qui - Legautonomie Toscana
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La storia della Lega delle Autonomie è la storia di una concezione moderna<br />
del ruolo del comune, quella di un ente locale vicino ai cittadini, che favorisce<br />
la crescita economica, coniugando sviluppo e sostenibilità.<br />
La particolare capacità di una lettura politica degli eventi, non limitata all’ambito<br />
tecnico ed istituzionale, unita alla possibilità di esprimere le esigenze di tutte<br />
le istituzioni locali, hanno caratterizzato il suo ruolo di promozione e sostegno<br />
di tutto il movimento per le autonomie locali<br />
Con questo libro la Lega delle autonomie, celebra in modo non retorico i suoi<br />
primi novant’anni: una storia a volte drammatica, a volte esaltante che mostra<br />
agli amministratori le radici del loro impegno civile e democratico nel governo<br />
delle comunità locali.<br />
Dalla Lega dei comuni socialisti a <strong>Legautonomie</strong><br />
Oscar Gaspari<br />
Dalla Lega dei comuni socialisti<br />
a <strong>Legautonomie</strong><br />
Novant’anni di riformismo per la democrazia<br />
e lo sviluppo delle comunità locali<br />
Prefazione<br />
Linda Lanzillotta<br />
Postfazione<br />
Oriano Giovanelli<br />
Oscar Gaspari lavora presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione locale.Tra le pubblicazioni più<br />
importanti: L’Italia dei municipi. Il movimento comunale in età liberale (1879-1906), Donzelli, Roma 1998;<br />
Patrizia Dogliani e Oscar Gaspari (a cura di), L’Europa dei comuni. Origini e sviluppo del movimento comunale<br />
europeo dalla fine dell’Ottocento al secondo dopoguerra, Donzelli, Roma 2003<br />
Oscar Gaspari
Oscar Gaspari<br />
Dalla Lega dei comuni socialisti<br />
a <strong>Legautonomie</strong><br />
Novant’anni di riformismo per la democrazia<br />
e lo sviluppo delle comunità locali<br />
Prefazione<br />
Linda Lanzillotta<br />
Postfazione<br />
Oriano Giovanelli
Avvertenza<br />
Quando <strong>Legautonomie</strong> mi ha chiesto di scrivere la storia dell’organizzazione<br />
ho capito di dover combattere una sfida. Una sfida rispetto ai tempi e rispetto<br />
alle fonti. Per uno storico il tempo è sempre breve, e le fonti, spesso, non<br />
sono mai sufficienti: in questo caso la situazione era drammatica rispetto ad entrambi<br />
i termini. Di archivi, infatti, la Lega non ne ha, ci sono solo le riviste.<br />
Tipico di un’organizzazione che ha risolto problemi quotidiani per decenni, risolto<br />
uno si doveva passare in fretta ad un altro; non c’era tempo per gli archivi.<br />
La sfida, come ho già scritto, era quella far passare i fatti dalle pagine dei<br />
quotidiani, in questo caso delle riviste, a quelle della storia. Altri, se lo vorranno,<br />
faranno sicuramente meglio di me, spero aiutati anche da questo libro, che<br />
è, in primo luogo, un volume per ricordare al movimento per le autonomie locali<br />
di oggi di oggi un passato il cui ricordo rischia di essere sopraffatto dagli affanni<br />
della ricerca di soluzioni ai problemi quotidiani.<br />
Ringraziamenti<br />
Il primo ringraziamento va a Loreto Del Cimmuto, direttore di <strong>Legautonomie</strong>,<br />
e a Moreno Gentili, vicedirettore, che non solo hanno voluto questa ricerca,<br />
ma mi hanno spinto ed aiutato a farla nel miglior modo possibile. Il secondo<br />
va a Bruno Puglielli, l’editore, che mi ha sostenuto, aiutato ed è stato<br />
buon consulente. Non posso dimenticare poi Corrado Corghi, che mi ha affidato<br />
i documenti raccolti nel corso della sua ricerca, con fiducia che spero di<br />
non aver deluso.<br />
O. G.
SOMMARIO<br />
Prefazione di Linda Lanzillotta 5<br />
Premessa 9<br />
PARTE I - Dalle origini nel Periodo Liberale alla fine durante l’ascesa<br />
del Fascismo<br />
1. Gli albori del movimento per le autonomie locali alla fine dell’‘800:<br />
dall’associazionismo dei lavoratori a quello delle autonomie locali 13<br />
2. Il movimento socialista e l’affermazione della maggioranza liberale<br />
e cattolica nell’Anci 22<br />
3. La nascita della lega dei Comuni socialisti nel 1916 31<br />
4. L’attività della lega nel periodo liberale 43<br />
5. L’avvento del fascismo, le fratture nel Psi e la fine della lega 53<br />
PARTE II - Durante la Repubblica, negli anni dello scontro<br />
1. La rinascita della lega: le ragioni della fondazione della lega dei comuni<br />
democratici 73<br />
2. La lega dei comuni democratici negli anni della contrapposizione e<br />
dello scontro 100<br />
PARTE III - Dagli anni del Centro-Sinistra ad oggi<br />
1. Gli anni del centro-sinistra 165<br />
2. Gli anni ‘80 191<br />
3. Gli anni ’90: le riforme 208<br />
Postfazione di Oriano Giovanelli 219<br />
Indice dei nomi 225<br />
Indice analitico 231
PREFAZIONE 5<br />
PREFAZIONE<br />
Quasi un secolo di storia<br />
La storia delle autonomie locali in Italia è una storia di partecipazione e di<br />
amministrazione, di riforme e di democrazia. Una storia che affonda le sue radici<br />
nell’inizio del secolo scorso e lo attraversa tutto, per consegnare al nuovo millennio<br />
i suoi frutti più freschi: gli esiti della riforma del sistema della elezione diretta<br />
del sindaco, sicuramente la più riuscita tra le riforme istituzionali di cui tanto<br />
si è discusso nell’ultimo <strong>qui</strong>ndicennio. Una riforma che ha portato con sè forti innovazioni<br />
nei contenuti e negli strumenti dell’amministrazione pubblica e la formazione<br />
di una nuova classe dirigente riformista e pragmatica. Se questi fenomeni<br />
e queste tendenze hanno caratterizzato l’ultima stagione politica e ci consentono<br />
di guardare con fiducia all’immediato futuro, è proprio in virtù della forza che<br />
negli anni il sistema delle autonomie locali ha consolidato: una forza derivante dalla<br />
stessa loro posizione, una posizione di frontiera rispetto alle esigenze, ai bisogni,<br />
alle richieste e alle proteste dei cittadini che le obbliga a comprendere, interpretare,<br />
rispondere ai bisogni immediati e, allo stesso tempo, raccordare queste risposte<br />
ad una prospettiva più ampia e più lunga. Ma anche un’esperienza, quella delle autonomie<br />
locali, che ha radici profonde nella nostra storia municipale e che da tale<br />
storia ricava una tradizione ricca, maturata attraverso un’arco storico sicuramente<br />
assai più lungo e complesso di quello vissuto dal sistema regionale disegnato dalla<br />
Costituzione del ’48 e concretamente avviato solo da pochi decenni.<br />
È su questa ossatura che possiamo oggi contare per dare attuazione al titolo<br />
V della Costituzione e costruire un sistema trasparente, efficiente e moderno,<br />
capace di adeguarsi alle esigenze nuove che le comunità locali esprimono nell’era<br />
della globalizzazione. Una dimensione globale che per essere affrontata<br />
senza rimanerne sopraffatti richiede economie locali forti e coese, capaci di far<br />
valere le proprie specificità, la propria integrazione, la propria identità culturale.<br />
Oggi più che mai, quanto più si espande lo spazio entro il quale i singoli cittadini<br />
e le imprese sono chiamati a operare e confrontarsi, tanto più i sistemi<br />
locali hanno bisogno di forza e di capacità competitiva. È questa la sfida del disegno<br />
federalista ed autonomista : quella di riuscire ad essere un moltiplicatore<br />
della crescita economica e culturale , fattori di consolidamento della coesione<br />
sociale, e di saper dare risposte alle nuove domande che le comunità locali<br />
esprimono senza produrre degenerazioni burocratiche.<br />
Il laboratorio degli anni ‘90<br />
La legge 81, nel 1993, introducendo la elezione diretta del sindaco ha rappresentato<br />
senza dubbio una svolta radicale. Una rivoluzione paragonabile a<br />
quella che diede il via al movimento della autonomie locali, quando le riforme
6 PREFAZIONE<br />
crispine cominciarono a sganciare comuni e province dal corpo amministrativo<br />
del governo centrale. Da allora, si è man mano sedimentata una tradizione;<br />
ma soprattutto si è costruita una cultura dell’amministrare: la posizione dei sindaci,<br />
in prima linea rispetto alle istanze e al controllo della popolazione, e la<br />
mole crescente dei problemi che i governi locali si sono trovati a dover risolvere,<br />
hanno fatto crescere questa cultura. Nel bene e nel<br />
male, con luci ed ombre ma sempre con una più marcata vicinanza – o almeno<br />
una minore lontananza - tra la politica e le persone, tra il dire e il fare.<br />
Se dal punto di vista costituzionale questo fa delle autonomie locali lo scheletro<br />
del nostro sistema, dal punto di vista politico ne fa i laboratori più pronti<br />
ad accogliere ed elaborare le novità. Come è successo appunto nel ’93, con l’introduzione<br />
dell’elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia . La<br />
novità sostanziale era nel fatto che per la prima volta si instaurava un rapporto<br />
di responsabilità diretta tra eletti ed elettori: al sindaco, al presidente della provincia<br />
si poteva finalmente chiedere conto, fisicamente, dell’attuazione del programma<br />
e, in generale, di tutto ciò che non funzionava nella città. Da allora,<br />
sono cambiate non solo la percezione del ruolo del primo cittadino, la sua popolarità,<br />
la sua visibilità: ma anche i suoi poteri, la possibilità di dare un’impronta<br />
politica al proprio mandato e innovare concretamente gli strumenti e gli<br />
obiettivi nel governo delle città. E questo elemento, quello della responsabilità<br />
politica, della accountability degli eletti, è stato ciò che l’opinione pubblica ha<br />
richiesto da allora alle leggi elettorali.<br />
È da <strong>qui</strong>, peraltro, dalla responsabilità diretta del sindaco nei confronti dei<br />
cittadini e, dunque, dalla necessità di dare risposte adeguate e tempestive che<br />
nasce la spinta all’innovazione amministrativa.<br />
Così, è a livello delle autonomie locali che si sperimentano, nel corso degli<br />
anni Novanta, soluzioni innovative che saranno poi estesee all’amministrazione<br />
centrale segnando una stagione di profondi cambiamenti nell’amministrazione<br />
italiana. Ed è sempre nel sistema delle autonomie che si definiscono nuovi<br />
strumenti di finanza locale e di gestione amministrativa per ottimizzare la gestione<br />
amministrativa e contabile per conciliare le esigenze del risanamento finanziario<br />
imposto dall’esigenza dell’Italia di allinearsi agli standard europei e<br />
quelle, altrettanto urgenti, di modernizzare le nostre città, di fronteggiare le sfide<br />
ambientali, di gestire i contraccolpi della globalizzazione.<br />
Grandi cambiamenti sociali ed economici cui una nuova generazione di amministratori<br />
ha saputo rispondere con nuovi paradigmi : una gestione della<br />
proprietà pubblica che, abbandonata la logica della rendita fondiaria, diveniva<br />
la leva di grandi operazioni di riqualificazione urbana e di riconversione produttiva<br />
ed economica dei territori; una trasformazione degli assetti delle aziende<br />
municipalizzate traghettate dalla logica del monopolio e dell’organizzazione<br />
burocratica a quella dell’organizzazione d’impresa e del mercato; l’introduzione<br />
di criteri privatistici nel reclutamento e nella valutazione dei dirigenti e l’adozione<br />
di modelli organizzativi volti a premiare professionalità e qualità, a valorizzare<br />
i talenti interni e immettere risorse esterne. Sfide necessarie, affrontate<br />
con esiti alterni come è logico che avvenga in una fase di così profondi cambiamenti.<br />
Sfide ancora da giocare : ma che certo hanno formato sul campo
PREFAZIONE 7<br />
una nuova generazione di politici-amministratori, resi più forti dall’investitura<br />
popolare, ma proprio per questo anche più esposti al controllo e al giudizio democratico.<br />
La sfida dell’oggi<br />
Per tutti questi motivi le autonomie locali sono state un laboratorio, anzi<br />
tanti laboratori, dell’innovazione politica e amministrativa. A questo punto si<br />
rende necessaria una riflessione sull’insieme del sistema e sui connotati nel nostro<br />
federalismo, dunque sul modo per dare attuazione al titolo V della Costituzione.<br />
Il ruolo delle autonomie locali è infatti cresciuto anche tra i conflitti:<br />
quello politico con il governo centrale ha caratterizzato l’ultima fase, nella quale<br />
senza dare alcun impulso né strumenti concreti al federalismo fiscale il governo<br />
di centro-destra si è limitato a scaricare in periferia – sulle regioni e sui<br />
comuni – i problemi economici che non riusciva a risolvere al centro. Quella<br />
fase si è finalmente chiusa, e il sistema delle autonomie locali può tornare a<br />
contare su un approccio cooperativo con il governo per la ricerca della soluzione<br />
dei problemi comuni. Ma c’è anche un’altra riflessione da approfondire:<br />
quella che riguarda i rapporti tra i diversi livelli del governo regionale e locale,<br />
e i cerchi concentrici da tracciare da comuni a province a regioni in un disegno<br />
costituzionale saggio, e<strong>qui</strong>librato ed efficiente che valorizzi il ruolo di elaborazione<br />
politica delle regioni senza comprimere l’autonomia del sistema locale.<br />
Per questo le regioni dovranno poter sviluppare politiche di innovazione e per<br />
la competitività evitando però di incorrere nella tentazione di rosicchiare spazio,<br />
ruolo e competenze a scapito dei comuni e delle province ovvero la moltiplicazione<br />
e sovrapposizione di compiti analoghi. È un rischio che potrebbe essere<br />
indotto dalla affinità dei sistemi elettorali che potrebbe indurre una qualche<br />
confusione tra livelli politici, organizzativi e amministrativi; ma è un rischio<br />
da evitare poichè si tradurrebbe in un fattore di inefficienza del sistema,<br />
di tensioni e conflitti tra livelli di governo, in un danno per gli interessi dei cittadini<br />
e delle imprese.<br />
La sfida attuale allora è quella di costruire un moderno ed e<strong>qui</strong>librato sistema<br />
di governo multilevel. Evitare il paradosso di un nuovo centralismo – stavolta<br />
di stampo regionalistico – e dare a ciascun livello di governo chiarezza sul<br />
proprio ruolo. Alle regioni è stata attribuita una missione importante in termini<br />
di legislazione, programmazione, indirizzo: aggiungere a questa compiti di<br />
gestione ed erogazione diretta dei servizi sarebbe sbagliato e depriverebbe il patrimonio<br />
di competenze delle autonomie locali. Non sarebbe certo questo il<br />
modo migliore per realizzare il federalismo e la sua aspirazione originaria: che<br />
è quella di valorizzare le peculiarità, i talenti e le istanze democratiche presenti<br />
nei territori avvicinando quanto più possibile l’amministrazione ai cittadini per<br />
rendere le risposte adeguate, proporzionate e coerenti con i bisogni che il cittadino<br />
esprime. Allo stesso tempo va detto che la missione delle regioni, così definita,<br />
per esplicarsi pienamente e compiutamente ha bisogno di svolgersi entro<br />
una rete che la connetta e la coordini con tutte le regioni e con il governo
8 PREFAZIONE<br />
centrale; e che a nessun livello questo disegno federalista può davvero essere attuato<br />
se non è accompagnato dal federalismo fiscale. Il compimento di questo<br />
disegno, la chiarezza dei compiti e dei livelli di governo, la attuazione del disegno<br />
costituzionale sono peraltro la premessa necessaria perché dai territori e<br />
delle loro risorse riparta un circolo virtuoso, si innesti una crescita democratica<br />
ed economica.<br />
Il riformismo delle città<br />
L’innovazione portata dai laboratori delle città nel nostro sistema politico è<br />
stata il frutto di tanti fattori, dalla tradizione secolare delle autonomie locali, al<br />
nuovo sistema elettorale, alle singole soggettività messe in campo dalle persone<br />
che sono state protagoniste di questa stagione. Il riformismo spesso cercato a<br />
fatica nelle teorie si è visto in pratica, anche nelle sue contraddizioni, nei conflitti<br />
con resistenze corporative, nelle battute d’arresto. Si è dovuto fare le ossa<br />
sul campo, pragmaticamente. E su questo campo si è formata una classe politica<br />
e dirigente nuova, negli stessi anni nei quali la crisi dei partiti pesanti – la<br />
loro sparizione, o la loro radicale trasformazione – liberava energie ma lasciava<br />
anche un vuoto. Nella crisi dei partiti e negli anni nei quali si è rischiato che<br />
questa si trasformasse in anti-politica, le autonomie locali hanno anche costituito<br />
un vivaio di nuova classe dirigente per il centrosinistra. Non è un caso<br />
dunque che da queste posizioni “di frontiera” siano maturate anche le scelte più<br />
convinte e coerenti a favore di una radicale innovazione politica, una spinta<br />
verso la costruzione di soggetti politici che sappiano guardare in modo nuovo<br />
ai temi che il nuovo secolo e il nuovo millennio ci pongono e che proprio nelle<br />
città emergono in tutta la loro forza: i temi dei mutamenti climatici, delle<br />
trasfromazioni demografiche legate all’invecchiamento e ai grandi flussi migratori<br />
messi in moto dalla globalizzazione, il multiculturalismo. I temi, insomma,<br />
di fronte ai quali appaiono non più sufficienti gli strumenti e i paradigmi di lettura<br />
e di interpretazione offerti dalle pur nobili tradizioni politiche del Novecento.<br />
Linda Lanzillotta<br />
Ministro per gli Affari regionali<br />
e le autonomie locali
PREMESSA 9<br />
PREMESSA<br />
1. Il movimento per le autonomie locali:<br />
un ruolo politico-istituzionale e tecnico-amministrativo<br />
La Lega dei comuni socialisti, progenitrice dell’attuale Lega delle autonomie<br />
locali, venne fondata nel 1916 per fornire supporto politico-istituzionale e tecnico-amministrativo<br />
alle amministrazioni locali guidate dal Partito socialista<br />
italiano (Psi) già aderenti all’Associazione dei comuni italiani (Anci) 1 ed all’Unione<br />
delle province d’Italia (Upi). Per ricostruire la storia della Lega è <strong>qui</strong>ndi<br />
necessario fare riferimento alla storia di Anci ed Upi, costituite, rispettivamente,<br />
nel 1901 e nel 1908, ma non solo e non tanto perché ne precedettero la nascita.<br />
Le tre organizzazioni, infatti, devono essere considerate le principali articolazioni<br />
di un unico movimento per le autonomie locali diretto ad affermare il<br />
ruolo fondamentale di comuni, province e degli altri enti locali nella Nazione.<br />
Furono gli stessi interpreti di questa storia ad utilizzare per primi il termine<br />
“movimento” riferendosi alla realtà dei comuni, i più importanti ed attivi tra le<br />
autonomie locali. Il socialista riformista Giovanni Montemartini, dopo aver accennato<br />
al panorama comunale internazionale, scriveva nel 1902: “Anche in<br />
Italia abbiamo una primavera nella vita municipale […] La espressione massima<br />
di questo movimento si ha nella Associazione dei Comuni italiani” 2 .<br />
Luigi Sturzo, tra i protagonisti di queste vicende, scriveva nel 1949 che: “La<br />
campagna per le autonomie locali fu fatta principalmente dall’associazione nazionale<br />
dei comuni italiani […] Faceva riscontro a questa associazione quella<br />
delle provincie, che anch’essa sosteneva, nel suo ambito, i principii di autonomia<br />
amministrativa […] La campagna era serrata contro l’accentramento burocratico<br />
e contro l’ingerenza politica nella vita amministrativa locale. Tutti i<br />
partiti, compresi i liberali, partecipavano alla campagna dei comuni e delle provincie”<br />
3 .<br />
Il sacerdote di Caltagirone scriveva di una “campagna [...] contro l’accentramento<br />
burocratico” e “contro l’ingerenza politica” evidenziando così i due<br />
ambiti dell’impegno delle organizzazioni del movimento in favore delle amministrazioni<br />
locali: uno tecnico-amministrativo ed uno politico-istituzionale. In secondo<br />
luogo Sturzo evidenziava l’unitarietà come caratteristica essenziale di<br />
1<br />
Per definire l’Associazione dei comuni italiani si è preferito utilizzare la sigla Anci, che<br />
identifica l’attuale Associazione nazionale dei comuni italiani ricostituita nel 1946, per evidenziare<br />
la continuità della storia dell’Associazione prima e dopo il fascismo, una scelta compiuta<br />
per primo da Gabriele De Rosa, La nascita dell’Associazione dei comuni, Roma, Edizioni cinque<br />
lune, 1962, ora in Roberto Ruffilli, Maria Serena Piretti (a cura di), Per la storia dell’Anci, Roma,<br />
Anci, 1986, pp. 9-21.<br />
2<br />
G. Montemartini, La municipalizzazione dei publici servigi, Milano, Società editrice libraria,<br />
1902, pp. 372-3.<br />
3<br />
Luigi Sturzo, La regione nella nazione (1949), Opera Omnia di Luigi Sturzo, Prima serie,<br />
Opere, vol. XI, Zanichelli, Bologna, 1974, pp. 11-2; i corsivi sono redazionali.
10 PREMESSA<br />
quella che definiva, indifferentemente, la “campagna per le autonomie locali” o<br />
la “campagna dei comuni e delle provincie”.<br />
Caratteristica fondamentale del movimento era <strong>qui</strong>ndi l’unitarietà, che si basava<br />
su una rivendicazione di autonomia nei confronti del potere centrale così<br />
forte, talvolta, da superare i confini dell’appartenenza degli amministratori e dei<br />
tecnici delle amministrazioni locali ai vari partiti. Unitarietà che, però, non impediva<br />
contrasti anche forti tra le diverse organizzazioni, in particolare tra le<br />
maggiori, Anci e Lega e tra Anci ed Upi. I contrasti non potevano essere spiegati<br />
solo con la diversità delle aree politiche di riferimento - tra l’altro marginale<br />
tra Anci ed Upi - ma anche con l’esistenza di una sorta di concorrenzialità tra<br />
le diverse strutture in entrambi gli ambiti delle rispettive attività, sia politico-istituzionale,<br />
sia tecnico-amministrativa. Quella che può essere definita come vera<br />
e propria rivalità tra le organizzazioni veniva alla luce, in particolare, a partire<br />
dagli anni ’80, via via che veniva superata la fase di contrapposizione ideologica<br />
tra l’Anci, vicina alle forze politiche al governo e la Lega, vicina a quelle dell’opposizione.<br />
Sarebbe divenuta allora evidente, rispetto a tutte le altre organizzazioni,<br />
“la tentazione ricorrente di fare da sé dell’Anci, spinta dalla maggior forza degli<br />
enti e dal maggior numero degli amministratori rappresentati” 4 .<br />
2. Dalla natura politica e dalla trasversalità le capacità di stimolo<br />
della Lega<br />
La Lega si caratterizzava rispetto alle altre organizzazioni per alcune caratteristiche<br />
essenziali di tipo sia politico, sia tecnico. Dal punto di vista politico si caratterizzava<br />
per essere rivolta alle amministrazioni guidate dalla sinistra e per difendere<br />
quelle stesse amministrazioni dai soprusi del Ministero dell’interno che le colpivano<br />
in misura assolutamente superiore a quella cui pure erano soggette tutte le autonomie<br />
locali. Dal punto di vista tecnico la Lega si distingueva per il fatto di associare<br />
vari tipi di autonomie locali: comuni, province e, in seguito, comunità montane<br />
ed anche regioni. La caratterizzazione politica e, <strong>qui</strong>ndi, la particolare capacità<br />
di una lettura articolata e complessa degli eventi non limitata all’ambito giuridico-istituzionale<br />
unita alla possibilità di esprimere posizioni che fossero espressione<br />
dei diversi tipi di autonomia locale e, dal secondo dopoguerra anche delle regioni,<br />
favorirono quel ruolo di stimolo nei confronti di tutto il movimento e di tutte le<br />
organizzazioni che ha caratterizzato le vicende della Lega fino ad oggi.<br />
Questa storia della Lega, <strong>qui</strong>ndi, non verrà letta esclusivamente alla luce della<br />
storia dei movimenti e dei partiti politici, diversamente da quanto è accaduto<br />
nella ricerca di Corrado Corghi, del 1979 5 , e nelle opere, di impostazione si-<br />
4<br />
Oscar Gaspari, L’Italia delle Province. Breve storia dell’Unione delle Province d’Italia dal<br />
1908 ai nostri giorni, Roma, Upi Editoria e servizi, 2004, pp. 203-4.<br />
5<br />
Corrado Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo. Contributo per una<br />
ricerca storica sull’associazionismo dei poteri locali in Italia, Roma, Edizioni delle Autonomie,<br />
1979, bozza di stampa non corretta; la ricerca è stata poi pubblicata nel 1984, a puntate, nella<br />
rivista “Calendario del popolo” (CdP), citato di seguito.
PREMESSA 11<br />
mile, dedicate all’Anci ed ai politici cattolici nelle istituzioni locali, prima fra<br />
tutte quella di Gabriele De Rosa, del 1962, per finire con quella di Chiaramonte,<br />
del 2004 6 . Verranno così messe in evidenza le vicende politico-istituzionali<br />
e quelle tecnico-amministrative relative al movimento per le autonomie<br />
locali che invece, nelle citate ricerche, sono state sostanzialmente trascurate. Solo<br />
assumendo questo particolare punto di vista, infatti, è possibile comprendere<br />
pienamente le peculiarità della storia di un’organizzazione come la Lega che,<br />
altrimenti, verrebbe considerata come una mera appendice del Psi nel periodo<br />
liberale e fascista, e del Partito socialista e di quello comunista nel periodo repubblicano,<br />
e non si comprenderebbe la continuità del suo ruolo anche all’indomani<br />
della crisi dei partiti politici di massa avvenuta alla fine del ‘900. Una<br />
lettura della storia della Lega impostata soprattutto sul piano politico, può spiegare<br />
come mai le vicende della Lega non abbiano fino ad ora sollevato l’interesse<br />
dovuto ad un’organizzazione che ormai da novant’anni è tra i protagonisti<br />
della scena politico-istituzionale italiana.<br />
6<br />
Gabriele De Rosa, La nascita dell’Associazione dei comuni, Roma, Edizioni cinque lune,<br />
1962; Lorenzo Bedeschi, Socialisti e cattolici nei comuni dall’unità al fascismo, Roma, Edizioni<br />
Lega per le autonomie e i poteri locali, 1973; Mario Belardinelli, Movimento cattolico e questione<br />
comunale dopo l’unità, Roma, Edizioni Studium, 1979; Roberto Ruffilli, Alle origini dell’Associazione<br />
nazionale dei comuni italiani, in Ruffilli, Piretti (a cura di), Per la storia dell’Anci,<br />
cit., pp. 23-35; Umberto Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci, Soveria Mannelli, Rubbettino,<br />
2004.
PARTE I<br />
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE ALLA<br />
FINE DURANTE L’ASCESA DEL FASCISMO<br />
1. Gli albori del movimento per le autonomie locali alla fine<br />
dell’‘800: dall’associazionismo dei lavoratori a quello delle<br />
autonomie locali<br />
Negli ultimi decenni della seconda metà dell’‘800 si svilupparono e si intrecciarono<br />
richieste di riforma sociale e politico-istituzionale che accompagnarono<br />
le grandi trasformazioni economiche e sociali di quel periodo. In quegli<br />
anni maturarono sia le prime iniziative legate ai nascenti movimenti politici<br />
socialista e cattolico, sia quelle del movimento per le autonomie locali, articolato<br />
nel movimento dei comuni ed in quello delle province. Non è possibile<br />
comprendere pienamente l’evoluzione della legislazione e dell’attività amministrativa<br />
degli enti locali senza fare riferimento a questo intreccio tra attività politico-sociale<br />
e politico-istituzionale, di cui la Lega è stata senza dubbio l’esempio<br />
più evidente. Si trattò però di intreccio e non di identificazione tra due distinte<br />
attività l’una, propria di partiti e sindacati prevalentemente nel campo<br />
politico e sociale, e l’altra, quella della Lega, nell’ambito del movimento per le<br />
autonomie locali, in gran parte nella realtà amministrativa e delle istituzioni.<br />
Comuni e province nell’Italia unita, non appena ne ebbero la possibilità, si<br />
organizzarono per sostenere i propri interessi di istituzioni, in riferimento ed in<br />
nome dei cittadini, sia sul piano nazionale, sia su quello internazionale. La questione<br />
fondamentale era – ed è - in primo luogo, quella finanziaria, sulla base<br />
del fatto che essendo limitate le possibilità di tassare i cittadini, era evidente che<br />
maggiori erano le risorse che andavano allo Stato, meno erano quelle che rimanevano<br />
a comuni e province e viceversa.<br />
I due congressi dei sindaci che si svolsero a Torino nel 1879 e nel 1884, promossi<br />
dal sindaco liberale Luigi Ferraris, possono essere considerate le prime<br />
manifestazioni di quello che si sarebbe sviluppato in seguito in un vero e proprio<br />
movimento comunale 7 . Ma fu la riforma del 1888 voluta da Francesco<br />
7<br />
Di questi eventi Elisabetta Colombo sottolinea il carattere esclusivamente tecnico-finanziario,<br />
l’assoluta lontananza “dalla carica eversiva propria delle battaglie di fine secolo”, evidenziata<br />
anche dal fatto che i sindaci partecipanti fossero di nomina regia e, in conclusione, la sostanziale<br />
estraneità di questi congressi al movimento per le autonomie locali proprie del periodo<br />
a cavallo tra ‘800 e ‘900. Pur senza sottovalutare questi dati, è però possibile rinvenire al-
14 PARTE I<br />
Crispi - che concesse ai comuni con più di 10.000 abitanti ed alle province l’elezione<br />
del sindaco e del presidente della deputazione provinciale da parte dei<br />
rispettivi consigli 8 - a rendere possibile la trasformazione delle sporadiche proteste<br />
di comuni e province, singole ed organizzate, in un vero e proprio movimento<br />
per le autonomie locali. Se prima di allora un sindaco nominato con decreto<br />
regio solo eccezionalmente avrebbe potuto promuovere o favorire manifestazioni<br />
di autonomia da parte del proprio comune, per la provincia era pressoché<br />
impossibile esprimere posizioni non conformi alle direttive del governo.<br />
Secondo la legge comunale e provinciale del 1865, infatti, era il prefetto a capo<br />
dell’amministrazione provinciale.<br />
Ancora una volta in modo simile a quanto era accaduto ai lavoratori - ma in<br />
misura e, soprattutto, con una diversa natura, in quanto istituzioni regolati da<br />
leggi - comuni e province poterono associarsi non solo quando ne avvertirono<br />
la necessità, ma anche quando le leggi diedero loro, non certo libertà e diritti<br />
civili, come ai lavoratori, ma una sufficiente autonomia<br />
Fu proprio qualche anno dopo la riforma crispina che il radicale e massone 9<br />
Francesco Fazi, sindaco di Foligno, promosse quattro incontri che si tennero tra<br />
il 1892 ed il 1894 a Perugia, Ancona, Forlì e Roma, a cui parteciparono fino a<br />
duemila sindaci di tutta Italia. Le ragioni di queste proteste erano soprattutto<br />
economiche. Ecco come Corghi sintetizza la situazione della finanza locale, la<br />
cui pessima condizione è stata confermata anche da più recenti e specifiche ricerche<br />
10 :<br />
“Gli enti locali vennero spremuti all’osso con le leggi che vanno dal 1865 al<br />
1870 riservando ad essi il compito di assicurare allo stato il raggiungimento del<br />
pareggio contabile delle proprie finanze (Quintino Sella): così province e comuni<br />
pagarono spese non di loro spettanza, mentre lo stato avocò a sé beni e<br />
imposte degli enti locali […] condannati al progressivo indebitamento” 11 .<br />
cuni elementi di importante continuità con le successive vicende del movimento per le autonomie<br />
locali considerato nel suo complesso. La continuità era nel ruolo fondamentale esercitato<br />
nel movimento dalla città di Torino, nell’attenzione ai provvedimenti finanziari e nell’estremo<br />
realismo, nella stessa osse<strong>qui</strong>osità dei toni, nell’estrema riluttanza a costituire un’organizzazione<br />
permanente, caratteristiche che erano proprie in particolare dell’ala moderata del movimento<br />
per le autonomie locali, qual era, ad esempio, quello delle province; Elisabetta Colombo,<br />
Le “conferenze tributarie” dei sindaci, 1879-1884, in “Storia, Amministrazione, Costituzione.<br />
Annale dell’Istituto per la scienza dell’amministrazione pubblica” (Annale Isap) 7/1999, pp.<br />
121-156; su questi eventi cfr. Fernanda Mazzanti Pepe, Il movimento per le autonomie locali e il<br />
decentramento amministrativo nell’ultimo decennio dell’Ottocento, in Annale Isap 6/1998, pp.<br />
127-166.<br />
8<br />
Su questo argomento si veda, in particolare, Archivio ISAP 6. Le riforme crispine, Milano,<br />
1990, 4 voll. L’elettività dei sindaci dei comuni minori veniva concessa nel 1896 dal governo<br />
di Antonio Starabba, marchese di Rudinì.<br />
9<br />
Sull’importantissimo ruolo della massoneria nelle iniziative di Fazi e, successivamente, nella<br />
fondazione dell’Anci, cfr. Oscar Gaspari, L’Italia dei municipi. Il movimento comunale in età<br />
liberale (1879-1906), Roma, Donzelli, 1998, pp. 74-81.<br />
10<br />
Il riferimento è, in particolare, all’opera di Gianni Marongiu, Storia dei tributi degli enti<br />
locali (1861-2000), Padova, Cedam, 2002, pp. 73-135.<br />
11<br />
Corrado Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (1). L’inizio della<br />
lotta per la con<strong>qui</strong>sta dei comuni, CdP, feb. 1984, p. 9919.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 15<br />
1.1. I lavoratori alla con<strong>qui</strong>sta dei comuni<br />
Non fu un caso che ad intervenire a quelle assemblee fossero soprattutto sindaci<br />
della sinistra e, in particolare, socialisti. La mobilitazione di questa parte<br />
politica rispetto ai comuni era di antica data, scrive ancora Corghi:<br />
“Grande merito storico di Andrea Costa (sarà il primo deputato socialista eletto<br />
nel 1882) fu di aver affermato per primo, con fermezza e passionalità romagnola,<br />
la necessità della con<strong>qui</strong>sta dei comuni da parte dei lavoratori. Il primo<br />
passo in questa linea è la fondazione, nel 1881, del Partito socialista rivoluzionario<br />
di Romagna” 12 .<br />
La riforma elettorale politica promossa dal governo Depretis nel 1882, allargò<br />
il suffragio dal 2 al 7% della popolazione e permise l’elezione a deputato<br />
di Costa, il quale ebbe il “merito indiscusso” di aver condotto “il socialismo romagnolo<br />
e non solo romagnolo a riconoscere il principio della partecipazione<br />
alle elezioni in genere, alle amministrative in ispece” 13 . “Impadronirsi dei Comuni<br />
mediante viva partecipazione alle elezioni amministrative, e trasformare<br />
a vantaggio del popolo e dell’autonomia comunale l’attuale ordinamento amministrativo,<br />
affidando alle associazioni operaie i lavori comunali e l’esercizio<br />
delle proprietà del comune ed impegnando, all’occorrenza, la lotta contro lo<br />
Stato”, era questo il programma del partito di Andrea Costa nel 1881 14 . In queste<br />
righe sono delineate le caratteristiche fondamentali del programma socialista<br />
per i comuni che giustificava la partecipazione alle elezioni locali vista allora,<br />
in particolare dagli anarchici, come un vero e proprio tradimento della lotta<br />
rivoluzionaria. Il programma dei socialisti, una volta arrivati al governo dei<br />
comuni, avrebbe dovuto permettere un’amministrazione volta al vantaggio delle<br />
classi popolari ed alla promozione dell’autonomia comunale; all’instaurazione<br />
di un rapporto privilegiato con le organizzazioni dei lavoratori; un’amministrazione,<br />
infine, che gestisse le risorse del comune a beneficio dei lavoratori e<br />
che si impegnasse nella lotta contro lo Stato liberale.<br />
L’interesse dei socialisti per le amministrazioni locali assunse consistenza e<br />
dimensione nazionale nel quarto congresso del Partito dei lavoratori italiani che<br />
si svolse a Bologna nel 1888. Nell’assemblea, Costa, deputato di Imola, e i suoi<br />
compagni, riuscirono ad affermare la loro linea rispetto alla “forte componente<br />
astensionistica a quell’epoca di matrice prevalentemente anarchica”, una linea<br />
che venne fatta propria dal programma del Partito dei lavoratori italiani<br />
(dal 1895 Partito socialista italiano), nato a Genova nel 1892, che prevedeva:<br />
“una lotta più ampia intesa a con<strong>qui</strong>stare i poteri pubblici per trasformarli da<br />
strumento che è oggi di oppressione e sfruttamento, in strumento per l’espropriazione<br />
economica e politica della classe dominante” 15 .<br />
12<br />
Ibidem.<br />
13<br />
Ettore Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa, in idem, Costituzione<br />
e amministrazione nell’Italia unita, Bologna, Il Mulino, 1981, p. 147.<br />
14<br />
Gastone Manacorda, Il movimento operaio attraverso i suoi congressi. Dalle origini alla formazione<br />
del Partito Socialista (1853-1892), Roma, Rinascita, 1953, p. 345.<br />
15<br />
Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (1)..., cit., pp. 9919-20.
16 PARTE I<br />
1.2. Adattare il programma socialista alla realtà dell’istituzione locale<br />
La riforma del 1882, ricorda Ettore Rotelli, mise “in moto una dinamica politico-istituzionale<br />
difficilmente arrestabile”: sei anni dopo arrivò la riforma crispina.<br />
La campagna elettorale per le elezioni del 1889, le prime dopo la riforma,<br />
videro riaffiorare nella sinistra “tutte le suggestioni del socialismo anarchico”<br />
ma, alla fine, passò la tesi di un “programma minimo” da realizzare una volta<br />
con<strong>qui</strong>stato il comune 16 . Sotto la formula “programma minimo” i socialisti<br />
del primo ‘900 raggruppavano gli obiettivi principali che le loro amministrazioni<br />
avrebbero dovuto perseguire. Secondo quanto stabilito nel congresso di<br />
Parma del 1895, ai primi posti vi erano: il passaggio al comune dei servizi pubblici,<br />
come gas, acqua potabile, tranvie, linee elettriche e, <strong>qui</strong>ndi, la riforma<br />
delle imposte comunali, l’abolizione delle spese di lusso, l’aggiudicazione dei lavori<br />
pubblici alle cooperative di lavoro, la giornata di lavoro di otto ore per i lavoratori<br />
comunali 17 .<br />
Tenendo conto dei limiti imposti dalla legislazione in vigore nei comuni,<br />
nonostante venisse definito minimo, a ben vedere, si trattava di un programma<br />
teorico ben difficilmente realizzabile 18 , ma il principio dell’adattamento del<br />
progetto rivoluzionario alla concreta realtà dell’istituzione locale era passato. E<br />
così, una volta con<strong>qui</strong>stato Imola ed altri comuni romagnoli nel 1889, insieme<br />
a tanti altri municipi come Verona, Catania, Venezia e Genova, i socialisti si<br />
prepararono alla realizzazione di misure dirette allo sviluppo della realtà locale<br />
per il miglioramento delle condizioni dei cittadini più poveri, dei lavoratori<br />
proletari. Scriveva Andrea Costa: “l’amministrazione sarà migliorata, curata la<br />
proprietà generale, maggiormente diffusa l’istruzione, diminuiti ed equamente<br />
ripartiti gli aggravi, sollevate le condizioni di coloro che dal comune dipendono,<br />
gittati i germi di un avvenire migliore economico e sociale” 19 .<br />
Spesso, però, l’adattamento del programma socialista alla situazione amministrativa<br />
non sarebbe stato considerato sufficiente dall’autorità di governo. Lo<br />
scioglimento del consiglio comunale di Imola nel 1898, infatti, fu quasi certamente<br />
collegato “all’avvento di un’amministrazione dichiaratamente socialista<br />
e, in ogni caso, alle scelte concrete che questa aveva compiuto” 20 . Iniziavano da<br />
allora le prime esperienze di scioglimenti dei consigli comunali, misura che tanto<br />
avrebbe colpito le amministrazioni socialiste nel periodo liberale.<br />
Sin dal loro primo affacciarsi nelle istituzioni locali i socialisti avrebbero così<br />
dovuto risolvere da una parte, la questione dell’adattamento del loro programma<br />
teorico alle concrete ed effettive possibilità dell’amministrazione loca-<br />
16<br />
Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa…, cit., pp. 148-153.<br />
17<br />
Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (1)..., cit., p. 9924; su questo<br />
argomento e, più in generale, sulla nascita di un progetto socialista per gli enti locali cfr. Ernesto<br />
Ragionieri, La formazione del programma amministrativo socialista in Italia, in Politica e<br />
amministrazione nella storia dell’Italia unita, Roma, Editori Riuniti, pp. 199-264.<br />
18<br />
Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa…, cit., p. 153.<br />
19<br />
Andrea Costa agli amici, in “La Lega Democratica”, n. 42, 20 ottobre 1889; riportato da<br />
Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa..., cit., pp. 154-5.<br />
20<br />
Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa..., cit., p. 161.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 17<br />
le e, dall’altra, la questione del rapporto con l’autorità di governo. La mobilitazione<br />
unitaria, lo stesso strumento proposto ai lavoratori per il miglioramento<br />
delle loro condizioni, fu il principale mezzo per difendere i comuni individuato<br />
dai socialisti, insieme a tutta la sinistra, radicale e repubblicana. Fu in questa<br />
logica che sindaci, amministratori e consiglieri comunali della sinistra parteciparono<br />
all’iniziativa di Francesco Fazi.<br />
1.3. I primi convegni dei sindaci eletti dai consigli<br />
I protagonisti principali delle assemblee organizzate dal sindaco di Foligno<br />
furono i municipi piccoli e medi che sono, ancora oggi, i più forti sostenitori<br />
dell’associazionismo delle istituzioni locali. Le ragioni del loro attivismo risiedevano<br />
principalmente nel fatto che, a differenza delle grandi città, essi non<br />
avevano mezzi ed influenza politica tali da sperare di vedere soddisfatte le proprie<br />
esigenze. Era evidente che solo attraverso un’azione collettiva i comuni piccoli<br />
e medi avevano qualche possibilità di ottenere dei risultati positivi. Vi è poi<br />
un’altro dato della mobilitazione di Fazi che deve essere sottolineato in quanto<br />
caratteristica basilare del movimento comunale: il protagonismo dei comuni<br />
del centro e del nord, aree dove le tradizioni storiche di autonomia locale erano<br />
senza dubbio più forti e che coincidevano, in gran parte, con le aree di maggior<br />
forza dei partiti della sinistra.<br />
Verso la fine della mobilitazione promossa da Fazi, nel 1894, si sviluppò anche<br />
l’intesa con alcuni studiosi lombardi e veneti, tra cui il più conosciuto ed<br />
attivo era il milanese Giovanni Casnati 21 .<br />
Furono questi studiosi ad organizzare i convegni successivi, i primi a Milano<br />
nel 1894 ed a Verona nel 1895, ai quali contribuirono attivamente le amministrazioni<br />
provinciali delle due regioni, in particolare quello del 1895 fu diretto<br />
dal sindaco di Verona, il radicale Augusto Caperle, e dal presidente della<br />
deputazione provinciale veronese, Luigi Dorigo. All’attività dei comitati regionali<br />
lombardo e veneto si aggiunse nel 1896 quella del comitato regionale piemontese<br />
e in un’assemblea del comitato lombardo svoltasi nel 1897, a Milano,<br />
nacque l’idea di tenere il primo congresso nazionale delle province, che si svolse<br />
dal 20 al 24 ottobre 1898 a Torino 22 . Furono “il diffuso regionalismo” di fine<br />
‘800 ed alcune norme giudicate lesive delle province a spingere le amministrazioni<br />
provinciali al congresso nazionale 23 , proprio come disposizioni reputate<br />
dannose alle finanze comunali avevano indotto qualche anno prima i comuni<br />
a mobilitarsi intorno al sindaco di Foligno.<br />
21<br />
Roberto Ruffilli, La questione regionale dall’unificazione alla dittatura (1862-1942), Bologna,<br />
Il Mulino, 1971, pp. 114-118<br />
22<br />
Sull’assemblea cfr. Atti del primo congresso nazionale delle rappresentanze provinciali di Torino.<br />
20-24 ottobre 1898, 2 voll., Torino 1899, ristampa a cura dell’Unione delle province d’Italia<br />
1908-1983, Roma. Da notare che sempre Torino aveva ospitato 19 anni prima, nel 1879,<br />
la prima riunione dei municipi italiani, a conferma della prossimità del movimento dei comuni<br />
e di quello delle province.<br />
23<br />
Mazzanti Pepe, Il movimento per le autonomie locali e il decentramento..., cit., pp. 143-157.
18 PARTE I<br />
Già alla fine dell’’800 erano così delineate gran parte delle principali caratteristiche<br />
del movimento per le autonomie locali: il primato del movimento comunale<br />
su quello delle province, la forte capacità di mobilitazione dei comuni<br />
piccoli e medi, la tensione del movimento comunale verso l’unità. Infatti, per<br />
quanto in questo periodo fosse palese la leadership dei partiti popolari - ed in<br />
particolare dei radicali - rispetto alle altre formazioni politiche, amministratori<br />
della sinistra ed amministratori liberali - e poi anche cattolici - si trovarono e si<br />
sarebbero trovati uno accanto all’altro per rivendicare maggiore autonomia e<br />
maggiori risorse dal governo.<br />
Finita la crisi politico-istituzionale di fine secolo, con manifestazioni e morti<br />
in tutta Italia ed il fallimento della svolta politica autoritaria tentata dal governo<br />
del generale Luigi Pelloux, il movimento dei comuni riprese nel 1900 attraverso<br />
due iniziative distinte e concorrenti: la prima, avviata dai grandi comuni liberali<br />
del nord e della <strong>Toscana</strong>, con Verona e Firenze in testa; la seconda promossa<br />
da socialisti, repubblicani e radicali, partita da Parma e Milano, che risultò<br />
vincente. Quest’ultima iniziativa, infatti, si estese ai comuni piccoli e medi<br />
di tutta Italia e, nel 1901, diede vita all’Associazione dei comuni italiani.<br />
1.4. La fondazione dell’Anci<br />
Il congresso di fondazione dell’Anci si svolse nel ridotto del Regio Teatro di<br />
Parma dal 17 al 19 ottobre del 1901. Il sindaco di Milano, il radicale Giuseppe<br />
Mussi, inaugurò il congresso chiedendo allo Stato il “legale sviluppo della nostra<br />
vita, sgravii delle nostre finanze”. L’azione dei comuni sarebbe dovuta essere<br />
“lenta e pacifica” 24 . Il dibattito congressuale si aprì sul nome da dare all’organizzazione<br />
dei comuni. Il consigliere comunale socialista parmense Ferdinando<br />
Laghi, promotore della prima delibera che aveva dato il via alla nascita dell’Anci,<br />
chiese l’adozione del termine lega invece di quello di associazione che era<br />
stato proposto nella bozza in discussione al congresso, ma il suo parere venne<br />
bocciato. Il termine lega ricordava troppo le leghe socialiste dei lavoratori e<br />
avrebbe potuto allontanare ancor più i moderati, già poco presenti a Parma.<br />
La discussione si riaccese sulla scelta della sede dell’Associazione, questa volta<br />
prevalse la posizione sostenuta dai socialisti, che avevano chiesto Milano perché<br />
amministrata dai partiti popolari, ed era appoggiati dai radicali perché il<br />
sindaco Mussi apparteneva alle loro file. Da allora e per 15 anni, fino al 1916,<br />
il capoluogo lombardo avrebbe ospitato la sede dell’Anci, anche quando l’amministrazione<br />
comunale passò sotto il controllo di una maggioranza liberale<br />
moderata. L’assemblea dei sindaci di Parma, <strong>qui</strong>ndi, elesse il consiglio direttivo<br />
che risultò composto da 15 membri, il quale poi a sua volta indicò come presidente<br />
Mussi, e due vicepresidenti, Giovanni Mariotti, radicale, sindaco di<br />
Parma e Antonino Martino, repubblicano, sindaco di Messina. Il socialista<br />
riformista Emilio Caldara fu nominato segretario dell’Associazione e direttore<br />
dell’organo ufficiale “L’Autonomia comunale”. L’Associazione fondata a Parma<br />
24<br />
Il Congresso di Parma, “L’Autonomia comunale”, (AC) 20 mar. 1901, n. 1, p. 2.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 19<br />
era controllata da una maggioranza politica di sinistra all’interno della quale,<br />
però, le frange più estremiste, seppure rappresentate nel consiglio direttivo, non<br />
ottennero alcun ruolo di rilievo nell’organizzazione.<br />
Con la fondazione dell’Anci il principio dell’associazionismo, che socialisti,<br />
radicali e repubblicani avevano per primi promosso tra i lavoratori, passava alle<br />
istituzioni locali grazie a quegli stessi movimenti politici. Anche l’idea di<br />
chiamare l’organizzazione dei comuni lega - oltre che esigenze politiche propagandistiche<br />
- evidenziava il fatto che il principio dell’associazionismo delle autonomie<br />
locali derivava da quello delle leghe dei lavoratori. E fu proprio il cambiamento<br />
del nome da lega in associazione, insieme all’approvazione di uno statuto<br />
più moderato rispetto a quello proposto inizialmente, a sollevare i primi<br />
dubbi sull’utilità dell’Anci in una parte importante del Psi.<br />
Il commento più significativo, in questo senso, apparve appena dopo il congresso<br />
di Parma nella “Critica sociale”. In un articolo firmato con lo pseudonimo<br />
“Il Federalista” Salvemini presentò il progetto di uno “Statuto della Federazione<br />
Nazionale fra i Comuni italiani per la con<strong>qui</strong>sta dell’autonomia” che<br />
avrebbe dovuto “tutelare i Comuni, giuridicamente e moralmente dalle illegali<br />
sopraffazioni del potere centrale”, promuovere la modifica della legge comunale<br />
e provinciale, la riforma fiscale e l’abolizione di province e prefetture sostituendole<br />
con consorzi di municipi. La Federazione doveva essere formata da<br />
Federazioni locali di non meno di 20 comuni che avrebbero poi costituito la<br />
Federazione nazionale ed eletto il consiglio federale. Salvemini considerava<br />
questa prospettiva realizzabile solo attraverso l’alleanza dei socialisti con gli altri<br />
partiti popolari 25 per costruire un movimento comunale che sarebbe stato<br />
“principio di rinnovamento completo di tutta la vita pubblica italiana” per con<strong>qui</strong>stare,<br />
con l’autonomia comunale, l’indipendenza dalla ingerenza governativa<br />
e <strong>qui</strong>ndi segnare la fine della corruzione elettorale. I comuni autonomi, a<br />
questo punto, avrebbero sentito “il bisogno di associarsi fra loro in federazioni<br />
regionali” e l’Italia sarebbe diventata uno Stato federale 26 .<br />
Era palese la disparità tra il progetto dell’esponente socialista e, più in generale,<br />
tra il modello combattivo di organizzazione proposto dai socialisti e quello<br />
che sarebbe stato sostenuto a Parma dai radicali Mussi e Mariotti, che prospettavano<br />
un organismo non estremista ed aperto al contributo di tutti i comuni.<br />
Mentre Mariotti collo<strong>qui</strong>ava amichevolmente con il prefetto per tran-<br />
25<br />
Pur sottolineando la necessità di un’alleanza tra i partiti popolari, Salvemini non risparmiò<br />
critiche ai possibili alleati, in particolare ai repubblicani, che considerò come i veri responsabili<br />
del cambiamento del nome dell’organizzazione comunale da Lega in Associazione, e<br />
scrisse, ironicamente, se non sarebbe stato meglio fare una “Confraternita di Comuni” per favorire<br />
l’adesione di un maggior numero di municipi.<br />
26<br />
Il Federalista, L’Autonomia Comunale e il prossimo Congresso di Parma, in “Critica sociale”,<br />
11 ott. 1901, ora in Ruffilli, Piretti (a cura di), Per la storia dell’Anci…, cit., pp. 190-9. L’idea<br />
generale del progetto salveminiano, sembra riecheggiare il progetto di Andrea Costa del<br />
1879 che individuò nei comuni “l’organizzazione politica della società, non [restava], infatti, al<br />
di sopra dei Comuni che la loro federazione [...] uno Stato inteso come federazione di Comuni”,<br />
(Rotelli, L’autonomia comunale nel socialismo di Andrea Costa…, cit., pp.142-3), l’impostazione<br />
di Costa aveva però forti toni anarchici che non erano evidenti in quella di Salvemini.
20 PARTE I<br />
<strong>qui</strong>llizzarlo rispetto alla natura del congresso parmense 27 - evidenziando fin da<br />
quel momento la priorità della prospettiva del dialogo con le istituzioni nazionali,<br />
propria della storia dell’Anci – Salvemini elaborava un progetto che tendeva<br />
alla riforma democratica e federalista dello Stato.<br />
1.5. La primavera municipale in Italia<br />
La nascita dell’Anci, seguita due anni dopo dall’approvazione della legge sulle<br />
aziende municipalizzate (29 marzo 1903, n. 103), annunciava la primavera<br />
municipale in Italia 28 . È questa la definizione particolarmente efficace del socialista<br />
riformista Giovanni Montemartini 29 il quale, dopo aver accennato al panorama<br />
comunale internazionale, scriveva nel 1902: “Anche in Italia abbiamo<br />
una primavera nella vita municipale […] La espressione massima di questo movimento<br />
si ha nella Associazione dei Comuni italiani” 30 . Il fondatore del Partito<br />
popolare, Luigi Sturzo, scriveva nel 1949 di un “movimento municipalista<br />
che culminò nell’Associazione dei comuni italiani, [che] datava dalla fine dell’ottocento”<br />
31 . Nell’Anci ebbero la possibilità di lavorare uno accanto all’altro i<br />
protagonisti del movimento comunale, il complesso di tecnici, amministratori e<br />
politici di diverso orientamento politico e cultura che, sia sul piano nazionale,<br />
sia su quello internazionale 32 , aveva l’obiettivo di affermare la centralità delle<br />
27<br />
Dai rapporti del prefetto di Parma, Pietro Veyrat, risaltava l’opera tran<strong>qui</strong>llizzatrice di<br />
Mariotti, con il quale il funzionario parrebbe proprio aver avuto diversi collo<strong>qui</strong>. Altrettanto<br />
importante fu la funzione svolta del prefetto presso il Ministero dell’interno. Veyrat apparve<br />
quasi come un vero e proprio rappresentante delle richieste dei comuni presso la sede centrale,<br />
in certi momenti sembrò addirittura farsi personalmente garante delle assicurazioni di Mariotti.<br />
In questi contatti il sindaco parmense, sottolineando il proprio ruolo di moderatore, cercò<br />
di minimizzare la pericolosità politica del congresso del quale anticipava quella che sarebbe dovuta<br />
essere una tra le principali richieste, di carattere s<strong>qui</strong>sitamente finanziario, a dimostrazione<br />
del carattere legale della manifestazione; Archivio Centrale dello Stato, (Acs), Fondo Ministero<br />
dell’interno (Min. Int.), Comuni, b. 460, fasc. 15900.11, lettere del prefetto di Parma al<br />
Ministro dell’interno del 2, 4 e 21 ott. 1901.<br />
28<br />
Ancora nel 1910 sulla prima pagina de l’“Avanti!”, Giovanni Zibordi firmava un articolo<br />
intitolato Primavera di vita municipale, 8 set. 1910.<br />
29<br />
Cfr. La cultura delle riforme in Italia fra Otto e Novecento: i Montemartini. Atti del Seminario<br />
nazionale, Pavia 15 dicembre 1984, Pavia, Amministrazione provinciale, 1986; Vito Gallotta<br />
(a cura di), Cultura e lavoro nell’età giolittiana, Napoli, Guida, 1989.<br />
30<br />
Giovanni Montemartini, La municipalizzazione dei publici servigi, Milano, Società editrice<br />
libraria, 1902, pp. 372-3.<br />
31<br />
L. Sturzo, Unità o centralismo statale?, “Il Mondo”,12 mag.1949 in idem, Politica di questi<br />
anni. Consensi e critiche (Dall’aprile 1948 al dicembre 1949), Bologna, Zanichelli, 1955,<br />
p.213.<br />
32<br />
Per un’analisi del movimento comunale italiano e dei primi anni dell’Associazione nazionale<br />
dei comuni italiani cfr. Gaspari, L’Italia dei municipi..., cit.; sul movimento comunale internazionale<br />
cfr. Oscar Gaspari, Alle origini del movimento comunale europeo: dall’Union Internationale<br />
des Villes al Consiglio dei comuni d’Europa (1913-1953), “Memoria e ricerca”, n.10,<br />
dic. 1997, 147-163; idem, Cities against States? Hopes, Dreams and Shortcomings of the European<br />
Municipal Movement 1900–1960, “Contemporary European History”,vol. 11, n.4, nov. 2002,<br />
pp. 597-621.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 21<br />
funzioni e dei problemi delle città presso le istituzioni e l’opinione pubblica per<br />
meglio rispondere ai crescenti bisogni dei cittadini.<br />
In particolare nell’organizzazione lavorarono insieme - oltre a liberali, radicali<br />
e repubblicani - i protagonisti della storia politico-istituzionale italiana del<br />
‘900: gli esponenti del movimento socialista e di quello cattolico 33 , storici oppositori<br />
dello Stato liberale che, nella battaglia per l’autonomia comunale, trovarono<br />
un eccezionale luogo di collaborazione e di confronto.<br />
Fu nella gestione della strategia dei comuni italiani di fronte allo Stato liberale<br />
che il municipalismo sociale cattolico e il socialismo municipale socialista<br />
riuscirono per alcuni anni a trovare una sintesi. I due movimenti avevano visioni<br />
sostanzialmente divergenti su materie molto importanti, basti pensare all’educazione<br />
ed all’assistenza, che i socialisti volevano laica ed i cattolici intendevano<br />
fortemente permeata da valori religiosi e con possibilità di interventi diretti<br />
di istituzioni religiose. Furono comunque, secondo Aimo:<br />
“le amministrazioni socialiste e popolari le autentiche protagoniste [della] rinascita<br />
comunale [..] le anticipatrici di politiche pubbliche, di forte impatto sociale<br />
e di rilevo simbolico, che saranno poi seguite e imitate dallo stesso Stato centrale<br />
e che hanno fatto parlare di un vero e proprio ‘diritto comunale’ […] dalle<br />
aziende municipalizzate al sostegno alle cooperative, dalla costruzione di case<br />
popolari alla predisposizione di doposcuola per i bambini poveri, dall’apertura<br />
di mercati rionali alla realizzazione di spacci comunali, dall’istituzione degli Uffici<br />
del lavoro alla tutela del patrimonio artistico, dalla prevalenza della tassa di<br />
famiglia sui dazi consumo alla limitazione delle spese di lusso e così via” 34 .<br />
È bene però precisare fin d’ora che non tutti i cattolici, né tutti i socialisti<br />
furono egualmente impegnati nel movimento per le autonomie locali. Nei cattolici,<br />
alla fine dell’età giolittiana:<br />
“l’originaria spinta propulsiva del municipalismo cattolico si attenua e […]<br />
vengono alla luce le sue due anime contrapposte: quella più strumentale, che<br />
faceva della bandiera dell’autonomismo un mezzo per sostenere e rinvigorire la<br />
polemica ideale contro il liberalismo, e quella più laica e lineare, che di tale battaglia<br />
dottrinale si serviva come di una tappa importante per una democratizzazione<br />
complessiva della macchina statale”.<br />
Per quanto riguarda i socialisti, i settori più moderati e riformisti formularono:<br />
“programmi che, pur mantenendo sullo sfondo l’ideale del superamento dello<br />
Stato borghese e capitalista, indicano gli obiettivi e i mezzi per consentire alla<br />
classe operaia (e ai ceti subalterni) di utilizzare a proprio vantaggio le istituzioni<br />
esistenti […, ma] la nuova strategia non troverà unanime accoglienza e le frazioni<br />
rivoluzionarie e anarchiche non mancheranno di criticarla” 35 , e soprattutto,<br />
è il caso di sottolinearlo, di boicottarla.<br />
33<br />
Su questo argomento, oltre al citato Bedeschi si vedano Corrado Corghi, La Lega per le<br />
autonomie locali dalle origini al fascismo (2). L’Associazione dei comuni e i cattolici, CdP, mar.<br />
1984, pp. 9996-10002; e Mario Belardinelli, Movimento cattolico e questione comunale dopo l’Unità,<br />
Roma, Edizioni Studium, 1979.<br />
34<br />
Piero Aimo, Stato e poteri locali in Italia (1848-1995), Roma, Carocci 1998, p. 92.<br />
35<br />
Aimo,Stato e poteri locali in Italia..., cit., pp. 89-90.
22 PARTE I<br />
2. Il movimento socialista e l’affermazione della maggioranza<br />
liberale e cattolica nell’Anci<br />
Il secondo congresso dell’Anci si svolse dal 9 all’11 novembre 1902 a Messina.<br />
Tra i protagonisti vi fu Sturzo, sacerdote e consigliere comunale di Caltagirone<br />
36 che, due anni dopo, nel congresso di Napoli del 1904, venne eletto nel<br />
consiglio direttivo dell’Anci insieme al cattolico parmense Giuseppe Micheli, di<br />
Parma. Fu quello il primo successo dell’alleanza tra cattolici e liberali diretta a<br />
sostituire la coalizione di socialisti, repubblicani e radicali alla testa dell’Anci.<br />
Nel 1905 si tenne a Firenze un congresso straordinario dell’associazione nel<br />
quale il sindaco della città, Ippolito Niccolini, sottolineò l’unità dei comuni italiani<br />
in difesa della propria autonomia al di là delle distinzioni politiche e della<br />
collocazione geografica. Si poneva così fine, idealmente, alla divisione che per anni<br />
aveva separato i comuni italiani tra grandi moderati e piccoli e medi comuni<br />
più battaglieri. Proprio il comune di Firenze nel 1900, infatti, aveva ospitato una<br />
riunione di grandi comuni del Nord e della <strong>Toscana</strong>, guidati dai liberali, a cui si<br />
sarebbero contrapposti i comuni piccoli e medi della sinistra che avrebbero dato<br />
vita all’Anci. Il congresso straordinario, dedicato al problema della eliminazione<br />
dai bilanci comunali delle spese di competenza dello Stato - come quelle per l’arredamento<br />
dei tribunali e per l’alloggio delle truppe - nel disegno di alcuni membri<br />
socialisti della direzione, avrebbe dovuto promuovere le dimissioni dei consiglieri<br />
comunali, una sorta di sciopero nazionale dei comuni contro il Governo.<br />
La nuova maggioranza di sindaci liberali e cattolici affermatasi per la prima<br />
volta proprio in quell’occasione, riuscì però a far passare la linea che prevedeva<br />
la mobilitazione dei sindaci per spingere il Parlamento ad approvare un apposito<br />
disegno di legge presentato da alcuni senatori vicini all’Anci. La scelta risultò<br />
vincente e, due anni dopo, venne varata la legge 24 marzo 1907, n. 116, che prevedeva<br />
il graduale passaggio dai comuni allo Stato di tutte le spese di competenza<br />
statale; l’organo ufficiale dell’Associazione la definì “la nostra legge” 37 .<br />
2.1. L’autonomia comunale dal terreno politico a quello istituzionale e<br />
tecnico-amministrativo<br />
Nel 1906, al congresso di Torino, una coalizione di liberali e di cattolici guidati<br />
da Sturzo ottenne la maggioranza dei seggi nel consiglio direttivo. Da allora<br />
il presidente dell’Associazione fu sempre un liberale e le più importanti ini-<br />
36<br />
Su Sturzo consigliere comunale e, dal 1905, pro-sindaco, cfr. Umberto Chiaramonte, Il<br />
municipalismo di Luigi Sturzo pro-sindaco di Caltagirone (1899-1920), presentazione di Gabriele<br />
De Rosa, Brescia, Morcelliana, 1992; idem, Luigi Sturzo e il governo locale, Soveria Mannelli,<br />
Rubbettino, 2002.<br />
37<br />
La nostra legge, AC, n. 4-5, apr.-mag. 1907, p. 100. Sulla questione delle spese dello Stato<br />
caricate sui bilanci degli enti locali è particolarmente interessante il saggio di Vittorio Italia,<br />
La provincia quale destinataria di oneri a favore dello Stato, in Antonio Amorth, (a cura di), Le<br />
province. L’ordinamento comunale e provinciale, 2, ISAP, Atti del congresso celebrativo del centenario<br />
delle leggi amministrative di unificazione, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1968, pp. 119-138.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 23<br />
ziative dell’Anci abbandonarono il terreno più propriamente politico per concentrarsi<br />
su questioni di carattere tecnico, finanziario ed istituzionale. In particolare,<br />
l’obiettivo prioritario della maggioranza moderata affermatasi a partire<br />
dal congresso di Firenze diveniva quello di garantire ai comuni più risorse da<br />
gestire con la maggiore autonomia possibile.<br />
Nel campo istituzionale l’Anci sostenne il progetto del Consiglio superiore dei<br />
comuni, prima proposta di un organismo istituzionale per regolare i rapporti tra<br />
Stato e comuni 38 , presentata alla Camera nel marzo del 1906 da Pietro Niccolini,<br />
componente del consiglio direttivo dell’Anci. L’ex sindaco di Ferrara presentava la<br />
proposta nel corso del dibattito sul disegno di legge per la revisione dell’istituto dello<br />
scioglimento dei consigli comunali. Questo potere, che il Ministero dell’interno<br />
avrebbe dovuto utilizzare solo in casi eccezionali, nel periodo giolittiano veniva impiegato<br />
con larghezza, in particolare per favorire l’elezione dei candidati del Governo<br />
nelle consultazioni politiche nazionali 39 . L’Anci proponeva che per lo scioglimento<br />
derivante da problemi di ordine pubblico vi dovesse essere “un unico responsabile,<br />
il ministro, unico giudice il Parlamento. Negli altri due casi (cioè violazione<br />
di legge e disordine finanziario) niente Consiglio di Stato, niente Consiglio<br />
dei Ministri, ma un magistrato speciale; il Consiglio superiore dei Comuni” 40 .<br />
L’ideatore del progetto fu Emanuele Greppi, presidente dell’Anci, un liberale<br />
conservatore - come Niccolini -, assessore alle finanze e, dal 1911, sindaco<br />
del comune di Milano. Il modello di Greppi era quello del Consiglio superiore<br />
del lavoro: comuni e Governo dovevano avere pari dignità, proprio come accadeva<br />
nelle relazioni tra padroni e lavoratori. Il concetto, esplicitamente mutuato<br />
dall’ideologia socialista, era rivoluzionario rispetto al modo in cui erano<br />
impostati i rapporti centro-periferia nell’Italia del primo ‘900, basati sulla subordinazione<br />
degli enti locali all’Esecutivo, e sottolineava la forza, anche presso<br />
i liberali, del modello di azione politica sostenuto dal movimento socialista. La<br />
proposta venne più volte discussa, approvata e rivista nel corso della storia dell’Associazione<br />
per tutto il periodo liberale.<br />
2.2. Le nuove organizzazioni del movimento per le autonomie locali<br />
2.2.1. L’Unione delle province d’Italia, l’Unione statistica delle città italiane e<br />
la Federazione delle aziende municipalizzate italiane<br />
La fondazione dell’Anci nel 1901 stimolò la nascita di altre organizzazioni<br />
la principale delle quali fu l’Unione delle province d’Italia. Dopo il citato appuntamento<br />
di Torino del 1898, si svolse un secondo congresso nazionale, il 15<br />
38<br />
Su questo argomento cfr. Oscar Gaspari, I precedenti della Conferenza Stato-Città e Autonomie<br />
locali, in “Amministrare”, n. 1, 1998, pp. 129-146.<br />
39<br />
La letteratura su questo tema è ampia, si rimanda, tra gli ultimi contributi, a Giovanni<br />
Schininà, Le città meridionali in età giolittiana. Istituzioni statali e governo locale, Acireale-Roma,<br />
Bonanno, 2002.<br />
40<br />
L’intervento è pubblicato in L’opera dell’Associazione dei Comuni nel Parlamento, “Rivista<br />
municipale”, n. 3, mar. 1906, pp. 55-67.
24 PARTE I<br />
maggio 1905 a Napoli, ma solo in occasione della terza assemblea nazionale,<br />
tenutasi a Roma il 23-25 marzo 1908 41 , le province riuscirono a costituire la<br />
propria organizzazione, vincendo i timori della maggioranza degli amministratori<br />
provinciali, grazie anche al beneplacito del Presidente del Consiglio, Giovanni<br />
Giolitti 42 . Il relativo ritardo nella nascita dell’Upi - che, oltretutto, per il<br />
minor numero e la maggiore omogeneità politica delle province rispetto ai comuni<br />
avrebbe dovuto avere, almeno teoricamente, più possibilità di essere fondata<br />
per prima - mette in risalto il fatto che il principio dell’associazionismo era<br />
considerato tout court eversivo. Una circostanza riaffermata dal fatto che l’Upi<br />
nacque come organizzazione temporanea delle province e divenne definitiva solo<br />
nel 1912, ad un <strong>qui</strong>nquennio dalla fondazione 43 .<br />
L’Unione, idealmente, andava ad occupare l’ala più moderata del movimento<br />
per le autonomie locali, composta com’era, in grandissima maggioranza, da<br />
amministrazioni liberali e comunque con forti tendenze conservatrici. Il riconoscimento<br />
dato da Giolitti all’Upi, però, evidenziava anche il tentativo del governo<br />
di controbilanciare l’Anci con una moderatissima organizzazione delle<br />
province. L’Associazione dei comuni, infatti, nonostante fosse guidata da una<br />
maggioranza formata da liberali e cattolici di Sturzo, appoggiati dai socialisti riformisti,<br />
era purtuttavia considerata pericolosa. Ma l’Upi, nata anche con l’obiettivo<br />
di bilanciare in senso moderato l’azione dell’Anci, non solo si sarebbe<br />
ben presto alleata con l’organizzazione dei comuni ma il suo segretario, Annibale<br />
Gilardoni, sarebbe diventato nel primo dopoguerra uno dei massimi esponenti<br />
del Ppi del periodo liberale 44 .<br />
Fu comunque nell’ambito del movimento comunale che il principio dell’associazionismo<br />
ebbe maggiore successo. Dopo l’Anci, per l’azione in ambito politico-istituzionale,<br />
vennero sviluppate organizzazioni di tipo tecnico-amministrativo<br />
affinché coadiuvassero le giunte nella loro attività di governo. La prima<br />
organizzazione di questo tipo fu l’Unione statistica delle città italiane (Usci) 45<br />
che organizzò stabilmente, nel 1907, il comitato di comuni che gestiva la pubblicazione<br />
dell’Annuario statistico delle città italiane, promosso in un convegno<br />
di sindaci svoltosi qualche giorno prima dell’apertura del congresso straordinario<br />
di Firenze del 1905. L’Unione, ispirata e animata dallo statistico fiorentino<br />
41<br />
Atti della prima assemblea generale dell’Unione delle Provincie d’Italia..., cit., Sulla storia<br />
dell’Upi cfr. Gaspari, L’Italia delle Province…, cit.<br />
42<br />
Giolitti diede udienza ai rappresentanti delle province il giorno dopo la conclusione dei<br />
lavori dell’assemblea di Roma, il 26 marzo, al termine dell’incontro si dichiarava: “lieto della<br />
costituzione dell’Associazione la quale, mantenendo continuamente in contatto fra loro le singole<br />
amministrazioni, non solo aiuterà la tutela degli interessi comuni, ma sarà di grande vantaggio<br />
per lo svolgimento ed il miglioramento di quei servizi che sono pure tanta parte della vita<br />
sociale”; Atti della prima assemblea generale dell’Unione delle Provincie..., cit. pp. 190-1.<br />
43<br />
V Assemblea generale dell’Upi, “Bollettino dell’Unione delle Provincie d’Italia”, ott. 1912,<br />
pp. 321-327.<br />
44<br />
Oscar Gaspari, La riforma della finanza locale negli scritti di Annibale Gilardoni, Roma,<br />
Gaffi, 2005.<br />
45<br />
Oscar Gaspari, L’Unione statistica delle città italiane (1905-1948), in “Ricerche storiche”,<br />
numero monografico La città che cambia. Infrastrutture e servizi tecnici a rete in Italia fra ‘800<br />
e ‘900, n. 3, set.-dic. 2000, pp. 465-490.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 25<br />
Ugo Giusti 46 e voluta dal sindaco Ippolito Niccolini, per gli intensi rapporti con<br />
istituzioni scientifiche ed omologhi organismi europei, fu senza dubbio la struttura<br />
che, all’interno del movimento comunale italiano, ebbe i maggiori e i più<br />
intensi contatti internazionali 47 .<br />
Un’altra organizzazione nata a seguito della fondazione dell’Anci fu la Federazione<br />
delle aziende municipalizzate italiane, antenata dell’attuale Confservizi,<br />
promossa a Brescia nel 1909 e costituita nel congresso di Verona del 1910.<br />
Tra i promotori vi fu l’ingegnere Giuseppe Orefici, presidente dell’Azienda dei<br />
servizi municipali di Brescia, fratello di Girolamo Orefici, sindaco della città e<br />
vicepresidente dell’Anci, delegato alla questione delle aziende municipali per<br />
l’Associazione dei comuni. Protagonista dei primi anni di vita della Federazione<br />
48 fu Giovanni Montemartini, uno dei maggiori esperti di municipalizzazioni<br />
in Europa.<br />
2.3. L’esigenza di una associazione “che si muovesse più agilmente e con<br />
spirito pugnace”<br />
Così, nel 1909, Emilio Caldara riassumeva i risultati dei primi anni dell’attività<br />
dell’Anci ed il ruolo delle organizzazioni ad essa vicine: “né è cosa da poco<br />
il diffondersi del principio della associazione in tutte le manifestazioni della<br />
vita locale, dai Consorzi intercomunali volontari, all’Unione delle Provincie e<br />
all’Unione statistica delle città italiane, dal Consorzio dei comuni che hanno<br />
municipalizzato le affissioni alla Federazione di tutte le Aziende Municipalizzate<br />
[...] L’Associazione non può dare tutto quello che i Comuni, anche giustamente,<br />
desiderano. Essa è circoscritta ne’ suoi scopi statutari [...] Perciò accanto<br />
ad essa sono sorte, ad esempio l’Unione statistica delle città italiane e la Federazione<br />
delle Aziende municipalizzate, le quali hanno opportunamente applicato<br />
il principio dell’associazione permanente ad altri determinati scopi che<br />
interessano la vita dei Comuni” 49 .<br />
Il giudizio complessivamente positivo sull’opera dell’Anci del riformista<br />
Caldara, segretario dell’organizzazione, veniva meglio articolato dai consiglieri<br />
comunali e provinciali socialisti riuniti a congresso a Firenze nel settembre del<br />
1910. In quell’occasione l’assemblea reclamò una più decisa azione dell’Anci<br />
per il miglioramento delle condizioni politico-istituzionali dei comuni. Lotta<br />
46<br />
Su questo personaggio, fondamentale nella storia dell’Anci, cfr. Oscar Gaspari, Ugo Giusti<br />
(1873-1953), “Economia pubblica”, 1999, n. 1, pp. 79-116.<br />
47<br />
Cfr. Oscar Gaspari, L’Unione statistica delle città italiane (1905-1948), in “Ricerche storiche”,<br />
numero monografico La città che cambia. Infrastrutture e servizi tecnici a rete in Italia fra<br />
‘800 e ‘900, n. 3, set.-dic. 2000, pp. 465-490.<br />
48<br />
Cfr. Oscar Gaspari, Dal monopolio, alla municipalizzazione, alla liberalizzazione dei servizi<br />
pubblici: le tappe di un processo di sviluppo nel quadro della storia del movimento comunale, in<br />
Seconda Conferenza dei servizi pubblici locali. L’innovazione al servizio dei cittadini, Milano 3-5<br />
ott. 2000, Book relatori, dattiloscritto, pp. 42-52.<br />
49<br />
Emilio Caldara, La vita e le opere dell’Associazione dei comuni italiani, AC, n. 24, 15 dic.<br />
1909, p. 5.
26 PARTE I<br />
istituzionale e lotta sociale si ricongiungevano poi nella richiesta del suffragio<br />
universale amministrativo (anche se solo maschile) avanzata da Silvio Caperle 50 ,<br />
una richiesta che ben difficilmente l’Anci a maggioranza liberale e cattolica<br />
avrebbe potuto far propria.<br />
Carlo Corsi, da parte sua, sottolineava la poca combattività dell’Anci, ma<br />
dopo aver accennato all’idea di una Lega, più decisa, sottolineava piuttosto la<br />
necessità di una maggiore partecipazione dei socialisti all’Anci per imprimere<br />
un’azione più risoluta:<br />
“Per me la tattica seguita dall’Associazione che volle informare la propria vita<br />
ad una azione spesse volte troppo <strong>qui</strong>eta, e non abbastanza battagliera e vivace<br />
ed altre volte troppo slegata, frammentaria, indecisa, può avere sviato molte<br />
simpatie, specie di fronte ai partiti più pronti a muovere in battaglia ordinata<br />
contro le ingiuste sopraffazioni statali. Di <strong>qui</strong> la domanda se fosse stata o fosse<br />
per l’avvenire più utile una forma separata di associazione, una vera e propria<br />
Lega dei comuni che si muovesse più agilmente e con spirito pugnace, sia pure<br />
accanto all’Associazione dei comuni”.<br />
Ma aggiungeva subito:<br />
“Io sono fra quelli che credono che l’Associazione dei comuni italiani possa<br />
compiere una funzione utile, solo che i consociati abbiano una coscienza profonda<br />
dei loro doveri, e l’entusiasmo delle parole traducano nelle opere. Credo<br />
che solo un’Associazione universale dei comuni italiani – da cui non può in avvenire<br />
dissociarsi un Consiglio superiore dei comuni – possa molto tentare anche<br />
nell’ambiente italiano saturo di statolatria, e in mezzo al popolo italiano<br />
che fino ad oggi fu quasi insensibile ad ogni questione di libertà e di autonomia<br />
comunale.<br />
Il partito socialista deve compiere anche in questa Associazione opera di penetrazione<br />
che potrà portare anche a migliorarne lo statuto, a perfezionarne le<br />
funzioni direttive, imprimendo un’azione più energica a tutto l’organismo e,<br />
chiamando a raccolta quanti più comuni possa, potrà riuscire a vivificarne le<br />
energie, portando un contributo sincero di studio e di lotta, e ravvivandone le<br />
forze con la stampa, con l’opera parlamentare, con i comizi, con l’educazione<br />
costante dell’anima popolare, volgendo la pubblica opinione – risolutamente –<br />
alla difesa delle nostre amministrazioni comunali” 51 .<br />
2.4. Il “comune moderno” nella strategia di cattolici e socialisti<br />
Corsi denunciava il moderatismo dell’Anci ma, nello stesso tempo, ne sottolineava<br />
l’importanza che le veniva al suo carattere “universale” e citava quale<br />
esempio positivo di questa impostazione il più importante progetto ideato dall’Anci<br />
fino a quel momento: il Consiglio superiore dei comuni. “Un’azione più<br />
50<br />
Silvio Caperle, Il suffragio universale amministrativo. La tesi sentimentale, “Avanti!”, 6 set.<br />
1910, p.2.<br />
51<br />
Congresso dei consiglieri comunali e provinciali socialisti (Firenze 8-10 settembre 1910), Carlo<br />
Corsi, L’Associazione dei comuni italiani e i comuni socialisti, “Avanti!” 8 set. 1910, pp. 4-5.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 27<br />
energica” dell’Anci, sottolineava Corsi, doveva essere promossa attraverso una<br />
maggiore partecipazione delle amministrazioni del Psi nell’organizzazione, in<br />
modo simile a quanto aveva fatto Sturzo nel 1903 quando il sacerdote chiese<br />
una maggiore presenza dei cattolici nell’Associazione e, ottenutala, riuscì a vincere,<br />
grazie all’alleanza con i liberali, la maggioranza socialista, radicale e repubblicana<br />
52 . Era sul concreto terreno della battaglia politica democratica che<br />
si doveva vincere la sfida per ottenere che l’Anci fosse “più energica”. Vi è poi<br />
un’altra similitudine tra i concetti espressi da Corsi e quelli di Sturzo. Quando<br />
il socialista parla di un “ambiente italiano saturo di statolatria” e del “popolo<br />
italiano che fino ad oggi fu quasi insensibile ad ogni questione di libertà e di<br />
autonomia comunale”, quando evidenzia la necessità che “i consociati abbiano<br />
una coscienza profonda dei loro doveri” riecheggia un commento di Sturzo al<br />
V congresso dell’Anci svoltosi a Torino nel 1905 dove questi aveva denunciato:<br />
“l’abitudine mentale formata dalla tradizione liberale-centralistica […, e] la forma<br />
concreta di istituti soverchiatori, di sopraffazioni statali, di interessi politici,<br />
[che impedisce] la visione netta ed esatta del Comune moderno, libero nella<br />
sua funzione specifica e unito a tutta la nazione nella sua stabilità civile e politica”<br />
53 .<br />
In occasione dell’appuntamento di Firenze il socialista Giovanni Zibordi fece<br />
un’altra importantissima riflessione, l’abitudine centralistica non valeva solo per<br />
le istituzioni ma anche per i partiti. Solo i socialisti potevano essere in grado di<br />
fare una riflessione simile, visto che avevano un proprio partito già dal 1892:<br />
“Ora i congressi nazionali del partito, benché rechino alla ribalta di frequente<br />
gli esempi di un localismo malinteso e protervo, che vorrebbe generalizzare e<br />
ricavare leggi universe dal caso particolare, palesano però soprattutto la tendenza<br />
ch’io dirò per brevità statalista, per la quale i socialisti convenuti da ogni<br />
parte d’Italia si affannano e si appuntano a discutere l’azione del Governo e l’atteggiamento<br />
del gruppo parlamentare rispetto ad esso, e a ciò danno un’importanza<br />
sproporzionata, quasi per abitudine di fede nella provvidenza; mentre<br />
con altrettanto ed analogo accanimento discutono e criticano l’opera degli organi<br />
centrali del Partito, ad essi imputando e cercando responsabilità e colpe<br />
che in buona parte andrebbero distribuite alla periferia” 54 .<br />
La complementarietà dei concetti espressi dai socialisti Corsi e Zibordi a Firenze<br />
e quelli del cattolico Sturzo, la sottolineatura dell’importanza di una maggiore<br />
presenza di amministratori socialisti in un’organizzazione a maggioranza<br />
moderata, sottolinea la convergenza di socialisti e cattolici nell’Anci, descritta<br />
da Aimo come:<br />
52<br />
Lettera di Sturzo a Meda del 1° dic. 1903, pubblicata in nota nella ristampa de Il programma<br />
municipale dei cattolici italiani, pubblicata nella rivista La Croce di Costantino, ora in<br />
Luigi Sturzo, “La Croce di Costantino”. Primi scritti politici e pagine inedite sull’azione cattolica<br />
e sulle autonomie comunali, a cura di Gabriele De Rosa, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura,<br />
1958, pp. 270-1. Sull’impegno di Sturzo nell’Anci cfr. Oscar Gaspari, I primi anni di Sturzo<br />
nell’Associazione dei comuni italiani, in “Sociologia”, n.2, 1997, pp. 143-163.<br />
53<br />
Luigi Sturzo, Il V Congresso dei Comuni Italiani, “Rivista municipale”, n.5-6, mag.-giu.<br />
1906, p.134.<br />
54<br />
Zibordi, Primavera di vita municipale…, cit.
28 PARTE I<br />
“Luogo di incontro e di elaborazione di strategie unitarie tanto più rilevante se<br />
si tiene conto che in esso confluiscono i delegati di forze politiche antagoniste<br />
che non riusciranno, sul piano propriamente politico-parlamentare, a trovare<br />
momenti di accordo stabili e significativi” 55 .<br />
La collaborazione tra diverse forze politiche nell’Anci non solo non impedì la<br />
concorrenza tra le diverse formazioni ma, è possibile dire, ne esaltò la ricerca<br />
progettuale in vista del raggiungimento dell’obiettivo: la promozione dell’autonomia<br />
comunale. Un’autonomia che era difficile da raggiungere anche a causa<br />
della “tendenza […] statalista”, come la definisce Zibordi, o della “abitudine<br />
mentale formata dalla tradizione liberale-centralistica”, descritta da Sturzo.<br />
Secondo questa visione, che accomunò le parti migliori del movimento socialista<br />
e di quello cattolico, la battaglia per l’autonomia doveva essere unitaria<br />
e concorrente, doveva essere a tutto campo, all’interno delle istituzioni, dei partiti<br />
e delle mentalità degli individui. Solo così si sarebbe potuta avere “la visione<br />
netta ed esatta del Comune moderno”, secondo le parole del cattolico Sturzo<br />
che - a dimostrazione dell’affinità tra l’impegno dei cattolici e di quello dei<br />
socialisti nei comuni - utilizza un’espressione così tipicamente socialista, “Comune<br />
moderno”, da divenire titolo della rivista fondata nel 1911 a Torino dal<br />
riformista Giulio Casalini, la rivista che sarebbe diventata in seguito organo ufficiale<br />
della Lega dei comuni socialisti 56 .<br />
La contestazione da parte dei socialisti della strategia “troppo <strong>qui</strong>eta, e non<br />
abbastanza battagliera” seguita dalla maggioranza moderata dell’Anci non<br />
escludeva la possibilità, o meglio, la necessità, di un’azione unitaria di tutti i comuni.<br />
Fin dall’inizio della riflessione, che si sarebbe fatta via via più profonda,<br />
sul tipo di rapporto che gli enti locali guidati dai “partiti più pronti a muovere<br />
in battaglia ordinata contro le ingiuste sopraffazioni statali” dovevano avere con<br />
l’Associazione, i socialisti riformisti, come Corsi, prefiguravano la possibilità<br />
che la loro organizzazione si muovesse “accanto all’Associazione dei comuni”.<br />
La coscienza che solo un’azione complessivamente unitaria del movimento comunale<br />
avrebbe potuto ottenere qualcosa dallo Stato e dal governo nazionale<br />
non sarebbe mai venuta meno nei riformisti del movimento socialista.<br />
2.5. L’evoluzione dell’Anci<br />
Il XIII congresso dell’Associazione dei comuni italiani, svoltosi a Roma dal<br />
28 febbraio al 1° marzo 1915, pose le basi per una trasformazione decisiva dell’organizzazione<br />
che avrebbe accresciuto il proprio protagonismo sulla scena<br />
politico-istituzionale, anche attraverso lo sviluppo dell’attività di assistenza tecnico-amministrativa<br />
in favore dei comuni.<br />
Nel congresso venne ribadita anche la decisione del trasferimento della sede<br />
dell’Anci da Milano a Roma - decisione già deliberata nel 1907 a Bologna nel<br />
55<br />
Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, cit., p. 83.<br />
56<br />
Sulla rivista e sul suo direttore cfr. Federico Lucarini, Scienze comunali e pratiche di governo<br />
in Italia (1890-1915), Milano, Giuffrè, 2003, pp. 234-9.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 29<br />
VI congresso nazionale 57 - e realizzata alla fine del 1916. Ormai, con il passare<br />
del tempo e con il progressivo aumento delle competenze dell’amministrazione<br />
centrale - che con Giolitti vedeva aumentare progressivamente l’intervento<br />
dello Stato nella società - era diventato indispensabile per l’associazione stabilirsi<br />
nella capitale, sia per seguire le pratiche dei municipi presso i ministeri, sia<br />
per i crescenti contatti con il governo 58 . L’Anci aveva già aperto nel 1914 a Roma<br />
una propria segreteria che, come annunciava il presidente Emanuele Greppi<br />
in una apposita circolare, era “ospitata in appositi locali, cortesemente offerti<br />
dal Comune di Roma nel palazzo di via dei Barbieri n.6”.<br />
Oltre a questa sede:<br />
“Per le pratiche riguardanti in special modo i lavori pubblici, i mutui ad essi<br />
inerenti e, in genere, l’applicazione dei provvedimenti già emanati dal Governo<br />
o che potranno venire decretati in seguito per fronteggiare il grave fenomeno<br />
della disoccupazione e l’attuale crisi dei consumi, l’Associazione dei Comuni<br />
ha istituito, d’accordo con la Lega nazionale delle cooperative e con il suo<br />
Comitato Parlamentare, un altro apposito ufficio, al quale le suddette determinate<br />
pratiche saranno affidate per la loro più immediata risoluzione” 59 .<br />
2.5.1. La collaborazione dell’Anci di Sturzo con Lega delle cooperative,<br />
riformisti e radicali<br />
Come spiegava Sturzo in un intervento al consiglio direttivo dell’Anci, la collaborazione<br />
tra Lega delle cooperative ed Associazione era stata da lui avviata dopo la<br />
scoperta che “la Lega delle Cooperative aveva preso l’iniziativa, attraverso il suo comitato<br />
parlamentare, di assistere i comuni per le pratiche inerenti ai lavori pubblici<br />
straordinari, resi necessari per alleviare la disoccupazione” 60 . Sottolineava poi in<br />
seguito Sturzo nella relazione al congresso di Roma che: “Il contatto tra l’Associazione<br />
dei Comuni e la Lega delle Cooperative è certamente utile anche per le organizzazioni<br />
operaie. Ma l’opera più interessante, in cui sono stati uniti gli sforzi dei<br />
due enti rappresentativi, è stata quella spiegata presso il Governo” 61 . Lega delle cooperative<br />
ed Anci parteciparono così ad un Comitato parlamentare per i lavori pubblici<br />
- promosso dal Presidente del consiglio Antonio Salandra - in qualità di parlamentari,<br />
insieme all’industriale Giovanni Agnelli, riformisti socialisti, tra i quali Bis-<br />
57<br />
Resoconto del VI congresso nazionale dell’Associazione dei Comuni tenutosi a Bologna nei giorni<br />
23, 24 e 25 maggio 1907, AC, n. 6-7, giu.-lug. 1907, pp. 168-9.<br />
58<br />
Dario Franco, Istituzione della Segreteria di Roma e provvedimenti relativi. (Relazione al<br />
XIII Congresso dell’Associazionedei Comuni Italiani), AC, n. 2, 28 feb. 1915, pp. 1-2.<br />
59<br />
La segreteria romana dell’Associazione dei Comuni, AC, n.11, 30 nov. 1914, p.1.<br />
60<br />
Atti dell’Associazione. Seduta del 7 dicembre in Roma, AC, n. 12, 31 dic. 1914, p. 10.<br />
61<br />
Luigi Sturzo e Dario Franco relatori, Sull’opera dell’Associazione dei comuni italiani per i provvedimenti<br />
straordinari relativi alla disoccupazione ed all’approvvigionamento del grano, AC, n. 3, 31<br />
mar. 1915, p. 10. Secondo la ricerca di Chiaramonte: “dopo alcuni mesi, però, l’Associazione dei<br />
Comuni disdisse il contratto e organizzò un ufficio tutto proprio a Roma, in via dei Barbieri 6,<br />
evidentemente per evitare la subalternità ai socialisti”, Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…, Soveria<br />
Mannelli, Rubbettino, 2004, p. 202. In realtà l’ufficio di via dei Barbieri era aperto da tempo,<br />
come annunciato nella citata circolare di Greppi pubblicata nel novembre 1914.
