attuale Confservizi,<br />

promossa a Brescia nel 1909 e costituita nel congresso di Verona del 1910.<br />

Tra i promotori vi fu l’ingegnere Giuseppe Orefici, presidente dell’Azienda dei<br />

servizi municipali di Brescia, fratello di Girolamo Orefici, sindaco della città e<br />

vicepresidente dell’Anci, delegato alla questione delle aziende municipali per<br />

l’Associazione dei comuni. Protagonista dei primi anni di vita della Federazione<br />

48 fu Giovanni Montemartini, uno dei maggiori esperti di municipalizzazioni<br />

in Europa.<br />

2.3. L’esigenza di una associazione “che si muovesse più agilmente e con<br />

spirito pugnace”<br />

Così, nel 1909, Emilio Caldara riassumeva i risultati dei primi anni dell’attività<br />

dell’Anci ed il ruolo delle organizzazioni ad essa vicine: “né è cosa da poco<br />

il diffondersi del principio della associazione in tutte le manifestazioni della<br />

vita locale, dai Consorzi intercomunali volontari, all’Unione delle Provincie e<br />

all’Unione statistica delle città italiane, dal Consorzio dei comuni che hanno<br />

municipalizzato le affissioni alla Federazione di tutte le Aziende Municipalizzate<br />

[...] L’Associazione non può dare tutto quello che i Comuni, anche giustamente,<br />

desiderano. Essa è circoscritta ne’ suoi scopi statutari [...] Perciò accanto<br />

ad essa sono sorte, ad esempio l’Unione statistica delle città italiane e la Federazione<br />

delle Aziende municipalizzate, le quali hanno opportunamente applicato<br />

il principio dell’associazione permanente ad altri determinati scopi che<br />

interessano la vita dei Comuni” 49 .<br />

Il giudizio complessivamente positivo sull’opera dell’Anci del riformista<br />

Caldara, segretario dell’organizzazione, veniva meglio articolato dai consiglieri<br />

comunali e provinciali socialisti riuniti a congresso a Firenze nel settembre del<br />

1910. In quell’occasione l’assemblea reclamò una più decisa azione dell’Anci<br />

per il miglioramento delle condizioni politico-istituzionali dei comuni. Lotta<br />

46<br />

Su questo personaggio, fondamentale nella storia dell’Anci, cfr. Oscar Gaspari, Ugo Giusti<br />

(1873-1953), “Economia pubblica”, 1999, n. 1, pp. 79-116.<br />

47<br />

Cfr. Oscar Gaspari, L’Unione statistica delle città italiane (1905-1948), in “Ricerche storiche”,<br />

numero monografico La città che cambia. Infrastrutture e servizi tecnici a rete in Italia fra<br />

‘800 e ‘900, n. 3, set.-dic. 2000, pp. 465-490.<br />

48<br />

Cfr. Oscar Gaspari, Dal monopolio, alla municipalizzazione, alla liberalizzazione dei servizi<br />

pubblici: le tappe di un processo di sviluppo nel quadro della storia del movimento comunale, in<br />

Seconda Conferenza dei servizi pubblici locali. L’innovazione al servizio dei cittadini, Milano 3-5<br />

ott. 2000, Book relatori, dattiloscritto, pp. 42-52.<br />

49<br />

Emilio Caldara, La vita e le opere dell’Associazione dei comuni italiani, AC, n. 24, 15 dic.<br />

1909, p. 5.


26 PARTE I<br />

istituzionale e lotta sociale si ricongiungevano poi nella richiesta del suffragio<br />

universale amministrativo (anche se solo maschile) avanzata da Silvio Caperle 50 ,<br />

una richiesta che ben difficilmente l’Anci a maggioranza liberale e cattolica<br />

avrebbe potuto far propria.<br />

Carlo Corsi, da parte sua, sottolineava la poca combattività dell’Anci, ma<br />

dopo aver accennato all’idea di una Lega, più decisa, sottolineava piuttosto la<br />

necessità di una maggiore partecipazione dei socialisti all’Anci per imprimere<br />

un’azione più risoluta:<br />

“Per me la tattica seguita dall’Associazione che volle informare la propria vita<br />

ad una azione spesse volte troppo <strong>qui</strong>eta, e non abbastanza battagliera e vivace<br />

ed altre volte troppo slegata, frammentaria, indecisa, può avere sviato molte<br />

simpatie, specie di fronte ai partiti più pronti a muovere in battaglia ordinata<br />

contro le ingiuste sopraffazioni statali. Di <strong>qui</strong> la domanda se fosse stata o fosse<br />

per l’avvenire più utile una forma separata di associazione, una vera e propria<br />

Lega dei comuni che si muovesse più agilmente e con spirito pugnace, sia pure<br />

accanto all’Associazione dei comuni”.<br />

Ma aggiungeva subito:<br />

“Io sono fra quelli che credono che l’Associazione dei comuni italiani possa<br />

compiere una funzione utile, solo che i consociati abbiano una coscienza profonda<br />

dei loro doveri, e l’entusiasmo delle parole traducano nelle opere. Credo<br />

che solo un’Associazione universale dei comuni italiani – da cui non può in avvenire<br />

dissociarsi un Consiglio superiore dei comuni – possa molto tentare anche<br />

nell’ambiente italiano saturo di statolatria, e in mezzo al popolo italiano<br />

che fino ad oggi fu quasi insensibile ad ogni questione di libertà e di autonomia<br />

comunale.<br />

Il partito socialista deve compiere anche in questa Associazione opera di penetrazione<br />

che potrà portare anche a migliorarne lo statuto, a perfezionarne le<br />

funzioni direttive, imprimendo un’azione più energica a tutto l’organismo e,<br />

chiamando a raccolta quanti più comuni possa, potrà riuscire a vivificarne le<br />

energie, portando un contributo sincero di studio e di lotta, e ravvivandone le<br />

forze con la stampa, con l’opera parlamentare, con i comizi, con l’educazione<br />

costante dell’anima popolare, volgendo la pubblica opinione – risolutamente –<br />

alla difesa delle nostre amministrazioni comunali” 51 .<br />

2.4. Il “comune moderno” nella strategia di cattolici e socialisti<br />

Corsi denunciava il moderatismo dell’Anci ma, nello stesso tempo, ne sottolineava<br />

l’importanza che le veniva al suo carattere “universale” e citava quale<br />

esempio positivo di questa impostazione il più importante progetto ideato dall’Anci<br />

fino a quel momento: il Consiglio superiore dei comuni. “Un’azione più<br />

50<br />

Silvio Caperle, Il suffragio universale amministrativo. La tesi sentimentale, “Avanti!”, 6 set.<br />

1910, p.2.<br />

51<br />

Congresso dei consiglieri comunali e provinciali socialisti (Firenze 8-10 settembre 1910), Carlo<br />

Corsi, L’Associazione dei comuni italiani e i comuni socialisti, “Avanti!” 8 set. 1910, pp. 4-5.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 27<br />

energica” dell’Anci, sottolineava Corsi, doveva essere promossa attraverso una<br />

maggiore partecipazione delle amministrazioni del Psi nell’organizzazione, in<br />

modo simile a quanto aveva fatto Sturzo nel 1903 quando il sacerdote chiese<br />

una maggiore presenza dei cattolici nell’Associazione e, ottenutala, riuscì a vincere,<br />

grazie all’alleanza con i liberali, la maggioranza socialista, radicale e repubblicana<br />

52 . Era sul concreto terreno della battaglia politica democratica che<br />

si doveva vincere la sfida per ottenere che l’Anci fosse “più energica”. Vi è poi<br />

un’altra similitudine tra i concetti espressi da Corsi e quelli di Sturzo. Quando<br />

il socialista parla di un “ambiente italiano saturo di statolatria” e del “popolo<br />

italiano che fino ad oggi fu quasi insensibile ad ogni questione di libertà e di<br />

autonomia comunale”, quando evidenzia la necessità che “i consociati abbiano<br />

una coscienza profonda dei loro doveri” riecheggia un commento di Sturzo al<br />

V congresso dell’Anci svoltosi a Torino nel 1905 dove questi aveva denunciato:<br />

“l’abitudine mentale formata dalla tradizione liberale-centralistica […, e] la forma<br />

concreta di istituti soverchiatori, di sopraffazioni statali, di interessi politici,<br />

[che impedisce] la visione netta ed esatta del Comune moderno, libero nella<br />

sua funzione specifica e unito a tutta la nazione nella sua stabilità civile e politica”<br />

53 .<br />

In occasione dell’appuntamento di Firenze il socialista Giovanni Zibordi fece<br />

un’altra importantissima riflessione, l’abitudine centralistica non valeva solo per<br />

le istituzioni ma anche per i partiti. Solo i socialisti potevano essere in grado di<br />

fare una riflessione simile, visto che avevano un proprio partito già dal 1892:<br />

“Ora i congressi nazionali del partito, benché rechino alla ribalta di frequente<br />

gli esempi di un localismo malinteso e protervo, che vorrebbe generalizzare e<br />

ricavare leggi universe dal caso particolare, palesano però soprattutto la tendenza<br />

ch’io dirò per brevità statalista, per la quale i socialisti convenuti da ogni<br />

parte d’Italia si affannano e si appuntano a discutere l’azione del Governo e l’atteggiamento<br />

del gruppo parlamentare rispetto ad esso, e a ciò danno un’importanza<br />

sproporzionata, quasi per abitudine di fede nella provvidenza; mentre<br />

con altrettanto ed analogo accanimento discutono e criticano l’opera degli organi<br />

centrali del Partito, ad essi imputando e cercando responsabilità e colpe<br />

che in buona parte andrebbero distribuite alla periferia” 54 .<br />

La complementarietà dei concetti espressi dai socialisti Corsi e Zibordi a Firenze<br />

e quelli del cattolico Sturzo, la sottolineatura dell’importanza di una maggiore<br />

presenza di amministratori socialisti in un’organizzazione a maggioranza<br />

moderata, sottolinea la convergenza di socialisti e cattolici nell’Anci, descritta<br />

da Aimo come:<br />

52<br />

Lettera di Sturzo a Meda del 1° dic. 1903, pubblicata in nota nella ristampa de Il programma<br />

municipale dei cattolici italiani, pubblicata nella rivista La Croce di Costantino, ora in<br />

Luigi Sturzo, “La Croce di Costantino”. Primi scritti politici e pagine inedite sull’azione cattolica<br />

e sulle autonomie comunali, a cura di Gabriele De Rosa, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura,<br />

1958, pp. 270-1. Sull’impegno di Sturzo nell’Anci cfr. Oscar Gaspari, I primi anni di Sturzo<br />

nell’Associazione dei comuni italiani, in “Sociologia”, n.2, 1997, pp. 143-163.<br />

53<br />

Luigi Sturzo, Il V Congresso dei Comuni Italiani, “Rivista municipale”, n.5-6, mag.-giu.<br />

1906, p.134.<br />

54<br />

Zibordi, Primavera di vita municipale…, cit.


28 PARTE I<br />

“Luogo di incontro e di elaborazione di strategie unitarie tanto più rilevante se<br />

si tiene conto che in esso confluiscono i delegati di forze politiche antagoniste<br />

che non riusciranno, sul piano propriamente politico-parlamentare, a trovare<br />

momenti di accordo stabili e significativi” 55 .<br />

La collaborazione tra diverse forze politiche nell’Anci non solo non impedì la<br />

concorrenza tra le diverse formazioni ma, è possibile dire, ne esaltò la ricerca<br />

progettuale in vista del raggiungimento dell’obiettivo: la promozione dell’autonomia<br />

comunale. Un’autonomia che era difficile da raggiungere anche a causa<br />

della “tendenza […] statalista”, come la definisce Zibordi, o della “abitudine<br />

mentale formata dalla tradizione liberale-centralistica”, descritta da Sturzo.<br />

Secondo questa visione, che accomunò le parti migliori del movimento socialista<br />

e di quello cattolico, la battaglia per l’autonomia doveva essere unitaria<br />

e concorrente, doveva essere a tutto campo, all’interno delle istituzioni, dei partiti<br />

e delle mentalità degli individui. Solo così si sarebbe potuta avere “la visione<br />

netta ed esatta del Comune moderno”, secondo le parole del cattolico Sturzo<br />

che - a dimostrazione dell’affinità tra l’impegno dei cattolici e di quello dei<br />

socialisti nei comuni - utilizza un’espressione così tipicamente socialista, “Comune<br />

moderno”, da divenire titolo della rivista fondata nel 1911 a Torino dal<br />

riformista Giulio Casalini, la rivista che sarebbe diventata in seguito organo ufficiale<br />

della Lega dei comuni socialisti 56 .<br />

La contestazione da parte dei socialisti della strategia “troppo <strong>qui</strong>eta, e non<br />

abbastanza battagliera” seguita dalla maggioranza moderata dell’Anci non<br />

escludeva la possibilità, o meglio, la necessità, di un’azione unitaria di tutti i comuni.<br />

Fin dall’inizio della riflessione, che si sarebbe fatta via via più profonda,<br />

sul tipo di rapporto che gli enti locali guidati dai “partiti più pronti a muovere<br />

in battaglia ordinata contro le ingiuste sopraffazioni statali” dovevano avere con<br />

l’Associazione, i socialisti riformisti, come Corsi, prefiguravano la possibilità<br />

che la loro organizzazione si muovesse “accanto all’Associazione dei comuni”.<br />

La coscienza che solo un’azione complessivamente unitaria del movimento comunale<br />

avrebbe potuto ottenere qualcosa dallo Stato e dal governo nazionale<br />

non sarebbe mai venuta meno nei riformisti del movimento socialista.<br />

2.5. L’evoluzione dell’Anci<br />

Il XIII congresso dell’Associazione dei comuni italiani, svoltosi a Roma dal<br />

28 febbraio al 1° marzo 1915, pose le basi per una trasformazione decisiva dell’organizzazione<br />

che avrebbe accresciuto il proprio protagonismo sulla scena<br />

politico-istituzionale, anche attraverso lo sviluppo dell’attività di assistenza tecnico-amministrativa<br />

in favore dei comuni.<br />

Nel congresso venne ribadita anche la decisione del trasferimento della sede<br />

dell’Anci da Milano a Roma - decisione già deliberata nel 1907 a Bologna nel<br />

55<br />

Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, cit., p. 83.<br />

56<br />

Sulla rivista e sul suo direttore cfr. Federico Lucarini, Scienze comunali e pratiche di governo<br />

in Italia (1890-1915), Milano, Giuffrè, 2003, pp. 234-9.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 29<br />

VI congresso nazionale 57 - e realizzata alla fine del 1916. Ormai, con il passare<br />

del tempo e con il progressivo aumento delle competenze dell’amministrazione<br />

centrale - che con Giolitti vedeva aumentare progressivamente l’intervento<br />

dello Stato nella società - era diventato indispensabile per l’associazione stabilirsi<br />

nella capitale, sia per seguire le pratiche dei municipi presso i ministeri, sia<br />

per i crescenti contatti con il governo 58 . L’Anci aveva già aperto nel 1914 a Roma<br />

una propria segreteria che, come annunciava il presidente Emanuele Greppi<br />

in una apposita circolare, era “ospitata in appositi locali, cortesemente offerti<br />

dal Comune di Roma nel palazzo di via dei Barbieri n.6”.<br />

Oltre a questa sede:<br />

“Per le pratiche riguardanti in special modo i lavori pubblici, i mutui ad essi<br />

inerenti e, in genere, l’applicazione dei provvedimenti già emanati dal Governo<br />

o che potranno venire decretati in seguito per fronteggiare il grave fenomeno<br />

della disoccupazione e l’attuale crisi dei consumi, l’Associazione dei Comuni<br />

ha istituito, d’accordo con la Lega nazionale delle cooperative e con il suo<br />

Comitato Parlamentare, un altro apposito ufficio, al quale le suddette determinate<br />

pratiche saranno affidate per la loro più immediata risoluzione” 59 .<br />

2.5.1. La collaborazione dell’Anci di Sturzo con Lega delle cooperative,<br />

riformisti e radicali<br />

Come spiegava Sturzo in un intervento al consiglio direttivo dell’Anci, la collaborazione<br />

tra Lega delle cooperative ed Associazione era stata da lui avviata dopo la<br />

scoperta che “la Lega delle Cooperative aveva preso l’iniziativa, attraverso il suo comitato<br />

parlamentare, di assistere i comuni per le pratiche inerenti ai lavori pubblici<br />

straordinari, resi necessari per alleviare la disoccupazione” 60 . Sottolineava poi in<br />

seguito Sturzo nella relazione al congresso di Roma che: “Il contatto tra l’Associazione<br />

dei Comuni e la Lega delle Cooperative è certamente utile anche per le organizzazioni<br />

operaie. Ma l’opera più interessante, in cui sono stati uniti gli sforzi dei<br />

due enti rappresentativi, è stata quella spiegata presso il Governo” 61 . Lega delle cooperative<br />

ed Anci parteciparono così ad un Comitato parlamentare per i lavori pubblici<br />

- promosso dal Presidente del consiglio Antonio Salandra - in qualità di parlamentari,<br />

insieme all’industriale Giovanni Agnelli, riformisti socialisti, tra i quali Bis-<br />

57<br />

Resoconto del VI congresso nazionale dell’Associazione dei Comuni tenutosi a Bologna nei giorni<br />

23, 24 e 25 maggio 1907, AC, n. 6-7, giu.-lug. 1907, pp. 168-9.<br />

58<br />

Dario Franco, Istituzione della Segreteria di Roma e provvedimenti relativi. (Relazione al<br />

XIII Congresso dell’Associazionedei Comuni Italiani), AC, n. 2, 28 feb. 1915, pp. 1-2.<br />

59<br />

La segreteria romana dell’Associazione dei Comuni, AC, n.11, 30 nov. 1914, p.1.<br />

60<br />

Atti dell’Associazione. Seduta del 7 dicembre in Roma, AC, n. 12, 31 dic. 1914, p. 10.<br />

61<br />

Luigi Sturzo e Dario Franco relatori, Sull’opera dell’Associazione dei comuni italiani per i provvedimenti<br />

straordinari relativi alla disoccupazione ed all’approvvigionamento del grano, AC, n. 3, 31<br />

mar. 1915, p. 10. Secondo la ricerca di Chiaramonte: “dopo alcuni mesi, però, l’Associazione dei<br />

Comuni disdisse il contratto e organizzò un ufficio tutto proprio a Roma, in via dei Barbieri 6,<br />

evidentemente per evitare la subalternità ai socialisti”, Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…, Soveria<br />

Mannelli, Rubbettino, 2004, p. 202. In realtà l’ufficio di via dei Barbieri era aperto da tempo,<br />

come annunciato nella citata circolare di Greppi pubblicata nel novembre 1914.


30 PARTE I<br />

solati, Merloni, Sichel, cattolici, Meda e radicali, Ruini, e ancora Vergnanini, per la<br />

Lega delle cooperative, e <strong>qui</strong>ndi Greppi, Caldara, Franco e Sturzo per l’Anci 62 .<br />

Fu <strong>qui</strong>ndi, quasi certamente, anche per via di una vera e propria competizione<br />

sull’attività di assistenza ai comuni nel periodo bellico che l’Anci decise<br />

di aprire una propria segreteria a Roma e, successivamente, di trasferire da Milano<br />

e Roma la propria sede. Una competizione che spingeva alla collaborazione<br />

l’Anci di Sturzo e la Lega delle cooperative, una tra le più importanti strutture<br />

del movimento socialista, molto vicina ai riformisti. Era sul terreno della<br />

consulenza amministrativa ai comuni, a beneficio delle cooperative e degli operai,<br />

che si concretizzava quella collaborazione tra cattolici e socialisti riformisti<br />

che, in quegli anni, non si sarebbe mai evoluta in accordi parlamentari. Una<br />

collaborazione che sembrava quasi essere sancita dalla contemporanea nomina<br />

a vicepresidenti - a seguito del XIII congresso dell’Associazione - di Sturzo, prosindaco<br />

di Caltagirone e di Caldara 63 sindaco di Milano, eletto nel 1914 nel<br />

quadro del complessivo successo del Psi nelle elezioni amministrative 64 .<br />

In quegli stessi mesi l’intesa tra cattolici e riformisti si allargò, idealmente, anche<br />

ad un’altra formazione politica di sinistra, quella dei radicali, attraverso un suo importante<br />

esponente, già assessore nella giunta comunale di Roma guidata dal radicale<br />

Ernesto Nathan 65 e sostenuta dalla sinistra: Meuccio Ruini. Nel XIII congresso<br />

Ruini, chiamato a partecipare dal collega parlamentare Filippo Meda, cattolico e<br />

componente del consiglio direttivo dell’Anci, scriveva la relazione “Un ufficio tecnico<br />

contabile per le opere comunali”, che poneva le basi per una successiva evoluzione<br />

dell’Anci 66 . L’esponente radicale facendo riferimento alla propria esperienza di<br />

alto funzionario del Ministero dei lavori pubblici nella gestione delle leggi speciali<br />

per la Calabria, suggerì la costituzione di appositi uffici per assistere i municipi, in<br />

quanto le difficoltà nel pagare e nel reperire tecnici preparati e gli ostacoli burocratici<br />

rendevano in effetti impossibile ai comuni sia progettare le opere pubbliche, sia<br />

ottenere dallo Stato i finanziamenti in loro favore previsti dalla legge 67 .<br />

62<br />

Su questa attività Chiaramonte, Luigi Sturzo e l’Anci…, cit., pp. 221-5. Sull’apertura di<br />

un ufficio di assistenza ai comuni della Lega in collaborazione con l’Anci cfr. Renato Zangheri,<br />

Giuseppe Galasso, Valerio Castronovo, Storia del movimento cooperativo in Italia. La Lega<br />

Nazionale delle cooperative e Mutue 1886-1986, Torino, Einaudi, 1987, pp. 365-7.<br />

63<br />

Atti dell’Associazione. Sedute del consiglio direttivo. Seduta del I marzo 1915, AC, n. 3, 31<br />

mar. 1915, p. 15. Lo stesso consiglio direttivo eleggeva anche il presidente, senatore Piero Lucca<br />

- sindaco di Vercelli, liberale moderato - e un terzo vicepresidente il liberale Dario Franco.<br />

64<br />

Cfr. Maurizio Punzo, La giunta Caldara: l’amministrazione comunale di Milano negli anni<br />

1914-1920, Milano, Cariplo, Laterza, 1986.<br />

65<br />

Sull’esperienza dell’amministrazione di Nathan cfr. Giuseppe Barbalace, Riforme e governo<br />

municipale a Roma in età giolittiana, Napoli, Liguori, 1994.<br />

66<br />

La relazione, scritta da Ruini era però firmata anche da Meda, su richiesta personale di<br />

Sturzo che, evidentemente, non voleva - o forse non poteva -, almeno ufficialmente, far intervenire<br />

da solo come relatore ad un congresso dell’Anci una personalità estranea all’organizzazione.<br />

Da sottolineare il fatto che il sacerdote Sturzo non aveva alcun problema a far fare ed a<br />

fare esporre la relazione ad un radicale e noto massone; sulla vicenda Meuccio Ruini, Profili di<br />

storia. Rievocazioni, studi, ricordi, Milano, Giuffrè, 1973, p. 275.<br />

67<br />

Deputati Ruini e Meda, relatori, Per istituire un ufficio tecnico-contabile per le opere comunali,<br />

AC, n. 2, 28 feb. 1915, pp. 2-4.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 31<br />

L’entrata in guerra dell’Italia rese impossibile la realizzazione a breve termine<br />

di quel progetto, ma il seme era gettato. Fu nel primo dopoguerra che ebbe<br />

finalmente realizzazione il progetto proposto da Ruini per la creazione di uffici<br />

di assistenza tecnica ai comuni dell’Anci. Nel 1919 venne aperto il Segretariato<br />

per la montagna. L’ufficio - che può essere considerato precursore dell’attuale<br />

Unione dei comuni e delle comunità montane (Uncem) - forniva assistenza<br />

tecnica ed amministrativa ai comuni montani per la gestione delle terre,<br />

dei pascoli e delle foreste municipali 68 . Sempre nel 1919, su pressione dell’Anci<br />

e per iniziativa del Ministro per i lavori pubblici, nasceva il secondo ufficio<br />

di assistenza proposto da Ruini nel 1915, quello per i comuni di pianura: l’Istituto<br />

nazionale per le opere pubbliche dei comuni, istituito con decreto regio<br />

n. 1628 del 2 settembre 69 .<br />

Nel congresso del 1915 l’Anci riaffermò il passaggio da una politica di opposizione<br />

e di resistenza che cercava di modificare il sistema centralista agendo<br />

dall’esterno, attraverso manifestazioni e proteste, ad una politica di pressione e<br />

di condizionamento che agiva soprattutto dall’interno. Una politica di riforme,<br />

<strong>qui</strong>ndi, che si delineò nell’Anci attraverso la definizione di nuovi uffici, la collaborazione<br />

tra istituzioni, organizzazioni ed uffici elaborati dal movimento comunale<br />

e dal movimento dei lavoratori, grazie al concorso di esponenti di rilievo<br />

della sinistra riformista socialista e radicale e del movimento cattolico.<br />

3. La nascita della Lega dei comuni socialisti nel 1916<br />

3.1. Il congresso degli amministratori locali socialisti a Bologna: 16-17<br />

gennaio 1916<br />

Il 16 gennaio 1916, nel liceo musicale Rossini di Bologna, dopo i saluti di<br />

rito, intervenne il segretario del Psi Costantino Lazzari che mise in risalto come<br />

la concreta opera svolta nei comuni avesse smentito il “vecchio ritornello<br />

68<br />

L’organizzazione, presieduta da un tecnico di grande fama come Arrigo Serpieri, sopravvisse<br />

anche alla scomparsa dell’Anci e continuò nella propria azione in favore dei comuni montani<br />

fino allo scioglimento voluto dal fascismo nel 1936. Rifondato nel 1946 come ente parastatale<br />

per volontà del Ministero dell’agricoltura, ormai senza più alcun legame con i comuni,<br />

venne sciolto nel 1965; cfr. Oscar Gaspari, Il segretariato per la montagna (1919-1965). Ruini,<br />

Serpieri e Sturzo per la bonifica d’alta quota, Comitato consultivo montagna, Presidenza del<br />

consiglio dei ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma, 1994. Sull’evoluzione<br />

normativa dell’ente, soppresso con D.P.R. del 31 mar. 1965 (GU 149/1965), cfr. Gli Enti<br />

pubblici italiani. Anagrafe, legislazione e giurisprudenza dal 1861 al 1970, introduzione di Alberto<br />

Mortara, Ciriec, Milano, Franco Angeli, 1972, p. 883.<br />

69<br />

Il compito dell’ente era quello di “assumere in sostituzione e nell’interesse degli Enti locali<br />

l’esecuzione delle opere pubbliche di competenza dei Comuni e dei Consorzi e portar loro,<br />

se richiesta, assistenza nei lavori da essi intrapresi”; Sala XLIII. Associazione dei comuni italiani,<br />

in Prima mostra italiana di attività municipale, Vercelli MCMXXIV. Catalogo generale con<br />

50 illustrazioni, Milano, 1924, p. 308. L’Istituto, soggetto a vari riordinamenti legislativi ed infine<br />

commissariato, venne soppresso con D.M. del 12 dic. 1941 (G.U. n. 89/1941), cfr. Gli<br />

Enti pubblici italiani…, cit. pp. 748-9.


32 PARTE I<br />

[...] che nei comuni non si fa politica”dimostrando che era possibile fare nei comuni<br />

“la nostra politica: la politica socialista”. La prima relazione fu di Caldara,<br />

Riforma tributaria e finanze locali nella quale l’avvocato riformista sottolineò<br />

come il peso eccessivo della tassazione statale rendeva praticamente impossibile<br />

ai comuni qualsiasi ulteriore imposizione. Proprio quando era più intensa<br />

l’opera di assistenza in favore dei cittadini la più importante risorsa finanziaria<br />

comunale, il dazio consumo, si era andata riducendo per il calo dei consumi<br />

della popolazione: i proventi del dazio, affermava Caldara, erano scesi da 19 a<br />

14 milioni. Da <strong>qui</strong> la proposta di lasciare al Governo le imposte personali e di<br />

affidare ai comuni quelle relative ai beni immobili. Intanto, continuava il sindaco,<br />

allo Stato non si dovevano chiedere favori ma mezzi per governare e se i<br />

mezzi disponibili fossero stati insufficienti, non ci si sarebbe dovuti fermare<br />

nemmeno di fronte alla possibilità di emettere nuova carta moneta 70 .<br />

Alla relazione di Caldara succedeva un dibattito molto interessante nel corso<br />

del quale ebbe modo di mettersi in luce Giacomo Matteotti che, in primo<br />

luogo, si dichiarava contrario al criterio di coprire i disavanzi con debiti. Con<br />

il suo intervento l’esponente socialista poneva la questione dei piccoli comuni,<br />

la maggioranza nel Paese e quelli nei quali viveva gran parte della popolazione<br />

nazionale. La relazione del notissimo sindaco di Milano, sosteneva implicitamente<br />

il socialista polesano, si basava sostanzialmente sulle necessità di un<br />

grande comune. Matteotti non chiedeva misure eccezionali come l’emissione di<br />

carta moneta, ma il sostegno del Psi a proposte meno impegnative ma adeguate<br />

alle necessità di bilancio dei piccoli comuni che lui ben conosceva come amministratore<br />

e come sindaco. Chiedeva, ad esempio, che una percentuale dei<br />

prestiti di guerra ottenuti dallo Stato venisse destinata ai comuni, chiedeva l’abolizione<br />

del limite della sovrimposta fondiaria e sui fabbricati: “i comuni devono<br />

essere liberi di gravare di più dove lo credono possibile”; chiedeva l’aumento<br />

delle tasse per esercizi commerciali e rivendite. Infine, pur associandosi<br />

alla richiesta di Antonio Graziadei affinché che lo Stato avocasse a sé spese che<br />

gravavano sui comuni, esigeva però che a questi ultimi rimanessero le spese per<br />

la scuola 71 . In questa richiesta il socialista Matteotti – naturalmente senza richiamarsi<br />

al leader popolare - coincideva perfettamente con il cattolico Sturzo,<br />

anch’egli contrario ad affidare lo Stato l’istruzione elementare 72 .<br />

Il risultato dello scontro delle due diverse concezioni della finanza locale era<br />

un voto finale dell’assemblea nel quale alle richieste per la complessiva riforma<br />

della finanza locale e della politica finanziaria nazionale seguivano le proposte<br />

avanzate da Matteotti specificamente per i piccoli comuni 73 .<br />

Il congresso discuteva, <strong>qui</strong>ndi, la relazione sulla Politica dei consumi di Fran-<br />

70<br />

Direzione del Partito socialista italiano, II Congresso nazionale delle amministrazioni comunali<br />

e provinciali socialiste Bologna 16-17 gennaio 1916. Resoconto stenografico, Biella, Tipografia<br />

Cooperativa Biellese, 1916, pp. 13-4; 22-9.<br />

71<br />

Ivi, pp. 32-7.<br />

72<br />

Sturzo sostenne questa posizione, come posizione ufficiale dell’Anci, nel XII congresso di<br />

Milano svoltosi nel gennaio 1913; Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…, cit., pp. 167-171.<br />

73<br />

Le finanze locali e la riforma tributaria, “Avanti!”, 17 gen. 1916, pp. 1-2.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 33<br />

cesco Zanardi, sindaco di Bologna il quale, come si vedrà oltre, proprio sul<br />

fronte del sostegno ai consumi stava realizzando un’esperienza di grande importanza.<br />

Nel dibattito vennero proposte misure di sostegno ai consumi, tra le<br />

quali anche l’abolizione dei dazi comunali che, pur costituendo la principale risorsa<br />

finanziaria dei municipi, gravavano sulla popolazione e frenavano il commercio.<br />

Vennero poi presentate misure per favorire ac<strong>qui</strong>sti collettivi, la costituzione<br />

di spacci cooperativi e comunali, aziende municipalizzate e proposte di<br />

cooperazione. Nel voto approvato dall’assemblea venne suggerita l’istituzione<br />

di un Consiglio superiore dei consumi a livello nazionale, la limitazione dei<br />

prezzi, la produzione e distribuzione diretta ai cittadini di prodotti di vario tipo<br />

da parte dei comuni, la promozione di associazioni di consumatori, l’affidamento<br />

alla provincia compiti di produzione e distribuzione che i comuni<br />

non erano in grado svolgere 74 .<br />

Il giorno successivo, il 17 gennaio, l’assemblea affrontava il tema dell’occupazione.<br />

I comuni avrebbero dovuto promuovere “casse di disoccupazione”, uffici<br />

di collocamento, avviare lavori comunali, anche affidandoli a cooperative di<br />

lavoro; venne approvato anche un emendamento di Alessandro Schiavi per la<br />

nazionalizzazione delle forze idrauliche 75 . Viste le gravi difficoltà dei comuni socialisti<br />

nell’avere finanziamenti dalla Cassa depositi e prestiti, aggravatesi per<br />

via della guerra, venne deciso di incaricare un’apposita commissione, nominata<br />

dalla direzione del Psi, per studiare la realizzazione di un’“Istituto nazionale<br />

per il credito agli enti locali” 76 . Vennero rivolte aspre critiche all’attività di<br />

Giunte provinciali amministrative e prefetti che ostacolavano l’azione dei comuni<br />

socialisti 77 ; venne ricordata la presenza socialista nelle amministrazioni<br />

del Sud, dove: “Un manipolo di compagni resiste da anni con fermezza ed ardore<br />

nelle poche disperse amministrazioni vessate da prefetti e da delegati, ad<br />

essi occorre il doveroso sussidio dei nostri deputati e di tutto il partito” 78 . Per<br />

quanto riguarda l’attività di assistenza e beneficenza venne dichiarato compito<br />

essenziale dei comuni l’aiuto e la tutela delle vittime della guerra, anche attraverso<br />

la costituzione di un ufficio medico legale per i diritti delle vittime 79 .<br />

3.2. Il distacco degli amministratori socialisti dall’Anci<br />

Il congresso affrontò anche il problema del rapporto tra socialisti ed Anci e<br />

la possibilità di costituire un’autonoma organizzazione di comuni e province.<br />

L’idea di un’organizzazione dei comuni socialisti, come si è visto, maturava da<br />

anni nel movimento comunale italiano, ma nei tempi di questa decisione furono<br />

decisivi alcuni importanti eventi nazionali ed internazionali. Nelle elezioni<br />

74<br />

La politica dei consumi, “Avanti!”, 17 gen. 1916, p. 2.<br />

75<br />

La ripresa economica dopo la guerra, “Avanti!”, 18 gen. 1916, p.1.<br />

76<br />

Il credito agli enti locali, “Avanti!”, 18 gen. 1916, p.1.<br />

77<br />

L’autonomia comunale, “Avanti!”, 18 gen. 1916, pp.1-2.<br />

78<br />

Per il mezzogiorno d’Italia, “Avanti!”, 18 gen. 1916, p.2.<br />

79<br />

Gli ultimi argomenti trattati dal congresso, “Avanti!”, 18 gen. 1916, p. 2.


34 PARTE I<br />

amministrative del 1914, le prime dopo la riforma del 1912 che aveva concesso<br />

il suffragio universale maschile, si accrebbe il contrasto tra i socialisti e i cattolici,<br />

alleati con i liberali attraverso il patto Gentiloni. I socialisti con<strong>qui</strong>starono<br />

la maggioranza a Milano e Bologna, mentre i cattolici avanzarono a Roma,<br />

Genova, Torino, Ancona, Napoli, Firenze. La prevalenza delle tendenze massimaliste<br />

su quelle rappresentate dai riformisti avvenuta nel XIV congresso del<br />

Psi - che si svolse ad Ancona il 26-29 aprile 1914 - veniva rafforzata ulteriormente<br />

dallo scoppio del primo conflitto mondiale. L’entrata in guerra dell’Italia,<br />

nel 1915 approfondì, fino a renderla insanabile, la frattura tra i socialisti, in<br />

maggioranza contrari alla guerra, e le altre formazioni politiche.<br />

3.2.1. I socialisti e la questione dei rapporti con lo Stato<br />

Fu l’anno seguente, nel 1916, che i consiglieri comunali e provinciali socialisti<br />

tennero a Bologna il proprio congresso. Secondo Corghi l’appuntamento<br />

di Bologna venne promosso: “per creare un organismo di lotta dopo che l’Associazione<br />

dei comuni era ormai saldamente ancorata a Sturzo” 80 . La realtà è<br />

che l’ipotesi della scissione non era prioritaria, almeno in un primo tempo, e<br />

specialmente per i riformisti. Questi parevano sostenere piuttosto l’idea che il<br />

partito, dopo il successo elettorale, dovesse intraprendere un’azione più decisa,<br />

ma senza rotture traumatiche. Nell’interpretazione di Carlo Treves con il congresso<br />

di Bologna si riprendeva da capo un tentativo che, con l’Anci, era abortito<br />

fin dall’inizio, la rivoluzione dei sindaci, la rivoluzione delle riforme:<br />

“Una volta a noi venne fatto di scrivere, e quel pensiero ci torna sempre alla<br />

mente, che la rivoluzione in Italia l’avrebbero un dì fatta i sindaci. Era il tempo<br />

della fondazione, per opera dell’on. Mussi, della Lega dei Comuni […] Ma<br />

la Lega dal suono bellicoso si è trasformata in una pacifica Associazione dei comuni.<br />

E i sindaci della rivoluzione si trovano a convegno non a Legnano ma a<br />

Bologna. La rivoluzione che essi agitano è la riforma. Date ai Comuni un ubi<br />

consistam finanziario così solido e autonomo, che renda sicura la loro vita, la<br />

sottragga alla in<strong>qui</strong>eta fluttuazione dei redditi nel vertiginoso vortice delle vicende<br />

interne ed esterne al comune […] le masse si stringono intorno al Comune<br />

come ad un prolungamento del compiuto sistema delle proprie organizzazioni.<br />

Ecco il fatto rivoluzionario se l’azione è riformista, è legale […] Ecco<br />

infatti il Comune integratore dei Sindacati nella lotta per la resistenza, per il salario<br />

elevato […] Ecco infatti il Comune integratore delle Cooperative nella<br />

lotta per la vita a buon mercato […] Bononia docet. Il nostro Zanardi illustra<br />

con la predica savia dell’esempio” 81 .<br />

Scriveva Zibordi da parte sua commentando il congresso:<br />

“Quando lo Stato borghese fa la ‘politica della civiltà’, cura le scuole, i lavori,<br />

80<br />

Corrado Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (3). La fondazione<br />

della Lega dei comuni socialisti, CdP, apr. 1984, p. 10073.<br />

81<br />

Carlo Treves, Stato e comune (Per il convegno amministrativo di Bologna), “Critica sociale”,<br />

16-31 gen. 1916, pp. 17-9.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 35<br />

la produzione, allora gli atteggiamenti e i rapporti del Partito socialista e degli<br />

Amministratori socialisti, rispetto ad esso, non possono essere logicamente gli<br />

stessi che si assumono quando lo Stato fa la politica della guerra. È esso che si<br />

stacca da noi, più che non siamo noi a staccarci da esso” 82 .<br />

Ma, proseguiva Zibordi, l’opposizione allo Stato, lo Stato della “politica della<br />

guerra”, non voleva dire “sdegnosa secessione sull’Aventino”, lo stesso valeva<br />

anche per l’Anci, che non poteva essere abbandonata per un malinteso sentimento<br />

di repulsione, senza prima aver ben chiaro cosa fare:<br />

“Questi rilievi su una psicologia palesatasi anche in questo campo dei rapporti<br />

fra Comuni socialisti e Stato borghese[…] mi vengono suggeriti da quel<br />

movimento, iniziatosi a Bologna per invito della Direzione del partito, e propagatosi<br />

poi in molti luoghi, con una febbre, con una vera voluttà di intransigenza,<br />

di resezione chirurgica, di taglio violento col passato, per la formazione<br />

di una Lega dei comuni socialisti – sacrosantissima e utilissima cosa - e per la<br />

uscita in massa dalla Associazione dei Comuni, come se fosse una città infetta da<br />

colera, un postribolo di coscienze, un luogo di perdizione e di vizio! Fosse pure,<br />

tale Associazione, una cosa superflua e anodina, è del pari superfluo questo<br />

eccesso di indignazione, e questa fretta repentina di uscirne” 83 .<br />

3.2.2. Il dibattito tra riformisti e massimalisti e l’uscita dall’Anci<br />

La vittoria dei socialisti nelle elezioni locali ed il successo delle posizioni<br />

massimaliste al congresso di Ancona aveva dato forza sia alle posizioni dei riformisti,<br />

ben radicati negli enti locali, sia a quelle dei massimalisti, più forti nel<br />

partito, che chiedevano una decisa politica antistatale dei comuni socialisti.<br />

Paradossalmente, la Lega dei comuni socialisti nasceva sulla base di due esigenze<br />

totalmente distinte: quella dei riformisti di rafforzare l’autonomia dei comuni<br />

socialisti, che amministravano in nome dei bisogni della classe operaia e<br />

dei cittadini più deboli collaborando con le istituzioni nazionali, e quella dei<br />

massimalisti che, in osse<strong>qui</strong>o al mito della rivoluzione, si opponevano a qualsiasi<br />

apertura e collaborazione.<br />

Entrambe le posizioni potevano affermare di fare riferimento alla politica<br />

socialista per gli enti locali elaborata a partire dal programma di Andrea Costa,<br />

che prevedeva sia un’amministrazione volta al vantaggio delle classi popolari ed<br />

alla promozione dell’autonomia comunale, sia l’impegno nella lotta contro lo<br />

Stato liberale. Di fatto, però, nella concreta elaborazione di quel programma<br />

era stata indubbiamente privilegiata la prima parte, e non poteva essere altrimenti,<br />

pena lo scioglimento del consiglio, come ben sapevano da tempo i sindaci<br />

socialisti. Così era stato nelle più importanti amministrazioni comunali a<br />

partecipazione socialista nel periodo giolittiano, come nel caso di quella del sindaco<br />

radicale di Roma, Nathan, dove era stato assessore Montemartini, esper-<br />

82<br />

Giovanni Zibordi, Moto centrifugo e centripeto nelle necessità della situazione di guerra, e<br />

nell’atmosfera di intransigenza da essa creata, “Critica sociale”, 1-15 mag. 1916, pp. 133-4.<br />

83<br />

Ibidem


36 PARTE I<br />

to della “municipalizzazione industriale [che] rappresenta una fase della secolare<br />

lotta tra la classe dei produttori e la classe dei consumatori” 84 , come in quelle<br />

a maggioranza socialista che stavano amministrando proprio in quegli stessi<br />

giorni a Milano e a Bologna.<br />

È stato Punzo, nella sua storia dell’amministrazione socialista di Milano del<br />

sindaco Caldara ad interpretare per primo la successione degli avvenimenti<br />

che diede origine alla costituzione della Lega 85 . La proposta di indire un convegno<br />

nazionale dei comuni socialisti era scaturita nel corso di una riunione<br />

delle amministrazioni socialiste della provincia di Milano svoltasi a Monza il<br />

3 ottobre 1915, a seguito della quale la direzione del Psi deliberò la convocazione<br />

di una commissione di sindaci socialisti diretta alla preparazione di<br />

un’assemblea di tutte le amministrazioni socialiste “allo scopo di rendere più<br />

omogenea l’azione comunale del Partito, inspirata a carattere socialista e classista”<br />

86 .<br />

Nella sua ricerca Punzo ha sottolineato fortemente il carattere riformista<br />

del convegno di Bologna e, in effetti, dall’andamento del dibattito, risulta<br />

evidente che l’ostilità nutrita da gran parte degli amministratori rispetto all’Anci<br />

di Sturzo travolse, letteralmente, l’impostazione data dalla relazione<br />

dei fratelli Marangoni alla questione dell’organizzazione autonoma dei comuni<br />

socialisti discussa il 17 gennaio. La relazione di Cesare e Guido Marangoni<br />

su Organi e mezzi per fornire ai corpi locali amministrati dai socialisti<br />

una consulenza tecnica e politica, sostanzialmente moderata nella sostanza,<br />

presentava un dettagliato progetto 87 di costituzione di una “Federazione dei<br />

comuni e delle provincie socialiste”, per “le grandi città [che] hanno dei bisogni<br />

che sono sconosciuti ai piccoli comuni; [e per] i comuni di campagna<br />

[che] hanno esigenze che non sono dei comuni di città” 88 . A questa si contrappose,<br />

nel corso del relativo dibattito, un ordine del giorno di Attilio Lolli<br />

che recava: “Il congresso costituendo la Federazione dei comuni socialisti,<br />

dichiara che i comuni stessi dovranno uscire dall’attuale Associazione dei comuni<br />

italiani”.<br />

Il voto di Lolli venne approvato dopo un dibattito nel quale venne aspramente<br />

contestato il comportamento tenuto dal sindaco di Milano Caldara nei<br />

primi mesi della guerra, vennero fatti duri commenti sull’Anci e deciso il cam-<br />

84<br />

Montemartini, La municipalizzazione dei publici servigi..., cit., p. 92.<br />

85<br />

Punzo, La giunta Caldara…, cit., pp. 164-7.<br />

86<br />

Alberto Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra, Milano, A. Mondadori, 1926, pp.<br />

90-1. Secondo Chiaramonte l’idea del convegno sarebbe venuta a seguito di un altro congresso<br />

di amministratori socialisti, quelli della provincia di Reggio Emilia, Il Convegno degli amministratori<br />

socialisti a Reggio Emilia, “Avanti!”, 30 nov. 1915, Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…,<br />

cit., pp. 195-6. L’ipotesi che il convegno di Milano sia il vero precursore del successivo<br />

convegno di Bologna è però avvalorata sia dal fatto che questo precede l’incontro di Reggio<br />

Emilia (3 ottobre rispetto al 28 novembre), sia che sia stata sostenuta per primo da Malatesta<br />

nel 1926.<br />

87<br />

La relazione, infatti, suggeriva l’articolazione interna della Federazione e l’ammontare delle<br />

quote associative.<br />

88<br />

Direzione del Partito socialista italiano, II Congresso nazionale delle amministrazioni comunali<br />

e provinciali socialiste..., cit., pp. 253-9.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 37<br />

biamento del nome della nuova organizzazione da Federazione a Lega dei comuni<br />

socialisti 89 .<br />

L’ostilità manifestata dal congresso di Bologna verso l’Anci venne poi sfruttata<br />

dalla direzione del Psi per mettere in difficoltà i riformisti presenti al vertice<br />

dell’Associazione con la richiesta ufficiale dell’abbandono repentino da parte<br />

delle amministrazioni socialiste, fatta in gennaio, in vista dell’adesione alla<br />

Lega 90 , che sarebbe stata fondata nel marzo successivo.<br />

3.2.3. La risposta dell’Anci<br />

Il 21 febbraio, ad circa un mese dal voto della direzione del Psi a Bologna,<br />

il consiglio direttivo dell’Anci, riunito a Milano, con la partecipazione della<br />

componente socialista al completo 91 , discuteva e votava un ordine nel giorno<br />

che così si concludeva:<br />

“all’infuori di ogni contingenza politica l’Associazione deve continuare a svolgere<br />

il proprio programma sulla base del proprio statuto, facendo appello come<br />

per il passato all’adesione di tutti i Comuni e affidamento sulla collaborazione<br />

di tutti gli uomini che ne abbiano temporaneamente il governo: convinta di<br />

compiere in tal modo operazione utile alla rivendicazione e alla protezione del<br />

‘diritto comunale’ nell’interesse di tutti i partiti” 92 .<br />

3.2.4. Caldara: Anci e Lega due organizzazioni con vocazioni diverse e un<br />

obiettivo comune<br />

Caldara, dal 1914 primo sindaco socialista di Milano e dal 1901 segretario<br />

dell’Anci, difese l’Associazione dei comuni. Il giorno seguente alla sua partecipazione<br />

al consiglio direttivo di Milano - una presenza per altro stigmatizzata<br />

89<br />

Lolli, illustrando la sua proposta di voto affermava, tra l’altro, “ci siamo imbrancati in<br />

mezzo ad una associazione nella quale fanno il bello e il brutto tempo uomini come don Sturzo,<br />

come Meda ed i più emeriti rappresentanti del conservatorismo italiano”, chiedeva che la<br />

nuova associazione si chiamasse “Lega dei comuni socialisti e [di] uscire in massa dall’attuale<br />

Associazione dei comuni italiani”. Cesare Marangoni, rispondendo a Lolli, si dichiarava “in<br />

principio d’accordo, ma [la scelta] mi sembra pericolosa a priori” per gli impegni presi dai comuni<br />

con l’Anci e “oltre che pericoloso potrebbe anche essere poco simpatico uscire così ex<br />

abrupto”, dichiarava <strong>qui</strong>ndi preferibile rimandare la decisione alla Federazione dei comuni socialisti,<br />

o ad un referendum da indire tra gli stessi comuni. Rispetto all’inopportunità dell’uscita<br />

dall’Anci, l’altro relatore, Guido Marangoni ricordava che Caldara era vicepresidente dell’Associazione<br />

e Sichel era membro del consiglio direttivo; ivi, pp. 259-273.<br />

90<br />

La direzione del partito riunita a Bologna, “Avanti!”, 21 gen. 1916; Malatesta, I socialisti<br />

italiani…, cit., pp. 95-6<br />

91<br />

Con Caldara, faceva parte della minoranza socialista presente nel consiglio direttivo dell’Anci<br />

nominato a seguito del XIII congresso svoltosi a Roma nel 1915, oltre ai citati Giulio Casalini<br />

deputato e consigliere comunale a Torino; Luigi Sabatini, sindaco di Albano laziale e Tullio<br />

Zanella, sindaco di Verona; anche Adelmo Sichel, deputato e assessore comunale a Guastalla.<br />

92<br />

Associazione dei comuni italiani. La riunione del consiglio direttivo in Milano 21-22 febbraio<br />

1916, AC, n. 2, 29 feb. 1916, p.1.


38 PARTE I<br />

dall”Avanti!” che pure aveva deciso di riportare la delibera 93 - Caldara espresse<br />

la necessità di discutere la deliberazione del Partito, ricordando la diversa natura<br />

delle due organizzazioni, “una con determinati fini politici [la Lega], l’altra<br />

come strumento tecnico di difesa e di studio [l’Anci]”, ricordando - o forse meglio<br />

rivendicando – la propria qualità di vicepresidente dell’Anci e l’opera che<br />

da <strong>qui</strong>ndici anni prestava nell’organizzazione. Un’organizzazione che, tra l’altro,<br />

avrebbe dovuto lasciare proprio all’indomani della sentenza del Consiglio<br />

di Stato che radiava dal bilancio comunale milanese il contributo all’Anci 94 .<br />

Il giorno dopo la pubblicazione della lettera di Caldara il quotidiano del Psi<br />

pubblicava la notizia che la giunta comunale di Bologna, guidata da Zanardi,<br />

aveva votato l’abbandono dell’Anci 95 . La presa di posizione della giunta bolognese<br />

bilanciava ne l’“Avanti!” le ragioni del riformista Caldara ma, diversamente<br />

da quella che sosteneva il sindaco di Milano, la maggioranza il sindaco<br />

di Bologna era massimalista 96 e molto probailmente quel voto non rispecchiava<br />

la posizione politica del primo cittadino della città felsinea.<br />

Una successiva circolare della direzione firmata dal segretario Costantino<br />

Lazzari ricordò, nuovamente, a tutti i sindaci socialisti l’obbligo di uscire dall’Anci<br />

e di iscriversi alla Lega 97 . Secondo Punzo si trattava di una scelta formalmente<br />

conforme alle proposte presentate dai riformisti ad Ancona, di fatto aveva<br />

un significato contrario:<br />

“Non si poteva negare, in effetti, una coerenza esteriore tra questa decisione e<br />

quella adottata due anni prima al congresso nazionale di Ancona, quando era<br />

stata deliberata, su proposta di Caldara, la tattica intransigente nelle elezioni amministrative.<br />

Si trattava però, palesemente, di due modi diversi ed anzi antitetici<br />

di concepire il principio dell’intransigenza, inteso da alcuni [i riformisti] come<br />

autonomia del partito socialista da ogni gruppo politico, senza però escludere<br />

convergenze e collaborazioni; da altri [i massimalisti] come netta chiusura<br />

ad ogni dialogo e come netta contrapposizione a tutti gli altri partiti” 98 .<br />

L’uscita dall’Anci dei comuni socialisti adempiva alla volontà espressa dagli<br />

amministratori socialisti a Bologna 99 , ma non impedì la collaborazione tra la Lega<br />

e l’Anci. Come dimostrava il discorso sulle finanze comunali del deputato<br />

Adelmo Sichel alla Camera, pubblicato con un certo rilievo nel numero del dicembre<br />

1915 dalla rivista dell’Anci. Nell’intervento parlamentare l’esponente ri-<br />

93<br />

L’Associazione dei comuni e il congresso socialista di Bologna, “Avanti!”, 22 feb. 1916.<br />

94<br />

Associazione o Lega dei comuni? Una lettera di Emilio Caldara, “Avanti!”, 23 feb. 1916.<br />

95<br />

La giunta municipale di Bologna e l’Associazione dei Comuni, “Avanti!”, 24 feb. 1916.<br />

96<br />

Paola Furlan, L’amministrazione socialista Zanardi a Bologna, in Maurizio Degl’Innocenti<br />

(a cura di), Le sinistre e il governo locale in Europa dalla fine dell’800 alla seconda guerra mondiale,<br />

Pisa, Nistri-Lischi, 1984, pp. 134-145. Sulla sindacatura di Zanardi cfr. Nazario Sauro<br />

Onofri, La grande guerra nella città rossa. Socialismo e reazione a Bologna dal 1914 al 1918, Milano,<br />

Edizioni Del Gallo, 1966.<br />

97<br />

La Lega dei comuni socialisti, “Avanti!”, 13 mar. 1916.<br />

98<br />

Punzo, La giunta Caldara…, cit., p. 165.<br />

99<br />

Diversamente da quello che sostiene Punzo, secondo il quale era stata la direzione del Psi<br />

“interpretando per altro un voto espresso dallo stesso congresso” a decidere la scissione dall’Anci;<br />

ibidem.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 39<br />

formista dichiarava che le sue affermazioni non erano eco della volontà delle sole<br />

amministrazioni socialiste ma di tutti i comuni e, a tale proposito, presentava<br />

un ordine del giorno “d’accordo con i miei colleghi del Consiglio direttivo della<br />

Lega dei Comuni, insieme col collega Meda, che mi ha ceduto l’incarico” 100 .<br />

Era evidente, comunque, che la nascita della Lega nei termini in cui fu decisa<br />

a Bologna – nonostante le accelerazioni imposte dalla direzione del Psi, sottolineate<br />

da Punzo - incontrò il plauso di molti amministratori che ormai da anni<br />

non si riconoscevano nell’Anci, quegli stessi che avevano votato a Bologna la<br />

mozione Lolli. Esemplare, a questo proposito, il caso di Sesto Fiorentino narrato<br />

da Ragionieri. Il consiglio comunale a maggioranza socialista della cittadina<br />

votava il distacco dall’Anci nel 1905, anno di inizio della svolta moderata dell’organizzazione,<br />

perché “non dà alcun affidamento di poter conseguire lo scopo<br />

pel quale venne costituita”, e fino alla costituzione della Lega, nel 1916, non<br />

fece più parte di alcuna associazione nazionale 101 . Secondo i dati dell’Anci erano<br />

circa 300 i municipi che abbandonarono l’organizzazione, soprattutto del nord,<br />

tra questi i più importanti erano Milano, Bologna, Alessandria e Monza 102 .<br />

3.3. Statuto e rivista della Lega<br />

Il 23 maggio 1916 la direzione del Psi ed il Comitato direttivo della Lega<br />

approvarono lo statuto della Lega dei comuni socialisti. Lo statuto, <strong>qui</strong>ndi, non<br />

venne votato in un congresso di amministratori ma dalla dirigenza del Psi, quasi<br />

a sottolineare l’esistenza di quella subordinazione ai vertici nazionali del partito,<br />

quella “tendenza [….] statalista” 103 criticata da Zibordi nel 1910. Per quanto<br />

riguarda il funzionamento, organo dirigente della Lega era la Commissione<br />

esecutiva, di cinque membri, composta dal segretario dell’organizzazione e da<br />

altri quattro eletti nel seno del Comitato direttivo. La Commissione, almeno<br />

fino a tutto il 1918, era composta da Antonino Campanozzi, segretario; Costantino<br />

Lazzari, per la direzione del Psi; Giovanni Merloni, per il gruppo parlamentare<br />

socialista; Luigi Sabatini, sindaco di Albano laziale, rappresentante<br />

dei piccoli comuni; Francesco Zanardi, sindaco di Bologna. La Lega aveva sede<br />

a Roma in via del Seminario 87 104 , l’organo ufficiale era il mensile “Il comune<br />

moderno”, una delle migliori riviste di amministrazione locale del primo<br />

‘900, dove “con maggiore coerenza”, scrive Lucarini, “si faceva prassi quotidia-<br />

100<br />

Il discorso dell’on. Sichel sulle finanze comunali, AC, n. 12, 31 dic. 1915.<br />

101<br />

Archivio comunale di Sesto Fiorentino, Atti del consiglio comunale, vol. 79, p. 332; citato<br />

da Ernesto Ragionieri, Un comune socialista: Sesto Fiorentino, Roma, Editori Riuniti, 1953,<br />

pp. 134-5.<br />

102<br />

L’”Associazione dei Comuni” e la “Lega Socialista” in una intervista della “Settimana sociale”<br />

col Vice-Presidente Sturzo, in AC, n. 5, 31 mag. 1916, p. 3.<br />

103<br />

Zibordi, Primavera di vita municipale…, cit. Chiaramonte sottolinea molto polemicamente<br />

la circostanza; Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…, cit., p. 210.<br />

104<br />

Statuto della Lega dei comuni socialisti, “Almanacco socialista italiano 1917”, Antonino<br />

Campanozzi, Il primo anno di esistenza della Lega dei comuni socialisti, idem 1918, pp. 211-7;<br />

L’Assemblea generale delle amministrazioni socialiste, idem 1919, pp. 263-270.


40 PARTE I<br />

na l’idea […] di una stretta collaborazione tra le fasce più motivate della burocrazia,<br />

gli amministratori elettivi e i detentori di ‘saperi’ specialistici che aveva<br />

animato le redazioni delle riviste locali a partire dalla fine dell’Ottocento” 105 . La<br />

notizia che il foglio era divenuto organo ufficiale della Lega venne però pubblicata<br />

solo nel dicembre 1920 106 :<br />

“La rivista sta per subire una profonda trasformazione, che le permetterà di assolvere<br />

il compito per cui era stata creata […] diverrà l’organo ufficiale, la rivista<br />

tecnica della Lega dei comuni socialisti, che ha assunto grande importanza, dopo<br />

le elezioni amministrative e la con<strong>qui</strong>sta di circa un terzo dei comuni italiani”. La<br />

pubblicazione, ci teneva a ricordarlo l’editoriale, sarebbe rimasta sostanzialmente<br />

la stessa, ma “Arricchita di elementi valorosi, la nostra redazione potrà dare una<br />

idea davvero compiuta di quello che è il movimento comunale in Italia e fuori” 107 .<br />

Per quanto riguarda l’attività, il secondo articolo dello Statuto della Lega recitava:<br />

“Scopo della Lega è quello di coordinare le funzioni amministrative e politiche<br />

del partito socialista in seno alle province, ai comuni e a tutti gli enti pubblici,<br />

per promuoverne ed unificarne l’azione; di organizzare una efficace ed attiva consulenza<br />

tecnica, legale ed amministrativa, di facilitare i rapporti e di difendere gli<br />

interessi degli enti pubblici locali di fronte agli enti tutori locali e centrali” 108 .<br />

Se la “consulenza tecnica, legale ed amministrativa” e la difesa degli interessi<br />

“degli enti pubblici locali di fronte agli enti tutori locali e centrali” erano comuni<br />

all’Anci, quello che differenziava fondamentalmente le due organizzazioni era<br />

la qualificazione politica della Lega e la subordinazione al partito, rispetto ad<br />

un’Associazione che era stata costituita a Parma sulla base di una sostanziale neutralità<br />

politica per favorire l’adesione del maggior numero possibile di comuni.<br />

3.3.1. Le critiche di Sturzo ed il dolore di Caldara<br />

Nelle pagine della rivista dell’Anci la scissione venne condannata senza appello<br />

dal vicepresidente Sturzo secondo il quale la decisione era dovuta a motivi del tutto<br />

interni al Psi che niente avevano a che vedere con l’attività dell’Associazione:<br />

105<br />

Lucarini, Scienze comunali e pratiche di governo in Italia…, cit., p. 239.<br />

106<br />

La collaborazione del periodico con la Lega risaliva però al 1916, quando entravano nella<br />

redazione Merloni e Campanozzi esponenti dell’organizzazione socialista e animatori della<br />

rivista “Politica e finanza locale” che si fondeva con “Il comune moderno”; Giulio Casalini, Novità<br />

in famiglia, “Il comune moderno”, (Icm), lug.-ago. 1916, p. 193; Lucarini, Scienze comunali<br />

e pratiche di governo in Italia…, cit., p. 237.<br />

107<br />

“Il comune moderno” nel 1921. La nostra trasformazione, Icm, ott.-nov. 1920, pp. 293-4;<br />

dal gennaio 1921 la rivista venne pubblicata dalla Società editrice dell’ “Avanti!”.<br />

108<br />

Il Comitato direttivo, ai sensi dell’art. 4, era composto: “di due membri rappresentanti i consigli<br />

provinciali; di due rappresentanti i comuni di non oltre 5.000 abitanti; di due rappresentanti<br />

i comuni fra i 5.000 e i 25.000 abitanti; di due rappresentanti i comuni fra i 25.000 e i 100.000<br />

abitanti; di un rappresentanti per ognuno dei comuni di oltre 100.000 abitanti; di un rappresentante<br />

del gruppo parlamentare socialista; di un rappresentante della Direzione del partito socialista<br />

italiano”; Statuto della Lega dei comuni socialisti, “Almanacco socialista italiano 1917”, pp. 151-4,<br />

ora in Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (3)…, cit., p. 10075.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 41<br />

“Mai si sono accennati irriducibili dissensi interni e tutta l’opera svolta fin <strong>qui</strong><br />

è stata sempre ottenuta con la collaborazione intiera di tutti i partiti. I socialisti<br />

sono dunque stati indotti a staccarsi unicamente per un criterio di parte […,<br />

la Lega] non mancherà di voti e di memoriali: e per fare più e meglio dell’Associazione<br />

dei comuni, userà paroloni più grossi e tinte più calde. Ma quanto<br />

alla resistenza sarà bene vedere fin dove le amministrazioni comunali socialiste<br />

potranno fare a meno della Legge e delle Prefetture, e fin dove vorranno provocare<br />

le crisi municipali per protesta e per lotta […] L’idea delle libertà comunali<br />

deve farsi strada penetrando nella coscienza civile del Paese, non con la<br />

voce tronfia del comizio, né con l’ubriacatura della rivolta, ma col perseverante<br />

lavoro intellettuale e morale presso amministrazioni e governanti, presso elettori<br />

e studiosi” 109 .<br />

Caldara non poté fare a meno di manifestare il proprio dolore per la rottura<br />

con un’organizzazione che aveva contribuito a formare e nella quale aveva lavorato<br />

per 14 anni come segretario e per un anno come vicepresidente. Nella<br />

conclusione della sua lettera d’addio pubblicata su “L’autonomia comunale”<br />

sottolineava il tentativo suo e dei colleghi riformisti affinché l’appartenenza alla<br />

Lega non fosse incompatibile con quella all’Anci e, nonostante l’insuccesso,<br />

ribadiva l’idea di un’azione unitaria di Lega ed Anci rispetto alle materie più<br />

importanti:<br />

“Coi colleghi Casalini, Sabatini e Zanella ho curato con lealtà ed amore le pratiche<br />

intese a rendere compatibile la partecipazione dei Comuni socialisti, tanto<br />

alla loro istituenda organizzazione, quanto all’Associazione generale dei comuni<br />

italiani, e conseguentemente la nostra permanenza nel consiglio direttivo<br />

di questa […] Mi conforta il pensiero che ancora potremo trovarci accanto, se<br />

urgerà difendere la libertà ed i vitali interessi dei nostri Comuni” 110 .<br />

Molto simile era la lettera di Sichel che, come Caldara, sperava nella futura<br />

collaborazione tra le due organizzazioni:<br />

“mi auguro che possiamo ancora, dall’una e dall’altra riva, trovarci vicini, per<br />

difendere assieme le libertà e le autonomie comunali” 111 .<br />

3.3.2. Le interpretazioni della nascita della Lega dei comuni socialisti<br />

Il giudizio sulla nascita della Lega dei comuni socialisti è stato, fino ad oggi,<br />

sostanzialmente viziato dalla mancanza di elementi di giudizio. Come si è<br />

visto, la decisione di far nascere la Lega non derivava dalla semplice constatazione<br />

di un’eccessiva moderazione dell’Anci, ma era frutto, piuttosto, di una<br />

109<br />

L’”Associazione dei Comuni” e la “Lega Socialista” in una intervista della “Settimana sociale”<br />

col Vice-Presidente Sturzo, in AC, n. 5, 31 mag. 1916, p. 4; nella stessa intervista Sturzo affermava<br />

che l’Anci associava circa 3000 comuni.<br />

110<br />

Lettera di Emilio Caldara, datata Milano 14 mar. 1916, pubblicata in AC, n. 5, 31 mag.<br />

1916, p. 1.<br />

111<br />

Lettera di Adelmo Sichel, datata Guastalla, 24 mar. 1916, pubblicata in AC, n. 5, 31<br />

mag. 1916, p. 1


42 PARTE I<br />

decisione politica assunta all’interno del Psi sulla base di opposti intendimenti<br />

di riformisti e massimalisti.<br />

Secondo Bedeschi il congresso di Bologna del 1916 venne voluto dai socialisti<br />

“per approntare un adeguato strumento di lotta dopo che l’Associazione<br />

dei comuni era passata ormai nelle mani dei cattolici guidati da Sturzo” 112 . Gabriele<br />

De Rosa, storico del movimento cattolico e biografo di Sturzo, il primo<br />

a scrivere della storia dell’Anci, ha in qualche modo giustificato la scissione evidenziando<br />

una sorta di affievolimento dell’impulso originario dell’organizzazione:<br />

“L’Associazione, conseguito il primo successo sulla più importante rivendicazione<br />

della liberazione dei bilanci comunali dalle spese di competenza dello<br />

Stato 113 , continuò a battersi per altri importanti obiettivi, ma sempre con minore<br />

incisività” 114 .<br />

Sulla base di questa stessa motivazione Michele Lanzetta, in occasione del<br />

sessantesimo anniversario della fondazione dell’Anci avvenuto nel 1961, ha<br />

scritto nella rivista della Lega dei comuni democratici:<br />

“i socialisti divennero polemici verso la Associazione Comuni Italiani sino ad<br />

opporle, come proprio organismo di lotta, la Lega dei comuni socialisti, non<br />

per intransigenza massimalistica […] chiedevano soltanto che l’Associazione<br />

non deviasse dai suoi fini originari, fosse più presente, dinamica ed assumesse<br />

nei confronti dell’autorità tutoria e dei governi un atteggiamento di adeguata<br />

energia, e perciò di lotta per la con<strong>qui</strong>sta dell’autonomia comunale; e ciò dopo<br />

che era stato sperimentato invano ogni altro metodo […] Nei suoi 25 anni di<br />

esistenza furono fatti degli studi, anche pregevoli e fu ottenuta qualche riforma;<br />

ma nessuno può smentire che i risultati della sua azione – d’ordine eminentemente<br />

tecnico mentre il problema delle autonomie era eminentemente<br />

politico, e più ristretta e centralizzata che non generale, articolata e periferica -<br />

furono complessivamente modesti ed inadeguati, come conseguenza di una<br />

condotta, se non sempre di supina remissività, indubbiamente troppo spesso<br />

debole [...] la condotta dell’Associazione, preoccupata di non apparire intransigente<br />

e di distinguersi per un suo proprio modo di essere al di fuori e al di sopra<br />

della mischia, fu più di remora che non di aiuto rispetto alle campagne sviluppate<br />

dalla Lega e dalle varie correnti politiche interessate all’autonomia comunale,<br />

compresa quella cattolica”. In sostanza, la vita dell’Anci era “sempre<br />

più lontana dagli scopi fondamentali dei suoi ideatori” 115 .<br />

Il giudizio di Lanzetta sulla nascita della Lega era chiaro: non erano stati i<br />

socialisti a lasciare l’Anci, era stata piuttosto la maggioranza moderata liberale<br />

e cattolica ad abbandonare i fini originari per i quali l’associazione era stata<br />

creata nel 1901 - su forte impulso della sinistra - obbligando così i socialisti ad<br />

allontanarsi da questa.<br />

112<br />

Bedeschi, Socialisti e cattolici nei comuni dall’unità al fascismo…, cit., p. 140.<br />

113<br />

Il riferimento è alla citata legge 24 marzo 1907, n. 116.<br />

114<br />

Gabriele De Rosa, La nascita dell’Associazione dei comuni, Roma, Edizioni cinque lune,<br />

1962, ora in Ruffilli, Piretti (a cura di), Per la storia dell’Anci…, cit., p. 19, il corsivo è redazionale.<br />

115<br />

Michele Lanzetta, I sessantanni dell’Anci, “Il comune democratico” (Icd), n. 9, 1961.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 43<br />

Un giudizio altrettanto impietoso di quello di Lanzetta sui risultati dell’opera<br />

dell’Anci è stato espresso dallo storico Lucarini che, a questo proposito, cita<br />

il fatto che in Italia i comuni non erano in grado di finanziare autonomamente<br />

le proprie opere pubbliche ma erano costretti a richiedere le somme necessarie<br />

dalla Cassa depositi e prestiti previa autorizzazione dello Stato 116 . Attribuire<br />

quasi solo alle colpe dell’Anci la mancanza di incisività delle proprie iniziative<br />

e della poca o inesistente autonomia politica, o finanziaria, dei comuni<br />

italiani vuol dire sopravvalutare le possibilità di reale incidenza dell’attività dell’Associazione<br />

sul complesso sistema politico-istituzionale nazionale, tradizionalmente<br />

centralistico.<br />

Diverso è il caso dell’opera di Umberto Chiaramonte, nella quale le vicende<br />

che portarono allo “strappo” della Lega sono ricostruite con minuziosità 117 .<br />

L’autore segue fin nei dettagli la scissione ma senza avvertire la complessità degli<br />

avvenimenti che avevano preceduto e seguito il congresso Bologna del 1916,<br />

gia segnalati da Punzo. Inoltre, preoccupato di dimostrare un inesistente primato<br />

dei cattolici in materia di politica locale e facendo propria la condanna<br />

della separazione socialista espressa ufficialmente dalla direzione liberale e cattolica<br />

dell’Anci, Chiaramonte non ha registrato la continuità, nei fatti, della<br />

collaborazione tra l’Associazione ed i riformisti testimoniata, per esempio, dal<br />

citato intervento alla Camera del socialista Sichel 118 . Ma più che di primato dei<br />

cattolici e di imitazione dei socialisti 119 sarebbe stato il caso, invece, di registrare<br />

la sostanziale convergenza degli uni e degli altri sulla questione fondamentale<br />

del diritto all’autonomia dei comuni. Una sostanziale convergenza che aveva<br />

permesso a cattolici e riformisti di collaborare per <strong>qui</strong>ndici anni e che avrebbe<br />

permesso ancora ad amministratori e politici delle due parti di lavorare fianco<br />

a fianco nell’interesse del movimento per le autonomie locali.<br />

4. L’attività della Lega nel periodo liberale<br />

4.1. La mobilitazione bellica e i comuni socialisti<br />

Durante gli anni della guerra, la necessità di organizzare lo sforzo bellico<br />

mobilitando tutte le forze disponibili, obbligò il governo nazionale ad appoggiarsi<br />

anche ai comuni amministrati dai socialisti i quali si rafforzarono, insieme<br />

alla loro Lega. Scrive Bedeschi “Il congelamento dei consigli comunali du-<br />

116<br />

Federico Lucarini, Immagini ambivalenti e realtà in movimento. I comuni urbani in Italia<br />

dalla fine dell’Ottocento alla Grande Guerra (1894-1914), in Angelo Varni e Guido Melis (a cura<br />

di),L’impiegato allo specchio, Torino, Rosenberg e Sellier, 2002, p. 154 e 174.<br />

117<br />

Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…, cit., pp. 193-213.<br />

118<br />

Il discorso dell’on. Sichel sulle finanze comunali, AC, n. 12, 31 dic. 1915.<br />

119<br />

Chiaramonte, per esempio, scrive di imitazione dei socialisti, di dejà vu, tra gli argomenti<br />

discussi a Bologna e quelli elaborati dall’Anci (Luigi Sturzo nell’Anci…, cit., p. 195 e 199), come<br />

se i socialisti che avevano contribuito a fondare l’Associazione e a delinearne la politica per<br />

<strong>qui</strong>ndici anni fossero stati semplicemente degli incompetenti capaci solo di ripetere i discorsi<br />

di altri politici.


44 PARTE I<br />

rante i quattro anni di guerra permetteva alla Lega non solo di consolidarsi organizzativamente,<br />

ma di dimostrarsi uno strumento utilissimo sia come collegamento<br />

che come azione unificatrice della politica socialista municipale” 120 .<br />

In un articolo apparso nella “Critica sociale” del novembre 1916 il segretario,<br />

Campanozzi, illustrava i primissimi risultati dell’azione della Lega. Favorita<br />

dalla necessità del Governo di mobilitare tutte le istituzioni a sostegno dello<br />

sforzo bellico: “col decreto luogotenenziale del 2 agosto, le principali proposte<br />

della Lega dei comuni vennero accolte […] e furono create la Commissione<br />

centrale, il servizio temporaneo degli approvvigionamenti e le commissioni<br />

consultive provinciali, furono autorizzati gli enti pubblici locali a contribuire al<br />

capitale di fondazione degli enti autonomi per i consumi”. Alla Commissione<br />

centrale per gli approvvigionamenti “che tante speranze aveva suscitato”, vennero<br />

chiamati, insieme ai “più genuini rappresentanti degli agrari, degli industriali<br />

e dei commercianti, Francesco Zanardi, sindaco di Bologna e membro<br />

autorevole del Comitato della Lega dei comuni socialisti, Antonio Vergnanini,<br />

segretario generale della Lega nazionale delle cooperative e l’on. Carlo Pucci,<br />

per la associazione veterinaria italiana: non come ostaggi naturalmente, del Partito<br />

socialista, ma come garanzia della serietà dei propositi che animavano il<br />

Governo”. Il successo dell’attività della Commissione era però molto limitato,<br />

visto che aveva subito promosso ricerche e censimenti ma le misure adottate<br />

non solo non riuscirono a frenare i prezzi, obiettivo fondamentale della Commissione,<br />

ma turbarono il mercato 121 .<br />

Insomma, nello stesso tempo la guerra favorì il coinvolgimento dei comuni<br />

socialisti nella gestione del potere amministrativo dello Stato, ma questo non<br />

dette alcuna garanzia riguardo al successo delle misure da loro proposte:<br />

“L’ostacolo principale è derivato dalle eccezionali condizioni in cui oggi si svolge<br />

la vita nazionale in rapporto alle funzioni accentratrici dello Stato, le quali<br />

han trasformato i liberi comuni in organi esecutivi della politica di guerra in<br />

tutti i campi dell’attività locale: per cui si sono andati assottigliando, con l’incremento<br />

delle funzioni statali e con lo s<strong>qui</strong>librio permanente dei bilanci, quei<br />

residui di libertà e di autonomia, che erano il necessario presupposto del formarsi<br />

e svilupparsi dell’Associazione” 122 .<br />

Campanozzi non lo scriveva, ma all’importante Commissione centrale per<br />

gli approvvigionamenti partecipavano oltre alla Lega, anche l’Associazione dei<br />

comuni 123 e l’Upi 124 . Anci, Upi e Lega, parteciparono poi congiuntamente anche<br />

ad un altro organismo creato durante il periodo bellico, nel 1918, la Commissione<br />

reale per la riforma degli ordinamenti amministrativi e tributari dei<br />

120<br />

Bedeschi, Socialisti e cattolici nei comuni dall’unità al fascismo…, cit., p. 141.<br />

121<br />

Antonino Campanozzi, I problemi economici della guerra al convegno socialista di Roma,<br />

“Critica sociale”, 1-15 nov. 1916, pp. 283-6.<br />

122<br />

Campanozzi, Il primo anno di esistenza della Lega dei comuni socialisti…, cit., p. 211.<br />

123<br />

Archivio storico comunale di Parma, (ArSCPr), anno 1923, Amministrazione comunale<br />

1, fasc. Diverse, Associazione dei comuni italiani. XIV Congresso Nazionale dei Comuni, Parma<br />

19-20-21 Novembre 1921. Relazione morale e finanziaria Marzo 1915 – Ottobre 1921, Roma,<br />

p. 33.<br />

124<br />

Provincie e approvvigionamenti locali, “Rivista delle provincie” (Rdp) set. 1916, pp. 261-4.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 45<br />

comuni e delle province 125 . La Commissione, presieduta dal senatore Raffaele<br />

Perla, contava tra i suoi componenti: per la Lega il sindaco di Bologna, Zanardi;<br />

per l’Anci il presidente e i due vicepresidenti, rispettivamente senatore Piero<br />

Lucca, Dario Franco e Luigi Sturzo; per l’Upi il presidente ed il segretario,<br />

conte Vettor Giusti del Giardino ed Annibale Gilardoni; e ancora il deputato<br />

Carlo Schanzer, Luigi Einaudi, e vari dirigenti dell’amministrazione centrale<br />

dello Stato, tra i quali Alberto Pironti, direttore generale dell’Amministrazione<br />

civile presso il Ministero dell’interno 126 . Le organizzazioni del movimento per<br />

le autonomie, <strong>qui</strong>ndi, parteciparono a pieno titolo e da protagoniste allo sviluppo<br />

della pubblica amministrazione nazionale nel periodo bellico, sottolineata<br />

dalla storiografia 127 , contribuendone alla trasformazione.<br />

4.2. I principali settori di intervento<br />

Per quanto riguarda le attività di tipo tecnico-amministrativo, oltre a partecipare<br />

a Commissioni governative, la Lega promosse, nel 1917, specifiche attività<br />

di studio al proprio interno affidate ad apposite Commissioni speciali con<br />

funzioni di supporto all’attività del Comitato esecutivo:<br />

- per la politica tributaria, a cui parteciparono, Caldara, Matteotti, Graziadei,<br />

Sichel, Merloni;<br />

- per la politica dei consumi, con Zanardi, Vergnanini, Ernesto Pistoja, Enrico<br />

Dugoni, Giuseppe Pucci;<br />

- per la politica scolastica; con Virgilio Broccoli, Augusto Mammucari, Giuseppe<br />

Soglia;<br />

- per la politica agraria, con Massimo Samoggia, Luigi Montemartini, Mario<br />

Casalini, Luigi Sabatini, Giuseppe Parpagnoli;<br />

- per l’assistenza e beneficenza, con Cesare Marangoni, Luigi Minguzzi, Francesco<br />

Betti, Fabrizio Maffi, Francesco Panizzi;<br />

- per l’assistenza sanitaria e igienica, con Giulio Casalini, Umberto Brunelli e<br />

Giuseppe Portalupi;<br />

- per lo studio delle riforme concernenti le province, composta dai presidenti delle<br />

deputazioni provinciali di Ferrara, Aroldo Angelini; di Bologna, Guadagnino;<br />

di Mantova, Menotti Luppi; di Reggio Emilia, Mazzoli e, inoltre,<br />

Claudio Treves;<br />

- per la difesa dell’autonomia degli enti locali, con Filippo Turati, Caldara,<br />

Emanuele Modigliani, Sichel e Campanozzi;<br />

Per la politica del lavoro funzionava da Commissione speciale il Comitato esecutivo<br />

della Lega riunito con il Comitato esecutivo della Confederazione del lavoro.<br />

La Lega istituì anche un Ufficio di consulenza amministrativa e legale per gli<br />

enti locali di cui fecero parte il segretario, Campanozzi e vari avvocati romani.<br />

125<br />

Costituita con il decreto luogotenenziale 18 aprile 1918, n. 511.<br />

126<br />

L’attività legislativa nei riguardi dei comuni, AC, mar.-mag. 1918, p. 11.<br />

127<br />

Per tutti cfr. Guido Melis, Storia dell’amministrazione italiana 1861-1993, Bologna, Il<br />

Mulino, 1996, pp. 69-277.


46 PARTE I<br />

L’azione della Lega si sviluppò anche in Parlamento attraverso gli interventi<br />

dei deputati socialisti che promuovevano ed appoggiavano provvedimenti a favore<br />

degli enti locali, come quello – già ricordato - che aveva dato vita alla<br />

Commissione centrale per gli approvvigionamenti. Ma l’organizzazione era anche<br />

impegnata anche nella preparazione di riunioni con il Gruppo parlamentare<br />

e la direzione del Psi, coadiuvate da convegni di sindaci, in materia finanze<br />

locali, assistenza e beneficenza, pensioni di guerra, politica scolastica e agraria,<br />

assistenza sanitaria ed igiene. Vi era stato anche un “importante collo<strong>qui</strong>o<br />

tra il Comitato esecutivo della Lega e il Ministro dell’interno”. Alcuni specifici<br />

provvedimenti finanziari venivano definiti frutto proprio di questa attività,<br />

quali il decreto luogotenenziale 31 agosto 1916, che istituiva, tra l’altro, il contributo<br />

straordinario per l’assistenza civile, e i decreti 21 dicembre 1916 e 26<br />

luglio 1917, che concedevano mutui di favore anche per il finanziamento degli<br />

enti autonomi di consumo e per l’indennità di caro-viveri agli impiegati e<br />

salariati degli enti locali:<br />

“provvidenze certamente inadeguate di fronte al fabbisogno dei bilanci comunali;<br />

ma che, probabilmente, non sarebbero state in parte o in tutto emanate<br />

senza la vivace e costante pressione dei nostri comuni e della loro Lega”.<br />

Non aveva avuto successo, invece, la proposta di creare un “Istituto nazionale<br />

di credito che permettesse agli Enti locali di fronteggiare i bisogni<br />

straordinari e temporanei di cassa, una specie di Banca di Esercizio”. Rispetto<br />

all’assistenza, la Lega aveva spinto il gruppo parlamentare socialista<br />

a presentare alla Camera un ordine del giorno per la riforma delle pensioni<br />

di guerra. Il tema era stato oggetto di un convegno il 25 ottobre 1916 tra<br />

la Lega dei comuni, il gruppo parlamentare, la Lega nazionale delle cooperative<br />

e la direzione del Psi e alcune delle proposte discusse erano poi state<br />

accolte dal Governo, in particolare quella relativa al riconoscimento dei figli<br />

naturali.<br />

Sempre nell’ambito dell’assistenza ai cittadini più poveri, ai proletari, Campanozzi<br />

evidenziava che:<br />

“alle insufficienti provvidenze del Governo centrale han supplito, con abbondanza<br />

di mezzi e con largo spirito di solidarietà sociale, le nostre singole amministrazioni,<br />

grandi e piccole, che furono e sono di esempio e ammaestramento<br />

alle amministrazioni borghesi, così nel campo dell’assistenza come in<br />

quello dei consumi”.<br />

In vari campi, nonostante le difficoltà del momento:<br />

“si sono gettate le basi del programma socialista, con studi e deliberati delle<br />

Commissioni speciali”.<br />

L’obiettivo qualificante della Lega, la difesa dei comuni socialisti dagli attacchi<br />

delle autorità di governo, era trattato al termine della relazione:<br />

“Aggiungiamo, infine, che parte dell’attività della Lega è stata spesa non infruttuosamente<br />

nella difesa politica dei comuni associati, alcuni dei quali –<br />

Genzano, per esempio, Andria, Novara, Monza, ecc. – furono spesso bersaglio<br />

di rappresaglie e di persecuzioni. Sia direttamente sia a mezzo del Segretariato<br />

del Gruppo Parlamentare, la Lega è riuscita, in più casi, a salvaguardare le libertà<br />

comunali e ad impedire soprusi e sopraffazioni.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 47<br />

E quando un comune è stato colpito imprevedutamente, come nel caso di<br />

Monza, non ha mancato di levare la sua fiera protesta e di promuovere un’adeguata<br />

reazione da parte delle altre amministrazioni socialiste”.<br />

Per quanto riguarda le risorse finanziarie, nonostante le forti difficoltà di bilancio<br />

della Lega, causate dall’ostilità delle prefetture “che nella gran maggioranza<br />

dei casi hanno annullato le adesioni e le impostazioni della quota annua<br />

(mentre han lasciato passare adesioni e contributi per la Associazione dei comuni<br />

non socialisti)” 128 , Campanozzi prevedeva, nel 1918, “il più lieto avvenire<br />

per questo organismo – la Lega dei Comuni – destinato a trasformarsi, grado<br />

a grado, in un vero laboratorio di studi e di esperienze di amministrazione<br />

socialista e in un poderoso strumento per la con<strong>qui</strong>sta dei pubblici poteri” 129 .<br />

4.3. La Lega tra riformismo e massimalismo<br />

Nei fatti, <strong>qui</strong>ndi, la Lega dei comuni socialisti proseguì quella politica di<br />

studio, di iniziative progettuali, di pressione politica sul governo, di collaborazione<br />

con le organizzazioni del movimento socialista già perseguita dall’Anci e<br />

collaborò con questa - e con l’Upi - proprio come era nelle intenzioni espresse<br />

da Caldara e Sichel al momento dell’uscita dall’Anci.<br />

Quasi a riaffermare queste intenzioni la direzione del Psi riunita a Firenze dal<br />

23 al 27 luglio 1917 votò un ordine del giorno nel quale le amministrazioni locali<br />

socialiste venivano invitate a continuare il proprio lavoro: “non per far opera<br />

di collaborazione, ma per continuare a difendere, col mezzo del Comune socialista,<br />

i diritti e gli interessi del proletariato” 130 . Il 12 agosto successivo un convegno<br />

nazionale degli enti comunali di consumo, approvava la costituzione di<br />

una Federazione degli enti comunali di consumo, “conferendo ad essa veste giuridica<br />

per le operazioni commerciali e industriali, estendendo la sua azione a tutta<br />

l’Italia con organismi locali, provvedendo lo Stato al suo finanziamento” 131 .<br />

Ma proprio all’indomani di queste riunioni che riaffermavano l’importanza<br />

dell’opera dei comuni socialisti il segretario del Psi, Lazzari, riprese presso gli<br />

amministratori locali la campagna di intransigenza e di opposizione alla guerra<br />

rivolta, in particolare, contro i riformisti, una campagna avviata nel gennaio<br />

1917 con la richiesta dell’abbandono repentino dell’Anci. Rafforzando la tendenza<br />

intransigente negli enti locali la direzione del Psi volle colpire la collaborazione<br />

tra gli amministratori socialisti - soprattutto quelli di Milano e Bologna<br />

-, gli altri partiti e le istituzioni, in materia di assistenza alla popolazione proprio<br />

nel momento in cui questa rivelava tutta la propria importanza nei durissimi<br />

anni della guerra. Scrive ancora Punzo:<br />

128<br />

In realtà lamentale per la cancellazione delle adesioni dei comuni venivano, in quello<br />

stesso periodo, anche dall’Anci, come nel caso dell’eliminazione del contributo di Milano all’Associazione<br />

per il 1916, deliberata dal Consiglio di Stato, A proposito di una cancellazione,<br />

AC, n. 2, feb. 1916.<br />

129<br />

Campanozzi, Il primo anno di esistenza della Lega…, cit., pp. 211-7.<br />

130<br />

Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 155.<br />

131<br />

ivi, p. 155-6.


48 PARTE I<br />

“I comuni socialisti avrebbero dovuto adottare […] un’opposizione inflessibile<br />

contro lo sforzo bellico della nazione, capovolgendo la politica svolta fino a<br />

quel momento” 132 .<br />

Scrive Malatesta: “Ai municipi socialisti la Lega dei Comuni aveva fatto conoscere<br />

le deliberazioni prese dalla Direzione del Partito, quando, il 12 [agosto],<br />

Costantino Lazzari, segretario del P.S.I., inviava a tutti i sindaci socialisti<br />

una circolare riservata e personale, che venne nelle mani del Governo, e servì<br />

più tardi come uno degli elementi che condussero alla condanna del Lazzari” 133 .<br />

Nella circolare si chiedeva agli amministratori socialisti di scegliere tra due<br />

misure egualmente dirompenti:<br />

“1) Provocare le destituzioni in massa, mediante una generale ed eguale motivazione<br />

politica. Per esempio, non voler più oltre con una illuminata opera<br />

amministrativa contribuire al prolungarsi di una guerra che si era rivelata incapace<br />

di risolvere alcuni dei problemi che ha posto, mentre moltiplica i disagi<br />

materiale e morali di tutta la nazione.<br />

2) Rassegnare senza discussione ed eccezioni le dimissioni vostre e degli interi<br />

consigli dietro una parola d’ordine” 134 .<br />

A questa, il 25 settembre, seguiva un’altra circolare nella quale si sollecitava la risposta<br />

alla precedente 135 . L’8 ottobre 1917 il Consiglio dei Ministri varò un decreto<br />

che prevedeva in caso di dimissioni del sindaco e del conseguente scioglimento del<br />

consiglio comunale, il pagamento in solido da parte dello stesso sindaco delle spese<br />

che sarebbero state necessarie per la gestione straordinaria del comune 136 .<br />

La grande maggioranza degli amministratori, anche prima del provvedimento<br />

governativo, si espresse contro entrambi i provvedimenti suggeriti 137 ma<br />

il decreto bloccò qualsiasi rimanente velleità di mobilitazione. Caldara, da parte<br />

sua, in aperto contrasto con la politica promossa dalla direzione del proprio<br />

partito, in una lettera inviata alla Lega il 13 novembre 1917 dopo la rotta dell’esercito<br />

italiano a Caporetto (avvenuta il 24 ottobre 1917), chiese agli amministratori<br />

socialisti di restare al proprio posto 138 . Il divario tra i riformisti, mag-<br />

132<br />

Punzo, La giunta Caldara…, cit., p. 165.<br />

133<br />

Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 158; l’autore nel suo testo attribuisce<br />

alla circolare, erroneamente, la data del 12 settembre, sulla questione, cfr. Punzo, La<br />

giunta Caldara…, cit., pp. 314-5.<br />

134<br />

Circolare diretta dal segretario del Partito socialista italiano Costantino Lazzari ai sindaci<br />

socialisti del 12 agosto 1917 (circolare Lazzari n.1), ora in Luigi Ambrosoli, Né aderire né sabotare<br />

1915-1918, Milano, Edizioni Avanti!, 1961, pp. 409- 410.<br />

135<br />

Circolare diretta dal segretario del Partito socialista italiano Costantino Lazzari ai sindaci<br />

socialisti del 25 settembre 1917 (circolare Lazzari n.1 bis), ora in ivi, p. 410.<br />

136<br />

Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 158. A seguito di questi ed altri<br />

atti, Lazzari venne processato a Roma, insieme al vicesegretario Bombacci, il 26 febbraio 1918<br />

e condannato a due anni e undici mesi di reclusione, Bombacci a due anni e quattro mesi; ivi,<br />

pp. 165-173.<br />

137<br />

La notizia è tratta dall’analisi fatta da Punzo delle carte sequestrate a Costantino Lazzari<br />

e da lui consultate presso l’Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale<br />

della Pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, A 5 G, b. 60; Punzo, La<br />

giunta Caldara…, cit., pp. 314-5.<br />

138<br />

Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 162.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 49<br />

gioritari nelle amministrazioni locali, nel sindacato e nel gruppo parlamentare<br />

139 , ed il Psi si faceva sempre più profondo. Mentre Turati, dopo la rotta di<br />

Caporetto, ribadiva il dovere dei socialisti di difendere la Patria, i rivoluzionari<br />

cercavano ispirazione nella rivoluzione bolscevica in Russia.<br />

4.4. La seconda Assemblea generale della Lega<br />

Alla seconda assemblea generale della Lega, che si svolse a Bologna il 15-16<br />

settembre 1918 140 , oltre a 9 deputati (Morgari, Graziadei, Sichel, Bentini, Brunelli,<br />

Mazzoni, Treves, Todeschini e Beghi), parteciparono 80 comuni (Milano<br />

e Bologna erano le uniche due grandi città presenti), 11 enti ed opere pie, 5<br />

amministrazioni provinciali (Bologna, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e la<br />

minoranza di quella di Venezia); aderirono 17 comuni e la Confederazione generale<br />

del lavoro.<br />

Campanozzi nella sua relazione in primo luogo rendeva “un fervido omaggio<br />

all’opera di Francesco Zanardi, che della Lega fu il principale animatore”,<br />

ricordava il progetto, di una “Cattedra ambulante di amministrazione, non attuato<br />

per mancanza di fondi, e di una Banca di esercizio per i comuni che non<br />

poté avere attuazione per l’opposizione del Governo”, un progetto, quest’ultimo,<br />

già avanzato nel 1916 con lo stesso esito. Metteva in risalto l’attività di assistenza<br />

dei comuni alla popolazione provata dalla guerra, ricordando in particolare<br />

Milano e Bologna, confermava la difficile situazione di bilancio provocata<br />

dall’annullamento delle delibere di versamento della quota sociale, infine,<br />

invitava “le amministrazioni a valersi dell’Ufficio di consulenza, costituito di<br />

valorosi professionisti”. Seguivano le relazioni di Sichel, sull’autonomia comunale;<br />

di Zanardi, su consumi e produzione; di Bonfantini, sulla politica scolastica;<br />

di Bogiankino su tributi e bilanci e, dopo una discussione, l’assemblea votava<br />

i relativi ordini del giorno.<br />

A proposito dell’autonomia comunale, il voto impegnava i deputati socialisti<br />

alla presentazione di una proposta di legge di iniziativa parlamentare per la<br />

riforma della legge comunale e provinciale, anche in materia di opere pie, alla<br />

difesa delle amministrazioni locali socialiste e, infine, anche a promuovere l’assicurazione<br />

obbligatoria come soluzione al problema dell’assistenza sanitaria,<br />

che gravava in gran parte sui bilanci comunali. Riguardo ai consumi, il voto del<br />

congresso era diretto a “sviluppare la coscienza di classe del proletariato internazionale<br />

per l’abolizione dei dazi interni di consumo” e, in generale “una più<br />

intima e completa fusione di sforzi per il raggiungimento di un sano e<strong>qui</strong>librio<br />

tra la produzione ed il consumo”. A questi altisonanti proclami seguivano precise<br />

indicazioni, quel voto doveva trovare attuazione attraverso:<br />

139<br />

La Confederazione del lavoro e il gruppo parlamentare vennero criticati da Lazzari e<br />

dall’”Avanti!” per l’incitamento alla difesa del paese, Malatesta, I socialisti italiani durante la<br />

guerra..., cit., pp. 160-3 e 272-3.<br />

140<br />

Si ricorda che appena due settimane prima, dal 1° al 4 settembre 1918, si era svolto a<br />

Roma il XV congresso del Psi.