30 PARTE I<br />
solati, Merloni, Sichel, cattolici, Meda e radicali, Ruini, e ancora Vergnanini, per la<br />
Lega delle cooperative, e <strong>qui</strong>ndi Greppi, Caldara, Franco e Sturzo per l’Anci 62 .<br />
Fu <strong>qui</strong>ndi, quasi certamente, anche per via di una vera e propria competizione<br />
sull’attività di assistenza ai comuni nel periodo bellico che l’Anci decise<br />
di aprire una propria segreteria a Roma e, successivamente, di trasferire da Milano<br />
e Roma la propria sede. Una competizione che spingeva alla collaborazione<br />
l’Anci di Sturzo e la Lega delle cooperative, una tra le più importanti strutture<br />
del movimento socialista, molto vicina ai riformisti. Era sul terreno della<br />
consulenza amministrativa ai comuni, a beneficio delle cooperative e degli operai,<br />
che si concretizzava quella collaborazione tra cattolici e socialisti riformisti<br />
che, in quegli anni, non si sarebbe mai evoluta in accordi parlamentari. Una<br />
collaborazione che sembrava quasi essere sancita dalla contemporanea nomina<br />
a vicepresidenti - a seguito del XIII congresso dell’Associazione - di Sturzo, prosindaco<br />
di Caltagirone e di Caldara 63 sindaco di Milano, eletto nel 1914 nel<br />
quadro del complessivo successo del Psi nelle elezioni amministrative 64 .<br />
In quegli stessi mesi l’intesa tra cattolici e riformisti si allargò, idealmente, anche<br />
ad un’altra formazione politica di sinistra, quella dei radicali, attraverso un suo importante<br />
esponente, già assessore nella giunta comunale di Roma guidata dal radicale<br />
Ernesto Nathan 65 e sostenuta dalla sinistra: Meuccio Ruini. Nel XIII congresso<br />
Ruini, chiamato a partecipare dal collega parlamentare Filippo Meda, cattolico e<br />
componente del consiglio direttivo dell’Anci, scriveva la relazione “Un ufficio tecnico<br />
contabile per le opere comunali”, che poneva le basi per una successiva evoluzione<br />
dell’Anci 66 . L’esponente radicale facendo riferimento alla propria esperienza di<br />
alto funzionario del Ministero dei lavori pubblici nella gestione delle leggi speciali<br />
per la Calabria, suggerì la costituzione di appositi uffici per assistere i municipi, in<br />
quanto le difficoltà nel pagare e nel reperire tecnici preparati e gli ostacoli burocratici<br />
rendevano in effetti impossibile ai comuni sia progettare le opere pubbliche, sia<br />
ottenere dallo Stato i finanziamenti in loro favore previsti dalla legge 67 .<br />
62<br />
Su questa attività Chiaramonte, Luigi Sturzo e l’Anci…, cit., pp. 221-5. Sull’apertura di<br />
un ufficio di assistenza ai comuni della Lega in collaborazione con l’Anci cfr. Renato Zangheri,<br />
Giuseppe Galasso, Valerio Castronovo, Storia del movimento cooperativo in Italia. La Lega<br />
Nazionale delle cooperative e Mutue 1886-1986, Torino, Einaudi, 1987, pp. 365-7.<br />
63<br />
Atti dell’Associazione. Sedute del consiglio direttivo. Seduta del I marzo 1915, AC, n. 3, 31<br />
mar. 1915, p. 15. Lo stesso consiglio direttivo eleggeva anche il presidente, senatore Piero Lucca<br />
- sindaco di Vercelli, liberale moderato - e un terzo vicepresidente il liberale Dario Franco.<br />
64<br />
Cfr. Maurizio Punzo, La giunta Caldara: l’amministrazione comunale di Milano negli anni<br />
1914-1920, Milano, Cariplo, Laterza, 1986.<br />
65<br />
Sull’esperienza dell’amministrazione di Nathan cfr. Giuseppe Barbalace, Riforme e governo<br />
municipale a Roma in età giolittiana, Napoli, Liguori, 1994.<br />
66<br />
La relazione, scritta da Ruini era però firmata anche da Meda, su richiesta personale di<br />
Sturzo che, evidentemente, non voleva - o forse non poteva -, almeno ufficialmente, far intervenire<br />
da solo come relatore ad un congresso dell’Anci una personalità estranea all’organizzazione.<br />
Da sottolineare il fatto che il sacerdote Sturzo non aveva alcun problema a far fare ed a<br />
fare esporre la relazione ad un radicale e noto massone; sulla vicenda Meuccio Ruini, Profili di<br />
storia. Rievocazioni, studi, ricordi, Milano, Giuffrè, 1973, p. 275.<br />
67<br />
Deputati Ruini e Meda, relatori, Per istituire un ufficio tecnico-contabile per le opere comunali,<br />
AC, n. 2, 28 feb. 1915, pp. 2-4.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 31<br />
L’entrata in guerra dell’Italia rese impossibile la realizzazione a breve termine<br />
di quel progetto, ma il seme era gettato. Fu nel primo dopoguerra che ebbe<br />
finalmente realizzazione il progetto proposto da Ruini per la creazione di uffici<br />
di assistenza tecnica ai comuni dell’Anci. Nel 1919 venne aperto il Segretariato<br />
per la montagna. L’ufficio - che può essere considerato precursore dell’attuale<br />
Unione dei comuni e delle comunità montane (Uncem) - forniva assistenza<br />
tecnica ed amministrativa ai comuni montani per la gestione delle terre,<br />
dei pascoli e delle foreste municipali 68 . Sempre nel 1919, su pressione dell’Anci<br />
e per iniziativa del Ministro per i lavori pubblici, nasceva il secondo ufficio<br />
di assistenza proposto da Ruini nel 1915, quello per i comuni di pianura: l’Istituto<br />
nazionale per le opere pubbliche dei comuni, istituito con decreto regio<br />
n. 1628 del 2 settembre 69 .<br />
Nel congresso del 1915 l’Anci riaffermò il passaggio da una politica di opposizione<br />
e di resistenza che cercava di modificare il sistema centralista agendo<br />
dall’esterno, attraverso manifestazioni e proteste, ad una politica di pressione e<br />
di condizionamento che agiva soprattutto dall’interno. Una politica di riforme,<br />
<strong>qui</strong>ndi, che si delineò nell’Anci attraverso la definizione di nuovi uffici, la collaborazione<br />
tra istituzioni, organizzazioni ed uffici elaborati dal movimento comunale<br />
e dal movimento dei lavoratori, grazie al concorso di esponenti di rilievo<br />
della sinistra riformista socialista e radicale e del movimento cattolico.<br />
3. La nascita della Lega dei comuni socialisti nel 1916<br />
3.1. Il congresso degli amministratori locali socialisti a Bologna: 16-17<br />
gennaio 1916<br />
Il 16 gennaio 1916, nel liceo musicale Rossini di Bologna, dopo i saluti di<br />
rito, intervenne il segretario del Psi Costantino Lazzari che mise in risalto come<br />
la concreta opera svolta nei comuni avesse smentito il “vecchio ritornello<br />
68<br />
L’organizzazione, presieduta da un tecnico di grande fama come Arrigo Serpieri, sopravvisse<br />
anche alla scomparsa dell’Anci e continuò nella propria azione in favore dei comuni montani<br />
fino allo scioglimento voluto dal fascismo nel 1936. Rifondato nel 1946 come ente parastatale<br />
per volontà del Ministero dell’agricoltura, ormai senza più alcun legame con i comuni,<br />
venne sciolto nel 1965; cfr. Oscar Gaspari, Il segretariato per la montagna (1919-1965). Ruini,<br />
Serpieri e Sturzo per la bonifica d’alta quota, Comitato consultivo montagna, Presidenza del<br />
consiglio dei ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma, 1994. Sull’evoluzione<br />
normativa dell’ente, soppresso con D.P.R. del 31 mar. 1965 (GU 149/1965), cfr. Gli Enti<br />
pubblici italiani. Anagrafe, legislazione e giurisprudenza dal 1861 al 1970, introduzione di Alberto<br />
Mortara, Ciriec, Milano, Franco Angeli, 1972, p. 883.<br />
69<br />
Il compito dell’ente era quello di “assumere in sostituzione e nell’interesse degli Enti locali<br />
l’esecuzione delle opere pubbliche di competenza dei Comuni e dei Consorzi e portar loro,<br />
se richiesta, assistenza nei lavori da essi intrapresi”; Sala XLIII. Associazione dei comuni italiani,<br />
in Prima mostra italiana di attività municipale, Vercelli MCMXXIV. Catalogo generale con<br />
50 illustrazioni, Milano, 1924, p. 308. L’Istituto, soggetto a vari riordinamenti legislativi ed infine<br />
commissariato, venne soppresso con D.M. del 12 dic. 1941 (G.U. n. 89/1941), cfr. Gli<br />
Enti pubblici italiani…, cit. pp. 748-9.
32 PARTE I<br />
[...] che nei comuni non si fa politica”dimostrando che era possibile fare nei comuni<br />
“la nostra politica: la politica socialista”. La prima relazione fu di Caldara,<br />
Riforma tributaria e finanze locali nella quale l’avvocato riformista sottolineò<br />
come il peso eccessivo della tassazione statale rendeva praticamente impossibile<br />
ai comuni qualsiasi ulteriore imposizione. Proprio quando era più intensa<br />
l’opera di assistenza in favore dei cittadini la più importante risorsa finanziaria<br />
comunale, il dazio consumo, si era andata riducendo per il calo dei consumi<br />
della popolazione: i proventi del dazio, affermava Caldara, erano scesi da 19 a<br />
14 milioni. Da <strong>qui</strong> la proposta di lasciare al Governo le imposte personali e di<br />
affidare ai comuni quelle relative ai beni immobili. Intanto, continuava il sindaco,<br />
allo Stato non si dovevano chiedere favori ma mezzi per governare e se i<br />
mezzi disponibili fossero stati insufficienti, non ci si sarebbe dovuti fermare<br />
nemmeno di fronte alla possibilità di emettere nuova carta moneta 70 .<br />
Alla relazione di Caldara succedeva un dibattito molto interessante nel corso<br />
del quale ebbe modo di mettersi in luce Giacomo Matteotti che, in primo<br />
luogo, si dichiarava contrario al criterio di coprire i disavanzi con debiti. Con<br />
il suo intervento l’esponente socialista poneva la questione dei piccoli comuni,<br />
la maggioranza nel Paese e quelli nei quali viveva gran parte della popolazione<br />
nazionale. La relazione del notissimo sindaco di Milano, sosteneva implicitamente<br />
il socialista polesano, si basava sostanzialmente sulle necessità di un<br />
grande comune. Matteotti non chiedeva misure eccezionali come l’emissione di<br />
carta moneta, ma il sostegno del Psi a proposte meno impegnative ma adeguate<br />
alle necessità di bilancio dei piccoli comuni che lui ben conosceva come amministratore<br />
e come sindaco. Chiedeva, ad esempio, che una percentuale dei<br />
prestiti di guerra ottenuti dallo Stato venisse destinata ai comuni, chiedeva l’abolizione<br />
del limite della sovrimposta fondiaria e sui fabbricati: “i comuni devono<br />
essere liberi di gravare di più dove lo credono possibile”; chiedeva l’aumento<br />
delle tasse per esercizi commerciali e rivendite. Infine, pur associandosi<br />
alla richiesta di Antonio Graziadei affinché che lo Stato avocasse a sé spese che<br />
gravavano sui comuni, esigeva però che a questi ultimi rimanessero le spese per<br />
la scuola 71 . In questa richiesta il socialista Matteotti – naturalmente senza richiamarsi<br />
al leader popolare - coincideva perfettamente con il cattolico Sturzo,<br />
anch’egli contrario ad affidare lo Stato l’istruzione elementare 72 .<br />
Il risultato dello scontro delle due diverse concezioni della finanza locale era<br />
un voto finale dell’assemblea nel quale alle richieste per la complessiva riforma<br />
della finanza locale e della politica finanziaria nazionale seguivano le proposte<br />
avanzate da Matteotti specificamente per i piccoli comuni 73 .<br />
Il congresso discuteva, <strong>qui</strong>ndi, la relazione sulla Politica dei consumi di Fran-<br />
70<br />
Direzione del Partito socialista italiano, II Congresso nazionale delle amministrazioni comunali<br />
e provinciali socialiste Bologna 16-17 gennaio 1916. Resoconto stenografico, Biella, Tipografia<br />
Cooperativa Biellese, 1916, pp. 13-4; 22-9.<br />
71<br />
Ivi, pp. 32-7.<br />
72<br />
Sturzo sostenne questa posizione, come posizione ufficiale dell’Anci, nel XII congresso di<br />
Milano svoltosi nel gennaio 1913; Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…, cit., pp. 167-171.<br />
73<br />
Le finanze locali e la riforma tributaria, “Avanti!”, 17 gen. 1916, pp. 1-2.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 33<br />
cesco Zanardi, sindaco di Bologna il quale, come si vedrà oltre, proprio sul<br />
fronte del sostegno ai consumi stava realizzando un’esperienza di grande importanza.<br />
Nel dibattito vennero proposte misure di sostegno ai consumi, tra le<br />
quali anche l’abolizione dei dazi comunali che, pur costituendo la principale risorsa<br />
finanziaria dei municipi, gravavano sulla popolazione e frenavano il commercio.<br />
Vennero poi presentate misure per favorire ac<strong>qui</strong>sti collettivi, la costituzione<br />
di spacci cooperativi e comunali, aziende municipalizzate e proposte di<br />
cooperazione. Nel voto approvato dall’assemblea venne suggerita l’istituzione<br />
di un Consiglio superiore dei consumi a livello nazionale, la limitazione dei<br />
prezzi, la produzione e distribuzione diretta ai cittadini di prodotti di vario tipo<br />
da parte dei comuni, la promozione di associazioni di consumatori, l’affidamento<br />
alla provincia compiti di produzione e distribuzione che i comuni<br />
non erano in grado svolgere 74 .<br />
Il giorno successivo, il 17 gennaio, l’assemblea affrontava il tema dell’occupazione.<br />
I comuni avrebbero dovuto promuovere “casse di disoccupazione”, uffici<br />
di collocamento, avviare lavori comunali, anche affidandoli a cooperative di<br />
lavoro; venne approvato anche un emendamento di Alessandro Schiavi per la<br />
nazionalizzazione delle forze idrauliche 75 . Viste le gravi difficoltà dei comuni socialisti<br />
nell’avere finanziamenti dalla Cassa depositi e prestiti, aggravatesi per<br />
via della guerra, venne deciso di incaricare un’apposita commissione, nominata<br />
dalla direzione del Psi, per studiare la realizzazione di un’“Istituto nazionale<br />
per il credito agli enti locali” 76 . Vennero rivolte aspre critiche all’attività di<br />
Giunte provinciali amministrative e prefetti che ostacolavano l’azione dei comuni<br />
socialisti 77 ; venne ricordata la presenza socialista nelle amministrazioni<br />
del Sud, dove: “Un manipolo di compagni resiste da anni con fermezza ed ardore<br />
nelle poche disperse amministrazioni vessate da prefetti e da delegati, ad<br />
essi occorre il doveroso sussidio dei nostri deputati e di tutto il partito” 78 . Per<br />
quanto riguarda l’attività di assistenza e beneficenza venne dichiarato compito<br />
essenziale dei comuni l’aiuto e la tutela delle vittime della guerra, anche attraverso<br />
la costituzione di un ufficio medico legale per i diritti delle vittime 79 .<br />
3.2. Il distacco degli amministratori socialisti dall’Anci<br />
Il congresso affrontò anche il problema del rapporto tra socialisti ed Anci e<br />
la possibilità di costituire un’autonoma organizzazione di comuni e province.<br />
L’idea di un’organizzazione dei comuni socialisti, come si è visto, maturava da<br />
anni nel movimento comunale italiano, ma nei tempi di questa decisione furono<br />
decisivi alcuni importanti eventi nazionali ed internazionali. Nelle elezioni<br />
74<br />
La politica dei consumi, “Avanti!”, 17 gen. 1916, p. 2.<br />
75<br />
La ripresa economica dopo la guerra, “Avanti!”, 18 gen. 1916, p.1.<br />
76<br />
Il credito agli enti locali, “Avanti!”, 18 gen. 1916, p.1.<br />
77<br />
L’autonomia comunale, “Avanti!”, 18 gen. 1916, pp.1-2.<br />
78<br />
Per il mezzogiorno d’Italia, “Avanti!”, 18 gen. 1916, p.2.<br />
79<br />
Gli ultimi argomenti trattati dal congresso, “Avanti!”, 18 gen. 1916, p. 2.
34 PARTE I<br />
amministrative del 1914, le prime dopo la riforma del 1912 che aveva concesso<br />
il suffragio universale maschile, si accrebbe il contrasto tra i socialisti e i cattolici,<br />
alleati con i liberali attraverso il patto Gentiloni. I socialisti con<strong>qui</strong>starono<br />
la maggioranza a Milano e Bologna, mentre i cattolici avanzarono a Roma,<br />
Genova, Torino, Ancona, Napoli, Firenze. La prevalenza delle tendenze massimaliste<br />
su quelle rappresentate dai riformisti avvenuta nel XIV congresso del<br />
Psi - che si svolse ad Ancona il 26-29 aprile 1914 - veniva rafforzata ulteriormente<br />
dallo scoppio del primo conflitto mondiale. L’entrata in guerra dell’Italia,<br />
nel 1915 approfondì, fino a renderla insanabile, la frattura tra i socialisti, in<br />
maggioranza contrari alla guerra, e le altre formazioni politiche.<br />
3.2.1. I socialisti e la questione dei rapporti con lo Stato<br />
Fu l’anno seguente, nel 1916, che i consiglieri comunali e provinciali socialisti<br />
tennero a Bologna il proprio congresso. Secondo Corghi l’appuntamento<br />
di Bologna venne promosso: “per creare un organismo di lotta dopo che l’Associazione<br />
dei comuni era ormai saldamente ancorata a Sturzo” 80 . La realtà è<br />
che l’ipotesi della scissione non era prioritaria, almeno in un primo tempo, e<br />
specialmente per i riformisti. Questi parevano sostenere piuttosto l’idea che il<br />
partito, dopo il successo elettorale, dovesse intraprendere un’azione più decisa,<br />
ma senza rotture traumatiche. Nell’interpretazione di Carlo Treves con il congresso<br />
di Bologna si riprendeva da capo un tentativo che, con l’Anci, era abortito<br />
fin dall’inizio, la rivoluzione dei sindaci, la rivoluzione delle riforme:<br />
“Una volta a noi venne fatto di scrivere, e quel pensiero ci torna sempre alla<br />
mente, che la rivoluzione in Italia l’avrebbero un dì fatta i sindaci. Era il tempo<br />
della fondazione, per opera dell’on. Mussi, della Lega dei Comuni […] Ma<br />
la Lega dal suono bellicoso si è trasformata in una pacifica Associazione dei comuni.<br />
E i sindaci della rivoluzione si trovano a convegno non a Legnano ma a<br />
Bologna. La rivoluzione che essi agitano è la riforma. Date ai Comuni un ubi<br />
consistam finanziario così solido e autonomo, che renda sicura la loro vita, la<br />
sottragga alla in<strong>qui</strong>eta fluttuazione dei redditi nel vertiginoso vortice delle vicende<br />
interne ed esterne al comune […] le masse si stringono intorno al Comune<br />
come ad un prolungamento del compiuto sistema delle proprie organizzazioni.<br />
Ecco il fatto rivoluzionario se l’azione è riformista, è legale […] Ecco<br />
infatti il Comune integratore dei Sindacati nella lotta per la resistenza, per il salario<br />
elevato […] Ecco infatti il Comune integratore delle Cooperative nella<br />
lotta per la vita a buon mercato […] Bononia docet. Il nostro Zanardi illustra<br />
con la predica savia dell’esempio” 81 .<br />
Scriveva Zibordi da parte sua commentando il congresso:<br />
“Quando lo Stato borghese fa la ‘politica della civiltà’, cura le scuole, i lavori,<br />
80<br />
Corrado Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (3). La fondazione<br />
della Lega dei comuni socialisti, CdP, apr. 1984, p. 10073.<br />
81<br />
Carlo Treves, Stato e comune (Per il convegno amministrativo di Bologna), “Critica sociale”,<br />
16-31 gen. 1916, pp. 17-9.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 35<br />
la produzione, allora gli atteggiamenti e i rapporti del Partito socialista e degli<br />
Amministratori socialisti, rispetto ad esso, non possono essere logicamente gli<br />
stessi che si assumono quando lo Stato fa la politica della guerra. È esso che si<br />
stacca da noi, più che non siamo noi a staccarci da esso” 82 .<br />
Ma, proseguiva Zibordi, l’opposizione allo Stato, lo Stato della “politica della<br />
guerra”, non voleva dire “sdegnosa secessione sull’Aventino”, lo stesso valeva<br />
anche per l’Anci, che non poteva essere abbandonata per un malinteso sentimento<br />
di repulsione, senza prima aver ben chiaro cosa fare:<br />
“Questi rilievi su una psicologia palesatasi anche in questo campo dei rapporti<br />
fra Comuni socialisti e Stato borghese[…] mi vengono suggeriti da quel<br />
movimento, iniziatosi a Bologna per invito della Direzione del partito, e propagatosi<br />
poi in molti luoghi, con una febbre, con una vera voluttà di intransigenza,<br />
di resezione chirurgica, di taglio violento col passato, per la formazione<br />
di una Lega dei comuni socialisti – sacrosantissima e utilissima cosa - e per la<br />
uscita in massa dalla Associazione dei Comuni, come se fosse una città infetta da<br />
colera, un postribolo di coscienze, un luogo di perdizione e di vizio! Fosse pure,<br />
tale Associazione, una cosa superflua e anodina, è del pari superfluo questo<br />
eccesso di indignazione, e questa fretta repentina di uscirne” 83 .<br />
3.2.2. Il dibattito tra riformisti e massimalisti e l’uscita dall’Anci<br />
La vittoria dei socialisti nelle elezioni locali ed il successo delle posizioni<br />
massimaliste al congresso di Ancona aveva dato forza sia alle posizioni dei riformisti,<br />
ben radicati negli enti locali, sia a quelle dei massimalisti, più forti nel<br />
partito, che chiedevano una decisa politica antistatale dei comuni socialisti.<br />
Paradossalmente, la Lega dei comuni socialisti nasceva sulla base di due esigenze<br />
totalmente distinte: quella dei riformisti di rafforzare l’autonomia dei comuni<br />
socialisti, che amministravano in nome dei bisogni della classe operaia e<br />
dei cittadini più deboli collaborando con le istituzioni nazionali, e quella dei<br />
massimalisti che, in osse<strong>qui</strong>o al mito della rivoluzione, si opponevano a qualsiasi<br />
apertura e collaborazione.<br />
Entrambe le posizioni potevano affermare di fare riferimento alla politica<br />
socialista per gli enti locali elaborata a partire dal programma di Andrea Costa,<br />
che prevedeva sia un’amministrazione volta al vantaggio delle classi popolari ed<br />
alla promozione dell’autonomia comunale, sia l’impegno nella lotta contro lo<br />
Stato liberale. Di fatto, però, nella concreta elaborazione di quel programma<br />
era stata indubbiamente privilegiata la prima parte, e non poteva essere altrimenti,<br />
pena lo scioglimento del consiglio, come ben sapevano da tempo i sindaci<br />
socialisti. Così era stato nelle più importanti amministrazioni comunali a<br />
partecipazione socialista nel periodo giolittiano, come nel caso di quella del sindaco<br />
radicale di Roma, Nathan, dove era stato assessore Montemartini, esper-<br />
82<br />
Giovanni Zibordi, Moto centrifugo e centripeto nelle necessità della situazione di guerra, e<br />
nell’atmosfera di intransigenza da essa creata, “Critica sociale”, 1-15 mag. 1916, pp. 133-4.<br />
83<br />
Ibidem
36 PARTE I<br />
to della “municipalizzazione industriale [che] rappresenta una fase della secolare<br />
lotta tra la classe dei produttori e la classe dei consumatori” 84 , come in quelle<br />
a maggioranza socialista che stavano amministrando proprio in quegli stessi<br />
giorni a Milano e a Bologna.<br />
È stato Punzo, nella sua storia dell’amministrazione socialista di Milano del<br />
sindaco Caldara ad interpretare per primo la successione degli avvenimenti<br />
che diede origine alla costituzione della Lega 85 . La proposta di indire un convegno<br />
nazionale dei comuni socialisti era scaturita nel corso di una riunione<br />
delle amministrazioni socialiste della provincia di Milano svoltasi a Monza il<br />
3 ottobre 1915, a seguito della quale la direzione del Psi deliberò la convocazione<br />
di una commissione di sindaci socialisti diretta alla preparazione di<br />
un’assemblea di tutte le amministrazioni socialiste “allo scopo di rendere più<br />
omogenea l’azione comunale del Partito, inspirata a carattere socialista e classista”<br />
86 .<br />
Nella sua ricerca Punzo ha sottolineato fortemente il carattere riformista<br />
del convegno di Bologna e, in effetti, dall’andamento del dibattito, risulta<br />
evidente che l’ostilità nutrita da gran parte degli amministratori rispetto all’Anci<br />
di Sturzo travolse, letteralmente, l’impostazione data dalla relazione<br />
dei fratelli Marangoni alla questione dell’organizzazione autonoma dei comuni<br />
socialisti discussa il 17 gennaio. La relazione di Cesare e Guido Marangoni<br />
su Organi e mezzi per fornire ai corpi locali amministrati dai socialisti<br />
una consulenza tecnica e politica, sostanzialmente moderata nella sostanza,<br />
presentava un dettagliato progetto 87 di costituzione di una “Federazione dei<br />
comuni e delle provincie socialiste”, per “le grandi città [che] hanno dei bisogni<br />
che sono sconosciuti ai piccoli comuni; [e per] i comuni di campagna<br />
[che] hanno esigenze che non sono dei comuni di città” 88 . A questa si contrappose,<br />
nel corso del relativo dibattito, un ordine del giorno di Attilio Lolli<br />
che recava: “Il congresso costituendo la Federazione dei comuni socialisti,<br />
dichiara che i comuni stessi dovranno uscire dall’attuale Associazione dei comuni<br />
italiani”.<br />
Il voto di Lolli venne approvato dopo un dibattito nel quale venne aspramente<br />
contestato il comportamento tenuto dal sindaco di Milano Caldara nei<br />
primi mesi della guerra, vennero fatti duri commenti sull’Anci e deciso il cam-<br />
84<br />
Montemartini, La municipalizzazione dei publici servigi..., cit., p. 92.<br />
85<br />
Punzo, La giunta Caldara…, cit., pp. 164-7.<br />
86<br />
Alberto Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra, Milano, A. Mondadori, 1926, pp.<br />
90-1. Secondo Chiaramonte l’idea del convegno sarebbe venuta a seguito di un altro congresso<br />
di amministratori socialisti, quelli della provincia di Reggio Emilia, Il Convegno degli amministratori<br />
socialisti a Reggio Emilia, “Avanti!”, 30 nov. 1915, Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…,<br />
cit., pp. 195-6. L’ipotesi che il convegno di Milano sia il vero precursore del successivo<br />
convegno di Bologna è però avvalorata sia dal fatto che questo precede l’incontro di Reggio<br />
Emilia (3 ottobre rispetto al 28 novembre), sia che sia stata sostenuta per primo da Malatesta<br />
nel 1926.<br />
87<br />
La relazione, infatti, suggeriva l’articolazione interna della Federazione e l’ammontare delle<br />
quote associative.<br />
88<br />
Direzione del Partito socialista italiano, II Congresso nazionale delle amministrazioni comunali<br />
e provinciali socialiste..., cit., pp. 253-9.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 37<br />
biamento del nome della nuova organizzazione da Federazione a Lega dei comuni<br />
socialisti 89 .<br />
L’ostilità manifestata dal congresso di Bologna verso l’Anci venne poi sfruttata<br />
dalla direzione del Psi per mettere in difficoltà i riformisti presenti al vertice<br />
dell’Associazione con la richiesta ufficiale dell’abbandono repentino da parte<br />
delle amministrazioni socialiste, fatta in gennaio, in vista dell’adesione alla<br />
Lega 90 , che sarebbe stata fondata nel marzo successivo.<br />
3.2.3. La risposta dell’Anci<br />
Il 21 febbraio, ad circa un mese dal voto della direzione del Psi a Bologna,<br />
il consiglio direttivo dell’Anci, riunito a Milano, con la partecipazione della<br />
componente socialista al completo 91 , discuteva e votava un ordine nel giorno<br />
che così si concludeva:<br />
“all’infuori di ogni contingenza politica l’Associazione deve continuare a svolgere<br />
il proprio programma sulla base del proprio statuto, facendo appello come<br />
per il passato all’adesione di tutti i Comuni e affidamento sulla collaborazione<br />
di tutti gli uomini che ne abbiano temporaneamente il governo: convinta di<br />
compiere in tal modo operazione utile alla rivendicazione e alla protezione del<br />
‘diritto comunale’ nell’interesse di tutti i partiti” 92 .<br />
3.2.4. Caldara: Anci e Lega due organizzazioni con vocazioni diverse e un<br />
obiettivo comune<br />
Caldara, dal 1914 primo sindaco socialista di Milano e dal 1901 segretario<br />
dell’Anci, difese l’Associazione dei comuni. Il giorno seguente alla sua partecipazione<br />
al consiglio direttivo di Milano - una presenza per altro stigmatizzata<br />
89<br />
Lolli, illustrando la sua proposta di voto affermava, tra l’altro, “ci siamo imbrancati in<br />
mezzo ad una associazione nella quale fanno il bello e il brutto tempo uomini come don Sturzo,<br />
come Meda ed i più emeriti rappresentanti del conservatorismo italiano”, chiedeva che la<br />
nuova associazione si chiamasse “Lega dei comuni socialisti e [di] uscire in massa dall’attuale<br />
Associazione dei comuni italiani”. Cesare Marangoni, rispondendo a Lolli, si dichiarava “in<br />
principio d’accordo, ma [la scelta] mi sembra pericolosa a priori” per gli impegni presi dai comuni<br />
con l’Anci e “oltre che pericoloso potrebbe anche essere poco simpatico uscire così ex<br />
abrupto”, dichiarava <strong>qui</strong>ndi preferibile rimandare la decisione alla Federazione dei comuni socialisti,<br />
o ad un referendum da indire tra gli stessi comuni. Rispetto all’inopportunità dell’uscita<br />
dall’Anci, l’altro relatore, Guido Marangoni ricordava che Caldara era vicepresidente dell’Associazione<br />
e Sichel era membro del consiglio direttivo; ivi, pp. 259-273.<br />
90<br />
La direzione del partito riunita a Bologna, “Avanti!”, 21 gen. 1916; Malatesta, I socialisti<br />
italiani…, cit., pp. 95-6<br />
91<br />
Con Caldara, faceva parte della minoranza socialista presente nel consiglio direttivo dell’Anci<br />
nominato a seguito del XIII congresso svoltosi a Roma nel 1915, oltre ai citati Giulio Casalini<br />
deputato e consigliere comunale a Torino; Luigi Sabatini, sindaco di Albano laziale e Tullio<br />
Zanella, sindaco di Verona; anche Adelmo Sichel, deputato e assessore comunale a Guastalla.<br />
92<br />
Associazione dei comuni italiani. La riunione del consiglio direttivo in Milano 21-22 febbraio<br />
1916, AC, n. 2, 29 feb. 1916, p.1.
38 PARTE I<br />
dall”Avanti!” che pure aveva deciso di riportare la delibera 93 - Caldara espresse<br />
la necessità di discutere la deliberazione del Partito, ricordando la diversa natura<br />
delle due organizzazioni, “una con determinati fini politici [la Lega], l’altra<br />
come strumento tecnico di difesa e di studio [l’Anci]”, ricordando - o forse meglio<br />
rivendicando – la propria qualità di vicepresidente dell’Anci e l’opera che<br />
da <strong>qui</strong>ndici anni prestava nell’organizzazione. Un’organizzazione che, tra l’altro,<br />
avrebbe dovuto lasciare proprio all’indomani della sentenza del Consiglio<br />
di Stato che radiava dal bilancio comunale milanese il contributo all’Anci 94 .<br />
Il giorno dopo la pubblicazione della lettera di Caldara il quotidiano del Psi<br />
pubblicava la notizia che la giunta comunale di Bologna, guidata da Zanardi,<br />
aveva votato l’abbandono dell’Anci 95 . La presa di posizione della giunta bolognese<br />
bilanciava ne l’“Avanti!” le ragioni del riformista Caldara ma, diversamente<br />
da quella che sosteneva il sindaco di Milano, la maggioranza il sindaco<br />
di Bologna era massimalista 96 e molto probailmente quel voto non rispecchiava<br />
la posizione politica del primo cittadino della città felsinea.<br />
Una successiva circolare della direzione firmata dal segretario Costantino<br />
Lazzari ricordò, nuovamente, a tutti i sindaci socialisti l’obbligo di uscire dall’Anci<br />
e di iscriversi alla Lega 97 . Secondo Punzo si trattava di una scelta formalmente<br />
conforme alle proposte presentate dai riformisti ad Ancona, di fatto aveva<br />
un significato contrario:<br />
“Non si poteva negare, in effetti, una coerenza esteriore tra questa decisione e<br />
quella adottata due anni prima al congresso nazionale di Ancona, quando era<br />
stata deliberata, su proposta di Caldara, la tattica intransigente nelle elezioni amministrative.<br />
Si trattava però, palesemente, di due modi diversi ed anzi antitetici<br />
di concepire il principio dell’intransigenza, inteso da alcuni [i riformisti] come<br />
autonomia del partito socialista da ogni gruppo politico, senza però escludere<br />
convergenze e collaborazioni; da altri [i massimalisti] come netta chiusura<br />
ad ogni dialogo e come netta contrapposizione a tutti gli altri partiti” 98 .<br />
L’uscita dall’Anci dei comuni socialisti adempiva alla volontà espressa dagli<br />
amministratori socialisti a Bologna 99 , ma non impedì la collaborazione tra la Lega<br />
e l’Anci. Come dimostrava il discorso sulle finanze comunali del deputato<br />
Adelmo Sichel alla Camera, pubblicato con un certo rilievo nel numero del dicembre<br />
1915 dalla rivista dell’Anci. Nell’intervento parlamentare l’esponente ri-<br />
93<br />
L’Associazione dei comuni e il congresso socialista di Bologna, “Avanti!”, 22 feb. 1916.<br />
94<br />
Associazione o Lega dei comuni? Una lettera di Emilio Caldara, “Avanti!”, 23 feb. 1916.<br />
95<br />
La giunta municipale di Bologna e l’Associazione dei Comuni, “Avanti!”, 24 feb. 1916.<br />
96<br />
Paola Furlan, L’amministrazione socialista Zanardi a Bologna, in Maurizio Degl’Innocenti<br />
(a cura di), Le sinistre e il governo locale in Europa dalla fine dell’800 alla seconda guerra mondiale,<br />
Pisa, Nistri-Lischi, 1984, pp. 134-145. Sulla sindacatura di Zanardi cfr. Nazario Sauro<br />
Onofri, La grande guerra nella città rossa. Socialismo e reazione a Bologna dal 1914 al 1918, Milano,<br />
Edizioni Del Gallo, 1966.<br />
97<br />
La Lega dei comuni socialisti, “Avanti!”, 13 mar. 1916.<br />
98<br />
Punzo, La giunta Caldara…, cit., p. 165.<br />
99<br />
Diversamente da quello che sostiene Punzo, secondo il quale era stata la direzione del Psi<br />
“interpretando per altro un voto espresso dallo stesso congresso” a decidere la scissione dall’Anci;<br />
ibidem.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 39<br />
formista dichiarava che le sue affermazioni non erano eco della volontà delle sole<br />
amministrazioni socialiste ma di tutti i comuni e, a tale proposito, presentava<br />
un ordine del giorno “d’accordo con i miei colleghi del Consiglio direttivo della<br />
Lega dei Comuni, insieme col collega Meda, che mi ha ceduto l’incarico” 100 .<br />
Era evidente, comunque, che la nascita della Lega nei termini in cui fu decisa<br />
a Bologna – nonostante le accelerazioni imposte dalla direzione del Psi, sottolineate<br />
da Punzo - incontrò il plauso di molti amministratori che ormai da anni<br />
non si riconoscevano nell’Anci, quegli stessi che avevano votato a Bologna la<br />
mozione Lolli. Esemplare, a questo proposito, il caso di Sesto Fiorentino narrato<br />
da Ragionieri. Il consiglio comunale a maggioranza socialista della cittadina<br />
votava il distacco dall’Anci nel 1905, anno di inizio della svolta moderata dell’organizzazione,<br />
perché “non dà alcun affidamento di poter conseguire lo scopo<br />
pel quale venne costituita”, e fino alla costituzione della Lega, nel 1916, non<br />
fece più parte di alcuna associazione nazionale 101 . Secondo i dati dell’Anci erano<br />
circa 300 i municipi che abbandonarono l’organizzazione, soprattutto del nord,<br />
tra questi i più importanti erano Milano, Bologna, Alessandria e Monza 102 .<br />
3.3. Statuto e rivista della Lega<br />
Il 23 maggio 1916 la direzione del Psi ed il Comitato direttivo della Lega<br />
approvarono lo statuto della Lega dei comuni socialisti. Lo statuto, <strong>qui</strong>ndi, non<br />
venne votato in un congresso di amministratori ma dalla dirigenza del Psi, quasi<br />
a sottolineare l’esistenza di quella subordinazione ai vertici nazionali del partito,<br />
quella “tendenza [….] statalista” 103 criticata da Zibordi nel 1910. Per quanto<br />
riguarda il funzionamento, organo dirigente della Lega era la Commissione<br />
esecutiva, di cinque membri, composta dal segretario dell’organizzazione e da<br />
altri quattro eletti nel seno del Comitato direttivo. La Commissione, almeno<br />
fino a tutto il 1918, era composta da Antonino Campanozzi, segretario; Costantino<br />
Lazzari, per la direzione del Psi; Giovanni Merloni, per il gruppo parlamentare<br />
socialista; Luigi Sabatini, sindaco di Albano laziale, rappresentante<br />
dei piccoli comuni; Francesco Zanardi, sindaco di Bologna. La Lega aveva sede<br />
a Roma in via del Seminario 87 104 , l’organo ufficiale era il mensile “Il comune<br />
moderno”, una delle migliori riviste di amministrazione locale del primo<br />
‘900, dove “con maggiore coerenza”, scrive Lucarini, “si faceva prassi quotidia-<br />
100<br />
Il discorso dell’on. Sichel sulle finanze comunali, AC, n. 12, 31 dic. 1915.<br />
101<br />
Archivio comunale di Sesto Fiorentino, Atti del consiglio comunale, vol. 79, p. 332; citato<br />
da Ernesto Ragionieri, Un comune socialista: Sesto Fiorentino, Roma, Editori Riuniti, 1953,<br />
pp. 134-5.<br />
102<br />
L’”Associazione dei Comuni” e la “Lega Socialista” in una intervista della “Settimana sociale”<br />
col Vice-Presidente Sturzo, in AC, n. 5, 31 mag. 1916, p. 3.<br />
103<br />
Zibordi, Primavera di vita municipale…, cit. Chiaramonte sottolinea molto polemicamente<br />
la circostanza; Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…, cit., p. 210.<br />
104<br />
Statuto della Lega dei comuni socialisti, “Almanacco socialista italiano 1917”, Antonino<br />
Campanozzi, Il primo anno di esistenza della Lega dei comuni socialisti, idem 1918, pp. 211-7;<br />
L’Assemblea generale delle amministrazioni socialiste, idem 1919, pp. 263-270.
40 PARTE I<br />
na l’idea […] di una stretta collaborazione tra le fasce più motivate della burocrazia,<br />
gli amministratori elettivi e i detentori di ‘saperi’ specialistici che aveva<br />
animato le redazioni delle riviste locali a partire dalla fine dell’Ottocento” 105 . La<br />
notizia che il foglio era divenuto organo ufficiale della Lega venne però pubblicata<br />
solo nel dicembre 1920 106 :<br />
“La rivista sta per subire una profonda trasformazione, che le permetterà di assolvere<br />
il compito per cui era stata creata […] diverrà l’organo ufficiale, la rivista<br />
tecnica della Lega dei comuni socialisti, che ha assunto grande importanza, dopo<br />
le elezioni amministrative e la con<strong>qui</strong>sta di circa un terzo dei comuni italiani”. La<br />
pubblicazione, ci teneva a ricordarlo l’editoriale, sarebbe rimasta sostanzialmente<br />
la stessa, ma “Arricchita di elementi valorosi, la nostra redazione potrà dare una<br />
idea davvero compiuta di quello che è il movimento comunale in Italia e fuori” 107 .<br />
Per quanto riguarda l’attività, il secondo articolo dello Statuto della Lega recitava:<br />
“Scopo della Lega è quello di coordinare le funzioni amministrative e politiche<br />
del partito socialista in seno alle province, ai comuni e a tutti gli enti pubblici,<br />
per promuoverne ed unificarne l’azione; di organizzare una efficace ed attiva consulenza<br />
tecnica, legale ed amministrativa, di facilitare i rapporti e di difendere gli<br />
interessi degli enti pubblici locali di fronte agli enti tutori locali e centrali” 108 .<br />
Se la “consulenza tecnica, legale ed amministrativa” e la difesa degli interessi<br />
“degli enti pubblici locali di fronte agli enti tutori locali e centrali” erano comuni<br />
all’Anci, quello che differenziava fondamentalmente le due organizzazioni era<br />
la qualificazione politica della Lega e la subordinazione al partito, rispetto ad<br />
un’Associazione che era stata costituita a Parma sulla base di una sostanziale neutralità<br />
politica per favorire l’adesione del maggior numero possibile di comuni.<br />
3.3.1. Le critiche di Sturzo ed il dolore di Caldara<br />
Nelle pagine della rivista dell’Anci la scissione venne condannata senza appello<br />
dal vicepresidente Sturzo secondo il quale la decisione era dovuta a motivi del tutto<br />
interni al Psi che niente avevano a che vedere con l’attività dell’Associazione:<br />
105<br />
Lucarini, Scienze comunali e pratiche di governo in Italia…, cit., p. 239.<br />
106<br />
La collaborazione del periodico con la Lega risaliva però al 1916, quando entravano nella<br />
redazione Merloni e Campanozzi esponenti dell’organizzazione socialista e animatori della<br />
rivista “Politica e finanza locale” che si fondeva con “Il comune moderno”; Giulio Casalini, Novità<br />
in famiglia, “Il comune moderno”, (Icm), lug.-ago. 1916, p. 193; Lucarini, Scienze comunali<br />
e pratiche di governo in Italia…, cit., p. 237.<br />
107<br />
“Il comune moderno” nel 1921. La nostra trasformazione, Icm, ott.-nov. 1920, pp. 293-4;<br />
dal gennaio 1921 la rivista venne pubblicata dalla Società editrice dell’ “Avanti!”.<br />
108<br />
Il Comitato direttivo, ai sensi dell’art. 4, era composto: “di due membri rappresentanti i consigli<br />
provinciali; di due rappresentanti i comuni di non oltre 5.000 abitanti; di due rappresentanti<br />
i comuni fra i 5.000 e i 25.000 abitanti; di due rappresentanti i comuni fra i 25.000 e i 100.000<br />
abitanti; di un rappresentanti per ognuno dei comuni di oltre 100.000 abitanti; di un rappresentante<br />
del gruppo parlamentare socialista; di un rappresentante della Direzione del partito socialista<br />
italiano”; Statuto della Lega dei comuni socialisti, “Almanacco socialista italiano 1917”, pp. 151-4,<br />
ora in Corghi, La Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (3)…, cit., p. 10075.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 41<br />
“Mai si sono accennati irriducibili dissensi interni e tutta l’opera svolta fin <strong>qui</strong><br />
è stata sempre ottenuta con la collaborazione intiera di tutti i partiti. I socialisti<br />
sono dunque stati indotti a staccarsi unicamente per un criterio di parte […,<br />
la Lega] non mancherà di voti e di memoriali: e per fare più e meglio dell’Associazione<br />
dei comuni, userà paroloni più grossi e tinte più calde. Ma quanto<br />
alla resistenza sarà bene vedere fin dove le amministrazioni comunali socialiste<br />
potranno fare a meno della Legge e delle Prefetture, e fin dove vorranno provocare<br />
le crisi municipali per protesta e per lotta […] L’idea delle libertà comunali<br />
deve farsi strada penetrando nella coscienza civile del Paese, non con la<br />
voce tronfia del comizio, né con l’ubriacatura della rivolta, ma col perseverante<br />
lavoro intellettuale e morale presso amministrazioni e governanti, presso elettori<br />
e studiosi” 109 .<br />
Caldara non poté fare a meno di manifestare il proprio dolore per la rottura<br />
con un’organizzazione che aveva contribuito a formare e nella quale aveva lavorato<br />
per 14 anni come segretario e per un anno come vicepresidente. Nella<br />
conclusione della sua lettera d’addio pubblicata su “L’autonomia comunale”<br />
sottolineava il tentativo suo e dei colleghi riformisti affinché l’appartenenza alla<br />
Lega non fosse incompatibile con quella all’Anci e, nonostante l’insuccesso,<br />
ribadiva l’idea di un’azione unitaria di Lega ed Anci rispetto alle materie più<br />
importanti:<br />
“Coi colleghi Casalini, Sabatini e Zanella ho curato con lealtà ed amore le pratiche<br />
intese a rendere compatibile la partecipazione dei Comuni socialisti, tanto<br />
alla loro istituenda organizzazione, quanto all’Associazione generale dei comuni<br />
italiani, e conseguentemente la nostra permanenza nel consiglio direttivo<br />
di questa […] Mi conforta il pensiero che ancora potremo trovarci accanto, se<br />
urgerà difendere la libertà ed i vitali interessi dei nostri Comuni” 110 .<br />
Molto simile era la lettera di Sichel che, come Caldara, sperava nella futura<br />
collaborazione tra le due organizzazioni:<br />
“mi auguro che possiamo ancora, dall’una e dall’altra riva, trovarci vicini, per<br />
difendere assieme le libertà e le autonomie comunali” 111 .<br />
3.3.2. Le interpretazioni della nascita della Lega dei comuni socialisti<br />
Il giudizio sulla nascita della Lega dei comuni socialisti è stato, fino ad oggi,<br />
sostanzialmente viziato dalla mancanza di elementi di giudizio. Come si è<br />
visto, la decisione di far nascere la Lega non derivava dalla semplice constatazione<br />
di un’eccessiva moderazione dell’Anci, ma era frutto, piuttosto, di una<br />
109<br />
L’”Associazione dei Comuni” e la “Lega Socialista” in una intervista della “Settimana sociale”<br />
col Vice-Presidente Sturzo, in AC, n. 5, 31 mag. 1916, p. 4; nella stessa intervista Sturzo affermava<br />
che l’Anci associava circa 3000 comuni.<br />
110<br />
Lettera di Emilio Caldara, datata Milano 14 mar. 1916, pubblicata in AC, n. 5, 31 mag.<br />
1916, p. 1.<br />
111<br />
Lettera di Adelmo Sichel, datata Guastalla, 24 mar. 1916, pubblicata in AC, n. 5, 31<br />
mag. 1916, p. 1
42 PARTE I<br />
decisione politica assunta all’interno del Psi sulla base di opposti intendimenti<br />
di riformisti e massimalisti.<br />
Secondo Bedeschi il congresso di Bologna del 1916 venne voluto dai socialisti<br />
“per approntare un adeguato strumento di lotta dopo che l’Associazione<br />
dei comuni era passata ormai nelle mani dei cattolici guidati da Sturzo” 112 . Gabriele<br />
De Rosa, storico del movimento cattolico e biografo di Sturzo, il primo<br />
a scrivere della storia dell’Anci, ha in qualche modo giustificato la scissione evidenziando<br />
una sorta di affievolimento dell’impulso originario dell’organizzazione:<br />
“L’Associazione, conseguito il primo successo sulla più importante rivendicazione<br />
della liberazione dei bilanci comunali dalle spese di competenza dello<br />
Stato 113 , continuò a battersi per altri importanti obiettivi, ma sempre con minore<br />
incisività” 114 .<br />
Sulla base di questa stessa motivazione Michele Lanzetta, in occasione del<br />
sessantesimo anniversario della fondazione dell’Anci avvenuto nel 1961, ha<br />
scritto nella rivista della Lega dei comuni democratici:<br />
“i socialisti divennero polemici verso la Associazione Comuni Italiani sino ad<br />
opporle, come proprio organismo di lotta, la Lega dei comuni socialisti, non<br />
per intransigenza massimalistica […] chiedevano soltanto che l’Associazione<br />
non deviasse dai suoi fini originari, fosse più presente, dinamica ed assumesse<br />
nei confronti dell’autorità tutoria e dei governi un atteggiamento di adeguata<br />
energia, e perciò di lotta per la con<strong>qui</strong>sta dell’autonomia comunale; e ciò dopo<br />
che era stato sperimentato invano ogni altro metodo […] Nei suoi 25 anni di<br />
esistenza furono fatti degli studi, anche pregevoli e fu ottenuta qualche riforma;<br />
ma nessuno può smentire che i risultati della sua azione – d’ordine eminentemente<br />
tecnico mentre il problema delle autonomie era eminentemente<br />
politico, e più ristretta e centralizzata che non generale, articolata e periferica -<br />
furono complessivamente modesti ed inadeguati, come conseguenza di una<br />
condotta, se non sempre di supina remissività, indubbiamente troppo spesso<br />
debole [...] la condotta dell’Associazione, preoccupata di non apparire intransigente<br />
e di distinguersi per un suo proprio modo di essere al di fuori e al di sopra<br />
della mischia, fu più di remora che non di aiuto rispetto alle campagne sviluppate<br />
dalla Lega e dalle varie correnti politiche interessate all’autonomia comunale,<br />
compresa quella cattolica”. In sostanza, la vita dell’Anci era “sempre<br />
più lontana dagli scopi fondamentali dei suoi ideatori” 115 .<br />
Il giudizio di Lanzetta sulla nascita della Lega era chiaro: non erano stati i<br />
socialisti a lasciare l’Anci, era stata piuttosto la maggioranza moderata liberale<br />
e cattolica ad abbandonare i fini originari per i quali l’associazione era stata<br />
creata nel 1901 - su forte impulso della sinistra - obbligando così i socialisti ad<br />
allontanarsi da questa.<br />
112<br />
Bedeschi, Socialisti e cattolici nei comuni dall’unità al fascismo…, cit., p. 140.<br />
113<br />
Il riferimento è alla citata legge 24 marzo 1907, n. 116.<br />
114<br />
Gabriele De Rosa, La nascita dell’Associazione dei comuni, Roma, Edizioni cinque lune,<br />
1962, ora in Ruffilli, Piretti (a cura di), Per la storia dell’Anci…, cit., p. 19, il corsivo è redazionale.<br />
115<br />
Michele Lanzetta, I sessantanni dell’Anci, “Il comune democratico” (Icd), n. 9, 1961.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 43<br />
Un giudizio altrettanto impietoso di quello di Lanzetta sui risultati dell’opera<br />
dell’Anci è stato espresso dallo storico Lucarini che, a questo proposito, cita<br />
il fatto che in Italia i comuni non erano in grado di finanziare autonomamente<br />
le proprie opere pubbliche ma erano costretti a richiedere le somme necessarie<br />
dalla Cassa depositi e prestiti previa autorizzazione dello Stato 116 . Attribuire<br />
quasi solo alle colpe dell’Anci la mancanza di incisività delle proprie iniziative<br />
e della poca o inesistente autonomia politica, o finanziaria, dei comuni<br />
italiani vuol dire sopravvalutare le possibilità di reale incidenza dell’attività dell’Associazione<br />
sul complesso sistema politico-istituzionale nazionale, tradizionalmente<br />
centralistico.<br />
Diverso è il caso dell’opera di Umberto Chiaramonte, nella quale le vicende<br />
che portarono allo “strappo” della Lega sono ricostruite con minuziosità 117 .<br />
L’autore segue fin nei dettagli la scissione ma senza avvertire la complessità degli<br />
avvenimenti che avevano preceduto e seguito il congresso Bologna del 1916,<br />
gia segnalati da Punzo. Inoltre, preoccupato di dimostrare un inesistente primato<br />
dei cattolici in materia di politica locale e facendo propria la condanna<br />
della separazione socialista espressa ufficialmente dalla direzione liberale e cattolica<br />
dell’Anci, Chiaramonte non ha registrato la continuità, nei fatti, della<br />
collaborazione tra l’Associazione ed i riformisti testimoniata, per esempio, dal<br />
citato intervento alla Camera del socialista Sichel 118 . Ma più che di primato dei<br />
cattolici e di imitazione dei socialisti 119 sarebbe stato il caso, invece, di registrare<br />
la sostanziale convergenza degli uni e degli altri sulla questione fondamentale<br />
del diritto all’autonomia dei comuni. Una sostanziale convergenza che aveva<br />
permesso a cattolici e riformisti di collaborare per <strong>qui</strong>ndici anni e che avrebbe<br />
permesso ancora ad amministratori e politici delle due parti di lavorare fianco<br />
a fianco nell’interesse del movimento per le autonomie locali.<br />
4. L’attività della Lega nel periodo liberale<br />
4.1. La mobilitazione bellica e i comuni socialisti<br />
Durante gli anni della guerra, la necessità di organizzare lo sforzo bellico<br />
mobilitando tutte le forze disponibili, obbligò il governo nazionale ad appoggiarsi<br />
anche ai comuni amministrati dai socialisti i quali si rafforzarono, insieme<br />
alla loro Lega. Scrive Bedeschi “Il congelamento dei consigli comunali du-<br />
116<br />
Federico Lucarini, Immagini ambivalenti e realtà in movimento. I comuni urbani in Italia<br />
dalla fine dell’Ottocento alla Grande Guerra (1894-1914), in Angelo Varni e Guido Melis (a cura<br />
di),L’impiegato allo specchio, Torino, Rosenberg e Sellier, 2002, p. 154 e 174.<br />
117<br />
Chiaramonte, Luigi Sturzo nell’Anci…, cit., pp. 193-213.<br />
118<br />
Il discorso dell’on. Sichel sulle finanze comunali, AC, n. 12, 31 dic. 1915.<br />
119<br />
Chiaramonte, per esempio, scrive di imitazione dei socialisti, di dejà vu, tra gli argomenti<br />
discussi a Bologna e quelli elaborati dall’Anci (Luigi Sturzo nell’Anci…, cit., p. 195 e 199), come<br />
se i socialisti che avevano contribuito a fondare l’Associazione e a delinearne la politica per<br />
<strong>qui</strong>ndici anni fossero stati semplicemente degli incompetenti capaci solo di ripetere i discorsi<br />
di altri politici.
44 PARTE I<br />
rante i quattro anni di guerra permetteva alla Lega non solo di consolidarsi organizzativamente,<br />
ma di dimostrarsi uno strumento utilissimo sia come collegamento<br />
che come azione unificatrice della politica socialista municipale” 120 .<br />
In un articolo apparso nella “Critica sociale” del novembre 1916 il segretario,<br />
Campanozzi, illustrava i primissimi risultati dell’azione della Lega. Favorita<br />
dalla necessità del Governo di mobilitare tutte le istituzioni a sostegno dello<br />
sforzo bellico: “col decreto luogotenenziale del 2 agosto, le principali proposte<br />
della Lega dei comuni vennero accolte […] e furono create la Commissione<br />
centrale, il servizio temporaneo degli approvvigionamenti e le commissioni<br />
consultive provinciali, furono autorizzati gli enti pubblici locali a contribuire al<br />
capitale di fondazione degli enti autonomi per i consumi”. Alla Commissione<br />
centrale per gli approvvigionamenti “che tante speranze aveva suscitato”, vennero<br />
chiamati, insieme ai “più genuini rappresentanti degli agrari, degli industriali<br />
e dei commercianti, Francesco Zanardi, sindaco di Bologna e membro<br />
autorevole del Comitato della Lega dei comuni socialisti, Antonio Vergnanini,<br />
segretario generale della Lega nazionale delle cooperative e l’on. Carlo Pucci,<br />
per la associazione veterinaria italiana: non come ostaggi naturalmente, del Partito<br />
socialista, ma come garanzia della serietà dei propositi che animavano il<br />
Governo”. Il successo dell’attività della Commissione era però molto limitato,<br />
visto che aveva subito promosso ricerche e censimenti ma le misure adottate<br />
non solo non riuscirono a frenare i prezzi, obiettivo fondamentale della Commissione,<br />
ma turbarono il mercato 121 .<br />
Insomma, nello stesso tempo la guerra favorì il coinvolgimento dei comuni<br />
socialisti nella gestione del potere amministrativo dello Stato, ma questo non<br />
dette alcuna garanzia riguardo al successo delle misure da loro proposte:<br />
“L’ostacolo principale è derivato dalle eccezionali condizioni in cui oggi si svolge<br />
la vita nazionale in rapporto alle funzioni accentratrici dello Stato, le quali<br />
han trasformato i liberi comuni in organi esecutivi della politica di guerra in<br />
tutti i campi dell’attività locale: per cui si sono andati assottigliando, con l’incremento<br />
delle funzioni statali e con lo s<strong>qui</strong>librio permanente dei bilanci, quei<br />
residui di libertà e di autonomia, che erano il necessario presupposto del formarsi<br />
e svilupparsi dell’Associazione” 122 .<br />
Campanozzi non lo scriveva, ma all’importante Commissione centrale per<br />
gli approvvigionamenti partecipavano oltre alla Lega, anche l’Associazione dei<br />
comuni 123 e l’Upi 124 . Anci, Upi e Lega, parteciparono poi congiuntamente anche<br />
ad un altro organismo creato durante il periodo bellico, nel 1918, la Commissione<br />
reale per la riforma degli ordinamenti amministrativi e tributari dei<br />
120<br />
Bedeschi, Socialisti e cattolici nei comuni dall’unità al fascismo…, cit., p. 141.<br />
121<br />
Antonino Campanozzi, I problemi economici della guerra al convegno socialista di Roma,<br />
“Critica sociale”, 1-15 nov. 1916, pp. 283-6.<br />
122<br />
Campanozzi, Il primo anno di esistenza della Lega dei comuni socialisti…, cit., p. 211.<br />
123<br />
Archivio storico comunale di Parma, (ArSCPr), anno 1923, Amministrazione comunale<br />
1, fasc. Diverse, Associazione dei comuni italiani. XIV Congresso Nazionale dei Comuni, Parma<br />
19-20-21 Novembre 1921. Relazione morale e finanziaria Marzo 1915 – Ottobre 1921, Roma,<br />
p. 33.<br />
124<br />
Provincie e approvvigionamenti locali, “Rivista delle provincie” (Rdp) set. 1916, pp. 261-4.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 45<br />
comuni e delle province 125 . La Commissione, presieduta dal senatore Raffaele<br />
Perla, contava tra i suoi componenti: per la Lega il sindaco di Bologna, Zanardi;<br />
per l’Anci il presidente e i due vicepresidenti, rispettivamente senatore Piero<br />
Lucca, Dario Franco e Luigi Sturzo; per l’Upi il presidente ed il segretario,<br />
conte Vettor Giusti del Giardino ed Annibale Gilardoni; e ancora il deputato<br />
Carlo Schanzer, Luigi Einaudi, e vari dirigenti dell’amministrazione centrale<br />
dello Stato, tra i quali Alberto Pironti, direttore generale dell’Amministrazione<br />
civile presso il Ministero dell’interno 126 . Le organizzazioni del movimento per<br />
le autonomie, <strong>qui</strong>ndi, parteciparono a pieno titolo e da protagoniste allo sviluppo<br />
della pubblica amministrazione nazionale nel periodo bellico, sottolineata<br />
dalla storiografia 127 , contribuendone alla trasformazione.<br />
4.2. I principali settori di intervento<br />
Per quanto riguarda le attività di tipo tecnico-amministrativo, oltre a partecipare<br />
a Commissioni governative, la Lega promosse, nel 1917, specifiche attività<br />
di studio al proprio interno affidate ad apposite Commissioni speciali con<br />
funzioni di supporto all’attività del Comitato esecutivo:<br />
- per la politica tributaria, a cui parteciparono, Caldara, Matteotti, Graziadei,<br />
Sichel, Merloni;<br />
- per la politica dei consumi, con Zanardi, Vergnanini, Ernesto Pistoja, Enrico<br />
Dugoni, Giuseppe Pucci;<br />
- per la politica scolastica; con Virgilio Broccoli, Augusto Mammucari, Giuseppe<br />
Soglia;<br />
- per la politica agraria, con Massimo Samoggia, Luigi Montemartini, Mario<br />
Casalini, Luigi Sabatini, Giuseppe Parpagnoli;<br />
- per l’assistenza e beneficenza, con Cesare Marangoni, Luigi Minguzzi, Francesco<br />
Betti, Fabrizio Maffi, Francesco Panizzi;<br />
- per l’assistenza sanitaria e igienica, con Giulio Casalini, Umberto Brunelli e<br />
Giuseppe Portalupi;<br />
- per lo studio delle riforme concernenti le province, composta dai presidenti delle<br />
deputazioni provinciali di Ferrara, Aroldo Angelini; di Bologna, Guadagnino;<br />
di Mantova, Menotti Luppi; di Reggio Emilia, Mazzoli e, inoltre,<br />
Claudio Treves;<br />
- per la difesa dell’autonomia degli enti locali, con Filippo Turati, Caldara,<br />
Emanuele Modigliani, Sichel e Campanozzi;<br />
Per la politica del lavoro funzionava da Commissione speciale il Comitato esecutivo<br />
della Lega riunito con il Comitato esecutivo della Confederazione del lavoro.<br />
La Lega istituì anche un Ufficio di consulenza amministrativa e legale per gli<br />
enti locali di cui fecero parte il segretario, Campanozzi e vari avvocati romani.<br />
125<br />
Costituita con il decreto luogotenenziale 18 aprile 1918, n. 511.<br />
126<br />
L’attività legislativa nei riguardi dei comuni, AC, mar.-mag. 1918, p. 11.<br />
127<br />
Per tutti cfr. Guido Melis, Storia dell’amministrazione italiana 1861-1993, Bologna, Il<br />
Mulino, 1996, pp. 69-277.
46 PARTE I<br />
L’azione della Lega si sviluppò anche in Parlamento attraverso gli interventi<br />
dei deputati socialisti che promuovevano ed appoggiavano provvedimenti a favore<br />
degli enti locali, come quello – già ricordato - che aveva dato vita alla<br />
Commissione centrale per gli approvvigionamenti. Ma l’organizzazione era anche<br />
impegnata anche nella preparazione di riunioni con il Gruppo parlamentare<br />
e la direzione del Psi, coadiuvate da convegni di sindaci, in materia finanze<br />
locali, assistenza e beneficenza, pensioni di guerra, politica scolastica e agraria,<br />
assistenza sanitaria ed igiene. Vi era stato anche un “importante collo<strong>qui</strong>o<br />
tra il Comitato esecutivo della Lega e il Ministro dell’interno”. Alcuni specifici<br />
provvedimenti finanziari venivano definiti frutto proprio di questa attività,<br />
quali il decreto luogotenenziale 31 agosto 1916, che istituiva, tra l’altro, il contributo<br />
straordinario per l’assistenza civile, e i decreti 21 dicembre 1916 e 26<br />
luglio 1917, che concedevano mutui di favore anche per il finanziamento degli<br />
enti autonomi di consumo e per l’indennità di caro-viveri agli impiegati e<br />
salariati degli enti locali:<br />
“provvidenze certamente inadeguate di fronte al fabbisogno dei bilanci comunali;<br />
ma che, probabilmente, non sarebbero state in parte o in tutto emanate<br />
senza la vivace e costante pressione dei nostri comuni e della loro Lega”.<br />
Non aveva avuto successo, invece, la proposta di creare un “Istituto nazionale<br />
di credito che permettesse agli Enti locali di fronteggiare i bisogni<br />
straordinari e temporanei di cassa, una specie di Banca di Esercizio”. Rispetto<br />
all’assistenza, la Lega aveva spinto il gruppo parlamentare socialista<br />
a presentare alla Camera un ordine del giorno per la riforma delle pensioni<br />
di guerra. Il tema era stato oggetto di un convegno il 25 ottobre 1916 tra<br />
la Lega dei comuni, il gruppo parlamentare, la Lega nazionale delle cooperative<br />
e la direzione del Psi e alcune delle proposte discusse erano poi state<br />
accolte dal Governo, in particolare quella relativa al riconoscimento dei figli<br />
naturali.<br />
Sempre nell’ambito dell’assistenza ai cittadini più poveri, ai proletari, Campanozzi<br />
evidenziava che:<br />
“alle insufficienti provvidenze del Governo centrale han supplito, con abbondanza<br />
di mezzi e con largo spirito di solidarietà sociale, le nostre singole amministrazioni,<br />
grandi e piccole, che furono e sono di esempio e ammaestramento<br />
alle amministrazioni borghesi, così nel campo dell’assistenza come in<br />
quello dei consumi”.<br />
In vari campi, nonostante le difficoltà del momento:<br />
“si sono gettate le basi del programma socialista, con studi e deliberati delle<br />
Commissioni speciali”.<br />
L’obiettivo qualificante della Lega, la difesa dei comuni socialisti dagli attacchi<br />
delle autorità di governo, era trattato al termine della relazione:<br />
“Aggiungiamo, infine, che parte dell’attività della Lega è stata spesa non infruttuosamente<br />
nella difesa politica dei comuni associati, alcuni dei quali –<br />
Genzano, per esempio, Andria, Novara, Monza, ecc. – furono spesso bersaglio<br />
di rappresaglie e di persecuzioni. Sia direttamente sia a mezzo del Segretariato<br />
del Gruppo Parlamentare, la Lega è riuscita, in più casi, a salvaguardare le libertà<br />
comunali e ad impedire soprusi e sopraffazioni.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 47<br />
E quando un comune è stato colpito imprevedutamente, come nel caso di<br />
Monza, non ha mancato di levare la sua fiera protesta e di promuovere un’adeguata<br />
reazione da parte delle altre amministrazioni socialiste”.<br />
Per quanto riguarda le risorse finanziarie, nonostante le forti difficoltà di bilancio<br />
della Lega, causate dall’ostilità delle prefetture “che nella gran maggioranza<br />
dei casi hanno annullato le adesioni e le impostazioni della quota annua<br />
(mentre han lasciato passare adesioni e contributi per la Associazione dei comuni<br />
non socialisti)” 128 , Campanozzi prevedeva, nel 1918, “il più lieto avvenire<br />
per questo organismo – la Lega dei Comuni – destinato a trasformarsi, grado<br />
a grado, in un vero laboratorio di studi e di esperienze di amministrazione<br />
socialista e in un poderoso strumento per la con<strong>qui</strong>sta dei pubblici poteri” 129 .<br />
4.3. La Lega tra riformismo e massimalismo<br />
Nei fatti, <strong>qui</strong>ndi, la Lega dei comuni socialisti proseguì quella politica di<br />
studio, di iniziative progettuali, di pressione politica sul governo, di collaborazione<br />
con le organizzazioni del movimento socialista già perseguita dall’Anci e<br />
collaborò con questa - e con l’Upi - proprio come era nelle intenzioni espresse<br />
da Caldara e Sichel al momento dell’uscita dall’Anci.<br />
Quasi a riaffermare queste intenzioni la direzione del Psi riunita a Firenze dal<br />
23 al 27 luglio 1917 votò un ordine del giorno nel quale le amministrazioni locali<br />
socialiste venivano invitate a continuare il proprio lavoro: “non per far opera<br />
di collaborazione, ma per continuare a difendere, col mezzo del Comune socialista,<br />
i diritti e gli interessi del proletariato” 130 . Il 12 agosto successivo un convegno<br />
nazionale degli enti comunali di consumo, approvava la costituzione di<br />
una Federazione degli enti comunali di consumo, “conferendo ad essa veste giuridica<br />
per le operazioni commerciali e industriali, estendendo la sua azione a tutta<br />
l’Italia con organismi locali, provvedendo lo Stato al suo finanziamento” 131 .<br />
Ma proprio all’indomani di queste riunioni che riaffermavano l’importanza<br />
dell’opera dei comuni socialisti il segretario del Psi, Lazzari, riprese presso gli<br />
amministratori locali la campagna di intransigenza e di opposizione alla guerra<br />
rivolta, in particolare, contro i riformisti, una campagna avviata nel gennaio<br />
1917 con la richiesta dell’abbandono repentino dell’Anci. Rafforzando la tendenza<br />
intransigente negli enti locali la direzione del Psi volle colpire la collaborazione<br />
tra gli amministratori socialisti - soprattutto quelli di Milano e Bologna<br />
-, gli altri partiti e le istituzioni, in materia di assistenza alla popolazione proprio<br />
nel momento in cui questa rivelava tutta la propria importanza nei durissimi<br />
anni della guerra. Scrive ancora Punzo:<br />
128<br />
In realtà lamentale per la cancellazione delle adesioni dei comuni venivano, in quello<br />
stesso periodo, anche dall’Anci, come nel caso dell’eliminazione del contributo di Milano all’Associazione<br />
per il 1916, deliberata dal Consiglio di Stato, A proposito di una cancellazione,<br />
AC, n. 2, feb. 1916.<br />
129<br />
Campanozzi, Il primo anno di esistenza della Lega…, cit., pp. 211-7.<br />
130<br />
Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 155.<br />
131<br />
ivi, p. 155-6.
48 PARTE I<br />
“I comuni socialisti avrebbero dovuto adottare […] un’opposizione inflessibile<br />
contro lo sforzo bellico della nazione, capovolgendo la politica svolta fino a<br />
quel momento” 132 .<br />
Scrive Malatesta: “Ai municipi socialisti la Lega dei Comuni aveva fatto conoscere<br />
le deliberazioni prese dalla Direzione del Partito, quando, il 12 [agosto],<br />
Costantino Lazzari, segretario del P.S.I., inviava a tutti i sindaci socialisti<br />
una circolare riservata e personale, che venne nelle mani del Governo, e servì<br />
più tardi come uno degli elementi che condussero alla condanna del Lazzari” 133 .<br />
Nella circolare si chiedeva agli amministratori socialisti di scegliere tra due<br />
misure egualmente dirompenti:<br />
“1) Provocare le destituzioni in massa, mediante una generale ed eguale motivazione<br />
politica. Per esempio, non voler più oltre con una illuminata opera<br />
amministrativa contribuire al prolungarsi di una guerra che si era rivelata incapace<br />
di risolvere alcuni dei problemi che ha posto, mentre moltiplica i disagi<br />
materiale e morali di tutta la nazione.<br />
2) Rassegnare senza discussione ed eccezioni le dimissioni vostre e degli interi<br />
consigli dietro una parola d’ordine” 134 .<br />
A questa, il 25 settembre, seguiva un’altra circolare nella quale si sollecitava la risposta<br />
alla precedente 135 . L’8 ottobre 1917 il Consiglio dei Ministri varò un decreto<br />
che prevedeva in caso di dimissioni del sindaco e del conseguente scioglimento del<br />
consiglio comunale, il pagamento in solido da parte dello stesso sindaco delle spese<br />
che sarebbero state necessarie per la gestione straordinaria del comune 136 .<br />
La grande maggioranza degli amministratori, anche prima del provvedimento<br />
governativo, si espresse contro entrambi i provvedimenti suggeriti 137 ma<br />
il decreto bloccò qualsiasi rimanente velleità di mobilitazione. Caldara, da parte<br />
sua, in aperto contrasto con la politica promossa dalla direzione del proprio<br />
partito, in una lettera inviata alla Lega il 13 novembre 1917 dopo la rotta dell’esercito<br />
italiano a Caporetto (avvenuta il 24 ottobre 1917), chiese agli amministratori<br />
socialisti di restare al proprio posto 138 . Il divario tra i riformisti, mag-<br />
132<br />
Punzo, La giunta Caldara…, cit., p. 165.<br />
133<br />
Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 158; l’autore nel suo testo attribuisce<br />
alla circolare, erroneamente, la data del 12 settembre, sulla questione, cfr. Punzo, La<br />
giunta Caldara…, cit., pp. 314-5.<br />
134<br />
Circolare diretta dal segretario del Partito socialista italiano Costantino Lazzari ai sindaci<br />
socialisti del 12 agosto 1917 (circolare Lazzari n.1), ora in Luigi Ambrosoli, Né aderire né sabotare<br />
1915-1918, Milano, Edizioni Avanti!, 1961, pp. 409- 410.<br />
135<br />
Circolare diretta dal segretario del Partito socialista italiano Costantino Lazzari ai sindaci<br />
socialisti del 25 settembre 1917 (circolare Lazzari n.1 bis), ora in ivi, p. 410.<br />
136<br />
Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 158. A seguito di questi ed altri<br />
atti, Lazzari venne processato a Roma, insieme al vicesegretario Bombacci, il 26 febbraio 1918<br />
e condannato a due anni e undici mesi di reclusione, Bombacci a due anni e quattro mesi; ivi,<br />
pp. 165-173.<br />
137<br />
La notizia è tratta dall’analisi fatta da Punzo delle carte sequestrate a Costantino Lazzari<br />
e da lui consultate presso l’Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale<br />
della Pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, A 5 G, b. 60; Punzo, La<br />
giunta Caldara…, cit., pp. 314-5.<br />
138<br />
Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 162.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 49<br />
gioritari nelle amministrazioni locali, nel sindacato e nel gruppo parlamentare<br />
139 , ed il Psi si faceva sempre più profondo. Mentre Turati, dopo la rotta di<br />
Caporetto, ribadiva il dovere dei socialisti di difendere la Patria, i rivoluzionari<br />
cercavano ispirazione nella rivoluzione bolscevica in Russia.<br />
4.4. La seconda Assemblea generale della Lega<br />
Alla seconda assemblea generale della Lega, che si svolse a Bologna il 15-16<br />
settembre 1918 140 , oltre a 9 deputati (Morgari, Graziadei, Sichel, Bentini, Brunelli,<br />
Mazzoni, Treves, Todeschini e Beghi), parteciparono 80 comuni (Milano<br />
e Bologna erano le uniche due grandi città presenti), 11 enti ed opere pie, 5<br />
amministrazioni provinciali (Bologna, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e la<br />
minoranza di quella di Venezia); aderirono 17 comuni e la Confederazione generale<br />
del lavoro.<br />
Campanozzi nella sua relazione in primo luogo rendeva “un fervido omaggio<br />
all’opera di Francesco Zanardi, che della Lega fu il principale animatore”,<br />
ricordava il progetto, di una “Cattedra ambulante di amministrazione, non attuato<br />
per mancanza di fondi, e di una Banca di esercizio per i comuni che non<br />
poté avere attuazione per l’opposizione del Governo”, un progetto, quest’ultimo,<br />
già avanzato nel 1916 con lo stesso esito. Metteva in risalto l’attività di assistenza<br />
dei comuni alla popolazione provata dalla guerra, ricordando in particolare<br />
Milano e Bologna, confermava la difficile situazione di bilancio provocata<br />
dall’annullamento delle delibere di versamento della quota sociale, infine,<br />
invitava “le amministrazioni a valersi dell’Ufficio di consulenza, costituito di<br />
valorosi professionisti”. Seguivano le relazioni di Sichel, sull’autonomia comunale;<br />
di Zanardi, su consumi e produzione; di Bonfantini, sulla politica scolastica;<br />
di Bogiankino su tributi e bilanci e, dopo una discussione, l’assemblea votava<br />
i relativi ordini del giorno.<br />
A proposito dell’autonomia comunale, il voto impegnava i deputati socialisti<br />
alla presentazione di una proposta di legge di iniziativa parlamentare per la<br />
riforma della legge comunale e provinciale, anche in materia di opere pie, alla<br />
difesa delle amministrazioni locali socialiste e, infine, anche a promuovere l’assicurazione<br />
obbligatoria come soluzione al problema dell’assistenza sanitaria,<br />
che gravava in gran parte sui bilanci comunali. Riguardo ai consumi, il voto del<br />
congresso era diretto a “sviluppare la coscienza di classe del proletariato internazionale<br />
per l’abolizione dei dazi interni di consumo” e, in generale “una più<br />
intima e completa fusione di sforzi per il raggiungimento di un sano e<strong>qui</strong>librio<br />
tra la produzione ed il consumo”. A questi altisonanti proclami seguivano precise<br />
indicazioni, quel voto doveva trovare attuazione attraverso:<br />
139<br />
La Confederazione del lavoro e il gruppo parlamentare vennero criticati da Lazzari e<br />
dall’”Avanti!” per l’incitamento alla difesa del paese, Malatesta, I socialisti italiani durante la<br />
guerra..., cit., pp. 160-3 e 272-3.<br />
140<br />
Si ricorda che appena due settimane prima, dal 1° al 4 settembre 1918, si era svolto a<br />
Roma il XV congresso del Psi.
50 PARTE I<br />
“cooperative libere da piccoli interessi particolaristici, e gli Enti autonomi dei<br />
consumi […] produzione diretta attraverso organi di produzione creati con<br />
concorso e nell’interesse di tutti i lavoratori associati”.<br />
Relativamente alla politica scolastica si chiedeva anche nei piccoli comuni<br />
l’apertura della IV classe elementare e, in generale, la promozione ed il miglioramento,<br />
complessivo, dell’insegnamento scolastico; rispetto a tributi e bilanci<br />
si chiedeva l’abolizione del dazio consumo e la sua sostituzione, come risorsa finanziaria<br />
dei comuni, con una sovrimposta comunale su terreni, fabbricati e<br />
redditi mobiliari 141 .<br />
In questo congresso sembrava fosse addirittura possibile nella Lega una sintesi<br />
tra gli obiettivi utopici dei massimalisti e quelli più realistici dei riformisti<br />
(purtroppo altrettanto utopici solo per la miopia e l’immobilismo della classe<br />
dirigente liberale). Era il caso del voto scaturito dalla relazione del sindaco di<br />
Bologna Zanardi, che iniziava con la premessa “sviluppare la coscienza di classe<br />
del proletariato internazionale” e proseguiva, come già ricordato, con la richiesta<br />
della “abolizione dei dazi interni di consumo” per “una più intima e<br />
completa fusione di sforzi per il raggiungimento di un sano e<strong>qui</strong>librio tra la<br />
produzione ed il consumo”.<br />
4.5. Dall’utopia socialista all’amministrazione locale<br />
4.5.1. Zanardi e l’Ente comunale di consumo<br />
La citazione di Zanardi come esempio di traduzione dell’ideale socialista in<br />
concrete misure amministrative e giuridiche in favore dei cittadini non è casuale.<br />
Proprio come non lo era stata scelta del sindaco di Bologna come relatore<br />
in materia di consumi e produzione. Zanardi, infatti, era conosciuto come il<br />
“sindaco del pane”, l’ideatore dell’Ente autonomo dei consumi (poi ente comunale<br />
di consumo) da lui definito: “Cittadini riuniti in libera associazione,<br />
con lo scopo di distribuire generi di largo consumo alle migliori condizioni senza<br />
alcun scopo speculativo”. L’ente venne finanziato inizialmente dal Comune<br />
e dalla Provincia, rispettivamente con 500.000 e 100.000 lire, nacque nell’agosto<br />
1914 e, successivamente, venne riconosciuto sul piano giuridico da un apposito<br />
decreto luogotenenziale discusso nel 1918 142 . Bononia docet [Bologna insegna],<br />
aveva scritto Treves, e lo faceva non solo in ambito politico, ma anche<br />
in quello giuridico.<br />
Furlan definisce l’Ente autonomo dei consumi: “una vera e propria figura<br />
giuridica creata appositamente per legittimare la funzionalità e la necessità dell’esistenza<br />
di quelli che ormai veniva chiamati ‘i negozi Zanardi’” 143 . E i congressi<br />
dei comuni socialisti, l’organizzazione della Lega, erano l’occasione per<br />
diffondere il modello dell’ente autonomo dei consumi in tutta Italia.<br />
141<br />
L’Assemblea generale delle amministrazioni socialiste…, cit.<br />
142<br />
Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., pp. 119-124.<br />
143<br />
Furlan, L’amministrazione socialista Zanardi…, cit., p. 143.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 51<br />
Quello della creazione dell’ente autonomo dei consumi è un esempio, concreto,<br />
di quello che Rugge ha scritto in merito al fatto che i comuni con le proprie<br />
azioni, “imponevano un’articolazione delle funzioni amministrative” 144 . La<br />
felice espressione di Cassese su “la forza creatrice del diritto esistente in periferia”<br />
145 - che riprende un concetto di Giannini che definisce i comuni del Centro-Nord<br />
del primo ‘900 come “i più operosi creatori di istituti giuridici” 146 - è<br />
la migliore definizione e, insieme a quello di Giannini, il maggiore riconoscimento<br />
dell’originale sforzo di elaborazione giuridica, politica e culturale dei comuni<br />
italiani e della società locale italiana del primo ‘900 147 .<br />
Fu la concreta, straordinaria esperienza di amministrazioni comunali come<br />
quelle di Bologna e di Milano, che dette forza al progetto riformista. Il libricino<br />
di Caldara sulla sua esperienza di Sindaco di guerra a Milano fornisce l’esempio<br />
di cosa erano in grado di fare le amministrazioni socialiste per aiutare i<br />
cittadini negli anni della prima guerra mondiale. All’assistenza ai lavoratori italiani<br />
che tornavano in Patria allo scoppio del conflitto, ancor prima dell’entrata<br />
in guerra dell’Italia, successe quella ai profughi dai territori italiani invasi dalle<br />
truppe nemiche, sempre più numerosi dopo la rotta di Caporetto. A questa<br />
si aggiunse l’oculata gestione dell’approvvigionamento dei generi alimentari<br />
contro la borsa nera degli speculatori, anche oltrepassando i limiti delle competenze<br />
ufficiali. Ricordava Caldara, infatti, che la decisione del prefetto di<br />
sciogliere il consiglio comunale di Monza ebbe origine dal proposito del sindaco<br />
di istituire la tessera per lo zucchero.<br />
Era in pieno periodo di guerra che la “utopia del divenire socialista [era]<br />
stata per qualche tempo, tangibile realtà. Una organizzazione adeguata ha po-<br />
144<br />
Fabio Rugge, La “città che sale”: il problema del governo municipale di inizio secolo, in Mariapia<br />
Bigaran (a cura di), Istituzioni e borghesie locali nell’Italia liberale, Milano, Franco Angeli<br />
1986, pp. 57-8.<br />
145<br />
Sabino Cassese, Prospettive degli studi di storia locale, in Bigaran, (a cura di), Istituzioni e<br />
borghesie locali…, cit., pp.33-4.<br />
146<br />
Massimo Severo Giannini,I comuni, in idem (a cura di), Atti del congresso celebrativo del<br />
centenario delle leggi amministrative di unificazione. L’ordinamento comunale e provinciale, vol. I,<br />
I comuni, pubblicazioni dell’Isap, Vicenza, Neri Pozza, 1967, p.35. Ecco cosa scrive Giannini<br />
in proposito: “fu così che i Comuni, soprattutto quelli dell’Italia settentrionale e centrale, furono,<br />
almeno agli inizi di questo secolo, i più operosi creatori di istituti giuridici. Vi furono regolamenti<br />
comunali di edilizia, i quali contenevano delle prescrizioni che erano più avanzate di<br />
quelle della legge urbanistica del 1942; erano in vigore regolamenti di polizia rurale, sull’uso<br />
delle acque e sull’uso dei pascoli comunali, i quali certamente contenevano norme più appropriate<br />
di quelle che non fossero state poi emanate nelle leggi statali sulle acque pubbliche e sugli<br />
usi civici; istituti come i pubblici macelli, i mercati generali, i mercati speciali, i depositi generali,<br />
i vivai e i semenzai pubblici, le scuole di riabilitazione per i minorati, le cattedre di istruzione<br />
agraria, i preventori e gli ambulatori, alcuni istituti assistenziali per gli anziani o per persone<br />
socialmente sottoprotette, ebbero tutti la loro origine in iniziative comunali [...] il primo<br />
periodo della nostra storia unitaria ha visto un vero e proprio ‘diritto comunalÈ, che ha costituito<br />
un’anticipazione di legislazione statale, sopravvenuta sempre tardi, e non sempre bene [...]<br />
Tale processo espansivo è continuo e costante, e l’esempio forse più vistoso lo abbiamo nel campo<br />
delle municipalizzazioni [...] oggi [1967] il diritto comunale trova inaridite le proprie sorgenti”,<br />
ivi, pp. 34-6.<br />
147<br />
Su questo argomento cfr. Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit., pp. 83-93.
52 PARTE I<br />
tuto disciplinare i mercati più vasti e sensibili: quello del grano, ad esempio”.<br />
All’attività annonaria, che sembrava segnare il successo dell’economia pianificata<br />
rispetto a quella di mercato, si aggiungeva quella della gestione dei servizi<br />
pubblici vecchi e nuovi. Il comune assumeva la gestione delle tramvie urbane,<br />
ma preparava anche la difesa contro le incursioni aeree e portava a compimento<br />
opere pubbliche importanti, come la metropolitana e il canale navigabile<br />
da Milano al Po. Nel contempo si cercava di ridurre la burocrazia, si gestivano<br />
servizi in accordo con le autorità militari e, alla fine del conflitto, l’internazionalismo<br />
proletario faceva valere le proprie ragioni su quelle della guerra,<br />
sulla logica dei vinti e dei vincitori. Così lo stesso Comitato di assistenza<br />
che univa comuni e organizzazioni operaie nello sforzo per il soccorso ai bambini<br />
italiani profughi dell’area del Piave, predisponeva l’assistenza ai bambini<br />
della città di Vienna: “circa 2.300 bambini viennesi vennero sottratti alla miseria,<br />
migliorandone indirettamente anche le condizioni di quelli rimasti e salvandone<br />
dalla morte (in base alle tavole di mortalità allora accertate) circa<br />
200” 148 .<br />
4.5.2. La repressione prefettizia<br />
Erano però nulle le possibilità che la concreta esperienza dei comuni socialisti<br />
si traducesse in un ampliamento dell’autonomia comunale e, <strong>qui</strong>ndi, in<br />
leggi dello Stato che riconoscessero e promuovessero più in generale l’attività<br />
dei comuni. Nel clima di scontro sociale e di incertezza politica del primo dopoguerra<br />
le istituzioni più vicine ai bisogni ed alle esigenze dei cittadini erano<br />
le prime a pagare le conseguenze dei provvedimenti dei prefetti, come testimoniano<br />
le parole di Lazzari al XVI congresso del partito dell’ottobre 1919. Riguardo<br />
alla situazione dei comuni socialisti ed alla Lega, definita “organo sussidiario<br />
del Partito”, il segretario del Psi affermava che:<br />
“Parecchi comuni, alcuni importanti come ad esempio Massa, sono stati cancellati<br />
dalla lista dei comuni socialisti dalla violenza della amministrazioni governative<br />
locali […] Le difficoltà della vita amministrativa sono diventate grandi,<br />
immense e noi dobbiamo davvero riconoscenza ed ammirazione per il coraggio<br />
e lo spirito illuminato col quale i nostri compagni sindaci hanno affrontato<br />
le responsabilità delle loro situazioni” 149 .<br />
Coraggio e spirito illuminato dei compagni sindaci non bastarono a bloccare<br />
né i provvedimenti di scioglimento dei consigli e di commissariamento degli<br />
enti decisi dai prefetti, né le violenze dei fascisti, o la ristrettezza dei bilanci comunali,<br />
proprio come non bastò l’azione congiunta di Lega e parlamentari socialisti<br />
a far sì che i sindaci socialisti rimanessero in carica, nemmeno quello di<br />
148<br />
Emilio Caldara, Impressioni di un sindaco in guerra, Milano, Librerie editrici “La cultura”,<br />
1924.<br />
149<br />
Partito socialista italiano (Direzione del), Resoconto stenografico del XVI congresso nazionale<br />
del Partito Socialista Italiano. Bologna 5-6-7-8 ottobre 1919, Roma, Edizione della direzione<br />
del Psi, Milano Avanti!, 1920, pp. 50-1.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 53<br />
Massa, Francesco Betti 150 , membro del Comitato direttivo della Lega sin dalla<br />
costituzione 151 .<br />
A queste difficoltà, di carattere politico-istituzionale, si aggiunsero poi quelle<br />
dovute all’evoluzione della situazione politica nazionale ed a quella del partito<br />
e del movimento socialista.<br />
5. L’avvento del fascismo, le fratture nel Psi e la fine della Lega<br />
5.1. L’assalto fascista allo Stato comincia dai comuni socialisti: Bologna e Milano<br />
Nel 1919, il 23 marzo, vennero fondati i Fasci di combattimento e a partire<br />
dall’autunno del 1920, in un crescendo impressionate, la violenza fascista si<br />
abbatté sul partito, sulle organizzazioni e sulle amministrazioni locali socialiste.<br />
Il 15 aprile 1919 le squadre fasciste attaccarono la redazione milanese<br />
dell’”Avanti!”, ma “il fatto di sangue più drammatico che aprì la nuova stagione<br />
di scontro civile avvenne a Bologna il 21 novembre 1920 nel palazzo comunale<br />
d’Accursio e nella sottostante piazza centrale: il bilancio fu di nove<br />
morti e cinquanta feriti tra la folla” 152 . Il 21 novembre era la data dell’insediamento<br />
della seconda amministrazione comunale socialista. Il nuovo sindaco, il<br />
massimalista Enio Gnudi, eletto all’indomani delle elezioni amministrative -<br />
due anni dopo la fine dell’amministrazione Zanardi, decaduto perché designato<br />
alla Camera nel 1919 - rimase in carica appena due ore 153 . Era solo l’inizio:<br />
Bononia docet. La frase di Treves che metteva in risalto il ruolo pionieristico di<br />
Bologna nell’attività dei comuni italiani valeva anche nei durissimi anni della<br />
violenza fascista.<br />
Meno di due anni dopo, nell’agosto del 1922, i fascisti assaltavano il comune<br />
di Milano, il fatto ebbe un impatto fortissimo sulla Lega. Così scriveva Zanardi<br />
in quei giorni:<br />
“Seguiamo attentamente lo svolgersi degli avvenimenti che riguardano il Comune<br />
di Milano, poiché ad essi è subordinata la vita della nostra Lega.<br />
Quando il Direttorio del Gruppo Parlamentare e buona parte del Consiglio<br />
direttivo della Lega dei Comuni erano favorevoli ad abbandonare le amministrazioni<br />
Comunali e Provinciali per parte dei nostri compagni, l’intervento<br />
delle organizzazioni politiche ed economiche della vostra città ci ha consigliato<br />
di soprassedere da ogni deliberazione.<br />
La Direzione del Partito Socialista, poi, ha invitato i compagni a rimanere<br />
al loro posto, ma tale deliberazione potrebbe essere revocata se il governo sciogliesse<br />
il Comune di Milano.<br />
150<br />
Ibidem.<br />
151<br />
Statuto della Lega dei comuni socialisti…, cit.<br />
152<br />
Patrizia Dogliani, L’Italia fascista (1922-1940), Milano, Sansoni, 1999, p. 19.<br />
153<br />
L’eccidio di Palazzo d’Accursio avvenne a seguito dell’uccisione del consigliere della minoranza<br />
nazionalista, Giulio Giordani, a cui seguì l’aggressione fascista in piazza del Nettuno<br />
contro i cittadini accorsi a festeggiare l’elezione del nuovo sindaco.