50 PARTE I<br />

“cooperative libere da piccoli interessi particolaristici, e gli Enti autonomi dei<br />

consumi […] produzione diretta attraverso organi di produzione creati con<br />

concorso e nell’interesse di tutti i lavoratori associati”.<br />

Relativamente alla politica scolastica si chiedeva anche nei piccoli comuni<br />

l’apertura della IV classe elementare e, in generale, la promozione ed il miglioramento,<br />

complessivo, dell’insegnamento scolastico; rispetto a tributi e bilanci<br />

si chiedeva l’abolizione del dazio consumo e la sua sostituzione, come risorsa finanziaria<br />

dei comuni, con una sovrimposta comunale su terreni, fabbricati e<br />

redditi mobiliari 141 .<br />

In questo congresso sembrava fosse addirittura possibile nella Lega una sintesi<br />

tra gli obiettivi utopici dei massimalisti e quelli più realistici dei riformisti<br />

(purtroppo altrettanto utopici solo per la miopia e l’immobilismo della classe<br />

dirigente liberale). Era il caso del voto scaturito dalla relazione del sindaco di<br />

Bologna Zanardi, che iniziava con la premessa “sviluppare la coscienza di classe<br />

del proletariato internazionale” e proseguiva, come già ricordato, con la richiesta<br />

della “abolizione dei dazi interni di consumo” per “una più intima e<br />

completa fusione di sforzi per il raggiungimento di un sano e<strong>qui</strong>librio tra la<br />

produzione ed il consumo”.<br />

4.5. Dall’utopia socialista all’amministrazione locale<br />

4.5.1. Zanardi e l’Ente comunale di consumo<br />

La citazione di Zanardi come esempio di traduzione dell’ideale socialista in<br />

concrete misure amministrative e giuridiche in favore dei cittadini non è casuale.<br />

Proprio come non lo era stata scelta del sindaco di Bologna come relatore<br />

in materia di consumi e produzione. Zanardi, infatti, era conosciuto come il<br />

“sindaco del pane”, l’ideatore dell’Ente autonomo dei consumi (poi ente comunale<br />

di consumo) da lui definito: “Cittadini riuniti in libera associazione,<br />

con lo scopo di distribuire generi di largo consumo alle migliori condizioni senza<br />

alcun scopo speculativo”. L’ente venne finanziato inizialmente dal Comune<br />

e dalla Provincia, rispettivamente con 500.000 e 100.000 lire, nacque nell’agosto<br />

1914 e, successivamente, venne riconosciuto sul piano giuridico da un apposito<br />

decreto luogotenenziale discusso nel 1918 142 . Bononia docet [Bologna insegna],<br />

aveva scritto Treves, e lo faceva non solo in ambito politico, ma anche<br />

in quello giuridico.<br />

Furlan definisce l’Ente autonomo dei consumi: “una vera e propria figura<br />

giuridica creata appositamente per legittimare la funzionalità e la necessità dell’esistenza<br />

di quelli che ormai veniva chiamati ‘i negozi Zanardi’” 143 . E i congressi<br />

dei comuni socialisti, l’organizzazione della Lega, erano l’occasione per<br />

diffondere il modello dell’ente autonomo dei consumi in tutta Italia.<br />

141<br />

L’Assemblea generale delle amministrazioni socialiste…, cit.<br />

142<br />

Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., pp. 119-124.<br />

143<br />

Furlan, L’amministrazione socialista Zanardi…, cit., p. 143.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 51<br />

Quello della creazione dell’ente autonomo dei consumi è un esempio, concreto,<br />

di quello che Rugge ha scritto in merito al fatto che i comuni con le proprie<br />

azioni, “imponevano un’articolazione delle funzioni amministrative” 144 . La<br />

felice espressione di Cassese su “la forza creatrice del diritto esistente in periferia”<br />

145 - che riprende un concetto di Giannini che definisce i comuni del Centro-Nord<br />

del primo ‘900 come “i più operosi creatori di istituti giuridici” 146 - è<br />

la migliore definizione e, insieme a quello di Giannini, il maggiore riconoscimento<br />

dell’originale sforzo di elaborazione giuridica, politica e culturale dei comuni<br />

italiani e della società locale italiana del primo ‘900 147 .<br />

Fu la concreta, straordinaria esperienza di amministrazioni comunali come<br />

quelle di Bologna e di Milano, che dette forza al progetto riformista. Il libricino<br />

di Caldara sulla sua esperienza di Sindaco di guerra a Milano fornisce l’esempio<br />

di cosa erano in grado di fare le amministrazioni socialiste per aiutare i<br />

cittadini negli anni della prima guerra mondiale. All’assistenza ai lavoratori italiani<br />

che tornavano in Patria allo scoppio del conflitto, ancor prima dell’entrata<br />

in guerra dell’Italia, successe quella ai profughi dai territori italiani invasi dalle<br />

truppe nemiche, sempre più numerosi dopo la rotta di Caporetto. A questa<br />

si aggiunse l’oculata gestione dell’approvvigionamento dei generi alimentari<br />

contro la borsa nera degli speculatori, anche oltrepassando i limiti delle competenze<br />

ufficiali. Ricordava Caldara, infatti, che la decisione del prefetto di<br />

sciogliere il consiglio comunale di Monza ebbe origine dal proposito del sindaco<br />

di istituire la tessera per lo zucchero.<br />

Era in pieno periodo di guerra che la “utopia del divenire socialista [era]<br />

stata per qualche tempo, tangibile realtà. Una organizzazione adeguata ha po-<br />

144<br />

Fabio Rugge, La “città che sale”: il problema del governo municipale di inizio secolo, in Mariapia<br />

Bigaran (a cura di), Istituzioni e borghesie locali nell’Italia liberale, Milano, Franco Angeli<br />

1986, pp. 57-8.<br />

145<br />

Sabino Cassese, Prospettive degli studi di storia locale, in Bigaran, (a cura di), Istituzioni e<br />

borghesie locali…, cit., pp.33-4.<br />

146<br />

Massimo Severo Giannini,I comuni, in idem (a cura di), Atti del congresso celebrativo del<br />

centenario delle leggi amministrative di unificazione. L’ordinamento comunale e provinciale, vol. I,<br />

I comuni, pubblicazioni dell’Isap, Vicenza, Neri Pozza, 1967, p.35. Ecco cosa scrive Giannini<br />

in proposito: “fu così che i Comuni, soprattutto quelli dell’Italia settentrionale e centrale, furono,<br />

almeno agli inizi di questo secolo, i più operosi creatori di istituti giuridici. Vi furono regolamenti<br />

comunali di edilizia, i quali contenevano delle prescrizioni che erano più avanzate di<br />

quelle della legge urbanistica del 1942; erano in vigore regolamenti di polizia rurale, sull’uso<br />

delle acque e sull’uso dei pascoli comunali, i quali certamente contenevano norme più appropriate<br />

di quelle che non fossero state poi emanate nelle leggi statali sulle acque pubbliche e sugli<br />

usi civici; istituti come i pubblici macelli, i mercati generali, i mercati speciali, i depositi generali,<br />

i vivai e i semenzai pubblici, le scuole di riabilitazione per i minorati, le cattedre di istruzione<br />

agraria, i preventori e gli ambulatori, alcuni istituti assistenziali per gli anziani o per persone<br />

socialmente sottoprotette, ebbero tutti la loro origine in iniziative comunali [...] il primo<br />

periodo della nostra storia unitaria ha visto un vero e proprio ‘diritto comunalÈ, che ha costituito<br />

un’anticipazione di legislazione statale, sopravvenuta sempre tardi, e non sempre bene [...]<br />

Tale processo espansivo è continuo e costante, e l’esempio forse più vistoso lo abbiamo nel campo<br />

delle municipalizzazioni [...] oggi [1967] il diritto comunale trova inaridite le proprie sorgenti”,<br />

ivi, pp. 34-6.<br />

147<br />

Su questo argomento cfr. Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit., pp. 83-93.


52 PARTE I<br />

tuto disciplinare i mercati più vasti e sensibili: quello del grano, ad esempio”.<br />

All’attività annonaria, che sembrava segnare il successo dell’economia pianificata<br />

rispetto a quella di mercato, si aggiungeva quella della gestione dei servizi<br />

pubblici vecchi e nuovi. Il comune assumeva la gestione delle tramvie urbane,<br />

ma preparava anche la difesa contro le incursioni aeree e portava a compimento<br />

opere pubbliche importanti, come la metropolitana e il canale navigabile<br />

da Milano al Po. Nel contempo si cercava di ridurre la burocrazia, si gestivano<br />

servizi in accordo con le autorità militari e, alla fine del conflitto, l’internazionalismo<br />

proletario faceva valere le proprie ragioni su quelle della guerra,<br />

sulla logica dei vinti e dei vincitori. Così lo stesso Comitato di assistenza<br />

che univa comuni e organizzazioni operaie nello sforzo per il soccorso ai bambini<br />

italiani profughi dell’area del Piave, predisponeva l’assistenza ai bambini<br />

della città di Vienna: “circa 2.300 bambini viennesi vennero sottratti alla miseria,<br />

migliorandone indirettamente anche le condizioni di quelli rimasti e salvandone<br />

dalla morte (in base alle tavole di mortalità allora accertate) circa<br />

200” 148 .<br />

4.5.2. La repressione prefettizia<br />

Erano però nulle le possibilità che la concreta esperienza dei comuni socialisti<br />

si traducesse in un ampliamento dell’autonomia comunale e, <strong>qui</strong>ndi, in<br />

leggi dello Stato che riconoscessero e promuovessero più in generale l’attività<br />

dei comuni. Nel clima di scontro sociale e di incertezza politica del primo dopoguerra<br />

le istituzioni più vicine ai bisogni ed alle esigenze dei cittadini erano<br />

le prime a pagare le conseguenze dei provvedimenti dei prefetti, come testimoniano<br />

le parole di Lazzari al XVI congresso del partito dell’ottobre 1919. Riguardo<br />

alla situazione dei comuni socialisti ed alla Lega, definita “organo sussidiario<br />

del Partito”, il segretario del Psi affermava che:<br />

“Parecchi comuni, alcuni importanti come ad esempio Massa, sono stati cancellati<br />

dalla lista dei comuni socialisti dalla violenza della amministrazioni governative<br />

locali […] Le difficoltà della vita amministrativa sono diventate grandi,<br />

immense e noi dobbiamo davvero riconoscenza ed ammirazione per il coraggio<br />

e lo spirito illuminato col quale i nostri compagni sindaci hanno affrontato<br />

le responsabilità delle loro situazioni” 149 .<br />

Coraggio e spirito illuminato dei compagni sindaci non bastarono a bloccare<br />

né i provvedimenti di scioglimento dei consigli e di commissariamento degli<br />

enti decisi dai prefetti, né le violenze dei fascisti, o la ristrettezza dei bilanci comunali,<br />

proprio come non bastò l’azione congiunta di Lega e parlamentari socialisti<br />

a far sì che i sindaci socialisti rimanessero in carica, nemmeno quello di<br />

148<br />

Emilio Caldara, Impressioni di un sindaco in guerra, Milano, Librerie editrici “La cultura”,<br />

1924.<br />

149<br />

Partito socialista italiano (Direzione del), Resoconto stenografico del XVI congresso nazionale<br />

del Partito Socialista Italiano. Bologna 5-6-7-8 ottobre 1919, Roma, Edizione della direzione<br />

del Psi, Milano Avanti!, 1920, pp. 50-1.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 53<br />

Massa, Francesco Betti 150 , membro del Comitato direttivo della Lega sin dalla<br />

costituzione 151 .<br />

A queste difficoltà, di carattere politico-istituzionale, si aggiunsero poi quelle<br />

dovute all’evoluzione della situazione politica nazionale ed a quella del partito<br />

e del movimento socialista.<br />

5. L’avvento del fascismo, le fratture nel Psi e la fine della Lega<br />

5.1. L’assalto fascista allo Stato comincia dai comuni socialisti: Bologna e Milano<br />

Nel 1919, il 23 marzo, vennero fondati i Fasci di combattimento e a partire<br />

dall’autunno del 1920, in un crescendo impressionate, la violenza fascista si<br />

abbatté sul partito, sulle organizzazioni e sulle amministrazioni locali socialiste.<br />

Il 15 aprile 1919 le squadre fasciste attaccarono la redazione milanese<br />

dell’”Avanti!”, ma “il fatto di sangue più drammatico che aprì la nuova stagione<br />

di scontro civile avvenne a Bologna il 21 novembre 1920 nel palazzo comunale<br />

d’Accursio e nella sottostante piazza centrale: il bilancio fu di nove<br />

morti e cinquanta feriti tra la folla” 152 . Il 21 novembre era la data dell’insediamento<br />

della seconda amministrazione comunale socialista. Il nuovo sindaco, il<br />

massimalista Enio Gnudi, eletto all’indomani delle elezioni amministrative -<br />

due anni dopo la fine dell’amministrazione Zanardi, decaduto perché designato<br />

alla Camera nel 1919 - rimase in carica appena due ore 153 . Era solo l’inizio:<br />

Bononia docet. La frase di Treves che metteva in risalto il ruolo pionieristico di<br />

Bologna nell’attività dei comuni italiani valeva anche nei durissimi anni della<br />

violenza fascista.<br />

Meno di due anni dopo, nell’agosto del 1922, i fascisti assaltavano il comune<br />

di Milano, il fatto ebbe un impatto fortissimo sulla Lega. Così scriveva Zanardi<br />

in quei giorni:<br />

“Seguiamo attentamente lo svolgersi degli avvenimenti che riguardano il Comune<br />

di Milano, poiché ad essi è subordinata la vita della nostra Lega.<br />

Quando il Direttorio del Gruppo Parlamentare e buona parte del Consiglio<br />

direttivo della Lega dei Comuni erano favorevoli ad abbandonare le amministrazioni<br />

Comunali e Provinciali per parte dei nostri compagni, l’intervento<br />

delle organizzazioni politiche ed economiche della vostra città ci ha consigliato<br />

di soprassedere da ogni deliberazione.<br />

La Direzione del Partito Socialista, poi, ha invitato i compagni a rimanere<br />

al loro posto, ma tale deliberazione potrebbe essere revocata se il governo sciogliesse<br />

il Comune di Milano.<br />

150<br />

Ibidem.<br />

151<br />

Statuto della Lega dei comuni socialisti…, cit.<br />

152<br />

Patrizia Dogliani, L’Italia fascista (1922-1940), Milano, Sansoni, 1999, p. 19.<br />

153<br />

L’eccidio di Palazzo d’Accursio avvenne a seguito dell’uccisione del consigliere della minoranza<br />

nazionalista, Giulio Giordani, a cui seguì l’aggressione fascista in piazza del Nettuno<br />

contro i cittadini accorsi a festeggiare l’elezione del nuovo sindaco.


54 PARTE I<br />

Per questo ti preghiamo di volerci tenere informati intorno alla vostra situazione;<br />

noi dal canto nostro facciamo quotidianamente vive pratiche per conoscere<br />

gli intendimenti del Governo Centrale; fino ad oggi non ci è stato possibile<br />

conoscere esattamente il pensiero del Ministro dell’Interno, da noi già interrogato.<br />

Le nostre impressioni sono queste: che i fascisti vogliono ad ogni costo lo<br />

scioglimento del Consiglio sotto la minaccia di nuove e più decisive azioni, che<br />

colpiscano lo Stato.<br />

La nostra opera è aiutata autorevolmente dai compagni On.li Caldara, Gonzales,<br />

Turati, Treves; sarà nostra cura tenerti informati di tutto quanto accade<br />

in merito alla importante questione” 154 .<br />

5.2. Comuni e province tentano di resistere alla violenza fascista<br />

Questa lettera firmata da Zanardi su carta intestata “Lega dei Comuni Socialisti”<br />

155 è molto importante perché testimonia l’impegno dell’organizzazione<br />

in favore dei comuni socialisti e il ruolo decisivo svolto dalla città di Milano<br />

nella decisione degli amministratori del Psi di resistere all’assalto fascista alle autonomie<br />

locali. A guidare l’amministrazione comunale milanese non c’era più<br />

il riformista Caldara ma Angelo Filippetti, già assessore anziano della giunta<br />

precedente, “amministratore esperto e politicamente non identificabile con i<br />

massimalisti più estremi”, non a caso con lui c’erano quattro assessori della<br />

giunta Caldara. Ogni sforzo fu però inutile. Il “prefetto Lusignoli […] legalizzò<br />

il sopruso [fascista] dichiarando lo scioglimento dell’amministrazione socialista”<br />

156 .“La marcia su Roma [iniziò] da Milano”, ha scritto Rotelli 157 .<br />

Il susseguirsi del decreto prefettizio di scioglimento alla violenza fascista era<br />

normale in quegli anni, si trattava di “una sorta di ‘divisione dei compiti’ che<br />

aveva portato tra il 1921 e il 1922 allo scardinamento di tutte le amministrazioni<br />

comunali in alcune province dell’Italia settentrionale” 158 , dove più forte<br />

era stato il successo dei socialisti – e dei popolari - nelle elezioni amministrative<br />

dell’autunno del 1920. 2.022 comuni e 26 consigli provinciali erano nelle<br />

mani delle amministrazioni socialiste, 1.613 comuni e 10 province in quelle dei<br />

154<br />

Lettera di Francesco Zanardi ad Alessandro Schiavi, Roma 10 ago. 1922; Archivio di Stato<br />

di Forlì, Fondo Alessandro Schiavi, b. 9, f. 60; pubblicata in Alessandro Schiavi, Carteggi.<br />

Tomo primo: 1892-1926, a cura di Carlo De Maria, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore,<br />

2003, pp. 489-490.<br />

155<br />

Più precisamente: “Lega dei Comuni Socialisti. Segreteria. Roma. Via Panetteria, 15”<br />

156<br />

Punzo, La giunta Caldara…, cit., p. 209.<br />

157<br />

Ettore Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento comunale e provinciale durante il regime<br />

fascista, in Idem, L’alternativa delle autonomie. Istituzioni locali e tendenze politiche dell’Italia moderna,<br />

Milano, Feltrinelli, 1978, p. 181.<br />

158<br />

Luigi Ponziani, Fascismo e autonomie locali, in Marco Palla (a cura di), Lo Stato fascista,<br />

Milano, La Nuova Italia, 2001, p. 329; sullo stesso argomento cfr., dello stesso autore, Il fascismo<br />

dei prefetti. Amministrazione e politica nell’Italia meridionale (1922-1926), Catanzaro, Meridiana<br />

libri, 1995.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 55<br />

popolari di Sturzo 159 . Scrive lo storico Aimo: “fra i principali ostacoli che il fascismo<br />

incontrò agli esordi, per il raggiungimento dei propri obiettivi di dominio<br />

politico, vi fu certamente il diffuso, radicato e articolato tessuto degli enti<br />

municipali alla cui guida erano saldamente insediati – nella maggior parte dei<br />

casi – gli esponenti del Partito popolare e della Sinistra, nonché i rappresentanti<br />

delle vecchie élites liberali” 160 , e fu un ostacolo che il fascismo decise di togliere<br />

di mezzo per primo.<br />

5.3. Le divisioni all’interno della Lega e la fondazione del Partito comunista<br />

Gli sviluppi della situazione interna al Partito socialista non contribuirono<br />

certo a dare forza agli enti locali amministrati dai socialisti. Dal 15 al 21 gennaio<br />

1921 si svolse a Livorno il XVII congresso nazionale del Psi nel corso del<br />

quale la corrente dei comunisti decise il distacco dal partito e il 22 gennaio i secessionisti<br />

fondarono il Partito comunista d’Italia (Pci).<br />

A seguito del congresso costitutivo il Pci emanò una direttiva che avrebbe<br />

avuto conseguenze molto gravi sulle amministrazioni locali a maggioranza socialista<br />

e, <strong>qui</strong>ndi, anche sulla Lega. La posizione del nuovo partito sul tema fu<br />

sostanzialmente identica a quella dei massimalisti del Psi i quali nutrirono sempre<br />

una sostanziale diffidenza verso le amministrazioni locali, aggravata, in questo<br />

caso, dalla necessità del nuovo partito di riaffermare la propria identità rispetto<br />

al vecchio Partito socialista con la rottura della collaborazione in qualsiasi<br />

sede.<br />

Innanzitutto il ruolo dei consiglieri e degli amministratori comunisti era considerato<br />

in termini estremamente limitati: “il Partito comunista non s’illude e<br />

non vuole far credere che gli organismi dell’amministrazione locale possano minimamente<br />

servire per l’esplicazione di un qualsiasi programma comunista”, la<br />

loro presenza doveva solo servire a “impedire che la classe borghese si serva di esse<br />

per tutelare i propri interessi e rafforzare i propri privilegi”. Il dato essenziale<br />

era l’affermazione dell’identità e dell’autonomia politica, a tutti i costi. Era sulla<br />

base di questa necessità che i comunisti, secondo la direzione, potevano rimanere<br />

nelle giunte comunali e nelle deputazioni provinciali solo se ne avevano il controllo<br />

assoluto e, in tal caso, avrebbero dovuto far dimettere tutti gli assessori socialisti.<br />

Nell’eventualità, invece, che i comunisti non avessero avuto la maggioranza<br />

nelle amministrazioni avrebbero dovuto dimettersi, senza alcuno scrupolo:<br />

“Se l’applicazione della tattica suesposta porterà in molte amministrazioni a crisi<br />

e ad impossibilità di funzionamento di questo non devono preoccuparsi i comunisti,<br />

per i quali soprattutto necessita differenziarsi dai socialisti, che dopo<br />

l’esito del Congresso di Livorno […] pensano che noi nella pratica annulleremo<br />

quello storico avvenimento per non turbare il normale andamento dei lavori<br />

amministrativi”.<br />

159<br />

Giorgio Candeloro, Storia dell’Italia moderna, vol. VIII, La prima guerra mondiale, il dopoguerra,<br />

l’avvento del fascismo, Milano, Feltrinelli 1979, pp. 335-6.<br />

160<br />

Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, cit., p. 105.


56 PARTE I<br />

Per quanto riguarda la Lega:<br />

“I comuni e le province comuniste, che hanno già inviato la loro adesione alla<br />

Lega dei comuni socialisti, rinunciano per ora ad ogni distacco e non dichiarino<br />

le loro dimissioni.<br />

I comuni e le province comuniste che ancora non avessero inviato la loro<br />

adesione, sospendano per ora ogni deliberazione in proposito. È necessario prima<br />

di prendere una definitiva risoluzione in proposito, attendere lo svolgimento<br />

ed i risultati del congresso che la Lega ha convocato per gli ultimi giorni<br />

del marzo prossimo a Rimini” 161 .<br />

5.4. La linea intransigente contro il Psi<br />

Il Pci, però, aveva fretta e non avrebbe aspettato il III congresso della Lega<br />

per decidere il da farsi. La necessità della contrapposizione netta con il vecchio<br />

Psi era assoluta. Per questo:<br />

“Il C.E. [Comitato Esecutivo] del Partito comunista d’Italia, esaminata la posizione<br />

dei comuni comunisti nei riguardi dell’imminente Congresso dei comuni<br />

socialisti, ed i rapporti svoltisi tra quest’organismo ed i comuni comunisti<br />

di alcune province, che ne sono stati allontanati, riservandosi di dare ulteriori<br />

istruzioni sull’argomento dell’assistenza e consulenza tecnico-legale ai comuni<br />

che sono nelle mani del Partito, invita i comuni comunisti a non intervenire<br />

al congresso di Rimini” 162 .<br />

Questo richiamo avrebbe avuto riflessi rilevanti nelle province a più forte<br />

presenza comunista, come quella torinese. In un convegno svoltosi il 9 aprile<br />

1922 a Torino, Angelo Tasca sostenne che “la con<strong>qui</strong>sta di oltre 2.000 comuni<br />

da parte del P.S. [Partito Socialista] sia stata più dannosa che utile al proletariato”;<br />

Signorini fece presente “la necessità di costituire un Ufficio di consulenza<br />

legale per le amministrazioni rette da comunisti” e l’assemblea dette mandato<br />

all’esecutivo federale di istituirlo 163 . A Milano, il 18 febbraio 1921, tre assessori<br />

si dimisero dalla giunta Filippetti “in seguito alla scissione comunista,<br />

cui aderirono 16 consiglieri” 164 .<br />

Giunte comunali e deputazioni provinciali a maggioranza mista socialista e<br />

comunista si spaccavano e correvano il rischio di non essere in grado di amministrare<br />

proprio quando avrebbero dovuto essere più compatte, per difendersi<br />

non solo dalla terribile violenza delle squadre fasciste ma anche dai decreti di<br />

scioglimento dei prefetti. Ufficialmente, infatti, quelle giunte e quelle deputazioni<br />

potevano essere sciolte con una giustificazione oggettiva, perché non era-<br />

161<br />

Tattica dei comunisti nelle amministrazioni locali, in Partito comunista d’Italia, Manifesti<br />

ed altri documenti politici (21 gennaio – 31 dicembre 1921), Libreria editrice del P.C. d’Italia,<br />

Roma (s.d.); Milano, Feltrinelli reprint, 1966, pp. 30-3.<br />

162<br />

Ivi, pp. 39-40; il corsivo è redazionale.<br />

163<br />

Il convegno dei rappresentanti comunisti delle amministrazioni comunali e provinciale di Torino,<br />

“Il comune moderno”, apr. 1922, pp. 127-8.<br />

164<br />

Punzo, La giunta Caldara…, cit., p. 352.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 57<br />

no in grado di amministrare, coprendo così agevolmente la vera motivazione:<br />

assecondare la violenza squadrista.<br />

La Lega iniziò ad indebolirsi al proprio interno proprio quando era più forte<br />

una delle ragioni fondamentali per la quale era nata: la necessità del suo intervento<br />

in difesa delle amministrazioni locali socialiste. Lo aveva scritto Amilcare<br />

Locatelli prima del congresso del Psi del 1921:<br />

“I lavoratori che in uno sforzo meraviglioso di compattezza hanno con<strong>qui</strong>stati<br />

quasi tremila comuni e venticinque province non vogliono scissioni. La scissione<br />

per essi è un’eresia. […] la grande maggioranza dei comuni d’Italia vuole<br />

l’unità del partito perché non siano dispersi in pochi giorni , i frutti fecondi che<br />

nella battaglia elettorale ultima abbiano raccolti” 165 .<br />

5.5. Il terzo ed ultimo congresso della Lega dei comuni socialisti<br />

A meno di tre mesi dall’appuntamento di Livorno, dal 3 al 6 aprile 1921 si<br />

svolse a Rimini il III ed ultimo congresso della Lega dei comuni socialisti.<br />

In occasione dell’apertura del congresso l’”Avanti!” pubblicò in seconda pagina<br />

un articolo firmato Gema, pseudonimo di Giacomo Matteotti. Il deputato<br />

riformista sottolineava il valore della concretezza dei congressi degli amministratori,<br />

rispetto alle “discussioni epiche o dei discorsi emozionanti a lungo<br />

metraggio” di altri consessi; ricordava la difficilissima situazione delle finanze<br />

comunali dopo gli anni della guerra e la necessità di non coprire i debiti del bilancio<br />

ordinario con prestiti; denunciava la violenza fascista contro gli enti locali<br />

e proclamava la necessità di resistere:<br />

“La violenza che insanguina le vie d’Italia ha preso come bersaglio favorito le<br />

amministrazioni comunali socialiste, dimostrando ancora una volta, se ce n’era<br />

bisogno, che non tanto gli eccessi violenti di alcuni socialisti, si vogliono ritorcere,<br />

quanto più distruggere l’opera costruttiva ed evolutiva del socialismo, che<br />

lede l’interesse privato e capitalistico […] se abbandoniamo la nostra opera, la<br />

vittoria avversaria è completa, il terrorismo diviene l’arma normale di lotta politica,<br />

la nazione regredisce a condizioni politiche ed economiche incredibili” 166 .<br />

Zanardi, nella sua veste di deputato, iniziò la relazione salutando, innanzitutto,<br />

i compagni sindaci e amministratori vittime dei fascisti, per primo il sindaco<br />

di Ferrara, Bogiankino, “in carcere per un reato che non ha commesso” e<br />

ricordò che “solo per divergenze politiche si [erano] perduti due grossi comuni:<br />

Firenze e Torino”. Il “sindaco del pane” annunciò l’adesione alla Lega di<br />

1900 comuni ma ricordò anche che sedici province su venticinque non avevano<br />

ancora risposto all’appello. Il problema, però, era che quasi nessun ente locale<br />

riusciva a pagare la quota per colpa della autorità tutorie, così, era il partito<br />

a garantire la sopravvivenza della Lega ed erano praticamente solo i riformisti<br />

a combattere in Parlamento per gli amministratori:<br />

165<br />

Amilcare Locatelli, Nei comuni con<strong>qui</strong>stati. Il pensiero sul Congresso, “Avanti!”, 16 gen.<br />

1921, p. 2.<br />

166<br />

Gema, Il comune con<strong>qui</strong>stato al socialismo. Il nostro congresso, “Avanti!”, 3 apr. 1921, p. 2.


58 PARTE I<br />

“La Lega vive perché la direzione del Partito socialista ha anticipato dei fondi.<br />

I deputati del Parlamento poco hanno fatto finora per la Lega. Molto hanno lavorato<br />

Matteotti, Casalini, Donati e qualche altro ma nel complesso il Gruppo<br />

parlamentare non ha ancora potuto esplicare un’opera molto efficace” 167 .<br />

Baratono per la direzione del Psi, incitò gli amministratori alla formazione<br />

di Leghe regionali a cui avrebbero dovuto far capo anche le organizzazioni di<br />

assistenza, gli enti per l’ac<strong>qui</strong>sto e la distribuzione dei viveri. Era indispensabile,<br />

a suo avviso, riorganizzare la Lega, il fascismo veniva visto come un ostacolo<br />

passeggero, utile a fortificare l’incrollabile fede nella rivoluzione finale:<br />

“Chi sa che la reazione fascista non ci abbia fatto bene! Opera di riorganizzazione<br />

dunque, e quest’opera si può fare soprattutto nei comuni. Per preparare<br />

la rivoluzione alle volte può valere il parlare, ma alle volte vale di più il tacere e<br />

il fare (Applausi calorosi)” 168 .<br />

L’assemblea discusse poi sul tema Per l’autonomia, intervennero Filippetti,<br />

nuovo sindaco socialista di Milano, poi Casalini. Anche Matteotti, nelle conclusioni,<br />

sottolineò il possibile effetto positivo che avrebbe potuto avere la bufera<br />

fascista che, schiantando i rami secchi, avrebbe fortificato la pianta del socialismo<br />

169 . Nemmeno lui, in quei giorni, sembrava aver avvertito il pericolo<br />

mortale costituito dal fascismo.<br />

Fu poi la volta della discussione su Abitazioni affitti e case popolari, argomento<br />

per il quale era relatore Alessandro Schiavi, presidente dell’Istituto per<br />

le case popolari di Milano, ex collaboratore del sindaco Caldara 170 .<br />

5.5.1. La questione dei tributi locali posta da Matteotti<br />

Nella giornata del 4 aprile gli amministratori dibatterono de I tributi locali. I<br />

relatori furono Menotti Luppi e Matteotti, il quale, tra l’altro - ribadendo il concetto<br />

espresso nell’articolo pubblicato nell’”Avanti!” - sottolineò l’importanza di<br />

non finanziare con mutui la spesa ordinaria dei comuni. Dichiarò, <strong>qui</strong>ndi, di essere<br />

contrario alla suddivisione netta delle risorse finanziarie tra Stato e comuni<br />

concedendo al primo le imposte sulle persone, ed ai secondi quelle sugli immobili.<br />

I comuni, sottolineò Matteotti “debbono vivere con tutta la ricchezza privata<br />

e non con una sola parte di essa”. Il suo progetto prevedeva per i comuni<br />

due imposte, mobiliare ed immobiliare, ed una terza, la tassa di famiglia, che le<br />

“riassuma per ogni famiglia progressivamente […] bisogna tassare indipendentemente<br />

dallo Stato con un sistema che non colpisca il produttore ma l’intermediario”<br />

e, infine, l’abolizione del dazio consumo. Al termine della discussione<br />

venne annunciato all’assemblea che i comuni rappresentati erano 700 171 . Se-<br />

167<br />

Magnifica affermazione del comune socialista a Rimini. La prima giornata. L’opera svolta<br />

dalla Lega, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1.<br />

168<br />

La prima giornata. Il discorso Baratono per la direzione del Partito, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1<br />

169<br />

La prima giornata. Per l’autonomia, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1<br />

170<br />

La prima giornata. Abitazioni affitti e case popolari, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1<br />

171<br />

La seconda giornata. I tributi locali, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 59<br />

guì la discussione sul progetto de La banca socialista per i comuni, argomento<br />

del quale era relatore Baratono 172 .<br />

Alla fine della giornata l’assemblea congressuale affrontò il tema del rapporto<br />

con lo Stato, durante la quale passò l’idea, sostenuta dai riformisti e dal segretario<br />

del Psi, Giovanni Bacci, anche alla luce della scissione comunista di Livorno,<br />

di non opporsi frontalmente allo Stato, dimettendosi in massa, come<br />

pure era stato proposto, ma di resistere alla testa delle amministrazioni 173 .<br />

I lavori del 5 aprile iniziarono con la discussione del Problema scolastico, a cui<br />

seguì quella sui rapporti tra comuni, province ed i loro dipendenti. In particolare,<br />

rispetto a questo argomento, è da ricordare la proposta dell’assemblea che<br />

considerò la questione della semplificazione della burocrazia non come una scelta<br />

del vertice politico, ma inquadrandola nei rapporti tra amministrazione e dipendenti,<br />

coinvolgendo <strong>qui</strong>ndi i lavoratori nello sforzo della riforma della pubblica<br />

amministrazione locale in vista del miglioramento dei servizi ai cittadini:<br />

“ritiene infine che la Lega dei comuni debba curare la semplificazione dei servizi,<br />

per la speditezza dei medesimi e risanamento della burocrazia, stato civile,<br />

liste elettorali, contabilità, anagrafe, ecc. ciò che possa condurre alla eliminazione<br />

di circa la metà del personale con maggiore speditezza dei servizi stessi” 174 .<br />

E fu guardando all’efficienza del servizio offerto ai cittadini che il 6 aprile,<br />

il congresso, relativamente ai cambiamenti di circoscrizione territoriale dei comuni,<br />

approvò una mozione nella quale si chiese ai municipi, sostanzialmente,<br />

di riflettere prima di chiedere la modifica dei rispettivi confini:<br />

“reputando massimamente utile la riunione in Consorzi sia in generale che per<br />

particolari scopi e servigi, invita i Comuni e frazioni che richiedono mutamenti<br />

di circoscrizione, a soprassedere in questo periodo di tempo e <strong>qui</strong>ndi a sottoporre<br />

la questione alla Lega dei Comuni”.<br />

Da ricordare, sempre nel quadro dei lavori, la riunione dei delegati delle amministrazioni<br />

provinciali presieduta dall’avv. Levi, presidente della deputazione di<br />

Milano, nel corso della quale venne approvata la “costituzione di una sezione indipendente<br />

per le Province della Lega dei comuni con segretario speciale”. Infine:<br />

“Quanto ai rapporti con le altre province non socialiste, si accetta la proposta<br />

Matteotti di intervenire nelle riunioni singole che trattino interessi generali,<br />

sentita la Lega dei Comuni. Non si potrà aderire all’Unione delle Province che<br />

ha un fine, come lo dimostra l’ordine del giorno approvato all’ultimo congresso<br />

essenzialmente politico”.<br />

Diversamente da quello che avevano cercato di fare con l’Anci, i riformisti<br />

non solo promuovevano un’autonoma organizzazione di amministrazioni socialiste<br />

ma chiedevano anche l’uscita dall’Upi. Probabilmente, visto il ben di-<br />

172<br />

La seconda giornata. Il finanziamento per i comuni. La banca socialista, “Avanti!” 5 apr.<br />

1921, p. 1.<br />

173<br />

Il Comune socialista di fronte allo Stato borghese. La seduta notturna del 4, “Avanti!”, 6 apr.<br />

1921, p. 1.<br />

174<br />

I lavori della terza giornata. Il problema scolastico. Rapporti tra enti locali e loro dipendenti,<br />

“Avanti!”, 6 apr. 1921, p. 1; Il congresso dei comuni socialisti termina i lavori. La seduta notturna<br />

del cinque, “Avanti!”, 7 apr. 1921, p. 2.


60 PARTE I<br />

verso peso dell’associazione delle province rispetto a quella dei comuni, l’abbandono<br />

delle giunte vicine al Psi avrebbe privato l’Upi di gran parte della propria<br />

forza e, <strong>qui</strong>ndi, politicamente, non vi sarebbe stato alcun vantaggio nella<br />

doppia militanza, che sarebbe stata invece molto utile nell’Anci, per continuare<br />

ad influenzare le decisioni di un’organizzazione che, anche dopo la spaccatura,<br />

era rimasta viva e vitale.<br />

Nel corso dell’ultima giornata dei lavori vennero approvate diverse altre mozioni,<br />

sulle casse di risparmio, sulla politica sanitaria, una di queste era intitolata<br />

Tutti al loro posto, approvata all’unanimità, nella quale:<br />

“Il Congresso invia l’espressione della propria solidarietà e della propria simpatia<br />

a tutti i compagni delle Amministrazioni colpite dalla violenza di gruppi o<br />

di minoranze faziose armate dal capitalismo più retrivo e incivile. Si astiene da<br />

ogni illusoria denuncia e protesta presso gli organi governativi […] ed invita i<br />

compagni a restare ad ogni costo al loro posto, esempio di fortezza e di ricostruzione<br />

per l’immancabile domani nell’ideale socialista” 175 .<br />

5.5.2. La reazione degli agrari<br />

Ma la “solidarietà” e la “simpatia” non erano sufficienti a difendere “i compagni”<br />

dalla violenza fascista. Forse era “illusoria” qualsiasi “denuncia e protesta<br />

presso gli organi governativi”, ma Giacomo Matteotti denunciò e protestò<br />

comunque, e con grande forza, come fece alla Camera dei Deputati il 27 luglio<br />

1921, nonostante le interruzioni ed il dileggio dei deputati fascisti. Matteotti<br />

denunciò la violenza delle squadre fasciste che picchiavano e uccidevano gli<br />

amministratori socialisti al pari di quella dello Stato che ne approfittava per<br />

sciogliere i consigli comunali che avevano espresso quelle amministrazioni. Dopo<br />

aver fatto un lungo e particolareggiato resoconto delle terribili violenze cui<br />

erano stati oggetto i comuni socialisti il deputato indicò apertamente i mandanti<br />

e la vera ragione delle violenze contro le amministrazioni del Psi, gli agrari<br />

e la loro volontà di non pagare e tasse:<br />

“Lo scioglimento dei consigli comunali è avvenuto senza che si parlasse di queste<br />

violenze, e voi vi attaccate ai discorsi-programma pronunziati da alcuni dei<br />

componenti dei Consigli! Ora, io domando, onorevole Teso, se risulta a carico<br />

di nessuno di quei consigli comunali alcuna illegalità vera e propria, e volutamente<br />

da noi preparata.<br />

È vano ricorrere a qualche parola più o meno accesa di qualcuno di parte<br />

nostra, quando quelle amministrazioni effettivamente camminavano secondo<br />

una linea precisa nella quale non vi era posto per l’illegalità […] La maggioranza<br />

socialista del comune di Rovigo offerse (e <strong>qui</strong> vi è qualche deputato che<br />

me ne può fare testimonianza) i garofani bianchi ai consiglieri di minoranza.<br />

Questi sono i costumi civili della nostra provincia.<br />

Le indennità [agli amministratori, contestate dai deputati fascisti] erano<br />

quelle, e anzi inferiori, a quelle del progetto votato in Parlamento. E i sussi-<br />

175<br />

L’ultima giornata, “Avanti!”, 7 apr. 1922.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 61<br />

di stessi consentiti dall’onorevole Giolitti per circolare ai prefetti. In verità<br />

c’erano solamente le tasse! E quello fu l’argomento che ha scatenato la violenza<br />

degli agrari. I nostri consigli comunali non si adattavano a seguire la politica<br />

balorda del governo che fa debiti per pagare le spese ordinarie, ma io ho<br />

insegnato ai miei comuni a pagare le spese ordinarie con le ordinarie entrate”<br />

176 .<br />

Ecco quello che aveva scatenato la violenza contro le giunte comunali socialiste,<br />

non la paura del mito della rivoluzione proletaria, ma la concreta pratica<br />

amministrativa – propagandata nei congressi ed insegnata in particolare da<br />

Matteotti – che prevedeva il pagamento delle spese ordinarie con le entrate ordinarie<br />

garantite da tasse ed imposte a carico delle classi agiate. Le spese ordinarie,<br />

come aveva scritto ne l’Avanti!, non dovevano essere pagate con prestiti<br />

che tra l’altro, era molto difficile reperire, perché: “ai Comuni beniamini si continuano<br />

le concessioni di prestiti. Ma tutte le Casse, e specialmente le locali, si<br />

chiudono inesorabilmente ai Comuni socialisti” 177 .<br />

5.5.3. I sindaci socialisti “finanziano” i propri comuni: l’esempio di Zanardi<br />

e Matteotti<br />

E che cosa significasse non avere risorse per sindaci e amministratori socialisti<br />

lo sapevano bene uomini come Matteotti e Zanardi. Alla fine del 1914,<br />

nell’avviare l’iniziativa che, successivamente, avrebbe dato vita agli Enti comunali<br />

di consumo, il sindaco di Bologna, il “sindaco del pane”, decise di aprire<br />

degli spacci municipali dove vendere generi alimentari, combustibili per uso<br />

domestico e tessuti a basso prezzo per la popolazione più povera, i “negozi Zanardi”.<br />

Per aprirli il sindaco sotto la sua personale responsabilità, “aveva usato<br />

soldi del Comune per finanziare un’iniziativa che aveva un preciso carattere privato.<br />

In quell’operazione Zanardi rischiò tutto: la sua onorabilità e anche la sua<br />

florida azienda farmaceutica. Egli sapeva che se i suoi ‘negozi’ avessero fatto fallimento<br />

avrebbe dovuto ritirasi a vita privata dopo avere pagato di persona i<br />

danni provocati alla municipalità” 178 .<br />

Matteotti, nella sua attività di sindaco e di amministratore in alcuni comuni<br />

del Polesine “colpiva la ricchezza e aiutava di tasca propria i comuni”. Nel<br />

gennaio del 1913 prestava senza interessi, come sindaco, 12.000 lire al comune<br />

di Villamarzana, somma che doveva essere restituita in 4 rate da 3.000 lire;<br />

nel 1914, come assessore, si dichiarava pronto ad assumere su di sé la spesa di<br />

900 lire per istituire una scuola nel comune di Fratta Polesine 179 .<br />

176<br />

Atti della Camera. Discussioni, tornata del 27 lug. 1921, pp. 746-7.<br />

177<br />

Gema, Il comune con<strong>qui</strong>stato al socialismo…., cit.<br />

178<br />

Onofri, La grande guerra nella città rossa..., cit., p. 158.<br />

179<br />

Fondazione Pietro Nenni, Giacomo Matteotti, Ricerca documentaria di Gianna Granati,<br />

Città di Castello, 2005, pp. 157-8.


62 PARTE I<br />

5.6. Il XIX Congresso nazionale del Psi, l’espulsione dei riformisti e la fine<br />

della Lega<br />

Dal 1° al 4 ottobre 1922 si svolse a Roma il XIX Congresso nazionale del<br />

Psi. La sera del 3 ottobre, con una maggioranza di circa 3.000 voti (32.106 contro<br />

29.119) la mozione dei massimalisti prevalse su quella degli unitari, votata<br />

dai riformisti i quali, di conseguenza, vennero espulsi dal partito 180 . Il pomeriggio<br />

seguente, il 4 ottobre, il congresso approvò, a grande maggioranza, un<br />

ordine del giorno sul tema “Comuni e amministrazioni locali” nel quale era<br />

scritto:<br />

“Le amministrazioni ancora tenute dai socialisti in comunione con elementi riformisti<br />

devono dimettersi. Alla direzione del Partito è riservato di decidere il contrario<br />

circa particolari eccezioni” 181 .<br />

Quella stessa mattina, i riformisti capeggiati da Filippo Turati, fondarono il<br />

Partito socialista unitario, tra gli aderenti vi erano due tra i massimi esponenti<br />

della Lega Matteotti e Caldara; la loro presa di posizione rispetto agli enti locali<br />

era diversa: bisognava sostenere le amministrazioni locali socialiste. Sindaci<br />

ed assessori socialisti dovevano essere aiutati a rimanere al loro posto, come<br />

aveva deliberato la Lega l’anno precedente. Sul tema “Comuni e province” parlarono,<br />

tra gli altri, Zanardi e Matteotti e venne approvato l’ordine del giorno<br />

proposto da Modigliani:<br />

“La Costituente, nell’intesa che il prossimo congresso del Partito socialista italiano<br />

unitario prenda più precise direttive in ordine alla con<strong>qui</strong>sta ed alla gestione<br />

delle amministrazioni locali, non ravvisa nella scissione una ragione di<br />

per sé sufficiente ad indurre i compagni a dimettersi dalle amministrazioni locali,<br />

ed in ordine alle prossime elezioni amministrative, demanda ogni decisione<br />

alle Federazioni provinciali, fermo il diritto della Direzione a mettere il proprio<br />

veto a manifestazioni incompatibili con le direttive del partito” 182 .<br />

5.6.1. Lo scioglimento della Lega<br />

Mentre i riformisti ribadirono il loro sostegno alle giunte socialiste i massimalisti<br />

del Psi decisero esattamente il contrario. La direzione del partito riunitasi<br />

il 6 ottobre, dopo la fine del congresso, “presenti i compagni: Buffoni, Corsi,<br />

Fioritto, Garruccio, Lo Sardo, Marzi, Ribaldi, Serrati, Valeri per la Federazione<br />

giovanile socialista”, votò, tra le altre, le seguenti decisioni:<br />

“Lega dei comuni socialisti<br />

La direzione delibera di dichiarare sciolta la Lega dei comuni socialisti e costituire<br />

presso la sua sede un ufficio di assistenza e consulenza amministrativa.<br />

180<br />

Le due mozioni in votazione, “Avanti!”, 4 ott. 1922, p. 2; sul congresso cfr. Franco Pedone<br />

(a cura di), Il Partito socialista italiano nei suoi congressi. Volume III, 1917-1926, Milano, Edizioni<br />

Avanti!, 1963, pp. 238-246.<br />

181<br />

Le amministrazioni locali, “Avanti!”, 5 ott. 1922, pp.1-2.<br />

182<br />

Il congresso dei social-democratici, “Avanti!”, 5 ott. 1922, p. 2


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 63<br />

Le elezioni amministrative<br />

La direzione del Partito socialista italiano, in ordine alla questione delle elezioni<br />

amministrative ora indette in molte province, riafferma il dovere dei socialisti<br />

di partecipare alla lotta elettorale per la con<strong>qui</strong>sta degli Enti locali.<br />

Le modalità per la partecipazione saranno determinate volta per volta dalla Direzione,<br />

secondo le condizioni del luogo e della lotta” 183 .<br />

Il successivo congresso, il XX, che si svolse a Milano dal 15 al 17 aprile<br />

1923, si concentrò soprattutto sui rapporti con la III Internazionale e sul futuro<br />

del partito, che si decise di mantenere in vita nonostante l’Internazionale<br />

spingesse alla fusione con il Pci. Per quanto riguarda le amministrazioni locali,<br />

la mozione del comitato di difesa socialista che era stata approvata dal Congresso<br />

(5.361 voti contro 3.968) non le citava nemmeno 184 . Il “programma minimo”<br />

che aveva permesso la fioritura delle amministrazioni locali socialiste era<br />

stato dimenticato dal Psi proprio mentre le squadre fasciste stavano compiendo<br />

la loro opera distruttiva nei confronti di comuni e province socialiste.<br />

I comunisti avevano lasciato la Lega nel 1921 per aprire propri uffici di consulenza<br />

perché erano convinti che i propri aderenti fossero troppo pochi per<br />

poter influenzare l’organizzazione. Il Psi, forte della propria maggioranza all’interno<br />

del movimento socialista, decise di chiudere la Lega dopo la scissione<br />

riformista, quasi certamente, perché la ritenne un’organizzazione controllata da<br />

aderenti al Partito socialista unitario e volle togliere, così, uno strumento che<br />

riteneva potesse essere utilizzato dai rivali.<br />

Così Ragionieri commenta la situazione del movimento socialista in quegli<br />

anni:<br />

“Mentre dalla base operaia e popolare saliva una forte spinta unitaria e si esprimeva<br />

una decisa e disperata volontà di lotta contro il fascismo, i partiti e gli organismi<br />

costituiti del movimento operaio italiano non seppero raccogliere queste<br />

indicazioni e con la loro condotta contribuirono a indebolire la capacità di<br />

resistenza popolare, facilitando la vittoria fascista” 185 .<br />

L’Anci non mancò l’occasione di sottolineare il legame tra il Psi e la Lega, a<br />

cui addebitò la fine dell’organizzazione dei comuni:<br />

“Lo scioglimento della Lega dei comuni socialisti, che giunge a pochi giorni<br />

di distanza del Congresso di Roma, dove la scissione del partito fu solennemente<br />

proclamata, è un fatto che merita speciale rilievo, perché conferma ancora<br />

una volta l’errore commesso dal partito socialista quando – in un momento<br />

in cui il socialismo sembrava arbitro dei destini d’Italia – esso pretese<br />

che le Amministrazioni rosse ritirassero la propria adesione all’Associazione dei<br />

Comuni Italiani e affidassero la difesa degli interessi municipali ad una organizzazione<br />

di partito.<br />

La necessità in cui il partito socialista si è trovato di sciogliere la Lega di<br />

fronte alla scissione della sua compagine, dimostra chiaramente come soltanto<br />

183<br />

Riunioni della direzione del Partito, “Avanti!”, 7 ott. 1922, p.1; il corsivo è redazionale.<br />

184<br />

Pedone (a cura di), Il Partito socialista italiano nei suoi congressi. Volume III, cit., pp. 259-277.<br />

185<br />

Ernesto Ragionieri, La storia politica e sociale, in Storia d’Italia, IV, t. 3, Dall’Unità a oggi,<br />

Torino, Einaudi, 1976, pp. 2116-7.


64 PARTE I<br />

una organizzazione apolitica possa far opera di efficace tutela di fronte alle alterne<br />

vicende dei partiti” 186 .<br />

Nell’ultimo numero de “Il Comune moderno. Rivista degli enti locali. Organo<br />

della Lega dei Comuni Socialisti”, stampato a Torino e datato ottobredicembre<br />

1922, il direttore, Casalini, annunciò la cessazione delle pubblicazioni<br />

della rivista. Ufficialmente la chiusura era dovuta alle cattive condizioni<br />

di salute del direttore, tra le righe, invece, si poteva leggere una chiara denuncia<br />

della violenza fascista: “meglio non scrivere che dare alla penna una flessibilità<br />

ripugnante” 187 . Nessun accenno, invece, alla decisione del Psi di chiudere<br />

la Lega, forse perché sarebbe stato troppo doloroso ricordare che lo stesso<br />

partito che aveva dato vita alla Lega, anche per proteggere e difendere i comuni<br />

socialisti, decise di chiuderla quando più forte sarebbe stata la sua necessità.<br />

Rovesciando sui massimalisti l’accusa che nel 1953 Ragionieri riferiva ai socialdemocratici<br />

dell’Italia liberale, è possibile affermare che con la chiusura della<br />

Lega si manifestava palesemente la sottovalutazione, costante in tutto il massimalismo<br />

italiano, del problema del comune e della con<strong>qui</strong>sta del comune da<br />

parte della classe operaia 188 . Non riconoscere comuni e province come pilastro<br />

della democrazia dell’Italia del primo dopoguerra fu un errore gravissimo da<br />

parte dei massimalisti. Scrive Aimo:<br />

“Come è avvenuto per il municipalismo di marca cattolica, la crisi del modello<br />

giolittiano e i travagli del primo dopoguerra condurranno ad un declino del<br />

socialismo municipale, che subirà pure gli effetti negativi della rinnovata e ancor<br />

più lacerante, contrapposizione, nel movimento operaio, fra le correnti riformatrici<br />

e quelle massimalistiche. Di queste divisioni approfitterà il nascente fascismo,<br />

che utilizzerà lo squadrismo e la violenza per colpire e sradicare le amministrazioni<br />

locali in mano alle Sinistre(e ai popolari)” 189 .<br />

5.6.2. Un bilancio della “rinascita comunale”<br />

Si chiudeva con il fascismo un periodo iniziato nel 1901, un periodo di<br />

grande speranza, e non solo per le autonomie locali, definito da Aimo della “rinascita<br />

comunale”:<br />

“Risale appunto a questo periodo (ottobre 1901) la fondazione dell’Associazione<br />

dei Comuni italiani, che rannoda, dunque, tante periferie disperse, ne assume,<br />

per così dire, la rappresentanza “sindacale” e diventa un interlocutore per<br />

il potere statale. Luogo di incontro e di elaborazione di strategie unitarie tanto<br />

più rilevante se si tiene conto che in esso confluiscono i delegati di forze poli-<br />

186<br />

Il comune e i partiti politici, AC, n. 5, nov. 1920, p. 1.<br />

187<br />

g.c. (Giulio Casalini), Commiato, Icm, , ott.-nov.-dic., 1922, p. 273.<br />

188<br />

La frase originaria di Ragionieri è: “si manifestava palesemente la sottovalutazione, costante<br />

in tutta la socialdemocrazia italiana, del problema dello stato e della con<strong>qui</strong>sta dello stato da parte<br />

della classe operaia”, Ragionieri, Sesto Fiorentino..., cit., pp. 110-1; il corsivo è redazionale.<br />

189<br />

Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, cit. pp. 90-1.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 65<br />

tiche antagonistiche che non riusciranno, sul piano propriamente politico-parlamentare,<br />

a trovare momenti di accordo stabili e significativi”.<br />

Una stagione che non solo non si era interrotta con la nascita della Lega ma che<br />

proprio con la nascita della Lega aveva avuto un ulteriore impulso, una ulteriore<br />

sollecitazione progettuale, come avevano dimostrato, ad esempio, l’attività del comune<br />

di Bologna e le proposte discusse nei congressi della Lega. Aimo sottolinea<br />

in senso sfavorevole il fatto che “l’affiliazione partitica toccherà, certamente, anche<br />

queste forme di aggregazione volontaria e spontanea [il riferimento è all’Anci] (si<br />

pensi ad esempio alla Lega dei Comuni socialisti, del 1916) ma l’elemento consociativo<br />

e collaborativo sarà comunque prevalente” 190 . Di per sé la costituzione della<br />

Lega non deve essere considerato un fatto negativo, solo per il fatto che l’organizzazione,<br />

diversamente, dall’Anci, fosse legata ad un partito. Proprio perché legata<br />

ad un partito con una lunga storia di attenzione verso gli enti locali, con una<br />

forte identità ed un altrettanto forte senso di appartenenza come il Psi, infatti, la<br />

Lega fu in grado di attrarre e di coinvolgere in un’azione collettiva amministrazioni<br />

locali che non avrebbero accettato di far parte di alcun altra associazione. Se non<br />

l’avessero ostacolata le fortissime divisioni interne, che corrispondevano a quelle<br />

esistenti nello stesso Psi, la Lega sarebbe stata in condizione di mobilitare le organizzazioni<br />

del movimento dei lavoratori ed il forte gruppo parlamentare socialista<br />

come quasi certamente mai sarebbe stato in grado di fare l’Anci, né rispetto ai sindacati,<br />

né rispetto ai propri parlamentari di riferimento.<br />

Nella visione dei riformisti la Lega non prevedeva l’incompatibilità con l’adesione<br />

all’Anci e anche quando su decisione dell’assemblea costitutiva del 1916<br />

– ed il contributo determinante di Lazzari – l’incompatibilità venne infine stabilita,<br />

la dirigenza riformista dell’organizzazione si mosse, nei fatti, in coordinamento<br />

con l’Associazione dei comuni. Pur separata dall’Anci la Lega era protagonista<br />

del movimento per le autonomie locali, andandone ad occupare quella<br />

può essere definita l’ala sinistra, accanto all’Associazione dei comuni di Sturzo,<br />

al centro, ed all’ala destra, dove poteva essere collocata la meno forte Upi.<br />

Grazie anche al prestigio di uomini come Caldara la Lega non venne trascinata<br />

in operazioni velleitarie come quelle adombrate dalle circolari Lazzari del<br />

1917, garantendo così alle amministrazioni locali socialiste una rete di comunicazione<br />

e di contatti sulla base della quale promuovere iniziative a vantaggio dei<br />

comuni non solo di tipo politico-istituzionale, come quelle svolte in Parlamento,<br />

ma anche dirette a sviluppare attività a beneficio dei cittadini come, ad esempio,<br />

quella che dette vita nel 1917 alla Federazione degli enti comunali di consumo<br />

191 .<br />

5.7. La fine dell’Anci e dell’Upi<br />

Se la fine della Lega fu causata dalla miopia dei dirigenti del Psi quella dell’Anci<br />

si verificò, nei termini che verranno descritti, per la debolezza della diri-<br />

190<br />

Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, cit. p. 83.<br />

191<br />

Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 155-6.


66 PARTE I<br />

genza liberale e cattolica che lasciò ai fascisti la libertà di decidere i termini della<br />

fine dell’Associazione.<br />

Dalla seconda metà del 1923 gli uomini in camicia nera entrarono nell’Anci<br />

sostituendo gli amministratori democratici come Luigi Sturzo, rimasto nell’Associazione<br />

anche dopo la fondazione del Partito popolare italiano nel 1919.<br />

I più famosi tra i nuovi dirigenti furono Roberto Farinacci e Cesare Rossi, consiglieri<br />

comunali rispettivamente a Cremona e a Milano 192 . Rossi poi, nell’ottobre<br />

del 1923, divenne vicepresidente dell’organizzazione insieme ad un altro fascista<br />

Giuseppe Puca, sindaco di Castellamare Adriatico 193 , in sostituzione di<br />

Sturzo e Fortunato Buzzi 194 , decaduti perché non rieletti nei rispetti consigli comunali.<br />

In quegli stessi giorni, l’8 ottobre 1923, il presidente del consiglio Benito<br />

Mussolini incontrava la direzione dell’Anci 195 .<br />

Qualche mese dopo, nel febbraio del 1924, la vecchia Anci e l’organizzazione fascista<br />

degli enti locali, la Confederazione nazionale degli enti autarchici (Cnea), costituita<br />

appena l’anno precedente 196 , stabilirono un “Patto d’intesa” 197 . Circa un anno<br />

più tardi però, il “Patto”, secondo le affermazioni della dirigenza dell’Anci, venne<br />

“improvvisamente denunciato” dall’organizzazione fascista 198 . Per la Cnea, era<br />

“tramontata ogni possibilità d’intesa fra la Confederazione Nazionale degli Enti Autarchici<br />

e l’Associazione dei Comuni Italiani” 199 . Il 5 gennaio 1926 il consiglio direttivo<br />

dell’Associazione annunciava che nella precedente riunione del 15 dicembre:<br />

192<br />

A questo proposito il consiglio direttivo dell’Anci aveva rilevato, fin dal dicembre del<br />

1922, “come fosse avvenuta una rinnovazione di molte amministrazioni comunali e come nuove<br />

correnti politiche si fossero inserite nel ritmo della vita comunale italiana”; Integrazione del<br />

Consiglio direttivo dell’Associazione dei comuni, AC, n. 9, set. 1923, p. 1.<br />

193<br />

Riunione del Consiglio direttivo dell’Associazione dei Comuni Italiani, AC, n. 10, ott.<br />

1923, p. 2.<br />

194<br />

Sturzo, Buzzi e Dario Franco, erano stati nominati vicepresidenti a seguito del congresso<br />

del XVI congresso dell’Anci svoltosi a Parma nel novembre 1921, Il XIV Congresso nazionale<br />

dei comuni, AC, lug. 1922, p. 2. Dario Franco rimase in carica anche negli anni successivi, a<br />

fianco dei due vicepresidenti fascisti.<br />

195<br />

Importanti dichiarazioni di S.E. Mussolini ai rappresentanti dell’Associazione dei Comuni<br />

Italiani, AC, n. 10, ott. 1923, p. 1.<br />

196<br />

Fu il fascista ferrarese Giuseppe Ghedini, ragioniere del Ministero dell’interno, ad ideare<br />

nel 1922, nella provincia di Ferrara, una Federazione provinciale dei comuni fascisti di cui<br />

divenne segretario. Sul modello di quella Federazione, sempre a Ferrara, l’anno seguente venne<br />

costituita la Cnea, di cui Ghedini sarebbe stato segretario fino al febbraio 1926, data della sua<br />

morte. Nel dicembre del 1924 il Gran Consiglio del fascismo ed il direttorio del PNF dichiararono<br />

la Confederazione “organo ufficiale del Partito Nazionale Fascista”; Giuseppe Ghedini,<br />

Rdp feb. 1926, pp. 34-5. L’organo cambiò la propria denominazione da Confederazione nazionale<br />

in Confederazione generale a partire dal novembre del 1926; Confederazione generale<br />

degli enti autarchici, Federazione nazionale delle provincie, Rdp nov.-dic. 1926, pp 309-313.<br />

197<br />

Un patto d’intesa fra l’Associazione dei comuni e la Confederazione fra le federazioni provinciali<br />

degli enti autarchici locali, AC, feb. 1924.<br />

198<br />

Associazione dei comuni italiani, Relazione morale e finanziaria. Novembre 1921-dicembre<br />

1925 (approvata dal Consiglio direttivo nella seduta del 15 dicembre 1925), Roma, 1925, p. 7.<br />

199<br />

ArSCPr, Anno 1925, Amministrazione comunale 1, fasc. Amministrazione comunale.<br />

Abbonamenti. Anno 1925, Confederazione Nazionale degli Enti Autarchici, Federazione provinciale<br />

di Parma; Oggetto: Rapporti fra la Confederazione Enti Autarchici e l’Associazione dei Comuni<br />

Italiani, s.d., (febbraio 1925).


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 67<br />

“per evitare una dispersione di energie, [decise di] addivenire alla fusione delle<br />

due organizzazioni previa revoca della qualità di Ente morale, riconosciuta all’Associazione<br />

[…] In dipendenza di tale deliberato, l’Associazione dei Comuni<br />

Italiani ha cessato, con il 31 dicembre 1925, ogni attività ed esaurita la li<strong>qui</strong>dazione<br />

della sua gestione quale Ente, verrà successivamente fusa nella Confederazione<br />

Nazionale degli Enti autarchici” 200 .<br />

Questa, in breve, la successione degli avvenimenti che portò alla fine dell’Associazione<br />

dei comuni.<br />

5.7.1. L’inutile tentativo dell’Anci di ingraziarsi il fascismo. La clandestinità<br />

istituzionale dell’Upi<br />

Scorrendo i documenti ufficiali si ha modo di giudicare quanto ingloriosa<br />

fu questa fine. Il resoconto della riunione del 15 dicembre 1925 iniziava con il<br />

richiamo all’inesistente merito di essersi opposta ad un – in realtà mai avvenuto<br />

- tentativo socialista di appropriarsi dell’Associazione “che aveva vittoriosamente<br />

resistito nel 1916 al tentativo di con<strong>qui</strong>sta compiuto dai rappresentanti<br />

dei Comuni socialisti, i quali tendevano a farne un organo del loro partito”.<br />

Tradendo nella sostanza la tradizione moderata dell’Associazione e tramutandola<br />

in accondiscendenza verso il più forte, la direzione ricordava la propria<br />

adesione naturale al fascismo. L’Anci, dopo avere vinto i socialisti, “veniva a trovarsi<br />

naturalmente inserita nel nuovo movimento nazionale, pur senz’assumere<br />

atteggiamenti contrari alle precise disposizioni statutarie e senza cambiare sostanzialmente<br />

il proprio ordinamento”. E così, sempre rispettando lo statuto,<br />

“sorta la Confederazione degli Enti Autarchici, quale organo eminentemente<br />

rappresentativo di Amministrazioni locali fasciste, la Presidenza dell’Associazione<br />

si trovò facilmente d’accordo con i dirigenti di essa” e firmò il Patto poi<br />

denunciato dalla Cnea.<br />

La relazione continuava ancora per molte pagine con un’interessante descrizione<br />

dell’ampia e meritoria attività tecnico-amministrativa svolta in favore dei<br />

comuni, e si concludeva con l’annuncio da parte della dirigenza dell’Anci, inspiegato<br />

e inspiegabile - se non con la denuncia della sopraffazione fascista -<br />

della possibilità della propria fine:<br />

“Se <strong>qui</strong>ndi una nuova situazione di cose, per quanto estranea alla sua azione e<br />

ai fini che ha sempre perseguiti, vorrà che l’Associazione cessi di esistere, noi accetteremo<br />

con rammarico questa necessità, ma anche con profondo orgoglio,<br />

con l’orgoglio che ci deriva dal fatto di consegnare ad altri una istituzione che<br />

aveva ac<strong>qui</strong>stato simpatie ovunque” 201 .<br />

200<br />

Acs, Fondo Presidenza del consiglio dei ministri (Pcm), anno 1926, b. 909, fasc.<br />

3.18.205, Associazione dei comuni italiani, Roma, 5 gen. 1926; Oggetto: Relazione morale e finanziaria<br />

– Fusione dell’Associazione dei comuni italiani con la Confederazione degli Enti Autarchici.<br />

201<br />

Associazione dei comuni italiani, Relazione morale e finanziaria. Novembre 1921-dicembre<br />

1925…, cit., pp. 6 e 40.


68 PARTE I<br />

Nella cronaca ufficiale della riunione del 15 dicembre 1925 inviata ai comuni<br />

non v’era traccia di alcuna decisione suicida da parte della direzione, che<br />

si era limitata ad esprimere solamente il timore della propria fine. Molto probabilmente<br />

la scomparsa dell’Anci era già stata decretata, ma i dirigenti speravano<br />

ancora nel successo delle pressioni che qualche personalità fascista dell’Anci<br />

stava facendo sul governo e sullo stesso Mussolini, sottolineando l’utilità<br />

di continuare l’attività dell’organizzazione anche nel nuovo regime politico<br />

202 . Quelle pressioni, però, furono inutili e il 5 gennaio 1926 la direzione fu<br />

costretta ad annunciare, con data retroattiva, il suicidio dell’Anci.<br />

Della vecchia dirigenza liberale, rimasta dopo l’uscita dei cattolici, c’erano<br />

ancora il presidente Teofilo Rossi di Montelera e il vicepresidente Franco, forse<br />

troppo poco per pensare a dichiarazioni più decise, sta di fatto che: “la vecchia<br />

e gloriosa Associazione dei comuni, con la sua rivista ‘L’Autonomia comunale’”,<br />

scrive Rotelli, “aveva abbandonato la scena […] e lo aveva fatto senza sbattere la<br />

porta consentendo, così, alla Confederazione fascista di autominarsene erede” 203 .<br />

Il giudizio di Rotelli è duro ma, complessivamente, giustificato. È vero che<br />

la fine dell’Anci avvenne quasi per soffocamento, in forma lenta e progressiva,<br />

è vero che fu la natura democratica dell’organizzazione a permettere l’insediamento<br />

di una nuova maggioranza di amministratori affermatasi non con il voto<br />

ma con la violenza. L’Anci, però, tra la fine del 1920 e l’inizio del 1923<br />

avrebbe avuto il tempo per denunciare la violenza fascista contro i comuni ma<br />

non lo fece - almeno a giudicare dalla pur non esaustiva documentazione disponibile<br />

204 - per una malintesa moderazione politica, o forse per opportunismo.<br />

Non è improbabile, infatti, che la direzione dell’Anci almeno in un primo tempo,<br />

avesse creduto che quella violenza sarebbe stata limitata alle amministrazioni<br />

socialiste, quando poi fu la volta delle amministrazioni cattoliche i liberali<br />

pensarono che almeno loro sarebbero potuti rimanere, dopo fu troppo tardi:<br />

nel disegno della dittatura la cancellazione dell’autonomia locale e delle libertà<br />

civili e politiche dei cittadini andavano di pari passo 205 .<br />

Il fascismo non si accontentò della fine dell’Anci che, non a caso, svanì alla<br />

vigilia dell’emanazione delle leggi che nel 1926 sostituirono i sindaci con i podestà<br />

206 , mentre quel che rimaneva dell’Upi venne fatto sparire, almeno uffi-<br />

202<br />

Cfr. Acs, Pcm, anno 1925, fasc. 3.18.1455, Copia della lettera dell’Associazione dei comuni<br />

italiani – Sezione provinciale Como – Varese – Lecco, Como 9 aprile 1925, allegata all’appunto<br />

inviato dall’On. Conte Pier Gaetano Venino al on. conte Giacomo Suardo, Sottosegretario<br />

di stato alla Presidenza del consiglio, Milano 13 apr. 1925.<br />

203<br />

Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento comunale e provinciale durante il periodo fascista…,<br />

cit., p. 180.<br />

204<br />

Non esistendo un archivio storico dell’Anci relativo al primo ‘900, si è fatto riferimento<br />

alle pagine dell’organo ufficiale dell’organizzazione, “L’Autonomia comunale” che, dopo un<br />

numero datato gen.-ott. 1919, riapparve nel luglio del 1922 fino al novembre 1925.<br />

205<br />

Sul collegamento tra la soppressione delle libertà individuali e dell’autonomia degli enti<br />

locali durante il fascismo, esiziale in particolare per le minoranze etniche e linguistiche situate<br />

in Italia, cfr. Sandro Fontana, Il fascismo e le autonomie locali, in, idem (a cura di), Il fascismo e<br />

le autonomie locali, Bologna, Il Mulino, 1973, pp. 9-19.<br />

206<br />

Le leggi 4 feb. 1926, n. 237 e 3 set. 1926, n. 1910, diedero vita ai podestà, la prima nei<br />

comuni fino a 5.000 abitanti, la seconda in tutti gli altri.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 69<br />

cialmente, alla fine del 1928 207 proprio nei giorni in cui i presidenti delle deputazioni<br />

provinciali vennero cambiati con i presidi 208 , sia gli uni che gli altri di<br />

nomina governativa. Sempre nel 1928, infatti, scomparve anche la Confederazione<br />

degli enti autarchici, pur essendo questa una “‘creazione eminentemente<br />

fascista’ [che] si collocava in modo organico all’interno del Partito e del regime<br />

e professava un’adesione assoluta alla ideologia ufficiale”. Rotelli evidenzia il<br />

fatto che la Confederazione “costituì un elemento dialettico di un certo rilievo”<br />

209 all’interno del regime, ma, evidentemente, non fu certo questo a contribuire<br />

alla sua sopravvivenza.<br />

Il fascismo dopo aver cancellato l’Anci ed aver annullato l’autonomia di<br />

comuni e province decise di far scomparire qualsiasi tipo di organizzazione di<br />

enti locali. Il governo nazista della Germania, invece, negli stessi anni, non<br />

chiuse ma ristrutturò a proprio piacimento le associazioni comunali nazionali,<br />

anche per rilanciare la loro presenza nel panorama europeo ed internazionale<br />

come strumenti della propaganda nazista. Mentre la tradizionale autonomia<br />

dei comuni della Germania veniva rispettata, almeno formalmente, anche<br />

negli anni del Terzo Reich, il tradizionale centralismo dell’Italia aveva modo<br />

di affermarsi pienamente attraverso la dittatura fascista, sopprimendo anche<br />

la minima parvenza di autonomia locale. Fu in Spagna, sempre tra le due<br />

guerre mondiali, che la tradizione di centralismo politico-istituzionale ebbe<br />

modo di manifestarsi in modo simile a quello italiano. Nella penisola iberica,<br />

infatti, il dittatore Francisco Franco, nel 1939, uscito vittorioso dalla guerra<br />

civile, soppresse l’organizzazione dei comuni spagnoli, l’Unión de Municipios<br />

Españoles 210 .<br />

Per quanto riguarda l’organizzazione delle province, nel 1926 l’Upi divenne sezione<br />

della Confederazione nazionale degli enti autarchici, nel 1927 Federazione<br />

nazionale delle province, dal 1929 la Confederazione fascista venne soppressa<br />

e, con essa, anche la Federazione. Di fatto, però, l’organizzazione delle<br />

province continuò ad esistere e proseguì la propria attività fino al 1943 in una<br />

sorta di clandestinità istituzionale, camuffandosi come “comitato di direzione”<br />

del mensile “Rivista delle provincie”, già organo ufficiale dell’Upi, diretto da<br />

Pietro Gilardoni 211 .<br />

207<br />

L’informazione sulla fine dell’organizzazione fascista è ricavata da una frase del presidente,<br />

Maurizio Maraviglia, nell’introduzione di un volume, dove scrive di “cessazione della Confederazione”,<br />

(Partito nazionale fascista, Confederazione generale degli enti autarchici, Annuario<br />

statistico delle città italiane. Anno VII, Roma, 1929, p. III).<br />

208<br />

Con la legge 27 dic. 1928, n. 2962.<br />

209<br />

Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento comunale e provinciale durante il periodo fascista…,<br />

cit., p. 180.<br />

210<br />

Joan-Anton Sánchez de Juan, Il movimento di riforma municipale in Spagna e i rapporti<br />

con le reti intermunicipali europee (1900-1936), in Patrizia Dogliani e Oscar Gaspari (a cura di),<br />

L’Europa dei comuni. Origini e sviluppo del movimento comunale europeo dalla fine dell’Ottocento<br />

al secondo dopoguerra, Roma, Donzelli, 2003, pp. 123-148.<br />

211<br />

Pietro Gilardoni era figlio di Annibale, deputato popolare aventiniano, giornalista de “Il<br />

Popolo”, collaboratore di Sturzo, allontanato dalla segreteria dell’Upi nel 1924 su esplicita richiesta<br />

del Ministro delle finanze Alberto De Stefani Gaspari, L’Italia delle Province…, cit., pp.<br />

78-88; 104-113.


70 PARTE I<br />

Nulla meglio di questa vicenda evidenzia la forza del movimento per le autonomie<br />

locali nella storia politico-istituzionale italiana, che riuscì in qualche<br />

modo a conservare una sia pur flebile continuità persino negli anni della dittatura<br />

fascista.<br />

5.8. Dalla questione comunale alla questione urbanistica, e la sconfitta dei<br />

tecnici municipali<br />

Il fascismo e la fine della democrazia, privarono il movimento per le autonomie<br />

locali delle proprie organizzazioni e della possibilità di un’elaborazione<br />

politico-istituzionale, ma alcuni singoli tecnici, appartenenti alla parte più forte<br />

ed attiva del movimento, quello comunale, continuarono a sviluppare proposte<br />

di tipo scientifico e contribuirono a costituire una nuova e diversa organizzazione<br />

nell’ambito della quale operare autonomamente. La fondazione dell’Istituto<br />

nazionale di urbanistica (Inu) nel 1930, ad un lustro dalla fine dell’Anci,<br />

sancì il passaggio dalla questione comunale alla questione urbanistica. Detto<br />

in termini molto sintetici, durante il fascismo si definì il passaggio da una<br />

concezione politica complessiva della gestione del governo locale, che comprendeva<br />

anche quella del territorio, ad un’altra di tipo tecnico-scientifico che<br />

si occupava soprattutto, se non solo, della costruzione della città. Il collegamento<br />

tra l’esperienza dell’Anci – e dell’Usci, per quanto riguarda la statistica -<br />

e quella dell’Inu era ben nota agli stessi protagonisti della fondazione della disciplina<br />

urbanistica, che lo riconobbero nella ricostruzione della storia dell’Inu<br />

fatta nel 1932 nel primo numero della rivista “Urbanistica”:<br />

“In Italia si ebbe dapprima un’Associazione dei Comuni italiani, seguita dall’Unione<br />

statistica delle città italiane. A Milano sorse in seguito l’Associazione<br />

Nazionale delle Abitazioni e dei Piani Regolatori, e infine, promossi dai Sindacati<br />

degli Architetti e degli Ingegneri, sorsero a Roma, a Torino e a Milano dei<br />

Gruppi di Urbanisti […, e] <strong>qui</strong>ndi l’Istituto Nazionale di Urbanistica sotto la<br />

presidenza dell’on. Prof. Arch. Alberto Calza Bini” 212 .<br />

Con l’Inu, scrive Zucconi: “Si realizza l’idea, lanciata a suo tempo dall’Associazione<br />

nazionale dei comuni italiani, di fondare ‘un centro di studi urbanistici<br />

e di altri studi municipali’, ma si concreta secondo modalità differenti da<br />

quelle auspicate dai municipalisti” 213 . Il progetto menzionato da Zucconi era<br />

quello di Silvio Ardy, un segretario comunale collaboratore dell’Anci come un<br />

altro protagonista della fondazione e della storia dell’Inu, Virgilio Testa, “considerato<br />

il fondatore del diritto urbanistico in Italia” 214 . Quello di Ardy era il<br />

212<br />

Armando Melis de Villa, Presentazione dell’Istituto nazionale di Urbanistica, “Urbanistica”,<br />

n. 1, 1932, p.2.<br />

213<br />

Guido Zucconi, La città contesa: dagli ingegneri sanitari agli urbanisti (1885-1942), Milano,<br />

Jaca Book, 1999 (I ed. 1989), p. 159.<br />

214<br />

Laura Besati, Contributi ad una storia dell’Inu 1930-1975, in Urbanisti italiani, Roma,<br />

Inu, 1995, p. 401; si rinvia a questo saggio anche per una breve ricostruzione delle vicende dell’Inu.


DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 71<br />

progetto di un Istituto italiano di urbanesimo e di alti studi municipali 215 , pubblicato<br />

nel 1926, fallito anche perché “[privilegiava] il buon governo della città<br />

a discapito della rappresentazione della forma” 216 .<br />

Durante il fascismo la prospettiva sostenuta dai municipalisti, come li definisce<br />

Zucconi, o dei tecnici municipali, come li chiama un altro storico dell’urbanistica,<br />

Adorno, venne “sconfitta a favore degli architetti libero professionisti,<br />

di cui si trova ampio riscontro nel dibattito culturale delle riviste del tempo”.<br />

Una sconfitta, scrive ancora Adorno, che avrebbe comportato sia la “affermazione<br />

della figura dell’architetto come costruttore d’immagine e promotore<br />

del consenso, rispetto al tecnico come gestore del buon governo e vestale dell’efficienza<br />

amministrativa”, sia la “negazione dei processi democratici nelle autonomie<br />

locali, dello svuotamento delle loro competenze nel controllo e nella<br />

costruzione del territorio” 217 .<br />

Alla luce di questa interpretazione, l’interesse della Lega verso l’urbanistica,<br />

nel periodo repubblicano, può essere interpretata come un tentativo di ricondurre<br />

tale questione all’interno di una visione complessiva del governo del territorio.<br />

215<br />

Silvio Ardy, Proposta di creazione di un Istituto italiano di urbanesimo e di alti studi municipali,<br />

Vercelli, 1926.<br />

216<br />

Paolo Nicoloso, Gli architetti di Mussolini: scuole e sindacato, architetti e massoni, professori<br />

e politici negli anni del regime, Milano, Franco Angeli, 1999, p. 69.<br />

217<br />

Salvo Adorno, Urbanistica fascista. Tecnici e professionisti tra storiografia e storia disciplinare,<br />

in “Contemporanea”, n. 1, 2001, pp. 144-6. Si veda anche, sempre di Adorno, Storia, saperi<br />

urbani, professioni: un percorso a mo’ d’introduzione, in idem, (a cura di) Professionisti, città<br />

e territorio. Percorsi di ricerca tra storia dell’urbanistica e storia della città, Gangemi editore, Roma,<br />

2002, p. 21.


PARTE II<br />

DURANTE LA REPUBBLICA,<br />

NEGLI ANNI DELLO SCONTRO<br />

1. La rinascita della Lega: le ragioni della fondazione della Lega<br />

dei comuni democratici<br />

1.1. La Resistenza e la rifondazione dello Stato su basi autonomistiche<br />

La rinascita della Lega avvenne in occasione del congresso degli amministratori<br />

locali comunisti e socialisti svoltosi a Firenze il 27 dicembre 1947 218 . La<br />

scelta del luogo rispondeva a precise ragioni politico-istituzionali legate alla Resistenza:<br />

“Se mai c’è stata nella storia unitaria una congiuntura nella quale la prospettiva<br />

della rifondazione dello stato su basi autonomistiche, cioè della restituzione<br />

del potere dal centro alla periferia, si sia delineata, essa si chiama Resistenza. Se<br />

mai c’è stata una fase di questa nella quale la prospettiva abbia ac<strong>qui</strong>stato nei<br />

fatti precisione di contorni istituzionali, essa va vista nella seconda metà del<br />

1944. Se mai c’è stato un luogo nel quale allora si siano poste le premesse del<br />

mutamento, esso deve essere individuato in Firenze, città e capoluogo riconosciuto<br />

dell’intera <strong>Toscana</strong>. Se mai c’è stato in quel contesto un soggetto politico,<br />

che come tale abbia apprezzato, assunto e propugnato la causa del capovolgimento<br />

della struttura dello Stato accentrato e della sua ricostruzione dal basso,<br />

esso non si può che identificarlo nel Comitato toscano di liberazione nazionale<br />

[Ctln]” 219 .<br />

L’omaggio di un autorevole studioso della storia delle istituzioni locali come<br />

Ettore Rotelli al ruolo svolto in favore delle autonomie locali da Firenze – e dal<br />

Ctln - negli anni della Resistenza e dell’immediato secondo dopoguerra può es-<br />

218<br />

Il Congresso dei comuni democratici a Firenze, “L’Amministratore democratico” (AD), dic.<br />

1947, pp. 1-3.<br />

219<br />

Ettore Rotelli, L’ipotesi toscana di fondazione della Repubblica, in idem, Costituzione e amministrazione…,<br />

cit., pp. 342-3; introduzione ai due volumi curati dallo stesso autore, La ricostruzione<br />

in <strong>Toscana</strong> dal CLN ai partiti, Bologna, Il Mulino, 1980-81, 2 voll. Sullo stesso argomento<br />

cfr. anche: Pier Luigi Ballini (a cura di), “La Nazione del Popolo”. Organo del Comitato<br />

Toscano di Liberazione Nazionale (11 agosto 1944-3 luglio 1946), Regione <strong>Toscana</strong>-Consiglio regionale,<br />

Firenze 1998; Pier Luigi Ballini, Luigi Lotti, Mario G. Rossi (a cura di), La <strong>Toscana</strong> nel<br />

secondo dopoguerra, Milano, Franco Angeli, 1991.


74 PARTE II<br />

sere sufficiente, in questa sede, a spiegare perché proprio in quella città le amministrazioni<br />

locali della sinistra decidessero di far rinascere una propria organizzazione<br />

ispirata alla Lega dei comuni socialisti: la Lega dei comuni democratici.<br />

Nessun’altra città italiana, infatti, avrebbe potuto incarnare meglio di<br />

Firenze le concrete istanze di autonomia di cui erano portatrici le amministrazioni<br />

locali della sinistra all’indomani della fine del fascismo e della seconda<br />

guerra mondiale.<br />

Fu il Comitato toscano di liberazione nazionale a sostenere con maggior forza<br />

e determinazione la necessità della riforma dell’istituto del prefetto, “l’aspetto<br />

politicamente più vistoso” del progetto di decentramento che il Ctln presentò<br />

al Governo, progetto che prevedeva l’attribuzione ai Cln regionali di numerose<br />

competenze amministrative dello Stato. Fu la Deputazione provinciale<br />

di Firenze, nell’ambito del dibattito sulla necessità di costituire l’ente Regione,<br />

a prefigurare in un ordine del giorno le competenze che si sarebbero dovute attribuire<br />

al nuovo istituto. In una primissima fase furono cattolici e azionisti i<br />

più attivi, mentre i comunisti furono più interessati all’esigenza della formazione<br />

dei quadri amministrativi comunali ed ai problemi del governo locale. All’indomani<br />

delle elezioni locali, infatti, la grande maggioranza dei comuni toscani<br />

venne governata da amministrazioni giunte di sinistra, con una forte presenza<br />

del Pci. Furono però poi quelle stesse amministrazioni a diventare eredi<br />

della battaglia del Ctln “per il rinnovamento istituzionale attraverso la difesa e<br />

il potenziamento delle autonomie locali” 220 .<br />

1.1.1. Il ruolo di Firenze e della <strong>Toscana</strong><br />

Fu così che, all’indomani delle elezioni amministrative del 1946 - che portarono<br />

alla testa di gran parte delle amministrazioni locali toscane i partiti della<br />

sinistra, e soprattutto il Pci - prese “gradualmente forma la condizione amministrativa<br />

del cambiamento, ossia la concreta gestione degli enti locali, finalizzata<br />

alla tutela degli interessi fondamentali delle classi popolari da parte della<br />

maggioranza di sinistra, e al tempo stesso impostata in chiave decisamente<br />

autonomistica, non secondo le linee di una strategia puramente antagonistica<br />

nei confronti del potere statale, ma intesa a costruire un effettivo sviluppo democratico,<br />

basato sull’iniziativa dal basso e su un ampio e reale coinvolgimento<br />

delle masse nella condizione della cosa pubblica” 221 .<br />

Nella <strong>Toscana</strong> del secondo dopoguerra, fucina di progetti di riforma istituzionale,<br />

ad essere al centro dell’attenzione dei partiti della sinistra, e soprattutto<br />

dei comunisti, non furono progetti propagandistici, puramente antagonisti<br />

220<br />

Mario G. Rossi, Regionalismo e forze politiche in <strong>Toscana</strong> dalla Liberazione al “centro sinistra”,<br />

in Simone Neri Serneri (a cura di), Alle origini del governo regionale. Culture, istituzioni,<br />

politiche in <strong>Toscana</strong>, Roma, Carocci, pp. 38-40; si rinvia a questo saggio ed all’intero volume<br />

per una sintetica ed utile sintesi della questione dell’autonomia locale e regionale in <strong>Toscana</strong><br />

dal secondo dopoguerra agli anni ’70 del ‘900.<br />

221<br />

Mario G. Rossi, Politica e amministrazione alle origini della <strong>Toscana</strong> “rossa”, in Ballini,<br />

Lotti, Rossi (a cura di), La <strong>Toscana</strong> nel secondo dopoguerra…, cit. pp. 432-3.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 75<br />

rispetto alla politica del governo ma, soprattutto, i concreti problemi del governo<br />

locale e quelli della formazione degli amministratori. In questo contesto<br />

fu di particolare importanza l’attività della Lega. Specie dopo il 1948, infatti:<br />

“la Lega diventa sempre più il centro promotore e coordinatore dell’iniziativa<br />

delle amministrazioni di sinistra, non tanto in opposizione alla politica governativa<br />

[…] quanto in funzione di una politica alternativa dei poteri locali, volta<br />

a soddisfare i bisogni primari della popolazione, ad attivare e potenziare i servizi<br />

pubblici essenziali, ad affermare l’effettiva autonomia della vita amministrativa<br />

contro le pesanti ingerenze dell’autorità statale”. Contro la Lega, <strong>qui</strong>ndi,<br />

e anche contro la molto attiva Unione regionale delle province toscana, organizzazione<br />

periferica dell’Upi, vennero minacciate e promosse le misure repressive<br />

dei prefetti 222 .<br />

Nonostante le peculiari caratteristiche del periodo e della mobilitazione politica<br />

del secondo dopoguerra, il protagonismo del capoluogo toscano negli anni<br />

della Resistenza e nell’immediato dopoguerra riguardo alle riforme istituzionali<br />

- nell’ambito di quello dell’intera regione - non era legato solo alla realtà<br />

politica dei partiti della sinistra. Il ruolo di Firenze in favore dello sviluppo dell’autonomia<br />

locale, infatti, si ricollega in modo chiaro ed evidente al tradizionale<br />

attivismo della città nella storia del movimento per le autonomie locali. Il<br />

comune di Firenze, come si è già accennato, nel primo ‘900 fu alla testa di un<br />

movimento di grandi comuni moderati del centro e del nord che si sviluppò<br />

poco prima di quello che avrebbe dato vita all’Anci nel 1901. Nello stesso capoluogo<br />

toscano, nel 1905, mosse i primi passi l’organizzazione statistica comunale,<br />

l’Usci, che avrebbe operato con successo in Italia per più di vent’anni.<br />

Ancora a Firenze, infine, per iniziativa di quella deputazione provinciale, all’avanguardia<br />

nell’elaborazione del progetto di riforma regionale, si svolse nel<br />

maggio del 1946 il congresso di rifondazione dell’Upi 223 .<br />

Una volta evidenziate le motivazioni che possono spiegare la scelta della città<br />

di Firenze quale sede del congresso di fondazione della Lega dei comuni democratici,<br />

rimane da chiarire perché le amministrazioni locali socialiste e comuniste<br />

siano giunte alla decisione di costituire una propria struttura autonoma<br />

a più di un anno dalla rifondazione dell’Upi e dell’Anci, avvenute, rispettivamente,<br />

nel maggio e nel settembre del 1946.<br />

1.2. La rifondazione dell’Upi<br />

La rinascita dell’Upi 224 si svolse – quasi certamente senza alcuna consapevolezza<br />

da parte degli amministratori - ripercorrendo le tappe della fondazione avvenuta<br />

nel 1908, quasi a dimostrare la profondità delle radici del movimento<br />

per le autonomie locali. La prima riunione in occasione della quale venne ma-<br />

222<br />

Ivi, p. 445 e 449.<br />

223<br />

Atti del congresso nazionale delle province in Firenze dal 5 all’8 maggio 1946, Libreria editrice<br />

fiorentina, sd., sl. (ma Firenze 1946), pp. 9-12.<br />

224<br />

Cfr. Gaspari, L’Italia delle Province…, cit., pp. 133-8.


76 PARTE II<br />

nifestata la volontà di far rinascere l’Unione si svolse il 6 e 7 novembre 1945 a<br />

Modena, organizzata dalla locale deputazione. Sempre a Modena, su proposta<br />

dalla stessa provincia, si era svolto il convegno che 38 anni prima, nel 1907,<br />

aveva posto le basi per la nascita dell’Upi. L’area tosco-emiliana confermava, così,<br />

di essere alla testa di quelle realtà locali medio-grandi che sono le più sensibili<br />

ai temi dell’autonomia e che più hanno da guadagnare da una rappresentanza<br />

collettiva dei propri interessi.<br />

Al “Convegno delle provincie delle Regione Emilia-Romagna e contermini per<br />

la trattazione di varii problemi amministrativi di particolare interesse per le provincie”,<br />

promosso dalla provincia di Modena, parteciparono tutte le province della<br />

regione e quelle di Firenze, La Spezia e Apuania (l’attuale provincia di Massa-<br />

Carrara), con l’adesione delle amministrazioni provinciali di Mantova, Lucca e Pistoia.<br />

Nell’incontro vennero discussi vari argomenti e votati diversi ordini del giorno,<br />

sia di carattere politico-istituzionale, sia amministrativo, nei quali si chiese, in<br />

particolare, l’esonero di spese e servizi di competenza dello Stato, la costruzione di<br />

uno Stato che “si fondi sopra una larga autonomia regionale, provinciale e comunale<br />

che ne consenta l’auspicato decentramento burocratico ed amministrativo” e,<br />

infine, il ritorno del segretario provinciale alle dirette dipendenze della provincia 225 .<br />

Il convegno venne promosso da un’amministrazione di nomina prefettizia i<br />

cui membri rispecchiavano la composizione del Comitato di liberazione nazionale<br />

(Cln). Fu, <strong>qui</strong>ndi, un’amministrazione composta da esponenti di tutti i<br />

partiti quella che indisse il convegno, anche se furono politici di sinistra e della<br />

DC quelli che svolsero le relazioni: Giuseppe Cerchiari, presidente, e Gaetano<br />

Bertelli, del Psi 226 , Attilio Guidelli, della Democrazia cristiana; Gino Santini,<br />

del Partito d’azione 227 .<br />

A richiamare la tradizione associativa delle province durante i lavori del convegno<br />

di Modena fu la deputazione provinciale di Firenze 228 . Si riproposero, così,<br />

al momento della rinascita nel secondo dopoguerra, le modalità della nascita<br />

dell’Upi nel 1908, che venne costituita dopo lo svolgimento di congressi nazionali<br />

delle province.<br />

Dal 5 al 7 maggio 1946 nella sede dell’Amministrazione provinciale di Firenze,<br />

si svolse il congresso nel quale venne ricostituita l’Upi: vi parteciparono<br />

circa 150 delegati in rappresentanza di 73 province, ma tutte le province italiane<br />

avevano manifestato la loro adesione.<br />

L’assemblea propose i seguenti punti “sui quali dovrebbe basarsi la riforma:<br />

1) Necessità di snellimento e di sburocratizzazione dell’apparato statale […]; 2)<br />

225<br />

Convegno delle provincie Emilia-Romagna e contermini, Rdp ago-set. 1945, pp. 96-108.<br />

226<br />

La corretta denominazione del Partito socialista italiano nel secondo dopoguerra, fino al<br />

1947, era Partito socialista di unità proletaria, Psiup. Per sottolineare però la continuità del partito<br />

tra periodo liberale e repubblicano si preferisce utilizzare la dizione Psi anche per l’immediato<br />

dopoguerra.<br />

227<br />

Provincia di Modena, La provincia dei cittadini. Speciale 50 anni del consiglio provinciale,<br />

Modena, 2001, p. 7.<br />

228<br />

Lettera circolare della Deputazione provinciale di Firenze, 26 marzo 1946, firmata Il Presidente<br />

Ezio Donatini, in: Atti del congresso nazionale delle province in Firenze dal 5 all’8 maggio<br />

1946, Libreria editrice fiorentina, sd., sl. (ma Firenze 1946), pp. 9-12.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 77<br />

Mantenimento delle Provincie […]; 3) Creazione dell’Ente Regione per lo svolgimento<br />

delle funzioni di carattere regionale finora avocate alla competenza<br />

dello Stato […]; 5) Affidamento ad una Commissione di Studio del compito<br />

di sviluppare in un organico progetto le linee fondamentali di cui al presente<br />

ordine del giorno […, e] di prendere gli opportuni contatti colla nuova Assemblea<br />

Costituente”. A Firenze la rinascita dell’Unione delle Provincie d’Italia<br />

venne “approvata all’unanimità per acclamazione”, venne votato lo statuto e<br />

nominato il Consiglio direttivo 229 , i cui componenti vennero proposti da<br />

un’apposita commissione che li scelse “sulla base dei seguenti criteri: rappresentanza,<br />

per quanto possibile, del maggior numero di regioni; rappresentanza<br />

della tendenza contraria alla istituzione dell’Ente Regione […] rappresentanza<br />

equamente distribuita fra Province grandi, medie e minori” 230<br />

Il Consiglio direttivo riunitosi il 7 maggio, al termine del congresso, elesse<br />

come presidente il democristiano Ezio Donatini, preside della deputazione provinciale<br />

di Firenze e nominò segretario dell’Unione, Pietro Gilardoni 231 , che<br />

aveva guidato l’organizzazione delle province in tutto il periodo della clandestinità<br />

istituzionale, fino al 1943 232 .<br />

1.3. La rifondazione dell’Anci<br />

Il “Comitato tecnico provvisorio per la ricostituzione dell’Associazione dei<br />

Comuni italiani” 233 , presieduto da Ugo Giusti, avviò la rifondazione dell’Anci<br />

dalle pagine de “Il corriere amministrativo” 234 nell’autunno del 1945, ma varie<br />

229<br />

Il congresso nazionale delle province (Firenze 5, 6, 7 maggio 1946), Rdp, gen.-mar. 1946,<br />

pp. 6-32.<br />

230<br />

Atti del congresso nazionale delle province in Firenze dal 5 all’8 maggio 1946…, cit., pp.<br />

187-8.<br />

231<br />

Il congresso nazionale delle province (Firenze 5, 6, 7 maggio 1946), Rdp, gen.-mar. 1946,<br />

p. 32.<br />

232<br />

Gaspari, L’Italia delle Province..., cit., pp. 104-6.<br />

233<br />

Il comitato tecnico provvisorio, L’Associazione dei comuni italiani, CA, n. 3-4, set.-ott.<br />

1945, p. 99. I componenti erano: Lanfranco Maroi, statistico, futuro presidente dell’Istat;<br />

Manlio Rossi Doria, antifascista, professore di economia politica agraria, membro del comitato<br />

centrale del Partito d’Azione e, dopo lo scioglimento, iscritto al Partito socialista italiano;<br />

Alessandro Schiavi, socialista riformista, nel secondo dopoguerra aderente al partito socialdemocratico<br />

di Giuseppe Saragat, nel periodo liberale era stato, tra l’altro, dirigente della Società<br />

umanitaria di Milano e collaboratore del sindaco di Milano, Caldara; Renato Vicard, funzionario<br />

dell’Istat in pensione, segretario del comitato; Arcangelo Cirmeni, funzionario del Ministero<br />

dell’interno; Gino Crispo segretario comunale, facente funzioni, del comune di Roma, ed<br />

Emanuele Rienzi.<br />

234<br />

Un accenno alla storia della rivista è in Ettore Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento<br />

comunale e provinciale durante il periodo fascista, in, idem, L’alternativa delle autonomie. Istituzioni<br />

locali e tendenze politiche dell’Italia moderna, Feltrinelli, Milano, 1978, p. 155. Rotelli, tra<br />

gli elementi di continuità tra il periodo fascista e quello repubblicano, rispetto alla storia delle<br />

autonomie locali, sottolinea la presenza nella rivista “Il corriere amministrativo” (CA) di Arcangelo<br />

Cirmeni, e di Luigi Giovenco, che si erano segnalati durante la dittatura per il sostegno<br />

alla normativa fascista.


78 PARTE II<br />

riunioni di comuni si svolsero già alcuni mesi prima. Furono i sindaci delle più<br />

grandi città del Nord ad organizzare quelle assemblee, sia per porre al governo<br />

la questione di una riforma dello Stato che garantisse l’autonomia comunale,<br />

sia per risolvere i gravissimi problemi della ricostruzione 235 .<br />

Il 16 luglio 1945 si riunirono a Milano insieme al sindaco della città, i primi<br />

cittadini di Genova e Torino che si rividero a Genova il 6 agosto con il sindaco<br />

di Bologna. Gli stessi sindaci si incontrarono nuovamente il 28 agosto a<br />

Torino insieme ai primi cittadini di Venezia e Verona e ancora il 18 settembre<br />

si tenne a Venezia una nuova riunione a cui parteciparono, con il sindaco della<br />

città lagunare, quelli di Bologna, Genova, Milano e Torino 236 , era quello il<br />

“IV convegno dei sindaci dell’Alta Italia”.<br />

Non è dato sapere se nei mesi seguenti le riunioni dei sindaci “dell’Alta Italia”<br />

continuassero ancora ed allo stesso ritmo, è certo però che il 5-6 gennaio<br />

1946 si svolse a Roma un convegno nazionale tra i sindaci delle città capoluogo<br />

di regione a cui parteciparono i primi cittadini di Roma, Milano, Genova, Bologna,<br />

Napoli, Palermo, Firenze, Trieste, Venezia, Bari, Reggio Calabria, Cagliari,<br />

Ancona, Perugia, Trento, L’A<strong>qui</strong>la, Potenza ed il pro-sindaco di La Spezia 237 .<br />

Queste riunioni, promosse in particolare dai grandi comuni del Nord, non<br />

sembravano prevedere l’ipotesi di un’organizzazione permanente, esattamente<br />

come nel tentativo che precedette l’avvio dell’esperienza dell’Anci 238 . È chiaro<br />

che tra le due iniziative vi erano grandi differenze, di contesto storico, istituzionale<br />

e politico; oltre a ciò, la definizione scelta dal gruppo dei sindaci promotori<br />

delle prime riunioni comunali, “sindaci dell’Alta Italia”, sembrava voler<br />

rimandare ad un organo politico proprio del secondo dopoguerra, il Comitato<br />

di liberazione nazionale alta Italia. Nonostante questo, però, può essere rinvenuto<br />

un significativo elemento di continuità tra la storia del movimento comunale<br />

del primo ‘900 e quella del secondo dopoguerra: entrambe le mobilitazioni<br />

dei sindaci dei grandi comuni erano composte e guidate, in gran parte,<br />

da comuni del Nord, grandi comuni che avevano ragione di ritenere - allora come<br />

oggi – di essere sufficientemente forti per muoversi da soli.<br />

La convergenza, finale, tra l’iniziativa partita dai grandi “comuni dell’Alta<br />

Italia”, poi estesasi ai grandi comuni di tutta l’Italia, e quella dedicata alla rifondazione<br />

dell’associazione comunale venne comunque sancito dallo svolgimento<br />

di un “Convegno dei sindaci delle città capoluoghi di provincia” il 4 e<br />

5 settembre a Roma, appena prima dello svolgimento dell’appuntamento che<br />

vide la rifondazione dell’Anci 239 .<br />

235<br />

Sulla rinascita dell’Anci nel secondo dopoguerra cfr. Oscar Gaspari, L’Associazione nazionale<br />

dei comuni italiani dalla nascita al secondo dopoguerra, in Dogliani, Gaspari, (a cura di),<br />

L’Europa dei comuni…, cit., pp. 54-62<br />

236<br />

ArSCPr, 1945, Carteggio, Amm. com. 5.<br />

237<br />

Il Convegno di sindaci a Roma e l’Associazione dei comuni italiani, CA, n. 1-2, gen. 1946,<br />

pp. 2-7.<br />

238<br />

Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit., pp. 29-38.<br />

239<br />

Convegno dei sindaci delle città capoluoghi di provincia, tenuto in Roma nei giorni 4 e 5 settembre<br />

1946; in: Anci, Convegno dei sindaci. Roma 6-8 settembre 1946, CA, suppl. al n. 17 del<br />

15 set. 1946, pp. 105-130.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 79<br />

1.3.1. L’assemblea istitutiva<br />

Il “Convegno dei sindaci aderenti all’Associazione nazionale dei comuni italiani”,<br />

nel quale venne rifondata l’Anci, si svolse a Roma, in Campidoglio, dal<br />

6 all’8 settembre 1946 240 . L’assemblea si aprì alla presenza del prefetto, di autorità<br />

di Stato e di governo e del Comitato tecnico provvisorio. La relazione introduttiva<br />

fu di Ugo Giusti, che ripercorse la storia dell’associazione, seguita<br />

dall’intervento del sindaco di Roma, Filippo Andrea Doria Pamphilj, il quale<br />

espose all’assemblea uno schema di statuto dell’Anci che richiamava in molti<br />

punti quello in vigore nel periodo liberale. L’assemblea, però, decise di rimandare<br />

la discussione sullo statuto ad una fase successiva, in modo tale da poter<br />

avere una bozza che fosse il risultato di un lavoro più accurato, affidato ad un<br />

Comitato centrale esecutivo, la cui costituzione venne proposta dal sindaco comunista<br />

di Torino, Giovanni Roveda. Venne così approvato una sorta di statuto<br />

provvisorio, di 4 articoli, che permise l’esistenza dell’Anci fino a all’approvazione<br />

dello statuto ufficiale, avvenuta nel 1949.<br />

Gli ordini del giorno approvati dall’assemblea riguardarono: finanza locale,<br />

per la quale, nel quadro delle richieste per lo sviluppo dell’autonomia comunale,<br />

si chiese lo sgravio dai bilanci delle spese che non fossero di competenza dei<br />

comuni (una richiesta presentata dai comuni fin dalla fine dell’’800 241 ); aziende<br />

municipalizzate, per le quali si chiese un rilancio dopo la forte crisi del periodo<br />

fascista; alloggi per i senza tetto, per i quali si sollecitò, come misura urgente,<br />

la cessione di edifici militari per uso abitativo civile; problemi turistici,<br />

affinché venisse promossa la valorizzazione del turismo attraverso la più ampia<br />

autonomia. Venne <strong>qui</strong>ndi eletto un comitato centrale formato dai sindaci delle<br />

città capoluogo di regione ed un comitato esecutivo ristretto. Alla testa del<br />

comitato esecutivo vennero chiamati il sindaco di Roma, Doria Pamphilj, e<br />

<strong>qui</strong>ndi Giorgio Andreoli, Achille Guerra, Enzo Nuti, Mario Paone, Adolfo<br />

Quintieri, Giulio Turchi, deputato comunista, futuro segretario della Lega dei<br />

comuni democratici; del Comitato provvisorio promotore della rinascita vi erano<br />

Giusti, Crispo e Vicard 242 .<br />

La sinistra accolse con grandi speranze la nascita dell’Anci e “Il comune democratico”<br />

diede subito notizia delle prime attività dell’appena costituito Comitato<br />

esecutivo dell’Associazione: le richieste di interventi in favore della finanza<br />

locale; per la riforma dei controlli sulle amministrazioni comunali; la predisposizione<br />

di un’inchiesta sui problemi specifici dei comuni montani e di un’altra sul<br />

240<br />

Anci, Convegno dei sindaci. Roma 6-8 settembre 1946, CA, suppl. al n. 17 del 15 set.<br />

1946; ora in Anci, Convegno dei sindaci aderenti all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani<br />

tenuto in Roma nei giorni 6, 7 e 8 settembre 1946, Empoli, Caparrini, 1946, ora in Ruffilli, Piretti<br />

(a cura di), Per la storia dell’Anci…, cit., pp. 229-314.<br />

241<br />

Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit. pp. 151-179. Ancora nel 1957 la Lega dei comuni<br />

siciliani promuoveva un’iniziativa sulla questione, Giuseppe Cardaci, I servizi statali a carico dei<br />

comuni, Icd gen. 1957, pp. 24-5.<br />

242<br />

Convegno dei sindaci aderenti all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani tenuto in Roma<br />

nei giorni 6, 7 e 8 settembre 1946, in Anci, Convegno dei sindaci. Roma 6-8 settembre<br />

1946…, cit. pp. 7-102.


80 PARTE II<br />

problema della municipalizzazione dei servizi; gli accordi con l’Associazione nazionale<br />

dei segretari comunali per la costituzione di una commissione mista sindaci-segretari<br />

incaricata di fornire al governo proposte sullo stato giuridico ed<br />

economico dei segretari “conciliando però lo stesso con il principio di autonomia<br />

dei Comuni”. La rivista rivolse <strong>qui</strong>ndi “a tutte le Amministrazioni comunali il più<br />

vivo invito a sorreggerne lo sviluppo con la più incondizionata adesione” 243 .<br />

1.4. Alle origini della fondazione della Lega: “Il Comune democratico” e<br />

“L’Amministratore democratico”<br />

Nella seconda tornata delle elezioni amministrative, svoltesi il 10 novembre<br />

1946, “le sinistre ottennero un notevole successo con<strong>qui</strong>stando la amministrazioni<br />

comunali di Torino, Genova e Firenze, e poiché nella tornata primaverile<br />

avevano già con<strong>qui</strong>stato quelle di Milano, Bologna e Venezia si veniva a delineare<br />

un quadro nel quale comunisti e socialisti, in qualche caso con la collaborazione<br />

dei repubblicani, dirigevano tutte le maggiori città dell’Italia centrosettentrionale<br />

(con sindaci comunisti a Torino, Genova, Venezia, Bologna e Firenze)”<br />

migliorando “i già elevatissimi risultati conseguiti” nelle elezioni locali<br />

dell’autunno del 1920 244 . Secondo i dati pubblicati ne “L’Amministratore democratico”<br />

su 7.319 comuni esistenti più di 3.000 erano quelli amministrati<br />

dai due partiti della sinistra. Nell’Italia del Nord su 57 comuni con più di<br />

30.000 abitanti 40 erano retti dalla sinistra, nel Centro erano 23 su 27. Per<br />

quanto riguarda il Sud venivano date informazioni solo sui comuni pugliesi, 6<br />

su 16 con oltre 30.000 abitanti erano guidati da sindaci comunisti 245 .<br />

Gli amministratori locali comunisti e socialisti, che avevano contribuito alla<br />

rifondazione delle principali organizzazioni del movimento per le autonomie<br />

locali, Upi ed Anci, rinnovarono le sollecitazioni ai propri amministratori ad<br />

iscriversi ad esse 246 e parteciparono alla definizione delle rispettive attività.<br />

1.4.1. Il ruolo della sinistra all’interno dell’Anci<br />

Dalla sinistra venne mantenuto vivo il dibattito sulle caratteristiche dell’organizzazione<br />

interna dell’Anci, che si chiedeva venisse basata su sezioni<br />

provinciali e regionali ben strutturate ed autonome 247 . Con questa posizione,<br />

243<br />

Associazione nazionale dei comuni italiani. Attività svolta fino ad oggi, “Il Comune democratico”<br />

(Icd) dic 1946, p. 11.<br />

244<br />

Ragionieri, La storia politica e sociale…, cit. p. 2459.<br />

245<br />

In particolare erano guidati da un sindaco comunista grandi comuni come Torino, Genova,<br />

Firenze, Bologna, Venezia, Taranto; e da un sindaco socialista: Milano, Alessandria, Novara,<br />

Perugia; Demar, Le forze popolari al comune, AD dic. 1947, pp. 10-2.<br />

246<br />

Nel caso dell’Anci questa affermazione è confermata dalla pubblicazione nella rivista “Il<br />

Comune democratico” di articoli elogiativi dell’attività dell’Associazione e anche di un apposito<br />

comunicato che esortava i sindaci ad iscrivere i propri comuni; Sindaci!, Icd gen. 1947, p. 6.<br />

247<br />

In margine al Convegno di Perugia, Icd ott. 1947, pp. 118-9.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 81<br />

quasi certamente senza essere cosciente dei precedenti storici, la sinistra riproponeva<br />

la sostanza della citata proposta di Salvemini del 1901 248 . Ancora nel<br />

1947, se non proprio su spinta della sinistra, quanto meno con il suo forte<br />

contributo, nel 1947, l’Anci e la Confederazione generale italiana del lavoro<br />

(Cgil) firmarono un accordo in base al quale l’Associazione, “interpretando in<br />

questo campo le difficoltà degli amministratori e i bisogni della popolazione<br />

che essi rappresentano, si è affiancata alla Confederazione generale del lavoro<br />

per condurre insieme la battaglia contro il carovita” 249 . Grazie poi alla responsabilità<br />

politica e gestionale delle aziende municipalizzate i comuni del secondo<br />

dopoguerra erano in grado di incidere sul costo dei servizi alla popolazione<br />

e la sinistra non mancò di sottolinearlo con decisioni favorevoli ai cittadini<br />

consumatori, che avevano un importante effetto di raffreddamento dei<br />

prezzi di mercato 250 .<br />

Ancora su richiesta dei partiti della sinistra, molto probabilmente, ebbe sede<br />

a Milano, città amministrata da una giunta popolare, l’Associazione nazionale<br />

fra gli enti di assistenza (Anea) 251 che, in due appuntamenti svoltisi sempre<br />

a Milano alla fine di ottobre del 1949, discusse un progetto per “la costituzione<br />

di un Ministero dell’Assistenza sociale” che avrebbe dovuto avere come<br />

organi periferici appositi uffici provinciali e gli Enti comunali di assistenza<br />

252 . La nascita dell’Anci, comunque, non interruppe l’attività dei sindaci dell’Alta<br />

Italia e della <strong>Toscana</strong>, maggioritariamente amministrati dalla sinistra,<br />

che si riunirono ancora nel 1947 per discutere, in particolare, della questione<br />

finanziaria 253 .<br />

Fu a Milano che vide la luce il primo nucleo della futura Lega dei comuni<br />

democratici costituita ufficialmente alla fine del 1947. La città lombarda riprendeva<br />

così, nel secondo dopoguerra, quel ruolo di protagonista nella storia<br />

del movimento per le autonomie locali che aveva già ricoperto nella storia dell’Anci,<br />

di cui era stata promotrice insieme a Parma e di cui ospitò la sede nei<br />

primi 15 anni.<br />

248<br />

Il Federalista, L’Autonomia Comunale e il prossimo Congresso di Parma…, cit.<br />

249<br />

Federico Leghissa, L’Anci si è affiancata alla Cgil nella lotta contro il caro-vita, Icd ago.-<br />

set. 1947, p. 73.<br />

250<br />

Nel 1949 la Lega dei Comuni democratici, la Confederazione della Municipalizzazione,<br />

il Comitato di coordinamento dei consigli di gestione aziende gas, l’Associazione nazionale in<strong>qui</strong>lini,<br />

si opponevano alla deliberazione del Cip (Comitato interministeriale prezzi) per l’aumento<br />

delle tariffe del gas e chiedevano, in primo luogo, il blocco delle tariffe, salvo ritocchi<br />

indispensabili al pareggio del bilancio delle aziende; AD mag. 1949, p. 163.<br />

251<br />

L’Associazione si riuniva a Roma il 19-20 aprile 1947 (Riunione del Consiglio direttivo<br />

dell’Associazione, Icd giu.-lug. 1947, pp. 65-6) e si sarebbe mobilitata successivamente per la difesa<br />

ed il rafforzamento degli Eca cfr. G.B. Facchini (Presidente dell’Eca di Bologna), Si vuole<br />

abolire gli ECA?, Icd giu. 1950, p. 210.<br />

252<br />

Libera Venturini, L’assistenza: vecchie e nuove concezioni, Icd nov. 1949, pp. 119-120.<br />

253<br />

Da Bologna a Firenze. Importanti convegni dei sindaci dell’Alta Italia e della <strong>Toscana</strong>, Icd<br />

giu.-lug. 1947, p. 71.


82 PARTE II<br />

1.4.2. “Il Comune democratico”<br />

Il 4 agosto 1946 venne costituito a Palazzo Marino il Centro di consulenza<br />

ai comuni democratici della provincia di Milano 254 , la cui rivista mensile, “Il Comune<br />

democratico” 255 , diveniva dal gennaio 1948 organo della Lega 256 . Nel primo<br />

‘900 la definizione ideale del comune socialista era stata quella di comune<br />

moderno, dove l’aggettivo moderno metteva in evidenza la ricerca del progresso,<br />

dello sviluppo economico e politico a vantaggio dei cittadini lavoratori, contrapposto<br />

al comune vecchio, arretrato e tradizionalista, arroccato nella difesa dei<br />

privilegi di proprietari terrieri, borghesi e capitalisti. Nel secondo dopoguerra<br />

l’espressione che identificava il comune socialista e comunista fu il comune democratico.<br />

Lo sviluppo economico e dei servizi non aveva portato con se, meccanicamente,<br />

il benessere dei cittadini lavoratori; il fascismo aveva dimostrato<br />

che la modernità poteva accompagnarsi alla dittatura ed alla guerra. Nel secondo<br />

dopoguerra l’obiettivo degli amministratori della sinistra era <strong>qui</strong>ndi divenuta<br />

la democrazia che, nella realtà locale, si traduceva nel dar voce e diritti ai cittadini<br />

e, nella realtà istituzionale, nel dar voce e autonomia ai comuni.<br />

Il Centro di consulenza era retto da un Consiglio direttivo - che, sentito il<br />

segretario del Centro, dava “le direttive generali sul lavoro da svolgere” - formato<br />

da sindaco e vicesindaco di Milano, il socialista del Psli Antonio Greppi<br />

ed il comunista Piero Montagnani 257 ; e da vari sindaci di paesi della provincia:<br />

Amilcare Locatelli, sindaco di Binasco, il vecchio socialista che aveva difeso la<br />

Lega negli anni dell’ascesa del fascismo, anche di fronte ai compagni di partito;<br />

Aldo Dirotti, di Casalpusterlengo; Carlo Fontana, di Magenta; Cornelio<br />

Zadra, di Parabiago; Carlo Grezzi, di Novate Milanese; Ezio Gasparini, vice<br />

sindaco di Legnano.<br />

Federico Leghissa, del Pci, era segretario del Consiglio direttivo e direttore<br />

del Centro, costituito da una Segreteria e da un Ufficio studi problemi comu-<br />

254<br />

Federico Leghissa, Tutti così in prefettura?, Icd dic. 1946, p. 1.<br />

255<br />

Il titolo del periodico, per esteso, era: “Il Comune democratico. Edito dal Centro di consulenza<br />

ai Comuni democratici della provincia di Milano”.<br />

256<br />

Dal primo numero del 1948 la rivista diveniva Il Comune democratico. Edito dalla Lega dei<br />

comuni democratici – Milano. Come riportato in un riquadro in prima pagina “Il Comitato Direttivo<br />

della Lega Nazionale dei Comuni democratici ha chiesto che la nostra rivista ‘Il comune<br />

democratico’ divenga l’organo ufficiale della Lega stessa. Lieti di aderire a questa domanda che<br />

rappresenta un premio alla nostra fatica, invitiamo gli amici ed i compagni amministratori ad<br />

intensificare con slancio la campagna degli abbonamenti”; Icd gen.-feb. 1948, p. 1.<br />

La dicitura “Organo ufficiale della Lega sarebbe apparsa sotto la testata a partire dal luglio<br />

1948.<br />

257<br />

L’amministrazione comunale di Milano fu guidata dal 1945 al 1951 dal socialista Antonio<br />

Greppi, nominato sindaco dal Clnai alla fine della guerra. Greppi venne confermato nella<br />

carica all’indomani delle elezione del 7 aprile 1946 e ancora dopo la scissione del Psi del<br />

1947, pur avendo egli scelto di appartenere al Psli come la maggioranza dei consiglieri socialisti,<br />

un Psli che a Milano continuava a collaborare con gli altri partiti della sinistra, mentre a livello<br />

nazionale, partecipava ai governi a guida democristiana da cui erano stati esclusi Pci e Psi;<br />

sull’amministrazione milanese nel secondo dopoguerra cfr. Maurizio Punzo, Amministrazione e<br />

politica a Palazzo Marino, in Gianfranco Petrillo e Adolfo Scalpelli (a cura di), Milano anni<br />

Cinquanta, Milano, Franco Angeli, 1986, pp. 624-653.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 83<br />

nali. Dalla Segreteria, che aveva “compiti di coordinare e dirigere tutte le attività<br />

del Centro”, dipendevano l’Ufficio stampa, l’Ufficio di assistenza amministrativa,<br />

che aveva “il compito di rappresentanza dei Comuni presso le Autorità<br />

locali e centrali, e per dare l’assistenza tecnica amministrativa agli Amministratori,<br />

sia nel nostro ufficio, che recandosi nei singoli Comuni a visitare i consiglieri”<br />

e l’Ufficio di consulenza legale che esprimeva “pareri ai Comuni associati<br />

in merito a problemi di carattere giuridico, e per assisterli in ogni eventuale<br />

controversia” 258 . Sempre dalla Segreteria dipendeva anche l’Ufficio<br />

Co.f.e.l. (Cooperativa per la fornitura degli enti locali) che provvedeva alla<br />

somministrazione di stampati, cancelleria e ad altro materiale necessario agli<br />

stessi enti per lo svolgimento della loro attività, non solo di quella strettamente<br />

amministrativa 259 .<br />

L’Ufficio studi problemi comunali si occupava di consulenza in materia di<br />

finanze, lavori pubblici e ricostruzione, scuola e assistenza, annona e consulenza<br />

igienica 260 .<br />

Il Centro riprendeva la migliore tradizione dell’Anci. Due uffici della struttura<br />

milanese, infatti, avevano la stessa denominazione e le stesse funzioni di<br />

quelli istituiti dall’Associazione dei comuni nella sua piena fioritura nei primi<br />

anni ’20. Il riferimento è all’Ufficio di assistenza amministrativa, che aveva “il<br />

compito particolare di aiutare i Comuni nella trattazione delle loro speciali pratiche<br />

presso le Amministrazioni Centrali, la cui definizione troppo spesso dipende<br />

essenzialmente da solleciti e pronti rapporti con gli Uffici governativi”;<br />

ed all’Ufficio di consulenza legale, “costituito nel 1922, con il compito di fornire<br />

pareri ai Comuni associati sulle questioni di carattere essenzialmente legale<br />

e di assisterli eventualmente nelle loro contestazioni davanti alle varie magistrature”<br />

261 .<br />

Era evidente che una struttura come il Centro di consulenza ai comuni democratici<br />

della provincia di Milano andasse ad incidere sui rapporti che i comuni<br />

avevano con organismi pubblici ed aziende di vario tipo. Il segretario del<br />

centro, Leghissa, evidenziò diffidenze ed ostilità, in primo luogo quelle degli<br />

appaltatori delle imposte di consumo, dei fornitori dei comuni 262 e, non ultimo,<br />

della prefettura, di cui riportava testualmente l’opinione di un anonimo<br />

funzionario che così aveva commentato l’attività del centro:<br />

“La consulenza ai Comuni, grazie alla nostra modesta competenza, possiamo<br />

darla noi stessi; possono darla i Segretari comunali. Quanto all’autonomia, è<br />

258<br />

Struttura del Centro di consulenza, Icd dic. 1946, p. 14.<br />

259<br />

Nicola Jaeger, Problemi nuovi, soluzioni nuove. La mutualità fra gli enti pubblici. Cooperative<br />

di consumo fra enti locali, Icd giu.-lug. 1947, pp. 54-6.<br />

260<br />

Struttura del Centro di consulenza…, cit.<br />

261<br />

Sala XLIII. Associazione dei comuni italiani, in Prima mostra italiana di attività municipale,<br />

Vercelli MCMXXIV. Catalogo generale con 50 illustrazioni, Milano, 1924, pp. 306-312; cfr.<br />

Gaspari, L’Associazione nazionale dei comuni italiani dalla nascita al secondo dopoguerra…, cit.,<br />

pp. 40-3.<br />

262<br />

Il centro, infatti, stava promuovendo la costituzione di consorzi per la gestione diretta<br />

delle imposte di consumo e di una cooperativa intercomunale per la fornitura di stampati e materiale<br />

vario in uso presso uffici ed enti comunali.


84 PARTE II<br />

una cosa di là da venire, perché i nostri Comuni non sono maturi per autogovernarsi;<br />

e noi siamo <strong>qui</strong> per far rispettare la legge”.<br />

I tempi, però, scriveva ancora Leghissa, erano ormai cambiati: “Una volta<br />

non si usava interpellare chi sta più in basso, oggi è buona norma farlo; oggi<br />

non è ammesso sottrarsi ai più elementari principi della democrazia; ancor meno<br />

è permesso frenare lo sviluppo di iniziative democratiche” 263 .<br />

Ma gli ostacoli all’adesione dei comuni al Centro non mancavano, anche attraverso<br />

indicazioni dirette del Presidente del Consiglio, De Gasperi, a motivo,<br />

almeno ufficialmente, della necessità di ridurre le spese degli enti locali 264 . La<br />

modestia della riforma della legge comunale e provinciale 265 approvata in quei<br />

mesi ricordava agli enti la loro dipendenza dal centro.<br />

1.4.3. La volontà di cambiamento nelle pagine della rivista<br />

Le pagine della rivista “Il Comune democratico” danno un’idea delle grandi<br />

aspettative di cambiamento che trasparivano dall’intensa attività dei comuni<br />

della sinistra della provincia milanese. L’area era senza dubbio una delle più<br />

ricche e progredite di tutta l’Italia e non rispecchiava, evidentemente, la complessa<br />

e frastagliata realtà degli enti locali italiani di quegli anni. Forse, però,<br />

non è lontana dal vero l’ipotesi che la straordinaria volontà di cambiamento che<br />

si manifestava attraverso la rivista era probabilmente comune alla gran parte<br />

delle amministrazioni locali, in anni nei quali l’entusiasmo seguito alla fine del<br />

fascismo e della guerra sembrava rendere possibile grandi mutamenti.<br />

E grandi mutamenti sembravano preannunciare tutti gli articoli del mensile.<br />

C’erano notizie sulla riforma della legge comunale e provinciale 266 ; informazioni ed<br />

istruzioni su uffici ed attività comunali 267 ; il programma di un corso di dieci conversazioni<br />

per amministratori comunali organizzato dal Centro di consulenza ai<br />

comuni democratici della provincia di Milano 268 , un altro corso sarebbe stato successivamente<br />

pubblicato a dispense allegate alla rivista nel 1952 e 1953, nel quale<br />

nella “Parte I. Introduzione. Struttura generale del comune. Organi” al primo po-<br />

263<br />

Leghissa, Tutti così in prefettura?..., cit.. Per un recente ed efficace esame delle iniziative e di<br />

un comune della sinistra, Modena, e delle relative risposte delle autorità governative, comparate<br />

con quelle di un comune vicino al governo, Padova, e del ben diverso atteggiamento delle autorità,<br />

nel periodo a cavallo tra gli anni ‘40 e ‘50, cfr. Giovanni Taurasi, Autonomia promessa, autonomia<br />

mancata. Governo locale e reti di potere a Modena e Padova (1945-1956), Roma, Carocci 2005.<br />

264<br />

Il telegramma di De Gasperi, Icd feb.-mar. 1947, pp. 17-8.<br />

265<br />

Commento alle modifiche al T.U. della legge comunale e provinciale, Icd apr.-mag. 1947,<br />

pp. 37-.<br />

266<br />

Relazione allo schema di D.L.L. recante modifiche al testo Unico della Legge Comunale e<br />

Provinciale approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383 e successive modificazioni, Icd gen. 1947,<br />

pp. 1-3; F.L., Verso l’autonomia comunale, Icd gen. 1947, pp. 4-5.<br />

267<br />

Libera Venturini, Cenni su l’Ente Comunale di Assistenza, Icd gen. 1947, p. 7; Alberto<br />

Coccopalmerio, Come si amministra nei piccoli e medi comuni, Icd nov.-dic. 1947, pp. 126-7,<br />

Svolgimento delle sedute alla giunta comunale, ivi, p. 127.<br />

268<br />

Programma di dieci conversazioni pratiche di aggiornamento e di preparazione per amministratori<br />

comunali, Icd nov.-dic. 1947, p. 139.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 85<br />

sto c’era “Popolo” e <strong>qui</strong>ndi “Consiglio, Giunta, Sindaco” 269 . La rivista dava poi informazioni<br />

sull’attività della Union Internationale des Villes 270 ; sui piani regolatori<br />

cittadini 271 ; informava gli amministratori sulla possibilità, ancora controversa, di<br />

ricevere un’indennità di carica 272 , indispensabile per persone, come erano moltissime<br />

nella sinistra, che non avevano risorse economiche tali da poterle sostenere<br />

mentre svolgevano l’attività di amministratori, spesso a tempo pieno.<br />

Grandissimo spazio aveva poi la questione delle finanze comunali, sulla quale si<br />

basava l’effettiva autonomia di comuni e province dal potere centrale e la possibilità<br />

di fare una vera politica in favore dei cittadini. Molto significativamente il primo<br />

paragrafo dell’articolo che annunciava un convegno di assessori alle finanze si intitolava<br />

Confusione di leggi e di imposte 273 . Erano numerosi poi gli articoli dedicati alle<br />

modalità di accertamento dell’imposta di famiglia, l’imposta che garantiva una<br />

importante fonte di entrate e che permetteva ai comuni della sinistra di attuare una<br />

politica di redistribuzione del reddito a vantaggio dei cittadini più poveri 274 . E proprio<br />

la necessità di trarre il maggior vantaggio possibile da questa risorsa, spingeva<br />

le amministrazioni locali della sinistra a costituire i Consigli tributari comunali 275<br />

che contribuivano ad accertare i redditi effettivi, specie dei maggiorenti.<br />

Questo ed altri organismi di consultazione e di partecipazione dei cittadini<br />

all’attività dell’amministrazione locale non sorsero solo per motivi economici,<br />

ma anche per ovviare alla mancata riforma degli enti locali. L’obiettivo era, soprattutto,<br />

quello di promuovere la partecipazione dei cittadini all’attività ed al<br />

controllo dell’operato comunale operando entro i margini della legislazione vigente<br />

e, sempre in questo ambito, nacquero anche le consulte popolari 276 .<br />

1.5. Le motivazioni politiche della rinascita della Lega<br />

L’esclusione dei partiti della sinistra dal IV Governo De Gasperi, consumatasi<br />

a Roma alla fine di maggio del 1947 277 , segnò la fine dell’unità dei partiti<br />

del Cln a livello nazionale ed ebbe ripercussioni pressoché immediate nella vita<br />

dei comuni democratici.<br />

269<br />

Programma del corso di lezioni per gli amministratori comunali, Icd dic. 1951, p. 381.<br />

270<br />

VII Congresso internazionale dei comuni, Icd giu.-lug. 1947, pp. 56-9.<br />

271<br />

Mario Venanzi, Il nuovo piano regolatore della città di Milano; Luigi Tagliolato, Piano regolatore<br />

dei centri minori, Icd ago.-set. 1947, pp. 78-9.<br />

272<br />

L’indennità di carica agli amministratori, Icd feb.-mar. 1947, pp. 18-9.<br />

273<br />

Il convegno degli assessori alle finanze, Icd dic. 1946, pp. 4-6.<br />

274<br />

Si veda, per esempio, Piero Andreini, L’imposta di famiglia e la dimora abituale, Icd apr.-<br />

mag. 1947, pp. 45-6.<br />

275<br />

Luigi Santambrogio, I consigli tributari e l’imposta di famiglia nel nuovo clima democratico, Icd<br />

gen. 1947, pp. 11-2; Costituzione dei Consigli tributari comunali, Icd ago.-set. 1947, pp. 83-4.<br />

276<br />

Le consulte popolari ebbero origine a Milano, nel rione periferico e popolare di Affori,<br />

nell’immediato secondo dopoguerra; Piero Montagnani, Un’esperienza democratica. Le consulte<br />

popolari, Icd ott. 1947, pp. 97-103.<br />

277<br />

IV Governo De Gasperi (31 mag. 1947 – 23 mag. 1948); coalizione politica: DC- Pli-<br />

Psli-Pri; l’esecutivo precedente era il III Governo De Gasperi (2 feb. 1947 – 31 mag. 1947);<br />

coalizione politica: DC-Pci-Psi.


86 PARTE II<br />

Il numero di giugno della rivista dei comuni milanesi si apriva con un editoriale<br />

nel quale dopo la denuncia dell’assoluta insufficienza delle riforme per le autonomie<br />

locali, si richiamava la necessità dell’unione, il primo e più forte mezzo<br />

difesa che gli enti locali, fin dalla fine dell’’800, avevano mutuato dai lavoratori:<br />

“La forza democratica dei Comuni sta nella loro unione. Anche per i Comuni,<br />

il Governo di parte, che è stato costituito, può rappresentare più di un pericolo:<br />

troppe leve sono nelle mani dell’alta burocrazia perché non si debba temere<br />

che esse potranno essere adoperate a scopi elettoralistici o di oppressione, con<br />

l’assoluta violazione dei veri interessi delle popolazioni. Ebbene, se questo si verificherà,<br />

i Comuni facciano sentire la loro voce e gridino forte che è finito il<br />

tempo di Giolitti o di Mussolini e che la libertà non è stata ricon<strong>qui</strong>stata, con<br />

il sangue di tanti italiani, perché di essa venisse fatto scempio” 278 .<br />

Al richiamo all’unità dei comuni per fini politici ne seguiva, immediatamente,<br />

un altro. Proprio come i lavoratori, che si univano in sindacati e cooperative<br />

per tutelarsi e migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, così<br />

i comuni dovevano associarsi per difendersi e formare delle cooperative per<br />

incrementare la propria attività. L’esempio veniva dall’estero, dalla Germania,<br />

ma anche dall’Unione sovietica degli anni della Nep 279 , ora la stessa possibilità<br />

c’era anche in Italia, grazie al codice civile del 1942. I comuni, come tutti gli<br />

enti pubblici, potevano partecipare a società commerciali e, a maggior ragione,<br />

a società cooperative, l’esempio veniva dato proprio da Milano:<br />

“L’esperimento iniziatosi a Milano, con la costituzione di una apposita cooperativa<br />

per la fornitura degli Enti locali (la CO.F.E.L.) allo scopo di fornire ai Comuni<br />

e ad altri Enti gli stampati, la cancelleria e quant’altro possa loro occorrere” 280 .<br />

1.5.1. Le prime avvisaglie dell’offensiva di Scelba contro i comuni democratici<br />

A qualche mese dalla fine della collaborazione nel Governo tra i partiti che<br />

avevano fatto la Resistenza, avvenuta a Roma, a Milano si consumò un evento<br />

che segnò la fine dell’ultima speranza di una riforma dell’amministrazione locale<br />

ispirata alla Resistenza. L’episodio fu la destituzione del prefetto di Milano,<br />

Ettore Troilo, decisa dal Ministro dell’interno, il democristiano Mario Scelba,<br />

ed attuata nonostante la massiccia protesta promossa dalla sinistra 281 . Scelba,<br />

con la destituzione di Troilo, completò l’espulsione dalla carriera prefettizia<br />

di tutte le personalità espresse nell’ambito del Cln che egli riteneva incompatibili<br />

alla strategia di contenimento della minaccia eversiva che sarebbe potuta<br />

venire dai partiti della sinistra. Una manovra analoga a quella compiuta nel-<br />

278<br />

Realizzare l’autonomia attraverso l’unione dei comuni, Icd giu.-lug. 1947, pp. 53-4.<br />

279<br />

La Nep (Nuova politica economica) venne attuata negli anni ’20 dallo Stato sovietico per<br />

promuovere la ricostruzione nazionale dopo la guerra civile.<br />

280<br />

Jaeger, Problemi nuovi, soluzioni nuove. La mutualità fra gli enti pubblici.., cit; Statuto della<br />

Cooperativa Fornitura Enti Locali (Co.F.E.L.), Icd ott. 1947, pp. 119-120.<br />

281<br />

Per una dettagliata cronaca di questi eventi cfr. Carlo Troilo, La guerra di Troilo. Novembre<br />

1947: l’occupazione della Prefettura di Milano, ultima trincea della Resistenza, Soveria Mannelli,<br />

Rubbettino Editore, 2005.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 87<br />

l’ambito delle forze di pubblica sicurezza, che lo aveva portato decidere la “riorganizzazione<br />

dei servizi di polizia nell’intento di espellerne gli ex partigiani<br />

che vi erano entrati durante il governo Parri” 282<br />

Per opporsi alla destituzione decisa dal Ministro il 28 novembre 1947 una<br />

folla di partigiani, lavoratori e militanti della sinistra, guidati dal segretario del<br />

Pci della Lombardia, Giancarlo Pajetta, occupò la prefettura del capoluogo<br />

lombardo. Si opposero alla destituzione anche 160 sindaci della provincia che<br />

minacciarono le dimissioni 283 . Considerata dal punto di vista politico, l’occupazione<br />

“sembrò per un momento dare corpo ad una rilanciata ipotesi insurrezionale”<br />

284 , che era però irrealizzabile e come tale venne abbandonata.<br />

Dal punto di vista del movimento per le autonomie locali, fu una nuova e<br />

definitiva dimostrazione che la minaccia delle dimissioni dei sindaci e, <strong>qui</strong>ndi,<br />

il blocco dell’attività delle amministrazioni locali, non costituivano una minaccia<br />

tale da influenzare in alcun modo le decisioni del governo nazionale. La<br />

conferma della destituzione del prefetto Troilo nonostante sia la protesta popolare,<br />

sia le minacciate, e mai date, dimissioni dei sindaci, aveva destituito di<br />

ogni fondamento non solo la prospettiva rivoluzionaria ma anche l’idea di un<br />

movimento dei comuni basato su modalità di lotta ed iniziative politiche modellate<br />

sulla falsariga di quelle seguite dal movimento dei lavoratori.<br />

Quella che con estrema durezza gli amministratori e i politici della sinistra definirono<br />

come la “offensiva reazionaria contro i comuni democratici, contro i comuni<br />

socialisti e comunisti in particolare”, era iniziata. Era questa “una offensiva meno<br />

appariscente, che sfugge alla attenzione del cittadino perché non condotta ancora<br />

con la bomba ed il pugnale tra i denti, ma non per questo meno violenta e micidiale<br />

per le amministrazioni democratiche”. L’offensiva si sostanziava attraverso la<br />

concessione di finanziamenti per lavori pubblici a comuni di un certo colore piuttosto<br />

che di un altro, con l’annullamento di qualsiasi prospettiva di autonomia politica<br />

e finanziaria dei comuni 285 . A questo bisognava rispondere “mantenendo uno<br />

stretto legame con le Sezioni di Partito e con la popolazione del Comune” 286 .<br />

1.5.2. “L’amministratore democratico”<br />

E il partito si mosse. Nell’aprile del 1947, nelle settimane che precedettero<br />

l’esclusione della sinistra dal Governo nazionale, mentre la lotta politica diveniva<br />

via via sempre più aspra, la direzione del Partito comunista avvertì la ne-<br />

282<br />

Ragionieri, La storia politica e sociale…, cit. p. 2466.<br />

283<br />

Pietro Montagnani, I comuni nel fronte della democrazia, Icd nov.-dic. 1947, p. 121.<br />

284<br />

Ragionieri, La storia politica e sociale…, cit. p. 2468.<br />

285<br />

Sulla diversità di trattamento riservato dalle autorità di governo ai comuni della sinistra<br />

(in particolare Modena) rispetto a quelli guidati da partiti governativi (in particolare Padova),<br />

nell’ambito di una comune mortificazione dell’autonomia locale, cfr. Giovanni Taurasi, Autonomia<br />

promessa, autonomia mancata. Governo locale e reti di potere a Modena e Padova (1945-<br />

1956), Roma, Carocci 2005.<br />

286<br />

Federico Leghissa, Il comune democratico nel quadro della lotta contro la reazione, Icd nov.-<br />

dic. 1947, pp. 122-3.


88 PARTE II<br />

cessità di dotarsi di una rivista per i propri amministratori locali. Le ragioni<br />

che portarono a questa pubblicazione erano, ufficialmente, di carattere tecnico:<br />

“un numero elevato di autentici lavoratori” era stato eletto nelle assemblee<br />

locali e “L’Amministratore democratico. Bollettino mensile di orientamento e<br />

d’informazione. Edito a cura del centro di consulenza per gli enti locali del<br />

P.C.I.” intendeva aiutarli “efficacemente” 287 . In effetti, però, già esistevano numerose<br />

ed affermate riviste di carattere tecnico a cominciare da “Il comune democratico”,<br />

e da “Il corriere amministrativo”, che pubblicava i documenti ufficiali<br />

dell’Anci. Era evidente però che l’obiettivo del nuovo mensile non era<br />

di tipo tecnico ma politico: rafforzare i legami tra il Partito comunista ed i<br />

propri iscritti presenti nelle amministrazioni locali. A somiglianza della rivista<br />

milanese “L’Amministratore democratico” era edito a cura di un Centro di<br />

consulenza 288 ; la sede della direzione e dell’amministrazione era in Via delle<br />

Botteghe Oscure, 13, Roma; la strada il cui nome avrebbe poi simboleggiato<br />

la sede nazionale del Pci.<br />

La nuova rivista rivolgeva la propria attenzione più decisamente verso<br />

questioni di carattere generale. Ospitava articoli di informazione sugli avvenimenti<br />

di politica nazionale 289 , sui lavori della Costituente in materia di enti<br />

locali, sulla finanza locale, sulle riunioni di sindaci ed amministratori di<br />

partito a livello locale e nazionale, ma non mancavano articoli su specifiche<br />

questioni di amministrazione locale e, più in generale, su problemi di governo.<br />

Gli argomenti trattati erano sostanzialmente gli stessi de “Il Comune democratico”,<br />

ma con una maggiore accentuazione politica. Erano molto numerose<br />

anche in questo periodico le notizie sulla finanza locale, in particolare<br />

sul risanamento della finanza di comuni e province 290 e sulla gestione<br />

dell’imposta di famiglia. Erano molti poi gli articoli in difesa degli amministratori<br />

della sinistra contro i soprusi del Ministero dell’Interno e sugli specifici<br />

organi di consultazione dei cittadini istituiti dalle amministrazioni di<br />

sinistra.<br />

Dei Consigli tributari comunali veniva fatta la storia, illustrata l’attività, fornito<br />

il regolamento. Erano quattro i consigli composti dai cittadini che avevano<br />

iniziato la loro attività a Bologna il 1° agosto 1946:, “investiti dei compiti<br />

di accertamento e di concordato per l’applicazione dell’imposta di famiglia”. Al<br />

31 dicembre 1946 i Consigli bolognesi avevano svolto 201 sedute, istruite e definite<br />

687 pratiche relative a redditi di capitali e misti, 509 si erano concluse<br />

con un concordato con il contribuente, 178 senza. I risultati erano significativi:<br />

i 509 contribuenti avevano dichiarato un reddito di 50.027.602 lire, ed ave-<br />

287<br />

Presentazione, AD apr. 1947, p. 1<br />

288<br />

La decisione di pubblicare una rivista e di aprire un centro di consulenza per gli enti locali<br />

del Pci a Roma, a poco meno di un anno di quello di Milano, era stata presa, quasi certamente,<br />

nel convegno dei sindaci comunisti svoltosi a Roma nel marzo del 1947; Convegno di<br />

sindaci comunisti, AD apr. 1947, pp. 4-7.<br />

289<br />

Cfr. Offensiva antidemocratica, AD giu.-lug. 1947, nn. 3-4, pp. 1-2.<br />

290<br />

Autonomia finanziaria dei Comuni, AD apr. 1947, n. 1, pp. 9-10; Per il risanamento finanziario<br />

dei comuni e delle province, “AD mag. 1947, n. 2, pp. 6-8.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 89<br />

vano poi concordato la denuncia di 337.008.584 lire 291 , con un evidente beneficio<br />

per le assetate casse comunali.<br />

Il fondamento giuridico degli organismi era dato dall’art. 117 del regolamento<br />

della Legge comunale e provinciale approvato con r.d. 12 feb. 1912 n.<br />

297 nel quale era previsto che “nella formazione della matricola delle tasse la<br />

Giunta comunale ‘può anche avvalersi dell’opera preparatoria di speciali Commissioni<br />

da essa nominate’”, il legislatore di allora “non immaginava neppure<br />

lontanamente quale sviluppo avrebbe avuto tale norma dal 1946!”. Venivano<br />

definiti dalla stampa governativa “Soviets tributari”, ma la possibilità di limitare<br />

l’evasione dall’imposta li giustificava ampiamente 292 .<br />

Ai Consigli tributari si sommavano le Consulte popolari “sorte per prime<br />

a Milano come organi di democrazia diretta nell’ambito della vita comunale,<br />

hanno ormai superato la fase di esperimento diventando organismi insostituibili<br />

per i rapporti e i contatti diretti tra l’Amministrazione comunale e la<br />

popolazione”. Le Consulte si sarebbero dovute costituire in ogni rione senza<br />

“un rigido schema organizzativo”. Il massimo sostenitore, Piero Montagnani,<br />

proponeva nel suo opuscolo 293 , che alle Consulte corrispondessero delle Assemblee<br />

popolari rionali, nelle quali i cittadini avrebbero avuto modo di manifestare<br />

le proprie esigenze, anche di fronte ai singoli assessori competenti<br />

invitati di volta in volta. Un Comitato cittadino di coordinamento avrebbe<br />

poi dovuto coordinare le richieste delle varie Consulte ed Assemblee 294 . Il primo<br />

congresso delle Consulte popolari si svolse a Milano il 21 dicembre<br />

1947 295 .<br />

Un altro esempio di promozione della partecipazione popolare democratica<br />

al governo locale attraverso l’utilizzazione delle norme vigenti era quello del decentramento<br />

dell’attività e dell’amministrazione comunale nei quartieri attivato<br />

nella città di Bologna nella seconda metà degli anni ‘50. Il comune, in questo<br />

caso, sfruttò l’art. 155 della legge comunale e provinciale del 1915 che prevedeva<br />

la possibilità per i comuni con più di 60.000 ab. della ripartizione in<br />

quartieri con facoltà del sindaco di nominare degli “aggiunti” scelti tra gli eleg-<br />

291<br />

Realizzazioni dei consigli tributari municipali a Bologna, AD mag. 1947, pp. 11-2; si veda<br />

anche L’attività dei consigli tributari municipali a Milano, AD dic. 1947, pp. 18-9; Luigi Gigliotti,<br />

I consigli tributari nell’esperienza di Bologna, Milano e Genova, AD gen.-feb. 1948, pp.<br />

21-5; Luigi Gigliotti, I ricchi contro i consigli tributari, AD apr. 1948, pp. 95-7.<br />

292<br />

Venivano proposti anche dalla minoranza di sinistra del comune di Roma; Luigi Gigliotti,<br />

Le consulte tributarie di Roma, AD mar.-apr. 1949, pp. 120-1.<br />

293<br />

Piero Montagnani, Un’esperienza democratica: le consulte popolari, prefazione dell’on.<br />

Giancarlo Paletta, Milano, Fcm, 1947.<br />

294<br />

P.M., Le consulte popolari (origine ed organizzazione), AD ott.-nov. 1947, pp. 8-9; si veda<br />

anche Mario Osti, Le consulte popolari. (due esperienze: Milano e Napoli), AD dic. 1947, pp.<br />

8-9; Il convegno delle consulte popolari di Bologna, ad, 1948, n. 4, pp. 81-5; B. Garbagnati, Le<br />

consulte cittadine di Torino, AD feb. 1949, pp. 65-6.<br />

295<br />

Erano “presenti i rappresentanti del Comune di Milano, della Deputazione provinciale,<br />

dei sindaci di Bologna Genova, Venezia, Torino, nonché quelli dei partiti politici, della Camera<br />

del lavoro, della Federterra, e di altre numerose associazioni partigiane e combattentistiche,<br />

economiche, sociali ed assistenziali”; Primo congresso delle Consulte popolari, Icd gen.-feb. 1948,<br />

pp. 16-18.


90 PARTE II<br />

gibili, con l’approvazione del prefetto 296 . Si trattò di un’iniziativa che si sarebbe<br />

sviluppata ed estesa gradatamente fino ad arrivare alla sperimentazione dei consigli<br />

di quartiere e di borgata approvati in via sperimentale nel 1968 dal Ministero<br />

dell’interno nei comuni di Bologna, Venezia e Roma, Ministero che però<br />

aveva “bloccato le delibere di tutte le altre città” 297 .<br />

Il motto sulla copertina della rivista del Pci per gli amministratori “Il comune<br />

al popolo. Il popolo al comune” 298 , si sostanziava in una concreta pratica<br />

politica. L’obiettivo era quello di legare i cittadini all’amministrazione popolare,<br />

di rafforzare i legami tra sindaco e popolazione 299 , per colmare il distacco<br />

che si era creato nei vent’anni della dittatura. Certo era evidente che l’esempio<br />

dei soviet, l’appello all’esperienza rivoluzionaria sovietica, costituiva un<br />

richiamo affascinante per gran parte del popolo della sinistra dell’immediato<br />

secondo dopoguerra, ma era altrettanto evidente che il mito della democrazia<br />

sovietica non venne mai associato – almeno nelle riviste esaminate per questa<br />

ricerca - ai nuovi organi di consultazione popolare. Contemporaneamente il<br />

Pci - come anche il Partito socialista -, continuando una storica battaglia combattuta<br />

dalla sinistra nell’Italia liberale, proseguita negli anni successivi, cercava<br />

di consolidare l’istituzione del sindaco attraverso il conferimento di<br />

un’indennità di funzione perché, come titolava un articolo, I sindaci non vivono<br />

d’aria 300 .<br />

1.6. La rifondazione della Lega dei comuni<br />

L’8 dicembre, a poco più di dieci giorni dalla cacciata del prefetto Troilo, si<br />

svolse a Milano un congresso di comuni democratici della provincia nel quale<br />

venne espressa la volontà di “lottare per la democrazia e per il rinnovamento del<br />

Paese, saldamente uniti non solo su scala provinciale o regionale, ma sul piano<br />

nazionale […] di inserirsi nello schieramento di tutte le forze democratiche, di<br />

costituire cioè parte integrante del Fronte democratico popolare […] di unire<br />

solidalmente al Comune democratico o alle minoranze all’opposizione, nella<br />

loro azione difensiva contro le forze reazionarie locali contro lo Stato accentratore<br />

e contro il Governo forcaiolo, le larghe masse popolari” 301 .<br />

296<br />

Giuseppe Dozza, Democratizzare le strutture comunali. La città suddivisa in quartieri e la<br />

nomina di “aggiunti” sindaci, Icd nov. 1957, pp. 19-20; sul decentramento comunale cfr. Pietro<br />

Procioni, Il cittadino e la comunità locale, Icd nov. 1964, pp. 16-25.<br />

297<br />

Decentramento e iniziativa popolare, Icd giu. 1968, inserto fotografico.<br />

298<br />

Lo stesso motto appariva nella copertina de “Il comune democratico”, probabilmente, a<br />

partire dal marzo 1948 il “probabilmente” è dovuto al fatto che non tutte le copie consultate<br />

sono corredate di copertina, dove il motto era inserito appena sotto il titolo. Nel 1947 sotto la<br />

testata appariva la ben più innocua dicitura “Rassegna della stampa amministrativa”.<br />

299<br />

Rapporti fra il sindaco e la popolazione, AD mag. 1947, pp. 15-7.<br />

300<br />

Mario Franceschelli, I sindaci non vivono d’aria, AD ago.-set. 1947, pp. 5-6.<br />

301<br />

Cfr. La carta costitutiva del Fronte democratico popolare, Icd gen.-feb. 1948, p. 12. La carta<br />

al punto 2, “sviluppo democratico”, comma b), prevedeva: “nei Comuni: l’attuazione della<br />

autonomia degli Enti locali e la riforma finanziaria che ne assicuri l’attività e il bilancio in conformità<br />

delle esigenze democratiche delle popolazioni”; ibidem.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 91<br />

La rivista dei comuni della provincia di Milano non lo scriveva ma era evidente<br />

che i fatti del 27 novembre avevano sancito la spaccatura tra gli enti locali amministrati<br />

da comunisti e socialisti ed il resto del movimento 302 . L’estromissione del<br />

prefetto Troilo dalla prefettura di Milano appariva come la trasposizione, sul piano<br />

locale, dell’allontanamento dei partiti della sinistra dal governo di Roma avvenuta<br />

in ambito nazionale. La fruttuosa collaborazione che aveva permesso la stesura<br />

della Carta fondamentale era così cessata quasi alla vigilia dell’entrata in vigore<br />

della Costituzione repubblicana. “I Comuni democratici associati nella lotta<br />

e per la lotta”, riportava l’ordine del giorno dell’assemblea dell’8 dicembre, dovevano<br />

entrare nel Fronte democratico. Le parole d’ordine dei comuni milanesi, secondo<br />

“Il comune democratico”, erano state fatte proprie dal Congresso nazionale<br />

di Firenze da cui “sorse la ‘Lega nazionale dei comuni democratici’, la quale, riallacciandosi<br />

alle gloriose tradizioni socialiste, le rinverdisce le attualizza e le sostanzia”.<br />

La necessità “di un largo, costante, organizzato legame con le masse popolari”<br />

emersa nel corso dell’assemblea, aveva possibilità di sostanziarsi nella “originale<br />

esperienza delle ‘Consulte Popolari’ che tale legame realizzano e che, sorte a<br />

Milano, si sono impetuosamente irradiate in quasi tutto il Paese” 303 .<br />

Se “Il comune democratico” di Milano metteva in risalto i precedenti milanesi<br />

nella costituzione della Lega, la rivista del Pci, di Roma, sottolineava, invece, i<br />

precedenti romani. Il numero di ottobre-novembre 1947 de “L’Amministratore<br />

democratico” annunciava che, a seguito della deliberazione assunta nel “Convegno<br />

dei sindaci socialisti e comunisti dei comuni capoluoghi di provincia e di altri<br />

importanti comuni” del 14 dicembre a Roma, si sarebbe svolto alla fine di dicembre<br />

Un grande congresso nazionale dei comuni democratici a Firenze 304 . Nel<br />

mensile legato al Pci traspariva la volontà di slegare la Lega dei comuni dalla realtà<br />

di Milano e dagli eventi che si erano svolti nella città lombarda facendo apparire<br />

la nascita dell’organizzazione come il frutto di una meditata scelta politica legata<br />

all’evoluzione complessiva della situazione degli enti locali 305 .<br />

1.6.1. Comuni e province di sinistra nella strategia di opposizione al governo<br />

Molto probabilmente i fatti del 27 novembre avevano solo ratificato quanto<br />

andavano da tempo preparando le segreterie dei partiti 306 ma, comunque, fu<br />

a partire da quella data che comuni e province guidate dai partiti popolari en-<br />

302<br />

Deve comunque essere ricordato che Montagnani, nella relazione al congresso milanese<br />

pubblicata nella rivista, aveva sottolineato l’importanza dell’azione concorde dei 160 Comuni<br />

della provincia in occasione delle proteste di novembre e si rifaceva a quei fatti per evidenziare<br />

l’importanza del legame tra comuni e popolo; I congressi di Milano e di Firenze. Relazioni. Montagnani,<br />

Icd gen.-feb. 1948, pp. 3-4.<br />

303<br />

Il Comune democratico, Obiettivi di lotta e di vittoria, Icd gen.-feb. 1948, pp. 1-2.<br />

304<br />

Un grande congresso nazionale dei comuni democratici a Firenze, AD ott.-nov. 1947, p. 1.<br />

305<br />

Questa interpretazione della nascita della Lega è sostenuta, sostanzialmente anche da<br />

Massimo Severo Giannini , Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e Lega dei Comuni Democratici,<br />

CA, 15-31 gen. 1948, pp. 16-18.<br />

306<br />

Si vedano, a questo proposito, le accuse incrociate di Giulio Turchi, per la Lega, e di<br />

Achille Guerra, per l’Anci, (citati oltre più estesamente) di aver preparato la rottura dell’unità


92 PARTE II<br />

trarono a far parte a pieno titolo della più ampia strategia di opposizione dei<br />

partiti della sinistra al Governo, come sottolineava l’articolo che annunciava il<br />

congresso di Firenze: “Dopo il Congresso dei consigli di gestione e la Costituente<br />

della Terra, un altro imponente schieramento di forze democratiche sta<br />

per realizzarsi: quello dei Comuni Democratici […, che] si inserirà in un largo<br />

‘Fronte per la Pace, la Libertà e il Lavoro’ 307 in cui si raccoglieranno tutte le forze<br />

democratiche e popolari italiane e che troverà nei comuni l’espressione unitaria<br />

locale”.<br />

Alla premessa politica generale seguiva, ne “L’Amministratore democratico”,<br />

il testo della mozione approvata dai sindaci riuniti a Roma 308 e, ancora, alcuni<br />

articoli di preparazione al congresso di Firenze dai titoli molto espliciti: Lotta<br />

nei comuni, lotta nel Paese; Il comune, organismo politico 309 .<br />

Proprio come era avvenuto nel primo ‘900, i comuni divennero teatro dell’aspra<br />

battaglia in corso tra le forze che sostenevano il Governo centrale e<br />

quelle dell’opposizione. Ancora una volta furono i partiti della sinistra a farsi<br />

portavoce delle ragioni delle autonomie locali, per la prima volta, invece,<br />

ad appoggiare quelle del Governo nazionale fu il partito dei cattolici, insieme<br />

ai socialisti di Giuseppe Saragat. Nel secondo dopoguerra, a giocare il ruolo<br />

che un tempo toccò ai governi liberali furono la Democrazia cristiana, erede<br />

del Partito popolare italiano di Sturzo, in particolare nella persona del Ministro<br />

dell’interno Scelba - molto vicino al sacerdote di Caltagirone - e il Partito<br />

socialista dei lavoratori italiani (Psli, dal 1952 Partito socialdemocratico<br />

italiano, Psdi), erede dei socialisti riformisti i quali, come i cattolici di Sturzo,<br />

furono i più strenui sostenitori dell’autonomia comunale nel periodo liberale<br />

e fascista.<br />

1.6.2. Continuità e differenza tra le aggressioni fasciste nel ’20 e ’21 e quelle<br />

del periodo repubblicano<br />

L’arresto del sindaco comunista di Genzano, Mario Colacchi, era l’ultimo<br />

degli eventi che simboleggiavano la continuità tra l’aggressione ai comuni compiuta<br />

dai fascisti del primo dopoguerra, svolta con la complicità del governo liberale,<br />

e quella che stava compiendo il governo repubblicano nel secondo dopoguerra:<br />

“Si vogliono esautorare e li<strong>qui</strong>dare queste amministrazioni, che ostacolano<br />

la libertà d’azione del governo antidemocratico. Alla stessa maniera la<br />

pensavano i fascisti nel ’20 e ’21 ed abbiamo visto quali sono state le conseguenze”<br />

310 . L’estensione del fenomeno era tale da essere denunciata dalla rivista<br />

degli enti locali con la costituzione di organizzazioni di amministratori di partito; Giulio Turchi,<br />

Politica e amministrazione, Icd nov.-dic. 1948, pp. 169-172; idem, Richiamo alla realtà, AD<br />

nov. 1948, pp. 395-9; Achille Guerra, Richiamo alla realtà, CA, 30 set. 1948, n. 18.<br />

307<br />

Sull’adesione della Lega al Fronte della Pace, cfr. Marco De Simone, Comuni popolari e<br />

Fronte della Pace, del Lavoro e della Libertà, AD dic. 1947, pp. 6-8.<br />

308<br />

Un grande congresso nazionale dei comuni democratici a Firenze, AD ott.-nov. 1947, p. 1.<br />

309<br />

AD ott.-nov. 1947, pp. 2-4 e 5-7.<br />

310<br />

Mario Colacchi: sindaco di Genzano, AD ott.-nov. 1947, p. 22.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 93<br />

del Pci come L’offensiva reazionaria contro i sindaci democratici 311 . L’attacco ai<br />

comuni non avveniva solo attraverso provvedimenti che colpivano i sindaci ma<br />

anche con il classico strumento dello scioglimento dei consigli comunali 312 .<br />

Ultimo elemento da sottolineare nella scelta della data di svolgimento del<br />

congresso è la coincidenza con la firma della promulgazione della Legge fondamentale<br />

da parte del Capo provvisorio dello Stato, il 27 dicembre 1947, quasi<br />

a sottolineare il collegamento tra la nascita della Costituzione e quella di<br />

un’organizzazione votata, sin dal primo momento, ad ottenere quell’autonomia<br />

locale che pure era garantita dalle norme sui cui si sarebbe dovuto basare il nuovo<br />

Stato repubblicano.<br />

Fu questo il clima nel quale si svolse l’appuntamento di Firenze nel quale<br />

venne affrontata la questione di un’autonomia locale fortemente limitata nella<br />

realtà e affermata, ma solo teoricamente, nella nuova Costituzione repubblicana..<br />

1.6.3. Il congresso di rifondazione della Lega<br />

Il congresso di fondazione della Lega si tenne, dunque, nel capoluogo toscano<br />

il 27 dicembre 1947, nel teatro comunale, parteciparono all’appuntamento<br />

rappresentanti di oltre 1.500 comuni della sinistra su 3.000, le adesioni<br />

vennero soprattutto dal centro-nord, dove erano più forti le Leghe provinciali<br />

313 . Alla presidenza sedevano i sindaci di Torino, Negarville; Firenze, Fabiani;<br />

Genova, Tarello; Bologna, Dozza; Arezzo, Grazi, e, <strong>qui</strong>ndi, gli onorevoli Scoccimarro,<br />

Gasparotto, Cevolotto, Carpano e Miglioli.<br />

Nella mozione conclusiva approvata dal congresso si dava “mandato al comitato<br />

provvisorio della Lega dei comuni di svolgere un’immediata azione diretta”<br />

ad ottenere:<br />

- l’autonomia, attraverso l’attuazione della Costituzione che sarebbe entrata<br />

in vigore il successivo 1° gennaio 1948;<br />

- il risanamento dei bilanci comunali;<br />

- una più vigorosa politica di lavori pubblici, specie riguardo l’edilizia abitativa.<br />

A Firenze l’assemblea votò lo stesso testo predisposto dal Comitato di iniziativa<br />

per il Congresso nazionale dei comuni democratici nominato dal citato<br />

Convegno dei sindaci socialisti e comunisti tenutosi il 14 dicembre a Roma.<br />

Nel seguito della mozione conclusiva gli amministratori e i consiglieri della sinistra<br />

richiamavano <strong>qui</strong>ndi la necessità di organizzarsi in forma autonoma, come<br />

già avevano fatto altri settori dell’apparato del Pci e del Partito socialista,<br />

311<br />

L’offensiva reazionaria contro i sindaci democratici. Reati inesistenti e funzioni del sindaco<br />

in democrazia AD dic. 1947, pp. 12-3; Giulio Turchi, Difendiamo i sindaci, AD ago.-set. 1948,<br />

pp. 267-8<br />

312<br />

Vincenzo Bisconti (segretario generale del comune di Ravenna), Lo scioglimento dei consigli<br />

comunali nella Repubblica Democratica, AD gen.-feb. 1948, pp. 16-8.<br />

313<br />

La Lega dei comuni democratici. (Nostra intervista col compagno Turchi, Segretario nazionale<br />

della Lega), AD mar. 1948, pp. 5-7.


94 PARTE II<br />

“organismi di questa lotta popolare [contro il governo] identica alla lotta dei<br />

Comuni democratici: i Consigli di gestione, i Comitati per la rinascita del Mezzogiorno<br />

e i Comitati per la Terra”. E concludevano con la volontà di “costituire<br />

la Lega nazionale dei Comuni e degli amministratori democratici, col<br />

compito di coordinarne e dirigerne l’azione al fine soprattutto di ottenere la<br />

pronta attuazione dei principi sanciti nella Costituzione” 314 .<br />

1.7. Due organizzazioni di uno stesso movimento per le autonomie locali: le<br />

ragioni di Massimo Severo Giannini<br />

Una caratteristica fondamentale della Lega nata a Firenze nel 1947, che la<br />

differenziava in modo determinante da quella del periodo liberale, era la dichiarata<br />

compatibilità con l’Anci. La Lega dei comuni democratici nacque per<br />

meglio organizzare e far valere le ragioni di province e comuni socialisti e comunisti,<br />

non per isolare gli enti locali della sinistra dal movimento per le autonomie<br />

locali. Gli amministratori popolari, <strong>qui</strong>ndi, avrebbero continuato a far<br />

sentire la propria autorevole voce anche nell’Anci. Questo significava forse che<br />

la lezione dei riformisti dell’Italia liberale era stata appresa o era piuttosto una<br />

ennesima manifestazione della “doppiezza” della sinistra, come di tutti i partiti<br />

negli anni del secondo dopoguerra?<br />

La risposta non è univoca e - come chiarito fin dalle premesse della ricerca<br />

- non è questa la sede per tentare una spiegazione politica di questa scelta. Secondo<br />

Ragionieri il dato di fatto era che il Pci se non fu l’unico partito comunista<br />

dell’Europa occidentale ad utilizzare il prestigio politico e la forza elettorale<br />

derivanti dal successo nella lotta partigiana, fu però “il solo che ha saputo<br />

di <strong>qui</strong> prendere le mosse per estendere la sua presenza e la sua influenza nella<br />

società e per evitare, in ogni fase della lotta politica, quell’isolamento che ha costituito<br />

un costante obiettivo della conservazione italiana” 315 .<br />

Per quanto riguarda le vicende <strong>qui</strong> descritte, è possibile affermare che la politica<br />

delle alleanze sostenuta dal Pci di Togliatti non costituiva la motivazione<br />

fondamentale della tensione unitaria del movimento comunale, ma coincideva<br />

con essa. Le ragioni dell’unità influenzavano tutta la storia del movimento comunale<br />

ed avrebbero superato, nei fatti, quelle che avevano portato alla rottura<br />

della collaborazione tra i partiti del Cln. A spiegare questo particolare punto<br />

di vista fu Massimo Severo Giannini. Il giurista, all’indomani della fine della<br />

seconda guerra mondiale, si era occupato di autonomie locali collaborando<br />

con Adriano Olivetti alla concretizzazione del progetto olivettiano della “Comunità”<br />

316 . Aveva poi tentato nel 1946, senza successo, di vedere riconosciute<br />

dal Partito socialista le tesi del compromesso da lui elaborato tra le posizioni sue<br />

e di Olivetti e quelle del Partito. Quelle tesi che, dopo la pubblicazione in for-<br />

314<br />

Il Congresso dei comuni democratici a Firenze, AD dic. 1947, pp. 1-3.<br />

315<br />

Ragionieri, La storia politica e sociale…, cit. p. 2458.<br />

316<br />

Adriano Olivetti, L’ ordine politico delle Comunità: garanzie di liberta in uno stato socialista,<br />

Ivrea, Nuove edizioni Ivrea, 1945.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 95<br />

ma anonima in una rivista socialista 317 , decise di far apparire, questa volta firmate<br />

– Giannini, Olivetti -, nelle pagine dell’Anci nel “Corriere amministrativo”<br />

318 . L’interesse di Giannini per gli enti locali territoriali fu secondo solo a<br />

quello per l’ordinamento giuridico, ed a questo interesse per gli enti locali, evidenziato<br />

da Sabino Cassese 319 , era direttamente collegato quello, altrettanto importante,<br />

verso il movimento per le autonomie locali, attraverso il movimento<br />

comunale italiano - ed internazionale 320 - prima nell’Anci, e poi nella Lega. All’Associazione<br />

dei comuni il professore partecipò dal 1947 - quando fu chiamato<br />

a far parte del direttivo - al 1953; per un più breve periodo aderì anche<br />

del Movimento di comunità fondato da Olivetti, sempre nel 1947, del quale fu<br />

componente del comitato centrale 321 . La storiografia non ha però finora evidenziato<br />

il suo ruolo nella e per la Lega, che fu degno di rilievo.<br />

1.7.1. La compatibilità tra Anci e Lega<br />

Sostenendo la compatibilità tra Anci e Lega nel “Corriere amministrativo”<br />

Giannini, per quanto inascoltato, diede solide basi alla posizione politica sostenuta<br />

da tutta la sinistra nell’Italia repubblicana, e dai soli riformisti nel periodo<br />

liberale. In anni nei quali la classe dirigente al governo era convinta della netta<br />

divisione tra politica ed amministrazione, e quella all’opposizione della prevalenza<br />

della prima sulla seconda, Giannini sostenne compatibilità e complementarietà<br />

dei due termini. Il professore evidenziò l’importanza sostanziale dell’impegno<br />

“tecnico” delle due organizzazioni senza per questo mettere in secondo<br />

piano la valenza “politica”. Giannini auspicò, così, un’azione combinata delle<br />

due organizzazioni in nome del raggiungimento degli obiettivi comuni. L’Anci,<br />

per il professore, era un’associazione “tecnico-politica”, che rappresentava tutti i<br />

comuni, la Lega, invece, era un’organizzazione “politico-tecnica” che mirava ad<br />

“esercitare un costante e sensibile richiamo sull’opinione pubblica delle condizioni<br />

di fatto che ostacolano la vita comunale, e che essa identifica in certe de-<br />

317<br />

Il problema delle autonomie locali, in “Bollettino dell’Istituto di studi socialisti”, n. 3, 16<br />

feb. 1946, pp. 1-6.<br />

318<br />

Cfr. Davide Cadeddu, L’autonomia locale di Massimo Severo Giannini, in Annale Isap,<br />

13/2005, pp. 31-7; per la pubblicazione citata: [Adriano Olivetti, Massimo Severo Giannini],<br />

Il problema delle autonomie locali, CA, 15-28 feb. 1946, pp. 143-152.<br />

319<br />

Sabino Cassese, Cultura e politica del diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, 1971,<br />

p. 116.<br />

320<br />

La partecipazione del professore ai convegni Union Internationale de Villes, per l’Anci,<br />

era seria ed impegnativa, si veda a questo proposito il suo scritto Autonomia locale e autogoverno,<br />

CA, 15-30 nov. 1948, pp. 1057-73, accuratamente commentato dal già citato Cadeddu,<br />

L’autonomia locale di Massimo Severo Giannini…, cit.. Sul movimento comunale europeo ed internazionale<br />

cfr. “Contemporary European History”, n. 4, nov. 2002; Patrizia Dogliani e Oscar<br />

Gaspari, Origini e sviluppo del movimento comunale europeo, in Idem (a cura di), L’Europa dei<br />

comuni..., cit., pp. 7-28.<br />

321<br />

Giannini in seguito avrebbe ricordato con amarezza i suoi anni nell’Anci, un periodo segnato<br />

dalle “tante inutili commissioni”; ACS, Carte M.S. Giannini, Documento sugli ordinamenti<br />

territoriali presentato da M.S. Giannini, citato da Guido Melis, Giannini e la politica, in<br />

“Rivista trimestrale di diritto pubblico”, n. 4, 2000, p. 1264.


96 PARTE II<br />

terminate resistenze politiche. Quindi la Lega non potrebbe esercitare le funzioni<br />

di rappresentanza generale che esercita l’Associazione; ma questa per sua parte,<br />

non potrebbe svolgere quell’azione di pressione e di persuasione politica, che<br />

la Lega si assume”. Non solo tra le due organizzazioni non vi era incompatibilità<br />

ma, al contrario, si sarebbero potute rafforzare a vicenda. Così concludeva il<br />

suo articolo Giannini: “Non è da escludere anzi che le due associazioni, svolgendo<br />

ciascuna la sua azione, si potenzino a vicenda, raggiungendo dei risultati<br />

più ampi di quelli che si sarebbero potuti raggiungere con una sola di esse” 322 .<br />

I concetti espressi dal professore riecheggiano quelli espressi da Caldara nel<br />

1916 che aveva evidenziato non l’incompatibilità - decisa dalla direzione del Psi<br />

– ma la diversità delle due organizzazioni, nate “una con determinati fini politici<br />

[la Lega], l’altra come strumento tecnico di difesa e di studio [l’Anci]” 323 .<br />

Una diversità che – nonostante l’imposizione ai comuni socialisti di abbandonare<br />

l’Anci, decretato dalla direzione - non avrebbe dovuto impedire – e non<br />

impedì - l’azione comune delle due strutture, come avevano auspicato lo stesso<br />

Caldara e Sichel 324 .<br />

Per Giannini - che, ricorda Cassese, riteneva “l’azione politica lo spazio necessario<br />

dell’impegno riformatore, per cui l’assenza da quell’area avrebbe reso<br />

impossibile l’impegno” 325 - politica ed amministrazione non solo non erano incompatibili<br />

ma erano parte di un unico e indivisibile “impegno riformatore”.<br />

Per questo, deluso dal risultato della sua attività nel Psi, aveva deciso di impegnarsi<br />

nel movimento comunale.<br />

È possibile mettere in risalto l’importanza dell’impegno di Giannini in questo<br />

ambito attraverso le note di Gaetano D’Auria sull’importanza fondamentale<br />

attribuita dal giurista all’amministrazione 326 fin dal “1946, quando dominava,<br />

in tutti gli schieramenti politici, l’incerta e contraddittoria idea – poi riflessa<br />

nella Costituzione – che l’amministrazione fosse il ‘braccio esecutivo’ del governo<br />

(ai cui comandi non si può che obbedire) e, però, con addetti ‘al servizio<br />

esclusivo della Nazione’ (<strong>qui</strong>ndi, svincolati da doveri di obbedienza politica o<br />

partitica). Contraddizione risolta, nei fatti, con la dominanza – tuttora perdurante<br />

– della politica sull’amministrazione” 327 . Una dominanza che anche con<br />

322<br />

Massimo Severo Giannini, Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e Lega dei Comuni<br />

Democratici, CA, 15-31 gen. 1948, pp. 16-18.<br />

323<br />

Associazione o Lega dei comuni? Una lettera di Emilio Caldara, “Avanti!”, 23 feb. 1916.<br />

324<br />

Lettera di Emilio Caldara, datata Milano 14 mar. 1916, pubblicata in AC, n. 5, 31 mag.<br />

1916, p. 1; Lettera di Adelmo Sichel, datata Guastalla, 24 mar. 1916, ibidem.<br />

325<br />

Sabino Cassese, Giannini: l’uomo e il lascito scientifico, in “Rivista trimestrale di diritto<br />

pubblico”, n. 4, 2000, p. 960. Peraltro Cassese giudica il descritto impegno di Giannini come<br />

“un errore di prospettiva proprio della sua generazione”, un errore, è possibile commentare, che<br />

avrà forse amareggiato al vita del professore - come ricorda sempre Cassese - ma che era l’espressione<br />

insopprimibile della sua grandissima generosità personale.<br />

326<br />

Questo concetto sintetizza un’espressione ben più complessa di D’Auria, secondo il quale,<br />

“per Giannini, l’amministrazione, lungi dall’essere una sovrastruttura della società o dell’economia,<br />

[era] – invece – parte integrante dell’assetto di rapporti che, in ogni ordinamento, si<br />

instaura fra potere pubblico e cittadini”; Gaetano D’Auria, Giannini e la riforma amministrativa,<br />

in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, n. 4, 2000, p. 1218.<br />

327<br />

Ibidem


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 97<br />

quell’articolo ne “Il corriere amministrativo” Giannini volle negare, pur personalmente<br />

impegnato con la sinistra, dimostrando un’assoluta libertà di giudizio<br />

in un periodo di fortissima contrapposizione politica. La sua interpretazione,<br />

oltretutto, non rimase confinata nell’ambito dell’interpretazione teorica.<br />

Giannini, infatti, si impegnò nell’Anci e nella Lega senza tener conto in alcun<br />

modo del fatto che l’una fosse vicina ai partiti al governo e, l’altra, ai partiti dell’opposizione,<br />

ai quali però lui era senza dubbio più legato.<br />

1.7.2. La polemica tra Guerra (Anci) e Turchi (Lega)<br />

La posizione eterodossa manifestata da Giannini venne ignorata sia dall’una,<br />

sia dall’altra parte. Nessun richiamo alle sue parole comparve sulle riviste<br />

degli amministratori dei partiti della sinistra, mentre in quella dell’Anci, alcuni<br />

mesi dopo, venne pubblicato un articolo che esprimeva una posizione esattamente<br />

contraria che, questa sì, venne puntualmente contestata dal segretario<br />

della Lega, Turchi.<br />

Achille Guerra, dalle pagine riservate all’Anci ne “Il corriere amministrativo”,<br />

dopo aver ricordato la storia dell’Associazione del periodo liberale, che aveva<br />

visto lavorare insieme il cattolico Sturzo e il massone Nathan, il riformista<br />

Caldara ed il cattolico Meda, contestava la creazione di organizzazioni comunali<br />

di partito, fossero queste la Lega, vicina alla sinistra, o l’Unione nazionale<br />

enti locali, vicina alla Democrazia Cristiana. Questo perché, in questo modo,<br />

si portava “ad incrinare, con la lotta politica, il campo della pura e semplice amministrazione<br />

ed entrambe vogliono trarre partito a giustificare la propria esistenza<br />

in contrasto od a complemento della Associazione nazionale dei comuni<br />

italiani da quella apoliticità, che all’Associazione medesima esse attribuiscono<br />

come peccato originale, ma che ne è, invece, il re<strong>qui</strong>sito sostanziale”, rompendo,<br />

<strong>qui</strong>ndi, l’unità dei comuni in tante organizzazioni minoritarie quanti<br />

erano i partiti di riferimento. Solo l’Anci, sempre secondo Guerra, grazie alla<br />

propria apoliticità, era e poteva essere in grado di rappresentare e di dar voce a<br />

tutti i comuni in campo sia nazionale, sia internazionale 328 .<br />

Giulio Turchi, comunista, segretario della Lega, al contrario di Guerra, rivendicava<br />

il ruolo politico della Lega del periodo liberale, ricordava che era stata la<br />

Lega e non l’Anci a portare nel 1920 in Parlamento, con Matteotti, il disegno di<br />

legge per l’indennità ai sindaci. “Il tecnicismo – scriveva il segretario - non basta;<br />

e l’apoliticità tanto conclamata ed esaltata o è una illusione o significa soltanto il<br />

prevalere nell’Associazione delle stesse forze che dirigono il governo”. Turchi contestava<br />

poi il fatto che, come scriveva Guerra, l’Anci avesse avuto un qualche ruolo<br />

contro il fascismo, non fu certo per quello che l’Associazione era stata sciolta<br />

nel 1926, ma solo perché era un ostacolo alla politica centralista della dittatura.<br />

L’esponente comunista faceva risalire la nascita dell’Anci “apolitica” all’atmosfera<br />

di collaborazione tra i partiti che componevano il Cln: “Ciò che ca-<br />

328<br />

Achille Guerra, Richiamo alla realtà. Parole ai sindaci ed agli amministratori comunali,<br />

CA, 30 set. 1948, pp. 865-870.


98 PARTE II<br />

ratterizzava allora quei convegni e quelle discussioni era la facilità con la quale<br />

i sindaci socialisti, comunisti, democristiani e di altre correnti, si mettevano<br />

d’accordo”.<br />

Una volta cessata la collaborazione tra i partiti che avevano vinto il fascismo<br />

nella Resistenza l’unità nell’Anci non era più possibile, così “la Lega fu costituita<br />

essenzialmente per coordinare e dirigere l’azione amministrativa e politica<br />

dei comuni sul piano della lotta per la democratizzazione effettiva del Paese<br />

e in accordo con tutte le forze organizzate e operanti allo stesso fine […] la Lega<br />

è una delle tante manifestazioni conseguenti alla mutata situazione politica<br />

italiana, come lo è la costituzione dell’Unione nazionale degli enti locali”. Tra<br />

l’altro, sottolineava Turchi, ben prima della costituzione della Lega si erano costituite<br />

le Unioni provinciali enti locali della DC, che da tempo si stava preparando<br />

alla “rottura dell’unità in tutti i settori”.<br />

Il segretario della Lega ricordava poi che non erano solo questioni tecniche<br />

quelle che riguardavano i comuni. Citava questioni di tipo tributario, il riassetto<br />

delle finanze comunali per le quali il governo aveva accettato le proposte<br />

in merito delle Confederazioni dell’Industria e non quelle dei comuni; ricordava<br />

l’accanimento dei prefetti contro i consigli tributari, contro la gestione diretta<br />

delle imposte sui consumi da parte dei comuni, il divieto di pagare la quota<br />

associativa all’organizzazione. In ogni caso “La Lega non ha mai invitato i comuni<br />

ad uscire dall’Associazione […] Siamo favorevoli [all’Anci] perché convinti<br />

che i comuni possono muoversi su un piano unitario, su tutti i problemi<br />

tecnici e anche su certi problemi politici; l’esperienza ha dimostrato e dimostra<br />

che quanto più si è vicini al popolo e più è facile trovare un comune terreno di<br />

intesa; e nessuno è tanto vicino al popolo quanto i sindaci”.<br />

Dopo la fine dell’unità dei partiti del Cln però, ribadiva Turchi, non era più<br />

possibile avere una sola organizzazione comunale ma – in quella che era una chiara<br />

sottolineatura dell’unità del movimento per le autonomie locali - aggiungeva:<br />

“A nostro avviso l’Associazione dei Comuni Italiani dovrebbe costituirsi su base<br />

federativa: Federazione delle organizzazioni provinciali, o più semplicemente<br />

delle organizzazioni nazionali. Io pongo il problema, non lo risolvo”.<br />

Su questa base esprimeva l’auspicio che il prossimo congresso dell’Anci fosse<br />

adeguatamente preparato e che fosse stimolata la discussione. L’interesse del segretario<br />

della Lega per lo svolgimento del congresso dell’Associazione dei comuni si<br />

basava sull’idea che un’Anci rappresentativa delle istanze di tutti i comuni non poteva<br />

che essere di vantaggio nei rapporti con l’opinione pubblica nazionale:<br />

“Tutti debbono comprendere che i comuni, i grandi come i piccoli, sono le pietre<br />

angolari del nostro ordinamento democratico e che i sindaci, dal più illustre<br />

al più oscuro, sono a pari titolo artefici ineliminabili e insostituibili della ricostruzione<br />

morale e materiale del paese” 329 .<br />

329<br />

Giulio Turchi, Politica e amministrazione, Icd nov.-dic. 1948, pp. 169-172; idem, Richiamo<br />

alla realtà, AD nov. 1948, pp. 395-9. Un richiamo, in questo caso evidentemente strumentale,<br />

all’apoliticità delle amministrazioni locali veniva anche dalle dichiarazioni del Ministro<br />

dell’interno, Scelba, fatte al congresso straordinario dell’Upi in alcuni articoli pubblicati<br />

nel “Corriere della sera”, citati anche oltre; L’attualità politica, AD gen. 1949, pp. 1-2


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 99<br />

Turchi non ricordava l’idea di Giannini dell’importanza fondamentale dell’amministrazione,<br />

mentre l’”apoliticità” dell’Anci sostenuta da Guerra - che<br />

concludeva il suo articolo con un richiamo all’idea della “pura amministrazione”<br />

intesa come “quell’arte, cioè, per mezzo della quale […] la ‘saggezza umana<br />

deve pervenire al soddisfacimento dei bisogni umani’” - corrispondeva ben<br />

altra realtà. La realtà di un’amministrazione che - parafrasando la citata affermazione<br />

di D’Auria – sarebbe dovuta essere al servizio esclusivo della Nazione,<br />

svincolata da doveri di obbedienza politica o partitica ma, nei fatti, era il braccio<br />

esecutivo del governo. Un governo che, in quegli stessi mesi, stava duramente<br />

colpendo comuni e province amministrati da socialisti e comunisti.<br />

1.7.3. La convergenza sulla finanza locale<br />

Divise da una diversa interpretazione del proprio ruolo, Lega ed Anci riuscivano<br />

a ritrovare l’unità d’intenti nelle concrete questioni dell’autonomia locale.<br />

Non c’era nulla da stupirsi, <strong>qui</strong>ndi, del fatto che “Il comune moderno”<br />

pubblicasse, introducendolo come “un interessante articolo”, uno scritto in<br />

materia di finanza locale di quello stesso Guerra che, qualche mese più tardi,<br />

come si è visto sopra, sarebbe stato aspramente contestato riguardo al suo giudizio<br />

sul ruolo della Lega. Le stesse conclusioni dell’articolo di Guerra - che, come<br />

commentava l’organo della Lega “constata con amarezza la delusione provata<br />

dagli amministratori alla pubblicazione del provvedimento in esame” 330 -<br />

potevano tran<strong>qui</strong>llamente essere sottoscritte dalla Lega stessa: “Una ulteriore<br />

azione da parte degli amministratori degli enti locali è necessaria ed indispensabile<br />

affinché si possa finalmente conseguire il reale e definitivo assetto della<br />

finanza comunale nel quadro di un’effettiva autonomia dei Comuni e di una<br />

riforma tributaria veramente democratica” 331 .<br />

La differenza maggiore era nei toni: illustrando lo stesso provvedimento di<br />

legge commentato da Guerra la rivista scriveva “Articolo primo: una indegna<br />

presa in giro” 332 . Non certo nella sostanza, come testimoniavano le risoluzioni<br />

approvate nelle assemblee dei sindaci di quel periodo e molti articoli in materia<br />

di finanza locale pubblicati nelle riviste per le autonomie locali, compreso il<br />

“Corriere amministrativo” 333 ed un periodico specializzato come “L’amministrazione<br />

italiana”, nel quale si riprendeva anche il progetto di riforma tributa-<br />

330<br />

Si trattava del decreto legislativo 26 marzo 1948, n. 261, concernente l’assetto della finanza<br />

delle province e dei comuni.<br />

331<br />

Ecco il pensiero del prof. Achille Guerra, Icd giu. 1948, pp. 86-7.<br />

332<br />

Assetto della finanza dei comuni, Icd giu. 1948, p. 86.<br />

333<br />

Sulla concordanza delle posizioni in materia di finanza locale espresse nel corso del secondo<br />

dopoguerra da sindaci e studiosi di diverso orientamento politico cfr. Luca Baldissara,<br />

Tecnica e politica nell’amministrazione. Saggio sulle culture amministrative e di governo municipale<br />

fra anni trenta e cinquanta, Bologna, Il Mulino, 1998, pp. 234-250. Non era rara, poi la<br />

pubblicazione di uno stesso articolo ne “Il corriere amministrativo” e ne “Il comune democratico”,<br />

come nel caso di quello redatto dal segretario della Federazione di comuni di Reggio Emilia,<br />

La gestione in economia delle II.CC. [imposte comunali] è veramente pregiudizievole per le finanze<br />

dei Comuni?, Icd ago.-set. 1948, pp. 129-130; CA mag. 1948, pp. 412-6.


100 PARTE II<br />

ria di Matteotti 334 . La continuità dei problemi della finanza locale era assoluta,<br />

come testimoniava anche il discorso al Senato di Pietro Montagnani dell’ottobre<br />

1948 contro i Servizi statali addossati al Comune che riprendeva, tali e quali,<br />

i motivi delle prime iniziative del movimento comunale di fine ‘800 contro<br />

l’attribuzione di servizi pubblici dello Stato, e l’addebitamento delle relative<br />

spese, alle autonomie locali. Montagnani, partendo dalla limitazione dell’istituto<br />

dell’integrazione dei bilanci ai soli comuni gravemente danneggiati dalla<br />

guerra stabilito dalla legge del 26 marzo 1948 sottolineava l’esistenza di almeno<br />

“68 servizi di natura statale e di natura mista addossati ai Comuni e non<br />

rimborsati ai Comuni”, servizi che per il 1947, al solo comune di Milano, costavano<br />

“ben 3 miliardi” 335 .<br />

La continuità della questione della finanza locale dal periodo liberale a quello<br />

repubblicano non deve meravigliare. La questione era sì stata affrontata dall’Assemblea<br />

Costituente, ma “i suggerimenti e i propositi non furono portati a<br />

esecuzione ed è comprensibile che, nei primi anni successivi alla entrata in vigore<br />

della Carta costituzionale, la finanza locale non fosse tra i primari obiettivi<br />

di riforma” 336 .<br />

Nell’ambito del rilancio della propria attività, all’indomani delle elezioni politiche<br />

del 1948, la Lega si attivò molto sulla questione che non solo era di vitale<br />

importanza per gli enti locali ma sulla base della quale era possibile la convergenza<br />

con amministratori e studiosi di diversa tendenza. L’occasione per dimostrare<br />

il rilancio, o forse meglio, il primo avvio concreto della propria azione<br />

sul piano politico-istituzionale, venne dal progetto di legge del senatore Paolo<br />

Fortunati, del Pci, professore ed assessore ai tributi a Bologna 337 , presentato<br />

nella rivista del luglio 1948 338 .<br />

2. La Lega dei comuni democratici negli anni della<br />

contrapposizione e dello scontro<br />

Svanita ogni speranza di riforma degli enti locali, insieme a quella più generale<br />

dello Stato, esclusa dal governo nazionale, nei comuni e nelle province la sinistra<br />

si preparava a difendersi dalle prevaricazioni del potere centrale e ad amministrare<br />

secondo i propri obiettivi. Ricorda Rotelli che “l’unico vero elemento essenziale di<br />

334<br />

G. Albanesi, Autonomia comunale ed autonomia tributaria (Considerazioni), “L’amministrazione<br />

italiana”, 1946, n. 2, p. 65, ora in Baldissara, Tecnica e politica nell’amministrazione...,<br />

cit., pp. 241-2.<br />

335<br />

Servizi statali addossati al Comune (Dal discorso del dott. Pietro Montagnani pronunziato<br />

al Senato il 23-10-1948), Icd ott. 1948, pp. 148-150; sullo stesso argomento Breve storia di una<br />

legge ingiusta. La gestione finanziaria del servizio antincendi, Icd lug. 1950, p. 274.<br />

336<br />

Marongiu, Storia dei tributi degli enti locali…, cit., p. 286.<br />

337<br />

Paolo Fortunati, docente di statistica all’università di Padova durante il fascismo, entrato<br />

nel Pci nel 1941, assessore ai tributi nella giunta comunale bolognese di Dozza dal 1946 al<br />

1956, senatore dal 1948, fu uno dei principali ispiratori della politica municipale della sinistra.<br />

338<br />

Paolo Fortunati, Progetto di legge per la finanza locale. Orientamenti e prospettive della politica<br />

tributaria, Icd lug. 1948, pp. 100-3; si veda anche, dello stesso autore, Per la libertà e l’autonomia<br />

dei comuni, AD ago.-set.1948, pp. 282-7.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 101<br />

discontinuità fra il regime fascista e il regime repubblicano” 339 immesso nella legislazione<br />

degli enti locali fu il principio dell’elettività delle cariche municipali, introdotto<br />

con il R.D. 7 gennaio 1946, n. 1. E fu grazie anche a questo solo elemento<br />

che gli amministratori comunisti e socialisti riuscirono, pur tra enormi difficoltà,<br />

a caratterizzare le autonomie locali da essi amministrati. Gli amministratori<br />

popolari, infatti, furono guidati nella loro attività dalla volontà di rispondere ai<br />

bisogni dei cittadini seguendo le modalità della propria cultura politica, e vi riuscirono<br />

anche interpretando a proprio vantaggio norme e regolamenti della legislazione<br />

liberale e fascista che ancora disciplinavano l’ordinamento locale.<br />

2.1. Il comune è un “organismo politico”<br />

Contrariamente alla dottrina prevalente affermatasi nella giurisprudenza nazionale<br />

a partire dalla fine dell’’800, ma in perfetta continuità con la tradizione<br />

del movimento socialista, il comune, come ricordava un articolo di Montagnani,<br />

era considerato dalla sinistra un “organismo politico”:<br />

“noi non sottovalutiamo l’importanza della tecnica amministrativa, il ché e<strong>qui</strong>vale<br />

a conoscere le leggi e i problemi amministrativi, aver capacità di tenere determinati<br />

rapporti con la popolazione, e con le altre autorità, ma è grave errore<br />

pensare che il comune sia un organismo puramente tecnico; il comune è invece<br />

un organismo politico” 340 . Il comune, <strong>qui</strong>ndi, doveva “proporsi quale uno<br />

dei luoghi privilegiati nella realizzazione della togliattiana strategia delle alleanze”,<br />

e doveva “amministrare nell’interesse delle masse popolari” 341 .<br />

Fu questo il quadro nel quale operò la Lega. L’editoriale del primo numero<br />

del 1948 de “Il comune democratico”, il primo nella nuova veste di “organo ufficiale<br />

della Lega”, delineava gli obiettivi dell’organizzazione negli anni successivi,<br />

sia sul piano politico- istituzionale, sia su quello tecnico-amministrativo,<br />

in Parlamento come nei comuni, senza alcuna soluzione di continuità:<br />

1) adesione attiva e partecipata al Fronte popolare;<br />

2) opposizione alla violazione dell’autonomia sancita dalla Costituzione attuata<br />

dal Governo;<br />

3) risolvere la questione della finanza locale;<br />

4) promuovere la ricostruzione del Paese;<br />

5) risolvere la questione degli epurati 342 .<br />

2.1.1. Le funzioni e i compiti della Lega<br />

In un successivo editoriale intitolato La Lega dei comuni democratici. Funzioni<br />

e compiti, si sollecitavano gli amministratori alla mobilitazione, perché<br />

339<br />

Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento comunale e provinciale durante il periodo fascista…,<br />

cit., pp. 231-2.<br />

340<br />

Piero Montagnani, Il comune, organismo politico, AD ott.-nov. 1947, pp. 5-7.<br />

341<br />

Baldissara, Tecnica e politica nell’amministrazione..., p. 87.<br />

342<br />

Il Comune democratico, Obiettivi di lotta e di vittoria…, cit.