54 PARTE I<br />
Per questo ti preghiamo di volerci tenere informati intorno alla vostra situazione;<br />
noi dal canto nostro facciamo quotidianamente vive pratiche per conoscere<br />
gli intendimenti del Governo Centrale; fino ad oggi non ci è stato possibile<br />
conoscere esattamente il pensiero del Ministro dell’Interno, da noi già interrogato.<br />
Le nostre impressioni sono queste: che i fascisti vogliono ad ogni costo lo<br />
scioglimento del Consiglio sotto la minaccia di nuove e più decisive azioni, che<br />
colpiscano lo Stato.<br />
La nostra opera è aiutata autorevolmente dai compagni On.li Caldara, Gonzales,<br />
Turati, Treves; sarà nostra cura tenerti informati di tutto quanto accade<br />
in merito alla importante questione” 154 .<br />
5.2. Comuni e province tentano di resistere alla violenza fascista<br />
Questa lettera firmata da Zanardi su carta intestata “Lega dei Comuni Socialisti”<br />
155 è molto importante perché testimonia l’impegno dell’organizzazione<br />
in favore dei comuni socialisti e il ruolo decisivo svolto dalla città di Milano<br />
nella decisione degli amministratori del Psi di resistere all’assalto fascista alle autonomie<br />
locali. A guidare l’amministrazione comunale milanese non c’era più<br />
il riformista Caldara ma Angelo Filippetti, già assessore anziano della giunta<br />
precedente, “amministratore esperto e politicamente non identificabile con i<br />
massimalisti più estremi”, non a caso con lui c’erano quattro assessori della<br />
giunta Caldara. Ogni sforzo fu però inutile. Il “prefetto Lusignoli […] legalizzò<br />
il sopruso [fascista] dichiarando lo scioglimento dell’amministrazione socialista”<br />
156 .“La marcia su Roma [iniziò] da Milano”, ha scritto Rotelli 157 .<br />
Il susseguirsi del decreto prefettizio di scioglimento alla violenza fascista era<br />
normale in quegli anni, si trattava di “una sorta di ‘divisione dei compiti’ che<br />
aveva portato tra il 1921 e il 1922 allo scardinamento di tutte le amministrazioni<br />
comunali in alcune province dell’Italia settentrionale” 158 , dove più forte<br />
era stato il successo dei socialisti – e dei popolari - nelle elezioni amministrative<br />
dell’autunno del 1920. 2.022 comuni e 26 consigli provinciali erano nelle<br />
mani delle amministrazioni socialiste, 1.613 comuni e 10 province in quelle dei<br />
154<br />
Lettera di Francesco Zanardi ad Alessandro Schiavi, Roma 10 ago. 1922; Archivio di Stato<br />
di Forlì, Fondo Alessandro Schiavi, b. 9, f. 60; pubblicata in Alessandro Schiavi, Carteggi.<br />
Tomo primo: 1892-1926, a cura di Carlo De Maria, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore,<br />
2003, pp. 489-490.<br />
155<br />
Più precisamente: “Lega dei Comuni Socialisti. Segreteria. Roma. Via Panetteria, 15”<br />
156<br />
Punzo, La giunta Caldara…, cit., p. 209.<br />
157<br />
Ettore Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento comunale e provinciale durante il regime<br />
fascista, in Idem, L’alternativa delle autonomie. Istituzioni locali e tendenze politiche dell’Italia moderna,<br />
Milano, Feltrinelli, 1978, p. 181.<br />
158<br />
Luigi Ponziani, Fascismo e autonomie locali, in Marco Palla (a cura di), Lo Stato fascista,<br />
Milano, La Nuova Italia, 2001, p. 329; sullo stesso argomento cfr., dello stesso autore, Il fascismo<br />
dei prefetti. Amministrazione e politica nell’Italia meridionale (1922-1926), Catanzaro, Meridiana<br />
libri, 1995.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 55<br />
popolari di Sturzo 159 . Scrive lo storico Aimo: “fra i principali ostacoli che il fascismo<br />
incontrò agli esordi, per il raggiungimento dei propri obiettivi di dominio<br />
politico, vi fu certamente il diffuso, radicato e articolato tessuto degli enti<br />
municipali alla cui guida erano saldamente insediati – nella maggior parte dei<br />
casi – gli esponenti del Partito popolare e della Sinistra, nonché i rappresentanti<br />
delle vecchie élites liberali” 160 , e fu un ostacolo che il fascismo decise di togliere<br />
di mezzo per primo.<br />
5.3. Le divisioni all’interno della Lega e la fondazione del Partito comunista<br />
Gli sviluppi della situazione interna al Partito socialista non contribuirono<br />
certo a dare forza agli enti locali amministrati dai socialisti. Dal 15 al 21 gennaio<br />
1921 si svolse a Livorno il XVII congresso nazionale del Psi nel corso del<br />
quale la corrente dei comunisti decise il distacco dal partito e il 22 gennaio i secessionisti<br />
fondarono il Partito comunista d’Italia (Pci).<br />
A seguito del congresso costitutivo il Pci emanò una direttiva che avrebbe<br />
avuto conseguenze molto gravi sulle amministrazioni locali a maggioranza socialista<br />
e, <strong>qui</strong>ndi, anche sulla Lega. La posizione del nuovo partito sul tema fu<br />
sostanzialmente identica a quella dei massimalisti del Psi i quali nutrirono sempre<br />
una sostanziale diffidenza verso le amministrazioni locali, aggravata, in questo<br />
caso, dalla necessità del nuovo partito di riaffermare la propria identità rispetto<br />
al vecchio Partito socialista con la rottura della collaborazione in qualsiasi<br />
sede.<br />
Innanzitutto il ruolo dei consiglieri e degli amministratori comunisti era considerato<br />
in termini estremamente limitati: “il Partito comunista non s’illude e<br />
non vuole far credere che gli organismi dell’amministrazione locale possano minimamente<br />
servire per l’esplicazione di un qualsiasi programma comunista”, la<br />
loro presenza doveva solo servire a “impedire che la classe borghese si serva di esse<br />
per tutelare i propri interessi e rafforzare i propri privilegi”. Il dato essenziale<br />
era l’affermazione dell’identità e dell’autonomia politica, a tutti i costi. Era sulla<br />
base di questa necessità che i comunisti, secondo la direzione, potevano rimanere<br />
nelle giunte comunali e nelle deputazioni provinciali solo se ne avevano il controllo<br />
assoluto e, in tal caso, avrebbero dovuto far dimettere tutti gli assessori socialisti.<br />
Nell’eventualità, invece, che i comunisti non avessero avuto la maggioranza<br />
nelle amministrazioni avrebbero dovuto dimettersi, senza alcuno scrupolo:<br />
“Se l’applicazione della tattica suesposta porterà in molte amministrazioni a crisi<br />
e ad impossibilità di funzionamento di questo non devono preoccuparsi i comunisti,<br />
per i quali soprattutto necessita differenziarsi dai socialisti, che dopo<br />
l’esito del Congresso di Livorno […] pensano che noi nella pratica annulleremo<br />
quello storico avvenimento per non turbare il normale andamento dei lavori<br />
amministrativi”.<br />
159<br />
Giorgio Candeloro, Storia dell’Italia moderna, vol. VIII, La prima guerra mondiale, il dopoguerra,<br />
l’avvento del fascismo, Milano, Feltrinelli 1979, pp. 335-6.<br />
160<br />
Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, cit., p. 105.
56 PARTE I<br />
Per quanto riguarda la Lega:<br />
“I comuni e le province comuniste, che hanno già inviato la loro adesione alla<br />
Lega dei comuni socialisti, rinunciano per ora ad ogni distacco e non dichiarino<br />
le loro dimissioni.<br />
I comuni e le province comuniste che ancora non avessero inviato la loro<br />
adesione, sospendano per ora ogni deliberazione in proposito. È necessario prima<br />
di prendere una definitiva risoluzione in proposito, attendere lo svolgimento<br />
ed i risultati del congresso che la Lega ha convocato per gli ultimi giorni<br />
del marzo prossimo a Rimini” 161 .<br />
5.4. La linea intransigente contro il Psi<br />
Il Pci, però, aveva fretta e non avrebbe aspettato il III congresso della Lega<br />
per decidere il da farsi. La necessità della contrapposizione netta con il vecchio<br />
Psi era assoluta. Per questo:<br />
“Il C.E. [Comitato Esecutivo] del Partito comunista d’Italia, esaminata la posizione<br />
dei comuni comunisti nei riguardi dell’imminente Congresso dei comuni<br />
socialisti, ed i rapporti svoltisi tra quest’organismo ed i comuni comunisti<br />
di alcune province, che ne sono stati allontanati, riservandosi di dare ulteriori<br />
istruzioni sull’argomento dell’assistenza e consulenza tecnico-legale ai comuni<br />
che sono nelle mani del Partito, invita i comuni comunisti a non intervenire<br />
al congresso di Rimini” 162 .<br />
Questo richiamo avrebbe avuto riflessi rilevanti nelle province a più forte<br />
presenza comunista, come quella torinese. In un convegno svoltosi il 9 aprile<br />
1922 a Torino, Angelo Tasca sostenne che “la con<strong>qui</strong>sta di oltre 2.000 comuni<br />
da parte del P.S. [Partito Socialista] sia stata più dannosa che utile al proletariato”;<br />
Signorini fece presente “la necessità di costituire un Ufficio di consulenza<br />
legale per le amministrazioni rette da comunisti” e l’assemblea dette mandato<br />
all’esecutivo federale di istituirlo 163 . A Milano, il 18 febbraio 1921, tre assessori<br />
si dimisero dalla giunta Filippetti “in seguito alla scissione comunista,<br />
cui aderirono 16 consiglieri” 164 .<br />
Giunte comunali e deputazioni provinciali a maggioranza mista socialista e<br />
comunista si spaccavano e correvano il rischio di non essere in grado di amministrare<br />
proprio quando avrebbero dovuto essere più compatte, per difendersi<br />
non solo dalla terribile violenza delle squadre fasciste ma anche dai decreti di<br />
scioglimento dei prefetti. Ufficialmente, infatti, quelle giunte e quelle deputazioni<br />
potevano essere sciolte con una giustificazione oggettiva, perché non era-<br />
161<br />
Tattica dei comunisti nelle amministrazioni locali, in Partito comunista d’Italia, Manifesti<br />
ed altri documenti politici (21 gennaio – 31 dicembre 1921), Libreria editrice del P.C. d’Italia,<br />
Roma (s.d.); Milano, Feltrinelli reprint, 1966, pp. 30-3.<br />
162<br />
Ivi, pp. 39-40; il corsivo è redazionale.<br />
163<br />
Il convegno dei rappresentanti comunisti delle amministrazioni comunali e provinciale di Torino,<br />
“Il comune moderno”, apr. 1922, pp. 127-8.<br />
164<br />
Punzo, La giunta Caldara…, cit., p. 352.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 57<br />
no in grado di amministrare, coprendo così agevolmente la vera motivazione:<br />
assecondare la violenza squadrista.<br />
La Lega iniziò ad indebolirsi al proprio interno proprio quando era più forte<br />
una delle ragioni fondamentali per la quale era nata: la necessità del suo intervento<br />
in difesa delle amministrazioni locali socialiste. Lo aveva scritto Amilcare<br />
Locatelli prima del congresso del Psi del 1921:<br />
“I lavoratori che in uno sforzo meraviglioso di compattezza hanno con<strong>qui</strong>stati<br />
quasi tremila comuni e venticinque province non vogliono scissioni. La scissione<br />
per essi è un’eresia. […] la grande maggioranza dei comuni d’Italia vuole<br />
l’unità del partito perché non siano dispersi in pochi giorni , i frutti fecondi che<br />
nella battaglia elettorale ultima abbiano raccolti” 165 .<br />
5.5. Il terzo ed ultimo congresso della Lega dei comuni socialisti<br />
A meno di tre mesi dall’appuntamento di Livorno, dal 3 al 6 aprile 1921 si<br />
svolse a Rimini il III ed ultimo congresso della Lega dei comuni socialisti.<br />
In occasione dell’apertura del congresso l’”Avanti!” pubblicò in seconda pagina<br />
un articolo firmato Gema, pseudonimo di Giacomo Matteotti. Il deputato<br />
riformista sottolineava il valore della concretezza dei congressi degli amministratori,<br />
rispetto alle “discussioni epiche o dei discorsi emozionanti a lungo<br />
metraggio” di altri consessi; ricordava la difficilissima situazione delle finanze<br />
comunali dopo gli anni della guerra e la necessità di non coprire i debiti del bilancio<br />
ordinario con prestiti; denunciava la violenza fascista contro gli enti locali<br />
e proclamava la necessità di resistere:<br />
“La violenza che insanguina le vie d’Italia ha preso come bersaglio favorito le<br />
amministrazioni comunali socialiste, dimostrando ancora una volta, se ce n’era<br />
bisogno, che non tanto gli eccessi violenti di alcuni socialisti, si vogliono ritorcere,<br />
quanto più distruggere l’opera costruttiva ed evolutiva del socialismo, che<br />
lede l’interesse privato e capitalistico […] se abbandoniamo la nostra opera, la<br />
vittoria avversaria è completa, il terrorismo diviene l’arma normale di lotta politica,<br />
la nazione regredisce a condizioni politiche ed economiche incredibili” 166 .<br />
Zanardi, nella sua veste di deputato, iniziò la relazione salutando, innanzitutto,<br />
i compagni sindaci e amministratori vittime dei fascisti, per primo il sindaco<br />
di Ferrara, Bogiankino, “in carcere per un reato che non ha commesso” e<br />
ricordò che “solo per divergenze politiche si [erano] perduti due grossi comuni:<br />
Firenze e Torino”. Il “sindaco del pane” annunciò l’adesione alla Lega di<br />
1900 comuni ma ricordò anche che sedici province su venticinque non avevano<br />
ancora risposto all’appello. Il problema, però, era che quasi nessun ente locale<br />
riusciva a pagare la quota per colpa della autorità tutorie, così, era il partito<br />
a garantire la sopravvivenza della Lega ed erano praticamente solo i riformisti<br />
a combattere in Parlamento per gli amministratori:<br />
165<br />
Amilcare Locatelli, Nei comuni con<strong>qui</strong>stati. Il pensiero sul Congresso, “Avanti!”, 16 gen.<br />
1921, p. 2.<br />
166<br />
Gema, Il comune con<strong>qui</strong>stato al socialismo. Il nostro congresso, “Avanti!”, 3 apr. 1921, p. 2.
58 PARTE I<br />
“La Lega vive perché la direzione del Partito socialista ha anticipato dei fondi.<br />
I deputati del Parlamento poco hanno fatto finora per la Lega. Molto hanno lavorato<br />
Matteotti, Casalini, Donati e qualche altro ma nel complesso il Gruppo<br />
parlamentare non ha ancora potuto esplicare un’opera molto efficace” 167 .<br />
Baratono per la direzione del Psi, incitò gli amministratori alla formazione<br />
di Leghe regionali a cui avrebbero dovuto far capo anche le organizzazioni di<br />
assistenza, gli enti per l’ac<strong>qui</strong>sto e la distribuzione dei viveri. Era indispensabile,<br />
a suo avviso, riorganizzare la Lega, il fascismo veniva visto come un ostacolo<br />
passeggero, utile a fortificare l’incrollabile fede nella rivoluzione finale:<br />
“Chi sa che la reazione fascista non ci abbia fatto bene! Opera di riorganizzazione<br />
dunque, e quest’opera si può fare soprattutto nei comuni. Per preparare<br />
la rivoluzione alle volte può valere il parlare, ma alle volte vale di più il tacere e<br />
il fare (Applausi calorosi)” 168 .<br />
L’assemblea discusse poi sul tema Per l’autonomia, intervennero Filippetti,<br />
nuovo sindaco socialista di Milano, poi Casalini. Anche Matteotti, nelle conclusioni,<br />
sottolineò il possibile effetto positivo che avrebbe potuto avere la bufera<br />
fascista che, schiantando i rami secchi, avrebbe fortificato la pianta del socialismo<br />
169 . Nemmeno lui, in quei giorni, sembrava aver avvertito il pericolo<br />
mortale costituito dal fascismo.<br />
Fu poi la volta della discussione su Abitazioni affitti e case popolari, argomento<br />
per il quale era relatore Alessandro Schiavi, presidente dell’Istituto per<br />
le case popolari di Milano, ex collaboratore del sindaco Caldara 170 .<br />
5.5.1. La questione dei tributi locali posta da Matteotti<br />
Nella giornata del 4 aprile gli amministratori dibatterono de I tributi locali. I<br />
relatori furono Menotti Luppi e Matteotti, il quale, tra l’altro - ribadendo il concetto<br />
espresso nell’articolo pubblicato nell’”Avanti!” - sottolineò l’importanza di<br />
non finanziare con mutui la spesa ordinaria dei comuni. Dichiarò, <strong>qui</strong>ndi, di essere<br />
contrario alla suddivisione netta delle risorse finanziarie tra Stato e comuni<br />
concedendo al primo le imposte sulle persone, ed ai secondi quelle sugli immobili.<br />
I comuni, sottolineò Matteotti “debbono vivere con tutta la ricchezza privata<br />
e non con una sola parte di essa”. Il suo progetto prevedeva per i comuni<br />
due imposte, mobiliare ed immobiliare, ed una terza, la tassa di famiglia, che le<br />
“riassuma per ogni famiglia progressivamente […] bisogna tassare indipendentemente<br />
dallo Stato con un sistema che non colpisca il produttore ma l’intermediario”<br />
e, infine, l’abolizione del dazio consumo. Al termine della discussione<br />
venne annunciato all’assemblea che i comuni rappresentati erano 700 171 . Se-<br />
167<br />
Magnifica affermazione del comune socialista a Rimini. La prima giornata. L’opera svolta<br />
dalla Lega, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1.<br />
168<br />
La prima giornata. Il discorso Baratono per la direzione del Partito, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1<br />
169<br />
La prima giornata. Per l’autonomia, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1<br />
170<br />
La prima giornata. Abitazioni affitti e case popolari, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1<br />
171<br />
La seconda giornata. I tributi locali, “Avanti!” 5 apr. 1921, p.1
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 59<br />
guì la discussione sul progetto de La banca socialista per i comuni, argomento<br />
del quale era relatore Baratono 172 .<br />
Alla fine della giornata l’assemblea congressuale affrontò il tema del rapporto<br />
con lo Stato, durante la quale passò l’idea, sostenuta dai riformisti e dal segretario<br />
del Psi, Giovanni Bacci, anche alla luce della scissione comunista di Livorno,<br />
di non opporsi frontalmente allo Stato, dimettendosi in massa, come<br />
pure era stato proposto, ma di resistere alla testa delle amministrazioni 173 .<br />
I lavori del 5 aprile iniziarono con la discussione del Problema scolastico, a cui<br />
seguì quella sui rapporti tra comuni, province ed i loro dipendenti. In particolare,<br />
rispetto a questo argomento, è da ricordare la proposta dell’assemblea che<br />
considerò la questione della semplificazione della burocrazia non come una scelta<br />
del vertice politico, ma inquadrandola nei rapporti tra amministrazione e dipendenti,<br />
coinvolgendo <strong>qui</strong>ndi i lavoratori nello sforzo della riforma della pubblica<br />
amministrazione locale in vista del miglioramento dei servizi ai cittadini:<br />
“ritiene infine che la Lega dei comuni debba curare la semplificazione dei servizi,<br />
per la speditezza dei medesimi e risanamento della burocrazia, stato civile,<br />
liste elettorali, contabilità, anagrafe, ecc. ciò che possa condurre alla eliminazione<br />
di circa la metà del personale con maggiore speditezza dei servizi stessi” 174 .<br />
E fu guardando all’efficienza del servizio offerto ai cittadini che il 6 aprile,<br />
il congresso, relativamente ai cambiamenti di circoscrizione territoriale dei comuni,<br />
approvò una mozione nella quale si chiese ai municipi, sostanzialmente,<br />
di riflettere prima di chiedere la modifica dei rispettivi confini:<br />
“reputando massimamente utile la riunione in Consorzi sia in generale che per<br />
particolari scopi e servigi, invita i Comuni e frazioni che richiedono mutamenti<br />
di circoscrizione, a soprassedere in questo periodo di tempo e <strong>qui</strong>ndi a sottoporre<br />
la questione alla Lega dei Comuni”.<br />
Da ricordare, sempre nel quadro dei lavori, la riunione dei delegati delle amministrazioni<br />
provinciali presieduta dall’avv. Levi, presidente della deputazione di<br />
Milano, nel corso della quale venne approvata la “costituzione di una sezione indipendente<br />
per le Province della Lega dei comuni con segretario speciale”. Infine:<br />
“Quanto ai rapporti con le altre province non socialiste, si accetta la proposta<br />
Matteotti di intervenire nelle riunioni singole che trattino interessi generali,<br />
sentita la Lega dei Comuni. Non si potrà aderire all’Unione delle Province che<br />
ha un fine, come lo dimostra l’ordine del giorno approvato all’ultimo congresso<br />
essenzialmente politico”.<br />
Diversamente da quello che avevano cercato di fare con l’Anci, i riformisti<br />
non solo promuovevano un’autonoma organizzazione di amministrazioni socialiste<br />
ma chiedevano anche l’uscita dall’Upi. Probabilmente, visto il ben di-<br />
172<br />
La seconda giornata. Il finanziamento per i comuni. La banca socialista, “Avanti!” 5 apr.<br />
1921, p. 1.<br />
173<br />
Il Comune socialista di fronte allo Stato borghese. La seduta notturna del 4, “Avanti!”, 6 apr.<br />
1921, p. 1.<br />
174<br />
I lavori della terza giornata. Il problema scolastico. Rapporti tra enti locali e loro dipendenti,<br />
“Avanti!”, 6 apr. 1921, p. 1; Il congresso dei comuni socialisti termina i lavori. La seduta notturna<br />
del cinque, “Avanti!”, 7 apr. 1921, p. 2.
60 PARTE I<br />
verso peso dell’associazione delle province rispetto a quella dei comuni, l’abbandono<br />
delle giunte vicine al Psi avrebbe privato l’Upi di gran parte della propria<br />
forza e, <strong>qui</strong>ndi, politicamente, non vi sarebbe stato alcun vantaggio nella<br />
doppia militanza, che sarebbe stata invece molto utile nell’Anci, per continuare<br />
ad influenzare le decisioni di un’organizzazione che, anche dopo la spaccatura,<br />
era rimasta viva e vitale.<br />
Nel corso dell’ultima giornata dei lavori vennero approvate diverse altre mozioni,<br />
sulle casse di risparmio, sulla politica sanitaria, una di queste era intitolata<br />
Tutti al loro posto, approvata all’unanimità, nella quale:<br />
“Il Congresso invia l’espressione della propria solidarietà e della propria simpatia<br />
a tutti i compagni delle Amministrazioni colpite dalla violenza di gruppi o<br />
di minoranze faziose armate dal capitalismo più retrivo e incivile. Si astiene da<br />
ogni illusoria denuncia e protesta presso gli organi governativi […] ed invita i<br />
compagni a restare ad ogni costo al loro posto, esempio di fortezza e di ricostruzione<br />
per l’immancabile domani nell’ideale socialista” 175 .<br />
5.5.2. La reazione degli agrari<br />
Ma la “solidarietà” e la “simpatia” non erano sufficienti a difendere “i compagni”<br />
dalla violenza fascista. Forse era “illusoria” qualsiasi “denuncia e protesta<br />
presso gli organi governativi”, ma Giacomo Matteotti denunciò e protestò<br />
comunque, e con grande forza, come fece alla Camera dei Deputati il 27 luglio<br />
1921, nonostante le interruzioni ed il dileggio dei deputati fascisti. Matteotti<br />
denunciò la violenza delle squadre fasciste che picchiavano e uccidevano gli<br />
amministratori socialisti al pari di quella dello Stato che ne approfittava per<br />
sciogliere i consigli comunali che avevano espresso quelle amministrazioni. Dopo<br />
aver fatto un lungo e particolareggiato resoconto delle terribili violenze cui<br />
erano stati oggetto i comuni socialisti il deputato indicò apertamente i mandanti<br />
e la vera ragione delle violenze contro le amministrazioni del Psi, gli agrari<br />
e la loro volontà di non pagare e tasse:<br />
“Lo scioglimento dei consigli comunali è avvenuto senza che si parlasse di queste<br />
violenze, e voi vi attaccate ai discorsi-programma pronunziati da alcuni dei<br />
componenti dei Consigli! Ora, io domando, onorevole Teso, se risulta a carico<br />
di nessuno di quei consigli comunali alcuna illegalità vera e propria, e volutamente<br />
da noi preparata.<br />
È vano ricorrere a qualche parola più o meno accesa di qualcuno di parte<br />
nostra, quando quelle amministrazioni effettivamente camminavano secondo<br />
una linea precisa nella quale non vi era posto per l’illegalità […] La maggioranza<br />
socialista del comune di Rovigo offerse (e <strong>qui</strong> vi è qualche deputato che<br />
me ne può fare testimonianza) i garofani bianchi ai consiglieri di minoranza.<br />
Questi sono i costumi civili della nostra provincia.<br />
Le indennità [agli amministratori, contestate dai deputati fascisti] erano<br />
quelle, e anzi inferiori, a quelle del progetto votato in Parlamento. E i sussi-<br />
175<br />
L’ultima giornata, “Avanti!”, 7 apr. 1922.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 61<br />
di stessi consentiti dall’onorevole Giolitti per circolare ai prefetti. In verità<br />
c’erano solamente le tasse! E quello fu l’argomento che ha scatenato la violenza<br />
degli agrari. I nostri consigli comunali non si adattavano a seguire la politica<br />
balorda del governo che fa debiti per pagare le spese ordinarie, ma io ho<br />
insegnato ai miei comuni a pagare le spese ordinarie con le ordinarie entrate”<br />
176 .<br />
Ecco quello che aveva scatenato la violenza contro le giunte comunali socialiste,<br />
non la paura del mito della rivoluzione proletaria, ma la concreta pratica<br />
amministrativa – propagandata nei congressi ed insegnata in particolare da<br />
Matteotti – che prevedeva il pagamento delle spese ordinarie con le entrate ordinarie<br />
garantite da tasse ed imposte a carico delle classi agiate. Le spese ordinarie,<br />
come aveva scritto ne l’Avanti!, non dovevano essere pagate con prestiti<br />
che tra l’altro, era molto difficile reperire, perché: “ai Comuni beniamini si continuano<br />
le concessioni di prestiti. Ma tutte le Casse, e specialmente le locali, si<br />
chiudono inesorabilmente ai Comuni socialisti” 177 .<br />
5.5.3. I sindaci socialisti “finanziano” i propri comuni: l’esempio di Zanardi<br />
e Matteotti<br />
E che cosa significasse non avere risorse per sindaci e amministratori socialisti<br />
lo sapevano bene uomini come Matteotti e Zanardi. Alla fine del 1914,<br />
nell’avviare l’iniziativa che, successivamente, avrebbe dato vita agli Enti comunali<br />
di consumo, il sindaco di Bologna, il “sindaco del pane”, decise di aprire<br />
degli spacci municipali dove vendere generi alimentari, combustibili per uso<br />
domestico e tessuti a basso prezzo per la popolazione più povera, i “negozi Zanardi”.<br />
Per aprirli il sindaco sotto la sua personale responsabilità, “aveva usato<br />
soldi del Comune per finanziare un’iniziativa che aveva un preciso carattere privato.<br />
In quell’operazione Zanardi rischiò tutto: la sua onorabilità e anche la sua<br />
florida azienda farmaceutica. Egli sapeva che se i suoi ‘negozi’ avessero fatto fallimento<br />
avrebbe dovuto ritirasi a vita privata dopo avere pagato di persona i<br />
danni provocati alla municipalità” 178 .<br />
Matteotti, nella sua attività di sindaco e di amministratore in alcuni comuni<br />
del Polesine “colpiva la ricchezza e aiutava di tasca propria i comuni”. Nel<br />
gennaio del 1913 prestava senza interessi, come sindaco, 12.000 lire al comune<br />
di Villamarzana, somma che doveva essere restituita in 4 rate da 3.000 lire;<br />
nel 1914, come assessore, si dichiarava pronto ad assumere su di sé la spesa di<br />
900 lire per istituire una scuola nel comune di Fratta Polesine 179 .<br />
176<br />
Atti della Camera. Discussioni, tornata del 27 lug. 1921, pp. 746-7.<br />
177<br />
Gema, Il comune con<strong>qui</strong>stato al socialismo…., cit.<br />
178<br />
Onofri, La grande guerra nella città rossa..., cit., p. 158.<br />
179<br />
Fondazione Pietro Nenni, Giacomo Matteotti, Ricerca documentaria di Gianna Granati,<br />
Città di Castello, 2005, pp. 157-8.
62 PARTE I<br />
5.6. Il XIX Congresso nazionale del Psi, l’espulsione dei riformisti e la fine<br />
della Lega<br />
Dal 1° al 4 ottobre 1922 si svolse a Roma il XIX Congresso nazionale del<br />
Psi. La sera del 3 ottobre, con una maggioranza di circa 3.000 voti (32.106 contro<br />
29.119) la mozione dei massimalisti prevalse su quella degli unitari, votata<br />
dai riformisti i quali, di conseguenza, vennero espulsi dal partito 180 . Il pomeriggio<br />
seguente, il 4 ottobre, il congresso approvò, a grande maggioranza, un<br />
ordine del giorno sul tema “Comuni e amministrazioni locali” nel quale era<br />
scritto:<br />
“Le amministrazioni ancora tenute dai socialisti in comunione con elementi riformisti<br />
devono dimettersi. Alla direzione del Partito è riservato di decidere il contrario<br />
circa particolari eccezioni” 181 .<br />
Quella stessa mattina, i riformisti capeggiati da Filippo Turati, fondarono il<br />
Partito socialista unitario, tra gli aderenti vi erano due tra i massimi esponenti<br />
della Lega Matteotti e Caldara; la loro presa di posizione rispetto agli enti locali<br />
era diversa: bisognava sostenere le amministrazioni locali socialiste. Sindaci<br />
ed assessori socialisti dovevano essere aiutati a rimanere al loro posto, come<br />
aveva deliberato la Lega l’anno precedente. Sul tema “Comuni e province” parlarono,<br />
tra gli altri, Zanardi e Matteotti e venne approvato l’ordine del giorno<br />
proposto da Modigliani:<br />
“La Costituente, nell’intesa che il prossimo congresso del Partito socialista italiano<br />
unitario prenda più precise direttive in ordine alla con<strong>qui</strong>sta ed alla gestione<br />
delle amministrazioni locali, non ravvisa nella scissione una ragione di<br />
per sé sufficiente ad indurre i compagni a dimettersi dalle amministrazioni locali,<br />
ed in ordine alle prossime elezioni amministrative, demanda ogni decisione<br />
alle Federazioni provinciali, fermo il diritto della Direzione a mettere il proprio<br />
veto a manifestazioni incompatibili con le direttive del partito” 182 .<br />
5.6.1. Lo scioglimento della Lega<br />
Mentre i riformisti ribadirono il loro sostegno alle giunte socialiste i massimalisti<br />
del Psi decisero esattamente il contrario. La direzione del partito riunitasi<br />
il 6 ottobre, dopo la fine del congresso, “presenti i compagni: Buffoni, Corsi,<br />
Fioritto, Garruccio, Lo Sardo, Marzi, Ribaldi, Serrati, Valeri per la Federazione<br />
giovanile socialista”, votò, tra le altre, le seguenti decisioni:<br />
“Lega dei comuni socialisti<br />
La direzione delibera di dichiarare sciolta la Lega dei comuni socialisti e costituire<br />
presso la sua sede un ufficio di assistenza e consulenza amministrativa.<br />
180<br />
Le due mozioni in votazione, “Avanti!”, 4 ott. 1922, p. 2; sul congresso cfr. Franco Pedone<br />
(a cura di), Il Partito socialista italiano nei suoi congressi. Volume III, 1917-1926, Milano, Edizioni<br />
Avanti!, 1963, pp. 238-246.<br />
181<br />
Le amministrazioni locali, “Avanti!”, 5 ott. 1922, pp.1-2.<br />
182<br />
Il congresso dei social-democratici, “Avanti!”, 5 ott. 1922, p. 2
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 63<br />
Le elezioni amministrative<br />
La direzione del Partito socialista italiano, in ordine alla questione delle elezioni<br />
amministrative ora indette in molte province, riafferma il dovere dei socialisti<br />
di partecipare alla lotta elettorale per la con<strong>qui</strong>sta degli Enti locali.<br />
Le modalità per la partecipazione saranno determinate volta per volta dalla Direzione,<br />
secondo le condizioni del luogo e della lotta” 183 .<br />
Il successivo congresso, il XX, che si svolse a Milano dal 15 al 17 aprile<br />
1923, si concentrò soprattutto sui rapporti con la III Internazionale e sul futuro<br />
del partito, che si decise di mantenere in vita nonostante l’Internazionale<br />
spingesse alla fusione con il Pci. Per quanto riguarda le amministrazioni locali,<br />
la mozione del comitato di difesa socialista che era stata approvata dal Congresso<br />
(5.361 voti contro 3.968) non le citava nemmeno 184 . Il “programma minimo”<br />
che aveva permesso la fioritura delle amministrazioni locali socialiste era<br />
stato dimenticato dal Psi proprio mentre le squadre fasciste stavano compiendo<br />
la loro opera distruttiva nei confronti di comuni e province socialiste.<br />
I comunisti avevano lasciato la Lega nel 1921 per aprire propri uffici di consulenza<br />
perché erano convinti che i propri aderenti fossero troppo pochi per<br />
poter influenzare l’organizzazione. Il Psi, forte della propria maggioranza all’interno<br />
del movimento socialista, decise di chiudere la Lega dopo la scissione<br />
riformista, quasi certamente, perché la ritenne un’organizzazione controllata da<br />
aderenti al Partito socialista unitario e volle togliere, così, uno strumento che<br />
riteneva potesse essere utilizzato dai rivali.<br />
Così Ragionieri commenta la situazione del movimento socialista in quegli<br />
anni:<br />
“Mentre dalla base operaia e popolare saliva una forte spinta unitaria e si esprimeva<br />
una decisa e disperata volontà di lotta contro il fascismo, i partiti e gli organismi<br />
costituiti del movimento operaio italiano non seppero raccogliere queste<br />
indicazioni e con la loro condotta contribuirono a indebolire la capacità di<br />
resistenza popolare, facilitando la vittoria fascista” 185 .<br />
L’Anci non mancò l’occasione di sottolineare il legame tra il Psi e la Lega, a<br />
cui addebitò la fine dell’organizzazione dei comuni:<br />
“Lo scioglimento della Lega dei comuni socialisti, che giunge a pochi giorni<br />
di distanza del Congresso di Roma, dove la scissione del partito fu solennemente<br />
proclamata, è un fatto che merita speciale rilievo, perché conferma ancora<br />
una volta l’errore commesso dal partito socialista quando – in un momento<br />
in cui il socialismo sembrava arbitro dei destini d’Italia – esso pretese<br />
che le Amministrazioni rosse ritirassero la propria adesione all’Associazione dei<br />
Comuni Italiani e affidassero la difesa degli interessi municipali ad una organizzazione<br />
di partito.<br />
La necessità in cui il partito socialista si è trovato di sciogliere la Lega di<br />
fronte alla scissione della sua compagine, dimostra chiaramente come soltanto<br />
183<br />
Riunioni della direzione del Partito, “Avanti!”, 7 ott. 1922, p.1; il corsivo è redazionale.<br />
184<br />
Pedone (a cura di), Il Partito socialista italiano nei suoi congressi. Volume III, cit., pp. 259-277.<br />
185<br />
Ernesto Ragionieri, La storia politica e sociale, in Storia d’Italia, IV, t. 3, Dall’Unità a oggi,<br />
Torino, Einaudi, 1976, pp. 2116-7.
64 PARTE I<br />
una organizzazione apolitica possa far opera di efficace tutela di fronte alle alterne<br />
vicende dei partiti” 186 .<br />
Nell’ultimo numero de “Il Comune moderno. Rivista degli enti locali. Organo<br />
della Lega dei Comuni Socialisti”, stampato a Torino e datato ottobredicembre<br />
1922, il direttore, Casalini, annunciò la cessazione delle pubblicazioni<br />
della rivista. Ufficialmente la chiusura era dovuta alle cattive condizioni<br />
di salute del direttore, tra le righe, invece, si poteva leggere una chiara denuncia<br />
della violenza fascista: “meglio non scrivere che dare alla penna una flessibilità<br />
ripugnante” 187 . Nessun accenno, invece, alla decisione del Psi di chiudere<br />
la Lega, forse perché sarebbe stato troppo doloroso ricordare che lo stesso<br />
partito che aveva dato vita alla Lega, anche per proteggere e difendere i comuni<br />
socialisti, decise di chiuderla quando più forte sarebbe stata la sua necessità.<br />
Rovesciando sui massimalisti l’accusa che nel 1953 Ragionieri riferiva ai socialdemocratici<br />
dell’Italia liberale, è possibile affermare che con la chiusura della<br />
Lega si manifestava palesemente la sottovalutazione, costante in tutto il massimalismo<br />
italiano, del problema del comune e della con<strong>qui</strong>sta del comune da<br />
parte della classe operaia 188 . Non riconoscere comuni e province come pilastro<br />
della democrazia dell’Italia del primo dopoguerra fu un errore gravissimo da<br />
parte dei massimalisti. Scrive Aimo:<br />
“Come è avvenuto per il municipalismo di marca cattolica, la crisi del modello<br />
giolittiano e i travagli del primo dopoguerra condurranno ad un declino del<br />
socialismo municipale, che subirà pure gli effetti negativi della rinnovata e ancor<br />
più lacerante, contrapposizione, nel movimento operaio, fra le correnti riformatrici<br />
e quelle massimalistiche. Di queste divisioni approfitterà il nascente fascismo,<br />
che utilizzerà lo squadrismo e la violenza per colpire e sradicare le amministrazioni<br />
locali in mano alle Sinistre(e ai popolari)” 189 .<br />
5.6.2. Un bilancio della “rinascita comunale”<br />
Si chiudeva con il fascismo un periodo iniziato nel 1901, un periodo di<br />
grande speranza, e non solo per le autonomie locali, definito da Aimo della “rinascita<br />
comunale”:<br />
“Risale appunto a questo periodo (ottobre 1901) la fondazione dell’Associazione<br />
dei Comuni italiani, che rannoda, dunque, tante periferie disperse, ne assume,<br />
per così dire, la rappresentanza “sindacale” e diventa un interlocutore per<br />
il potere statale. Luogo di incontro e di elaborazione di strategie unitarie tanto<br />
più rilevante se si tiene conto che in esso confluiscono i delegati di forze poli-<br />
186<br />
Il comune e i partiti politici, AC, n. 5, nov. 1920, p. 1.<br />
187<br />
g.c. (Giulio Casalini), Commiato, Icm, , ott.-nov.-dic., 1922, p. 273.<br />
188<br />
La frase originaria di Ragionieri è: “si manifestava palesemente la sottovalutazione, costante<br />
in tutta la socialdemocrazia italiana, del problema dello stato e della con<strong>qui</strong>sta dello stato da parte<br />
della classe operaia”, Ragionieri, Sesto Fiorentino..., cit., pp. 110-1; il corsivo è redazionale.<br />
189<br />
Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, cit. pp. 90-1.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 65<br />
tiche antagonistiche che non riusciranno, sul piano propriamente politico-parlamentare,<br />
a trovare momenti di accordo stabili e significativi”.<br />
Una stagione che non solo non si era interrotta con la nascita della Lega ma che<br />
proprio con la nascita della Lega aveva avuto un ulteriore impulso, una ulteriore<br />
sollecitazione progettuale, come avevano dimostrato, ad esempio, l’attività del comune<br />
di Bologna e le proposte discusse nei congressi della Lega. Aimo sottolinea<br />
in senso sfavorevole il fatto che “l’affiliazione partitica toccherà, certamente, anche<br />
queste forme di aggregazione volontaria e spontanea [il riferimento è all’Anci] (si<br />
pensi ad esempio alla Lega dei Comuni socialisti, del 1916) ma l’elemento consociativo<br />
e collaborativo sarà comunque prevalente” 190 . Di per sé la costituzione della<br />
Lega non deve essere considerato un fatto negativo, solo per il fatto che l’organizzazione,<br />
diversamente, dall’Anci, fosse legata ad un partito. Proprio perché legata<br />
ad un partito con una lunga storia di attenzione verso gli enti locali, con una<br />
forte identità ed un altrettanto forte senso di appartenenza come il Psi, infatti, la<br />
Lega fu in grado di attrarre e di coinvolgere in un’azione collettiva amministrazioni<br />
locali che non avrebbero accettato di far parte di alcun altra associazione. Se non<br />
l’avessero ostacolata le fortissime divisioni interne, che corrispondevano a quelle<br />
esistenti nello stesso Psi, la Lega sarebbe stata in condizione di mobilitare le organizzazioni<br />
del movimento dei lavoratori ed il forte gruppo parlamentare socialista<br />
come quasi certamente mai sarebbe stato in grado di fare l’Anci, né rispetto ai sindacati,<br />
né rispetto ai propri parlamentari di riferimento.<br />
Nella visione dei riformisti la Lega non prevedeva l’incompatibilità con l’adesione<br />
all’Anci e anche quando su decisione dell’assemblea costitutiva del 1916<br />
– ed il contributo determinante di Lazzari – l’incompatibilità venne infine stabilita,<br />
la dirigenza riformista dell’organizzazione si mosse, nei fatti, in coordinamento<br />
con l’Associazione dei comuni. Pur separata dall’Anci la Lega era protagonista<br />
del movimento per le autonomie locali, andandone ad occupare quella<br />
può essere definita l’ala sinistra, accanto all’Associazione dei comuni di Sturzo,<br />
al centro, ed all’ala destra, dove poteva essere collocata la meno forte Upi.<br />
Grazie anche al prestigio di uomini come Caldara la Lega non venne trascinata<br />
in operazioni velleitarie come quelle adombrate dalle circolari Lazzari del<br />
1917, garantendo così alle amministrazioni locali socialiste una rete di comunicazione<br />
e di contatti sulla base della quale promuovere iniziative a vantaggio dei<br />
comuni non solo di tipo politico-istituzionale, come quelle svolte in Parlamento,<br />
ma anche dirette a sviluppare attività a beneficio dei cittadini come, ad esempio,<br />
quella che dette vita nel 1917 alla Federazione degli enti comunali di consumo<br />
191 .<br />
5.7. La fine dell’Anci e dell’Upi<br />
Se la fine della Lega fu causata dalla miopia dei dirigenti del Psi quella dell’Anci<br />
si verificò, nei termini che verranno descritti, per la debolezza della diri-<br />
190<br />
Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, cit. p. 83.<br />
191<br />
Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra..., cit., p. 155-6.
66 PARTE I<br />
genza liberale e cattolica che lasciò ai fascisti la libertà di decidere i termini della<br />
fine dell’Associazione.<br />
Dalla seconda metà del 1923 gli uomini in camicia nera entrarono nell’Anci<br />
sostituendo gli amministratori democratici come Luigi Sturzo, rimasto nell’Associazione<br />
anche dopo la fondazione del Partito popolare italiano nel 1919.<br />
I più famosi tra i nuovi dirigenti furono Roberto Farinacci e Cesare Rossi, consiglieri<br />
comunali rispettivamente a Cremona e a Milano 192 . Rossi poi, nell’ottobre<br />
del 1923, divenne vicepresidente dell’organizzazione insieme ad un altro fascista<br />
Giuseppe Puca, sindaco di Castellamare Adriatico 193 , in sostituzione di<br />
Sturzo e Fortunato Buzzi 194 , decaduti perché non rieletti nei rispetti consigli comunali.<br />
In quegli stessi giorni, l’8 ottobre 1923, il presidente del consiglio Benito<br />
Mussolini incontrava la direzione dell’Anci 195 .<br />
Qualche mese dopo, nel febbraio del 1924, la vecchia Anci e l’organizzazione fascista<br />
degli enti locali, la Confederazione nazionale degli enti autarchici (Cnea), costituita<br />
appena l’anno precedente 196 , stabilirono un “Patto d’intesa” 197 . Circa un anno<br />
più tardi però, il “Patto”, secondo le affermazioni della dirigenza dell’Anci, venne<br />
“improvvisamente denunciato” dall’organizzazione fascista 198 . Per la Cnea, era<br />
“tramontata ogni possibilità d’intesa fra la Confederazione Nazionale degli Enti Autarchici<br />
e l’Associazione dei Comuni Italiani” 199 . Il 5 gennaio 1926 il consiglio direttivo<br />
dell’Associazione annunciava che nella precedente riunione del 15 dicembre:<br />
192<br />
A questo proposito il consiglio direttivo dell’Anci aveva rilevato, fin dal dicembre del<br />
1922, “come fosse avvenuta una rinnovazione di molte amministrazioni comunali e come nuove<br />
correnti politiche si fossero inserite nel ritmo della vita comunale italiana”; Integrazione del<br />
Consiglio direttivo dell’Associazione dei comuni, AC, n. 9, set. 1923, p. 1.<br />
193<br />
Riunione del Consiglio direttivo dell’Associazione dei Comuni Italiani, AC, n. 10, ott.<br />
1923, p. 2.<br />
194<br />
Sturzo, Buzzi e Dario Franco, erano stati nominati vicepresidenti a seguito del congresso<br />
del XVI congresso dell’Anci svoltosi a Parma nel novembre 1921, Il XIV Congresso nazionale<br />
dei comuni, AC, lug. 1922, p. 2. Dario Franco rimase in carica anche negli anni successivi, a<br />
fianco dei due vicepresidenti fascisti.<br />
195<br />
Importanti dichiarazioni di S.E. Mussolini ai rappresentanti dell’Associazione dei Comuni<br />
Italiani, AC, n. 10, ott. 1923, p. 1.<br />
196<br />
Fu il fascista ferrarese Giuseppe Ghedini, ragioniere del Ministero dell’interno, ad ideare<br />
nel 1922, nella provincia di Ferrara, una Federazione provinciale dei comuni fascisti di cui<br />
divenne segretario. Sul modello di quella Federazione, sempre a Ferrara, l’anno seguente venne<br />
costituita la Cnea, di cui Ghedini sarebbe stato segretario fino al febbraio 1926, data della sua<br />
morte. Nel dicembre del 1924 il Gran Consiglio del fascismo ed il direttorio del PNF dichiararono<br />
la Confederazione “organo ufficiale del Partito Nazionale Fascista”; Giuseppe Ghedini,<br />
Rdp feb. 1926, pp. 34-5. L’organo cambiò la propria denominazione da Confederazione nazionale<br />
in Confederazione generale a partire dal novembre del 1926; Confederazione generale<br />
degli enti autarchici, Federazione nazionale delle provincie, Rdp nov.-dic. 1926, pp 309-313.<br />
197<br />
Un patto d’intesa fra l’Associazione dei comuni e la Confederazione fra le federazioni provinciali<br />
degli enti autarchici locali, AC, feb. 1924.<br />
198<br />
Associazione dei comuni italiani, Relazione morale e finanziaria. Novembre 1921-dicembre<br />
1925 (approvata dal Consiglio direttivo nella seduta del 15 dicembre 1925), Roma, 1925, p. 7.<br />
199<br />
ArSCPr, Anno 1925, Amministrazione comunale 1, fasc. Amministrazione comunale.<br />
Abbonamenti. Anno 1925, Confederazione Nazionale degli Enti Autarchici, Federazione provinciale<br />
di Parma; Oggetto: Rapporti fra la Confederazione Enti Autarchici e l’Associazione dei Comuni<br />
Italiani, s.d., (febbraio 1925).
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 67<br />
“per evitare una dispersione di energie, [decise di] addivenire alla fusione delle<br />
due organizzazioni previa revoca della qualità di Ente morale, riconosciuta all’Associazione<br />
[…] In dipendenza di tale deliberato, l’Associazione dei Comuni<br />
Italiani ha cessato, con il 31 dicembre 1925, ogni attività ed esaurita la li<strong>qui</strong>dazione<br />
della sua gestione quale Ente, verrà successivamente fusa nella Confederazione<br />
Nazionale degli Enti autarchici” 200 .<br />
Questa, in breve, la successione degli avvenimenti che portò alla fine dell’Associazione<br />
dei comuni.<br />
5.7.1. L’inutile tentativo dell’Anci di ingraziarsi il fascismo. La clandestinità<br />
istituzionale dell’Upi<br />
Scorrendo i documenti ufficiali si ha modo di giudicare quanto ingloriosa<br />
fu questa fine. Il resoconto della riunione del 15 dicembre 1925 iniziava con il<br />
richiamo all’inesistente merito di essersi opposta ad un – in realtà mai avvenuto<br />
- tentativo socialista di appropriarsi dell’Associazione “che aveva vittoriosamente<br />
resistito nel 1916 al tentativo di con<strong>qui</strong>sta compiuto dai rappresentanti<br />
dei Comuni socialisti, i quali tendevano a farne un organo del loro partito”.<br />
Tradendo nella sostanza la tradizione moderata dell’Associazione e tramutandola<br />
in accondiscendenza verso il più forte, la direzione ricordava la propria<br />
adesione naturale al fascismo. L’Anci, dopo avere vinto i socialisti, “veniva a trovarsi<br />
naturalmente inserita nel nuovo movimento nazionale, pur senz’assumere<br />
atteggiamenti contrari alle precise disposizioni statutarie e senza cambiare sostanzialmente<br />
il proprio ordinamento”. E così, sempre rispettando lo statuto,<br />
“sorta la Confederazione degli Enti Autarchici, quale organo eminentemente<br />
rappresentativo di Amministrazioni locali fasciste, la Presidenza dell’Associazione<br />
si trovò facilmente d’accordo con i dirigenti di essa” e firmò il Patto poi<br />
denunciato dalla Cnea.<br />
La relazione continuava ancora per molte pagine con un’interessante descrizione<br />
dell’ampia e meritoria attività tecnico-amministrativa svolta in favore dei<br />
comuni, e si concludeva con l’annuncio da parte della dirigenza dell’Anci, inspiegato<br />
e inspiegabile - se non con la denuncia della sopraffazione fascista -<br />
della possibilità della propria fine:<br />
“Se <strong>qui</strong>ndi una nuova situazione di cose, per quanto estranea alla sua azione e<br />
ai fini che ha sempre perseguiti, vorrà che l’Associazione cessi di esistere, noi accetteremo<br />
con rammarico questa necessità, ma anche con profondo orgoglio,<br />
con l’orgoglio che ci deriva dal fatto di consegnare ad altri una istituzione che<br />
aveva ac<strong>qui</strong>stato simpatie ovunque” 201 .<br />
200<br />
Acs, Fondo Presidenza del consiglio dei ministri (Pcm), anno 1926, b. 909, fasc.<br />
3.18.205, Associazione dei comuni italiani, Roma, 5 gen. 1926; Oggetto: Relazione morale e finanziaria<br />
– Fusione dell’Associazione dei comuni italiani con la Confederazione degli Enti Autarchici.<br />
201<br />
Associazione dei comuni italiani, Relazione morale e finanziaria. Novembre 1921-dicembre<br />
1925…, cit., pp. 6 e 40.
68 PARTE I<br />
Nella cronaca ufficiale della riunione del 15 dicembre 1925 inviata ai comuni<br />
non v’era traccia di alcuna decisione suicida da parte della direzione, che<br />
si era limitata ad esprimere solamente il timore della propria fine. Molto probabilmente<br />
la scomparsa dell’Anci era già stata decretata, ma i dirigenti speravano<br />
ancora nel successo delle pressioni che qualche personalità fascista dell’Anci<br />
stava facendo sul governo e sullo stesso Mussolini, sottolineando l’utilità<br />
di continuare l’attività dell’organizzazione anche nel nuovo regime politico<br />
202 . Quelle pressioni, però, furono inutili e il 5 gennaio 1926 la direzione fu<br />
costretta ad annunciare, con data retroattiva, il suicidio dell’Anci.<br />
Della vecchia dirigenza liberale, rimasta dopo l’uscita dei cattolici, c’erano<br />
ancora il presidente Teofilo Rossi di Montelera e il vicepresidente Franco, forse<br />
troppo poco per pensare a dichiarazioni più decise, sta di fatto che: “la vecchia<br />
e gloriosa Associazione dei comuni, con la sua rivista ‘L’Autonomia comunale’”,<br />
scrive Rotelli, “aveva abbandonato la scena […] e lo aveva fatto senza sbattere la<br />
porta consentendo, così, alla Confederazione fascista di autominarsene erede” 203 .<br />
Il giudizio di Rotelli è duro ma, complessivamente, giustificato. È vero che<br />
la fine dell’Anci avvenne quasi per soffocamento, in forma lenta e progressiva,<br />
è vero che fu la natura democratica dell’organizzazione a permettere l’insediamento<br />
di una nuova maggioranza di amministratori affermatasi non con il voto<br />
ma con la violenza. L’Anci, però, tra la fine del 1920 e l’inizio del 1923<br />
avrebbe avuto il tempo per denunciare la violenza fascista contro i comuni ma<br />
non lo fece - almeno a giudicare dalla pur non esaustiva documentazione disponibile<br />
204 - per una malintesa moderazione politica, o forse per opportunismo.<br />
Non è improbabile, infatti, che la direzione dell’Anci almeno in un primo tempo,<br />
avesse creduto che quella violenza sarebbe stata limitata alle amministrazioni<br />
socialiste, quando poi fu la volta delle amministrazioni cattoliche i liberali<br />
pensarono che almeno loro sarebbero potuti rimanere, dopo fu troppo tardi:<br />
nel disegno della dittatura la cancellazione dell’autonomia locale e delle libertà<br />
civili e politiche dei cittadini andavano di pari passo 205 .<br />
Il fascismo non si accontentò della fine dell’Anci che, non a caso, svanì alla<br />
vigilia dell’emanazione delle leggi che nel 1926 sostituirono i sindaci con i podestà<br />
206 , mentre quel che rimaneva dell’Upi venne fatto sparire, almeno uffi-<br />
202<br />
Cfr. Acs, Pcm, anno 1925, fasc. 3.18.1455, Copia della lettera dell’Associazione dei comuni<br />
italiani – Sezione provinciale Como – Varese – Lecco, Como 9 aprile 1925, allegata all’appunto<br />
inviato dall’On. Conte Pier Gaetano Venino al on. conte Giacomo Suardo, Sottosegretario<br />
di stato alla Presidenza del consiglio, Milano 13 apr. 1925.<br />
203<br />
Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento comunale e provinciale durante il periodo fascista…,<br />
cit., p. 180.<br />
204<br />
Non esistendo un archivio storico dell’Anci relativo al primo ‘900, si è fatto riferimento<br />
alle pagine dell’organo ufficiale dell’organizzazione, “L’Autonomia comunale” che, dopo un<br />
numero datato gen.-ott. 1919, riapparve nel luglio del 1922 fino al novembre 1925.<br />
205<br />
Sul collegamento tra la soppressione delle libertà individuali e dell’autonomia degli enti<br />
locali durante il fascismo, esiziale in particolare per le minoranze etniche e linguistiche situate<br />
in Italia, cfr. Sandro Fontana, Il fascismo e le autonomie locali, in, idem (a cura di), Il fascismo e<br />
le autonomie locali, Bologna, Il Mulino, 1973, pp. 9-19.<br />
206<br />
Le leggi 4 feb. 1926, n. 237 e 3 set. 1926, n. 1910, diedero vita ai podestà, la prima nei<br />
comuni fino a 5.000 abitanti, la seconda in tutti gli altri.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 69<br />
cialmente, alla fine del 1928 207 proprio nei giorni in cui i presidenti delle deputazioni<br />
provinciali vennero cambiati con i presidi 208 , sia gli uni che gli altri di<br />
nomina governativa. Sempre nel 1928, infatti, scomparve anche la Confederazione<br />
degli enti autarchici, pur essendo questa una “‘creazione eminentemente<br />
fascista’ [che] si collocava in modo organico all’interno del Partito e del regime<br />
e professava un’adesione assoluta alla ideologia ufficiale”. Rotelli evidenzia il<br />
fatto che la Confederazione “costituì un elemento dialettico di un certo rilievo”<br />
209 all’interno del regime, ma, evidentemente, non fu certo questo a contribuire<br />
alla sua sopravvivenza.<br />
Il fascismo dopo aver cancellato l’Anci ed aver annullato l’autonomia di<br />
comuni e province decise di far scomparire qualsiasi tipo di organizzazione di<br />
enti locali. Il governo nazista della Germania, invece, negli stessi anni, non<br />
chiuse ma ristrutturò a proprio piacimento le associazioni comunali nazionali,<br />
anche per rilanciare la loro presenza nel panorama europeo ed internazionale<br />
come strumenti della propaganda nazista. Mentre la tradizionale autonomia<br />
dei comuni della Germania veniva rispettata, almeno formalmente, anche<br />
negli anni del Terzo Reich, il tradizionale centralismo dell’Italia aveva modo<br />
di affermarsi pienamente attraverso la dittatura fascista, sopprimendo anche<br />
la minima parvenza di autonomia locale. Fu in Spagna, sempre tra le due<br />
guerre mondiali, che la tradizione di centralismo politico-istituzionale ebbe<br />
modo di manifestarsi in modo simile a quello italiano. Nella penisola iberica,<br />
infatti, il dittatore Francisco Franco, nel 1939, uscito vittorioso dalla guerra<br />
civile, soppresse l’organizzazione dei comuni spagnoli, l’Unión de Municipios<br />
Españoles 210 .<br />
Per quanto riguarda l’organizzazione delle province, nel 1926 l’Upi divenne sezione<br />
della Confederazione nazionale degli enti autarchici, nel 1927 Federazione<br />
nazionale delle province, dal 1929 la Confederazione fascista venne soppressa<br />
e, con essa, anche la Federazione. Di fatto, però, l’organizzazione delle<br />
province continuò ad esistere e proseguì la propria attività fino al 1943 in una<br />
sorta di clandestinità istituzionale, camuffandosi come “comitato di direzione”<br />
del mensile “Rivista delle provincie”, già organo ufficiale dell’Upi, diretto da<br />
Pietro Gilardoni 211 .<br />
207<br />
L’informazione sulla fine dell’organizzazione fascista è ricavata da una frase del presidente,<br />
Maurizio Maraviglia, nell’introduzione di un volume, dove scrive di “cessazione della Confederazione”,<br />
(Partito nazionale fascista, Confederazione generale degli enti autarchici, Annuario<br />
statistico delle città italiane. Anno VII, Roma, 1929, p. III).<br />
208<br />
Con la legge 27 dic. 1928, n. 2962.<br />
209<br />
Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento comunale e provinciale durante il periodo fascista…,<br />
cit., p. 180.<br />
210<br />
Joan-Anton Sánchez de Juan, Il movimento di riforma municipale in Spagna e i rapporti<br />
con le reti intermunicipali europee (1900-1936), in Patrizia Dogliani e Oscar Gaspari (a cura di),<br />
L’Europa dei comuni. Origini e sviluppo del movimento comunale europeo dalla fine dell’Ottocento<br />
al secondo dopoguerra, Roma, Donzelli, 2003, pp. 123-148.<br />
211<br />
Pietro Gilardoni era figlio di Annibale, deputato popolare aventiniano, giornalista de “Il<br />
Popolo”, collaboratore di Sturzo, allontanato dalla segreteria dell’Upi nel 1924 su esplicita richiesta<br />
del Ministro delle finanze Alberto De Stefani Gaspari, L’Italia delle Province…, cit., pp.<br />
78-88; 104-113.
70 PARTE I<br />
Nulla meglio di questa vicenda evidenzia la forza del movimento per le autonomie<br />
locali nella storia politico-istituzionale italiana, che riuscì in qualche<br />
modo a conservare una sia pur flebile continuità persino negli anni della dittatura<br />
fascista.<br />
5.8. Dalla questione comunale alla questione urbanistica, e la sconfitta dei<br />
tecnici municipali<br />
Il fascismo e la fine della democrazia, privarono il movimento per le autonomie<br />
locali delle proprie organizzazioni e della possibilità di un’elaborazione<br />
politico-istituzionale, ma alcuni singoli tecnici, appartenenti alla parte più forte<br />
ed attiva del movimento, quello comunale, continuarono a sviluppare proposte<br />
di tipo scientifico e contribuirono a costituire una nuova e diversa organizzazione<br />
nell’ambito della quale operare autonomamente. La fondazione dell’Istituto<br />
nazionale di urbanistica (Inu) nel 1930, ad un lustro dalla fine dell’Anci,<br />
sancì il passaggio dalla questione comunale alla questione urbanistica. Detto<br />
in termini molto sintetici, durante il fascismo si definì il passaggio da una<br />
concezione politica complessiva della gestione del governo locale, che comprendeva<br />
anche quella del territorio, ad un’altra di tipo tecnico-scientifico che<br />
si occupava soprattutto, se non solo, della costruzione della città. Il collegamento<br />
tra l’esperienza dell’Anci – e dell’Usci, per quanto riguarda la statistica -<br />
e quella dell’Inu era ben nota agli stessi protagonisti della fondazione della disciplina<br />
urbanistica, che lo riconobbero nella ricostruzione della storia dell’Inu<br />
fatta nel 1932 nel primo numero della rivista “Urbanistica”:<br />
“In Italia si ebbe dapprima un’Associazione dei Comuni italiani, seguita dall’Unione<br />
statistica delle città italiane. A Milano sorse in seguito l’Associazione<br />
Nazionale delle Abitazioni e dei Piani Regolatori, e infine, promossi dai Sindacati<br />
degli Architetti e degli Ingegneri, sorsero a Roma, a Torino e a Milano dei<br />
Gruppi di Urbanisti […, e] <strong>qui</strong>ndi l’Istituto Nazionale di Urbanistica sotto la<br />
presidenza dell’on. Prof. Arch. Alberto Calza Bini” 212 .<br />
Con l’Inu, scrive Zucconi: “Si realizza l’idea, lanciata a suo tempo dall’Associazione<br />
nazionale dei comuni italiani, di fondare ‘un centro di studi urbanistici<br />
e di altri studi municipali’, ma si concreta secondo modalità differenti da<br />
quelle auspicate dai municipalisti” 213 . Il progetto menzionato da Zucconi era<br />
quello di Silvio Ardy, un segretario comunale collaboratore dell’Anci come un<br />
altro protagonista della fondazione e della storia dell’Inu, Virgilio Testa, “considerato<br />
il fondatore del diritto urbanistico in Italia” 214 . Quello di Ardy era il<br />
212<br />
Armando Melis de Villa, Presentazione dell’Istituto nazionale di Urbanistica, “Urbanistica”,<br />
n. 1, 1932, p.2.<br />
213<br />
Guido Zucconi, La città contesa: dagli ingegneri sanitari agli urbanisti (1885-1942), Milano,<br />
Jaca Book, 1999 (I ed. 1989), p. 159.<br />
214<br />
Laura Besati, Contributi ad una storia dell’Inu 1930-1975, in Urbanisti italiani, Roma,<br />
Inu, 1995, p. 401; si rinvia a questo saggio anche per una breve ricostruzione delle vicende dell’Inu.
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE 71<br />
progetto di un Istituto italiano di urbanesimo e di alti studi municipali 215 , pubblicato<br />
nel 1926, fallito anche perché “[privilegiava] il buon governo della città<br />
a discapito della rappresentazione della forma” 216 .<br />
Durante il fascismo la prospettiva sostenuta dai municipalisti, come li definisce<br />
Zucconi, o dei tecnici municipali, come li chiama un altro storico dell’urbanistica,<br />
Adorno, venne “sconfitta a favore degli architetti libero professionisti,<br />
di cui si trova ampio riscontro nel dibattito culturale delle riviste del tempo”.<br />
Una sconfitta, scrive ancora Adorno, che avrebbe comportato sia la “affermazione<br />
della figura dell’architetto come costruttore d’immagine e promotore<br />
del consenso, rispetto al tecnico come gestore del buon governo e vestale dell’efficienza<br />
amministrativa”, sia la “negazione dei processi democratici nelle autonomie<br />
locali, dello svuotamento delle loro competenze nel controllo e nella<br />
costruzione del territorio” 217 .<br />
Alla luce di questa interpretazione, l’interesse della Lega verso l’urbanistica,<br />
nel periodo repubblicano, può essere interpretata come un tentativo di ricondurre<br />
tale questione all’interno di una visione complessiva del governo del territorio.<br />
215<br />
Silvio Ardy, Proposta di creazione di un Istituto italiano di urbanesimo e di alti studi municipali,<br />
Vercelli, 1926.<br />
216<br />
Paolo Nicoloso, Gli architetti di Mussolini: scuole e sindacato, architetti e massoni, professori<br />
e politici negli anni del regime, Milano, Franco Angeli, 1999, p. 69.<br />
217<br />
Salvo Adorno, Urbanistica fascista. Tecnici e professionisti tra storiografia e storia disciplinare,<br />
in “Contemporanea”, n. 1, 2001, pp. 144-6. Si veda anche, sempre di Adorno, Storia, saperi<br />
urbani, professioni: un percorso a mo’ d’introduzione, in idem, (a cura di) Professionisti, città<br />
e territorio. Percorsi di ricerca tra storia dell’urbanistica e storia della città, Gangemi editore, Roma,<br />
2002, p. 21.
PARTE II<br />
DURANTE LA REPUBBLICA,<br />
NEGLI ANNI DELLO SCONTRO<br />
1. La rinascita della Lega: le ragioni della fondazione della Lega<br />
dei comuni democratici<br />
1.1. La Resistenza e la rifondazione dello Stato su basi autonomistiche<br />
La rinascita della Lega avvenne in occasione del congresso degli amministratori<br />
locali comunisti e socialisti svoltosi a Firenze il 27 dicembre 1947 218 . La<br />
scelta del luogo rispondeva a precise ragioni politico-istituzionali legate alla Resistenza:<br />
“Se mai c’è stata nella storia unitaria una congiuntura nella quale la prospettiva<br />
della rifondazione dello stato su basi autonomistiche, cioè della restituzione<br />
del potere dal centro alla periferia, si sia delineata, essa si chiama Resistenza. Se<br />
mai c’è stata una fase di questa nella quale la prospettiva abbia ac<strong>qui</strong>stato nei<br />
fatti precisione di contorni istituzionali, essa va vista nella seconda metà del<br />
1944. Se mai c’è stato un luogo nel quale allora si siano poste le premesse del<br />
mutamento, esso deve essere individuato in Firenze, città e capoluogo riconosciuto<br />
dell’intera <strong>Toscana</strong>. Se mai c’è stato in quel contesto un soggetto politico,<br />
che come tale abbia apprezzato, assunto e propugnato la causa del capovolgimento<br />
della struttura dello Stato accentrato e della sua ricostruzione dal basso,<br />
esso non si può che identificarlo nel Comitato toscano di liberazione nazionale<br />
[Ctln]” 219 .<br />
L’omaggio di un autorevole studioso della storia delle istituzioni locali come<br />
Ettore Rotelli al ruolo svolto in favore delle autonomie locali da Firenze – e dal<br />
Ctln - negli anni della Resistenza e dell’immediato secondo dopoguerra può es-<br />
218<br />
Il Congresso dei comuni democratici a Firenze, “L’Amministratore democratico” (AD), dic.<br />
1947, pp. 1-3.<br />
219<br />
Ettore Rotelli, L’ipotesi toscana di fondazione della Repubblica, in idem, Costituzione e amministrazione…,<br />
cit., pp. 342-3; introduzione ai due volumi curati dallo stesso autore, La ricostruzione<br />
in <strong>Toscana</strong> dal CLN ai partiti, Bologna, Il Mulino, 1980-81, 2 voll. Sullo stesso argomento<br />
cfr. anche: Pier Luigi Ballini (a cura di), “La Nazione del Popolo”. Organo del Comitato<br />
Toscano di Liberazione Nazionale (11 agosto 1944-3 luglio 1946), Regione <strong>Toscana</strong>-Consiglio regionale,<br />
Firenze 1998; Pier Luigi Ballini, Luigi Lotti, Mario G. Rossi (a cura di), La <strong>Toscana</strong> nel<br />
secondo dopoguerra, Milano, Franco Angeli, 1991.
74 PARTE II<br />
sere sufficiente, in questa sede, a spiegare perché proprio in quella città le amministrazioni<br />
locali della sinistra decidessero di far rinascere una propria organizzazione<br />
ispirata alla Lega dei comuni socialisti: la Lega dei comuni democratici.<br />
Nessun’altra città italiana, infatti, avrebbe potuto incarnare meglio di<br />
Firenze le concrete istanze di autonomia di cui erano portatrici le amministrazioni<br />
locali della sinistra all’indomani della fine del fascismo e della seconda<br />
guerra mondiale.<br />
Fu il Comitato toscano di liberazione nazionale a sostenere con maggior forza<br />
e determinazione la necessità della riforma dell’istituto del prefetto, “l’aspetto<br />
politicamente più vistoso” del progetto di decentramento che il Ctln presentò<br />
al Governo, progetto che prevedeva l’attribuzione ai Cln regionali di numerose<br />
competenze amministrative dello Stato. Fu la Deputazione provinciale<br />
di Firenze, nell’ambito del dibattito sulla necessità di costituire l’ente Regione,<br />
a prefigurare in un ordine del giorno le competenze che si sarebbero dovute attribuire<br />
al nuovo istituto. In una primissima fase furono cattolici e azionisti i<br />
più attivi, mentre i comunisti furono più interessati all’esigenza della formazione<br />
dei quadri amministrativi comunali ed ai problemi del governo locale. All’indomani<br />
delle elezioni locali, infatti, la grande maggioranza dei comuni toscani<br />
venne governata da amministrazioni giunte di sinistra, con una forte presenza<br />
del Pci. Furono però poi quelle stesse amministrazioni a diventare eredi<br />
della battaglia del Ctln “per il rinnovamento istituzionale attraverso la difesa e<br />
il potenziamento delle autonomie locali” 220 .<br />
1.1.1. Il ruolo di Firenze e della <strong>Toscana</strong><br />
Fu così che, all’indomani delle elezioni amministrative del 1946 - che portarono<br />
alla testa di gran parte delle amministrazioni locali toscane i partiti della<br />
sinistra, e soprattutto il Pci - prese “gradualmente forma la condizione amministrativa<br />
del cambiamento, ossia la concreta gestione degli enti locali, finalizzata<br />
alla tutela degli interessi fondamentali delle classi popolari da parte della<br />
maggioranza di sinistra, e al tempo stesso impostata in chiave decisamente<br />
autonomistica, non secondo le linee di una strategia puramente antagonistica<br />
nei confronti del potere statale, ma intesa a costruire un effettivo sviluppo democratico,<br />
basato sull’iniziativa dal basso e su un ampio e reale coinvolgimento<br />
delle masse nella condizione della cosa pubblica” 221 .<br />
Nella <strong>Toscana</strong> del secondo dopoguerra, fucina di progetti di riforma istituzionale,<br />
ad essere al centro dell’attenzione dei partiti della sinistra, e soprattutto<br />
dei comunisti, non furono progetti propagandistici, puramente antagonisti<br />
220<br />
Mario G. Rossi, Regionalismo e forze politiche in <strong>Toscana</strong> dalla Liberazione al “centro sinistra”,<br />
in Simone Neri Serneri (a cura di), Alle origini del governo regionale. Culture, istituzioni,<br />
politiche in <strong>Toscana</strong>, Roma, Carocci, pp. 38-40; si rinvia a questo saggio ed all’intero volume<br />
per una sintetica ed utile sintesi della questione dell’autonomia locale e regionale in <strong>Toscana</strong><br />
dal secondo dopoguerra agli anni ’70 del ‘900.<br />
221<br />
Mario G. Rossi, Politica e amministrazione alle origini della <strong>Toscana</strong> “rossa”, in Ballini,<br />
Lotti, Rossi (a cura di), La <strong>Toscana</strong> nel secondo dopoguerra…, cit. pp. 432-3.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 75<br />
rispetto alla politica del governo ma, soprattutto, i concreti problemi del governo<br />
locale e quelli della formazione degli amministratori. In questo contesto<br />
fu di particolare importanza l’attività della Lega. Specie dopo il 1948, infatti:<br />
“la Lega diventa sempre più il centro promotore e coordinatore dell’iniziativa<br />
delle amministrazioni di sinistra, non tanto in opposizione alla politica governativa<br />
[…] quanto in funzione di una politica alternativa dei poteri locali, volta<br />
a soddisfare i bisogni primari della popolazione, ad attivare e potenziare i servizi<br />
pubblici essenziali, ad affermare l’effettiva autonomia della vita amministrativa<br />
contro le pesanti ingerenze dell’autorità statale”. Contro la Lega, <strong>qui</strong>ndi,<br />
e anche contro la molto attiva Unione regionale delle province toscana, organizzazione<br />
periferica dell’Upi, vennero minacciate e promosse le misure repressive<br />
dei prefetti 222 .<br />
Nonostante le peculiari caratteristiche del periodo e della mobilitazione politica<br />
del secondo dopoguerra, il protagonismo del capoluogo toscano negli anni<br />
della Resistenza e nell’immediato dopoguerra riguardo alle riforme istituzionali<br />
- nell’ambito di quello dell’intera regione - non era legato solo alla realtà<br />
politica dei partiti della sinistra. Il ruolo di Firenze in favore dello sviluppo dell’autonomia<br />
locale, infatti, si ricollega in modo chiaro ed evidente al tradizionale<br />
attivismo della città nella storia del movimento per le autonomie locali. Il<br />
comune di Firenze, come si è già accennato, nel primo ‘900 fu alla testa di un<br />
movimento di grandi comuni moderati del centro e del nord che si sviluppò<br />
poco prima di quello che avrebbe dato vita all’Anci nel 1901. Nello stesso capoluogo<br />
toscano, nel 1905, mosse i primi passi l’organizzazione statistica comunale,<br />
l’Usci, che avrebbe operato con successo in Italia per più di vent’anni.<br />
Ancora a Firenze, infine, per iniziativa di quella deputazione provinciale, all’avanguardia<br />
nell’elaborazione del progetto di riforma regionale, si svolse nel<br />
maggio del 1946 il congresso di rifondazione dell’Upi 223 .<br />
Una volta evidenziate le motivazioni che possono spiegare la scelta della città<br />
di Firenze quale sede del congresso di fondazione della Lega dei comuni democratici,<br />
rimane da chiarire perché le amministrazioni locali socialiste e comuniste<br />
siano giunte alla decisione di costituire una propria struttura autonoma<br />
a più di un anno dalla rifondazione dell’Upi e dell’Anci, avvenute, rispettivamente,<br />
nel maggio e nel settembre del 1946.<br />
1.2. La rifondazione dell’Upi<br />
La rinascita dell’Upi 224 si svolse – quasi certamente senza alcuna consapevolezza<br />
da parte degli amministratori - ripercorrendo le tappe della fondazione avvenuta<br />
nel 1908, quasi a dimostrare la profondità delle radici del movimento<br />
per le autonomie locali. La prima riunione in occasione della quale venne ma-<br />
222<br />
Ivi, p. 445 e 449.<br />
223<br />
Atti del congresso nazionale delle province in Firenze dal 5 all’8 maggio 1946, Libreria editrice<br />
fiorentina, sd., sl. (ma Firenze 1946), pp. 9-12.<br />
224<br />
Cfr. Gaspari, L’Italia delle Province…, cit., pp. 133-8.
76 PARTE II<br />
nifestata la volontà di far rinascere l’Unione si svolse il 6 e 7 novembre 1945 a<br />
Modena, organizzata dalla locale deputazione. Sempre a Modena, su proposta<br />
dalla stessa provincia, si era svolto il convegno che 38 anni prima, nel 1907,<br />
aveva posto le basi per la nascita dell’Upi. L’area tosco-emiliana confermava, così,<br />
di essere alla testa di quelle realtà locali medio-grandi che sono le più sensibili<br />
ai temi dell’autonomia e che più hanno da guadagnare da una rappresentanza<br />
collettiva dei propri interessi.<br />
Al “Convegno delle provincie delle Regione Emilia-Romagna e contermini per<br />
la trattazione di varii problemi amministrativi di particolare interesse per le provincie”,<br />
promosso dalla provincia di Modena, parteciparono tutte le province della<br />
regione e quelle di Firenze, La Spezia e Apuania (l’attuale provincia di Massa-<br />
Carrara), con l’adesione delle amministrazioni provinciali di Mantova, Lucca e Pistoia.<br />
Nell’incontro vennero discussi vari argomenti e votati diversi ordini del giorno,<br />
sia di carattere politico-istituzionale, sia amministrativo, nei quali si chiese, in<br />
particolare, l’esonero di spese e servizi di competenza dello Stato, la costruzione di<br />
uno Stato che “si fondi sopra una larga autonomia regionale, provinciale e comunale<br />
che ne consenta l’auspicato decentramento burocratico ed amministrativo” e,<br />
infine, il ritorno del segretario provinciale alle dirette dipendenze della provincia 225 .<br />
Il convegno venne promosso da un’amministrazione di nomina prefettizia i<br />
cui membri rispecchiavano la composizione del Comitato di liberazione nazionale<br />
(Cln). Fu, <strong>qui</strong>ndi, un’amministrazione composta da esponenti di tutti i<br />
partiti quella che indisse il convegno, anche se furono politici di sinistra e della<br />
DC quelli che svolsero le relazioni: Giuseppe Cerchiari, presidente, e Gaetano<br />
Bertelli, del Psi 226 , Attilio Guidelli, della Democrazia cristiana; Gino Santini,<br />
del Partito d’azione 227 .<br />
A richiamare la tradizione associativa delle province durante i lavori del convegno<br />
di Modena fu la deputazione provinciale di Firenze 228 . Si riproposero, così,<br />
al momento della rinascita nel secondo dopoguerra, le modalità della nascita<br />
dell’Upi nel 1908, che venne costituita dopo lo svolgimento di congressi nazionali<br />
delle province.<br />
Dal 5 al 7 maggio 1946 nella sede dell’Amministrazione provinciale di Firenze,<br />
si svolse il congresso nel quale venne ricostituita l’Upi: vi parteciparono<br />
circa 150 delegati in rappresentanza di 73 province, ma tutte le province italiane<br />
avevano manifestato la loro adesione.<br />
L’assemblea propose i seguenti punti “sui quali dovrebbe basarsi la riforma:<br />
1) Necessità di snellimento e di sburocratizzazione dell’apparato statale […]; 2)<br />
225<br />
Convegno delle provincie Emilia-Romagna e contermini, Rdp ago-set. 1945, pp. 96-108.<br />
226<br />
La corretta denominazione del Partito socialista italiano nel secondo dopoguerra, fino al<br />
1947, era Partito socialista di unità proletaria, Psiup. Per sottolineare però la continuità del partito<br />
tra periodo liberale e repubblicano si preferisce utilizzare la dizione Psi anche per l’immediato<br />
dopoguerra.<br />
227<br />
Provincia di Modena, La provincia dei cittadini. Speciale 50 anni del consiglio provinciale,<br />
Modena, 2001, p. 7.<br />
228<br />
Lettera circolare della Deputazione provinciale di Firenze, 26 marzo 1946, firmata Il Presidente<br />
Ezio Donatini, in: Atti del congresso nazionale delle province in Firenze dal 5 all’8 maggio<br />
1946, Libreria editrice fiorentina, sd., sl. (ma Firenze 1946), pp. 9-12.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 77<br />
Mantenimento delle Provincie […]; 3) Creazione dell’Ente Regione per lo svolgimento<br />
delle funzioni di carattere regionale finora avocate alla competenza<br />
dello Stato […]; 5) Affidamento ad una Commissione di Studio del compito<br />
di sviluppare in un organico progetto le linee fondamentali di cui al presente<br />
ordine del giorno […, e] di prendere gli opportuni contatti colla nuova Assemblea<br />
Costituente”. A Firenze la rinascita dell’Unione delle Provincie d’Italia<br />
venne “approvata all’unanimità per acclamazione”, venne votato lo statuto e<br />
nominato il Consiglio direttivo 229 , i cui componenti vennero proposti da<br />
un’apposita commissione che li scelse “sulla base dei seguenti criteri: rappresentanza,<br />
per quanto possibile, del maggior numero di regioni; rappresentanza<br />
della tendenza contraria alla istituzione dell’Ente Regione […] rappresentanza<br />
equamente distribuita fra Province grandi, medie e minori” 230<br />
Il Consiglio direttivo riunitosi il 7 maggio, al termine del congresso, elesse<br />
come presidente il democristiano Ezio Donatini, preside della deputazione provinciale<br />
di Firenze e nominò segretario dell’Unione, Pietro Gilardoni 231 , che<br />
aveva guidato l’organizzazione delle province in tutto il periodo della clandestinità<br />
istituzionale, fino al 1943 232 .<br />
1.3. La rifondazione dell’Anci<br />
Il “Comitato tecnico provvisorio per la ricostituzione dell’Associazione dei<br />
Comuni italiani” 233 , presieduto da Ugo Giusti, avviò la rifondazione dell’Anci<br />
dalle pagine de “Il corriere amministrativo” 234 nell’autunno del 1945, ma varie<br />
229<br />
Il congresso nazionale delle province (Firenze 5, 6, 7 maggio 1946), Rdp, gen.-mar. 1946,<br />
pp. 6-32.<br />
230<br />
Atti del congresso nazionale delle province in Firenze dal 5 all’8 maggio 1946…, cit., pp.<br />
187-8.<br />
231<br />
Il congresso nazionale delle province (Firenze 5, 6, 7 maggio 1946), Rdp, gen.-mar. 1946,<br />
p. 32.<br />
232<br />
Gaspari, L’Italia delle Province..., cit., pp. 104-6.<br />
233<br />
Il comitato tecnico provvisorio, L’Associazione dei comuni italiani, CA, n. 3-4, set.-ott.<br />
1945, p. 99. I componenti erano: Lanfranco Maroi, statistico, futuro presidente dell’Istat;<br />
Manlio Rossi Doria, antifascista, professore di economia politica agraria, membro del comitato<br />
centrale del Partito d’Azione e, dopo lo scioglimento, iscritto al Partito socialista italiano;<br />
Alessandro Schiavi, socialista riformista, nel secondo dopoguerra aderente al partito socialdemocratico<br />
di Giuseppe Saragat, nel periodo liberale era stato, tra l’altro, dirigente della Società<br />
umanitaria di Milano e collaboratore del sindaco di Milano, Caldara; Renato Vicard, funzionario<br />
dell’Istat in pensione, segretario del comitato; Arcangelo Cirmeni, funzionario del Ministero<br />
dell’interno; Gino Crispo segretario comunale, facente funzioni, del comune di Roma, ed<br />
Emanuele Rienzi.<br />
234<br />
Un accenno alla storia della rivista è in Ettore Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento<br />
comunale e provinciale durante il periodo fascista, in, idem, L’alternativa delle autonomie. Istituzioni<br />
locali e tendenze politiche dell’Italia moderna, Feltrinelli, Milano, 1978, p. 155. Rotelli, tra<br />
gli elementi di continuità tra il periodo fascista e quello repubblicano, rispetto alla storia delle<br />
autonomie locali, sottolinea la presenza nella rivista “Il corriere amministrativo” (CA) di Arcangelo<br />
Cirmeni, e di Luigi Giovenco, che si erano segnalati durante la dittatura per il sostegno<br />
alla normativa fascista.
78 PARTE II<br />
riunioni di comuni si svolsero già alcuni mesi prima. Furono i sindaci delle più<br />
grandi città del Nord ad organizzare quelle assemblee, sia per porre al governo<br />
la questione di una riforma dello Stato che garantisse l’autonomia comunale,<br />
sia per risolvere i gravissimi problemi della ricostruzione 235 .<br />
Il 16 luglio 1945 si riunirono a Milano insieme al sindaco della città, i primi<br />
cittadini di Genova e Torino che si rividero a Genova il 6 agosto con il sindaco<br />
di Bologna. Gli stessi sindaci si incontrarono nuovamente il 28 agosto a<br />
Torino insieme ai primi cittadini di Venezia e Verona e ancora il 18 settembre<br />
si tenne a Venezia una nuova riunione a cui parteciparono, con il sindaco della<br />
città lagunare, quelli di Bologna, Genova, Milano e Torino 236 , era quello il<br />
“IV convegno dei sindaci dell’Alta Italia”.<br />
Non è dato sapere se nei mesi seguenti le riunioni dei sindaci “dell’Alta Italia”<br />
continuassero ancora ed allo stesso ritmo, è certo però che il 5-6 gennaio<br />
1946 si svolse a Roma un convegno nazionale tra i sindaci delle città capoluogo<br />
di regione a cui parteciparono i primi cittadini di Roma, Milano, Genova, Bologna,<br />
Napoli, Palermo, Firenze, Trieste, Venezia, Bari, Reggio Calabria, Cagliari,<br />
Ancona, Perugia, Trento, L’A<strong>qui</strong>la, Potenza ed il pro-sindaco di La Spezia 237 .<br />
Queste riunioni, promosse in particolare dai grandi comuni del Nord, non<br />
sembravano prevedere l’ipotesi di un’organizzazione permanente, esattamente<br />
come nel tentativo che precedette l’avvio dell’esperienza dell’Anci 238 . È chiaro<br />
che tra le due iniziative vi erano grandi differenze, di contesto storico, istituzionale<br />
e politico; oltre a ciò, la definizione scelta dal gruppo dei sindaci promotori<br />
delle prime riunioni comunali, “sindaci dell’Alta Italia”, sembrava voler<br />
rimandare ad un organo politico proprio del secondo dopoguerra, il Comitato<br />
di liberazione nazionale alta Italia. Nonostante questo, però, può essere rinvenuto<br />
un significativo elemento di continuità tra la storia del movimento comunale<br />
del primo ‘900 e quella del secondo dopoguerra: entrambe le mobilitazioni<br />
dei sindaci dei grandi comuni erano composte e guidate, in gran parte,<br />
da comuni del Nord, grandi comuni che avevano ragione di ritenere - allora come<br />
oggi – di essere sufficientemente forti per muoversi da soli.<br />
La convergenza, finale, tra l’iniziativa partita dai grandi “comuni dell’Alta<br />
Italia”, poi estesasi ai grandi comuni di tutta l’Italia, e quella dedicata alla rifondazione<br />
dell’associazione comunale venne comunque sancito dallo svolgimento<br />
di un “Convegno dei sindaci delle città capoluoghi di provincia” il 4 e<br />
5 settembre a Roma, appena prima dello svolgimento dell’appuntamento che<br />
vide la rifondazione dell’Anci 239 .<br />
235<br />
Sulla rinascita dell’Anci nel secondo dopoguerra cfr. Oscar Gaspari, L’Associazione nazionale<br />
dei comuni italiani dalla nascita al secondo dopoguerra, in Dogliani, Gaspari, (a cura di),<br />
L’Europa dei comuni…, cit., pp. 54-62<br />
236<br />
ArSCPr, 1945, Carteggio, Amm. com. 5.<br />
237<br />
Il Convegno di sindaci a Roma e l’Associazione dei comuni italiani, CA, n. 1-2, gen. 1946,<br />
pp. 2-7.<br />
238<br />
Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit., pp. 29-38.<br />
239<br />
Convegno dei sindaci delle città capoluoghi di provincia, tenuto in Roma nei giorni 4 e 5 settembre<br />
1946; in: Anci, Convegno dei sindaci. Roma 6-8 settembre 1946, CA, suppl. al n. 17 del<br />
15 set. 1946, pp. 105-130.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 79<br />
1.3.1. L’assemblea istitutiva<br />
Il “Convegno dei sindaci aderenti all’Associazione nazionale dei comuni italiani”,<br />
nel quale venne rifondata l’Anci, si svolse a Roma, in Campidoglio, dal<br />
6 all’8 settembre 1946 240 . L’assemblea si aprì alla presenza del prefetto, di autorità<br />
di Stato e di governo e del Comitato tecnico provvisorio. La relazione introduttiva<br />
fu di Ugo Giusti, che ripercorse la storia dell’associazione, seguita<br />
dall’intervento del sindaco di Roma, Filippo Andrea Doria Pamphilj, il quale<br />
espose all’assemblea uno schema di statuto dell’Anci che richiamava in molti<br />
punti quello in vigore nel periodo liberale. L’assemblea, però, decise di rimandare<br />
la discussione sullo statuto ad una fase successiva, in modo tale da poter<br />
avere una bozza che fosse il risultato di un lavoro più accurato, affidato ad un<br />
Comitato centrale esecutivo, la cui costituzione venne proposta dal sindaco comunista<br />
di Torino, Giovanni Roveda. Venne così approvato una sorta di statuto<br />
provvisorio, di 4 articoli, che permise l’esistenza dell’Anci fino a all’approvazione<br />
dello statuto ufficiale, avvenuta nel 1949.<br />
Gli ordini del giorno approvati dall’assemblea riguardarono: finanza locale,<br />
per la quale, nel quadro delle richieste per lo sviluppo dell’autonomia comunale,<br />
si chiese lo sgravio dai bilanci delle spese che non fossero di competenza dei<br />
comuni (una richiesta presentata dai comuni fin dalla fine dell’’800 241 ); aziende<br />
municipalizzate, per le quali si chiese un rilancio dopo la forte crisi del periodo<br />
fascista; alloggi per i senza tetto, per i quali si sollecitò, come misura urgente,<br />
la cessione di edifici militari per uso abitativo civile; problemi turistici,<br />
affinché venisse promossa la valorizzazione del turismo attraverso la più ampia<br />
autonomia. Venne <strong>qui</strong>ndi eletto un comitato centrale formato dai sindaci delle<br />
città capoluogo di regione ed un comitato esecutivo ristretto. Alla testa del<br />
comitato esecutivo vennero chiamati il sindaco di Roma, Doria Pamphilj, e<br />
<strong>qui</strong>ndi Giorgio Andreoli, Achille Guerra, Enzo Nuti, Mario Paone, Adolfo<br />
Quintieri, Giulio Turchi, deputato comunista, futuro segretario della Lega dei<br />
comuni democratici; del Comitato provvisorio promotore della rinascita vi erano<br />
Giusti, Crispo e Vicard 242 .<br />
La sinistra accolse con grandi speranze la nascita dell’Anci e “Il comune democratico”<br />
diede subito notizia delle prime attività dell’appena costituito Comitato<br />
esecutivo dell’Associazione: le richieste di interventi in favore della finanza<br />
locale; per la riforma dei controlli sulle amministrazioni comunali; la predisposizione<br />
di un’inchiesta sui problemi specifici dei comuni montani e di un’altra sul<br />
240<br />
Anci, Convegno dei sindaci. Roma 6-8 settembre 1946, CA, suppl. al n. 17 del 15 set.<br />
1946; ora in Anci, Convegno dei sindaci aderenti all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani<br />
tenuto in Roma nei giorni 6, 7 e 8 settembre 1946, Empoli, Caparrini, 1946, ora in Ruffilli, Piretti<br />
(a cura di), Per la storia dell’Anci…, cit., pp. 229-314.<br />
241<br />
Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit. pp. 151-179. Ancora nel 1957 la Lega dei comuni<br />
siciliani promuoveva un’iniziativa sulla questione, Giuseppe Cardaci, I servizi statali a carico dei<br />
comuni, Icd gen. 1957, pp. 24-5.<br />
242<br />
Convegno dei sindaci aderenti all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani tenuto in Roma<br />
nei giorni 6, 7 e 8 settembre 1946, in Anci, Convegno dei sindaci. Roma 6-8 settembre<br />
1946…, cit. pp. 7-102.
80 PARTE II<br />
problema della municipalizzazione dei servizi; gli accordi con l’Associazione nazionale<br />
dei segretari comunali per la costituzione di una commissione mista sindaci-segretari<br />
incaricata di fornire al governo proposte sullo stato giuridico ed<br />
economico dei segretari “conciliando però lo stesso con il principio di autonomia<br />
dei Comuni”. La rivista rivolse <strong>qui</strong>ndi “a tutte le Amministrazioni comunali il più<br />
vivo invito a sorreggerne lo sviluppo con la più incondizionata adesione” 243 .<br />
1.4. Alle origini della fondazione della Lega: “Il Comune democratico” e<br />
“L’Amministratore democratico”<br />
Nella seconda tornata delle elezioni amministrative, svoltesi il 10 novembre<br />
1946, “le sinistre ottennero un notevole successo con<strong>qui</strong>stando la amministrazioni<br />
comunali di Torino, Genova e Firenze, e poiché nella tornata primaverile<br />
avevano già con<strong>qui</strong>stato quelle di Milano, Bologna e Venezia si veniva a delineare<br />
un quadro nel quale comunisti e socialisti, in qualche caso con la collaborazione<br />
dei repubblicani, dirigevano tutte le maggiori città dell’Italia centrosettentrionale<br />
(con sindaci comunisti a Torino, Genova, Venezia, Bologna e Firenze)”<br />
migliorando “i già elevatissimi risultati conseguiti” nelle elezioni locali<br />
dell’autunno del 1920 244 . Secondo i dati pubblicati ne “L’Amministratore democratico”<br />
su 7.319 comuni esistenti più di 3.000 erano quelli amministrati<br />
dai due partiti della sinistra. Nell’Italia del Nord su 57 comuni con più di<br />
30.000 abitanti 40 erano retti dalla sinistra, nel Centro erano 23 su 27. Per<br />
quanto riguarda il Sud venivano date informazioni solo sui comuni pugliesi, 6<br />
su 16 con oltre 30.000 abitanti erano guidati da sindaci comunisti 245 .<br />
Gli amministratori locali comunisti e socialisti, che avevano contribuito alla<br />
rifondazione delle principali organizzazioni del movimento per le autonomie<br />
locali, Upi ed Anci, rinnovarono le sollecitazioni ai propri amministratori ad<br />
iscriversi ad esse 246 e parteciparono alla definizione delle rispettive attività.<br />
1.4.1. Il ruolo della sinistra all’interno dell’Anci<br />
Dalla sinistra venne mantenuto vivo il dibattito sulle caratteristiche dell’organizzazione<br />
interna dell’Anci, che si chiedeva venisse basata su sezioni<br />
provinciali e regionali ben strutturate ed autonome 247 . Con questa posizione,<br />
243<br />
Associazione nazionale dei comuni italiani. Attività svolta fino ad oggi, “Il Comune democratico”<br />
(Icd) dic 1946, p. 11.<br />
244<br />
Ragionieri, La storia politica e sociale…, cit. p. 2459.<br />
245<br />
In particolare erano guidati da un sindaco comunista grandi comuni come Torino, Genova,<br />
Firenze, Bologna, Venezia, Taranto; e da un sindaco socialista: Milano, Alessandria, Novara,<br />
Perugia; Demar, Le forze popolari al comune, AD dic. 1947, pp. 10-2.<br />
246<br />
Nel caso dell’Anci questa affermazione è confermata dalla pubblicazione nella rivista “Il<br />
Comune democratico” di articoli elogiativi dell’attività dell’Associazione e anche di un apposito<br />
comunicato che esortava i sindaci ad iscrivere i propri comuni; Sindaci!, Icd gen. 1947, p. 6.<br />
247<br />
In margine al Convegno di Perugia, Icd ott. 1947, pp. 118-9.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 81<br />
quasi certamente senza essere cosciente dei precedenti storici, la sinistra riproponeva<br />
la sostanza della citata proposta di Salvemini del 1901 248 . Ancora nel<br />
1947, se non proprio su spinta della sinistra, quanto meno con il suo forte<br />
contributo, nel 1947, l’Anci e la Confederazione generale italiana del lavoro<br />
(Cgil) firmarono un accordo in base al quale l’Associazione, “interpretando in<br />
questo campo le difficoltà degli amministratori e i bisogni della popolazione<br />
che essi rappresentano, si è affiancata alla Confederazione generale del lavoro<br />
per condurre insieme la battaglia contro il carovita” 249 . Grazie poi alla responsabilità<br />
politica e gestionale delle aziende municipalizzate i comuni del secondo<br />
dopoguerra erano in grado di incidere sul costo dei servizi alla popolazione<br />
e la sinistra non mancò di sottolinearlo con decisioni favorevoli ai cittadini<br />
consumatori, che avevano un importante effetto di raffreddamento dei<br />
prezzi di mercato 250 .<br />
Ancora su richiesta dei partiti della sinistra, molto probabilmente, ebbe sede<br />
a Milano, città amministrata da una giunta popolare, l’Associazione nazionale<br />
fra gli enti di assistenza (Anea) 251 che, in due appuntamenti svoltisi sempre<br />
a Milano alla fine di ottobre del 1949, discusse un progetto per “la costituzione<br />
di un Ministero dell’Assistenza sociale” che avrebbe dovuto avere come<br />
organi periferici appositi uffici provinciali e gli Enti comunali di assistenza<br />
252 . La nascita dell’Anci, comunque, non interruppe l’attività dei sindaci dell’Alta<br />
Italia e della <strong>Toscana</strong>, maggioritariamente amministrati dalla sinistra,<br />
che si riunirono ancora nel 1947 per discutere, in particolare, della questione<br />
finanziaria 253 .<br />
Fu a Milano che vide la luce il primo nucleo della futura Lega dei comuni<br />
democratici costituita ufficialmente alla fine del 1947. La città lombarda riprendeva<br />
così, nel secondo dopoguerra, quel ruolo di protagonista nella storia<br />
del movimento per le autonomie locali che aveva già ricoperto nella storia dell’Anci,<br />
di cui era stata promotrice insieme a Parma e di cui ospitò la sede nei<br />
primi 15 anni.<br />
248<br />
Il Federalista, L’Autonomia Comunale e il prossimo Congresso di Parma…, cit.<br />
249<br />
Federico Leghissa, L’Anci si è affiancata alla Cgil nella lotta contro il caro-vita, Icd ago.-<br />
set. 1947, p. 73.<br />
250<br />
Nel 1949 la Lega dei Comuni democratici, la Confederazione della Municipalizzazione,<br />
il Comitato di coordinamento dei consigli di gestione aziende gas, l’Associazione nazionale in<strong>qui</strong>lini,<br />
si opponevano alla deliberazione del Cip (Comitato interministeriale prezzi) per l’aumento<br />
delle tariffe del gas e chiedevano, in primo luogo, il blocco delle tariffe, salvo ritocchi<br />
indispensabili al pareggio del bilancio delle aziende; AD mag. 1949, p. 163.<br />
251<br />
L’Associazione si riuniva a Roma il 19-20 aprile 1947 (Riunione del Consiglio direttivo<br />
dell’Associazione, Icd giu.-lug. 1947, pp. 65-6) e si sarebbe mobilitata successivamente per la difesa<br />
ed il rafforzamento degli Eca cfr. G.B. Facchini (Presidente dell’Eca di Bologna), Si vuole<br />
abolire gli ECA?, Icd giu. 1950, p. 210.<br />
252<br />
Libera Venturini, L’assistenza: vecchie e nuove concezioni, Icd nov. 1949, pp. 119-120.<br />
253<br />
Da Bologna a Firenze. Importanti convegni dei sindaci dell’Alta Italia e della <strong>Toscana</strong>, Icd<br />
giu.-lug. 1947, p. 71.