102 PARTE II<br />

“molti dei nostri comuni – in special modo i piccoli – […] inconsci della loro<br />

forza politica, [erano] su posizioni di rassegnata soggezione […] sotto lo scudiscio<br />

prefettizio”, e si preannunciava l’adesione alla Lega di “altre forze amministrative<br />

(Provincie, Istituti ospitalieri, Eca, Patronati scolastici, Orfanotrofi, Case<br />

di ricovero ed altri Istituti ed Enti morali similari)”.<br />

Si offrivano, <strong>qui</strong>ndi, alcune informazioni sul comportamento da tenere nei<br />

comuni e sugli obiettivi immediati da perseguire. In primo luogo, anche se non<br />

veniva specificato, per ovviare evidentemente ad e<strong>qui</strong>voci rispetto alla distinzione<br />

dei ruoli tra sindaco e segretario di partito, si chiariva che “spetta al sindaco,<br />

quale rappresentante diretto e legittimo della sovranità popolare, dirigere<br />

la politica del suo Comune”. Rispetto agli obiettivi, si ricordava l’apertura “di<br />

una lotta serrata contro il Governo per costringerlo a sopprimere l’istituto del<br />

controllo di merito che le GPA esercitano” e per garantire ai comuni risorse sufficienti,<br />

concedendo o l’autofinanziamento, o maggiori finanziamenti. In ogni<br />

caso lo Stato si sarebbe dovuto accollare spese per servizi di interesse generale<br />

che si facevano sempre più pesanti, in primo luogo quelle di spedalità 343 .<br />

Sin dal primo momento furono evidentissime le difficoltà che la Lega avrebbe<br />

dovuto superare per la propria sopravvivenza come organizzazione. La prima<br />

circolare, la n. 1 del 27 gennaio 1948, richiedeva ai comuni un acconto sulla<br />

quota associativa, ma erano in molti a rispondere di non poterlo dare per<br />

l’opposizione delle rispettive Gpa, che giudicavano il contributo inammissibile<br />

in quanto considerato tra le “spese facoltative non previste dal bilancio” al ché,<br />

la rivista della Lega suggeriva alcune soluzioni pratiche 344 .<br />

Ma gli amministratori comunali della sinistra non avevano bisogno solo di<br />

essere messi a conoscenza di tutte le possibili scappatoie per superare il soffocante<br />

controllo della Gpa, dovevano anche sapere come governare. Era per soddisfare<br />

questa necessità che si moltiplicavano nella rivista ufficiale della Lega le<br />

informazione di carattere tecnico-amministrativo, e veniva pubblicata la relazione<br />

di Piero Montagnani Il comune è un organismo politico, prima di un Programma<br />

di dieci lezioni pratiche di aggiornamento e di preparazione per amministratori<br />

comunali 345 .<br />

Nonostante “Il comune democratico” fosse l’organo della Lega, la prima intervista<br />

rilasciata dal segretario dell’organizzazione, Giulio Turchi, appariva nella<br />

rivista del Centro di consulenza per gli enti locali del Pci, partito con il quale,<br />

evidentemente, il deputato aveva un legame che veniva prima di quello con<br />

343<br />

G.F., La Lega dei comuni democratici. Funzioni e compiti, AD mar. 1948, pp. 25-6.<br />

344<br />

In un comunicato la Lega suggeriva varie soluzioni al problema, più immediate del ricorso<br />

in via amministrativa: il sindaco avrebbe potuto emettere un mandato di pagamento, sanando<br />

successivamente il provvedimento in sede di bilancio consuntivo; in caso di opposizione<br />

del tesoriere all’emissione del mandato avrebbe potuto pagare attingendo ai fondi dell’economato,<br />

o da quelli a disposizione diretta sua o della giunta. In conclusione: “i ripieghi non si<br />

esauriscono a quelli sopra elencati, ne esistono altri che non possono sfuggire all’osservazione<br />

di un buon sindaco popolare; è chiaro che <strong>qui</strong> intendiamo parlare di ripieghi leciti ed in rapporto<br />

al fine giusto che si vuol perseguire” Comunicato della segreteria nazionale della Lega dei<br />

comuni democratici, AD mar. 1948, p. 30.<br />

345<br />

AD mar. 1948, pp. 37-40.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 103<br />

l’organizzazione delle autonomie enti locali. Turchi tratteggiava un breve bilancio<br />

dell’attività della Lega in vista, soprattutto, delle elezioni politiche nazionali<br />

del 18 aprile 1948. Per questo sottolineava l’impegno della Lega per la<br />

vittoria della sinistra e ricordava la necessità di pubblicizzare l’attività dei comuni,<br />

contrapponendola all’immobilismo del governo centralista, e si dichiarava<br />

fiducioso nella vittoria e nel cambiamento della direzione del Paese. Riguardo<br />

all’attività dell’organizzazione, a tre mesi dalla nascita, ricordava i rapporti<br />

con il Ministro delle finanze in materia di riscossione delle imposte di<br />

consumo, sottolineava il sostegno ad un progetto di riforma della figura dei segretari<br />

comunali elaborato dall’apposita commissione e bloccato dalla categoria<br />

346 .<br />

Una seconda intervista a Turchi, apparsa sempre ne “L’amministratore democratico”<br />

347 – e diretta principalmente al Partito comunista, al quale richiedeva<br />

un maggior impegno in favore degli amministratori - veniva pubblicata anche<br />

nella rivista della Lega. Come componente del Fronte democratico popolare,<br />

la Lega era partecipe della delusione della sinistra nelle elezioni politiche<br />

nazionali del 18 aprile 1948 ed il suo segretario individuava le possibili responsabilità<br />

dell’organizzazione riguardo alla sconfitta elettorale. In primo luogo<br />

Turchi evidenziava l’insufficiente propaganda del lavoro fatto nei comuni.<br />

Per il futuro, molto significativamente, sottolineava la necessità di “restare al<br />

proprio posto e migliorare il proprio lavoro”, di contare sulla Lega e ricordava<br />

che “il sindaco deve essere non soltanto capo dell’amministrazione ma anche<br />

un dirigente politico” 348 .<br />

Era evidente che gli amministratori comunisti non avevano ancora capito<br />

l’importanza del proprio ruolo nei comuni e per questo era necessario sottolinearne<br />

la valenza politica.<br />

2.2. La ripresa dopo i risultati del 18 aprile 1948<br />

L’intervista di Turchi aveva, di fatto, anticipato le decisioni del Comitato<br />

provvisorio della Lega nazionale dei comuni democratici e del Convegno dei<br />

presidenti delle Leghe provinciali riunitisi a Roma, rispettivamente, il 24 e il 25<br />

maggio 1948. All’indomani della sconfitta elettorale del Fronte popolare,<br />

quando fu chiaro che la lotta per la vittoria della sinistra nel Paese sarebbe stata<br />

lunga e difficile, venne deciso di porre le basi per il rilancio, o meglio, per<br />

l’avvio vero e proprio dell’attività della Lega sul piano nazionale.<br />

Il Comitato provvisorio della Lega decideva di costituire quattro commissioni<br />

di studio su: autonomie; bilancio; ricostruzione, con particolare riguardo alle<br />

346<br />

La Lega dei comuni democratici. (Nostra intervista col compagno Turchi, Segretario nazionale<br />

della Lega), AD mar. 1948 , pp. 5-7.<br />

347<br />

Giulio Turchi, Il lavoro comunale dopo le elezioni. Bilancio e prospettive, AD apr. 1948,<br />

pp. 76-8.<br />

348<br />

Giulio Turchi, Bilancio e prospettive del lavoro comunale dopo le elezioni, Icd apr.-mag.<br />

1948, pp. 76-8.


104 PARTE II<br />

case di abitazione; problemi regionali, in vista della istituzione - che si riteneva allora,<br />

prossima - delle regioni. Veniva <strong>qui</strong>ndi confermata la decisione assunta in riunioni<br />

precedenti che la rivista della Lega provinciale di Milano divenisse organo<br />

ufficiale delle Lega nazionale. Si annunciava la prossima convocazione di un convegno<br />

nazionale preparato da convegni provinciali, veniva approvata, infine, la<br />

bozza dello statuto della Lega, poi rimessa all’esame delle leghe provinciali.<br />

Il convegno dei presidenti delle leghe provinciali, svoltosi il 25 maggio, come<br />

primo problema affrontava quello delle minacciate dimissioni di amministratori<br />

della sinistra all’indomani dei risultati delle elezioni dell’aprile 1948, rientrate<br />

dopo “l’intervento immediato delle Leghe e quello personale di amministratori<br />

più preparati anche politicamente […] I convenuti sono stati unanimi<br />

nell’affermare che i sindaci hanno il dovere di restare al loro posto”.<br />

Bisognava rinsaldare i legami con consiglieri e assessori dei partiti di maggioranza<br />

- in particolare del Partito socialista dei lavoratori italiani 349 - che avevano deciso<br />

di rimanere nelle giunte nonostante il parere contrario dei vertici nazionali. Era<br />

necessario diffondere Consulte popolari e Consigli tributari, rafforzare l’organizzazione<br />

della Lega, diffondere la rivista, si raccomandava, infine, “la costituzione di<br />

un gruppo parlamentare che si interessi particolarmente delle questioni comunali e<br />

dia agli amministratori tutta l’assistenza di cui essi possono avere bisogno” 350 .<br />

Fu così che la rivista “Il comune democratico” dal luglio 1948 mutò il sottotitolo<br />

“Edito dalla Lega dei comuni democratici” assunto dal gennaio 351 in quello di<br />

“Organo ufficiale della Lega dei comuni democratici”. Il mensile aveva anche un<br />

comitato di direzione di cui facevano parte i due segretari nazionali della Lega,<br />

l’avv. Luigi Cavalieri e l’on. Luigi Turchi 352 . L’editoriale di apertura del fascicolo si<br />

intitolava La nostra rivista, firmato “La Segreteria della Lega dei comuni democratici”,<br />

nel quale si rilanciava l’attività della Lega anche attraverso la rivista, strumento<br />

per la lotta politica e “di lavoro per gli amministratori degli Enti Locali” 353 .<br />

2.2.1. Lo statuto del 1948<br />

Subito dopo veniva pubblicata la Bozza di statuto della Lega dei comuni democratici.<br />

La Lega aveva la propria sede centrale a Roma (art. 1), coordinava<br />

“l’opera dei Comuni per l’attuazione delle autonomie locali riconosciute ed af-<br />

349<br />

Il 9 gennaio 1947 Giuseppe Saragat usciva dal Partito socialista di unità proletaria guidato<br />

da Pietro Nenni, alleato del Pci nel Fronte popolare, e fondava il Partito socialista dei lavoratori<br />

italiani (Psli), poi Partito socialdemocratico italiano (Psdi).<br />

350<br />

Attività della lega dei comuni. Decisioni del Comitato provvisorio della Lega nazionale dei<br />

comuni democratici e conclusione del Convegno dei presidenti delle Leghe provinciali, Icd giu.<br />

1948, pp. 94-5.<br />

351<br />

Icd gen.-feb. 1948.<br />

352<br />

Gli altri componenti erano i sindaci di Genova, Gelasio Adamoli; Bologna, Dozza; Pescara,<br />

Italo Giovannucci; il rettore dell’Università di Siena, Mario Bracci; il deputato Riccardo<br />

Lombardi ed il senatore Piero Montagnani, vice sindaco di Milano. Nel 1947, a partire dal numero<br />

dell’ago.-set., il consiglio di direzione della rivista era invece composto da Antonio Greppi,<br />

Piero Montagnani, Vittorio Craxi, Nicola Jaeger, Amilcare Locatelli, Giuseppe de Florentiis.<br />

353<br />

Icd lug. 1948, pp. 97-8.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 105<br />

fermate dalla Costituzione della Repubblica Italiana e per lo sviluppo in senso<br />

democratico delle autonomie […] rappresenta e difende gli interessi dei Comuni<br />

nei confronti dell’Amministrazione centrale”. Rispetto agli obiettivi, la<br />

novità più significativa rispetto allo statuto del 1916 354 , come anche rispetto a<br />

quello anteriore dell’Anci, era data dal fatto che l’organizzazione oltre a difendere<br />

i comuni, ne promuoveva lo sviluppo delle attività ma congiuntamente alle<br />

“iniziative che – sul piano politico, sul piano economico-sociale e su quello<br />

amministrativo – valgono ad accrescere l’educazione civica dei cittadini”. A<br />

questo scopo appoggiava l’istituzione “di organi popolari, quali le assemblee di<br />

popolo, comunali e di quartiere, nelle quali gli amministratori rendano conto<br />

del loro operato e siano esaminati i problemi comunali: le Consulte Popolari<br />

[…] i Consigli Tributari”. Altra novità di rilievo era che la Lega “assiste, inoltre,<br />

i Comuni, le Provincie, le Regioni, gli Enti Locali e i singoli amministratori”<br />

(art. 2).<br />

Potevano <strong>qui</strong>ndi far parte della Lega non solo i comuni, ma anche province,<br />

regioni, gruppi consiliari di minoranza ed enti locali come opere pie, ospedali,<br />

patronati scolastici, Eca, consulte popolari e consigli tributari (art. 3).<br />

Nello statuto della Lega del 1948, venivano collegate la difesa e la promozione<br />

dell’autonomia locale sul piano politico-istituzionale e tecnico-amministrativo,<br />

con la promozione del principio dell’autonomia sul piano sociale legando,<br />

<strong>qui</strong>ndi, istituzioni e cittadini. Nella Lega, inoltre, insieme ai più forti e<br />

numerosi comuni, che erano la “punta di diamante” del movimento per le autonomie<br />

locali, erano associati anche tutti gli enti e le istituzioni che facevano<br />

parte di quel movimento: dalle province alle opere pie, fino alle regioni, la cui<br />

istituzione, però, era ancora ben lontana.<br />

Dal punto di vista teorico, in questo statuto trovavano posto un’istanza basilare<br />

del movimento per le autonomie locali, il collegamento tra le istituzioni<br />

e i cittadini, e venivano poste le basi per il coordinamento delle iniziative di istituzioni<br />

ed enti locali 355 . Mancavano all’appello solo le aziende municipalizzate<br />

che, probabilmente, già ben organizzate in una propria Confederazione 356 , non<br />

avrebbero tratto alcun vantaggio dall’entrare a far parte di una struttura che era<br />

appena ai suoi primi passi 357 .<br />

354<br />

Da sottolineare nello statuto, rispetto a quello del 1917, la formale indipendenza dell’organizzazione<br />

da qualsiasi partito. Il collegamento con i partiti della sinistra era nei fatti, nella<br />

partecipazione al Fronte democratico e nella segreteria doppia, affidata ad un comunista e ad<br />

un socialista.<br />

355<br />

Bozza di Statuto della Lega dei comuni democratici, Icd lug. 1948, pp. 98-9.<br />

356<br />

Cfr. Gaspari, Dal monopolio, alla municipalizzazione, alla liberalizzazione dei servizi pubblici…,<br />

cit.<br />

357<br />

Questo però non voleva dire che le aziende comunali non si mobilitassero congiuntamente<br />

alla Lega rispetto a situazioni specifiche nelle quali erano direttamente coinvolte. Era il<br />

caso, ad esempio, di un aumento delle tariffe del gas deliberato dal Comitato interministeriale<br />

prezzi nel 1949, in occasione del quale la Confederazione della Municipalizzazione, la CoM,<br />

insieme alla Lega dei Comuni democratici, il Comitato di coordinamento dei consigli di gestione<br />

aziende gas e l’Associazione nazionale in<strong>qui</strong>lini, esprimeva in un comunicato la propria<br />

opposizione e chiedeva di non aumentare le tariffe, salvo piccoli ritocchi essenziali al pareggio<br />

del bilancio delle aziende; AD mag. 1949, p. 163.


106 PARTE II<br />

2.2.2. Il successo nella difesa delle province, e della legalità, contro l’offensiva<br />

del Ministero dell’interno<br />

L’occasione per dimostrare che la Lega dei comuni non rappresentava gli interessi<br />

dei soli municipi venne molto presto. La rivista dell’organizzazione, infatti,<br />

nel luglio del 1948 denunciava l’inizio di una offensiva contro le deputazioni<br />

provinciali da parte del Ministero dell’interno che aveva espresso parere<br />

favorevole al rinnovamento delle deputazioni in carica da quattro anni, proposto<br />

da alcuni prefetti. Si trattava delle deputazioni nominate a partire dal 1944<br />

sulla base della composizione del Cln e che, secondo l’interpretazione della legge<br />

in vigore data dai prefetti, erano ormai scadute. Il segretario della Lega, Cavalieri,<br />

si opponeva a tale interpretazione, sostenendo l’illegittimità dei provvedimenti<br />

di scioglimento dei prefetti, che erano stati avallati dal Ministero dell’interno<br />

solo per l’interesse dei partiti governativi, e soprattutto della Democrazia<br />

cristiana, ad avere solo propri uomini nelle province 358 .<br />

I tempi per le autonomie locali, però, per quanto il fenomeno degli scioglimenti<br />

dei consigli potesse farli venire alla mente non erano certo gli stessi dell’Italia<br />

liberale e dell’ascesa al potere del fascismo.<br />

Qualche mese dopo la denuncia del segretario, “L’Amministratore democratico”<br />

annunciava che una sentenza della V sezione del Consiglio di Stato aveva sospeso,<br />

il 20 novembre 1948, l’esecuzione del decreto prefettizio di scioglimento<br />

della deputazione provinciale di Roma che era stata <strong>qui</strong>ndi reintegrata nelle sue<br />

funzioni. Una sentenza simile riguardante la deputazione provinciale di Napoli<br />

era stata emessa in precedenza dalla IV sezione della stessa magistratura. Scelba<br />

aveva disciolto le amministrazioni costituite a norma del DL 4 aprile 1944 n.<br />

111, sul modello del Cln, in quanto erano passati 4 anni, per sostituirle con altre<br />

che, secondo il Ministro “dovevano rispecchiare i risultati del 18 aprile” 359 .<br />

Nel 1951 la rivista della Lega ricordava un’altra sentenza della IV sezione Consiglio<br />

di Stato che, limitando l’ambito di attività del commissario prefettizio, stabiliva<br />

che questi poteva esercitare i poteri del sindaco e della giunta, ma non quelli del<br />

consiglio comunale 360 . Nello stesso anno era Massimo Severo Giannini a commentare<br />

positivamente un’altra sentenza del Consiglio di Stato che aveva accettato il ricorso<br />

del comune di Rimini contro la rimozione del proprio sindaco per motivi di<br />

ordine pubblico 361 , e non era l’ultima. Anche in diverse altre occasioni il Consiglio<br />

di Stato sembrò contestare l’interpretazione estensiva dei poteri sostitutivi del Ministero<br />

dell’interno e dei prefetti riguardo alle amministrazioni locali 362 .<br />

358<br />

Luigi Cavalieri, Eccesso di potere e illegittimità dei decreti prefettizi di scioglimento delle Deputazioni<br />

provinciali, Icd lug. 1948, pp. 107-8.<br />

359<br />

Velleità incostituzionali dell’On. Scelba. Le deputazioni provinciali disciolte per ordine del<br />

Ministro dell’Interno, reintegrate dal Consiglio di Stato, AD 1948, n. 12, p. 466.<br />

360<br />

Il Consiglio di Stato contro il governo di polizia, Icd apr. 1951, p. 156.<br />

361<br />

Massimo Severo Giannini, La rimozione dei sindaci in una decisione del Consiglio di Stato,<br />

Icd mag. 1951, pp. 196-8.<br />

362<br />

Il Prefetto di Taranto che aveva visto annullato il proprio decreto di nomina di un commissario<br />

sostitutivo dell’amministrazione comunale di Taranto si rifiutò di eseguire le decisioni<br />

del Consiglio di Stato e annunciò il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 107<br />

Non era certo un caso <strong>qui</strong>ndi che, alcuni anni dopo, tra il 1958 ed il 1959,<br />

il Ministro dell’interno Fernando Tambroni 363 , avesse deciso di non chiedere<br />

più tale parere. La questione veniva sollevata da un’interrogazione parlamentare<br />

dei deputati Luzzatto, Tonetti e Targetti a circa un anno di distanza dalla<br />

scomparsa dai decreti presidenziali di scioglimento dei consigli comunali e dalle<br />

relazioni di accompagnamento del Ministro dell’interno di ogni riferimento<br />

al parere del Consiglio di Stato. “Di per sé, <strong>qui</strong>ndi, – commentava l’articolo che<br />

dava notizia dell’interpellanza – la cessazione improvvisa, ed è proprio il caso di<br />

dire inconsulta della consuetudine di ascoltare il Consiglio di Stato in sede consultiva,<br />

denuncia un indirizzo di sopraffazione” 364 , un indirizzo che lo stesso<br />

Consiglio di Stato non tardava a stigmatizzare duramente. Nella decisione<br />

dell’8 aprile 1960, pubblicata il 27 maggio, la IV sezione del Consiglio di Stato,<br />

pronunciandosi in merito alla richiesta di annullamento dei provvedimenti<br />

di scioglimento del consiglio comunale di Venezia e dell’Azienda comunale per<br />

la navigazione interna, scriveva: “Desta <strong>qui</strong>ndi sorpresa che l’Avvocatura dello<br />

Stato citando ben dieci casi di scioglimenti di consigli comunali intervenuti negli<br />

anni 1958 e 1959, dichiari che tale prassi [di chiedere il parere del Consiglio<br />

di Stato] non sussiste” 365 .<br />

Il rispetto della legge e della prassi, questo chiedeva per le autonomie locali<br />

la Lega, sia al Consiglio di Stato, sia al Ministro dell’interno, proprio come avevano<br />

fatto Anci ed Upi negli anni dell’Italia liberale.<br />

2.2.3. “La caccia al sindaco” dopo l’attentato a Togliatti<br />

La caccia al sindaco, così si intitolava l’articolo di Montagnani a commento<br />

degli arresti e delle denunce ai sindaci a seguito degli incidenti del 14 luglio<br />

1948 provocati dall’annuncio dell’attentato al segretario del Pci, Palmiro Togliatti<br />

366 . Per il segretario della Lega, Turchi, gli incidenti erano solo una scusa.<br />

Era evidente, infatti, la volontà di allontanare dai posti di responsabilità tutti<br />

coloro i quali potessero essere di ostacolo “alla politica liberticida nella quale è<br />

impegnato il governo”. Le modalità di svolgimento della caccia potevano essere<br />

di due tipi: “puramente poliziesca” e “burocratico-amministrativa”. Nel primo<br />

caso le prefetture prendevano a pretesto motivi di ordine pubblico come<br />

manifestazioni e scioperi, nel secondo caso, invece, il pretesto era rappresentato<br />

dal fatto che “i sindaci non hanno saputo fare ciò che dovevano o per impe-<br />

difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato; Mario Franceschielli, Il Prefetto di Taranto ed il<br />

Consiglio di Stato, Icd mag. 1951, pp. 199-200.<br />

363<br />

Tambroni era stato in carica come Ministro dell’interno dal 6 lug. 1955 al 15 feb. 1959,<br />

con il primo Governo Segni, il primo Governo Zoli ed il secondo Governo Fanfani.<br />

364<br />

Si chieda il parere del Consiglio di Stato prima di sciogliere i consigli comunali, Icd apr.<br />

1959, p. 95.<br />

365<br />

Giurisprudenza. Consiglio di Stato (Sezione IV), Icd mag. 1960, p. 201, il corsivo è redazionale;<br />

per un commento Domenico Rizzo, Il Consiglio di Stato sullo scioglimento del Consiglio<br />

comunale di Venezia e dell’azienda comunale di navigazione, Icd giu. 1960, p. 242.<br />

366<br />

Piero Montagnani, La caccia al sindaco, Icd ago.-set. 1948, pp. 123-4.


108 PARTE II<br />

rizia, o per altre ragioni”. In entrambi i casi avrebbe potuto essere di grande aiuto<br />

il supporto delle masse e specialmente della Lega, provinciale e nazionale,<br />

che poteva soccorrere i sindaci e mobilitarsi in loro favore; i sindaci, concludeva<br />

Turchi, “debbono mantenersi strettamente legati al popolo e fra loro nelle<br />

proprie Leghe” 367 . Intanto il segretario difendeva in Parlamento gli amministratori<br />

di sinistra contro le illegalità del Ministero dell’interno e dei prefetti 368 .<br />

L’organizzazione dei comuni della sinistra poteva giocare un ruolo importante<br />

soprattutto nel prevenire l’imperizia “burocratico-amministrativa” degli<br />

amministratori presa a pretesto dalle prefetture per gli scioglimenti, da <strong>qui</strong> il già<br />

citato Programma di dieci lezioni pratiche di aggiornamento e di preparazione per<br />

amministratori comunali 369 , la pubblicazione di articoli e notizie relative a giurisprudenza<br />

e tecnica amministrativa e, soprattutto, l’impegno per la riforma del<br />

ruolo dei segretari comunali, che potevano essere di grande aiuto, o al contrario,<br />

di grande impedimento, all’attività amministrativa delle giunte “rosse”.<br />

2.2.4. I segretari comunali ed il rapporto con gli amministratori di sinistra<br />

Tra le questioni più approfondite nel periodico nel secondo dopoguerra vi<br />

era senza dubbio quella della riforma della figura dei segretari comunali e provinciali,<br />

non solo per il ruolo essenziale da questi svolto nelle amministrazioni,<br />

ma anche per il fatto che i membri della categoria erano tra i lettori più attenti<br />

ed erano numerosi i loro contributi a questa come a tutte le riviste specializzate<br />

in problemi dell’amministrazione locale. Gli articoli sui segretari comunali<br />

erano piuttosto frequenti, uno tra i primi esprimeva disappunto per l’esclusione<br />

delle donne dal concorso per segretari comunali 370 , ma l’argomento più<br />

sviluppato era senza dubbio quello della riforma della categoria 371 . Su questa figura<br />

chiave nel funzionamento di comuni e province si scaricavano tensioni<br />

molto forti in quegli anni perché l’importanza del segretario era accresciuta dalla<br />

circostanza che molti amministratori della sinistra non conoscevano la macchina<br />

amministrativa. Può essere utile a comprendere meglio questa realtà – ed<br />

il successivo sviluppo - un breve profilo di uno dei nuovi amministratori della<br />

sinistra nel dopoguerra: Roberto Vighi, socialista, vice presidente dal 1946 al<br />

1951 e <strong>qui</strong>ndi presidente al fino al 1970 della provincia di Bologna:<br />

367<br />

Giulio Turchi, Difendiamo i sindaci e la democrazia nei comuni, Icd ago.-set. 1948, pp.<br />

124-5; su questo argomento cfr. Giuseppe Sotgiu, L’attività della Lega non piace ai prefetti, e<br />

neppure l’autonomia regionale, Icd nov.-dic. 1948, p. 173.<br />

368<br />

Giulio Turchi, Lo stato di polizia ed i comuni, AD 1948, n. 10, pp. 352-5.<br />

369<br />

AD mar. 1948, pp. 37-40.<br />

370<br />

Adriana Prandi, Dal concorso sono escluse le donne. Si completi la loro emancipazione, Icd<br />

gen. 1947, p. 12.<br />

371<br />

Si veda l’ordine del giorno dell’Associazione dei sindaci della provincia di Como, Riforma<br />

dello stato giuridico dei segretari comunali, Icd feb.-mar. 1947, pp. 31-2. Sulla questione della<br />

riforma (mancata) dei segretari comunali nel secondo dopoguerra, che vide contraria la grande<br />

maggioranza della categoria, cfr. Baldissara, Tecnica e politica nell’amministrazione…, cit.,<br />

pp. 148-176.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 109<br />

“faceva parte della seconda generazione – per distinguerla da quella prefascista<br />

– di pubblici amministratori usciti dal seno della sinistra democratica e popolare.<br />

Quegli amministratori che si son fatti da soli – perché non esistevano una<br />

scuola e una cultura specifica del settore – e che sono cresciuti al contatto quotidiano<br />

dei problemi di quei cittadini che li avevano scelti con un voto e con<br />

una fiducia di carattere politico e morale […, un] uomo che, nel secondo dopoguerra,<br />

aveva cominciato a imparare un nuovo ‘mestiere’ – per incarico del<br />

partito – […, Vighi] fu tra quelli che, senza una precedente esperienza amministrativa,<br />

si gettarono con coraggio nell’impresa e imparò ‘sul campo’ il nuovo<br />

mestiere di amministratore pubblico. Non fu sempre facile e non mancarono<br />

certo critiche e scontri anche all’interno dello schieramento di sinistra. Non si<br />

resta però – come restò lui – per un ventennio alla guida di una importante<br />

amministrazione locale, come l’Amministrazione Provinciale di Bologna, per<br />

astratta delega del partito, se, quel mestiere, non si è imparato a farlo con dignità,<br />

onestà e adeguatezza” 372 .<br />

Le nuove amministrazioni in carica all’indomani della fine della guerra sostennero<br />

subito una decisa opposizione di principio contro le norme fasciste che,<br />

dal 1928 373 , avevano privato i comuni della capacità di scegliere i propri segretari<br />

- passati in uno speciale ruolo del Ministero dell’interno – e da allora imposti<br />

per nomina governativa. Fu così che nel documento conclusivo della riunione<br />

svoltasi a Torino il 28 agosto 1945 tra i sindaci di Torino, Milano, Genova, Bologna,<br />

Venezia e Verona, tra le altre rivendicazioni poste al Governo, venne inserita<br />

quella della “abolizione di tutte le disposizioni legislative emanate dal 1928<br />

in poi sullo stato giuridico ed economico dei Segretari comunali. [Si chiese] Il<br />

ritorno, <strong>qui</strong>ndi, alle disposizioni del TU della legge comunale e provinciale del<br />

1915, aggiornate alle odierne condizioni” 374 . Di tenore analogo era il voto deliberato<br />

dal citato “Convegno delle provincie della Regione Emilia-Romagna e<br />

contermini per la trattazione di vari problemi amministrativi di particolare interesse<br />

per le provincie”, svoltosi sempre nel 1947, con il quale si chiese il ritorno<br />

del segretario provinciale alle dirette dipendenze della provincia 375 .<br />

Lo scontro tra le esigenze di riforma e di autonomia manifestate dai sindaci<br />

e la realtà della figura del segretario che era delineata dalla normativa fascista,<br />

era tra le cause di una decisa ostilità reciproca che andava a scapito del buon<br />

andamento dell’amministrazione. Per questo la rivista si rivolgeva agli amministratori,<br />

e in particolare ai sindaci, chiedendo di superare le incomprensioni,<br />

perché: “Normalizzare i rapporti tra le Amministrazioni comunali ed il loro<br />

372<br />

Luigi Arbizzani, Francesco Bonazzi del Poggetto, Nazario Sauro Onofri, Contributo per<br />

una biografia, in Roberto Vighi, Per il socialismo, l’antifascismo, le autonomie. Scelta di scritti e<br />

discorsi dal 1914 al 1970, a cura di Luigi Arbizzani, Francesco Bonazzi del Poggetto, Nazario<br />

Sauro Onofri, con un messaggio di Sandro Pertini, Provincia di Bologna, 1984; ristampa curata<br />

dalla Provincia di Bologna, Bologna, Tipografia Moderna, 1997, pp. 9-11.<br />

373<br />

Cfr. Oscar Gaspari, I segretari comunali e provinciali durante il periodo fascista: da professionisti<br />

a funzionari statali, in “Le carte e la storia”, n.1, 2004, pp. 173-190.<br />

374<br />

ArSCPr, Amministrazione comunale 5, 1945, “Convegno dei sindaci a Torino (28 ago.<br />

1945)”.<br />

375<br />

Convegno delle provincie Emilia-Romagna e contermini, Rdp ago-set. 1945, pp. 96-108.


110 PARTE II<br />

principale collaboratore, il Segretario, significa contribuire veramente a potenziare<br />

i nostri Comuni nelle loro funzioni pubbliche” 376 .<br />

Anche il mensile “L’Amministratore democratico” promosse una campagna<br />

per la riforma dello status dei segretari comunali e provinciali, in termini di<br />

grande interesse. Nella rivista si sosteneva, in sostanza, il concetto che l’essere<br />

presidente di provincia, assessore e, soprattutto, sindaco, comportava l’impegno<br />

di guidare l’amministrazione locale secondo determinati indirizzi politici<br />

che il segretario aveva il dovere di attuare nel rispetto della legalità:<br />

“Mentre compete al Sindaco l’indirizzo generale dell’Amministrazione comunale,<br />

essendo la espressione della sovranità popolare, al Segretario comunale incombe<br />

il compito della buona, corretta e legale attuazione dei provvedimenti<br />

delle autorità comunali […] Sembra a noi che il miglior principio da seguire in<br />

questa materia sia quello di rispettare reciprocamente le proprie competenze” 377 .<br />

Il segretario comunale non poteva essere, semplicemente, un funzionario del<br />

Ministero dell’interno come qualsiasi altro, chiamato a svolgere in ogni luogo<br />

le medesime procedure perché al servizio di un’autorità burocratica centralizzata<br />

uguale in ogni situazione, come aveva voluto il fascismo. Nell’Italia repubblicana<br />

il segretario comunale - per la Lega proprio come per l’Anci -, doveva<br />

essere al servizio dell’amministrazione locale e, in particolare per la Lega, doveva<br />

dirigere un’attività amministrativa che soddisfacesse i bisogni dei cittadini<br />

secondo le priorità e le modalità indicate dall’autorità politica locale. Sono argomentazioni<br />

queste, che paiono rinviare sia all’enunciato della riforma della<br />

categoria dei segretari comunali e provinciali sia alla distinzione tra attività di<br />

indirizzo politico, propria dell’autorità politica elettiva, e quella di amministrazione,<br />

svolta autonomamente dai dirigenti, riforme avviate a partire da quella<br />

dell’ordinamento degli enti locali del 1990 378 . Non è un caso che questa distinzione<br />

venga proposta nel secondo dopoguerra proprio dalla sinistra. Nell’immediato<br />

secondo dopoguerra gli amministratori locali comunisti e socialisti<br />

erano portatori di un disegno politico innovatore di ampio respiro. Essi non venivano<br />

eletti semplicemente per gestire l’amministrazione seguendo le norme<br />

ma per impegnarsi a soddisfare i bisogni della collettività - ed in particolare dei<br />

cittadini più poveri e più deboli – attraverso l’amministrazione, anche appoggiandone<br />

le lotte 379 .<br />

Nel quadro del tentativo di riformare la categoria nel secondo dopoguerra<br />

l’Anci non poteva rimanere estraneo alla formazione dei nuovi segretari comu-<br />

376<br />

Aldo Tassoni, Segretari e amministratori comunali, Icd apr.-mag. 1947, pp. 41-2.<br />

377<br />

Mafra (Mario Franceschelli), Rapporti tra sindaci e segretari comunali: oggi e domani, AD<br />

ago.-set. 1947, nn. 5-6, pp. 7-9.<br />

378<br />

Si tratta, rispettivamente, del D.P.R. 4 dic. 1997, n. 465, Regolamento recante disposizioni<br />

in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali,a norma dell’articolo 17, comma<br />

78, della L. 15 maggio 1997, n. 127, e del D. legis.vo 3 febbraio 1993 n. 29, Razionalizzazione<br />

dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di<br />

pubblico impiego.<br />

379<br />

Fondamentale, a questo proposito, era l’impegno dei sindaci e delle amministrazioni comunali<br />

in favore e in difesa dei lavoratori in sciopero; cfr. L’Osservatore, Lo sciopero dei braccianti<br />

ed i sindaci, Icd ago 1949, pp. 15-6.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 111<br />

nali. Da <strong>qui</strong> l’organizzazione, appena prima della nascita della Lega, nel dicembre<br />

1947, di un Corso di preparazione agli esami di diploma di segretario comunale,<br />

tra i cui docenti vi erano un professore del calibro di Massimo Severo<br />

Giannini, Achille Guerra, ex direttore capo servizio del comune di Napoli e<br />

componente del primo comitato esecutivo dell’Anci, Dante Cosi, storico esponente<br />

della categoria, Renato Vicard, ex funzionario dell’Istat e segretario dell’Anci<br />

380 .<br />

Sulle pagine de “L’Amministratore democratico”, si apriva una sorta di dibattito<br />

tra le diverse posizioni. C’era chi sosteneva che la legge dovesse definire<br />

funzioni e responsabilità del segretario, fissare re<strong>qui</strong>siti per la nomina, minimi<br />

stipendiali, sanzioni disciplinari, garanzie rispetto alla stabilità dell’impiego, ferie,<br />

malattia e pensione ma anche che le amministrazioni potessero scegliere i<br />

segretari 381 . Altri chiedevano una partecipazione dell’Anci alla gestione della categoria,<br />

che doveva però rimanere alle dipendenze del Ministero dell’interno,<br />

per non essere alla mercé delle amministrazioni comunali 382 .<br />

All’inizio del 1948 la Lega appoggiò il progetto di riforma della figura dei<br />

segretari comunali elaborato dalla commissione mista comuni-segretari, che era<br />

stato però bloccato dagli stessi segretari 383 . A questo proposito, Turchi dichiarava<br />

che la Lega “non potrà mai accedere al principio della statizzazione sostenuto<br />

dalla maggioranza della categoria” 384 . Dietro il sostegno del principio del ritorno<br />

al legame diretto tra segretario e comune, e della fine della statizzazione<br />

voluta dal fascismo, non c’era solo la necessità del rispetto dei principi costituzionali,<br />

ma anche “il buon andamento dei Comuni”. I segretari dovevano essere<br />

legati alla realtà dei comuni, non alla burocrazia ministeriale, perché: “l’au-<br />

380<br />

Corso di preparazione agli esami di diploma di segretario comunale, AD ago.-set. 1947, nn.<br />

5-6, p. 26.<br />

381<br />

“ai segretari comunali sia assicurata la possibilità di carriera ed un adeguato trattamento<br />

economico, che la loro stabilità d’impiego sia strenuamente difesa da ingerenze di parte; che<br />

dall’altro venga disciplinato il loro stato giuridico: tutto ciò rappresenta il minimo di quanto<br />

in linea sindacalesi possa e si debba, anzi, richiedere. Ma […] ritengo si debba riconoscere che<br />

le Amministrazioni Comunali abbiano il diritto di richiedere la possibilità di scegliere colui che<br />

dovrà essere il primo dei suoi funzionari”; L.B. Segretario comunale, La questione dei segretari<br />

comunali, AD apr. 1948, p. 114.<br />

382<br />

Vincenzo Bisconti, Ancora dei segretari comunali, AD mag. 1948, p. 162.<br />

383<br />

Nel 1946 venne costituita una commissione paritetica Anci-segretari per la riforma della<br />

figura del segretario, guidata dal giurista Michele La Torre, dai sindaci di Bologna, Giuseppe<br />

Dozza (comunista); Verona, Aldo Fedeli (socialista); Cosenza, Adolfo Quitieri (democristiano);<br />

dal presidente dell’associazione nazionale di categoria, Amerigo Beviglia; dal segretario<br />

del comune di Bari, Giacomo Giacobelli e da quello della provincia di Taranto, Michele Rinaldi.<br />

All’inizio del 1947 la Commissione approvò a maggioranza, con il voto contrario dei due<br />

segretari Giacobelli e Rinaldi, un progetto di riforma che accoglieva gran parte delle richieste<br />

dei segretari, garantendo però agli enti locali il controllo sul segretario, tutelato dallo Stato in<br />

caso di vertenze. Tale progetto, anche per la strenua opposizione della maggioranza della categoria,<br />

non venne però mai tradotto in legge. Fino al 1990 rimase <strong>qui</strong>ndi in vigore la normativa<br />

fascista del 1928; su questa vicenda, cfr. Baldissara Tecnica e politica nell’amministrazione...,<br />

pp. 164-187.<br />

384<br />

La Lega dei comuni democratici. (Nostra intervista col compagno Turchi, Segretario nazionale<br />

della Lega), AD mar. 1948 , pp. 5-7.


112 PARTE II<br />

tonomia […] si può ottenere soltanto se l’ente dispone di funzionari i quali abbiano<br />

l’effettiva nozione delle necessità e degli interessi locali” 385 .<br />

Quale fosse l’importanza della figura del segretario comunale e della sua dipendenza<br />

dal Ministero dell’interno veniva evidenziato nel corso del III Congresso<br />

nazionale dei segretari comunali tenuto a Roma il 16 e 17 gennaio 1949.<br />

In quell’occasione veniva distribuito un memoriale firmato da due segretari nel<br />

quale, per sostenere l’opportunità della dipendenza dal Ministero dell’interno,<br />

si chiedeva, per evidenziare il positivo comportamento della categoria in quegli<br />

anni: “in quanti casi di scioglimenti di Amministrazioni Comunali per gravi ed<br />

accertate irregolarità ed abusi (ed i relativi decreti appaiono con progressiva frequenza<br />

nelle Gazzette Ufficiali) la prima avvisaglia non sia partita dal modesto<br />

Segretario Comunale” 386 . L’orientamento filogovernativo della categoria era evidentemente<br />

molto forte e, in quegli anni di forti divisioni e contrapposizioni<br />

ideologiche, anche la categoria dei segretari si divise, dando vita ad un Sindacato<br />

autonomo mentre la Sezione dei segretari legata alla Federazione nazionale<br />

dei dipendenti degli enti locali diveniva Sindacato nazionale di categoria ed<br />

aderiva alla Cgil 387 .<br />

Il dibattito veniva riaperto ne “Il comune democratico”, del 1949 388 . Nell’editoriale<br />

della rivista dell’agosto 1950 si denunciava l’annuncio di una prossima<br />

legge relativa ai segretari comunali che avrebbe dovuto sancire “la posizione<br />

e la figura del segretario comunale come rappresentante dello Stato nel Comune<br />

democratico” 389 . Ma anche quella speranza sarebbe andata delusa: la legge<br />

che avrebbe dovuto riformare la categoria (legge del 9 agosto 1954, n. 748),<br />

infatti, non modificava lo status del segretario, che rimaneva alle dipendenze del<br />

Ministero dell’interno. Dopo anni di studi, polemiche e battaglie, come scrive<br />

Baldissara: “Con immagine abusata, si vorrebbe notare che ‘la montagna partoriva<br />

il topolino’” 390 .<br />

2.2.5. Il punto sullo stato dell’organizzazione<br />

In un’intervista apparsa ne “L’amministratore democratico” del gennaio<br />

1949 il “compagno On. Turchi” faceva il punto sullo stato dell’organizzazione,<br />

discusso nella riunione del Comitato direttivo della Lega del 16 dicembre<br />

1948. Dopo aver segnalato la recente costituzione di almeno 12 Leghe provinciali,<br />

il segretario annunciava il potenziamento dell’attività politico-istituzionale<br />

attraverso la costituzione di un “comitato ristretto” cui avrebbero partecipato<br />

anche dei parlamentari. Il comitato avrebbe non solo diretto la Lega ma, so-<br />

385<br />

E.A., Autonomia e segretari comunali, Icd ago.-set. 1948, p. 136.<br />

386<br />

La prima avvisaglia, Icd gen. 1949, p. 5. Una conferma indiretta della veridicità di questa<br />

affermazione veniva da un successivo articolo di Federico Leghissa, La “non collaborazione”<br />

di troppi segretari comunali, ivi, pp. 6-7.<br />

387<br />

Ibidem.<br />

388<br />

Leo Spalazzi, Il problema dei segretari comunali, Icd set. 1949, p. 60.<br />

389<br />

Orizzonti, Icd ago.-set. 1950, pp. 293-4.<br />

390<br />

Baldissara, Tecnica e politica nell’amministrazione..., cit., p. 188.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 113<br />

prattutto, sarebbe intervenuto “prontamente ed energicamente tutte le volte<br />

che una delle nostre amministrazioni comunali è fatta segno a persecuzione da<br />

parte delle autorità governative”.<br />

Il direttivo, sempre secondo Turchi, aveva deciso il rilancio dell’attività di<br />

supporto tecnico-amministrativo, sia interna alla Lega, sia esterna, verso gli amministratori,<br />

per i quali veniva annunciato il prossimo svolgimento di tre convegni<br />

dedicati agli assessori con competenze, rispettivamente, al personale 391 , alle<br />

finanze e all’assistenza 392 , ed un quarto riservato ai problemi dei piccoli e medi<br />

comuni 393 .<br />

Riguardo all’attività in favore della popolazione il direttivo aveva deciso che<br />

i comuni della sinistra concentrassero i propri sforzi su “l’assistenza invernale e<br />

la disoccupazione”; mentre, da parte sua la Lega si sarebbe adoperata per il riconoscimento<br />

della partecipazione di rappresentanti dei comuni agli organismi<br />

preposti all’organizzazione dei lavori pubblici e della ricostruzione.<br />

Il rilancio della Lega passava anche per una maggiore e più qualificata presenza<br />

dell’organizzazione nel dibattito politico in corso e, per questo, il direttivo aveva<br />

deciso una serie di misure, tutte evidentemente dirette a far conoscere all’opinione<br />

pubblica il ruolo e l’attività dell’organizzazione. Il direttivo decideva, <strong>qui</strong>ndi,<br />

di attivare “un collegamento continuativo e funzionale” con le minoranze consiliari<br />

di Roma e Napoli, due tra i maggiori e più importanti comuni italiani e “di<br />

lanciare un manifesto al Paese” per denunciare la politica reazionaria del Governo<br />

contro gli amministratori locali. In questo ambito era evidentemente indispensabile<br />

riesaminare l’attività editoriale e, a questo proposito, Turchi affermava<br />

molto chiaramente che: “due riviste, quella del Partito e quella della Lega non sono<br />

necessarie; esse rappresentano un dispendio di energie […] tanto l’aspetto tecnico<br />

che quello politico debbono trovare espressione adeguata” 394 .<br />

Evidentemente la coesistenza di due riviste e di due Centri di consulenza per<br />

gli enti locali distinti per le amministrazioni locali della sinistra non era più sostenibile,<br />

almeno in termini di “dispendio di energie”, ma senza dubbio anche<br />

in termini monetari. Così, nel numero del giugno 1949 “L’Amministratore democratico”:<br />

“si [congedava] dai suoi abbonati e lettori per far posto a una nuova<br />

rivista, di più largo respiro e di più robusta intelaiatura, che sarà la voce della<br />

Lega nazionale dei comuni democratici […] nella strada del progresso, della<br />

libertà e della pace” 395 .<br />

391<br />

Il convegno si svolse a Firenze nei primi mesi del 1949; Convegno nazionale degli assessori<br />

al personale, Icd mar.-apr. 1949, p. 64.<br />

392<br />

Il convegno si svolse a Genova all’inizio del 1949 alla presenza del segretario Turchi, vi<br />

parteciparono una trentina tra grandi e piccoli comuni del Centro-Nord, insieme a rappresentanti<br />

dell’Udi e del patronato Inca della Cgil; Attività assistenziale: convegno di Genova, Icd<br />

mar.-apr. 1949, pp. 63-4.<br />

393<br />

Da segnalare, sempre all’inizio del 1949, lo svolgimento di convegni di amministratori<br />

del Psi: Primo convegno degli amministratori socialisti della provincia di Milano 13 marzo 1949,<br />

Icd mar.-apr. 1949, pp. 64-6; P.N., Il Convegno degli amministratori socialisti a Napoli, AD<br />

mar.-apr. 1949, pp. 112-4.<br />

394<br />

L’attività della Lega dei comuni democratici, AD gen. 1949, pp. 5-6.<br />

395<br />

Saluto ai lettori, AD giu. 1949, p. 193.


114 PARTE II<br />

2.3. Una sola e “nuova” rivista per la Lega nazionale dei comuni democratici<br />

L’idea che il nuovo organo della Lega dal vecchio titolo “Il comune democratico”<br />

voleva trasmettere ai propri lettori nel primo numero della nuova serie,<br />

datato agosto 1949, era, allo stesso tempo, di continuità e di novità. Due concetti<br />

contraddittori considerati in astratto, ma che rappresentavano una consuetudine<br />

per i militanti dei partiti della sinistra. I socialisti ma anche, e in particolare,<br />

i comunisti, si consideravano eredi della migliore tradizione socialista<br />

del ‘900 e, <strong>qui</strong>ndi, lontani dalle spinte massimaliste che tanto avevano danneggiato<br />

le lotte comunali. Allo stesso tempo, però, i partiti della sinistra, partendo<br />

dalla memoria viva delle proprie radici storiche, si proponevano come artefici<br />

di una nuova politica, articolata e complessa, nella quale erano organicamente<br />

comprese le istanze di rinnovamento della società nazionale ed internazionale.<br />

Tra queste istanze trovavano posto anche quelle provenienti dai governi<br />

locali. Così si presentava ai propri lettori la redazione della nuova rivista, organo<br />

di battaglia politica ed amministrativa allo stesso tempo:<br />

“Ci presentiamo a voi quali eredi e continuatori di due riviste che da ora in poi<br />

non si pubblicheranno più: ‘Il comune democratico’ e ‘L’amministratore democratico’.<br />

Le due riviste non sono morte per mancanza di mezzi o per esaurimento<br />

di compiti, come accade talvolta nel campo dell’editoria; esse hanno ceduto<br />

il campo a questa nuova rivista dopo un ponderato e meditato esame [...]<br />

ci proponiamo di fare della rivista lo strumento, che gli amministratori comunali,<br />

e non soltanto essi, non hanno cessato di reclamare […] Questa nuova rivista<br />

è innanzitutto un foglio di opposizione: di essa faremo un mezzo di lotta<br />

contro la politica reazionaria e anticostituzionale del governo democristiano<br />

[…] La nostra rivista è un organo di battaglia. Noi ci rivolgiamo specialmente<br />

ai sindaci e agli amministratori comunali che nella lotta per l’attuazione della<br />

Costituzione hanno un posto di avanguardia […] La rivista oltre che un mezzo<br />

di orientamento e di guida sarà anche strumento di lavoro quotidiano per<br />

gli amministratori; essi vi troveranno la spiegazione, il consiglio, e utili indicazioni<br />

sui problemi pratici e concreti che essi sono chiamati a risolvere” 396 .<br />

Un primo bilancio della diffusione della nuova rivista sarebbe stato proposto<br />

ad un anno dall’uscita del primo numero. I dati risultano di un certo interesse<br />

anche perché possono dare un’idea di quella che era la forza della Lega dei<br />

comuni democratici sul piano nazionale ed il suo radicamento territoriale. La<br />

tiratura de “Il comune democratico” ammontava a 4.064 copie di cui 1.436 riservate<br />

ai “corrispondenti fissi”, 1.206 a rivenditori e 1.422 inviate agli abbonati.<br />

Poco meno di 4.500 copie per una rivista di carattere politico-amministrativo<br />

come quella non erano poche in assoluto, ma erano invece pochissime<br />

se si pensava che i soli consiglieri comunali democratici che avrebbero dovuto<br />

leggerla erano circa 65.000, escludendo i consiglieri delle province, gli amministratori<br />

dell’Eca e delle aziende municipalizzate.<br />

Il quadro risultava ancor più scoraggiante se si faceva un’analisi della diffusione<br />

regionale e provinciale. L’Emilia e la <strong>Toscana</strong> da sole, (1.163 e 567 copie),<br />

396<br />

Il comune democratico, Ai nostri lettori, Icd ago 1949, p. 1.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 115<br />

coprivano quasi la metà delle riviste diffuse nell’Italia settentrionale e centrale<br />

(2.490 e 1.240 copie), mentre il Piemonte e la Lombardia diffondevano “un<br />

numero di copie pari a quello di una sola provincia dell’Emilia e della <strong>Toscana</strong>”.<br />

Sconfortanti erano poi soprattutto i dati dell’Italia meridionale ed insulare<br />

nella quale venivano distribuite appena 325 copie; “la nostra conclusione –<br />

concludeva l’articolo che commentava i dati evidenziati – è questa: che tutti i<br />

nostri lettori, ma specialmente le organizzazioni periferiche della Lega si adoperino<br />

a migliorare la diffusione della Rivista” 397 .<br />

2.3.1. L’orizzonte internazionale della nuova rivista: per la pace e per i paesi<br />

dell’Est europeo<br />

Riguardo all’orizzonte internazionale la Lega contestava l’istituzione del<br />

Consiglio Europeo sia in quanto “strumento di parte, e di politica di parte; tanto<br />

di parte che il paese vi sarà rappresentato solamente dalla maggioranza”, sia<br />

in quanto “strumento di una più vasta politica […, apertasi ] con la ratifica del<br />

Patto Atlantico”.<br />

Alle obiezioni che potevano venire da questa presa di posizione in materia<br />

di politica internazionale, l’articolo rispondeva in maniera netta: “Non si pensi<br />

che son cose che non riguardano i Comuni. La pace riguarda i Comuni. Ed<br />

i Comuni hanno il dovere di far sentire la loro voce, dei loro cittadini” 398 . Ma<br />

l’orizzonte internazionale offriva anche un modello ai politici locali della sinistra,<br />

quello di Gheorghi Dimitrov 399 , dal 1914 al 1923 consigliere comunale<br />

della città di Sofia, capitale della Bulgaria, e, dopo anni di clandestinità e di lotta,<br />

divenuto Capo del governo bulgaro nel 1946 e segretario generale del Partito<br />

comunista bulgaro l’anno successivo. Un vero e proprio eroe degli amministratori<br />

della sinistra, che veniva ricordato nel IV anniversario della morte 400 .<br />

La nuova serie de “Il comune democratico” per quanto riguarda le esperienze<br />

amministrative all’estero faceva riferimento solo ai Paesi comunisti. Un tributo,<br />

allora, che era dovuto ai paesi fratelli dell’est, ed al suo capo, il “Maresciallo<br />

Stalin” che veniva festeggiato dalla rivista della Lega con la pubblicazione<br />

dell’indirizzo di augurio per il suo 70° compleanno inviatogli dal sindaco<br />

Dozza nel dicembre del 1949 401 . Anche l’impostazione teorica del concetto dell’autonomia<br />

comunale era diventata ideologicamente ortodossa, tanto che veniva<br />

ricordata “l’autonomia locale nel pensiero di Engels e di Lenin” 402 .<br />

Ben diversi erano stati gli articoli relativi all’esperienza internazionale quando<br />

la rivista era gestita dalla Lega provinciale di Milano. Allora l’attenzione era<br />

397<br />

La nostra rivista, Icd ago.-set. 1950, pp. 327-8. Per arrivare al dato complessivo di 4.064<br />

copie ai dati dell’Italia del nord, del centro e del sud andavano aggiunte le 9 copie riservate al<br />

Territorio libero di Trieste, allora sotto amministrazione alleata.<br />

398<br />

Orizzonti, Icd ago. 1949, pp. 2-3.<br />

399<br />

Gheorghi Dimitrov. Consigliere comunale, Icd ago. 1949, pp. 6-8.<br />

400<br />

Nel IV anniversario della morte di Giorgio Dimitrov, Icd lug.-ago. 1953, p. 177.<br />

401<br />

Icd dic. 1949, p. 149<br />

402<br />

Mario Franceschelli, L’autonomia comunale, Icd gen. 1950, pp. 8-10.


116 PARTE II<br />

rivolta all’Europa occidentale e venivano pubblicati, ad esempio, pezzi sull’ordinamento<br />

degli enti locali in Olanda, Svizzera 403 e soprattutto Inghilterra 404 .<br />

Tra questi ultimi è da segnalare Lo spirito dell’amministrazione locale inglese di<br />

Ralph Cooke, dove si celebrava l’esperienza inglese come quella più vicina alla<br />

storica definizione della democrazia data da Abramo Lincoln: “Government of<br />

the people, by the people, for the people”. “Il Self government locale – concludeva<br />

Cooke - è nella sentenza di Abramo Lincoln la radice stessa della pubblica<br />

responsabilità, senza questa autonomia la Democrazia sarebbe soltanto un<br />

nome vuoto” 405 . Solo nell’ultimo numero della prima serie, quello del marzoaprile<br />

1949, era apparso un articolo dedicato all’Est europeo: I consigli popolari.<br />

Organi locali dello Stato Rumeno 406 . Nello scritto era evidente la somiglianza<br />

dei consigli popolari romeni con le consulte popolari proposte dalla sinistra italiana,<br />

sia nella denominazione, sia nelle funzioni. Quello che ancora non sapevano<br />

i militanti italiani era che dietro nomi simili si celavano realtà politicoistituzionali<br />

completamente diverse, come erano diverse la democrazia che in<br />

Italia si andava rafforzando e la dittatura che sempre più si sarebbe affermata in<br />

Romania ed in tutti i paesi dell’Europa orientale.<br />

La nuova direzione de “Il comune democratico”, dal punto di vista internazionale,<br />

si rifaceva direttamente all’eredità de “L’Amministratore democratico”<br />

che, a partire dal maggio 1948 407 , aveva dedicato ogni mese uno spazio alle<br />

esperienze dei comuni delle democrazie popolari dell’Europa orientale.<br />

2.3.2. La nuova centralità delle amministrazioni comunali<br />

Nell’articolo, Popolo e comune, il deputato socialista Guglielmo Ghislandi,<br />

cercava di motivare amministratori e consiglieri della sinistra al duro lavoro nei<br />

comuni. Persone che avevano lottato nella clandestinità durante il fascismo e,<br />

soprattutto, nella Resistenza, dovevano abituarsi al lavoro amministrativo spesso<br />

grigio e defatigante nelle giunte ed a quello, ancora più ingrato, di consigliere<br />

d’opposizione. Un consigliere spesso escluso da qualsiasi decisione da un<br />

“signor Sindaco […, chiuso] coi consiglieri di maggioranza e col quasi sempre<br />

compiacente signor segretario [comunale] in una sala ristretta”. Solo il contatto<br />

con il popolo ed il pensiero di lottare per il popolo poteva aiutare a sopportare<br />

queste situazioni, quello stesso popolo che si doveva coinvolgere il più possibile<br />

nell’attività amministrativa e politica ed il cui voto avrebbe permesso la<br />

vittoria alle prossime elezioni 408 .<br />

403<br />

Nicola Jaeger, Il Comune svizzero, Icd lug. 1948, pp. 104-5; Piero Montagnani, Embrioni<br />

di Consulte popolari in Olanda, ivi, pp. 105-6.<br />

404<br />

Paolo Lombardi, Local Governement in Inghilterra, Icd giu. 1948, pp. 77-80; primo di<br />

una serie di cinque articoli, l’ultimo appariva nel numero di nov.-dic. 1948, pp. 181-3.<br />

405<br />

Ralph Cooke, Lo spirito dell’amministrazione locale inglese, Icd mar.-apr. 1949, p.<br />

406<br />

Stelian Tanasesco, I consigli popolari. Organi locali dello Stato Rumeno, Icd mar.-apr. 1949,<br />

p. 59.<br />

407<br />

Manlio Ciufolini, Municipalità estere: Bucarest, AD mag. 1948, pp. 141-4<br />

408<br />

Guglielmo Ghislandi, Popolo e Comune, Icd ago. 1949, pp. 4-5.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 117<br />

Il risultato delle elezioni politiche del 1948, la fine dell’illusione di un rovesciamento<br />

rapido della maggioranza democristiana aveva portato ad una rivalutazione<br />

del ruolo delle amministrazioni locali nella strategia della sinistra.<br />

Nella prospettiva di una lunga battaglia politica per la con<strong>qui</strong>sta del governo<br />

nazionale la presenza nelle amministrazioni e nei consigli delle istituzioni locali<br />

diventava essenziale. In questo quadro, il rafforzamento della Lega dei comuni<br />

democratici era necessaria sia per il supporto tecnico-amministrativo ai<br />

compagni negli enti locali, sia per collegare la difesa in Parlamento dell’autonomia<br />

locale e delle amministrazioni dai provvedimenti del Ministero dell’interno<br />

con l’attività degli amministratori nei comuni e nelle province. Il rapporto<br />

della Lega con l’Anci, infine, permetteva un utile dialogo con personalità vicine<br />

alla maggioranza politica al governo e, soprattutto, la possibilità metterne in<br />

crisi l’appartenenza evidenziando le difficoltà dei rapporti con il Governo e<br />

l’Amministrazione centrale controllati dai loro colleghi di partito.<br />

Il nuovo atteggiamento della sinistra accresceva l’importanza del movimento<br />

per le autonomie locali sulla scena polico-istituzionale, dopo anni nei quali<br />

l’unica prospettiva ritenuta utile era quella nazionale, per via della gestione dei<br />

problemi della ricostruzione, istituzionale, economica e finanziaria della Nazione<br />

dopo i disastri della dittatura fascista e della guerra. Nel caso della sinistra,<br />

però, più che di recupero di importanza si trattava piuttosto di ac<strong>qui</strong>sizione<br />

di una nuova centralità, considerato che sin dagli anni dell’Italia liberale per<br />

una parte consistente del Partito socialista, tesa verso la prospettiva rivoluzionaria,<br />

quello che riguardava i comuni era pur sempre un programma minimo.<br />

Detto in altri termini, grazie alla nuova centralità delle amministrazioni locali<br />

nella politica della sinistra non ci sarebbero più state minacce di dimissioni<br />

in massa di sindaci comunisti e socialisti come quelle che si verificarono all’indomani<br />

dei risultati delle elezioni dell’aprile 1948. Gli amministratori della<br />

sinistra sapevano, finalmente, che il loro ruolo era essenziale nella strategia politica<br />

del Pci e del Psi: “Nella lotta per la Democrazia il Comune è il perno” 409 ,<br />

scriveva nel 1949 Lucio Luzzatto, deputato socialista.<br />

2.3.3. La nuova Lega in Parlamento e nella realtà locale<br />

La prima iniziativa in ambito parlamentare della nuova Lega era in materia<br />

di tariffe di servizi pubblici, che veniva pubblicata nella rubrica Cronache parlamentari<br />

410 . I due segretari, il comunista Turchi ed il socialista Ghislandi, presentavano<br />

alla Camera una proposta di legge “per l’abolizione della competenza<br />

del comitato interministeriale prezzi [Cip] in materia di determinazione delle<br />

tariffe dei servizi pubblici in concessione o in gestione diretta dei comuni o<br />

di altri enti pubblici”. La Lega, in sostanza, chiedeva che i comuni – cessata<br />

l’emergenza dell’immediato dopoguerra - fossero liberi di fissare le tariffe dei<br />

servizi pubblici in relazione alle specifiche esigenze delle rispettive aziende, sen-<br />

409<br />

Lucio Luzzatto, Il comune oggi, Icd set. 1949, pp. 35-6.<br />

410<br />

La rubrica era a cura di Gino Pallotta.


118 PARTE II<br />

za dover essere costretti ad adeguarsi a quelle stabilite dal Cip, identiche per tutta<br />

l’Italia. L’eliminazione della competenza del Cip in materia avrebbe fatto cessare<br />

l’aumento generale e indiscriminato delle tariffe imposto dalle imprese private<br />

ad un organo che non aveva capacità, né volontà, di arginare richieste che<br />

solo l’intervento della Confederazione delle aziende municipalizzate era riuscito,<br />

in qualche caso, a contenere. Ma autonomia, per i comuni, era anche poter<br />

decidere i prezzi delle tariffe, eliminando il blocco delle tariffe dei pubblici servizi<br />

comunali deciso con il R.D.L. 5 ottobre 1936, n. 1746 411 .<br />

Nell’autunno del 1949 riprendeva anche, a pieno ritmo, l’attività delle Leghe<br />

provinciali che si rispecchiavano nello svolgimento di numerosi congressi<br />

ai quali, spesso, assisteva uno dei due segretari nazionali 412 . Nel febbraio del<br />

1950 la rivista dell’organizzazione pubblicava una circolare dedicata a Imposta<br />

di famiglia e I.C.A.P., che si concludeva con la viva raccomandazione “di curare<br />

l’esecuzione di queste direttive” 413 .<br />

Un esempio dell’attività che le sedi provinciali della Lega svolgevano veniva<br />

dalle notizie sulla Lega provinciale di Bologna, costituita nel 1946, all’indomani<br />

dello svolgimento delle elezioni amministrative locali. L’Associazione dei comuni<br />

della provincia di Bologna - denominazione ufficiale della sede provinciale,<br />

assunta molto probabilmente all’indomani del congresso dell’Anci del<br />

1949 – era costituita dall’assemblea dei sindaci dei sessanta comuni della provincia,<br />

spesso allargata ad assessori e consiglieri comunali, da un comitato direttivo,<br />

formato da amministratori del Pci, del Psi e del Psli, e dalla presidenza.<br />

L’attività dell’associazione era diretta in particolare all’assistenza in favore dei<br />

piccoli comuni, intorno ai 5-6000 abitanti, che erano la stragrande maggioranza<br />

414 . Le frequenti riunioni plenarie erano accompagnate dall’attività di sei<br />

commissioni di lavoro dedicate a tributi e bilanci; lavori pubblici; assistenza,<br />

scuola e commissioni popolari; consulenza; amministrazione. Le attività più significative<br />

erano quelle per favorire il passaggio dei comuni dalla gestione delle<br />

imposte di consumo in appalto a quella diretta (avvenuta in 35 comuni); per<br />

la promozione delle colonie per bambini (frequentate da oltre 3.000 giovani);<br />

per la proiezione cinematografica di materiale didattico; per la consulenza<br />

ospedaliera in materia di ricoveri finalizzata al risparmio della spese per degenti<br />

da parte delle amministrazioni comunali, allora competenti in materia di pagamento<br />

delle spese per l’assistenza ospedaliera; per consulenza sulle funzioni<br />

del sindaco in materia di ordine pubblico 415 .<br />

Sempre per quanto riguarda l’attività delle Lega in ambito locale c’è da segnalare<br />

l’attenzione ai piccoli comuni 416 ed alla complessa e difficile realtà delle<br />

411<br />

Luigi Ciofi Degli Atti, In tema di tariffe dei servizi pubblici, Icd set. 1949, pp. 41-3.<br />

412<br />

L’attività della Lega, Icd set. 1949, pp. 51-3; nel mese di settembre venivano segnalati<br />

convegni della Lega a Genova, Pistoia, Mantova, Novara e Torino; in ottobre a Padova, Milano,<br />

Piacenza, Terni, Rovigo; L’attività della Lega, Icd ott. 1949, pp. 91-2.<br />

413<br />

L’attività della Lega, Icd feb. 1950, pp.71-2.<br />

414<br />

I comuni maggiori erano Bologna (370.000 ab.) ed Imola (45.000 ab.), seguivano 6 comuni<br />

con 10-20.000 ab., e 5 comuni con 3.000 ab.<br />

415<br />

La Lega provinciale di Bologna, Icd mar.-apr. 1950, pp. 113-5.<br />

416<br />

Mario Osti, Finanza democratica nei piccoli comuni, Icd feb. 1950, pp.41-2.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 119<br />

istituzioni locali del Mezzogiorno e l’incitazione agli amministratori della Lega<br />

a seguire le direttive espresse dal movimento per la Rinascita del Mezzogiorno 417 .<br />

2.4. Una nuova Lega e una nuova Anci<br />

Oltre nell’ambito politico, nel quadro di una nuova centralità ac<strong>qui</strong>sita dalle<br />

istituzioni locali nella strategia politica della sinistra, il rilancio dell’attività della<br />

Lega avveniva anche – e forse, soprattutto - nell’ambito del movimento per le<br />

autonomie locali. Nell’editoriale di apertura della nuova serie, infatti, la prima<br />

questione ad essere proposta era il rapporto con l’Anci, associazione alla quale si<br />

ribadiva la necessità di partecipare attivamente. La Lega dei comuni democratici<br />

era un’organizzazione con caratteristiche di “strumento di formazione e di<br />

azione per la difesa e lo sviluppo di dati principi. L’Anci è sede di elaborazione<br />

e di rappresentanza, aperta a tutti”. Queste caratteristiche sarebbero rimaste intatte<br />

per decenni: la Lega, oltre che organizzazione diretta alla promozione della<br />

politica dei partiti della sinistra per gli enti locali, fu anche, soprattutto fino a<br />

tutti gli anni ’50 del ‘900, importantissimo strumento di difesa delle amministrazioni<br />

della sinistra. L’Associazione dei comuni, invece, era riconosciuta come<br />

organizzazione in grado di rappresentare tutti i comuni e, in quanto tale, di dialogare<br />

con le istituzioni relativamente alle esigenze di tutti gli enti locali.<br />

Ma questo dialogo con le istituzioni non veniva semplicemente delegato all’Anci.<br />

La Lega si proponeva, nei fatti, come potente stimolo ad un dialogo che<br />

fosse su problemi concreti e su reali possibilità di soluzione. Primo fra tutti i<br />

problemi era quello delle finanze comunali:<br />

“Le finanze comunali sono il problema chiave, fondamento delle possibilità operative<br />

di una amministrazione e cardine dell’autonomia degli enti locali”. E le finanze<br />

comunali dipendevano, in primo luogo, dall’imposta di famiglia che, i comuni<br />

della sinistra, applicavano seguendo i propri principi politici: “i principi di<br />

equa distribuzione degli oneri in rapporto progressivo con la ricchezza individuale<br />

e la capacità contributiva”. Era questa la prima ragione di contrasto con il<br />

governo centrale e, in particolare, con il Ministro delle finanze, che aveva annunciato:<br />

“il proposito di attuare provvedimenti diretti ad addossarne il maggior<br />

aggravio sui meno abbienti, alleggerendone l’onere per le categorie più agiate” 418 .<br />

2.4.1. L’evoluzione dei rapporti tra le due organizzazioni<br />

Il fatto che aveva determinato la scelta dell’avvio di una nuova fase dell’attività<br />

della Lega e, in questo ambito, l’avvio della pubblicazione di una nuova serie<br />

de “Il comune democratico” era, senza dubbio, lo svolgimento del primo<br />

417<br />

Guglielmo Ghislandi, Per la rinascita del Mezzogiorno, Icd feb. 1950, pp. 39-40.<br />

418<br />

Orizzonti, Icd ago. 1949, pp. 2-3; un altro argomento fondamentale del dialogo con le istituzioni<br />

citato nell’articolo era quello della riforma dell’ordinamento locale basato su una riforma regionale<br />

che, in quanto prevista dalla Costituzione, si sarebbe dovuta mettere in opera al più presto.


120 PARTE II<br />

congresso nazionale dell’Anci a Roma, dal 25 al 28 giugno 1949. L’ipotesi<br />

emerge dalla lettura di un articolo firmato dal segretario nazionale Giulio Turchi,<br />

pubblicato nel primo numero della nuova rivista.<br />

Dal settembre 1946 al dicembre 1947 l’Anci “vivacchiò”, proprio come era<br />

accaduto nel primo dopoguerra perché, scriveva Turchi, l’Associazione dei comuni<br />

non aveva avuto “il coraggio di prendere apertamente posizione contro i<br />

primi attentati alle ricon<strong>qui</strong>state libertà democratiche dei quali proprio i comuni<br />

furono i primi a soffrirne”. All’indomani della nascita della Lega molti<br />

comuni decisero di distaccarsi da un’Anci che sosteneva l’idea della “apoliticità”<br />

delle cariche amministrative. Priva dell’apporto dei comuni più attivi e propositivi<br />

l’Associazione “entrò in coma”. Che fosse proprio il nodo della “apoliticità”<br />

– e, <strong>qui</strong>ndi, fatto non secondario, la negazione di qualsiasi legittimità<br />

della Lega - ad avvelenare i rapporti tra le due principali organizzazioni del movimento<br />

per le autonomie locali era divenuto evidente con la pubblicazione<br />

dell’articolo di Achille Guerra sulla rivista dell’Anci nel novembre del 1948, citato<br />

nelle pagine precedenti.<br />

Sottolineava Turchi, a questo proposito, che la partecipazione delle amministrazioni<br />

della sinistra al congresso nazionale dell’Anci di giugno era avvenuta<br />

dopo un accordo per la revisione dello statuto dell’Associazione. Il nuovo statuto<br />

approvato dal congresso riconosceva la possibilità di adesione di unioni locali<br />

di comuni alle quali veniva attribuita una competenza esclusiva in questioni<br />

di interesse locale e di assistenza e consulenza locale. Grazie a questo, le Leghe<br />

provinciali avevano avuto la possibilità di continuare la propria opera, con<br />

il riconoscimento ufficiale dell’Associazione, ed avevano avuto <strong>qui</strong>ndi la possibilità<br />

di contribuire, in quanto tali, alla vita ed al dibattito interno dell’Anci 419 .<br />

In anni di durissima contrapposizione tra i partiti di governo e della sinistra,<br />

una contrapposizione insanabile che riprendeva i temi e i toni del conflitto internazionale<br />

tra i Paesi soggetti all’influenza dell’Unione sovietica e quelli dell’appena<br />

costituita Nato, il movimento comunale ricomponeva le proprie file<br />

grazie ad un accordo tra amministratori e politici comunali vicini ai partiti di<br />

governo e quelli che si riconoscevano nel Fronte popolare.<br />

2.4.2 Il linguaggio comune dei sindaci<br />

L’accordo, deciso dai vertici delle due organizzazioni, era poi stato sancito,<br />

come sottolineava con una certa meraviglia il segretario Turchi, dallo svolgimento<br />

del congresso dell’Anci. Una meraviglia identica a quella manifestata all’inizio<br />

del ‘900 dal presidente dell’Anci, Emanuele Greppi, un conservatore<br />

moderato milanese, che aveva descritto sul “Corriere della sera” il dibattito del<br />

congresso straordinario dell’Anci di Firenze del 1905. Greppi si era trovato per-<br />

419<br />

L’esperienza della Lega che Turchi segnalava come modello per i comuni dell’Anci era<br />

quella dei Consorzi provinciali Pro Infanza fra i comuni dell’Emilia e della <strong>Toscana</strong>; si veda a<br />

questo proposito il progetto del comune di Modena, Una lodevole iniziativa, Icd giu. 1948, pp.<br />

83-4.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 121<br />

fettamente a suo agio in un’assemblea di sindaci, di tutta Italia e di tutte le tendenze,<br />

che aveva giudicato molto severamente il comportamento del governo<br />

nei confronti dei comuni: “dalla discussione risultò che il disgusto contro il Governo<br />

proveniva più ancora che per ingiusti aggravi di spesa, pel modo goffo,<br />

incoerente e dispotico col quale subdolamente si permette di alterare senza posa<br />

le facoltà dei Comuni: prima con articoli e<strong>qui</strong>voci di leggine che passano<br />

inavvertite fra le commozioni della politica, poi con regolamenti che falsano le<br />

leggi e richiedono cose spesso contraddittorie ed assurde” 420 .<br />

Nel congresso dell’Anci del 1949, scriveva Turchi, sindaci di tutte le regioni<br />

d’Italia e di tutti i partiti “hanno parlato un linguaggio in larga misura comune”,<br />

un fatto straordinario perché “è anche troppo noto che noi e i democristiani<br />

parliamo due lingue diverse […] Così è accaduto relativamente al problema<br />

dell’invadenza del potere centrale, così per quello della finanza; con la<br />

stessa energia i sindaci socialisti e comunisti e quelli democristiani hanno affermato<br />

che i principi sanciti nella Costituzione devono trovare pratica e effettiva<br />

attuazione” 421 .<br />

Sulla base del riconoscimento del principio dell’autonomia, istituzionale e<br />

finanziaria, si ricomponevano i rapporti interni al movimento per le autonomie<br />

locali e la Lega vedeva finalmente riconosciuta la legittimità della propria funzione.<br />

Fu quello un momento di grande importanza del movimento per le autonomie<br />

locali attraverso il quale ne veniva riaffermata la continuità dal periodo<br />

liberale a quello repubblicano. Nei ventanni di dittatura fascista, infatti, era<br />

stato cancellato il protagonismo politico-istituzionale e tecnico-amministrativo<br />

delle autonomie locali dell’Italia liberale ed era stata affermata la completa subordinazione<br />

di comuni e province allo Stato o, quanto meno, l’idea di una sorta<br />

di “neutralità” delle autonomie locali il cui solo ruolo sarebbe dovuto essere<br />

quello di applicare le leggi dello Stato.<br />

2.4.3. Battaglie comuni contro provvedimenti governativi<br />

I primi risultati della collaborazione tra Anci e Lega venivano delineati da<br />

Massimo Severo Giannini, componente del comitato di redazione dell’organo<br />

della Lega e membro del comitato esecutivo dell’Anci. Il Consiglio nazionale<br />

dell’Anci svoltosi a Roma il 6-7 giugno 1950 dedicato alla finanza locale aveva<br />

votato ben 12 proposte all’unanimità e due sole a maggioranza, proposte che<br />

erano state poi presentate al Ministro delle finanze e comunicate ai parlamentari<br />

delle commissioni finanze e tesoro impegnati nell’esame dei due progetti di<br />

legge sulla finanza locale, di Fortunati e di Vanoni, quest’ultimo divenuto la<br />

legge 30 luglio 1950 n. 575. Successivamente il Ministero dell’interno inviava<br />

una circolare, datata 19 giugno, alla quale l’Anci aveva deciso di opporsi fermamente<br />

con un ordine del giorno approvato dal proprio comitato esecutivo<br />

420<br />

Emanuele Greppi, I Congressi dei Comuni, in “Corriere della sera”, 19 mag.1906; ora in<br />

Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit., p. 222.<br />

421<br />

Giulio Turchi, I comuni italiani a congresso, Icd ago 1949, pp. 9-10.


122 PARTE II<br />

tenutosi a Venezia il 4 settembre. La circolare infatti, anticipava i criteri di applicazione<br />

della legge Vanoni la cui definizione era riservata al Parlamento.<br />

L’Anci, <strong>qui</strong>ndi, scriveva Giannini: “[invitava] i comuni a non tener conto delle<br />

circolari ministeriali con le quali si pretende di dar applicazione a norme contenute<br />

in progetti non ancora divenuti legge. Tecnica sorprendente, invero, e<br />

che ricorda molti analoghi fatti accaduti durante il ventennio, che furono tutti<br />

recisamente condannati dal Consiglio di Stato”.<br />

Ma la prossimità tra Lega ed Anci era riaffermata anche - e forse soprattutto<br />

- dalla mortificazione cui entrambe erano soggette per via dei provvedimenti<br />

prefettizi di annullamento delle delibere comunali di spesa riguardanti le rispettive<br />

quote associative. A nulla contava il fatto che l’Anci fosse presieduta dal<br />

democristiano sindaco di Roma Francesco Rebecchini. Gli annullamenti delle<br />

delibere di adesione venivano “adottati tutti in applicazione rigoristica di una<br />

circolare del Ministero degli interni” e non si trattava di annullamenti sporadici<br />

422 né, come si avrà modo di vedere più oltre, limitati ai difficili anni del dopoguerra.<br />

Quei provvedimenti erano così massicci da costringere la direzione dell’Anci<br />

a tramutare l’assemblea annuale indetta a Napoli per il 25 ottobre del 1950<br />

in un semplice convegno. A contribuire al successo di quel convegno, quale atto<br />

di opposizione alla repressione ministeriale - pur non dichiarato - Giannini<br />

chiamava gli amministratori della sinistra: “ai quali si deve quel che di più vivo<br />

ha saputo dare l’esperienza della vita locale di questa ripresa del dopoguerra”. A<br />

quegli amministratori, scriveva ancora Giannini, “anche i comuni retti da amministratori<br />

di altra parte si stanno affiancando, ogni qualvolta, si capisce, si<br />

tratti di amministratori autentici, non di mandatari di baronie locali […] Essi<br />

si vanno persuadendo che l’attuale indirizzo politico è per sua natura ostile alle<br />

libertà locali: è ostile non perché vi siano nel Governo degli uomini che, singolarmente<br />

presi, non siano – o non siano stati – convinti dell’idea che la base<br />

prima della vita democratica sono i comuni, ma perché le forze alle quali l’azione<br />

governativa è costretta ad appoggiarsi sono ostili alle libertà locali” 423 .<br />

Il fenomeno della sostanziale convergenza di posizioni tra tutti gli amministratori<br />

locali che così gradevolmente aveva sorpreso il segretario Turchi nel<br />

congresso dell’Anci del 1949 si ripeté a Napoli nell’ottobre del 1950: “sindaci<br />

democristiani discutono insieme con i sindaci socialisti e comunisti e trovano<br />

giuste e accettabili le posizioni che questi ultimi ritengono con ragione come<br />

proprie”. L’unanimità che gli amministratori avevano ritrovato nella città partenopea<br />

riguardava temi essenziali del governo locale, come ordinamento e funzioni<br />

delle amministrazioni locali; la riforma dell’assistenza sanitaria; i contributi<br />

di miglioria; le aziende municipalizzate. Per il segretario il convegno ave-<br />

422<br />

Come poteva essere il caso dell’annullamento della delibera di adesione all’Anci del comune<br />

di Venezia, citato - incidentalmente - in un articolo del deputato Luzzatto nel quadro<br />

delle denuncia dell’ispezione ministeriale punitiva cui era stato soggetta quella amministrazione,<br />

guidata da una maggioranza di sinistra; L.L. [Lucio Luzzatto], E Venezia?, Icd lug. 1950,<br />

pp. 256-7.<br />

423<br />

Massimo Severo Giannini, L’attività dell’Anci, Icd ago.-set. 1950, pp. 299-300.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 123<br />

va “riconfermato l’esistenza di una frattura fra le sfere politiche dirigenti […] e<br />

l’orientamento spontaneo e genuino del popolo che i sindaci convenuti a Napoli<br />

hanno espresso”. La Lega, concludeva Turchi, avrebbe dovuto ispirare “tutta<br />

la [sua] azione futura” al “significato politico” 424 di quella frattura.<br />

L’unità degli amministratori veniva ritrovata ogni qual volta veniva affrontata<br />

una discussione su questioni concrete. Nella cronaca del convegno nazionale<br />

dell’Anea svoltosi a Napoli il 9-12 novembre 1952, ad esempio, veniva sottolineato<br />

il fatto che il rafforzamento della politica di assistenza e degli enti di<br />

assistenza sostenuto dalla sinistra aveva incontrato l’approvazione dei congressisti,<br />

i quali, sebbene larghissimamente affiliati alla DC avevano manifestato la<br />

propria insofferenza verso il rappresentante del governo, il Sottosegretario all’interno,<br />

Teodoro Bubbio, che aveva affermato l’impossibilità per l’esecutivo di<br />

aumentare i finanziamenti a favore degli enti di assistenza 425 . Addirittura, solo<br />

la scarsa presenza di amministratori della Lega - su circa 1200 partecipanti solo<br />

206 rappresentavano enti democratici – aveva impedito, secondo il segretario<br />

Turchi, che il congresso si trasformasse in un successo politico della sinistra<br />

426 .<br />

2.4.4. Giannini per il movimento delle autonomie locali e per la Lega<br />

Dalle pagine de “Il comune democratico” Giannini ricordava la rilevanza<br />

dell’Anci come luogo di dialogo tra diverse forze politiche in anni di durissimi<br />

scontri ideologici. Scriveva a questo proposito alla fine del 1952: “Non si può<br />

non sottolineare l’importanza che ha avuto l’Associazione come organismo che<br />

senza estraniarsi dalle istanze politiche che dominano nelle amministrazioni comunali<br />

ha saputo rimanere apartitico. Essa è stata uno dei rari spazi della vita<br />

nazionale ove sia reso possibile un dialogo tra diverse correnti politiche, si siano<br />

trovati molti punti di concordanza già in partenza e si siano raggiunti molti<br />

punti di accordo in arrivo. Ciascuno si è in essa sempre sforzato di prospettare<br />

le proprie tesi in termini generali, in genere con buoni risultati. Sarebbe auspicabile<br />

che una così importante esperienza non andasse perduta” 427 .<br />

Lo studioso non solo difendeva l’azione unitaria del movimento per le autonomie<br />

locali, ma si occupava di delineare i confini dello spazio giuridico entro<br />

il quale la Lega, e le altre organizzazioni degli enti locali, potevano esplicare<br />

la propria azione, come nel caso della partecipazione agli accordi contrattuali<br />

dei propri dipendenti. In quegli anni una disputa divideva coloro i quali sostenevano<br />

la necessità che le organizzazioni di comuni e province rimanessero<br />

estranee dall’affrontare la questione e coloro che, come le associazioni dei dipendenti,<br />

sostenevano il contrario.<br />

424<br />

Giulio Turchi, Un discorso e un convegno, Icd ott. 1950, pp. 343-4.<br />

425<br />

G. Battista Facchini, I problemi degli ECA al congresso dell’ANEA, Icd dice. 1952, pp.<br />

357-8.<br />

426<br />

g.t. [Giulio Turchi], In margine al congresso dell’ANEA, Icd 12 1952, pp. 359-60.<br />

427<br />

Massimo Severo Giannini, Convegno-Congresso dell’ANCI, Icd dic. 1952, pp. 355-6.


124 PARTE II<br />

Giannini, partendo dal presupposto che il Ministero dell’Interno aveva stabilito<br />

che tutti i dipendenti degli enti locali dovessero essere disciplinati da regolamenti<br />

comunali e provinciali, e non da contratti collettivi 428 , difendeva la<br />

posizione formulata dalla Federazione nazionale dipendenti enti locali (Fndel)<br />

nel 1950, accolta dall’Upi nel 1951, e difesa dalla Lega. Lo studioso sosteneva<br />

che i problemi dei dipendenti degli enti locali non potevano essere visti come<br />

estranei agli enti locali: “ma vanno considerati fra i problemi organizzativi fondamentali<br />

degli stessi enti – e ciò è stato posto in evidenza dalla Lega dei comuni<br />

democratici [..., inoltre] giova agli stessi enti locali intervenire nella discussione<br />

di tali problemi affinché essi non vengano risolti, in loro assenza, contro<br />

di loro” 429 .<br />

Giannini riconosceva che il ruolo dell’Anci era insostituibile in quanto era<br />

“uno dei rari spazi della vita nazionale ove sia reso possibile un dialogo tra diverse<br />

correnti politiche, si siano trovati molti punti di concordanza già in partenza<br />

e si siano raggiunti molti punti di accordo in arrivo” e, allo stesso tempo,<br />

evidenziava il ruolo fondamentale della Lega nel porre all’attenzione i concreti<br />

problemi delle autonomie locali e nella ricerca di una loro soluzione. Era questo<br />

il caso della questione del contratto degli impiegati locali, che, ricordava<br />

Giannini, era “stato posto in evidenza dalla Lega dei comuni democratici”.<br />

Il legame tra Anci e Lega poteva essere affermato, come per Giannini, anche<br />

dalle biografie di alcuni protagonisti della storia del movimento per le autonomie<br />

locali. Era questo il caso di Renato Vicard, segretario dell’Anci dalla rifondazione<br />

nel secondo dopoguerra fino al 1956, la cui figura veniva così ricordata<br />

nelle pagine dell’organo della Lega: “Egli, che amava come propria creatura<br />

l’Anci, era al tempo stesso un convinto sostenitore della Lega perché fermamente<br />

credeva, da socialista memore della Lega dei comuni socialisti, nella sua<br />

insostituibile azione di avanguardia; ed anche per questo il nostro dolore per la<br />

Sua scomparsa è vivamente sentito” 430 .<br />

2.5. La difesa delle amministrazioni della sinistra e dei bisogni dei cittadini<br />

2.5.1. Le difficoltà di una nuova classe dirigente nei comuni di sinistra<br />

Vent’anni di fascismo volevano dire, per gli amministratori della sinistra della<br />

prima generazione, quella dell’Italia liberale, vent’anni di più sulle spalle e<br />

vent’anni di lontananza dalle istituzioni. Ma se i vecchi militanti chiamati ad<br />

amministrare comuni e province, nonostante non fossero variate le norme di<br />

riferimento, potevano essere messi in difficoltà dall’evoluzione della prassi am-<br />

428<br />

Una disciplina, sottolineava polemicamente Giannini, che il Ministero imponeva persino<br />

nel caso dei dipendenti delle aziende municipalizzate che “per chiara disposizione di legge, e per<br />

ripetuta interpretazione di giurisprudenza, hanno lo stato giuridico di dipendenti privati”.<br />

429<br />

Massimo Severo Giannini, Associazioni di enti locali e associazioni di dipendenti di enti locali,<br />

Icd dic. 1951, pp. 379-380.<br />

430<br />

Renato Vicard, Icd ago. 1958, p. 219.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 125<br />

ministrativa, ben più pesante era la condizione dei compagni cresciuti alla dura<br />

scuola della clandestinità e della Resistenza. Dalle file del Pci e del Psi mancava<br />

all’appello un’intera generazione di amministratori e i nuovi militanti, carichi<br />

di entusiasmo, erano del tutto privi di esperienza. I neo-amministratori<br />

furono così obbligati a farsi le ossa direttamente sul campo, spesso senza poter<br />

fare alcun affidamento sull’aiuto di un segretario comunale e provinciale, a volte<br />

più pronto a rispondere alle indicazioni del Ministero – da cui dipendeva dagli<br />

anni del fascismo - che a coadiuvare il nuovo sindaco e il nuovo preside della<br />

provincia nell’esercizio della carica. Furono molti quelli che, come il citato<br />

Roberto Vighi 431 , riuscirono a passare la prova lasciando traccia della loro opera,<br />

degli altri che non ebbero successo non sappiamo nulla. Tra questi ultimi vi<br />

erano molto probabilmente gli amministratori della sinistra demoralizzati dall’esito<br />

delle elezioni nazionali del 1948 che, come già accennato, pensarono di<br />

dimettersi:<br />

“subito dopo le elezioni del 18 aprile si è verificato qualche caso di scoraggiamento<br />

con tendenza alle dimissioni, l’intervento immediato delle Leghe [provinciali]<br />

e quello personale di amministratori più preparati anche politicamente,<br />

è stato sufficiente a superare queste manifestazioni di crisi al loro primo manifestarsi”<br />

432 .<br />

L’insufficiente preparazione degli eletti nel 1946 sarebbe stata confermata<br />

dalla stessa Lega nel 1951, quando l’allora segretario, Giulio Turchi, commentando<br />

i risultati delle elezioni locali di quell’anno, sottolineava la migliore<br />

qualità degli amministratori rispetto a quelli della tornata elettorale precedente<br />

433 .<br />

2.5.2. Lo scioglimento dei consigli comunali e l’imperizia dei prefetti<br />

L’imperizia, cui la Lega cercò di ovviare con apposite iniziative 434 , in ogni caso,<br />

non era prerogativa dei soli sindaci della sinistra. Anche il Ministero dell’interno,<br />

nello stesso periodo, era costretto a ricordare la necessità di seguire<br />

correttamente procedure e regolamenti ai prefetti che in alcuni casi, evidentemente,<br />

decidevano di avviare provvedimenti gravissimi, quali erano lo scioglimento<br />

dei consigli comunali e la rimozione dei sindaci, senza una adeguata<br />

istruttoria. Riportava una circolare del Ministero riprodotta, senza alcun commento,<br />

nella rubrica Notizie utili per gli amministratori:<br />

“Pervengono a questo ministero proposte di scioglimento dei consigli comunali<br />

e di rimozione dei sindaci senza che siano state osservate le prescrizioni di cui<br />

agli articoli […] a tali eccezionali rimedi deve ricorrersi solo quando i vari mez-<br />

431<br />

Vighi, Per il socialismo, l’antifascismo, le autonomie…., cit.<br />

432<br />

Attività della lega dei comuni. Decisioni del Comitato provvisorio della Lega nazionale dei<br />

comuni democratici…, cit., p. 94.<br />

433<br />

Giulio Turchi, Una Lega più forte, Icd 12 1951, pp. 368-9.<br />

434<br />

La direzione, Si realizza un’attesa iniziativa: la scuola per amministratori, Icd ott.-nov.<br />

1951, p. 336.; l’articolo, in realtà, annunciava solo la pubblicazione di “un corso per amministratori”<br />

in fascicoli mensili allegati alla rivista.


126 PARTE II<br />

zi attribuiti dalla legge alla autorità governativa [invio di commissari (… )] si<br />

siano palesati inefficaci” 435 .<br />

La situazione non sembrava essere cambiata poi molto dal marzo 1892, data<br />

nella quale il Ministro dell’interno Francesco Nicotera, in una circolare, lamentò<br />

“duramente l’aumento quotidiano di richieste di scioglimento di consigli<br />

comunali fatte dai prefetti che: ‘in gran parte […] vengono respinte’ dal ministero”<br />

436 .<br />

A giudicare dai dati pubblicati nella rivista della Lega comunque, i casi di<br />

scioglimento delle assemblee elettive locali, come si vedrà, non assunsero dimensioni<br />

paragonabili a quelle dei periodi precedenti. Di nuovo, rispetto al<br />

passato c’era il fenomeno delle denunce a carico del “sindaco, della sua sospensione<br />

e rimozione e, infine, del suo arresto.<br />

Primo responsabile di questa situazione era il prefetto di cui il costituzionalista<br />

Vezio Crisafulli negava la legittimità nel nuovo ordinamento democratico:<br />

“La figura del prefetto, almeno per tutto quanto riguarda la sua sfera d’azione<br />

nei confronti delle amministrazioni degli enti locali, non trova più posto in un<br />

sistema che voglia davvero svolgere con coerenza i principi della Costituzione<br />

repubblicana. È necessario che la vecchia diffidenza verso il popolo e le sue rappresentanze,<br />

caratteristica delle classi dirigenti che hanno portato alla rovina il<br />

nostro paese, scompaia una buona volta per far posto alla fiducia ed al sano<br />

principio del controllo popolare e della responsabilità degli amministratori eletti<br />

di fronte ai loro elettori” 437 .<br />

2. 5.3. Le tipologie dei più gravi provvedimenti contro le autonomie locali<br />

Nel 1950 il deputato Luzzatto divideva i provvedimenti del Ministero dell’interno<br />

contro le amministrazioni democratiche in due gruppi: la nomina di<br />

un commissario prefettizio nei comuni il cui consiglio comunale aveva perso<br />

oltre la metà dei componenti; la sospensione del sindaco e la sua successiva rimozione<br />

con provvedimento del Presidente della Repubblica 438 .<br />

Nel primo caso il provvedimento amministrativo del Ministero si combinava<br />

con un atto politico di un partito i cui consiglieri si dimettevano in mas-<br />

435<br />

Scioglimento dei consigli comunali e di rimozione dei sindaci. (Dir. Gen. Amm. Civile, Div.<br />

A. G. sez. I, 27 ago. 1948, n. 15900. I bis-1024), Icd nov.-dic. 1948, p. 195.<br />

436<br />

Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit., p. 186; per la citazione del documento: Acs, Min.<br />

Int. Comuni, b. 202, fasc. 15900.1.3, Circolare riservata del Ministero dell’interno, div. 2, n.<br />

15800.2 del 23 marzo 1892, Inchiesta su scioglimento dei consigli comunali, ai signori prefetti<br />

del Regno, firmato Ministro Nicotera.<br />

437<br />

Vezio Crisafulli, Prefetture e comuni, AD mag. 1948, pp. 136-9.<br />

438<br />

A questi due tipi di provvedimenti che possono essere definiti straordinari se ne poteva<br />

aggiungere un terzo gruppo, meno eclatante ma comunque nocivo per il corretto svolgimento<br />

dell’attività amministrativa comunale, definibile come ordinario. Tra questi possono essere<br />

compresi gli annullamenti delle delibere comunali tramite la Gpa e l’attività ispettiva dei funzionari<br />

del Ministero dell’interno mirata a scovare l’esistenza di eventuali irregolarità amministrative;<br />

su questo terzo gruppo di provvedimenti cfr. L.L. [Lucio Luzzatto], E Venezia?, Icd lug.<br />

1950, pp. 256-7.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 127<br />

sa, approfittando anche del fatto che, soprattutto verso la fine del quadriennio<br />

del mandato, alcuni componenti dell’assemblea potevano essere deceduti<br />

o si erano dimessi in precedenza per altri motivi. Il commissario prefettizio,<br />

<strong>qui</strong>ndi, attraverso vari escamotage, ritardava la convocazione dei comizi<br />

elettorali ed amministrava il comune proprio nel periodo chiave che precedeva<br />

il nuovo appuntamento elettorale. La sospensione – e la rimozione - del<br />

sindaco avveniva soprattutto per motivi di ordine pubblico e, generalmente,<br />

comportava la privazione dei diritti politici del sindaco che, <strong>qui</strong>ndi, non poteva<br />

partecipare alla elezioni, privando così la sinistra del candidato più noto<br />

439 , fatto particolarmente grave in piccoli comuni dove i candidati disponibili<br />

erano pochi.<br />

L’istituto della rimozione veniva definito, sempre da Luzzatto, come “un<br />

istituto in sé abnorme ed eccezionale, incompatibile con i principi della Costituzione<br />

vigente, e perciò comprensibile soltanto in casi transitori e del tutto eccezionali”.<br />

Purtroppo, invece, di quell’istituto si era abusato per fini politici colpendo<br />

i comuni della sinistra con la scusa di preservare l’ordine pubblico:<br />

“Troppo si è fatto, e tutto si può fare in nome dell’‘ordine pubblico’ […] materia<br />

sommamente delicata, fondamentale per la vita democratica, su cui occorre<br />

pertanto ben riflettere” 440 . Quello che deve essere sottolineato è che il segretario<br />

della Lega dopo aver analizzato le norme dell’istituto giuridico e la correlata<br />

giurisprudenza, non condannava la rimozione in quanto tale che, sottolineava,<br />

poteva essere usata solo “in casi transitori e del tutto eccezionali”. Luzzatto<br />

denunciava l’abuso dell’istituto della rimozione, chiedeva, in sostanza, ancora<br />

una volta, il rispetto della legge.<br />

2.5.4. “Il reato di essere sindaco”<br />

L’espressione Il reato di essere sindaco 441 titolo di un discorso svolto a Bologna<br />

nel 1951 dal sindaco Giuseppe Dozza, rende molto bene l’idea dell’atmosfera<br />

nella quale si trovarono ad amministrare i sindaci comunisti e socialisti<br />

nell’Italia del secondo dopoguerra fino a tutti gli anni ’50. Dozza nel suo intervento<br />

espose uno per uno, numerosi casi di sindaci di piccoli paesi denunciati,<br />

incriminati, rimossi e addirittura incarcerati non tanto perché avessero<br />

commesso reati ma, soprattutto, perché avevano svolto la loro attività a favore<br />

dei propri cittadini.<br />

Molti di questi casi erano narrati nelle pagine de “Il comune democratico”,<br />

degli anni ’40 e ’50. Le notizie degli arresti e delle incriminazioni dei sindaci<br />

divenivano sempre più dettagliate, in particolare a partire dai fatti del 14 luglio<br />

1948. Veniva aperta persino una rubrica Sindaci arrestati, degli ultimi due,<br />

Gualtiero Ciani, sindaco di Abbadia San Salvatore e Oreste Gelmini di Miran-<br />

439<br />

Lucio Luzzatto, Contro i comuni, contro la democrazia, Icd mag. 1950, pp. 143-5.<br />

440<br />

Lucio Luzzatto, Rimozione di sindaci e ordine pubblico, Icd lug. 1950, pp. 247-9.<br />

441<br />

Giuseppe Dozza, Il reato di essere sindaco, in idem, Il buon governo e la rinascita della città.<br />

Scritti 1945-1966, Bologna, Cappelli, 1987, pp. 197-223.