82 PARTE II<br />
1.4.2. “Il Comune democratico”<br />
Il 4 agosto 1946 venne costituito a Palazzo Marino il Centro di consulenza<br />
ai comuni democratici della provincia di Milano 254 , la cui rivista mensile, “Il Comune<br />
democratico” 255 , diveniva dal gennaio 1948 organo della Lega 256 . Nel primo<br />
‘900 la definizione ideale del comune socialista era stata quella di comune<br />
moderno, dove l’aggettivo moderno metteva in evidenza la ricerca del progresso,<br />
dello sviluppo economico e politico a vantaggio dei cittadini lavoratori, contrapposto<br />
al comune vecchio, arretrato e tradizionalista, arroccato nella difesa dei<br />
privilegi di proprietari terrieri, borghesi e capitalisti. Nel secondo dopoguerra<br />
l’espressione che identificava il comune socialista e comunista fu il comune democratico.<br />
Lo sviluppo economico e dei servizi non aveva portato con se, meccanicamente,<br />
il benessere dei cittadini lavoratori; il fascismo aveva dimostrato<br />
che la modernità poteva accompagnarsi alla dittatura ed alla guerra. Nel secondo<br />
dopoguerra l’obiettivo degli amministratori della sinistra era <strong>qui</strong>ndi divenuta<br />
la democrazia che, nella realtà locale, si traduceva nel dar voce e diritti ai cittadini<br />
e, nella realtà istituzionale, nel dar voce e autonomia ai comuni.<br />
Il Centro di consulenza era retto da un Consiglio direttivo - che, sentito il<br />
segretario del Centro, dava “le direttive generali sul lavoro da svolgere” - formato<br />
da sindaco e vicesindaco di Milano, il socialista del Psli Antonio Greppi<br />
ed il comunista Piero Montagnani 257 ; e da vari sindaci di paesi della provincia:<br />
Amilcare Locatelli, sindaco di Binasco, il vecchio socialista che aveva difeso la<br />
Lega negli anni dell’ascesa del fascismo, anche di fronte ai compagni di partito;<br />
Aldo Dirotti, di Casalpusterlengo; Carlo Fontana, di Magenta; Cornelio<br />
Zadra, di Parabiago; Carlo Grezzi, di Novate Milanese; Ezio Gasparini, vice<br />
sindaco di Legnano.<br />
Federico Leghissa, del Pci, era segretario del Consiglio direttivo e direttore<br />
del Centro, costituito da una Segreteria e da un Ufficio studi problemi comu-<br />
254<br />
Federico Leghissa, Tutti così in prefettura?, Icd dic. 1946, p. 1.<br />
255<br />
Il titolo del periodico, per esteso, era: “Il Comune democratico. Edito dal Centro di consulenza<br />
ai Comuni democratici della provincia di Milano”.<br />
256<br />
Dal primo numero del 1948 la rivista diveniva Il Comune democratico. Edito dalla Lega dei<br />
comuni democratici – Milano. Come riportato in un riquadro in prima pagina “Il Comitato Direttivo<br />
della Lega Nazionale dei Comuni democratici ha chiesto che la nostra rivista ‘Il comune<br />
democratico’ divenga l’organo ufficiale della Lega stessa. Lieti di aderire a questa domanda che<br />
rappresenta un premio alla nostra fatica, invitiamo gli amici ed i compagni amministratori ad<br />
intensificare con slancio la campagna degli abbonamenti”; Icd gen.-feb. 1948, p. 1.<br />
La dicitura “Organo ufficiale della Lega sarebbe apparsa sotto la testata a partire dal luglio<br />
1948.<br />
257<br />
L’amministrazione comunale di Milano fu guidata dal 1945 al 1951 dal socialista Antonio<br />
Greppi, nominato sindaco dal Clnai alla fine della guerra. Greppi venne confermato nella<br />
carica all’indomani delle elezione del 7 aprile 1946 e ancora dopo la scissione del Psi del<br />
1947, pur avendo egli scelto di appartenere al Psli come la maggioranza dei consiglieri socialisti,<br />
un Psli che a Milano continuava a collaborare con gli altri partiti della sinistra, mentre a livello<br />
nazionale, partecipava ai governi a guida democristiana da cui erano stati esclusi Pci e Psi;<br />
sull’amministrazione milanese nel secondo dopoguerra cfr. Maurizio Punzo, Amministrazione e<br />
politica a Palazzo Marino, in Gianfranco Petrillo e Adolfo Scalpelli (a cura di), Milano anni<br />
Cinquanta, Milano, Franco Angeli, 1986, pp. 624-653.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 83<br />
nali. Dalla Segreteria, che aveva “compiti di coordinare e dirigere tutte le attività<br />
del Centro”, dipendevano l’Ufficio stampa, l’Ufficio di assistenza amministrativa,<br />
che aveva “il compito di rappresentanza dei Comuni presso le Autorità<br />
locali e centrali, e per dare l’assistenza tecnica amministrativa agli Amministratori,<br />
sia nel nostro ufficio, che recandosi nei singoli Comuni a visitare i consiglieri”<br />
e l’Ufficio di consulenza legale che esprimeva “pareri ai Comuni associati<br />
in merito a problemi di carattere giuridico, e per assisterli in ogni eventuale<br />
controversia” 258 . Sempre dalla Segreteria dipendeva anche l’Ufficio<br />
Co.f.e.l. (Cooperativa per la fornitura degli enti locali) che provvedeva alla<br />
somministrazione di stampati, cancelleria e ad altro materiale necessario agli<br />
stessi enti per lo svolgimento della loro attività, non solo di quella strettamente<br />
amministrativa 259 .<br />
L’Ufficio studi problemi comunali si occupava di consulenza in materia di<br />
finanze, lavori pubblici e ricostruzione, scuola e assistenza, annona e consulenza<br />
igienica 260 .<br />
Il Centro riprendeva la migliore tradizione dell’Anci. Due uffici della struttura<br />
milanese, infatti, avevano la stessa denominazione e le stesse funzioni di<br />
quelli istituiti dall’Associazione dei comuni nella sua piena fioritura nei primi<br />
anni ’20. Il riferimento è all’Ufficio di assistenza amministrativa, che aveva “il<br />
compito particolare di aiutare i Comuni nella trattazione delle loro speciali pratiche<br />
presso le Amministrazioni Centrali, la cui definizione troppo spesso dipende<br />
essenzialmente da solleciti e pronti rapporti con gli Uffici governativi”;<br />
ed all’Ufficio di consulenza legale, “costituito nel 1922, con il compito di fornire<br />
pareri ai Comuni associati sulle questioni di carattere essenzialmente legale<br />
e di assisterli eventualmente nelle loro contestazioni davanti alle varie magistrature”<br />
261 .<br />
Era evidente che una struttura come il Centro di consulenza ai comuni democratici<br />
della provincia di Milano andasse ad incidere sui rapporti che i comuni<br />
avevano con organismi pubblici ed aziende di vario tipo. Il segretario del<br />
centro, Leghissa, evidenziò diffidenze ed ostilità, in primo luogo quelle degli<br />
appaltatori delle imposte di consumo, dei fornitori dei comuni 262 e, non ultimo,<br />
della prefettura, di cui riportava testualmente l’opinione di un anonimo<br />
funzionario che così aveva commentato l’attività del centro:<br />
“La consulenza ai Comuni, grazie alla nostra modesta competenza, possiamo<br />
darla noi stessi; possono darla i Segretari comunali. Quanto all’autonomia, è<br />
258<br />
Struttura del Centro di consulenza, Icd dic. 1946, p. 14.<br />
259<br />
Nicola Jaeger, Problemi nuovi, soluzioni nuove. La mutualità fra gli enti pubblici. Cooperative<br />
di consumo fra enti locali, Icd giu.-lug. 1947, pp. 54-6.<br />
260<br />
Struttura del Centro di consulenza…, cit.<br />
261<br />
Sala XLIII. Associazione dei comuni italiani, in Prima mostra italiana di attività municipale,<br />
Vercelli MCMXXIV. Catalogo generale con 50 illustrazioni, Milano, 1924, pp. 306-312; cfr.<br />
Gaspari, L’Associazione nazionale dei comuni italiani dalla nascita al secondo dopoguerra…, cit.,<br />
pp. 40-3.<br />
262<br />
Il centro, infatti, stava promuovendo la costituzione di consorzi per la gestione diretta<br />
delle imposte di consumo e di una cooperativa intercomunale per la fornitura di stampati e materiale<br />
vario in uso presso uffici ed enti comunali.
84 PARTE II<br />
una cosa di là da venire, perché i nostri Comuni non sono maturi per autogovernarsi;<br />
e noi siamo <strong>qui</strong> per far rispettare la legge”.<br />
I tempi, però, scriveva ancora Leghissa, erano ormai cambiati: “Una volta<br />
non si usava interpellare chi sta più in basso, oggi è buona norma farlo; oggi<br />
non è ammesso sottrarsi ai più elementari principi della democrazia; ancor meno<br />
è permesso frenare lo sviluppo di iniziative democratiche” 263 .<br />
Ma gli ostacoli all’adesione dei comuni al Centro non mancavano, anche attraverso<br />
indicazioni dirette del Presidente del Consiglio, De Gasperi, a motivo,<br />
almeno ufficialmente, della necessità di ridurre le spese degli enti locali 264 . La<br />
modestia della riforma della legge comunale e provinciale 265 approvata in quei<br />
mesi ricordava agli enti la loro dipendenza dal centro.<br />
1.4.3. La volontà di cambiamento nelle pagine della rivista<br />
Le pagine della rivista “Il Comune democratico” danno un’idea delle grandi<br />
aspettative di cambiamento che trasparivano dall’intensa attività dei comuni<br />
della sinistra della provincia milanese. L’area era senza dubbio una delle più<br />
ricche e progredite di tutta l’Italia e non rispecchiava, evidentemente, la complessa<br />
e frastagliata realtà degli enti locali italiani di quegli anni. Forse, però,<br />
non è lontana dal vero l’ipotesi che la straordinaria volontà di cambiamento che<br />
si manifestava attraverso la rivista era probabilmente comune alla gran parte<br />
delle amministrazioni locali, in anni nei quali l’entusiasmo seguito alla fine del<br />
fascismo e della guerra sembrava rendere possibile grandi mutamenti.<br />
E grandi mutamenti sembravano preannunciare tutti gli articoli del mensile.<br />
C’erano notizie sulla riforma della legge comunale e provinciale 266 ; informazioni ed<br />
istruzioni su uffici ed attività comunali 267 ; il programma di un corso di dieci conversazioni<br />
per amministratori comunali organizzato dal Centro di consulenza ai<br />
comuni democratici della provincia di Milano 268 , un altro corso sarebbe stato successivamente<br />
pubblicato a dispense allegate alla rivista nel 1952 e 1953, nel quale<br />
nella “Parte I. Introduzione. Struttura generale del comune. Organi” al primo po-<br />
263<br />
Leghissa, Tutti così in prefettura?..., cit.. Per un recente ed efficace esame delle iniziative e di<br />
un comune della sinistra, Modena, e delle relative risposte delle autorità governative, comparate<br />
con quelle di un comune vicino al governo, Padova, e del ben diverso atteggiamento delle autorità,<br />
nel periodo a cavallo tra gli anni ‘40 e ‘50, cfr. Giovanni Taurasi, Autonomia promessa, autonomia<br />
mancata. Governo locale e reti di potere a Modena e Padova (1945-1956), Roma, Carocci 2005.<br />
264<br />
Il telegramma di De Gasperi, Icd feb.-mar. 1947, pp. 17-8.<br />
265<br />
Commento alle modifiche al T.U. della legge comunale e provinciale, Icd apr.-mag. 1947,<br />
pp. 37-.<br />
266<br />
Relazione allo schema di D.L.L. recante modifiche al testo Unico della Legge Comunale e<br />
Provinciale approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383 e successive modificazioni, Icd gen. 1947,<br />
pp. 1-3; F.L., Verso l’autonomia comunale, Icd gen. 1947, pp. 4-5.<br />
267<br />
Libera Venturini, Cenni su l’Ente Comunale di Assistenza, Icd gen. 1947, p. 7; Alberto<br />
Coccopalmerio, Come si amministra nei piccoli e medi comuni, Icd nov.-dic. 1947, pp. 126-7,<br />
Svolgimento delle sedute alla giunta comunale, ivi, p. 127.<br />
268<br />
Programma di dieci conversazioni pratiche di aggiornamento e di preparazione per amministratori<br />
comunali, Icd nov.-dic. 1947, p. 139.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 85<br />
sto c’era “Popolo” e <strong>qui</strong>ndi “Consiglio, Giunta, Sindaco” 269 . La rivista dava poi informazioni<br />
sull’attività della Union Internationale des Villes 270 ; sui piani regolatori<br />
cittadini 271 ; informava gli amministratori sulla possibilità, ancora controversa, di<br />
ricevere un’indennità di carica 272 , indispensabile per persone, come erano moltissime<br />
nella sinistra, che non avevano risorse economiche tali da poterle sostenere<br />
mentre svolgevano l’attività di amministratori, spesso a tempo pieno.<br />
Grandissimo spazio aveva poi la questione delle finanze comunali, sulla quale si<br />
basava l’effettiva autonomia di comuni e province dal potere centrale e la possibilità<br />
di fare una vera politica in favore dei cittadini. Molto significativamente il primo<br />
paragrafo dell’articolo che annunciava un convegno di assessori alle finanze si intitolava<br />
Confusione di leggi e di imposte 273 . Erano numerosi poi gli articoli dedicati alle<br />
modalità di accertamento dell’imposta di famiglia, l’imposta che garantiva una<br />
importante fonte di entrate e che permetteva ai comuni della sinistra di attuare una<br />
politica di redistribuzione del reddito a vantaggio dei cittadini più poveri 274 . E proprio<br />
la necessità di trarre il maggior vantaggio possibile da questa risorsa, spingeva<br />
le amministrazioni locali della sinistra a costituire i Consigli tributari comunali 275<br />
che contribuivano ad accertare i redditi effettivi, specie dei maggiorenti.<br />
Questo ed altri organismi di consultazione e di partecipazione dei cittadini<br />
all’attività dell’amministrazione locale non sorsero solo per motivi economici,<br />
ma anche per ovviare alla mancata riforma degli enti locali. L’obiettivo era, soprattutto,<br />
quello di promuovere la partecipazione dei cittadini all’attività ed al<br />
controllo dell’operato comunale operando entro i margini della legislazione vigente<br />
e, sempre in questo ambito, nacquero anche le consulte popolari 276 .<br />
1.5. Le motivazioni politiche della rinascita della Lega<br />
L’esclusione dei partiti della sinistra dal IV Governo De Gasperi, consumatasi<br />
a Roma alla fine di maggio del 1947 277 , segnò la fine dell’unità dei partiti<br />
del Cln a livello nazionale ed ebbe ripercussioni pressoché immediate nella vita<br />
dei comuni democratici.<br />
269<br />
Programma del corso di lezioni per gli amministratori comunali, Icd dic. 1951, p. 381.<br />
270<br />
VII Congresso internazionale dei comuni, Icd giu.-lug. 1947, pp. 56-9.<br />
271<br />
Mario Venanzi, Il nuovo piano regolatore della città di Milano; Luigi Tagliolato, Piano regolatore<br />
dei centri minori, Icd ago.-set. 1947, pp. 78-9.<br />
272<br />
L’indennità di carica agli amministratori, Icd feb.-mar. 1947, pp. 18-9.<br />
273<br />
Il convegno degli assessori alle finanze, Icd dic. 1946, pp. 4-6.<br />
274<br />
Si veda, per esempio, Piero Andreini, L’imposta di famiglia e la dimora abituale, Icd apr.-<br />
mag. 1947, pp. 45-6.<br />
275<br />
Luigi Santambrogio, I consigli tributari e l’imposta di famiglia nel nuovo clima democratico, Icd<br />
gen. 1947, pp. 11-2; Costituzione dei Consigli tributari comunali, Icd ago.-set. 1947, pp. 83-4.<br />
276<br />
Le consulte popolari ebbero origine a Milano, nel rione periferico e popolare di Affori,<br />
nell’immediato secondo dopoguerra; Piero Montagnani, Un’esperienza democratica. Le consulte<br />
popolari, Icd ott. 1947, pp. 97-103.<br />
277<br />
IV Governo De Gasperi (31 mag. 1947 – 23 mag. 1948); coalizione politica: DC- Pli-<br />
Psli-Pri; l’esecutivo precedente era il III Governo De Gasperi (2 feb. 1947 – 31 mag. 1947);<br />
coalizione politica: DC-Pci-Psi.
86 PARTE II<br />
Il numero di giugno della rivista dei comuni milanesi si apriva con un editoriale<br />
nel quale dopo la denuncia dell’assoluta insufficienza delle riforme per le autonomie<br />
locali, si richiamava la necessità dell’unione, il primo e più forte mezzo<br />
difesa che gli enti locali, fin dalla fine dell’’800, avevano mutuato dai lavoratori:<br />
“La forza democratica dei Comuni sta nella loro unione. Anche per i Comuni,<br />
il Governo di parte, che è stato costituito, può rappresentare più di un pericolo:<br />
troppe leve sono nelle mani dell’alta burocrazia perché non si debba temere<br />
che esse potranno essere adoperate a scopi elettoralistici o di oppressione, con<br />
l’assoluta violazione dei veri interessi delle popolazioni. Ebbene, se questo si verificherà,<br />
i Comuni facciano sentire la loro voce e gridino forte che è finito il<br />
tempo di Giolitti o di Mussolini e che la libertà non è stata ricon<strong>qui</strong>stata, con<br />
il sangue di tanti italiani, perché di essa venisse fatto scempio” 278 .<br />
Al richiamo all’unità dei comuni per fini politici ne seguiva, immediatamente,<br />
un altro. Proprio come i lavoratori, che si univano in sindacati e cooperative<br />
per tutelarsi e migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, così<br />
i comuni dovevano associarsi per difendersi e formare delle cooperative per<br />
incrementare la propria attività. L’esempio veniva dall’estero, dalla Germania,<br />
ma anche dall’Unione sovietica degli anni della Nep 279 , ora la stessa possibilità<br />
c’era anche in Italia, grazie al codice civile del 1942. I comuni, come tutti gli<br />
enti pubblici, potevano partecipare a società commerciali e, a maggior ragione,<br />
a società cooperative, l’esempio veniva dato proprio da Milano:<br />
“L’esperimento iniziatosi a Milano, con la costituzione di una apposita cooperativa<br />
per la fornitura degli Enti locali (la CO.F.E.L.) allo scopo di fornire ai Comuni<br />
e ad altri Enti gli stampati, la cancelleria e quant’altro possa loro occorrere” 280 .<br />
1.5.1. Le prime avvisaglie dell’offensiva di Scelba contro i comuni democratici<br />
A qualche mese dalla fine della collaborazione nel Governo tra i partiti che<br />
avevano fatto la Resistenza, avvenuta a Roma, a Milano si consumò un evento<br />
che segnò la fine dell’ultima speranza di una riforma dell’amministrazione locale<br />
ispirata alla Resistenza. L’episodio fu la destituzione del prefetto di Milano,<br />
Ettore Troilo, decisa dal Ministro dell’interno, il democristiano Mario Scelba,<br />
ed attuata nonostante la massiccia protesta promossa dalla sinistra 281 . Scelba,<br />
con la destituzione di Troilo, completò l’espulsione dalla carriera prefettizia<br />
di tutte le personalità espresse nell’ambito del Cln che egli riteneva incompatibili<br />
alla strategia di contenimento della minaccia eversiva che sarebbe potuta<br />
venire dai partiti della sinistra. Una manovra analoga a quella compiuta nel-<br />
278<br />
Realizzare l’autonomia attraverso l’unione dei comuni, Icd giu.-lug. 1947, pp. 53-4.<br />
279<br />
La Nep (Nuova politica economica) venne attuata negli anni ’20 dallo Stato sovietico per<br />
promuovere la ricostruzione nazionale dopo la guerra civile.<br />
280<br />
Jaeger, Problemi nuovi, soluzioni nuove. La mutualità fra gli enti pubblici.., cit; Statuto della<br />
Cooperativa Fornitura Enti Locali (Co.F.E.L.), Icd ott. 1947, pp. 119-120.<br />
281<br />
Per una dettagliata cronaca di questi eventi cfr. Carlo Troilo, La guerra di Troilo. Novembre<br />
1947: l’occupazione della Prefettura di Milano, ultima trincea della Resistenza, Soveria Mannelli,<br />
Rubbettino Editore, 2005.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 87<br />
l’ambito delle forze di pubblica sicurezza, che lo aveva portato decidere la “riorganizzazione<br />
dei servizi di polizia nell’intento di espellerne gli ex partigiani<br />
che vi erano entrati durante il governo Parri” 282<br />
Per opporsi alla destituzione decisa dal Ministro il 28 novembre 1947 una<br />
folla di partigiani, lavoratori e militanti della sinistra, guidati dal segretario del<br />
Pci della Lombardia, Giancarlo Pajetta, occupò la prefettura del capoluogo<br />
lombardo. Si opposero alla destituzione anche 160 sindaci della provincia che<br />
minacciarono le dimissioni 283 . Considerata dal punto di vista politico, l’occupazione<br />
“sembrò per un momento dare corpo ad una rilanciata ipotesi insurrezionale”<br />
284 , che era però irrealizzabile e come tale venne abbandonata.<br />
Dal punto di vista del movimento per le autonomie locali, fu una nuova e<br />
definitiva dimostrazione che la minaccia delle dimissioni dei sindaci e, <strong>qui</strong>ndi,<br />
il blocco dell’attività delle amministrazioni locali, non costituivano una minaccia<br />
tale da influenzare in alcun modo le decisioni del governo nazionale. La<br />
conferma della destituzione del prefetto Troilo nonostante sia la protesta popolare,<br />
sia le minacciate, e mai date, dimissioni dei sindaci, aveva destituito di<br />
ogni fondamento non solo la prospettiva rivoluzionaria ma anche l’idea di un<br />
movimento dei comuni basato su modalità di lotta ed iniziative politiche modellate<br />
sulla falsariga di quelle seguite dal movimento dei lavoratori.<br />
Quella che con estrema durezza gli amministratori e i politici della sinistra definirono<br />
come la “offensiva reazionaria contro i comuni democratici, contro i comuni<br />
socialisti e comunisti in particolare”, era iniziata. Era questa “una offensiva meno<br />
appariscente, che sfugge alla attenzione del cittadino perché non condotta ancora<br />
con la bomba ed il pugnale tra i denti, ma non per questo meno violenta e micidiale<br />
per le amministrazioni democratiche”. L’offensiva si sostanziava attraverso la<br />
concessione di finanziamenti per lavori pubblici a comuni di un certo colore piuttosto<br />
che di un altro, con l’annullamento di qualsiasi prospettiva di autonomia politica<br />
e finanziaria dei comuni 285 . A questo bisognava rispondere “mantenendo uno<br />
stretto legame con le Sezioni di Partito e con la popolazione del Comune” 286 .<br />
1.5.2. “L’amministratore democratico”<br />
E il partito si mosse. Nell’aprile del 1947, nelle settimane che precedettero<br />
l’esclusione della sinistra dal Governo nazionale, mentre la lotta politica diveniva<br />
via via sempre più aspra, la direzione del Partito comunista avvertì la ne-<br />
282<br />
Ragionieri, La storia politica e sociale…, cit. p. 2466.<br />
283<br />
Pietro Montagnani, I comuni nel fronte della democrazia, Icd nov.-dic. 1947, p. 121.<br />
284<br />
Ragionieri, La storia politica e sociale…, cit. p. 2468.<br />
285<br />
Sulla diversità di trattamento riservato dalle autorità di governo ai comuni della sinistra<br />
(in particolare Modena) rispetto a quelli guidati da partiti governativi (in particolare Padova),<br />
nell’ambito di una comune mortificazione dell’autonomia locale, cfr. Giovanni Taurasi, Autonomia<br />
promessa, autonomia mancata. Governo locale e reti di potere a Modena e Padova (1945-<br />
1956), Roma, Carocci 2005.<br />
286<br />
Federico Leghissa, Il comune democratico nel quadro della lotta contro la reazione, Icd nov.-<br />
dic. 1947, pp. 122-3.
88 PARTE II<br />
cessità di dotarsi di una rivista per i propri amministratori locali. Le ragioni<br />
che portarono a questa pubblicazione erano, ufficialmente, di carattere tecnico:<br />
“un numero elevato di autentici lavoratori” era stato eletto nelle assemblee<br />
locali e “L’Amministratore democratico. Bollettino mensile di orientamento e<br />
d’informazione. Edito a cura del centro di consulenza per gli enti locali del<br />
P.C.I.” intendeva aiutarli “efficacemente” 287 . In effetti, però, già esistevano numerose<br />
ed affermate riviste di carattere tecnico a cominciare da “Il comune democratico”,<br />
e da “Il corriere amministrativo”, che pubblicava i documenti ufficiali<br />
dell’Anci. Era evidente però che l’obiettivo del nuovo mensile non era<br />
di tipo tecnico ma politico: rafforzare i legami tra il Partito comunista ed i<br />
propri iscritti presenti nelle amministrazioni locali. A somiglianza della rivista<br />
milanese “L’Amministratore democratico” era edito a cura di un Centro di<br />
consulenza 288 ; la sede della direzione e dell’amministrazione era in Via delle<br />
Botteghe Oscure, 13, Roma; la strada il cui nome avrebbe poi simboleggiato<br />
la sede nazionale del Pci.<br />
La nuova rivista rivolgeva la propria attenzione più decisamente verso<br />
questioni di carattere generale. Ospitava articoli di informazione sugli avvenimenti<br />
di politica nazionale 289 , sui lavori della Costituente in materia di enti<br />
locali, sulla finanza locale, sulle riunioni di sindaci ed amministratori di<br />
partito a livello locale e nazionale, ma non mancavano articoli su specifiche<br />
questioni di amministrazione locale e, più in generale, su problemi di governo.<br />
Gli argomenti trattati erano sostanzialmente gli stessi de “Il Comune democratico”,<br />
ma con una maggiore accentuazione politica. Erano molto numerose<br />
anche in questo periodico le notizie sulla finanza locale, in particolare<br />
sul risanamento della finanza di comuni e province 290 e sulla gestione<br />
dell’imposta di famiglia. Erano molti poi gli articoli in difesa degli amministratori<br />
della sinistra contro i soprusi del Ministero dell’Interno e sugli specifici<br />
organi di consultazione dei cittadini istituiti dalle amministrazioni di<br />
sinistra.<br />
Dei Consigli tributari comunali veniva fatta la storia, illustrata l’attività, fornito<br />
il regolamento. Erano quattro i consigli composti dai cittadini che avevano<br />
iniziato la loro attività a Bologna il 1° agosto 1946:, “investiti dei compiti<br />
di accertamento e di concordato per l’applicazione dell’imposta di famiglia”. Al<br />
31 dicembre 1946 i Consigli bolognesi avevano svolto 201 sedute, istruite e definite<br />
687 pratiche relative a redditi di capitali e misti, 509 si erano concluse<br />
con un concordato con il contribuente, 178 senza. I risultati erano significativi:<br />
i 509 contribuenti avevano dichiarato un reddito di 50.027.602 lire, ed ave-<br />
287<br />
Presentazione, AD apr. 1947, p. 1<br />
288<br />
La decisione di pubblicare una rivista e di aprire un centro di consulenza per gli enti locali<br />
del Pci a Roma, a poco meno di un anno di quello di Milano, era stata presa, quasi certamente,<br />
nel convegno dei sindaci comunisti svoltosi a Roma nel marzo del 1947; Convegno di<br />
sindaci comunisti, AD apr. 1947, pp. 4-7.<br />
289<br />
Cfr. Offensiva antidemocratica, AD giu.-lug. 1947, nn. 3-4, pp. 1-2.<br />
290<br />
Autonomia finanziaria dei Comuni, AD apr. 1947, n. 1, pp. 9-10; Per il risanamento finanziario<br />
dei comuni e delle province, “AD mag. 1947, n. 2, pp. 6-8.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 89<br />
vano poi concordato la denuncia di 337.008.584 lire 291 , con un evidente beneficio<br />
per le assetate casse comunali.<br />
Il fondamento giuridico degli organismi era dato dall’art. 117 del regolamento<br />
della Legge comunale e provinciale approvato con r.d. 12 feb. 1912 n.<br />
297 nel quale era previsto che “nella formazione della matricola delle tasse la<br />
Giunta comunale ‘può anche avvalersi dell’opera preparatoria di speciali Commissioni<br />
da essa nominate’”, il legislatore di allora “non immaginava neppure<br />
lontanamente quale sviluppo avrebbe avuto tale norma dal 1946!”. Venivano<br />
definiti dalla stampa governativa “Soviets tributari”, ma la possibilità di limitare<br />
l’evasione dall’imposta li giustificava ampiamente 292 .<br />
Ai Consigli tributari si sommavano le Consulte popolari “sorte per prime<br />
a Milano come organi di democrazia diretta nell’ambito della vita comunale,<br />
hanno ormai superato la fase di esperimento diventando organismi insostituibili<br />
per i rapporti e i contatti diretti tra l’Amministrazione comunale e la<br />
popolazione”. Le Consulte si sarebbero dovute costituire in ogni rione senza<br />
“un rigido schema organizzativo”. Il massimo sostenitore, Piero Montagnani,<br />
proponeva nel suo opuscolo 293 , che alle Consulte corrispondessero delle Assemblee<br />
popolari rionali, nelle quali i cittadini avrebbero avuto modo di manifestare<br />
le proprie esigenze, anche di fronte ai singoli assessori competenti<br />
invitati di volta in volta. Un Comitato cittadino di coordinamento avrebbe<br />
poi dovuto coordinare le richieste delle varie Consulte ed Assemblee 294 . Il primo<br />
congresso delle Consulte popolari si svolse a Milano il 21 dicembre<br />
1947 295 .<br />
Un altro esempio di promozione della partecipazione popolare democratica<br />
al governo locale attraverso l’utilizzazione delle norme vigenti era quello del decentramento<br />
dell’attività e dell’amministrazione comunale nei quartieri attivato<br />
nella città di Bologna nella seconda metà degli anni ‘50. Il comune, in questo<br />
caso, sfruttò l’art. 155 della legge comunale e provinciale del 1915 che prevedeva<br />
la possibilità per i comuni con più di 60.000 ab. della ripartizione in<br />
quartieri con facoltà del sindaco di nominare degli “aggiunti” scelti tra gli eleg-<br />
291<br />
Realizzazioni dei consigli tributari municipali a Bologna, AD mag. 1947, pp. 11-2; si veda<br />
anche L’attività dei consigli tributari municipali a Milano, AD dic. 1947, pp. 18-9; Luigi Gigliotti,<br />
I consigli tributari nell’esperienza di Bologna, Milano e Genova, AD gen.-feb. 1948, pp.<br />
21-5; Luigi Gigliotti, I ricchi contro i consigli tributari, AD apr. 1948, pp. 95-7.<br />
292<br />
Venivano proposti anche dalla minoranza di sinistra del comune di Roma; Luigi Gigliotti,<br />
Le consulte tributarie di Roma, AD mar.-apr. 1949, pp. 120-1.<br />
293<br />
Piero Montagnani, Un’esperienza democratica: le consulte popolari, prefazione dell’on.<br />
Giancarlo Paletta, Milano, Fcm, 1947.<br />
294<br />
P.M., Le consulte popolari (origine ed organizzazione), AD ott.-nov. 1947, pp. 8-9; si veda<br />
anche Mario Osti, Le consulte popolari. (due esperienze: Milano e Napoli), AD dic. 1947, pp.<br />
8-9; Il convegno delle consulte popolari di Bologna, ad, 1948, n. 4, pp. 81-5; B. Garbagnati, Le<br />
consulte cittadine di Torino, AD feb. 1949, pp. 65-6.<br />
295<br />
Erano “presenti i rappresentanti del Comune di Milano, della Deputazione provinciale,<br />
dei sindaci di Bologna Genova, Venezia, Torino, nonché quelli dei partiti politici, della Camera<br />
del lavoro, della Federterra, e di altre numerose associazioni partigiane e combattentistiche,<br />
economiche, sociali ed assistenziali”; Primo congresso delle Consulte popolari, Icd gen.-feb. 1948,<br />
pp. 16-18.
90 PARTE II<br />
gibili, con l’approvazione del prefetto 296 . Si trattò di un’iniziativa che si sarebbe<br />
sviluppata ed estesa gradatamente fino ad arrivare alla sperimentazione dei consigli<br />
di quartiere e di borgata approvati in via sperimentale nel 1968 dal Ministero<br />
dell’interno nei comuni di Bologna, Venezia e Roma, Ministero che però<br />
aveva “bloccato le delibere di tutte le altre città” 297 .<br />
Il motto sulla copertina della rivista del Pci per gli amministratori “Il comune<br />
al popolo. Il popolo al comune” 298 , si sostanziava in una concreta pratica<br />
politica. L’obiettivo era quello di legare i cittadini all’amministrazione popolare,<br />
di rafforzare i legami tra sindaco e popolazione 299 , per colmare il distacco<br />
che si era creato nei vent’anni della dittatura. Certo era evidente che l’esempio<br />
dei soviet, l’appello all’esperienza rivoluzionaria sovietica, costituiva un<br />
richiamo affascinante per gran parte del popolo della sinistra dell’immediato<br />
secondo dopoguerra, ma era altrettanto evidente che il mito della democrazia<br />
sovietica non venne mai associato – almeno nelle riviste esaminate per questa<br />
ricerca - ai nuovi organi di consultazione popolare. Contemporaneamente il<br />
Pci - come anche il Partito socialista -, continuando una storica battaglia combattuta<br />
dalla sinistra nell’Italia liberale, proseguita negli anni successivi, cercava<br />
di consolidare l’istituzione del sindaco attraverso il conferimento di<br />
un’indennità di funzione perché, come titolava un articolo, I sindaci non vivono<br />
d’aria 300 .<br />
1.6. La rifondazione della Lega dei comuni<br />
L’8 dicembre, a poco più di dieci giorni dalla cacciata del prefetto Troilo, si<br />
svolse a Milano un congresso di comuni democratici della provincia nel quale<br />
venne espressa la volontà di “lottare per la democrazia e per il rinnovamento del<br />
Paese, saldamente uniti non solo su scala provinciale o regionale, ma sul piano<br />
nazionale […] di inserirsi nello schieramento di tutte le forze democratiche, di<br />
costituire cioè parte integrante del Fronte democratico popolare […] di unire<br />
solidalmente al Comune democratico o alle minoranze all’opposizione, nella<br />
loro azione difensiva contro le forze reazionarie locali contro lo Stato accentratore<br />
e contro il Governo forcaiolo, le larghe masse popolari” 301 .<br />
296<br />
Giuseppe Dozza, Democratizzare le strutture comunali. La città suddivisa in quartieri e la<br />
nomina di “aggiunti” sindaci, Icd nov. 1957, pp. 19-20; sul decentramento comunale cfr. Pietro<br />
Procioni, Il cittadino e la comunità locale, Icd nov. 1964, pp. 16-25.<br />
297<br />
Decentramento e iniziativa popolare, Icd giu. 1968, inserto fotografico.<br />
298<br />
Lo stesso motto appariva nella copertina de “Il comune democratico”, probabilmente, a<br />
partire dal marzo 1948 il “probabilmente” è dovuto al fatto che non tutte le copie consultate<br />
sono corredate di copertina, dove il motto era inserito appena sotto il titolo. Nel 1947 sotto la<br />
testata appariva la ben più innocua dicitura “Rassegna della stampa amministrativa”.<br />
299<br />
Rapporti fra il sindaco e la popolazione, AD mag. 1947, pp. 15-7.<br />
300<br />
Mario Franceschelli, I sindaci non vivono d’aria, AD ago.-set. 1947, pp. 5-6.<br />
301<br />
Cfr. La carta costitutiva del Fronte democratico popolare, Icd gen.-feb. 1948, p. 12. La carta<br />
al punto 2, “sviluppo democratico”, comma b), prevedeva: “nei Comuni: l’attuazione della<br />
autonomia degli Enti locali e la riforma finanziaria che ne assicuri l’attività e il bilancio in conformità<br />
delle esigenze democratiche delle popolazioni”; ibidem.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 91<br />
La rivista dei comuni della provincia di Milano non lo scriveva ma era evidente<br />
che i fatti del 27 novembre avevano sancito la spaccatura tra gli enti locali amministrati<br />
da comunisti e socialisti ed il resto del movimento 302 . L’estromissione del<br />
prefetto Troilo dalla prefettura di Milano appariva come la trasposizione, sul piano<br />
locale, dell’allontanamento dei partiti della sinistra dal governo di Roma avvenuta<br />
in ambito nazionale. La fruttuosa collaborazione che aveva permesso la stesura<br />
della Carta fondamentale era così cessata quasi alla vigilia dell’entrata in vigore<br />
della Costituzione repubblicana. “I Comuni democratici associati nella lotta<br />
e per la lotta”, riportava l’ordine del giorno dell’assemblea dell’8 dicembre, dovevano<br />
entrare nel Fronte democratico. Le parole d’ordine dei comuni milanesi, secondo<br />
“Il comune democratico”, erano state fatte proprie dal Congresso nazionale<br />
di Firenze da cui “sorse la ‘Lega nazionale dei comuni democratici’, la quale, riallacciandosi<br />
alle gloriose tradizioni socialiste, le rinverdisce le attualizza e le sostanzia”.<br />
La necessità “di un largo, costante, organizzato legame con le masse popolari”<br />
emersa nel corso dell’assemblea, aveva possibilità di sostanziarsi nella “originale<br />
esperienza delle ‘Consulte Popolari’ che tale legame realizzano e che, sorte a<br />
Milano, si sono impetuosamente irradiate in quasi tutto il Paese” 303 .<br />
Se “Il comune democratico” di Milano metteva in risalto i precedenti milanesi<br />
nella costituzione della Lega, la rivista del Pci, di Roma, sottolineava, invece, i<br />
precedenti romani. Il numero di ottobre-novembre 1947 de “L’Amministratore<br />
democratico” annunciava che, a seguito della deliberazione assunta nel “Convegno<br />
dei sindaci socialisti e comunisti dei comuni capoluoghi di provincia e di altri<br />
importanti comuni” del 14 dicembre a Roma, si sarebbe svolto alla fine di dicembre<br />
Un grande congresso nazionale dei comuni democratici a Firenze 304 . Nel<br />
mensile legato al Pci traspariva la volontà di slegare la Lega dei comuni dalla realtà<br />
di Milano e dagli eventi che si erano svolti nella città lombarda facendo apparire<br />
la nascita dell’organizzazione come il frutto di una meditata scelta politica legata<br />
all’evoluzione complessiva della situazione degli enti locali 305 .<br />
1.6.1. Comuni e province di sinistra nella strategia di opposizione al governo<br />
Molto probabilmente i fatti del 27 novembre avevano solo ratificato quanto<br />
andavano da tempo preparando le segreterie dei partiti 306 ma, comunque, fu<br />
a partire da quella data che comuni e province guidate dai partiti popolari en-<br />
302<br />
Deve comunque essere ricordato che Montagnani, nella relazione al congresso milanese<br />
pubblicata nella rivista, aveva sottolineato l’importanza dell’azione concorde dei 160 Comuni<br />
della provincia in occasione delle proteste di novembre e si rifaceva a quei fatti per evidenziare<br />
l’importanza del legame tra comuni e popolo; I congressi di Milano e di Firenze. Relazioni. Montagnani,<br />
Icd gen.-feb. 1948, pp. 3-4.<br />
303<br />
Il Comune democratico, Obiettivi di lotta e di vittoria, Icd gen.-feb. 1948, pp. 1-2.<br />
304<br />
Un grande congresso nazionale dei comuni democratici a Firenze, AD ott.-nov. 1947, p. 1.<br />
305<br />
Questa interpretazione della nascita della Lega è sostenuta, sostanzialmente anche da<br />
Massimo Severo Giannini , Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e Lega dei Comuni Democratici,<br />
CA, 15-31 gen. 1948, pp. 16-18.<br />
306<br />
Si vedano, a questo proposito, le accuse incrociate di Giulio Turchi, per la Lega, e di<br />
Achille Guerra, per l’Anci, (citati oltre più estesamente) di aver preparato la rottura dell’unità
92 PARTE II<br />
trarono a far parte a pieno titolo della più ampia strategia di opposizione dei<br />
partiti della sinistra al Governo, come sottolineava l’articolo che annunciava il<br />
congresso di Firenze: “Dopo il Congresso dei consigli di gestione e la Costituente<br />
della Terra, un altro imponente schieramento di forze democratiche sta<br />
per realizzarsi: quello dei Comuni Democratici […, che] si inserirà in un largo<br />
‘Fronte per la Pace, la Libertà e il Lavoro’ 307 in cui si raccoglieranno tutte le forze<br />
democratiche e popolari italiane e che troverà nei comuni l’espressione unitaria<br />
locale”.<br />
Alla premessa politica generale seguiva, ne “L’Amministratore democratico”,<br />
il testo della mozione approvata dai sindaci riuniti a Roma 308 e, ancora, alcuni<br />
articoli di preparazione al congresso di Firenze dai titoli molto espliciti: Lotta<br />
nei comuni, lotta nel Paese; Il comune, organismo politico 309 .<br />
Proprio come era avvenuto nel primo ‘900, i comuni divennero teatro dell’aspra<br />
battaglia in corso tra le forze che sostenevano il Governo centrale e<br />
quelle dell’opposizione. Ancora una volta furono i partiti della sinistra a farsi<br />
portavoce delle ragioni delle autonomie locali, per la prima volta, invece,<br />
ad appoggiare quelle del Governo nazionale fu il partito dei cattolici, insieme<br />
ai socialisti di Giuseppe Saragat. Nel secondo dopoguerra, a giocare il ruolo<br />
che un tempo toccò ai governi liberali furono la Democrazia cristiana, erede<br />
del Partito popolare italiano di Sturzo, in particolare nella persona del Ministro<br />
dell’interno Scelba - molto vicino al sacerdote di Caltagirone - e il Partito<br />
socialista dei lavoratori italiani (Psli, dal 1952 Partito socialdemocratico<br />
italiano, Psdi), erede dei socialisti riformisti i quali, come i cattolici di Sturzo,<br />
furono i più strenui sostenitori dell’autonomia comunale nel periodo liberale<br />
e fascista.<br />
1.6.2. Continuità e differenza tra le aggressioni fasciste nel ’20 e ’21 e quelle<br />
del periodo repubblicano<br />
L’arresto del sindaco comunista di Genzano, Mario Colacchi, era l’ultimo<br />
degli eventi che simboleggiavano la continuità tra l’aggressione ai comuni compiuta<br />
dai fascisti del primo dopoguerra, svolta con la complicità del governo liberale,<br />
e quella che stava compiendo il governo repubblicano nel secondo dopoguerra:<br />
“Si vogliono esautorare e li<strong>qui</strong>dare queste amministrazioni, che ostacolano<br />
la libertà d’azione del governo antidemocratico. Alla stessa maniera la<br />
pensavano i fascisti nel ’20 e ’21 ed abbiamo visto quali sono state le conseguenze”<br />
310 . L’estensione del fenomeno era tale da essere denunciata dalla rivista<br />
degli enti locali con la costituzione di organizzazioni di amministratori di partito; Giulio Turchi,<br />
Politica e amministrazione, Icd nov.-dic. 1948, pp. 169-172; idem, Richiamo alla realtà, AD<br />
nov. 1948, pp. 395-9; Achille Guerra, Richiamo alla realtà, CA, 30 set. 1948, n. 18.<br />
307<br />
Sull’adesione della Lega al Fronte della Pace, cfr. Marco De Simone, Comuni popolari e<br />
Fronte della Pace, del Lavoro e della Libertà, AD dic. 1947, pp. 6-8.<br />
308<br />
Un grande congresso nazionale dei comuni democratici a Firenze, AD ott.-nov. 1947, p. 1.<br />
309<br />
AD ott.-nov. 1947, pp. 2-4 e 5-7.<br />
310<br />
Mario Colacchi: sindaco di Genzano, AD ott.-nov. 1947, p. 22.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 93<br />
del Pci come L’offensiva reazionaria contro i sindaci democratici 311 . L’attacco ai<br />
comuni non avveniva solo attraverso provvedimenti che colpivano i sindaci ma<br />
anche con il classico strumento dello scioglimento dei consigli comunali 312 .<br />
Ultimo elemento da sottolineare nella scelta della data di svolgimento del<br />
congresso è la coincidenza con la firma della promulgazione della Legge fondamentale<br />
da parte del Capo provvisorio dello Stato, il 27 dicembre 1947, quasi<br />
a sottolineare il collegamento tra la nascita della Costituzione e quella di<br />
un’organizzazione votata, sin dal primo momento, ad ottenere quell’autonomia<br />
locale che pure era garantita dalle norme sui cui si sarebbe dovuto basare il nuovo<br />
Stato repubblicano.<br />
Fu questo il clima nel quale si svolse l’appuntamento di Firenze nel quale<br />
venne affrontata la questione di un’autonomia locale fortemente limitata nella<br />
realtà e affermata, ma solo teoricamente, nella nuova Costituzione repubblicana..<br />
1.6.3. Il congresso di rifondazione della Lega<br />
Il congresso di fondazione della Lega si tenne, dunque, nel capoluogo toscano<br />
il 27 dicembre 1947, nel teatro comunale, parteciparono all’appuntamento<br />
rappresentanti di oltre 1.500 comuni della sinistra su 3.000, le adesioni<br />
vennero soprattutto dal centro-nord, dove erano più forti le Leghe provinciali<br />
313 . Alla presidenza sedevano i sindaci di Torino, Negarville; Firenze, Fabiani;<br />
Genova, Tarello; Bologna, Dozza; Arezzo, Grazi, e, <strong>qui</strong>ndi, gli onorevoli Scoccimarro,<br />
Gasparotto, Cevolotto, Carpano e Miglioli.<br />
Nella mozione conclusiva approvata dal congresso si dava “mandato al comitato<br />
provvisorio della Lega dei comuni di svolgere un’immediata azione diretta”<br />
ad ottenere:<br />
- l’autonomia, attraverso l’attuazione della Costituzione che sarebbe entrata<br />
in vigore il successivo 1° gennaio 1948;<br />
- il risanamento dei bilanci comunali;<br />
- una più vigorosa politica di lavori pubblici, specie riguardo l’edilizia abitativa.<br />
A Firenze l’assemblea votò lo stesso testo predisposto dal Comitato di iniziativa<br />
per il Congresso nazionale dei comuni democratici nominato dal citato<br />
Convegno dei sindaci socialisti e comunisti tenutosi il 14 dicembre a Roma.<br />
Nel seguito della mozione conclusiva gli amministratori e i consiglieri della sinistra<br />
richiamavano <strong>qui</strong>ndi la necessità di organizzarsi in forma autonoma, come<br />
già avevano fatto altri settori dell’apparato del Pci e del Partito socialista,<br />
311<br />
L’offensiva reazionaria contro i sindaci democratici. Reati inesistenti e funzioni del sindaco<br />
in democrazia AD dic. 1947, pp. 12-3; Giulio Turchi, Difendiamo i sindaci, AD ago.-set. 1948,<br />
pp. 267-8<br />
312<br />
Vincenzo Bisconti (segretario generale del comune di Ravenna), Lo scioglimento dei consigli<br />
comunali nella Repubblica Democratica, AD gen.-feb. 1948, pp. 16-8.<br />
313<br />
La Lega dei comuni democratici. (Nostra intervista col compagno Turchi, Segretario nazionale<br />
della Lega), AD mar. 1948, pp. 5-7.
94 PARTE II<br />
“organismi di questa lotta popolare [contro il governo] identica alla lotta dei<br />
Comuni democratici: i Consigli di gestione, i Comitati per la rinascita del Mezzogiorno<br />
e i Comitati per la Terra”. E concludevano con la volontà di “costituire<br />
la Lega nazionale dei Comuni e degli amministratori democratici, col<br />
compito di coordinarne e dirigerne l’azione al fine soprattutto di ottenere la<br />
pronta attuazione dei principi sanciti nella Costituzione” 314 .<br />
1.7. Due organizzazioni di uno stesso movimento per le autonomie locali: le<br />
ragioni di Massimo Severo Giannini<br />
Una caratteristica fondamentale della Lega nata a Firenze nel 1947, che la<br />
differenziava in modo determinante da quella del periodo liberale, era la dichiarata<br />
compatibilità con l’Anci. La Lega dei comuni democratici nacque per<br />
meglio organizzare e far valere le ragioni di province e comuni socialisti e comunisti,<br />
non per isolare gli enti locali della sinistra dal movimento per le autonomie<br />
locali. Gli amministratori popolari, <strong>qui</strong>ndi, avrebbero continuato a far<br />
sentire la propria autorevole voce anche nell’Anci. Questo significava forse che<br />
la lezione dei riformisti dell’Italia liberale era stata appresa o era piuttosto una<br />
ennesima manifestazione della “doppiezza” della sinistra, come di tutti i partiti<br />
negli anni del secondo dopoguerra?<br />
La risposta non è univoca e - come chiarito fin dalle premesse della ricerca<br />
- non è questa la sede per tentare una spiegazione politica di questa scelta. Secondo<br />
Ragionieri il dato di fatto era che il Pci se non fu l’unico partito comunista<br />
dell’Europa occidentale ad utilizzare il prestigio politico e la forza elettorale<br />
derivanti dal successo nella lotta partigiana, fu però “il solo che ha saputo<br />
di <strong>qui</strong> prendere le mosse per estendere la sua presenza e la sua influenza nella<br />
società e per evitare, in ogni fase della lotta politica, quell’isolamento che ha costituito<br />
un costante obiettivo della conservazione italiana” 315 .<br />
Per quanto riguarda le vicende <strong>qui</strong> descritte, è possibile affermare che la politica<br />
delle alleanze sostenuta dal Pci di Togliatti non costituiva la motivazione<br />
fondamentale della tensione unitaria del movimento comunale, ma coincideva<br />
con essa. Le ragioni dell’unità influenzavano tutta la storia del movimento comunale<br />
ed avrebbero superato, nei fatti, quelle che avevano portato alla rottura<br />
della collaborazione tra i partiti del Cln. A spiegare questo particolare punto<br />
di vista fu Massimo Severo Giannini. Il giurista, all’indomani della fine della<br />
seconda guerra mondiale, si era occupato di autonomie locali collaborando<br />
con Adriano Olivetti alla concretizzazione del progetto olivettiano della “Comunità”<br />
316 . Aveva poi tentato nel 1946, senza successo, di vedere riconosciute<br />
dal Partito socialista le tesi del compromesso da lui elaborato tra le posizioni sue<br />
e di Olivetti e quelle del Partito. Quelle tesi che, dopo la pubblicazione in for-<br />
314<br />
Il Congresso dei comuni democratici a Firenze, AD dic. 1947, pp. 1-3.<br />
315<br />
Ragionieri, La storia politica e sociale…, cit. p. 2458.<br />
316<br />
Adriano Olivetti, L’ ordine politico delle Comunità: garanzie di liberta in uno stato socialista,<br />
Ivrea, Nuove edizioni Ivrea, 1945.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 95<br />
ma anonima in una rivista socialista 317 , decise di far apparire, questa volta firmate<br />
– Giannini, Olivetti -, nelle pagine dell’Anci nel “Corriere amministrativo”<br />
318 . L’interesse di Giannini per gli enti locali territoriali fu secondo solo a<br />
quello per l’ordinamento giuridico, ed a questo interesse per gli enti locali, evidenziato<br />
da Sabino Cassese 319 , era direttamente collegato quello, altrettanto importante,<br />
verso il movimento per le autonomie locali, attraverso il movimento<br />
comunale italiano - ed internazionale 320 - prima nell’Anci, e poi nella Lega. All’Associazione<br />
dei comuni il professore partecipò dal 1947 - quando fu chiamato<br />
a far parte del direttivo - al 1953; per un più breve periodo aderì anche<br />
del Movimento di comunità fondato da Olivetti, sempre nel 1947, del quale fu<br />
componente del comitato centrale 321 . La storiografia non ha però finora evidenziato<br />
il suo ruolo nella e per la Lega, che fu degno di rilievo.<br />
1.7.1. La compatibilità tra Anci e Lega<br />
Sostenendo la compatibilità tra Anci e Lega nel “Corriere amministrativo”<br />
Giannini, per quanto inascoltato, diede solide basi alla posizione politica sostenuta<br />
da tutta la sinistra nell’Italia repubblicana, e dai soli riformisti nel periodo<br />
liberale. In anni nei quali la classe dirigente al governo era convinta della netta<br />
divisione tra politica ed amministrazione, e quella all’opposizione della prevalenza<br />
della prima sulla seconda, Giannini sostenne compatibilità e complementarietà<br />
dei due termini. Il professore evidenziò l’importanza sostanziale dell’impegno<br />
“tecnico” delle due organizzazioni senza per questo mettere in secondo<br />
piano la valenza “politica”. Giannini auspicò, così, un’azione combinata delle<br />
due organizzazioni in nome del raggiungimento degli obiettivi comuni. L’Anci,<br />
per il professore, era un’associazione “tecnico-politica”, che rappresentava tutti i<br />
comuni, la Lega, invece, era un’organizzazione “politico-tecnica” che mirava ad<br />
“esercitare un costante e sensibile richiamo sull’opinione pubblica delle condizioni<br />
di fatto che ostacolano la vita comunale, e che essa identifica in certe de-<br />
317<br />
Il problema delle autonomie locali, in “Bollettino dell’Istituto di studi socialisti”, n. 3, 16<br />
feb. 1946, pp. 1-6.<br />
318<br />
Cfr. Davide Cadeddu, L’autonomia locale di Massimo Severo Giannini, in Annale Isap,<br />
13/2005, pp. 31-7; per la pubblicazione citata: [Adriano Olivetti, Massimo Severo Giannini],<br />
Il problema delle autonomie locali, CA, 15-28 feb. 1946, pp. 143-152.<br />
319<br />
Sabino Cassese, Cultura e politica del diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, 1971,<br />
p. 116.<br />
320<br />
La partecipazione del professore ai convegni Union Internationale de Villes, per l’Anci,<br />
era seria ed impegnativa, si veda a questo proposito il suo scritto Autonomia locale e autogoverno,<br />
CA, 15-30 nov. 1948, pp. 1057-73, accuratamente commentato dal già citato Cadeddu,<br />
L’autonomia locale di Massimo Severo Giannini…, cit.. Sul movimento comunale europeo ed internazionale<br />
cfr. “Contemporary European History”, n. 4, nov. 2002; Patrizia Dogliani e Oscar<br />
Gaspari, Origini e sviluppo del movimento comunale europeo, in Idem (a cura di), L’Europa dei<br />
comuni..., cit., pp. 7-28.<br />
321<br />
Giannini in seguito avrebbe ricordato con amarezza i suoi anni nell’Anci, un periodo segnato<br />
dalle “tante inutili commissioni”; ACS, Carte M.S. Giannini, Documento sugli ordinamenti<br />
territoriali presentato da M.S. Giannini, citato da Guido Melis, Giannini e la politica, in<br />
“Rivista trimestrale di diritto pubblico”, n. 4, 2000, p. 1264.
96 PARTE II<br />
terminate resistenze politiche. Quindi la Lega non potrebbe esercitare le funzioni<br />
di rappresentanza generale che esercita l’Associazione; ma questa per sua parte,<br />
non potrebbe svolgere quell’azione di pressione e di persuasione politica, che<br />
la Lega si assume”. Non solo tra le due organizzazioni non vi era incompatibilità<br />
ma, al contrario, si sarebbero potute rafforzare a vicenda. Così concludeva il<br />
suo articolo Giannini: “Non è da escludere anzi che le due associazioni, svolgendo<br />
ciascuna la sua azione, si potenzino a vicenda, raggiungendo dei risultati<br />
più ampi di quelli che si sarebbero potuti raggiungere con una sola di esse” 322 .<br />
I concetti espressi dal professore riecheggiano quelli espressi da Caldara nel<br />
1916 che aveva evidenziato non l’incompatibilità - decisa dalla direzione del Psi<br />
– ma la diversità delle due organizzazioni, nate “una con determinati fini politici<br />
[la Lega], l’altra come strumento tecnico di difesa e di studio [l’Anci]” 323 .<br />
Una diversità che – nonostante l’imposizione ai comuni socialisti di abbandonare<br />
l’Anci, decretato dalla direzione - non avrebbe dovuto impedire – e non<br />
impedì - l’azione comune delle due strutture, come avevano auspicato lo stesso<br />
Caldara e Sichel 324 .<br />
Per Giannini - che, ricorda Cassese, riteneva “l’azione politica lo spazio necessario<br />
dell’impegno riformatore, per cui l’assenza da quell’area avrebbe reso<br />
impossibile l’impegno” 325 - politica ed amministrazione non solo non erano incompatibili<br />
ma erano parte di un unico e indivisibile “impegno riformatore”.<br />
Per questo, deluso dal risultato della sua attività nel Psi, aveva deciso di impegnarsi<br />
nel movimento comunale.<br />
È possibile mettere in risalto l’importanza dell’impegno di Giannini in questo<br />
ambito attraverso le note di Gaetano D’Auria sull’importanza fondamentale<br />
attribuita dal giurista all’amministrazione 326 fin dal “1946, quando dominava,<br />
in tutti gli schieramenti politici, l’incerta e contraddittoria idea – poi riflessa<br />
nella Costituzione – che l’amministrazione fosse il ‘braccio esecutivo’ del governo<br />
(ai cui comandi non si può che obbedire) e, però, con addetti ‘al servizio<br />
esclusivo della Nazione’ (<strong>qui</strong>ndi, svincolati da doveri di obbedienza politica o<br />
partitica). Contraddizione risolta, nei fatti, con la dominanza – tuttora perdurante<br />
– della politica sull’amministrazione” 327 . Una dominanza che anche con<br />
322<br />
Massimo Severo Giannini, Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e Lega dei Comuni<br />
Democratici, CA, 15-31 gen. 1948, pp. 16-18.<br />
323<br />
Associazione o Lega dei comuni? Una lettera di Emilio Caldara, “Avanti!”, 23 feb. 1916.<br />
324<br />
Lettera di Emilio Caldara, datata Milano 14 mar. 1916, pubblicata in AC, n. 5, 31 mag.<br />
1916, p. 1; Lettera di Adelmo Sichel, datata Guastalla, 24 mar. 1916, ibidem.<br />
325<br />
Sabino Cassese, Giannini: l’uomo e il lascito scientifico, in “Rivista trimestrale di diritto<br />
pubblico”, n. 4, 2000, p. 960. Peraltro Cassese giudica il descritto impegno di Giannini come<br />
“un errore di prospettiva proprio della sua generazione”, un errore, è possibile commentare, che<br />
avrà forse amareggiato al vita del professore - come ricorda sempre Cassese - ma che era l’espressione<br />
insopprimibile della sua grandissima generosità personale.<br />
326<br />
Questo concetto sintetizza un’espressione ben più complessa di D’Auria, secondo il quale,<br />
“per Giannini, l’amministrazione, lungi dall’essere una sovrastruttura della società o dell’economia,<br />
[era] – invece – parte integrante dell’assetto di rapporti che, in ogni ordinamento, si<br />
instaura fra potere pubblico e cittadini”; Gaetano D’Auria, Giannini e la riforma amministrativa,<br />
in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, n. 4, 2000, p. 1218.<br />
327<br />
Ibidem
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 97<br />
quell’articolo ne “Il corriere amministrativo” Giannini volle negare, pur personalmente<br />
impegnato con la sinistra, dimostrando un’assoluta libertà di giudizio<br />
in un periodo di fortissima contrapposizione politica. La sua interpretazione,<br />
oltretutto, non rimase confinata nell’ambito dell’interpretazione teorica.<br />
Giannini, infatti, si impegnò nell’Anci e nella Lega senza tener conto in alcun<br />
modo del fatto che l’una fosse vicina ai partiti al governo e, l’altra, ai partiti dell’opposizione,<br />
ai quali però lui era senza dubbio più legato.<br />
1.7.2. La polemica tra Guerra (Anci) e Turchi (Lega)<br />
La posizione eterodossa manifestata da Giannini venne ignorata sia dall’una,<br />
sia dall’altra parte. Nessun richiamo alle sue parole comparve sulle riviste<br />
degli amministratori dei partiti della sinistra, mentre in quella dell’Anci, alcuni<br />
mesi dopo, venne pubblicato un articolo che esprimeva una posizione esattamente<br />
contraria che, questa sì, venne puntualmente contestata dal segretario<br />
della Lega, Turchi.<br />
Achille Guerra, dalle pagine riservate all’Anci ne “Il corriere amministrativo”,<br />
dopo aver ricordato la storia dell’Associazione del periodo liberale, che aveva<br />
visto lavorare insieme il cattolico Sturzo e il massone Nathan, il riformista<br />
Caldara ed il cattolico Meda, contestava la creazione di organizzazioni comunali<br />
di partito, fossero queste la Lega, vicina alla sinistra, o l’Unione nazionale<br />
enti locali, vicina alla Democrazia Cristiana. Questo perché, in questo modo,<br />
si portava “ad incrinare, con la lotta politica, il campo della pura e semplice amministrazione<br />
ed entrambe vogliono trarre partito a giustificare la propria esistenza<br />
in contrasto od a complemento della Associazione nazionale dei comuni<br />
italiani da quella apoliticità, che all’Associazione medesima esse attribuiscono<br />
come peccato originale, ma che ne è, invece, il re<strong>qui</strong>sito sostanziale”, rompendo,<br />
<strong>qui</strong>ndi, l’unità dei comuni in tante organizzazioni minoritarie quanti<br />
erano i partiti di riferimento. Solo l’Anci, sempre secondo Guerra, grazie alla<br />
propria apoliticità, era e poteva essere in grado di rappresentare e di dar voce a<br />
tutti i comuni in campo sia nazionale, sia internazionale 328 .<br />
Giulio Turchi, comunista, segretario della Lega, al contrario di Guerra, rivendicava<br />
il ruolo politico della Lega del periodo liberale, ricordava che era stata la<br />
Lega e non l’Anci a portare nel 1920 in Parlamento, con Matteotti, il disegno di<br />
legge per l’indennità ai sindaci. “Il tecnicismo – scriveva il segretario - non basta;<br />
e l’apoliticità tanto conclamata ed esaltata o è una illusione o significa soltanto il<br />
prevalere nell’Associazione delle stesse forze che dirigono il governo”. Turchi contestava<br />
poi il fatto che, come scriveva Guerra, l’Anci avesse avuto un qualche ruolo<br />
contro il fascismo, non fu certo per quello che l’Associazione era stata sciolta<br />
nel 1926, ma solo perché era un ostacolo alla politica centralista della dittatura.<br />
L’esponente comunista faceva risalire la nascita dell’Anci “apolitica” all’atmosfera<br />
di collaborazione tra i partiti che componevano il Cln: “Ciò che ca-<br />
328<br />
Achille Guerra, Richiamo alla realtà. Parole ai sindaci ed agli amministratori comunali,<br />
CA, 30 set. 1948, pp. 865-870.
98 PARTE II<br />
ratterizzava allora quei convegni e quelle discussioni era la facilità con la quale<br />
i sindaci socialisti, comunisti, democristiani e di altre correnti, si mettevano<br />
d’accordo”.<br />
Una volta cessata la collaborazione tra i partiti che avevano vinto il fascismo<br />
nella Resistenza l’unità nell’Anci non era più possibile, così “la Lega fu costituita<br />
essenzialmente per coordinare e dirigere l’azione amministrativa e politica<br />
dei comuni sul piano della lotta per la democratizzazione effettiva del Paese<br />
e in accordo con tutte le forze organizzate e operanti allo stesso fine […] la Lega<br />
è una delle tante manifestazioni conseguenti alla mutata situazione politica<br />
italiana, come lo è la costituzione dell’Unione nazionale degli enti locali”. Tra<br />
l’altro, sottolineava Turchi, ben prima della costituzione della Lega si erano costituite<br />
le Unioni provinciali enti locali della DC, che da tempo si stava preparando<br />
alla “rottura dell’unità in tutti i settori”.<br />
Il segretario della Lega ricordava poi che non erano solo questioni tecniche<br />
quelle che riguardavano i comuni. Citava questioni di tipo tributario, il riassetto<br />
delle finanze comunali per le quali il governo aveva accettato le proposte<br />
in merito delle Confederazioni dell’Industria e non quelle dei comuni; ricordava<br />
l’accanimento dei prefetti contro i consigli tributari, contro la gestione diretta<br />
delle imposte sui consumi da parte dei comuni, il divieto di pagare la quota<br />
associativa all’organizzazione. In ogni caso “La Lega non ha mai invitato i comuni<br />
ad uscire dall’Associazione […] Siamo favorevoli [all’Anci] perché convinti<br />
che i comuni possono muoversi su un piano unitario, su tutti i problemi<br />
tecnici e anche su certi problemi politici; l’esperienza ha dimostrato e dimostra<br />
che quanto più si è vicini al popolo e più è facile trovare un comune terreno di<br />
intesa; e nessuno è tanto vicino al popolo quanto i sindaci”.<br />
Dopo la fine dell’unità dei partiti del Cln però, ribadiva Turchi, non era più<br />
possibile avere una sola organizzazione comunale ma – in quella che era una chiara<br />
sottolineatura dell’unità del movimento per le autonomie locali - aggiungeva:<br />
“A nostro avviso l’Associazione dei Comuni Italiani dovrebbe costituirsi su base<br />
federativa: Federazione delle organizzazioni provinciali, o più semplicemente<br />
delle organizzazioni nazionali. Io pongo il problema, non lo risolvo”.<br />
Su questa base esprimeva l’auspicio che il prossimo congresso dell’Anci fosse<br />
adeguatamente preparato e che fosse stimolata la discussione. L’interesse del segretario<br />
della Lega per lo svolgimento del congresso dell’Associazione dei comuni si<br />
basava sull’idea che un’Anci rappresentativa delle istanze di tutti i comuni non poteva<br />
che essere di vantaggio nei rapporti con l’opinione pubblica nazionale:<br />
“Tutti debbono comprendere che i comuni, i grandi come i piccoli, sono le pietre<br />
angolari del nostro ordinamento democratico e che i sindaci, dal più illustre<br />
al più oscuro, sono a pari titolo artefici ineliminabili e insostituibili della ricostruzione<br />
morale e materiale del paese” 329 .<br />
329<br />
Giulio Turchi, Politica e amministrazione, Icd nov.-dic. 1948, pp. 169-172; idem, Richiamo<br />
alla realtà, AD nov. 1948, pp. 395-9. Un richiamo, in questo caso evidentemente strumentale,<br />
all’apoliticità delle amministrazioni locali veniva anche dalle dichiarazioni del Ministro<br />
dell’interno, Scelba, fatte al congresso straordinario dell’Upi in alcuni articoli pubblicati<br />
nel “Corriere della sera”, citati anche oltre; L’attualità politica, AD gen. 1949, pp. 1-2
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 99<br />
Turchi non ricordava l’idea di Giannini dell’importanza fondamentale dell’amministrazione,<br />
mentre l’”apoliticità” dell’Anci sostenuta da Guerra - che<br />
concludeva il suo articolo con un richiamo all’idea della “pura amministrazione”<br />
intesa come “quell’arte, cioè, per mezzo della quale […] la ‘saggezza umana<br />
deve pervenire al soddisfacimento dei bisogni umani’” - corrispondeva ben<br />
altra realtà. La realtà di un’amministrazione che - parafrasando la citata affermazione<br />
di D’Auria – sarebbe dovuta essere al servizio esclusivo della Nazione,<br />
svincolata da doveri di obbedienza politica o partitica ma, nei fatti, era il braccio<br />
esecutivo del governo. Un governo che, in quegli stessi mesi, stava duramente<br />
colpendo comuni e province amministrati da socialisti e comunisti.<br />
1.7.3. La convergenza sulla finanza locale<br />
Divise da una diversa interpretazione del proprio ruolo, Lega ed Anci riuscivano<br />
a ritrovare l’unità d’intenti nelle concrete questioni dell’autonomia locale.<br />
Non c’era nulla da stupirsi, <strong>qui</strong>ndi, del fatto che “Il comune moderno”<br />
pubblicasse, introducendolo come “un interessante articolo”, uno scritto in<br />
materia di finanza locale di quello stesso Guerra che, qualche mese più tardi,<br />
come si è visto sopra, sarebbe stato aspramente contestato riguardo al suo giudizio<br />
sul ruolo della Lega. Le stesse conclusioni dell’articolo di Guerra - che, come<br />
commentava l’organo della Lega “constata con amarezza la delusione provata<br />
dagli amministratori alla pubblicazione del provvedimento in esame” 330 -<br />
potevano tran<strong>qui</strong>llamente essere sottoscritte dalla Lega stessa: “Una ulteriore<br />
azione da parte degli amministratori degli enti locali è necessaria ed indispensabile<br />
affinché si possa finalmente conseguire il reale e definitivo assetto della<br />
finanza comunale nel quadro di un’effettiva autonomia dei Comuni e di una<br />
riforma tributaria veramente democratica” 331 .<br />
La differenza maggiore era nei toni: illustrando lo stesso provvedimento di<br />
legge commentato da Guerra la rivista scriveva “Articolo primo: una indegna<br />
presa in giro” 332 . Non certo nella sostanza, come testimoniavano le risoluzioni<br />
approvate nelle assemblee dei sindaci di quel periodo e molti articoli in materia<br />
di finanza locale pubblicati nelle riviste per le autonomie locali, compreso il<br />
“Corriere amministrativo” 333 ed un periodico specializzato come “L’amministrazione<br />
italiana”, nel quale si riprendeva anche il progetto di riforma tributa-<br />
330<br />
Si trattava del decreto legislativo 26 marzo 1948, n. 261, concernente l’assetto della finanza<br />
delle province e dei comuni.<br />
331<br />
Ecco il pensiero del prof. Achille Guerra, Icd giu. 1948, pp. 86-7.<br />
332<br />
Assetto della finanza dei comuni, Icd giu. 1948, p. 86.<br />
333<br />
Sulla concordanza delle posizioni in materia di finanza locale espresse nel corso del secondo<br />
dopoguerra da sindaci e studiosi di diverso orientamento politico cfr. Luca Baldissara,<br />
Tecnica e politica nell’amministrazione. Saggio sulle culture amministrative e di governo municipale<br />
fra anni trenta e cinquanta, Bologna, Il Mulino, 1998, pp. 234-250. Non era rara, poi la<br />
pubblicazione di uno stesso articolo ne “Il corriere amministrativo” e ne “Il comune democratico”,<br />
come nel caso di quello redatto dal segretario della Federazione di comuni di Reggio Emilia,<br />
La gestione in economia delle II.CC. [imposte comunali] è veramente pregiudizievole per le finanze<br />
dei Comuni?, Icd ago.-set. 1948, pp. 129-130; CA mag. 1948, pp. 412-6.
100 PARTE II<br />
ria di Matteotti 334 . La continuità dei problemi della finanza locale era assoluta,<br />
come testimoniava anche il discorso al Senato di Pietro Montagnani dell’ottobre<br />
1948 contro i Servizi statali addossati al Comune che riprendeva, tali e quali,<br />
i motivi delle prime iniziative del movimento comunale di fine ‘800 contro<br />
l’attribuzione di servizi pubblici dello Stato, e l’addebitamento delle relative<br />
spese, alle autonomie locali. Montagnani, partendo dalla limitazione dell’istituto<br />
dell’integrazione dei bilanci ai soli comuni gravemente danneggiati dalla<br />
guerra stabilito dalla legge del 26 marzo 1948 sottolineava l’esistenza di almeno<br />
“68 servizi di natura statale e di natura mista addossati ai Comuni e non<br />
rimborsati ai Comuni”, servizi che per il 1947, al solo comune di Milano, costavano<br />
“ben 3 miliardi” 335 .<br />
La continuità della questione della finanza locale dal periodo liberale a quello<br />
repubblicano non deve meravigliare. La questione era sì stata affrontata dall’Assemblea<br />
Costituente, ma “i suggerimenti e i propositi non furono portati a<br />
esecuzione ed è comprensibile che, nei primi anni successivi alla entrata in vigore<br />
della Carta costituzionale, la finanza locale non fosse tra i primari obiettivi<br />
di riforma” 336 .<br />
Nell’ambito del rilancio della propria attività, all’indomani delle elezioni politiche<br />
del 1948, la Lega si attivò molto sulla questione che non solo era di vitale<br />
importanza per gli enti locali ma sulla base della quale era possibile la convergenza<br />
con amministratori e studiosi di diversa tendenza. L’occasione per dimostrare<br />
il rilancio, o forse meglio, il primo avvio concreto della propria azione<br />
sul piano politico-istituzionale, venne dal progetto di legge del senatore Paolo<br />
Fortunati, del Pci, professore ed assessore ai tributi a Bologna 337 , presentato<br />
nella rivista del luglio 1948 338 .<br />
2. La Lega dei comuni democratici negli anni della<br />
contrapposizione e dello scontro<br />
Svanita ogni speranza di riforma degli enti locali, insieme a quella più generale<br />
dello Stato, esclusa dal governo nazionale, nei comuni e nelle province la sinistra<br />
si preparava a difendersi dalle prevaricazioni del potere centrale e ad amministrare<br />
secondo i propri obiettivi. Ricorda Rotelli che “l’unico vero elemento essenziale di<br />
334<br />
G. Albanesi, Autonomia comunale ed autonomia tributaria (Considerazioni), “L’amministrazione<br />
italiana”, 1946, n. 2, p. 65, ora in Baldissara, Tecnica e politica nell’amministrazione...,<br />
cit., pp. 241-2.<br />
335<br />
Servizi statali addossati al Comune (Dal discorso del dott. Pietro Montagnani pronunziato<br />
al Senato il 23-10-1948), Icd ott. 1948, pp. 148-150; sullo stesso argomento Breve storia di una<br />
legge ingiusta. La gestione finanziaria del servizio antincendi, Icd lug. 1950, p. 274.<br />
336<br />
Marongiu, Storia dei tributi degli enti locali…, cit., p. 286.<br />
337<br />
Paolo Fortunati, docente di statistica all’università di Padova durante il fascismo, entrato<br />
nel Pci nel 1941, assessore ai tributi nella giunta comunale bolognese di Dozza dal 1946 al<br />
1956, senatore dal 1948, fu uno dei principali ispiratori della politica municipale della sinistra.<br />
338<br />
Paolo Fortunati, Progetto di legge per la finanza locale. Orientamenti e prospettive della politica<br />
tributaria, Icd lug. 1948, pp. 100-3; si veda anche, dello stesso autore, Per la libertà e l’autonomia<br />
dei comuni, AD ago.-set.1948, pp. 282-7.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 101<br />
discontinuità fra il regime fascista e il regime repubblicano” 339 immesso nella legislazione<br />
degli enti locali fu il principio dell’elettività delle cariche municipali, introdotto<br />
con il R.D. 7 gennaio 1946, n. 1. E fu grazie anche a questo solo elemento<br />
che gli amministratori comunisti e socialisti riuscirono, pur tra enormi difficoltà,<br />
a caratterizzare le autonomie locali da essi amministrati. Gli amministratori<br />
popolari, infatti, furono guidati nella loro attività dalla volontà di rispondere ai<br />
bisogni dei cittadini seguendo le modalità della propria cultura politica, e vi riuscirono<br />
anche interpretando a proprio vantaggio norme e regolamenti della legislazione<br />
liberale e fascista che ancora disciplinavano l’ordinamento locale.<br />
2.1. Il comune è un “organismo politico”<br />
Contrariamente alla dottrina prevalente affermatasi nella giurisprudenza nazionale<br />
a partire dalla fine dell’’800, ma in perfetta continuità con la tradizione<br />
del movimento socialista, il comune, come ricordava un articolo di Montagnani,<br />
era considerato dalla sinistra un “organismo politico”:<br />
“noi non sottovalutiamo l’importanza della tecnica amministrativa, il ché e<strong>qui</strong>vale<br />
a conoscere le leggi e i problemi amministrativi, aver capacità di tenere determinati<br />
rapporti con la popolazione, e con le altre autorità, ma è grave errore<br />
pensare che il comune sia un organismo puramente tecnico; il comune è invece<br />
un organismo politico” 340 . Il comune, <strong>qui</strong>ndi, doveva “proporsi quale uno<br />
dei luoghi privilegiati nella realizzazione della togliattiana strategia delle alleanze”,<br />
e doveva “amministrare nell’interesse delle masse popolari” 341 .<br />
Fu questo il quadro nel quale operò la Lega. L’editoriale del primo numero<br />
del 1948 de “Il comune democratico”, il primo nella nuova veste di “organo ufficiale<br />
della Lega”, delineava gli obiettivi dell’organizzazione negli anni successivi,<br />
sia sul piano politico- istituzionale, sia su quello tecnico-amministrativo,<br />
in Parlamento come nei comuni, senza alcuna soluzione di continuità:<br />
1) adesione attiva e partecipata al Fronte popolare;<br />
2) opposizione alla violazione dell’autonomia sancita dalla Costituzione attuata<br />
dal Governo;<br />
3) risolvere la questione della finanza locale;<br />
4) promuovere la ricostruzione del Paese;<br />
5) risolvere la questione degli epurati 342 .<br />
2.1.1. Le funzioni e i compiti della Lega<br />
In un successivo editoriale intitolato La Lega dei comuni democratici. Funzioni<br />
e compiti, si sollecitavano gli amministratori alla mobilitazione, perché<br />
339<br />
Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento comunale e provinciale durante il periodo fascista…,<br />
cit., pp. 231-2.<br />
340<br />
Piero Montagnani, Il comune, organismo politico, AD ott.-nov. 1947, pp. 5-7.<br />
341<br />
Baldissara, Tecnica e politica nell’amministrazione..., p. 87.<br />
342<br />
Il Comune democratico, Obiettivi di lotta e di vittoria…, cit.
102 PARTE II<br />
“molti dei nostri comuni – in special modo i piccoli – […] inconsci della loro<br />
forza politica, [erano] su posizioni di rassegnata soggezione […] sotto lo scudiscio<br />
prefettizio”, e si preannunciava l’adesione alla Lega di “altre forze amministrative<br />
(Provincie, Istituti ospitalieri, Eca, Patronati scolastici, Orfanotrofi, Case<br />
di ricovero ed altri Istituti ed Enti morali similari)”.<br />
Si offrivano, <strong>qui</strong>ndi, alcune informazioni sul comportamento da tenere nei<br />
comuni e sugli obiettivi immediati da perseguire. In primo luogo, anche se non<br />
veniva specificato, per ovviare evidentemente ad e<strong>qui</strong>voci rispetto alla distinzione<br />
dei ruoli tra sindaco e segretario di partito, si chiariva che “spetta al sindaco,<br />
quale rappresentante diretto e legittimo della sovranità popolare, dirigere<br />
la politica del suo Comune”. Rispetto agli obiettivi, si ricordava l’apertura “di<br />
una lotta serrata contro il Governo per costringerlo a sopprimere l’istituto del<br />
controllo di merito che le GPA esercitano” e per garantire ai comuni risorse sufficienti,<br />
concedendo o l’autofinanziamento, o maggiori finanziamenti. In ogni<br />
caso lo Stato si sarebbe dovuto accollare spese per servizi di interesse generale<br />
che si facevano sempre più pesanti, in primo luogo quelle di spedalità 343 .<br />
Sin dal primo momento furono evidentissime le difficoltà che la Lega avrebbe<br />
dovuto superare per la propria sopravvivenza come organizzazione. La prima<br />
circolare, la n. 1 del 27 gennaio 1948, richiedeva ai comuni un acconto sulla<br />
quota associativa, ma erano in molti a rispondere di non poterlo dare per<br />
l’opposizione delle rispettive Gpa, che giudicavano il contributo inammissibile<br />
in quanto considerato tra le “spese facoltative non previste dal bilancio” al ché,<br />
la rivista della Lega suggeriva alcune soluzioni pratiche 344 .<br />
Ma gli amministratori comunali della sinistra non avevano bisogno solo di<br />
essere messi a conoscenza di tutte le possibili scappatoie per superare il soffocante<br />
controllo della Gpa, dovevano anche sapere come governare. Era per soddisfare<br />
questa necessità che si moltiplicavano nella rivista ufficiale della Lega le<br />
informazione di carattere tecnico-amministrativo, e veniva pubblicata la relazione<br />
di Piero Montagnani Il comune è un organismo politico, prima di un Programma<br />
di dieci lezioni pratiche di aggiornamento e di preparazione per amministratori<br />
comunali 345 .<br />
Nonostante “Il comune democratico” fosse l’organo della Lega, la prima intervista<br />
rilasciata dal segretario dell’organizzazione, Giulio Turchi, appariva nella<br />
rivista del Centro di consulenza per gli enti locali del Pci, partito con il quale,<br />
evidentemente, il deputato aveva un legame che veniva prima di quello con<br />
343<br />
G.F., La Lega dei comuni democratici. Funzioni e compiti, AD mar. 1948, pp. 25-6.<br />
344<br />
In un comunicato la Lega suggeriva varie soluzioni al problema, più immediate del ricorso<br />
in via amministrativa: il sindaco avrebbe potuto emettere un mandato di pagamento, sanando<br />
successivamente il provvedimento in sede di bilancio consuntivo; in caso di opposizione<br />
del tesoriere all’emissione del mandato avrebbe potuto pagare attingendo ai fondi dell’economato,<br />
o da quelli a disposizione diretta sua o della giunta. In conclusione: “i ripieghi non si<br />
esauriscono a quelli sopra elencati, ne esistono altri che non possono sfuggire all’osservazione<br />
di un buon sindaco popolare; è chiaro che <strong>qui</strong> intendiamo parlare di ripieghi leciti ed in rapporto<br />
al fine giusto che si vuol perseguire” Comunicato della segreteria nazionale della Lega dei<br />
comuni democratici, AD mar. 1948, p. 30.<br />
345<br />
AD mar. 1948, pp. 37-40.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 103<br />
l’organizzazione delle autonomie enti locali. Turchi tratteggiava un breve bilancio<br />
dell’attività della Lega in vista, soprattutto, delle elezioni politiche nazionali<br />
del 18 aprile 1948. Per questo sottolineava l’impegno della Lega per la<br />
vittoria della sinistra e ricordava la necessità di pubblicizzare l’attività dei comuni,<br />
contrapponendola all’immobilismo del governo centralista, e si dichiarava<br />
fiducioso nella vittoria e nel cambiamento della direzione del Paese. Riguardo<br />
all’attività dell’organizzazione, a tre mesi dalla nascita, ricordava i rapporti<br />
con il Ministro delle finanze in materia di riscossione delle imposte di<br />
consumo, sottolineava il sostegno ad un progetto di riforma della figura dei segretari<br />
comunali elaborato dall’apposita commissione e bloccato dalla categoria<br />
346 .<br />
Una seconda intervista a Turchi, apparsa sempre ne “L’amministratore democratico”<br />
347 – e diretta principalmente al Partito comunista, al quale richiedeva<br />
un maggior impegno in favore degli amministratori - veniva pubblicata anche<br />
nella rivista della Lega. Come componente del Fronte democratico popolare,<br />
la Lega era partecipe della delusione della sinistra nelle elezioni politiche<br />
nazionali del 18 aprile 1948 ed il suo segretario individuava le possibili responsabilità<br />
dell’organizzazione riguardo alla sconfitta elettorale. In primo luogo<br />
Turchi evidenziava l’insufficiente propaganda del lavoro fatto nei comuni.<br />
Per il futuro, molto significativamente, sottolineava la necessità di “restare al<br />
proprio posto e migliorare il proprio lavoro”, di contare sulla Lega e ricordava<br />
che “il sindaco deve essere non soltanto capo dell’amministrazione ma anche<br />
un dirigente politico” 348 .<br />
Era evidente che gli amministratori comunisti non avevano ancora capito<br />
l’importanza del proprio ruolo nei comuni e per questo era necessario sottolinearne<br />
la valenza politica.<br />
2.2. La ripresa dopo i risultati del 18 aprile 1948<br />
L’intervista di Turchi aveva, di fatto, anticipato le decisioni del Comitato<br />
provvisorio della Lega nazionale dei comuni democratici e del Convegno dei<br />
presidenti delle Leghe provinciali riunitisi a Roma, rispettivamente, il 24 e il 25<br />
maggio 1948. All’indomani della sconfitta elettorale del Fronte popolare,<br />
quando fu chiaro che la lotta per la vittoria della sinistra nel Paese sarebbe stata<br />
lunga e difficile, venne deciso di porre le basi per il rilancio, o meglio, per<br />
l’avvio vero e proprio dell’attività della Lega sul piano nazionale.<br />
Il Comitato provvisorio della Lega decideva di costituire quattro commissioni<br />
di studio su: autonomie; bilancio; ricostruzione, con particolare riguardo alle<br />
346<br />
La Lega dei comuni democratici. (Nostra intervista col compagno Turchi, Segretario nazionale<br />
della Lega), AD mar. 1948 , pp. 5-7.<br />
347<br />
Giulio Turchi, Il lavoro comunale dopo le elezioni. Bilancio e prospettive, AD apr. 1948,<br />
pp. 76-8.<br />
348<br />
Giulio Turchi, Bilancio e prospettive del lavoro comunale dopo le elezioni, Icd apr.-mag.<br />
1948, pp. 76-8.
104 PARTE II<br />
case di abitazione; problemi regionali, in vista della istituzione - che si riteneva allora,<br />
prossima - delle regioni. Veniva <strong>qui</strong>ndi confermata la decisione assunta in riunioni<br />
precedenti che la rivista della Lega provinciale di Milano divenisse organo<br />
ufficiale delle Lega nazionale. Si annunciava la prossima convocazione di un convegno<br />
nazionale preparato da convegni provinciali, veniva approvata, infine, la<br />
bozza dello statuto della Lega, poi rimessa all’esame delle leghe provinciali.<br />
Il convegno dei presidenti delle leghe provinciali, svoltosi il 25 maggio, come<br />
primo problema affrontava quello delle minacciate dimissioni di amministratori<br />
della sinistra all’indomani dei risultati delle elezioni dell’aprile 1948, rientrate<br />
dopo “l’intervento immediato delle Leghe e quello personale di amministratori<br />
più preparati anche politicamente […] I convenuti sono stati unanimi<br />
nell’affermare che i sindaci hanno il dovere di restare al loro posto”.<br />
Bisognava rinsaldare i legami con consiglieri e assessori dei partiti di maggioranza<br />
- in particolare del Partito socialista dei lavoratori italiani 349 - che avevano deciso<br />
di rimanere nelle giunte nonostante il parere contrario dei vertici nazionali. Era<br />
necessario diffondere Consulte popolari e Consigli tributari, rafforzare l’organizzazione<br />
della Lega, diffondere la rivista, si raccomandava, infine, “la costituzione di<br />
un gruppo parlamentare che si interessi particolarmente delle questioni comunali e<br />
dia agli amministratori tutta l’assistenza di cui essi possono avere bisogno” 350 .<br />
Fu così che la rivista “Il comune democratico” dal luglio 1948 mutò il sottotitolo<br />
“Edito dalla Lega dei comuni democratici” assunto dal gennaio 351 in quello di<br />
“Organo ufficiale della Lega dei comuni democratici”. Il mensile aveva anche un<br />
comitato di direzione di cui facevano parte i due segretari nazionali della Lega,<br />
l’avv. Luigi Cavalieri e l’on. Luigi Turchi 352 . L’editoriale di apertura del fascicolo si<br />
intitolava La nostra rivista, firmato “La Segreteria della Lega dei comuni democratici”,<br />
nel quale si rilanciava l’attività della Lega anche attraverso la rivista, strumento<br />
per la lotta politica e “di lavoro per gli amministratori degli Enti Locali” 353 .<br />
2.2.1. Lo statuto del 1948<br />
Subito dopo veniva pubblicata la Bozza di statuto della Lega dei comuni democratici.<br />
La Lega aveva la propria sede centrale a Roma (art. 1), coordinava<br />
“l’opera dei Comuni per l’attuazione delle autonomie locali riconosciute ed af-<br />
349<br />
Il 9 gennaio 1947 Giuseppe Saragat usciva dal Partito socialista di unità proletaria guidato<br />
da Pietro Nenni, alleato del Pci nel Fronte popolare, e fondava il Partito socialista dei lavoratori<br />
italiani (Psli), poi Partito socialdemocratico italiano (Psdi).<br />
350<br />
Attività della lega dei comuni. Decisioni del Comitato provvisorio della Lega nazionale dei<br />
comuni democratici e conclusione del Convegno dei presidenti delle Leghe provinciali, Icd giu.<br />
1948, pp. 94-5.<br />
351<br />
Icd gen.-feb. 1948.<br />
352<br />
Gli altri componenti erano i sindaci di Genova, Gelasio Adamoli; Bologna, Dozza; Pescara,<br />
Italo Giovannucci; il rettore dell’Università di Siena, Mario Bracci; il deputato Riccardo<br />
Lombardi ed il senatore Piero Montagnani, vice sindaco di Milano. Nel 1947, a partire dal numero<br />
dell’ago.-set., il consiglio di direzione della rivista era invece composto da Antonio Greppi,<br />
Piero Montagnani, Vittorio Craxi, Nicola Jaeger, Amilcare Locatelli, Giuseppe de Florentiis.<br />
353<br />
Icd lug. 1948, pp. 97-8.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 105<br />
fermate dalla Costituzione della Repubblica Italiana e per lo sviluppo in senso<br />
democratico delle autonomie […] rappresenta e difende gli interessi dei Comuni<br />
nei confronti dell’Amministrazione centrale”. Rispetto agli obiettivi, la<br />
novità più significativa rispetto allo statuto del 1916 354 , come anche rispetto a<br />
quello anteriore dell’Anci, era data dal fatto che l’organizzazione oltre a difendere<br />
i comuni, ne promuoveva lo sviluppo delle attività ma congiuntamente alle<br />
“iniziative che – sul piano politico, sul piano economico-sociale e su quello<br />
amministrativo – valgono ad accrescere l’educazione civica dei cittadini”. A<br />
questo scopo appoggiava l’istituzione “di organi popolari, quali le assemblee di<br />
popolo, comunali e di quartiere, nelle quali gli amministratori rendano conto<br />
del loro operato e siano esaminati i problemi comunali: le Consulte Popolari<br />
[…] i Consigli Tributari”. Altra novità di rilievo era che la Lega “assiste, inoltre,<br />
i Comuni, le Provincie, le Regioni, gli Enti Locali e i singoli amministratori”<br />
(art. 2).<br />
Potevano <strong>qui</strong>ndi far parte della Lega non solo i comuni, ma anche province,<br />
regioni, gruppi consiliari di minoranza ed enti locali come opere pie, ospedali,<br />
patronati scolastici, Eca, consulte popolari e consigli tributari (art. 3).<br />
Nello statuto della Lega del 1948, venivano collegate la difesa e la promozione<br />
dell’autonomia locale sul piano politico-istituzionale e tecnico-amministrativo,<br />
con la promozione del principio dell’autonomia sul piano sociale legando,<br />
<strong>qui</strong>ndi, istituzioni e cittadini. Nella Lega, inoltre, insieme ai più forti e<br />
numerosi comuni, che erano la “punta di diamante” del movimento per le autonomie<br />
locali, erano associati anche tutti gli enti e le istituzioni che facevano<br />
parte di quel movimento: dalle province alle opere pie, fino alle regioni, la cui<br />
istituzione, però, era ancora ben lontana.<br />
Dal punto di vista teorico, in questo statuto trovavano posto un’istanza basilare<br />
del movimento per le autonomie locali, il collegamento tra le istituzioni<br />
e i cittadini, e venivano poste le basi per il coordinamento delle iniziative di istituzioni<br />
ed enti locali 355 . Mancavano all’appello solo le aziende municipalizzate<br />
che, probabilmente, già ben organizzate in una propria Confederazione 356 , non<br />
avrebbero tratto alcun vantaggio dall’entrare a far parte di una struttura che era<br />
appena ai suoi primi passi 357 .<br />
354<br />
Da sottolineare nello statuto, rispetto a quello del 1917, la formale indipendenza dell’organizzazione<br />
da qualsiasi partito. Il collegamento con i partiti della sinistra era nei fatti, nella<br />
partecipazione al Fronte democratico e nella segreteria doppia, affidata ad un comunista e ad<br />
un socialista.<br />
355<br />
Bozza di Statuto della Lega dei comuni democratici, Icd lug. 1948, pp. 98-9.<br />
356<br />
Cfr. Gaspari, Dal monopolio, alla municipalizzazione, alla liberalizzazione dei servizi pubblici…,<br />
cit.<br />
357<br />
Questo però non voleva dire che le aziende comunali non si mobilitassero congiuntamente<br />
alla Lega rispetto a situazioni specifiche nelle quali erano direttamente coinvolte. Era il<br />
caso, ad esempio, di un aumento delle tariffe del gas deliberato dal Comitato interministeriale<br />
prezzi nel 1949, in occasione del quale la Confederazione della Municipalizzazione, la CoM,<br />
insieme alla Lega dei Comuni democratici, il Comitato di coordinamento dei consigli di gestione<br />
aziende gas e l’Associazione nazionale in<strong>qui</strong>lini, esprimeva in un comunicato la propria<br />
opposizione e chiedeva di non aumentare le tariffe, salvo piccoli ritocchi essenziali al pareggio<br />
del bilancio delle aziende; AD mag. 1949, p. 163.
106 PARTE II<br />
2.2.2. Il successo nella difesa delle province, e della legalità, contro l’offensiva<br />
del Ministero dell’interno<br />
L’occasione per dimostrare che la Lega dei comuni non rappresentava gli interessi<br />
dei soli municipi venne molto presto. La rivista dell’organizzazione, infatti,<br />
nel luglio del 1948 denunciava l’inizio di una offensiva contro le deputazioni<br />
provinciali da parte del Ministero dell’interno che aveva espresso parere<br />
favorevole al rinnovamento delle deputazioni in carica da quattro anni, proposto<br />
da alcuni prefetti. Si trattava delle deputazioni nominate a partire dal 1944<br />
sulla base della composizione del Cln e che, secondo l’interpretazione della legge<br />
in vigore data dai prefetti, erano ormai scadute. Il segretario della Lega, Cavalieri,<br />
si opponeva a tale interpretazione, sostenendo l’illegittimità dei provvedimenti<br />
di scioglimento dei prefetti, che erano stati avallati dal Ministero dell’interno<br />
solo per l’interesse dei partiti governativi, e soprattutto della Democrazia<br />
cristiana, ad avere solo propri uomini nelle province 358 .<br />
I tempi per le autonomie locali, però, per quanto il fenomeno degli scioglimenti<br />
dei consigli potesse farli venire alla mente non erano certo gli stessi dell’Italia<br />
liberale e dell’ascesa al potere del fascismo.<br />
Qualche mese dopo la denuncia del segretario, “L’Amministratore democratico”<br />
annunciava che una sentenza della V sezione del Consiglio di Stato aveva sospeso,<br />
il 20 novembre 1948, l’esecuzione del decreto prefettizio di scioglimento<br />
della deputazione provinciale di Roma che era stata <strong>qui</strong>ndi reintegrata nelle sue<br />
funzioni. Una sentenza simile riguardante la deputazione provinciale di Napoli<br />
era stata emessa in precedenza dalla IV sezione della stessa magistratura. Scelba<br />
aveva disciolto le amministrazioni costituite a norma del DL 4 aprile 1944 n.<br />
111, sul modello del Cln, in quanto erano passati 4 anni, per sostituirle con altre<br />
che, secondo il Ministro “dovevano rispecchiare i risultati del 18 aprile” 359 .<br />
Nel 1951 la rivista della Lega ricordava un’altra sentenza della IV sezione Consiglio<br />
di Stato che, limitando l’ambito di attività del commissario prefettizio, stabiliva<br />
che questi poteva esercitare i poteri del sindaco e della giunta, ma non quelli del<br />
consiglio comunale 360 . Nello stesso anno era Massimo Severo Giannini a commentare<br />
positivamente un’altra sentenza del Consiglio di Stato che aveva accettato il ricorso<br />
del comune di Rimini contro la rimozione del proprio sindaco per motivi di<br />
ordine pubblico 361 , e non era l’ultima. Anche in diverse altre occasioni il Consiglio<br />
di Stato sembrò contestare l’interpretazione estensiva dei poteri sostitutivi del Ministero<br />
dell’interno e dei prefetti riguardo alle amministrazioni locali 362 .<br />
358<br />
Luigi Cavalieri, Eccesso di potere e illegittimità dei decreti prefettizi di scioglimento delle Deputazioni<br />
provinciali, Icd lug. 1948, pp. 107-8.<br />
359<br />
Velleità incostituzionali dell’On. Scelba. Le deputazioni provinciali disciolte per ordine del<br />
Ministro dell’Interno, reintegrate dal Consiglio di Stato, AD 1948, n. 12, p. 466.<br />
360<br />
Il Consiglio di Stato contro il governo di polizia, Icd apr. 1951, p. 156.<br />
361<br />
Massimo Severo Giannini, La rimozione dei sindaci in una decisione del Consiglio di Stato,<br />
Icd mag. 1951, pp. 196-8.<br />
362<br />
Il Prefetto di Taranto che aveva visto annullato il proprio decreto di nomina di un commissario<br />
sostitutivo dell’amministrazione comunale di Taranto si rifiutò di eseguire le decisioni<br />
del Consiglio di Stato e annunciò il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 107<br />
Non era certo un caso <strong>qui</strong>ndi che, alcuni anni dopo, tra il 1958 ed il 1959,<br />
il Ministro dell’interno Fernando Tambroni 363 , avesse deciso di non chiedere<br />
più tale parere. La questione veniva sollevata da un’interrogazione parlamentare<br />
dei deputati Luzzatto, Tonetti e Targetti a circa un anno di distanza dalla<br />
scomparsa dai decreti presidenziali di scioglimento dei consigli comunali e dalle<br />
relazioni di accompagnamento del Ministro dell’interno di ogni riferimento<br />
al parere del Consiglio di Stato. “Di per sé, <strong>qui</strong>ndi, – commentava l’articolo che<br />
dava notizia dell’interpellanza – la cessazione improvvisa, ed è proprio il caso di<br />
dire inconsulta della consuetudine di ascoltare il Consiglio di Stato in sede consultiva,<br />
denuncia un indirizzo di sopraffazione” 364 , un indirizzo che lo stesso<br />
Consiglio di Stato non tardava a stigmatizzare duramente. Nella decisione<br />
dell’8 aprile 1960, pubblicata il 27 maggio, la IV sezione del Consiglio di Stato,<br />
pronunciandosi in merito alla richiesta di annullamento dei provvedimenti<br />
di scioglimento del consiglio comunale di Venezia e dell’Azienda comunale per<br />
la navigazione interna, scriveva: “Desta <strong>qui</strong>ndi sorpresa che l’Avvocatura dello<br />
Stato citando ben dieci casi di scioglimenti di consigli comunali intervenuti negli<br />
anni 1958 e 1959, dichiari che tale prassi [di chiedere il parere del Consiglio<br />
di Stato] non sussiste” 365 .<br />
Il rispetto della legge e della prassi, questo chiedeva per le autonomie locali<br />
la Lega, sia al Consiglio di Stato, sia al Ministro dell’interno, proprio come avevano<br />
fatto Anci ed Upi negli anni dell’Italia liberale.<br />
2.2.3. “La caccia al sindaco” dopo l’attentato a Togliatti<br />
La caccia al sindaco, così si intitolava l’articolo di Montagnani a commento<br />
degli arresti e delle denunce ai sindaci a seguito degli incidenti del 14 luglio<br />
1948 provocati dall’annuncio dell’attentato al segretario del Pci, Palmiro Togliatti<br />
366 . Per il segretario della Lega, Turchi, gli incidenti erano solo una scusa.<br />
Era evidente, infatti, la volontà di allontanare dai posti di responsabilità tutti<br />
coloro i quali potessero essere di ostacolo “alla politica liberticida nella quale è<br />
impegnato il governo”. Le modalità di svolgimento della caccia potevano essere<br />
di due tipi: “puramente poliziesca” e “burocratico-amministrativa”. Nel primo<br />
caso le prefetture prendevano a pretesto motivi di ordine pubblico come<br />
manifestazioni e scioperi, nel secondo caso, invece, il pretesto era rappresentato<br />
dal fatto che “i sindaci non hanno saputo fare ciò che dovevano o per impe-<br />
difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato; Mario Franceschielli, Il Prefetto di Taranto ed il<br />
Consiglio di Stato, Icd mag. 1951, pp. 199-200.<br />
363<br />
Tambroni era stato in carica come Ministro dell’interno dal 6 lug. 1955 al 15 feb. 1959,<br />
con il primo Governo Segni, il primo Governo Zoli ed il secondo Governo Fanfani.<br />
364<br />
Si chieda il parere del Consiglio di Stato prima di sciogliere i consigli comunali, Icd apr.<br />
1959, p. 95.<br />
365<br />
Giurisprudenza. Consiglio di Stato (Sezione IV), Icd mag. 1960, p. 201, il corsivo è redazionale;<br />
per un commento Domenico Rizzo, Il Consiglio di Stato sullo scioglimento del Consiglio<br />
comunale di Venezia e dell’azienda comunale di navigazione, Icd giu. 1960, p. 242.<br />
366<br />
Piero Montagnani, La caccia al sindaco, Icd ago.-set. 1948, pp. 123-4.
108 PARTE II<br />
rizia, o per altre ragioni”. In entrambi i casi avrebbe potuto essere di grande aiuto<br />
il supporto delle masse e specialmente della Lega, provinciale e nazionale,<br />
che poteva soccorrere i sindaci e mobilitarsi in loro favore; i sindaci, concludeva<br />
Turchi, “debbono mantenersi strettamente legati al popolo e fra loro nelle<br />
proprie Leghe” 367 . Intanto il segretario difendeva in Parlamento gli amministratori<br />
di sinistra contro le illegalità del Ministero dell’interno e dei prefetti 368 .<br />
L’organizzazione dei comuni della sinistra poteva giocare un ruolo importante<br />
soprattutto nel prevenire l’imperizia “burocratico-amministrativa” degli<br />
amministratori presa a pretesto dalle prefetture per gli scioglimenti, da <strong>qui</strong> il già<br />
citato Programma di dieci lezioni pratiche di aggiornamento e di preparazione per<br />
amministratori comunali 369 , la pubblicazione di articoli e notizie relative a giurisprudenza<br />
e tecnica amministrativa e, soprattutto, l’impegno per la riforma del<br />
ruolo dei segretari comunali, che potevano essere di grande aiuto, o al contrario,<br />
di grande impedimento, all’attività amministrativa delle giunte “rosse”.<br />
2.2.4. I segretari comunali ed il rapporto con gli amministratori di sinistra<br />
Tra le questioni più approfondite nel periodico nel secondo dopoguerra vi<br />
era senza dubbio quella della riforma della figura dei segretari comunali e provinciali,<br />
non solo per il ruolo essenziale da questi svolto nelle amministrazioni,<br />
ma anche per il fatto che i membri della categoria erano tra i lettori più attenti<br />
ed erano numerosi i loro contributi a questa come a tutte le riviste specializzate<br />
in problemi dell’amministrazione locale. Gli articoli sui segretari comunali<br />
erano piuttosto frequenti, uno tra i primi esprimeva disappunto per l’esclusione<br />
delle donne dal concorso per segretari comunali 370 , ma l’argomento più<br />
sviluppato era senza dubbio quello della riforma della categoria 371 . Su questa figura<br />
chiave nel funzionamento di comuni e province si scaricavano tensioni<br />
molto forti in quegli anni perché l’importanza del segretario era accresciuta dalla<br />
circostanza che molti amministratori della sinistra non conoscevano la macchina<br />
amministrativa. Può essere utile a comprendere meglio questa realtà – ed<br />
il successivo sviluppo - un breve profilo di uno dei nuovi amministratori della<br />
sinistra nel dopoguerra: Roberto Vighi, socialista, vice presidente dal 1946 al<br />
1951 e <strong>qui</strong>ndi presidente al fino al 1970 della provincia di Bologna:<br />
367<br />
Giulio Turchi, Difendiamo i sindaci e la democrazia nei comuni, Icd ago.-set. 1948, pp.<br />
124-5; su questo argomento cfr. Giuseppe Sotgiu, L’attività della Lega non piace ai prefetti, e<br />
neppure l’autonomia regionale, Icd nov.-dic. 1948, p. 173.<br />
368<br />
Giulio Turchi, Lo stato di polizia ed i comuni, AD 1948, n. 10, pp. 352-5.<br />
369<br />
AD mar. 1948, pp. 37-40.<br />
370<br />
Adriana Prandi, Dal concorso sono escluse le donne. Si completi la loro emancipazione, Icd<br />
gen. 1947, p. 12.<br />
371<br />
Si veda l’ordine del giorno dell’Associazione dei sindaci della provincia di Como, Riforma<br />
dello stato giuridico dei segretari comunali, Icd feb.-mar. 1947, pp. 31-2. Sulla questione della<br />
riforma (mancata) dei segretari comunali nel secondo dopoguerra, che vide contraria la grande<br />
maggioranza della categoria, cfr. Baldissara, Tecnica e politica nell’amministrazione…, cit.,<br />
pp. 148-176.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 109<br />
“faceva parte della seconda generazione – per distinguerla da quella prefascista<br />
– di pubblici amministratori usciti dal seno della sinistra democratica e popolare.<br />
Quegli amministratori che si son fatti da soli – perché non esistevano una<br />
scuola e una cultura specifica del settore – e che sono cresciuti al contatto quotidiano<br />
dei problemi di quei cittadini che li avevano scelti con un voto e con<br />
una fiducia di carattere politico e morale […, un] uomo che, nel secondo dopoguerra,<br />
aveva cominciato a imparare un nuovo ‘mestiere’ – per incarico del<br />
partito – […, Vighi] fu tra quelli che, senza una precedente esperienza amministrativa,<br />
si gettarono con coraggio nell’impresa e imparò ‘sul campo’ il nuovo<br />
mestiere di amministratore pubblico. Non fu sempre facile e non mancarono<br />
certo critiche e scontri anche all’interno dello schieramento di sinistra. Non si<br />
resta però – come restò lui – per un ventennio alla guida di una importante<br />
amministrazione locale, come l’Amministrazione Provinciale di Bologna, per<br />
astratta delega del partito, se, quel mestiere, non si è imparato a farlo con dignità,<br />
onestà e adeguatezza” 372 .<br />
Le nuove amministrazioni in carica all’indomani della fine della guerra sostennero<br />
subito una decisa opposizione di principio contro le norme fasciste che,<br />
dal 1928 373 , avevano privato i comuni della capacità di scegliere i propri segretari<br />
- passati in uno speciale ruolo del Ministero dell’interno – e da allora imposti<br />
per nomina governativa. Fu così che nel documento conclusivo della riunione<br />
svoltasi a Torino il 28 agosto 1945 tra i sindaci di Torino, Milano, Genova, Bologna,<br />
Venezia e Verona, tra le altre rivendicazioni poste al Governo, venne inserita<br />
quella della “abolizione di tutte le disposizioni legislative emanate dal 1928<br />
in poi sullo stato giuridico ed economico dei Segretari comunali. [Si chiese] Il<br />
ritorno, <strong>qui</strong>ndi, alle disposizioni del TU della legge comunale e provinciale del<br />
1915, aggiornate alle odierne condizioni” 374 . Di tenore analogo era il voto deliberato<br />
dal citato “Convegno delle provincie della Regione Emilia-Romagna e<br />
contermini per la trattazione di vari problemi amministrativi di particolare interesse<br />
per le provincie”, svoltosi sempre nel 1947, con il quale si chiese il ritorno<br />
del segretario provinciale alle dirette dipendenze della provincia 375 .<br />
Lo scontro tra le esigenze di riforma e di autonomia manifestate dai sindaci<br />
e la realtà della figura del segretario che era delineata dalla normativa fascista,<br />
era tra le cause di una decisa ostilità reciproca che andava a scapito del buon<br />
andamento dell’amministrazione. Per questo la rivista si rivolgeva agli amministratori,<br />
e in particolare ai sindaci, chiedendo di superare le incomprensioni,<br />
perché: “Normalizzare i rapporti tra le Amministrazioni comunali ed il loro<br />
372<br />
Luigi Arbizzani, Francesco Bonazzi del Poggetto, Nazario Sauro Onofri, Contributo per<br />
una biografia, in Roberto Vighi, Per il socialismo, l’antifascismo, le autonomie. Scelta di scritti e<br />
discorsi dal 1914 al 1970, a cura di Luigi Arbizzani, Francesco Bonazzi del Poggetto, Nazario<br />
Sauro Onofri, con un messaggio di Sandro Pertini, Provincia di Bologna, 1984; ristampa curata<br />
dalla Provincia di Bologna, Bologna, Tipografia Moderna, 1997, pp. 9-11.<br />
373<br />
Cfr. Oscar Gaspari, I segretari comunali e provinciali durante il periodo fascista: da professionisti<br />
a funzionari statali, in “Le carte e la storia”, n.1, 2004, pp. 173-190.<br />
374<br />
ArSCPr, Amministrazione comunale 5, 1945, “Convegno dei sindaci a Torino (28 ago.<br />
1945)”.<br />
375<br />
Convegno delle provincie Emilia-Romagna e contermini, Rdp ago-set. 1945, pp. 96-108.
110 PARTE II<br />
principale collaboratore, il Segretario, significa contribuire veramente a potenziare<br />
i nostri Comuni nelle loro funzioni pubbliche” 376 .<br />
Anche il mensile “L’Amministratore democratico” promosse una campagna<br />
per la riforma dello status dei segretari comunali e provinciali, in termini di<br />
grande interesse. Nella rivista si sosteneva, in sostanza, il concetto che l’essere<br />
presidente di provincia, assessore e, soprattutto, sindaco, comportava l’impegno<br />
di guidare l’amministrazione locale secondo determinati indirizzi politici<br />
che il segretario aveva il dovere di attuare nel rispetto della legalità:<br />
“Mentre compete al Sindaco l’indirizzo generale dell’Amministrazione comunale,<br />
essendo la espressione della sovranità popolare, al Segretario comunale incombe<br />
il compito della buona, corretta e legale attuazione dei provvedimenti<br />
delle autorità comunali […] Sembra a noi che il miglior principio da seguire in<br />
questa materia sia quello di rispettare reciprocamente le proprie competenze” 377 .<br />
Il segretario comunale non poteva essere, semplicemente, un funzionario del<br />
Ministero dell’interno come qualsiasi altro, chiamato a svolgere in ogni luogo<br />
le medesime procedure perché al servizio di un’autorità burocratica centralizzata<br />
uguale in ogni situazione, come aveva voluto il fascismo. Nell’Italia repubblicana<br />
il segretario comunale - per la Lega proprio come per l’Anci -, doveva<br />
essere al servizio dell’amministrazione locale e, in particolare per la Lega, doveva<br />
dirigere un’attività amministrativa che soddisfacesse i bisogni dei cittadini<br />
secondo le priorità e le modalità indicate dall’autorità politica locale. Sono argomentazioni<br />
queste, che paiono rinviare sia all’enunciato della riforma della<br />
categoria dei segretari comunali e provinciali sia alla distinzione tra attività di<br />
indirizzo politico, propria dell’autorità politica elettiva, e quella di amministrazione,<br />
svolta autonomamente dai dirigenti, riforme avviate a partire da quella<br />
dell’ordinamento degli enti locali del 1990 378 . Non è un caso che questa distinzione<br />
venga proposta nel secondo dopoguerra proprio dalla sinistra. Nell’immediato<br />
secondo dopoguerra gli amministratori locali comunisti e socialisti<br />
erano portatori di un disegno politico innovatore di ampio respiro. Essi non venivano<br />
eletti semplicemente per gestire l’amministrazione seguendo le norme<br />
ma per impegnarsi a soddisfare i bisogni della collettività - ed in particolare dei<br />
cittadini più poveri e più deboli – attraverso l’amministrazione, anche appoggiandone<br />
le lotte 379 .<br />
Nel quadro del tentativo di riformare la categoria nel secondo dopoguerra<br />
l’Anci non poteva rimanere estraneo alla formazione dei nuovi segretari comu-<br />
376<br />
Aldo Tassoni, Segretari e amministratori comunali, Icd apr.-mag. 1947, pp. 41-2.<br />
377<br />
Mafra (Mario Franceschelli), Rapporti tra sindaci e segretari comunali: oggi e domani, AD<br />
ago.-set. 1947, nn. 5-6, pp. 7-9.<br />
378<br />
Si tratta, rispettivamente, del D.P.R. 4 dic. 1997, n. 465, Regolamento recante disposizioni<br />
in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali,a norma dell’articolo 17, comma<br />
78, della L. 15 maggio 1997, n. 127, e del D. legis.vo 3 febbraio 1993 n. 29, Razionalizzazione<br />
dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di<br />
pubblico impiego.<br />
379<br />
Fondamentale, a questo proposito, era l’impegno dei sindaci e delle amministrazioni comunali<br />
in favore e in difesa dei lavoratori in sciopero; cfr. L’Osservatore, Lo sciopero dei braccianti<br />
ed i sindaci, Icd ago 1949, pp. 15-6.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 111<br />
nali. Da <strong>qui</strong> l’organizzazione, appena prima della nascita della Lega, nel dicembre<br />
1947, di un Corso di preparazione agli esami di diploma di segretario comunale,<br />
tra i cui docenti vi erano un professore del calibro di Massimo Severo<br />
Giannini, Achille Guerra, ex direttore capo servizio del comune di Napoli e<br />
componente del primo comitato esecutivo dell’Anci, Dante Cosi, storico esponente<br />
della categoria, Renato Vicard, ex funzionario dell’Istat e segretario dell’Anci<br />
380 .<br />
Sulle pagine de “L’Amministratore democratico”, si apriva una sorta di dibattito<br />
tra le diverse posizioni. C’era chi sosteneva che la legge dovesse definire<br />
funzioni e responsabilità del segretario, fissare re<strong>qui</strong>siti per la nomina, minimi<br />
stipendiali, sanzioni disciplinari, garanzie rispetto alla stabilità dell’impiego, ferie,<br />
malattia e pensione ma anche che le amministrazioni potessero scegliere i<br />
segretari 381 . Altri chiedevano una partecipazione dell’Anci alla gestione della categoria,<br />
che doveva però rimanere alle dipendenze del Ministero dell’interno,<br />
per non essere alla mercé delle amministrazioni comunali 382 .<br />
All’inizio del 1948 la Lega appoggiò il progetto di riforma della figura dei<br />
segretari comunali elaborato dalla commissione mista comuni-segretari, che era<br />
stato però bloccato dagli stessi segretari 383 . A questo proposito, Turchi dichiarava<br />
che la Lega “non potrà mai accedere al principio della statizzazione sostenuto<br />
dalla maggioranza della categoria” 384 . Dietro il sostegno del principio del ritorno<br />
al legame diretto tra segretario e comune, e della fine della statizzazione<br />
voluta dal fascismo, non c’era solo la necessità del rispetto dei principi costituzionali,<br />
ma anche “il buon andamento dei Comuni”. I segretari dovevano essere<br />
legati alla realtà dei comuni, non alla burocrazia ministeriale, perché: “l’au-<br />
380<br />
Corso di preparazione agli esami di diploma di segretario comunale, AD ago.-set. 1947, nn.<br />
5-6, p. 26.<br />
381<br />
“ai segretari comunali sia assicurata la possibilità di carriera ed un adeguato trattamento<br />
economico, che la loro stabilità d’impiego sia strenuamente difesa da ingerenze di parte; che<br />
dall’altro venga disciplinato il loro stato giuridico: tutto ciò rappresenta il minimo di quanto<br />
in linea sindacalesi possa e si debba, anzi, richiedere. Ma […] ritengo si debba riconoscere che<br />
le Amministrazioni Comunali abbiano il diritto di richiedere la possibilità di scegliere colui che<br />
dovrà essere il primo dei suoi funzionari”; L.B. Segretario comunale, La questione dei segretari<br />
comunali, AD apr. 1948, p. 114.<br />
382<br />
Vincenzo Bisconti, Ancora dei segretari comunali, AD mag. 1948, p. 162.<br />
383<br />
Nel 1946 venne costituita una commissione paritetica Anci-segretari per la riforma della<br />
figura del segretario, guidata dal giurista Michele La Torre, dai sindaci di Bologna, Giuseppe<br />
Dozza (comunista); Verona, Aldo Fedeli (socialista); Cosenza, Adolfo Quitieri (democristiano);<br />
dal presidente dell’associazione nazionale di categoria, Amerigo Beviglia; dal segretario<br />
del comune di Bari, Giacomo Giacobelli e da quello della provincia di Taranto, Michele Rinaldi.<br />
All’inizio del 1947 la Commissione approvò a maggioranza, con il voto contrario dei due<br />
segretari Giacobelli e Rinaldi, un progetto di riforma che accoglieva gran parte delle richieste<br />
dei segretari, garantendo però agli enti locali il controllo sul segretario, tutelato dallo Stato in<br />
caso di vertenze. Tale progetto, anche per la strenua opposizione della maggioranza della categoria,<br />
non venne però mai tradotto in legge. Fino al 1990 rimase <strong>qui</strong>ndi in vigore la normativa<br />
fascista del 1928; su questa vicenda, cfr. Baldissara Tecnica e politica nell’amministrazione...,<br />
pp. 164-187.<br />
384<br />
La Lega dei comuni democratici. (Nostra intervista col compagno Turchi, Segretario nazionale<br />
della Lega), AD mar. 1948 , pp. 5-7.
112 PARTE II<br />
tonomia […] si può ottenere soltanto se l’ente dispone di funzionari i quali abbiano<br />
l’effettiva nozione delle necessità e degli interessi locali” 385 .<br />
Quale fosse l’importanza della figura del segretario comunale e della sua dipendenza<br />
dal Ministero dell’interno veniva evidenziato nel corso del III Congresso<br />
nazionale dei segretari comunali tenuto a Roma il 16 e 17 gennaio 1949.<br />
In quell’occasione veniva distribuito un memoriale firmato da due segretari nel<br />
quale, per sostenere l’opportunità della dipendenza dal Ministero dell’interno,<br />
si chiedeva, per evidenziare il positivo comportamento della categoria in quegli<br />
anni: “in quanti casi di scioglimenti di Amministrazioni Comunali per gravi ed<br />
accertate irregolarità ed abusi (ed i relativi decreti appaiono con progressiva frequenza<br />
nelle Gazzette Ufficiali) la prima avvisaglia non sia partita dal modesto<br />
Segretario Comunale” 386 . L’orientamento filogovernativo della categoria era evidentemente<br />
molto forte e, in quegli anni di forti divisioni e contrapposizioni<br />
ideologiche, anche la categoria dei segretari si divise, dando vita ad un Sindacato<br />
autonomo mentre la Sezione dei segretari legata alla Federazione nazionale<br />
dei dipendenti degli enti locali diveniva Sindacato nazionale di categoria ed<br />
aderiva alla Cgil 387 .<br />
Il dibattito veniva riaperto ne “Il comune democratico”, del 1949 388 . Nell’editoriale<br />
della rivista dell’agosto 1950 si denunciava l’annuncio di una prossima<br />
legge relativa ai segretari comunali che avrebbe dovuto sancire “la posizione<br />
e la figura del segretario comunale come rappresentante dello Stato nel Comune<br />
democratico” 389 . Ma anche quella speranza sarebbe andata delusa: la legge<br />
che avrebbe dovuto riformare la categoria (legge del 9 agosto 1954, n. 748),<br />
infatti, non modificava lo status del segretario, che rimaneva alle dipendenze del<br />
Ministero dell’interno. Dopo anni di studi, polemiche e battaglie, come scrive<br />
Baldissara: “Con immagine abusata, si vorrebbe notare che ‘la montagna partoriva<br />
il topolino’” 390 .<br />
2.2.5. Il punto sullo stato dell’organizzazione<br />
In un’intervista apparsa ne “L’amministratore democratico” del gennaio<br />
1949 il “compagno On. Turchi” faceva il punto sullo stato dell’organizzazione,<br />
discusso nella riunione del Comitato direttivo della Lega del 16 dicembre<br />
1948. Dopo aver segnalato la recente costituzione di almeno 12 Leghe provinciali,<br />
il segretario annunciava il potenziamento dell’attività politico-istituzionale<br />
attraverso la costituzione di un “comitato ristretto” cui avrebbero partecipato<br />
anche dei parlamentari. Il comitato avrebbe non solo diretto la Lega ma, so-<br />
385<br />
E.A., Autonomia e segretari comunali, Icd ago.-set. 1948, p. 136.<br />
386<br />
La prima avvisaglia, Icd gen. 1949, p. 5. Una conferma indiretta della veridicità di questa<br />
affermazione veniva da un successivo articolo di Federico Leghissa, La “non collaborazione”<br />
di troppi segretari comunali, ivi, pp. 6-7.<br />
387<br />
Ibidem.<br />
388<br />
Leo Spalazzi, Il problema dei segretari comunali, Icd set. 1949, p. 60.<br />
389<br />
Orizzonti, Icd ago.-set. 1950, pp. 293-4.<br />
390<br />
Baldissara, Tecnica e politica nell’amministrazione..., cit., p. 188.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 113<br />
prattutto, sarebbe intervenuto “prontamente ed energicamente tutte le volte<br />
che una delle nostre amministrazioni comunali è fatta segno a persecuzione da<br />
parte delle autorità governative”.<br />
Il direttivo, sempre secondo Turchi, aveva deciso il rilancio dell’attività di<br />
supporto tecnico-amministrativo, sia interna alla Lega, sia esterna, verso gli amministratori,<br />
per i quali veniva annunciato il prossimo svolgimento di tre convegni<br />
dedicati agli assessori con competenze, rispettivamente, al personale 391 , alle<br />
finanze e all’assistenza 392 , ed un quarto riservato ai problemi dei piccoli e medi<br />
comuni 393 .<br />
Riguardo all’attività in favore della popolazione il direttivo aveva deciso che<br />
i comuni della sinistra concentrassero i propri sforzi su “l’assistenza invernale e<br />
la disoccupazione”; mentre, da parte sua la Lega si sarebbe adoperata per il riconoscimento<br />
della partecipazione di rappresentanti dei comuni agli organismi<br />
preposti all’organizzazione dei lavori pubblici e della ricostruzione.<br />
Il rilancio della Lega passava anche per una maggiore e più qualificata presenza<br />
dell’organizzazione nel dibattito politico in corso e, per questo, il direttivo aveva<br />
deciso una serie di misure, tutte evidentemente dirette a far conoscere all’opinione<br />
pubblica il ruolo e l’attività dell’organizzazione. Il direttivo decideva, <strong>qui</strong>ndi,<br />
di attivare “un collegamento continuativo e funzionale” con le minoranze consiliari<br />
di Roma e Napoli, due tra i maggiori e più importanti comuni italiani e “di<br />
lanciare un manifesto al Paese” per denunciare la politica reazionaria del Governo<br />
contro gli amministratori locali. In questo ambito era evidentemente indispensabile<br />
riesaminare l’attività editoriale e, a questo proposito, Turchi affermava<br />
molto chiaramente che: “due riviste, quella del Partito e quella della Lega non sono<br />
necessarie; esse rappresentano un dispendio di energie […] tanto l’aspetto tecnico<br />
che quello politico debbono trovare espressione adeguata” 394 .<br />
Evidentemente la coesistenza di due riviste e di due Centri di consulenza per<br />
gli enti locali distinti per le amministrazioni locali della sinistra non era più sostenibile,<br />
almeno in termini di “dispendio di energie”, ma senza dubbio anche<br />
in termini monetari. Così, nel numero del giugno 1949 “L’Amministratore democratico”:<br />
“si [congedava] dai suoi abbonati e lettori per far posto a una nuova<br />
rivista, di più largo respiro e di più robusta intelaiatura, che sarà la voce della<br />
Lega nazionale dei comuni democratici […] nella strada del progresso, della<br />
libertà e della pace” 395 .<br />
391<br />
Il convegno si svolse a Firenze nei primi mesi del 1949; Convegno nazionale degli assessori<br />
al personale, Icd mar.-apr. 1949, p. 64.<br />
392<br />
Il convegno si svolse a Genova all’inizio del 1949 alla presenza del segretario Turchi, vi<br />
parteciparono una trentina tra grandi e piccoli comuni del Centro-Nord, insieme a rappresentanti<br />
dell’Udi e del patronato Inca della Cgil; Attività assistenziale: convegno di Genova, Icd<br />
mar.-apr. 1949, pp. 63-4.<br />
393<br />
Da segnalare, sempre all’inizio del 1949, lo svolgimento di convegni di amministratori<br />
del Psi: Primo convegno degli amministratori socialisti della provincia di Milano 13 marzo 1949,<br />
Icd mar.-apr. 1949, pp. 64-6; P.N., Il Convegno degli amministratori socialisti a Napoli, AD<br />
mar.-apr. 1949, pp. 112-4.<br />
394<br />
L’attività della Lega dei comuni democratici, AD gen. 1949, pp. 5-6.<br />
395<br />
Saluto ai lettori, AD giu. 1949, p. 193.
114 PARTE II<br />
2.3. Una sola e “nuova” rivista per la Lega nazionale dei comuni democratici<br />
L’idea che il nuovo organo della Lega dal vecchio titolo “Il comune democratico”<br />
voleva trasmettere ai propri lettori nel primo numero della nuova serie,<br />
datato agosto 1949, era, allo stesso tempo, di continuità e di novità. Due concetti<br />
contraddittori considerati in astratto, ma che rappresentavano una consuetudine<br />
per i militanti dei partiti della sinistra. I socialisti ma anche, e in particolare,<br />
i comunisti, si consideravano eredi della migliore tradizione socialista<br />
del ‘900 e, <strong>qui</strong>ndi, lontani dalle spinte massimaliste che tanto avevano danneggiato<br />
le lotte comunali. Allo stesso tempo, però, i partiti della sinistra, partendo<br />
dalla memoria viva delle proprie radici storiche, si proponevano come artefici<br />
di una nuova politica, articolata e complessa, nella quale erano organicamente<br />
comprese le istanze di rinnovamento della società nazionale ed internazionale.<br />
Tra queste istanze trovavano posto anche quelle provenienti dai governi<br />
locali. Così si presentava ai propri lettori la redazione della nuova rivista, organo<br />
di battaglia politica ed amministrativa allo stesso tempo:<br />
“Ci presentiamo a voi quali eredi e continuatori di due riviste che da ora in poi<br />
non si pubblicheranno più: ‘Il comune democratico’ e ‘L’amministratore democratico’.<br />
Le due riviste non sono morte per mancanza di mezzi o per esaurimento<br />
di compiti, come accade talvolta nel campo dell’editoria; esse hanno ceduto<br />
il campo a questa nuova rivista dopo un ponderato e meditato esame [...]<br />
ci proponiamo di fare della rivista lo strumento, che gli amministratori comunali,<br />
e non soltanto essi, non hanno cessato di reclamare […] Questa nuova rivista<br />
è innanzitutto un foglio di opposizione: di essa faremo un mezzo di lotta<br />
contro la politica reazionaria e anticostituzionale del governo democristiano<br />
[…] La nostra rivista è un organo di battaglia. Noi ci rivolgiamo specialmente<br />
ai sindaci e agli amministratori comunali che nella lotta per l’attuazione della<br />
Costituzione hanno un posto di avanguardia […] La rivista oltre che un mezzo<br />
di orientamento e di guida sarà anche strumento di lavoro quotidiano per<br />
gli amministratori; essi vi troveranno la spiegazione, il consiglio, e utili indicazioni<br />
sui problemi pratici e concreti che essi sono chiamati a risolvere” 396 .<br />
Un primo bilancio della diffusione della nuova rivista sarebbe stato proposto<br />
ad un anno dall’uscita del primo numero. I dati risultano di un certo interesse<br />
anche perché possono dare un’idea di quella che era la forza della Lega dei<br />
comuni democratici sul piano nazionale ed il suo radicamento territoriale. La<br />
tiratura de “Il comune democratico” ammontava a 4.064 copie di cui 1.436 riservate<br />
ai “corrispondenti fissi”, 1.206 a rivenditori e 1.422 inviate agli abbonati.<br />
Poco meno di 4.500 copie per una rivista di carattere politico-amministrativo<br />
come quella non erano poche in assoluto, ma erano invece pochissime<br />
se si pensava che i soli consiglieri comunali democratici che avrebbero dovuto<br />
leggerla erano circa 65.000, escludendo i consiglieri delle province, gli amministratori<br />
dell’Eca e delle aziende municipalizzate.<br />
Il quadro risultava ancor più scoraggiante se si faceva un’analisi della diffusione<br />
regionale e provinciale. L’Emilia e la <strong>Toscana</strong> da sole, (1.163 e 567 copie),<br />
396<br />
Il comune democratico, Ai nostri lettori, Icd ago 1949, p. 1.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 115<br />
coprivano quasi la metà delle riviste diffuse nell’Italia settentrionale e centrale<br />
(2.490 e 1.240 copie), mentre il Piemonte e la Lombardia diffondevano “un<br />
numero di copie pari a quello di una sola provincia dell’Emilia e della <strong>Toscana</strong>”.<br />
Sconfortanti erano poi soprattutto i dati dell’Italia meridionale ed insulare<br />
nella quale venivano distribuite appena 325 copie; “la nostra conclusione –<br />
concludeva l’articolo che commentava i dati evidenziati – è questa: che tutti i<br />
nostri lettori, ma specialmente le organizzazioni periferiche della Lega si adoperino<br />
a migliorare la diffusione della Rivista” 397 .<br />
2.3.1. L’orizzonte internazionale della nuova rivista: per la pace e per i paesi<br />
dell’Est europeo<br />
Riguardo all’orizzonte internazionale la Lega contestava l’istituzione del<br />
Consiglio Europeo sia in quanto “strumento di parte, e di politica di parte; tanto<br />
di parte che il paese vi sarà rappresentato solamente dalla maggioranza”, sia<br />
in quanto “strumento di una più vasta politica […, apertasi ] con la ratifica del<br />
Patto Atlantico”.<br />
Alle obiezioni che potevano venire da questa presa di posizione in materia<br />
di politica internazionale, l’articolo rispondeva in maniera netta: “Non si pensi<br />
che son cose che non riguardano i Comuni. La pace riguarda i Comuni. Ed<br />
i Comuni hanno il dovere di far sentire la loro voce, dei loro cittadini” 398 . Ma<br />
l’orizzonte internazionale offriva anche un modello ai politici locali della sinistra,<br />
quello di Gheorghi Dimitrov 399 , dal 1914 al 1923 consigliere comunale<br />
della città di Sofia, capitale della Bulgaria, e, dopo anni di clandestinità e di lotta,<br />
divenuto Capo del governo bulgaro nel 1946 e segretario generale del Partito<br />
comunista bulgaro l’anno successivo. Un vero e proprio eroe degli amministratori<br />
della sinistra, che veniva ricordato nel IV anniversario della morte 400 .<br />
La nuova serie de “Il comune democratico” per quanto riguarda le esperienze<br />
amministrative all’estero faceva riferimento solo ai Paesi comunisti. Un tributo,<br />
allora, che era dovuto ai paesi fratelli dell’est, ed al suo capo, il “Maresciallo<br />
Stalin” che veniva festeggiato dalla rivista della Lega con la pubblicazione<br />
dell’indirizzo di augurio per il suo 70° compleanno inviatogli dal sindaco<br />
Dozza nel dicembre del 1949 401 . Anche l’impostazione teorica del concetto dell’autonomia<br />
comunale era diventata ideologicamente ortodossa, tanto che veniva<br />
ricordata “l’autonomia locale nel pensiero di Engels e di Lenin” 402 .<br />
Ben diversi erano stati gli articoli relativi all’esperienza internazionale quando<br />
la rivista era gestita dalla Lega provinciale di Milano. Allora l’attenzione era<br />
397<br />
La nostra rivista, Icd ago.-set. 1950, pp. 327-8. Per arrivare al dato complessivo di 4.064<br />
copie ai dati dell’Italia del nord, del centro e del sud andavano aggiunte le 9 copie riservate al<br />
Territorio libero di Trieste, allora sotto amministrazione alleata.<br />
398<br />
Orizzonti, Icd ago. 1949, pp. 2-3.<br />
399<br />
Gheorghi Dimitrov. Consigliere comunale, Icd ago. 1949, pp. 6-8.<br />
400<br />
Nel IV anniversario della morte di Giorgio Dimitrov, Icd lug.-ago. 1953, p. 177.<br />
401<br />
Icd dic. 1949, p. 149<br />
402<br />
Mario Franceschelli, L’autonomia comunale, Icd gen. 1950, pp. 8-10.
116 PARTE II<br />
rivolta all’Europa occidentale e venivano pubblicati, ad esempio, pezzi sull’ordinamento<br />
degli enti locali in Olanda, Svizzera 403 e soprattutto Inghilterra 404 .<br />
Tra questi ultimi è da segnalare Lo spirito dell’amministrazione locale inglese di<br />
Ralph Cooke, dove si celebrava l’esperienza inglese come quella più vicina alla<br />
storica definizione della democrazia data da Abramo Lincoln: “Government of<br />
the people, by the people, for the people”. “Il Self government locale – concludeva<br />
Cooke - è nella sentenza di Abramo Lincoln la radice stessa della pubblica<br />
responsabilità, senza questa autonomia la Democrazia sarebbe soltanto un<br />
nome vuoto” 405 . Solo nell’ultimo numero della prima serie, quello del marzoaprile<br />
1949, era apparso un articolo dedicato all’Est europeo: I consigli popolari.<br />
Organi locali dello Stato Rumeno 406 . Nello scritto era evidente la somiglianza<br />
dei consigli popolari romeni con le consulte popolari proposte dalla sinistra italiana,<br />
sia nella denominazione, sia nelle funzioni. Quello che ancora non sapevano<br />
i militanti italiani era che dietro nomi simili si celavano realtà politicoistituzionali<br />
completamente diverse, come erano diverse la democrazia che in<br />
Italia si andava rafforzando e la dittatura che sempre più si sarebbe affermata in<br />
Romania ed in tutti i paesi dell’Europa orientale.<br />
La nuova direzione de “Il comune democratico”, dal punto di vista internazionale,<br />
si rifaceva direttamente all’eredità de “L’Amministratore democratico”<br />
che, a partire dal maggio 1948 407 , aveva dedicato ogni mese uno spazio alle<br />
esperienze dei comuni delle democrazie popolari dell’Europa orientale.<br />
2.3.2. La nuova centralità delle amministrazioni comunali<br />
Nell’articolo, Popolo e comune, il deputato socialista Guglielmo Ghislandi,<br />
cercava di motivare amministratori e consiglieri della sinistra al duro lavoro nei<br />
comuni. Persone che avevano lottato nella clandestinità durante il fascismo e,<br />
soprattutto, nella Resistenza, dovevano abituarsi al lavoro amministrativo spesso<br />
grigio e defatigante nelle giunte ed a quello, ancora più ingrato, di consigliere<br />
d’opposizione. Un consigliere spesso escluso da qualsiasi decisione da un<br />
“signor Sindaco […, chiuso] coi consiglieri di maggioranza e col quasi sempre<br />
compiacente signor segretario [comunale] in una sala ristretta”. Solo il contatto<br />
con il popolo ed il pensiero di lottare per il popolo poteva aiutare a sopportare<br />
queste situazioni, quello stesso popolo che si doveva coinvolgere il più possibile<br />
nell’attività amministrativa e politica ed il cui voto avrebbe permesso la<br />
vittoria alle prossime elezioni 408 .<br />
403<br />
Nicola Jaeger, Il Comune svizzero, Icd lug. 1948, pp. 104-5; Piero Montagnani, Embrioni<br />
di Consulte popolari in Olanda, ivi, pp. 105-6.<br />
404<br />
Paolo Lombardi, Local Governement in Inghilterra, Icd giu. 1948, pp. 77-80; primo di<br />
una serie di cinque articoli, l’ultimo appariva nel numero di nov.-dic. 1948, pp. 181-3.<br />
405<br />
Ralph Cooke, Lo spirito dell’amministrazione locale inglese, Icd mar.-apr. 1949, p.<br />
406<br />
Stelian Tanasesco, I consigli popolari. Organi locali dello Stato Rumeno, Icd mar.-apr. 1949,<br />
p. 59.<br />
407<br />
Manlio Ciufolini, Municipalità estere: Bucarest, AD mag. 1948, pp. 141-4<br />
408<br />
Guglielmo Ghislandi, Popolo e Comune, Icd ago. 1949, pp. 4-5.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 117<br />
Il risultato delle elezioni politiche del 1948, la fine dell’illusione di un rovesciamento<br />
rapido della maggioranza democristiana aveva portato ad una rivalutazione<br />
del ruolo delle amministrazioni locali nella strategia della sinistra.<br />
Nella prospettiva di una lunga battaglia politica per la con<strong>qui</strong>sta del governo<br />
nazionale la presenza nelle amministrazioni e nei consigli delle istituzioni locali<br />
diventava essenziale. In questo quadro, il rafforzamento della Lega dei comuni<br />
democratici era necessaria sia per il supporto tecnico-amministrativo ai<br />
compagni negli enti locali, sia per collegare la difesa in Parlamento dell’autonomia<br />
locale e delle amministrazioni dai provvedimenti del Ministero dell’interno<br />
con l’attività degli amministratori nei comuni e nelle province. Il rapporto<br />
della Lega con l’Anci, infine, permetteva un utile dialogo con personalità vicine<br />
alla maggioranza politica al governo e, soprattutto, la possibilità metterne in<br />
crisi l’appartenenza evidenziando le difficoltà dei rapporti con il Governo e<br />
l’Amministrazione centrale controllati dai loro colleghi di partito.<br />
Il nuovo atteggiamento della sinistra accresceva l’importanza del movimento<br />
per le autonomie locali sulla scena polico-istituzionale, dopo anni nei quali<br />
l’unica prospettiva ritenuta utile era quella nazionale, per via della gestione dei<br />
problemi della ricostruzione, istituzionale, economica e finanziaria della Nazione<br />
dopo i disastri della dittatura fascista e della guerra. Nel caso della sinistra,<br />
però, più che di recupero di importanza si trattava piuttosto di ac<strong>qui</strong>sizione<br />
di una nuova centralità, considerato che sin dagli anni dell’Italia liberale per<br />
una parte consistente del Partito socialista, tesa verso la prospettiva rivoluzionaria,<br />
quello che riguardava i comuni era pur sempre un programma minimo.<br />
Detto in altri termini, grazie alla nuova centralità delle amministrazioni locali<br />
nella politica della sinistra non ci sarebbero più state minacce di dimissioni<br />
in massa di sindaci comunisti e socialisti come quelle che si verificarono all’indomani<br />
dei risultati delle elezioni dell’aprile 1948. Gli amministratori della<br />
sinistra sapevano, finalmente, che il loro ruolo era essenziale nella strategia politica<br />
del Pci e del Psi: “Nella lotta per la Democrazia il Comune è il perno” 409 ,<br />
scriveva nel 1949 Lucio Luzzatto, deputato socialista.<br />
2.3.3. La nuova Lega in Parlamento e nella realtà locale<br />
La prima iniziativa in ambito parlamentare della nuova Lega era in materia<br />
di tariffe di servizi pubblici, che veniva pubblicata nella rubrica Cronache parlamentari<br />
410 . I due segretari, il comunista Turchi ed il socialista Ghislandi, presentavano<br />
alla Camera una proposta di legge “per l’abolizione della competenza<br />
del comitato interministeriale prezzi [Cip] in materia di determinazione delle<br />
tariffe dei servizi pubblici in concessione o in gestione diretta dei comuni o<br />
di altri enti pubblici”. La Lega, in sostanza, chiedeva che i comuni – cessata<br />
l’emergenza dell’immediato dopoguerra - fossero liberi di fissare le tariffe dei<br />
servizi pubblici in relazione alle specifiche esigenze delle rispettive aziende, sen-<br />
409<br />
Lucio Luzzatto, Il comune oggi, Icd set. 1949, pp. 35-6.<br />
410<br />
La rubrica era a cura di Gino Pallotta.
118 PARTE II<br />
za dover essere costretti ad adeguarsi a quelle stabilite dal Cip, identiche per tutta<br />
l’Italia. L’eliminazione della competenza del Cip in materia avrebbe fatto cessare<br />
l’aumento generale e indiscriminato delle tariffe imposto dalle imprese private<br />
ad un organo che non aveva capacità, né volontà, di arginare richieste che<br />
solo l’intervento della Confederazione delle aziende municipalizzate era riuscito,<br />
in qualche caso, a contenere. Ma autonomia, per i comuni, era anche poter<br />
decidere i prezzi delle tariffe, eliminando il blocco delle tariffe dei pubblici servizi<br />
comunali deciso con il R.D.L. 5 ottobre 1936, n. 1746 411 .<br />
Nell’autunno del 1949 riprendeva anche, a pieno ritmo, l’attività delle Leghe<br />
provinciali che si rispecchiavano nello svolgimento di numerosi congressi<br />
ai quali, spesso, assisteva uno dei due segretari nazionali 412 . Nel febbraio del<br />
1950 la rivista dell’organizzazione pubblicava una circolare dedicata a Imposta<br />
di famiglia e I.C.A.P., che si concludeva con la viva raccomandazione “di curare<br />
l’esecuzione di queste direttive” 413 .<br />
Un esempio dell’attività che le sedi provinciali della Lega svolgevano veniva<br />
dalle notizie sulla Lega provinciale di Bologna, costituita nel 1946, all’indomani<br />
dello svolgimento delle elezioni amministrative locali. L’Associazione dei comuni<br />
della provincia di Bologna - denominazione ufficiale della sede provinciale,<br />
assunta molto probabilmente all’indomani del congresso dell’Anci del<br />
1949 – era costituita dall’assemblea dei sindaci dei sessanta comuni della provincia,<br />
spesso allargata ad assessori e consiglieri comunali, da un comitato direttivo,<br />
formato da amministratori del Pci, del Psi e del Psli, e dalla presidenza.<br />
L’attività dell’associazione era diretta in particolare all’assistenza in favore dei<br />
piccoli comuni, intorno ai 5-6000 abitanti, che erano la stragrande maggioranza<br />
414 . Le frequenti riunioni plenarie erano accompagnate dall’attività di sei<br />
commissioni di lavoro dedicate a tributi e bilanci; lavori pubblici; assistenza,<br />
scuola e commissioni popolari; consulenza; amministrazione. Le attività più significative<br />
erano quelle per favorire il passaggio dei comuni dalla gestione delle<br />
imposte di consumo in appalto a quella diretta (avvenuta in 35 comuni); per<br />
la promozione delle colonie per bambini (frequentate da oltre 3.000 giovani);<br />
per la proiezione cinematografica di materiale didattico; per la consulenza<br />
ospedaliera in materia di ricoveri finalizzata al risparmio della spese per degenti<br />
da parte delle amministrazioni comunali, allora competenti in materia di pagamento<br />
delle spese per l’assistenza ospedaliera; per consulenza sulle funzioni<br />
del sindaco in materia di ordine pubblico 415 .<br />
Sempre per quanto riguarda l’attività delle Lega in ambito locale c’è da segnalare<br />
l’attenzione ai piccoli comuni 416 ed alla complessa e difficile realtà delle<br />
411<br />
Luigi Ciofi Degli Atti, In tema di tariffe dei servizi pubblici, Icd set. 1949, pp. 41-3.<br />
412<br />
L’attività della Lega, Icd set. 1949, pp. 51-3; nel mese di settembre venivano segnalati<br />
convegni della Lega a Genova, Pistoia, Mantova, Novara e Torino; in ottobre a Padova, Milano,<br />
Piacenza, Terni, Rovigo; L’attività della Lega, Icd ott. 1949, pp. 91-2.<br />
413<br />
L’attività della Lega, Icd feb. 1950, pp.71-2.<br />
414<br />
I comuni maggiori erano Bologna (370.000 ab.) ed Imola (45.000 ab.), seguivano 6 comuni<br />
con 10-20.000 ab., e 5 comuni con 3.000 ab.<br />
415<br />
La Lega provinciale di Bologna, Icd mar.-apr. 1950, pp. 113-5.<br />
416<br />
Mario Osti, Finanza democratica nei piccoli comuni, Icd feb. 1950, pp.41-2.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 119<br />
istituzioni locali del Mezzogiorno e l’incitazione agli amministratori della Lega<br />
a seguire le direttive espresse dal movimento per la Rinascita del Mezzogiorno 417 .<br />
2.4. Una nuova Lega e una nuova Anci<br />
Oltre nell’ambito politico, nel quadro di una nuova centralità ac<strong>qui</strong>sita dalle<br />
istituzioni locali nella strategia politica della sinistra, il rilancio dell’attività della<br />
Lega avveniva anche – e forse, soprattutto - nell’ambito del movimento per le<br />
autonomie locali. Nell’editoriale di apertura della nuova serie, infatti, la prima<br />
questione ad essere proposta era il rapporto con l’Anci, associazione alla quale si<br />
ribadiva la necessità di partecipare attivamente. La Lega dei comuni democratici<br />
era un’organizzazione con caratteristiche di “strumento di formazione e di<br />
azione per la difesa e lo sviluppo di dati principi. L’Anci è sede di elaborazione<br />
e di rappresentanza, aperta a tutti”. Queste caratteristiche sarebbero rimaste intatte<br />
per decenni: la Lega, oltre che organizzazione diretta alla promozione della<br />
politica dei partiti della sinistra per gli enti locali, fu anche, soprattutto fino a<br />
tutti gli anni ’50 del ‘900, importantissimo strumento di difesa delle amministrazioni<br />
della sinistra. L’Associazione dei comuni, invece, era riconosciuta come<br />
organizzazione in grado di rappresentare tutti i comuni e, in quanto tale, di dialogare<br />
con le istituzioni relativamente alle esigenze di tutti gli enti locali.<br />
Ma questo dialogo con le istituzioni non veniva semplicemente delegato all’Anci.<br />
La Lega si proponeva, nei fatti, come potente stimolo ad un dialogo che<br />
fosse su problemi concreti e su reali possibilità di soluzione. Primo fra tutti i<br />
problemi era quello delle finanze comunali:<br />
“Le finanze comunali sono il problema chiave, fondamento delle possibilità operative<br />
di una amministrazione e cardine dell’autonomia degli enti locali”. E le finanze<br />
comunali dipendevano, in primo luogo, dall’imposta di famiglia che, i comuni<br />
della sinistra, applicavano seguendo i propri principi politici: “i principi di<br />
equa distribuzione degli oneri in rapporto progressivo con la ricchezza individuale<br />
e la capacità contributiva”. Era questa la prima ragione di contrasto con il<br />
governo centrale e, in particolare, con il Ministro delle finanze, che aveva annunciato:<br />
“il proposito di attuare provvedimenti diretti ad addossarne il maggior<br />
aggravio sui meno abbienti, alleggerendone l’onere per le categorie più agiate” 418 .<br />
2.4.1. L’evoluzione dei rapporti tra le due organizzazioni<br />
Il fatto che aveva determinato la scelta dell’avvio di una nuova fase dell’attività<br />
della Lega e, in questo ambito, l’avvio della pubblicazione di una nuova serie<br />
de “Il comune democratico” era, senza dubbio, lo svolgimento del primo<br />
417<br />
Guglielmo Ghislandi, Per la rinascita del Mezzogiorno, Icd feb. 1950, pp. 39-40.<br />
418<br />
Orizzonti, Icd ago. 1949, pp. 2-3; un altro argomento fondamentale del dialogo con le istituzioni<br />
citato nell’articolo era quello della riforma dell’ordinamento locale basato su una riforma regionale<br />
che, in quanto prevista dalla Costituzione, si sarebbe dovuta mettere in opera al più presto.
120 PARTE II<br />
congresso nazionale dell’Anci a Roma, dal 25 al 28 giugno 1949. L’ipotesi<br />
emerge dalla lettura di un articolo firmato dal segretario nazionale Giulio Turchi,<br />
pubblicato nel primo numero della nuova rivista.<br />
Dal settembre 1946 al dicembre 1947 l’Anci “vivacchiò”, proprio come era<br />
accaduto nel primo dopoguerra perché, scriveva Turchi, l’Associazione dei comuni<br />
non aveva avuto “il coraggio di prendere apertamente posizione contro i<br />
primi attentati alle ricon<strong>qui</strong>state libertà democratiche dei quali proprio i comuni<br />
furono i primi a soffrirne”. All’indomani della nascita della Lega molti<br />
comuni decisero di distaccarsi da un’Anci che sosteneva l’idea della “apoliticità”<br />
delle cariche amministrative. Priva dell’apporto dei comuni più attivi e propositivi<br />
l’Associazione “entrò in coma”. Che fosse proprio il nodo della “apoliticità”<br />
– e, <strong>qui</strong>ndi, fatto non secondario, la negazione di qualsiasi legittimità<br />
della Lega - ad avvelenare i rapporti tra le due principali organizzazioni del movimento<br />
per le autonomie locali era divenuto evidente con la pubblicazione<br />
dell’articolo di Achille Guerra sulla rivista dell’Anci nel novembre del 1948, citato<br />
nelle pagine precedenti.<br />
Sottolineava Turchi, a questo proposito, che la partecipazione delle amministrazioni<br />
della sinistra al congresso nazionale dell’Anci di giugno era avvenuta<br />
dopo un accordo per la revisione dello statuto dell’Associazione. Il nuovo statuto<br />
approvato dal congresso riconosceva la possibilità di adesione di unioni locali<br />
di comuni alle quali veniva attribuita una competenza esclusiva in questioni<br />
di interesse locale e di assistenza e consulenza locale. Grazie a questo, le Leghe<br />
provinciali avevano avuto la possibilità di continuare la propria opera, con<br />
il riconoscimento ufficiale dell’Associazione, ed avevano avuto <strong>qui</strong>ndi la possibilità<br />
di contribuire, in quanto tali, alla vita ed al dibattito interno dell’Anci 419 .<br />
In anni di durissima contrapposizione tra i partiti di governo e della sinistra,<br />
una contrapposizione insanabile che riprendeva i temi e i toni del conflitto internazionale<br />
tra i Paesi soggetti all’influenza dell’Unione sovietica e quelli dell’appena<br />
costituita Nato, il movimento comunale ricomponeva le proprie file<br />
grazie ad un accordo tra amministratori e politici comunali vicini ai partiti di<br />
governo e quelli che si riconoscevano nel Fronte popolare.<br />
2.4.2 Il linguaggio comune dei sindaci<br />
L’accordo, deciso dai vertici delle due organizzazioni, era poi stato sancito,<br />
come sottolineava con una certa meraviglia il segretario Turchi, dallo svolgimento<br />
del congresso dell’Anci. Una meraviglia identica a quella manifestata all’inizio<br />
del ‘900 dal presidente dell’Anci, Emanuele Greppi, un conservatore<br />
moderato milanese, che aveva descritto sul “Corriere della sera” il dibattito del<br />
congresso straordinario dell’Anci di Firenze del 1905. Greppi si era trovato per-<br />
419<br />
L’esperienza della Lega che Turchi segnalava come modello per i comuni dell’Anci era<br />
quella dei Consorzi provinciali Pro Infanza fra i comuni dell’Emilia e della <strong>Toscana</strong>; si veda a<br />
questo proposito il progetto del comune di Modena, Una lodevole iniziativa, Icd giu. 1948, pp.<br />
83-4.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 121<br />
fettamente a suo agio in un’assemblea di sindaci, di tutta Italia e di tutte le tendenze,<br />
che aveva giudicato molto severamente il comportamento del governo<br />
nei confronti dei comuni: “dalla discussione risultò che il disgusto contro il Governo<br />
proveniva più ancora che per ingiusti aggravi di spesa, pel modo goffo,<br />
incoerente e dispotico col quale subdolamente si permette di alterare senza posa<br />
le facoltà dei Comuni: prima con articoli e<strong>qui</strong>voci di leggine che passano<br />
inavvertite fra le commozioni della politica, poi con regolamenti che falsano le<br />
leggi e richiedono cose spesso contraddittorie ed assurde” 420 .<br />
Nel congresso dell’Anci del 1949, scriveva Turchi, sindaci di tutte le regioni<br />
d’Italia e di tutti i partiti “hanno parlato un linguaggio in larga misura comune”,<br />
un fatto straordinario perché “è anche troppo noto che noi e i democristiani<br />
parliamo due lingue diverse […] Così è accaduto relativamente al problema<br />
dell’invadenza del potere centrale, così per quello della finanza; con la<br />
stessa energia i sindaci socialisti e comunisti e quelli democristiani hanno affermato<br />
che i principi sanciti nella Costituzione devono trovare pratica e effettiva<br />
attuazione” 421 .<br />
Sulla base del riconoscimento del principio dell’autonomia, istituzionale e<br />
finanziaria, si ricomponevano i rapporti interni al movimento per le autonomie<br />
locali e la Lega vedeva finalmente riconosciuta la legittimità della propria funzione.<br />
Fu quello un momento di grande importanza del movimento per le autonomie<br />
locali attraverso il quale ne veniva riaffermata la continuità dal periodo<br />
liberale a quello repubblicano. Nei ventanni di dittatura fascista, infatti, era<br />
stato cancellato il protagonismo politico-istituzionale e tecnico-amministrativo<br />
delle autonomie locali dell’Italia liberale ed era stata affermata la completa subordinazione<br />
di comuni e province allo Stato o, quanto meno, l’idea di una sorta<br />
di “neutralità” delle autonomie locali il cui solo ruolo sarebbe dovuto essere<br />
quello di applicare le leggi dello Stato.<br />
2.4.3. Battaglie comuni contro provvedimenti governativi<br />
I primi risultati della collaborazione tra Anci e Lega venivano delineati da<br />
Massimo Severo Giannini, componente del comitato di redazione dell’organo<br />
della Lega e membro del comitato esecutivo dell’Anci. Il Consiglio nazionale<br />
dell’Anci svoltosi a Roma il 6-7 giugno 1950 dedicato alla finanza locale aveva<br />
votato ben 12 proposte all’unanimità e due sole a maggioranza, proposte che<br />
erano state poi presentate al Ministro delle finanze e comunicate ai parlamentari<br />
delle commissioni finanze e tesoro impegnati nell’esame dei due progetti di<br />
legge sulla finanza locale, di Fortunati e di Vanoni, quest’ultimo divenuto la<br />
legge 30 luglio 1950 n. 575. Successivamente il Ministero dell’interno inviava<br />
una circolare, datata 19 giugno, alla quale l’Anci aveva deciso di opporsi fermamente<br />
con un ordine del giorno approvato dal proprio comitato esecutivo<br />
420<br />
Emanuele Greppi, I Congressi dei Comuni, in “Corriere della sera”, 19 mag.1906; ora in<br />
Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit., p. 222.<br />
421<br />
Giulio Turchi, I comuni italiani a congresso, Icd ago 1949, pp. 9-10.
122 PARTE II<br />
tenutosi a Venezia il 4 settembre. La circolare infatti, anticipava i criteri di applicazione<br />
della legge Vanoni la cui definizione era riservata al Parlamento.<br />
L’Anci, <strong>qui</strong>ndi, scriveva Giannini: “[invitava] i comuni a non tener conto delle<br />
circolari ministeriali con le quali si pretende di dar applicazione a norme contenute<br />
in progetti non ancora divenuti legge. Tecnica sorprendente, invero, e<br />
che ricorda molti analoghi fatti accaduti durante il ventennio, che furono tutti<br />
recisamente condannati dal Consiglio di Stato”.<br />
Ma la prossimità tra Lega ed Anci era riaffermata anche - e forse soprattutto<br />
- dalla mortificazione cui entrambe erano soggette per via dei provvedimenti<br />
prefettizi di annullamento delle delibere comunali di spesa riguardanti le rispettive<br />
quote associative. A nulla contava il fatto che l’Anci fosse presieduta dal<br />
democristiano sindaco di Roma Francesco Rebecchini. Gli annullamenti delle<br />
delibere di adesione venivano “adottati tutti in applicazione rigoristica di una<br />
circolare del Ministero degli interni” e non si trattava di annullamenti sporadici<br />
422 né, come si avrà modo di vedere più oltre, limitati ai difficili anni del dopoguerra.<br />
Quei provvedimenti erano così massicci da costringere la direzione dell’Anci<br />
a tramutare l’assemblea annuale indetta a Napoli per il 25 ottobre del 1950<br />
in un semplice convegno. A contribuire al successo di quel convegno, quale atto<br />
di opposizione alla repressione ministeriale - pur non dichiarato - Giannini<br />
chiamava gli amministratori della sinistra: “ai quali si deve quel che di più vivo<br />
ha saputo dare l’esperienza della vita locale di questa ripresa del dopoguerra”. A<br />
quegli amministratori, scriveva ancora Giannini, “anche i comuni retti da amministratori<br />
di altra parte si stanno affiancando, ogni qualvolta, si capisce, si<br />
tratti di amministratori autentici, non di mandatari di baronie locali […] Essi<br />
si vanno persuadendo che l’attuale indirizzo politico è per sua natura ostile alle<br />
libertà locali: è ostile non perché vi siano nel Governo degli uomini che, singolarmente<br />
presi, non siano – o non siano stati – convinti dell’idea che la base<br />
prima della vita democratica sono i comuni, ma perché le forze alle quali l’azione<br />
governativa è costretta ad appoggiarsi sono ostili alle libertà locali” 423 .<br />
Il fenomeno della sostanziale convergenza di posizioni tra tutti gli amministratori<br />
locali che così gradevolmente aveva sorpreso il segretario Turchi nel<br />
congresso dell’Anci del 1949 si ripeté a Napoli nell’ottobre del 1950: “sindaci<br />
democristiani discutono insieme con i sindaci socialisti e comunisti e trovano<br />
giuste e accettabili le posizioni che questi ultimi ritengono con ragione come<br />
proprie”. L’unanimità che gli amministratori avevano ritrovato nella città partenopea<br />
riguardava temi essenziali del governo locale, come ordinamento e funzioni<br />
delle amministrazioni locali; la riforma dell’assistenza sanitaria; i contributi<br />
di miglioria; le aziende municipalizzate. Per il segretario il convegno ave-<br />
422<br />
Come poteva essere il caso dell’annullamento della delibera di adesione all’Anci del comune<br />
di Venezia, citato - incidentalmente - in un articolo del deputato Luzzatto nel quadro<br />
delle denuncia dell’ispezione ministeriale punitiva cui era stato soggetta quella amministrazione,<br />
guidata da una maggioranza di sinistra; L.L. [Lucio Luzzatto], E Venezia?, Icd lug. 1950,<br />
pp. 256-7.<br />
423<br />
Massimo Severo Giannini, L’attività dell’Anci, Icd ago.-set. 1950, pp. 299-300.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 123<br />
va “riconfermato l’esistenza di una frattura fra le sfere politiche dirigenti […] e<br />
l’orientamento spontaneo e genuino del popolo che i sindaci convenuti a Napoli<br />
hanno espresso”. La Lega, concludeva Turchi, avrebbe dovuto ispirare “tutta<br />
la [sua] azione futura” al “significato politico” 424 di quella frattura.<br />
L’unità degli amministratori veniva ritrovata ogni qual volta veniva affrontata<br />
una discussione su questioni concrete. Nella cronaca del convegno nazionale<br />
dell’Anea svoltosi a Napoli il 9-12 novembre 1952, ad esempio, veniva sottolineato<br />
il fatto che il rafforzamento della politica di assistenza e degli enti di<br />
assistenza sostenuto dalla sinistra aveva incontrato l’approvazione dei congressisti,<br />
i quali, sebbene larghissimamente affiliati alla DC avevano manifestato la<br />
propria insofferenza verso il rappresentante del governo, il Sottosegretario all’interno,<br />
Teodoro Bubbio, che aveva affermato l’impossibilità per l’esecutivo di<br />
aumentare i finanziamenti a favore degli enti di assistenza 425 . Addirittura, solo<br />
la scarsa presenza di amministratori della Lega - su circa 1200 partecipanti solo<br />
206 rappresentavano enti democratici – aveva impedito, secondo il segretario<br />
Turchi, che il congresso si trasformasse in un successo politico della sinistra<br />
426 .<br />
2.4.4. Giannini per il movimento delle autonomie locali e per la Lega<br />
Dalle pagine de “Il comune democratico” Giannini ricordava la rilevanza<br />
dell’Anci come luogo di dialogo tra diverse forze politiche in anni di durissimi<br />
scontri ideologici. Scriveva a questo proposito alla fine del 1952: “Non si può<br />
non sottolineare l’importanza che ha avuto l’Associazione come organismo che<br />
senza estraniarsi dalle istanze politiche che dominano nelle amministrazioni comunali<br />
ha saputo rimanere apartitico. Essa è stata uno dei rari spazi della vita<br />
nazionale ove sia reso possibile un dialogo tra diverse correnti politiche, si siano<br />
trovati molti punti di concordanza già in partenza e si siano raggiunti molti<br />
punti di accordo in arrivo. Ciascuno si è in essa sempre sforzato di prospettare<br />
le proprie tesi in termini generali, in genere con buoni risultati. Sarebbe auspicabile<br />
che una così importante esperienza non andasse perduta” 427 .<br />
Lo studioso non solo difendeva l’azione unitaria del movimento per le autonomie<br />
locali, ma si occupava di delineare i confini dello spazio giuridico entro<br />
il quale la Lega, e le altre organizzazioni degli enti locali, potevano esplicare<br />
la propria azione, come nel caso della partecipazione agli accordi contrattuali<br />
dei propri dipendenti. In quegli anni una disputa divideva coloro i quali sostenevano<br />
la necessità che le organizzazioni di comuni e province rimanessero<br />
estranee dall’affrontare la questione e coloro che, come le associazioni dei dipendenti,<br />
sostenevano il contrario.<br />
424<br />
Giulio Turchi, Un discorso e un convegno, Icd ott. 1950, pp. 343-4.<br />
425<br />
G. Battista Facchini, I problemi degli ECA al congresso dell’ANEA, Icd dice. 1952, pp.<br />
357-8.<br />
426<br />
g.t. [Giulio Turchi], In margine al congresso dell’ANEA, Icd 12 1952, pp. 359-60.<br />
427<br />
Massimo Severo Giannini, Convegno-Congresso dell’ANCI, Icd dic. 1952, pp. 355-6.
124 PARTE II<br />
Giannini, partendo dal presupposto che il Ministero dell’Interno aveva stabilito<br />
che tutti i dipendenti degli enti locali dovessero essere disciplinati da regolamenti<br />
comunali e provinciali, e non da contratti collettivi 428 , difendeva la<br />
posizione formulata dalla Federazione nazionale dipendenti enti locali (Fndel)<br />
nel 1950, accolta dall’Upi nel 1951, e difesa dalla Lega. Lo studioso sosteneva<br />
che i problemi dei dipendenti degli enti locali non potevano essere visti come<br />
estranei agli enti locali: “ma vanno considerati fra i problemi organizzativi fondamentali<br />
degli stessi enti – e ciò è stato posto in evidenza dalla Lega dei comuni<br />
democratici [..., inoltre] giova agli stessi enti locali intervenire nella discussione<br />
di tali problemi affinché essi non vengano risolti, in loro assenza, contro<br />
di loro” 429 .<br />
Giannini riconosceva che il ruolo dell’Anci era insostituibile in quanto era<br />
“uno dei rari spazi della vita nazionale ove sia reso possibile un dialogo tra diverse<br />
correnti politiche, si siano trovati molti punti di concordanza già in partenza<br />
e si siano raggiunti molti punti di accordo in arrivo” e, allo stesso tempo,<br />
evidenziava il ruolo fondamentale della Lega nel porre all’attenzione i concreti<br />
problemi delle autonomie locali e nella ricerca di una loro soluzione. Era questo<br />
il caso della questione del contratto degli impiegati locali, che, ricordava<br />
Giannini, era “stato posto in evidenza dalla Lega dei comuni democratici”.<br />
Il legame tra Anci e Lega poteva essere affermato, come per Giannini, anche<br />
dalle biografie di alcuni protagonisti della storia del movimento per le autonomie<br />
locali. Era questo il caso di Renato Vicard, segretario dell’Anci dalla rifondazione<br />
nel secondo dopoguerra fino al 1956, la cui figura veniva così ricordata<br />
nelle pagine dell’organo della Lega: “Egli, che amava come propria creatura<br />
l’Anci, era al tempo stesso un convinto sostenitore della Lega perché fermamente<br />
credeva, da socialista memore della Lega dei comuni socialisti, nella sua<br />
insostituibile azione di avanguardia; ed anche per questo il nostro dolore per la<br />
Sua scomparsa è vivamente sentito” 430 .<br />
2.5. La difesa delle amministrazioni della sinistra e dei bisogni dei cittadini<br />
2.5.1. Le difficoltà di una nuova classe dirigente nei comuni di sinistra<br />
Vent’anni di fascismo volevano dire, per gli amministratori della sinistra della<br />
prima generazione, quella dell’Italia liberale, vent’anni di più sulle spalle e<br />
vent’anni di lontananza dalle istituzioni. Ma se i vecchi militanti chiamati ad<br />
amministrare comuni e province, nonostante non fossero variate le norme di<br />
riferimento, potevano essere messi in difficoltà dall’evoluzione della prassi am-<br />
428<br />
Una disciplina, sottolineava polemicamente Giannini, che il Ministero imponeva persino<br />
nel caso dei dipendenti delle aziende municipalizzate che “per chiara disposizione di legge, e per<br />
ripetuta interpretazione di giurisprudenza, hanno lo stato giuridico di dipendenti privati”.<br />
429<br />
Massimo Severo Giannini, Associazioni di enti locali e associazioni di dipendenti di enti locali,<br />
Icd dic. 1951, pp. 379-380.<br />
430<br />
Renato Vicard, Icd ago. 1958, p. 219.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 125<br />
ministrativa, ben più pesante era la condizione dei compagni cresciuti alla dura<br />
scuola della clandestinità e della Resistenza. Dalle file del Pci e del Psi mancava<br />
all’appello un’intera generazione di amministratori e i nuovi militanti, carichi<br />
di entusiasmo, erano del tutto privi di esperienza. I neo-amministratori<br />
furono così obbligati a farsi le ossa direttamente sul campo, spesso senza poter<br />
fare alcun affidamento sull’aiuto di un segretario comunale e provinciale, a volte<br />
più pronto a rispondere alle indicazioni del Ministero – da cui dipendeva dagli<br />
anni del fascismo - che a coadiuvare il nuovo sindaco e il nuovo preside della<br />
provincia nell’esercizio della carica. Furono molti quelli che, come il citato<br />
Roberto Vighi 431 , riuscirono a passare la prova lasciando traccia della loro opera,<br />
degli altri che non ebbero successo non sappiamo nulla. Tra questi ultimi vi<br />
erano molto probabilmente gli amministratori della sinistra demoralizzati dall’esito<br />
delle elezioni nazionali del 1948 che, come già accennato, pensarono di<br />
dimettersi:<br />
“subito dopo le elezioni del 18 aprile si è verificato qualche caso di scoraggiamento<br />
con tendenza alle dimissioni, l’intervento immediato delle Leghe [provinciali]<br />
e quello personale di amministratori più preparati anche politicamente,<br />
è stato sufficiente a superare queste manifestazioni di crisi al loro primo manifestarsi”<br />
432 .<br />
L’insufficiente preparazione degli eletti nel 1946 sarebbe stata confermata<br />
dalla stessa Lega nel 1951, quando l’allora segretario, Giulio Turchi, commentando<br />
i risultati delle elezioni locali di quell’anno, sottolineava la migliore<br />
qualità degli amministratori rispetto a quelli della tornata elettorale precedente<br />
433 .<br />
2.5.2. Lo scioglimento dei consigli comunali e l’imperizia dei prefetti<br />
L’imperizia, cui la Lega cercò di ovviare con apposite iniziative 434 , in ogni caso,<br />
non era prerogativa dei soli sindaci della sinistra. Anche il Ministero dell’interno,<br />
nello stesso periodo, era costretto a ricordare la necessità di seguire<br />
correttamente procedure e regolamenti ai prefetti che in alcuni casi, evidentemente,<br />
decidevano di avviare provvedimenti gravissimi, quali erano lo scioglimento<br />
dei consigli comunali e la rimozione dei sindaci, senza una adeguata<br />
istruttoria. Riportava una circolare del Ministero riprodotta, senza alcun commento,<br />
nella rubrica Notizie utili per gli amministratori:<br />
“Pervengono a questo ministero proposte di scioglimento dei consigli comunali<br />
e di rimozione dei sindaci senza che siano state osservate le prescrizioni di cui<br />
agli articoli […] a tali eccezionali rimedi deve ricorrersi solo quando i vari mez-<br />
431<br />
Vighi, Per il socialismo, l’antifascismo, le autonomie…., cit.<br />
432<br />
Attività della lega dei comuni. Decisioni del Comitato provvisorio della Lega nazionale dei<br />
comuni democratici…, cit., p. 94.<br />
433<br />
Giulio Turchi, Una Lega più forte, Icd 12 1951, pp. 368-9.<br />
434<br />
La direzione, Si realizza un’attesa iniziativa: la scuola per amministratori, Icd ott.-nov.<br />
1951, p. 336.; l’articolo, in realtà, annunciava solo la pubblicazione di “un corso per amministratori”<br />
in fascicoli mensili allegati alla rivista.
126 PARTE II<br />
zi attribuiti dalla legge alla autorità governativa [invio di commissari (… )] si<br />
siano palesati inefficaci” 435 .<br />
La situazione non sembrava essere cambiata poi molto dal marzo 1892, data<br />
nella quale il Ministro dell’interno Francesco Nicotera, in una circolare, lamentò<br />
“duramente l’aumento quotidiano di richieste di scioglimento di consigli<br />
comunali fatte dai prefetti che: ‘in gran parte […] vengono respinte’ dal ministero”<br />
436 .<br />
A giudicare dai dati pubblicati nella rivista della Lega comunque, i casi di<br />
scioglimento delle assemblee elettive locali, come si vedrà, non assunsero dimensioni<br />
paragonabili a quelle dei periodi precedenti. Di nuovo, rispetto al<br />
passato c’era il fenomeno delle denunce a carico del “sindaco, della sua sospensione<br />
e rimozione e, infine, del suo arresto.<br />
Primo responsabile di questa situazione era il prefetto di cui il costituzionalista<br />
Vezio Crisafulli negava la legittimità nel nuovo ordinamento democratico:<br />
“La figura del prefetto, almeno per tutto quanto riguarda la sua sfera d’azione<br />
nei confronti delle amministrazioni degli enti locali, non trova più posto in un<br />
sistema che voglia davvero svolgere con coerenza i principi della Costituzione<br />
repubblicana. È necessario che la vecchia diffidenza verso il popolo e le sue rappresentanze,<br />
caratteristica delle classi dirigenti che hanno portato alla rovina il<br />
nostro paese, scompaia una buona volta per far posto alla fiducia ed al sano<br />
principio del controllo popolare e della responsabilità degli amministratori eletti<br />
di fronte ai loro elettori” 437 .<br />
2. 5.3. Le tipologie dei più gravi provvedimenti contro le autonomie locali<br />
Nel 1950 il deputato Luzzatto divideva i provvedimenti del Ministero dell’interno<br />
contro le amministrazioni democratiche in due gruppi: la nomina di<br />
un commissario prefettizio nei comuni il cui consiglio comunale aveva perso<br />
oltre la metà dei componenti; la sospensione del sindaco e la sua successiva rimozione<br />
con provvedimento del Presidente della Repubblica 438 .<br />
Nel primo caso il provvedimento amministrativo del Ministero si combinava<br />
con un atto politico di un partito i cui consiglieri si dimettevano in mas-<br />
435<br />
Scioglimento dei consigli comunali e di rimozione dei sindaci. (Dir. Gen. Amm. Civile, Div.<br />
A. G. sez. I, 27 ago. 1948, n. 15900. I bis-1024), Icd nov.-dic. 1948, p. 195.<br />
436<br />
Gaspari, L’Italia dei municipi…, cit., p. 186; per la citazione del documento: Acs, Min.<br />
Int. Comuni, b. 202, fasc. 15900.1.3, Circolare riservata del Ministero dell’interno, div. 2, n.<br />
15800.2 del 23 marzo 1892, Inchiesta su scioglimento dei consigli comunali, ai signori prefetti<br />
del Regno, firmato Ministro Nicotera.<br />
437<br />
Vezio Crisafulli, Prefetture e comuni, AD mag. 1948, pp. 136-9.<br />
438<br />
A questi due tipi di provvedimenti che possono essere definiti straordinari se ne poteva<br />
aggiungere un terzo gruppo, meno eclatante ma comunque nocivo per il corretto svolgimento<br />
dell’attività amministrativa comunale, definibile come ordinario. Tra questi possono essere<br />
compresi gli annullamenti delle delibere comunali tramite la Gpa e l’attività ispettiva dei funzionari<br />
del Ministero dell’interno mirata a scovare l’esistenza di eventuali irregolarità amministrative;<br />
su questo terzo gruppo di provvedimenti cfr. L.L. [Lucio Luzzatto], E Venezia?, Icd lug.<br />
1950, pp. 256-7.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 127<br />
sa, approfittando anche del fatto che, soprattutto verso la fine del quadriennio<br />
del mandato, alcuni componenti dell’assemblea potevano essere deceduti<br />
o si erano dimessi in precedenza per altri motivi. Il commissario prefettizio,<br />
<strong>qui</strong>ndi, attraverso vari escamotage, ritardava la convocazione dei comizi<br />
elettorali ed amministrava il comune proprio nel periodo chiave che precedeva<br />
il nuovo appuntamento elettorale. La sospensione – e la rimozione - del<br />
sindaco avveniva soprattutto per motivi di ordine pubblico e, generalmente,<br />
comportava la privazione dei diritti politici del sindaco che, <strong>qui</strong>ndi, non poteva<br />
partecipare alla elezioni, privando così la sinistra del candidato più noto<br />
439 , fatto particolarmente grave in piccoli comuni dove i candidati disponibili<br />
erano pochi.<br />
L’istituto della rimozione veniva definito, sempre da Luzzatto, come “un<br />
istituto in sé abnorme ed eccezionale, incompatibile con i principi della Costituzione<br />
vigente, e perciò comprensibile soltanto in casi transitori e del tutto eccezionali”.<br />
Purtroppo, invece, di quell’istituto si era abusato per fini politici colpendo<br />
i comuni della sinistra con la scusa di preservare l’ordine pubblico:<br />
“Troppo si è fatto, e tutto si può fare in nome dell’‘ordine pubblico’ […] materia<br />
sommamente delicata, fondamentale per la vita democratica, su cui occorre<br />
pertanto ben riflettere” 440 . Quello che deve essere sottolineato è che il segretario<br />
della Lega dopo aver analizzato le norme dell’istituto giuridico e la correlata<br />
giurisprudenza, non condannava la rimozione in quanto tale che, sottolineava,<br />
poteva essere usata solo “in casi transitori e del tutto eccezionali”. Luzzatto<br />
denunciava l’abuso dell’istituto della rimozione, chiedeva, in sostanza, ancora<br />
una volta, il rispetto della legge.<br />
2.5.4. “Il reato di essere sindaco”<br />
L’espressione Il reato di essere sindaco 441 titolo di un discorso svolto a Bologna<br />
nel 1951 dal sindaco Giuseppe Dozza, rende molto bene l’idea dell’atmosfera<br />
nella quale si trovarono ad amministrare i sindaci comunisti e socialisti<br />
nell’Italia del secondo dopoguerra fino a tutti gli anni ’50. Dozza nel suo intervento<br />
espose uno per uno, numerosi casi di sindaci di piccoli paesi denunciati,<br />
incriminati, rimossi e addirittura incarcerati non tanto perché avessero<br />
commesso reati ma, soprattutto, perché avevano svolto la loro attività a favore<br />
dei propri cittadini.<br />
Molti di questi casi erano narrati nelle pagine de “Il comune democratico”,<br />
degli anni ’40 e ’50. Le notizie degli arresti e delle incriminazioni dei sindaci<br />
divenivano sempre più dettagliate, in particolare a partire dai fatti del 14 luglio<br />
1948. Veniva aperta persino una rubrica Sindaci arrestati, degli ultimi due,<br />
Gualtiero Ciani, sindaco di Abbadia San Salvatore e Oreste Gelmini di Miran-<br />
439<br />
Lucio Luzzatto, Contro i comuni, contro la democrazia, Icd mag. 1950, pp. 143-5.<br />
440<br />
Lucio Luzzatto, Rimozione di sindaci e ordine pubblico, Icd lug. 1950, pp. 247-9.<br />
441<br />
Giuseppe Dozza, Il reato di essere sindaco, in idem, Il buon governo e la rinascita della città.<br />
Scritti 1945-1966, Bologna, Cappelli, 1987, pp. 197-223.
128 PARTE II<br />
dola, venivano pubblicate le fotografie ed alcune note 442 . Dall’agosto del 1949,<br />
primo mese della nuova serie de “Il comune democratico”, le notizie sui provvedimenti<br />
liberticidi del Ministero dell’interno contro i primi cittadini dei comuni<br />
della sinistra venivano pubblicate nella rubrica Galleria dei sindaci 443 , continuazione<br />
di quella apparsa ne “L’amministratore democratico” dal 1948.<br />
Successivamente alle manifestazioni contro l’attentato a Togliatti, era la mobilitazione<br />
dei sindaci della sinistra contro il Patto atlantico che metteva i comuni<br />
al centro dell’attenzione del Ministero dell’interno. Il 23 marzo 1949, ad<br />
esempio, il locale commissario di pubblica sicurezza intimava al sindaco di Finale<br />
Emilia di tenere a porte chiuse una riunione del consiglio comunale dedicata<br />
a alla pace 444 .<br />
Il Partito comunista, da parte sua, ribadiva la “azione e funzione politica degli<br />
Enti Locali” anche all’indomani delle ultime dichiarazioni del Ministro dell’interno,<br />
Scelba, sulla “apoliticità degli Enti Locali” pronunciate al congresso<br />
straordinario dell’Upi. Una posizione, quella di Scelba, che veniva appoggiata<br />
anche dal maggiore quotidiano nazionale, il “Corriere della sera”, che scriveva<br />
di “pretesi ordini di comunistizzare le civiche amministrazioni”. Così commentava<br />
“L’Amministratore democratico”: “Il Governo mal sopporta che i comuni<br />
democratici assumano sempre più una funzione ed importanza politica e<br />
quel pungolo agisce su di esso alla stessa guisa di un drappo rosso sbandierato<br />
sugli occhi di un toro” 445 .<br />
La stessa rivista dava poi notizia dei fatti accaduti a Spilamberto, in provincia<br />
di Modena, dove la polizia aveva messo praticamente messo sotto assedio<br />
il comune e tutta la popolazione, sollevando la protesta di 42 dei 46<br />
sindaci della provincia che avevano denunciato al Presidente della Repubblica<br />
la repressione contro le giunte popolari della provincia 446 . Gli stessi fatti venivano<br />
denunciati in Parlamento, dove l’on. Cremaschi smentiva lo svolgimento<br />
di riunioni segrete della Lega dei comuni “per cospirare nei confronti<br />
di quello che è l’atteggiamento del prefetto”. “La Lega dei Comuni – aveva<br />
detto Cremaschi - ha mandato alla montagna e al mare i bambini del nostro<br />
paese e non vi ha mandato soltanto quelli che avevano la tessera dell’Azione<br />
Cattolica […] Questi sono i segreti dei Comuni democratici che danno fastidio<br />
a voi” 447 .<br />
Il sindaco, era scritto ne “Il comune democratico” in un articolo che celebrava<br />
l’assoluzione di Dozza, insieme al segretario del Pci di Bologna, dall’accusa<br />
di “vilipendio delle istituzioni costituzionali”: “non esiste solo per celebrare<br />
matrimoni, per firmare deliberazioni e per presenziare […] alle cerimonie ufficiali:<br />
un sindaco […] ha il dovere di vivere la vita stessa del suo popolo, di in-<br />
442<br />
Icd ott. 1948, p. 146.<br />
443<br />
Mario Franceschelli, Galleria dei sindaci, Icd ago 1949, pp. 17-9.<br />
444<br />
Federico Leghissa, Attentato alla libertà dei comuni, Icd mar.-apr. 1949, pp. 49-50.<br />
445<br />
L’attualità politica, AD gen. 1949, pp. 1-2; sullo stesso argomento cfr. L.P., I comuni per<br />
la pace contro ogni intimidazione poliziesca, AD mar.-apr. 1949, pp. 91-2.<br />
446<br />
L. Emiliano, Scelba contro Modena, AD giu. 1949, p. 207-9.<br />
447<br />
Cronache parlamentari. Gli arbitri del prefetto di Modena. (Da una interpellanza alla Camera<br />
del compagno Onorevole Cremaschi), AD giu. 1949, p. 218-9.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 129<br />
teressarsi ai suoi problemi politici, di ergersi, primo fra tutti, a difenderlo,<br />
quando la legge, la giustizia, la libertà si calpesti” 448 .<br />
2.5.5. Solidarietà degli amministratori di sinistra con i lavoratori uccisi dalla<br />
polizia nelle lotte del dopoguerra<br />
Una prima, forte mobilitazione della Lega fu quella a sostegno delle proteste<br />
per l’uccisione da parte della polizia di sei persone, a Modena, avvenuta il 9<br />
gennaio 1950 durante una manifestazione contro il licenziamento di 200 operai.<br />
Altre uccisioni avevano funestato – e avrebbero funestato ancora - lo svolgimento<br />
di manifestazioni dei lavoratori, ma questa mobilitazione fu probabilmente<br />
la più importante. Il supporto a questa particolare protesta era dovuto<br />
sia alle dimensioni della tragedia, sia, probabilmente, al fatto che la questa aveva<br />
colpito una città tra le più attive della Lega. Il fascicolo de “Il comune democratico”<br />
del gennaio 1950 era accompagnato da un numero straordinario interamente<br />
dedicato alla strage, nel quale erano raccolti estratti di documenti<br />
che testimoniavano la “funzione democratica svolta dall’Amministrazione Democratica<br />
modenese” 449 , corredati da fotografie che illustravano le realizzazioni<br />
del comune, dal restauro delle scuole, all’inizio dei lavori per il nuovo mercato,<br />
alle colonie marine per ragazzi. Sostegno ai lavoratori, sviluppo dell’economia<br />
e dei servizi sociali erano parte di una medesima politica, quella dei partiti della<br />
sinistra. La presenza nella commemorazione dei sei operai uccisi, svoltasi nell’aula<br />
del consiglio comunale di Modena, dei deputati Togliatti e Nenni, segretari<br />
nazionali del Pci e del Psi, e del sindaco Alfeo Corassori, - i cui stralci di<br />
discorso chiudevano il numero straordinario - simboleggiavano il “contatto fra<br />
[…] il Parlamento ed il Comune” 450 .<br />
“Il mancato rispetto del Sindaco, della sua importante funzione nella vita<br />
pubblica nazionale, della sua qualità di rappresentante del popolo – scriveva il<br />
sindaco Dozza – fa parte dell’atmosfera d’illegalismo e generalmente si collega<br />
con le lotte del lavoro” 451 .<br />
Il bilancio della repressione delle forze di polizia contro i cittadini che, con<br />
i loro sindaci, si mobilitavano per rivendicare terra e lavoro era pesantissimo.<br />
Nel 1947 le vittime della polizia durante la repressione di manifestazioni dei<br />
lavoratori furono 27; “tra gennaio 1948 e luglio 1950 Pietro Secchia riferì, non<br />
smentito, in Parlamento di 62 lavoratori uccisi, 3.123 feriti, 91.433 arrestati,<br />
19. 313 condannati per complessivi 7.598 anni di carcere […] 109 gli uccisi in<br />
piazza tra il 1947 ed il 1954” 452 .<br />
448<br />
M.F., Dozza alla sbarra, Icd ago 1949, p. 20.<br />
449<br />
Documentazione, Icd Numero straordinario. Modena, gen. 1950, p. 7.<br />
450<br />
Ivi, Dal discorso dell’On. Togliatti, p. 32.<br />
451<br />
Giuseppe Dozza, Si rispetti la legalità repubblicana, Icd gen. 1950, pp. 3-5.<br />
452<br />
Giuseppe Carlo Marino, La repubblica della forza. Mario Scelba e le passioni del suo tempo,<br />
Milano, Franco Angeli, 1995, pp. 167 ss.; Donatella Della Porta, Herbert Reiter, Polizia e<br />
protesta. L’ordine pubblico dalla Liberazione ai “no global”, Bologna, Il mulino, 2003, p. 97, citato<br />
da Giovanna Tosatti, Il Ministero dell’interno. Uomini e strutture (1861-1962), p. 300.