128 PARTE II<br />

dola, venivano pubblicate le fotografie ed alcune note 442 . Dall’agosto del 1949,<br />

primo mese della nuova serie de “Il comune democratico”, le notizie sui provvedimenti<br />

liberticidi del Ministero dell’interno contro i primi cittadini dei comuni<br />

della sinistra venivano pubblicate nella rubrica Galleria dei sindaci 443 , continuazione<br />

di quella apparsa ne “L’amministratore democratico” dal 1948.<br />

Successivamente alle manifestazioni contro l’attentato a Togliatti, era la mobilitazione<br />

dei sindaci della sinistra contro il Patto atlantico che metteva i comuni<br />

al centro dell’attenzione del Ministero dell’interno. Il 23 marzo 1949, ad<br />

esempio, il locale commissario di pubblica sicurezza intimava al sindaco di Finale<br />

Emilia di tenere a porte chiuse una riunione del consiglio comunale dedicata<br />

a alla pace 444 .<br />

Il Partito comunista, da parte sua, ribadiva la “azione e funzione politica degli<br />

Enti Locali” anche all’indomani delle ultime dichiarazioni del Ministro dell’interno,<br />

Scelba, sulla “apoliticità degli Enti Locali” pronunciate al congresso<br />

straordinario dell’Upi. Una posizione, quella di Scelba, che veniva appoggiata<br />

anche dal maggiore quotidiano nazionale, il “Corriere della sera”, che scriveva<br />

di “pretesi ordini di comunistizzare le civiche amministrazioni”. Così commentava<br />

“L’Amministratore democratico”: “Il Governo mal sopporta che i comuni<br />

democratici assumano sempre più una funzione ed importanza politica e<br />

quel pungolo agisce su di esso alla stessa guisa di un drappo rosso sbandierato<br />

sugli occhi di un toro” 445 .<br />

La stessa rivista dava poi notizia dei fatti accaduti a Spilamberto, in provincia<br />

di Modena, dove la polizia aveva messo praticamente messo sotto assedio<br />

il comune e tutta la popolazione, sollevando la protesta di 42 dei 46<br />

sindaci della provincia che avevano denunciato al Presidente della Repubblica<br />

la repressione contro le giunte popolari della provincia 446 . Gli stessi fatti venivano<br />

denunciati in Parlamento, dove l’on. Cremaschi smentiva lo svolgimento<br />

di riunioni segrete della Lega dei comuni “per cospirare nei confronti<br />

di quello che è l’atteggiamento del prefetto”. “La Lega dei Comuni – aveva<br />

detto Cremaschi - ha mandato alla montagna e al mare i bambini del nostro<br />

paese e non vi ha mandato soltanto quelli che avevano la tessera dell’Azione<br />

Cattolica […] Questi sono i segreti dei Comuni democratici che danno fastidio<br />

a voi” 447 .<br />

Il sindaco, era scritto ne “Il comune democratico” in un articolo che celebrava<br />

l’assoluzione di Dozza, insieme al segretario del Pci di Bologna, dall’accusa<br />

di “vilipendio delle istituzioni costituzionali”: “non esiste solo per celebrare<br />

matrimoni, per firmare deliberazioni e per presenziare […] alle cerimonie ufficiali:<br />

un sindaco […] ha il dovere di vivere la vita stessa del suo popolo, di in-<br />

442<br />

Icd ott. 1948, p. 146.<br />

443<br />

Mario Franceschelli, Galleria dei sindaci, Icd ago 1949, pp. 17-9.<br />

444<br />

Federico Leghissa, Attentato alla libertà dei comuni, Icd mar.-apr. 1949, pp. 49-50.<br />

445<br />

L’attualità politica, AD gen. 1949, pp. 1-2; sullo stesso argomento cfr. L.P., I comuni per<br />

la pace contro ogni intimidazione poliziesca, AD mar.-apr. 1949, pp. 91-2.<br />

446<br />

L. Emiliano, Scelba contro Modena, AD giu. 1949, p. 207-9.<br />

447<br />

Cronache parlamentari. Gli arbitri del prefetto di Modena. (Da una interpellanza alla Camera<br />

del compagno Onorevole Cremaschi), AD giu. 1949, p. 218-9.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 129<br />

teressarsi ai suoi problemi politici, di ergersi, primo fra tutti, a difenderlo,<br />

quando la legge, la giustizia, la libertà si calpesti” 448 .<br />

2.5.5. Solidarietà degli amministratori di sinistra con i lavoratori uccisi dalla<br />

polizia nelle lotte del dopoguerra<br />

Una prima, forte mobilitazione della Lega fu quella a sostegno delle proteste<br />

per l’uccisione da parte della polizia di sei persone, a Modena, avvenuta il 9<br />

gennaio 1950 durante una manifestazione contro il licenziamento di 200 operai.<br />

Altre uccisioni avevano funestato – e avrebbero funestato ancora - lo svolgimento<br />

di manifestazioni dei lavoratori, ma questa mobilitazione fu probabilmente<br />

la più importante. Il supporto a questa particolare protesta era dovuto<br />

sia alle dimensioni della tragedia, sia, probabilmente, al fatto che la questa aveva<br />

colpito una città tra le più attive della Lega. Il fascicolo de “Il comune democratico”<br />

del gennaio 1950 era accompagnato da un numero straordinario interamente<br />

dedicato alla strage, nel quale erano raccolti estratti di documenti<br />

che testimoniavano la “funzione democratica svolta dall’Amministrazione Democratica<br />

modenese” 449 , corredati da fotografie che illustravano le realizzazioni<br />

del comune, dal restauro delle scuole, all’inizio dei lavori per il nuovo mercato,<br />

alle colonie marine per ragazzi. Sostegno ai lavoratori, sviluppo dell’economia<br />

e dei servizi sociali erano parte di una medesima politica, quella dei partiti della<br />

sinistra. La presenza nella commemorazione dei sei operai uccisi, svoltasi nell’aula<br />

del consiglio comunale di Modena, dei deputati Togliatti e Nenni, segretari<br />

nazionali del Pci e del Psi, e del sindaco Alfeo Corassori, - i cui stralci di<br />

discorso chiudevano il numero straordinario - simboleggiavano il “contatto fra<br />

[…] il Parlamento ed il Comune” 450 .<br />

“Il mancato rispetto del Sindaco, della sua importante funzione nella vita<br />

pubblica nazionale, della sua qualità di rappresentante del popolo – scriveva il<br />

sindaco Dozza – fa parte dell’atmosfera d’illegalismo e generalmente si collega<br />

con le lotte del lavoro” 451 .<br />

Il bilancio della repressione delle forze di polizia contro i cittadini che, con<br />

i loro sindaci, si mobilitavano per rivendicare terra e lavoro era pesantissimo.<br />

Nel 1947 le vittime della polizia durante la repressione di manifestazioni dei<br />

lavoratori furono 27; “tra gennaio 1948 e luglio 1950 Pietro Secchia riferì, non<br />

smentito, in Parlamento di 62 lavoratori uccisi, 3.123 feriti, 91.433 arrestati,<br />

19. 313 condannati per complessivi 7.598 anni di carcere […] 109 gli uccisi in<br />

piazza tra il 1947 ed il 1954” 452 .<br />

448<br />

M.F., Dozza alla sbarra, Icd ago 1949, p. 20.<br />

449<br />

Documentazione, Icd Numero straordinario. Modena, gen. 1950, p. 7.<br />

450<br />

Ivi, Dal discorso dell’On. Togliatti, p. 32.<br />

451<br />

Giuseppe Dozza, Si rispetti la legalità repubblicana, Icd gen. 1950, pp. 3-5.<br />

452<br />

Giuseppe Carlo Marino, La repubblica della forza. Mario Scelba e le passioni del suo tempo,<br />

Milano, Franco Angeli, 1995, pp. 167 ss.; Donatella Della Porta, Herbert Reiter, Polizia e<br />

protesta. L’ordine pubblico dalla Liberazione ai “no global”, Bologna, Il mulino, 2003, p. 97, citato<br />

da Giovanna Tosatti, Il Ministero dell’interno. Uomini e strutture (1861-1962), p. 300.


130 PARTE II<br />

Le ultime più gravi manifestazioni della politica repressiva del governo si sarebbero<br />

verificate nell’estate del 1960 durante gli scontri di Genova, Roma,<br />

Reggio Emilia, Palermo e Catania, ricordati, molto pacatamente, anche nella<br />

rivista della Lega 453 .<br />

2.5.6. La repressione delle amministrazioni di sinistra<br />

Era in questa situazione che la Lega forniva ai sindaci istruzioni sulle proprie<br />

funzioni in materia di ordine pubblico 454 , mentre il costituzionalista Vezio<br />

Crisafulli definiva le misure preannunziate dal Consiglio dei ministri del 18<br />

marzo 1950 “evidentemente illegittime” espressione di un orientamento politico<br />

“profondamente repugnante” rispetto allo spirito della Costituzione repubblicana<br />

455 . Una tesi che la Lega sosteneva nelle lettere indirizzate alle massime<br />

autorità della Repubblica per chiedere il loro intervento contro gli interventi<br />

repressivi del Ministero dell’interno e, in generale, contro lo spirito centralista<br />

e antidemocratico che animava l’azione del governo in carica 456 . A conferma<br />

delle ragioni delle autonomie locale contro il centralismo, l’organo della Lega<br />

riproponeva un vecchio e famoso articolo di Luigi Einaudi, significativamente<br />

intitolato Via i prefetti!, commentato dal deputato Luzzatto 457 .<br />

Un discorso tenuto a Brescia nel 1951 dal Ministro Scelba dava occasione alla<br />

direzione della Lega per riaffermare il sostegno ai principi di libertà ed autonomia<br />

stabiliti dalla Costituzione. Secondo le parole del Ministro citate da Raffaele Merloni,<br />

nuovo segretario della Lega 458 , era l’azione sovvertitrice dei partiti di sinistra<br />

nelle amministrazioni locali e nella sfera politica generale ad imporre: “da un canto<br />

il mantenimento di misure, che per amministratori liberi possono apparire come<br />

ingiustificate e, dall’altro, rende inattuabile il programma, che si impone ogni<br />

giorno di più, per ampliare la sfera di competenza delle amministrazioni comunali”.<br />

Il Ministro spiegava così la mancata riforma della legge comunale e provinciale<br />

per l’adeguamento alla Costituzione, il ritardo nell’attuazione dell’istituto regionale,<br />

dei disegni di legge per il referendum e per la Corte Costituzionale.<br />

Se il mancato compimento della Costituzione repubblicana dava al Ministro<br />

dell’interno la possibilità di esercitare i medesimi poteri dei suoi predecessori<br />

453<br />

Governo ed elezioni, Icd lug.-ago. 1962, pp. 255-6.<br />

454<br />

M. Franceschelli, I sindaci e l’ordine pubblico, Icd mar.-apr. 1950, pp. 83-4; Paolo Franceschi,<br />

I sindaci e l’art. 113 della legge di P.S., Icd mag. 1950, pp. 148-9.<br />

455<br />

Vezio Crisafulli, Chi è contro la legge?, Icd mar.-apr. 1950, pp. 85-88.<br />

456<br />

Lettera aperta della Lega dei Comuni Democratici al Presidente della Repubblica, Icd gen.<br />

1951, p. 431; Lettera aperta della Lega dei comuni democratici, Icd mar. 1951, pp. 109-111, la<br />

lettera era indirizzata Al Presidente del Senato, della Camera, del Consiglio dei Ministri, della<br />

Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti.<br />

457<br />

L.L., Il Prefetto e i principi della democrazia. Un vecchio articolo dell’Economist molto istruttivo<br />

per l’on. Scelba, Icd 3 1951, pp. 114-6 (Self-government in Italy, “Economist”, 23 set. 1944,<br />

n. 5274).<br />

458<br />

Come si avrà modo di ricordare, appena oltre, l’annuncio che Raffaele Merloni sostituiva<br />

Ghislandi alla segreteria della Lega veniva pubblicato nella rivista era stato dato nel fascicolo<br />

dell’agosto-settembre 1951; Icd ago.-set. 1951, p. 269.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 131<br />

dell’Italia liberale, il deputato socialista Merloni poteva far proprie, a commento<br />

di due recenti rimozioni di sindaci 459 , le testuali parole pronunciate da Filippo<br />

Turati alla Camera nel 1913. Il leader socialista, quasi quarant’anni prima,<br />

aveva denunciato il provvedimento di sospensione del sindaco di Castel San<br />

Giovanni, in provincia di Piacenza perché questi, alla testa della maggioranza<br />

dei partiti popolari, aveva “votato un ordine del giorno di protesta, meglio di<br />

dolore, per gli eccidi avvenuti, ma tutt’altro che redatto in termini ingiuriosi<br />

[…] si trattava soltanto di una protesta civilissima […] Se poi gli interessi dei<br />

Comuni vanno per aria, tutto ciò è roba di secondaria importanza!” 460 .<br />

È però necessario ricordare che i casi di scioglimento di consigli comunali<br />

erano sostanzialmente limitati dal punto di vista numerico, anche se sempre<br />

più dei pochi casi riconosciuti dal Ministro dell’interno. Secondo un’indagine<br />

svolta dalla Lega nella “Gazzetta Ufficiale” dal 18 aprile 1948 al 31 dicembre<br />

1949 erano stati disciolti 24 consigli comunali e rimossi 10 sindaci. Di questi<br />

almeno 15 consigli e 7 sindaci erano socialcomunisti 461 .<br />

Nella sua ricerca Tosatti scrive che i sindaci rimossi per motivi “spesso pretestuosi”<br />

di ordine pubblico tra il 1946 ed il 1958 furono 81, con punte di 25<br />

nel 1950, 24 nel 1951 e 15 nel 1956. In particolare nel periodo 1° luglio 1954<br />

– 26 aprile 1955, 44 sindaci furono sospesi dalla posizione di ufficiali di governo<br />

e 4 rimossi dall’incarico. Più ridotti furono invece i provvedimenti di<br />

scioglimento dei consigli comunali, solo 38 tra il 1946 ed il 1958.<br />

Il raffronto con i dati del periodo liberale è utile a descrivere l’evoluzione<br />

storica del fenomeno per comprenderne meglio la rilevanza. È vero, infatti, che<br />

a fronte di 47 provvedimenti di rimozione di sindaci emessi dai governi liberali<br />

in 23 anni (1900-1922), corrispondevano ben 81 provvedimenti emessi dai<br />

governi repubblicani in 13 anni (1946-1958). È anche vero, però, che negli<br />

stessi 22 anni i governi liberali avevano sciolto ben 1185 consigli comunali e,<br />

sempre nei medesimi 12 anni, i governi repubblicani ne avevano sciolti solo<br />

38 462 . Tutto questo senza tener conto del fatto che non tutti i provvedimenti di<br />

scioglimento di consigli e di rimozione di sindaci riguardavano comuni amministrati<br />

dalla sinistra, come evidenziato dai dati esposti dal citato articolo de “Il<br />

comune democratico” del 1951 (15 su un totale di 24 consigli; 7 su un totale<br />

di 10 sindaci) 463 .<br />

Questi cifre evidenziano la limitatezza del fenomeno anche rispetto al più ristretto<br />

universo dei comuni (circa un terzo del totale) amministrato da blocchi<br />

di sinistra. Posta non da un punto di vista statistico, ma politico, la questione<br />

era però molto diversa. I 15 consigli comunali sciolti e i 7 sindaci rimossi di cui<br />

459<br />

Si trattava dei sindaci di Cassano Magnago in provincia di Varese, nel 1950, per aver<br />

convocato una riunione in sala consiliare per discutere sulla interdizione della bomba atomica<br />

e quello di Monterchi, in provincia di Arezzo, nel 1951, per non essersi impegnato a far interrompere<br />

una manifestazione contro la visita del presidente degli USA.<br />

460<br />

Il discorso dell’on. Merloni nel dibattito sul bilancio dell’Interno, Icd ott.-nov. 1951, pp. 352-4.<br />

461<br />

Paolo Franceschi, Basta coi soprusi, Icd gen. 1951, pp. 444-6.<br />

462<br />

Atti Parlamentari, Camera, Leg. III, Documenti, disegni di legge e relazioni, n. 1427 A; citato<br />

da Tosatti, Il Ministero dell’interno…, cit., pp. 313-4.<br />

463<br />

Franceschi, Basta coi soprusi…, cit.


132 PARTE II<br />

scriveva l’articolo citato venivano segnalati come la modalità più appariscente<br />

di un atteggiamento vessatorio e punitivo del Ministero dell’interno nei confronti<br />

delle amministrazioni della sinistra. Per esempio, venivano utilizzati massicciamente<br />

controlli ed interventi sulle delibere da parte dei prefetti che rallentavano<br />

o bloccavano l’attività amministrativa; denunzie di marescialli dei carabinieri<br />

potevano portare all’arresto ed alla sospensione dell’attività dei sindaci,<br />

i quali poi, quasi sempre, venivano assolti, ma nel frattempo l’amministrazione<br />

era stata bloccata. E gli interventi più numerosi riguardavano piccoli comuni<br />

per piccole questioni, di solito legate alle scelte in materia di tassa di famiglia<br />

e di iniziative in favore della popolazione più povera.<br />

Dal 1950 aumentavano i provvedimenti repressivi contro le iniziative di carattere<br />

politico espresse dai comuni della sinistra. Nel luglio di quell’anno il segretario<br />

della Lega denunciava l’utilizzo dell’istituto della rimozione del sindaco<br />

in “<strong>qui</strong>ndici o venti casi recenti” 464 . Proprio quell’anno la sinistra aveva promosso<br />

la firma della Petizione per la pace nell’ambito dell’iniziativa mondiale<br />

dei Partigiani della pace al cui II congresso, svoltosi a Varsavia, partecipò una<br />

“larga rappresentanza […] di amministratori comunali appartenenti a diverse<br />

correnti politiche” 465 . Contro questa iniziativa si erano concentrati gli interventi<br />

repressivi del Ministero dell’interno, in particolare verso i piccoli comuni 466 .<br />

Particolarmente pesante sarebbe divenuta la situazione della provincia di<br />

Bologna, il cui “signor” prefetto 467 , nel 1957, veniva direttamente ed esplicitamente<br />

contestato dalla Lega per i suoi provvedimenti 468 .<br />

2.5.7. L’opposizione all’ostruzionismo prefettizio: l’attività di Giannini<br />

Con il passare degli anni, però, sarebbe divenuto più difficile per il Ministero<br />

dell’interno, forzare a danno dei comuni la normativa repressiva largamente<br />

presente nella legislazione locale. Nel 1957, ad esempio, la Corte di Appello<br />

di Napoli si pronunciava sulla nuova norma introdotta con l’art. 6 della<br />

legge 2 marzo 1956, n. 136, che aveva soppresso l’istituto della decadenza “usata<br />

dai prefetti quale arma per colpire le amministrazioni popolari non gradite”,<br />

disposta, sulla base delle precedenti legislazioni, dall’art. 15 del T.U. 5 aprile<br />

1951, n. 203, che, tra l’altro, prevedeva l’ineleggibilità in caso di “lite pendente<br />

col Comune”. Bastava che il prefetto, o anche solo alcuni elettori, promuovessero<br />

un giudizio di responsabilità dinanzi al Consiglio di prefettura per impedire<br />

la partecipazione di un candidato alle elezioni amministrative. La norma,<br />

introdotta con un emendamento alla nuova legge elettorale dai deputati<br />

Colitto e Luzzatto, prevedeva l’ineleggibilità per amministratori locali solo in<br />

464<br />

Lucio Luzzatto, Rimozione di sindaci e ordine pubblico, Icd lug. 1950, pp. 247-9.<br />

465<br />

II Congresso della pace a Varsavia, Icd nov.-dic. 1950, p. 384.<br />

466<br />

Paolo Franceschi, Il governo e le autonomie, Icd feb. 1950, pp. 43-5.<br />

467<br />

Da sottolineare che la qualifica di “signore” e non di “Sua Eccellenza”, come era allora<br />

d’obbligo nel rivolgersi al prefetto, costituiva di per sé una scelta irriverente.<br />

468<br />

Un prefetto testardo che non conosce le leggi, Icd apr. 1957, pp. 25-6; Michele Lanzetta, Le<br />

strane teorie del signor Prefetto, Icd lug.-ago 1957, pp. 3-5.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 133<br />

caso di passaggio in giudicato. Fu in virtù di questo che il sindaco di Giugliano<br />

ed altri amministratori popolari poterono presentarsi alle elezioni 469 .<br />

Le formule che i prefetti si ingegnavano di trovare per annullare le deliberazioni<br />

comunali per la pace erano tali da essere bollate da Massimo Severo Giannini<br />

come “offese all’intelligenza”. I comuni, infatti, sia in quanto “enti che curano<br />

interessi generali, sia pure di dimensioni locali, della popolazione associata”,<br />

sia per avere “un’autonomia garantita dalla Costituzione”, avevano il diritto<br />

di “esprimere un voto in nome delle popolazioni che essi rappresentano”, e<br />

così concludeva il suo articolo nella rivista della Lega:<br />

“i Consigli comunali seguitino a deliberare e a formulare tutti i voti che credono;<br />

ed anzi annotino pure nel registro delle deliberazioni comunali gli annullamenti<br />

prefettizi. E ciò perché resti documentato, a chi ci seguirà, a quali ridicole incredibili<br />

aberrazioni si sarà giunti in questo periodo, da parte degli organi di governo” 470 .<br />

La conferma della straordinaria lucidità delle parole di Giannini, e della giustezza<br />

della posizione della Lega,veniva appena un anno dopo con la notizia, data con<br />

rilievo ne “Il comune democratico”, dell’approvazione da parte di alcuni comuni di<br />

deliberazioni che conferivano la cittadinanza onoraria ad Antonio Segni, all’indomani<br />

della sua elezione nel maggio del 1962 a Presidente della Repubblica. La domanda<br />

del segretario della Lega Michele Lanzetta, del Psi, era sarcastica. Cosa avrebbero<br />

fatto i prefetti ora, quando a deliberare su materie non previste dalla normativa<br />

non erano i sindaci della sinistra ma quelli vicini ai partiti di governo?:<br />

“dopo le predette deliberazioni che hanno conferito le cittadinanze onorarie al<br />

Presidente della Repubblica, come ragioneranno i prefetti che non le hanno annullate<br />

e con la loro presenza alle manifestazioni relative le hanno con solennità<br />

convalidate?” 471 .<br />

La decisione dei comuni governati da partiti o coalizioni di partiti vicini al governo<br />

di deliberare su argomenti non esplicitamente previsti da leggi e regolamenti,<br />

analogamente a quanto avevano fatto fino ad allora solo le amministrazioni<br />

della sinistra era forse il segnale più evidente che l’interpretazione del ruolo<br />

dei comuni sostenuta dalla Lega non solo non era stata sconfitta dalla repressione<br />

prefettizia ma aveva finalmente vinto. Negli anni ’60 l’ostruzionismo prefettizio<br />

verso i comuni della sinistra non cessò ma, sicuramente anche per la presenza<br />

nel governo del Partito socialista, si sarebbe ridotto in termini che, da un mero<br />

punto di vista statistico, si sarebbero potuti definire fisiologici, ma che, da un<br />

punto di vista politico-istituzionale, continuavano ad apparire intollerabili 472 .<br />

469<br />

G.M., La “sospensione” degli amministratori. Una importante sentenza della Corte d’Appello<br />

di Napoli, Icd gen. 1957, pp. 5 –7.<br />

470<br />

Massimo Severo Giannini, Per la storia dell’umorismo prefettizio, Icd feb. 1950, pp. 55-56.<br />

471<br />

Michele Lanzetta, Deliberazioni di cittadinanza onoraria ed attribuzioni dei consigli comunali,<br />

Icd set. 1962, pp. 270-2.<br />

472<br />

Le “ridicole incredibili aberrazioni” condannate da Giannini sarebbero avvenute, infatti,<br />

anche in anni successivi, come nel 1961, quando un prefetto, senza averne alcun potere, minacciò<br />

di sospendere un sindaco se avesse insistito a far discutere ed approvare dal consiglio comunale<br />

una determinata delibera da lui annullata; L., Florilegio prefettizio, Icd giu. 1961, p. 187. Si<br />

vedano anche le bocciature delle delibere in materia urbanistica da parte del prefetto di Bologna,<br />

denunciate dalla rivista della Lega; Le note del mese. Il prefetto esorbitante, Icd giu. 1968, pp. 2-3.


134 PARTE II<br />

2.6. Gli anni ‘50<br />

2.6.1. La Lega dei comuni democratici, province e enti minori<br />

Nel 1951, l’anno della seconda tornata delle elezioni amministrative, la Lega,<br />

senza dimenticare i comuni 473 , decideva di riaffermare il proprio ruolo nel<br />

movimento per le autonomie locali cercando di stimolare anche gli altri enti locali,<br />

ed in particolare le province. L’interesse verso questo ente, che nel corso<br />

del dibattito costituente aveva rischiato la soppressione, derivava dal fatto che,<br />

dopo aver saltato l’appuntamento del 1946, le province erano coinvolte nella<br />

consultazione elettorale.<br />

Nell’editoriale del febbraio 1951 il segretario sottolineava con grande decisione<br />

che la Lega dei comuni democratici non associava solo comuni ma anche<br />

“tutti gli enti locali, territoriali e non territoriali. [Anche se] È fuor di dubbio<br />

che i comuni sono e rimangono fra gli enti locali quelli di gran lunga più importanti”<br />

474 . Turchi ribadiva il concetto qualche tempo dopo, facendo una sorta<br />

di autocritica rispetto alla poca attenzione rivolta alla generalità degli enti locali,<br />

ed in particolare alla provincia: “Né dobbiamo tacere che molto più debole<br />

ancora è stata la nostra azione in direzione degli altri enti e organismi di<br />

varia natura, tutti più o meno direttamente collegati con il comune […] gli<br />

ECA, i Patronati Scolastici, gli Ospedali, la ONMI e quella miriade di enti e<br />

istituzioni nella vita dei quali il comune ha sempre veste per intervenire e nella<br />

quale interviene solo raramente […] L’importanza preminente e fondamentale<br />

del comune non deve farci sottovalutare e meno ancora deve farci trascurare<br />

gli altri enti la cui importanza è pur sempre di grande rilievo per la popolazione;<br />

mi riferisco in particolare alla Provincia della quale si interessano soltanto<br />

gli iniziati e che i più continuano a confondere con la Prefettura; in direzione<br />

della Provincia occorre attuare una vera e propria svolta” 475 .<br />

Nella risoluzione deliberata dal Comitato direttivo della Lega svoltosi a Bologna<br />

il 21 luglio 1951, all’indomani della proclamazione dei risultati delle elezioni<br />

svoltesi tra la fine di maggio ed i primi del giugno successivo, si sottolineavano,<br />

tra l’altro, il successo elettorale della sinistra e la sconfitta della Dc,<br />

che perdeva circa 2.500.000 voti rispetto al 18 aprile 1948; il rinnovato impegno<br />

dei comuni democratici verso la pace, insieme ai ricostituiti organi elettivi<br />

delle Province; la “difesa delle nostre industrie”; la “vigilanza degli amministratori<br />

democratici […] contro gli attentati alla integrità della Costituzione”. Si riaffermava,<br />

infine, “La Lega [come] strumento indispensabile per realizzare questa<br />

politica […, e che] Nella Lega devono confluire non soltanto i Comuni e le<br />

Provincie, ma anche enti minori, ECA, Patronati scolastici e simili.” 476 . In un<br />

473<br />

Da segnalare, a questo proposito, un articolo sulla spinosa questione della ricostituzione<br />

dei comuni sciolti durante il fascismo: Mario Franceschelli, Le ricostituzioni di Comuni e la Costituzione,<br />

Icd 1, 1951, p. 439.<br />

474<br />

Giulio Turchi, La Lega dei comuni democratici, Icd feb. 1951, p. 65-6.<br />

475<br />

G. Turchi, Guardando al futuro, Icd mag. 1951, pp. 193-4.<br />

476<br />

Risoluzione del Comitato direttivo della Lega, Icd giu.-lug. 1951, pp. 227-9.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 135<br />

secondo convegno nazionale, che ebbe luogo a Modena il 6 dicembre 1951,<br />

l’attenzione si concentrava sull’organizzazione interna della Lega. Venne raccomandata,<br />

per l’ennesima volta, la costituzione delle Leghe provinciali, venne<br />

deciso di costituire un Comitato direttivo nazionale che comprendesse i segretari<br />

delle Leghe provinciali dei capoluoghi di regione; per far fronte alla cronica<br />

mancanza di fondi, attribuita agli annullamenti delle delibere di iscrizione<br />

da parte dei prefetti, si approvò il tesseramento degli amministratori 477 .<br />

Le dimissioni dalla segreteria della Lega dei Comuni Democratici, per ragioni<br />

di salute, dell’on. Guglielmo Ghislandi, sostituito dall’on. Raffaele Merloni<br />

“per designazione della direzione del PSI”, annunciate nel numero di agosto-settembre<br />

478 , sottolineavano l’apertura di una nuova fase nella vita dell’organizzazione,<br />

confermata anche dal passaggio dell’incarico di direttore responsabile<br />

della rivista, da Mario Osti (che l’aveva diretta dal primo numero della<br />

nuova serie dell’agosto 1949) a Gino Pallotta, avvenuto con il fascicolo di ottobre-novembre<br />

479 . A Modena, infatti, era stato stabilito anche una sorta di rilancio<br />

della rivista, attraverso l’arricchimento dei contenuti, la pubblicazione di<br />

dispense “su problemi inerenti alle attribuzioni e al funzionamento degli enti<br />

locali” e l’aumento della tiratura a 10.000 copie 480 .<br />

L’aumento della diffusione, e <strong>qui</strong>ndi della tiratura, dell’organo della Lega<br />

non era però semplice, e non solo per via dell’azione dei prefetti. Infatti, l’annullamento<br />

della delibera di spesa per l’abbonamento poteva essere scongiurato<br />

facendo riferimento a quanto previsto da due circolari del Ministero dell’interno,<br />

inserendo cioè tale delibera tra le spese relative a riviste tecniche e amministrative,<br />

e <strong>qui</strong>ndi tra le spese di ufficio “obbligatorie” 481 . Il fatto che questa<br />

notizia venisse ripetuta più volte, insieme a sollecitazioni al rinnovo dell’abbonamento,<br />

poteva essere segnale, oltre che di una grave mancanza di fondi nei<br />

bilanci comunali anche, forse, di una certa trascuratezza degli amministratori<br />

della sinistra riguardo agli impegni verso la propria organizzazione, di cui la rivista<br />

era l’espressione ufficiale.<br />

Il più evidente risultato dei convegni di Bologna e Modena fu, comunque,<br />

il cambiamento della denominazione della Lega dei comuni democratici in Lega<br />

dei comuni democratici, provincie e enti minori 482 . Era questo un riconoscimento<br />

della presenza degli istituti che, con i comuni, formavano parte della<br />

Lega, in particolare delle province i cui consigli, nel 1951, per la prima volta<br />

dal secondo dopoguerra, erano stati eletti democraticamente. La rivista continuava<br />

ad essere denominata Il Comune democratico, ma dal gennaio del 1952<br />

diveniva “Organo della Lega nazionale dei comuni democratici provincie ed<br />

477<br />

La risoluzione del Convegno nazionale di Modena, Icd dic.1951, pp. 370-1.<br />

478<br />

Icd ago.-set. 1951, p. 269.<br />

479<br />

Gino Pallotta fu direttore responsabile e poi vice direttore responsabile fino al numero<br />

dell’aprile 1958, sostituito da Ruggero Gallico, che lo aveva affiancato nell’incarico qualche<br />

mese prima.<br />

480<br />

La risoluzione del Convegno nazionale di Modena, Icd dic.1951, pp. 370-1.<br />

481<br />

Avvertenza importante, Icd feb. 1954, p. 48.<br />

482<br />

Il cambio venne deciso dal nuovo comitato direttivo della Lega riunito a Bologna il 20<br />

gennaio 1952, Circolare n. 85, del 28 gen. 1952, L’attività della Lega, Icd gen. 1952, pp. 52-3.


136 PARTE II<br />

enti minori” 483 . A partire da quel numero i vari articoli dedicati alle province<br />

testimoniavano l’accresciuta attenzione della Lega verso quell’ente locale. La<br />

ricerca di un rafforzamento dell’organizzazione, in particolare nel Sud, veniva<br />

evidenziata poi dalla costituzione di una Lega dei Comuni meridionali alla fine<br />

del 1952, all’indomani di un congresso svoltosi a Taranto il 14-15 dicembre<br />

1952, convocato dalla Lega e dal Comitato Nazionale per la Rinascita del<br />

Mezzogiorno 484 .<br />

2.6.2. La mobilitazione contro la “legge truffa” del ‘53 ed il centralismo del Pci<br />

Il 1953 si apriva all’insegna della mobilitazione della sinistra contro la legge<br />

elettorale maggioritaria proposta dal governo, la cosiddetta “legge truffa”, alla<br />

quale la Lega partecipava massicciamente. Tra le varie iniziative la più significativa<br />

era l’Assemblea nazionale degli eletti svoltasi al Teatro Valle di Roma il<br />

15 marzo 1953 - che chiudeva un lungo ciclo di assemblee provinciali - al quale<br />

erano stati chiamati a partecipare i cittadini investiti di cariche pubbliche, dai<br />

parlamentari ai consiglieri di comuni e province. L’assemblea di Roma, come<br />

rilevava la rivista, era costituita “in grande maggioranza da sindaci convenuti da<br />

ogni dove” 485 . Veniva <strong>qui</strong>ndi accolto con entusiasmo il risultato delle elezioni<br />

politiche del 7 giugno 1953 che aveva sancito la sconfitta dei partiti di governo,<br />

i quali non avevano ottenuto la sperata maggioranza dei voti 486 .<br />

Ma al successo politico del 7 giugno corrispondeva, secondo la direzione,<br />

una insufficiente mobilitazione degli amministratori riguardo alle iniziative<br />

promosse dalla Lega. Era evidente che alle contestate iniziative del governo i<br />

partiti della sinistra ne volevano contrapporre altre che, non solo erano diverse,<br />

ma si dovevano dimostrare frutto di un modello politico-istituzionale alternativo<br />

basato sulla mobilitazione del popolo e <strong>qui</strong>ndi, anche per questo, in opposizione<br />

alle politiche del governo, che venivano tacciate di essere decisioni<br />

antidemocratiche prese dai soli vertici dei partiti al potere. Il problema era che<br />

però, in quest’ottica, anche gli amministratori venivano considerati popolo e,<br />

come tali, si chiedeva loro sia una mobilitazione di massa come quella sollecitata<br />

ad operai e braccianti, nel caso di convegni e congressi, sia uno specifico tipo<br />

di mobilitazione corrispondente alle caratteristiche del loro ruolo, come potevamo<br />

essere voti e delibere di giunta, di consiglio, ma anche generiche prese<br />

di posizione riguardo ad iniziative del partito, come nel caso specifico. Un articolo<br />

di Ciofi degli Atti del 1953 era illuminante riguardo alla dipendenza dai<br />

politici segretari di partito cui poteva essere soggetto il popolo degli amministratori<br />

iscritti alla Lega all’inizio degli anni ’50. Gli amministratori della sinistra,<br />

infatti, venivano aspramente redarguiti per non aver risposto se non sporadicamente<br />

e in forma superficiale alla richiesta di inviare osservazioni e pro-<br />

483<br />

Idc gen. 1952, p. 1.<br />

484<br />

Luigi Ciofi Degli Atti, È nata la Lega dei Comuni meridionali, Icd dic. 1952, pp. 350-2.<br />

485<br />

L’assemblea nazionale degli eletti, Icd mar. 1953, p. 43.<br />

486<br />

Giulio Turchi, 7 giugno 1953, Icd mag.-giu. 1953, pp. 117-8.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 137<br />

poste ai comitati parlamentari riguardo al progetto di legge per l’estensione dell’assistenza<br />

sanitaria gratuita ed alla “lotta contro il tugurio”, sulla base di quanto<br />

stabilito dal “rapporto al C.C. del P.C.I.” dell’on. Palmiro Togliatti, segretario<br />

del Partito comunista. Concludeva così il suo ammonimento Ciofi degli Atti:<br />

“ogni amministratore democratico è <strong>qui</strong>ndi direttamente e personalmente<br />

impegnato e non potrà tradire il mandato ricevuto dai suoi elettori” 487 .<br />

All’obbedienza al segretario del Pci italiano seguiva quella al “partito guida”,<br />

il partito comunista sovietico e, in particolare al suo massimo esponente, il mitico<br />

Stalin, di cui la rivista della Lega del marzo 1953 annunciava la morte nell’editoriale:<br />

“sicura di interpretare il sentimento di tutti gli amministratori locali<br />

democratici italiani”, rinnovando “<strong>qui</strong> l’espressione del loro profondo cordoglio”<br />

488 .<br />

2.6.3. La vocazione unitaria della Lega<br />

Il convegno dell’Anci di Genova del 1953 costituiva una nuova, importante<br />

occasione nella quale veniva riaffermata l’unità del movimento per le autonomie<br />

locali. Lo sottolineava il segretario Turchi in un articolo di commento<br />

all’incontro. Per tre giorni 1.200 sindaci di grandi città e piccoli paesi avevano<br />

manifestato la loro insoddisfazione sia riguardo alla situazione tecnico-amministrativa,<br />

sia riguardo a quella politico-istituzionale. La denuncia dell’insufficienza<br />

dei mezzi, delle interferenze dei prefetti, e il richiamo alle violazioni della<br />

Costituzione avevano contrassegnato i lavori dell’assemblea che aveva accolto<br />

in un gelido silenzio le dichiarazioni del Ministro dell’interno, Scelba, per la<br />

prima volta intervenuto ad un’assemblea dell’Anci. Ripetendo i concetti espressi<br />

nel discorso svolto a Brescia nel 1951, Scelba aveva riaffermato che di autonomia,<br />

per i comuni, “non sia da parlare”. Un silenzio che aveva contrastato<br />

con l’entusiasmo con il quale era stato invece accolto il messaggio di Sturzo che<br />

aveva auspicato, addirittura, “il ‘ripristino delle autonomie locali’”. Le risoluzioni<br />

del convegno “furono approvate tutte all’unanimità”, addirittura, sottolinea<br />

Turchi, “senza che fossero da superare contrasti di qualche rilievo”, perché<br />

tutti i sindaci, e non solo quelli della sinistra erano scontenti della politica governativa.<br />

L’Anci, concludeva Turchi, era uscita “rafforzata” dall’assemblea di<br />

Genova, e avrebbe dovuto combattere con più decisione “per l’attuazione rapida<br />

e integrale della Costituzione” 489 .<br />

La Lega era un’organizzazione dichiaratamente di parte, la cui azione era però<br />

rivolta non solo agli enti iscritti ma, soprattutto, all’avanzamento dell’intero<br />

movimento per le autonomie locali. La vocazione unitaria della Lega era evidente<br />

non solo nelle iniziative politico-istituzionali nelle quali coinvolgeva indirettamente<br />

o partecipava direttamente con l’Anci, ma particolarmente nel-<br />

487<br />

Ciofi degli Atti, Occorre più iniziativa, Icd mag.-giu. 1953, pp. 123-4.<br />

488<br />

Lutto per tutti i popoli, Icd mar. 1953, p. 41.<br />

489<br />

Giulio Turchi, La nuova legge comunale e provinciale all’esame dei sindaci d’Italia, icd mar.<br />

1953, pp. 45-6.


138 PARTE II<br />

l’attenzione riservata ai problemi della generalità degli enti e delle autonomie<br />

locali, dagli enti comunali di assistenza, alle province, ai comuni meridionali,<br />

ai comuni della montagna. Questa attenzione rivolta globalmente al complesso<br />

ed articolato mondo delle autonomie locali, vista da un punto di vista puramente<br />

politico, poteva anche essere considerata espressione di una pericolosa volontà<br />

egemonica nei confronti di quel mondo, da utilizzare contro il governo,<br />

e come tale veniva avvertita dai partiti alla guida del Paese ed in particolare dal<br />

Ministro dell’interno di quel periodo, Mario Scelba. Sta di fatto, però, che la<br />

vocazione unitaria della Lega sottolineava le caratteristiche unitarie del movimento<br />

per le autonomie locali e sollecitava le diverse organizzazioni alla cooperazione.<br />

Dal punto di vista della Lega, l’organizzare i vari enti ed istituti dell’autonomia<br />

locale ne rafforzava il ruolo di leader politico-istituzionale de facto,<br />

un ruolo di stimolo e di pungolo all’attività di tutte le organizzazioni, non<br />

solo riguardo alla più importante, l’Anci, ma anche all’Upi e, in seguito, anche<br />

all’organizzazione dei comuni montani, l’Unione dei comuni e degli enti montani<br />

(Uncem), che faceva seguito ad un’attenzione ai problemi della montagna<br />

e dei comuni montani promossa sin dall’immediato dopoguerra e, da allora,<br />

sempre mantenuta viva.<br />

2.6.4. La fondazione dell’Uncem e il problema delle imprese idroelettriche<br />

Il 23-25 maggio 1954 si svolgeva a Torino il congresso di fondazione dell’Uncem.<br />

L’appuntamento - secondo un’interpretazione de “Il comune democratico”<br />

molto plausibile in un momento di forte contrapposizione politica<br />

qual era quello dei primi anni ’50 del ‘900 - nelle intenzioni degli organizzatori,<br />

avrebbe dovuto dar vita ad una organizzazione filogovernativa, ma l’intervento<br />

degli amministratori democratici aveva impedito questa conclusione e, a<br />

questo proposito, veniva sottolineata l’approvazione di un ordine del giorno per<br />

la nazionalizzazione dei monopoli elettrici: “L’UNCEM, sorta come organizzazione<br />

di parte, si è trasformata, per la lotta delle opposizioni al congresso, in un<br />

organismo unitario” 490 . Certo la minoranza di amministratori della sinistra era<br />

stata esclusa dalla presidenza e dalla giunta dell’ente 491 , ma il contributo degli<br />

amministratori della montagna della Lega alla battaglia per il pagamento del<br />

sovracanone idroelettrico a carico delle imprese idroelettriche 492 fu senza dub-<br />

490<br />

Il I Congresso dell’UNCEM, Icd mag.-giu. 1954, pp. 148-154.<br />

491<br />

Una decisione antidemocratica della maggioranza del Consiglio dell’UNCEM, Icd lug.<br />

1954, p. 185.<br />

492<br />

La legge sul sovracanone idroelettrico (legge 27 dic. 1953, n. 959) riconosceva la titolarità<br />

delle risorse naturali del territorio oltre che allo Stato, anche alla popolazione della montagna.<br />

La norma prevedeva che le società concessionarie di grandi derivazioni d’acqua per la produzione<br />

di energia idroelettrica versassero un “sovracanone” per ogni kilowatt di potenza nominale<br />

media concessa a favore dei comuni situati nei bacini imbriferi interessati dalla concessione,<br />

cfr. Oscar Gaspari, La difesa della montagna: politiche ed istituzioni tra la fine dell’Ottocento<br />

ed il secondo dopoguerra, in Antonio G. Calafati, Ercole Sori (a cura di), Persistenze e cambiamenti<br />

negli Appennini in età moderna, Franco Angeli, Milano, 2004, pp. 269-299.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 139<br />

bio importante a spingere il Governo a muoversi per far rispettare la legge, come<br />

dimostravano le notizie che venivano regolarmente pubblicate nella rubrica<br />

dedicata alla montagna 493 e all’approvazione, nel 1959, delle norme interpretative<br />

della legge 959 494 .<br />

2.6.5. La tragedia del Vajont. La battaglia politica contro lo strapotere<br />

dell’industria elettrica<br />

Lo strettissimo legame tra le imprese idroelettriche e le comunità della montagna<br />

sarebbe poi stato tristemente sottolineato dal disastro del Vajont del 9<br />

ottobre 1963, che provocò circa 2000 morti 495 . Una immane tragedia che si sarebbe<br />

potuta evitare se si fossero ascoltai i segnali d’allarme e le richieste d’aiuto<br />

della popolazione locale e, in particolare, dei sindaci di Longarone e di Erto<br />

Casso che “fino all’ultimo si [erano] adoperati per lanciare l’allarme ed evitare<br />

la sciagura”.<br />

Più forti dei pericoli per la sicurezza dei montanari erano state le ragioni<br />

economiche ed industriali della Società adriatica di elettricità (Sade) proprietaria<br />

dell’impianto, un vero e proprio “stato nello Stato”, ragioni, purtroppo, fatte<br />

sostanzialmente proprie dall’Enel, subentrata nella gestione all’indomani della<br />

nazionalizzazione dell’energia elettrica da meno di un anno 496 . La tragedia del<br />

Vajont era un segno evidente che non era la titolarità della proprietà a determinare<br />

il rispetto o meno degli interessi delle comunità locali ma, soprattutto,<br />

la complessiva concezione del rapporto tra impresa e popolazione.<br />

Lo stretto legame tra interessi dei cittadini ed impresa industriale era invece<br />

alla base del funzionamento delle imprese municipali il cui ruolo, dal secondo<br />

dopoguerra e per decenni, era stato essenziale per il contenimento dei prezzi dei<br />

servizi pubblici e delle forniture delle imprese dei servizi a rete acqua, gas ed<br />

energia elettrica. Meno importante ma comunque significativo fu anche l’ap-<br />

493<br />

Secondo una notizia apparsa nel gennaio 1956 le società idroelettriche avevano versato<br />

ai comuni montani solo 1.600 dei 9.000 miliardi dovuti per il sovracanone idroelettrico e le<br />

centinaia di vertenze aperte nei aperte nei tribunali potevano essere, forse, risolte solo dopo lunghi<br />

anni; la soluzione poteva essere solo politica; Comuni e enti montani a convegno, Icd gen.<br />

1956, p. 3.<br />

494<br />

Approvate sia al Senato che alla Camera le norme interpretative della legge 959, Icd dic.<br />

1959, pp. 391-2. La normativa approvata avrebbe dovuto rendere più semplice il pagamento<br />

dei sovracanoni elettrici ai comuni dei bacini imbriferi montani interessati: una maggiore entrata<br />

annua di 3 miliardi e il pagamento degli arretrati in 15 miliardi oltre agli interessi”; seguiva<br />

l’elenco dei comuni con il rispettivo credito accumulato.<br />

495<br />

Il disastro venne causato da una frana che invase il bacino e provocò la fuoriuscita dell’acqua<br />

ivi contenuta; cfr. Tina Merlin, Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe: il caso<br />

del Vajont, Milano, La Pietra, 1983; la vicenda, ricordata nel 2001 anche da un film Vajont, è<br />

stata riproposta all’opinione pubblica in tutta la sua drammaticità da uno spettacolo teatrale e<br />

televisivo di Marco Paolini; Marco Paolini, Gabriele Vacis, Il racconto del Vajont, Milano, Garzanti,<br />

1997.<br />

496<br />

La lezione del Vajont, Icd nov.-dic. 1963, pp. 353-5. L’anno seguente la rivista pubblicò<br />

in forma anastatica un volantino nel quale un comitato locale denunciava i soprusi della Sade<br />

riguardo ai diritti delle popolazioni della provincia di Belluno, Icd feb. 1964, pp. 16-17.


140 PARTE II<br />

porto delle municipalizzate elettriche per rompere il fronte del rifiuto delle<br />

grandi imprese al pagamento dei sovracanoni. Per questo la decisione dell’azienda<br />

municipalizzata di Trento di versare i sovracanoni previsti dalla legge<br />

venne annunciata sulle pagine dell’organo della Lega con grande rilievo, ma<br />

con una significativa avvertenza che seguiva l’invito a tutte le imprese municipalizzate<br />

a seguirne l’esempio: “evitando così il sospetto che vogliano far fronte<br />

unico con il monopolio elettrico” 497 .<br />

Evidentemente la possibilità di risparmiare sui costi di gestione poteva far<br />

breccia anche in imprese comunali quali erano le aziende municipalizzate. Non<br />

sarebbe mai stato facile far coincidere gli interessi delle comunità locali con<br />

quelli economici delle municipalizzate, la cui Confederazione venne accusata di<br />

“accentuare il distacco delle aziende dai comuni, isolando l’attività aziendale da<br />

quella comunale generale, [di puntare] essenzialmente, perciò, l’azione al vertice<br />

di tipo parlamentare e di stimolo all’attività governativa [di affrontare] la<br />

questione elettrica in modo limitato, esclusivamente nel quadro della legislazione<br />

vigente, anziché […] sotto il profilo delle riforme democratiche e di<br />

struttura” 498 . Almeno nel 1956 <strong>qui</strong>ndi, data di questo articolo, le aziende municipalizzate<br />

venivano accusate di occuparsi troppo dei propri interessi settoriali<br />

e troppo poco di quelli politici, le “riforme democratiche e di struttura”.<br />

La mobilitazione dei comuni della sinistra nella battaglia contro l’oligopolio<br />

che controllava il mercato italiano dell’energia elettrica avrebbe avuto un significativo<br />

successo sul fronte dei prezzi con l’apertura di una sorta di “inchiesta<br />

sui contratti per l’energia destinata alla illuminazione” aperta dal Cip con la circolare<br />

n. 700 del 31 gennaio 1958, all’indomani di una serie di iniziative di comuni<br />

della provincia di Modena, Reggio Emilia, Parma, Bologna e Piacenza<br />

499 . La battaglia politica condotta dalla sinistra contro lo strapotere dell’industria<br />

elettrica italiana, nella concreta attività sostenuta e promossa dalla Lega,<br />

si traduceva in concrete iniziative dirette al vantaggio di tutti i cittadini e,<br />

in particolare, della popolazione della montagna 500 .<br />

2.6.6. Il convegno di Bologna del 1954: la battaglia per l’attuazione della<br />

Costituzione<br />

Il 13 giugno 1954 si svolgeva a Bologna il convegno della Lega sul tema Popolo<br />

e comuni per le autonomie locali, nel quale si sollecitava la mobilitazione<br />

delle organizzazioni degli enti locali e di quelle dei lavoratori per opporsi alla<br />

politica del governo contro le amministrazioni locali. Sembrava quasi si volesse<br />

riproporre un vecchio sogno dei socialisti sin dai primi anni dell’Anci: mo-<br />

497<br />

Trafiletto che segue Il Consiglio straordinario dell’UNCEM, Icd nov. 1955, p. 19.<br />

498<br />

Giorgio Coppa, Comuni e municipalizzazione, Icd dic. 1956, pp. 12-4.<br />

499<br />

Rubens Triva, Un successo dei Comuni emiliani contro le grandi società elettriche. Il CIP dispone<br />

un’inchiesta sui contratti per l’energia destinata alla illuminazione, Icd mar. 1958, p. 77.<br />

500<br />

Francesco Spezzano, Isolare il monopolio, Icd mar. 1958, pp. 78-9; cfr. Sp., Dedicato all’On.<br />

Preti ministro delle Finanze, Icd ago. 1958, p. 214; d.c., I diritti dei Comuni montani nei<br />

confronti dei monopoli elettrici, Icd nov. 1958, pp. 310-7.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 141<br />

bilitare le masse popolari, e i lavoratori in particolare, a difesa dell’autonomia<br />

locale 501 . Partecipavano all’incontro “oltre 1300 rappresentanti di amministrazioni,<br />

di organizzazioni politiche e sindacali, di parlamentari e di studiosi dei<br />

problemi amministrativi”; tra le maggiori personalità presenti si ricordano il<br />

sindaco di Bologna Dozza, i senatori Zanardi, Terracini, Molé, Spezzano, Allegato,<br />

Montagnani, Porcellini, Ferrari; i deputati Turchi, Targetti, Martuscelli,<br />

Luzzatto, Luciana Viviani, Matteucci, il prof. Massimo Severo Giannini. Tra le<br />

adesioni pervenute si segnalano quelle delle organizzazioni vicine alla sinistra,<br />

come la Cgil, l’Unione donne italiane (Udi), la Confederterra, la Federbraccianti,<br />

la Lega nazionale delle cooperative, l’Associazione nazionale partigiani<br />

d’Italia (Anpi), il Comitato di Rinascita dell’Arco Alpino. Le conclusioni del<br />

convegno venivano illustrate dai senatori Terracini e Molé e dall’on. Targetti di<br />

fronte a circa 20.000 cittadini 502 .<br />

Nella sua relazione Turchi dichiarava che “la Lega dei comuni democratici<br />

opera e parla in nome di oltre un terzo di tutti i Comuni e le Provincie italiane<br />

e in nome di oltre 50.000 amministratori comunali, provinciali e di altri enti<br />

locali che solo convenzionalmente, e non per la loro importanza, sono detti<br />

minori”. Il segretario sosteneva che nella sostanza la politica del governo e l’azione<br />

dello Stato non si ispiravano in alcun modo alla Costituzione repubblicana,<br />

faceva un parallelo tra i recenti soprusi prefettizi contro le amministrazioni<br />

locali e quelli operati dai governi giolittiani. Turchi concludeva facendo<br />

appello “all’aiuto di tutti, delle organizzazioni sindacali in primo luogo […] per<br />

attuare e rendere operante la Costituzione”, soprattutto, concludeva: “È ora che<br />

agiscano anche le associazioni unitarie degli enti locali: l’ANCI, e l’Unione delle<br />

Province, l’ANEA, la FIARO [Federazione italiana associazioni regionali<br />

ospedaliere], le Aziende municipalizzate [...] ai voti deve seguire un’azione conseguente<br />

che fin <strong>qui</strong> è mancata del tutto” 503 .<br />

Interveniva anche Massimo Severo Giannini, in qualità di membro del Comitato<br />

esecutivo dell’Anci, il quale - quasi ad evidenziare il fatto che la richiesta<br />

di applicare la Costituzione nell’ambito delle autonomie locali non avrebbe<br />

avuto alcuna portata eversiva, come invece aveva sostenuto Scelba – dichiarava<br />

che a suo avviso: “se si può rimproverare di qualche cosa la Costituzione,<br />

è di essere stata troppo timida sulla strada delle autonomie locali e sui<br />

controlli degli Enti locali”. Oltretutto, sottolineava, sarebbe stato impossibile<br />

controllare tutti gli atti – che ammontavano a circa 500.000 – ogni anno, di<br />

tutti gli enti e commentava: “Io ritengo che sugli Enti locali non dovrebbe esistere<br />

altro controllo se non quello che esiste sugli Enti locali inglesi, cioè un<br />

501<br />

Un sogno infranto dallo scontro con la dura realtà quando in una manifestazione dell’Anci<br />

del 28 giugno 1903 al teatro lirico di Milano, a sostegno della richiesta dell’istituto del<br />

referendum per i comuni e per lo sgravio delle spese statali caricate sui bilanci comunali, le masse<br />

richiamate dall’Associazione, controllate dai socialisti rivoluzionari e dagli intransigenti, avevano<br />

impedito l’intervento dei relatori moderati e fatto degenerare l’evento; Gaspari, L’Italia<br />

dei municipi…, cit., pp. 108-111.<br />

502<br />

Icd lug. 1951, p. 175.<br />

503<br />

La relazione dell’on. Giulio Turchi. Popolo e Comuni per le autonomie locali, Icd lug. 1954,<br />

pp. 175-9.


142 PARTE II<br />

controllo contabile” 504 . Era difficile mobilitare le masse a difesa dei comuni<br />

con le parole di un giurista come Giannini che a quella che sembrava essere la<br />

parola d’ordine del convegno applichiamo la Costituzione, opponeva la propria<br />

tesi di una Costituzione insufficiente riguardo all’autonomia locale. Quella<br />

che la Lega chiedeva a Bologna nel 1951 era però una mobilitazione politica<br />

utile forse soprattutto alla sinistra per rinserrare le file e restituire un po’ di entusiasmo<br />

a politici ed amministratori locali logorati da una difficile realtà com’era<br />

quella degli enti locali negli anni ’50, impossibilitati a rispondere alle<br />

esigenze di una cittadinanza spesso molto povera, limitati economicamente da<br />

magri bilanci e politicamente dalle minacce di prefetti e questori. Era probabilmente<br />

questo il senso dell’intervento dei rappresentanti della Cgil 505 e della<br />

Confederterra 506 .<br />

Il convegno si concludeva con una mozione nella quale si esprimeva il sostegno<br />

al “disegno di legge di iniziativa parlamentare presentato alla Camera dei<br />

Deputati dagli onorevoli Martuscelli (PCI), Luzzatto (PSI), Bozzi (PLI), Macrelli<br />

(PRI), Chiaramello (PSDI) allo scopo di dare iniziale esecuzione ad alcune<br />

norme costituzionali in materia [di controlli] di Enti locali” 507 . L’obiettivo<br />

della Lega era, evidentemente, quello di tradurre in un provvedimento legislativo,<br />

la debole mozione sui Controlli approvata nella II assemblea generale dell’Anci<br />

svoltasi a Genova nel marzo del 1953 nella quale si chiedeva per i comuni<br />

“la riduzione del controllo al solo bilancio” in un ipotetico futuro e ai soli<br />

“comuni tecnicamente meglio attrezzati” 508 . Dopo la fine del congresso, Giulio<br />

Turchi, a motivo dell’impegno derivante dalla nomina a questore della Camera<br />

dei deputati, lasciava il suo posto di segretario della Lega, dopo 7 anni<br />

passati nella carica, al senatore Francesco Spezzano, sindaco di Acri, in provincia<br />

di Cosenza 509 .<br />

2.6.7. La sinistra italiana e il comunismo sovietico. Le misure contro “le forze<br />

totalitarie”<br />

Il 4 dicembre di quello stesso anno le misure contro “le forze totalitarie”<br />

preannunciate da Scelba il 18 marzo venivano perfezionate e ratificate dal Consiglio<br />

dei Ministri. La Lega dei comuni democratici si mobilitava contro quei<br />

provvedimenti, nelle pagine della rivista apparivano articoli di denuncia, come<br />

quello di Massimo Severo Giannini, per il quale le misure contro “le forze to-<br />

504<br />

Massimo Severo Giannini, Un passo avanti: applicare la Costituzione, Icd lug. 1954, p. 180.<br />

505<br />

Onorato Malaguti, I lavoratori sono interessati alla con<strong>qui</strong>sta delle libertà comunali, Icd<br />

lug. 1954, pp. 181-2.<br />

506<br />

Giovanni Rossi, I contadini e il comune, Icd lug. 1954, pp. 186-7.<br />

507<br />

La Mozione del convegno, Icd lug. 1954, pp. 189-190.<br />

508<br />

I documenti dell’Anci 1946-1992, vol. I, Stilgraf, Roma, s.d., pp. 27-8.<br />

509<br />

Icd mag.-giu. 1954, p. 137. Spezzano, avvocato, nato ad Acri nel 1903, nel Partito socialista<br />

dal 1922, in quello comunista dal 1942, nel 1948 era stato eletto senatore nel collegio<br />

di Crotone; come sindaco veniva ricordata la sua campagna contro il monopolio elettrico della<br />

Sme e la lotta per la terra nel Mezzogiorno; Icd mag.-giu. 1954, p. 138


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 143<br />

talitarie” rappresentavano un pericolo per “la coesistenza pacifica delle classi” 510 .<br />

L’anno seguente il pericolo rappresentato dall’applicazione di quelle norme veniva<br />

denunciato dal segretario, senatore Spezzano, in una interpellanza al Ministero<br />

dell’interno. L’intervento al Senato del segretario riguardava le possibili<br />

conseguenze di una circolare del prefetto di Ascoli che chiedeva ai sindaci di inviare<br />

l’elenco dei componenti delle locali commissioni elettorali con l’indicazione<br />

del partito di appartenenza, in vista probabilmente, dell’applicazione delle<br />

norme dell’ormai cessato governo Saragat-Scelba 511 . L’editoriale del marzo del<br />

1956 dava finalmente notizia di una sostanziale modifica di quelle misure: le<br />

elezioni amministrative fissate per il 27-28 maggio successivo si sarebbero <strong>qui</strong>ndi<br />

potute svolgere con regolarità 512 .<br />

La terza tornata elettorale amministrativa repubblicana si svolse in un periodo<br />

particolarmente complesso della vita politica nazionale ed internazionale,<br />

ed i risultati ebbero un’interpretazione controversa. Le elezioni amministrative<br />

del 1956 confermavano, ancora una volta, la particolare soggezione agli avvenimenti<br />

della politica nazionale ed internazionale della storia del movimento<br />

per le autonomie locali nei primi decenni della Repubblica. Una soggezione<br />

che ha contribuito non poco a far credere ad una sussunzione di quest’ultima<br />

nella storia dei partiti politici.<br />

Alla fine di febbraio di quell’anno si era svolto il XX congresso del Partito<br />

comunista sovietico nel quale il segretario Nikita Chruščëv divulgò il famoso<br />

“rapporto segreto” sull’operato del suo predecessore nella carica, Josif Stalin, sul<br />

cui contenuto, nonostante fin dal marzo circolasse sulla stampa, il segretario del<br />

Pci , Togliatti, mantenne “un atteggiamento estremamente cauto e sostanzialmente<br />

difensivo e reticente […, forse anche per] considerazioni tattiche interne<br />

connesse con l’imminenza delle elezioni amministrative”. Le notizie sull’opera<br />

di Stalin diedero poi motivo al segretario del Psi, Nenni, di iniziare una<br />

presa di distanze dall’alleato Pci, e la sua azione “ricevette un nuovo immediato<br />

impulso dalle elezioni amministrative del maggio 1956, nelle quali la caratteristica<br />

più rilevante fu il sensibile successo tanto del Psi, quanto – in minor<br />

misura – del Psdi” 513 .<br />

Il commento sui risultati elettorali fornito dall’organo della Lega contestava<br />

l’iniziale trionfalismo della stampa governativa, sottolineava l’erosione dei seggi<br />

complessivamente a disposizione dei partiti di maggioranza, con uno spostamento<br />

di voti verso la sinistra, dalla Dc al Psdi, e, globalmente, un buon risultato<br />

dell’opposizione di sinistra. Sostanzialmente, si può commentare, la situazione<br />

nelle autonomie locali non era cambiata di molto, e il giudizio de “Il comune<br />

democratico” era sibillino: “la battaglia per la formazione di nuove maggioranze<br />

è e rimane ancora aperta” 514 .<br />

510<br />

Massimo Severo Giannini, Sui provvedimenti di discriminazione, Icd feb. 1955, pp. 3-4.<br />

511<br />

Politica discriminatoria, Icd giu. 1955, p. 9.<br />

512<br />

Editoriale, Icd mar.1956, pp. 1-2.<br />

513<br />

Carlo Pinzani, L’Italia repubblicana, in Storia d’Italia, IV, t. 3, Dall’Unità a oggi, Torino,<br />

Einaudi, 1976, pp. 2589, 2594.<br />

514<br />

c.d., Considerazioni sui risultati delle elezioni del 27 maggio, Icd lug. 1956, pp. 14-5.


144 PARTE II<br />

La complessa situazione politica continuava, comunque, a non inficiare il<br />

tentativo della Lega di sviluppare i rapporti con le diverse organizzazioni del<br />

movimento per le autonomie locali, la cui comune condizione di vassallaggio<br />

verso il potere centrale era evidenziata dalla vita stentata delle diverse strutture<br />

dovuta quasi certamente, in gran parte, alla difficoltà di ricevere regolari contributi<br />

dai comuni a causa dei divieti delle autorità di controllo. Testimonianza<br />

di questa situazione veniva dall’articolo che commentava il prossimo svolgimento<br />

dell’assemblea generale dell’Anci del novembre 1956, nel quale si evidenziava:<br />

“lo scarso numero dei Comuni aderenti all’Anci, circa 2000 a quanto<br />

pare, dei quali solo alcune centinaia in regola con il pagamento dei contributi<br />

associativi”. Concludeva l’articolo: “Il nostro augurio è che l’Anci esca dalla<br />

Assemblea di Palermo rafforzata, e […] capace di contribuire con la sua forza<br />

al rinnovamento e al progresso del nostro paese, sulla strada tracciata dalla<br />

Costituzione repubblicana” 515 . E non si trattava di un augurio formale. Era la<br />

stessa Lega a protestare, sia attraverso la rivista, sia attraverso l’intervento in<br />

Parlamento del Segretario Spezzano, contro l’annullamento da parte dei prefetti<br />

delle delibere di adesione all’Anci, e delle richieste di autorizzazione degli<br />

amministratori a partecipare all’appuntamento di Palermo 516 . “Il comune democratico”<br />

sollecitava gli amministratori popolari a partecipare sia al convegno<br />

dell’Anci, sia a quello, di poco successivo, dell’Upi 517 .<br />

2.6.8. I problemi della municipalizzazione<br />

Il forte malessere delle autonomie locali alla fine degli anni ‘50 aveva modo<br />

di esprimersi nei congressi della Confederazione della municipalizzazione<br />

(Com), dell’Anci e dell’Upi, che si tenevano nel 1957 e, da ultimo, in quello<br />

della Lega dell’inizio del 1958.<br />

Il giudizio della rivista 518 sul primo dei congressi, quello della Com, svoltosi<br />

a Roma il 15-16 febbraio su Problemi attuali della municipalizzazione era negativo.<br />

Commentando i lavori “Il comune democratico” sottolineava che le<br />

municipalizzate non potevano pensare di risolvere i propri problemi aziendali<br />

scaricandoli sui cittadini: “non si può ripiegare se non facendo scontare alle<br />

popolazioni le conseguenze di una situazione di cui esse non sono certo responsabili”.<br />

Non era un caso che la stampa, proseguiva la rivista, avesse sintetizzato<br />

le conclusioni del convegno con titoli del tipo “Le Municipalizzate<br />

chiedono aumenti di tariffe”, cui il Comitato interministeriale prezzi (CIP)<br />

del Governo, aveva risposto decidendo un aumento del prezzo del gas di 2 lire<br />

al m3. Le conclusioni dell’articolo erano durissime: “molte parole e pochi<br />

fatti e questi pochi nella direzione sbagliata, opposta a quella che la Costitu-<br />

515<br />

M., L’Assemblea generale dell’Anci, Icd 10 1956, pp. 3-4.<br />

516<br />

Iscrizioni all’Anci, Icd gen. 1957, p. 15.<br />

517<br />

Congresso dell’Anci, Icd feb. 1957, pp. 1-2.<br />

518<br />

Dal gennaio del 1957 “Il comune democratico” mutava il proprio sottotitolo in “Rivista<br />

per gli amministratori degli enti locali. A cura della Lega dei comuni democratici”.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 145<br />

zione e gli interessi della popolazione impongono. L’azione degli amministratori<br />

democratici ne trarrà le debite conclusioni” 519 . Un successivo articolo confermava<br />

la durezza del giudizio, evidenziando la presenza di una maggioranza<br />

democristiana e socialdemocratica alla guida dell’organizzazione delle aziende<br />

comunali 520 .<br />

Negli stessi mesi il commento sulla III assemblea generale dell’Associazione<br />

dei comuni, tenutasi a Palermo il 28-31 marzo 1957, era invece sostanzialmente<br />

positivo. “Dal congresso dell’Anci – riportava l’editoriale di marzo - sono<br />

venute fuori delle mozioni votate all’unanimità che pongono in modo preciso<br />

e chiaro i vari problemi della vita comunali e con fermezza quelli delle autonomie<br />

in genere e della autonomia finanziaria in specie” 521 . La rivista pubblicava<br />

le conclusioni del congresso 522 e, in particolare, la relazione del senatore<br />

Enrico Minio, esponente della Lega, sul tema Disegno di legge n. 151, presentato<br />

al Senato, in materia di tributi locali 523 . Si sottolineava la denuncia fatta<br />

a Palermo dell’arretratezza e dell’insufficienza della normativa in materia:<br />

“la legislazione e la pratica applicazione della stessa [in materia di finanza locale]<br />

ha portato i Comuni sull’orlo del precipizio” 524 . Si insisteva sulla forte<br />

unità di intenti manifestata dall’assemblea, che aveva portato all’entrata nell’esecutivo<br />

dell’Anci di un parlamentare del Pci e di uno del Psi, rispettivamente,<br />

Umberto Terracini e Giovanni Pieraccini 525 . Analoga “consapevolezza<br />

ed unità d’intenti” era stata rilevata tra gli amministratori provinciali riuniti<br />

nell’assemblea dell’Upi di Venezia, accompagnata dalla sottolineatura della<br />

“necessità di una più stretta e profonda collaborazione tra amministratori provinciali<br />

e comunali” 526 .<br />

Le speranze accese dalla presenza dei due parlamentari della sinistra nell’Anci,<br />

riguardo all’apertura di una nuova fase dei rapporti tra governo ed istituzioni<br />

locali sarebbero però andate deluse di lì a qualche settimana, con la formazione<br />

del governo monocolore democristiano di Adone Zoli, che pure comprendeva,<br />

come sottosegretario all’interno, l’on. Angelo Salizzoni, membro dell’esecutivo<br />

nazionale dell’Anci e responsabile dell’Ufficio centrale enti locali<br />

della Dc 527 .<br />

519<br />

M. Li., Problemi attuali della municipalizzazione. Risultati del convegno dei sindaci indetto<br />

dalla C.O.M., Icd feb. 1957, pp. 13-4.<br />

520<br />

La Confederazione delle municipalizzate. Pericolosi atteggiamenti assunti dalla maggioranza<br />

nei congressi di Federazione, Icd apr. 1957, p. 22.<br />

521<br />

Un congresso unitario, Icd mar. 1957, pp. 1-2.<br />

522<br />

La III assemblea generale dell’Associazione nazionale comuni italiani, Icd mar. 1957, pp. 3-7<br />

523<br />

Sen. Enrico Minio, La difficile situazione delle finanze comunali, Icd mar. 1957, pp. 8-12.<br />

524<br />

Esigenze autonomistiche, Icd apr. 1957, pp. 1-2.<br />

525<br />

Unità degli amministratori comunali al Congresso dell’Anci. Due dichiarazioni del sen. Umberto<br />

Terracini e dell’on. Giovanni Pieraccini, Icd apr. 1957, pp. 3-4.<br />

526<br />

Virgilio Lazzeroni (presidente dell’Amministrazione provinciale di Siena), Note sul congresso<br />

dell’Upi, Icd apr. 1957, pp. 7-9.<br />

527<br />

Una nuova delusione per gli enti locali, Icd apr. 1957, pp. 1-2,


146 PARTE II<br />

2.7. Il rilancio della Lega alla vigilia dell’esperienza dei governi di centro-sinistra<br />

Il 1958 fu l’anno “del Primo Congresso Nazionale della Lega dopo quello<br />

costitutivo tenutosi a Firenze il 27 dicembre 1947” 528 . L’annuncio del congresso<br />

sottolineava la concomitanza tra il decennale della rifondazione della Lega,<br />

nel secondo dopoguerra, e quello della pubblicazione della Costituzione 529 . Al<br />

congresso, anche questo svoltosi a Firenze, dal 31 gennaio al 2 febbraio, parteciparono<br />

solo due organizzazioni del movimento per le autonomie locali, l’Anci<br />

e l’Associazione nazionale enti di assistenza (Anea), mancavano, invece, l’Upi,<br />

l’Uncem e la Com.<br />

Erano presenti invece a Firenze molte altre organizzazioni strutturalmente legate<br />

ai partiti della sinistra come la Cgil, l’Alleanza nazionale contadini, l’Unione<br />

donne italiane, la Federazione dipendenti enti locali ed ospedalieri, la Confederazione<br />

nazionale dell’artigianato, l’Anpi, l’Unione italiana sport popolare (Uisp),<br />

l’Associazione pionieri d’Italia (Api), l’Associazione ricreativa culturale italiana (Arci)<br />

530 . Interveniva, infine, un’organizzazione del mondo delle autonomie locali<br />

francese l’Association nationale des elus republicains municipaux et cantonaux 531 .<br />

Nella città toscana erano rappresentati, in totale, 2.213 enti, dei quali 1.049<br />

attraverso una rappresentanza diretta ed effettiva e 1.164 costituivano “altre<br />

amministrazioni comunali, minoranze consiliari, enti minori rappresentati indirettamente<br />

tramite delega regolare” 532 . Tra i vari interventi si ricordano quelli<br />

di Dozza, sindaco di Bologna, del senatore Umberto Terracini e di Emilio Sereni,<br />

presidente dell’Alleanza nazionale contadini.<br />

2.7.1. Il primo congresso nazionale della Lega, Firenze 1958<br />

Il congresso si apriva con le relazioni del segretario Spezzano, La Lega: un<br />

fondamentale strumento di lotta costituzionale, e di Michele Lanzetta, L’attuazione<br />

delle autonomie locali secondo la Costituzione, nella quale era commentata la<br />

situazione politico-istituzionale complessiva e, in particolare, la mancata attuazione<br />

della Costituzione 533 . Il senatore Spezzano esordiva ricordando, pur senza<br />

spiegarne il vero motivo, che quel primo congresso della Lega si teneva a ben<br />

dieci anni dalla fondazione:<br />

“Questo è il nostro primo Congresso e si tiene dopo dieci anni di attività<br />

della Lega per motivi organizzativi e di lavoro quali quelli di darsi degli organi<br />

dirigenti democraticamente eletti, cercare la migliore struttura per la propria<br />

528<br />

Dopo il Congresso, Icd 1 1958, pp. 1-2.<br />

529<br />

Il congresso della Lega, Icd dic. 1957, pp.1-2.<br />

530<br />

Era rappresentata anche l’Unione lotta alla tubercolosi (Ult).<br />

531<br />

Icd 1 1958, p. 7. Il legame con l’organizzazione francese sarebbe continuato anche negli<br />

anni seguenti, come dimostrava anche l’articolo di Maurice Bourjol, Prefetti e Regioni nella V<br />

Repubblica, Icd dic. 1964, pp. 28-44.<br />

532<br />

Icd 1 1958, p. 14.<br />

533<br />

Michele Lanzetta, L’attuazione delle autonomie locali secondo la Costituzione. Seconda relazione<br />

al Congresso, Icd 1 1958, pp. 8-14


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 147<br />

organizzazione, che deve potenziarsi e svilupparsi allo scopo di poter convenientemente<br />

assolvere i suoi molteplici compiti”.<br />

L’analisi proposta dalla relazione iniziava, naturalmente, dal “campo internazionale”,<br />

caratterizzato “dalla crisi del blocco atlantico determinatasi sotto la<br />

pressione sempre crescente del movimento della pace”, cui il governo aveva risposto<br />

con l’accentuazione della politica di armamento. Rispetto alla politica<br />

interna “per la lotta delle masse popolari, si è prodotta la crisi del blocco centrista”,<br />

a cui il governo aveva risposto con “una sempre più invadente clericalizzazione<br />

dello Stato con l’acutizzarsi e moltiplicarsi degli attentati alle autonomie<br />

politico-finanziarie degli enti locali e con la mancata soluzione dei problemi<br />

di fondo nella nostra vita nazionale”.<br />

2.7.2. Bilancio di un decennio di attività<br />

Solo dopo questo sommario delineamento della situazione politica internazionale<br />

e nazionale - così breve e schematico da apparire più come l’adempimento<br />

di un obbligo che un motivato giudizio - Spezzano passava a descrivere<br />

l’attività della Lega e questa limitata, ufficialmente per brevità, agli ultimi tre<br />

anni. Le estese citazioni della relazione permettono di approfondire la complessità<br />

e l’ampiezza delle funzioni svolte dalla Lega che - vista la mancanza dell’archivio<br />

- non è stato possibile ricostruire altrimenti. Oltre alle iniziative di carattere<br />

più specificamente politico-istituzionale di opposizione al governo, che<br />

tanto spazio avevano nella rivista, Spezzano ricordava che:<br />

“Nei vari Ministeri, LL.PP. [Lavori pubblici], Finanze, Interni, Agricoltura,<br />

nei vari uffici, Cassa del Mezzogiorno, Istituti di Previdenza, Ina-Casa, Cassa<br />

DD.PP., [Depositi e prestiti] la Lega ha seguito oltre duemila pratiche e non raramente<br />

con esito parzialmente o totalmente positivo. Abbiamo risolto per<br />

iscritto 842 quesiti non sempre facili e molti altri sono stati risolti verbalmente;<br />

abbiamo risposto ad oltre tremila lettere. Con n. 76 circolari abbiamo illustrato<br />

problemi di natura generale quali la preparazione dei bilanci, l’imposta<br />

di famiglia, le imposte di consumo, le prestazioni d’opera, la composizione delle<br />

Giunte provinciali amministrative, ecc.<br />

Inoltre siamo intervenuti direttamente o mediante esposti dettagliati e documentati<br />

presso i Ministeri per problemi generali, alcuni dei quali sono stati<br />

risolti secondo la nostra impostazione come, per esempio, la costituzione della<br />

Commissione comunale per i tributi locali, la assunzione diretta delle imposte<br />

di consumo, l’assistenza veterinaria gratuita, la modifica della circolare con la<br />

quale si voleva ancorare l’accertamento per la imposta di famiglia a quello per<br />

le imposte erariali; fatti questi che hanno rappresentato una non scarsa utilità<br />

pratica per le Amministrazioni”.<br />

A questa attività di supporto amministrativo, la Lega ne accompagnava<br />

un’altra sul piano politico-istituzionale, altrettanto importante per la soluzione<br />

dei problemi concreti della realtà locale:<br />

“Abbiamo presentato i seguenti disegni di legge e abbiamo partecipato alla<br />

discussione di tutti quelli interessanti gli enti locali. Ricordiamo:


148 PARTE II<br />

disegno di legge n. 569 presentato al Senato: ‘Esonero degli oneri fiscali sul<br />

canone dovuto ai Comuni dei bacini imbriferi a norma della legge 27 dicembre<br />

1953. n. 959’;<br />

- disegno di legge n. 587 presentato al Senato il 15 giugno 1954: ‘Soppressione<br />

degli artt. 131, 133, e 134’;<br />

- disegno di legge n. 1706, presentato in Senato il 25 ottobre 1956: ‘Norme<br />

integrative al T.U. delle leggi generali e speciali riguardanti la Cassa Depositi e<br />

Prestiti, approvato con R.D. 2 gennaio 1953, n. 453’”.<br />

2.7.3. Le campagne sul diritto di voto e per i comuni montani<br />

Sempre in ambito politico-istituzionale, la Lega aveva promosso due campagne,<br />

la prima di carattere politico diretta “alla difesa del diritto di voto, della<br />

sua segretezza, alla netta opposizione contro le manovre ministeriali tendenti<br />

a privare ingiustamente dell’elettorato attivo e passivo centinaia di migliaia di<br />

cittadini”. Si era trattato di una iniziativa condotta in vari ambiti: “da quello<br />

parlamentare a quello giudiziario, dalla pubblicistica alla denuncia orale, e con<br />

l’aiuto e l’appoggio di altre organizzazioni e dei partiti di sinistra ha già suscitato<br />

l’interesse di politici, studiosi, giuristi e di grandi strati della popolazione<br />

frenando così le manovre dell’Esecutivo. Questo successo iniziale, in seguito all’accoglimento<br />

delle nostre tesi da parte dell’autorità giudiziaria e dopo un movimento<br />

favorevole dell’opinione pubblica, è stato coronato dalla legge 26 marzo<br />

1956 che modifica l’art. 2 della legge n. 1058 e riconosce il diritto al voto a<br />

molte categorie di cittadini che ne erano esclusi […] circa un milione di cittadini”.<br />

Della seconda campagna si sottolineavano, soprattutto, gli effetti di carattere<br />

economico. Comuni e province non si difendevano solo politicamente ma<br />

anche garantendo loro maggiori risorse. Questo che nei disegni della Lega – al<br />

pari delle altre organizzazioni del movimento per le autonomie locali - costituiva<br />

un obiettivo primario, veniva ricordato quasi con imbarazzo, molto probabilmente<br />

perché le energie che erano state profuse per raggiungerlo erano state<br />

giudicate eccessive dalla direzione più propriamente politica, questo nonostante<br />

le risorse reperite venissero destinate a quello sviluppo economico essenziale<br />

per il benessere dei cittadini:<br />

“L’altra campagna cui ci riferiamo è quella relativa alla applicazione delle leggi<br />

27 dicembre 1953 e 4 dicembre 1956 rispettivamente sui comuni dei bacini<br />

imbriferi montani e su quelli rivieraschi.<br />

Abbiamo seguito questa materia con tanta continuità, interesse e passione<br />

che tante volte ci sembrò esagerare. Ma il nostro interesse per l’applicazione,<br />

onesta ed integrale di tali leggi non è stato determinato solo, e vorrei dire<br />

nemmeno prevalentemente, dalla utilità economica pur rilevantissima per i Comuni,<br />

utilità che si traduce in una entrata straordinaria di circa 7 miliardi all’anno.<br />

La nostra lotta ha avuto ed ha una prospettiva più ampia di politica amministrativa,<br />

cioè quella di servirci della legge 27 dicembre come arma contro il


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 149<br />

monopolio elettrico. Infatti il legislatore, accogliendo le nostre richieste, ha riconosciuto<br />

per i Comuni la facoltà di avere dalle società elettriche invece del<br />

canone in denaro e fino alla concorrenza della somma dovuta, la stessa energia<br />

elettrica a condizioni di assoluto favore”.<br />

I comuni montani potevano avere, finalmente, energia a buon mercato per<br />

lo sviluppo della propria economia:<br />

“Si tratta di circa due miliardi di chilowattora all’anno che, intelligentemente<br />

utilizzati e sfruttati, costituiranno, senza dubbio, un potente mezzo di<br />

confronto e di controllo e <strong>qui</strong>ndi di efficace lotta contro lo strapotere del monopolio<br />

e, nello stesso tempo, un’arma per aiutare il progresso, se è vero, come<br />

è vero, che una delle cause della arretratezza delle zone depresse del nostro Paese<br />

e dell’arresto di sviluppo di altre zone, va ricercata proprio nello strapotere<br />

di detto monopolio”.<br />

Spezzano passava poi ad illustrare la funzione dell’organo ufficiale, “Il comune<br />

democratico”. La rivista svolgeva una essenziale funzione di raccordo tra<br />

gli amministratori e come mezzo di pressione sia verso il governo , sia verso la<br />

Pubblica amministrazione nel suo complesso:<br />

“il governo e i suoi organi periferici, le amministrazioni lontane da noi, le altre<br />

associazioni degli Enti locali, la Cassa Depositi e Prestiti, gli Istituti di previdenza,<br />

in breve verso poteri, enti associazioni la cui attività, direttamente o indirettamente,<br />

è legata a quella dei Comuni, delle Provincie e degli altri Enti locali”.<br />

2.7.4. Le questioni organizzative<br />

A questo lungo elenco di successi Spezzano faceva seguire un’analisi dell’organizzazione,<br />

di cui lamentava un’insufficiente crescita sul piano provinciale:<br />

“La verità è che, specie nella periferia, la nostra organizzazione deve crescere<br />

e svilupparsi e potenziarsi. Infatti finora un po’ per le nostre forze limitate,<br />

un po’ perché non sempre né dappertutto il problema degli Enti locali è stato<br />

convenientemente valutato, un po’ anche per altre condizioni obbiettive locali,<br />

non in tutte le Province siamo riusciti ad avere, come è augurabile, una nostra<br />

Lega provinciale con sede propria e con una sua continua e costante attività”.<br />

Il segretario proponeva <strong>qui</strong>ndi due elenchi dalla chiarissima funzione pedagogica,<br />

tanto simili erano alla classica divisione tra buoni e cattivi: l’obiettivo<br />

era premiare i primi e stimolare, con il rimprovero pubblico, i secondi. Tra i<br />

buoni vi erano le province politicamente più operose: Arezzo, Bologna, Caserta,<br />

Cremona. Firenze, Grosseto, Mantova, Milano, Modena, Pavia, Pesaro,<br />

Reggio Emilia, Rovigo, Siena, Vercelli, Tra i cattivi erano citate le province di<br />

Alessandria, Novara, Cremona, Terni, Perugia, Ravenna, Catanzaro, Cosenza,<br />

tutte deficienti per attività, nonostante la forte presenza di comuni amministrati<br />

dalla sinistra.<br />

In linea di massima, come non mancava di sottolineare Spezzano, “nell’Italia<br />

centro-settentrionale le Leghe vi sono ed un considerevole numero delle<br />

stesse è attivo ed efficiente. Nell’Italia meridionale tranne pochi casi isolati di


150 PARTE II<br />

Leghe realmente efficienti, le altre o hanno una vita saltuaria o mancano del<br />

tutto”.<br />

Il segretario sottolineava poi l’importanza dell’attenzione al “problema della<br />

montagna. È noto infatti che i Comuni montani sono i più deboli e <strong>qui</strong>ndi più<br />

bisognevoli di aiuto, senza dire che hanno problemi particolari e in molti campi<br />

godono di una legislazione speciale”.<br />

Altrettanta attenzione si sarebbe dovuta garantire verso “le aziende municipalizzate<br />

che, convenientemente sviluppate e dirette, costituiscono tra l’altro un<br />

mezzo efficace per la lotta contro il monopolio e per l’attuazione dell’art. 43<br />

della Costituzione, prospettive queste che dovranno essere sempre più popolarizzate<br />

e vivificate dall’appoggio delle numerose categorie interessate; prospettive<br />

rese più attuabili dal recente sganciamento delle Aziende IRI dalla Confindustria”.<br />

Delineando <strong>qui</strong>ndi il futuro dell’attività della Lega, Spezzano, molto significativamente,<br />

sottolineava l’importanza dei rapporti con le altre organizzazioni,<br />

infatti, l’avvenire sarebbe stato:<br />

“condizionato in buona parte dal modo come verranno risolti due quesiti:<br />

Quali debbono essere le funzioni e i compiti della nostra Lega in presenza di<br />

altre Associazioni unitarie come l’ANCI, l’UPI, l’UNCEM, l’ANEA?<br />

Dovrà la nostra Lega ridurre la propria attività esclusivamente o prevalentemente<br />

alla assistenza e consulenza, o dovrà avere, come finora ha avuto, incrementandola<br />

se del caso, anche una funzione di orientamento nella attività politico-sociale<br />

amministrativa degli Enti locali?”.<br />

2.7.5. La natura della Lega ed il rapporto con le altre organizzazioni<br />

Spezzano, <strong>qui</strong>ndi, metteva in diretta relazione il futuro della Lega con il rapporto<br />

che si sarebbe dovuto sviluppare con le altre organizzazioni del mondo<br />

delle autonomie locali e con l’attività che esse svolgevano. Da una parte era evidente<br />

alla direzione della Lega che solo un’azione il più possibile unitaria di tutte<br />

le organizzazioni avrebbe potuto dare qualche possibilità di successo alle iniziative<br />

promosse. Dall’altra, il carattere più propriamente istituzionale ed ufficiale<br />

delle altre organizzazioni sottolineava l’insostituibilità della funzione specificamente<br />

politica ed antigovernativa della Lega. Ma questa funzione di opposizione<br />

netta al governo non aveva fini puramente propagandistici, di partito,<br />

non serviva solo ad aumentare i voti dei partiti democratici, ma aveva l’obiettivo,<br />

dichiarato, di stimolare le altre organizzazioni a non rimanere schiacciate<br />

in un comodo ruolo di supporto alla politica decisa dal governo:<br />

“La presenza di altre organizzazioni unitarie, infatti, lungi dal costituire un<br />

ostacolo alla nostra Lega, la rende maggiormente indispensabile proprio per<br />

quella funzione di incoraggiamento, di stimolo e di richiamo che finora, sia<br />

pure con molte deficienze, ha svolto e la rende sempre più necessaria anche per<br />

collegare e coordinare in seno a dette associazioni la attività dei nostri aderenti<br />

[...] È innegabile, inoltre, per esempio, che se la ANCI ha assunto alcune<br />

posizioni sulle autonomie, sull’imposta di famiglia, sul dazio consumo, ciò è


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 151<br />

dovuto anche al fatto che analoghe e più vaste posizioni erano state prese dalla<br />

nostra Lega [...] Ed è innegabile ancora che se l’UNCEM ha preso alcune<br />

iniziative ed ha fatto dei passi avanti sia per quanto riguarda la preparazione e<br />

l’applicazione delle leggi 959, 991, 4 dicembre 1956 relative ai Comuni dei<br />

bacini imbriferi montani, alla montagna, ai Comuni rivieraschi, ciò è in gran<br />

parte dovuto, anche, alle nostre chiare posizioni prese in Parlamento, sulla<br />

stampa, nella nostra organizzazione, nei Ministeri, nella stessa sede dell’UN-<br />

CEM”.<br />

Rispetto al secondo quesito, se ridurre o meno l’attività della Lega ad una<br />

consulenza di tipo tecnico-amministrativo, la risposta era scontata. Se era evidente,<br />

infatti, che molti dei problemi concreti degli enti locali avevano bisogno<br />

di risposte di carattere tecnico-amministrativo che solo una organizzazione efficiente<br />

e preparata poteva dare - od aiutare a dare -, era altrettanto evidente che<br />

la soluzione o, quanto meno, la ricerca di soluzioni a problemi più complessi,<br />

poteva venire solo da un intervento politico-istituzionale:<br />

“Noi crediamo che l’interrogativo sarà giustamente risolto approvando e tenendo<br />

fede allo Statuto che prevede per l’appunto, insieme con l’assistenza tecnico-giuridica,<br />

attività più ampie e di maggiore respiro come l’attuazione dell’autonomia,<br />

l’orientamento e il coordinamento delle attività degli Enti locali,<br />

la formazione di organismi che facilitino la partecipazione più intensa ed estesa<br />

dei cittadini alla vita amministrativa anche allo scopo di elevarne la educazione<br />

e la preparazione civica. Compiti questi che non possono essere singolarmente<br />

guardati né si possono perseguire enucleandoli l’uno all’altro. Sono<br />

questi problemi e fattori connessi fra di loro, se non addirittura diversi aspetti<br />

di una comune realtà di fondo”.<br />

2.7.6. Le prospettive politiche<br />

La risposta che Spezzano dava alla domanda sulla funzione della Lega, solo<br />

tecnico-amministrativa o anche politico-istituzionale, evidenzia l’elemento che<br />

caratterizza e qualifica tutta la storia dell’organizzazione. La Lega dei comuni<br />

democratici accanto ad una attività politico-istituzionale diretta verso l’alto, insieme<br />

a quella delle altre organizzazioni degli enti locali, per ottenere dal governo<br />

riforme complessive che dessero maggiore autonomia agli enti locali, ne<br />

svolgeva altre due, peculiari della Lega. La prima era, orizzontale, di stimolo rispetto<br />

alle organizzazioni consorelle, la seconda verso il basso, verso i cittadini,<br />

con l’obiettivo di stimolare la partecipazione diretta al governo ed all’amministrazione<br />

locale attraverso “la formazione di organismi che facilitino la partecipazione<br />

più intensa ed estesa dei cittadini alla vita amministrativa anche allo<br />

scopo di elevarne la educazione e la preparazione civica […] Il Comune al Popolo<br />

e il Popolo al Comune non è uno slogan, ma una meta che ogni democratico<br />

vuole raggiungere e per la quale lotta” 534 .<br />

534 Francesco Spezzano, La Lega: un fondamentale strumento di lotta costituzionale. Prima<br />

relazione al Congresso, Icd gen. 1958, pp. 3-7.


152 PARTE II<br />

Anche Lanzetta, nella sua relazione, poneva la questione se la Lega dovesse<br />

avere una funzione di “direzione politica” od un carattere “eminentemente tecnico”.<br />

La sua risposta era simile a quella di Spezzano ma più di lui azzardava - in<br />

anni nei quali la fedeltà all’ideologia ed al programma politico era un’esigenza<br />

assoluta – la prevalenza di una funzione tecnica della Lega la cui azione: “non<br />

potrà che essere massimamente avveduta e perciò non astratta; <strong>qui</strong>ndi sostanziata<br />

di dimostrazioni continue di massima capacità tecnico-amministrativa”.<br />

Subito dopo, a bilanciare un’affermazione che poteva essere interpretata come<br />

eccessivamente s<strong>qui</strong>librata verso tematiche tecniche, diceva: “ma non dimentica<br />

mai che l’interpretazione ed il soddisfacimento dei bisogni popolari sono fatti<br />

eminentemente politici […] esemplari amministrazioni debbono essere le<br />

nostre, ed onestamente popolari, appunto nella tradizione dalla quale è derivata<br />

gran parte delle autonomie che oggi sono nella Costituzione” 535 .<br />

2.7.7. La battaglia per la pace e le relazioni internazionali<br />

Tra gli interventi svolti nel corso del congresso deve essere ricordato quello<br />

del senatore francese Waldeck L’Huillier segretario nazionale dell’Association<br />

nationale des elus republicains municipaux et cantonaux. Questa presenza sottolineava<br />

una rinnovata attenzione verso le organizzazioni municipali internazionali<br />

che, per qualche tempo, prendeva il posto delle notizie sulle autonomie<br />

locali dei Paesi socialisti apparse nell’organo della Lega con una certa regolarità<br />

fino al 1953 e praticamente cessate dal 1956, l’anno della denuncia dei crimini<br />

dello stalinismo in Russia 536 .<br />

Sono molti gli elementi di particolare interesse contenuti nell’intervento di<br />

Waldeck L’Huillier. In primo luogo la sottolineatura dell’opportunità di stabilire<br />

“fra le nostre due Associazioni legami solidi e fruttuosi. amichevoli e fraterni.<br />

In secondo luogo la sottolineatura del fatto che in Francia i comuni erano<br />

soggetti a gravi limitazioni della loro autonomia nonostante, proprio come<br />

in Italia:<br />

“la nostra Costituzione, votata nel 1946, preveda che le collettività locali si<br />

amministrino liberamente sotto l’autorità del loro presidente, i Comuni francesi<br />

non godono ancora delle libertà municipali.<br />

La riforma delle finanze locali, promessa da 58 anni, è costantemente e sistematicamente<br />

differita. Le formalità amministrative sono lunghe, complesse,<br />

scoraggianti; i prestiti si ottengono difficilmente; le sovvenzioni necessarie ai lavori<br />

pubblici sono ridotte a zero.<br />

Edouard Herriot, che fu sindaco di Lione durante un mezzo secolo, poteva<br />

scrivere recentemente che il regime al quale sono sottoposti i municipi francesi<br />

è odioso e che costituisce talvolta una vera pagliacciata”.<br />

535<br />

Lanzetta, L’attuazione delle autonomie locali secondo la Costituzione…, cit.<br />

536<br />

Fu nel 1958 che riapparvero nella rivista notizie sugli enti locali dell’Est europeo: Luigi<br />

Ciofi degli Atti, I Soviet locali nell’URSS, Documentazione Italia-URSS, 7; Icd ago. 1958, p.<br />

212.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 153<br />

Come in Italia, ancora, ma con maggior forza, visto che la Francia sosteneva<br />

il peso di guerre coloniali da circa vent’anni, in Algeria e Indocina, i comuni<br />

francesi erano impegnati nella battaglia per la pace. E proprio per combattere<br />

meglio questa battaglia L’Huillier proponeva una modalità di rapporto tra<br />

comuni assolutamente nuova, che si andava sviluppando nell’Europa degli anni<br />

’50 del ‘900, il gemellaggio tra comuni” 537 . La politica dei gemellaggi, promossa<br />

in particolare, ma non solo, dai comuni francesi della sinistra a partire<br />

dalla fine degli anni ‘40 verso città e paesi della Germania e dell’Est europeo 538 ,<br />

si diffondeva così anche in Italia a partire dai comuni associati alla Lega.<br />

Al termine del congresso venivano approvati una risoluzione conclusiva e lo<br />

statuto. Nella risoluzione conclusiva del congresso, oltre alla richiesta di attuazione<br />

della Costituzione, alla denuncia della normativa fascista ancora vigente,<br />

alla richiesta di mobilitazione dei cittadini in favore degli enti locali, conteneva<br />

un interessante richiamo alla questione finanziaria coerente con l’accenno al<br />

problema contenuto nello statuto: “Il Congresso respinge nel modo più categorico<br />

l’infondata accusa di dissipazione rivolta ai Comuni e alle Provincie, e la<br />

direttiva espressa dall’on. Ministro delle finanze con la locuzione: ‘spendere meno’,<br />

e dichiara che le funzioni degli enti locali non debbono essere diminuite e<br />

soffocate, ma al contrario ampliate ed adeguate alle legittime necessità delle popolazioni<br />

interessate. Esso riafferma l’esigenza che la riforma della finanza locale<br />

[..., e] l’ampia concessione di mutui per lavori pubblici dalla Cassa Depositi<br />

e Prestiti”. Non mancava naturalmente, in conclusione, l’appello alla pace:<br />

“Il Congresso […] sente il dovere di esprimere la volontà delle popolazioni che<br />

esso rappresenta di agire con coerente fermezza al fine di salvaguardare la pace<br />

dell’Italia e del mondo” 539 .<br />

E l’impegno della pace sarebbe continuato, con tenacia immutata, negli anni<br />

successivi. Ai tradizionali appelli dei singoli comuni, come sempre soggetti<br />

alle ire censorie prefettizie 540 , si accompagnavano le notizie sulle attività delle<br />

organizzazioni dei comuni, nuova modalità attraverso la quale si esprimevano<br />

le iniziative per l’amicizia tra i popoli, come quelle della Fédération mondiale<br />

des villes jumelée, alla quale si invitavano i comuni ad aderire 541 . All’aperta simpatia<br />

dimostrata verso quell’organizzazione corrispondeva la denuncia verso il<br />

movimento europeista che si mobilitava in quegli stessi anni in Italia e in Europa<br />

e che attraverso il Consiglio dei comuni d’Europa, coinvolgeva anche i comuni<br />

542 .<br />

537<br />

Waldeck L’Huillier, Il saluto degli amministratori francesi ai loro colleghi italiani, Icd gen.<br />

1958, pp. 24-5. All’appello di L’Huillier rispondevano subito 8 comuni, 5 dei quali emiliani:<br />

Imola, Carpi, Castelnuovo, Mirandola e Modena, e <strong>qui</strong>ndi Sarzana, Bagno a Ripoli e Giulianova.<br />

538<br />

Antoine Vion, Superare i conflitti: il gemellaggio tra città europee dopo la seconda guerra<br />

mondiale, in Dogliani, Gaspari (a cura di), L’Europa dei comuni..., cit., pp. 249-272.<br />

539<br />

La risoluzione conclusiva del Congresso di Firenze, Icd gen. 1958, pp. 27-8.<br />

540<br />

I Comuni per la pace, Icd mag. 1959, pp. 132-3.<br />

541<br />

, Il Congresso delle città gemellate, Icd nov. 1959, pp. 364-5.<br />

542<br />

Ruggero Laurelli, “Europeismo”: minaccia mortale per le autonomie locali, Icd apr. 1953,<br />

pp. 85-6.