130 PARTE II<br />
Le ultime più gravi manifestazioni della politica repressiva del governo si sarebbero<br />
verificate nell’estate del 1960 durante gli scontri di Genova, Roma,<br />
Reggio Emilia, Palermo e Catania, ricordati, molto pacatamente, anche nella<br />
rivista della Lega 453 .<br />
2.5.6. La repressione delle amministrazioni di sinistra<br />
Era in questa situazione che la Lega forniva ai sindaci istruzioni sulle proprie<br />
funzioni in materia di ordine pubblico 454 , mentre il costituzionalista Vezio<br />
Crisafulli definiva le misure preannunziate dal Consiglio dei ministri del 18<br />
marzo 1950 “evidentemente illegittime” espressione di un orientamento politico<br />
“profondamente repugnante” rispetto allo spirito della Costituzione repubblicana<br />
455 . Una tesi che la Lega sosteneva nelle lettere indirizzate alle massime<br />
autorità della Repubblica per chiedere il loro intervento contro gli interventi<br />
repressivi del Ministero dell’interno e, in generale, contro lo spirito centralista<br />
e antidemocratico che animava l’azione del governo in carica 456 . A conferma<br />
delle ragioni delle autonomie locale contro il centralismo, l’organo della Lega<br />
riproponeva un vecchio e famoso articolo di Luigi Einaudi, significativamente<br />
intitolato Via i prefetti!, commentato dal deputato Luzzatto 457 .<br />
Un discorso tenuto a Brescia nel 1951 dal Ministro Scelba dava occasione alla<br />
direzione della Lega per riaffermare il sostegno ai principi di libertà ed autonomia<br />
stabiliti dalla Costituzione. Secondo le parole del Ministro citate da Raffaele Merloni,<br />
nuovo segretario della Lega 458 , era l’azione sovvertitrice dei partiti di sinistra<br />
nelle amministrazioni locali e nella sfera politica generale ad imporre: “da un canto<br />
il mantenimento di misure, che per amministratori liberi possono apparire come<br />
ingiustificate e, dall’altro, rende inattuabile il programma, che si impone ogni<br />
giorno di più, per ampliare la sfera di competenza delle amministrazioni comunali”.<br />
Il Ministro spiegava così la mancata riforma della legge comunale e provinciale<br />
per l’adeguamento alla Costituzione, il ritardo nell’attuazione dell’istituto regionale,<br />
dei disegni di legge per il referendum e per la Corte Costituzionale.<br />
Se il mancato compimento della Costituzione repubblicana dava al Ministro<br />
dell’interno la possibilità di esercitare i medesimi poteri dei suoi predecessori<br />
453<br />
Governo ed elezioni, Icd lug.-ago. 1962, pp. 255-6.<br />
454<br />
M. Franceschelli, I sindaci e l’ordine pubblico, Icd mar.-apr. 1950, pp. 83-4; Paolo Franceschi,<br />
I sindaci e l’art. 113 della legge di P.S., Icd mag. 1950, pp. 148-9.<br />
455<br />
Vezio Crisafulli, Chi è contro la legge?, Icd mar.-apr. 1950, pp. 85-88.<br />
456<br />
Lettera aperta della Lega dei Comuni Democratici al Presidente della Repubblica, Icd gen.<br />
1951, p. 431; Lettera aperta della Lega dei comuni democratici, Icd mar. 1951, pp. 109-111, la<br />
lettera era indirizzata Al Presidente del Senato, della Camera, del Consiglio dei Ministri, della<br />
Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti.<br />
457<br />
L.L., Il Prefetto e i principi della democrazia. Un vecchio articolo dell’Economist molto istruttivo<br />
per l’on. Scelba, Icd 3 1951, pp. 114-6 (Self-government in Italy, “Economist”, 23 set. 1944,<br />
n. 5274).<br />
458<br />
Come si avrà modo di ricordare, appena oltre, l’annuncio che Raffaele Merloni sostituiva<br />
Ghislandi alla segreteria della Lega veniva pubblicato nella rivista era stato dato nel fascicolo<br />
dell’agosto-settembre 1951; Icd ago.-set. 1951, p. 269.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 131<br />
dell’Italia liberale, il deputato socialista Merloni poteva far proprie, a commento<br />
di due recenti rimozioni di sindaci 459 , le testuali parole pronunciate da Filippo<br />
Turati alla Camera nel 1913. Il leader socialista, quasi quarant’anni prima,<br />
aveva denunciato il provvedimento di sospensione del sindaco di Castel San<br />
Giovanni, in provincia di Piacenza perché questi, alla testa della maggioranza<br />
dei partiti popolari, aveva “votato un ordine del giorno di protesta, meglio di<br />
dolore, per gli eccidi avvenuti, ma tutt’altro che redatto in termini ingiuriosi<br />
[…] si trattava soltanto di una protesta civilissima […] Se poi gli interessi dei<br />
Comuni vanno per aria, tutto ciò è roba di secondaria importanza!” 460 .<br />
È però necessario ricordare che i casi di scioglimento di consigli comunali<br />
erano sostanzialmente limitati dal punto di vista numerico, anche se sempre<br />
più dei pochi casi riconosciuti dal Ministro dell’interno. Secondo un’indagine<br />
svolta dalla Lega nella “Gazzetta Ufficiale” dal 18 aprile 1948 al 31 dicembre<br />
1949 erano stati disciolti 24 consigli comunali e rimossi 10 sindaci. Di questi<br />
almeno 15 consigli e 7 sindaci erano socialcomunisti 461 .<br />
Nella sua ricerca Tosatti scrive che i sindaci rimossi per motivi “spesso pretestuosi”<br />
di ordine pubblico tra il 1946 ed il 1958 furono 81, con punte di 25<br />
nel 1950, 24 nel 1951 e 15 nel 1956. In particolare nel periodo 1° luglio 1954<br />
– 26 aprile 1955, 44 sindaci furono sospesi dalla posizione di ufficiali di governo<br />
e 4 rimossi dall’incarico. Più ridotti furono invece i provvedimenti di<br />
scioglimento dei consigli comunali, solo 38 tra il 1946 ed il 1958.<br />
Il raffronto con i dati del periodo liberale è utile a descrivere l’evoluzione<br />
storica del fenomeno per comprenderne meglio la rilevanza. È vero, infatti, che<br />
a fronte di 47 provvedimenti di rimozione di sindaci emessi dai governi liberali<br />
in 23 anni (1900-1922), corrispondevano ben 81 provvedimenti emessi dai<br />
governi repubblicani in 13 anni (1946-1958). È anche vero, però, che negli<br />
stessi 22 anni i governi liberali avevano sciolto ben 1185 consigli comunali e,<br />
sempre nei medesimi 12 anni, i governi repubblicani ne avevano sciolti solo<br />
38 462 . Tutto questo senza tener conto del fatto che non tutti i provvedimenti di<br />
scioglimento di consigli e di rimozione di sindaci riguardavano comuni amministrati<br />
dalla sinistra, come evidenziato dai dati esposti dal citato articolo de “Il<br />
comune democratico” del 1951 (15 su un totale di 24 consigli; 7 su un totale<br />
di 10 sindaci) 463 .<br />
Questi cifre evidenziano la limitatezza del fenomeno anche rispetto al più ristretto<br />
universo dei comuni (circa un terzo del totale) amministrato da blocchi<br />
di sinistra. Posta non da un punto di vista statistico, ma politico, la questione<br />
era però molto diversa. I 15 consigli comunali sciolti e i 7 sindaci rimossi di cui<br />
459<br />
Si trattava dei sindaci di Cassano Magnago in provincia di Varese, nel 1950, per aver<br />
convocato una riunione in sala consiliare per discutere sulla interdizione della bomba atomica<br />
e quello di Monterchi, in provincia di Arezzo, nel 1951, per non essersi impegnato a far interrompere<br />
una manifestazione contro la visita del presidente degli USA.<br />
460<br />
Il discorso dell’on. Merloni nel dibattito sul bilancio dell’Interno, Icd ott.-nov. 1951, pp. 352-4.<br />
461<br />
Paolo Franceschi, Basta coi soprusi, Icd gen. 1951, pp. 444-6.<br />
462<br />
Atti Parlamentari, Camera, Leg. III, Documenti, disegni di legge e relazioni, n. 1427 A; citato<br />
da Tosatti, Il Ministero dell’interno…, cit., pp. 313-4.<br />
463<br />
Franceschi, Basta coi soprusi…, cit.
132 PARTE II<br />
scriveva l’articolo citato venivano segnalati come la modalità più appariscente<br />
di un atteggiamento vessatorio e punitivo del Ministero dell’interno nei confronti<br />
delle amministrazioni della sinistra. Per esempio, venivano utilizzati massicciamente<br />
controlli ed interventi sulle delibere da parte dei prefetti che rallentavano<br />
o bloccavano l’attività amministrativa; denunzie di marescialli dei carabinieri<br />
potevano portare all’arresto ed alla sospensione dell’attività dei sindaci,<br />
i quali poi, quasi sempre, venivano assolti, ma nel frattempo l’amministrazione<br />
era stata bloccata. E gli interventi più numerosi riguardavano piccoli comuni<br />
per piccole questioni, di solito legate alle scelte in materia di tassa di famiglia<br />
e di iniziative in favore della popolazione più povera.<br />
Dal 1950 aumentavano i provvedimenti repressivi contro le iniziative di carattere<br />
politico espresse dai comuni della sinistra. Nel luglio di quell’anno il segretario<br />
della Lega denunciava l’utilizzo dell’istituto della rimozione del sindaco<br />
in “<strong>qui</strong>ndici o venti casi recenti” 464 . Proprio quell’anno la sinistra aveva promosso<br />
la firma della Petizione per la pace nell’ambito dell’iniziativa mondiale<br />
dei Partigiani della pace al cui II congresso, svoltosi a Varsavia, partecipò una<br />
“larga rappresentanza […] di amministratori comunali appartenenti a diverse<br />
correnti politiche” 465 . Contro questa iniziativa si erano concentrati gli interventi<br />
repressivi del Ministero dell’interno, in particolare verso i piccoli comuni 466 .<br />
Particolarmente pesante sarebbe divenuta la situazione della provincia di<br />
Bologna, il cui “signor” prefetto 467 , nel 1957, veniva direttamente ed esplicitamente<br />
contestato dalla Lega per i suoi provvedimenti 468 .<br />
2.5.7. L’opposizione all’ostruzionismo prefettizio: l’attività di Giannini<br />
Con il passare degli anni, però, sarebbe divenuto più difficile per il Ministero<br />
dell’interno, forzare a danno dei comuni la normativa repressiva largamente<br />
presente nella legislazione locale. Nel 1957, ad esempio, la Corte di Appello<br />
di Napoli si pronunciava sulla nuova norma introdotta con l’art. 6 della<br />
legge 2 marzo 1956, n. 136, che aveva soppresso l’istituto della decadenza “usata<br />
dai prefetti quale arma per colpire le amministrazioni popolari non gradite”,<br />
disposta, sulla base delle precedenti legislazioni, dall’art. 15 del T.U. 5 aprile<br />
1951, n. 203, che, tra l’altro, prevedeva l’ineleggibilità in caso di “lite pendente<br />
col Comune”. Bastava che il prefetto, o anche solo alcuni elettori, promuovessero<br />
un giudizio di responsabilità dinanzi al Consiglio di prefettura per impedire<br />
la partecipazione di un candidato alle elezioni amministrative. La norma,<br />
introdotta con un emendamento alla nuova legge elettorale dai deputati<br />
Colitto e Luzzatto, prevedeva l’ineleggibilità per amministratori locali solo in<br />
464<br />
Lucio Luzzatto, Rimozione di sindaci e ordine pubblico, Icd lug. 1950, pp. 247-9.<br />
465<br />
II Congresso della pace a Varsavia, Icd nov.-dic. 1950, p. 384.<br />
466<br />
Paolo Franceschi, Il governo e le autonomie, Icd feb. 1950, pp. 43-5.<br />
467<br />
Da sottolineare che la qualifica di “signore” e non di “Sua Eccellenza”, come era allora<br />
d’obbligo nel rivolgersi al prefetto, costituiva di per sé una scelta irriverente.<br />
468<br />
Un prefetto testardo che non conosce le leggi, Icd apr. 1957, pp. 25-6; Michele Lanzetta, Le<br />
strane teorie del signor Prefetto, Icd lug.-ago 1957, pp. 3-5.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 133<br />
caso di passaggio in giudicato. Fu in virtù di questo che il sindaco di Giugliano<br />
ed altri amministratori popolari poterono presentarsi alle elezioni 469 .<br />
Le formule che i prefetti si ingegnavano di trovare per annullare le deliberazioni<br />
comunali per la pace erano tali da essere bollate da Massimo Severo Giannini<br />
come “offese all’intelligenza”. I comuni, infatti, sia in quanto “enti che curano<br />
interessi generali, sia pure di dimensioni locali, della popolazione associata”,<br />
sia per avere “un’autonomia garantita dalla Costituzione”, avevano il diritto<br />
di “esprimere un voto in nome delle popolazioni che essi rappresentano”, e<br />
così concludeva il suo articolo nella rivista della Lega:<br />
“i Consigli comunali seguitino a deliberare e a formulare tutti i voti che credono;<br />
ed anzi annotino pure nel registro delle deliberazioni comunali gli annullamenti<br />
prefettizi. E ciò perché resti documentato, a chi ci seguirà, a quali ridicole incredibili<br />
aberrazioni si sarà giunti in questo periodo, da parte degli organi di governo” 470 .<br />
La conferma della straordinaria lucidità delle parole di Giannini, e della giustezza<br />
della posizione della Lega,veniva appena un anno dopo con la notizia, data con<br />
rilievo ne “Il comune democratico”, dell’approvazione da parte di alcuni comuni di<br />
deliberazioni che conferivano la cittadinanza onoraria ad Antonio Segni, all’indomani<br />
della sua elezione nel maggio del 1962 a Presidente della Repubblica. La domanda<br />
del segretario della Lega Michele Lanzetta, del Psi, era sarcastica. Cosa avrebbero<br />
fatto i prefetti ora, quando a deliberare su materie non previste dalla normativa<br />
non erano i sindaci della sinistra ma quelli vicini ai partiti di governo?:<br />
“dopo le predette deliberazioni che hanno conferito le cittadinanze onorarie al<br />
Presidente della Repubblica, come ragioneranno i prefetti che non le hanno annullate<br />
e con la loro presenza alle manifestazioni relative le hanno con solennità<br />
convalidate?” 471 .<br />
La decisione dei comuni governati da partiti o coalizioni di partiti vicini al governo<br />
di deliberare su argomenti non esplicitamente previsti da leggi e regolamenti,<br />
analogamente a quanto avevano fatto fino ad allora solo le amministrazioni<br />
della sinistra era forse il segnale più evidente che l’interpretazione del ruolo<br />
dei comuni sostenuta dalla Lega non solo non era stata sconfitta dalla repressione<br />
prefettizia ma aveva finalmente vinto. Negli anni ’60 l’ostruzionismo prefettizio<br />
verso i comuni della sinistra non cessò ma, sicuramente anche per la presenza<br />
nel governo del Partito socialista, si sarebbe ridotto in termini che, da un mero<br />
punto di vista statistico, si sarebbero potuti definire fisiologici, ma che, da un<br />
punto di vista politico-istituzionale, continuavano ad apparire intollerabili 472 .<br />
469<br />
G.M., La “sospensione” degli amministratori. Una importante sentenza della Corte d’Appello<br />
di Napoli, Icd gen. 1957, pp. 5 –7.<br />
470<br />
Massimo Severo Giannini, Per la storia dell’umorismo prefettizio, Icd feb. 1950, pp. 55-56.<br />
471<br />
Michele Lanzetta, Deliberazioni di cittadinanza onoraria ed attribuzioni dei consigli comunali,<br />
Icd set. 1962, pp. 270-2.<br />
472<br />
Le “ridicole incredibili aberrazioni” condannate da Giannini sarebbero avvenute, infatti,<br />
anche in anni successivi, come nel 1961, quando un prefetto, senza averne alcun potere, minacciò<br />
di sospendere un sindaco se avesse insistito a far discutere ed approvare dal consiglio comunale<br />
una determinata delibera da lui annullata; L., Florilegio prefettizio, Icd giu. 1961, p. 187. Si<br />
vedano anche le bocciature delle delibere in materia urbanistica da parte del prefetto di Bologna,<br />
denunciate dalla rivista della Lega; Le note del mese. Il prefetto esorbitante, Icd giu. 1968, pp. 2-3.
134 PARTE II<br />
2.6. Gli anni ‘50<br />
2.6.1. La Lega dei comuni democratici, province e enti minori<br />
Nel 1951, l’anno della seconda tornata delle elezioni amministrative, la Lega,<br />
senza dimenticare i comuni 473 , decideva di riaffermare il proprio ruolo nel<br />
movimento per le autonomie locali cercando di stimolare anche gli altri enti locali,<br />
ed in particolare le province. L’interesse verso questo ente, che nel corso<br />
del dibattito costituente aveva rischiato la soppressione, derivava dal fatto che,<br />
dopo aver saltato l’appuntamento del 1946, le province erano coinvolte nella<br />
consultazione elettorale.<br />
Nell’editoriale del febbraio 1951 il segretario sottolineava con grande decisione<br />
che la Lega dei comuni democratici non associava solo comuni ma anche<br />
“tutti gli enti locali, territoriali e non territoriali. [Anche se] È fuor di dubbio<br />
che i comuni sono e rimangono fra gli enti locali quelli di gran lunga più importanti”<br />
474 . Turchi ribadiva il concetto qualche tempo dopo, facendo una sorta<br />
di autocritica rispetto alla poca attenzione rivolta alla generalità degli enti locali,<br />
ed in particolare alla provincia: “Né dobbiamo tacere che molto più debole<br />
ancora è stata la nostra azione in direzione degli altri enti e organismi di<br />
varia natura, tutti più o meno direttamente collegati con il comune […] gli<br />
ECA, i Patronati Scolastici, gli Ospedali, la ONMI e quella miriade di enti e<br />
istituzioni nella vita dei quali il comune ha sempre veste per intervenire e nella<br />
quale interviene solo raramente […] L’importanza preminente e fondamentale<br />
del comune non deve farci sottovalutare e meno ancora deve farci trascurare<br />
gli altri enti la cui importanza è pur sempre di grande rilievo per la popolazione;<br />
mi riferisco in particolare alla Provincia della quale si interessano soltanto<br />
gli iniziati e che i più continuano a confondere con la Prefettura; in direzione<br />
della Provincia occorre attuare una vera e propria svolta” 475 .<br />
Nella risoluzione deliberata dal Comitato direttivo della Lega svoltosi a Bologna<br />
il 21 luglio 1951, all’indomani della proclamazione dei risultati delle elezioni<br />
svoltesi tra la fine di maggio ed i primi del giugno successivo, si sottolineavano,<br />
tra l’altro, il successo elettorale della sinistra e la sconfitta della Dc,<br />
che perdeva circa 2.500.000 voti rispetto al 18 aprile 1948; il rinnovato impegno<br />
dei comuni democratici verso la pace, insieme ai ricostituiti organi elettivi<br />
delle Province; la “difesa delle nostre industrie”; la “vigilanza degli amministratori<br />
democratici […] contro gli attentati alla integrità della Costituzione”. Si riaffermava,<br />
infine, “La Lega [come] strumento indispensabile per realizzare questa<br />
politica […, e che] Nella Lega devono confluire non soltanto i Comuni e le<br />
Provincie, ma anche enti minori, ECA, Patronati scolastici e simili.” 476 . In un<br />
473<br />
Da segnalare, a questo proposito, un articolo sulla spinosa questione della ricostituzione<br />
dei comuni sciolti durante il fascismo: Mario Franceschelli, Le ricostituzioni di Comuni e la Costituzione,<br />
Icd 1, 1951, p. 439.<br />
474<br />
Giulio Turchi, La Lega dei comuni democratici, Icd feb. 1951, p. 65-6.<br />
475<br />
G. Turchi, Guardando al futuro, Icd mag. 1951, pp. 193-4.<br />
476<br />
Risoluzione del Comitato direttivo della Lega, Icd giu.-lug. 1951, pp. 227-9.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 135<br />
secondo convegno nazionale, che ebbe luogo a Modena il 6 dicembre 1951,<br />
l’attenzione si concentrava sull’organizzazione interna della Lega. Venne raccomandata,<br />
per l’ennesima volta, la costituzione delle Leghe provinciali, venne<br />
deciso di costituire un Comitato direttivo nazionale che comprendesse i segretari<br />
delle Leghe provinciali dei capoluoghi di regione; per far fronte alla cronica<br />
mancanza di fondi, attribuita agli annullamenti delle delibere di iscrizione<br />
da parte dei prefetti, si approvò il tesseramento degli amministratori 477 .<br />
Le dimissioni dalla segreteria della Lega dei Comuni Democratici, per ragioni<br />
di salute, dell’on. Guglielmo Ghislandi, sostituito dall’on. Raffaele Merloni<br />
“per designazione della direzione del PSI”, annunciate nel numero di agosto-settembre<br />
478 , sottolineavano l’apertura di una nuova fase nella vita dell’organizzazione,<br />
confermata anche dal passaggio dell’incarico di direttore responsabile<br />
della rivista, da Mario Osti (che l’aveva diretta dal primo numero della<br />
nuova serie dell’agosto 1949) a Gino Pallotta, avvenuto con il fascicolo di ottobre-novembre<br />
479 . A Modena, infatti, era stato stabilito anche una sorta di rilancio<br />
della rivista, attraverso l’arricchimento dei contenuti, la pubblicazione di<br />
dispense “su problemi inerenti alle attribuzioni e al funzionamento degli enti<br />
locali” e l’aumento della tiratura a 10.000 copie 480 .<br />
L’aumento della diffusione, e <strong>qui</strong>ndi della tiratura, dell’organo della Lega<br />
non era però semplice, e non solo per via dell’azione dei prefetti. Infatti, l’annullamento<br />
della delibera di spesa per l’abbonamento poteva essere scongiurato<br />
facendo riferimento a quanto previsto da due circolari del Ministero dell’interno,<br />
inserendo cioè tale delibera tra le spese relative a riviste tecniche e amministrative,<br />
e <strong>qui</strong>ndi tra le spese di ufficio “obbligatorie” 481 . Il fatto che questa<br />
notizia venisse ripetuta più volte, insieme a sollecitazioni al rinnovo dell’abbonamento,<br />
poteva essere segnale, oltre che di una grave mancanza di fondi nei<br />
bilanci comunali anche, forse, di una certa trascuratezza degli amministratori<br />
della sinistra riguardo agli impegni verso la propria organizzazione, di cui la rivista<br />
era l’espressione ufficiale.<br />
Il più evidente risultato dei convegni di Bologna e Modena fu, comunque,<br />
il cambiamento della denominazione della Lega dei comuni democratici in Lega<br />
dei comuni democratici, provincie e enti minori 482 . Era questo un riconoscimento<br />
della presenza degli istituti che, con i comuni, formavano parte della<br />
Lega, in particolare delle province i cui consigli, nel 1951, per la prima volta<br />
dal secondo dopoguerra, erano stati eletti democraticamente. La rivista continuava<br />
ad essere denominata Il Comune democratico, ma dal gennaio del 1952<br />
diveniva “Organo della Lega nazionale dei comuni democratici provincie ed<br />
477<br />
La risoluzione del Convegno nazionale di Modena, Icd dic.1951, pp. 370-1.<br />
478<br />
Icd ago.-set. 1951, p. 269.<br />
479<br />
Gino Pallotta fu direttore responsabile e poi vice direttore responsabile fino al numero<br />
dell’aprile 1958, sostituito da Ruggero Gallico, che lo aveva affiancato nell’incarico qualche<br />
mese prima.<br />
480<br />
La risoluzione del Convegno nazionale di Modena, Icd dic.1951, pp. 370-1.<br />
481<br />
Avvertenza importante, Icd feb. 1954, p. 48.<br />
482<br />
Il cambio venne deciso dal nuovo comitato direttivo della Lega riunito a Bologna il 20<br />
gennaio 1952, Circolare n. 85, del 28 gen. 1952, L’attività della Lega, Icd gen. 1952, pp. 52-3.
136 PARTE II<br />
enti minori” 483 . A partire da quel numero i vari articoli dedicati alle province<br />
testimoniavano l’accresciuta attenzione della Lega verso quell’ente locale. La<br />
ricerca di un rafforzamento dell’organizzazione, in particolare nel Sud, veniva<br />
evidenziata poi dalla costituzione di una Lega dei Comuni meridionali alla fine<br />
del 1952, all’indomani di un congresso svoltosi a Taranto il 14-15 dicembre<br />
1952, convocato dalla Lega e dal Comitato Nazionale per la Rinascita del<br />
Mezzogiorno 484 .<br />
2.6.2. La mobilitazione contro la “legge truffa” del ‘53 ed il centralismo del Pci<br />
Il 1953 si apriva all’insegna della mobilitazione della sinistra contro la legge<br />
elettorale maggioritaria proposta dal governo, la cosiddetta “legge truffa”, alla<br />
quale la Lega partecipava massicciamente. Tra le varie iniziative la più significativa<br />
era l’Assemblea nazionale degli eletti svoltasi al Teatro Valle di Roma il<br />
15 marzo 1953 - che chiudeva un lungo ciclo di assemblee provinciali - al quale<br />
erano stati chiamati a partecipare i cittadini investiti di cariche pubbliche, dai<br />
parlamentari ai consiglieri di comuni e province. L’assemblea di Roma, come<br />
rilevava la rivista, era costituita “in grande maggioranza da sindaci convenuti da<br />
ogni dove” 485 . Veniva <strong>qui</strong>ndi accolto con entusiasmo il risultato delle elezioni<br />
politiche del 7 giugno 1953 che aveva sancito la sconfitta dei partiti di governo,<br />
i quali non avevano ottenuto la sperata maggioranza dei voti 486 .<br />
Ma al successo politico del 7 giugno corrispondeva, secondo la direzione,<br />
una insufficiente mobilitazione degli amministratori riguardo alle iniziative<br />
promosse dalla Lega. Era evidente che alle contestate iniziative del governo i<br />
partiti della sinistra ne volevano contrapporre altre che, non solo erano diverse,<br />
ma si dovevano dimostrare frutto di un modello politico-istituzionale alternativo<br />
basato sulla mobilitazione del popolo e <strong>qui</strong>ndi, anche per questo, in opposizione<br />
alle politiche del governo, che venivano tacciate di essere decisioni<br />
antidemocratiche prese dai soli vertici dei partiti al potere. Il problema era che<br />
però, in quest’ottica, anche gli amministratori venivano considerati popolo e,<br />
come tali, si chiedeva loro sia una mobilitazione di massa come quella sollecitata<br />
ad operai e braccianti, nel caso di convegni e congressi, sia uno specifico tipo<br />
di mobilitazione corrispondente alle caratteristiche del loro ruolo, come potevamo<br />
essere voti e delibere di giunta, di consiglio, ma anche generiche prese<br />
di posizione riguardo ad iniziative del partito, come nel caso specifico. Un articolo<br />
di Ciofi degli Atti del 1953 era illuminante riguardo alla dipendenza dai<br />
politici segretari di partito cui poteva essere soggetto il popolo degli amministratori<br />
iscritti alla Lega all’inizio degli anni ’50. Gli amministratori della sinistra,<br />
infatti, venivano aspramente redarguiti per non aver risposto se non sporadicamente<br />
e in forma superficiale alla richiesta di inviare osservazioni e pro-<br />
483<br />
Idc gen. 1952, p. 1.<br />
484<br />
Luigi Ciofi Degli Atti, È nata la Lega dei Comuni meridionali, Icd dic. 1952, pp. 350-2.<br />
485<br />
L’assemblea nazionale degli eletti, Icd mar. 1953, p. 43.<br />
486<br />
Giulio Turchi, 7 giugno 1953, Icd mag.-giu. 1953, pp. 117-8.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 137<br />
poste ai comitati parlamentari riguardo al progetto di legge per l’estensione dell’assistenza<br />
sanitaria gratuita ed alla “lotta contro il tugurio”, sulla base di quanto<br />
stabilito dal “rapporto al C.C. del P.C.I.” dell’on. Palmiro Togliatti, segretario<br />
del Partito comunista. Concludeva così il suo ammonimento Ciofi degli Atti:<br />
“ogni amministratore democratico è <strong>qui</strong>ndi direttamente e personalmente<br />
impegnato e non potrà tradire il mandato ricevuto dai suoi elettori” 487 .<br />
All’obbedienza al segretario del Pci italiano seguiva quella al “partito guida”,<br />
il partito comunista sovietico e, in particolare al suo massimo esponente, il mitico<br />
Stalin, di cui la rivista della Lega del marzo 1953 annunciava la morte nell’editoriale:<br />
“sicura di interpretare il sentimento di tutti gli amministratori locali<br />
democratici italiani”, rinnovando “<strong>qui</strong> l’espressione del loro profondo cordoglio”<br />
488 .<br />
2.6.3. La vocazione unitaria della Lega<br />
Il convegno dell’Anci di Genova del 1953 costituiva una nuova, importante<br />
occasione nella quale veniva riaffermata l’unità del movimento per le autonomie<br />
locali. Lo sottolineava il segretario Turchi in un articolo di commento<br />
all’incontro. Per tre giorni 1.200 sindaci di grandi città e piccoli paesi avevano<br />
manifestato la loro insoddisfazione sia riguardo alla situazione tecnico-amministrativa,<br />
sia riguardo a quella politico-istituzionale. La denuncia dell’insufficienza<br />
dei mezzi, delle interferenze dei prefetti, e il richiamo alle violazioni della<br />
Costituzione avevano contrassegnato i lavori dell’assemblea che aveva accolto<br />
in un gelido silenzio le dichiarazioni del Ministro dell’interno, Scelba, per la<br />
prima volta intervenuto ad un’assemblea dell’Anci. Ripetendo i concetti espressi<br />
nel discorso svolto a Brescia nel 1951, Scelba aveva riaffermato che di autonomia,<br />
per i comuni, “non sia da parlare”. Un silenzio che aveva contrastato<br />
con l’entusiasmo con il quale era stato invece accolto il messaggio di Sturzo che<br />
aveva auspicato, addirittura, “il ‘ripristino delle autonomie locali’”. Le risoluzioni<br />
del convegno “furono approvate tutte all’unanimità”, addirittura, sottolinea<br />
Turchi, “senza che fossero da superare contrasti di qualche rilievo”, perché<br />
tutti i sindaci, e non solo quelli della sinistra erano scontenti della politica governativa.<br />
L’Anci, concludeva Turchi, era uscita “rafforzata” dall’assemblea di<br />
Genova, e avrebbe dovuto combattere con più decisione “per l’attuazione rapida<br />
e integrale della Costituzione” 489 .<br />
La Lega era un’organizzazione dichiaratamente di parte, la cui azione era però<br />
rivolta non solo agli enti iscritti ma, soprattutto, all’avanzamento dell’intero<br />
movimento per le autonomie locali. La vocazione unitaria della Lega era evidente<br />
non solo nelle iniziative politico-istituzionali nelle quali coinvolgeva indirettamente<br />
o partecipava direttamente con l’Anci, ma particolarmente nel-<br />
487<br />
Ciofi degli Atti, Occorre più iniziativa, Icd mag.-giu. 1953, pp. 123-4.<br />
488<br />
Lutto per tutti i popoli, Icd mar. 1953, p. 41.<br />
489<br />
Giulio Turchi, La nuova legge comunale e provinciale all’esame dei sindaci d’Italia, icd mar.<br />
1953, pp. 45-6.
138 PARTE II<br />
l’attenzione riservata ai problemi della generalità degli enti e delle autonomie<br />
locali, dagli enti comunali di assistenza, alle province, ai comuni meridionali,<br />
ai comuni della montagna. Questa attenzione rivolta globalmente al complesso<br />
ed articolato mondo delle autonomie locali, vista da un punto di vista puramente<br />
politico, poteva anche essere considerata espressione di una pericolosa volontà<br />
egemonica nei confronti di quel mondo, da utilizzare contro il governo,<br />
e come tale veniva avvertita dai partiti alla guida del Paese ed in particolare dal<br />
Ministro dell’interno di quel periodo, Mario Scelba. Sta di fatto, però, che la<br />
vocazione unitaria della Lega sottolineava le caratteristiche unitarie del movimento<br />
per le autonomie locali e sollecitava le diverse organizzazioni alla cooperazione.<br />
Dal punto di vista della Lega, l’organizzare i vari enti ed istituti dell’autonomia<br />
locale ne rafforzava il ruolo di leader politico-istituzionale de facto,<br />
un ruolo di stimolo e di pungolo all’attività di tutte le organizzazioni, non<br />
solo riguardo alla più importante, l’Anci, ma anche all’Upi e, in seguito, anche<br />
all’organizzazione dei comuni montani, l’Unione dei comuni e degli enti montani<br />
(Uncem), che faceva seguito ad un’attenzione ai problemi della montagna<br />
e dei comuni montani promossa sin dall’immediato dopoguerra e, da allora,<br />
sempre mantenuta viva.<br />
2.6.4. La fondazione dell’Uncem e il problema delle imprese idroelettriche<br />
Il 23-25 maggio 1954 si svolgeva a Torino il congresso di fondazione dell’Uncem.<br />
L’appuntamento - secondo un’interpretazione de “Il comune democratico”<br />
molto plausibile in un momento di forte contrapposizione politica<br />
qual era quello dei primi anni ’50 del ‘900 - nelle intenzioni degli organizzatori,<br />
avrebbe dovuto dar vita ad una organizzazione filogovernativa, ma l’intervento<br />
degli amministratori democratici aveva impedito questa conclusione e, a<br />
questo proposito, veniva sottolineata l’approvazione di un ordine del giorno per<br />
la nazionalizzazione dei monopoli elettrici: “L’UNCEM, sorta come organizzazione<br />
di parte, si è trasformata, per la lotta delle opposizioni al congresso, in un<br />
organismo unitario” 490 . Certo la minoranza di amministratori della sinistra era<br />
stata esclusa dalla presidenza e dalla giunta dell’ente 491 , ma il contributo degli<br />
amministratori della montagna della Lega alla battaglia per il pagamento del<br />
sovracanone idroelettrico a carico delle imprese idroelettriche 492 fu senza dub-<br />
490<br />
Il I Congresso dell’UNCEM, Icd mag.-giu. 1954, pp. 148-154.<br />
491<br />
Una decisione antidemocratica della maggioranza del Consiglio dell’UNCEM, Icd lug.<br />
1954, p. 185.<br />
492<br />
La legge sul sovracanone idroelettrico (legge 27 dic. 1953, n. 959) riconosceva la titolarità<br />
delle risorse naturali del territorio oltre che allo Stato, anche alla popolazione della montagna.<br />
La norma prevedeva che le società concessionarie di grandi derivazioni d’acqua per la produzione<br />
di energia idroelettrica versassero un “sovracanone” per ogni kilowatt di potenza nominale<br />
media concessa a favore dei comuni situati nei bacini imbriferi interessati dalla concessione,<br />
cfr. Oscar Gaspari, La difesa della montagna: politiche ed istituzioni tra la fine dell’Ottocento<br />
ed il secondo dopoguerra, in Antonio G. Calafati, Ercole Sori (a cura di), Persistenze e cambiamenti<br />
negli Appennini in età moderna, Franco Angeli, Milano, 2004, pp. 269-299.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 139<br />
bio importante a spingere il Governo a muoversi per far rispettare la legge, come<br />
dimostravano le notizie che venivano regolarmente pubblicate nella rubrica<br />
dedicata alla montagna 493 e all’approvazione, nel 1959, delle norme interpretative<br />
della legge 959 494 .<br />
2.6.5. La tragedia del Vajont. La battaglia politica contro lo strapotere<br />
dell’industria elettrica<br />
Lo strettissimo legame tra le imprese idroelettriche e le comunità della montagna<br />
sarebbe poi stato tristemente sottolineato dal disastro del Vajont del 9<br />
ottobre 1963, che provocò circa 2000 morti 495 . Una immane tragedia che si sarebbe<br />
potuta evitare se si fossero ascoltai i segnali d’allarme e le richieste d’aiuto<br />
della popolazione locale e, in particolare, dei sindaci di Longarone e di Erto<br />
Casso che “fino all’ultimo si [erano] adoperati per lanciare l’allarme ed evitare<br />
la sciagura”.<br />
Più forti dei pericoli per la sicurezza dei montanari erano state le ragioni<br />
economiche ed industriali della Società adriatica di elettricità (Sade) proprietaria<br />
dell’impianto, un vero e proprio “stato nello Stato”, ragioni, purtroppo, fatte<br />
sostanzialmente proprie dall’Enel, subentrata nella gestione all’indomani della<br />
nazionalizzazione dell’energia elettrica da meno di un anno 496 . La tragedia del<br />
Vajont era un segno evidente che non era la titolarità della proprietà a determinare<br />
il rispetto o meno degli interessi delle comunità locali ma, soprattutto,<br />
la complessiva concezione del rapporto tra impresa e popolazione.<br />
Lo stretto legame tra interessi dei cittadini ed impresa industriale era invece<br />
alla base del funzionamento delle imprese municipali il cui ruolo, dal secondo<br />
dopoguerra e per decenni, era stato essenziale per il contenimento dei prezzi dei<br />
servizi pubblici e delle forniture delle imprese dei servizi a rete acqua, gas ed<br />
energia elettrica. Meno importante ma comunque significativo fu anche l’ap-<br />
493<br />
Secondo una notizia apparsa nel gennaio 1956 le società idroelettriche avevano versato<br />
ai comuni montani solo 1.600 dei 9.000 miliardi dovuti per il sovracanone idroelettrico e le<br />
centinaia di vertenze aperte nei aperte nei tribunali potevano essere, forse, risolte solo dopo lunghi<br />
anni; la soluzione poteva essere solo politica; Comuni e enti montani a convegno, Icd gen.<br />
1956, p. 3.<br />
494<br />
Approvate sia al Senato che alla Camera le norme interpretative della legge 959, Icd dic.<br />
1959, pp. 391-2. La normativa approvata avrebbe dovuto rendere più semplice il pagamento<br />
dei sovracanoni elettrici ai comuni dei bacini imbriferi montani interessati: una maggiore entrata<br />
annua di 3 miliardi e il pagamento degli arretrati in 15 miliardi oltre agli interessi”; seguiva<br />
l’elenco dei comuni con il rispettivo credito accumulato.<br />
495<br />
Il disastro venne causato da una frana che invase il bacino e provocò la fuoriuscita dell’acqua<br />
ivi contenuta; cfr. Tina Merlin, Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe: il caso<br />
del Vajont, Milano, La Pietra, 1983; la vicenda, ricordata nel 2001 anche da un film Vajont, è<br />
stata riproposta all’opinione pubblica in tutta la sua drammaticità da uno spettacolo teatrale e<br />
televisivo di Marco Paolini; Marco Paolini, Gabriele Vacis, Il racconto del Vajont, Milano, Garzanti,<br />
1997.<br />
496<br />
La lezione del Vajont, Icd nov.-dic. 1963, pp. 353-5. L’anno seguente la rivista pubblicò<br />
in forma anastatica un volantino nel quale un comitato locale denunciava i soprusi della Sade<br />
riguardo ai diritti delle popolazioni della provincia di Belluno, Icd feb. 1964, pp. 16-17.
140 PARTE II<br />
porto delle municipalizzate elettriche per rompere il fronte del rifiuto delle<br />
grandi imprese al pagamento dei sovracanoni. Per questo la decisione dell’azienda<br />
municipalizzata di Trento di versare i sovracanoni previsti dalla legge<br />
venne annunciata sulle pagine dell’organo della Lega con grande rilievo, ma<br />
con una significativa avvertenza che seguiva l’invito a tutte le imprese municipalizzate<br />
a seguirne l’esempio: “evitando così il sospetto che vogliano far fronte<br />
unico con il monopolio elettrico” 497 .<br />
Evidentemente la possibilità di risparmiare sui costi di gestione poteva far<br />
breccia anche in imprese comunali quali erano le aziende municipalizzate. Non<br />
sarebbe mai stato facile far coincidere gli interessi delle comunità locali con<br />
quelli economici delle municipalizzate, la cui Confederazione venne accusata di<br />
“accentuare il distacco delle aziende dai comuni, isolando l’attività aziendale da<br />
quella comunale generale, [di puntare] essenzialmente, perciò, l’azione al vertice<br />
di tipo parlamentare e di stimolo all’attività governativa [di affrontare] la<br />
questione elettrica in modo limitato, esclusivamente nel quadro della legislazione<br />
vigente, anziché […] sotto il profilo delle riforme democratiche e di<br />
struttura” 498 . Almeno nel 1956 <strong>qui</strong>ndi, data di questo articolo, le aziende municipalizzate<br />
venivano accusate di occuparsi troppo dei propri interessi settoriali<br />
e troppo poco di quelli politici, le “riforme democratiche e di struttura”.<br />
La mobilitazione dei comuni della sinistra nella battaglia contro l’oligopolio<br />
che controllava il mercato italiano dell’energia elettrica avrebbe avuto un significativo<br />
successo sul fronte dei prezzi con l’apertura di una sorta di “inchiesta<br />
sui contratti per l’energia destinata alla illuminazione” aperta dal Cip con la circolare<br />
n. 700 del 31 gennaio 1958, all’indomani di una serie di iniziative di comuni<br />
della provincia di Modena, Reggio Emilia, Parma, Bologna e Piacenza<br />
499 . La battaglia politica condotta dalla sinistra contro lo strapotere dell’industria<br />
elettrica italiana, nella concreta attività sostenuta e promossa dalla Lega,<br />
si traduceva in concrete iniziative dirette al vantaggio di tutti i cittadini e,<br />
in particolare, della popolazione della montagna 500 .<br />
2.6.6. Il convegno di Bologna del 1954: la battaglia per l’attuazione della<br />
Costituzione<br />
Il 13 giugno 1954 si svolgeva a Bologna il convegno della Lega sul tema Popolo<br />
e comuni per le autonomie locali, nel quale si sollecitava la mobilitazione<br />
delle organizzazioni degli enti locali e di quelle dei lavoratori per opporsi alla<br />
politica del governo contro le amministrazioni locali. Sembrava quasi si volesse<br />
riproporre un vecchio sogno dei socialisti sin dai primi anni dell’Anci: mo-<br />
497<br />
Trafiletto che segue Il Consiglio straordinario dell’UNCEM, Icd nov. 1955, p. 19.<br />
498<br />
Giorgio Coppa, Comuni e municipalizzazione, Icd dic. 1956, pp. 12-4.<br />
499<br />
Rubens Triva, Un successo dei Comuni emiliani contro le grandi società elettriche. Il CIP dispone<br />
un’inchiesta sui contratti per l’energia destinata alla illuminazione, Icd mar. 1958, p. 77.<br />
500<br />
Francesco Spezzano, Isolare il monopolio, Icd mar. 1958, pp. 78-9; cfr. Sp., Dedicato all’On.<br />
Preti ministro delle Finanze, Icd ago. 1958, p. 214; d.c., I diritti dei Comuni montani nei<br />
confronti dei monopoli elettrici, Icd nov. 1958, pp. 310-7.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 141<br />
bilitare le masse popolari, e i lavoratori in particolare, a difesa dell’autonomia<br />
locale 501 . Partecipavano all’incontro “oltre 1300 rappresentanti di amministrazioni,<br />
di organizzazioni politiche e sindacali, di parlamentari e di studiosi dei<br />
problemi amministrativi”; tra le maggiori personalità presenti si ricordano il<br />
sindaco di Bologna Dozza, i senatori Zanardi, Terracini, Molé, Spezzano, Allegato,<br />
Montagnani, Porcellini, Ferrari; i deputati Turchi, Targetti, Martuscelli,<br />
Luzzatto, Luciana Viviani, Matteucci, il prof. Massimo Severo Giannini. Tra le<br />
adesioni pervenute si segnalano quelle delle organizzazioni vicine alla sinistra,<br />
come la Cgil, l’Unione donne italiane (Udi), la Confederterra, la Federbraccianti,<br />
la Lega nazionale delle cooperative, l’Associazione nazionale partigiani<br />
d’Italia (Anpi), il Comitato di Rinascita dell’Arco Alpino. Le conclusioni del<br />
convegno venivano illustrate dai senatori Terracini e Molé e dall’on. Targetti di<br />
fronte a circa 20.000 cittadini 502 .<br />
Nella sua relazione Turchi dichiarava che “la Lega dei comuni democratici<br />
opera e parla in nome di oltre un terzo di tutti i Comuni e le Provincie italiane<br />
e in nome di oltre 50.000 amministratori comunali, provinciali e di altri enti<br />
locali che solo convenzionalmente, e non per la loro importanza, sono detti<br />
minori”. Il segretario sosteneva che nella sostanza la politica del governo e l’azione<br />
dello Stato non si ispiravano in alcun modo alla Costituzione repubblicana,<br />
faceva un parallelo tra i recenti soprusi prefettizi contro le amministrazioni<br />
locali e quelli operati dai governi giolittiani. Turchi concludeva facendo<br />
appello “all’aiuto di tutti, delle organizzazioni sindacali in primo luogo […] per<br />
attuare e rendere operante la Costituzione”, soprattutto, concludeva: “È ora che<br />
agiscano anche le associazioni unitarie degli enti locali: l’ANCI, e l’Unione delle<br />
Province, l’ANEA, la FIARO [Federazione italiana associazioni regionali<br />
ospedaliere], le Aziende municipalizzate [...] ai voti deve seguire un’azione conseguente<br />
che fin <strong>qui</strong> è mancata del tutto” 503 .<br />
Interveniva anche Massimo Severo Giannini, in qualità di membro del Comitato<br />
esecutivo dell’Anci, il quale - quasi ad evidenziare il fatto che la richiesta<br />
di applicare la Costituzione nell’ambito delle autonomie locali non avrebbe<br />
avuto alcuna portata eversiva, come invece aveva sostenuto Scelba – dichiarava<br />
che a suo avviso: “se si può rimproverare di qualche cosa la Costituzione,<br />
è di essere stata troppo timida sulla strada delle autonomie locali e sui<br />
controlli degli Enti locali”. Oltretutto, sottolineava, sarebbe stato impossibile<br />
controllare tutti gli atti – che ammontavano a circa 500.000 – ogni anno, di<br />
tutti gli enti e commentava: “Io ritengo che sugli Enti locali non dovrebbe esistere<br />
altro controllo se non quello che esiste sugli Enti locali inglesi, cioè un<br />
501<br />
Un sogno infranto dallo scontro con la dura realtà quando in una manifestazione dell’Anci<br />
del 28 giugno 1903 al teatro lirico di Milano, a sostegno della richiesta dell’istituto del<br />
referendum per i comuni e per lo sgravio delle spese statali caricate sui bilanci comunali, le masse<br />
richiamate dall’Associazione, controllate dai socialisti rivoluzionari e dagli intransigenti, avevano<br />
impedito l’intervento dei relatori moderati e fatto degenerare l’evento; Gaspari, L’Italia<br />
dei municipi…, cit., pp. 108-111.<br />
502<br />
Icd lug. 1951, p. 175.<br />
503<br />
La relazione dell’on. Giulio Turchi. Popolo e Comuni per le autonomie locali, Icd lug. 1954,<br />
pp. 175-9.
142 PARTE II<br />
controllo contabile” 504 . Era difficile mobilitare le masse a difesa dei comuni<br />
con le parole di un giurista come Giannini che a quella che sembrava essere la<br />
parola d’ordine del convegno applichiamo la Costituzione, opponeva la propria<br />
tesi di una Costituzione insufficiente riguardo all’autonomia locale. Quella<br />
che la Lega chiedeva a Bologna nel 1951 era però una mobilitazione politica<br />
utile forse soprattutto alla sinistra per rinserrare le file e restituire un po’ di entusiasmo<br />
a politici ed amministratori locali logorati da una difficile realtà com’era<br />
quella degli enti locali negli anni ’50, impossibilitati a rispondere alle<br />
esigenze di una cittadinanza spesso molto povera, limitati economicamente da<br />
magri bilanci e politicamente dalle minacce di prefetti e questori. Era probabilmente<br />
questo il senso dell’intervento dei rappresentanti della Cgil 505 e della<br />
Confederterra 506 .<br />
Il convegno si concludeva con una mozione nella quale si esprimeva il sostegno<br />
al “disegno di legge di iniziativa parlamentare presentato alla Camera dei<br />
Deputati dagli onorevoli Martuscelli (PCI), Luzzatto (PSI), Bozzi (PLI), Macrelli<br />
(PRI), Chiaramello (PSDI) allo scopo di dare iniziale esecuzione ad alcune<br />
norme costituzionali in materia [di controlli] di Enti locali” 507 . L’obiettivo<br />
della Lega era, evidentemente, quello di tradurre in un provvedimento legislativo,<br />
la debole mozione sui Controlli approvata nella II assemblea generale dell’Anci<br />
svoltasi a Genova nel marzo del 1953 nella quale si chiedeva per i comuni<br />
“la riduzione del controllo al solo bilancio” in un ipotetico futuro e ai soli<br />
“comuni tecnicamente meglio attrezzati” 508 . Dopo la fine del congresso, Giulio<br />
Turchi, a motivo dell’impegno derivante dalla nomina a questore della Camera<br />
dei deputati, lasciava il suo posto di segretario della Lega, dopo 7 anni<br />
passati nella carica, al senatore Francesco Spezzano, sindaco di Acri, in provincia<br />
di Cosenza 509 .<br />
2.6.7. La sinistra italiana e il comunismo sovietico. Le misure contro “le forze<br />
totalitarie”<br />
Il 4 dicembre di quello stesso anno le misure contro “le forze totalitarie”<br />
preannunciate da Scelba il 18 marzo venivano perfezionate e ratificate dal Consiglio<br />
dei Ministri. La Lega dei comuni democratici si mobilitava contro quei<br />
provvedimenti, nelle pagine della rivista apparivano articoli di denuncia, come<br />
quello di Massimo Severo Giannini, per il quale le misure contro “le forze to-<br />
504<br />
Massimo Severo Giannini, Un passo avanti: applicare la Costituzione, Icd lug. 1954, p. 180.<br />
505<br />
Onorato Malaguti, I lavoratori sono interessati alla con<strong>qui</strong>sta delle libertà comunali, Icd<br />
lug. 1954, pp. 181-2.<br />
506<br />
Giovanni Rossi, I contadini e il comune, Icd lug. 1954, pp. 186-7.<br />
507<br />
La Mozione del convegno, Icd lug. 1954, pp. 189-190.<br />
508<br />
I documenti dell’Anci 1946-1992, vol. I, Stilgraf, Roma, s.d., pp. 27-8.<br />
509<br />
Icd mag.-giu. 1954, p. 137. Spezzano, avvocato, nato ad Acri nel 1903, nel Partito socialista<br />
dal 1922, in quello comunista dal 1942, nel 1948 era stato eletto senatore nel collegio<br />
di Crotone; come sindaco veniva ricordata la sua campagna contro il monopolio elettrico della<br />
Sme e la lotta per la terra nel Mezzogiorno; Icd mag.-giu. 1954, p. 138
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 143<br />
talitarie” rappresentavano un pericolo per “la coesistenza pacifica delle classi” 510 .<br />
L’anno seguente il pericolo rappresentato dall’applicazione di quelle norme veniva<br />
denunciato dal segretario, senatore Spezzano, in una interpellanza al Ministero<br />
dell’interno. L’intervento al Senato del segretario riguardava le possibili<br />
conseguenze di una circolare del prefetto di Ascoli che chiedeva ai sindaci di inviare<br />
l’elenco dei componenti delle locali commissioni elettorali con l’indicazione<br />
del partito di appartenenza, in vista probabilmente, dell’applicazione delle<br />
norme dell’ormai cessato governo Saragat-Scelba 511 . L’editoriale del marzo del<br />
1956 dava finalmente notizia di una sostanziale modifica di quelle misure: le<br />
elezioni amministrative fissate per il 27-28 maggio successivo si sarebbero <strong>qui</strong>ndi<br />
potute svolgere con regolarità 512 .<br />
La terza tornata elettorale amministrativa repubblicana si svolse in un periodo<br />
particolarmente complesso della vita politica nazionale ed internazionale,<br />
ed i risultati ebbero un’interpretazione controversa. Le elezioni amministrative<br />
del 1956 confermavano, ancora una volta, la particolare soggezione agli avvenimenti<br />
della politica nazionale ed internazionale della storia del movimento<br />
per le autonomie locali nei primi decenni della Repubblica. Una soggezione<br />
che ha contribuito non poco a far credere ad una sussunzione di quest’ultima<br />
nella storia dei partiti politici.<br />
Alla fine di febbraio di quell’anno si era svolto il XX congresso del Partito<br />
comunista sovietico nel quale il segretario Nikita Chruščëv divulgò il famoso<br />
“rapporto segreto” sull’operato del suo predecessore nella carica, Josif Stalin, sul<br />
cui contenuto, nonostante fin dal marzo circolasse sulla stampa, il segretario del<br />
Pci , Togliatti, mantenne “un atteggiamento estremamente cauto e sostanzialmente<br />
difensivo e reticente […, forse anche per] considerazioni tattiche interne<br />
connesse con l’imminenza delle elezioni amministrative”. Le notizie sull’opera<br />
di Stalin diedero poi motivo al segretario del Psi, Nenni, di iniziare una<br />
presa di distanze dall’alleato Pci, e la sua azione “ricevette un nuovo immediato<br />
impulso dalle elezioni amministrative del maggio 1956, nelle quali la caratteristica<br />
più rilevante fu il sensibile successo tanto del Psi, quanto – in minor<br />
misura – del Psdi” 513 .<br />
Il commento sui risultati elettorali fornito dall’organo della Lega contestava<br />
l’iniziale trionfalismo della stampa governativa, sottolineava l’erosione dei seggi<br />
complessivamente a disposizione dei partiti di maggioranza, con uno spostamento<br />
di voti verso la sinistra, dalla Dc al Psdi, e, globalmente, un buon risultato<br />
dell’opposizione di sinistra. Sostanzialmente, si può commentare, la situazione<br />
nelle autonomie locali non era cambiata di molto, e il giudizio de “Il comune<br />
democratico” era sibillino: “la battaglia per la formazione di nuove maggioranze<br />
è e rimane ancora aperta” 514 .<br />
510<br />
Massimo Severo Giannini, Sui provvedimenti di discriminazione, Icd feb. 1955, pp. 3-4.<br />
511<br />
Politica discriminatoria, Icd giu. 1955, p. 9.<br />
512<br />
Editoriale, Icd mar.1956, pp. 1-2.<br />
513<br />
Carlo Pinzani, L’Italia repubblicana, in Storia d’Italia, IV, t. 3, Dall’Unità a oggi, Torino,<br />
Einaudi, 1976, pp. 2589, 2594.<br />
514<br />
c.d., Considerazioni sui risultati delle elezioni del 27 maggio, Icd lug. 1956, pp. 14-5.
144 PARTE II<br />
La complessa situazione politica continuava, comunque, a non inficiare il<br />
tentativo della Lega di sviluppare i rapporti con le diverse organizzazioni del<br />
movimento per le autonomie locali, la cui comune condizione di vassallaggio<br />
verso il potere centrale era evidenziata dalla vita stentata delle diverse strutture<br />
dovuta quasi certamente, in gran parte, alla difficoltà di ricevere regolari contributi<br />
dai comuni a causa dei divieti delle autorità di controllo. Testimonianza<br />
di questa situazione veniva dall’articolo che commentava il prossimo svolgimento<br />
dell’assemblea generale dell’Anci del novembre 1956, nel quale si evidenziava:<br />
“lo scarso numero dei Comuni aderenti all’Anci, circa 2000 a quanto<br />
pare, dei quali solo alcune centinaia in regola con il pagamento dei contributi<br />
associativi”. Concludeva l’articolo: “Il nostro augurio è che l’Anci esca dalla<br />
Assemblea di Palermo rafforzata, e […] capace di contribuire con la sua forza<br />
al rinnovamento e al progresso del nostro paese, sulla strada tracciata dalla<br />
Costituzione repubblicana” 515 . E non si trattava di un augurio formale. Era la<br />
stessa Lega a protestare, sia attraverso la rivista, sia attraverso l’intervento in<br />
Parlamento del Segretario Spezzano, contro l’annullamento da parte dei prefetti<br />
delle delibere di adesione all’Anci, e delle richieste di autorizzazione degli<br />
amministratori a partecipare all’appuntamento di Palermo 516 . “Il comune democratico”<br />
sollecitava gli amministratori popolari a partecipare sia al convegno<br />
dell’Anci, sia a quello, di poco successivo, dell’Upi 517 .<br />
2.6.8. I problemi della municipalizzazione<br />
Il forte malessere delle autonomie locali alla fine degli anni ‘50 aveva modo<br />
di esprimersi nei congressi della Confederazione della municipalizzazione<br />
(Com), dell’Anci e dell’Upi, che si tenevano nel 1957 e, da ultimo, in quello<br />
della Lega dell’inizio del 1958.<br />
Il giudizio della rivista 518 sul primo dei congressi, quello della Com, svoltosi<br />
a Roma il 15-16 febbraio su Problemi attuali della municipalizzazione era negativo.<br />
Commentando i lavori “Il comune democratico” sottolineava che le<br />
municipalizzate non potevano pensare di risolvere i propri problemi aziendali<br />
scaricandoli sui cittadini: “non si può ripiegare se non facendo scontare alle<br />
popolazioni le conseguenze di una situazione di cui esse non sono certo responsabili”.<br />
Non era un caso che la stampa, proseguiva la rivista, avesse sintetizzato<br />
le conclusioni del convegno con titoli del tipo “Le Municipalizzate<br />
chiedono aumenti di tariffe”, cui il Comitato interministeriale prezzi (CIP)<br />
del Governo, aveva risposto decidendo un aumento del prezzo del gas di 2 lire<br />
al m3. Le conclusioni dell’articolo erano durissime: “molte parole e pochi<br />
fatti e questi pochi nella direzione sbagliata, opposta a quella che la Costitu-<br />
515<br />
M., L’Assemblea generale dell’Anci, Icd 10 1956, pp. 3-4.<br />
516<br />
Iscrizioni all’Anci, Icd gen. 1957, p. 15.<br />
517<br />
Congresso dell’Anci, Icd feb. 1957, pp. 1-2.<br />
518<br />
Dal gennaio del 1957 “Il comune democratico” mutava il proprio sottotitolo in “Rivista<br />
per gli amministratori degli enti locali. A cura della Lega dei comuni democratici”.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 145<br />
zione e gli interessi della popolazione impongono. L’azione degli amministratori<br />
democratici ne trarrà le debite conclusioni” 519 . Un successivo articolo confermava<br />
la durezza del giudizio, evidenziando la presenza di una maggioranza<br />
democristiana e socialdemocratica alla guida dell’organizzazione delle aziende<br />
comunali 520 .<br />
Negli stessi mesi il commento sulla III assemblea generale dell’Associazione<br />
dei comuni, tenutasi a Palermo il 28-31 marzo 1957, era invece sostanzialmente<br />
positivo. “Dal congresso dell’Anci – riportava l’editoriale di marzo - sono<br />
venute fuori delle mozioni votate all’unanimità che pongono in modo preciso<br />
e chiaro i vari problemi della vita comunali e con fermezza quelli delle autonomie<br />
in genere e della autonomia finanziaria in specie” 521 . La rivista pubblicava<br />
le conclusioni del congresso 522 e, in particolare, la relazione del senatore<br />
Enrico Minio, esponente della Lega, sul tema Disegno di legge n. 151, presentato<br />
al Senato, in materia di tributi locali 523 . Si sottolineava la denuncia fatta<br />
a Palermo dell’arretratezza e dell’insufficienza della normativa in materia:<br />
“la legislazione e la pratica applicazione della stessa [in materia di finanza locale]<br />
ha portato i Comuni sull’orlo del precipizio” 524 . Si insisteva sulla forte<br />
unità di intenti manifestata dall’assemblea, che aveva portato all’entrata nell’esecutivo<br />
dell’Anci di un parlamentare del Pci e di uno del Psi, rispettivamente,<br />
Umberto Terracini e Giovanni Pieraccini 525 . Analoga “consapevolezza<br />
ed unità d’intenti” era stata rilevata tra gli amministratori provinciali riuniti<br />
nell’assemblea dell’Upi di Venezia, accompagnata dalla sottolineatura della<br />
“necessità di una più stretta e profonda collaborazione tra amministratori provinciali<br />
e comunali” 526 .<br />
Le speranze accese dalla presenza dei due parlamentari della sinistra nell’Anci,<br />
riguardo all’apertura di una nuova fase dei rapporti tra governo ed istituzioni<br />
locali sarebbero però andate deluse di lì a qualche settimana, con la formazione<br />
del governo monocolore democristiano di Adone Zoli, che pure comprendeva,<br />
come sottosegretario all’interno, l’on. Angelo Salizzoni, membro dell’esecutivo<br />
nazionale dell’Anci e responsabile dell’Ufficio centrale enti locali<br />
della Dc 527 .<br />
519<br />
M. Li., Problemi attuali della municipalizzazione. Risultati del convegno dei sindaci indetto<br />
dalla C.O.M., Icd feb. 1957, pp. 13-4.<br />
520<br />
La Confederazione delle municipalizzate. Pericolosi atteggiamenti assunti dalla maggioranza<br />
nei congressi di Federazione, Icd apr. 1957, p. 22.<br />
521<br />
Un congresso unitario, Icd mar. 1957, pp. 1-2.<br />
522<br />
La III assemblea generale dell’Associazione nazionale comuni italiani, Icd mar. 1957, pp. 3-7<br />
523<br />
Sen. Enrico Minio, La difficile situazione delle finanze comunali, Icd mar. 1957, pp. 8-12.<br />
524<br />
Esigenze autonomistiche, Icd apr. 1957, pp. 1-2.<br />
525<br />
Unità degli amministratori comunali al Congresso dell’Anci. Due dichiarazioni del sen. Umberto<br />
Terracini e dell’on. Giovanni Pieraccini, Icd apr. 1957, pp. 3-4.<br />
526<br />
Virgilio Lazzeroni (presidente dell’Amministrazione provinciale di Siena), Note sul congresso<br />
dell’Upi, Icd apr. 1957, pp. 7-9.<br />
527<br />
Una nuova delusione per gli enti locali, Icd apr. 1957, pp. 1-2,
146 PARTE II<br />
2.7. Il rilancio della Lega alla vigilia dell’esperienza dei governi di centro-sinistra<br />
Il 1958 fu l’anno “del Primo Congresso Nazionale della Lega dopo quello<br />
costitutivo tenutosi a Firenze il 27 dicembre 1947” 528 . L’annuncio del congresso<br />
sottolineava la concomitanza tra il decennale della rifondazione della Lega,<br />
nel secondo dopoguerra, e quello della pubblicazione della Costituzione 529 . Al<br />
congresso, anche questo svoltosi a Firenze, dal 31 gennaio al 2 febbraio, parteciparono<br />
solo due organizzazioni del movimento per le autonomie locali, l’Anci<br />
e l’Associazione nazionale enti di assistenza (Anea), mancavano, invece, l’Upi,<br />
l’Uncem e la Com.<br />
Erano presenti invece a Firenze molte altre organizzazioni strutturalmente legate<br />
ai partiti della sinistra come la Cgil, l’Alleanza nazionale contadini, l’Unione<br />
donne italiane, la Federazione dipendenti enti locali ed ospedalieri, la Confederazione<br />
nazionale dell’artigianato, l’Anpi, l’Unione italiana sport popolare (Uisp),<br />
l’Associazione pionieri d’Italia (Api), l’Associazione ricreativa culturale italiana (Arci)<br />
530 . Interveniva, infine, un’organizzazione del mondo delle autonomie locali<br />
francese l’Association nationale des elus republicains municipaux et cantonaux 531 .<br />
Nella città toscana erano rappresentati, in totale, 2.213 enti, dei quali 1.049<br />
attraverso una rappresentanza diretta ed effettiva e 1.164 costituivano “altre<br />
amministrazioni comunali, minoranze consiliari, enti minori rappresentati indirettamente<br />
tramite delega regolare” 532 . Tra i vari interventi si ricordano quelli<br />
di Dozza, sindaco di Bologna, del senatore Umberto Terracini e di Emilio Sereni,<br />
presidente dell’Alleanza nazionale contadini.<br />
2.7.1. Il primo congresso nazionale della Lega, Firenze 1958<br />
Il congresso si apriva con le relazioni del segretario Spezzano, La Lega: un<br />
fondamentale strumento di lotta costituzionale, e di Michele Lanzetta, L’attuazione<br />
delle autonomie locali secondo la Costituzione, nella quale era commentata la<br />
situazione politico-istituzionale complessiva e, in particolare, la mancata attuazione<br />
della Costituzione 533 . Il senatore Spezzano esordiva ricordando, pur senza<br />
spiegarne il vero motivo, che quel primo congresso della Lega si teneva a ben<br />
dieci anni dalla fondazione:<br />
“Questo è il nostro primo Congresso e si tiene dopo dieci anni di attività<br />
della Lega per motivi organizzativi e di lavoro quali quelli di darsi degli organi<br />
dirigenti democraticamente eletti, cercare la migliore struttura per la propria<br />
528<br />
Dopo il Congresso, Icd 1 1958, pp. 1-2.<br />
529<br />
Il congresso della Lega, Icd dic. 1957, pp.1-2.<br />
530<br />
Era rappresentata anche l’Unione lotta alla tubercolosi (Ult).<br />
531<br />
Icd 1 1958, p. 7. Il legame con l’organizzazione francese sarebbe continuato anche negli<br />
anni seguenti, come dimostrava anche l’articolo di Maurice Bourjol, Prefetti e Regioni nella V<br />
Repubblica, Icd dic. 1964, pp. 28-44.<br />
532<br />
Icd 1 1958, p. 14.<br />
533<br />
Michele Lanzetta, L’attuazione delle autonomie locali secondo la Costituzione. Seconda relazione<br />
al Congresso, Icd 1 1958, pp. 8-14
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 147<br />
organizzazione, che deve potenziarsi e svilupparsi allo scopo di poter convenientemente<br />
assolvere i suoi molteplici compiti”.<br />
L’analisi proposta dalla relazione iniziava, naturalmente, dal “campo internazionale”,<br />
caratterizzato “dalla crisi del blocco atlantico determinatasi sotto la<br />
pressione sempre crescente del movimento della pace”, cui il governo aveva risposto<br />
con l’accentuazione della politica di armamento. Rispetto alla politica<br />
interna “per la lotta delle masse popolari, si è prodotta la crisi del blocco centrista”,<br />
a cui il governo aveva risposto con “una sempre più invadente clericalizzazione<br />
dello Stato con l’acutizzarsi e moltiplicarsi degli attentati alle autonomie<br />
politico-finanziarie degli enti locali e con la mancata soluzione dei problemi<br />
di fondo nella nostra vita nazionale”.<br />
2.7.2. Bilancio di un decennio di attività<br />
Solo dopo questo sommario delineamento della situazione politica internazionale<br />
e nazionale - così breve e schematico da apparire più come l’adempimento<br />
di un obbligo che un motivato giudizio - Spezzano passava a descrivere<br />
l’attività della Lega e questa limitata, ufficialmente per brevità, agli ultimi tre<br />
anni. Le estese citazioni della relazione permettono di approfondire la complessità<br />
e l’ampiezza delle funzioni svolte dalla Lega che - vista la mancanza dell’archivio<br />
- non è stato possibile ricostruire altrimenti. Oltre alle iniziative di carattere<br />
più specificamente politico-istituzionale di opposizione al governo, che<br />
tanto spazio avevano nella rivista, Spezzano ricordava che:<br />
“Nei vari Ministeri, LL.PP. [Lavori pubblici], Finanze, Interni, Agricoltura,<br />
nei vari uffici, Cassa del Mezzogiorno, Istituti di Previdenza, Ina-Casa, Cassa<br />
DD.PP., [Depositi e prestiti] la Lega ha seguito oltre duemila pratiche e non raramente<br />
con esito parzialmente o totalmente positivo. Abbiamo risolto per<br />
iscritto 842 quesiti non sempre facili e molti altri sono stati risolti verbalmente;<br />
abbiamo risposto ad oltre tremila lettere. Con n. 76 circolari abbiamo illustrato<br />
problemi di natura generale quali la preparazione dei bilanci, l’imposta<br />
di famiglia, le imposte di consumo, le prestazioni d’opera, la composizione delle<br />
Giunte provinciali amministrative, ecc.<br />
Inoltre siamo intervenuti direttamente o mediante esposti dettagliati e documentati<br />
presso i Ministeri per problemi generali, alcuni dei quali sono stati<br />
risolti secondo la nostra impostazione come, per esempio, la costituzione della<br />
Commissione comunale per i tributi locali, la assunzione diretta delle imposte<br />
di consumo, l’assistenza veterinaria gratuita, la modifica della circolare con la<br />
quale si voleva ancorare l’accertamento per la imposta di famiglia a quello per<br />
le imposte erariali; fatti questi che hanno rappresentato una non scarsa utilità<br />
pratica per le Amministrazioni”.<br />
A questa attività di supporto amministrativo, la Lega ne accompagnava<br />
un’altra sul piano politico-istituzionale, altrettanto importante per la soluzione<br />
dei problemi concreti della realtà locale:<br />
“Abbiamo presentato i seguenti disegni di legge e abbiamo partecipato alla<br />
discussione di tutti quelli interessanti gli enti locali. Ricordiamo:
148 PARTE II<br />
disegno di legge n. 569 presentato al Senato: ‘Esonero degli oneri fiscali sul<br />
canone dovuto ai Comuni dei bacini imbriferi a norma della legge 27 dicembre<br />
1953. n. 959’;<br />
- disegno di legge n. 587 presentato al Senato il 15 giugno 1954: ‘Soppressione<br />
degli artt. 131, 133, e 134’;<br />
- disegno di legge n. 1706, presentato in Senato il 25 ottobre 1956: ‘Norme<br />
integrative al T.U. delle leggi generali e speciali riguardanti la Cassa Depositi e<br />
Prestiti, approvato con R.D. 2 gennaio 1953, n. 453’”.<br />
2.7.3. Le campagne sul diritto di voto e per i comuni montani<br />
Sempre in ambito politico-istituzionale, la Lega aveva promosso due campagne,<br />
la prima di carattere politico diretta “alla difesa del diritto di voto, della<br />
sua segretezza, alla netta opposizione contro le manovre ministeriali tendenti<br />
a privare ingiustamente dell’elettorato attivo e passivo centinaia di migliaia di<br />
cittadini”. Si era trattato di una iniziativa condotta in vari ambiti: “da quello<br />
parlamentare a quello giudiziario, dalla pubblicistica alla denuncia orale, e con<br />
l’aiuto e l’appoggio di altre organizzazioni e dei partiti di sinistra ha già suscitato<br />
l’interesse di politici, studiosi, giuristi e di grandi strati della popolazione<br />
frenando così le manovre dell’Esecutivo. Questo successo iniziale, in seguito all’accoglimento<br />
delle nostre tesi da parte dell’autorità giudiziaria e dopo un movimento<br />
favorevole dell’opinione pubblica, è stato coronato dalla legge 26 marzo<br />
1956 che modifica l’art. 2 della legge n. 1058 e riconosce il diritto al voto a<br />
molte categorie di cittadini che ne erano esclusi […] circa un milione di cittadini”.<br />
Della seconda campagna si sottolineavano, soprattutto, gli effetti di carattere<br />
economico. Comuni e province non si difendevano solo politicamente ma<br />
anche garantendo loro maggiori risorse. Questo che nei disegni della Lega – al<br />
pari delle altre organizzazioni del movimento per le autonomie locali - costituiva<br />
un obiettivo primario, veniva ricordato quasi con imbarazzo, molto probabilmente<br />
perché le energie che erano state profuse per raggiungerlo erano state<br />
giudicate eccessive dalla direzione più propriamente politica, questo nonostante<br />
le risorse reperite venissero destinate a quello sviluppo economico essenziale<br />
per il benessere dei cittadini:<br />
“L’altra campagna cui ci riferiamo è quella relativa alla applicazione delle leggi<br />
27 dicembre 1953 e 4 dicembre 1956 rispettivamente sui comuni dei bacini<br />
imbriferi montani e su quelli rivieraschi.<br />
Abbiamo seguito questa materia con tanta continuità, interesse e passione<br />
che tante volte ci sembrò esagerare. Ma il nostro interesse per l’applicazione,<br />
onesta ed integrale di tali leggi non è stato determinato solo, e vorrei dire<br />
nemmeno prevalentemente, dalla utilità economica pur rilevantissima per i Comuni,<br />
utilità che si traduce in una entrata straordinaria di circa 7 miliardi all’anno.<br />
La nostra lotta ha avuto ed ha una prospettiva più ampia di politica amministrativa,<br />
cioè quella di servirci della legge 27 dicembre come arma contro il
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 149<br />
monopolio elettrico. Infatti il legislatore, accogliendo le nostre richieste, ha riconosciuto<br />
per i Comuni la facoltà di avere dalle società elettriche invece del<br />
canone in denaro e fino alla concorrenza della somma dovuta, la stessa energia<br />
elettrica a condizioni di assoluto favore”.<br />
I comuni montani potevano avere, finalmente, energia a buon mercato per<br />
lo sviluppo della propria economia:<br />
“Si tratta di circa due miliardi di chilowattora all’anno che, intelligentemente<br />
utilizzati e sfruttati, costituiranno, senza dubbio, un potente mezzo di<br />
confronto e di controllo e <strong>qui</strong>ndi di efficace lotta contro lo strapotere del monopolio<br />
e, nello stesso tempo, un’arma per aiutare il progresso, se è vero, come<br />
è vero, che una delle cause della arretratezza delle zone depresse del nostro Paese<br />
e dell’arresto di sviluppo di altre zone, va ricercata proprio nello strapotere<br />
di detto monopolio”.<br />
Spezzano passava poi ad illustrare la funzione dell’organo ufficiale, “Il comune<br />
democratico”. La rivista svolgeva una essenziale funzione di raccordo tra<br />
gli amministratori e come mezzo di pressione sia verso il governo , sia verso la<br />
Pubblica amministrazione nel suo complesso:<br />
“il governo e i suoi organi periferici, le amministrazioni lontane da noi, le altre<br />
associazioni degli Enti locali, la Cassa Depositi e Prestiti, gli Istituti di previdenza,<br />
in breve verso poteri, enti associazioni la cui attività, direttamente o indirettamente,<br />
è legata a quella dei Comuni, delle Provincie e degli altri Enti locali”.<br />
2.7.4. Le questioni organizzative<br />
A questo lungo elenco di successi Spezzano faceva seguire un’analisi dell’organizzazione,<br />
di cui lamentava un’insufficiente crescita sul piano provinciale:<br />
“La verità è che, specie nella periferia, la nostra organizzazione deve crescere<br />
e svilupparsi e potenziarsi. Infatti finora un po’ per le nostre forze limitate,<br />
un po’ perché non sempre né dappertutto il problema degli Enti locali è stato<br />
convenientemente valutato, un po’ anche per altre condizioni obbiettive locali,<br />
non in tutte le Province siamo riusciti ad avere, come è augurabile, una nostra<br />
Lega provinciale con sede propria e con una sua continua e costante attività”.<br />
Il segretario proponeva <strong>qui</strong>ndi due elenchi dalla chiarissima funzione pedagogica,<br />
tanto simili erano alla classica divisione tra buoni e cattivi: l’obiettivo<br />
era premiare i primi e stimolare, con il rimprovero pubblico, i secondi. Tra i<br />
buoni vi erano le province politicamente più operose: Arezzo, Bologna, Caserta,<br />
Cremona. Firenze, Grosseto, Mantova, Milano, Modena, Pavia, Pesaro,<br />
Reggio Emilia, Rovigo, Siena, Vercelli, Tra i cattivi erano citate le province di<br />
Alessandria, Novara, Cremona, Terni, Perugia, Ravenna, Catanzaro, Cosenza,<br />
tutte deficienti per attività, nonostante la forte presenza di comuni amministrati<br />
dalla sinistra.<br />
In linea di massima, come non mancava di sottolineare Spezzano, “nell’Italia<br />
centro-settentrionale le Leghe vi sono ed un considerevole numero delle<br />
stesse è attivo ed efficiente. Nell’Italia meridionale tranne pochi casi isolati di
150 PARTE II<br />
Leghe realmente efficienti, le altre o hanno una vita saltuaria o mancano del<br />
tutto”.<br />
Il segretario sottolineava poi l’importanza dell’attenzione al “problema della<br />
montagna. È noto infatti che i Comuni montani sono i più deboli e <strong>qui</strong>ndi più<br />
bisognevoli di aiuto, senza dire che hanno problemi particolari e in molti campi<br />
godono di una legislazione speciale”.<br />
Altrettanta attenzione si sarebbe dovuta garantire verso “le aziende municipalizzate<br />
che, convenientemente sviluppate e dirette, costituiscono tra l’altro un<br />
mezzo efficace per la lotta contro il monopolio e per l’attuazione dell’art. 43<br />
della Costituzione, prospettive queste che dovranno essere sempre più popolarizzate<br />
e vivificate dall’appoggio delle numerose categorie interessate; prospettive<br />
rese più attuabili dal recente sganciamento delle Aziende IRI dalla Confindustria”.<br />
Delineando <strong>qui</strong>ndi il futuro dell’attività della Lega, Spezzano, molto significativamente,<br />
sottolineava l’importanza dei rapporti con le altre organizzazioni,<br />
infatti, l’avvenire sarebbe stato:<br />
“condizionato in buona parte dal modo come verranno risolti due quesiti:<br />
Quali debbono essere le funzioni e i compiti della nostra Lega in presenza di<br />
altre Associazioni unitarie come l’ANCI, l’UPI, l’UNCEM, l’ANEA?<br />
Dovrà la nostra Lega ridurre la propria attività esclusivamente o prevalentemente<br />
alla assistenza e consulenza, o dovrà avere, come finora ha avuto, incrementandola<br />
se del caso, anche una funzione di orientamento nella attività politico-sociale<br />
amministrativa degli Enti locali?”.<br />
2.7.5. La natura della Lega ed il rapporto con le altre organizzazioni<br />
Spezzano, <strong>qui</strong>ndi, metteva in diretta relazione il futuro della Lega con il rapporto<br />
che si sarebbe dovuto sviluppare con le altre organizzazioni del mondo<br />
delle autonomie locali e con l’attività che esse svolgevano. Da una parte era evidente<br />
alla direzione della Lega che solo un’azione il più possibile unitaria di tutte<br />
le organizzazioni avrebbe potuto dare qualche possibilità di successo alle iniziative<br />
promosse. Dall’altra, il carattere più propriamente istituzionale ed ufficiale<br />
delle altre organizzazioni sottolineava l’insostituibilità della funzione specificamente<br />
politica ed antigovernativa della Lega. Ma questa funzione di opposizione<br />
netta al governo non aveva fini puramente propagandistici, di partito,<br />
non serviva solo ad aumentare i voti dei partiti democratici, ma aveva l’obiettivo,<br />
dichiarato, di stimolare le altre organizzazioni a non rimanere schiacciate<br />
in un comodo ruolo di supporto alla politica decisa dal governo:<br />
“La presenza di altre organizzazioni unitarie, infatti, lungi dal costituire un<br />
ostacolo alla nostra Lega, la rende maggiormente indispensabile proprio per<br />
quella funzione di incoraggiamento, di stimolo e di richiamo che finora, sia<br />
pure con molte deficienze, ha svolto e la rende sempre più necessaria anche per<br />
collegare e coordinare in seno a dette associazioni la attività dei nostri aderenti<br />
[...] È innegabile, inoltre, per esempio, che se la ANCI ha assunto alcune<br />
posizioni sulle autonomie, sull’imposta di famiglia, sul dazio consumo, ciò è
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 151<br />
dovuto anche al fatto che analoghe e più vaste posizioni erano state prese dalla<br />
nostra Lega [...] Ed è innegabile ancora che se l’UNCEM ha preso alcune<br />
iniziative ed ha fatto dei passi avanti sia per quanto riguarda la preparazione e<br />
l’applicazione delle leggi 959, 991, 4 dicembre 1956 relative ai Comuni dei<br />
bacini imbriferi montani, alla montagna, ai Comuni rivieraschi, ciò è in gran<br />
parte dovuto, anche, alle nostre chiare posizioni prese in Parlamento, sulla<br />
stampa, nella nostra organizzazione, nei Ministeri, nella stessa sede dell’UN-<br />
CEM”.<br />
Rispetto al secondo quesito, se ridurre o meno l’attività della Lega ad una<br />
consulenza di tipo tecnico-amministrativo, la risposta era scontata. Se era evidente,<br />
infatti, che molti dei problemi concreti degli enti locali avevano bisogno<br />
di risposte di carattere tecnico-amministrativo che solo una organizzazione efficiente<br />
e preparata poteva dare - od aiutare a dare -, era altrettanto evidente che<br />
la soluzione o, quanto meno, la ricerca di soluzioni a problemi più complessi,<br />
poteva venire solo da un intervento politico-istituzionale:<br />
“Noi crediamo che l’interrogativo sarà giustamente risolto approvando e tenendo<br />
fede allo Statuto che prevede per l’appunto, insieme con l’assistenza tecnico-giuridica,<br />
attività più ampie e di maggiore respiro come l’attuazione dell’autonomia,<br />
l’orientamento e il coordinamento delle attività degli Enti locali,<br />
la formazione di organismi che facilitino la partecipazione più intensa ed estesa<br />
dei cittadini alla vita amministrativa anche allo scopo di elevarne la educazione<br />
e la preparazione civica. Compiti questi che non possono essere singolarmente<br />
guardati né si possono perseguire enucleandoli l’uno all’altro. Sono<br />
questi problemi e fattori connessi fra di loro, se non addirittura diversi aspetti<br />
di una comune realtà di fondo”.<br />
2.7.6. Le prospettive politiche<br />
La risposta che Spezzano dava alla domanda sulla funzione della Lega, solo<br />
tecnico-amministrativa o anche politico-istituzionale, evidenzia l’elemento che<br />
caratterizza e qualifica tutta la storia dell’organizzazione. La Lega dei comuni<br />
democratici accanto ad una attività politico-istituzionale diretta verso l’alto, insieme<br />
a quella delle altre organizzazioni degli enti locali, per ottenere dal governo<br />
riforme complessive che dessero maggiore autonomia agli enti locali, ne<br />
svolgeva altre due, peculiari della Lega. La prima era, orizzontale, di stimolo rispetto<br />
alle organizzazioni consorelle, la seconda verso il basso, verso i cittadini,<br />
con l’obiettivo di stimolare la partecipazione diretta al governo ed all’amministrazione<br />
locale attraverso “la formazione di organismi che facilitino la partecipazione<br />
più intensa ed estesa dei cittadini alla vita amministrativa anche allo<br />
scopo di elevarne la educazione e la preparazione civica […] Il Comune al Popolo<br />
e il Popolo al Comune non è uno slogan, ma una meta che ogni democratico<br />
vuole raggiungere e per la quale lotta” 534 .<br />
534 Francesco Spezzano, La Lega: un fondamentale strumento di lotta costituzionale. Prima<br />
relazione al Congresso, Icd gen. 1958, pp. 3-7.
152 PARTE II<br />
Anche Lanzetta, nella sua relazione, poneva la questione se la Lega dovesse<br />
avere una funzione di “direzione politica” od un carattere “eminentemente tecnico”.<br />
La sua risposta era simile a quella di Spezzano ma più di lui azzardava - in<br />
anni nei quali la fedeltà all’ideologia ed al programma politico era un’esigenza<br />
assoluta – la prevalenza di una funzione tecnica della Lega la cui azione: “non<br />
potrà che essere massimamente avveduta e perciò non astratta; <strong>qui</strong>ndi sostanziata<br />
di dimostrazioni continue di massima capacità tecnico-amministrativa”.<br />
Subito dopo, a bilanciare un’affermazione che poteva essere interpretata come<br />
eccessivamente s<strong>qui</strong>librata verso tematiche tecniche, diceva: “ma non dimentica<br />
mai che l’interpretazione ed il soddisfacimento dei bisogni popolari sono fatti<br />
eminentemente politici […] esemplari amministrazioni debbono essere le<br />
nostre, ed onestamente popolari, appunto nella tradizione dalla quale è derivata<br />
gran parte delle autonomie che oggi sono nella Costituzione” 535 .<br />
2.7.7. La battaglia per la pace e le relazioni internazionali<br />
Tra gli interventi svolti nel corso del congresso deve essere ricordato quello<br />
del senatore francese Waldeck L’Huillier segretario nazionale dell’Association<br />
nationale des elus republicains municipaux et cantonaux. Questa presenza sottolineava<br />
una rinnovata attenzione verso le organizzazioni municipali internazionali<br />
che, per qualche tempo, prendeva il posto delle notizie sulle autonomie<br />
locali dei Paesi socialisti apparse nell’organo della Lega con una certa regolarità<br />
fino al 1953 e praticamente cessate dal 1956, l’anno della denuncia dei crimini<br />
dello stalinismo in Russia 536 .<br />
Sono molti gli elementi di particolare interesse contenuti nell’intervento di<br />
Waldeck L’Huillier. In primo luogo la sottolineatura dell’opportunità di stabilire<br />
“fra le nostre due Associazioni legami solidi e fruttuosi. amichevoli e fraterni.<br />
In secondo luogo la sottolineatura del fatto che in Francia i comuni erano<br />
soggetti a gravi limitazioni della loro autonomia nonostante, proprio come<br />
in Italia:<br />
“la nostra Costituzione, votata nel 1946, preveda che le collettività locali si<br />
amministrino liberamente sotto l’autorità del loro presidente, i Comuni francesi<br />
non godono ancora delle libertà municipali.<br />
La riforma delle finanze locali, promessa da 58 anni, è costantemente e sistematicamente<br />
differita. Le formalità amministrative sono lunghe, complesse,<br />
scoraggianti; i prestiti si ottengono difficilmente; le sovvenzioni necessarie ai lavori<br />
pubblici sono ridotte a zero.<br />
Edouard Herriot, che fu sindaco di Lione durante un mezzo secolo, poteva<br />
scrivere recentemente che il regime al quale sono sottoposti i municipi francesi<br />
è odioso e che costituisce talvolta una vera pagliacciata”.<br />
535<br />
Lanzetta, L’attuazione delle autonomie locali secondo la Costituzione…, cit.<br />
536<br />
Fu nel 1958 che riapparvero nella rivista notizie sugli enti locali dell’Est europeo: Luigi<br />
Ciofi degli Atti, I Soviet locali nell’URSS, Documentazione Italia-URSS, 7; Icd ago. 1958, p.<br />
212.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 153<br />
Come in Italia, ancora, ma con maggior forza, visto che la Francia sosteneva<br />
il peso di guerre coloniali da circa vent’anni, in Algeria e Indocina, i comuni<br />
francesi erano impegnati nella battaglia per la pace. E proprio per combattere<br />
meglio questa battaglia L’Huillier proponeva una modalità di rapporto tra<br />
comuni assolutamente nuova, che si andava sviluppando nell’Europa degli anni<br />
’50 del ‘900, il gemellaggio tra comuni” 537 . La politica dei gemellaggi, promossa<br />
in particolare, ma non solo, dai comuni francesi della sinistra a partire<br />
dalla fine degli anni ‘40 verso città e paesi della Germania e dell’Est europeo 538 ,<br />
si diffondeva così anche in Italia a partire dai comuni associati alla Lega.<br />
Al termine del congresso venivano approvati una risoluzione conclusiva e lo<br />
statuto. Nella risoluzione conclusiva del congresso, oltre alla richiesta di attuazione<br />
della Costituzione, alla denuncia della normativa fascista ancora vigente,<br />
alla richiesta di mobilitazione dei cittadini in favore degli enti locali, conteneva<br />
un interessante richiamo alla questione finanziaria coerente con l’accenno al<br />
problema contenuto nello statuto: “Il Congresso respinge nel modo più categorico<br />
l’infondata accusa di dissipazione rivolta ai Comuni e alle Provincie, e la<br />
direttiva espressa dall’on. Ministro delle finanze con la locuzione: ‘spendere meno’,<br />
e dichiara che le funzioni degli enti locali non debbono essere diminuite e<br />
soffocate, ma al contrario ampliate ed adeguate alle legittime necessità delle popolazioni<br />
interessate. Esso riafferma l’esigenza che la riforma della finanza locale<br />
[..., e] l’ampia concessione di mutui per lavori pubblici dalla Cassa Depositi<br />
e Prestiti”. Non mancava naturalmente, in conclusione, l’appello alla pace:<br />
“Il Congresso […] sente il dovere di esprimere la volontà delle popolazioni che<br />
esso rappresenta di agire con coerente fermezza al fine di salvaguardare la pace<br />
dell’Italia e del mondo” 539 .<br />
E l’impegno della pace sarebbe continuato, con tenacia immutata, negli anni<br />
successivi. Ai tradizionali appelli dei singoli comuni, come sempre soggetti<br />
alle ire censorie prefettizie 540 , si accompagnavano le notizie sulle attività delle<br />
organizzazioni dei comuni, nuova modalità attraverso la quale si esprimevano<br />
le iniziative per l’amicizia tra i popoli, come quelle della Fédération mondiale<br />
des villes jumelée, alla quale si invitavano i comuni ad aderire 541 . All’aperta simpatia<br />
dimostrata verso quell’organizzazione corrispondeva la denuncia verso il<br />
movimento europeista che si mobilitava in quegli stessi anni in Italia e in Europa<br />
e che attraverso il Consiglio dei comuni d’Europa, coinvolgeva anche i comuni<br />
542 .<br />
537<br />
Waldeck L’Huillier, Il saluto degli amministratori francesi ai loro colleghi italiani, Icd gen.<br />
1958, pp. 24-5. All’appello di L’Huillier rispondevano subito 8 comuni, 5 dei quali emiliani:<br />
Imola, Carpi, Castelnuovo, Mirandola e Modena, e <strong>qui</strong>ndi Sarzana, Bagno a Ripoli e Giulianova.<br />
538<br />
Antoine Vion, Superare i conflitti: il gemellaggio tra città europee dopo la seconda guerra<br />
mondiale, in Dogliani, Gaspari (a cura di), L’Europa dei comuni..., cit., pp. 249-272.<br />
539<br />
La risoluzione conclusiva del Congresso di Firenze, Icd gen. 1958, pp. 27-8.<br />
540<br />
I Comuni per la pace, Icd mag. 1959, pp. 132-3.<br />
541<br />
, Il Congresso delle città gemellate, Icd nov. 1959, pp. 364-5.<br />
542<br />
Ruggero Laurelli, “Europeismo”: minaccia mortale per le autonomie locali, Icd apr. 1953,<br />
pp. 85-6.
154 PARTE II<br />
Dopo qualche anno di oscuramento, alla fine degli anni ‘50, riappariva e si<br />
rinnovava sotto forma di rapporti tra organizzazioni di enti locali anche il culto<br />
idealistico verso le autonomie locali dei Paesi socialisti. Così, la visita di una<br />
delegazione della Lega all’omologa struttura della Cecoslovacchia 543 dava modo<br />
di sviluppare il panegirico dell’autogoverno locale di quella nazione socialista 544 .<br />
2.7.8. Lo statuto<br />
Lo statuto approvato dal congresso era quasi certamente il primo dalla fondazione<br />
della Lega, considerato che la bozza, presentata ne “Il comune democratico”<br />
del luglio 1948, non pare essere mai stata votata, né essersi trasformata<br />
in un vero e proprio statuto. L’art. 1 sanciva il cambiamento della denominazione<br />
in “Lega nazionale dei comuni democratici, regioni, provincie ed enti<br />
minori”, che veniva definita “unione di amministrazioni e amministratori”. Era<br />
sulla base di questo articolo che la rivista, dal gennaio 1958, era a cura “A cura<br />
della Lega dei Comuni Democratici, Regioni, Province ed Enti minori”.<br />
Le novità più essenziali venivano dal riconoscimento dell’organizzazione come<br />
struttura al servizio di enti ed amministratori e dalla scomparsa di un obiettivo<br />
più propriamente politico quale era quello della promozione di consulte<br />
popolari e consigli tributari, presente all’art. 2 della bozza del 1948. Molto significativamente<br />
il nuovo art. 2 stabiliva come obiettivo, in primo luogo “l’attuazione<br />
dell’autonomia dei comuni, delle provincie e degli enti locali anche<br />
sotto l’aspetto finanziario e il loro sviluppo in senso democratico” 545 .<br />
2.7.9. La Lega e l’Anci rafforzano le proprie strutture e l’attività tecnicoamministrativa<br />
In sostanza con il suo nuovo statuto la Lega, dal 1958, dava più spazio alla<br />
propria natura di organizzazione politico-istituzionale, riconosceva l’importanza<br />
della questione finanziaria nella realtà delle autonomie locali ed articolava<br />
meglio la propria struttura interna. Il congresso del decennale puntava ad un<br />
rilancio dell’attività dell’organizzazione, quasi a prepararla alle sfide che sarebbero<br />
venute, di lì a qualche tempo, dai cambiamenti politici che si sarebbero<br />
verificati con la partecipazione del Partito socialista italiano ai governi di centro-sinistra.<br />
Questo rilancio, ancora una volta, avveniva quasi in concomitanza<br />
con un analogo passo dell’Anci. L’Associazione, all’indomani della III assemblea<br />
che si era svolta a Palermo tra il 28 ed il 31 marzo 1957, aveva avviato una<br />
profonda ristrutturazione della propria struttura. Fu a seguito del congresso di<br />
543<br />
Una delegazione della Lega nazionale dei Comuni in visita agli Enti locali cecoslovacchi, Icd<br />
dic. 1959, p. 396; Alessandro Seppilli, Come operano gli enti locali nella Repubblica cecoslovacca,<br />
Icd dic. 1959, p. 398.<br />
544<br />
Michele Lanzetta, La capacità formativa e propulsiva primaria dell’autogoverno locale, Icd<br />
feb. 1960, pp. 47-51.<br />
545<br />
Lo statuto della Lega nazionale, Icd gen. 1958, p. 26.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 155<br />
Palermo che venne deciso il passaggio della segreteria dall’anziano Renato Vicard,<br />
ad un giovane democristiano di origine pugliese, Giovanni Santo, che<br />
avrebbe dedicato la propria vita allo sviluppo dell’organizzazione, di cui fu segretario<br />
fino al 1986.<br />
Primo passo in questo senso fu l’apparizione nel dicembre del 1957 del bollettino<br />
ufficiale dell’Anci, “Notiziario Anci”, che accompagnò ancora per qualche<br />
tempo la tradizionale pubblicazione degli atti ufficiali all’interno del mensile<br />
di carattere tecnico-giuridico “Il corriere amministrativo”. E proprio nel<br />
“Notiziario Anci” era stato pubblicato, per la prima volta, il testo di una lettera<br />
aperta ai Ministri dell’interno e della sanità scritta dal presidente della Com,<br />
senatore Corbellini, nella quale questi protestava contro gli ostacoli frapposti<br />
da Prefetture e GPA contro le farmacie comunali 546 .<br />
Se nella seconda metà degli anni ’50 l’Anci decideva di pubblicare un proprio<br />
bollettino ufficiale, la Lega, che aveva avuto sin dall’inizio una vera e<br />
propria rivista, consolidava le basi finanziarie ed allargava la propria presenza<br />
editoriale: anche questo era un segnale del progressivo rafforzamento dell’organizzazione<br />
della Lega avvenuto dalla seconda metà degli anni ’50. A<br />
partire dal 1956, e soprattutto dal 1958, aumentavano gradualmente le inserzioni<br />
pubblicitarie di ditte commerciali e gli annunci di bandi di concorso<br />
per impieghi presso comuni e province pubblicati ne “Il comune democratico”<br />
547 .<br />
Un segnale della stabilizzazione e dell’incremento delle entrate dell’organizzazione<br />
veniva anche, in particolare, dall’annuncio, apparso alla fine del 1959,<br />
della pubblicazione de “L’Agenda 1960 dell’Amministratore democratico. Edita<br />
a cura della Lega Nazionale dei Comuni democratici”. Ai lettori, che ormai<br />
si abbonavano regolarmente, si proponeva l’ac<strong>qui</strong>sto di agende, che costituivano,<br />
anche, uno strumento di finanziamento dell’attività editoriale della Lega.<br />
Per favorire maggiormente lettura e diffusione della rivista si proponeva all’attenzione<br />
dei lettori un questionario di due facciate Per il miglioramento e lo sviluppo<br />
della rivista Il comune democratico 548 .<br />
All’Agenda sarebbero seguite altre pubblicazioni della “Edizioni Lega dei comuni<br />
democratici” che, nel gennaio 1962 erano poco meno di una decina e soprattutto<br />
di argomento tecnico 549 . Un decennio più tardi, nei primi anni ‘70 le<br />
546<br />
Red., La Confederazione delle Municipalizzate per l’istituzione delle farmacie comunali, Icd<br />
gen. 1959, pp. 13-4.<br />
547<br />
Tra i primi inserzionisti della rivista si segnalano l’editrice Feltrinelli e la Olivetti, mentre<br />
successivamente comparivano gli Editori Riuniti, casa editrice ufficiale del Pci, e ditte produttrici<br />
delle merci più diverse (come materiale di segreteria, televisori, laterizi, ecc.). Nello<br />
stesso periodo sparivano i tradizionali solleciti ad abbonarsi alla rivista, che venivano sostituiti<br />
da annunci pubblicitari della rivista stessa.<br />
548<br />
Per il miglioramento e lo sviluppo della rivista Il comune democratico, Icd nov. 1960<br />
549<br />
Le pubblicazioni indicate in una manchette pubblicitaria allegata agli Indici dell’annata<br />
1963, della rivista della Lega erano Gli enti locali e l’agricoltura, I comuni per lo sviluppo delle<br />
scuola pubblica, La colonia di vacanza, Costituzione della Repubblica italiana, Agenda dell’amministratore<br />
democratico, Regolamento interno per il funzionamento del consiglio comunale, I comuni<br />
e l’imposta sull’incremento di valore delle aree fabbricabili.
156 PARTE II<br />
proporzioni dei titoli erano pressoché invertite, a vantaggio dei volumi di impostazione<br />
politica e storico-politica 550 .<br />
2.8. Una moderna organizzazione riformista per la trasformazione democratica<br />
dello Stato<br />
2.8.1. Il congresso di Torino nel centenario dell’Unità d’Italia<br />
Il 1961 fu un anno decisivo nell’evoluzione della Lega. Fu quello l’anno del<br />
III congresso che, molto significativamente, si svolse a Torino nel quadro delle<br />
celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia ma anche nel pieno della lenta<br />
e complessa evoluzione politica che avrebbe portato i socialisti al governo alla<br />
fine del 1963, quasi a rispondere ad una sfida politica in una doppia prospettiva<br />
da un punto di vista sia storico, sia contemporaneo. Torino, oltretutto, non<br />
era importante solo dal punto di vista della costruzione dello Stato nazionale,<br />
in quanto capitale del Regno sabaudo dalla quale era partita l’iniziativa per l’unificazione<br />
d’Italia, ma, come ricordava Gino Castagno, lo era anche dal punto<br />
di vista della storia dell’autonomia comunale, perché era stata anche la sede<br />
della prima riunione dei comuni, avvenuta del 1879 551 . L’appuntamento era<br />
stato preparato come mai era avvenuto in precedenza, con l’obiettivo di sollecitare<br />
una partecipazione il più possibile consapevole dei delegati e, al termine,<br />
ancora per la prima volta, sarebbero stati pubblicati gli atti integrali con tutti<br />
gli interventi. Prima dell’appuntamento nazionale erano stati tenuti dei congressi<br />
provinciali di preparazione, alcune delle relazioni erano state pubblicate<br />
nei mesi precedenti l’appuntamento ed il numero della rivista di marzo-aprile,<br />
quello distribuito prima del congresso svoltosi a giugno, conteneva il documento<br />
con le tesi predisposte dalla direzione.<br />
La crisi degli enti locali italiani, era scritto nel documento, in particolare per<br />
le vecchie norme accentratrici in vigore, era ormai gravissima. Il sempre più<br />
grave divario tra Nord e Sud, tra città e campagna, le fortissime migrazioni interne,<br />
la stessa costituzione del Mercato comune europeo – di cui si paventavano<br />
le pesanti conseguenze sulla inadeguata struttura amministrativa nazionale<br />
– evidenziavano la necessità di profonde riforme che avrebbero dovuto coin-<br />
550<br />
Questi i titoli pubblicizzati in una pagina alla fine del fasc. del dicembre 1973 de “Il comune<br />
democratico”: Lorenzo Bedeschi, Socialisti e cattolici nei comuni dall’Unità al fascismo;<br />
Valeria Erba, L’attuazione dei piani urbanistici; Piero Calandra, Giuseppe Troccoli (a cura di),<br />
Il trasferimento delle funzioni statali alle regioni, saggio introduttivo di Franco Bassanini; Domenico<br />
Davoli, Consiglieri comunali, provinciali e regionali; Gli Statuti regionali, prefazione di<br />
Salvatore D’Albergo; “…Allora… più si studia più si diventa amici del padrone?”, Enzo Modica,<br />
I comunisti per le autonomie; Atti della conferenza nazionale di solidarietà con i popoli delle colonie<br />
portoghesi. Reggio Emilia 25-25/3/1973; Vezio De Lucia, Edoardo Salzano, Francesco Strobbe,<br />
Riforma urbanistica 1973; Le autonomie e la politica culturale, Quaderni delle Autonomie<br />
locali de “Il comune democratico”; Franco Ferrarotti, Fascismo di ritorno; Atti del VI congresso<br />
nazionale della Lega per le autonomie e i poteri locali. Perugia 14-17 dice. 1972.<br />
551<br />
Gino Castagno, Il congresso nazionale della Lega nel quadro del Centenario a Torino, Icd<br />
gen. 1961, pp. 20-22.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 157<br />
volgere anche gli enti locali. Era in questo contesto che l’attuazione della regione<br />
e, più in generale, l’applicazione della Carta costituzionale, diventava<br />
sempre più urgente.<br />
Veniva <strong>qui</strong>ndi ricordato l’impegno della Lega negli ultimi anni, in particolare<br />
le campagne per la raccolta di firme per la costituzione del Fondo nazionale<br />
per la montagna e per l’attuazione della Regione; la lotta contro i monopoli<br />
elettrici e quella contro i latifondi in collaborazione con l’Associazione dei contadini<br />
meridionali; la promozione dei gemellaggi tra le città italiane, quelle dell’Est<br />
europeo e dei paesi ex coloniali; l’attività contro gli arbitrii prefettizi. Venivano<br />
evidenziati i problemi organizzativi interni alla Lega, legati, soprattutto,<br />
ad una oltremodo eccessiva disparità tra la diverse forze delle realtà regionali<br />
e provinciali.<br />
Il documento riaffermava e, soprattutto, spiegava, come mai era avvenuto<br />
prima, la natura della collaborazione della Lega con gli “organismi unitari degli<br />
Enti locali (Anci, Upi, Anea, Uncem, Com, ecc.). La Lega non può né deve confondersi<br />
con queste associazioni che svolgono una loro attività particolare, spesso<br />
preziosa, ognuna nel suo settore specifico […] alla Lega spetta, invece, un<br />
compito più generale e più impegnativo di continua propulsione democratica e<br />
costituzionale nei riguardi di tutti gli Enti locali, grazie alla mobilitazione, quanto<br />
più coordinata ed organizzata possibile, delle forze amministrative”.<br />
La discussione, a Torino, si sarebbe dovuta concentrare sull’attuazione della<br />
Regione, sull’estensione delle funzioni della Provincia, sul rinnovamento del Comune,<br />
sulla promozione della partecipazione dei cittadini all’attività dell’ente locale.<br />
Si chiedeva l’attribuzione agli enti locali di una effettiva autonomia finanziaria,<br />
ma anche di nuovi poteri, come la tutela dell’ordine pubblico 552 . La Lega,<br />
infine, sollecitava gli amministratori alla mobilitazione per la riforma della legge<br />
comunale e provinciale; allo sviluppo dei contatti con gli enti locali di altri<br />
paesi, chiedeva l’impegno, in particolare, degli enti locali delle regioni a statuto<br />
speciale affinché divenissero protagonisti delle politiche regionali 553 .<br />
2.8.2. La critica all’Anci e la riflessione sulla continuità del socialismo riformista<br />
nella storia del movimento comunale<br />
A rammentare il ruolo dei comuni della sinistra nella storia nazionale, subito<br />
dopo il saluto della rivista ai congressisti, veniva riprodotta in forma anastatica<br />
la prima pagina del periodico “La lega democratica”, “il giornale che dette<br />
il nome alla lista con la quale le forze popolari, il 27 ottobre 1889, con<strong>qui</strong>sta-<br />
552<br />
Una richiesta, quest’ultima, evidentemente legata alla polemica, vivissima in quegli anni,<br />
sull’utilizzo della forza pubblica in funzione antioperaia e antisindacale. Una richiesta sicuramente<br />
irricevibile dal governo di allora, per ragioni di sicurezza nazionale, ma di grande significato<br />
democratico.<br />
553<br />
La Lega nazionale dei comuni democratici, Problemi nuovi e programmi di attività nei dibattiti<br />
dei Congressi delle Leghe, Icd mar.-apr. 1961, pp. 83-88.<br />
554<br />
[Didascalia], Icd giu. 1961, p. 176.
158 PARTE II<br />
rono il primo Comune, Imola” 554 . Ma il richiamo storico più forte era senza<br />
dubbio costituito dalla pubblicazione dell’articolo di Gaetano Salvemini per il<br />
congresso di fondazione dell’Anci nel 1901. Le critiche di Salvemini all’Anci,<br />
simbolizzavano la continuità della funzione di critica e di stimolo verso l’organizzazione<br />
dei comuni che i socialisti avevano svolto sin dall’inizio della storia<br />
dell’organizzazione unitaria dei comuni 555 .<br />
Anche l’Associazione dei comuni, da parte sua, avrebbe partecipato alla riflessione<br />
storica sollecitata dalle celebrazioni per il centenario dell’Unità ma, diversamente<br />
da come aveva scelto di fare la Lega, separando nettamente i due<br />
momenti, quello storico e quello politico. L’Anci celebrava il proprio 60° anniversario<br />
a Parma l’11 ottobre 1961 con la relazione di un giovane, Gabriele De<br />
Rosa, che nella sua ricerca sottolineava il ruolo dei cattolici e di Luigi Sturzo in<br />
particolare 556 . Ma poi, quasi a sancire la separazione tra i due momenti, i delegati<br />
dell’Anci si trasferivano a Venezia dove, dal 12 al 15 ottobre, si svolgeva il<br />
congresso vero e proprio.<br />
Per la Lega, invece, la storia costituiva un momento di riflessione essenziale,<br />
di richiamo alla comprensione della realtà presente. In primo luogo l’interpretazione<br />
dei fatti storici sollecitava la critica all’Anci per gli insuccessi nella sua<br />
attività, dovuti al tradimento ed all’abbandono dei principi costitutivi originari,<br />
che erano stati invece ripresi e vivificati dalla Lega di oggi. Un così forte accento<br />
sulla storia della lotta dei comuni iniziata nel 1901 - se non addirittura<br />
con la riunione del 1879, come ricordava Castagno - serviva quasi a sottolineare<br />
l’idea che la battaglia politico-istituzionale dei comuni sarebbe stata lunga.<br />
Ma l’idea della continuità della storia del movimento comunale tra l’esperienza<br />
della Lega dei comuni socialisti e la Lega dei comuni democratici era viziata<br />
da una omissione fondamentale: il fatto che la Lega dei comuni socialisti<br />
fosse stata chiusa nel 1922 per volontà della maggioranza massimalista del Psi<br />
e che lo stesso Partito comunista con la sua condotta rispetto all’organizzazione,<br />
avesse contribuito all’idea di una Lega che fosse semplice strumento di partito<br />
e <strong>qui</strong>ndi, come tale, assolutamente dipendente in tutto e per tutto dal partito<br />
stesso.<br />
La tradizione che la Lega del secondo dopoguerra seguiva era quella del riformismo<br />
di Caldara e Matteotti, la tradizione di un riformismo che aveva trovato<br />
nel movimento comunale la possibilità di esprimere le proprie potenzialità<br />
ed attraverso il quale aveva cercato di contribuire all’evoluzione in senso democratico<br />
della società e delle istituzioni. Ma le caratteristiche di quella continuità<br />
erano molto, molto controverse.<br />
Ad esempio, era in nome della continuità che, a Milano, era stata fatta la<br />
nomina di un sindaco socialista, Antonio Greppi, riconoscendo così “il ruolo<br />
fondamentale che il socialismo milanese aveva esercitato in campo amministrativo<br />
prima del fascismo, soprattutto con le giunte Caldara e Filippet-<br />
555<br />
Gaetano Salvemini, L’autonomia comunale e il congresso di Parma del 1901, Icd giu.<br />
1961,pp. 178-182.<br />
556<br />
Gabriele De Rosa, La nascita dell’Associazione dei comuni, Roma, Edizioni cinque lune,<br />
1962.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 159<br />
ti”. Lo stesso Partito socialista “non rinnegava questo legame, che anzi esaltò”,<br />
ma, come sottolinea Punzo, la vera natura della rivendicazione di questo<br />
legame “costituisce un problema di una certa rilevanza”. Il Psi, a Milano,<br />
“era fortemente diviso tra coloro che si consideravano gli eredi del vecchio<br />
riformismo […] e coloro che consideravano, in vario modo, il riformismo<br />
un ramo secco ed una esperienza sorpassata, se non fallimentare”. E se pure<br />
il riconoscimento a livello locale della validità dell’esperienza riformista fosse<br />
stata effettiva e non puramente propagandistica, questo non aveva quasi<br />
alcun effetto sul piano nazionale. Come evidenzia Punzo: “vi fu del resto,<br />
anche [allora], nel secondo dopoguerra, come già prima del fascismo, la tendenza<br />
tra i socialisti a lasciare che si occupassero di problemi amministrativi<br />
coloro che maggiormente credevano all’esistenza di un profondo legame<br />
tra l’azione politica nel paese e nel parlamento e quella negli enti locali.<br />
Questo potrebbe spiegare anche la sordità che il Partito socialista, come gli<br />
altri partiti, ebbe a livello politico nei confronti dello sviluppo dell’autonomia<br />
comunale” 557 .<br />
2.8.3. Le richieste di autonomia locale inascoltate a livello nazionale<br />
Punzo non scioglie la questione sul valore effettivo della rivendicazione della<br />
continuità tra il riformismo socialista del periodo liberale e la politica del<br />
Psi del secondo dopoguerra, ma analogamente a quello che lui ha scritto per<br />
il Partito socialista, è possibile affermare che anche nel caso dell’organizzazione<br />
degli enti locali della sinistra, quando pure la rivendicazione della continuità<br />
tra la politica riformista della Lega dei comuni socialisti e la Lega dei comuni<br />
democratici, fosse stata sincera e non strumentale, le possibilità che il significato<br />
più profondo dell’esperienza riformista e, <strong>qui</strong>ndi, le possibilità che le<br />
richieste di autonomia locale venissero ascoltate sul piano nazionale, erano<br />
pressoché nulle.<br />
Nel caso di Amicare Locatelli, però, l’orgogliosa rivendicazione della continuità<br />
da lui compiuta nel 1949 era assolutamente sincera. In quell’anno, nel<br />
rievocare la storia della Lega dei comuni socialisti, aveva accennato solo ai nomi<br />
dei riformisti Caldara, Matteotti, Zanardi e Campanozzi. Locatelli e aveva<br />
poi concluso l’articolo riportando una confidenza di Caldara il quale, ormai<br />
alla vigilia della morte, gli avrebbe detto: “che gli rincresceva di non vedere il<br />
gran giorno della liberazione ma era sicuro che la Lega dei Comuni sarebbe risorta<br />
e il socialismo avrebbe continuato la sua strada verso la meta luminosa”.<br />
Era questo un importante omaggio ad un grande socialista riformista il cui avvicinamento<br />
in tarda età, a Mussolini - che peraltro lo snobbò -, gli era costato<br />
l’allontanamento dagli ambienti antifascisti. Per Locatelli il socialismo non<br />
avrebbe potuto essere altro che riformista e la rinascita della Lega, tanto desiderata<br />
da Caldara, diveniva niente di meno che un passo in direzione dell’av-<br />
557<br />
Punzo, Amministrazione e politica a Palazzo Marino…, cit., pp. 630-1; il corsivo è redazionale.
160 PARTE II<br />
vento del socialismo: “L’estremo desiderio del nostro compagno si è avverato:<br />
la nostra Lega è risorta e il Socialismo è in cammino: nessuno, proprio nessuno,<br />
lo fermerà” 558 .<br />
Nel 1949 Locatelli rivendicava, attraverso la storia della Lega, e negli articoli<br />
sul suo passato nei comuni dell’Italia liberale 559 , la continuità del riformismo<br />
in nome dell’unità del movimento della sinistra. La verità, la notizia che<br />
erano stati i massimalisti a volere la fine della Lega, lui non la poteva scrivere<br />
allora, perché sarebbe stata molto probabilmente fonte ulteriore di divisione tra<br />
i socialisti e in tutta la sinistra di fronte ad un governo centrale che bisognava<br />
battere. No, non poteva certo essere Locatelli fonte di divisione nella sinistra,<br />
lui che aveva cercato di evitare la scissione del 1921 560 .<br />
Attraverso il movimento comunale, e più in generale in quello per le autonomie,<br />
i socialisti riformisti avevano promosso valori che non erano propri solo<br />
del socialismo ma anche dei cattolici di Sturzo, quali erano la promozione<br />
della partecipazione popolare al governo della cosa pubblica e di un’amministrazione<br />
diretta allo sviluppo ed alla difesa delle classi più deboli, nel quadro<br />
di una concezione pluralista dell’organizzazione politico-istituzionale ed economica<br />
del Paese. Un riformismo che nulla aveva a che fare con l’idea di rivoluzione<br />
né con la pratica politica e l’organizzazione delle istituzioni locali dei vari<br />
paesi dell’Est europeo che pure continuavano ad essere illustrate come fossero<br />
esempi di democrazia. La Lega dei comuni democratici, dal 1961, anche attraverso<br />
la discussione ed i primi accenni ad una pratica democratica al proprio<br />
interno, era un’organizzazione che apparteneva alla tradizione riformista italiana,<br />
anche se nessuno voleva riconoscerlo apertamente.<br />
2.8.4. La difesa della Costituzione<br />
Il termine “riformismo” non è contenuto nell’articolo nel quale Michele Lanzetta<br />
ricorda l’anniversario dell’Anci. Lanzetta cita estesamente l’articolo di Salvemini<br />
del 1901 ed esprime un giudizio sfavorevole a proposito dell’Associazione del<br />
periodo liberale che confermava anche per il periodo repubblicano: “Il difetto era<br />
di sistema e di metodo. Mancò infatti il proposito generale ed effettivo di una lotta<br />
a fondo; e mancarono conseguentemente le con<strong>qui</strong>ste essenziali […, Ieri] La<br />
vecchia Associazione avrebbe dovuto muoversi per un’azione in certo senso rivoluzionaria<br />
e le mancò il coraggio adatto; [Oggi] l’Anci invece è venuta meno al suo<br />
dovere elementare semplice e chiaro, riducendosi così […] a strumento di coper-<br />
558<br />
Amilcare Locatelli, La prima Lega dei comuni socialisti, Icd dic. 1949, p. 164; ripubblicato<br />
in Icd dic. 1957, pp. 3-4. Da segnalare che secondo Locatelli nel 1919 alla Lega aderivano<br />
2000 comuni su 8000 e 25 amministrazioni provinciali su 75.<br />
559<br />
Amilcare Locatelli, Un consiglio comunale di un tempo”. Dal libro dell’on. sen. Locatelli,<br />
sindaco di Binasco, Icd mar.-apr. 1950, p. 118.<br />
560<br />
Amilcare Locatelli, Nei comuni con<strong>qui</strong>stati. Il pensiero sul Congresso, “Avanti!”, 16 gen.<br />
1921, p. 2.<br />
561<br />
Michele Lanzetta, I sessant’anni dell’Anci, Icd, set. 1961, pp. 333-6; ripreso in Corghi, La<br />
Lega per le autonomie locali dalle origini al fascismo (3)…, cit. p. 10071.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 161<br />
tura di un’azione subdola e sostanzialmente sovversiva contro la Costituzione” 561 .<br />
La sinistra impegnata nel movimento per le autonomie locali aveva confinato<br />
nel passato la rivoluzione, cui anche l’Anci di Sturzo avrebbe dovuto contribuire.<br />
In quegli anni l’obiettivo era la salvaguardia della Costituzione e dei<br />
suoi principi fondamentali che per il movimento per le autonomie locali si traduceva,<br />
in primo luogo ma non solo, nella salvaguardia del principio costituzionale<br />
della promozione delle autonomie locali.<br />
2.8.5. La natura politico-tecnica della Lega<br />
Molte, ampie e complesse erano le relazioni, troppo lungo sarebbe citarle<br />
tutte 562 , ed erano diversi gli interventi di carattere tecnico svolti nel dibattito 563 .<br />
Tra questi ultimi si segnala quello di Antonio Cederna, in qualità di consigliere<br />
comunale di Roma, Mozione sui Piani urbanistici e sui Piani regolatori dei Comuni<br />
italiani 564 , che preannunciava una significativa apertura di credito della<br />
Lega verso la questione urbanistica 565 .<br />
Tra gli altri interventi si citano, per alcuni significativi accenni alla natura<br />
della Lega, quelli di Dozza e del presidente della provincia di Pisa Antonino<br />
Maccarrone, nominato segretario della Lega proprio in quel congresso. Il sindaco<br />
di Bologna concludeva il suo intervento dichiarando: “Io penso che la nostra<br />
Lega non abbia solo una funzione di carattere assistenziale o tecnico, nei<br />
confronti dei nostri comuni: è un’attività questa utile, ma non è l’attività fondamentale.<br />
L’attività fondamentale è che la Lega riesca ad esercitare una grande<br />
funzione di carattere politico, nel senso di sbloccare certe situazioni che sono<br />
bloccate da anni” favoriti in questo proposito dalla sensazione che tra cattolici<br />
e socialdemocratici vi erano “spostamenti” significativi 566 . L’avv. Maccar-<br />
562<br />
Se ne accenna ad alcune che, come nel caso di quella del sen. Michele Lanzetta, L’ente locale:<br />
cardine dell’ordinamento costituzionale nella società italiana, anche solo nel titolo, sottolineano<br />
una centralità ed un protagonismo istituzionale degli enti locali riconosciuto solo recentemente<br />
dall’ordinamento. L’altra relazione era di Leopoldo Piccardi, Gli enti locali dall’Unità<br />
d’Italia alla Costituzione repubblicana.<br />
563<br />
Quello di Franco Berlanda, consigliere provinciale di Torino, Sullo sviluppo urbanistico<br />
dei comuni e la pianificazione regionale; di Aldo Tassoni, membro della giunta provinciale amministrativa<br />
di Milano, dedicato a La riforma della finanza esigenza fondamentale degli Enti locali.<br />
Tra i dati da lui forniti si citano quelli relativi al 1912-13, quando lo Stato assorbiva il 73<br />
% del “prelevamento tributario globale” ed i comuni il 27%, nel 1961 passati, rispettivamente,<br />
all’80% ed al 20%; dal 1938 al 1958 le entrate dello Stato aumentate dell’82%, quelle dei<br />
comuni solo del 60%. Poi si ricorda l’intervento dell’on. Francesco Giorgio Bettiol, di Belluno,<br />
Problemi e impegni per la difesa dei montanari per una trasformazione democratica della vita<br />
della montagna.<br />
564<br />
Tutti gli interventi citati sono pubblicati in Atti del terzo congresso nazionale della Lega dei<br />
comuni democratici, Torino 20-30 giugno 1961, numero speciale, Icd lug.-ago 1961.<br />
565<br />
Da segnalare, su questo tema, la pubblicazione di un numero doppio dell’organo della<br />
Lega con articoli, tra gli altri, dell’urbanista Giuseppe Campos Venuti (Problemi di indirizzo<br />
della pianificazione urbanistica) e di Alberto Caracciolo (Aspetti della speculazione edilizia nella<br />
capitale alla fine del’’800), Icd nov.-dic. 1963.<br />
566<br />
Un impegno generale per imporre l’attuazione dell’Ente Regione.
162 PARTE II<br />
rone affermava che il compito della Lega era porre “con decisione il compito di<br />
promuovere, orientare e rendere concreto, tutto il movimento che tende a riformare<br />
lo Stato e renderlo effettivamente democratico secondo i profili della<br />
Costituzione repubblicana” 567 .<br />
2.8.6. La nuova direzione<br />
Al termine dei lavori del congresso veniva nominata la nuova direzione della<br />
Lega i cui nomi, e anche questa era una significativa novità, venivano pubblicati:<br />
“Presidenza: on. Gino Castagno, on. Ludovico Corrao; on. Giuseppe<br />
Dozza, on. Mauro Ferri, on. Alberto Guidi, dott. Antonino Maccarrone, dott.<br />
Vittorio Martuscelli, avv. Leopoldo Piccardi, on. Bruno Villabruna; Segreteria<br />
generale: avv. Luigi Ciofi degli Atti; sen. Michele Lanzetta 568 . La nuova direzione,<br />
riunitasi il successivo 19 luglio a Roma, a Palazzo Marignoli, chiedeva alle<br />
sezioni provinciali di promuovere riunioni per “popolarizzare” i risultati del<br />
convegno, il rinnovo della mobilitazione per l’attuazione della regione - in particolare<br />
quella del Friuli-Venezia Giulia - anche in collegamento con i deliberati<br />
della XX assemblea dell’Upi e sempre in stretto contatto con il movimento<br />
regionalista. La direzione, infine, chiedeva la partecipazione all’assemblea<br />
dell’Anci di Venezia del 12-15 ottobre dedicata a Le autonomie locali in una politica<br />
di sviluppo 569 .<br />
La nuova atmosfera politica nazionale contribuiva quasi certamente ad<br />
animare anche l’Anci ad una maggiore incisività delle prese di posizione rispetto<br />
al Governo. L’assemblea dell’Associazione riunita a Venezia approvava<br />
la modifica dello statuto ed una lunga mozione nella quale si chiedeva il coinvolgimento<br />
dei comuni nella politica di sviluppo gestita dal governo, nella<br />
quale erano condensate le conclusioni delle mozioni approvate dai gruppi di<br />
lavoro I voti dei gruppi di lavoro chiedevano la riforma della legge comunale<br />
e provinciale, della finanza locale, della normativa sulle aziende municipalizzate,<br />
una nuova politica fiscale per le aree fabbricabili, l’istituzione dell’ordinamento<br />
regionale, delle regioni autonome del Friuli-Venezia Giulia e della<br />
Sardegna. Niente di particolarmente nuovo, era però possibile rinvenire nel<br />
testo una maggiore articolazione e complessità delle richieste e, soprattutto,<br />
un tono meno conciliante con il governo. Nella mozione del gruppo di lavoro<br />
relativo alla riforma della legge comunale e provinciale, ad esempio, era<br />
scritto testualmente che: “il progetto di legge dell’on. Scelba non corrisponde<br />
alle sopra prospettate esigenze soprattutto in quanto prescinde dalla realtà<br />
costituzionale e legislativa della Regione” 570 . Non a caso, nei mesi successi-<br />
567<br />
Per un deciso intervento degli Enti locali sulle questioni della sanità. Su questo interessante<br />
personaggio cfr. Michele Battini, Antonino Maccarrone. L’autonomia, base della democrazia,<br />
in Elena Fasano Guarini (a cura di), La provincia di Pisa (1865-1990), Bologna, Il mulino,<br />
2004, pp. 323-394.<br />
568<br />
La nuova presidenza e la segreteria generale della Lega dei Comuni.<br />
569<br />
Compiti immediati.<br />
570<br />
I documenti dell’Anci 1946-1992…, vol. I, cit., pp. 41-50.
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO SCONTRO 163<br />
vi la Lega chiedeva all’organizzazione di attuare i voti approvati a Venezia forte<br />
del fatto che la mozione conclusiva era stata votata “unitariamente” 571 e,<br />
<strong>qui</strong>ndi, anche con i voti degli amministratori dei comuni socialisti e comunisti.<br />
571<br />
Luigi Ciofi, Amministrazioni locali e nazionalizzazione dell’energia elettrica, Icd giu.<br />
1962, pp. 171-2.
PARTE III<br />
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI<br />
1. Gli anni del centro-sinistra<br />
1.1. Gli sviluppi della municipalizzazione dopo la legge del 1903<br />
L’esistenza di una relazione diretta tra l’affermazione del “municipalismo” e<br />
lo sviluppo delle aziende comunali spiega la sostanziale contemporaneità tra le<br />
prime manifestazioni del movimento comunale e la comparsa dei servizi pubblici<br />
municipalizzati, promossi non solo per favorire lo sviluppo ma anche per<br />
rimuovere gli ostacoli allo sviluppo posti dalle imprese private che gestivano i<br />
servizi per i cittadini in regime di monopolio. In particolare su quest’ultimo<br />
punto scriveva Montemartini: “nasce quasi come pubblica funzione del Municipio<br />
questa di combattere il monopolio, d’aiutare il consumatore alle prese<br />
collo sfruttamento di un privato imprenditore […] Talché ogni cittadino sarà<br />
tutelato come consumatore contro i pericoli del monopolio, come ogni cittadino<br />
ha l’eguale protezione, da parte dello Stato, contro gli assassini od i ladri”<br />
572 .<br />
Sulla scia delle affermazioni di Montermartini si potrebbe affermare che, in<br />
Italia, la lotta dei comuni contro il monopolio della gestione della cosa pubblica<br />
da parte dello Stato e quella contro il monopolio dei servizi urbani da parte<br />
dei privati avevano il medesimo obiettivo: dare una più pronta ed efficace risposta<br />
alle esigenze delle collettività cittadine.<br />
Il fascismo non attaccò frontalmente le municipalizzate se non in quanto<br />
considerate espressione dei partiti democratici e dopo i primi anni, particolarmente<br />
critici, la situazione si stabilizzò. Furono poche le aziende comunali che<br />
scomparvero, ancor meno le nuove, ma quelle esistenti riuscirono a sopravvivere.<br />
Sarebbe stato troppo impopolare, anche per una dittatura come quella fascista,<br />
attentare ad una delle più autentiche espressioni dell’identità e dell’orgoglio<br />
comunale ora che i municipi erano passati sotto il diretto controllo dei<br />
podestà fascisti. Ma, come ricorda Giuliano Pischel, fu durante il fascismo che<br />
iniziò la produzione della “legislazione occulta” contro le aziende municipalizzate<br />
573 , così definita da Massimo Severo Giannini, perché pur non riguardandole<br />
direttamente andava a limitare fortemente le loro capacità: “Conforme-<br />
572<br />
Ivi, p.417.<br />
573<br />
Giuliano Pischel, La municipalizzazione in Italia ieri, oggi, domani, Confederazione della<br />
municipalizzazione, Roma, 1965, pp. 228-9.
166 PARTE III<br />
mente all’uso indigeno la legislazione manifesta serve per la facciata. Quella occulta<br />
serve ai detentori del potere effettivo per tenere sotto controllo le organizzazioni<br />
municipali” 574 .<br />
Il ripristino della vita democratica non portò alle autonomie locali il ruolo<br />
e i poteri ad esse attribuiti dalla Costituzione e non fu <strong>qui</strong>ndi d’impulso all’espansione<br />
del settore, ma almeno, e non fu cosa da poco, consentì nel 1947 alle<br />
municipalizzate di ricostituire la propria organizzazione nazionale, la Com 575 .<br />
Era evidente che la questione delle municipalizzate, al pari di quella dell’autonomia<br />
locale, non era legata esclusivamente all’esistenza di un regime democratico,<br />
né all’affermazione di quei partiti, come il socialista ed il cattolico, che<br />
più di altri avevano difeso il ruolo dei municipi e promosso l’attività economica<br />
comunale nel primo ’900, ma alle scelte delle classi dirigenti riguardo all’assetto<br />
politico-istituzionale ed economico del Paese.<br />
È stato così che anche nel caso delle aziende municipali l’influenza esercitata<br />
dalle comunità e dai governi locali sulle politiche statali ha continuato a risolversi,<br />
sostanzialmente, nella richiesta di concessioni, più o meno di favore,<br />
senza possibilità di intervento e senza responsabilità politiche nel raggiungimento<br />
degli obiettivi di sviluppo complessivi, in vista dei quali pure quelle concessioni<br />
venivano ufficialmente accordate. Si consolidava così negli anni della<br />
Repubblica un meccanismo perverso avviato nell’Italia liberale che ha spesso<br />
costretto le municipalizzate - analogamente a quanto accadeva per le iniziativa<br />
di più diversa natura promosse dai comuni - ad un’applicazione delle norme<br />
che Giannini, con un’espressione di estrema efficacia, ha definito “sulle frange<br />
della legalità” 576 .<br />
1.2. La nazionalizzazione dell’energia elettrica<br />
Per quanto riguarda le autonomie locali, fu in questo contesto che venne elaborata<br />
e realizzata, nel 1962, la riforma che diede luogo alla nazionalizzazione delle<br />
aziende private del settore dell’energia elettrica ed alla costituzione dell’Enel (Ente<br />
nazionale per l’energia elettrica, L. 6 dicembre 1962, n. 1643), la prima più importante<br />
riforma scaturita dalla prospettiva di governo di centro-sinistra. Fu questa<br />
un’ennesima prova che la marginalizzazione delle autonomie locali, promossa<br />
durante il durante regime liberale e sviluppata in quello fascista, venne mantenu-<br />
574<br />
Massimo Severo Giannini, Profili giuridici della municipalizzazione con particolare riguardo<br />
alle aziende, “La Municipalizzazione. Organo ufficiale della Confederazione della municipalizzazione.<br />
Rassegna mensile ed economica dei pubblici servizi” (LM), gen. 1954, p. 49.<br />
575<br />
Assemblea straordinaria delle aziende municipalizzate, AD giu.-lug. 1947, pp. 24-5; Lucio<br />
Ciofi degli Atti, Che cos’è la Confederazione delle aziende municipalizzate, AD ago.-set. 1947,<br />
pp. 12-3.<br />
576<br />
“L’istanza storica dell’autonomia comunale – ha scritto Giannini - non ha trovato sbocco,<br />
ma solo degli accomodamenti successivi e di compromesso, che stanno sulle frange della legalità”,<br />
M. S. Giannini (a cura di), I comuni. Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi<br />
amministrative di unificazione. L’ordinamento comunale e provinciale, vol. I, pubblicazioni<br />
dell’Isap, Neri Pozza, Vicenza, 1967, p.46.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 167<br />
ta anche nell’Italia repubblicana, e di quanto fosse ampio e variegato il ventaglio<br />
delle forze che condividevano l’idea di una gestione centralista della gestione complessiva<br />
del Paese. La nascita dell’Enel non avveniva nel solco del riformismo che<br />
si era espresso storicamente attraverso il movimento per le autonomie locali.<br />
Venne completamente dimenticato il ruolo svolto dalle aziende elettriche<br />
municipali - dal punto di vista economico la parte più importante dell’intero<br />
settore delle municipalizzate - rispetto ai colossi elettrici privati sia durante il<br />
fascismo sia, soprattutto, dal secondo dopoguerra. In loro assenza le imprese<br />
private avrebbero senza dubbio fatto pagare un prezzo ancora più pesante alla<br />
collettività nazionale se avessero potuto esercitare la loro attività in regime di<br />
assoluto oligopolio, senza l’azione di disturbo delle aziende municipalizzate.<br />
Scriveva a questo proposito Pischel nel 1965: “Per circa un dodicennio, dal<br />
1950 al 1962, data della nazionalizzazione elettrica, esse [le aziende comunali<br />
elettriche] si trovarono sostanzialmente sole a difendere gli interessi degli utenti<br />
e della collettività, sia di fronte alla invadenza degli interessi privati di società<br />
e gruppi, sia di fronte all’arrendevolezza della burocrazia” 577 .<br />
La nazionalizzazione del settore elettrico, fortunatamente, non comportò la<br />
scomparsa delle municipalizzate elettriche esistenti - che pure in qualche momento<br />
sembrò possibile – ma bloccò l’istituzione di nuove aziende comunali del<br />
settore e, soprattutto, causò una loro ulteriore marginalizzazione sulle “frange<br />
della legalità”. Riporta a questo proposito un testo del 1999: “Le aziende elettriche<br />
locali rifiutarono – concretamente – l’autorità dell’Enel e lo stesso Enel si<br />
rese conto della scarsa opportunità della norma [che avrebbe obbligato le municipalizzate<br />
alla richiesta di una concessione per l’esercizio della propria attività],<br />
evitando di sollecitarne – per esempio, in sede giudiziale – l’applicazione” 578 .<br />
Di fatto fu, ancora una volta, la forza politica delle autonomie locali, la storia<br />
pluridecennale di aziende che avevano operato nei comuni in nome e per il<br />
benessere dei cittadini ad impedire la cancellazione delle municipalizzate elettriche<br />
e, nonostante le difficoltà, durante il periodo repubblicano queste, insieme<br />
al settore delle municipalizzate in generale, riuscirono a rafforzarsi anche in<br />
presenza del monopolio dell’Enel. Rimase <strong>qui</strong>ndi valida, anche per i decenni<br />
successivi, l’espressione mista di stupore ed ammirazione con la quale Giannini<br />
concludeva il suo scritto sulle municipalizzate del 1954 che costituisce uno<br />
dei maggiori riconoscimenti della vitalità e della forza del movimento comunale:<br />
“Tuttavia non vi è dubbio che l’esperienza concreta dei servizi municipalizzati<br />
si chiude sempre con un bilancio positivo, e ciò ad onta della legislazione<br />
vigente. E questo fatto, che si presenta quasi come miracoloso, costituisce<br />
una vivente conferma della bontà dello strumento” 579 .<br />
577<br />
Pischel, La municipalizzazione…, cit., p.316.<br />
578<br />
Giuseppe Caia e Alessandro Lolli, Profili giuridici e normativi, in Piero Bolchini (a cura<br />
di), Storia delle aziende elettriche municipali, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 81; si rinvia a questo<br />
volume per un esame più approfondito della questione e della storia della municipalizzate<br />
elettriche in Italia.<br />
579<br />
Giannini, Profili giuridici della municipalizzazione con particolare riguardo alle aziende…,<br />
cit., p. 64.
168 PARTE III<br />
1.3. Il movimento delle autonomie locali e l’istituzione dell’Enel<br />
L’istituzione dell’Enel diede origine ad un vasto dibattito che divise il movimento<br />
comunale, anche indipendentemente dall’appartenenza politica di ciascuno,<br />
tra i difensori della prospettiva di un’unica azienda nazionale e quelli<br />
che, pur appoggiando la nazionalizzazione, chiedevano che le aziende elettriche<br />
municipalizzate continuassero la propria attività.<br />
La Lega e l’Anci si espressero a favore di un’unica azienda nazionale attraverso<br />
le rispettive direzioni, gli organi nei quali più forti erano i legami con quei<br />
partiti che a livello nazionale, in modo sostanzialmente unitario, avevano deciso<br />
la nascita dell’Enel. Per la Lega il segretario Luigi Ciofi, scriveva che “l’azienda<br />
nazionale [doveva] essere unica” mentre le aziende municipalizzate si sarebbero<br />
dovute occupare unicamente della distribuzione, rinnovate nelle dimensioni<br />
e nelle strutture 580 . La direzione dell’Anci sostenne una posizione sostanzialmente<br />
analoga, esprimendo nel consiglio nazionale svoltosi a Roma il<br />
22 settembre 1962: “il positivo interesse e la piena adesione dei Comuni al<br />
provvedimento di nazionalizzazione dell’energia elettrica” e chiedeva al governo<br />
che i provvedimenti relativi all’“Enel nel decentramento della sua organizzazione<br />
e nel perseguimento dei suoi compiti, tengano conto delle nuove responsabilità<br />
dei comuni, dei quali, in questa particolare prospettiva l’Anci si<br />
conferma interprete e collaboratrice” 581 .<br />
La pubblicazione di un documento espresso da un’apposita commissione di<br />
studio dell’Anci, pubblicato con rilievo nella rivista della Lega, testimoniava l’esistenza<br />
all’interno delle due organizzazione di settori che sostenevano una ben<br />
più decisa difesa delle aziende elettriche municipali analoga a quella espressa<br />
dall’organizzazione delle aziende municipalizzate, la Com.<br />
Nel documento si ricordava che della nazionalizzazione “i comuni possono<br />
essere considerati i precursori con la creazione più che semisecolare delle Aziende<br />
Municipalizzate, affermatici del principio del pubblico intervento nel campo<br />
dell’energia elettrica”, che le aziende municipalizzate andavano mantenute<br />
perché con la loro storia “hanno ampliamente dimostrato di essere la espressione<br />
più concreta delle esigenze di autonomia delle popolazioni e cioè del diritto<br />
e della capacità che hanno le singole comunità locali di gestire direttamente<br />
i pubblici servizi” e, infine, si esprimevano preoccupazioni in merito all’ampio<br />
potere discrezionale attribuito all’Enel riguardo allo svolgimento dell’attività<br />
delle municipalizzate 582 .<br />
Qualche tempo dopo anche la Lega avrebbe ufficialmente posto la questione<br />
non solo dell’utilità ma della necessità della continuità della funzione delle<br />
aziende municipalizzate elettriche in un articolo significativamente intitolato<br />
Enel e democrazia, nel quale si sosteneva che la questione dei rapporti tra le<br />
580<br />
Luigi Ciofi, Amministrazioni locali e nazionalizzazione dell’energia elettrica, Icd giu.<br />
1962, pp. 171-2.<br />
581<br />
I documenti dell’Anci 1946-1992…, vol. I, cit., p. 122.<br />
582<br />
Alessandro Agrimi, Problemi dell’Enel e dell’assistenza sanitaria all’esame del Consiglio nazionale<br />
dell’Anci, Icd set. 1962, pp. 263-8.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 169<br />
aziende comunali elettriche ed Enel non era un problema tecnico-industriale<br />
ma un problema politico, un problema di democrazia che doveva trovare una<br />
soluzione in Parlamento 583 .<br />
1.4. Tra l’autonomia dai partiti e l’unità del movimento per le autonomie<br />
locali<br />
Alla fine del 1963 un editoriale del segretario Lanzetta poneva la questione<br />
dell’istituzione delle regioni, per la prima volta, nel contesto dei nuovi e<strong>qui</strong>libri<br />
politici nazionali seguiti alla partecipazione al governo del Psi guidato da<br />
Pietro Nenni 584 . Il titolo, Elusioni non più tollerabili, poteva anche tradursi con<br />
l’espressione o adesso o mai più. L’istituzione delle regioni era compresa nelle dichiarazioni<br />
programmatiche del governo “quale condizione di una politica democratica<br />
di piano”, era stata reclamata non solo dalla Lega, ma anche da Upi<br />
ed Anci, “la quale ultima aveva parecchio polemizzato col ministro Scelba ed in<br />
genere col Governo sollecitando l’ordinamento regionale”. La DC, però aveva<br />
preferito “mollare” sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica ma continuava<br />
a bloccare le regioni. I motivi della riaffermazione di questo blocco venivano<br />
chiaramente indicati dalla DC attraverso le dichiarazioni dei dirigenti politici e<br />
gli articoli sull’organo di stampa, “Il popolo”: non vi erano ancora le condizioni<br />
politiche necessarie e sufficienti. E allora? Scriveva Lanzetta: “Allora tocca a<br />
noi muoverci […] non prenderemo certamente la ‘santa carabina’, né penseremo<br />
di poter fare tutto nella Lega […] Dovremo conseguentemente compiere<br />
ogni sforzo di sollecitazione e di coordinamento del nostro lavoro con quello<br />
delle altre Associazioni di Enti ed amministratori – Anci ed Upi in particolare<br />
– nonché con quello dei sindacati, della cooperazione e dei vari organismi democratici”.<br />
Le ragioni che “resero necessarie prima del fascismo la nascita della<br />
Lega dei comuni socialisti, ed a fine ’47 la costituzione della nostra Lega” erano<br />
sempre più valide 585 .<br />
Ma, come metteva in evidenza “Il comune democratico”, nemmeno la Lega<br />
era immune da critiche. Se era vero che, come ricordava spesso l’organizzazione<br />
degli amministratori della sinistra, l’Anci, nonostante la vicinanza ai partiti<br />
di governo “non è mai riuscita a farsi ascoltare e a farsi prendere sul serio. Meno<br />
ancora – ed è facile capire il perché – è riuscita a farsi ascoltare la voce della<br />
Lega dei Comuni democratici”.<br />
583<br />
Italo Taddia, Enel e democrazia, Icd gen. 1964, pp. 38-44.<br />
584<br />
I Governo Moro (4 dic. 1963 – 2 lug. 1964), coalizione politica DC-Psi-Psdi-Pri.<br />
585<br />
Michele Lanzetta, Elusioni non più tollerabili, Icd nov.-dic. 1963, pp. 1-4. Sempre<br />
Lanzetta, in un altro articolo segnalava in particolare l’inconsistenza delle affermazioni proregionaliste<br />
di Aldo Moro, e le parole di un altro democristiano, il giurista Lucifredi che<br />
riconosceva l’impossibilità dell’istituzione delle regioni perché “ “rappresenterebbero focolai<br />
di ribellione e forza d’urto, non già contro il predominio burocratico ma contro le istituzioni<br />
democratiche”; Michele Lanzetta, Regioni secondo Costituzione, Icd feb. 1963, pp.<br />
43-5.
170 PARTE III<br />
1.4.1. La rivista apre alla discussione. Nello schieramento autonomistico salta<br />
la distinzione netta tra governo e opposizione<br />
L’articolo del repubblicano Zuccarini, il primo di una serie dedicata alle situazione<br />
delle autonomie locali in Europa, partendo dal commento dell’analisi<br />
dei rapporti tra enti locali e Stato in diversi paesi dell’Europa occidentale,<br />
commentava che in Italia il vero problema era che quando si passava dagli “ordini<br />
del giorno” dei congressi ai fatti concreti, quello che seguivano sia l’Anci<br />
sia la Lega era il “metodo dei ritocchi e degli aggiustamenti alle vecchie leggi e<br />
al sistema vigente”, come nel caso dei segretari comunali. Una nota della redazione<br />
in calce all’articolo, che additava a modello l’esempio delle autonomie locali<br />
in alcuni paesi europei, sottolineava che da sempre la rivista aveva combattuto<br />
per l’attuazione della Costituzione e, <strong>qui</strong>ndi, per cambiare radicalmente la<br />
situazione delle autonomie locali in Italia, compresa quella dei segretari comunali<br />
rispetto ai quali “abbiamo sostenuto e sosteniamo che essi debbono dipendere<br />
dagli Enti locali” 586 .<br />
Con la pubblicazione dell’articolo di Zuccarini nel 1963 la Lega evidenziava<br />
una rinnovata apertura verso personalità non direttamente legate alla sinistra<br />
che si sarebbe sviluppata sempre più negli anni successivi, contemporaneamente<br />
all’ampliamento degli orizzonti politici della vita politica nazionale.<br />
Il problema era che la strada delle riforme era molto difficile. Come ben sapeva<br />
anche il riformista Sturzo quando disse che: “L’idea delle libertà comunali<br />
deve farsi strada penetrando nella coscienza civile del Paese, non con la voce<br />
tronfia del comizio, né con l’ubriacatura della rivolta, ma col perseverante lavoro<br />
intellettuale e morale presso amministrazioni e governanti, presso elettori<br />
e studiosi” 587 . Di questo la Lega se ne rendeva conto, anche se non in modo<br />
chiaro ed esplicito. Così, anche se non si arrivava al riesame dei giudizi sull’Anci<br />
di Sturzo,se ne rivalutava, simbolicamente, la figura. Era questo il significato<br />
della pubblicazione nella rivista della Lega di un inserto fotografico nel quale la<br />
fotografia di Luigi Sturzo, era pubblicata accanto a quella di Gaetano Salvemini,<br />
nella pagina che precedeva quelle di Rodolfo Morandi ed Antonio Gramsci<br />
588 .<br />
La fine del periodo più difficile della battaglia della Lega per la promozione<br />
dell’autonomia locale e in difesa delle amministrazioni della sinistra era conclusa.<br />
Ne era testimonianza anche il nuovo formato ed il nuovo contenuto dell’organo<br />
della Lega che, nel 1964 appariva in un nuovo formato, con inserti fotografici<br />
589 , ed nuovo sottotitolo: “Il comune democratico. Rivista delle auto-<br />
586<br />
Oliviero Zuccarini, Gli enti locali in Italia e fuori d’Italia, Icd feb. 1963, pp. 46-8. Su<br />
Zuccarini, esponente storico del partito repubblicano cfr. Federico Paolini, L’ esperienza politica<br />
di Oliviero Zuccarini. Un repubblicano fra Mazzini, Mill e Sorel, Venezia, Marsilio, 2003.<br />
587<br />
L’”Associazione dei Comuni” e la “Lega Socialista” in una intervista della “Settimana sociale”<br />
col Vice-Presidente Sturzo, in AC, n. 5, 31 mag. 1916, p. 4; già citato nella Parte prima.<br />
588<br />
Icd dic. 1965.<br />
589<br />
Le fotografie pubblicate erano le più varie: moderni edifici per abitazione, progetti di edifici<br />
pubblici, piani regolatori, fotografie aeree di città, manifesti comunali per la mobilitazione<br />
dei cittadini, articoli di giornali relativi a particolari situazioni comunali, ecc.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 171<br />
nomie locali”. L’organo della Lega, sia nell’aspetto, sia nel contenuto, assumeva<br />
le caratteristiche di un periodico di studio e di approfondimento, tecnico e<br />
culturale.<br />
Le ragioni che avevano portato ad un così forte deciso mutamento della rivista<br />
erano spiegate nell’editoriale di apertura. Per la complessità e la varietà dei<br />
problemi “il metodo della discussione [era] il più adeguato”, anche perché “oggi<br />
lo schieramento diciamo così autonomistico non viene più a coincidere con<br />
la tradizionale distinzione fra forze di opposizione e forze di governo, ma su<br />
ogni singolo problema, sulle sue soluzioni non mancano, anche all’interno dei<br />
singoli gruppi e partiti politici, diversi punti di vista, che è bene siano esposti<br />
senza remore sulle colonne della nostra rivista, e che senza remore siano discussi<br />
dai dissenzienti; solo così, crediamo, potremo far valere tutto il rilievo, la forza,<br />
il peso degli Enti locali nella costruzione di uno Stato democraticamente articolato”<br />
590 .<br />
L’apertura della stagione del centro sinistra che, è possibile commentare in<br />
modo forse troppo netto, ma sicuramente efficace, aveva rotto l’illusione che il<br />
centralismo fosse sostenuto solo dalle forze al potere al governo nazionale, aveva<br />
dato nuova forza al metodo democratico della discussione, e per dirla con le<br />
parole di Sturzo un metodo che si basava anche sul “perseverante lavoro intellettuale<br />
e morale presso amministrazioni e governanti, presso elettori e studiosi”.<br />
Nello stesso numero, un articolo del cattolico Aldo Capitini sull’esperienza<br />
dei Centri di orientamento sociale a Perugia nel secondo dopoguerra, di cui<br />
esaltava la funzione di sostegno alla partecipazione democratica dei cittadini al<br />
governo locale 591 , evidenziava l’ampiezza dell’apertura politica del dibattito<br />
aperto dalla Lega, attraverso la sua rivista. All’apertura politica ne corrispondeva<br />
un’altra altrettanto significativa di carattere tecnico. Accanto ai tradizionali<br />
articoli sulle questioni relative agli enti locali ed all’attività delle loro organizzazioni,<br />
ne apparivano altri dedicati alla programmazione economica, urbanistica<br />
e territoriale, all’agricoltura ed a molte altre, comprese questioni di interesse<br />
politico-culturale, come la Resistenza. Riapparivano, infine, gli antichi richiami<br />
all’impegno degli iscritti per l’aumento degli abbonamenti, che si sarebbero<br />
nuovamente ripetuti, con assiduità, in ogni fascicolo.<br />
1.4.2. La Lega incontra il governo: Nenni e Giolitti<br />
Il 1964 fu l’anno nel quale, per la prima volta nel periodo repubblicano, una<br />
delegazione della Lega incontrò due esponenti socialisti del governo nazionale:<br />
il 23 gennaio il Vicepresidente del consiglio, Pietro Nenni, ed il 1° febbraio il<br />
Ministro del bilancio, Antonio Giolitti. A Nenni la Lega chiese, in particolare,<br />
in attesa dell’istituzione delle regioni, la fine dei controlli sugli enti locali esercitati<br />
dal prefetto e dalla Gpa, limitandoli al solo controllo di legittimità e di<br />
merito sotto forma di invito al riesame. A Giolitti vennero poste le questioni<br />
590<br />
Ai lettori, Icd gen. 1964, 1-4.<br />
591<br />
Aldo Capitini, Democrazia diretta e controlli dal basso, Icd gen. 1964, pp. 45-7.
172 PARTE III<br />
del ruolo di regioni ed enti locali nella politica di programmazione economica,<br />
e della finanza locale. Il primo rimandò la questione delle regioni a future, prossime<br />
riunioni del Consiglio dei ministri e si dichiarò favorevole all’abolizione<br />
dei controlli ed alla loro modifica in senso costituzionale. Il secondo “ha assicurato<br />
che le organizzazioni nazionali degli Enti locali ANCI, UPI, Lega dei comuni,<br />
eccetera, saranno consultate dall’ufficio del piano unitamente ai vari istituti<br />
di studi regionali esistenti in numerose regioni d’Italia” 592 . Anche la Lega,<br />
come l’Anci, aveva dunque i suoi incontri con il governo nazionale, ma la presenza<br />
nell’esecutivo del Psi non avrebbe garantito alle autonomie locali alcuna<br />
soddisfazione delle loro richieste.<br />
All’iniziativa ai massimi livelli istituzionali la Lega continuava a accompagnare<br />
quella a livello locale. Era così che alla promozione della partecipazione<br />
dei cittadini alla politica tributaria comunale degli anni ’40 e ’50 attraverso i<br />
consigli tributari, succedeva all’inizio degli anni ’60, sulla scia dello sviluppo<br />
economico di quegli anni, l’iniziativa della “consulta regionale degli assessori ai<br />
tributi [Crat] dell’Emilia-Romagna”. Il Crat dell’Emilia-Romagna, si era riunito<br />
per la prima volta a Carpi nel 1963 “per affrontare i vari e complessi problemi<br />
dell’applicazione pratica dell’imposta sugli incrementi di valore delle aree<br />
fabbricabili”, Invim, da poco istituita dal Parlamento e diventò presto protagonista<br />
di concrete iniziative sul piano locale e di proposte di stimolo all’Anci affinché<br />
promuovesse l’impegno, sul piano locale e su quello nazionale, in particolare,<br />
contro l’evasione dell’imposta e per l’impegno di un’azione unitaria dei<br />
comuni 593 .<br />
1.4.3. L’analisi di Lanzetta sul rapporto della Lega con i partiti della sinistra.<br />
Il IV congresso nazionale<br />
Il 1965 fu l’anno del IV congresso nazionale della Lega, il dibattito fu ancora<br />
più ampio di quello del precedente congresso, e venne aperto da un articolo<br />
del segretario apparso nell’”Almanacco socialista” nel 1962 a seguito del<br />
III congresso ma, evidentemente, ancora attuale. Il fatto è che la questione affrontata,<br />
la “ricerca di una piena e salda autonomia e funzione propria della Lega<br />
dei Comuni, Regioni e Province”, come indicato nella breve introduzione al<br />
testo, non poteva non essere ancora all’ordine del giorno.<br />
L’analisi di Lanzetta partiva dalla constatazione dell’urgenza di una “riconsiderazione<br />
delle funzioni degli enti locali” sia per ragioni economico-sociali, sia<br />
politiche, necessarie a fronteggiare la sfida posta, contemporaneamente dal “cosiddetto<br />
miracolo economico” e dal sottosviluppo. “Il necessario avanzamento<br />
della società – proseguiva Lanzetta – non potrà venire dall’alto […, ma] da<br />
un’azione ampia, coordinata, simultanea e inarrestabile, che convogli quanto vi<br />
è di nuovo partendo dai Comuni”. Analizzando la storia della Lega, il segretario<br />
faceva risalire le motivazioni della nascita dell’organizzazione nel 1947 al<br />
592<br />
Incontro con il governo, Icd feb. 1964, pp. 10-3.<br />
593<br />
Armano Sarti, La consulta emiliana dei tributi, Icd giu. 1964, pp. 47-52.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 173<br />
fatto che l’Anci ad un anno dalla fondazione avesse deluso tutte le aspettative,<br />
esattamente come era successo nel periodo liberale. La Lega del 1947 era risorta<br />
sulle ceneri della Lega socialista del 1916, e moltissimi erano i vecchi militanti<br />
socialisti. Quello che mancò, sempre secondo il segretario, fu invece l’appoggio<br />
del Pci il quale, sia perché non ne conosceva “forza e prestigio che poterono<br />
resistere al fascismo quando già i sindacati e cooperative erano crollate”,<br />
sia, soprattutto, per la sottovalutazione dell’importanza delle autonomie locali.<br />
Seguiva <strong>qui</strong>ndi una ricostruzione delle vicende più recenti della Lega tutta<br />
interna alla logica dell’evoluzione dei partiti della sinistra che impediva, ad<br />
esempio, di vedere l’importanza decisiva della rottura dell’unità dei partiti del<br />
Cln nella nascita della Lega e l’inconsistenza del paragone tra la delusione della<br />
direzione del Psi che, nel periodo liberale, avrebbe motivato la nascita della<br />
Lega nel 1916 dopo un decennio di guida liberal-cattolica nell’Anci e l’insoddisfazione<br />
dei partiti della sinistra nel 1947 dopo appena un anno di attività<br />
dell’Anci, che avrebbe dovuto essere motivo sufficiente per la ricostituzione della<br />
Lega nel periodo repubblicano.<br />
Lanzetta dava poi un’interpretazione politica dell’evoluzione delle istituzioni,<br />
ma non era certo solo la forza dei partiti della sinistra a determinare la vita<br />
della Lega. Non erano solo le alleanze politiche a determinare la capacità della<br />
Lega di incidere sulla situazione esistente. Contrariamente a quello che sosteneva<br />
Lanzetta, non era solo a causa del fatto che Anci, Upi, Uncem, Anea, Fiaro,<br />
e Com avessero tutte “direzioni a maggioranza democristiana [che agivano]<br />
in funzione strumentale di copertura a favore dei governi e del partito di maggioranza<br />
[…, che] a quattordici anni dall’entrata in vigore della Costituzione<br />
sono ancora in alto mare la riforma finanziaria e l’attuazione dell’ordinamento<br />
regionale, mentre se un minimo di autonoma volontà realizzatrice fosse esistita,<br />
all’azione unitaria delle associazioni – legalitarie e costituzionali – nessun<br />
governo e nessuna maggioranza parlamentare avrebbe potuto resistere” 594 .<br />
Non sarebbe stata sufficiente nemmeno la coincidenza tra la presenza della<br />
sinistra al governo e nelle istituzioni locali a salvaguardare gli interessi delle autonomie<br />
locali. Non era stata forse, proprio in quegli anni, una riforma sostenuta<br />
dalla sinistra, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, quella che eliminando<br />
l’oligopolio del settore aveva colpito anche una delle manifestazioni più<br />
forti delle autonomie locali quale erano le aziende municipali? Era anche la tendenza<br />
statalista dei partiti, ricordata da Zibordi e, in quegli anni, la precarietà<br />
dell’e<strong>qui</strong>librio politico nazionale ed internazionale a rendere impraticabili mutamenti<br />
che potessero mettere in pericolo lo status quo.<br />
Lo stesso Lanzetta metteva in evidenza la strumentalità della sua richiesta di<br />
autonomia e confermava i timori dei partiti di governo sulle vere motivazioni<br />
di questa richiesta quando chiedeva ai partiti della sinistra, ed in particolare a<br />
quello comunista, di potenziare la Lega non tanto per salvaguardare le autonomie<br />
locali come valore in sé, ma per il supporto decisivo che questa avrebbe potuto<br />
dare, muovendosi con il massimo dell’autonomia, verso comuni obiettivi<br />
politici. Questo perché, nell’interpretazione del segretario, nei primi anni ’60<br />
594<br />
Michele Lanzetta, Funzione e autonomia della Lega, Icd set. 1964, pp. 33-45.
174 PARTE III<br />
la rivoluzione non sarebbe partita dai proletari ma dai comuni. Da queste istituzioni<br />
locali sarebbe dovuta iniziare se non proprio la rivoluzione qualcosa che<br />
la ricordava molto da vicino: “Il necessario avanzamento della società [che] non<br />
potrà venire dall’alto […, ma] da un’azione ampia, coordinata, simultanea e<br />
inarrestabile”.<br />
In conclusione l’autonomia dai partiti chiesta da Lanzetta si risolveva nella<br />
cooptazione della Lega - e delle istituzioni locali - nella battaglia politica e partitica<br />
nazionale in quanto protagoniste essenziali della battaglia per l’avanzamento<br />
della società.<br />
Niente di più distante dalla logica del movimento per le autonomie locali e,<br />
soprattutto, dal riformismo che in quel movimento trovava un campo d’azione<br />
ideale affinché, attraverso l’affermazione della centralità delle funzioni e dei<br />
problemi delle autonomie locali presso le istituzioni e l’opinione pubblica si potesse<br />
meglio rispondere ai crescenti bisogni dei cittadini. E per giustificare la<br />
necessità di questa cooptazione il segretario ricostruiva un’esistente continuità<br />
tra la Lega dei riformisti del periodo liberale e quella del periodo repubblicano,<br />
inventandosi anche una mai esistita “forza e prestigio che poterono resistere al<br />
fascismo quando già i sindacati e cooperative erano crollate” 595 .<br />
1.4.4. La partecipazione popolare<br />
La Lega avrebbe continuato a basare la propria forza e la propria ragion d’essere<br />
in una politica che era l’essenza stessa del riformismo e che veniva perseguita<br />
dall’organizzazione senza però averne coscienza dell’importanza. Una politica<br />
che allora veniva perseguita in nome del “necessario avanzamento della società”<br />
ma la cui validità sarebbe rimasta intatta anche dopo la fine dell’ideale rivoluzionario.<br />
Una politica basata sulla valorizzazione complessiva di tutte le autonomie<br />
locali nel contesto istituzionale, sull’organizzazione e la difesa delle<br />
amministrazioni e degli amministratori dagli arbitrii delle autorità centrali, sul<br />
sostegno della partecipazione popolare al governo delle istituzioni locali e sulla<br />
centralità dei bisogni dei cittadini e delle comunità locali.<br />
La questione fondamentale alla cui soluzione si chiedeva di contribuire nel<br />
IV congresso era il rapporto con i partiti: “Come armonizzare dunque l’autonomia<br />
degli Enti locali con l’autonomia dei partiti? Come realizzare una convergenza<br />
autonoma di forze politiche nazionali in una organizzazione come<br />
quella delle Lega, che ha tradizioni salde nel movimento operaio e democratico<br />
italiano e ragioni obiettive di presenza e di lotta nella struttura dello Stato e<br />
della società italiana, così come oggi si configurano?”.<br />
L’allargamento della Lega a “gruppi radicali, cristiano-sociali e repubblicani”<br />
e a forze autonomiste e regionaliste avvenuto all’indomani del congresso di Torino,<br />
il fatto che la Lega fosse la più forte e strutturata organizzazione degli enti<br />
locali, l’unica che “salda in una unione attiva e combattiva, largamente democratica,<br />
Comuni, Regioni, Province, Enti minori più vari, gruppi consiliari,<br />
595<br />
ibidem
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 175<br />
eletti ed elettori” erano dati di fatto dai quali sarebbe dovuto partire il dibattito<br />
congressuale 596 .<br />
A partire dal precedente appuntamento congressuale la Lega aveva avviato<br />
una nuova fase della propria storia basata sull’autonomia dai partiti e sulla ricerca<br />
dell’unità. Come scriveva Vincenzo Ferreri, il congresso nazionale del<br />
1965, “respinta ormai apertamente la teoria della cinghia di trasmissione, dovrà<br />
indicare le vie per perseguire anzitutto gli obiettivi dell’autonomia e dell’unità<br />
del nostro movimento”. Rimaneva invece, intatto, un elemento distintivo,<br />
proprio dell’organizzazione degli enti locali della sinistra: “il carattere<br />
dell’azione di massa che deve svolgere la Lega e la natura dei rapporti e delle<br />
iniziative che devono essere stabiliti tra Lega-Enti locali-movimento delle masse”<br />
597 . La continua ricerca del legame con le masse, elemento tipico delle organizzazioni<br />
che si richiamavano alla storia del movimento operaio, ac<strong>qui</strong>siva caratteristiche<br />
particolari all’interno delle iniziative movimento comunale. Nonostante<br />
gli sforzi degli amministratori della sinistra, sarebbe stato impossibile<br />
mobilitare le masse su problemi fondamentali per le istituzioni locali quali, ad<br />
esempio, la riforma dell’ordinamento degli enti locali, o la riforma della finanza<br />
locale, come si erano ben resi conto anche i socialisti nel periodo liberale.<br />
Ma l’attenzione alle masse – anche trasformata in attenzione verso le comunità,<br />
e verso i cittadini - e le modalità di lotta tipiche dei partiti di massa e<br />
del movimento dei lavoratori, quali erano, ad esempio, i grandi congressi e,<br />
soprattutto, le manifestazioni di piazza, sarebbero continuate ad essere, anche<br />
grazie alla Lega, patrimonio vivo dell’intero movimento per le autonomie locali.<br />
1.4.5. Il Congresso di Firenze: un nuovo statuto per un’organizzazione pluralista<br />
Con il numero del gennaio 1965 si apriva la rubrica Dibattito precongressuale,<br />
il cui primo articolo, Autocritica e rinnovamento, sulla base di modalità<br />
comuni a quelle utilizzate nei dibattiti di partiti della sinistra in quegli anni –<br />
il riferimento è, in particolare al concetto di autocritica - si analizzava con estrema<br />
lucidità di giudizio il futuro dell’organizzazione. L’autore, sottolineando la<br />
fine dei tempi delle strutture semplici “cinghie di trasmissione” tra cittadini e<br />
partito, sulla base delle caratteristiche proprie delle istituzioni locali, sottolineava<br />
la necessità del rafforzamento della struttura della Lega, specie periferica<br />
e, soprattutto, di una maggiore autonomia dalle formazioni politiche, tanto da<br />
ricordare in qualche modo la tanto aborrita apoliticità sostenuta dall’Anci. Di<br />
questo si rendeva conto l’autore stesso che poneva la domanda fatidica: “Parlando<br />
in questi termini di universalità della battaglia per le autonomie sorge il<br />
problema di avere una organizzazione unica. Certo che tale problema esiste. Ma<br />
anche esso, a mio parere, va visto nel quadro di una evoluzione politica. Oggi<br />
non si può porre l’alternativa o Lega o ANCI, in quanto non esistono le con-<br />
596<br />
I partiti, la Lega, i Comuni, Icd gen. 1965, pp. 1-3.<br />
597<br />
Vincenzo Ferreri, Organizzazione e iniziativa delle Lega, Icd gen. 1965, pp. 29-34.
176 PARTE III<br />
dizioni politiche generali, mentre appare più reale e possibile il coordinamento<br />
a livello nazionale nelle attività e nelle iniziative tra le due organizzazioni” 598 .<br />
Nel frattempo, la situazione economica degli enti locali, ed in particolare dei<br />
comuni, si faceva sempre più grave “a causa del blocco della spesa solo per gli<br />
Enti locali”. Il comune di Bologna a cui il governo doveva nove miliardi, “non<br />
ha il denaro per pagare gli impiegati”, quello di Milano era costretto “a ricorrere<br />
al capitale privato, anche forestiero” 599 .<br />
Ma i comuni non avevano bisogno solo di una riforma finanziaria. C’era anche<br />
la necessità di vedere ufficialmente riconosciuto il ruolo di protagonisti della<br />
realtà socio-economica del territorio nell’ambito della politica di programmazione<br />
economica - che scandiva in quegli anni l’intervento economico del<br />
governo nazionale – e sulla base di molti interventi comunali nelle lotte operaie<br />
per l’occupazione: “Gli enti locali devono diventare, anche sul terreno economico,<br />
dei ‘centri di decisione e di direzione’ ed a questo fine devono dare la<br />
loro opera per la elaborazione, prima, e l’attuazione, poi, della politica di piano<br />
nell’ambito comunale, comprensoriale e regionale per lo sviluppo dell’economia<br />
e dei rapporti sociali” 600 .<br />
Il IV congresso della Lega, svoltosi a Firenze dal 1 al 3 luglio 1965, approvò<br />
un nuovo statuto contenente diverse modifiche, volte sostanzialmente a caratterizzare<br />
la Lega come organizzazione pluralista, in grado di sollecitare l’adesione<br />
non solo di enti, amministratori e politici, ma anche di personalità vicine<br />
alle autonomie locali, un’organizzazione “a mezza strada tra la politica e la<br />
tecnica” che, come aveva affermato Piccardi all’inizio dei lavori, si distinguesse<br />
dall’Anci, che aveva maggiori possibilità di dialogo con il Governo e le Istituzioni<br />
centrali e “pretese di generalità, quasi di unanimità” 601 . Nel nuovo statuto,<br />
in particolare, veniva irrobustita l’articolazione regionale e locale, veniva<br />
abolita la differenza tra voto consultivo e deliberativo delle diverse categorie di<br />
aderenti alla Lega, in particolare di quelle personalità che, senza essere né amministratori,<br />
né consiglieri, erano purtuttavia impegnati nella battaglia autonomistica.<br />
A rafforzare l’intensità del dibattito interno provvedeva poi anche<br />
l’istituzione di un nuovo organo della Lega, l’assemblea annuale; venivano attribuiti<br />
i poteri deliberativi “al comitato nazionale, cioè all’organismo più ampio<br />
e più numeroso”; veniva poi istituita la direzione della Lega che assorbiva i<br />
poteri della presidenza, infine, veniva attribuita la facoltà di adesione ad associazioni<br />
autonomistiche con fini simili a quelli della Lega 602 .<br />
Il congresso approvava una mozione conclusiva, nella quale si richiedeva<br />
l’attuazione della Costituzione, la riforma degli enti locali, quella della finanza<br />
locale, maggiori poteri agli enti locali in materia di esproprio ai fini urbanisti-<br />
598<br />
Ilario Rosati, Autocritica e rinnovamento, Icd gen. 1965, pp. 35-8.<br />
599<br />
Verso il Congresso, Icd feb. 1965, pp. 1-3.<br />
600<br />
Gino Castagno, Funzione ed organizzazione della Lega, Icd feb. 1965, pp. 33-40.<br />
601<br />
Avv. Leopoldo Piccardi, in Lega nazionale dei comuni democratici, Le autonomie locali<br />
nella società italiana e nello stato democratico, Atti del IV congresso della Lega dei comuni democratici,<br />
regioni, province ed enti minori, Firenze 1-3 luglio 1965, Edizioni Lega nazionale<br />
dei comuni democratici, Roma 1965, pp. 35-40.<br />
602<br />
On. Enzo Santarelli, a nome della Commissione per la modifica dello statuto, ivi, pp. 241-3.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 177<br />
ci; e due ordini del giorno, dedicati alla pace, in particolare in Vietnam e Santo<br />
Domingo, e per le indennità agli amministratori locali 603 .<br />
Venivano approvate, infine, delle lunghe, complesse ed articolate “tesi” nelle<br />
quali erano riassunti gli avvenimenti dell’ultimo periodo, tracciata la difficile<br />
condizione delle autonomie locali, richieste riforme della legislazione comunale<br />
e provinciale, della finanza locale, dell’urbanistica, veniva chiesta una politica di<br />
piano e sviluppo democratico, in sostanza “una politica globale delle autonomie”,<br />
il rafforzamento della Lega sul piano nazionale ed internazionale 604 .<br />
1.4.6. Le Assemblee annuali. Il primo corteo di sindaci a Roma per la finanza<br />
locale<br />
Ad appena qualche mese dal IV congresso la Lega organizzava il convegno annuale<br />
previsto dallo statuto: l’Assemblea annuale della Lega dei comuni democratici,<br />
regioni, province ed enti minori, che si svolgeva a Roma il 25 e 26 ottobre<br />
1965, dedicato, in particolare, all’esame della situazione finanziaria degli enti<br />
locali. Nell’ambito dell’iniziativa, una delegazione di sindaci “alcuni dei quali<br />
indossano la sciarpa tricolore”, mossasi in corteo per le vie di Roma, raggiungeva<br />
la Camera dei Deputati dove incontrava i gruppi parlamentari 605 . Era quello, molto<br />
probabilmente, il primo corteo di sindaci che percorreva la capitale. Ancora<br />
una volta le modalità di lotta tipiche del movimento dei lavoratori ispiravano le<br />
iniziative del movimento per le autonomie locali, confermandone l’intreccio.<br />
Nelle risoluzioni finali del congresso si metteva in evidenza “l’eccezionale<br />
gravità della situazione economico-finanziaria degli Enti locali”, si poneva ad<br />
Anci, Upi ed Uncem “l’esigenza prioritaria di una unità e di un coordinamento<br />
nell’iniziativa e nell’azione al livello dell’opinione pubblica e delle popolazioni”,<br />
si sottolineava, infine, l’urgenza dell’attuazione dell’ordinamento regionale,<br />
della riforma della legge comunale e provinciale, la modifica del sistema<br />
dei controlli, la modifica della legge sulle municipalizzate “per consentire l’espansione<br />
dell’intervento locale in tutti i settori dei servizi pubblici locali”; una<br />
nuova legge urbanistica che desse al comune maggiori poteri di intervento in<br />
materia 606 . I messaggi all’assemblea del cattolico pacifista Aldo Capitini, del repubblicano<br />
Zuccarini e di Riccardo Bauer, esponente di spicco del Partito d’Azione<br />
nel secondo dopoguerra ed allora Presidente della Società Umanitaria di<br />
Milano, sottolineavano l’adesione alle iniziative della Lega di personalità rappresentative<br />
di settori politici esterni ai partiti della sinistra 607 .<br />
603<br />
Ivi, pp. 263-277.<br />
604<br />
Ivi, pp. 281-311; rispetto alle relazioni internazionali si ricorda che al congresso parteciparono<br />
la Federazione nazionale degli eletti repubblicani dalla Francia; la Conferenza permanente<br />
delle città jugoslave; l’Associazione delle città gemellate sovietiche; l’Associazione delle<br />
città gemellate cecoslovacche; Saluti delle delegazioni estere, ivi, pp. 13-22.<br />
605<br />
Notizie ricavate dalle didascalie dell’inserto fotografico del fasc. Icd nov. 1965.<br />
606<br />
Risoluzioni dell’assemblea, Icd nov. 1965, pp. 56-61. Tra i relatori del convegno si ricordano<br />
il presidente della Lega, Antonino Maccarrone e il sindaco di Modena, Rubes Triva.<br />
607<br />
Lettere all’Assemblea, Icd nov. 1965, pp. 63-4.
178 PARTE III<br />
A conferma della gravità della situazione della finanza locale, la rivista della<br />
Lega riproduceva un articolo del “Times” di Londra sulla vertenza fra il comune<br />
di Messina e l’Enel che, nel luglio del 1965, a causa del mancato pagamento<br />
delle forniture, aveva deciso di sospendere l’erogazione dell’energia elettrica destinata<br />
alla pubblica illuminazione. Il titolo del giornale inglese sottolineava lo<br />
stupore della stampa estera riguardo alla situazione dei comuni italiani: Messina’s<br />
debts highlight ills that beset Italian Local Government. Unpaid Electricity bill puts<br />
out a city’ lights. L’argomento veniva ripreso e commentato dal corrispondente da<br />
Londra de “La Stampa”, riprodotto nello stesso fascicolo, con un titolo altrettanto<br />
significativo In Italia esistono 8 mila comuni e quasi tutti sono indebitati 608 .<br />
1.4.7. Uscire dalla crisi: le regioni e la programmazione<br />
La seconda assemblea annuale si svolse a Roma, a Palazzo Brancaccio, il 29-<br />
30 settembre 1966 sul tema L’iniziativa e l’unità delle forze autonomistiche per<br />
uscire dalla crisi istituzionale e finanziaria degli enti locali: “Regioni e programmazione”,<br />
Nella relazione per la segreteria, Enzo Santarelli, direttore della rivista, ribadiva<br />
l’indipendenza dalle ideologie e dai partiti, l’autonomia dell’organizzazione<br />
e l’importanza del richiamo alla Costituzione e, su questa base, rinnovava<br />
l’appello a cattolici, repubblicani e socialdemocratici a collaborare, come già era<br />
avvenuto in passato. Santarelli proponeva la realizzazione di una “Conferenza<br />
delle autonomie locali […, per ] una nuova fase: quella dei rapporti bilaterali e<br />
permanenti con l’Esecutivo, per programmare l’incontro, la contestazione, la<br />
dialettica democratica fra la periferia e il centro”. Anche la Lega, dopo l’Anci -<br />
che aveva elaborato una richiesta simile per tutto il periodo liberale e, dopo il<br />
fascismo e la guerra, ancora nel 1950 – proponeva un organo deputato ad una<br />
ordinata gestione dei rapporti tra Stato ed autonomie locali 609 . Nell’ambito del<br />
dialogo e della collaborazione con le altre organizzazioni degli enti locali Santarelli<br />
sottolineava che la Lega aveva “una funzione di reale avanguardia autonomistica”<br />
610 . Una campagna di apertura e di dialogo che avrebbe favorito l’avvicinamento<br />
di alcune personalità cattoliche di spicco. A questo proposito vanno<br />
ricordati gli articoli dei pacifisti cattolici Capitini, già citato, l’intervista a La<br />
Pira 611 in occasione della sua elezione a presidente della Federazione mondiale<br />
delle città gemellate il 15 settembre 1967. Sempre in questo ambito venivano<br />
messi in risalto, sempre rispetto al movimento cattolico, il “distacco di Corghi<br />
e di Albani e la posizione di Ossicini” 612 .<br />
608<br />
m. ci., In Italia esistono 8 mila comuni e quasi tutti sono indebitati, “La Stampa”, 10 lug.<br />
1965, ora in Icd nov. 1965.<br />
609<br />
Cfr. Gaspari, I precedenti della Conferenza Stato-Città…, cit., pp. 129-146.<br />
610<br />
Enzo Santarelli, Una Lega più forte e più estesa, Icd nov. 1966, pp. 56-70. La terza assemblea<br />
annuale si teneva a Roma il 16-17 novembre 1967; per gli atti cfr. Icd nov.-dic. 1967.<br />
611<br />
Giorgio La Pira, Pace per le città, Icd ott. 1967, pp. 30-3; intervista a cura di Riccardo<br />
Di Corato già pubblicata in “Sette giorni”, 1967, n. 16.<br />
612<br />
Note del mese. Le autonomie e i cattolici, Icd mar. 1968, pp. 1-2.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 179<br />
1.4.8. Una nuova rivista per gli enti locali: “Il potere locale”<br />
Nel 1968, la rivista si rinnovava dal punto di vista grafico, a qualche mese<br />
dall’apparizione di un’altra pubblicazione della Lega: “Il potere locale” 613 .<br />
Come scriveva il segretario Maccarrone sul <strong>qui</strong>ndicinale “Con Il potere locale<br />
vogliamo realizzare uno strumento che ci colleghi direttamente con gli<br />
amministratori, quotidianamente impegnati nell’amministrazione e nella<br />
lotta per le autonomie, al servizio delle popolazioni; che ci consenta un collo<strong>qui</strong>o<br />
continuo ed un dibattito aperto con tutti coloro che si dichiarano<br />
disposti all’impegno e alla lotta per la costruzione di uno Stato democratico”<br />
614 .<br />
L’anno si apriva con l’approvazione della legge relativa alle norme per l’elezione<br />
dei consigli regionali (17 feb. 1968 n. 108), primo passo verso quell’istituzione<br />
delle regioni a statuto ordinario che avrebbe costituito la prima<br />
importante novità che avrebbe caratterizzato gli anni ’70, “dopo il lungo periodo<br />
di inadempienza costituzionale sembrava aver avviato una nuova nella<br />
vita istituzionale del Paese” 615 . Non fu un caso che, in concomitanza con<br />
quell’importante riforma, ritornassero all’ordine del giorno, tra i tanti altri<br />
problemi, due tra i maggiori nodi irrisolti nei rapporti tra Stato ed autonomie<br />
locali: il prefetto ed il segretario comunale. L’eloquente titolo dell’articolo<br />
di Enzo Santarelli, della direzione della Lega, La soppressione dei prefetti<br />
ed il saggio su I segretari comunali e provinciali, sottolineavano come i due<br />
istituti continuassero ad essere al centro dell’attenzione del movimento per<br />
le autonomie locali. Nel primo caso era solo la Lega a chiederne, semplicemente,<br />
la soppressione: “la partecipazione popolare alla vita delle autonomie<br />
va finalizzata contro i prefetti” 616 . Nel secondo erano tutte le organizzazioni<br />
ad auspicarne la riforma che, secondo Gracili, riprendendo esplicitamente<br />
una proposta avanzata in sede di commissione di studio per l’Assemblea costituente,<br />
avrebbe dovuto togliere i segretari comunali e provinciali dal Ministero<br />
dell’interno per farne figure indipendenti iscritte ad un albo professionale<br />
e soggette ad un “costante aggiornamento professionale (formalmente<br />
e sostanzialmente obbligatorio)”, non solo di carattere giuridico ma anche,<br />
e in particolare, economico, per meglio rispondere alla sfida della programmazione<br />
617 ; una riforma, questa, che sarebbe stata realizzata, come si vedrà,<br />
solo circa trent’anni dopo, a partire dalla riforma dell’ordinamento delle<br />
autonomie.<br />
613<br />
Note del mese, Icd gen. 1968, pp. 1-4.<br />
614<br />
Antonino Maccarrone, Nuovo impegno, “Il potere locale”, 15 nov. 1967, p. 1.<br />
615<br />
Melis, Storia dell’amministrazione italiana..., cit., p. 490.<br />
616<br />
Enzo Santarelli, La soppressione dei prefetti, Icd mag. 1968, pp. 15-20.<br />
617<br />
Rino Gracili, I segretari comunali e provinciali, Icd set. 1969, pp. 63-5.
180 PARTE III<br />
1.5. Il ’68 della Lega: movimento di massa organizzato<br />
1.5.1. Nasce la Lega per le autonomie e i poteri locali<br />
La IV assemblea annuale della Lega si svolse a Bologna il 15-17 novembre<br />
1968, segnata dalla ricerca di una maggiore partecipazione di massa alla vita dell’organizzazione<br />
ed in primo luogo degli amministratori, in sintonia con l’atmosfera<br />
di un’epoca, appena iniziata, caratterizzata da una forte mobilitazione<br />
studentesca ed operaia. Al termine del suo intervento introduttivo il segretario<br />
Maccarrone affermava: “Si tratta di cambiare strada nel senso di trasformare la<br />
Lega in un’organizzazione di massa e di avanguardia che lotta per le autonomie<br />
locali, per affermare ed esaltare il ruolo degli enti locali. Un movimento organizzato,<br />
dunque, che […] apre le sue assemblee di base nei comprensori e nelle<br />
province e le sue articolazioni nelle regioni a tutte le forze politiche, sociali, culturali<br />
che vogliono partecipare alla battaglia per le autonomie locali” 618 .<br />
Lanzetta era invece totalmente contrario ad un cambiamento netto della<br />
struttura della Lega di cui rivendicava il fatto che “è nata a suo tempo come<br />
strumento rivoluzionario di lotta per le autonomie locali” proprio come “la Costituzione<br />
fu un fatto eminentemente rivoluzionario, dato che stabiliva tutto un<br />
nuovo ordinamento contrario alla continuazione del vecchio Stato monarchico-fascista”.<br />
Lanzetta si dichiarava “nettamente contrario a una ipotesi di una<br />
Lega degli amministratori”, pur sottolineando la necessità di “una organizzazione<br />
effettivamente di massa 619 . Anche Castagno si dichiarava assolutamente<br />
contrario all’ipotesi di Maccarrone e puntava l’attenzione, piuttosto, sulla natura<br />
dell’autonomia per la quale la Lega si sarebbe dovuta battere, specie alla<br />
luce dell’esperienza delle regioni autonome che, rispetto ai comuni “diventano<br />
accentratrici e centri di potere assoluti” 620 .<br />
La svolta avvenne l’anno seguente, con il V congresso, apertosi a Bologna il 28<br />
febbraio 1969. La Lega decise di percorrere la strada indicata dal segretario Maccarrone<br />
e divenne “movimento organizzato”. Il documento approvato dal congresso,<br />
alla luce del “continuo aggravarsi della crisi degli enti locali” e per il “rilancio<br />
della battaglia autonomistica” stabiliva la necessità di “un diretto collegamento<br />
coi movimenti di massa che si sviluppano nel paese […] perciò la lotta per<br />
le autonomia degli enti locali deve svilupparsi oggi sia sul terreno istituzionale sia<br />
su quello economico sociale”. La Lega, proseguiva il documento, “vuole suscitare<br />
una vasta e unitaria battaglia autonomistica come parte integrante del movimento<br />
dei lavoratori per le riforme di struttura, per il potere e per la libertà” 621 .<br />
La testimonianza del mutamento era nella denominazione e nello statuto: la<br />
Lega diveniva “Lega per le autonomie e i poteri locali” 622 , lo statuto sottolinea-<br />
618<br />
Antonino Maccarrone, La relazione introduttiva, Icd nov 1968, pp. 10-31.<br />
619<br />
Michele Lanzetta, Continuità della nostra azione, Icd nov. 1968, pp. 32-5.<br />
620<br />
Gino Castagno, Per una Lega di enti, Icd nov. 1968, pp. 52-4.<br />
621<br />
Una nuova Lega per le autonomie e i poteri locali, Icd apr.-mag. 1969, pp. 25-7.<br />
622<br />
“Il comune democratico” diveniva “Organo della Lega per le autonomie e i poteri locali”<br />
a partire dal fasc. di giugno del 1969; dal 1970 la periodicità della rivista sarebbe passata da<br />
mensile a bimestrale; nel 1971 sarebbe tornata ad essere mensile e “Il comune democratico” sa-
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 181<br />
va le caratteristiche della Lega come movimento, “indipendente dai partiti e dal<br />
governo”, a cui potevano aderire in primo luogo “le associazioni autonomistiche<br />
che sorgono localmente” e gli enti locali “che condividono gli scopi della<br />
lega” 623 . Il segretario nazionale, Antonino Maccarrone veniva confermato 624 .<br />
1.5.2. La stagione dei movimenti. I rapporti con l’Est europeo<br />
La Lega era pienamente coinvolta nella stagione dei movimenti che, a partire<br />
dalla fine degli anni ’60, scuoteva i partiti della sinistra e l’intera società nazionale.<br />
Tutto si spiegava attraverso la logica del movimento. Si chiedeva un più<br />
forte intervento del movimento in favore delle autonomie locali, ed un maggiore<br />
coinvolgimento della Lega nel movimento; al centro, in ogni caso, c’era il rapporto<br />
con le masse operaie e studentesche, non più i cittadini o le istituzioni.<br />
Le stesse cause della persistenza della crisi degli enti locali venivano rinvenute<br />
in una insufficiente importanza attribuita dal movimento dei lavoratori e<br />
dai partiti alla questione delle autonomie 625 , ma anche in un insufficiente coinvolgimento<br />
della Lega nel movimento operaio e studentesco 626 . La storica iniziativa<br />
per la promozione dei consigli di quartiere, in questo contesto, era oggetto<br />
di una rinnovata attenzione 627 .<br />
Proprio però come era avvenuto nei difficilissimi anni del secondo dopoguerra,<br />
il tributo all’ideologismo, e al mito della rivoluzione, come allora a<br />
quello del movimento, non impedì alla Lega di continuare ad essere protagonista<br />
nella ricerca di soluzioni ai concreti problemi degli enti locali, come quelli<br />
di carattere giuridico-istituzionale, che potevano apparire lontani dalle parole<br />
d’ordine al centro dell’interesse delle assise congressuali. Anche quando più forte<br />
era l’attenzione della sinistra al movimento, che portò all’apertura nella rivista<br />
di un’apposita rubrica dedicata ai Movimenti di base, accanto alla mobilitazione<br />
per la pace e contro la guerra nel Vietnam, non mancarono occasioni di<br />
discussione sui temi ormai classici quali, ad esempio, la riforma del diritto dei<br />
suoli 628 ed il sistema dei controlli 629 .<br />
Rispetto alla politica internazionale a partire dagli anni ‘60 si rinnovarono<br />
i rapporti con i paesi dell’Est europeo, in particolare con la Germania orientale,<br />
attraverso la partecipazione ai Collo<strong>qui</strong> di Dresda, organizzati dal 1962 dal<br />
Comitato internazionale d’iniziativa per i collo<strong>qui</strong> di Dresda di sindaci e am-<br />
rebbe divenuto “Rivista delle autonomie locali. A cura della Lega per le autonomie e i poteri<br />
locali” ed avrebbe assunto una nuova veste tipografica, cambiata ancora nel 1972.<br />
623<br />
Il nuovo statuto della Lega, Icd apr.-mag. 1969, pp. 27-9.<br />
624<br />
I nuovi organi dirigenti, Icd apr.-mag. 1969, pp. 30-2.<br />
625<br />
Editoriale. Le autonomie locali agli inizi del ’70, Icd gen.-feb. 1970, pp. 1-9.<br />
626<br />
Corrado Corghi, Verso nuove “stagioni” di lotta, Icd mag.-giu. 1970, pp. 17-22.<br />
627<br />
Raffaele Meo, Renzo Bonazzi, Consigli di quartiere: organi di democrazia diretta, Icd mag.<br />
1972, pp. 20-8.<br />
628<br />
Icd gen.-feb. 1970.<br />
629<br />
Il sistema dei controlli sui comuni, sulle province e sugli altri enti locali nel nuovo ordinamento<br />
regionale, Icd nov.-dic. 1970, pp. 1-68.