154 PARTE II<br />

Dopo qualche anno di oscuramento, alla fine degli anni ‘50, riappariva e si<br />

rinnovava sotto forma di rapporti tra organizzazioni di enti locali anche il culto<br />

idealistico verso le autonomie locali dei Paesi socialisti. Così, la visita di una<br />

delegazione della Lega all’omologa struttura della Cecoslovacchia 543 dava modo<br />

di sviluppare il panegirico dell’autogoverno locale di quella nazione socialista 544 .<br />

2.7.8. Lo statuto<br />

Lo statuto approvato dal congresso era quasi certamente il primo dalla fondazione<br />

della Lega, considerato che la bozza, presentata ne “Il comune democratico”<br />

del luglio 1948, non pare essere mai stata votata, né essersi trasformata<br />

in un vero e proprio statuto. L’art. 1 sanciva il cambiamento della denominazione<br />

in “Lega nazionale dei comuni democratici, regioni, provincie ed enti<br />

minori”, che veniva definita “unione di amministrazioni e amministratori”. Era<br />

sulla base di questo articolo che la rivista, dal gennaio 1958, era a cura “A cura<br />

della Lega dei Comuni Democratici, Regioni, Province ed Enti minori”.<br />

Le novità più essenziali venivano dal riconoscimento dell’organizzazione come<br />

struttura al servizio di enti ed amministratori e dalla scomparsa di un obiettivo<br />

più propriamente politico quale era quello della promozione di consulte<br />

popolari e consigli tributari, presente all’art. 2 della bozza del 1948. Molto significativamente<br />

il nuovo art. 2 stabiliva come obiettivo, in primo luogo “l’attuazione<br />

dell’autonomia dei comuni, delle provincie e degli enti locali anche<br />

sotto l’aspetto finanziario e il loro sviluppo in senso democratico” 545 .<br />

2.7.9. La Lega e l’Anci rafforzano le proprie strutture e l’attività tecnicoamministrativa<br />

In sostanza con il suo nuovo statuto la Lega, dal 1958, dava più spazio alla<br />

propria natura di organizzazione politico-istituzionale, riconosceva l’importanza<br />

della questione finanziaria nella realtà delle autonomie locali ed articolava<br />

meglio la propria struttura interna. Il congresso del decennale puntava ad un<br />

rilancio dell’attività dell’organizzazione, quasi a prepararla alle sfide che sarebbero<br />

venute, di lì a qualche tempo, dai cambiamenti politici che si sarebbero<br />

verificati con la partecipazione del Partito socialista italiano ai governi di centro-sinistra.<br />

Questo rilancio, ancora una volta, avveniva quasi in concomitanza<br />

con un analogo passo dell’Anci. L’Associazione, all’indomani della III assemblea<br />

che si era svolta a Palermo tra il 28 ed il 31 marzo 1957, aveva avviato una<br />

profonda ristrutturazione della propria struttura. Fu a seguito del congresso di<br />

543<br />

Una delegazione della Lega nazionale dei Comuni in visita agli Enti locali cecoslovacchi, Icd<br />

dic. 1959, p. 396; Alessandro Seppilli, Come operano gli enti locali nella Repubblica cecoslovacca,<br />

Icd dic. 1959, p. 398.<br />

544<br />

Michele Lanzetta, La capacità formativa e propulsiva primaria dell’autogoverno locale, Icd<br />

feb. 1960, pp. 47-51.<br />

545<br />

Lo statuto della Lega nazionale, Icd gen. 1958, p. 26.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 155<br />

Palermo che venne deciso il passaggio della segreteria dall’anziano Renato Vicard,<br />

ad un giovane democristiano di origine pugliese, Giovanni Santo, che<br />

avrebbe dedicato la propria vita allo sviluppo dell’organizzazione, di cui fu segretario<br />

fino al 1986.<br />

Primo passo in questo senso fu l’apparizione nel dicembre del 1957 del bollettino<br />

ufficiale dell’Anci, “Notiziario Anci”, che accompagnò ancora per qualche<br />

tempo la tradizionale pubblicazione degli atti ufficiali all’interno del mensile<br />

di carattere tecnico-giuridico “Il corriere amministrativo”. E proprio nel<br />

“Notiziario Anci” era stato pubblicato, per la prima volta, il testo di una lettera<br />

aperta ai Ministri dell’interno e della sanità scritta dal presidente della Com,<br />

senatore Corbellini, nella quale questi protestava contro gli ostacoli frapposti<br />

da Prefetture e GPA contro le farmacie comunali 546 .<br />

Se nella seconda metà degli anni ’50 l’Anci decideva di pubblicare un proprio<br />

bollettino ufficiale, la Lega, che aveva avuto sin dall’inizio una vera e<br />

propria rivista, consolidava le basi finanziarie ed allargava la propria presenza<br />

editoriale: anche questo era un segnale del progressivo rafforzamento dell’organizzazione<br />

della Lega avvenuto dalla seconda metà degli anni ’50. A<br />

partire dal 1956, e soprattutto dal 1958, aumentavano gradualmente le inserzioni<br />

pubblicitarie di ditte commerciali e gli annunci di bandi di concorso<br />

per impieghi presso comuni e province pubblicati ne “Il comune democratico”<br />

547 .<br />

Un segnale della stabilizzazione e dell’incremento delle entrate dell’organizzazione<br />

veniva anche, in particolare, dall’annuncio, apparso alla fine del 1959,<br />

della pubblicazione de “L’Agenda 1960 dell’Amministratore democratico. Edita<br />

a cura della Lega Nazionale dei Comuni democratici”. Ai lettori, che ormai<br />

si abbonavano regolarmente, si proponeva l’ac<strong>qui</strong>sto di agende, che costituivano,<br />

anche, uno strumento di finanziamento dell’attività editoriale della Lega.<br />

Per favorire maggiormente lettura e diffusione della rivista si proponeva all’attenzione<br />

dei lettori un questionario di due facciate Per il miglioramento e lo sviluppo<br />

della rivista Il comune democratico 548 .<br />

All’Agenda sarebbero seguite altre pubblicazioni della “Edizioni Lega dei comuni<br />

democratici” che, nel gennaio 1962 erano poco meno di una decina e soprattutto<br />

di argomento tecnico 549 . Un decennio più tardi, nei primi anni ‘70 le<br />

546<br />

Red., La Confederazione delle Municipalizzate per l’istituzione delle farmacie comunali, Icd<br />

gen. 1959, pp. 13-4.<br />

547<br />

Tra i primi inserzionisti della rivista si segnalano l’editrice Feltrinelli e la Olivetti, mentre<br />

successivamente comparivano gli Editori Riuniti, casa editrice ufficiale del Pci, e ditte produttrici<br />

delle merci più diverse (come materiale di segreteria, televisori, laterizi, ecc.). Nello<br />

stesso periodo sparivano i tradizionali solleciti ad abbonarsi alla rivista, che venivano sostituiti<br />

da annunci pubblicitari della rivista stessa.<br />

548<br />

Per il miglioramento e lo sviluppo della rivista Il comune democratico, Icd nov. 1960<br />

549<br />

Le pubblicazioni indicate in una manchette pubblicitaria allegata agli Indici dell’annata<br />

1963, della rivista della Lega erano Gli enti locali e l’agricoltura, I comuni per lo sviluppo delle<br />

scuola pubblica, La colonia di vacanza, Costituzione della Repubblica italiana, Agenda dell’amministratore<br />

democratico, Regolamento interno per il funzionamento del consiglio comunale, I comuni<br />

e l’imposta sull’incremento di valore delle aree fabbricabili.


156 PARTE II<br />

proporzioni dei titoli erano pressoché invertite, a vantaggio dei volumi di impostazione<br />

politica e storico-politica 550 .<br />

2.8. Una moderna organizzazione riformista per la trasformazione democratica<br />

dello Stato<br />

2.8.1. Il congresso di Torino nel centenario dell’Unità d’Italia<br />

Il 1961 fu un anno decisivo nell’evoluzione della Lega. Fu quello l’anno del<br />

III congresso che, molto significativamente, si svolse a Torino nel quadro delle<br />

celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia ma anche nel pieno della lenta<br />

e complessa evoluzione politica che avrebbe portato i socialisti al governo alla<br />

fine del 1963, quasi a rispondere ad una sfida politica in una doppia prospettiva<br />

da un punto di vista sia storico, sia contemporaneo. Torino, oltretutto, non<br />

era importante solo dal punto di vista della costruzione dello Stato nazionale,<br />

in quanto capitale del Regno sabaudo dalla quale era partita l’iniziativa per l’unificazione<br />

d’Italia, ma, come ricordava Gino Castagno, lo era anche dal punto<br />

di vista della storia dell’autonomia comunale, perché era stata anche la sede<br />

della prima riunione dei comuni, avvenuta del 1879 551 . L’appuntamento era<br />

stato preparato come mai era avvenuto in precedenza, con l’obiettivo di sollecitare<br />

una partecipazione il più possibile consapevole dei delegati e, al termine,<br />

ancora per la prima volta, sarebbero stati pubblicati gli atti integrali con tutti<br />

gli interventi. Prima dell’appuntamento nazionale erano stati tenuti dei congressi<br />

provinciali di preparazione, alcune delle relazioni erano state pubblicate<br />

nei mesi precedenti l’appuntamento ed il numero della rivista di marzo-aprile,<br />

quello distribuito prima del congresso svoltosi a giugno, conteneva il documento<br />

con le tesi predisposte dalla direzione.<br />

La crisi degli enti locali italiani, era scritto nel documento, in particolare per<br />

le vecchie norme accentratrici in vigore, era ormai gravissima. Il sempre più<br />

grave divario tra Nord e Sud, tra città e campagna, le fortissime migrazioni interne,<br />

la stessa costituzione del Mercato comune europeo – di cui si paventavano<br />

le pesanti conseguenze sulla inadeguata struttura amministrativa nazionale<br />

– evidenziavano la necessità di profonde riforme che avrebbero dovuto coin-<br />

550<br />

Questi i titoli pubblicizzati in una pagina alla fine del fasc. del dicembre 1973 de “Il comune<br />

democratico”: Lorenzo Bedeschi, Socialisti e cattolici nei comuni dall’Unità al fascismo;<br />

Valeria Erba, L’attuazione dei piani urbanistici; Piero Calandra, Giuseppe Troccoli (a cura di),<br />

Il trasferimento delle funzioni statali alle regioni, saggio introduttivo di Franco Bassanini; Domenico<br />

Davoli, Consiglieri comunali, provinciali e regionali; Gli Statuti regionali, prefazione di<br />

Salvatore D’Albergo; “…Allora… più si studia più si diventa amici del padrone?”, Enzo Modica,<br />

I comunisti per le autonomie; Atti della conferenza nazionale di solidarietà con i popoli delle colonie<br />

portoghesi. Reggio Emilia 25-25/3/1973; Vezio De Lucia, Edoardo Salzano, Francesco Strobbe,<br />

Riforma urbanistica 1973; Le autonomie e la politica culturale, Quaderni delle Autonomie<br />

locali de “Il comune democratico”; Franco Ferrarotti, Fascismo di ritorno; Atti del VI congresso<br />

nazionale della Lega per le autonomie e i poteri locali. Perugia 14-17 dice. 1972.<br />

551<br />

Gino Castagno, Il congresso nazionale della Lega nel quadro del Centenario a Torino, Icd<br />

gen. 1961, pp. 20-22.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 157<br />

volgere anche gli enti locali. Era in questo contesto che l’attuazione della regione<br />

e, più in generale, l’applicazione della Carta costituzionale, diventava<br />

sempre più urgente.<br />

Veniva <strong>qui</strong>ndi ricordato l’impegno della Lega negli ultimi anni, in particolare<br />

le campagne per la raccolta di firme per la costituzione del Fondo nazionale<br />

per la montagna e per l’attuazione della Regione; la lotta contro i monopoli<br />

elettrici e quella contro i latifondi in collaborazione con l’Associazione dei contadini<br />

meridionali; la promozione dei gemellaggi tra le città italiane, quelle dell’Est<br />

europeo e dei paesi ex coloniali; l’attività contro gli arbitrii prefettizi. Venivano<br />

evidenziati i problemi organizzativi interni alla Lega, legati, soprattutto,<br />

ad una oltremodo eccessiva disparità tra la diverse forze delle realtà regionali<br />

e provinciali.<br />

Il documento riaffermava e, soprattutto, spiegava, come mai era avvenuto<br />

prima, la natura della collaborazione della Lega con gli “organismi unitari degli<br />

Enti locali (Anci, Upi, Anea, Uncem, Com, ecc.). La Lega non può né deve confondersi<br />

con queste associazioni che svolgono una loro attività particolare, spesso<br />

preziosa, ognuna nel suo settore specifico […] alla Lega spetta, invece, un<br />

compito più generale e più impegnativo di continua propulsione democratica e<br />

costituzionale nei riguardi di tutti gli Enti locali, grazie alla mobilitazione, quanto<br />

più coordinata ed organizzata possibile, delle forze amministrative”.<br />

La discussione, a Torino, si sarebbe dovuta concentrare sull’attuazione della<br />

Regione, sull’estensione delle funzioni della Provincia, sul rinnovamento del Comune,<br />

sulla promozione della partecipazione dei cittadini all’attività dell’ente locale.<br />

Si chiedeva l’attribuzione agli enti locali di una effettiva autonomia finanziaria,<br />

ma anche di nuovi poteri, come la tutela dell’ordine pubblico 552 . La Lega,<br />

infine, sollecitava gli amministratori alla mobilitazione per la riforma della legge<br />

comunale e provinciale; allo sviluppo dei contatti con gli enti locali di altri<br />

paesi, chiedeva l’impegno, in particolare, degli enti locali delle regioni a statuto<br />

speciale affinché divenissero protagonisti delle politiche regionali 553 .<br />

2.8.2. La critica all’Anci e la riflessione sulla continuità del socialismo riformista<br />

nella storia del movimento comunale<br />

A rammentare il ruolo dei comuni della sinistra nella storia nazionale, subito<br />

dopo il saluto della rivista ai congressisti, veniva riprodotta in forma anastatica<br />

la prima pagina del periodico “La lega democratica”, “il giornale che dette<br />

il nome alla lista con la quale le forze popolari, il 27 ottobre 1889, con<strong>qui</strong>sta-<br />

552<br />

Una richiesta, quest’ultima, evidentemente legata alla polemica, vivissima in quegli anni,<br />

sull’utilizzo della forza pubblica in funzione antioperaia e antisindacale. Una richiesta sicuramente<br />

irricevibile dal governo di allora, per ragioni di sicurezza nazionale, ma di grande significato<br />

democratico.<br />

553<br />

La Lega nazionale dei comuni democratici, Problemi nuovi e programmi di attività nei dibattiti<br />

dei Congressi delle Leghe, Icd mar.-apr. 1961, pp. 83-88.<br />

554<br />

[Didascalia], Icd giu. 1961, p. 176.


158 PARTE II<br />

rono il primo Comune, Imola” 554 . Ma il richiamo storico più forte era senza<br />

dubbio costituito dalla pubblicazione dell’articolo di Gaetano Salvemini per il<br />

congresso di fondazione dell’Anci nel 1901. Le critiche di Salvemini all’Anci,<br />

simbolizzavano la continuità della funzione di critica e di stimolo verso l’organizzazione<br />

dei comuni che i socialisti avevano svolto sin dall’inizio della storia<br />

dell’organizzazione unitaria dei comuni 555 .<br />

Anche l’Associazione dei comuni, da parte sua, avrebbe partecipato alla riflessione<br />

storica sollecitata dalle celebrazioni per il centenario dell’Unità ma, diversamente<br />

da come aveva scelto di fare la Lega, separando nettamente i due<br />

momenti, quello storico e quello politico. L’Anci celebrava il proprio 60° anniversario<br />

a Parma l’11 ottobre 1961 con la relazione di un giovane, Gabriele De<br />

Rosa, che nella sua ricerca sottolineava il ruolo dei cattolici e di Luigi Sturzo in<br />

particolare 556 . Ma poi, quasi a sancire la separazione tra i due momenti, i delegati<br />

dell’Anci si trasferivano a Venezia dove, dal 12 al 15 ottobre, si svolgeva il<br />

congresso vero e proprio.<br />

Per la Lega, invece, la storia costituiva un momento di riflessione essenziale,<br />

di richiamo alla comprensione della realtà presente. In primo luogo l’interpretazione<br />

dei fatti storici sollecitava la critica all’Anci per gli insuccessi nella sua<br />

attività, dovuti al tradimento ed all’abbandono dei principi costitutivi originari,<br />

che erano stati invece ripresi e vivificati dalla Lega di oggi. Un così forte accento<br />

sulla storia della lotta dei comuni iniziata nel 1901 - se non addirittura<br />

con la riunione del 1879, come ricordava Castagno - serviva quasi a sottolineare<br />

l’idea che la battaglia politico-istituzionale dei comuni sarebbe stata lunga.<br />

Ma l’idea della continuità della storia del movimento comunale tra l’esperienza<br />

della Lega dei comuni socialisti e la Lega dei comuni democratici era viziata<br />

da una omissione fondamentale: il fatto che la Lega dei comuni socialisti<br />

fosse stata chiusa nel 1922 per volontà della maggioranza massimalista del Psi<br />

e che lo stesso Partito comunista con la sua condotta rispetto all’organizzazione,<br />

avesse contribuito all’idea di una Lega che fosse semplice strumento di partito<br />

e <strong>qui</strong>ndi, come tale, assolutamente dipendente in tutto e per tutto dal partito<br />

stesso.<br />

La tradizione che la Lega del secondo dopoguerra seguiva era quella del riformismo<br />

di Caldara e Matteotti, la tradizione di un riformismo che aveva trovato<br />

nel movimento comunale la possibilità di esprimere le proprie potenzialità<br />

ed attraverso il quale aveva cercato di contribuire all’evoluzione in senso democratico<br />

della società e delle istituzioni. Ma le caratteristiche di quella continuità<br />

erano molto, molto controverse.<br />

Ad esempio, era in nome della continuità che, a Milano, era stata fatta la<br />

nomina di un sindaco socialista, Antonio Greppi, riconoscendo così “il ruolo<br />

fondamentale che il socialismo milanese aveva esercitato in campo amministrativo<br />

prima del fascismo, soprattutto con le giunte Caldara e Filippet-<br />

555<br />

Gaetano Salvemini, L’autonomia comunale e il congresso di Parma del 1901, Icd giu.<br />

1961,pp. 178-182.<br />

556<br />

Gabriele De Rosa, La nascita dell’Associazione dei comuni, Roma, Edizioni cinque lune,<br />

1962.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 159<br />

ti”. Lo stesso Partito socialista “non rinnegava questo legame, che anzi esaltò”,<br />

ma, come sottolinea Punzo, la vera natura della rivendicazione di questo<br />

legame “costituisce un problema di una certa rilevanza”. Il Psi, a Milano,<br />

“era fortemente diviso tra coloro che si consideravano gli eredi del vecchio<br />

riformismo […] e coloro che consideravano, in vario modo, il riformismo<br />

un ramo secco ed una esperienza sorpassata, se non fallimentare”. E se pure<br />

il riconoscimento a livello locale della validità dell’esperienza riformista fosse<br />

stata effettiva e non puramente propagandistica, questo non aveva quasi<br />

alcun effetto sul piano nazionale. Come evidenzia Punzo: “vi fu del resto,<br />

anche [allora], nel secondo dopoguerra, come già prima del fascismo, la tendenza<br />

tra i socialisti a lasciare che si occupassero di problemi amministrativi<br />

coloro che maggiormente credevano all’esistenza di un profondo legame<br />

tra l’azione politica nel paese e nel parlamento e quella negli enti locali.<br />

Questo potrebbe spiegare anche la sordità che il Partito socialista, come gli<br />

altri partiti, ebbe a livello politico nei confronti dello sviluppo dell’autonomia<br />

comunale” 557 .<br />

2.8.3. Le richieste di autonomia locale inascoltate a livello nazionale<br />

Punzo non scioglie la questione sul valore effettivo della rivendicazione della<br />

continuità tra il riformismo socialista del periodo liberale e la politica del<br />

Psi del secondo dopoguerra, ma analogamente a quello che lui ha scritto per<br />

il Partito socialista, è possibile affermare che anche nel caso dell’organizzazione<br />

degli enti locali della sinistra, quando pure la rivendicazione della continuità<br />

tra la politica riformista della Lega dei comuni socialisti e la Lega dei comuni<br />

democratici, fosse stata sincera e non strumentale, le possibilità che il significato<br />

più profondo dell’esperienza riformista e, <strong>qui</strong>ndi, le possibilità che le<br />

richieste di autonomia locale venissero ascoltate sul piano nazionale, erano<br />

pressoché nulle.<br />

Nel caso di Amicare Locatelli, però, l’orgogliosa rivendicazione della continuità<br />

da lui compiuta nel 1949 era assolutamente sincera. In quell’anno, nel<br />

rievocare la storia della Lega dei comuni socialisti, aveva accennato solo ai nomi<br />

dei riformisti Caldara, Matteotti, Zanardi e Campanozzi. Locatelli e aveva<br />

poi concluso l’articolo riportando una confidenza di Caldara il quale, ormai<br />

alla vigilia della morte, gli avrebbe detto: “che gli rincresceva di non vedere il<br />

gran giorno della liberazione ma era sicuro che la Lega dei Comuni sarebbe risorta<br />

e il socialismo avrebbe continuato la sua strada verso la meta luminosa”.<br />

Era questo un importante omaggio ad un grande socialista riformista il cui avvicinamento<br />

in tarda età, a Mussolini - che peraltro lo snobbò -, gli era costato<br />

l’allontanamento dagli ambienti antifascisti. Per Locatelli il socialismo non<br />

avrebbe potuto essere altro che riformista e la rinascita della Lega, tanto desiderata<br />

da Caldara, diveniva niente di meno che un passo in direzione dell’av-<br />

557<br />

Punzo, Amministrazione e politica a Palazzo Marino…, cit., pp. 630-1; il corsivo è redazionale.


160 PARTE II<br />

vento del socialismo: “L’estremo desiderio del nostro compagno si è avverato:<br />

la nostra Lega è risorta e il Socialismo è in cammino: nessuno, proprio nessuno,<br />

lo fermerà” 558 .<br />

Nel 1949 Locatelli rivendicava, attraverso la storia della Lega, e negli articoli<br />

sul suo passato nei comuni dell’Italia liberale 559 , la continuità del riformismo<br />

in nome dell’unità del movimento della sinistra. La verità, la notizia che<br />

erano stati i massimalisti a volere la fine della Lega, lui non la poteva scrivere<br />

allora, perché sarebbe stata molto probabilmente fonte ulteriore di divisione tra<br />

i socialisti e in tutta la sinistra di fronte ad un governo centrale che bisognava<br />

battere. No, non poteva certo essere Locatelli fonte di divisione nella sinistra,<br />

lui che aveva cercato di evitare la scissione del 1921 560 .<br />

Attraverso il movimento comunale, e più in generale in quello per le autonomie,<br />

i socialisti riformisti avevano promosso valori che non erano propri solo<br />

del socialismo ma anche dei cattolici di Sturzo, quali erano la promozione<br />

della partecipazione popolare al governo della cosa pubblica e di un’amministrazione<br />

diretta allo sviluppo ed alla difesa delle classi più deboli, nel quadro<br />

di una concezione pluralista dell’organizzazione politico-istituzionale ed economica<br />

del Paese. Un riformismo che nulla aveva a che fare con l’idea di rivoluzione<br />

né con la pratica politica e l’organizzazione delle istituzioni locali dei vari<br />

paesi dell’Est europeo che pure continuavano ad essere illustrate come fossero<br />

esempi di democrazia. La Lega dei comuni democratici, dal 1961, anche attraverso<br />

la discussione ed i primi accenni ad una pratica democratica al proprio<br />

interno, era un’organizzazione che apparteneva alla tradizione riformista italiana,<br />

anche se nessuno voleva riconoscerlo apertamente.<br />

2.8.4. La difesa della Costituzione<br />

Il termine “riformismo” non è contenuto nell’articolo nel quale Michele Lanzetta<br />

ricorda l’anniversario dell’Anci. Lanzetta cita estesamente l’articolo di Salvemini<br />

del 1901 ed esprime un giudizio sfavorevole a proposito dell’Associazione del<br />

periodo liberale che confermava anche per il periodo repubblicano: “Il difetto era<br />

di sistema e di metodo. Mancò infatti il proposito generale ed effettivo di una lotta<br />

a fondo; e mancarono conseguentemente le con<strong>qui</strong>ste essenziali […, Ieri] La<br />

vecchia Associazione avrebbe dovuto muoversi per un’azione in certo senso rivoluzionaria<br />

e le mancò il coraggio adatto; [Oggi] l’Anci invece è venuta meno al suo<br />

dovere elementare semplice e chiaro, riducendosi così […] a strumento di coper-<br />

558<br />

Amilcare Locatelli, La prima Lega dei comuni socialisti, Icd dic. 1949, p. 164; ripubblicato<br />

in Icd dic. 1957, pp. 3-4. Da segnalare che secondo Locatelli nel 1919 alla Lega aderivano<br />

2000 comuni su 8000 e 25 amministrazioni provinciali su 75.<br />

559<br />

Amilcare Locatelli, Un consiglio comunale di un tempo”. Dal libro dell’on. sen. Locatelli,<br />

sindaco di Binasco, Icd mar.-apr. 1950, p. 118.<br />

560<br />

Amilcare Locatelli, Nei comuni con<strong>qui</strong>stati. Il pensiero sul Congresso, “Avanti!”, 16 gen.<br />

1921, p. 2.<br />

561<br />

Michele Lanzetta, I sessant’anni dell’Anci, Icd, set. 1961, pp. 333-6; ripreso in Corghi, La<br />

Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (3)…, cit. p. 10071.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 161<br />

tura di un’azione subdola e sostanzialmente sovversiva contro la Costituzione” 561 .<br />

La sinistra impegnata nel movimento per le autonomie locali aveva confinato<br />

nel passato la rivoluzione, cui anche l’Anci di Sturzo avrebbe dovuto contribuire.<br />

In quegli anni l’obiettivo era la salvaguardia della Costituzione e dei<br />

suoi principi fondamentali che per il movimento per le autonomie locali si traduceva,<br />

in primo luogo ma non solo, nella salvaguardia del principio costituzionale<br />

della promozione delle autonomie locali.<br />

2.8.5. La natura politico-tecnica della Lega<br />

Molte, ampie e complesse erano le relazioni, troppo lungo sarebbe citarle<br />

tutte 562 , ed erano diversi gli interventi di carattere tecnico svolti nel dibattito 563 .<br />

Tra questi ultimi si segnala quello di Antonio Cederna, in qualità di consigliere<br />

comunale di Roma, Mozione sui Piani urbanistici e sui Piani regolatori dei Comuni<br />

italiani 564 , che preannunciava una significativa apertura di credito della<br />

Lega verso la questione urbanistica 565 .<br />

Tra gli altri interventi si citano, per alcuni significativi accenni alla natura<br />

della Lega, quelli di Dozza e del presidente della provincia di Pisa Antonino<br />

Maccarrone, nominato segretario della Lega proprio in quel congresso. Il sindaco<br />

di Bologna concludeva il suo intervento dichiarando: “Io penso che la nostra<br />

Lega non abbia solo una funzione di carattere assistenziale o tecnico, nei<br />

confronti dei nostri comuni: è un’attività questa utile, ma non è l’attività fondamentale.<br />

L’attività fondamentale è che la Lega riesca ad esercitare una grande<br />

funzione di carattere politico, nel senso di sbloccare certe situazioni che sono<br />

bloccate da anni” favoriti in questo proposito dalla sensazione che tra cattolici<br />

e socialdemocratici vi erano “spostamenti” significativi 566 . L’avv. Maccar-<br />

562<br />

Se ne accenna ad alcune che, come nel caso di quella del sen. Michele Lanzetta, L’ente locale:<br />

cardine dell’ordinamento costituzionale nella società italiana, anche solo nel titolo, sottolineano<br />

una centralità ed un protagonismo istituzionale degli enti locali riconosciuto solo recentemente<br />

dall’ordinamento. L’altra relazione era di Leopoldo Piccardi, Gli enti locali dall’Unità<br />

d’Italia alla Costituzione repubblicana.<br />

563<br />

Quello di Franco Berlanda, consigliere provinciale di Torino, Sullo sviluppo urbanistico<br />

dei comuni e la pianificazione regionale; di Aldo Tassoni, membro della giunta provinciale amministrativa<br />

di Milano, dedicato a La riforma della finanza esigenza fondamentale degli Enti locali.<br />

Tra i dati da lui forniti si citano quelli relativi al 1912-13, quando lo Stato assorbiva il 73<br />

% del “prelevamento tributario globale” ed i comuni il 27%, nel 1961 passati, rispettivamente,<br />

all’80% ed al 20%; dal 1938 al 1958 le entrate dello Stato aumentate dell’82%, quelle dei<br />

comuni solo del 60%. Poi si ricorda l’intervento dell’on. Francesco Giorgio Bettiol, di Belluno,<br />

Problemi e impegni per la difesa dei montanari per una trasformazione democratica della vita<br />

della montagna.<br />

564<br />

Tutti gli interventi citati sono pubblicati in Atti del terzo congresso nazionale della Lega dei<br />

comuni democratici, Torino 20-30 giugno 1961, numero speciale, Icd lug.-ago 1961.<br />

565<br />

Da segnalare, su questo tema, la pubblicazione di un numero doppio dell’organo della<br />

Lega con articoli, tra gli altri, dell’urbanista Giuseppe Campos Venuti (Problemi di indirizzo<br />

della pianificazione urbanistica) e di Alberto Caracciolo (Aspetti della speculazione edilizia nella<br />

capitale alla fine del’’800), Icd nov.-dic. 1963.<br />

566<br />

Un impegno generale per imporre l’attuazione dell’Ente Regione.


162 PARTE II<br />

rone affermava che il compito della Lega era porre “con decisione il compito di<br />

promuovere, orientare e rendere concreto, tutto il movimento che tende a riformare<br />

lo Stato e renderlo effettivamente democratico secondo i profili della<br />

Costituzione repubblicana” 567 .<br />

2.8.6. La nuova direzione<br />

Al termine dei lavori del congresso veniva nominata la nuova direzione della<br />

Lega i cui nomi, e anche questa era una significativa novità, venivano pubblicati:<br />

“Presidenza: on. Gino Castagno, on. Ludovico Corrao; on. Giuseppe<br />

Dozza, on. Mauro Ferri, on. Alberto Guidi, dott. Antonino Maccarrone, dott.<br />

Vittorio Martuscelli, avv. Leopoldo Piccardi, on. Bruno Villabruna; Segreteria<br />

generale: avv. Luigi Ciofi degli Atti; sen. Michele Lanzetta 568 . La nuova direzione,<br />

riunitasi il successivo 19 luglio a Roma, a Palazzo Marignoli, chiedeva alle<br />

sezioni provinciali di promuovere riunioni per “popolarizzare” i risultati del<br />

convegno, il rinnovo della mobilitazione per l’attuazione della regione - in particolare<br />

quella del Friuli-Venezia Giulia - anche in collegamento con i deliberati<br />

della XX assemblea dell’Upi e sempre in stretto contatto con il movimento<br />

regionalista. La direzione, infine, chiedeva la partecipazione all’assemblea<br />

dell’Anci di Venezia del 12-15 ottobre dedicata a Le autonomie locali in una politica<br />

di sviluppo 569 .<br />

La nuova atmosfera politica nazionale contribuiva quasi certamente ad<br />

animare anche l’Anci ad una maggiore incisività delle prese di posizione rispetto<br />

al Governo. L’assemblea dell’Associazione riunita a Venezia approvava<br />

la modifica dello statuto ed una lunga mozione nella quale si chiedeva il coinvolgimento<br />

dei comuni nella politica di sviluppo gestita dal governo, nella<br />

quale erano condensate le conclusioni delle mozioni approvate dai gruppi di<br />

lavoro I voti dei gruppi di lavoro chiedevano la riforma della legge comunale<br />

e provinciale, della finanza locale, della normativa sulle aziende municipalizzate,<br />

una nuova politica fiscale per le aree fabbricabili, l’istituzione dell’ordinamento<br />

regionale, delle regioni autonome del Friuli-Venezia Giulia e della<br />

Sardegna. Niente di particolarmente nuovo, era però possibile rinvenire nel<br />

testo una maggiore articolazione e complessità delle richieste e, soprattutto,<br />

un tono meno conciliante con il governo. Nella mozione del gruppo di lavoro<br />

relativo alla riforma della legge comunale e provinciale, ad esempio, era<br />

scritto testualmente che: “il progetto di legge dell’on. Scelba non corrisponde<br />

alle sopra prospettate esigenze soprattutto in quanto prescinde dalla realtà<br />

costituzionale e legislativa della Regione” 570 . Non a caso, nei mesi successi-<br />

567<br />

Per un deciso intervento degli Enti locali sulle questioni della sanità. Su questo interessante<br />

personaggio cfr. Michele Battini, Antonino Maccarrone. L’autonomia, base della democrazia,<br />

in Elena Fasano Guarini (a cura di), La provincia di Pisa (1865-1990), Bologna, Il mulino,<br />

2004, pp. 323-394.<br />

568<br />

La nuova presidenza e la segreteria generale della Lega dei Comuni.<br />

569<br />

Compiti immediati.<br />

570<br />

I documenti dell’Anci 1946-1992…, vol. I, cit., pp. 41-50.


DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 163<br />

vi la Lega chiedeva all’organizzazione di attuare i voti approvati a Venezia forte<br />

del fatto che la mozione conclusiva era stata votata “unitariamente” 571 e,<br />

<strong>qui</strong>ndi, anche con i voti degli amministratori dei comuni socialisti e comunisti.<br />

571<br />

Luigi Ciofi, Amministrazioni locali e nazionalizzazione dell’energia elettrica, Icd giu.<br />

1962, pp. 171-2.


PARTE III<br />

DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI<br />

1. Gli anni del centro-sinistra<br />

1.1. Gli sviluppi della municipalizzazione dopo la legge del 1903<br />

L’esistenza di una relazione diretta tra l’affermazione del “municipalismo” e<br />

lo sviluppo delle aziende comunali spiega la sostanziale contemporaneità tra le<br />

prime manifestazioni del movimento comunale e la comparsa dei servizi pubblici<br />

municipalizzati, promossi non solo per favorire lo sviluppo ma anche per<br />

rimuovere gli ostacoli allo sviluppo posti dalle imprese private che gestivano i<br />

servizi per i cittadini in regime di monopolio. In particolare su quest’ultimo<br />

punto scriveva Montemartini: “nasce quasi come pubblica funzione del Municipio<br />

questa di combattere il monopolio, d’aiutare il consumatore alle prese<br />

collo sfruttamento di un privato imprenditore […] Talché ogni cittadino sarà<br />

tutelato come consumatore contro i pericoli del monopolio, come ogni cittadino<br />

ha l’eguale protezione, da parte dello Stato, contro gli assassini od i ladri”<br />

572 .<br />

Sulla scia delle affermazioni di Montermartini si potrebbe affermare che, in<br />

Italia, la lotta dei comuni contro il monopolio della gestione della cosa pubblica<br />

da parte dello Stato e quella contro il monopolio dei servizi urbani da parte<br />

dei privati avevano il medesimo obiettivo: dare una più pronta ed efficace risposta<br />

alle esigenze delle collettività cittadine.<br />

Il fascismo non attaccò frontalmente le municipalizzate se non in quanto<br />

considerate espressione dei partiti democratici e dopo i primi anni, particolarmente<br />

critici, la situazione si stabilizzò. Furono poche le aziende comunali che<br />

scomparvero, ancor meno le nuove, ma quelle esistenti riuscirono a sopravvivere.<br />

Sarebbe stato troppo impopolare, anche per una dittatura come quella fascista,<br />

attentare ad una delle più autentiche espressioni dell’identità e dell’orgoglio<br />

comunale ora che i municipi erano passati sotto il diretto controllo dei<br />

podestà fascisti. Ma, come ricorda Giuliano Pischel, fu durante il fascismo che<br />

iniziò la produzione della “legislazione occulta” contro le aziende municipalizzate<br />

573 , così definita da Massimo Severo Giannini, perché pur non riguardandole<br />

direttamente andava a limitare fortemente le loro capacità: “Conforme-<br />

572<br />

Ivi, p.417.<br />

573<br />

Giuliano Pischel, La municipalizzazione in Italia ieri, oggi, domani, Confederazione della<br />

municipalizzazione, Roma, 1965, pp. 228-9.


166 PARTE III<br />

mente all’uso indigeno la legislazione manifesta serve per la facciata. Quella occulta<br />

serve ai detentori del potere effettivo per tenere sotto controllo le organizzazioni<br />

municipali” 574 .<br />

Il ripristino della vita democratica non portò alle autonomie locali il ruolo<br />

e i poteri ad esse attribuiti dalla Costituzione e non fu <strong>qui</strong>ndi d’impulso all’espansione<br />

del settore, ma almeno, e non fu cosa da poco, consentì nel 1947 alle<br />

municipalizzate di ricostituire la propria organizzazione nazionale, la Com 575 .<br />

Era evidente che la questione delle municipalizzate, al pari di quella dell’autonomia<br />

locale, non era legata esclusivamente all’esistenza di un regime democratico,<br />

né all’affermazione di quei partiti, come il socialista ed il cattolico, che<br />

più di altri avevano difeso il ruolo dei municipi e promosso l’attività economica<br />

comunale nel primo ’900, ma alle scelte delle classi dirigenti riguardo all’assetto<br />

politico-istituzionale ed economico del Paese.<br />

È stato così che anche nel caso delle aziende municipali l’influenza esercitata<br />

dalle comunità e dai governi locali sulle politiche statali ha continuato a risolversi,<br />

sostanzialmente, nella richiesta di concessioni, più o meno di favore,<br />

senza possibilità di intervento e senza responsabilità politiche nel raggiungimento<br />

degli obiettivi di sviluppo complessivi, in vista dei quali pure quelle concessioni<br />

venivano ufficialmente accordate. Si consolidava così negli anni della<br />

Repubblica un meccanismo perverso avviato nell’Italia liberale che ha spesso<br />

costretto le municipalizzate - analogamente a quanto accadeva per le iniziativa<br />

di più diversa natura promosse dai comuni - ad un’applicazione delle norme<br />

che Giannini, con un’espressione di estrema efficacia, ha definito “sulle frange<br />

della legalità” 576 .<br />

1.2. La nazionalizzazione dell’energia elettrica<br />

Per quanto riguarda le autonomie locali, fu in questo contesto che venne elaborata<br />

e realizzata, nel 1962, la riforma che diede luogo alla nazionalizzazione delle<br />

aziende private del settore dell’energia elettrica ed alla costituzione dell’Enel (Ente<br />

nazionale per l’energia elettrica, L. 6 dicembre 1962, n. 1643), la prima più importante<br />

riforma scaturita dalla prospettiva di governo di centro-sinistra. Fu questa<br />

un’ennesima prova che la marginalizzazione delle autonomie locali, promossa<br />

durante il durante regime liberale e sviluppata in quello fascista, venne mantenu-<br />

574<br />

Massimo Severo Giannini, Profili giuridici della municipalizzazione con particolare riguardo<br />

alle aziende, “La Municipalizzazione. Organo ufficiale della Confederazione della municipalizzazione.<br />

Rassegna mensile ed economica dei pubblici servizi” (LM), gen. 1954, p. 49.<br />

575<br />

Assemblea straordinaria delle aziende municipalizzate, AD giu.-lug. 1947, pp. 24-5; Lucio<br />

Ciofi degli Atti, Che cos’è la Confederazione delle aziende municipalizzate, AD ago.-set. 1947,<br />

pp. 12-3.<br />

576<br />

“L’istanza storica dell’autonomia comunale – ha scritto Giannini - non ha trovato sbocco,<br />

ma solo degli accomodamenti successivi e di compromesso, che stanno sulle frange della legalità”,<br />

M. S. Giannini (a cura di), I comuni. Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi<br />

amministrative di unificazione. L’ordinamento comunale e provinciale, vol. I, pubblicazioni<br />

dell’Isap, Neri Pozza, Vicenza, 1967, p.46.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 167<br />

ta anche nell’Italia repubblicana, e di quanto fosse ampio e variegato il ventaglio<br />

delle forze che condividevano l’idea di una gestione centralista della gestione complessiva<br />

del Paese. La nascita dell’Enel non avveniva nel solco del riformismo che<br />

si era espresso storicamente attraverso il movimento per le autonomie locali.<br />

Venne completamente dimenticato il ruolo svolto dalle aziende elettriche<br />

municipali - dal punto di vista economico la parte più importante dell’intero<br />

settore delle municipalizzate - rispetto ai colossi elettrici privati sia durante il<br />

fascismo sia, soprattutto, dal secondo dopoguerra. In loro assenza le imprese<br />

private avrebbero senza dubbio fatto pagare un prezzo ancora più pesante alla<br />

collettività nazionale se avessero potuto esercitare la loro attività in regime di<br />

assoluto oligopolio, senza l’azione di disturbo delle aziende municipalizzate.<br />

Scriveva a questo proposito Pischel nel 1965: “Per circa un dodicennio, dal<br />

1950 al 1962, data della nazionalizzazione elettrica, esse [le aziende comunali<br />

elettriche] si trovarono sostanzialmente sole a difendere gli interessi degli utenti<br />

e della collettività, sia di fronte alla invadenza degli interessi privati di società<br />

e gruppi, sia di fronte all’arrendevolezza della burocrazia” 577 .<br />

La nazionalizzazione del settore elettrico, fortunatamente, non comportò la<br />

scomparsa delle municipalizzate elettriche esistenti - che pure in qualche momento<br />

sembrò possibile – ma bloccò l’istituzione di nuove aziende comunali del<br />

settore e, soprattutto, causò una loro ulteriore marginalizzazione sulle “frange<br />

della legalità”. Riporta a questo proposito un testo del 1999: “Le aziende elettriche<br />

locali rifiutarono – concretamente – l’autorità dell’Enel e lo stesso Enel si<br />

rese conto della scarsa opportunità della norma [che avrebbe obbligato le municipalizzate<br />

alla richiesta di una concessione per l’esercizio della propria attività],<br />

evitando di sollecitarne – per esempio, in sede giudiziale – l’applicazione” 578 .<br />

Di fatto fu, ancora una volta, la forza politica delle autonomie locali, la storia<br />

pluridecennale di aziende che avevano operato nei comuni in nome e per il<br />

benessere dei cittadini ad impedire la cancellazione delle municipalizzate elettriche<br />

e, nonostante le difficoltà, durante il periodo repubblicano queste, insieme<br />

al settore delle municipalizzate in generale, riuscirono a rafforzarsi anche in<br />

presenza del monopolio dell’Enel. Rimase <strong>qui</strong>ndi valida, anche per i decenni<br />

successivi, l’espressione mista di stupore ed ammirazione con la quale Giannini<br />

concludeva il suo scritto sulle municipalizzate del 1954 che costituisce uno<br />

dei maggiori riconoscimenti della vitalità e della forza del movimento comunale:<br />

“Tuttavia non vi è dubbio che l’esperienza concreta dei servizi municipalizzati<br />

si chiude sempre con un bilancio positivo, e ciò ad onta della legislazione<br />

vigente. E questo fatto, che si presenta quasi come miracoloso, costituisce<br />

una vivente conferma della bontà dello strumento” 579 .<br />

577<br />

Pischel, La municipalizzazione…, cit., p.316.<br />

578<br />

Giuseppe Caia e Alessandro Lolli, Profili giuridici e normativi, in Piero Bolchini (a cura<br />

di), Storia delle aziende elettriche municipali, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 81; si rinvia a questo<br />

volume per un esame più approfondito della questione e della storia della municipalizzate<br />

elettriche in Italia.<br />

579<br />

Giannini, Profili giuridici della municipalizzazione con particolare riguardo alle aziende…,<br />

cit., p. 64.


168 PARTE III<br />

1.3. Il movimento delle autonomie locali e l’istituzione dell’Enel<br />

L’istituzione dell’Enel diede origine ad un vasto dibattito che divise il movimento<br />

comunale, anche indipendentemente dall’appartenenza politica di ciascuno,<br />

tra i difensori della prospettiva di un’unica azienda nazionale e quelli<br />

che, pur appoggiando la nazionalizzazione, chiedevano che le aziende elettriche<br />

municipalizzate continuassero la propria attività.<br />

La Lega e l’Anci si espressero a favore di un’unica azienda nazionale attraverso<br />

le rispettive direzioni, gli organi nei quali più forti erano i legami con quei<br />

partiti che a livello nazionale, in modo sostanzialmente unitario, avevano deciso<br />

la nascita dell’Enel. Per la Lega il segretario Luigi Ciofi, scriveva che “l’azienda<br />

nazionale [doveva] essere unica” mentre le aziende municipalizzate si sarebbero<br />

dovute occupare unicamente della distribuzione, rinnovate nelle dimensioni<br />

e nelle strutture 580 . La direzione dell’Anci sostenne una posizione sostanzialmente<br />

analoga, esprimendo nel consiglio nazionale svoltosi a Roma il<br />

22 settembre 1962: “il positivo interesse e la piena adesione dei Comuni al<br />

provvedimento di nazionalizzazione dell’energia elettrica” e chiedeva al governo<br />

che i provvedimenti relativi all’“Enel nel decentramento della sua organizzazione<br />

e nel perseguimento dei suoi compiti, tengano conto delle nuove responsabilità<br />

dei comuni, dei quali, in questa particolare prospettiva l’Anci si<br />

conferma interprete e collaboratrice” 581 .<br />

La pubblicazione di un documento espresso da un’apposita commissione di<br />

studio dell’Anci, pubblicato con rilievo nella rivista della Lega, testimoniava l’esistenza<br />

all’interno delle due organizzazione di settori che sostenevano una ben<br />

più decisa difesa delle aziende elettriche municipali analoga a quella espressa<br />

dall’organizzazione delle aziende municipalizzate, la Com.<br />

Nel documento si ricordava che della nazionalizzazione “i comuni possono<br />

essere considerati i precursori con la creazione più che semisecolare delle Aziende<br />

Municipalizzate, affermatici del principio del pubblico intervento nel campo<br />

dell’energia elettrica”, che le aziende municipalizzate andavano mantenute<br />

perché con la loro storia “hanno ampliamente dimostrato di essere la espressione<br />

più concreta delle esigenze di autonomia delle popolazioni e cioè del diritto<br />

e della capacità che hanno le singole comunità locali di gestire direttamente<br />

i pubblici servizi” e, infine, si esprimevano preoccupazioni in merito all’ampio<br />

potere discrezionale attribuito all’Enel riguardo allo svolgimento dell’attività<br />

delle municipalizzate 582 .<br />

Qualche tempo dopo anche la Lega avrebbe ufficialmente posto la questione<br />

non solo dell’utilità ma della necessità della continuità della funzione delle<br />

aziende municipalizzate elettriche in un articolo significativamente intitolato<br />

Enel e democrazia, nel quale si sosteneva che la questione dei rapporti tra le<br />

580<br />

Luigi Ciofi, Amministrazioni locali e nazionalizzazione dell’energia elettrica, Icd giu.<br />

1962, pp. 171-2.<br />

581<br />

I documenti dell’Anci 1946-1992…, vol. I, cit., p. 122.<br />

582<br />

Alessandro Agrimi, Problemi dell’Enel e dell’assistenza sanitaria all’esame del Consiglio nazionale<br />

dell’Anci, Icd set. 1962, pp. 263-8.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 169<br />

aziende comunali elettriche ed Enel non era un problema tecnico-industriale<br />

ma un problema politico, un problema di democrazia che doveva trovare una<br />

soluzione in Parlamento 583 .<br />

1.4. Tra l’autonomia dai partiti e l’unità del movimento per le autonomie<br />

locali<br />

Alla fine del 1963 un editoriale del segretario Lanzetta poneva la questione<br />

dell’istituzione delle regioni, per la prima volta, nel contesto dei nuovi e<strong>qui</strong>libri<br />

politici nazionali seguiti alla partecipazione al governo del Psi guidato da<br />

Pietro Nenni 584 . Il titolo, Elusioni non più tollerabili, poteva anche tradursi con<br />

l’espressione o adesso o mai più. L’istituzione delle regioni era compresa nelle dichiarazioni<br />

programmatiche del governo “quale condizione di una politica democratica<br />

di piano”, era stata reclamata non solo dalla Lega, ma anche da Upi<br />

ed Anci, “la quale ultima aveva parecchio polemizzato col ministro Scelba ed in<br />

genere col Governo sollecitando l’ordinamento regionale”. La DC, però aveva<br />

preferito “mollare” sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica ma continuava<br />

a bloccare le regioni. I motivi della riaffermazione di questo blocco venivano<br />

chiaramente indicati dalla DC attraverso le dichiarazioni dei dirigenti politici e<br />

gli articoli sull’organo di stampa, “Il popolo”: non vi erano ancora le condizioni<br />

politiche necessarie e sufficienti. E allora? Scriveva Lanzetta: “Allora tocca a<br />

noi muoverci […] non prenderemo certamente la ‘santa carabina’, né penseremo<br />

di poter fare tutto nella Lega […] Dovremo conseguentemente compiere<br />

ogni sforzo di sollecitazione e di coordinamento del nostro lavoro con quello<br />

delle altre Associazioni di Enti ed amministratori – Anci ed Upi in particolare<br />

– nonché con quello dei sindacati, della cooperazione e dei vari organismi democratici”.<br />

Le ragioni che “resero necessarie prima del fascismo la nascita della<br />

Lega dei comuni socialisti, ed a fine ’47 la costituzione della nostra Lega” erano<br />

sempre più valide 585 .<br />

Ma, come metteva in evidenza “Il comune democratico”, nemmeno la Lega<br />

era immune da critiche. Se era vero che, come ricordava spesso l’organizzazione<br />

degli amministratori della sinistra, l’Anci, nonostante la vicinanza ai partiti<br />

di governo “non è mai riuscita a farsi ascoltare e a farsi prendere sul serio. Meno<br />

ancora – ed è facile capire il perché – è riuscita a farsi ascoltare la voce della<br />

Lega dei Comuni democratici”.<br />

583<br />

Italo Taddia, Enel e democrazia, Icd gen. 1964, pp. 38-44.<br />

584<br />

I Governo Moro (4 dic. 1963 – 2 lug. 1964), coalizione politica DC-Psi-Psdi-Pri.<br />

585<br />

Michele Lanzetta, Elusioni non più tollerabili, Icd nov.-dic. 1963, pp. 1-4. Sempre<br />

Lanzetta, in un altro articolo segnalava in particolare l’inconsistenza delle affermazioni proregionaliste<br />

di Aldo Moro, e le parole di un altro democristiano, il giurista Lucifredi che<br />

riconosceva l’impossibilità dell’istituzione delle regioni perché “ “rappresenterebbero focolai<br />

di ribellione e forza d’urto, non già contro il predominio burocratico ma contro le istituzioni<br />

democratiche”; Michele Lanzetta, Regioni secondo Costituzione, Icd feb. 1963, pp.<br />

43-5.


170 PARTE III<br />

1.4.1. La rivista apre alla discussione. Nello schieramento autonomistico salta<br />

la distinzione netta tra governo e opposizione<br />

L’articolo del repubblicano Zuccarini, il primo di una serie dedicata alle situazione<br />

delle autonomie locali in Europa, partendo dal commento dell’analisi<br />

dei rapporti tra enti locali e Stato in diversi paesi dell’Europa occidentale,<br />

commentava che in Italia il vero problema era che quando si passava dagli “ordini<br />

del giorno” dei congressi ai fatti concreti, quello che seguivano sia l’Anci<br />

sia la Lega era il “metodo dei ritocchi e degli aggiustamenti alle vecchie leggi e<br />

al sistema vigente”, come nel caso dei segretari comunali. Una nota della redazione<br />

in calce all’articolo, che additava a modello l’esempio delle autonomie locali<br />

in alcuni paesi europei, sottolineava che da sempre la rivista aveva combattuto<br />

per l’attuazione della Costituzione e, <strong>qui</strong>ndi, per cambiare radicalmente la<br />

situazione delle autonomie locali in Italia, compresa quella dei segretari comunali<br />

rispetto ai quali “abbiamo sostenuto e sosteniamo che essi debbono dipendere<br />

dagli Enti locali” 586 .<br />

Con la pubblicazione dell’articolo di Zuccarini nel 1963 la Lega evidenziava<br />

una rinnovata apertura verso personalità non direttamente legate alla sinistra<br />

che si sarebbe sviluppata sempre più negli anni successivi, contemporaneamente<br />

all’ampliamento degli orizzonti politici della vita politica nazionale.<br />

Il problema era che la strada delle riforme era molto difficile. Come ben sapeva<br />

anche il riformista Sturzo quando disse che: “L’idea delle libertà comunali<br />

deve farsi strada penetrando nella coscienza civile del Paese, non con la voce<br />

tronfia del comizio, né con l’ubriacatura della rivolta, ma col perseverante lavoro<br />

intellettuale e morale presso amministrazioni e governanti, presso elettori<br />

e studiosi” 587 . Di questo la Lega se ne rendeva conto, anche se non in modo<br />

chiaro ed esplicito. Così, anche se non si arrivava al riesame dei giudizi sull’Anci<br />

di Sturzo,se ne rivalutava, simbolicamente, la figura. Era questo il significato<br />

della pubblicazione nella rivista della Lega di un inserto fotografico nel quale la<br />

fotografia di Luigi Sturzo, era pubblicata accanto a quella di Gaetano Salvemini,<br />

nella pagina che precedeva quelle di Rodolfo Morandi ed Antonio Gramsci<br />

588 .<br />

La fine del periodo più difficile della battaglia della Lega per la promozione<br />

dell’autonomia locale e in difesa delle amministrazioni della sinistra era conclusa.<br />

Ne era testimonianza anche il nuovo formato ed il nuovo contenuto dell’organo<br />

della Lega che, nel 1964 appariva in un nuovo formato, con inserti fotografici<br />

589 , ed nuovo sottotitolo: “Il comune democratico. Rivista delle auto-<br />

586<br />

Oliviero Zuccarini, Gli enti locali in Italia e fuori d’Italia, Icd feb. 1963, pp. 46-8. Su<br />

Zuccarini, esponente storico del partito repubblicano cfr. Federico Paolini, L’ esperienza politica<br />

di Oliviero Zuccarini. Un repubblicano fra Mazzini, Mill e Sorel, Venezia, Marsilio, 2003.<br />

587<br />

L’”Associazione dei Comuni” e la “Lega Socialista” in una intervista della “Settimana sociale”<br />

col Vice-Presidente Sturzo, in AC, n. 5, 31 mag. 1916, p. 4; già citato nella Parte prima.<br />

588<br />

Icd dic. 1965.<br />

589<br />

Le fotografie pubblicate erano le più varie: moderni edifici per abitazione, progetti di edifici<br />

pubblici, piani regolatori, fotografie aeree di città, manifesti comunali per la mobilitazione<br />

dei cittadini, articoli di giornali relativi a particolari situazioni comunali, ecc.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 171<br />

nomie locali”. L’organo della Lega, sia nell’aspetto, sia nel contenuto, assumeva<br />

le caratteristiche di un periodico di studio e di approfondimento, tecnico e<br />

culturale.<br />

Le ragioni che avevano portato ad un così forte deciso mutamento della rivista<br />

erano spiegate nell’editoriale di apertura. Per la complessità e la varietà dei<br />

problemi “il metodo della discussione [era] il più adeguato”, anche perché “oggi<br />

lo schieramento diciamo così autonomistico non viene più a coincidere con<br />

la tradizionale distinzione fra forze di opposizione e forze di governo, ma su<br />

ogni singolo problema, sulle sue soluzioni non mancano, anche all’interno dei<br />

singoli gruppi e partiti politici, diversi punti di vista, che è bene siano esposti<br />

senza remore sulle colonne della nostra rivista, e che senza remore siano discussi<br />

dai dissenzienti; solo così, crediamo, potremo far valere tutto il rilievo, la forza,<br />

il peso degli Enti locali nella costruzione di uno Stato democraticamente articolato”<br />

590 .<br />

L’apertura della stagione del centro sinistra che, è possibile commentare in<br />

modo forse troppo netto, ma sicuramente efficace, aveva rotto l’illusione che il<br />

centralismo fosse sostenuto solo dalle forze al potere al governo nazionale, aveva<br />

dato nuova forza al metodo democratico della discussione, e per dirla con le<br />

parole di Sturzo un metodo che si basava anche sul “perseverante lavoro intellettuale<br />

e morale presso amministrazioni e governanti, presso elettori e studiosi”.<br />

Nello stesso numero, un articolo del cattolico Aldo Capitini sull’esperienza<br />

dei Centri di orientamento sociale a Perugia nel secondo dopoguerra, di cui<br />

esaltava la funzione di sostegno alla partecipazione democratica dei cittadini al<br />

governo locale 591 , evidenziava l’ampiezza dell’apertura politica del dibattito<br />

aperto dalla Lega, attraverso la sua rivista. All’apertura politica ne corrispondeva<br />

un’altra altrettanto significativa di carattere tecnico. Accanto ai tradizionali<br />

articoli sulle questioni relative agli enti locali ed all’attività delle loro organizzazioni,<br />

ne apparivano altri dedicati alla programmazione economica, urbanistica<br />

e territoriale, all’agricoltura ed a molte altre, comprese questioni di interesse<br />

politico-culturale, come la Resistenza. Riapparivano, infine, gli antichi richiami<br />

all’impegno degli iscritti per l’aumento degli abbonamenti, che si sarebbero<br />

nuovamente ripetuti, con assiduità, in ogni fascicolo.<br />

1.4.2. La Lega incontra il governo: Nenni e Giolitti<br />

Il 1964 fu l’anno nel quale, per la prima volta nel periodo repubblicano, una<br />

delegazione della Lega incontrò due esponenti socialisti del governo nazionale:<br />

il 23 gennaio il Vicepresidente del consiglio, Pietro Nenni, ed il 1° febbraio il<br />

Ministro del bilancio, Antonio Giolitti. A Nenni la Lega chiese, in particolare,<br />

in attesa dell’istituzione delle regioni, la fine dei controlli sugli enti locali esercitati<br />

dal prefetto e dalla Gpa, limitandoli al solo controllo di legittimità e di<br />

merito sotto forma di invito al riesame. A Giolitti vennero poste le questioni<br />

590<br />

Ai lettori, Icd gen. 1964, 1-4.<br />

591<br />

Aldo Capitini, Democrazia diretta e controlli dal basso, Icd gen. 1964, pp. 45-7.


172 PARTE III<br />

del ruolo di regioni ed enti locali nella politica di programmazione economica,<br />

e della finanza locale. Il primo rimandò la questione delle regioni a future, prossime<br />

riunioni del Consiglio dei ministri e si dichiarò favorevole all’abolizione<br />

dei controlli ed alla loro modifica in senso costituzionale. Il secondo “ha assicurato<br />

che le organizzazioni nazionali degli Enti locali ANCI, UPI, Lega dei comuni,<br />

eccetera, saranno consultate dall’ufficio del piano unitamente ai vari istituti<br />

di studi regionali esistenti in numerose regioni d’Italia” 592 . Anche la Lega,<br />

come l’Anci, aveva dunque i suoi incontri con il governo nazionale, ma la presenza<br />

nell’esecutivo del Psi non avrebbe garantito alle autonomie locali alcuna<br />

soddisfazione delle loro richieste.<br />

All’iniziativa ai massimi livelli istituzionali la Lega continuava a accompagnare<br />

quella a livello locale. Era così che alla promozione della partecipazione<br />

dei cittadini alla politica tributaria comunale degli anni ’40 e ’50 attraverso i<br />

consigli tributari, succedeva all’inizio degli anni ’60, sulla scia dello sviluppo<br />

economico di quegli anni, l’iniziativa della “consulta regionale degli assessori ai<br />

tributi [Crat] dell’Emilia-Romagna”. Il Crat dell’Emilia-Romagna, si era riunito<br />

per la prima volta a Carpi nel 1963 “per affrontare i vari e complessi problemi<br />

dell’applicazione pratica dell’imposta sugli incrementi di valore delle aree<br />

fabbricabili”, Invim, da poco istituita dal Parlamento e diventò presto protagonista<br />

di concrete iniziative sul piano locale e di proposte di stimolo all’Anci affinché<br />

promuovesse l’impegno, sul piano locale e su quello nazionale, in particolare,<br />

contro l’evasione dell’imposta e per l’impegno di un’azione unitaria dei<br />

comuni 593 .<br />

1.4.3. L’analisi di Lanzetta sul rapporto della Lega con i partiti della sinistra.<br />

Il IV congresso nazionale<br />

Il 1965 fu l’anno del IV congresso nazionale della Lega, il dibattito fu ancora<br />

più ampio di quello del precedente congresso, e venne aperto da un articolo<br />

del segretario apparso nell’”Almanacco socialista” nel 1962 a seguito del<br />

III congresso ma, evidentemente, ancora attuale. Il fatto è che la questione affrontata,<br />

la “ricerca di una piena e salda autonomia e funzione propria della Lega<br />

dei Comuni, Regioni e Province”, come indicato nella breve introduzione al<br />

testo, non poteva non essere ancora all’ordine del giorno.<br />

L’analisi di Lanzetta partiva dalla constatazione dell’urgenza di una “riconsiderazione<br />

delle funzioni degli enti locali” sia per ragioni economico-sociali, sia<br />

politiche, necessarie a fronteggiare la sfida posta, contemporaneamente dal “cosiddetto<br />

miracolo economico” e dal sottosviluppo. “Il necessario avanzamento<br />

della società – proseguiva Lanzetta – non potrà venire dall’alto […, ma] da<br />

un’azione ampia, coordinata, simultanea e inarrestabile, che convogli quanto vi<br />

è di nuovo partendo dai Comuni”. Analizzando la storia della Lega, il segretario<br />

faceva risalire le motivazioni della nascita dell’organizzazione nel 1947 al<br />

592<br />

Incontro con il governo, Icd feb. 1964, pp. 10-3.<br />

593<br />

Armano Sarti, La consulta emiliana dei tributi, Icd giu. 1964, pp. 47-52.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 173<br />

fatto che l’Anci ad un anno dalla fondazione avesse deluso tutte le aspettative,<br />

esattamente come era successo nel periodo liberale. La Lega del 1947 era risorta<br />

sulle ceneri della Lega socialista del 1916, e moltissimi erano i vecchi militanti<br />

socialisti. Quello che mancò, sempre secondo il segretario, fu invece l’appoggio<br />

del Pci il quale, sia perché non ne conosceva “forza e prestigio che poterono<br />

resistere al fascismo quando già i sindacati e cooperative erano crollate”,<br />

sia, soprattutto, per la sottovalutazione dell’importanza delle autonomie locali.<br />

Seguiva <strong>qui</strong>ndi una ricostruzione delle vicende più recenti della Lega tutta<br />

interna alla logica dell’evoluzione dei partiti della sinistra che impediva, ad<br />

esempio, di vedere l’importanza decisiva della rottura dell’unità dei partiti del<br />

Cln nella nascita della Lega e l’inconsistenza del paragone tra la delusione della<br />

direzione del Psi che, nel periodo liberale, avrebbe motivato la nascita della<br />

Lega nel 1916 dopo un decennio di guida liberal-cattolica nell’Anci e l’insoddisfazione<br />

dei partiti della sinistra nel 1947 dopo appena un anno di attività<br />

dell’Anci, che avrebbe dovuto essere motivo sufficiente per la ricostituzione della<br />

Lega nel periodo repubblicano.<br />

Lanzetta dava poi un’interpretazione politica dell’evoluzione delle istituzioni,<br />

ma non era certo solo la forza dei partiti della sinistra a determinare la vita<br />

della Lega. Non erano solo le alleanze politiche a determinare la capacità della<br />

Lega di incidere sulla situazione esistente. Contrariamente a quello che sosteneva<br />

Lanzetta, non era solo a causa del fatto che Anci, Upi, Uncem, Anea, Fiaro,<br />

e Com avessero tutte “direzioni a maggioranza democristiana [che agivano]<br />

in funzione strumentale di copertura a favore dei governi e del partito di maggioranza<br />

[…, che] a quattordici anni dall’entrata in vigore della Costituzione<br />

sono ancora in alto mare la riforma finanziaria e l’attuazione dell’ordinamento<br />

regionale, mentre se un minimo di autonoma volontà realizzatrice fosse esistita,<br />

all’azione unitaria delle associazioni – legalitarie e costituzionali – nessun<br />

governo e nessuna maggioranza parlamentare avrebbe potuto resistere” 594 .<br />

Non sarebbe stata sufficiente nemmeno la coincidenza tra la presenza della<br />

sinistra al governo e nelle istituzioni locali a salvaguardare gli interessi delle autonomie<br />

locali. Non era stata forse, proprio in quegli anni, una riforma sostenuta<br />

dalla sinistra, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, quella che eliminando<br />

l’oligopolio del settore aveva colpito anche una delle manifestazioni più<br />

forti delle autonomie locali quale erano le aziende municipali? Era anche la tendenza<br />

statalista dei partiti, ricordata da Zibordi e, in quegli anni, la precarietà<br />

dell’e<strong>qui</strong>librio politico nazionale ed internazionale a rendere impraticabili mutamenti<br />

che potessero mettere in pericolo lo status quo.<br />

Lo stesso Lanzetta metteva in evidenza la strumentalità della sua richiesta di<br />

autonomia e confermava i timori dei partiti di governo sulle vere motivazioni<br />

di questa richiesta quando chiedeva ai partiti della sinistra, ed in particolare a<br />

quello comunista, di potenziare la Lega non tanto per salvaguardare le autonomie<br />

locali come valore in sé, ma per il supporto decisivo che questa avrebbe potuto<br />

dare, muovendosi con il massimo dell’autonomia, verso comuni obiettivi<br />

politici. Questo perché, nell’interpretazione del segretario, nei primi anni ’60<br />

594<br />

Michele Lanzetta, Funzione e autonomia della Lega, Icd set. 1964, pp. 33-45.


174 PARTE III<br />

la rivoluzione non sarebbe partita dai proletari ma dai comuni. Da queste istituzioni<br />

locali sarebbe dovuta iniziare se non proprio la rivoluzione qualcosa che<br />

la ricordava molto da vicino: “Il necessario avanzamento della società [che] non<br />

potrà venire dall’alto […, ma] da un’azione ampia, coordinata, simultanea e<br />

inarrestabile”.<br />

In conclusione l’autonomia dai partiti chiesta da Lanzetta si risolveva nella<br />

cooptazione della Lega - e delle istituzioni locali - nella battaglia politica e partitica<br />

nazionale in quanto protagoniste essenziali della battaglia per l’avanzamento<br />

della società.<br />

Niente di più distante dalla logica del movimento per le autonomie locali e,<br />

soprattutto, dal riformismo che in quel movimento trovava un campo d’azione<br />

ideale affinché, attraverso l’affermazione della centralità delle funzioni e dei<br />

problemi delle autonomie locali presso le istituzioni e l’opinione pubblica si potesse<br />

meglio rispondere ai crescenti bisogni dei cittadini. E per giustificare la<br />

necessità di questa cooptazione il segretario ricostruiva un’esistente continuità<br />

tra la Lega dei riformisti del periodo liberale e quella del periodo repubblicano,<br />

inventandosi anche una mai esistita “forza e prestigio che poterono resistere al<br />

fascismo quando già i sindacati e cooperative erano crollate” 595 .<br />

1.4.4. La partecipazione popolare<br />

La Lega avrebbe continuato a basare la propria forza e la propria ragion d’essere<br />

in una politica che era l’essenza stessa del riformismo e che veniva perseguita<br />

dall’organizzazione senza però averne coscienza dell’importanza. Una politica<br />

che allora veniva perseguita in nome del “necessario avanzamento della società”<br />

ma la cui validità sarebbe rimasta intatta anche dopo la fine dell’ideale rivoluzionario.<br />

Una politica basata sulla valorizzazione complessiva di tutte le autonomie<br />

locali nel contesto istituzionale, sull’organizzazione e la difesa delle<br />

amministrazioni e degli amministratori dagli arbitrii delle autorità centrali, sul<br />

sostegno della partecipazione popolare al governo delle istituzioni locali e sulla<br />

centralità dei bisogni dei cittadini e delle comunità locali.<br />

La questione fondamentale alla cui soluzione si chiedeva di contribuire nel<br />

IV congresso era il rapporto con i partiti: “Come armonizzare dunque l’autonomia<br />

degli Enti locali con l’autonomia dei partiti? Come realizzare una convergenza<br />

autonoma di forze politiche nazionali in una organizzazione come<br />

quella delle Lega, che ha tradizioni salde nel movimento operaio e democratico<br />

italiano e ragioni obiettive di presenza e di lotta nella struttura dello Stato e<br />

della società italiana, così come oggi si configurano?”.<br />

L’allargamento della Lega a “gruppi radicali, cristiano-sociali e repubblicani”<br />

e a forze autonomiste e regionaliste avvenuto all’indomani del congresso di Torino,<br />

il fatto che la Lega fosse la più forte e strutturata organizzazione degli enti<br />

locali, l’unica che “salda in una unione attiva e combattiva, largamente democratica,<br />

Comuni, Regioni, Province, Enti minori più vari, gruppi consiliari,<br />

595<br />

ibidem


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 175<br />

eletti ed elettori” erano dati di fatto dai quali sarebbe dovuto partire il dibattito<br />

congressuale 596 .<br />

A partire dal precedente appuntamento congressuale la Lega aveva avviato<br />

una nuova fase della propria storia basata sull’autonomia dai partiti e sulla ricerca<br />

dell’unità. Come scriveva Vincenzo Ferreri, il congresso nazionale del<br />

1965, “respinta ormai apertamente la teoria della cinghia di trasmissione, dovrà<br />

indicare le vie per perseguire anzitutto gli obiettivi dell’autonomia e dell’unità<br />

del nostro movimento”. Rimaneva invece, intatto, un elemento distintivo,<br />

proprio dell’organizzazione degli enti locali della sinistra: “il carattere<br />

dell’azione di massa che deve svolgere la Lega e la natura dei rapporti e delle<br />

iniziative che devono essere stabiliti tra Lega-Enti locali-movimento delle masse”<br />

597 . La continua ricerca del legame con le masse, elemento tipico delle organizzazioni<br />

che si richiamavano alla storia del movimento operaio, ac<strong>qui</strong>siva caratteristiche<br />

particolari all’interno delle iniziative movimento comunale. Nonostante<br />

gli sforzi degli amministratori della sinistra, sarebbe stato impossibile<br />

mobilitare le masse su problemi fondamentali per le istituzioni locali quali, ad<br />

esempio, la riforma dell’ordinamento degli enti locali, o la riforma della finanza<br />

locale, come si erano ben resi conto anche i socialisti nel periodo liberale.<br />

Ma l’attenzione alle masse – anche trasformata in attenzione verso le comunità,<br />

e verso i cittadini - e le modalità di lotta tipiche dei partiti di massa e<br />

del movimento dei lavoratori, quali erano, ad esempio, i grandi congressi e,<br />

soprattutto, le manifestazioni di piazza, sarebbero continuate ad essere, anche<br />

grazie alla Lega, patrimonio vivo dell’intero movimento per le autonomie locali.<br />

1.4.5. Il Congresso di Firenze: un nuovo statuto per un’organizzazione pluralista<br />

Con il numero del gennaio 1965 si apriva la rubrica Dibattito precongressuale,<br />

il cui primo articolo, Autocritica e rinnovamento, sulla base di modalità<br />

comuni a quelle utilizzate nei dibattiti di partiti della sinistra in quegli anni –<br />

il riferimento è, in particolare al concetto di autocritica - si analizzava con estrema<br />

lucidità di giudizio il futuro dell’organizzazione. L’autore, sottolineando la<br />

fine dei tempi delle strutture semplici “cinghie di trasmissione” tra cittadini e<br />

partito, sulla base delle caratteristiche proprie delle istituzioni locali, sottolineava<br />

la necessità del rafforzamento della struttura della Lega, specie periferica<br />

e, soprattutto, di una maggiore autonomia dalle formazioni politiche, tanto da<br />

ricordare in qualche modo la tanto aborrita apoliticità sostenuta dall’Anci. Di<br />

questo si rendeva conto l’autore stesso che poneva la domanda fatidica: “Parlando<br />

in questi termini di universalità della battaglia per le autonomie sorge il<br />

problema di avere una organizzazione unica. Certo che tale problema esiste. Ma<br />

anche esso, a mio parere, va visto nel quadro di una evoluzione politica. Oggi<br />

non si può porre l’alternativa o Lega o ANCI, in quanto non esistono le con-<br />

596<br />

I partiti, la Lega, i Comuni, Icd gen. 1965, pp. 1-3.<br />

597<br />

Vincenzo Ferreri, Organizzazione e iniziativa delle Lega, Icd gen. 1965, pp. 29-34.


176 PARTE III<br />

dizioni politiche generali, mentre appare più reale e possibile il coordinamento<br />

a livello nazionale nelle attività e nelle iniziative tra le due organizzazioni” 598 .<br />

Nel frattempo, la situazione economica degli enti locali, ed in particolare dei<br />

comuni, si faceva sempre più grave “a causa del blocco della spesa solo per gli<br />

Enti locali”. Il comune di Bologna a cui il governo doveva nove miliardi, “non<br />

ha il denaro per pagare gli impiegati”, quello di Milano era costretto “a ricorrere<br />

al capitale privato, anche forestiero” 599 .<br />

Ma i comuni non avevano bisogno solo di una riforma finanziaria. C’era anche<br />

la necessità di vedere ufficialmente riconosciuto il ruolo di protagonisti della<br />

realtà socio-economica del territorio nell’ambito della politica di programmazione<br />

economica - che scandiva in quegli anni l’intervento economico del<br />

governo nazionale – e sulla base di molti interventi comunali nelle lotte operaie<br />

per l’occupazione: “Gli enti locali devono diventare, anche sul terreno economico,<br />

dei ‘centri di decisione e di direzione’ ed a questo fine devono dare la<br />

loro opera per la elaborazione, prima, e l’attuazione, poi, della politica di piano<br />

nell’ambito comunale, comprensoriale e regionale per lo sviluppo dell’economia<br />

e dei rapporti sociali” 600 .<br />

Il IV congresso della Lega, svoltosi a Firenze dal 1 al 3 luglio 1965, approvò<br />

un nuovo statuto contenente diverse modifiche, volte sostanzialmente a caratterizzare<br />

la Lega come organizzazione pluralista, in grado di sollecitare l’adesione<br />

non solo di enti, amministratori e politici, ma anche di personalità vicine<br />

alle autonomie locali, un’organizzazione “a mezza strada tra la politica e la<br />

tecnica” che, come aveva affermato Piccardi all’inizio dei lavori, si distinguesse<br />

dall’Anci, che aveva maggiori possibilità di dialogo con il Governo e le Istituzioni<br />

centrali e “pretese di generalità, quasi di unanimità” 601 . Nel nuovo statuto,<br />

in particolare, veniva irrobustita l’articolazione regionale e locale, veniva<br />

abolita la differenza tra voto consultivo e deliberativo delle diverse categorie di<br />

aderenti alla Lega, in particolare di quelle personalità che, senza essere né amministratori,<br />

né consiglieri, erano purtuttavia impegnati nella battaglia autonomistica.<br />

A rafforzare l’intensità del dibattito interno provvedeva poi anche<br />

l’istituzione di un nuovo organo della Lega, l’assemblea annuale; venivano attribuiti<br />

i poteri deliberativi “al comitato nazionale, cioè all’organismo più ampio<br />

e più numeroso”; veniva poi istituita la direzione della Lega che assorbiva i<br />

poteri della presidenza, infine, veniva attribuita la facoltà di adesione ad associazioni<br />

autonomistiche con fini simili a quelli della Lega 602 .<br />

Il congresso approvava una mozione conclusiva, nella quale si richiedeva<br />

l’attuazione della Costituzione, la riforma degli enti locali, quella della finanza<br />

locale, maggiori poteri agli enti locali in materia di esproprio ai fini urbanisti-<br />

598<br />

Ilario Rosati, Autocritica e rinnovamento, Icd gen. 1965, pp. 35-8.<br />

599<br />

Verso il Congresso, Icd feb. 1965, pp. 1-3.<br />

600<br />

Gino Castagno, Funzione ed organizzazione della Lega, Icd feb. 1965, pp. 33-40.<br />

601<br />

Avv. Leopoldo Piccardi, in Lega nazionale dei comuni democratici, Le autonomie locali<br />

nella società italiana e nello stato democratico, Atti del IV congresso della Lega dei comuni democratici,<br />

regioni, province ed enti minori, Firenze 1-3 luglio 1965, Edizioni Lega nazionale<br />

dei comuni democratici, Roma 1965, pp. 35-40.<br />

602<br />

On. Enzo Santarelli, a nome della Commissione per la modifica dello statuto, ivi, pp. 241-3.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 177<br />

ci; e due ordini del giorno, dedicati alla pace, in particolare in Vietnam e Santo<br />

Domingo, e per le indennità agli amministratori locali 603 .<br />

Venivano approvate, infine, delle lunghe, complesse ed articolate “tesi” nelle<br />

quali erano riassunti gli avvenimenti dell’ultimo periodo, tracciata la difficile<br />

condizione delle autonomie locali, richieste riforme della legislazione comunale<br />

e provinciale, della finanza locale, dell’urbanistica, veniva chiesta una politica di<br />

piano e sviluppo democratico, in sostanza “una politica globale delle autonomie”,<br />

il rafforzamento della Lega sul piano nazionale ed internazionale 604 .<br />

1.4.6. Le Assemblee annuali. Il primo corteo di sindaci a Roma per la finanza<br />

locale<br />

Ad appena qualche mese dal IV congresso la Lega organizzava il convegno annuale<br />

previsto dallo statuto: l’Assemblea annuale della Lega dei comuni democratici,<br />

regioni, province ed enti minori, che si svolgeva a Roma il 25 e 26 ottobre<br />

1965, dedicato, in particolare, all’esame della situazione finanziaria degli enti<br />

locali. Nell’ambito dell’iniziativa, una delegazione di sindaci “alcuni dei quali<br />

indossano la sciarpa tricolore”, mossasi in corteo per le vie di Roma, raggiungeva<br />

la Camera dei Deputati dove incontrava i gruppi parlamentari 605 . Era quello, molto<br />

probabilmente, il primo corteo di sindaci che percorreva la capitale. Ancora<br />

una volta le modalità di lotta tipiche del movimento dei lavoratori ispiravano le<br />

iniziative del movimento per le autonomie locali, confermandone l’intreccio.<br />

Nelle risoluzioni finali del congresso si metteva in evidenza “l’eccezionale<br />

gravità della situazione economico-finanziaria degli Enti locali”, si poneva ad<br />

Anci, Upi ed Uncem “l’esigenza prioritaria di una unità e di un coordinamento<br />

nell’iniziativa e nell’azione al livello dell’opinione pubblica e delle popolazioni”,<br />

si sottolineava, infine, l’urgenza dell’attuazione dell’ordinamento regionale,<br />

della riforma della legge comunale e provinciale, la modifica del sistema<br />

dei controlli, la modifica della legge sulle municipalizzate “per consentire l’espansione<br />

dell’intervento locale in tutti i settori dei servizi pubblici locali”; una<br />

nuova legge urbanistica che desse al comune maggiori poteri di intervento in<br />

materia 606 . I messaggi all’assemblea del cattolico pacifista Aldo Capitini, del repubblicano<br />

Zuccarini e di Riccardo Bauer, esponente di spicco del Partito d’Azione<br />

nel secondo dopoguerra ed allora Presidente della Società Umanitaria di<br />

Milano, sottolineavano l’adesione alle iniziative della Lega di personalità rappresentative<br />

di settori politici esterni ai partiti della sinistra 607 .<br />

603<br />

Ivi, pp. 263-277.<br />

604<br />

Ivi, pp. 281-311; rispetto alle relazioni internazionali si ricorda che al congresso parteciparono<br />

la Federazione nazionale degli eletti repubblicani dalla Francia; la Conferenza permanente<br />

delle città jugoslave; l’Associazione delle città gemellate sovietiche; l’Associazione delle<br />

città gemellate cecoslovacche; Saluti delle delegazioni estere, ivi, pp. 13-22.<br />

605<br />

Notizie ricavate dalle didascalie dell’inserto fotografico del fasc. Icd nov. 1965.<br />

606<br />

Risoluzioni dell’assemblea, Icd nov. 1965, pp. 56-61. Tra i relatori del convegno si ricordano<br />

il presidente della Lega, Antonino Maccarrone e il sindaco di Modena, Rubes Triva.<br />

607<br />

Lettere all’Assemblea, Icd nov. 1965, pp. 63-4.


178 PARTE III<br />

A conferma della gravità della situazione della finanza locale, la rivista della<br />

Lega riproduceva un articolo del “Times” di Londra sulla vertenza fra il comune<br />

di Messina e l’Enel che, nel luglio del 1965, a causa del mancato pagamento<br />

delle forniture, aveva deciso di sospendere l’erogazione dell’energia elettrica destinata<br />

alla pubblica illuminazione. Il titolo del giornale inglese sottolineava lo<br />

stupore della stampa estera riguardo alla situazione dei comuni italiani: Messina’s<br />

debts highlight ills that beset Italian Local Government. Unpaid Electricity bill puts<br />

out a city’ lights. L’argomento veniva ripreso e commentato dal corrispondente da<br />

Londra de “La Stampa”, riprodotto nello stesso fascicolo, con un titolo altrettanto<br />

significativo In Italia esistono 8 mila comuni e quasi tutti sono indebitati 608 .<br />

1.4.7. Uscire dalla crisi: le regioni e la programmazione<br />

La seconda assemblea annuale si svolse a Roma, a Palazzo Brancaccio, il 29-<br />

30 settembre 1966 sul tema L’iniziativa e l’unità delle forze autonomistiche per<br />

uscire dalla crisi istituzionale e finanziaria degli enti locali: “Regioni e programmazione”,<br />

Nella relazione per la segreteria, Enzo Santarelli, direttore della rivista, ribadiva<br />

l’indipendenza dalle ideologie e dai partiti, l’autonomia dell’organizzazione<br />

e l’importanza del richiamo alla Costituzione e, su questa base, rinnovava<br />

l’appello a cattolici, repubblicani e socialdemocratici a collaborare, come già era<br />

avvenuto in passato. Santarelli proponeva la realizzazione di una “Conferenza<br />

delle autonomie locali […, per ] una nuova fase: quella dei rapporti bilaterali e<br />

permanenti con l’Esecutivo, per programmare l’incontro, la contestazione, la<br />

dialettica democratica fra la periferia e il centro”. Anche la Lega, dopo l’Anci -<br />

che aveva elaborato una richiesta simile per tutto il periodo liberale e, dopo il<br />

fascismo e la guerra, ancora nel 1950 – proponeva un organo deputato ad una<br />

ordinata gestione dei rapporti tra Stato ed autonomie locali 609 . Nell’ambito del<br />

dialogo e della collaborazione con le altre organizzazioni degli enti locali Santarelli<br />

sottolineava che la Lega aveva “una funzione di reale avanguardia autonomistica”<br />

610 . Una campagna di apertura e di dialogo che avrebbe favorito l’avvicinamento<br />

di alcune personalità cattoliche di spicco. A questo proposito vanno<br />

ricordati gli articoli dei pacifisti cattolici Capitini, già citato, l’intervista a La<br />

Pira 611 in occasione della sua elezione a presidente della Federazione mondiale<br />

delle città gemellate il 15 settembre 1967. Sempre in questo ambito venivano<br />

messi in risalto, sempre rispetto al movimento cattolico, il “distacco di Corghi<br />

e di Albani e la posizione di Ossicini” 612 .<br />

608<br />

m. ci., In Italia esistono 8 mila comuni e quasi tutti sono indebitati, “La Stampa”, 10 lug.<br />

1965, ora in Icd nov. 1965.<br />

609<br />

Cfr. Gaspari, I precedenti della Conferenza Stato-Città…, cit., pp. 129-146.<br />

610<br />

Enzo Santarelli, Una Lega più forte e più estesa, Icd nov. 1966, pp. 56-70. La terza assemblea<br />

annuale si teneva a Roma il 16-17 novembre 1967; per gli atti cfr. Icd nov.-dic. 1967.<br />

611<br />

Giorgio La Pira, Pace per le città, Icd ott. 1967, pp. 30-3; intervista a cura di Riccardo<br />

Di Corato già pubblicata in “Sette giorni”, 1967, n. 16.<br />

612<br />

Note del mese. Le autonomie e i cattolici, Icd mar. 1968, pp. 1-2.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 179<br />

1.4.8. Una nuova rivista per gli enti locali: “Il potere locale”<br />

Nel 1968, la rivista si rinnovava dal punto di vista grafico, a qualche mese<br />

dall’apparizione di un’altra pubblicazione della Lega: “Il potere locale” 613 .<br />

Come scriveva il segretario Maccarrone sul <strong>qui</strong>ndicinale “Con Il potere locale<br />

vogliamo realizzare uno strumento che ci colleghi direttamente con gli<br />

amministratori, quotidianamente impegnati nell’amministrazione e nella<br />

lotta per le autonomie, al servizio delle popolazioni; che ci consenta un collo<strong>qui</strong>o<br />

continuo ed un dibattito aperto con tutti coloro che si dichiarano<br />

disposti all’impegno e alla lotta per la costruzione di uno Stato democratico”<br />

614 .<br />

L’anno si apriva con l’approvazione della legge relativa alle norme per l’elezione<br />

dei consigli regionali (17 feb. 1968 n. 108), primo passo verso quell’istituzione<br />

delle regioni a statuto ordinario che avrebbe costituito la prima<br />

importante novità che avrebbe caratterizzato gli anni ’70, “dopo il lungo periodo<br />

di inadempienza costituzionale sembrava aver avviato una nuova nella<br />

vita istituzionale del Paese” 615 . Non fu un caso che, in concomitanza con<br />

quell’importante riforma, ritornassero all’ordine del giorno, tra i tanti altri<br />

problemi, due tra i maggiori nodi irrisolti nei rapporti tra Stato ed autonomie<br />

locali: il prefetto ed il segretario comunale. L’eloquente titolo dell’articolo<br />

di Enzo Santarelli, della direzione della Lega, La soppressione dei prefetti<br />

ed il saggio su I segretari comunali e provinciali, sottolineavano come i due<br />

istituti continuassero ad essere al centro dell’attenzione del movimento per<br />

le autonomie locali. Nel primo caso era solo la Lega a chiederne, semplicemente,<br />

la soppressione: “la partecipazione popolare alla vita delle autonomie<br />

va finalizzata contro i prefetti” 616 . Nel secondo erano tutte le organizzazioni<br />

ad auspicarne la riforma che, secondo Gracili, riprendendo esplicitamente<br />

una proposta avanzata in sede di commissione di studio per l’Assemblea costituente,<br />

avrebbe dovuto togliere i segretari comunali e provinciali dal Ministero<br />

dell’interno per farne figure indipendenti iscritte ad un albo professionale<br />

e soggette ad un “costante aggiornamento professionale (formalmente<br />

e sostanzialmente obbligatorio)”, non solo di carattere giuridico ma anche,<br />

e in particolare, economico, per meglio rispondere alla sfida della programmazione<br />

617 ; una riforma, questa, che sarebbe stata realizzata, come si vedrà,<br />

solo circa trent’anni dopo, a partire dalla riforma dell’ordinamento delle<br />

autonomie.<br />

613<br />

Note del mese, Icd gen. 1968, pp. 1-4.<br />

614<br />

Antonino Maccarrone, Nuovo impegno, “Il potere locale”, 15 nov. 1967, p. 1.<br />

615<br />

Melis, Storia dell’amministrazione italiana..., cit., p. 490.<br />

616<br />

Enzo Santarelli, La soppressione dei prefetti, Icd mag. 1968, pp. 15-20.<br />

617<br />

Rino Gracili, I segretari comunali e provinciali, Icd set. 1969, pp. 63-5.


180 PARTE III<br />

1.5. Il ’68 della Lega: movimento di massa organizzato<br />

1.5.1. Nasce la Lega per le autonomie e i poteri locali<br />

La IV assemblea annuale della Lega si svolse a Bologna il 15-17 novembre<br />

1968, segnata dalla ricerca di una maggiore partecipazione di massa alla vita dell’organizzazione<br />

ed in primo luogo degli amministratori, in sintonia con l’atmosfera<br />

di un’epoca, appena iniziata, caratterizzata da una forte mobilitazione<br />

studentesca ed operaia. Al termine del suo intervento introduttivo il segretario<br />

Maccarrone affermava: “Si tratta di cambiare strada nel senso di trasformare la<br />

Lega in un’organizzazione di massa e di avanguardia che lotta per le autonomie<br />

locali, per affermare ed esaltare il ruolo degli enti locali. Un movimento organizzato,<br />

dunque, che […] apre le sue assemblee di base nei comprensori e nelle<br />

province e le sue articolazioni nelle regioni a tutte le forze politiche, sociali, culturali<br />

che vogliono partecipare alla battaglia per le autonomie locali” 618 .<br />

Lanzetta era invece totalmente contrario ad un cambiamento netto della<br />

struttura della Lega di cui rivendicava il fatto che “è nata a suo tempo come<br />

strumento rivoluzionario di lotta per le autonomie locali” proprio come “la Costituzione<br />

fu un fatto eminentemente rivoluzionario, dato che stabiliva tutto un<br />

nuovo ordinamento contrario alla continuazione del vecchio Stato monarchico-fascista”.<br />

Lanzetta si dichiarava “nettamente contrario a una ipotesi di una<br />

Lega degli amministratori”, pur sottolineando la necessità di “una organizzazione<br />

effettivamente di massa 619 . Anche Castagno si dichiarava assolutamente<br />

contrario all’ipotesi di Maccarrone e puntava l’attenzione, piuttosto, sulla natura<br />

dell’autonomia per la quale la Lega si sarebbe dovuta battere, specie alla<br />

luce dell’esperienza delle regioni autonome che, rispetto ai comuni “diventano<br />

accentratrici e centri di potere assoluti” 620 .<br />

La svolta avvenne l’anno seguente, con il V congresso, apertosi a Bologna il 28<br />

febbraio 1969. La Lega decise di percorrere la strada indicata dal segretario Maccarrone<br />

e divenne “movimento organizzato”. Il documento approvato dal congresso,<br />

alla luce del “continuo aggravarsi della crisi degli enti locali” e per il “rilancio<br />

della battaglia autonomistica” stabiliva la necessità di “un diretto collegamento<br />

coi movimenti di massa che si sviluppano nel paese […] perciò la lotta per<br />

le autonomia degli enti locali deve svilupparsi oggi sia sul terreno istituzionale sia<br />

su quello economico sociale”. La Lega, proseguiva il documento, “vuole suscitare<br />

una vasta e unitaria battaglia autonomistica come parte integrante del movimento<br />

dei lavoratori per le riforme di struttura, per il potere e per la libertà” 621 .<br />

La testimonianza del mutamento era nella denominazione e nello statuto: la<br />

Lega diveniva “Lega per le autonomie e i poteri locali” 622 , lo statuto sottolinea-<br />

618<br />

Antonino Maccarrone, La relazione introduttiva, Icd nov 1968, pp. 10-31.<br />

619<br />

Michele Lanzetta, Continuità della nostra azione, Icd nov. 1968, pp. 32-5.<br />

620<br />

Gino Castagno, Per una Lega di enti, Icd nov. 1968, pp. 52-4.<br />

621<br />

Una nuova Lega per le autonomie e i poteri locali, Icd apr.-mag. 1969, pp. 25-7.<br />

622<br />

“Il comune democratico” diveniva “Organo della Lega per le autonomie e i poteri locali”<br />

a partire dal fasc. di giugno del 1969; dal 1970 la periodicità della rivista sarebbe passata da<br />

mensile a bimestrale; nel 1971 sarebbe tornata ad essere mensile e “Il comune democratico” sa-


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 181<br />

va le caratteristiche della Lega come movimento, “indipendente dai partiti e dal<br />

governo”, a cui potevano aderire in primo luogo “le associazioni autonomistiche<br />

che sorgono localmente” e gli enti locali “che condividono gli scopi della<br />

lega” 623 . Il segretario nazionale, Antonino Maccarrone veniva confermato 624 .<br />

1.5.2. La stagione dei movimenti. I rapporti con l’Est europeo<br />

La Lega era pienamente coinvolta nella stagione dei movimenti che, a partire<br />

dalla fine degli anni ’60, scuoteva i partiti della sinistra e l’intera società nazionale.<br />

Tutto si spiegava attraverso la logica del movimento. Si chiedeva un più<br />

forte intervento del movimento in favore delle autonomie locali, ed un maggiore<br />

coinvolgimento della Lega nel movimento; al centro, in ogni caso, c’era il rapporto<br />

con le masse operaie e studentesche, non più i cittadini o le istituzioni.<br />

Le stesse cause della persistenza della crisi degli enti locali venivano rinvenute<br />

in una insufficiente importanza attribuita dal movimento dei lavoratori e<br />

dai partiti alla questione delle autonomie 625 , ma anche in un insufficiente coinvolgimento<br />

della Lega nel movimento operaio e studentesco 626 . La storica iniziativa<br />

per la promozione dei consigli di quartiere, in questo contesto, era oggetto<br />

di una rinnovata attenzione 627 .<br />

Proprio però come era avvenuto nei difficilissimi anni del secondo dopoguerra,<br />

il tributo all’ideologismo, e al mito della rivoluzione, come allora a<br />

quello del movimento, non impedì alla Lega di continuare ad essere protagonista<br />

nella ricerca di soluzioni ai concreti problemi degli enti locali, come quelli<br />

di carattere giuridico-istituzionale, che potevano apparire lontani dalle parole<br />

d’ordine al centro dell’interesse delle assise congressuali. Anche quando più forte<br />

era l’attenzione della sinistra al movimento, che portò all’apertura nella rivista<br />

di un’apposita rubrica dedicata ai Movimenti di base, accanto alla mobilitazione<br />

per la pace e contro la guerra nel Vietnam, non mancarono occasioni di<br />

discussione sui temi ormai classici quali, ad esempio, la riforma del diritto dei<br />

suoli 628 ed il sistema dei controlli 629 .<br />

Rispetto alla politica internazionale a partire dagli anni ‘60 si rinnovarono<br />

i rapporti con i paesi dell’Est europeo, in particolare con la Germania orientale,<br />

attraverso la partecipazione ai Collo<strong>qui</strong> di Dresda, organizzati dal 1962 dal<br />

Comitato internazionale d’iniziativa per i collo<strong>qui</strong> di Dresda di sindaci e am-<br />

rebbe divenuto “Rivista delle autonomie locali. A cura della Lega per le autonomie e i poteri<br />

locali” ed avrebbe assunto una nuova veste tipografica, cambiata ancora nel 1972.<br />

623<br />

Il nuovo statuto della Lega, Icd apr.-mag. 1969, pp. 27-9.<br />

624<br />

I nuovi organi dirigenti, Icd apr.-mag. 1969, pp. 30-2.<br />

625<br />

Editoriale. Le autonomie locali agli inizi del ’70, Icd gen.-feb. 1970, pp. 1-9.<br />

626<br />

Corrado Corghi, Verso nuove “stagioni” di lotta, Icd mag.-giu. 1970, pp. 17-22.<br />

627<br />

Raffaele Meo, Renzo Bonazzi, Consigli di quartiere: organi di democrazia diretta, Icd mag.<br />

1972, pp. 20-8.<br />

628<br />

Icd gen.-feb. 1970.<br />

629<br />

Il sistema dei controlli sui comuni, sulle province e sugli altri enti locali nel nuovo ordinamento<br />

regionale, Icd nov.-dic. 1970, pp. 1-68.


182 PARTE III<br />

ministratori locali europei. Un documento approvato nel 1971, che aveva<br />

evidentissime finalità di sostegno alle richieste dei Paesi comunisti dell’Est, vedeva<br />

al primo punto la sottolineatura del ruolo del comune che “occupa un<br />

posto importante nella vita della società” e si chiudeva con il punto 14 nel<br />

quale si chiedeva ai comuni di “chiedere la ratificazione dei trattati tra l’URSS<br />

e la RFT, tra la Repubblica popolare di Polonia e la RFT, importanti per la pace<br />

europea ed agire per il riconoscimento della RDT da parte di tutti gli stati<br />

secondo il diritto internazionale” 630 . L’autonomia locale italiana era argomento<br />

di studio anche nell’Istituto del marxismo-leninismo di Mosca un cui collaboratore,<br />

Volodja Bogorad, scriveva un articolo pubblicato anche dall’organo<br />

della Lega: La battaglia delle masse lavoratrici italiane per l’autonomia regionale<br />

631 .<br />

1.6. Gli anni settanta: le regioni, la pace e l’Europa<br />

L’istituzione delle regioni a statuto ordinario nel 1970 ripropose, con forza,<br />

la questione del ruolo delle autonomie locali. Al centro dell’attenzione era il<br />

rapporto che si sarebbe stabilito, in particolare, tra regioni e comuni. Ne “il comune<br />

democratico” non si dava spazio alcuno alle illusioni: “Da un lato l’esperienza<br />

di questi anni sul rapporto tra Stato e autonomie locali (ed anche all’interno<br />

di alcune regioni a statuto speciale), e dall’altro le ambiguità nell’uso del<br />

termine ‘partecipazione’ non inducono a facili ottimismi” 632 . I Comitati regionali<br />

di controllo prendevano il posto delle giunte provinciali amministrative<br />

nell’attività di controllo sugli atti delle autonomie locali 633 , quando ormai si era<br />

però da tempo conclusa la stagione della repressione e della conflittualità tra<br />

amministrazioni della sinistra ed autorità di governo.<br />

Alla fine del 1972, nel corso dei lavori di preparazione del VI congresso della<br />

Lega moriva il segretario Maccarrone 634 . La commemorazione apparsa sulla<br />

rivista ne ricordava l’impegno e la passione per il lavoro di politico e di amministratore<br />

locale, i contatti con l’estero attraverso l’Unione delle città e dei comuni<br />

della RDT, con la Conferenza permanente delle città jugoslave, con la Federazione<br />

nazionale degli eletti repubblicani della Francia 635 .<br />

Nel 1972 si svolse il VI congresso della Lega, svoltosi a Perugia il 14-17 dicembre,<br />

nel quale svolgeva una relazione il presidente dell’Anci, e sindaco di<br />

Frascati, Guglielmo Boazzelli, il quale ricordava le molteplici iniziative dell’As-<br />

630<br />

Verso il VI collo<strong>qui</strong>o di Dresda, Icd giu. 1971, pp. 60-63.<br />

631<br />

Icd mag. 1971, pp. 38-49.<br />

632<br />

Alarico Carrassi, Regioni e autonomie locali, Icd lug.-ago. 1970, pp. 21-9.<br />

633<br />

Convegno sul sistema dei controlli sui comuni, sulle province e sugli altri enti locali nel nuovo<br />

ordinamento regionale. Numero speciale, Icd, nov.-dic. 1970.<br />

634<br />

Nato a Santa Teresa di Riva (Messina), il 7 novembre 1922, iscritto al Pci dal 1941, partecipò<br />

alla Resistenza. Laureatosi in medicina a Pisa, fu capogruppo al consiglio comunale della<br />

città tra il 1956 ed il 1964; presidente dell’Amministrazione provinciale di Pisa dal 1951 al<br />

1963, senatore dal 1963 e segretario nazionale della Lega dal 1961.<br />

635<br />

Ricordo di Antonino Maccarrone, Icd ott. 1972, pp. 3-6.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 183<br />

sociazione a livello legislativo 636 . Il congresso approvava un nuovo statuto della<br />

Lega un nuovo consiglio nazionale, e nominava un nuovo segretario nazionale:<br />

Giorgio De Sabbata, del Pci 637 . Inoltre, facendo seguito ad una iniziativa della<br />

Lega avviata l’anno precedente 638 veniva costituito un “Centro di iniziative, ricerche<br />

e documentazione (CIRD), che estenda ulteriormente lo spazio di intervento<br />

politico, ideale culturale della Lega e offra nello stesso tempo lo strumento<br />

di ricerca e di mobilitazione a tutto il movimento delle autonomie” 639 .<br />

Negli anni ’70 la Lega delle autonomie locali era pienamente coinvolta nell’impegno<br />

della sinistra in difesa della democrazia 640 , come scriveva il segretario<br />

De Sabbata, “all’instaurazione del fascismo in Italia come in Spagna, in Portogallo,<br />

in Grecia, sempre si è accompagnata la soppressione delle assemblee elettive<br />

locali”, e ancora: “L’affermazione delle autonomie non si può perciò ottenere<br />

isolandole dal contesto sociale, separando, cioè, la battaglia per le riforme<br />

istituzionali da quella per le riforme sociali” 641 . Ma gli anni ’70 erano anche gli<br />

anni dell’impegno internazionale per la democrazia e per la pace, dal Vietnam<br />

al Cile, al Medio Oriente, che nella rivista si rifletteva negli articoli curati da<br />

Corrado Corghi 642 .<br />

L’apparizione del nome di Umberto Serafini, segretario dell’Aicce (Associazione<br />

italiana del Consiglio dei comuni d’Europa), nel consiglio nazionale 643<br />

segnava l’inizio di una nuova attenzione verso il processo di unificazione europea<br />

644 che avveniva a partire di un’organizzazione comunale europea, qual<br />

era l’Aicce, fino ad allora osteggiata dalla Lega - anche per i sospetti di un suo<br />

collegamento con i servizi segreti degli Usa 645 - a vantaggio di un’altra grande<br />

organizzazione comunale internazionale, che si occupava dei gemellaggi, la Fédération<br />

mondiale des Villes jumelées (Fmvj), chiaramente schierata a sinistra<br />

646 .<br />

636<br />

In particolare per una nuova legge comunale e provinciale, indispensabile dopo l’istituzione<br />

delle regioni a statuto ordinario, che comprendeva la riforma dell’istituto della provincia,<br />

in accordo con l’Upi; per una nuova normativa sui controlli; per la riforma della finanza locale,<br />

per la riforma dell’assunzione diretta dei servizi pubblici degli enti locali insieme ad Upi e<br />

Cispel; Guglielmo Boazzelli, Per lo sviluppo delle autonomie, Icd nov. 1972, pp. 34-9.<br />

637<br />

Dai documenti del VI congresso della Lega, Icd dic. 1972, pp. 60-67.<br />

638<br />

All’inizio del 1971 si era scritto di “un Centro-studi che la Lega, faticosamente, ma in<br />

modo fecondo, sta costruendo in questi giorni”; A.B. (Alberto Brasca), Il comune democratico.<br />

Impegno le autonomie, Icd gen.1971, pp. 1-2.<br />

639<br />

Il documento politico del VI congresso, Icd dic. 1972, pp. 3-5.<br />

640<br />

La Lega si impegnava anche su questo fronte pubblicando Fascismo e neofascismo, un volumetto<br />

di 64 pagine dedicato al fascismo storico ed al pericolo neofascista degli anni ’70; Pagina<br />

pubblicitaria, Icd gen. 1972.<br />

641<br />

Giorgio De Sabbata, Autonomie e sviluppo del paese, Icd gen. 1973, pp. 3-7.<br />

642<br />

Si veda, ad esempio, l’indice dell’annata 1973 de “Il comune democratico”.<br />

643<br />

Dai documenti del VI congresso della Lega, Icd dic. 1972, pp. 60-67; cfr. anche Umberto<br />

Serafini, Per una politica europea defgli enti locali, Icd apr. 1973, pp. 15-20.<br />

644<br />

Su questo argomento, successivamente, cfr. il fascicolo della rivista dedicato a Parlamento<br />

europeo. Economia e istituzioni, Icd apr.-mag. 1979.<br />

645<br />

Gaspari, Cities against States?..., cit., pp. 612-3.<br />

646<br />

Cfr. Antoine Vion, Superare i conflitti: il gemellaggio tra città europee dopo la seconda guerra<br />

mondiale, in in Dogliani, Gaspari, (a cura di), L’Europa dei comuni…, cit., pp. 249-272.


184 PARTE III<br />

Continuava l’impegno specifico della Lega in favore del Mezzogiorno 647 , lo<br />

sviluppo di rapporti privilegiati con la realtà sociale organizzata in particolare<br />

in Emilia-Romagna, che si estrinsecava in accordi tra enti locali e sindacato, come<br />

a Reggio Emilia, dove comune, provincia e la locale federazione provinciale<br />

unitaria Cgil-Cisl-Uil si accordavano in materia di tariffe di trasporti, asili nido<br />

e tariffe di servizi pubblici 648 . Continuava, immutato, anche l’impegno per<br />

la riforma della finanza locale 649 .<br />

Gli anni ’70 erano ancora gli anni dei movimenti, come insisteva anche il<br />

nuovo segretario De Sabbata quando, concludendo i lavori dell’VIII assemblea<br />

dedicata alla questione della finanza locale, chiedeva di “rafforzare il nostro carattere<br />

di movimento di massa”, un carattere che la differenziava dall’Anci. La<br />

Lega, infatti, era “associazione di movimento, cosa che l’Anci non è mai stata,<br />

non riesce ad essere e non riuscirà mai ad essere per la sua natura”.<br />

Lo spazio della Lega non era “uno spazio di polemica nei confronti dell’Associazione<br />

nazionale dei comuni d’Italia, ma [era] uno spazio di diversificazione”.<br />

Il segretario arrivava poi anche a definire i compiti degli organi periferici,<br />

impegnati nelle iniziative di carattere regionale, e quelli degli organi<br />

centrali della Lega. Per i secondi vi erano, oltre alla “possibilità di una svolta<br />

generale del paese, compiti che sono assolutamente urgenti”, anche compiti<br />

minori ma “egualmente essenziali come quello dell’indennità di carica agli amministratori”<br />

650 .<br />

1.6.1. Le grandi manifestazioni della Lega contro la crisi finanziaria delle<br />

autonomie locali<br />

Gli anni ‘70 infine, soprattutto per le autonomie locali, erano quelli della<br />

tragica situazione finanziaria causata, tra l’altro, dal colpevole e gravissimo ritardo<br />

con il quale lo Stato versava ai comuni l’ammontare dei trasferimenti<br />

corrispondenti alle imposte locali abolite e dall’assoluta insufficienza di risorse<br />

proprie.<br />

La gravità della condizione dei comuni era tale che al termine di un’assemblea<br />

nazionale a Roma dedicata ai “problemi della stretta creditizia e, più in generale,<br />

della condizione istituzionale e finanziaria degli enti locali”, la Lega organizzava<br />

una “sfilata dei gonfaloni dei comuni del Lazio che, nel pomeriggio<br />

647<br />

Cfr. Atti della III assemblea meridionale della Lega per le autonomie e i poteri locali, Reggio<br />

Calabria 23-24 giugno 1973, Icd lug.-ago. 1973; Atti della IV assemblea meridionale della Lega<br />

(Taranto 18-19 dicembre 1976). “Per lo sviluppo del Mezzogiorno e per il superamento della crisi<br />

del Paese”. Gestione democratica della lgge 183, riconversione industriale e risanamento della finanza<br />

pubblica, Icd nov.-dic. 1976.<br />

648<br />

Documento di intesa sindacato-comune-provincia a Reggio Emilia, Icd set. 1974, pp. 86-92.<br />

649<br />

Atti della VIII assemblea annuale della Lega per le autonomie e i poteri locali sul tema: “un<br />

diverso bilancio dello Stato collegato con una finanza regionale e locale efficiente e democratica, nella<br />

piena realizzazione del sistema delle autonomie, obiettivo necessario di un forte movimento democratico<br />

per superare la crisi economica e politica del nostro Paese”, Roma 8-9 ottobre 1973, Icd<br />

nov.-dic. 1973.<br />

650<br />

Giorgio De Sabbata, Conclusioni, ivi, pp. 113-7.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 185<br />

del 26 giugno, portati per le vie del centro di Roma hanno accompagnato le<br />

delegazioni di amministratori al Senato, alla Camera dei Deputati e alla Presidenza<br />

del consiglio” 651 . De Sabbata polemizzava con il presidente della Banca<br />

d’Italia, Guido Carli, e accusava il Governo della situazione cui erano costretti,<br />

in particolare, i grandi comuni 652 ; accuse rinnovate nelle successive assemblee<br />

della Lega dello stesso 1974 653 e del 1975 654 .<br />

Il buon successo del corteo del 26 giugno aveva effetto su tutte le organizzazioni<br />

del movimento. Nell’ottobre 1974 i consigli nazionali di Anci ed Upi,<br />

con alcuni presidenti in rappresentanza delle regioni, “considerata la gravità<br />

della situazione delle istituzioni locali e regionali [decidevano] di indire una<br />

‘Giornata nazionale delle regioni e delle autonomie’” per il successivo 12 novembre,<br />

giorno nel quale i consigli regionali, provinciali e comunali si sarebbero<br />

dovuti riunire per chiedere il “rinnovamento e [il] risanamento della vita democratica<br />

e della pubblica amministrazione”. Nella stessa occasione veniva stabilito<br />

anche di “assumere quanto prima la decisione di convocare a Roma una<br />

manifestazione unitaria” 655 .<br />

La “Giornata nazionale delle regioni e delle autonomie” del 12 novembre,<br />

secondo quanto riportato da “Il potere locale” aveva successo nonostante “le<br />

manovre dei dirigenti dc” 656 , ma era evidente che l’opposizione del più grande<br />

partito nazionale aveva privato l’iniziativa del respiro unitario che avrebbe avuto<br />

avere.<br />

651<br />

Luigi Ladaga, La comunità nazionale investita della grave crisi degli enti locali, Ipl giu.<br />

1974, p. 1.<br />

652<br />

Il segretario denunciava i concreti effetti della riduzione delle risorse a disposizione delle<br />

autonomie locali, quali il ritardato pagamento delle retribuzioni al personale da parte del comune<br />

di Venezia, le operazioni urgenti ed eccezionali a cui era dovuto ricorrere il comune di<br />

Bologna sempre per pagare gli stipendi al personale, ricordava che i comuni di Roma e Milano<br />

si erano invece rivolti direttamente al governatore della Banca d’Italia per avere anticipi in<br />

modo da far fronte alle spese correnti; Giorgio De Sabbata, Relazione, in Atti del convegno nazionale<br />

sul tema: Autonomie, finanza e credito. Roma, 24-25 giugno 1974, Icd, lug.-ago. 1974.<br />

In occasione del consiglio nazionale svoltosi in quegli stessi giorni veniva approvata, tra l’altro,<br />

la costituzione di un Ufficio di segreteria diretto da Walter Anello, che avrebbe svolto la<br />

mansione per circa venticinque anni. Era così garantita una continuità della struttura particolarmente<br />

utile per superare le difficoltà dovute alla doppia carica dei due segretari nazionali ed<br />

ai relativi cambi cui questa era soggetta.<br />

653<br />

Documento finale della IX assemblea della Lega, Icd ott. 1974, pp. 113-4.<br />

654<br />

Nelle conclusioni della X assemblea, svoltasi a Roma, il segretario affermava la funzione<br />

informatrice e formatrice dell’organizzazione: “La Lega conferma il suo carattere non di semplice<br />

associazione di enti, ma di movimento di forze autonomiste, di sede di confronto per raggiungere<br />

necessarie ed opportune intese sui problemi principali, e anche di guida per la battaglia<br />

per l’affermazione dei principi autonomistici della Costituzione. La battaglia va condotta<br />

con tutti gli strumenti democratici a disposizione dal seminario di ricerca, al corso di studio,<br />

alla pubblicazione periodica, alla ricerca individuale, all’editoria democratica, alla manifestazione<br />

di massa, all’assemblea provinciale e regionale, al contatto e all’azione comune con i sindacati,<br />

alla presenza dei gonfaloni nelle manifestazioni per le riforme” Giorgio De Sabbata,<br />

Conclusioni, in Atti della X assemblea nazionale sul tema: comuni, province e regioni per superare<br />

la crisi del Paese. Roma, Teatro Eliseo, 2-3 dicembre 1975, Icd nov.-dic. 1975, pp. 132-141.<br />

655<br />

Il 12 novembre giornata nazionale delle autonomie, Ipl 20 ott. 1974, p. 1.<br />

656<br />

Unità del movimento per uscire dalla crisi, Ipl 30 ott.-10 nov. 1974, p. 1.


186 PARTE III<br />

La marcia indietro della DC e, di conseguenza di Anci ed Upi, non induceva<br />

però la Lega a recedere dall’idea di una grande manifestazione di amministratori<br />

che si svolgeva a Roma nella mattinata del 18 febbraio 1975, preparata<br />

in modo accurato 657 . Una grande forza per cambiare, “Il potere locale” dava il<br />

resoconto dell’evento con questo titolo sovrapposto ad una foto della folla dei<br />

manifestanti riuniti sotto il palco. Partecipavano al corteo che percorreva il centro<br />

di Roma da Piazza della Repubblica a Piazza Santi Apostoli attraverso Via<br />

Nazionale, migliaia di amministratori comunali e provinciali e varie delegazioni<br />

regionali, il cui lungo elenco era pubblicato nella rivista. Inviavano la loro<br />

“solidale adesione” i segretari del Pci, Enrico Berlinguer, e del Psi, Francesco De<br />

Martino; Anci ed Upi, invece, si limitavano all’invio di un semplice telegramma<br />

di “saluto” ai partecipanti.<br />

Il segretario della Lega nel suo discorso sottolineava la gravissima situazione<br />

delle autonomie locali e le difficoltà del movimento a procedere unitariamente,<br />

ma anche l’importanza storica della manifestazione:<br />

“La drammatica realtà e la crescente coscienza autonomista non possono essere<br />

fermate o ingabbiate da veti, per quanto autorevoli siano […] in più di cento<br />

anni di unità nazionale è la prima volta che le autonomie locali rivolgono in<br />

questa forma un appello al Paese”.<br />

Al termine della manifestazione veniva inviata una petizione al Parlamento<br />

ed il segretario De Sabbata inviava una lettera al Presidente del consiglio dei<br />

ministri Aldo Moro 658 .<br />

Particolarmente importante in quegli anni fu la pubblicazione nel 1976 della<br />

relazione della Commissione Giannini sull’attuazione della legge 22 luglio<br />

1975 n. 382 in virtù della quale “il Governo veniva delegato ad emanare, entro<br />

un anno, i decreti legislativi necessari a regolare il completamento dell’ordinamento<br />

regionale” 659 ”. Il testo integrale del documento veniva pubblicato<br />

nel fascicolo di aprile de “Il comune democratico” 660 , nel numero successivo apparivano<br />

commenti a cura di importanti giuristi, politici ed amministratori; tra<br />

questi lo stesso Giannini e <strong>qui</strong>ndi, Franco Bassanini, Guido Neppi Modona,<br />

Franco Levi, Sabino Cassese, Giuliano Amato, Valerio Onida.<br />

L’intervento più polemico nei confronti della relazione era senza dubbio<br />

quello del segretario che chiedeva, ine<strong>qui</strong>vocabilmente Più spazio agli Enti locali!<br />

De Sabbata contestava il fatto che: “Di fronte alla possibilità di conferire funzioni<br />

agli enti locali nelle materie di competenza regionale e anche in altre materie,<br />

la Commissione ha avanzato proposte minime che corrispondo ad una og-<br />

657<br />

Ne danno testimonianza i fascicoli de “Il potere locale” che precedevano l’evento: Appello<br />

delle autonomie per la manifestazione di Roma, Ipl 31 gen. 1975, p. 1; 18 febbraio a Roma. Manifestazione<br />

nazionale delle autonomie organizzata dalla Lega nazionale, Ipl 15 feb. 1975, p. 1.<br />

658<br />

Si succedevano sul palco della manifestazione Aldo Aniasi, sindaco socialista di Milano;<br />

un rappresentante della segreteria della Federazione Cgil, Cisl, Uil; Renato Zangheri, sindaco<br />

comunista di Bologna; Nicola Capria, deputato socialista dell’Assemblea regionale siciliana;<br />

Fausta Giani Cecchini vice sindaco di Pisa e componente della presidenza dell’Udi; “Il potere<br />

locale” 28 feb. 1975, pp. 2-7.<br />

659<br />

Melis, Storia dell’amministrazione italiana..., cit., p. 493.<br />

660<br />

La Legge 382 sull’ordinamento regionale: i lavori della Commissione Giannini, Icd apr. 1975.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 187<br />

gettiva sottovalutazione del ruolo degli enti locali”, e ancora: “la proposta normativa<br />

considera talmente preferibile determinare un obbligo di delega, anziché<br />

un’attribuzione diretta [dallo Stato a comuni e province] da sottovalutare completamente<br />

l’attrito che si crea, l’inevitabile lentezza che si determina con il doppio<br />

passaggio prima alla regione e poi all’ente locale”. Il segretario <strong>qui</strong>ndi concludeva<br />

reclamando non solo una maggiore attenzione verso gli enti locali, ma<br />

anche, e sempre in nome dell’efficienza dei servizi forniti ai cittadini, la riforma<br />

della legge comunale e provinciale e quella complessiva dei ministeri 661 .<br />

Sempre nel corso del 1976 l’on. Pietro Conti 662 , del Pci, diveniva il nuovo<br />

segretario della Lega e Luigi Ladaga, del Psi, veniva nominato segretario nazionale<br />

aggiunto 663.<br />

1.6.2. Il DPR 616 e il rapporto con i partiti<br />

Nel 1977 la Lega dibatteva sulla natura e la funzione dei comprensori 664 , denunciava<br />

lo stravolgimento delle conclusioni della Commissione Giannini in<br />

merito alle competenze regionali 665 , discuteva della riforma sanitaria 666 . Proponeva,<br />

in particolare, un bilancio positivo della legge 8 aprile 1976, n. 278, sul<br />

decentramento e sulla partecipazione dei cittadini nella amministrazione del<br />

comune che aveva portato alla creazione dei consigli di quartiere o di circoscrizione,<br />

una norma che dava veste giuridica alle iniziative di decentramento promosse<br />

dal comune di Bologna sin dalla seconda metà dagli anni ’50. L’obiettivo<br />

era: “irrobustire, contro ogni tentativo di reazione e di disgregazione, il tessuto<br />

sociale con la pratica quotidiana della democrazia, e per realizzare un nuovo<br />

rapporto tra cittadini e il governo della città e dello Stato” 667<br />

Il DPR del 24 luglio 1977, n. 616 veniva definito Una svolta per le autonomie<br />

e per la struttura dello Stato 668 . Il provvedimento era destinato “a regolare il completamento<br />

dell’ordinamento regionale [...] Si apriva così un’ulteriore fase dell’attuazione<br />

delle regioni [..., alleggerendo] le pubbliche amministrazioni centrali<br />

[per] consentirne il ridimensionamento organizzativo” 669 . A discutere del decreto<br />

616 alla tavola rotonda organizzata da “Il comune democratico”, non venivano<br />

661<br />

Giorgio De Sabbata, Più spazio agli Enti locali!, Icd mag. 1976, pp. 18-22.<br />

662<br />

Conti, primo presidente della Regione Umbria, parlamentare del Pci per tre legislature dal<br />

1976 al 1987, morì il 7 set. 1988; È morto Pietro Conti, , “Il potere locale” (Ipl) set. 1988, p. 3.<br />

663<br />

Cfr. Atti della IV assemblea meridionale della Lega (Taranto 18-19 dicembre 1976)…, cit.<br />

De Sabbata, divenuto senatore, continuava a ricoprire la carica di direttore de “Il comune democratico”<br />

fino al numero di marzo-aprile del 1977, da quello successivo direttore del mensile<br />

diveniva Lucio Luzzatto, già esponente della Lega nel secondo dopoguerra.<br />

664<br />

Argomenti sul tema: comprensori e riforma del governo locale, Icd gen.-feb. 1977; Il dibattito<br />

sull’ente intermedio: materiale di lavoro, Icd nov. 1977.<br />

665<br />

Schema di decreto Morlino e relazione Giannini a raffronto. Materiali di lavoro per l’attuazione<br />

della legge 382, Icd mar.-apr. 1977.<br />

666<br />

Riforma sanitaria, Icd ott. 1977.<br />

667<br />

Walter Anello, Le armi della democrazia, Icd mag. 1977, pp. 3-5.<br />

668<br />

Dopo il decreto 616. Tavola rotonda, Icd dic. 1977, p. 7.<br />

669<br />

Melis, Storia dell’amministrazione italiana..., cit., pp. 493-4.


188 PARTE III<br />

chiamati amministratori o dirigenti dello Stato, o cariche istituzionali che, molto<br />

probabilmente, meglio sarebbero state in grado di descrivere l’impatto del decreto<br />

nel concreto funzionamento delle amministrazioni locali, regionali od in<br />

quella nazionale, ma esponenti di partito, segnale evidente dell’assoluta centralità<br />

dei partiti nella vita delle istituzioni locali. Così, sotto la guida del nuovo direttore<br />

della rivista, Lucio Luzzatto, discutevano dell’attuazione del decreto 616<br />

Aldo Aniasi del Psi, Alberto Ciampaglia del Psdi, Franco Compasso del Pli, Armando<br />

Cossutta del Pci, Carlo Di Re del Pri, Nicola Signorello della Dc.<br />

Nonostante l’influenza dei partiti sulla Lega, come su tutte le organizzazioni<br />

delle autonomie locali queste godevano, comunque, di un’autonomia significativa,<br />

almeno per quanto riguarda l’Anci. Stando ad una ricerca di Bruno<br />

Dente del 1984, e <strong>qui</strong>ndi successiva al periodo in esame, ma la cui sostanza era<br />

quasi certamente valida anche per la fine degli anni ’70, sembrerebbe possibile<br />

affermare che le istanze fondamentali del movimento comunale, maggiori risorse<br />

finanziarie e maggiore autonomia, si sovrapponevano ma non si erano<br />

identificate e ridotte del tutto ad elementi strumentali della più ampia battaglia<br />

politica dei partiti per la con<strong>qui</strong>sta del potere.<br />

Scrive a questo proposito Dente nell’introduzione alla ricerca Isap del 1984<br />

sulle relazioni centro-periferia: “una delle ipotesi avanzate [...] vedeva le associazioni<br />

[degli enti locali] come un cavallo di Troia per un’ulteriore presenza dei<br />

partiti politici nella relazione tra enti autonomi territoriali ed amministrazioni<br />

regionali e locali; le risultanze della ricerca paiono piuttosto confortare l’ipotesi<br />

inversa, secondo la quale sono i partiti, soprattutto in Parlamento [...] ad essere<br />

utilizzati dalle associazioni come strumento per strappare ulteriori miglioramenti<br />

a quanto concordato con il Ministero del tesoro” 670 .<br />

1.6.3. La centralità della questione della finanza locale: gli incontri di Viareggio<br />

Nel frattempo gli irrisolti problemi delle autonomie locali, in particolare quello<br />

della finanza locale, si aggravavano. A partire dagli anni ’70 l’appuntamento<br />

annuale del convegno di Viareggio promosso dall’Anci divenne il luogo privilegiato<br />

dell’unità d’azione del movimento per le autonomie locali. Agli incontri partecipavano<br />

naturalmente anche gli amministratori della Lega che rivendicò il ruolo<br />

fondamentale svolto nell’evoluzione dell’incontro che “ha superato una concezione<br />

frantumata della finanza locale, staccata persino dalla finanza regionale e in<br />

fin dei conti un po’ corporativa”. Il problema era che se nel dibattito la Lega aveva<br />

un ruolo essenziale, mancava poi, da parte dell’Anci, la capacità di tradurre<br />

quell’elaborazione in una concreta azione politico-istituzionale 671 .<br />

670<br />

Bruno Dente, Soggetti e poteri, in Istituto per la scienza dell’amministrazione pubblica (Isap),<br />

Le relazioni centro-periferia, Archivio nuova serie, n.2, I vol., Milano, Giuffrè 1984, pp. 29-30.<br />

671<br />

Giorgio De Sabbata, Relazione, in Atti della VIII assemblea annuale della Lega per le autonomie<br />

e i poteri locali sul tema: “Un diverso bilancio dello Stato collegato a una finanza regionale<br />

e locale efficiente e democratica, nella piena realizzazione del sistema delle autonomie, obiettivo<br />

necessario di un forte movimento democratico per superare la crisi economica e politica del nostro<br />

Paese”, Roma 8-9 ottobre 1973, Icd nov.-dic. 1973, pp. 10-26.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 189<br />

Nel 1977 seguente vennero finalmente varati i provvedimenti per il risanamento<br />

della finanza locale: i cosiddetti decreti Stammati 1 e 2 (decreto legge 17<br />

gennaio 1977 n. 2 convertito dalla legge 17 marzo 1977 n. 62, e decreto legge<br />

29 dicembre 1977 n. 946, convertito dalla legge 27 febbraio 1978 n. 43). Con<br />

il primo venivano consolidati i debiti a breve termine assunti dagli enti locali<br />

con il sistema bancario ponendo a carico dello Stato le relative rate di ammortamento,<br />

limitando la possibilità di contrarre nuovi debiti a breve; di contro<br />

venne stabilito, per tutti gli enti locali, il blocco delle assunzioni. Con il secondo<br />

decreto gli enti locali venivano obbligati a deliberare in pareggio i propri bilanci.<br />

Venivano fissati i limiti di crescita, veniva sancito l’obbligo dell’aumento<br />

dei tributi locali e delle tariffe dei servizi pubblici, veniva assunto dal bilancio<br />

statale il finanziamento delle spese correnti degli enti locali al netto delle entrate.<br />

Le risorse continuavano ad essere garantite dai trasferimenti erariali - fissati<br />

con la cosiddetta “entrata storica”, in base alla quale l’ente locale riceveva<br />

somme proporzionate alle spese sostenute fino ad allora - e dai mutui della Cassa<br />

depositi e prestiti (dipendente dal Ministero del tesoro) destinati a coprire il<br />

deficit di bilancio 672 .<br />

Il provvedimento avrebbe dovuto essere limitato al 1978, in attesa della riforma<br />

della finanza locale. Ma così non fu. Con queste misure si esaltava il ruolo<br />

dell’amministrazione statale, attenuando, corrispondentemente, la responsabilità<br />

degli amministratori locali, che potevano scaricare agevolmente sullo Stato<br />

sia le colpe in merito alla difficile situazione finanziaria, sia il relativo giudizio<br />

negativo dei propri cittadini 673 .<br />

Nonostante un certo aumento dell’autonomia impositiva delle province, e<br />

soprattutto dei comuni 674 , dall’inizio degli anni ’80 sino alla fine del decennio<br />

tali enti si trovavano in crisi, economica ed istituzionale.<br />

La presidenza di Camillo Ripamonti nell’Anci, nella seconda metà degli anni<br />

‘70, anche attraverso gli incontri annuali degli assessori comunali alle finanze<br />

a Viareggio, riuscì a rafforzare l’Anci come organo rappresentativo degli interessi<br />

dei comuni e ad imporre sempre più all’attenzione del Governo le questioni<br />

di interesse comunale. Con il passare degli anni l’appuntamento di Viareggio<br />

divenne sempre più centrale nella vita del movimento per le autonomie<br />

locali, occasione di confronto tra amministratori locali e governo, e con carattere<br />

sempre più unitario, in particolare all’indomani dell’emanazione dei decreti<br />

Stammati.<br />

Nel convegno di Viareggio del 1-3 ottobre 1978 Ripamonti sottolineava la<br />

crescente importanza nel dialogo tra governo ed autonomie non solo nell’appuntamento<br />

di Viareggio ma anche nell’Anci stessa e rivendicava, con orgoglio<br />

che: “Le Amministrazioni locali hanno saputo reggere l’urto della crisi che ha<br />

investito il Paese, garantendo di fronte alla diffusa inefficienza delle istituzioni<br />

centrali, la continuità dei servizi e delle condizioni di vita civile delle comunità”,<br />

sottolineando l’assoluta mancanza di alcuna copertura finanziaria in segui-<br />

672<br />

Marongiu, Storia dei tributi degli enti locali…, cit., pp. 296-7<br />

673<br />

Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, p. 143.<br />

674<br />

Cfr. Marongiu, Storia dei tributi degli enti locali…, cit., pp. 313-7.


190 PARTE III<br />

to al decentramento delle funzioni ai comuni operato dal decreto 616, ed anzi<br />

in concomitanza con il blocco delle assunzioni per gli enti locali 675 .<br />

1.6.4. Nella produzione editoriale della Lega anche una guida per il “Regno di<br />

Babilonia”<br />

Alla fine degli anni ’70 la Lega manifestava la propria grande vitalità anche<br />

attraverso una notevole attività editoriale della propria casa editrice “Edizioni<br />

delle autonomie” che si evidenziava specie nelle occasioni congressuali, quando<br />

si cercava di ricordare agli amministratori la necessità di una adeguata preparazione<br />

tecnica e politica al loro ruolo. Così, ad esempio, in occasione dell’VIII<br />

congresso nazionale si proponeva un’offerta speciale per l’ac<strong>qui</strong>sto - oltre che di<br />

un filmato di 50 minuti, La costituzione e/è noi dal prezzo di un milione, scontato<br />

per l’occasione del 50% - di volumi raggruppati per materie: Urbanistica,<br />

Attuazione del D.P.R. 616/77, Mostra, Democrazia e partecipazione, Autonomie<br />

locali. C’era anche una collana Biblioteca autonomie 676 che comprendeva, tra<br />

l’altro, una Guida per le autonomie locali 1979 677 curata da Sabino Cassese.<br />

La Guida, pubblicata dal 1973, inizialmente venne proposta come uno dei<br />

due volumi, indivisibili, della Agenda per le autonomie locali congiuntamente alla<br />

più conosciuta Agenda da tavolo, edita dalla Lega dal 1960. L’affidamento<br />

della Guida a Cassese avvenne a partire dall’edizione del 1978, l’anno successivo<br />

all’emanazione del decreto 616 e, non a caso, la manchette pubblicitaria riportava<br />

in bella evidenza, accanto alla copertina nella nuova veste editoriale, la<br />

dicitura “Il primo commento organico del DPR 616 materia per materia” 678 .<br />

Nell’edizione del 1981 la Guida diveniva Annuario 1981 delle autonomie locali.<br />

Come chiariva lo stesso curatore nella Presentazione: “Non si tratta solo di<br />

un cambiamento di nome. Già negli anni scorsi, questa pubblicazione presentava<br />

un bilancio delle esperienze politiche, legislative, giurisprudenziali e scientifiche,<br />

anno per anno. Quest’anno il disegno è completato con un panorama<br />

delle ricerche e un elenco delle leggi nazionali e regionali. L’Annuario diviene,<br />

così, uno strumento che consente l’aggiornamento sulle novità dell’ultimo anno,<br />

(dall’ottobre 1979 al settembre 1980) settore per settore […] Si è cercato<br />

di tener ferme le voci (che sono ora 66, più le 5 rassegne finali), per assicurare,<br />

come negli altri anni, che, allineandosi una accanto all’altra le varie annate,<br />

questa opera consentisse di ricostruire l’evoluzione dei diversi istituti nel tempo”.<br />

L’affidamento della Guida ad una personalità del calibro di Cassese e lo<br />

sviluppo dell’iniziativa evidenziano la crescente importanza della funzione di<br />

675<br />

Camillo Ripamonti, Il nuovo assetto finanziario e istituzionale delle autonomie locali, Icd<br />

ago.-set. 1978, pp. 13-25<br />

676<br />

Manchette pubblicitaria in Icd apr.-mag. 1979, p. 46.<br />

677<br />

Guida per le autonomie locali 1973-1980, Roma, Edizioni della Lega per le autonomie e<br />

i poteri locali [successivamente Edizioni delle autonomie], 1973-1980; Annuario delle autonomie<br />

locali 1981-1996, Roma, Edizioni delle autonomie, 1981-1996.<br />

678<br />

Molto significativamente, quell’anno, l’Agenda da tavolo, venne offerta insieme alla Guida,<br />

a mo’ di omaggio.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 191<br />

supporto alla concreta attività delle autonomie locali svolta dalla Lega per rispondere<br />

alle crescenti esigenze degli amministratori.<br />

A partire dall’edizione del 1987, venivano stampate nell’Agenda autonomie<br />

le Pagine blu, che riportavano indirizzi, telefoni e nominativi delle autonomie<br />

locali in Italia; dall’edizione del 1993 il nuovo servizio appariva in volume autonomo,<br />

anche se sempre allegato, insieme all’Agenda da tavolo, al più importante<br />

Annuario 679 .<br />

Se nel 1960 la Lega offriva alle autonomie locali qualche pubblicazione di<br />

carattere tecnico su problemi specifici e si poteva permettere di vendere loro,<br />

come ulteriore ausilio, una semplice Agenda da tavolo; se all’inizio degli anni<br />

’70, periodo di ribollente ideologismo, accanto alla solita Agenda venivano offerti<br />

molti testi di impostazione politica; alla fine di quello stesso decennio era<br />

divenuto indispensabile affidare la Guida, l’Annuario, alla direzione di un competente<br />

giurista che coordinava l’opera di numerosi studiosi per permettere ad<br />

amministratori e tecnici degli enti locali di seguire, voce per voce, gli innumerevoli<br />

cambiamenti avvenuti nell’amministrazione locale. Come osservava ancora<br />

Cassese nel 1981 all’inizio della già citata sua Presentazione:<br />

“Nel decennio che si è chiuso, si è avviata l’esperienza regionale e sono stati<br />

compiuti i trasferimenti statali al nuovo istituto. I compiti successivi impegneranno<br />

l’attività di gestione delle dirigenze locali e regionali. Rimane, però, incompleto<br />

l’edificio da due parti. Quella delle strutture centrali, del cui riordino<br />

il legislatore parla dal 1968, senza che nulla di concreto si sia visto. E quella delle<br />

strutture locali, per le quali il primo progetto generale di riforma risale al<br />

1961, senza seguiti concreti.<br />

In mezzo, c’è una realtà dimenticata sulla quale bisogna richiamare l’attenzione:<br />

l’amministrazione statale decentrata. Nove dei venti ministeri hanno apparati<br />

decentrati (spesso più di uno) […] Basta questa breve descrizione, per<br />

comprendere che siamo nel regno di Babilonia e che quest’apparato è fatto più<br />

per confondere che per aiutare il cittadino” 680 .<br />

2. Gli anni ‘80<br />

2.1. Il congresso di Firenze del 1980<br />

Dal 25 al 27 gennaio 1980 si svolse a Firenze l’VIII congresso nazionale della<br />

Lega. All’ordine del giorno vi era la questione della riforma della finanza locale<br />

ed il conseguente blocco delle assunzioni (limitato ai comuni superiori a<br />

50.000 abitanti); l’attività delle Regioni che, a dieci anni dall’istituzione, meritava<br />

una riflessione particolare specie “dopo la brutale accusa di neocentralismo<br />

che essi perseguirebbero in modo indiscriminato nei confronti dei Comuni”; la<br />

questione del Mezzogiorno e, infine, la pace, tornata all’ordine del giorno do-<br />

679<br />

Ipl nov. 1992, p. 69.<br />

680<br />

Sabino Cassese, Presentazione, in Idem (diretto da), Annuario 1981 delle autonomie locali,<br />

Roma, Edizioni delle autonomie, 1981.


192 PARTE III<br />

po l’invasione sovietica dell’Afganistan, duramente condannata 681 . Veniva modificato<br />

lo statuto eliminando la previsione di un’assemblea annuale.<br />

In occasione del congresso venne eletto il nuovo segretario, Dante Stefani,<br />

sen. del Pci, ed il nuovo segretario nazionale aggiunto, Renzo Santini, del Psi,<br />

vicepresidente della Regione Emilia-Romagna 682 .<br />

Il nuovo segretario illustrava in un’intervista compiti e prospettive dell’organizzazione<br />

che, come sottolineava: “in origine nasce come momento di tutela<br />

dei comuni fatti oggetto di varie attenzioni da parte di organismi del governo<br />

centrale, primo fra tutti il Ministero degli Interni. Successivamente, si passa<br />

ad una fase di incentivazione dello sviluppo delle autonomie, che trova il suo<br />

momento più alto nell’attuazione delle Regioni […] in questo contesto si attua<br />

uno sviluppo della Lega nell’ambito di un processo di attuazione dell’ordinamento<br />

regionale che corre il rischio di non costituire quel momento di sviluppo<br />

di una riforma generale dello Stato che da più parti si aspettava” 683 .<br />

Erano ormai lontani i tempi della dura contrapposizione delle autonomie<br />

locali, e particolarmente di quelle amministrate dalla sinistra, con il Ministro<br />

dell’interno ed i prefetti, sia dal punto di vista istituzionale, sia da quello politico.<br />

Anche se la mancanza delle grandi riforme, come quella della Pubblica<br />

amministrazione nazionale e, soprattutto, quella di comuni e province faceva<br />

scrivere a Cassese in quegli anni: “siamo nel regno di Babilonia”, era innegabile<br />

che all’inizio degli anni ’80, l’istituzione delle regioni e le pur insufficienti riforme<br />

avevano contribuito all’affermazione del ruolo delle autonomie locali.<br />

Dal punto di vista politico poi, il successo delle sinistre nelle elezioni amministrative<br />

locali negli anni ’70 e, in particolare negli anni ‘80, rafforzava la presenza<br />

di Pci e Psi nelle amministrazioni locali e di conseguenza, come si vedrà<br />

oltre, anche nell’Anci.<br />

2.1.1. Ruolo e compiti della Lega. I costi dell’impegno editoriale<br />

La prima relazione di Stefani al consiglio nazionale, alla fine del 1980, fu<br />

particolarmente importante. Il nuovo segretario prendeva posizione su tutti i<br />

principali argomenti che riguardavano le autonomie locali e l’organizzazione: la<br />

riforma dell’ordinamento locale, il ruolo ed i compiti della Lega. A questo proposito<br />

Stefani ricordava i due compiti essenziali della Lega, la “assistenza legislativa<br />

ad amministratori e Comuni contro le prevaricazioni centralistiche” e la<br />

“informazione e documentazione sui temi dello sviluppo di nuove esperienze<br />

amministrative e della battaglia unitaria autonomistica”. Non vi era alcuna con-<br />

681<br />

L’impegno per la pace dei comuni della sinistra si sarebbe sviluppato anche sucessivamente.<br />

Il 9-12 ottobre 1986, si teneva a Perugia la terza conferenza degli enti locali denuclearizzati;<br />

Enzo Coli, A Perugia la terza conferenza degli enti locali denuclearizzati, Ipl nov. 1986,<br />

pp. 15-19.<br />

682<br />

Gli organi dirigenti della Lega dopo l’VIII congresso, Icd mar. 1980, pp. 86-7.<br />

683<br />

Compiti e prospettive della Lega intervista al Segretario nazionale, Dante Stefani, Icd mar.<br />

1980, pp. 3-9.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 193<br />

correnza con le altre organizzazioni “’sindacali’ degli enti locali”, Anci, Upi,<br />

Uncem, Cispel, ma ammoniva che: “la Lega vive solo se è capace di suscitare<br />

un grande impegno politico e culturale delle forze di sinistra, laiche e democratiche”.<br />

Chiedeva a questo proposito l’impegno dell’organizzazione per “il<br />

miglioramento della qualità della vita delle popolazioni amministrate”, per l’attuazione<br />

della riforma sanitaria, in favore del Mezzogiorno, “lo sviluppo delle<br />

forme di partecipazione democratica”, per la riforma della finanza locale. Riguardo<br />

alla politica internazionale, nel quadro delle difficoltà crescenti nei rapporti<br />

est-ovest, prospettava “una presenza più attiva ed organica delle autonomie<br />

all’interno degli organismi internazionali, il Consiglio d’Europa, l’Associazione<br />

dei comuni d’Europa”, due organi ai quali la Lega aveva dedicato fino ad<br />

allora un’attenzione molto limitata, anche se, in particolare verso la seconda,<br />

negli ultimi anni crescente. Da allora, effettivamente, l’interesse della Lega verso<br />

l’Europa occidentale, i paesi e le organizzazioni degli enti locali dell’ovest si<br />

accrebbe di molto, senza per questo dimenticare il tradizionale interesse verso<br />

le autonomie locali dell’Europa del socialismo reale ed un più ampio interesse<br />

verso le città e le organizzazioni arabe 684 .<br />

Quello che veniva messo in risalto alla fine della relazione era che lo sforzo<br />

editoriale – quello attraverso il quale la Lega aveva risposto alle crescenti esigenze<br />

politiche e, via via, soprattutto tecniche delle amministrazioni della sinistra,<br />

e non solo di esse - era stato molto probabilmente troppo forte e le conseguenze<br />

finanziarie stavano pesando in modo insopportabile sulle esigue risorse<br />

della Lega. Era questa la sintesi del 14° e del 15° punto della relazione del<br />

segretario. Per questo l’organizzazione aveva deciso di costituire “sul piano nazionale<br />

il Centro iniziative ricerche documentazione per le autonomie locali<br />

[Cirdal] che deve compitamente decollare attraverso la realizzazione di Seminari<br />

e Corsi tecnici di aggiornamento sia per amministratori di carattere elettivo<br />

che per funzionari”. La sempre più spinta complessità dell’attività amministrativa<br />

locale, rendeva <strong>qui</strong>ndi necessario l’apertura di un Centro di documentazione,<br />

o per dirla con un linguaggio più moderno, di una Scuola di formazione<br />

per amministratori e funzionari delle autonomie locali.<br />

Tutto questo per il futuro. Intanto, però, bisognava ripianare i debiti fatti<br />

con un’attività editoriale attraverso la quale, fino ad allora, si era tentato non<br />

solo di informare ma anche di svolgere quell’opera di formazione politica e tecnica<br />

di funzionari ed amministratori che ora si sentiva il bisogno di organizzare<br />

sistematicamente nel Cirdal che, teoricamente, doveva essere già stato avviato<br />

nel 1972 685 .<br />

Lo spazio per una vera ristrutturazione dell’attività editoriale era però molto ristretto.<br />

La direzione della Lega, infatti, nonostante i dubbi posti qualche mese prima<br />

dal direttore de “Il comune democratico”, Lucio Luzzatto, sull’utilità di avere<br />

due riviste, e di risolverne le relative difficoltà editoriali – economiche e di conte-<br />

684<br />

Cfr. Jean Marie Bressand, Orente arabo-mussulmano e occidente, Icd lug.-ago. 1983, pp.<br />

105-114; L’organizzaione delle città arabe, Icd mag.-giu. 1983, pp. 130-1.<br />

685<br />

Si tratta del già citato “Centro di iniziative, ricerche e documentazione (CIRD)”, Il documento<br />

politico del VI congresso, Icd dic. 1972, pp. 3-5.


194 PARTE III<br />

nuto 686 -, aveva deciso di continuare ad avere due organi di stampa propri, il “Potere<br />

locale”, <strong>qui</strong>ndicinale, e “Il corriere democratico”, mensile, e di sviluppare la Guida.<br />

Salvati i due organi della Lega, ed il gioiello curato da Cassese, la Guida, la stretta<br />

si sarebbe dovuta limitare alle nuove pubblicazioni. Nel frattempo Stefani procedeva<br />

alla riduzione dei debiti: “Siamo impegnati a ridurre del 50% la sua [della Edizioni<br />

delle autonomie] esposizione bancaria, ampliando le dimensioni del suo carattere<br />

societario chiamando a farne parte un gruppo di Leghe regionali” 687 .<br />

Il segretario non le citava ma, evidentemente, le Leghe regionali chiamate a<br />

contribuire a coprire il buco nella casse della Lega nazionali non potevano che<br />

essere, in primo luogo quelle dell’Emilia-Romagna, della <strong>Toscana</strong>, dell’Umbria<br />

e delle Marche, dove più forti erano le amministrazione locali della sinistra, ma<br />

le strutture regionali non si sarebbero limitate a pagare i debiti. Nel gennaio del<br />

1981 si annunciava una nuova collana della Edizioni delle autonomie: “Progetto<br />

salute” 688 , a febbraio era la volta di un bimestrale regionale: “Regione e governo<br />

locale. Bimestrale di documentazione giuridica della Regione Emilia-Romagna”,<br />

sempre edito dalla Edizioni delle autonomie 689 . E nel 1984 appariva ne “Il<br />

Comune democratico” la pubblicità di una nuova collana della casa editrice della<br />

Lega: Strumenti. Collana diretta dalla Provincia di Bologna, con ben 7 titoli 690 .<br />

2.3. La ripresa della ricerca dell’unità del movimento<br />

Il 3 febbraio 1981, si svolgeva presso il Campidoglio una manifestazione<br />

congiunta Lega-Upi-Cispel sui problemi della finanza locale, al termine gli amministratori<br />

si recavano presso la Commissione Finanza del Senato 691 . Erano ormai<br />

passati sei anni dalla vittoria delle sinistre nelle elezioni locali, erano lontanissimi<br />

i tempi dell’isolamento della Lega. In quel momento, se c’era chi poteva<br />

lamentare un certo isolamento, era proprio l’Anci: il Campidoglio era guidato<br />

da una giunta capeggiata dal comunista Luigi Petroselli; alla testa dell’Upi<br />

c’era il socialista Gianvito Mastroleo, presidente della provincia di Bari; alla<br />

testa della Cispel c’era il comunista Armando Sarti.<br />

Alla fine del 1981 un Documento del gruppo di lavoro per l’organizzazione in preparazione<br />

della conferenza nazionale di Pesaro ribadiva le citate affermazioni del segretario<br />

in occasione del consiglio nazionale rafforzando le note sulla natura della<br />

Lega: “La Lega deve valorizzare quel carattere di associazione di movimento, capace<br />

di aderire alla complessità della situazione italiana in modo più duttile e arti-<br />

686<br />

Lucio Luzzatto, Seminario sull’editoria della Lega. Relazione sul Comune democratico, Icd<br />

lug. 1980, pp. 83-9.<br />

687<br />

Consiglio nazionale della Lega. Relazione del segretario nazionale sen. Dante Stefani, Icd<br />

dic. 1980, pp.15-35.<br />

688<br />

Una nuova collana delle Edizioni delle autonomie: “Progetto salute”, Icd gen. 1981, pp. 91-4.<br />

689<br />

Pagina pubblicitaria, Icd feb. 1981, p. 22.<br />

690<br />

“Le ‘Edizioni delle autonomie’ presentano ad amministratori e studiosi di autonomie locali<br />

una nuova collana – STRUMENTI – che tratta di concrete esperienze di ricerca e di programmazione<br />

effettuate dalla Provincia di Bologna”.Icd gen.-feb. 1984, p. 44.<br />

691<br />

Una manifestazione della Lega per la soluzione dei problemi della finanza locale, Icd feb.<br />

1981, pp. 19-21.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 195<br />

colato degli stessi partiti, e di organizzazione aperta a uno schieramento ampio e<br />

unitario di tutte le forze realmente autonomiste”. L’obiettivo fondamentale da raggiungere<br />

era, comunque, lo stesso: “Sta proprio nell’impegno che nazionalmente<br />

e regionalmente l’organizzazione saprà profondere che si potranno risolvere le tante<br />

difficoltà ancora presenti nella Lega e insieme sanare la situazione finanziaria” 692 .<br />

Delineata la natura della Lega, l’obiettivo che si delineava successivamente<br />

era, ancora, l’unità del movimento. Nel novembre del 1981, nella sua relazione<br />

alla Conferenza nazionale di Pesaro, Dante Stefani proponeva di avviare un<br />

“processo con l’ipotesi di un patto di consultazione, per una specie di tavolo di<br />

lavoro comune, permanente, con l’Anci, con l’Upi, con i Presidenti delle regioni,<br />

la loro consulta, con l’Aicce, con la Cispel, con le comunità montane,<br />

con le stesse associazioni degli amministratori cui hanno dato vita il Partito socialista<br />

e la Democrazia cristiana” 693 .<br />

Sempre a Pesaro, relativamente alla struttura dell’organizzazione, veniva decisa<br />

l’attribuzione alla casa editrice Edizioni delle autonomie dei costosi compiti<br />

editoriali e di continuare a mantenere due periodici, “Il comune democratico”<br />

e “Il potere locale”, verificandone costi e compatibilità 694 .<br />

2.3.1. Giannini e Cassese, continuano a collaborare con la Lega<br />

L’accentuazione del carattere giuridico-istituzionale della storica rivista della<br />

Lega, divenuta bimestrale 695 , veniva messa in risalto dall’attribuzione a Massimo<br />

Severo Giannini dalla presidenza del “Comitato di garanti” a cui veniva<br />

attribuito “il compito di contribuire alla elaborazione del programma” della rivista<br />

affinché questa rimanesse “importante punto di riferimento per tutti coloro<br />

che si battono per l’attuazione del dettato costituzionale” 696 . All’inizio de-<br />

692<br />

Documento del gruppo di lavoro per l’organizzazione in preparazione della conferenza nazionale<br />

di Pesaro, Icd ott. 1981, pp. 99-106.<br />

693<br />

Un strategia per il rinnovamento. Sintesi della relazione del segretario nazionale sen. Dante<br />

Stefani, Ipl nov.-dic. 1981, pp. 4-7.<br />

694<br />

A Pesaro era stata presa in esame anche l’attività editoriale di cui era stata tracciata una<br />

breve storia. Sorta nel 1977, la casa editrice della Lega, aveva pubblicato 33 titoli nel primo<br />

biennio, 23 nel 1979, 46 nel 1980, 49 fino all’ottobre 1981. Il fatturato di 348 milioni nel<br />

1978, era passato a 543 l’anno successivo, 64 nel 1980 e 711 fino all’ottobre 1981. Quattro<br />

erano le collane: “Istituzioni e programmazione”, “Amministrare l’urbanistica”, “Come fare” e<br />

“Progetto salute”; dal 1978 si era poi sviluppata una vera e propria “editoria di servizio” per amministratori<br />

e tecnici del governo locale che aveva via via aumentato il proprio peso in termini<br />

di titoli e fatturato, passato dal 12,6% del 1979, al al 49% del 1981; la pubblicazione di maggior<br />

rilievo in questo ambito era, naturalmente, l’Annuario; Editoria ed informazione. Sintesi<br />

della relazione di Luigi Ladaga, Ipl nov.-dic., pp. 7-8.<br />

695<br />

La rivista della Lega, “Il comune democratico”, dal gennaio 1982 diveniva bimestrale e<br />

passava alla direzione del sen. del Pci Enzo Modica, Presidente della Commissione parlamentare<br />

per le questioni regionali e del segretario nazionale aggiunto, il socialista Santini.<br />

696<br />

Sen. Dante Stefani, Editoriale, Icd gen,-feb. 1982, pp. 3-4; la nuova direzione ed il “Comitato<br />

dei garanti” sarebbero apparsi in II di copertina dal numero successivo, il n. 3 mag.-giu.<br />

1982, da quello stesso nuomero al sottotitolo si aggiungevano le regioni e mutava in “Rivista<br />

delle autonomie locali e delle regioni”.


196 PARTE III<br />

gli anni ’80, dunque, due dei maestri della giurisprudenza italiana, Giannini e<br />

Cassese, collaboravano, contemporaneamente, all’organizzazione delle autonomie<br />

locali della sinistra. Del “Comitato di consulenza” della rivista, presieduto<br />

da Giannini, avrebbero fatto parte Enzo Cheli, Mario Leone, Fabio Roversi<br />

Monaco, Dante Stefani, Maurizio Valenzi e Ugo Vetere 697 .<br />

2.3.2. Tentativi per un coordinamento unitario delle associazioni delle autonomie<br />

Il 12 luglio 1982 si riunivano a Bologna l’Anci, l’Upi, l’Uncem, la Cispel, la<br />

Lega e anche l’Anael, l’organizzazione degli amministratori democristiani, per<br />

“ottenere un provvedimento immediato di riforma della finanza locale, nel tentativo<br />

di evitare per il 1983 il ripetersi della ormai abituale abnorme situazione<br />

di incertezza, di confusione e di conflittualità tra il governo e gli enti locali sulla<br />

entità dei trasferimenti e le norme per compilare i bilanci”. Come scriveva il<br />

segretario: “per la prima volta si è realizzato un convegno promosso unitariamente<br />

dall’insieme del movimento autonomistico degli enti locali. È una novità<br />

che va nella direzione del coordinamento del lavoro delle associazioni da noi<br />

auspicato più volte e sulla quale occorre fare una più attenta riflessione”. La Lega,<br />

concludeva Stefani, era disponibile a proseguire il percorso di collaborazione:<br />

“Essa deve sempre più caratterizzarsi come organizzazione unitaria di lotta<br />

per l’attuazione dello stato delle autonomie, per una migliore qualità della vita,<br />

per un ampio sviluppo delle forme di democrazia e di partecipazione popolare,<br />

impegnata in un’opera di sviluppo e di rafforzamento e di adeguamento<br />

dei propri strumenti per corrispondere alle esigenze degli amministratori e della<br />

promozione di una più diffusa e approfondita cultura autonomista”. Era in<br />

nome di una migliore qualità della vita dei cittadini, delle esigenze degli amministratori<br />

e della promozione di una più diffusa e approfondita cultura autonomista<br />

che era possibile un’azione comune delle organizzazioni del movimento per<br />

le autonomie locali. La Lega, concludeva Stefani, dimostrava concretamente la<br />

propria volontà unitaria con le manifestazioni come quella di Bologna e, “sul<br />

piano culturale, [con] l’Annuario delle autonomie e la nuova edizione de ‘Il comune<br />

democratico’” 698 .<br />

2.3.3. Il congresso di Bologna del 1984: una modificazione strutturale della<br />

Lega<br />

Il IX congresso della Lega si svolse a Bologna dal 1° al 3 marzo del 1984, nel<br />

pieno di quella che il segretario Stefani nella sua relazione preparatoria all’appuntamento<br />

definiva come la “diffusa […] consapevolezza e la preoccupazione<br />

per l’estendersi del senso di distacco fra cittadini e istituzioni e di sentimenti di<br />

sfiducia nell’operato dello Stato”, e la crisi del “processo di decentramento au-<br />

697<br />

Comitato di consulenza, Icd mag.giu. 1982, II di copertina.<br />

698<br />

Dante Stefani, Assise di Bologna: l’impegno delle autonomie, Icd lug.-ago. 1982, pp. 99-104.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 197<br />

tonomistico arrivato con le Regioni”. L’obiettivo era definire “l’apporto del sistema<br />

delle Autonomie locali e regionali al rinnovamento del Paese”. Un apporto<br />

che sembrava facilitato dalla “definitivamente superata vecchia diatriba<br />

fra Anci e Lega. Le due Associazioni [infatti] hanno saputo dimostrare di non<br />

essere in antagonismo, ma anzi di avere ognuna compiti specifici complementari”,<br />

anche se, teneva a sottolineare il segretario, rimaneva intatto lo storico legame<br />

dell’organizzazione con le forze della sinistra. Stefani, infine, ribadiva il<br />

doppia funzione della Lega, politica, “per il confronto delle esperienze” e tecnica,<br />

“per la formazione e qualificazione degli eletti”, con una significativa – per<br />

quanto implicita - accentuazione di quella tecnica 699 . D’altra parte era indubitabile<br />

che delle due funzioni quella che meno aveva avuto successo era quella<br />

politica, come sottolineava il documento preparatorio al Congresso nel quale<br />

era scritto che: “visti i risultati a cui si è pervenuti, bisogna constatare realisticamente<br />

che la tensione del movimento autonomista non è stata identica per<br />

tutti e non è stata sufficiente”. Con l’espressione finale “non è stata identica per<br />

tutti e non è stata sufficiente” si salvava, ma solo implicitamente, dal fallimento<br />

l’opera della Lega e la condanna veniva attribuita ad Anci ed Upi, ma la circostanza<br />

veniva comunque rilevata.<br />

Così come veniva rilevato il rallentamento del processo di decentramento,<br />

causato dalle difficoltà del processo di attuazione del decentramento democratico<br />

dello Stato e dalle difficoltà economiche complessive. Il decentramento fin<br />

<strong>qui</strong> attuato ava causato lo s<strong>qui</strong>librio fra “entrate” e “funzioni”, ed il mancato<br />

sviluppo delle riforme aveva causato pericoli di vuoto legislativo, e difficoltà del<br />

movimento autonomista. Al primo posto tra queste difficoltà c’era il “fenomeno<br />

del neo-centralismo regionale, ricalcato su vecchi modelli centralistici centrali”.<br />

Una denuncia chiara e determinata come mai era stata fatta fino ad allora<br />

che evidenziava l’illusione di un movimento autonomista che avrebbe dovuto<br />

sostenere, contemporaneamente, le ragioni di autonomie locali e regioni. Per<br />

quanto riguarda i rapporti con le altre organizzazioni delle autonomie locali, la<br />

Lega sosteneva “la proposta di una forma permanente di consultazione fra le<br />

varie organizzazioni degli Enti locali e con la stessa Conferenza dei Presidenti<br />

delle Regioni”. A poco meno di un anno dalla istituzione della Conferenza Stato-Regioni<br />

(D.P.C.M. 12 ottobre 1983) - ed a quasi ventanni dalla proposta di<br />

Santarelli del 1966 - la Lega chiedeva la costituzione di un organo di raccordo<br />

tra la Conferenza delle regioni e le organizzazioni delle autonomie locali che risolvesse<br />

le questioni tra istituzioni regionali e locali attraverso un confronto paritario.<br />

Il congresso doveva sancire la “modificazione strutturale” della Lega e prepararla<br />

alle sfide degli anni successivi. Per quanto riguarda l’ambito interno gli<br />

argomenti sui quali concentrare l’attenzione erano: qualità della vita delle popolazioni,<br />

casa, assistenza, servizi; partecipazione; occupazione e sviluppo; piccoli<br />

comuni; Mezzogiorno; criminalità organizzata. Relativamente all’attività<br />

internazionale la Lega si sarebbe dovuta impegnare per la pace, il disarmo, la<br />

699<br />

Dante Stefani, Crescita e rinnovamento delle autonomie locali per lo sviluppo del paese, Icd<br />

gen.-feb. 1984, pp. 3-6.


198 PARTE III<br />

fame nel mondo; avrebbe dovuto rafforzare il proprio ruolo nelle organizzazioni<br />

internazionali come la Fmvj, sostenere l’Aicce.<br />

Strumenti ed attività istituzionali della Lega dovevano essere potenziati, e<br />

questo riguardava in primo luogo il Cirdal, per la formazione e consulenze di<br />

carattere giuridico, fiscale e finanziario. Per quanto riguarda l’attività editoriale<br />

veniva deciso, tra l’altro, di pubblicare una guida dell’amministratore locale in<br />

vista delle elezioni amministrative del 1985.<br />

Veniva proposta, infine, la semplificazione del nome della Lega che diveniva<br />

“Lega delle autonomie locali” ed il ripristino della previsione nello statuto di<br />

un’assemblea annuale, abrogata nel precedente congresso di Firenze 700 .<br />

Il segretario, nella relazione svolta al congresso, confermava le affermazioni<br />

sviluppate nella relazione preparatoria, con una interessante sottolineatura della<br />

necessità di lavorare “per il recupero di immagine, della credibilità e dell’impegno<br />

delle autonomie”, per rilanciare “nei confronti dei cittadini il valore di un<br />

potere locale che rappresenti le radici dello Stato”. Era anche per questo obiettivo<br />

che si chiedeva di rafforzare il “Comitato di intesa tra tutte le associazioni nazionali<br />

formatosi nei mesi scorsi” sostenuto dalla Lega e, a proposito dell’attività<br />

editoriale - evidentemente quella maggiormente impegnativa dal punto di vista<br />

finanziario - il segretario chiedeva di verificare “se esistono le condizioni con<br />

le altre associazioni delle autonomie per una azione editoriale congiunta” 701 .<br />

2.4. Il difficile rapporto con l‘Anci. La Lega organizza gli incontri di Viareggio<br />

La volontà della Lega di costruire una linea comune del “movimento autonomistico<br />

degli enti locali” si evidenziava anche nella decisione di proseguire la<br />

tradizione degli incontri di Viareggio sulla finanza locale. Avviato nel 1963, il<br />

Convegno di Viareggio divenne a partire del 1967 702 un appuntamento via via<br />

sempre più importante, in occasione del quale gli amministratori locali si confrontavano<br />

tra loro e con il governo. Divenuto una sorta di assemblea annuale<br />

dell’Anci, alla quale partecipavano con sempre maggiore rilievo anche i rappresentanti<br />

della Lega all’inizio degli anni ’80, in concomitanza con l’affidamento<br />

della presidenza al sen. Riccardo Triglia, l’Associazione dei comuni, decise di<br />

non promuoverne più l’organizzazione. Dal 1984 fu <strong>qui</strong>ndi la Lega a prendere<br />

il posto dell’Anci accanto al comune di Viareggio, continuando così “l’ormai<br />

tradizionale Convegno sulla Finanza locale” come sottolineava l’editoriale che<br />

ne ricordava lo svolgimento dall’11 al 13 ottobre 1984 703 . Era probabilmente<br />

questo il primo, significativo, segnale dello spostamento della competizione tra<br />

Anci e Lega dall’ambito politico a quello tecnico.<br />

700<br />

Documento preparatorio per il IX congresso nazionale della Lega, Icd gen.-feb. 1984, pp.<br />

17-43.<br />

701<br />

Dante Stefani, Relazione al IX congresso nazionale della Lega delle autonomie, Icd mar.-apr.<br />

1984, pp. 3-20.<br />

702<br />

Nel 1967, dopo un’interruzione, si era svolto il III convegno della serie.<br />

703<br />

Il convegno di Viareggio. La finanza locale e la legge finanziaria 1985, Icd lug.-ago. 1984,<br />

pp. 3-7.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 199<br />

2.4.1. Lega/Anci: dalla competizione politica a quella tecnica<br />

La sfida Anci-Lega comunque, non sarebbe cessata. Da quel momento la<br />

competizione tra le due strutture dal punto di vista ideologico si sarebbe via via<br />

stemperata per cessare, sostanzialmente, nei primi anni ‘90 e si sarebbe spostata<br />

sulla capacità di fornire concreti servizi agli amministratori e di rispondere ai<br />

bisogni dei cittadini. Non era <strong>qui</strong>ndi certo un caso se tra le iniziative che il segretario<br />

Stefani chiedeva di sviluppare al IX congresso vi erano l’istituzione del<br />

difensore civico, la carta dei diritti del malato, e “la carta dei diritti dell’utente<br />

proposta dalla Cispel” 704 .<br />

L’accresciuta importanza della funzione di supporto alla funzione di governo<br />

svolta dagli amministratori locali era evidentissima nell’evoluzione dell’Anci<br />

durante la presidenza Triglia. Tra il 1982 ed il 1992, grazie a Triglia, l’Anci<br />

sviluppava molto la propria funzione di servizio ai comuni anche avvalendosi,<br />

dal 1986, di un nuovo segretario Lucio D’Ubaldo, un giovane democristiano<br />

che sostituiva Giovanni Santo, in carica per ventanni. I principali obiettivi politico-istituzionali<br />

sarebbero rimasti gli stessi degli anni e dei decenni precedenti<br />

- la riforma delle autonomie locali e la loro autonomia impositiva e finanziaria<br />

– ma grazie al presidente piemontese l’organizzazione ebbe una struttura<br />

più forte ed un deciso radicamento territoriale che la mise in grado di competere<br />

con la Lega sul piano tecnico-istituzionale. Il presidente dell’Anci incoraggiò<br />

la nascita di Anci regionali e rafforzò la struttura dell’organizzazione per<br />

garantire ai comuni un’adeguata consulenza finanziaria, amministrativa e sindacale,<br />

rispetto ai lavoratori comunali e ricoprì anche le cariche di vicepresidente<br />

e poi presidente dell’organizzazione internazionale dei comuni, la Union<br />

Internationale des Villes - International Union of Local Autorithies, primo italiano<br />

a raggiungere i vertici del movimento comunale internazionale.<br />

Nel 1986 Triglia avviò la pubblicazione della Guida normativa per l’amministrazione<br />

locale, a cura del segretario comunale Fiorenzo Narducci, che si affiancò<br />

prima e si sostituì poi all’Annuario delle autonomie locali pubblicato dalla Lega.<br />

Dal 1997, infatti, cessata la pubblicazione dell’Annuario curato da Cassese, la<br />

Guida normativa è divenuta, per sinteticità e completezza, uno strumento unico<br />

a disposizione di tecnici ed amministratori comunali, nel pur ricco mercato della<br />

pubblicistica di supporto all’attività amministrativa delle autonomie locali.<br />

L’anno seguente alla pubblicazione della prima Guida normativa, nel 1987, il<br />

presidente dell’Anci promosse la rete telematica Ancitel, che realizzò sul modello di<br />

quella dell’Unioncamere 705 , anche con un l’appoggio del Ministero dell’interno 706 .<br />

704<br />

Dante Stefani, Relazione al IX congresso nazionale della Lega delle autonomie, Icd mar.-apr.<br />

1984, pp. 3-20.<br />

705<br />

Si ringrazia per questa informazione il sen. Riccardo Triglia.<br />

706<br />

L’organizzazione, infatti, firmò un apposito protocollo d’intesa con il Viminale che stabiliva<br />

una convenzione tra le due parti in base alla quale Ancitel poteva fornire agli “enti locali<br />

agli enti ed uffici interessati” notizie, dati e documentazione del Ministero relativa a normativa,<br />

studi, dati statistici della più varia natura in cambio di “una corretta utilizzazione e trasmissione<br />

dei dati forniti dal Ministero dell’interno” ed alla fornitura “in comodato fino a 120<br />

terminali videostampanti […] destinati alle prefetture ed agli uffici del Ministero”; Servizi per


200 PARTE III<br />

L’espansione dell’attività di supporto tecnico-amministrativo e delle stesse<br />

organizzazioni nella seconda metà degli anni ‘80 aveva un definitivo riconoscimento<br />

della sicurezza e della stabilità delle entrate che, per quanto riguarda la<br />

Lega, era particolarmente importante. Era infatti nel 1987, con l’approvazione<br />

del DPR del 31 agosto 1987, n. 359, Provvedimenti urgenti per la finanza locale<br />

che la Lega, seppur non nominata ufficialmente, vedeva riconosciuta - al pari<br />

delle altre organizzazioni, che da anni ne usufruivano - la possibilità di riscuotere<br />

i contributi dagli enti associati attraverso appositi ruoli affidati ai concessionari<br />

del servizio nazionale di riscossione, con l’obbligo di garantire adeguate<br />

forme di pubblicità al proprio bilancio sul piano nazionale 707 . Con questa<br />

norma si ufficializzava la fine, ormai avvenuta da tempo nei fatti, degli interventi<br />

censori dei prefetti contro le delibere di iscrizione alla Lega che aveva,<br />

così la garanzia di una regolare contribuzione 708 da parte degli associati.<br />

2.5. La Lega e la nuova sfida dell’unità del movimento per le autonomie locali<br />

Il muro del conflitto ideologico che divideva la Lega dalle altre organizzazioni<br />

del movimento per le autonomie locali cadde, sostanzialmente, nei primi<br />

anni ‘80, e <strong>qui</strong>ndi prima della caduta del Muro di Berlino che nel 1989 segnò<br />

l’inizio della fine della divisione del mondo in blocchi contrapposti. Le vittorie<br />

ottenute dei partiti della sinistra nelle elezioni locali, a partire dal 1975, avevano<br />

mutato gli e<strong>qui</strong>libri politici nelle principali organizzazioni del movimento<br />

per le autonomie locali, prima nelle mani della Democrazia cristiana. Nel 1976<br />

era stato eletto presidente dell’Upi il socialista Franco Ravà, presidente della<br />

Provincia di Firenze. Dieci anni dopo, nel 1986, l’Unione venne guidata da un<br />

altro presidente della provincia di Firenze, ma questa volta comunista: Alberto<br />

Brasca.<br />

Caduta la pregiudiziale ideologica, lo spirito unitario della Lega, insito nella<br />

struttura stessa dell’organizzazione, che raggruppa senza distinzioni comuni,<br />

province e comunità montane, si rafforzava e spingeva l’associazione a farsi decisa<br />

promotrice di un processo di unificazione, sul piano orizzontale, tra le diverse<br />

organizzazioni delle autonomie locali, e di coordinamento, sul piano ver-<br />

i comuni. Roma, 27 maggio 1987, in I documenti dell’Anci…, vol. II, pp. 290-1; una nuova convenzione<br />

veniva firmata ancora nel 1991, Attività di servizi. Roma, 11 marzo 1991, in I documenti<br />

dell’Anci…, vol. III, pp. 251-2.<br />

707<br />

Nell’art. 27 era riconosciuta tale possibilità ad Anci, Upi, Aicce, Uncem, Cispel ed alle<br />

“altre associazioni degli enti locali e delle loro aziende con carattere nazionale e dell’Unione italiana<br />

della camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”; il DPR era convertito<br />

nella legge n. 440 del 29 ottobre 1987, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge<br />

31 agosto 1987, n. 359, recante provvedimenti urgenti per la finanza locale, (GU 31 ott. 1987,<br />

n. 255). La norma è ora ricompresa nel Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali<br />

(art. 270) del 2000.<br />

708<br />

L’iscrizione ai ruoli eliminava rischi di ritardi o dimenticanze nel pagamento delle quote<br />

associative da parte degli enti locali; rimaneva salva, naturalmente, la possibilità di recesso<br />

dell’ente locale.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 201<br />

ticale, tra queste e le regioni, per mezzo della Conferenza dei Presidenti delle<br />

Regioni, per regolare i rapporti, sempre più complessi, tra autonomie locali e<br />

regioni.<br />

Era questo un processo che evidenziava, per l’ennesima volta, la capacità<br />

progettuale di cui la Lega è portatrice come organizzazione di carattere spiccatamente<br />

politico rispetto alle altre strutture del movimento. Il progetto di Stefani<br />

del 1984, infatti, sottolineava nuovamente l’esistenza nel movimento per<br />

le autonomie locali del bisogno di un organo di raccordo complessivo tra autonomie<br />

locali, regioni e Stato, bisogno che si era manifestato in forma ricorrente<br />

nella storia del movimento e che sarebbe stato soddisfatto nella seconda<br />

metà degli anni ’90 con l’istituzione della Conferenza unificata. Da sottolineare<br />

il fatto che, in linea con l’impostazione politica data alla questione dell’autonomia<br />

locale, propria della Lega, Stefani suggeriva “una forma permanente di<br />

consultazione fra le varie organizzazioni degli Enti locali e con la stessa Conferenza<br />

dei Presidenti delle Regioni”, non tra istituzioni.<br />

Un’impostazione non-istituzionale dei rapporti tra autonomie locali e regioni,<br />

e di conseguenza tra queste e lo Stato, che la Lega, pur inconsapevolmente,<br />

condivideva con la posizione espressa da due tra i maggiori maestri del<br />

diritto, Massimo Severo Giannini e Roberto Lucifredi. Questa era l’espressione<br />

particolarmente efficace con la quale nel 1960 Lucifredi, riprendendo sostanzialmente<br />

le posizioni di Giannini in materia, riassumeva la sua posizione contraria<br />

alla storica proposta dell’Anci di costituire un Consiglio superiore dei comuni<br />

per regolare i rapporti tra lo Stato e le autonomie locali: “La mia perplessità<br />

nasce essenzialmente dal timore di aumentare la selva selvaggia e sovrabbondante<br />

dei nostri organismi amministrativi con una pianta in più, le cui<br />

rigogliose ramificazioni forse contribuirebbero a rendere ancora più intricata la<br />

selva, senza rendere apprezzabilmente più respirabile l’aria circostante” 709 .<br />

2.5.1. 1986: Il settantesimo anniversario della fondazione<br />

La celebrazione del settantesimo anniversario della fondazione delle Lega,<br />

avvenuta a Bologna il 13 dicembre 1986 nella sala del consiglio comunale di<br />

Palazzo D’Accursio, era occasione di interessanti riflessioni sul ruolo politico ed<br />

istituzionale della Lega nella storia nazionale, pur con evidenti finalità politiche<br />

e, soprattutto, di polemica partitica. Un’occasione comunque importante per<br />

gli spunti che fornisce per capire come la classe politica di quegli anni interpretava<br />

la propria funzione in relazione ai fatti storici. Com’era avvenuto in<br />

precedenti celebrazioni, le considerazioni sulle vicende complessive dell’organizzazione<br />

si basavano, tutte, sull’errata presunzione di una sostanziale continuità<br />

storica della Lega tra periodo liberale e repubblicano, interrotta solo dalla<br />

violenza fascista e non invece, come fu nella realtà, da una miope decisione<br />

assunta nel 1922 dalla direzione massimalista del Psi.<br />

709<br />

Istituzione del Consiglio superiore degli enti locali. 3) Relazione dell’On. Prof. Avv. Roberto<br />

Lucifredi, in “Notiziario Anci”, n.6-7, giu.-lug.1960, pp.VII-IX.


202 PARTE III<br />

Per Corghi la diversità tra la Lega del periodo liberale e quella della Repubblica<br />

era dovuto soprattutto al “contesto” - principalmente dalla Costituzione<br />

<strong>qui</strong>ndi - che rendeva improponibile il riferimento ad un partito e favoriva, invece,<br />

“una prospettiva aperta a tutte le forze politiche che si battono perché la<br />

Repubblica sia fondata sulle Autonomie”. “Una prospettiva aperta” che, sempre<br />

secondo Corghi, aveva favorito l’azione comune di “uomini di diversa matrice<br />

politica e culturale […] per riaffermare i valori autonomistici quando essi<br />

venivano in vario modo deviati dal potere centrale” 710 .<br />

Il segretario, Stefani, riassumeva brevemente la storia della Lega in pochi<br />

tratti: la Lega del periodo liberale “una vita breve fatta di slanci, di fervore ideale,<br />

di forte iniziativa, ma anche assai travagliata”, “le divisioni al suo interno fra<br />

riformisti e massimalisti, la scissione fra socialisti e comunisti”, la fine voluta<br />

dal fascismo. Quindi la rinascita nel 1947, i durissimi anni ’40 e ’50, quelli de<br />

“il reato di essere sindaco”, poi gli anni ’60 e ’70 nei quali “si va delineando la<br />

Lega di oggi, protagonista di un ampio movimento politico e culturale autonomista”<br />

e ancora gli anni della nascita dell’ordinamento regionale e dell’avvio<br />

del processo di decentramento. Per arrivare agli anni ’80, dell’intollerabile ritardo<br />

della riforma della legge comunale e provinciale e della finanza locale che<br />

rendeva necessario “l’11° decreto annuale per disciplinare i bilanci dei comuni<br />

e delle province”. Gli anni delle mancate riforme che sarebbero state indispensabili<br />

per superare le difficoltà più forti della vita degli enti locali, “a partire da<br />

quelle forme associative per i piccoli comuni”.<br />

Stefani ribadiva, infine, quella che può essere definita come la sfida dell’unità<br />

portandola sul terreno della ricerca storica. Il segretario denunciava che “la<br />

storia delle Autonomie è parte integrante della storia del nostro paese, [ma]<br />

troppo spesso trascurata e sottovalutata dalla ricerca storica” ed annunciava la<br />

decisione della ‘Lega’ di intraprendere il lavoro per costituire un ‘archivio storico<br />

delle autonomie’, per il recupero, la conoscenza, lo studio e la valorizzazione<br />

di un patrimonio ricchissimo ed unico” 711 . Una proposta, mai attuata, suggerita<br />

dalla concomitanza delle celebrazioni della fondazione di Anci e Lega che ricordavano,<br />

rispettivamente, l’85° ed il 70° anniversario.<br />

2.5.2. L’elogio della “doppiezza” e la difesa dell’autonomia<br />

Un intervento molto interessante era quello di Giuliano Amato, all’epoca Sottosegretario<br />

alla Presidenza del consiglio dei ministri nel secondo Governo Craxi,<br />

la cui presenza sottolineava l’importanza che il Partito socialista di Bettino<br />

Craxi tributava all’organizzazione delle autonomie locali della sinistra 712 . Amato<br />

710<br />

Corrado Corghi, Settanta anni!, Icd gen.-apr. 1987, pp. 3-7.<br />

711<br />

Dante Stefani, Le autonomie oggi e domani, Icd gen.-apr. 1987, pp. 9-14.<br />

712<br />

È comunque necessario ricordare, a testimonianza dell’importanza assunta dall’Anci in<br />

quegli anni, che al congresso di Padova dell’Anci che si era svolto un paio di mesi prima, erano<br />

intervenuti, per il governo, oltre al Presidente Craxi, il Ministro dell’interno, Oscar Luigi<br />

Scalfaro e il Sottosegretario al Tesoro Carlo Fracanzani; Paola Poeta, I comuni, il governo del territorio,<br />

le nuove infrastrutture civili, Ipl nov. 1986, pp. 7-14.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 203<br />

ripercorreva la storia della Lega con uno spirito opposto a quello affermato negli<br />

interventi di Corghi e Stefani ricordando che la “lega socialista dei comuni fu, a<br />

suo tempo, un fattore di divisione”. Il sottosegretario, <strong>qui</strong>ndi, sosteneva la necessità<br />

di cercare lo “specifico” della Lega delle origini e ricordava che la battaglia per<br />

l’autonomia, nella storia d’Italia, era stata anche una battaglia conservatrice. Sottolineava,<br />

a questo proposito, i fini profondamente diversi dell’autonomia chiesta<br />

dai cattolici di Murri e di quella voluta dai socialisti di Costa, per i quali il comune<br />

era “particolarmente pertinente alla trasformazione socialista della società<br />

di allora”. Ricordava che la Lega dei comuni era nata proprio perché i socialisti<br />

volevano distinguersi da quelli che volevano l’autonomia come “uno strumento<br />

di integrazione al pari di altri”, per sostenere invece, “il comune contro lo Stato”.<br />

Amato affermava ancora che “lo specifico” socialista riguardo ai comuni era<br />

una caratteristica che era “sempre stata vista come critica: doppiezza. Una sorta<br />

di provvidenziale doppiezza” che, per l’esponente socialista era evidentemente<br />

positiva. Grazie alla doppiezza fu possibile “il riformismo come azione di<br />

quotidiano miglioramento delle condizioni dei ceti popolari, [ma] attraverso<br />

una immaginazione del comune come strumento che serve per creare un’altra<br />

società”. La stessa doppiezza, sottolineava, che permetteva ai socialisti di lavorare<br />

concretamente nelle cooperative, senza abbandonare la prospettiva di una<br />

società socialista.<br />

Ma quello che era rimasto più vivo del passato, secondo Amato, era purtroppo<br />

il pericoloso concetto del “comune contro lo Stato”, in parte giustificato<br />

dai ritardi nelle riforme di cui soffrivano gli enti locali. Il pericolo era che le<br />

giuste lamentele contro le colpe dello Stato portassero alla sovrapposizione dell’autonomismo<br />

di Murri, conservatore, con quello di Costa, progressista, e si<br />

arrivasse ad un autonomismo che fosse “un indistinto canto a difesa delle autonomie”.<br />

Portava <strong>qui</strong>ndi ad esempio la questione dei piccoli comuni: “non è<br />

possibile che sia un’istituzione forte di una democrazia forte, un’istituzione locale<br />

che non abbia caratteristiche strutturali idonee ad essere forte”. “Io credo<br />

– concludeva Amato – che il comune sia uno strumento e non un fine e voglio<br />

che sia costruito, apprezzato e conformato in modo tale da essere ancora oggi<br />

uno strumento di progresso e se deve cambiare […] è bene che cambi”, perché<br />

quelli che dovevano essere tutelati erano i bisogni della comunità che non potevano<br />

essere soddisfatti da comuni troppo piccoli. Per questo la riforma delle<br />

autonomie era prioritaria per il governo 713 .<br />

L’intervento di Amato deve essere letto alla luce della battaglia e della polemica<br />

partitica di quegli anni. Mentre il Partito comunista a partire dagli anni<br />

’70, dall’opposizione, era impegnato a costruire una prospettiva di collaborazione<br />

con i cattolici, il Psi di Amato sottolineava orgogliosamente la propria<br />

identità sia nei confronti del maggiore partito di opposizione, il Pci, sia nei<br />

confronti del maggiore partito nazionale, la DC, con il quale era al governo, sostenendo<br />

la prospettiva di uno Stato e di un Presidente del consiglio più forte.<br />

In questo quadro era evidente che il Psi considerava con estrema diffidenza la<br />

politica della Lega che, da un lato, perseguiva una strategia unitaria riguardo al<br />

713<br />

Giuliano Amato, Democrazia ed efficienza, Icd gen.-apr. 1987, pp. 23-30.


204 PARTE III<br />

movimento per le autonomie locali e, dall’altro, difendeva a spada tratta il principio<br />

dell’autonomia locale. In particolare era forte lo scontro sul principio dell’autonomia<br />

locale. Il sottosegretario Amato riproponeva all’attenzione della<br />

Lega, anche se con toni decisamente meno polemici, gli stessi elementi posti<br />

dal Presidente del consiglio Bettino Craxi alla IX assemblea congressuale dell’Anci<br />

che si era svolta a Padova ad ottobre di quello stesso anno. A Padova il<br />

Presidente Craxi, aveva posto il problema di una complessiva revisione delle<br />

istituzioni di governo del territorio, a partire, in particolare, dai comuni 714 .<br />

Era Zangheri, comunista di Imola ed ex-sindaco di Bologna che rispondeva<br />

all’intervento di Amato. Il sindaco reclamava innanzitutto la necessità di riforme<br />

per gli enti locali, ricordava, insieme, la Lega dei comuni socialisti, il leggendario<br />

sindaco socialista di Bologna Zanardi, Murri e Sturzo, e ancora l’Anci,<br />

organizzazione unitaria dei comuni, della quale, sottolineava, un altro grande<br />

sindaco di Bologna, Dozza, era stato protagonista. Ricordava le iniziative di<br />

Costa, sindaco della sua Imola e ancora la Costituzione e la “Repubblica fondata<br />

sulle autonomie”. Affermava il valore intrinseco delle autonomie locali<br />

quali “antidoto all’accentramento politico, economico, ma anche culturale, ma<br />

anche televisivo, ma anche dell’informazione”. Comuni e province, oltreché<br />

soddisfare i bisogni delle comunità dovevano “dare un senso alla comunità locale,<br />

un senso di appartenenza alla comunità locale”, la riforma, concludeva<br />

Zangheri, doveva riguardare certamente le autonomie locali, ma anche la Presidenza<br />

del consiglio, lo Stato e il Parlamento 715 .<br />

La risposta ad Amato non poteva essere più chiara. La strategia dell’unità del<br />

movimento per le autonomie locali era fissata, e se era bene pensare alla riforma<br />

dei comuni, bisognava fare riferimento ad essi, soprattutto come fondamento<br />

di democrazia. E nello stesso tempo, insieme alla riforma delle autonomie<br />

locali, sottolineava Zangheri, era indispensabile provvedere alla riforma<br />

delle massime istituzioni nazionali, Stato e Parlamento compresi.<br />

2.6. Il malessere delle autonomie locali<br />

Alla fine degli anni ‘80, gli anni che precedettero la riforma delle autonomie<br />

locali, cresceva l’insofferenza della società nazionale nei confronti delle istituzioni<br />

ed il malessere delle autonomie locali per la mancanza sia di una riforma<br />

complessiva dell’ordinamento che le riguardava, sia della finanza locale. Nel<br />

1987, a distanza di dieci anni dalla Riforma Stammati, tutto era ancora come<br />

prima. Scriveva Giuseppe Falcone ne “Il comune democratico”: “È fallita l’amministrazione<br />

centrale dello Stato, anche nella espressione più alta: Governo e<br />

Parlamento, perché in dieci anni non è riuscita a varare una riforma organica<br />

delle prime cellule di uno Stato: Comuni e Province, e ha continuato per provvedimenti<br />

tampone […] È fallita l’amministrazione regionale, incapace di trovare<br />

una propria identità e un proprio fine, in eterno conflitto da una parte con<br />

714<br />

Poeta, I comuni, il governo del territorio..., cit.<br />

715<br />

Renato Zangheri, Nuove prospettive per le autonomie, Icd gen.-apr. 1987, pp. 31-36.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 205<br />

l’amministrazione centrale e dall’altra con le autonomie locali […] Sono fallite<br />

le stesse autonomie locali sia nella loro individualità che nelle loro associazioni,<br />

altrettanto incapaci di perseguire un disegno obiettivo” 716 .<br />

Dopo un infruttuoso incontro con il Presidente del consiglio Craxi con<br />

l’Anci, l’Associazione, insieme ad Upi ed Uncem e con l’appoggio di Lega e Cispel,<br />

proclamava per il 2 febbraio 1987 una manifestazione di protesta di tutti<br />

i consigli comunali d’Italia e per il successivo giorno 11 una manifestazione di<br />

sindaci in Campidoglio, nel corso della quale intervenivano i presidenti di Anci,<br />

Upi ed Uncem, e il presidente della Regione Lazio, Montali, che portava il<br />

saluto della Conferenza dei presidenti delle regioni. Quello stesso giorno il presidente<br />

Triglia veniva ricevuto dal Presidente della Repubblica, Giuseppe Cossiga,<br />

al quale leggeva un messaggio di tutte le organizzazioni che avevano promosso<br />

la manifestazione e dell’Aiccre 717 .<br />

L’anno seguente, la minaccia terroristica che arrivava a colpire il mondo delle<br />

autonomie locali con l’assassinio dello storico delle istituzioni e senatore della<br />

DC Roberto Ruffilli a Forlì, il 16 aprile 1988, a dieci anni dall’assassinio di<br />

Aldo Moro.<br />

L’impegno in ambito politico-istituzionale per ottenere le grandi riforme di<br />

cui le autonomie locali avevano bisogno 718 si accompagnava ad un rinnovato<br />

sforzo per il consolidamento della collaborazione con tecnici comunali ed<br />

esperti. Dal 1988 il tradizionale appuntamento di Viareggio promosso dalla<br />

Lega e dal comune, veniva organizzato, oltre che con la collaborazione di Cispel<br />

ed Uncem, anche con quella dei “rappresentanti dell’Associazione dei segretari<br />

comunali e provinciali, dei dirigenti di ragioneria, rappresentanti del<br />

coordinamento nazionale dei Coreco […] dirigenti ministeriali” 719 . Tra i tecnici<br />

comunali cui la Lega chiedeva il contributo, quelli che senza dubbio parteciparono<br />

con maggiore intensità furono i segretari comunali che, da allora,<br />

furono regolarmente presenti nel dibattito sulle riforme ospitato da “Il potere<br />

locale”, in particolare in occasione degli incontri di Viareggio. L’alleanza della<br />

Lega con i tecnici comunali aveva un significato strategico: nella sfida dell’unità<br />

la Lega, più piccola dell’Anci, cercava l’accordo con il maggior numero<br />

possibile di componenti l’ampio e variegato movimento per le autonomie locali<br />

720 .<br />

716<br />

Giuseppe Falcone, La finanza di investimento, Icd mag.-ago. 1987, pp. 3-8.<br />

717<br />

Paola Poeta, La protesta delle fasce tricolori, Ipl gen.-feb. 1987, pp. 8-14.<br />

718<br />

Un’attività che si esprimeva anche attraverso la realizzazione di vari convegni, come quello<br />

del 5 luglio 1988, tenutosi presso la Sala del Cenacolo, della Camera dei Deputati, dedicato<br />

a Quali riforme per una nuova fase costituente delle autonomie, Ipl lug.-ago 1988, pp. 4-14.<br />

719<br />

Prima riunione su Viareggio, Ipl mar.-1988; Speciale Viareggio, Ipl set. 1989.<br />

720<br />

Tra gli articoli pubblicati nella rivista: Segretari comunali. Un contributo alla definizione<br />

di una legge di principi, Ipl ott. 1988, p. 64 ; Segretari comunali e provinciali. Definire presto principi,<br />

ruolo e funzioni. Assemblea nazionale, Ipl mar. 1989, pp. 54-55; Mario Pazzaglia (seg. gen.<br />

prov. di Firenze), Alla dirigenza non servono parole magiche, Ipl set. 1989, pp. 58-63; Carlo Paolini<br />

(seg. com. Colle Val d’Elsa), Note sulla proposta di riforma dell’ordinamento dei segretari comunali<br />

e provinciali, Ipl ott. 1989, pp. 66-72.


206 PARTE III<br />

2.6.1 La segreteria Gualandi<br />

Il 23 maggio 1988 l’on. Enrico Gualandi, da tempo condirettore de “Il potere<br />

locale”, su indicazione del Consiglio nazionale, sostituiva Dante Stefani come<br />

segretario nazionale della Lega 721 , a Gualandi si affiancava poi, con la carica<br />

di segretario nazionale aggiunto, l’avv. Claudio Simonelli 722 , che era anche<br />

direttore della rivista. Gualandi rilanciava subito la sfida dell’unità del movimento<br />

proponendo “una assemblea nazionale delle autonomie locali con la partecipazione<br />

di tutte le associazioni che le rappresentano”, anche per promuovere<br />

il dibattito sul disegno di legge sull’ordinamento delle autonomie locali in<br />

discussione nel Parlamento 723 . E ancora la questione veniva ripresa nel documento<br />

conclusivo del convegno di Viareggio nel quale si proponeva: “Un coordinamento<br />

nazionale e regionale delle Organizzazioni delle autonomie, per<br />

valutare l’opportunità di iniziative comunali”, si rilanciava l’idea di una “Assemblea<br />

nazionale delle autonomie locali e regionali, per dibattere e contribuire<br />

a definire una organica riforma dell’ordinamento” e, infine, “il ritorno unitario<br />

di tutte le associazioni autonomistiche a Viareggio” 724 .<br />

Il documento conclusivo del X congresso della Lega, svoltosi a Perugia il 26-<br />

28 aprile 1989, rinnovava le proposte di raccordo tra le organizzazioni delle autonomie<br />

locali, il progetto “di una Conferenza nazionale permanente dei poteri<br />

locali e regionali”, di “organi permanenti” nelle Camere e nei Consigli regionali<br />

di “filtro e verifica di compatibilità” di norme riguardanti regioni ed autonomie<br />

locali insieme ad un richiamo all’impegno delle autonomie locali al vicino<br />

appuntamento elettorale per l’elezione del Parlamento europeo 725 . Così<br />

anche il documento conclusivo di Viareggio ’89 726 e ‘90 727 .<br />

2.6.2. Il rafforzamento dell’impegno tecnico-amministrativo<br />

In quegli stessi anni non veniva meno nella Lega l’attività tecnico-amministrativa<br />

di supporto agli amministratori locali. Il 25-27 giugno 1987 la Lega organizzava<br />

a Ferrara, insieme al comune, la prima di una serie di Conferenze nazionali<br />

degli assessori della cultura” 728 , a cui seguiva la costituzione di una Con-<br />

721<br />

Eletto il nuovo segretario della Lega, Ipl mag. 1988, p. 3.<br />

722<br />

Direzione della Lega. Eletta la nuova segreteria, Ipl giu. 1988, pp. 4-5.<br />

723<br />

Perché proponiamo una assemblea nazionale delle autonomie locali con la partecipazione di<br />

tutte le associazioni che le rappresentano, Ipl set. 1988, pp. 6-7.<br />

724<br />

Documento conclusivo, Ipl ott. 1988, pp. 72-3.<br />

725<br />

Documento conclusivo approvato al X congresso, Ipl mag. 1989, pp. 56-7.<br />

Nel congresso della Lega quel che restava del legame con i Paesi socialisti veniva riaffermato dalla<br />

presenza di un delegato della Conferenza permanente delle città e comuni jugoslavi, Dušan Kologiera,<br />

sindaco di Korcûla e del “delegato sovietico rappresentante di un’associazione che raggruppa<br />

le città gemellate dell’Unione sovietica”; Incontro con le delegazioni straniere, Ipl mag. 1989, p. 53.<br />

726<br />

Documento conclusivo approvato dalla Convenzione di Viareggio ’89, Ipl ott. 1989, pp. 74-5.<br />

727<br />

Documento conclusivo approvato dalla Convenzione di Viareggio, Ipl nov. 1990, pp. 50-1.<br />

728<br />

Speciale città e cultura, Ipl ott. 1987, pp. 40-63; la seconda si svolgeva due anni dopo,<br />

sempre a Ferrara, dal 29 giugno al 1° luglio 1989, Speciale cultura, Ipl lug.-ago. 1989; la terza<br />

il 18-20 giugno 1992, Conferenze per la cultura, Ipl ago-set. 1992.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 207<br />

sulta nazionale degli enti locali per la cultura 729 . Nel 1990 si svolgeva a Ravenna<br />

il convegno nazionale Gli enti locali per l’ambiente 730 .<br />

Nel 1988 la Lega pubblicava il Manuale della amministrazione locale, con la<br />

prefazione di Massimo Severo Giannini 731 ; il 2 febbraio 1989 nella sede di Roma<br />

del Cinsedo, ancora Giannini presentava l’Annuario delle autonomie 1989<br />

curato da Cassese, definito da Luigi Ladaga, presidente delle Edizioni delle autonomie,<br />

“la nostra più importante pubblicazione” 732 .<br />

Nel dicembre 1989, qualche mese prima della riforma dell’ordinamento<br />

delle autonomie locali, le Edizioni delle autonomie pubblicavano il primo fascicolo<br />

della rivista mensile “Prime note”. Si accresceva così, anche con quello<br />

uno strumento di supporto , l’attività tecnico-amministrativa di supporto della<br />

Lega agli amministratori ed ai tecnici locali 733 . Due anni prima, nel 1987,<br />

erano cessate le pubblicazioni de “Il comune democratico” 734 che, dopo aver<br />

perso la funzione di rivista dell’organizzazione passando ad essere bimestrale dal<br />

1982, era poi divenuto quadrimestrale dal 1986. Niente meglio della fine della<br />

storica rivista della Lega - che nel titolo rievocava “Il comune socialista”, organo<br />

della Lega nata nel 1916 - poteva rendere l’idea della progressiva affermazione<br />

della funzione tecnico-amministrativa rispetto a quella politico-istituzionale<br />

nell’attività dell’organizzazione.<br />

Una funzione di servizio alle autonomie locali che si sarebbe ulteriormente<br />

sviluppata a seguito delle riforme dell’ordinamento degli enti locali a partire dagli<br />

anni ‘90. L’entrata in vigore della riforma dell’ordinamento delle autonomie<br />

locali nel 1990, infatti, obbligava la Lega ad un importante sforzo editoriale per<br />

rispondere alle richieste delle amministrazioni locali di strumenti interpretativi<br />

della nuova legislazione. Nell’autunno del 1990 apparivano La riforma delle autonomie<br />

locali, a cura della redazione di “Prime note” 735 . Particolarmente significativo<br />

era lo sforzo per coadiuvare gli amministratori nella redazione delle<br />

norme di autogoverno. La Lega pubblicava una Guida ragionata all’elaborazione<br />

degli Statuti e dei regolamenti 736 .<br />

729<br />

Giorgio Morales, Consulta nazionale degli enti locali per la cultura, Ipl mar. 1988, pp. 12-3.<br />

730<br />

Speciale ambiente, Ipl gen.-feb 1990, pp. 14-62.<br />

731<br />

Manuale della amministrazione locale, prefazione di Massimo Severo Giannini, Roma,<br />

Edizioni delle autonomie; come riportava la recensione ne “Il potere locale”, si trattava di un<br />

volume di 520 pagine, realizzato con il contributo di con 37 autori; Ipl nov.-dic. 1988, p. 47.<br />

732<br />

Presentato da Sabino Cassese e Massimo Severo Giannini l’Annuario ’89, Ipl gen.-feb. 1989,<br />

p. 43.<br />

733<br />

Era questo un nuovo frutto della collaborazione da poco aperta dalla Lega con un gruppo<br />

di segretari comunali, diretti da Antonino Saja, che ebbero, da parte loro, la possibilità di<br />

mettere a disposizione del mondo delle autonomie le proprie competenze.<br />

734<br />

L’ultimo numero consultato è il 2, mag.-ago. 1987.<br />

735<br />

Ipl set.-ott. 1990, p. 43; La riforma delle autonomie locali, a cura della redazione di “Prime<br />

note”, Roma, Edizioni delle autonomie, 1990; Lega delle autonomie locali.<br />

736<br />

Lega delle autonomie locali, Guida ragionata all’elaborazione degli Statuti e dei regolamenti,<br />

a cura di Domenico Davoli, Claudio Ceino, Walter Anello, Roma, Edizioni delle autonomie,<br />

1990.<br />

Nel quadro di questo sforzo editoriale si ricorda l’iniziativa delle casa editrice Edizioni delle<br />

autonomie, che pubblicizzava con una lettera agli amministratori il proprio volume La re-


208 PARTE III<br />

Alla fine del 1990, all’indomani della riforma, l’organizzazione costituiva la<br />

società Lega servizi & consulenza, per fornire servizi telematici, operativi e consulenza<br />

agli enti locali 737 , in particolare nell’ambito dell’attività di formazione<br />

del personale 738 . Nel 1992 la società offriva servizi anche alle province per la redazione<br />

del Piano territoriale di coordinamento, di loro competenza, previsto<br />

dalla legge 142/90 739 .<br />

3. Gli anni ’90: le riforme<br />

Mentre il Parlamento dibatteva della riforma dell’ordinamento degli enti locali<br />

i risultati delle elezioni amministrative del 6-7 maggio 1990 registravano il<br />

primo, importante cambiamento nella geografia politica delle amministrazioni<br />

locali. Il 20% di astensioni, voti nulli ed in bianco, l’affermazione nel nord della<br />

Lega Lombarda e di formazioni ad essa vicine, la perdita di consensi del Pci<br />

e della DC, che però riusciva almeno a bilanciare l’emorragia di voti con un aumento<br />

nell’Italia del Sud, sollecitavano l’organizzazione a riaffermare, ancora,<br />

l’urgenza della riforma delle autonomie locali e dello Stato, questa volta anche<br />

con accenti drammatici: “Ogni ulteriore ritardo ed incapacità a riformare lo<br />

Stato e le Autonomie locali comporterà l’accelerazione di un processo di disgregazione,<br />

che è già in atto, e seri pericoli per l’avvenire della democrazia italiana”<br />

740 .<br />

La questione dell’autonomia, da decenni accantonata dal governo nazionale,<br />

in nome di superiori e più urgenti interessi, era clamorosamente balzata sulla<br />

scena politica, insieme a quella della riforma della Pubblica amministrazione<br />

e dello Stato. Venne così avviato un profondo mutamento della Pubblica Amministrazione<br />

che partì dall’amministrazione locale e, non a caso, coincise con<br />

un altrettanto profondo mutamento degli e<strong>qui</strong>libri politico–istituzionali in-<br />

dazione dello Statuto, a cura della Lega, della redazione di “Prime note” e del Censis. “Non uno<br />

statuto fotocopiato – specificava la lettera – ma uno strumento che mette in grado gli amministratori<br />

di compiere le loro scelte autonomamente: questo è l’unico modo per cogliere davvero<br />

la storica opportunità di realizzare il disegno autonomista contenuto nella legge 142/90”<br />

Lettera della Edizioni delle autonomie, datata “Roma, dicembre 1990” indirizzata “Agli amministratori<br />

locali italiani”; Ipl gen. 1991, pp. 10-11.<br />

737<br />

Ipl nov. 1990, pp. 52-8.<br />

738<br />

L’attività si svolgeva anche in collaborazione con i segretari comunali e provinciali e dimostrava<br />

quanto fossero ampie le possibilità di fornire attività di sevizio alle autonomie locali,<br />

specie dopo la riforma; Cfr. Walter Anello (direttore dell’Ufficio di segreteria della Lega delle<br />

autonomie), L’attività di formazione e servizio della Lega, Ipl gen,-feb. 1992, pp. 34-5; Antonino<br />

Saja (Segretario Unione segretari comunali e prov. e responsabile per la formazione della Lega<br />

servizi & consulenza), Scelte metodologiche per l’attività formativa di amministratori e dirigenti,<br />

ivi, pp. 35-8; sulla Lega servizi cfr. ivi, pp. 34-46.<br />

Si segnala che, sempre nell’ambito della formazione, Anci e Formez avevano firmato una convenzione<br />

alla fine del 1987; Servizi per i comuni, in I documenti dell’Anci…, vol. II, pp. 294-6.<br />

739<br />

Un nuovo servizio della Lega servizi & consulenze, Ipl nov. 1992, pp. 21-22.<br />

740<br />

Enrico Gualandi, O si riformano le istituzioni per garantire credibilità ed efficienza, o perde<br />

tutto il sistema democratico, Ipl mag. 1990, pp. 5-6.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 209<br />

staurati a partire della fine della seconda guerra mondiale, fino a quel momento<br />

rimasti sostanzialmente intatti.<br />

La lunga stagione delle riforme iniziava nel 1990 con due leggi, la n. 142<br />

dell’8 giugno 1990, Ordinamento delle Autonomie locali e la n. 241 del 7<br />

agosto 1990, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di<br />

diritto di accesso ai documenti amministrativi, a sottolineare il legame tra la<br />

democratizzazione delle istituzioni, presupposto del decentramento, e la democratizzazione<br />

della pubblica amministrazione, su cui si basa la possibilità<br />

dell’accesso e del controllo da parte dei cittadini dei processi amministrativi.<br />

Il 1990 era, nei termini utilizzati da Cassese, l’Annus mirabilis della legislazione<br />

amministrativa italiana 741 , nel quale la Lega aveva l’occasione di rilanciare<br />

la sfida per l’unità del movimento.<br />

3.1. Per una Conferenza nazionale delle autonomie<br />

Questa volta era in nome dell’urgenza dell’applicazione della riforma che la<br />

Lega chiedeva “la convocazione di una ‘Conferenza nazionale delle autonomie’<br />

– promossa dal Governo e dal Parlamento, con la partecipazione di Regioni e<br />

di tutte le associazioni autonomiste” 742 . La proposta di un tavolo di lavoro comune<br />

con tutte le associazioni delle autonomie e della ricerca di un futuro unitario<br />

743 , veniva ripresentata in occasione dell’XI congresso nazionale che si svolgeva<br />

a Siena il 28-30 novembre 1991 744 .<br />

All’ennesimo richiamo all’unità della Lega rispondeva positivamente il presidente<br />

dell’Anci, Triglia: “Già dall’assemblea di Catania formulai l’invito a ricercare<br />

un accordo più stretto tra le attuali organizzazioni, anche nella prospettiva<br />

di una qualche riforma unitaria. Oggi questa esigenza è ancora più viva e<br />

più forte e ci deve vedere impegnati in un graduale processo, per favorire la costruzione<br />

di un adeguato consenso di tutte le parti” 745 . Era evidente che la necessità<br />

di un fronte comune per organizzare le iniziative per l’applicazione della<br />

riforma aveva spinto almeno la principale delle organizzazioni del movimento<br />

per le autonomie, l’Anci, ad accettare la sfida dell’unità. Alla sostanziale apertura<br />

dell’Anci, confermata dal segretario, Lucio D’Ubaldo 746 , e condivisa dall’Uncem,<br />

corrispondeva quella più incerta della Cispel e quella sostanzialmen-<br />

741<br />

Recensione. Annus mirabilis, Ipl feb.-mar. 1991, p. 63; dalla recensione dell’Annuario<br />

1991 delle autonomie locali, diretto da Sabino Cassese.<br />

742<br />

Claudio Simonelli, Ritardi nei tempi di attuazione, urge una Conferenza nazionale delle<br />

autonomie, Ipl gen. 1991, p. 5.<br />

743<br />

Enrico Gualandi, Proponiamo un tavolo di lavoro comune con tutte le associazioni delle autonomie,<br />

Ipl nov. 1991, p. 5; Claudio Simonelli, La natura della nostra associazione ci dà gli strumenti<br />

per la ricerca di un futuro unitario; ivi, p. 4.<br />

744<br />

XI congresso nazionale, Ipl nov. 1991; idem, dic. 1991.<br />

745<br />

Messaggio del presidente dell’Anci sen. Riccardo Triglia, Ipl dic. 1991, pp. 18-9.<br />

746<br />

Lucio D’Ubaldo, Una federazione delle associazioni degli enti locali: un tema per i prossimi<br />

congressi, Ipl gen.-feb. 1992, p. 15


210 PARTE III<br />

te contraria dell’Upi, espressa dal segretario 747 mitigata appena dalla posizione<br />

del presidente Brasca 748 .<br />

L’avvenuta riforma dell’ordinamento non aveva assolutamente fatto passare<br />

in secondo piano la questione della finanza locale, rimasta ancora insoluta.<br />

L’impegno della Lega nella materia si manifestava in occasione dell’appuntamento<br />

per il Convegno nazionale sulla finanza locale, che sostituiva, da allora,<br />

quello tradizionale di Viareggio, il primo dei quali si volgeva a Modena il 12-<br />

13 settembre 1991 749 .<br />

3.2. I sindaci si mobilitano<br />

Sabato 30 maggio 1992, 150 sindaci della <strong>Toscana</strong> facevano sciopero e si recavano<br />

con i rispettivi gonfaloni “in corteo come ufficiali di governo, per la città di Firenze<br />

fino a Palazzo Vecchio, dove abbiamo incontrato i parlamentari”. Come affermava<br />

il sindaco di Campi Bisenzio Adriano Chini: “I comuni chiedono innanzitutto<br />

responsabilità diretta: amministrativa, decisionale, gestionale. Vogliamo decidere<br />

noi le linee progettuali e programmatiche, rifiutiamo che persino le spese postali,<br />

come attualmente avviene, siano decise dal Governo centrale” 750 . Il successivo<br />

due luglio un migliaio di sindaci di tutta Italia si riuniva a Roma, in Campidoglio,<br />

chiedendo maggiori responsabilità, autonomia finanziaria e l’elezione diretta del<br />

sindaco 751 una proposta, questa sostenuta anche dal consiglio nazionale della Lega<br />

svoltosi in quelle settimane 752 . Ancora nel 1992, il 15 e 16 ottobre, la Lega e il Consiglio<br />

regionale della Valle d’Aosta organizzavano congiuntamente a Saint Vincent<br />

il convegno Per una riforma regionalista e autonomista dello Stato, “premessa per il<br />

rilancio di un rinnovato movimento regionalista ed autonomista” 753 . Evidente tentativo<br />

di armonizzare le aspirazioni riformatrici delle autonomie locali, non certo<br />

soddisfatte della riforma del 1990, e quelle delle regioni, in un periodo nel quale le<br />

richieste secessioniste sostenute in particolare dalla Lega Nord avrebbero potuto isolare<br />

le autonomie locali dal ventilato processo di riforma costituzionale.<br />

747<br />

La Cispel proponeva la costituzione di due distinti organismi, una federazione di tutte<br />

le realtà erogatrici di servizi, comprese le aziende sanitarie, ed un’ altra comprendente le organizzazioni<br />

di tipo politico e tecnico-amministrativo. Il segretario dell’Upi, Camillo Moser, aveva<br />

espresso la sua preoccupazione per questa possibilità e chiedeva, invece, la costituzione di uffici<br />

e servizi comuni; Federazione, Confederazione o separati in casa?, Ipl dic. 1991, p. 42.<br />

748<br />

Crisi di rappresentanza e cultura autonomistica: è tempo di cambiare. Collo<strong>qui</strong>o con Alberto<br />

Brasca, presidente dell’Upi, Ipl gen.-feb. 1992, pp. 16-9.<br />

749<br />

Modena: convegno nazionale sulla finanza, Ipl set.-ott. 1991; il secondo si teneva il 22-23<br />

settembre 1992, Speciale. Modena: convegno annuale sulla finanza locale, Ipl ott. 1992.<br />

750<br />

Intervista. Responsabilità amministrativa, gestionale, riforma elettorale e autonomia finanziaria,<br />

Ipl giu.-lug. 1992, pp. 8-10.<br />

751<br />

P.P. (Paola Poeta), I sindaci sono arrivati a Roma, Ipl giu.-lug. 1992, p. 9.<br />

752<br />

Consiglio nazionale. Le proposte per il programma di governo: nuovo stato regionalista; riforma<br />

dei sistemi elettorali; riforma della finanza locale e regionale nel contesto di nuovi assetti istituzionali,<br />

Ipl giu.-lug. 1992, pp. 18-20.<br />

753<br />

Enrico Gualandi, Una risposta forte sia al centralismo che alla divisione dello Stato, Ipl gen.<br />

1993, p. 5.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 211<br />

3.4. I sindaci protagonisti del movimento per le autonomie locali<br />

Una nuova Lega cercava di affermarsi definitivamente e poteva/doveva misurarsi<br />

con il resto del movimento per le autonomie locali senza temere più alcuna<br />

accusa di partigianeria politica, ma senza nemmeno potersi affidare alla forza di<br />

grandi partiti popolari di massa, che ormai non avevano più la forza degli anni<br />

precedenti. Così scriveva Paola Poeta, redattore capo della rivista della Lega che,<br />

non ricoprendo incarichi politici nell’organizzazione, poteva essere più esplicita:<br />

“O la Lega delle autonomie, forte della sua natura trasversale tenta, con un nuovo<br />

gruppo dirigente, nazionale e locale, di vincere questa sfida, o dovrà ‘accontentarsi’<br />

di essere l’ala ‘illuminata’ delle sinistre, o peggio, dovrà inglobarsi in un indefinito<br />

‘rassemblement’ associazionistico”. L’elettorato aveva fatto le proprie scelte, l’Italia<br />

non era la Gran Bretagna, il paese della pacifica alternanza, ma poteva avvicinarsi<br />

“ai cugini francesi, che conservano due blocchi con tante anime dentro” 754 .<br />

La Lega, si poteva concludere seguendo la traccia di questa analisi, doveva<br />

rinnovarsi di conseguenza, a cominciare dal gruppo dirigente.<br />

La legge per l’elezione diretta di sindaco e presidente della provincia 755<br />

aveva effetti positivi sull’intero sistema delle autonomie locali, perché non<br />

solo garantiva alle amministrazioni – e soprattutto a quelle provinciali, fino<br />

ad allora particolarmente instabili - quella saldezza che era l’esplicito obiettivo<br />

dell’iniziativa sfociata nell’approvazione della legge, ma dava risalto alle figure<br />

di sindaco e presidente della provincia accrescendone, contemporaneamente,<br />

forza e credibilità non solo rispetto a regione e governo, ma anche, e<br />

soprattutto, rispetto ad una disorientata opinione pubblica. L’approvazione<br />

della legge, che veniva accolta con favore dalla Lega 756 , stimolava il dibattito<br />

su nuove e sempre più necessarie riforme del sistema delle autonomie locali.<br />

L’organizzazione rilanciava la riforma regionale 757 , riproponeva quella sulla figura<br />

dei segretari comunali e provinciali 758 ; in occasione dell’appuntamento<br />

754<br />

Paola Poeta, Un voto più libero che pone a tutti problemi di scelte e di coordinamento, Ipl<br />

nov.-dic. 1992, pp. 7-8.<br />

755<br />

Legge 25 marzo 1993, n. 81, Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del<br />

consiglio comunale e del consiglio provinciale; sugli effetti della legge cfr. Luciano Randelli, Sindaci<br />

e miti, Bologna, Il Mulino, 1997.<br />

756<br />

Enrico Gualandi, Elezione diretta del sindaco: novità per cittadini e istituzioni, Ipl apr.<br />

1993, pp. 7-9.<br />

Nell’ambito della funzione di servizio agli amministratori la Lega pubblicava un volume<br />

sulla nuova norma nella collana Come fare: Alberto Fossati (a cura di), Il nuovo ordinamento degli<br />

enti locali dopo le leggi 142/90 e 81/93, Roma, Edizioni delle autonomie, 1993; successivamente<br />

Carlo Paolini, Antonio Saja (a cura di), Manuale degli enti locali. Organizzazione, competenze,<br />

atti, procedure e strumentazioni della nuova amministrazione locale, prefazione di Francesco<br />

Rutelli, coordinamento per la Lega delle autonomie locali Walter Anello, Roma, Edizioni<br />

delle autonomie, 1996.<br />

757<br />

Pier Luigi Bersani (Segretario regionale Pds Emilia-Romagna), Per un progetto di regionalismo:<br />

la proposta del Pds dell’Emilia Romagna, Ipl apr. 1993, pp. 23-6.<br />

758<br />

Gianni Bechelli (sindaco di Scandicci), Figura e funzioni del segretario comunale e lo scoglio<br />

dei controlli, Ipl mag. 1993, p. 29; Segretari: un nuovo status per un nuovo profilo professionale,<br />

Ipl giu.-lug. 1993, p. 26; Il nuovo ordinamento dei segretari comunali e provinciali, Ipl nov.-<br />

dic. 1993, pp. 14-5.


212 PARTE III<br />

di Modena del 1993 presentava una proposta di legge per la riforma della finanza<br />

locale 759 .<br />

3.4.1. La prima marcia dei sindaci eletti dai cittadini<br />

Il protagonismo dei sindaci sarebbe divenuto, da allora, una costante nel dibattito<br />

politico-istituzionale del Paese ed avrebbe avuto notevoli effetti, naturalmente,<br />

anche sul movimento per le autonomie locali. Il 2 giugno 1993 la Lega<br />

organizzava una manifestazione nazionale di sindaci in Campidoglio, in<br />

concomitanza con il 47° anniversario della Repubblica, per protestare contro i<br />

tagli del Governo a danno dei bilanci delle autonomie locali 760 , in aperta violazione<br />

della legge 142/90 761 . Il documento veniva presentato ai gruppi parlamentari,<br />

congiuntamente, dalla Lega e dai sindaci 762 , sindaci dei quali veniva riconosciuto,<br />

<strong>qui</strong>ndi, il protagonismo.<br />

L’organizzazione riproponeva, anche nel nuovo contesto, la sfida dell’unità al<br />

nuovo presidente dell’Anci eletto nel 1992, Pietro Padula, a cui Gualandi, dalle<br />

colonne de “Il potere locale”, rivolgeva un preciso richiamo Attendiamo ancora<br />

risposte alle nostre proposte unitarie 763 .<br />

3.4.2. L’incarico al sindaco Rutelli della guida del processo di unificazione<br />

La politica della Lega per la nuova fase politico-istituzionale veniva illustrata<br />

da Gualandi in occasione della Conferenza programmatica ed organizzativa<br />

che si svolgeva a Pisa il 14-15 luglio 1994. All’ordine del giorno, al primo posto,<br />

c’era La repubblica delle autonomie. Modifiche alla Costituzione e modello federale,<br />

subito dopo le grandi riforme legislative c’era la questione finanziaria,<br />

Prima valutazione sul programma e sul documento di programmazione economica<br />

e finanziaria ’95-’97 del Governo, infine, Costruire una Confederazione tra tutte<br />

le associazioni delle autonomie locali 764 .<br />

Al termine del suo intervento Gualandi riassumeva gli sviluppi dell’iniziativa<br />

unitaria della Lega, a partire da una recente riunione di tutte le associazioni<br />

convocata dal presidente dell’Anci, Padula, nella quale era stata accolta<br />

la proposta di “istituire un collegamento stabile interassociativo, capace di rappresentare<br />

un momento autorevole ed unitario delle esigenze comuni al mondo<br />

delle autonomie”. Nella riunione era stato poi deciso di proporre al sinda-<br />

759<br />

Speciale Modena, Ipl ott. 1993, pp. 22-56<br />

760<br />

I tagli vennero effettuati con il decreto legge del 22 maggio 1993 n. 155.<br />

761<br />

Enrico Gualandi, I sindaci protestano contro la politica autoassolutoria dello Stato centralista,<br />

Ipl giu.-lug. 1993, pp. 6-7.<br />

762<br />

Documento presentato dalla Lega e dai sindaci ai gruppi parlamentari, Ipl giu.-lug. 1993,<br />

pp. 8-9.<br />

763<br />

Enrico Gualandi, Attendiamo ancora risposte alle nostre proposte unitarie, Ipl ott. 1993, pp.<br />

11-2.<br />

764<br />

Ipl mag.-giu. 1994, p. 37.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 213<br />

co di Roma, Francesco Rutelli, che aveva accettato, di presiedere un apposito<br />

tavolo di coordinamento tra le associazioni, Anci, Upi, Uncem, Aiccre, Cispel<br />

e Lega 765 .<br />

Rutelli, nella lettera inviata ai partecipanti alla Conferenza, dopo avere sottolineato<br />

che “il movimento delle autonomie territoriali sta attraversando in<br />

questi mesi una fase di passaggio di grande interesse e delicatezza”, riaffermava<br />

l’accettazione della proposta offertagli “per dar vita ad un efficace coordinamento”<br />

delle organizzazioni delle autonomie locali 766 .<br />

L’affidamento al sindaco di Roma dell’incarico di guidare il movimento all’unità<br />

non deve stupire. I sindaci eletti nel 1993 non avevano tardato a comprendere<br />

l’eccezionale importanza del proprio ruolo in un momento tanto critico<br />

come quello della prima metà degli anni ’90.<br />

Il 10 e 11 dicembre 1994 si svolgeva a Roma la Convenzione dei sindaci democratici<br />

che “lanciava una sfida al Governo in vista dell’appuntamento elettorale<br />

amministrativo di giugno”. Si parlava apertamente di un “partito dei sindaci”,<br />

anche se gli interessati, a partire da Rutelli, smentivano 767 .<br />

Con l’incarico affidato al sindaco della capitale le organizzazioni del movimento<br />

- ed in primo luogo la Lega che era stata la prima a porre la sfida dell’unità<br />

– conseguivano un duplice risultato. In primo luogo la partecipazione dei<br />

nuovi sindaci eletti direttamente dai cittadini rafforzava il movimento per le<br />

autonomie locali permettendo a questo di intervenire, con maggiore potere<br />

contrattuale, all’elaborazione di quella che si riteneva l’ormai prossima riforma<br />

dello Stato. In secondo luogo, i sindaci - attraverso Rutelli - in quanto figure<br />

organiche al movimento, esterne però alla logica delle diverse strutture, avrebbero<br />

potuto condurre con maggiore efficacia le organizzazioni delle autonomie<br />

locali al difficile traguardo dell’unità.<br />

Ma il “partito dei sindaci”, che meglio si sarebbe dovuto definire il partito<br />

dei sindaci delle grandi città avrebbe preferito muoversi diversamente.<br />

3.5. Il movimento per le autonomie locali e il “partito dei sindaci delle grandi<br />

città”<br />

Il 9 novembre 1995, a 12 giorni dallo svolgimento dell’assemblea nazionale<br />

dell’Anci che lo aveva eletto presidente 768 , Enzo Bianco, sindaco di Catania, capeggiava<br />

una manifestazione pubblica di centinaia di sindaci ed amministratori<br />

locali 769 . Dopo una riunione svoltasi in Campidoglio gli amministratori mar-<br />

765<br />

Enrico Gualandi, È tempo di definire una proposta di federalismo, Ipl lug.-ago 1994, pp.<br />

4-11.<br />

766<br />

Il messaggio del sindaco di Roma Francesco Rutelli, Ipl lug.-ago. 1994, p. 16.<br />

767<br />

Paola Poeta, La lunga marcia per l’alternativa di governo parte dai comuni, Ipl dic. 1994,<br />

pp. 6-7; Nando Morra (Segretario della Lega delle autonomie di Napoli), Federalismo e autonomia,<br />

il nuovo soggetto politico è il partito dei sindaci?, Ipl dic. 1994, pp. 4-5.<br />

768<br />

Il sindaco di Catania, Enzo Bianco, veniva eletto presidente nella XII assemblea generale<br />

dell’Anci svoltasi a Sorrento il 25-28 ottobre 1995.<br />

769<br />

Cfr. E. Bianco, Ci attende un percorso impegnativo, “Anci Rivista” (AR) nov. 1995, pp. 9-10.


214 PARTE III<br />

ciavano lungo via del Corso 770 fino a Palazzo Chigi, dove incontravano il Presidente<br />

del consiglio dei ministri, Lamberto Dini, ed i presidenti di Camera e Senato.<br />

“Noi, Sindaci e Consiglieri comunali”, riporta il documento ufficiale approvato<br />

nella riunione in Campidoglio, “avvertiamo oggi una grande responsabilità<br />

dinanzi al Paese. I Comuni rappresentano una fondamentale risorsa democratica<br />

– di legittimazione, credibilità e stabilità – per far fronte al difficile<br />

travaglio politico e istituzionale del Paese” 771 .<br />

I sindaci chiedevano poi, tra l’altro, di: “Istituire una Conferenza permanente<br />

Stato-Città per la determinazione delle materie attualmente di competenza<br />

statale da trasferire ai comuni” con un obiettivo che il presidente Bianco<br />

individuava chiaramente: “Ora, in un forte spirito unitario, dobbiamo fare dell’Anci<br />

un forte soggetto politico-istituzionale in grado di imporre un serio e vigoroso<br />

percorso di riforma” 772 . L’Anci rinnovava così l’esigenza di una sede istituzionale<br />

di confronto tra Governo ed autonomie locali manifestata per la prima<br />

volta nel 1906: si andava verso la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali<br />

(Csc) 773 .<br />

3.5.1. Il rilancio della sfida dell’unità<br />

Il 3 e 4 giugno 1996 si svolgeva a Pesaro il XII congresso della Lega delle autonomie<br />

locali, in un clima di grandi attese. Era passata solo qualche settimana<br />

dalla costituzione del Governo di Romano Prodi nell’appena iniziata XIII<br />

legislatura. La relazione introduttiva del segretario esprimeva tutte le speranze<br />

di un sistema che aveva atteso per decenni le riforme che era ormai certo potessero<br />

attuarsi. Gualandi parlava di “lotta al centralismo nazionale” e al “neocentralismo<br />

regionale”, faceva riferimento al “federalismo cooperativo” citato<br />

nel programma del Presidente del consiglio Prodi. Interveniva nel dibattito sulla<br />

riforma costituzionale chiedendo di “addivenire ad una sola Camera dei Deputati<br />

meno pletorica, eletta a suffragio universale con sistema elettorale a doppio<br />

turno”, alla costituzione di una Camera o Senato delle autonomie locali nominata<br />

dalle regioni e dagli enti locali. Auspicava “una strategia unitaria per le<br />

autonomie locali e regionali” e, subito, “segnali immediati”, come la riforma<br />

della finanza locale.<br />

Il segretario ricordava una precedente proposta della Lega per la costituzione<br />

di un “Ministro o un Sottosegretario alle autonomie territoriali presso la<br />

Presidenza del Consiglio” e non presso il Ministero dell’interno, per innovare<br />

la prassi di un’autonomia locale legata ai prefetti. Esprimeva le forti perplessità<br />

della Lega sulla proposta dell’istituzione di un Conferenza Stato-città per la de-<br />

770<br />

“Senza bloccare il traffico della capitale”, riporta l’organo dell’Anci, a sottolineare il pieno<br />

rispetto della legalità dell’iniziativa; P.M., La marcia dei sindaci, AR nov. 1995, p. 11.<br />

771<br />

Appello di Roma. Dichiarazione dei sindaci. Campidoglio, Sala Giulio Cesare, 9 novembre<br />

1995, AR nov. 1995, p. 12.<br />

772<br />

Bianco, Ci attende un percorso impegnativo…, cit.; il corsivo è redazionale.<br />

773<br />

Francesco Pizzetti, Verso la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali, AR feb.1996,<br />

pp.9-12.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 215<br />

ludente prova dell’analoga Conferenza Stato-regioni, “per il pericolo di un eccessivo<br />

spostamento dell’asse sulle grandi città”, perché credeva opportuno un<br />

coordinamento fra Stato, regioni ed enti locali “come sistemi coordinati” e non<br />

spezzettati. Ricordava, ancora, la necessità di “un patto federativo fra tutte le associazioni<br />

autonomiste”, per arrivare entro l’anno ad una “Federazione unitaria”<br />

774 .<br />

Il documento conclusivo del congresso, dopo aver approvato la relazione di<br />

Gualandi, con “la riaffermazione dell’impegno unitario e, insieme, della specificità<br />

della Lega”, auspicava l’apertura della “stagione delle riforme istituzionali<br />

e del rinnovamento dello Stato, in senso federalista ed autonomista” 775 .<br />

A Pesaro, infine, la Lega approvava un nuovo statuto e rinnovava parzialmente<br />

la propria dirigenza, con l’elezione a presidente di Giuliano Barbolini,<br />

sindaco di Modena, del Partito democratico della sinistra (Pds), e la conferma<br />

a segretario di Gualandi 776 .<br />

3.5.2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali<br />

Qualche settimana dopo l’appuntamento di Pesaro il Presidente del consiglio<br />

Prodi accoglieva la richiesta dell’istituzione di un organo ufficiale di raccordo<br />

Stato-comunità locali, presentata “fin dai primissimi giorni successivi alla<br />

formazione del governo”, dai presidenti dell’Anci e dell’Upi, Enzo Bianco e<br />

Marcello Panettoni 777 . Veniva così varato il Dpcm 2 luglio 1996, “Istituzione<br />

della Conferenza Stato-città e autonomie locali”, il cui testo veniva sostanzialmente<br />

confermato dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, attraverso il<br />

quale l’attività della Conferenza Stato-città veniva inserita in quella più ampia<br />

della Conferenza Unificata, costituita dalla stessa Csc e dalla Conferenza Stato-<br />

Regioni e province autonome di Trento e Bolzano, riorganizzata in virtù di<br />

quello stesso provvedimento.<br />

Con l’istituzione della Conferenza Stato-città l’Anci e l’Upi, e soprattutto i<br />

sindaci delle grandi città, riuscivano a capitalizzare opportunamente il prestigio<br />

ac<strong>qui</strong>sito in un periodo di fortissima crisi dei partiti e delle istituzioni nazionali.<br />

Una capitalizzazione resa possibile anche grazie al fatto che, in quel periodo,<br />

era stato essenziale per il Governo Prodi ottenere la loro adesione ed il loro<br />

coinvolgimento al processo di riforma dello Stato da esso intrapreso, non ultimo,<br />

per bilanciare le spinte secessioniste della Lega Nord di Umberto Bossi.<br />

Erano, <strong>qui</strong>ndi, anche esigenze e necessità di e<strong>qui</strong>libri di politica nazionale a<br />

determinare la nascita della Csc, esigenze e necessità che si ripercuotevano sul<br />

movimento per le autonomie locali. Hanno rilevato Walter Anello e Giovanni<br />

774<br />

Enrico Gualandi, Un programma di lavoro per la nostra Associazione, Ipl mar.-giu. 1996,<br />

pp. 7-14.<br />

775<br />

Documento conclusivo. Approvato alla conclusione del XII congresso nazionale, Ipl mar.-giu.<br />

1996, p. 29.<br />

776<br />

Organi della Lega delle autonomie locali, Ipl mar.-giu. 1996, p. 31<br />

777<br />

Francesco Pizzetti, La Conferenza Stato-Città e Autonomie locali, “Giornale di Diritto amministrativo”,<br />

n.7, 1997, p. 668.


216 PARTE III<br />

Caprio, che la scelta di demandare ad Anci ed Upi “il compito della designazione<br />

dei rappresentanti [nella Conferenza] si è di fatto risolta in una spartizione<br />

tra componenti partitiche che non poteva tener conto dell’universo del<br />

sistema autonomistico e delle diverse specificità. Basta guardare le designazioni<br />

[…] per rendersi conto che esse hanno soddisfatto solo l’esigenza di alcuni sindaci<br />

di grandi città, il grado più o meno rappresentativo di questa o quella realtà<br />

locale e soprattutto la logica di appartenenza partitica”.<br />

Veniva poi sottolineata l’esclusione della Lega che aveva portato anche all’estromissione<br />

di dalla Csc di qualche “centinaio di comuni che aderiscono alla<br />

Lega delle autonomie locali ma non all’Anci e che vedono esclusa dalla Conferenza<br />

la loro associazione senza un reale motivo, visto che lo statuto della Lega<br />

delle autonomie locali associa gli enti non su base ideologica” ma su un programma<br />

autonomista ed aveva organi democraticamente eletti 778 .<br />

3.5.3. Tra divisioni e spinte all’unità<br />

Nel pieno della gestazione delle proposte che si sarebbero poi tradotte nella<br />

riforma del titolo V della Costituzione 779 il movimento per le autonomie locali<br />

viveva un periodo di profonde divisioni. Era proprio per ovviare a rivalità vecchie<br />

e nuove in un momento tanto importante della storia delle autonomie locali<br />

– come di quella nazionale - che la Lega rilanciava la sfida dell’unità.<br />

Anci e Lega allo sprint finale per l’alleanza, era questo il titolo apparso ne “Il<br />

Sole 24Ore” del 7 luglio 1997 nel quale si rendeva noto il progetto per la nascita<br />

di “una ‘super confederazione’” tra Lega, Anci, Upi, Uncem, Aiccre e Cispel,<br />

non a caso proprio durante i lavori della Commissione bicamerale e all’indomani<br />

delle dichiarazioni di un relatore della stessa Commissione, Francesco<br />

D’Onofrio, il quale aveva individuato “una delle cause della affievolita scelta<br />

federalista compiuta dalla Commissione Bicamerale” nella “disarticolazione<br />

delle posizioni espresse dalle regioni, dall’Anci e dall’Upi e la conseguente mancanza<br />

di una forte pressione unitaria del sistema delle autonomie locali”. Parte<br />

essenziale del processo che avrebbe dovuto portare alla super confederazione era<br />

“il rapporto con le forze politiche”e, in questo ambito, il giornale segnalava che<br />

il Pds, partito di appartenenza di gran parte dei sindaci aderenti alla Lega, aveva<br />

dovuto rinviare “un’importante riunione alle Botteghe oscure” che aveva come<br />

ordine del giorno “l’integrazione tra le due associazioni a causa dell’assenza<br />

dei sindaci ‘rossi’ dell’Anci”. L’iniziativa sarebbe dovuta proseguire nel corso<br />

dell’autunno successivo, in occasione dello svolgimento, in particolare, dei congressi<br />

nazionali di Anci e Lega 780 .<br />

778<br />

Walter Anello e Giovanni Caprio, I difficili rapporti tra centro e periferia. Conferenza Stato-Regioni,<br />

Conferenza Stato-città-autonmie locali e Conferenza unificata, in “Le istituzioni del<br />

federalismo. Regione e governo locale. Bimestrale di studi giuridici e politici della Regione<br />

Emilia Romagna”, gen,-feb. 1988, pp. 47-61.<br />

779<br />

Legge costituzionale 18 ott. 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.<br />

780<br />

R. Gal., Anci e Lega allo sprint finale per l’alleanza, “Il Sole 24Ore”, 7 lug. 1997.


DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 217<br />

Qualche giorno più tardi, su “Italia Oggi”, un articolo dava notizia dell’assoluta<br />

opposizione dei sindaci di Forza Italia - espressa dal sindaco di Giaveno,<br />

Osvaldo Napoli - alla prospettiva dell’unificazione tra le diverse organizzazioni<br />

del movimento autonomista, che veniva interpretata come una sorta di tentativo<br />

di politicizzazione dell’Anci, in primo luogo, e di tutto il movimento 781 .<br />

Se era comprensibile la contrarietà dei sindaci del partito Forza Italia, minoranza<br />

nell’Anci, ad un processo che li avrebbe visti divenire ancor più marginali<br />

in una grande organizzazione nella quale la presenza di partiti di centrosinistra<br />

sarebbe stata rafforzata dagli amministratori delle Lega, rimane da capire<br />

quanta parte avevano nell’insuccesso del tentativo i sindaci “‘rossi’” dell’Associazione<br />

per i quali, quasi certamente, l’essere sindaci di grandi città, perfettamente<br />

rappresentati dall’Anci, era evidentemente molto più importante di<br />

una ormai molto affievolita obbedienza al partito. Paradossalmente, l’affiliazione<br />

partitica da una parte e, dall’altra, la forza delle ragioni delle grandi città all’interno<br />

del movimento comunale 782 - rispetto a partiti e movimenti politici<br />

più deboli - contribuiscono a spiegare le difficoltà sulla strada della “‘super-confederazione’”<br />

descritta dal “Sole 24Ore”.<br />

3.6. “Costruire il federalismo per rafforzare la partecipazione”<br />

Il XIII congresso nazionale della Lega si svolgeva a Napoli il 13 e 14 dicembre<br />

2000, nel quale veniva eletto come nuovo presidente Oriano Giovanelli,<br />

sindaco di Pesaro, dei Democratici di sinistra (DS), ed assumevano l’incarico di<br />

direttore e vicedirettore, rispettivamente, Loreto Del Cimmuto e Moreno Gentili.<br />

Nella sua relazione il presidente uscente, Barbolini, insisteva su una visione<br />

federalista dello Stato di tipo non negoziale e contrattuale ma autonomo e<br />

solidale, un federalismo cooperativo tra le diverse istituzioni territoriali “che si<br />

integrano in una visione di sistema, tenute insieme dal principio di sussidiarietà”.<br />

Riguardo al ruolo delle organizzazioni delle autonomie locali nel processo<br />

riformatore in atto evidenziava il peso della “identificazione semplicistica ed<br />

omologante del movimento autonomista con i sindaci delle grandi città, oscurando<br />

la realtà ricca e differenziata dei piccoli e medi comuni[...] una realtà che<br />

la Lega delle autonomie vuole sempre più rappresentare ed interpretare, dentro<br />

il movimento autonomista” 783 .<br />

All’impegno per il rilancio della riforma dello Stato, a cui la Lega forniva il<br />

proprio contributo progettuale, si accompagnava quello per la “costituzione di<br />

un soggetto unico della rappresentanza delle Autonomie locali”. L’insuccesso<br />

della sfida dell’unità posta dalla Lega, veniva individuato in primo luogo in<br />

781<br />

m. tr., Forza Italia accusa “L’Ulivo fagocita l’Anci”, “Italia Oggi, 11 lug. 1997.<br />

782<br />

In questo senso la nomina a presidente dell’Anci nel gennaio del 2000 di Leonardo Domenici,<br />

sindaco di Firenze, del partito dei Democratici di sinistra (DS), in sostituzione di Enzo<br />

Bianco, sanciva l’ascesa alla guida dell’Associazione sia della sinistra, sia dei grandi comuni.<br />

783<br />

Lega delle autonomie locali. XIII Congresso nazionale, Documentazione. Relazione introduttiva<br />

di Giuliano Barbolini, Presidente Lega nazionale autonomie locali e sindaco di Modena,<br />

dattiloscritto, s.l., s.d.


218 PARTE III<br />

un’Anci caratterizzata dalla “forte visibilità dei sindaci delle grandi città [...] La<br />

confederazione, nella proposta della Lega, è una sorta di ‘Confautonomie’, dove<br />

l’integrazione verticale e orizzontale delle diverse realtà federate, senza negare<br />

la specificità singola, garantisce una operatività generale” 784 .<br />

Tra gli interventi svolti al congresso risalta, per il tentativo di attualizzare l’eredità<br />

storica rappresentata dalla Lega, quello di Luigi Massa, vicepresidente<br />

nazionale. Massa individuava nella valorizzazione delle due caratteristiche storiche<br />

peculiari della Lega, quelle che la caratterizzavano rispetto alle altre, la direzione<br />

verso la quale avrebbe dovuto indirizzare le proprie energie. In primo<br />

luogo la “trasversalità istituzionale. Al suo interno convivono tutti i diversi livelli<br />

degli enti territoriali: comuni, comunità montane, consorzi, province, regioni”,<br />

<strong>qui</strong>ndi il riferimento originario al socialismo di Matteotti, divenuto una<br />

“radice culturale legata al movimento autonomista e solidarista che oggi si riconosce<br />

maggioritariamente, seppur non esclusivamente e spesso criticamente,<br />

nello schieramento di centrosinistra”.<br />

I principi ispiratori della fondazione, trasformati in trasversalità e solidarismo,<br />

insieme ad autonomia dai partiti 785 e dal fascino del “grande potere mediatico<br />

dei sindaci dei centri maggiori”, cui era invece soggetta l’Anci, dovevano<br />

guidare la Lega nel “processo di unificazione delle rappresentanze [che permetterebbe<br />

loro, ...] di assumere un peso maggiore e, insieme, un’attenzione<br />

più pregnante dei diversi interessi in gioco” 786 .<br />

784<br />

Lega delle autonomie locali. XIII Congresso nazionale, Documentazione. Le tesi per il XIII<br />

congresso nazionale della Lega delle autonomie locali. Napoli 13-14 dicembre 2000, dattiloscritto,<br />

s.l., s.d.<br />

785<br />

A questo proposito però Massa rivendicava una sorta di immunità storica della Lega “da<br />

ingerenze dirette dai partiti”, tutta però da dimostrare rispetto al passato, e invece molto probabile<br />

in anni più recenti, per via della crisi dei partiti di massa sviluppatasi, in particolare, negli<br />

anni ‘90.<br />

786<br />

Luigi Massa, Per un rilancio della Lega delle autonomie locali. Contributo al confronto congressuale,<br />

dattiloscritto, s.l., s.d.


POSTFAZIONE<br />

Una nuova idea di governo del Paese<br />

Cosa vuol dire essere <strong>Legautonomie</strong> a novant’anni dalla nascita e all’inizio<br />

di un secolo che si presenta così diverso da quello che l’ha preceduto che pure<br />

non ha scherzato in quanto a novità rispetto al passato? Mi viene in mente che<br />

forse è già tutto scritto nel nome. Il nostro è davvero un bel nome, è evoluto,<br />

si è modificato, modellato sui cambiamenti ma tutto sommato è rimasto intriso<br />

della storia vissuta della associazione e dei sui aderenti.<br />

“Lega” rimanda al riformismo socialista degli albori, all’autorganizzarsi, alle<br />

lotte per i diritti, alla necessità di avere al centro del proprio operare le persone<br />

nella loro dimensione reale, al fatto che se le cose non vanno bisogna pur far<br />

qualcosa e non rimandare tutto a ciò che avverrà, unirsi, aiutarsi mutualisticamente,<br />

darsi forza, darsi gambe e idee, scoprire che si può alzare la testa solo se<br />

si supera l’illusione di farlo da soli, essere radicati alla realtà nella sua diversità,<br />

essere società il che non significa non riconoscere l’importanza di farsi governo<br />

delle istituzioni, manifestare in concreto la propria libertà.<br />

È senza dubbio originale e intrigante il fatto che si sia ritenuto necessario,<br />

novant’anni, fa che oltre a dar vita alle tante e diverse “leghe”espressioni di un<br />

movimento “sociale” si sia ritenuto necessario dar vita ad una “lega” espressione<br />

di un movimento “istituzionale”, sottolineo movimento, di comuni e province.<br />

Il termine “locali”, presente nel vecchio nome, non si è perso per strada ma<br />

certo si è attenuato nella sua centralità e una ragione c’è: il riferimento al locale<br />

al territorio non si è certo perso, anzi semmai si è rafforzato, ma quel “locali”<br />

rischiava di essere troppo riduttivo, troppo municipalista, quando le autonomie<br />

che oggi occupano la scena sono tante e tutte necessariamente volte all’idea<br />

di non essere subalterne a qualcosa o a qualcuno ma padrone del proprio<br />

destino e responsabili, verso se stesse e verso uno spazio comune. Autonomia è<br />

responsabilità.<br />

Proprio nel processo di governo del territorio locale le autonomie che<br />

concorrono al suo esito sono andate modificandosi e aumentando. Certo comuni<br />

e province rimangono dall’origine ad oggi il grosso della rappresentanza<br />

della “Lega” e così vogliamo che sia anche nel futuro. Ma non si può non<br />

vedere la ricchezza di altre autonomie, dall’entrata in scena delle Regioni, delle<br />

Comunità Montane, delle Unioni dei Comuni agli Enti Parco, alle Autonomie<br />

Funzionali, all’autonomia delle Università e per questo alla ricerca di<br />

un maggiore radicamento territoriale, alle tante Fondazioni bancarie, culturali<br />

e sociali.<br />

Chi può dire che ognuna di queste autonomie non concorra da sola e nelle<br />

relazione con le altre a determinare il governo di un territorio, il suo destino e<br />

quello dei cittadini che vi vivono?


220 POSTFAZIONE<br />

Ecco allora che “<strong>Legautonomie</strong>” ac<strong>qui</strong>sta sempre più un altro significato:<br />

quello della ricerca, del bisogno di fare sistema fra le diverse autonomie che caratterizzano<br />

il governo del territorio affinché al centro del loro agire vi sia non<br />

tanto l’affermazione di una funzione o di una presenza, ma politiche concrete<br />

che hanno bisogno proprio del concorso delle diverse autonomie per essere attuate<br />

efficacemente.<br />

Qui c’è la vera modernità della funzione della Lega, mettere a fuoco politiche<br />

e percorsi operativi che sostanzino la funzione del “sistema delle autonomie<br />

regionali e locali”.<br />

In questo senso il significato di “movimento” delle autonomie non è più solo<br />

quello di un’azione contro i soprusi e le invadenze di vecchi e nuovi centralismi,<br />

ma anche quello di movimento nel e per il territorio per affermare una<br />

logica di sistema, un movimento che è fatto di soggetti, di obiettivi, strumenti<br />

spesso nuovi.<br />

Mi spiego meglio, la storia del movimento delle autonomie locali è una storia<br />

ricca, a volte commovente, che aveva al centro uno Stato centrale non solo<br />

invadente ma speso arrogante e qualche volta discriminatorio a partire dalle<br />

composizioni politiche dei governi locali. Penso alle Giunte prefettizie che bocciavano<br />

i bilanci di previsione, che determinavano la vita e la sopravvivenza delle<br />

giunte comunali, dei consigli comunali, il successo o l’insuccesso di questo o<br />

quel sindaco. Penso alle leggi finanziarie, ai rapporti con i ministeri. Oggi tutto<br />

questo è cambiato, c’è la Costituzione della Repubblica Italiana che rappresenta<br />

una cornice solida dentro cui operare, ciò non di meno la lotta del movimento<br />

delle autonomie contro il centralismo continua ad essere attuale e qualche<br />

volta si arricchisce di nuovi contenuti quando è chiamato a fronteggiare<br />

quello di tipo nuovo, delle regionali.<br />

Ma se il movimento si limitasse ad avere questi obiettivi sarebbe miope, unilaterale,<br />

riduttivo. Come non vedere che uno dei suo grandi compiti è proprio<br />

quello di svilupparsi nei territori, di varcare i confini municipalisti, di interlo<strong>qui</strong>re<br />

con le altre istituzioni locali, di fare appunto sistema per dare forza alle<br />

comunità locali, dare risposte a chi vi vive e lavora, proiettare i territori in una<br />

nuova dimensione che non è più solo regionale o nazionale ma è globale. E per<br />

fare questo il movimento deve avere al centro non tanto le funzioni e le competenze,<br />

le istituzioni o la società, ma le politiche, gli obiettivi, e le azioni per<br />

realizzarli. Se non riesce a fare questo il movimento delle autonomie vedrà la<br />

pagliuzza nell’occhio altrui ma non vedrà la trave nel proprio.<br />

Non basta ancora. All’inizio degli anni ’90 sotto la spinta di un vento riformatore<br />

che investe la pubblica amministrazione e quella locale in particolare, i<br />

cittadini cominciarono ad essere chiamati utenti, clienti. Qualcuno si adombrò<br />

leggendovi una deriva aziendalista, non senza qualche ragione. Ma non era del<br />

tutto così. Come lì dobbiamo chiamare i cittadini che comprano servizi primari<br />

da aziende, anche se a totale controllo pubblico ma che appunto sono aziende?<br />

Come lo dobbiamo chiamare il cittadino che paga delle tariffe aspettandosi in<br />

cambio servizi accessibili, di quantità sufficiente, di qualità ottimale? Chiamiamoli<br />

cittadini e basta, però il problema di rendere conto a loro, di stabilire con<br />

loro un rapporto diverso, di riconoscerli non solo come destinatari dei servizi


POSTFAZIONE 221<br />

ma come portatori di aspettative in quanto diretti contribuenti dei servizi stessi<br />

rimane.<br />

Si afferma dunque la necessità di riconoscere le domande di diritti che sembrano<br />

esulare dai servizi offerti dalle istituzioni locali, ma che chiedono di essere<br />

sostenuti e che voglioni avere nelle istituzioni locali degli interlocutori sensibili:<br />

parlo dei movimenti ambientalisti, quelli per i diritti civili, la giustizia,<br />

quelli attenti alle gravi contraddizioni del mondo che magari danno vita ad<br />

esperienze di solidarietà internazionale, quelli per la salute, quelli per i diritti<br />

degli altri esseri viventi non umani ecc.<br />

Credo che una associazione come la Lega debba interpretare la sua funzione<br />

di movimento delle autonomie anche come azione che raccordi i “portatori<br />

di diritti vecchi e nuovi” alle istituzioni, e <strong>qui</strong>ndi non si chiuda alla sola rappresentanza<br />

delle istituzioni stesse che altrimenti rischiano di vedersi come statiche<br />

mentre proprio la loro dimensione locale ne fa una realtà sempre in divenire<br />

dove l’azione va spesso al di là delle competenze proprio perché aperta ad<br />

un rapporto assolutamente unico e irripetibile con gli umori della società.<br />

<strong>Legautonomie</strong> può cimentarsi con questa nuova dimensione del movimento.<br />

Le sue caratteristiche principali che se si vuole possono essere state un punto<br />

di debolezza nel momento in cui la funzione delle associazioni rappresentative<br />

degli enti locali si giocava tutta nelle relazioni con il governo centrale e con<br />

il Parlamento, in questo nuovo scenario non solo sono attuali ma sono un vero<br />

punto di forza.<br />

Mi riferisco principalmente alla propensione della Lega a rappresentare tutto<br />

il sistema delle autonomie e al suo lavorare non tanto in funzione “sindacale”<br />

di questo o quel livello istituzionale ma per politiche. Basta ricordare che è<br />

dal lavoro della Lega che ha preso le mosse il forum delle “città sicure”, che<br />

sempre dalla Lega è partita l’idea di andare verso un coordinamento delle città<br />

medie per sottolineare una forte specificità tutta italiana e poi il grande lavoro<br />

sulle politiche di welfare e in particolare sulla applicazione della legge<br />

328/2000, l’attenzione al ruolo degli Enti Parco, la promozione delle esperienze<br />

di Pianificazione strategica e della associazione delle città che ne hanno<br />

introdotto l’uso, le nuove forme di rendicontazione come bilancio partecipato<br />

e il bilancio sociale, ed è nella Lega che ha trovato attenzione la nuova realtà dei<br />

direttori generali dei comuni e delle province, e così via.<br />

L’altro punto di forza del modo di essere della Lega è il suo essere federalista<br />

a partire da sé, l’autonomia delle Leghe regionali, la loro presenza in tutto<br />

il paese e <strong>qui</strong>ndi un radicamento forte con il territorio non come conseguenza<br />

di una articolazione periferica di una struttura nazionale, ma, all’opposto, come<br />

realtà indipendenti che concorrono a farsi realtà nazionale.<br />

Ma per interpretare il ruolo nuovo che ci attende queste caratteristiche da<br />

sole non basteranno, occorrerà introdurre delle innovazioni coerenti e rafforzare<br />

la parte scientifica del contributo della lega alle politiche territoriali.<br />

Una innovazione significativa può essere quella di cambiare radicalmente il<br />

modo di lavorare delle Leghe regionali e di quella nazionale passando dall’elaborazione<br />

di politiche che prendono le mosse dalle esperienze virtuose degli enti<br />

locali o dalle competenze interne alle leghe al lavoro per forum. Voglio dire


222 POSTFAZIONE<br />

che individuato un tema prioritario su cui impegnarsi, fare in modo che le proposte<br />

scaturiscano da forum aperti alle associazioni, alle università, ai centri studi,a<br />

singole competenze che nella società su quel tema già agiscono superando<br />

una dimensione della elaborazione solo istituzionale che non sempre riesce ad<br />

esprimere tutta la ricchezza di conoscenza e di mobilitazione che si può e si deve<br />

mettere insieme, dando concretamente atto che le politiche per le autonomie<br />

locali e delle autonomie locali sono sempre più il frutto del concorso di<br />

soggetti diversi.<br />

La storia della Lega, come emerge anche da questo libro, è anche storia di<br />

appartenenza politica, o meglio di collocazione dentro ad un filone politico pur<br />

senza venire mai meno alla propria autonomia. È una realtà che non si può né<br />

si deve occultare. In origine la vicinanza al Partito Socialista, dopo la seconda<br />

guerra mondiale a tutta la sinistra e in particolare al Partito Comunista Italiano.<br />

Una vicinanza che ha finito per arricchire l’elaborazione politica della sinistra<br />

italiana su un tema, il ruolo delle autonomie locali, non certo centrale nella<br />

cultura prevalentemente nazionale e statalista della sinistra stessa, una vicinanza<br />

che ha mantenuto accesa, anche in momenti dove a prevalere erano<br />

orientamenti diversi, quel riformismo proprio della esperienza di governo di<br />

migliaia di amministratori locali e che certo ha avuto un ruolo nell’evitare l’assimilazione<br />

della storia ad esempio del PCI a quella di altri partiti comunisti<br />

europei, ne ha favorito una transizione meno traumatica verso la sinistra europea<br />

e ancora oggi rappresenta un patrimonio politico culturale che segna la<br />

forza della sinistra e di tutto il centro sinistra.<br />

Ad onor del vero questo non ha impedito alla Lega, che è e rimane una associazione<br />

di enti locali, di avere adesioni anche da parte di Comuni o Province<br />

amministrate da forze politiche di orientamento diverso e a volte anche radicalmente<br />

diverso.<br />

Fatto sta che non è possibile aprire una nuova pagina della storia della Lega senza<br />

affrontare le necessarie conseguenze del cambiamento in atto in tutte le componenti<br />

politiche e culturali della sinistra italiana a partire dall’incontro delle culture<br />

riformiste di diversa matrice conseguenti alla fine della “prima repubblica”.<br />

Negli anni novanta del secolo scorso, con il crescere del profilo costituzionale<br />

delle autonomie locali e delle regioni, con il formarsi di sedi sempre più<br />

importanti di concertazione fra il governo centrale e il sistema delle autonomie,<br />

se è possibile Anci, Upi, Uncem e la nuova conferenza delle regioni hanno<br />

vieppiù rafforzato il loro profilo istituzionale, limitando sempre più il loro carattere<br />

di associazioni del “movimento delle autonomie”. In questo scenario<br />

tratteggiato molto sommariamente si è posto il problema di che fine dovessero<br />

fare le associazioni e in particolare la Lega. Sono gli anni in cui si è fatta avanti<br />

l’idea di una evoluzione delle quattro associazioni storiche in una federazione<br />

unitaria e all’interno di essa della riconversione della Lega in fondazione o<br />

centro studi. Parallelamente sia nel centro destra che nel centro sinistra durante<br />

la legislatura parlamentare 1996/2001 si è fatta viva l’idea di dare vita ad associazioni<br />

di tendenza degli amministratori locali, sottolineo degli amministratori<br />

e non degli enti, la differenza è sostanziale.


POSTFAZIONE 223<br />

Pur essendo un progetto che aveva una sua indubbia forza e coerenza, l’evoluzione<br />

dei fatti è stata diversa e sarebbe lungo <strong>qui</strong> raccontare le non sempre<br />

nobili ragioni che hanno fatto naufragare questa idea.<br />

La Lega era pronta ad affrontare una sua radicale trasformazione, ma, come<br />

dicemmo nel nostro congresso di Napoli nel 2000, rivendicando un rapporto<br />

di pari dignità con le altre associazioni. E così a partire da quello stesso congresso<br />

abbiamo ribadito la nostra presenza il nostro essere in campo aperti agli<br />

sviluppi di quel progetto, che ancora in diverse occasioni pubbliche e documenti<br />

tornammo a riproporre sempre più da soli.<br />

Alla luce della evoluzione del ruolo delle autonomie, della natura dei problemi<br />

del paese, delle aspettative dei cittadini e delle imprese e per le cose precedentemente<br />

dette, oggi siamo più convinti che mai della necessità di esserci e<br />

non avvertiamo in questo alcun conflitto di ruolo con le altre tre associazioni.<br />

Ma il nodo della relazione con la nostra storia politica e con l’evoluzione delle<br />

forze politiche che oggettivamente sono state il nostro riferimento rimane da<br />

affrontare.<br />

Ecco allora la necessità di elaborare un percorso che sciolga correttamente e<br />

realisticamente questo nodo.<br />

Si tratta, a mio parere, di agire su due fronti:<br />

Il primo è quello che in modo sempre più netto e chiaro la Lega sia riconoscibile<br />

e <strong>qui</strong>ndi legittimata dalla sua capacità, che deve rafforzare sul campo, di<br />

rappresentare il complesso del sistema delle autonomie, di essere Lega di rappresentanza<br />

istituzionale ma anche di movimento, di enti locali ma sempre di<br />

più di comunità locali/territoriali. Quindi in questo senso una Lega che conferma<br />

nettamente la sua autonomia dai partiti.<br />

Il secondo è quello di mettere a frutto il suo essere oggettivamente dentro ad<br />

un filone di pensiero riformista e <strong>qui</strong>ndi realtà capace di offrire a partiti sempre<br />

più in difficoltà nell’elaborazione di politiche e programmi coerenti, una sponda,<br />

un luogo, che utilmente possono mettere a frutto per rafforzare la propria<br />

cultura di governo, per formare classe dirigente, per favorire davvero l’incontro<br />

di culture riformiste di matrice diversa ma che già nella prova del governo dei<br />

territori ogni giorno dimostrano di saper andare oltre le appartenenze.<br />

<strong>Legautonomie</strong> può raccogliere così il meglio della propria storia e riproporla<br />

per rappresentare una vera risorsa per un lavoro concreto, colto, avanzato per<br />

una nuova idea di governo del paese dove diritti, opportunità, sviluppo, servizi<br />

siano altrettanti fronti in cui si afferma l’idea forza dell’autogoverno, della responsabilità<br />

e della sussidiarietà.<br />

❉ ❉ ❉<br />

Alla conclusione di un lavoro come questo, che traccia la storia e il profilo<br />

di una associazione come la Lega delle autonomie, con novant’anni di cultura<br />

e di movimento, ci si accorge di tutte le cose che non sono state citate, soprattutto<br />

quelle relative ad un passato più recente, che sfugge al giudizio perché la<br />

vicinanza rende meno nitide le forme e più incerto l’occhio dello storico. E allora<br />

ecco che si cerca di rimediare ricordando, un pò alla rinfusa, quelle intui-


224 POSTFAZIONE<br />

zioni che si sono trasformate in iniziative politiche e poi trasformate in azioni<br />

di governo quotidiano e in interventi legislativi. Ecco <strong>qui</strong>ndi il lavoro fatto a<br />

favore dei piccoli comuni, in particolare quelli rurali ed emarginati, tra gli anni<br />

ottanta e novanta; o l’insistere sulle politiche per la sicurezza urbana intese,<br />

non solo come azione di contrasto, ma come interventi di welfare locale, di inclusione,<br />

di qualità dell’amministrazione e dei servizi; o ancora la riflessione sul<br />

ruolo delle città medie come soggetti catalizzatori e promotori di sviluppo locale<br />

e oggi protagoniste dei progetti di pianificazione strategia. Solo questo<br />

adesso, prima dell’ok alla stampa, ci viene da dire ma poi, subito dopo, altro<br />

ancora salirà alla mente.<br />

Infine un auspicio, che questo libro possa accendere nuove curiosità e interessi<br />

nei giovani che si affacciano alla vita politica e amministrativa, e sollecitare<br />

nei più anziani il recupero, la valorizzazione e la condivisione di memorie,<br />

documenti, storie vissute.<br />

Oriano Giovanelli<br />

Presidente di <strong>Legautonomie</strong>


225<br />

INDICE DEI NOMI<br />

A<br />

Adorno; 71<br />

Agnelli; 29<br />

Agrimi; 168<br />

Aimo; 21; 27; 28; 55; 64;<br />

65; 189<br />

Albani; 178<br />

Allegato; 141<br />

Amato; 186; 202; 203; 204<br />

Amorth; 22<br />

Andreini; 85<br />

Andreoli; 79<br />

Anello; 185; 187; 207;<br />

208; 211; 215; 216<br />

Angelini; 45<br />

Aniasi; 186; 188<br />

Arbizzani; 109<br />

Ardy; 70; 71<br />

B<br />

Bacci; 59<br />

Baldissara; 99; 100; 101;<br />

108; 111; 112<br />

Ballini; 73; 74<br />

Baratono; 58; 59<br />

Barbalace; 30<br />

Barbolini; 215; 217<br />

Battini; 162<br />

Bauer; 177<br />

Bechelli; 211<br />

Bedeschi; 11; 21; 42; 43;<br />

44; 156<br />

Beghi; 49<br />

Belardinelli; 11; 21<br />

Berlinguer; 186<br />

Bersani; 211<br />

Bertelli; 76<br />

Besati; 70<br />

Betti; 45; 53<br />

Bettiol; 161<br />

Bianco; 213; 214; 215; 217<br />

Bigaran; 51<br />

Bisconti; 93; 111<br />

Bissolati; 30<br />

Boazzelli; 182; 183<br />

Bogiankino; 49; 57<br />

Bogorad; 182<br />

Bolchini; 167<br />

Bonazzi; 109; 181<br />

Bonfantini; 49<br />

Bordiga; 55<br />

Bossi; 215<br />

Bourjol; 146<br />

Bracci; 104<br />

Brasca; 183; 200; 210<br />

Bressand; 193<br />

Broccoli; 45<br />

Brunelli; 45; 49<br />

Bubbio; 123<br />

Buzzi; 66<br />

C<br />

Cadeddu; 95<br />

Caia; 167<br />

Calafati; 138<br />

Calandra; 156<br />

Caldara; 18; 25; 30; 32;<br />

36; 37; 38; 40; 41; 45;<br />

47; 48; 51; 52; 54; 56;<br />

58; 62; 65; 77; 96; 97;<br />

158; 159<br />

Calza Bini; 70<br />

Campanozzi; 39; 40; 44;<br />

45; 46; 47; 49; 159<br />

Campos Venuti; 161<br />

Candeloro; 55<br />

Caperle; 17; 26<br />

Capitini; 171; 177; 178<br />

Caprio; 216<br />

Caracciolo; 161<br />

Cardaci; 79<br />

Carli; 185<br />

Carpano; 93<br />

Carrassi; 182<br />

Casalini; 28; 37; 40; 41;<br />

45; 58; 64<br />

Cassese; 51; 95; 96; 186;<br />

190; 191; 192; 194;<br />

195; 196; 199; 207;<br />

209<br />

Castagno; 156; 158; 162;<br />

176; 180<br />

Castronovo; 30<br />

Cavalieri; 104; 106<br />

Cederna; 161<br />

Cerchiari; 76<br />

Cevolotto; 93<br />

Cheli; 196<br />

Chiaramello; 142<br />

Chiaramonte; 11; 22; 29;<br />

30; 32; 36; 39; 43<br />

Chini; 210<br />

Chruscëv; 143<br />

Ciampaglia; 188<br />

Ciani; 127<br />

Ciofi; 118; 136; 137; 152;<br />

162; 163; 166; 168<br />

Ciofi degli Atti; 136<br />

Cirmeni; 77<br />

Ciufolini; 116<br />

Coccopalmerio; 84<br />

Colacchi; 92<br />

Coli; 192<br />

Colitto; 132<br />

Colombo; 13<br />

Compasso; 188<br />

Conti; 130; 187<br />

Cooke; 116


226<br />

Coppa; 140<br />

Corassori; 129<br />

Corato; 178<br />

Corbellini; 155<br />

Corghi; 10; 14; 15; 16;<br />

21; 34; 40; 161; 178;<br />

181; 183; 202; 203<br />

Corrao; 162<br />

Corsi; 26; 27; 28; 62<br />

Cossiga; 205<br />

Cossutta; 188<br />

Costa; 15; 16; 19; 35;<br />

203; 204<br />

Craxi; 104; 202; 204; 205<br />

Cremaschi; 128<br />

Crisafulli; 126; 130<br />

Crispi; 14<br />

Crispo; 77; 79<br />

D<br />

D’Albergo; 156<br />

D’Auria; 96; 99<br />

D’Ubaldo; 199; 209<br />

Dario Franco; 66<br />

Davoli; 156; 207<br />

de Florentiis; 104<br />

De Gasperi; 84; 85<br />

De Lucia; 156<br />

De Maria; 54<br />

De Martino; 186<br />

De Rosa; 9; 11; 22; 27;<br />

42; 158<br />

De Sabbata; 183; 184;<br />

185; 186; 187; 188<br />

De Simone; 92<br />

Degl’Innocenti; 38<br />

Del Cimmuto; 217<br />

Della Porta; 129<br />

Demar; 80<br />

Dente; 188<br />

Depretis; 15<br />

Di Re; 188<br />

Dimitrov; 115<br />

Dini; 214<br />

Dirotti; 82<br />

Dogliani; 53; 69; 78; 95;<br />

153; 183<br />

Domenici; 217<br />

Donatini; 76; 77<br />

D’Onofrio; 216<br />

Doria Pamphilj; 79<br />

Dorigo; 17<br />

Dozza; 90; 93; 100; 104;<br />

111; 115; 127; 128;<br />

129; 141; 146; 161;<br />

162; 204<br />

Dugoni; 45<br />

E<br />

Einaudi; 30; 45; 63; 130;<br />

143<br />

Engels; 115<br />

Enzo Modica; 156; 195<br />

Erba; 156<br />

F<br />

Fabiani; 93<br />

Facchini; 81; 123<br />

Falcone; 204; 205<br />

Fanfani; 107<br />

Farinacci; 66<br />

Fasano Guarini; 162<br />

Fazi; 14; 17<br />

Fedeli; 111<br />

Ferrari; 141<br />

Ferraris; 13<br />

Ferrarotti; 156<br />

Ferreri; 175<br />

Ferri; 162<br />

Filippetti; 54; 56; 58; 159<br />

Fioritto; 62<br />

Fontana; 68; 82<br />

Fortunati; 100; 121<br />

Fossati; 211<br />

Fracanzani; 202<br />

Franceschelli; 90; 110;<br />

115; 128; 130; 134<br />

Franceschi; 130; 131; 132<br />

Franco; 29; 30; 31; 45; 51;<br />

68; 69; 71; 73; 82; 129;<br />

138; 156; 161; 186<br />

Furlan; 38; 50<br />

G<br />

Galasso; 30<br />

Garbagnati; 89<br />

Garruccio; 62<br />

Gaspari; 1; 10; 14; 20; 23;<br />

24; 25; 27; 31; 51; 69;<br />

75; 77; 78; 79; 83; 95;<br />

105; 109; 111; 121;<br />

126; 138; 141; 153;<br />

178; 183<br />

Gasparini; 82<br />

Gasparotto; 93<br />

Gelasio Adamoli; 104<br />

Gelmini; 127<br />

Gema; 57; 61<br />

Gentili; 217<br />

Gentiloni; 34<br />

Ghedini; 66<br />

Ghislandi; 116; 117; 119;<br />

130; 135<br />

Giacobelli; 111<br />

Giannini; 51; 91; 94; 95;<br />

96; 97; 99; 106; 111;<br />

121; 122; 123; 124;<br />

132; 133; 141; 142;<br />

143; 165; 166; 167;<br />

186; 187; 195; 201;<br />

207<br />

Gigliotti; 89<br />

Gilardoni; 24; 45; 69; 77<br />

Giolitti; 24; 29; 61; 86;<br />

171<br />

Giordani; 53<br />

Giovanelli; 217<br />

Giovannucci; 104<br />

Giovenco; 77<br />

Giusti; 25; 45; 77; 79


227<br />

Gnudi; 53<br />

Gonzales; 54<br />

Gracili; 179<br />

Gramsci; 55; 170<br />

Granati; 61<br />

Grazi; 93<br />

Graziadei; 32; 45; 49<br />

Greppi; 23; 29; 30; 82;<br />

104; 120; 121; 158<br />

Grezzi; 82<br />

Guadagnino; 45<br />

Gualandi; 206; 208; 209;<br />

210; 211; 212; 213;<br />

214; 215<br />

Guerra; 43; 79; 91; 97;<br />

99; 111; 120<br />

Guidelli; 76<br />

Guidi; 162<br />

Herriot; 152<br />

H<br />

Jaeger; 83; 86; 104; 116<br />

J<br />

K<br />

Kologiera; 206<br />

L<br />

L’Huillier; 152; 153<br />

La Pira; 178<br />

La Torre; 111<br />

Ladaga; 185; 187; 195; 207<br />

Laghi; 18<br />

Lanzetta; 42; 43; 132;<br />

133; 146; 152; 154;<br />

160; 161; 162; 169;<br />

172; 173; 174; 180<br />

Laurelli; 153<br />

Lazzari; 31; 38; 39; 47;<br />

48; 49; 52; 65<br />

Lazzeroni; 145<br />

Leghissa; 81; 82; 83; 84;<br />

87; 112; 128<br />

Lenin; 115<br />

Leone; 196<br />

Levi; 59; 186<br />

Lincoln; 116<br />

Lo Sardo; 62<br />

Locatelli; 57; 82; 104;<br />

159; 160<br />

Lolli; 36; 37; 39; 167<br />

Lotti; 73; 74<br />

Lucarini; 28; 39; 40; 43<br />

Lucca; 30; 45; 76<br />

Lucifredi; 169; 201<br />

Lusignoli; 54<br />

Luzzatto; 107; 117; 122;<br />

126; 127; 130; 132;<br />

141; 142; 187; 188;<br />

193; 194<br />

M<br />

Maccarrone; 161; 162; 177;<br />

179; 180; 181; 182<br />

Macrelli; 142<br />

Maffi; 45<br />

Malaguti; 142<br />

Malatesta; 36; 37; 47; 48;<br />

49; 50; 65<br />

Mammucari; 45<br />

Manacorda; 15<br />

Marangoni; 36; 37; 45<br />

Maraviglia; 69<br />

Marino; 82; 129; 159<br />

Mariotti; 18; 19; 20<br />

Maroi; 77<br />

Marongiu; 14; 100; 189<br />

Martino; 18<br />

Martuscelli; 141; 142;<br />

162<br />

Marzi; 62<br />

Massa; 52; 53; 76; 218<br />

Mastroleo; 194<br />

Matteotti; 32; 45; 57; 58;<br />

59; 60; 61; 62; 97;<br />

100; 158; 159; 218<br />

Matteucci; 141<br />

Mazzanti Pepe; 13; 17<br />

Mazzini; 170<br />

Mazzoli; 45<br />

Meda; 27; 30; 37; 39; 97<br />

Melis; 43; 45; 70; 95;<br />

179; 186; 187<br />

Menotti Luppi; 45; 58<br />

Merlin; 139<br />

Merloni; 30; 39; 40; 45;<br />

130; 131; 135<br />

Micheli; 22<br />

Miglioli; 93<br />

Mill; 170<br />

Minguzzi; 45<br />

Minio; 145<br />

Modigliani; 45; 62<br />

Molé; 141<br />

Montagnani; 82; 85; 87;<br />

89; 91; 100; 101; 102;<br />

104; 107; 116; 141<br />

Montemartini; 9; 20; 25;<br />

35; 36; 45; 165<br />

Morales; 207<br />

Morandi; 170<br />

Morlino; 187<br />

Moro; 169; 186; 205<br />

Morra; 213<br />

Mortara; 31<br />

Murri; 203; 204<br />

Mussi; 18; 19; 34<br />

Mussolini; 66; 68; 71; 86;<br />

159<br />

N<br />

Napoli; 20; 30; 89; 113;<br />

133; 213; 217; 218<br />

Narducci; 199<br />

Nathan; 30; 35; 97


228<br />

Negarville; 93<br />

Nenni; 61; 104; 129; 143;<br />

169; 171<br />

Neppi Modona; 186<br />

Neri Serneri; 74<br />

Niccolini; 22; 23; 25<br />

Nicotera; 126<br />

Nuti; 79<br />

O<br />

Olivetti; 94; 95; 155<br />

Onida; 186<br />

Onofri; 38; 61; 109<br />

Orefici; 25<br />

Ossicini; 178<br />

Osti; 89; 118; 135<br />

P<br />

Padula; 212<br />

Pajetta; 87<br />

Palla; 54<br />

Pallotta; 117; 135<br />

Panettoni; 215<br />

Panizzi; 45<br />

Paolini; 139; 170; 205;<br />

211<br />

Paone; 79<br />

Parpagnoli; 45<br />

Parri; 87<br />

Pazzaglia; 205<br />

Pedone; 62; 63<br />

Pelloux; 18<br />

Pertini; 109<br />

Petrillo; 82<br />

Petroselli; 194<br />

Piccardi; 161; 162; 176<br />

Pieraccini; 145<br />

Pinzani; 143<br />

Pironti; 45<br />

Pischel; 165; 167<br />

Pistoja; 45<br />

Pizzetti; 214; 215<br />

Poeta; 202; 204; 205;<br />

210; 211; 213<br />

Ponziani; 54<br />

Porcellini; 141<br />

Portalupi; 45<br />

Prandi; 108<br />

Preti; 140<br />

Procioni; 90<br />

Prodi; 214; 215<br />

Puca; 66<br />

Pucci; 44; 45<br />

Punzo; 30; 36; 38; 39; 43;<br />

47; 48; 54; 56; 82; 159<br />

Q<br />

Quintieri; 79<br />

Quitieri; 111<br />

R<br />

Ragionieri; 16; 39; 63; 64;<br />

80; 87; 94<br />

Ravà; 200<br />

Rebecchini; 122<br />

Reiter; 129<br />

Ribaldi; 62<br />

Rienzi; 77<br />

Rinaldi; 111<br />

Ripamonti; 189; 190<br />

Rizzo; 107<br />

Rosati; 176<br />

Rossi; 66; 68; 73; 74; 142<br />

Rossi Doria; 77<br />

Rotelli; 15; 16; 19; 54; 68;<br />

69; 73; 77; 100; 101<br />

Roveda; 79<br />

Roversi Monaco; 196<br />

Rudinì; 14<br />

Ruffilli; 9; 11; 17; 19; 42;<br />

79; 205<br />

Rugge; 51<br />

Ruini; 30; 31<br />

Rutelli; 211; 212; 213<br />

S<br />

Sabatini; 37; 39; 41; 45<br />

Saja; 207; 208; 211<br />

Salandra; 29<br />

Salizzoni; 145<br />

Salvemini; 19; 20; 81;<br />

158; 160; 170<br />

Salzano; 156<br />

Samoggia; 45<br />

Sánchez de Juan; 69<br />

Santambrogio; 85<br />

Santarelli; 176; 178; 179;<br />

197<br />

Santini; 76; 192; 195<br />

Santo; 155; 177; 199<br />

Saragat; 77; 92; 104; 143<br />

Sarti; 172; 194<br />

Scalfaro; 202<br />

Scalpelli; 82<br />

Scelba; 86; 92; 98; 106;<br />

128; 129; 130; 137;<br />

138; 141; 142; 162; 169<br />

Schanzer; 45<br />

Schiavi; 33; 54; 58; 77<br />

Schininà; 23<br />

Scoccimarro; 93<br />

Segni; 107; 133<br />

Sella; 14<br />

Seppilli; 154<br />

Serafini; 183<br />

Sereni; 146<br />

Serpieri; 31<br />

Serrati; 62<br />

Sichel; 30; 37; 38; 39; 41;<br />

43; 45; 47; 49; 96<br />

Signorello; 188<br />

Signorini; 56<br />

Simonelli; 206; 209<br />

Soglia; 45<br />

Sorel; 170<br />

Soveria Mannelli; 11; 22;<br />

29; 86<br />

Spalazzi; 112<br />

Spezzano; 140; 141; 142;<br />

143; 144; 146; 147;<br />

149; 150; 151; 152


229<br />

Stalin; 115; 137; 143<br />

Stammati; 189; 204<br />

Starabba; 14<br />

Stefani; 69; 192; 194;<br />

195; 196; 197; 198;<br />

199; 201; 202; 203;<br />

206<br />

Strobbe; 156<br />

Sturzo; 9; 11; 20; 22; 24;<br />

27; 28; 29; 30; 31; 32;<br />

34; 36; 37; 39; 40; 41;<br />

42; 43; 45; 55; 65; 66;<br />

69; 92; 97; 137; 158;<br />

160; 161; 170; 171;<br />

204<br />

Suardo; 68<br />

T<br />

Taddia; 169<br />

Tambroni; 107<br />

Tanasesco; 116<br />

Tarello; 93<br />

Targetti; 107; 141<br />

Tasca; 56<br />

Tassoni; 110; 161<br />

Taurasi; 84; 87<br />

Terracini; 55; 141; 145; 146<br />

Teso; 60<br />

Testa; 70<br />

Todeschini; 49<br />

Togliatti; 94; 107; 128;<br />

129; 137; 143<br />

Tonetti; 107<br />

Tosatti; 129; 131<br />

Treves; 34; 45; 49; 50; 53;<br />

54<br />

Triglia; 198; 199; 205;<br />

209<br />

Triva; 140; 177<br />

Troccoli; 156<br />

Troilo; 86; 87; 90; 91<br />

Turati; 45; 49; 54; 62;<br />

131<br />

Turchi; 79; 91; 93; 97; 98;<br />

99; 102; 103; 104;<br />

107; 108; 111; 112;<br />

113; 117; 120; 121;<br />

122; 123; 125; 134;<br />

136; 137; 141; 142<br />

Vacis; 139<br />

Valenzi; 196<br />

Valeri; 62<br />

Vanoni; 121<br />

Venanzi; 85<br />

V<br />

Venino; 68<br />

Venturini; 81; 84<br />

Vergnanini; 30; 44; 45<br />

Vetere; 196<br />

Veyrat; 20<br />

Vicard; 77; 79; 111; 124;<br />

155<br />

Vighi; 108; 109; 125<br />

Vion; 153; 183<br />

Viviani; 141<br />

W<br />

Waldeck; 152; 153<br />

Z<br />

Zadra; 82<br />

Zanardi; 33; 34; 38; 39; 44;<br />

45; 49; 50; 53; 54; 57;<br />

61; 62; 141; 159; 204<br />

Zanella; 37; 41<br />

Zangheri; 30; 186; 204<br />

Zibordi; 20; 27; 28; 34;<br />

35; 39; 173<br />

Zoli; 107; 145<br />

Zuccarini; 170; 177<br />

Zucconi; 70; 71


231<br />

INDICE ANALITICO<br />

PREFAZIONE 4<br />

PREMESSA 9<br />

1. Il movimento per le autonomie locali: un ruolo politico-istituzionale<br />

e tecnico-amministrativo 9<br />

2. Dalla natura politica e dalla trasversalità le capacità di stimolo della<br />

Lega 10<br />

PARTE I<br />

DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE ALLA FINE<br />

DURANTE L’ASCESA DEL FASCISMO<br />

1. GLI ALBORI DEL MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE LO-<br />

LOCALI ALLA FINE DELL’‘800: DALL’ASSOCIAZIONISMO DEI<br />

LAVORATORI A QUELLO DELLE AUTONOMIE LOCALI 13<br />

1.1. I lavoratori alla con<strong>qui</strong>sta dei comuni 15<br />

1.2. Adattare il programma socialista alla realtà dell’istituzione locale 16<br />

1.3. I primi convegni dei sindaci eletti dai consigli 17<br />

1.4. La fondazione dell’Anci 18<br />

1.5. La primavera municipale in Italia 20<br />

2. IL MOVIMENTO SOCIALISTA E L’AFFERMAZIONE DELLA<br />

MAGGIORANZA LIBERALE E CATTOLICA NELL’ANCI 22<br />

2.1. L’autonomia comunale dal terreno politico a quello istituzionale<br />

e tecnico-amministrativo 22<br />

2.2. Le nuove organizzazioni del movimento per le autonomie locali 23<br />

2.2.1. L’Unione delle province d’Italia, l’Unione statistica delle città<br />

italiane e la Federazione delle aziende municipalizzate italiane 23<br />

2.3. L’esigenza di una associazione “che si muovesse più agilmente e con<br />

spirito pugnace” 25


232<br />

2.4. Il “comune moderno” nella strategia di cattolici e socialisti 26<br />

2.5. L’evoluzione dell’Anci<br />

2.5.1. La collaborazione dell’Anci di Sturzo con Lega delle cooperative,<br />

riformisti e radicali 28<br />

3. LA NASCITA DELLA LEGA DEI COMUNI SOCIALISTI NEL 1916 31<br />

3.1. Il congresso degli amministratori locali socialisti a Bologna:<br />

16-17 gennaio 1916 31<br />

3.2. Il distacco degli amministratori socialisti dall’Anci 33<br />

3.2.1. I socialisti e la questione dei rapporti con lo Stato 34<br />

3.2.2. Il dibattito tra riformisti e massimalisti e l’uscita dall’Anci 35<br />

3.2.3. La risposta dell’Anci 37<br />

3.2.4. Caldara: Anci e Lega due organizzazioni con vocazioni diverse<br />

e un obiettivo comune 37<br />

3.3. Statuto e rivista della Lega 39<br />

3.3.1. Le critiche di Sturzo ed il dolore di Caldara 40<br />

3.3.2. Le interpretazioni della nascita della Lega dei comuni socialisti 41<br />

4. L’ATTIVITÀ DELLA LEGA NEL PERIODO LIBERALE 43<br />

4.1. La mobilitazione bellica e i comuni socialisti 43<br />

4.2. I principali settori di intervento 45<br />

4.3. La Lega tra riformismo e massimalismo 47<br />

4.4. La seconda Assemblea generale della Lega 49<br />

4.5. Dall’utopia socialista all’amministrazione locale 50<br />

4.5.1. Zanardi e l’Ente comunale di consumo 50<br />

4.5.2. La repressione prefettizia 52<br />

5. L’AVVENTO DEL FASCISMO, LE FRATTURE NEL PSI E LA<br />

FINE DELLA LEGA 53<br />

5.1. L’assalto fascista allo Stato comincia dai comuni socialisti: Bologna<br />

e Milano 53<br />

5.2. Comuni e province tentano di resistere alla violenza fascista 54<br />

5.3. Le divisioni all’interno della Lega e la fondazione del Partito<br />

comunista 55<br />

5.4. La linea intransigente contro il Psi 56


233<br />

5.5. Il terzo ed ultimo congresso della Lega dei comuni socialisti 57<br />

5.5.1. La questione dei tributi locali posta da Matteotti 58<br />

5.5.2 La reazione degli agrari 60<br />

5.5.3. I sindaci socialisti “finanziano” i propri comuni: l’esempio<br />

di Zanardi e Matteotti 61<br />

5.6. Il XIX Congresso nazionale del Psi, l’espulsione dei riformisti e la<br />

fine della Lega 62<br />

5.6.1. Lo scioglimento della Lega 62<br />

5.6.2. Un bilancio della “rinascita comunale” 64<br />

5.7. La fine dell’Anci e dell’Upi 65<br />

5.7.1. L’inutile tentativo dell’Anci di ingraziarsi il fascismo.<br />

La clandestinità istituzionale dell’Upi 67<br />

5.8. Dalla questione comunale alla questione urbanistica, e la sconfitta<br />

dei tecnici municipali 70<br />

PARTE II<br />

DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO<br />

SCONTRO<br />

1. LA RINASCITA DELLA LEGA: LE RAGIONI DELLA<br />

FONDAZIONE DELLA LEGA DEI COMUNI DEMOCRATICI 73<br />

1.1. La Resistenza e la rifondazione dello Stato su basi autonomistiche 73<br />

1.1.1. Il ruolo di Firenze e della <strong>Toscana</strong> 74<br />

1.2. La rifondazione dell’Upi 75<br />

1.3. La rifondazione dell’Anci 77<br />

1.3.1. L’assemblea istitutiva 79<br />

1.4. Alle origini della fondazione della Lega: “Il Comune democratico”<br />

e “L’Amministratore democratico” 80<br />

1.4.1. Il ruolo della sinistra all’interno dell’Anci 80<br />

1.4.2. “Il Comune democratico” 82<br />

1.4.3. La volontà di cambiamento nelle pagine della rivista 84<br />

1.5. Le motivazioni politiche della rinascita della Lega 85<br />

1.5.1. Le prime avvisaglie dell’offensiva di Scelba contro i comuni<br />

democratici 86<br />

1.5.2. “L’amministratore democratico” 87<br />

1.6. La rifondazione della Lega dei comuni 90<br />

1.6.1. Comuni e province di sinistra nella strategia di opposizione<br />

al governo 91


234<br />

1.6.2. Continuità e differenza tra le aggressioni fasciste nel ’20 e ’21<br />

e quelle del periodo repubblicano 92<br />

1.6.3. Il congresso di rifondazione della Lega 93<br />

1.7. Due organizzazioni di uno stesso movimento per le autonomie locali:<br />

le ragioni di Massimo Severo Giannini 94<br />

1.7.1. La compatibilità tra Anci e Lega 95<br />

1.7.2. La polemica tra Guerra (Anci) e Turchi (Lega) 97<br />

1.7.3. La convergenza sulla finanza locale 99<br />

2. LA LEGA DEI COMUNI DEMOCRATICI NEGLI ANNI DELLA<br />

CONTRAPPOSIZIONE E DELLO SCONTRO 100<br />

2.1. Il comune è un “organismo politico” 101<br />

2.1.1. Le funzioni e i compiti della Lega 101<br />

2.2. La ripresa dopo i risultati del 18 aprile 1948 103<br />

2.2.1. Lo statuto del 1948 104<br />

2.2.2. Il successo nella difesa delle province, e della legalità, contro<br />

l’offensiva del Ministero dell’interno 106<br />

2.2.3. “La caccia al sindaco” dopo l’attentato a Togliatti 107<br />

2.2.4. I segretari comunali ed il rapporto con gli amministratori di sinistra 108<br />

2.2.5. Il punto sullo stato dell’organizzazione 112<br />

2.3. Una sola e “nuova” rivista per la Lega nazionale dei comuni democratici 114<br />

2.3.1. L’orizzonte internazionale della nuova rivista: per la pace e per<br />

i paesi dell’Est europeo 115<br />

2.3.2. La nuova centralità delle amministrazioni comunali 116<br />

2.3.3. La nuova Lega in Parlamento e nella realtà locale 117<br />

2.4. Una nuova Lega e una nuova Anci 119<br />

2.4.1. L’evoluzione dei rapporti tra le due organizzazioni 119<br />

2.4.2 Il linguaggio comune dei sindaci 120<br />

2.4.3. Battaglie comuni contro provvedimenti governativi 121<br />

2.4.4. Giannini per il movimento delle autonomie locali e per la Lega 123<br />

2.5. La difesa delle amministrazioni della sinistra e dei bisogni dei cittadini 124<br />

2.5.1. Le difficoltà di una nuova classe dirigente nei comuni di sinistra 124<br />

2.5.2. Lo scioglimento dei consigli comunali e l’imperizia dei prefetti 125<br />

2. 5.3. Le tipologie dei più gravi provvedimenti contro le autonomie<br />

locali 126<br />

2.5.4. “Il reato di essere sindaco” 127<br />

2.5.5. Solidarietà degli amministratori di sinistra con i lavoratori<br />

uccisi dalla polizia nelle lotte del dopoguerra 129


235<br />

2.5.6. La repressione delle amministrazioni di sinistra 130<br />

2.5.7. L’opposizione all’ostruzionismo prefettizio: l’attività di Giannini 132<br />

2.6. Gli anni ‘50 134<br />

2.6.1. La Lega dei comuni democratici, province e enti minori 134<br />

2.6.2. La mobilitazione contro la “legge truffa” del ‘53 ed il<br />

centralismo del Pci 136<br />

2.6.3. La vocazione unitaria della Lega 137<br />

2.6.4. La fondazione dell’Uncem e il problema delle imprese<br />

idroelettriche 138<br />

2.6.5. La tragedia del Vajont. La battaglia politica contro lo<br />

strapotere dell’industria elettrica 139<br />

2.6.6. Il convegno di Bologna del 1954: la battaglia per l’attuazione<br />

della Costituzione 140<br />

2.6.7. La sinistra italiana e il comunismo sovietico. Le misure contro<br />

“le forze totalitarie” 142<br />

2.6.8. I problemi della municipalizzazione 144<br />

2.7. Il rilancio della Lega alla vigilia dell’esperienza dei governi di centrosinistra<br />

146<br />

2.7.1. Il primo congresso nazionale della Lega, Firenze 1958 146<br />

2.7.2. Bilancio di un decennio di attività 147<br />

2.7.3. Le campagne sul diritto di voto e per i comuni montani 148<br />

2.7.4. Le questioni organizzative 149<br />

2.7.5. La natura della Lega ed il rapporto con le altre organizzazioni 150<br />

2.7.6. Le prospettive politiche 151<br />

2.7.7. La battaglia per la pace e le relazioni internazionali 152<br />

2.7.8. Lo statuto 154<br />

2.7.9. La Lega e l’Anci rafforzano le proprie strutture e l’attività<br />

tecnico-amministrativa 154<br />

2.8. Una moderna organizzazione riformista per la trasformazione<br />

democratica dello Stato 156<br />

2.8.1. Il congresso di Torino nel centenario dell’Unità d’Italia 156<br />

2.8.2. La critica all’Anci e la riflessione sulla continuità del socialismo<br />

riformista nella storia del movimento comunale 157<br />

2.8.3. Le richieste di autonomia locale inascoltate a livello nazionale 159<br />

2.8.4. La difesa della Costituzione 160<br />

2.8.5. La natura politico-tecnica della Lega 161<br />

2.8.6. La nuova direzione 162


236<br />

PARTE III<br />

DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI<br />

1. GLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA 165<br />

1.1. Gli sviluppi della municipalizzazione dopo la legge del 1903 165<br />

1.2. La nazionalizzazione dell’energia elettrica 166<br />

1.3. Il movimento delle autonomie locali e l’istituzione dell’Enel 168<br />

1.4. Tra l’autonomia dai partiti e l’unità del movimento per le autonomie<br />

locali 169<br />

1.4.1. La rivista apre alla discussione. Nello schieramento<br />

autonomistico salta la distinzione netta tra governo e opposizione 170<br />

1.4.2. La Lega incontra il governo: Nenni e Giolitti 171<br />

1.4.3. L’analisi di Lanzetta sul rapporto della Lega con i partiti della<br />

sinistra. Il IV congresso nazionale 172<br />

1.4.4. La partecipazione popolare 174<br />

1.4.5. Il Congresso di Firenze: un nuovo statuto per un’organizzazione<br />

pluralista 175<br />

1.4.6. Le Assemblee annuali. Il primo corteo di sindaci a Roma per<br />

la finanza locale 177<br />

1.4.7. Uscire dalla crisi: le regioni e la programmazione 178<br />

1.4.8. Una nuova rivista per gli enti locali: “Il potere locale” 179<br />

1.5. Il ’68 della Lega: movimento di massa organizzato 180<br />

1.5.1. Nasce la Lega per le autonomie e i poteri locali 180<br />

1.5.2. La stagione dei movimenti. I rapporti con l’Est europeo 181<br />

1.6. Gli anni settanta: le regioni, la pace e l’Europa 182<br />

1.6.1. Le grandi manifestazioni della Lega contro la crisi finanziaria<br />

delle autonomie locali 184<br />

1.6.2. Il DPR 616 e il rapporto con i partiti 187<br />

1.6.3. La centralità della questione della finanza locale: gli incontri<br />

di Viareggio 188<br />

1.6.4. Nella produzione editoriale della Lega anche una guida per il<br />

“Regno di Babilonia” 190<br />

2. GLI ANNI ‘80 191<br />

2.1. Il congresso di Firenze del 1980 191<br />

2.1.1. Ruolo e compiti della Lega. I costi dell’impegno editoriale 192<br />

2.3. La ripresa della ricerca dell’unità del movimento 194<br />

2.3.1. Giannini e Cassese, continuano a collaborare con la Lega 195


237<br />

2.3.2. Tentativi per un coordinamento unitario delle associazioni<br />

delle autonomie 196<br />

2.3.3. Il congresso di Bologna del 1984: una modificazione strutturale<br />

della Lega 196<br />

2.4. Il difficile rapporto con l‘Anci. La Lega organizza gli incontri di<br />

Viareggio 198<br />

2.4.1. Lega/Anci: dalla competizione politica a quella tecnica 199<br />

2.5. La Lega e la nuova sfida dell’unità del movimento per le autonomie<br />

locali 200<br />

2.5.1. 1986: Il settantesimo anniversario della fondazione 201<br />

2.5.2. L’elogio della “doppiezza” e la difesa dell’autonomia 202<br />

2.6. Il malessere delle autonomie locali 204<br />

2.6.1 La segreteria Gualandi 206<br />

2.6.2. Il rafforzamento dell’impegno tecnico-amministrativo 206<br />

3. GLI ANNI ’90: LE RIFORME 208<br />

3.1. Per una Conferenza nazionale delle autonomie 209<br />

3.2. I sindaci si mobilitano 210<br />

3.4. I sindaci protagonisti del movimento per le autonomie locali 211<br />

3.4.1. La prima marcia dei sindaci eletti dai cittadini 212<br />

3.4.2. L’incarico al sindaco Rutelli della guida del processo di unificazione<br />

212<br />

3.5. Il movimento per le autonomie locali e il “partito dei sindaci delle<br />

grandi città” 213<br />

3.5.1. Il rilancio della sfida dell’unità 214<br />

3.5.2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali 215<br />

3.5.3. Tra divisioni e spinte all’unità 216<br />

3.6. “Costruire il federalismo per rafforzare la partecipazione” 217<br />

POSTFAZIONE 219<br />

Indice dei nomi 225<br />

Indice analitico 231


EDIZIONI ALISEI s.a.s. di Bruno Puglielli<br />

Via Poggio Catino 15, 00199 Roma<br />

06.86.06.418 – alisei@mclink.it<br />

Copertina di Francesco Graziosi<br />

Finito di stampare nel mese di giugno 2006<br />

Stampa: Abilgraph Roma<br />

Edizione fuori commercio realizzata per <strong>Legautonomie</strong>

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