182 PARTE III<br />
ministratori locali europei. Un documento approvato nel 1971, che aveva<br />
evidentissime finalità di sostegno alle richieste dei Paesi comunisti dell’Est, vedeva<br />
al primo punto la sottolineatura del ruolo del comune che “occupa un<br />
posto importante nella vita della società” e si chiudeva con il punto 14 nel<br />
quale si chiedeva ai comuni di “chiedere la ratificazione dei trattati tra l’URSS<br />
e la RFT, tra la Repubblica popolare di Polonia e la RFT, importanti per la pace<br />
europea ed agire per il riconoscimento della RDT da parte di tutti gli stati<br />
secondo il diritto internazionale” 630 . L’autonomia locale italiana era argomento<br />
di studio anche nell’Istituto del marxismo-leninismo di Mosca un cui collaboratore,<br />
Volodja Bogorad, scriveva un articolo pubblicato anche dall’organo<br />
della Lega: La battaglia delle masse lavoratrici italiane per l’autonomia regionale<br />
631 .<br />
1.6. Gli anni settanta: le regioni, la pace e l’Europa<br />
L’istituzione delle regioni a statuto ordinario nel 1970 ripropose, con forza,<br />
la questione del ruolo delle autonomie locali. Al centro dell’attenzione era il<br />
rapporto che si sarebbe stabilito, in particolare, tra regioni e comuni. Ne “il comune<br />
democratico” non si dava spazio alcuno alle illusioni: “Da un lato l’esperienza<br />
di questi anni sul rapporto tra Stato e autonomie locali (ed anche all’interno<br />
di alcune regioni a statuto speciale), e dall’altro le ambiguità nell’uso del<br />
termine ‘partecipazione’ non inducono a facili ottimismi” 632 . I Comitati regionali<br />
di controllo prendevano il posto delle giunte provinciali amministrative<br />
nell’attività di controllo sugli atti delle autonomie locali 633 , quando ormai si era<br />
però da tempo conclusa la stagione della repressione e della conflittualità tra<br />
amministrazioni della sinistra ed autorità di governo.<br />
Alla fine del 1972, nel corso dei lavori di preparazione del VI congresso della<br />
Lega moriva il segretario Maccarrone 634 . La commemorazione apparsa sulla<br />
rivista ne ricordava l’impegno e la passione per il lavoro di politico e di amministratore<br />
locale, i contatti con l’estero attraverso l’Unione delle città e dei comuni<br />
della RDT, con la Conferenza permanente delle città jugoslave, con la Federazione<br />
nazionale degli eletti repubblicani della Francia 635 .<br />
Nel 1972 si svolse il VI congresso della Lega, svoltosi a Perugia il 14-17 dicembre,<br />
nel quale svolgeva una relazione il presidente dell’Anci, e sindaco di<br />
Frascati, Guglielmo Boazzelli, il quale ricordava le molteplici iniziative dell’As-<br />
630<br />
Verso il VI collo<strong>qui</strong>o di Dresda, Icd giu. 1971, pp. 60-63.<br />
631<br />
Icd mag. 1971, pp. 38-49.<br />
632<br />
Alarico Carrassi, Regioni e autonomie locali, Icd lug.-ago. 1970, pp. 21-9.<br />
633<br />
Convegno sul sistema dei controlli sui comuni, sulle province e sugli altri enti locali nel nuovo<br />
ordinamento regionale. Numero speciale, Icd, nov.-dic. 1970.<br />
634<br />
Nato a Santa Teresa di Riva (Messina), il 7 novembre 1922, iscritto al Pci dal 1941, partecipò<br />
alla Resistenza. Laureatosi in medicina a Pisa, fu capogruppo al consiglio comunale della<br />
città tra il 1956 ed il 1964; presidente dell’Amministrazione provinciale di Pisa dal 1951 al<br />
1963, senatore dal 1963 e segretario nazionale della Lega dal 1961.<br />
635<br />
Ricordo di Antonino Maccarrone, Icd ott. 1972, pp. 3-6.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 183<br />
sociazione a livello legislativo 636 . Il congresso approvava un nuovo statuto della<br />
Lega un nuovo consiglio nazionale, e nominava un nuovo segretario nazionale:<br />
Giorgio De Sabbata, del Pci 637 . Inoltre, facendo seguito ad una iniziativa della<br />
Lega avviata l’anno precedente 638 veniva costituito un “Centro di iniziative, ricerche<br />
e documentazione (CIRD), che estenda ulteriormente lo spazio di intervento<br />
politico, ideale culturale della Lega e offra nello stesso tempo lo strumento<br />
di ricerca e di mobilitazione a tutto il movimento delle autonomie” 639 .<br />
Negli anni ’70 la Lega delle autonomie locali era pienamente coinvolta nell’impegno<br />
della sinistra in difesa della democrazia 640 , come scriveva il segretario<br />
De Sabbata, “all’instaurazione del fascismo in Italia come in Spagna, in Portogallo,<br />
in Grecia, sempre si è accompagnata la soppressione delle assemblee elettive<br />
locali”, e ancora: “L’affermazione delle autonomie non si può perciò ottenere<br />
isolandole dal contesto sociale, separando, cioè, la battaglia per le riforme<br />
istituzionali da quella per le riforme sociali” 641 . Ma gli anni ’70 erano anche gli<br />
anni dell’impegno internazionale per la democrazia e per la pace, dal Vietnam<br />
al Cile, al Medio Oriente, che nella rivista si rifletteva negli articoli curati da<br />
Corrado Corghi 642 .<br />
L’apparizione del nome di Umberto Serafini, segretario dell’Aicce (Associazione<br />
italiana del Consiglio dei comuni d’Europa), nel consiglio nazionale 643<br />
segnava l’inizio di una nuova attenzione verso il processo di unificazione europea<br />
644 che avveniva a partire di un’organizzazione comunale europea, qual<br />
era l’Aicce, fino ad allora osteggiata dalla Lega - anche per i sospetti di un suo<br />
collegamento con i servizi segreti degli Usa 645 - a vantaggio di un’altra grande<br />
organizzazione comunale internazionale, che si occupava dei gemellaggi, la Fédération<br />
mondiale des Villes jumelées (Fmvj), chiaramente schierata a sinistra<br />
646 .<br />
636<br />
In particolare per una nuova legge comunale e provinciale, indispensabile dopo l’istituzione<br />
delle regioni a statuto ordinario, che comprendeva la riforma dell’istituto della provincia,<br />
in accordo con l’Upi; per una nuova normativa sui controlli; per la riforma della finanza locale,<br />
per la riforma dell’assunzione diretta dei servizi pubblici degli enti locali insieme ad Upi e<br />
Cispel; Guglielmo Boazzelli, Per lo sviluppo delle autonomie, Icd nov. 1972, pp. 34-9.<br />
637<br />
Dai documenti del VI congresso della Lega, Icd dic. 1972, pp. 60-67.<br />
638<br />
All’inizio del 1971 si era scritto di “un Centro-studi che la Lega, faticosamente, ma in<br />
modo fecondo, sta costruendo in questi giorni”; A.B. (Alberto Brasca), Il comune democratico.<br />
Impegno le autonomie, Icd gen.1971, pp. 1-2.<br />
639<br />
Il documento politico del VI congresso, Icd dic. 1972, pp. 3-5.<br />
640<br />
La Lega si impegnava anche su questo fronte pubblicando Fascismo e neofascismo, un volumetto<br />
di 64 pagine dedicato al fascismo storico ed al pericolo neofascista degli anni ’70; Pagina<br />
pubblicitaria, Icd gen. 1972.<br />
641<br />
Giorgio De Sabbata, Autonomie e sviluppo del paese, Icd gen. 1973, pp. 3-7.<br />
642<br />
Si veda, ad esempio, l’indice dell’annata 1973 de “Il comune democratico”.<br />
643<br />
Dai documenti del VI congresso della Lega, Icd dic. 1972, pp. 60-67; cfr. anche Umberto<br />
Serafini, Per una politica europea defgli enti locali, Icd apr. 1973, pp. 15-20.<br />
644<br />
Su questo argomento, successivamente, cfr. il fascicolo della rivista dedicato a Parlamento<br />
europeo. Economia e istituzioni, Icd apr.-mag. 1979.<br />
645<br />
Gaspari, Cities against States?..., cit., pp. 612-3.<br />
646<br />
Cfr. Antoine Vion, Superare i conflitti: il gemellaggio tra città europee dopo la seconda guerra<br />
mondiale, in in Dogliani, Gaspari, (a cura di), L’Europa dei comuni…, cit., pp. 249-272.
184 PARTE III<br />
Continuava l’impegno specifico della Lega in favore del Mezzogiorno 647 , lo<br />
sviluppo di rapporti privilegiati con la realtà sociale organizzata in particolare<br />
in Emilia-Romagna, che si estrinsecava in accordi tra enti locali e sindacato, come<br />
a Reggio Emilia, dove comune, provincia e la locale federazione provinciale<br />
unitaria Cgil-Cisl-Uil si accordavano in materia di tariffe di trasporti, asili nido<br />
e tariffe di servizi pubblici 648 . Continuava, immutato, anche l’impegno per<br />
la riforma della finanza locale 649 .<br />
Gli anni ’70 erano ancora gli anni dei movimenti, come insisteva anche il<br />
nuovo segretario De Sabbata quando, concludendo i lavori dell’VIII assemblea<br />
dedicata alla questione della finanza locale, chiedeva di “rafforzare il nostro carattere<br />
di movimento di massa”, un carattere che la differenziava dall’Anci. La<br />
Lega, infatti, era “associazione di movimento, cosa che l’Anci non è mai stata,<br />
non riesce ad essere e non riuscirà mai ad essere per la sua natura”.<br />
Lo spazio della Lega non era “uno spazio di polemica nei confronti dell’Associazione<br />
nazionale dei comuni d’Italia, ma [era] uno spazio di diversificazione”.<br />
Il segretario arrivava poi anche a definire i compiti degli organi periferici,<br />
impegnati nelle iniziative di carattere regionale, e quelli degli organi<br />
centrali della Lega. Per i secondi vi erano, oltre alla “possibilità di una svolta<br />
generale del paese, compiti che sono assolutamente urgenti”, anche compiti<br />
minori ma “egualmente essenziali come quello dell’indennità di carica agli amministratori”<br />
650 .<br />
1.6.1. Le grandi manifestazioni della Lega contro la crisi finanziaria delle<br />
autonomie locali<br />
Gli anni ‘70 infine, soprattutto per le autonomie locali, erano quelli della<br />
tragica situazione finanziaria causata, tra l’altro, dal colpevole e gravissimo ritardo<br />
con il quale lo Stato versava ai comuni l’ammontare dei trasferimenti<br />
corrispondenti alle imposte locali abolite e dall’assoluta insufficienza di risorse<br />
proprie.<br />
La gravità della condizione dei comuni era tale che al termine di un’assemblea<br />
nazionale a Roma dedicata ai “problemi della stretta creditizia e, più in generale,<br />
della condizione istituzionale e finanziaria degli enti locali”, la Lega organizzava<br />
una “sfilata dei gonfaloni dei comuni del Lazio che, nel pomeriggio<br />
647<br />
Cfr. Atti della III assemblea meridionale della Lega per le autonomie e i poteri locali, Reggio<br />
Calabria 23-24 giugno 1973, Icd lug.-ago. 1973; Atti della IV assemblea meridionale della Lega<br />
(Taranto 18-19 dicembre 1976). “Per lo sviluppo del Mezzogiorno e per il superamento della crisi<br />
del Paese”. Gestione democratica della lgge 183, riconversione industriale e risanamento della finanza<br />
pubblica, Icd nov.-dic. 1976.<br />
648<br />
Documento di intesa sindacato-comune-provincia a Reggio Emilia, Icd set. 1974, pp. 86-92.<br />
649<br />
Atti della VIII assemblea annuale della Lega per le autonomie e i poteri locali sul tema: “un<br />
diverso bilancio dello Stato collegato con una finanza regionale e locale efficiente e democratica, nella<br />
piena realizzazione del sistema delle autonomie, obiettivo necessario di un forte movimento democratico<br />
per superare la crisi economica e politica del nostro Paese”, Roma 8-9 ottobre 1973, Icd<br />
nov.-dic. 1973.<br />
650<br />
Giorgio De Sabbata, Conclusioni, ivi, pp. 113-7.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 185<br />
del 26 giugno, portati per le vie del centro di Roma hanno accompagnato le<br />
delegazioni di amministratori al Senato, alla Camera dei Deputati e alla Presidenza<br />
del consiglio” 651 . De Sabbata polemizzava con il presidente della Banca<br />
d’Italia, Guido Carli, e accusava il Governo della situazione cui erano costretti,<br />
in particolare, i grandi comuni 652 ; accuse rinnovate nelle successive assemblee<br />
della Lega dello stesso 1974 653 e del 1975 654 .<br />
Il buon successo del corteo del 26 giugno aveva effetto su tutte le organizzazioni<br />
del movimento. Nell’ottobre 1974 i consigli nazionali di Anci ed Upi,<br />
con alcuni presidenti in rappresentanza delle regioni, “considerata la gravità<br />
della situazione delle istituzioni locali e regionali [decidevano] di indire una<br />
‘Giornata nazionale delle regioni e delle autonomie’” per il successivo 12 novembre,<br />
giorno nel quale i consigli regionali, provinciali e comunali si sarebbero<br />
dovuti riunire per chiedere il “rinnovamento e [il] risanamento della vita democratica<br />
e della pubblica amministrazione”. Nella stessa occasione veniva stabilito<br />
anche di “assumere quanto prima la decisione di convocare a Roma una<br />
manifestazione unitaria” 655 .<br />
La “Giornata nazionale delle regioni e delle autonomie” del 12 novembre,<br />
secondo quanto riportato da “Il potere locale” aveva successo nonostante “le<br />
manovre dei dirigenti dc” 656 , ma era evidente che l’opposizione del più grande<br />
partito nazionale aveva privato l’iniziativa del respiro unitario che avrebbe avuto<br />
avere.<br />
651<br />
Luigi Ladaga, La comunità nazionale investita della grave crisi degli enti locali, Ipl giu.<br />
1974, p. 1.<br />
652<br />
Il segretario denunciava i concreti effetti della riduzione delle risorse a disposizione delle<br />
autonomie locali, quali il ritardato pagamento delle retribuzioni al personale da parte del comune<br />
di Venezia, le operazioni urgenti ed eccezionali a cui era dovuto ricorrere il comune di<br />
Bologna sempre per pagare gli stipendi al personale, ricordava che i comuni di Roma e Milano<br />
si erano invece rivolti direttamente al governatore della Banca d’Italia per avere anticipi in<br />
modo da far fronte alle spese correnti; Giorgio De Sabbata, Relazione, in Atti del convegno nazionale<br />
sul tema: Autonomie, finanza e credito. Roma, 24-25 giugno 1974, Icd, lug.-ago. 1974.<br />
In occasione del consiglio nazionale svoltosi in quegli stessi giorni veniva approvata, tra l’altro,<br />
la costituzione di un Ufficio di segreteria diretto da Walter Anello, che avrebbe svolto la<br />
mansione per circa venticinque anni. Era così garantita una continuità della struttura particolarmente<br />
utile per superare le difficoltà dovute alla doppia carica dei due segretari nazionali ed<br />
ai relativi cambi cui questa era soggetta.<br />
653<br />
Documento finale della IX assemblea della Lega, Icd ott. 1974, pp. 113-4.<br />
654<br />
Nelle conclusioni della X assemblea, svoltasi a Roma, il segretario affermava la funzione<br />
informatrice e formatrice dell’organizzazione: “La Lega conferma il suo carattere non di semplice<br />
associazione di enti, ma di movimento di forze autonomiste, di sede di confronto per raggiungere<br />
necessarie ed opportune intese sui problemi principali, e anche di guida per la battaglia<br />
per l’affermazione dei principi autonomistici della Costituzione. La battaglia va condotta<br />
con tutti gli strumenti democratici a disposizione dal seminario di ricerca, al corso di studio,<br />
alla pubblicazione periodica, alla ricerca individuale, all’editoria democratica, alla manifestazione<br />
di massa, all’assemblea provinciale e regionale, al contatto e all’azione comune con i sindacati,<br />
alla presenza dei gonfaloni nelle manifestazioni per le riforme” Giorgio De Sabbata,<br />
Conclusioni, in Atti della X assemblea nazionale sul tema: comuni, province e regioni per superare<br />
la crisi del Paese. Roma, Teatro Eliseo, 2-3 dicembre 1975, Icd nov.-dic. 1975, pp. 132-141.<br />
655<br />
Il 12 novembre giornata nazionale delle autonomie, Ipl 20 ott. 1974, p. 1.<br />
656<br />
Unità del movimento per uscire dalla crisi, Ipl 30 ott.-10 nov. 1974, p. 1.
186 PARTE III<br />
La marcia indietro della DC e, di conseguenza di Anci ed Upi, non induceva<br />
però la Lega a recedere dall’idea di una grande manifestazione di amministratori<br />
che si svolgeva a Roma nella mattinata del 18 febbraio 1975, preparata<br />
in modo accurato 657 . Una grande forza per cambiare, “Il potere locale” dava il<br />
resoconto dell’evento con questo titolo sovrapposto ad una foto della folla dei<br />
manifestanti riuniti sotto il palco. Partecipavano al corteo che percorreva il centro<br />
di Roma da Piazza della Repubblica a Piazza Santi Apostoli attraverso Via<br />
Nazionale, migliaia di amministratori comunali e provinciali e varie delegazioni<br />
regionali, il cui lungo elenco era pubblicato nella rivista. Inviavano la loro<br />
“solidale adesione” i segretari del Pci, Enrico Berlinguer, e del Psi, Francesco De<br />
Martino; Anci ed Upi, invece, si limitavano all’invio di un semplice telegramma<br />
di “saluto” ai partecipanti.<br />
Il segretario della Lega nel suo discorso sottolineava la gravissima situazione<br />
delle autonomie locali e le difficoltà del movimento a procedere unitariamente,<br />
ma anche l’importanza storica della manifestazione:<br />
“La drammatica realtà e la crescente coscienza autonomista non possono essere<br />
fermate o ingabbiate da veti, per quanto autorevoli siano […] in più di cento<br />
anni di unità nazionale è la prima volta che le autonomie locali rivolgono in<br />
questa forma un appello al Paese”.<br />
Al termine della manifestazione veniva inviata una petizione al Parlamento<br />
ed il segretario De Sabbata inviava una lettera al Presidente del consiglio dei<br />
ministri Aldo Moro 658 .<br />
Particolarmente importante in quegli anni fu la pubblicazione nel 1976 della<br />
relazione della Commissione Giannini sull’attuazione della legge 22 luglio<br />
1975 n. 382 in virtù della quale “il Governo veniva delegato ad emanare, entro<br />
un anno, i decreti legislativi necessari a regolare il completamento dell’ordinamento<br />
regionale” 659 ”. Il testo integrale del documento veniva pubblicato<br />
nel fascicolo di aprile de “Il comune democratico” 660 , nel numero successivo apparivano<br />
commenti a cura di importanti giuristi, politici ed amministratori; tra<br />
questi lo stesso Giannini e <strong>qui</strong>ndi, Franco Bassanini, Guido Neppi Modona,<br />
Franco Levi, Sabino Cassese, Giuliano Amato, Valerio Onida.<br />
L’intervento più polemico nei confronti della relazione era senza dubbio<br />
quello del segretario che chiedeva, ine<strong>qui</strong>vocabilmente Più spazio agli Enti locali!<br />
De Sabbata contestava il fatto che: “Di fronte alla possibilità di conferire funzioni<br />
agli enti locali nelle materie di competenza regionale e anche in altre materie,<br />
la Commissione ha avanzato proposte minime che corrispondo ad una og-<br />
657<br />
Ne danno testimonianza i fascicoli de “Il potere locale” che precedevano l’evento: Appello<br />
delle autonomie per la manifestazione di Roma, Ipl 31 gen. 1975, p. 1; 18 febbraio a Roma. Manifestazione<br />
nazionale delle autonomie organizzata dalla Lega nazionale, Ipl 15 feb. 1975, p. 1.<br />
658<br />
Si succedevano sul palco della manifestazione Aldo Aniasi, sindaco socialista di Milano;<br />
un rappresentante della segreteria della Federazione Cgil, Cisl, Uil; Renato Zangheri, sindaco<br />
comunista di Bologna; Nicola Capria, deputato socialista dell’Assemblea regionale siciliana;<br />
Fausta Giani Cecchini vice sindaco di Pisa e componente della presidenza dell’Udi; “Il potere<br />
locale” 28 feb. 1975, pp. 2-7.<br />
659<br />
Melis, Storia dell’amministrazione italiana..., cit., p. 493.<br />
660<br />
La Legge 382 sull’ordinamento regionale: i lavori della Commissione Giannini, Icd apr. 1975.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 187<br />
gettiva sottovalutazione del ruolo degli enti locali”, e ancora: “la proposta normativa<br />
considera talmente preferibile determinare un obbligo di delega, anziché<br />
un’attribuzione diretta [dallo Stato a comuni e province] da sottovalutare completamente<br />
l’attrito che si crea, l’inevitabile lentezza che si determina con il doppio<br />
passaggio prima alla regione e poi all’ente locale”. Il segretario <strong>qui</strong>ndi concludeva<br />
reclamando non solo una maggiore attenzione verso gli enti locali, ma<br />
anche, e sempre in nome dell’efficienza dei servizi forniti ai cittadini, la riforma<br />
della legge comunale e provinciale e quella complessiva dei ministeri 661 .<br />
Sempre nel corso del 1976 l’on. Pietro Conti 662 , del Pci, diveniva il nuovo<br />
segretario della Lega e Luigi Ladaga, del Psi, veniva nominato segretario nazionale<br />
aggiunto 663.<br />
1.6.2. Il DPR 616 e il rapporto con i partiti<br />
Nel 1977 la Lega dibatteva sulla natura e la funzione dei comprensori 664 , denunciava<br />
lo stravolgimento delle conclusioni della Commissione Giannini in<br />
merito alle competenze regionali 665 , discuteva della riforma sanitaria 666 . Proponeva,<br />
in particolare, un bilancio positivo della legge 8 aprile 1976, n. 278, sul<br />
decentramento e sulla partecipazione dei cittadini nella amministrazione del<br />
comune che aveva portato alla creazione dei consigli di quartiere o di circoscrizione,<br />
una norma che dava veste giuridica alle iniziative di decentramento promosse<br />
dal comune di Bologna sin dalla seconda metà dagli anni ’50. L’obiettivo<br />
era: “irrobustire, contro ogni tentativo di reazione e di disgregazione, il tessuto<br />
sociale con la pratica quotidiana della democrazia, e per realizzare un nuovo<br />
rapporto tra cittadini e il governo della città e dello Stato” 667<br />
Il DPR del 24 luglio 1977, n. 616 veniva definito Una svolta per le autonomie<br />
e per la struttura dello Stato 668 . Il provvedimento era destinato “a regolare il completamento<br />
dell’ordinamento regionale [...] Si apriva così un’ulteriore fase dell’attuazione<br />
delle regioni [..., alleggerendo] le pubbliche amministrazioni centrali<br />
[per] consentirne il ridimensionamento organizzativo” 669 . A discutere del decreto<br />
616 alla tavola rotonda organizzata da “Il comune democratico”, non venivano<br />
661<br />
Giorgio De Sabbata, Più spazio agli Enti locali!, Icd mag. 1976, pp. 18-22.<br />
662<br />
Conti, primo presidente della Regione Umbria, parlamentare del Pci per tre legislature dal<br />
1976 al 1987, morì il 7 set. 1988; È morto Pietro Conti, , “Il potere locale” (Ipl) set. 1988, p. 3.<br />
663<br />
Cfr. Atti della IV assemblea meridionale della Lega (Taranto 18-19 dicembre 1976)…, cit.<br />
De Sabbata, divenuto senatore, continuava a ricoprire la carica di direttore de “Il comune democratico”<br />
fino al numero di marzo-aprile del 1977, da quello successivo direttore del mensile<br />
diveniva Lucio Luzzatto, già esponente della Lega nel secondo dopoguerra.<br />
664<br />
Argomenti sul tema: comprensori e riforma del governo locale, Icd gen.-feb. 1977; Il dibattito<br />
sull’ente intermedio: materiale di lavoro, Icd nov. 1977.<br />
665<br />
Schema di decreto Morlino e relazione Giannini a raffronto. Materiali di lavoro per l’attuazione<br />
della legge 382, Icd mar.-apr. 1977.<br />
666<br />
Riforma sanitaria, Icd ott. 1977.<br />
667<br />
Walter Anello, Le armi della democrazia, Icd mag. 1977, pp. 3-5.<br />
668<br />
Dopo il decreto 616. Tavola rotonda, Icd dic. 1977, p. 7.<br />
669<br />
Melis, Storia dell’amministrazione italiana..., cit., pp. 493-4.
188 PARTE III<br />
chiamati amministratori o dirigenti dello Stato, o cariche istituzionali che, molto<br />
probabilmente, meglio sarebbero state in grado di descrivere l’impatto del decreto<br />
nel concreto funzionamento delle amministrazioni locali, regionali od in<br />
quella nazionale, ma esponenti di partito, segnale evidente dell’assoluta centralità<br />
dei partiti nella vita delle istituzioni locali. Così, sotto la guida del nuovo direttore<br />
della rivista, Lucio Luzzatto, discutevano dell’attuazione del decreto 616<br />
Aldo Aniasi del Psi, Alberto Ciampaglia del Psdi, Franco Compasso del Pli, Armando<br />
Cossutta del Pci, Carlo Di Re del Pri, Nicola Signorello della Dc.<br />
Nonostante l’influenza dei partiti sulla Lega, come su tutte le organizzazioni<br />
delle autonomie locali queste godevano, comunque, di un’autonomia significativa,<br />
almeno per quanto riguarda l’Anci. Stando ad una ricerca di Bruno<br />
Dente del 1984, e <strong>qui</strong>ndi successiva al periodo in esame, ma la cui sostanza era<br />
quasi certamente valida anche per la fine degli anni ’70, sembrerebbe possibile<br />
affermare che le istanze fondamentali del movimento comunale, maggiori risorse<br />
finanziarie e maggiore autonomia, si sovrapponevano ma non si erano<br />
identificate e ridotte del tutto ad elementi strumentali della più ampia battaglia<br />
politica dei partiti per la con<strong>qui</strong>sta del potere.<br />
Scrive a questo proposito Dente nell’introduzione alla ricerca Isap del 1984<br />
sulle relazioni centro-periferia: “una delle ipotesi avanzate [...] vedeva le associazioni<br />
[degli enti locali] come un cavallo di Troia per un’ulteriore presenza dei<br />
partiti politici nella relazione tra enti autonomi territoriali ed amministrazioni<br />
regionali e locali; le risultanze della ricerca paiono piuttosto confortare l’ipotesi<br />
inversa, secondo la quale sono i partiti, soprattutto in Parlamento [...] ad essere<br />
utilizzati dalle associazioni come strumento per strappare ulteriori miglioramenti<br />
a quanto concordato con il Ministero del tesoro” 670 .<br />
1.6.3. La centralità della questione della finanza locale: gli incontri di Viareggio<br />
Nel frattempo gli irrisolti problemi delle autonomie locali, in particolare quello<br />
della finanza locale, si aggravavano. A partire dagli anni ’70 l’appuntamento<br />
annuale del convegno di Viareggio promosso dall’Anci divenne il luogo privilegiato<br />
dell’unità d’azione del movimento per le autonomie locali. Agli incontri partecipavano<br />
naturalmente anche gli amministratori della Lega che rivendicò il ruolo<br />
fondamentale svolto nell’evoluzione dell’incontro che “ha superato una concezione<br />
frantumata della finanza locale, staccata persino dalla finanza regionale e in<br />
fin dei conti un po’ corporativa”. Il problema era che se nel dibattito la Lega aveva<br />
un ruolo essenziale, mancava poi, da parte dell’Anci, la capacità di tradurre<br />
quell’elaborazione in una concreta azione politico-istituzionale 671 .<br />
670<br />
Bruno Dente, Soggetti e poteri, in Istituto per la scienza dell’amministrazione pubblica (Isap),<br />
Le relazioni centro-periferia, Archivio nuova serie, n.2, I vol., Milano, Giuffrè 1984, pp. 29-30.<br />
671<br />
Giorgio De Sabbata, Relazione, in Atti della VIII assemblea annuale della Lega per le autonomie<br />
e i poteri locali sul tema: “Un diverso bilancio dello Stato collegato a una finanza regionale<br />
e locale efficiente e democratica, nella piena realizzazione del sistema delle autonomie, obiettivo<br />
necessario di un forte movimento democratico per superare la crisi economica e politica del nostro<br />
Paese”, Roma 8-9 ottobre 1973, Icd nov.-dic. 1973, pp. 10-26.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 189<br />
Nel 1977 seguente vennero finalmente varati i provvedimenti per il risanamento<br />
della finanza locale: i cosiddetti decreti Stammati 1 e 2 (decreto legge 17<br />
gennaio 1977 n. 2 convertito dalla legge 17 marzo 1977 n. 62, e decreto legge<br />
29 dicembre 1977 n. 946, convertito dalla legge 27 febbraio 1978 n. 43). Con<br />
il primo venivano consolidati i debiti a breve termine assunti dagli enti locali<br />
con il sistema bancario ponendo a carico dello Stato le relative rate di ammortamento,<br />
limitando la possibilità di contrarre nuovi debiti a breve; di contro<br />
venne stabilito, per tutti gli enti locali, il blocco delle assunzioni. Con il secondo<br />
decreto gli enti locali venivano obbligati a deliberare in pareggio i propri bilanci.<br />
Venivano fissati i limiti di crescita, veniva sancito l’obbligo dell’aumento<br />
dei tributi locali e delle tariffe dei servizi pubblici, veniva assunto dal bilancio<br />
statale il finanziamento delle spese correnti degli enti locali al netto delle entrate.<br />
Le risorse continuavano ad essere garantite dai trasferimenti erariali - fissati<br />
con la cosiddetta “entrata storica”, in base alla quale l’ente locale riceveva<br />
somme proporzionate alle spese sostenute fino ad allora - e dai mutui della Cassa<br />
depositi e prestiti (dipendente dal Ministero del tesoro) destinati a coprire il<br />
deficit di bilancio 672 .<br />
Il provvedimento avrebbe dovuto essere limitato al 1978, in attesa della riforma<br />
della finanza locale. Ma così non fu. Con queste misure si esaltava il ruolo<br />
dell’amministrazione statale, attenuando, corrispondentemente, la responsabilità<br />
degli amministratori locali, che potevano scaricare agevolmente sullo Stato<br />
sia le colpe in merito alla difficile situazione finanziaria, sia il relativo giudizio<br />
negativo dei propri cittadini 673 .<br />
Nonostante un certo aumento dell’autonomia impositiva delle province, e<br />
soprattutto dei comuni 674 , dall’inizio degli anni ’80 sino alla fine del decennio<br />
tali enti si trovavano in crisi, economica ed istituzionale.<br />
La presidenza di Camillo Ripamonti nell’Anci, nella seconda metà degli anni<br />
‘70, anche attraverso gli incontri annuali degli assessori comunali alle finanze<br />
a Viareggio, riuscì a rafforzare l’Anci come organo rappresentativo degli interessi<br />
dei comuni e ad imporre sempre più all’attenzione del Governo le questioni<br />
di interesse comunale. Con il passare degli anni l’appuntamento di Viareggio<br />
divenne sempre più centrale nella vita del movimento per le autonomie<br />
locali, occasione di confronto tra amministratori locali e governo, e con carattere<br />
sempre più unitario, in particolare all’indomani dell’emanazione dei decreti<br />
Stammati.<br />
Nel convegno di Viareggio del 1-3 ottobre 1978 Ripamonti sottolineava la<br />
crescente importanza nel dialogo tra governo ed autonomie non solo nell’appuntamento<br />
di Viareggio ma anche nell’Anci stessa e rivendicava, con orgoglio<br />
che: “Le Amministrazioni locali hanno saputo reggere l’urto della crisi che ha<br />
investito il Paese, garantendo di fronte alla diffusa inefficienza delle istituzioni<br />
centrali, la continuità dei servizi e delle condizioni di vita civile delle comunità”,<br />
sottolineando l’assoluta mancanza di alcuna copertura finanziaria in segui-<br />
672<br />
Marongiu, Storia dei tributi degli enti locali…, cit., pp. 296-7<br />
673<br />
Aimo, Stato e poteri locali in Italia…, p. 143.<br />
674<br />
Cfr. Marongiu, Storia dei tributi degli enti locali…, cit., pp. 313-7.
190 PARTE III<br />
to al decentramento delle funzioni ai comuni operato dal decreto 616, ed anzi<br />
in concomitanza con il blocco delle assunzioni per gli enti locali 675 .<br />
1.6.4. Nella produzione editoriale della Lega anche una guida per il “Regno di<br />
Babilonia”<br />
Alla fine degli anni ’70 la Lega manifestava la propria grande vitalità anche<br />
attraverso una notevole attività editoriale della propria casa editrice “Edizioni<br />
delle autonomie” che si evidenziava specie nelle occasioni congressuali, quando<br />
si cercava di ricordare agli amministratori la necessità di una adeguata preparazione<br />
tecnica e politica al loro ruolo. Così, ad esempio, in occasione dell’VIII<br />
congresso nazionale si proponeva un’offerta speciale per l’ac<strong>qui</strong>sto - oltre che di<br />
un filmato di 50 minuti, La costituzione e/è noi dal prezzo di un milione, scontato<br />
per l’occasione del 50% - di volumi raggruppati per materie: Urbanistica,<br />
Attuazione del D.P.R. 616/77, Mostra, Democrazia e partecipazione, Autonomie<br />
locali. C’era anche una collana Biblioteca autonomie 676 che comprendeva, tra<br />
l’altro, una Guida per le autonomie locali 1979 677 curata da Sabino Cassese.<br />
La Guida, pubblicata dal 1973, inizialmente venne proposta come uno dei<br />
due volumi, indivisibili, della Agenda per le autonomie locali congiuntamente alla<br />
più conosciuta Agenda da tavolo, edita dalla Lega dal 1960. L’affidamento<br />
della Guida a Cassese avvenne a partire dall’edizione del 1978, l’anno successivo<br />
all’emanazione del decreto 616 e, non a caso, la manchette pubblicitaria riportava<br />
in bella evidenza, accanto alla copertina nella nuova veste editoriale, la<br />
dicitura “Il primo commento organico del DPR 616 materia per materia” 678 .<br />
Nell’edizione del 1981 la Guida diveniva Annuario 1981 delle autonomie locali.<br />
Come chiariva lo stesso curatore nella Presentazione: “Non si tratta solo di<br />
un cambiamento di nome. Già negli anni scorsi, questa pubblicazione presentava<br />
un bilancio delle esperienze politiche, legislative, giurisprudenziali e scientifiche,<br />
anno per anno. Quest’anno il disegno è completato con un panorama<br />
delle ricerche e un elenco delle leggi nazionali e regionali. L’Annuario diviene,<br />
così, uno strumento che consente l’aggiornamento sulle novità dell’ultimo anno,<br />
(dall’ottobre 1979 al settembre 1980) settore per settore […] Si è cercato<br />
di tener ferme le voci (che sono ora 66, più le 5 rassegne finali), per assicurare,<br />
come negli altri anni, che, allineandosi una accanto all’altra le varie annate,<br />
questa opera consentisse di ricostruire l’evoluzione dei diversi istituti nel tempo”.<br />
L’affidamento della Guida ad una personalità del calibro di Cassese e lo<br />
sviluppo dell’iniziativa evidenziano la crescente importanza della funzione di<br />
675<br />
Camillo Ripamonti, Il nuovo assetto finanziario e istituzionale delle autonomie locali, Icd<br />
ago.-set. 1978, pp. 13-25<br />
676<br />
Manchette pubblicitaria in Icd apr.-mag. 1979, p. 46.<br />
677<br />
Guida per le autonomie locali 1973-1980, Roma, Edizioni della Lega per le autonomie e<br />
i poteri locali [successivamente Edizioni delle autonomie], 1973-1980; Annuario delle autonomie<br />
locali 1981-1996, Roma, Edizioni delle autonomie, 1981-1996.<br />
678<br />
Molto significativamente, quell’anno, l’Agenda da tavolo, venne offerta insieme alla Guida,<br />
a mo’ di omaggio.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 191<br />
supporto alla concreta attività delle autonomie locali svolta dalla Lega per rispondere<br />
alle crescenti esigenze degli amministratori.<br />
A partire dall’edizione del 1987, venivano stampate nell’Agenda autonomie<br />
le Pagine blu, che riportavano indirizzi, telefoni e nominativi delle autonomie<br />
locali in Italia; dall’edizione del 1993 il nuovo servizio appariva in volume autonomo,<br />
anche se sempre allegato, insieme all’Agenda da tavolo, al più importante<br />
Annuario 679 .<br />
Se nel 1960 la Lega offriva alle autonomie locali qualche pubblicazione di<br />
carattere tecnico su problemi specifici e si poteva permettere di vendere loro,<br />
come ulteriore ausilio, una semplice Agenda da tavolo; se all’inizio degli anni<br />
’70, periodo di ribollente ideologismo, accanto alla solita Agenda venivano offerti<br />
molti testi di impostazione politica; alla fine di quello stesso decennio era<br />
divenuto indispensabile affidare la Guida, l’Annuario, alla direzione di un competente<br />
giurista che coordinava l’opera di numerosi studiosi per permettere ad<br />
amministratori e tecnici degli enti locali di seguire, voce per voce, gli innumerevoli<br />
cambiamenti avvenuti nell’amministrazione locale. Come osservava ancora<br />
Cassese nel 1981 all’inizio della già citata sua Presentazione:<br />
“Nel decennio che si è chiuso, si è avviata l’esperienza regionale e sono stati<br />
compiuti i trasferimenti statali al nuovo istituto. I compiti successivi impegneranno<br />
l’attività di gestione delle dirigenze locali e regionali. Rimane, però, incompleto<br />
l’edificio da due parti. Quella delle strutture centrali, del cui riordino<br />
il legislatore parla dal 1968, senza che nulla di concreto si sia visto. E quella delle<br />
strutture locali, per le quali il primo progetto generale di riforma risale al<br />
1961, senza seguiti concreti.<br />
In mezzo, c’è una realtà dimenticata sulla quale bisogna richiamare l’attenzione:<br />
l’amministrazione statale decentrata. Nove dei venti ministeri hanno apparati<br />
decentrati (spesso più di uno) […] Basta questa breve descrizione, per<br />
comprendere che siamo nel regno di Babilonia e che quest’apparato è fatto più<br />
per confondere che per aiutare il cittadino” 680 .<br />
2. Gli anni ‘80<br />
2.1. Il congresso di Firenze del 1980<br />
Dal 25 al 27 gennaio 1980 si svolse a Firenze l’VIII congresso nazionale della<br />
Lega. All’ordine del giorno vi era la questione della riforma della finanza locale<br />
ed il conseguente blocco delle assunzioni (limitato ai comuni superiori a<br />
50.000 abitanti); l’attività delle Regioni che, a dieci anni dall’istituzione, meritava<br />
una riflessione particolare specie “dopo la brutale accusa di neocentralismo<br />
che essi perseguirebbero in modo indiscriminato nei confronti dei Comuni”; la<br />
questione del Mezzogiorno e, infine, la pace, tornata all’ordine del giorno do-<br />
679<br />
Ipl nov. 1992, p. 69.<br />
680<br />
Sabino Cassese, Presentazione, in Idem (diretto da), Annuario 1981 delle autonomie locali,<br />
Roma, Edizioni delle autonomie, 1981.
192 PARTE III<br />
po l’invasione sovietica dell’Afganistan, duramente condannata 681 . Veniva modificato<br />
lo statuto eliminando la previsione di un’assemblea annuale.<br />
In occasione del congresso venne eletto il nuovo segretario, Dante Stefani,<br />
sen. del Pci, ed il nuovo segretario nazionale aggiunto, Renzo Santini, del Psi,<br />
vicepresidente della Regione Emilia-Romagna 682 .<br />
Il nuovo segretario illustrava in un’intervista compiti e prospettive dell’organizzazione<br />
che, come sottolineava: “in origine nasce come momento di tutela<br />
dei comuni fatti oggetto di varie attenzioni da parte di organismi del governo<br />
centrale, primo fra tutti il Ministero degli Interni. Successivamente, si passa<br />
ad una fase di incentivazione dello sviluppo delle autonomie, che trova il suo<br />
momento più alto nell’attuazione delle Regioni […] in questo contesto si attua<br />
uno sviluppo della Lega nell’ambito di un processo di attuazione dell’ordinamento<br />
regionale che corre il rischio di non costituire quel momento di sviluppo<br />
di una riforma generale dello Stato che da più parti si aspettava” 683 .<br />
Erano ormai lontani i tempi della dura contrapposizione delle autonomie<br />
locali, e particolarmente di quelle amministrate dalla sinistra, con il Ministro<br />
dell’interno ed i prefetti, sia dal punto di vista istituzionale, sia da quello politico.<br />
Anche se la mancanza delle grandi riforme, come quella della Pubblica<br />
amministrazione nazionale e, soprattutto, quella di comuni e province faceva<br />
scrivere a Cassese in quegli anni: “siamo nel regno di Babilonia”, era innegabile<br />
che all’inizio degli anni ’80, l’istituzione delle regioni e le pur insufficienti riforme<br />
avevano contribuito all’affermazione del ruolo delle autonomie locali.<br />
Dal punto di vista politico poi, il successo delle sinistre nelle elezioni amministrative<br />
locali negli anni ’70 e, in particolare negli anni ‘80, rafforzava la presenza<br />
di Pci e Psi nelle amministrazioni locali e di conseguenza, come si vedrà<br />
oltre, anche nell’Anci.<br />
2.1.1. Ruolo e compiti della Lega. I costi dell’impegno editoriale<br />
La prima relazione di Stefani al consiglio nazionale, alla fine del 1980, fu<br />
particolarmente importante. Il nuovo segretario prendeva posizione su tutti i<br />
principali argomenti che riguardavano le autonomie locali e l’organizzazione: la<br />
riforma dell’ordinamento locale, il ruolo ed i compiti della Lega. A questo proposito<br />
Stefani ricordava i due compiti essenziali della Lega, la “assistenza legislativa<br />
ad amministratori e Comuni contro le prevaricazioni centralistiche” e la<br />
“informazione e documentazione sui temi dello sviluppo di nuove esperienze<br />
amministrative e della battaglia unitaria autonomistica”. Non vi era alcuna con-<br />
681<br />
L’impegno per la pace dei comuni della sinistra si sarebbe sviluppato anche sucessivamente.<br />
Il 9-12 ottobre 1986, si teneva a Perugia la terza conferenza degli enti locali denuclearizzati;<br />
Enzo Coli, A Perugia la terza conferenza degli enti locali denuclearizzati, Ipl nov. 1986,<br />
pp. 15-19.<br />
682<br />
Gli organi dirigenti della Lega dopo l’VIII congresso, Icd mar. 1980, pp. 86-7.<br />
683<br />
Compiti e prospettive della Lega intervista al Segretario nazionale, Dante Stefani, Icd mar.<br />
1980, pp. 3-9.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 193<br />
correnza con le altre organizzazioni “’sindacali’ degli enti locali”, Anci, Upi,<br />
Uncem, Cispel, ma ammoniva che: “la Lega vive solo se è capace di suscitare<br />
un grande impegno politico e culturale delle forze di sinistra, laiche e democratiche”.<br />
Chiedeva a questo proposito l’impegno dell’organizzazione per “il<br />
miglioramento della qualità della vita delle popolazioni amministrate”, per l’attuazione<br />
della riforma sanitaria, in favore del Mezzogiorno, “lo sviluppo delle<br />
forme di partecipazione democratica”, per la riforma della finanza locale. Riguardo<br />
alla politica internazionale, nel quadro delle difficoltà crescenti nei rapporti<br />
est-ovest, prospettava “una presenza più attiva ed organica delle autonomie<br />
all’interno degli organismi internazionali, il Consiglio d’Europa, l’Associazione<br />
dei comuni d’Europa”, due organi ai quali la Lega aveva dedicato fino ad<br />
allora un’attenzione molto limitata, anche se, in particolare verso la seconda,<br />
negli ultimi anni crescente. Da allora, effettivamente, l’interesse della Lega verso<br />
l’Europa occidentale, i paesi e le organizzazioni degli enti locali dell’ovest si<br />
accrebbe di molto, senza per questo dimenticare il tradizionale interesse verso<br />
le autonomie locali dell’Europa del socialismo reale ed un più ampio interesse<br />
verso le città e le organizzazioni arabe 684 .<br />
Quello che veniva messo in risalto alla fine della relazione era che lo sforzo<br />
editoriale – quello attraverso il quale la Lega aveva risposto alle crescenti esigenze<br />
politiche e, via via, soprattutto tecniche delle amministrazioni della sinistra,<br />
e non solo di esse - era stato molto probabilmente troppo forte e le conseguenze<br />
finanziarie stavano pesando in modo insopportabile sulle esigue risorse<br />
della Lega. Era questa la sintesi del 14° e del 15° punto della relazione del<br />
segretario. Per questo l’organizzazione aveva deciso di costituire “sul piano nazionale<br />
il Centro iniziative ricerche documentazione per le autonomie locali<br />
[Cirdal] che deve compitamente decollare attraverso la realizzazione di Seminari<br />
e Corsi tecnici di aggiornamento sia per amministratori di carattere elettivo<br />
che per funzionari”. La sempre più spinta complessità dell’attività amministrativa<br />
locale, rendeva <strong>qui</strong>ndi necessario l’apertura di un Centro di documentazione,<br />
o per dirla con un linguaggio più moderno, di una Scuola di formazione<br />
per amministratori e funzionari delle autonomie locali.<br />
Tutto questo per il futuro. Intanto, però, bisognava ripianare i debiti fatti<br />
con un’attività editoriale attraverso la quale, fino ad allora, si era tentato non<br />
solo di informare ma anche di svolgere quell’opera di formazione politica e tecnica<br />
di funzionari ed amministratori che ora si sentiva il bisogno di organizzare<br />
sistematicamente nel Cirdal che, teoricamente, doveva essere già stato avviato<br />
nel 1972 685 .<br />
Lo spazio per una vera ristrutturazione dell’attività editoriale era però molto ristretto.<br />
La direzione della Lega, infatti, nonostante i dubbi posti qualche mese prima<br />
dal direttore de “Il comune democratico”, Lucio Luzzatto, sull’utilità di avere<br />
due riviste, e di risolverne le relative difficoltà editoriali – economiche e di conte-<br />
684<br />
Cfr. Jean Marie Bressand, Orente arabo-mussulmano e occidente, Icd lug.-ago. 1983, pp.<br />
105-114; L’organizzaione delle città arabe, Icd mag.-giu. 1983, pp. 130-1.<br />
685<br />
Si tratta del già citato “Centro di iniziative, ricerche e documentazione (CIRD)”, Il documento<br />
politico del VI congresso, Icd dic. 1972, pp. 3-5.
194 PARTE III<br />
nuto 686 -, aveva deciso di continuare ad avere due organi di stampa propri, il “Potere<br />
locale”, <strong>qui</strong>ndicinale, e “Il corriere democratico”, mensile, e di sviluppare la Guida.<br />
Salvati i due organi della Lega, ed il gioiello curato da Cassese, la Guida, la stretta<br />
si sarebbe dovuta limitare alle nuove pubblicazioni. Nel frattempo Stefani procedeva<br />
alla riduzione dei debiti: “Siamo impegnati a ridurre del 50% la sua [della Edizioni<br />
delle autonomie] esposizione bancaria, ampliando le dimensioni del suo carattere<br />
societario chiamando a farne parte un gruppo di Leghe regionali” 687 .<br />
Il segretario non le citava ma, evidentemente, le Leghe regionali chiamate a<br />
contribuire a coprire il buco nella casse della Lega nazionali non potevano che<br />
essere, in primo luogo quelle dell’Emilia-Romagna, della <strong>Toscana</strong>, dell’Umbria<br />
e delle Marche, dove più forti erano le amministrazione locali della sinistra, ma<br />
le strutture regionali non si sarebbero limitate a pagare i debiti. Nel gennaio del<br />
1981 si annunciava una nuova collana della Edizioni delle autonomie: “Progetto<br />
salute” 688 , a febbraio era la volta di un bimestrale regionale: “Regione e governo<br />
locale. Bimestrale di documentazione giuridica della Regione Emilia-Romagna”,<br />
sempre edito dalla Edizioni delle autonomie 689 . E nel 1984 appariva ne “Il<br />
Comune democratico” la pubblicità di una nuova collana della casa editrice della<br />
Lega: Strumenti. Collana diretta dalla Provincia di Bologna, con ben 7 titoli 690 .<br />
2.3. La ripresa della ricerca dell’unità del movimento<br />
Il 3 febbraio 1981, si svolgeva presso il Campidoglio una manifestazione<br />
congiunta Lega-Upi-Cispel sui problemi della finanza locale, al termine gli amministratori<br />
si recavano presso la Commissione Finanza del Senato 691 . Erano ormai<br />
passati sei anni dalla vittoria delle sinistre nelle elezioni locali, erano lontanissimi<br />
i tempi dell’isolamento della Lega. In quel momento, se c’era chi poteva<br />
lamentare un certo isolamento, era proprio l’Anci: il Campidoglio era guidato<br />
da una giunta capeggiata dal comunista Luigi Petroselli; alla testa dell’Upi<br />
c’era il socialista Gianvito Mastroleo, presidente della provincia di Bari; alla<br />
testa della Cispel c’era il comunista Armando Sarti.<br />
Alla fine del 1981 un Documento del gruppo di lavoro per l’organizzazione in preparazione<br />
della conferenza nazionale di Pesaro ribadiva le citate affermazioni del segretario<br />
in occasione del consiglio nazionale rafforzando le note sulla natura della<br />
Lega: “La Lega deve valorizzare quel carattere di associazione di movimento, capace<br />
di aderire alla complessità della situazione italiana in modo più duttile e arti-<br />
686<br />
Lucio Luzzatto, Seminario sull’editoria della Lega. Relazione sul Comune democratico, Icd<br />
lug. 1980, pp. 83-9.<br />
687<br />
Consiglio nazionale della Lega. Relazione del segretario nazionale sen. Dante Stefani, Icd<br />
dic. 1980, pp.15-35.<br />
688<br />
Una nuova collana delle Edizioni delle autonomie: “Progetto salute”, Icd gen. 1981, pp. 91-4.<br />
689<br />
Pagina pubblicitaria, Icd feb. 1981, p. 22.<br />
690<br />
“Le ‘Edizioni delle autonomie’ presentano ad amministratori e studiosi di autonomie locali<br />
una nuova collana – STRUMENTI – che tratta di concrete esperienze di ricerca e di programmazione<br />
effettuate dalla Provincia di Bologna”.Icd gen.-feb. 1984, p. 44.<br />
691<br />
Una manifestazione della Lega per la soluzione dei problemi della finanza locale, Icd feb.<br />
1981, pp. 19-21.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 195<br />
colato degli stessi partiti, e di organizzazione aperta a uno schieramento ampio e<br />
unitario di tutte le forze realmente autonomiste”. L’obiettivo fondamentale da raggiungere<br />
era, comunque, lo stesso: “Sta proprio nell’impegno che nazionalmente<br />
e regionalmente l’organizzazione saprà profondere che si potranno risolvere le tante<br />
difficoltà ancora presenti nella Lega e insieme sanare la situazione finanziaria” 692 .<br />
Delineata la natura della Lega, l’obiettivo che si delineava successivamente<br />
era, ancora, l’unità del movimento. Nel novembre del 1981, nella sua relazione<br />
alla Conferenza nazionale di Pesaro, Dante Stefani proponeva di avviare un<br />
“processo con l’ipotesi di un patto di consultazione, per una specie di tavolo di<br />
lavoro comune, permanente, con l’Anci, con l’Upi, con i Presidenti delle regioni,<br />
la loro consulta, con l’Aicce, con la Cispel, con le comunità montane,<br />
con le stesse associazioni degli amministratori cui hanno dato vita il Partito socialista<br />
e la Democrazia cristiana” 693 .<br />
Sempre a Pesaro, relativamente alla struttura dell’organizzazione, veniva decisa<br />
l’attribuzione alla casa editrice Edizioni delle autonomie dei costosi compiti<br />
editoriali e di continuare a mantenere due periodici, “Il comune democratico”<br />
e “Il potere locale”, verificandone costi e compatibilità 694 .<br />
2.3.1. Giannini e Cassese, continuano a collaborare con la Lega<br />
L’accentuazione del carattere giuridico-istituzionale della storica rivista della<br />
Lega, divenuta bimestrale 695 , veniva messa in risalto dall’attribuzione a Massimo<br />
Severo Giannini dalla presidenza del “Comitato di garanti” a cui veniva<br />
attribuito “il compito di contribuire alla elaborazione del programma” della rivista<br />
affinché questa rimanesse “importante punto di riferimento per tutti coloro<br />
che si battono per l’attuazione del dettato costituzionale” 696 . All’inizio de-<br />
692<br />
Documento del gruppo di lavoro per l’organizzazione in preparazione della conferenza nazionale<br />
di Pesaro, Icd ott. 1981, pp. 99-106.<br />
693<br />
Un strategia per il rinnovamento. Sintesi della relazione del segretario nazionale sen. Dante<br />
Stefani, Ipl nov.-dic. 1981, pp. 4-7.<br />
694<br />
A Pesaro era stata presa in esame anche l’attività editoriale di cui era stata tracciata una<br />
breve storia. Sorta nel 1977, la casa editrice della Lega, aveva pubblicato 33 titoli nel primo<br />
biennio, 23 nel 1979, 46 nel 1980, 49 fino all’ottobre 1981. Il fatturato di 348 milioni nel<br />
1978, era passato a 543 l’anno successivo, 64 nel 1980 e 711 fino all’ottobre 1981. Quattro<br />
erano le collane: “Istituzioni e programmazione”, “Amministrare l’urbanistica”, “Come fare” e<br />
“Progetto salute”; dal 1978 si era poi sviluppata una vera e propria “editoria di servizio” per amministratori<br />
e tecnici del governo locale che aveva via via aumentato il proprio peso in termini<br />
di titoli e fatturato, passato dal 12,6% del 1979, al al 49% del 1981; la pubblicazione di maggior<br />
rilievo in questo ambito era, naturalmente, l’Annuario; Editoria ed informazione. Sintesi<br />
della relazione di Luigi Ladaga, Ipl nov.-dic., pp. 7-8.<br />
695<br />
La rivista della Lega, “Il comune democratico”, dal gennaio 1982 diveniva bimestrale e<br />
passava alla direzione del sen. del Pci Enzo Modica, Presidente della Commissione parlamentare<br />
per le questioni regionali e del segretario nazionale aggiunto, il socialista Santini.<br />
696<br />
Sen. Dante Stefani, Editoriale, Icd gen,-feb. 1982, pp. 3-4; la nuova direzione ed il “Comitato<br />
dei garanti” sarebbero apparsi in II di copertina dal numero successivo, il n. 3 mag.-giu.<br />
1982, da quello stesso nuomero al sottotitolo si aggiungevano le regioni e mutava in “Rivista<br />
delle autonomie locali e delle regioni”.
196 PARTE III<br />
gli anni ’80, dunque, due dei maestri della giurisprudenza italiana, Giannini e<br />
Cassese, collaboravano, contemporaneamente, all’organizzazione delle autonomie<br />
locali della sinistra. Del “Comitato di consulenza” della rivista, presieduto<br />
da Giannini, avrebbero fatto parte Enzo Cheli, Mario Leone, Fabio Roversi<br />
Monaco, Dante Stefani, Maurizio Valenzi e Ugo Vetere 697 .<br />
2.3.2. Tentativi per un coordinamento unitario delle associazioni delle autonomie<br />
Il 12 luglio 1982 si riunivano a Bologna l’Anci, l’Upi, l’Uncem, la Cispel, la<br />
Lega e anche l’Anael, l’organizzazione degli amministratori democristiani, per<br />
“ottenere un provvedimento immediato di riforma della finanza locale, nel tentativo<br />
di evitare per il 1983 il ripetersi della ormai abituale abnorme situazione<br />
di incertezza, di confusione e di conflittualità tra il governo e gli enti locali sulla<br />
entità dei trasferimenti e le norme per compilare i bilanci”. Come scriveva il<br />
segretario: “per la prima volta si è realizzato un convegno promosso unitariamente<br />
dall’insieme del movimento autonomistico degli enti locali. È una novità<br />
che va nella direzione del coordinamento del lavoro delle associazioni da noi<br />
auspicato più volte e sulla quale occorre fare una più attenta riflessione”. La Lega,<br />
concludeva Stefani, era disponibile a proseguire il percorso di collaborazione:<br />
“Essa deve sempre più caratterizzarsi come organizzazione unitaria di lotta<br />
per l’attuazione dello stato delle autonomie, per una migliore qualità della vita,<br />
per un ampio sviluppo delle forme di democrazia e di partecipazione popolare,<br />
impegnata in un’opera di sviluppo e di rafforzamento e di adeguamento<br />
dei propri strumenti per corrispondere alle esigenze degli amministratori e della<br />
promozione di una più diffusa e approfondita cultura autonomista”. Era in<br />
nome di una migliore qualità della vita dei cittadini, delle esigenze degli amministratori<br />
e della promozione di una più diffusa e approfondita cultura autonomista<br />
che era possibile un’azione comune delle organizzazioni del movimento per<br />
le autonomie locali. La Lega, concludeva Stefani, dimostrava concretamente la<br />
propria volontà unitaria con le manifestazioni come quella di Bologna e, “sul<br />
piano culturale, [con] l’Annuario delle autonomie e la nuova edizione de ‘Il comune<br />
democratico’” 698 .<br />
2.3.3. Il congresso di Bologna del 1984: una modificazione strutturale della<br />
Lega<br />
Il IX congresso della Lega si svolse a Bologna dal 1° al 3 marzo del 1984, nel<br />
pieno di quella che il segretario Stefani nella sua relazione preparatoria all’appuntamento<br />
definiva come la “diffusa […] consapevolezza e la preoccupazione<br />
per l’estendersi del senso di distacco fra cittadini e istituzioni e di sentimenti di<br />
sfiducia nell’operato dello Stato”, e la crisi del “processo di decentramento au-<br />
697<br />
Comitato di consulenza, Icd mag.giu. 1982, II di copertina.<br />
698<br />
Dante Stefani, Assise di Bologna: l’impegno delle autonomie, Icd lug.-ago. 1982, pp. 99-104.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 197<br />
tonomistico arrivato con le Regioni”. L’obiettivo era definire “l’apporto del sistema<br />
delle Autonomie locali e regionali al rinnovamento del Paese”. Un apporto<br />
che sembrava facilitato dalla “definitivamente superata vecchia diatriba<br />
fra Anci e Lega. Le due Associazioni [infatti] hanno saputo dimostrare di non<br />
essere in antagonismo, ma anzi di avere ognuna compiti specifici complementari”,<br />
anche se, teneva a sottolineare il segretario, rimaneva intatto lo storico legame<br />
dell’organizzazione con le forze della sinistra. Stefani, infine, ribadiva il<br />
doppia funzione della Lega, politica, “per il confronto delle esperienze” e tecnica,<br />
“per la formazione e qualificazione degli eletti”, con una significativa – per<br />
quanto implicita - accentuazione di quella tecnica 699 . D’altra parte era indubitabile<br />
che delle due funzioni quella che meno aveva avuto successo era quella<br />
politica, come sottolineava il documento preparatorio al Congresso nel quale<br />
era scritto che: “visti i risultati a cui si è pervenuti, bisogna constatare realisticamente<br />
che la tensione del movimento autonomista non è stata identica per<br />
tutti e non è stata sufficiente”. Con l’espressione finale “non è stata identica per<br />
tutti e non è stata sufficiente” si salvava, ma solo implicitamente, dal fallimento<br />
l’opera della Lega e la condanna veniva attribuita ad Anci ed Upi, ma la circostanza<br />
veniva comunque rilevata.<br />
Così come veniva rilevato il rallentamento del processo di decentramento,<br />
causato dalle difficoltà del processo di attuazione del decentramento democratico<br />
dello Stato e dalle difficoltà economiche complessive. Il decentramento fin<br />
<strong>qui</strong> attuato ava causato lo s<strong>qui</strong>librio fra “entrate” e “funzioni”, ed il mancato<br />
sviluppo delle riforme aveva causato pericoli di vuoto legislativo, e difficoltà del<br />
movimento autonomista. Al primo posto tra queste difficoltà c’era il “fenomeno<br />
del neo-centralismo regionale, ricalcato su vecchi modelli centralistici centrali”.<br />
Una denuncia chiara e determinata come mai era stata fatta fino ad allora<br />
che evidenziava l’illusione di un movimento autonomista che avrebbe dovuto<br />
sostenere, contemporaneamente, le ragioni di autonomie locali e regioni. Per<br />
quanto riguarda i rapporti con le altre organizzazioni delle autonomie locali, la<br />
Lega sosteneva “la proposta di una forma permanente di consultazione fra le<br />
varie organizzazioni degli Enti locali e con la stessa Conferenza dei Presidenti<br />
delle Regioni”. A poco meno di un anno dalla istituzione della Conferenza Stato-Regioni<br />
(D.P.C.M. 12 ottobre 1983) - ed a quasi ventanni dalla proposta di<br />
Santarelli del 1966 - la Lega chiedeva la costituzione di un organo di raccordo<br />
tra la Conferenza delle regioni e le organizzazioni delle autonomie locali che risolvesse<br />
le questioni tra istituzioni regionali e locali attraverso un confronto paritario.<br />
Il congresso doveva sancire la “modificazione strutturale” della Lega e prepararla<br />
alle sfide degli anni successivi. Per quanto riguarda l’ambito interno gli<br />
argomenti sui quali concentrare l’attenzione erano: qualità della vita delle popolazioni,<br />
casa, assistenza, servizi; partecipazione; occupazione e sviluppo; piccoli<br />
comuni; Mezzogiorno; criminalità organizzata. Relativamente all’attività<br />
internazionale la Lega si sarebbe dovuta impegnare per la pace, il disarmo, la<br />
699<br />
Dante Stefani, Crescita e rinnovamento delle autonomie locali per lo sviluppo del paese, Icd<br />
gen.-feb. 1984, pp. 3-6.
198 PARTE III<br />
fame nel mondo; avrebbe dovuto rafforzare il proprio ruolo nelle organizzazioni<br />
internazionali come la Fmvj, sostenere l’Aicce.<br />
Strumenti ed attività istituzionali della Lega dovevano essere potenziati, e<br />
questo riguardava in primo luogo il Cirdal, per la formazione e consulenze di<br />
carattere giuridico, fiscale e finanziario. Per quanto riguarda l’attività editoriale<br />
veniva deciso, tra l’altro, di pubblicare una guida dell’amministratore locale in<br />
vista delle elezioni amministrative del 1985.<br />
Veniva proposta, infine, la semplificazione del nome della Lega che diveniva<br />
“Lega delle autonomie locali” ed il ripristino della previsione nello statuto di<br />
un’assemblea annuale, abrogata nel precedente congresso di Firenze 700 .<br />
Il segretario, nella relazione svolta al congresso, confermava le affermazioni<br />
sviluppate nella relazione preparatoria, con una interessante sottolineatura della<br />
necessità di lavorare “per il recupero di immagine, della credibilità e dell’impegno<br />
delle autonomie”, per rilanciare “nei confronti dei cittadini il valore di un<br />
potere locale che rappresenti le radici dello Stato”. Era anche per questo obiettivo<br />
che si chiedeva di rafforzare il “Comitato di intesa tra tutte le associazioni nazionali<br />
formatosi nei mesi scorsi” sostenuto dalla Lega e, a proposito dell’attività<br />
editoriale - evidentemente quella maggiormente impegnativa dal punto di vista<br />
finanziario - il segretario chiedeva di verificare “se esistono le condizioni con<br />
le altre associazioni delle autonomie per una azione editoriale congiunta” 701 .<br />
2.4. Il difficile rapporto con l‘Anci. La Lega organizza gli incontri di Viareggio<br />
La volontà della Lega di costruire una linea comune del “movimento autonomistico<br />
degli enti locali” si evidenziava anche nella decisione di proseguire la<br />
tradizione degli incontri di Viareggio sulla finanza locale. Avviato nel 1963, il<br />
Convegno di Viareggio divenne a partire del 1967 702 un appuntamento via via<br />
sempre più importante, in occasione del quale gli amministratori locali si confrontavano<br />
tra loro e con il governo. Divenuto una sorta di assemblea annuale<br />
dell’Anci, alla quale partecipavano con sempre maggiore rilievo anche i rappresentanti<br />
della Lega all’inizio degli anni ’80, in concomitanza con l’affidamento<br />
della presidenza al sen. Riccardo Triglia, l’Associazione dei comuni, decise di<br />
non promuoverne più l’organizzazione. Dal 1984 fu <strong>qui</strong>ndi la Lega a prendere<br />
il posto dell’Anci accanto al comune di Viareggio, continuando così “l’ormai<br />
tradizionale Convegno sulla Finanza locale” come sottolineava l’editoriale che<br />
ne ricordava lo svolgimento dall’11 al 13 ottobre 1984 703 . Era probabilmente<br />
questo il primo, significativo, segnale dello spostamento della competizione tra<br />
Anci e Lega dall’ambito politico a quello tecnico.<br />
700<br />
Documento preparatorio per il IX congresso nazionale della Lega, Icd gen.-feb. 1984, pp.<br />
17-43.<br />
701<br />
Dante Stefani, Relazione al IX congresso nazionale della Lega delle autonomie, Icd mar.-apr.<br />
1984, pp. 3-20.<br />
702<br />
Nel 1967, dopo un’interruzione, si era svolto il III convegno della serie.<br />
703<br />
Il convegno di Viareggio. La finanza locale e la legge finanziaria 1985, Icd lug.-ago. 1984,<br />
pp. 3-7.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 199<br />
2.4.1. Lega/Anci: dalla competizione politica a quella tecnica<br />
La sfida Anci-Lega comunque, non sarebbe cessata. Da quel momento la<br />
competizione tra le due strutture dal punto di vista ideologico si sarebbe via via<br />
stemperata per cessare, sostanzialmente, nei primi anni ‘90 e si sarebbe spostata<br />
sulla capacità di fornire concreti servizi agli amministratori e di rispondere ai<br />
bisogni dei cittadini. Non era <strong>qui</strong>ndi certo un caso se tra le iniziative che il segretario<br />
Stefani chiedeva di sviluppare al IX congresso vi erano l’istituzione del<br />
difensore civico, la carta dei diritti del malato, e “la carta dei diritti dell’utente<br />
proposta dalla Cispel” 704 .<br />
L’accresciuta importanza della funzione di supporto alla funzione di governo<br />
svolta dagli amministratori locali era evidentissima nell’evoluzione dell’Anci<br />
durante la presidenza Triglia. Tra il 1982 ed il 1992, grazie a Triglia, l’Anci<br />
sviluppava molto la propria funzione di servizio ai comuni anche avvalendosi,<br />
dal 1986, di un nuovo segretario Lucio D’Ubaldo, un giovane democristiano<br />
che sostituiva Giovanni Santo, in carica per ventanni. I principali obiettivi politico-istituzionali<br />
sarebbero rimasti gli stessi degli anni e dei decenni precedenti<br />
- la riforma delle autonomie locali e la loro autonomia impositiva e finanziaria<br />
– ma grazie al presidente piemontese l’organizzazione ebbe una struttura<br />
più forte ed un deciso radicamento territoriale che la mise in grado di competere<br />
con la Lega sul piano tecnico-istituzionale. Il presidente dell’Anci incoraggiò<br />
la nascita di Anci regionali e rafforzò la struttura dell’organizzazione per<br />
garantire ai comuni un’adeguata consulenza finanziaria, amministrativa e sindacale,<br />
rispetto ai lavoratori comunali e ricoprì anche le cariche di vicepresidente<br />
e poi presidente dell’organizzazione internazionale dei comuni, la Union<br />
Internationale des Villes - International Union of Local Autorithies, primo italiano<br />
a raggiungere i vertici del movimento comunale internazionale.<br />
Nel 1986 Triglia avviò la pubblicazione della Guida normativa per l’amministrazione<br />
locale, a cura del segretario comunale Fiorenzo Narducci, che si affiancò<br />
prima e si sostituì poi all’Annuario delle autonomie locali pubblicato dalla Lega.<br />
Dal 1997, infatti, cessata la pubblicazione dell’Annuario curato da Cassese, la<br />
Guida normativa è divenuta, per sinteticità e completezza, uno strumento unico<br />
a disposizione di tecnici ed amministratori comunali, nel pur ricco mercato della<br />
pubblicistica di supporto all’attività amministrativa delle autonomie locali.<br />
L’anno seguente alla pubblicazione della prima Guida normativa, nel 1987, il<br />
presidente dell’Anci promosse la rete telematica Ancitel, che realizzò sul modello di<br />
quella dell’Unioncamere 705 , anche con un l’appoggio del Ministero dell’interno 706 .<br />
704<br />
Dante Stefani, Relazione al IX congresso nazionale della Lega delle autonomie, Icd mar.-apr.<br />
1984, pp. 3-20.<br />
705<br />
Si ringrazia per questa informazione il sen. Riccardo Triglia.<br />
706<br />
L’organizzazione, infatti, firmò un apposito protocollo d’intesa con il Viminale che stabiliva<br />
una convenzione tra le due parti in base alla quale Ancitel poteva fornire agli “enti locali<br />
agli enti ed uffici interessati” notizie, dati e documentazione del Ministero relativa a normativa,<br />
studi, dati statistici della più varia natura in cambio di “una corretta utilizzazione e trasmissione<br />
dei dati forniti dal Ministero dell’interno” ed alla fornitura “in comodato fino a 120<br />
terminali videostampanti […] destinati alle prefetture ed agli uffici del Ministero”; Servizi per
200 PARTE III<br />
L’espansione dell’attività di supporto tecnico-amministrativo e delle stesse<br />
organizzazioni nella seconda metà degli anni ‘80 aveva un definitivo riconoscimento<br />
della sicurezza e della stabilità delle entrate che, per quanto riguarda la<br />
Lega, era particolarmente importante. Era infatti nel 1987, con l’approvazione<br />
del DPR del 31 agosto 1987, n. 359, Provvedimenti urgenti per la finanza locale<br />
che la Lega, seppur non nominata ufficialmente, vedeva riconosciuta - al pari<br />
delle altre organizzazioni, che da anni ne usufruivano - la possibilità di riscuotere<br />
i contributi dagli enti associati attraverso appositi ruoli affidati ai concessionari<br />
del servizio nazionale di riscossione, con l’obbligo di garantire adeguate<br />
forme di pubblicità al proprio bilancio sul piano nazionale 707 . Con questa<br />
norma si ufficializzava la fine, ormai avvenuta da tempo nei fatti, degli interventi<br />
censori dei prefetti contro le delibere di iscrizione alla Lega che aveva,<br />
così la garanzia di una regolare contribuzione 708 da parte degli associati.<br />
2.5. La Lega e la nuova sfida dell’unità del movimento per le autonomie locali<br />
Il muro del conflitto ideologico che divideva la Lega dalle altre organizzazioni<br />
del movimento per le autonomie locali cadde, sostanzialmente, nei primi<br />
anni ‘80, e <strong>qui</strong>ndi prima della caduta del Muro di Berlino che nel 1989 segnò<br />
l’inizio della fine della divisione del mondo in blocchi contrapposti. Le vittorie<br />
ottenute dei partiti della sinistra nelle elezioni locali, a partire dal 1975, avevano<br />
mutato gli e<strong>qui</strong>libri politici nelle principali organizzazioni del movimento<br />
per le autonomie locali, prima nelle mani della Democrazia cristiana. Nel 1976<br />
era stato eletto presidente dell’Upi il socialista Franco Ravà, presidente della<br />
Provincia di Firenze. Dieci anni dopo, nel 1986, l’Unione venne guidata da un<br />
altro presidente della provincia di Firenze, ma questa volta comunista: Alberto<br />
Brasca.<br />
Caduta la pregiudiziale ideologica, lo spirito unitario della Lega, insito nella<br />
struttura stessa dell’organizzazione, che raggruppa senza distinzioni comuni,<br />
province e comunità montane, si rafforzava e spingeva l’associazione a farsi decisa<br />
promotrice di un processo di unificazione, sul piano orizzontale, tra le diverse<br />
organizzazioni delle autonomie locali, e di coordinamento, sul piano ver-<br />
i comuni. Roma, 27 maggio 1987, in I documenti dell’Anci…, vol. II, pp. 290-1; una nuova convenzione<br />
veniva firmata ancora nel 1991, Attività di servizi. Roma, 11 marzo 1991, in I documenti<br />
dell’Anci…, vol. III, pp. 251-2.<br />
707<br />
Nell’art. 27 era riconosciuta tale possibilità ad Anci, Upi, Aicce, Uncem, Cispel ed alle<br />
“altre associazioni degli enti locali e delle loro aziende con carattere nazionale e dell’Unione italiana<br />
della camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”; il DPR era convertito<br />
nella legge n. 440 del 29 ottobre 1987, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge<br />
31 agosto 1987, n. 359, recante provvedimenti urgenti per la finanza locale, (GU 31 ott. 1987,<br />
n. 255). La norma è ora ricompresa nel Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali<br />
(art. 270) del 2000.<br />
708<br />
L’iscrizione ai ruoli eliminava rischi di ritardi o dimenticanze nel pagamento delle quote<br />
associative da parte degli enti locali; rimaneva salva, naturalmente, la possibilità di recesso<br />
dell’ente locale.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 201<br />
ticale, tra queste e le regioni, per mezzo della Conferenza dei Presidenti delle<br />
Regioni, per regolare i rapporti, sempre più complessi, tra autonomie locali e<br />
regioni.<br />
Era questo un processo che evidenziava, per l’ennesima volta, la capacità<br />
progettuale di cui la Lega è portatrice come organizzazione di carattere spiccatamente<br />
politico rispetto alle altre strutture del movimento. Il progetto di Stefani<br />
del 1984, infatti, sottolineava nuovamente l’esistenza nel movimento per<br />
le autonomie locali del bisogno di un organo di raccordo complessivo tra autonomie<br />
locali, regioni e Stato, bisogno che si era manifestato in forma ricorrente<br />
nella storia del movimento e che sarebbe stato soddisfatto nella seconda<br />
metà degli anni ’90 con l’istituzione della Conferenza unificata. Da sottolineare<br />
il fatto che, in linea con l’impostazione politica data alla questione dell’autonomia<br />
locale, propria della Lega, Stefani suggeriva “una forma permanente di<br />
consultazione fra le varie organizzazioni degli Enti locali e con la stessa Conferenza<br />
dei Presidenti delle Regioni”, non tra istituzioni.<br />
Un’impostazione non-istituzionale dei rapporti tra autonomie locali e regioni,<br />
e di conseguenza tra queste e lo Stato, che la Lega, pur inconsapevolmente,<br />
condivideva con la posizione espressa da due tra i maggiori maestri del<br />
diritto, Massimo Severo Giannini e Roberto Lucifredi. Questa era l’espressione<br />
particolarmente efficace con la quale nel 1960 Lucifredi, riprendendo sostanzialmente<br />
le posizioni di Giannini in materia, riassumeva la sua posizione contraria<br />
alla storica proposta dell’Anci di costituire un Consiglio superiore dei comuni<br />
per regolare i rapporti tra lo Stato e le autonomie locali: “La mia perplessità<br />
nasce essenzialmente dal timore di aumentare la selva selvaggia e sovrabbondante<br />
dei nostri organismi amministrativi con una pianta in più, le cui<br />
rigogliose ramificazioni forse contribuirebbero a rendere ancora più intricata la<br />
selva, senza rendere apprezzabilmente più respirabile l’aria circostante” 709 .<br />
2.5.1. 1986: Il settantesimo anniversario della fondazione<br />
La celebrazione del settantesimo anniversario della fondazione delle Lega,<br />
avvenuta a Bologna il 13 dicembre 1986 nella sala del consiglio comunale di<br />
Palazzo D’Accursio, era occasione di interessanti riflessioni sul ruolo politico ed<br />
istituzionale della Lega nella storia nazionale, pur con evidenti finalità politiche<br />
e, soprattutto, di polemica partitica. Un’occasione comunque importante per<br />
gli spunti che fornisce per capire come la classe politica di quegli anni interpretava<br />
la propria funzione in relazione ai fatti storici. Com’era avvenuto in<br />
precedenti celebrazioni, le considerazioni sulle vicende complessive dell’organizzazione<br />
si basavano, tutte, sull’errata presunzione di una sostanziale continuità<br />
storica della Lega tra periodo liberale e repubblicano, interrotta solo dalla<br />
violenza fascista e non invece, come fu nella realtà, da una miope decisione<br />
assunta nel 1922 dalla direzione massimalista del Psi.<br />
709<br />
Istituzione del Consiglio superiore degli enti locali. 3) Relazione dell’On. Prof. Avv. Roberto<br />
Lucifredi, in “Notiziario Anci”, n.6-7, giu.-lug.1960, pp.VII-IX.
202 PARTE III<br />
Per Corghi la diversità tra la Lega del periodo liberale e quella della Repubblica<br />
era dovuto soprattutto al “contesto” - principalmente dalla Costituzione<br />
<strong>qui</strong>ndi - che rendeva improponibile il riferimento ad un partito e favoriva, invece,<br />
“una prospettiva aperta a tutte le forze politiche che si battono perché la<br />
Repubblica sia fondata sulle Autonomie”. “Una prospettiva aperta” che, sempre<br />
secondo Corghi, aveva favorito l’azione comune di “uomini di diversa matrice<br />
politica e culturale […] per riaffermare i valori autonomistici quando essi<br />
venivano in vario modo deviati dal potere centrale” 710 .<br />
Il segretario, Stefani, riassumeva brevemente la storia della Lega in pochi<br />
tratti: la Lega del periodo liberale “una vita breve fatta di slanci, di fervore ideale,<br />
di forte iniziativa, ma anche assai travagliata”, “le divisioni al suo interno fra<br />
riformisti e massimalisti, la scissione fra socialisti e comunisti”, la fine voluta<br />
dal fascismo. Quindi la rinascita nel 1947, i durissimi anni ’40 e ’50, quelli de<br />
“il reato di essere sindaco”, poi gli anni ’60 e ’70 nei quali “si va delineando la<br />
Lega di oggi, protagonista di un ampio movimento politico e culturale autonomista”<br />
e ancora gli anni della nascita dell’ordinamento regionale e dell’avvio<br />
del processo di decentramento. Per arrivare agli anni ’80, dell’intollerabile ritardo<br />
della riforma della legge comunale e provinciale e della finanza locale che<br />
rendeva necessario “l’11° decreto annuale per disciplinare i bilanci dei comuni<br />
e delle province”. Gli anni delle mancate riforme che sarebbero state indispensabili<br />
per superare le difficoltà più forti della vita degli enti locali, “a partire da<br />
quelle forme associative per i piccoli comuni”.<br />
Stefani ribadiva, infine, quella che può essere definita come la sfida dell’unità<br />
portandola sul terreno della ricerca storica. Il segretario denunciava che “la<br />
storia delle Autonomie è parte integrante della storia del nostro paese, [ma]<br />
troppo spesso trascurata e sottovalutata dalla ricerca storica” ed annunciava la<br />
decisione della ‘Lega’ di intraprendere il lavoro per costituire un ‘archivio storico<br />
delle autonomie’, per il recupero, la conoscenza, lo studio e la valorizzazione<br />
di un patrimonio ricchissimo ed unico” 711 . Una proposta, mai attuata, suggerita<br />
dalla concomitanza delle celebrazioni della fondazione di Anci e Lega che ricordavano,<br />
rispettivamente, l’85° ed il 70° anniversario.<br />
2.5.2. L’elogio della “doppiezza” e la difesa dell’autonomia<br />
Un intervento molto interessante era quello di Giuliano Amato, all’epoca Sottosegretario<br />
alla Presidenza del consiglio dei ministri nel secondo Governo Craxi,<br />
la cui presenza sottolineava l’importanza che il Partito socialista di Bettino<br />
Craxi tributava all’organizzazione delle autonomie locali della sinistra 712 . Amato<br />
710<br />
Corrado Corghi, Settanta anni!, Icd gen.-apr. 1987, pp. 3-7.<br />
711<br />
Dante Stefani, Le autonomie oggi e domani, Icd gen.-apr. 1987, pp. 9-14.<br />
712<br />
È comunque necessario ricordare, a testimonianza dell’importanza assunta dall’Anci in<br />
quegli anni, che al congresso di Padova dell’Anci che si era svolto un paio di mesi prima, erano<br />
intervenuti, per il governo, oltre al Presidente Craxi, il Ministro dell’interno, Oscar Luigi<br />
Scalfaro e il Sottosegretario al Tesoro Carlo Fracanzani; Paola Poeta, I comuni, il governo del territorio,<br />
le nuove infrastrutture civili, Ipl nov. 1986, pp. 7-14.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 203<br />
ripercorreva la storia della Lega con uno spirito opposto a quello affermato negli<br />
interventi di Corghi e Stefani ricordando che la “lega socialista dei comuni fu, a<br />
suo tempo, un fattore di divisione”. Il sottosegretario, <strong>qui</strong>ndi, sosteneva la necessità<br />
di cercare lo “specifico” della Lega delle origini e ricordava che la battaglia per<br />
l’autonomia, nella storia d’Italia, era stata anche una battaglia conservatrice. Sottolineava,<br />
a questo proposito, i fini profondamente diversi dell’autonomia chiesta<br />
dai cattolici di Murri e di quella voluta dai socialisti di Costa, per i quali il comune<br />
era “particolarmente pertinente alla trasformazione socialista della società<br />
di allora”. Ricordava che la Lega dei comuni era nata proprio perché i socialisti<br />
volevano distinguersi da quelli che volevano l’autonomia come “uno strumento<br />
di integrazione al pari di altri”, per sostenere invece, “il comune contro lo Stato”.<br />
Amato affermava ancora che “lo specifico” socialista riguardo ai comuni era<br />
una caratteristica che era “sempre stata vista come critica: doppiezza. Una sorta<br />
di provvidenziale doppiezza” che, per l’esponente socialista era evidentemente<br />
positiva. Grazie alla doppiezza fu possibile “il riformismo come azione di<br />
quotidiano miglioramento delle condizioni dei ceti popolari, [ma] attraverso<br />
una immaginazione del comune come strumento che serve per creare un’altra<br />
società”. La stessa doppiezza, sottolineava, che permetteva ai socialisti di lavorare<br />
concretamente nelle cooperative, senza abbandonare la prospettiva di una<br />
società socialista.<br />
Ma quello che era rimasto più vivo del passato, secondo Amato, era purtroppo<br />
il pericoloso concetto del “comune contro lo Stato”, in parte giustificato<br />
dai ritardi nelle riforme di cui soffrivano gli enti locali. Il pericolo era che le<br />
giuste lamentele contro le colpe dello Stato portassero alla sovrapposizione dell’autonomismo<br />
di Murri, conservatore, con quello di Costa, progressista, e si<br />
arrivasse ad un autonomismo che fosse “un indistinto canto a difesa delle autonomie”.<br />
Portava <strong>qui</strong>ndi ad esempio la questione dei piccoli comuni: “non è<br />
possibile che sia un’istituzione forte di una democrazia forte, un’istituzione locale<br />
che non abbia caratteristiche strutturali idonee ad essere forte”. “Io credo<br />
– concludeva Amato – che il comune sia uno strumento e non un fine e voglio<br />
che sia costruito, apprezzato e conformato in modo tale da essere ancora oggi<br />
uno strumento di progresso e se deve cambiare […] è bene che cambi”, perché<br />
quelli che dovevano essere tutelati erano i bisogni della comunità che non potevano<br />
essere soddisfatti da comuni troppo piccoli. Per questo la riforma delle<br />
autonomie era prioritaria per il governo 713 .<br />
L’intervento di Amato deve essere letto alla luce della battaglia e della polemica<br />
partitica di quegli anni. Mentre il Partito comunista a partire dagli anni<br />
’70, dall’opposizione, era impegnato a costruire una prospettiva di collaborazione<br />
con i cattolici, il Psi di Amato sottolineava orgogliosamente la propria<br />
identità sia nei confronti del maggiore partito di opposizione, il Pci, sia nei<br />
confronti del maggiore partito nazionale, la DC, con il quale era al governo, sostenendo<br />
la prospettiva di uno Stato e di un Presidente del consiglio più forte.<br />
In questo quadro era evidente che il Psi considerava con estrema diffidenza la<br />
politica della Lega che, da un lato, perseguiva una strategia unitaria riguardo al<br />
713<br />
Giuliano Amato, Democrazia ed efficienza, Icd gen.-apr. 1987, pp. 23-30.
204 PARTE III<br />
movimento per le autonomie locali e, dall’altro, difendeva a spada tratta il principio<br />
dell’autonomia locale. In particolare era forte lo scontro sul principio dell’autonomia<br />
locale. Il sottosegretario Amato riproponeva all’attenzione della<br />
Lega, anche se con toni decisamente meno polemici, gli stessi elementi posti<br />
dal Presidente del consiglio Bettino Craxi alla IX assemblea congressuale dell’Anci<br />
che si era svolta a Padova ad ottobre di quello stesso anno. A Padova il<br />
Presidente Craxi, aveva posto il problema di una complessiva revisione delle<br />
istituzioni di governo del territorio, a partire, in particolare, dai comuni 714 .<br />
Era Zangheri, comunista di Imola ed ex-sindaco di Bologna che rispondeva<br />
all’intervento di Amato. Il sindaco reclamava innanzitutto la necessità di riforme<br />
per gli enti locali, ricordava, insieme, la Lega dei comuni socialisti, il leggendario<br />
sindaco socialista di Bologna Zanardi, Murri e Sturzo, e ancora l’Anci,<br />
organizzazione unitaria dei comuni, della quale, sottolineava, un altro grande<br />
sindaco di Bologna, Dozza, era stato protagonista. Ricordava le iniziative di<br />
Costa, sindaco della sua Imola e ancora la Costituzione e la “Repubblica fondata<br />
sulle autonomie”. Affermava il valore intrinseco delle autonomie locali<br />
quali “antidoto all’accentramento politico, economico, ma anche culturale, ma<br />
anche televisivo, ma anche dell’informazione”. Comuni e province, oltreché<br />
soddisfare i bisogni delle comunità dovevano “dare un senso alla comunità locale,<br />
un senso di appartenenza alla comunità locale”, la riforma, concludeva<br />
Zangheri, doveva riguardare certamente le autonomie locali, ma anche la Presidenza<br />
del consiglio, lo Stato e il Parlamento 715 .<br />
La risposta ad Amato non poteva essere più chiara. La strategia dell’unità del<br />
movimento per le autonomie locali era fissata, e se era bene pensare alla riforma<br />
dei comuni, bisognava fare riferimento ad essi, soprattutto come fondamento<br />
di democrazia. E nello stesso tempo, insieme alla riforma delle autonomie<br />
locali, sottolineava Zangheri, era indispensabile provvedere alla riforma<br />
delle massime istituzioni nazionali, Stato e Parlamento compresi.<br />
2.6. Il malessere delle autonomie locali<br />
Alla fine degli anni ‘80, gli anni che precedettero la riforma delle autonomie<br />
locali, cresceva l’insofferenza della società nazionale nei confronti delle istituzioni<br />
ed il malessere delle autonomie locali per la mancanza sia di una riforma<br />
complessiva dell’ordinamento che le riguardava, sia della finanza locale. Nel<br />
1987, a distanza di dieci anni dalla Riforma Stammati, tutto era ancora come<br />
prima. Scriveva Giuseppe Falcone ne “Il comune democratico”: “È fallita l’amministrazione<br />
centrale dello Stato, anche nella espressione più alta: Governo e<br />
Parlamento, perché in dieci anni non è riuscita a varare una riforma organica<br />
delle prime cellule di uno Stato: Comuni e Province, e ha continuato per provvedimenti<br />
tampone […] È fallita l’amministrazione regionale, incapace di trovare<br />
una propria identità e un proprio fine, in eterno conflitto da una parte con<br />
714<br />
Poeta, I comuni, il governo del territorio..., cit.<br />
715<br />
Renato Zangheri, Nuove prospettive per le autonomie, Icd gen.-apr. 1987, pp. 31-36.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 205<br />
l’amministrazione centrale e dall’altra con le autonomie locali […] Sono fallite<br />
le stesse autonomie locali sia nella loro individualità che nelle loro associazioni,<br />
altrettanto incapaci di perseguire un disegno obiettivo” 716 .<br />
Dopo un infruttuoso incontro con il Presidente del consiglio Craxi con<br />
l’Anci, l’Associazione, insieme ad Upi ed Uncem e con l’appoggio di Lega e Cispel,<br />
proclamava per il 2 febbraio 1987 una manifestazione di protesta di tutti<br />
i consigli comunali d’Italia e per il successivo giorno 11 una manifestazione di<br />
sindaci in Campidoglio, nel corso della quale intervenivano i presidenti di Anci,<br />
Upi ed Uncem, e il presidente della Regione Lazio, Montali, che portava il<br />
saluto della Conferenza dei presidenti delle regioni. Quello stesso giorno il presidente<br />
Triglia veniva ricevuto dal Presidente della Repubblica, Giuseppe Cossiga,<br />
al quale leggeva un messaggio di tutte le organizzazioni che avevano promosso<br />
la manifestazione e dell’Aiccre 717 .<br />
L’anno seguente, la minaccia terroristica che arrivava a colpire il mondo delle<br />
autonomie locali con l’assassinio dello storico delle istituzioni e senatore della<br />
DC Roberto Ruffilli a Forlì, il 16 aprile 1988, a dieci anni dall’assassinio di<br />
Aldo Moro.<br />
L’impegno in ambito politico-istituzionale per ottenere le grandi riforme di<br />
cui le autonomie locali avevano bisogno 718 si accompagnava ad un rinnovato<br />
sforzo per il consolidamento della collaborazione con tecnici comunali ed<br />
esperti. Dal 1988 il tradizionale appuntamento di Viareggio promosso dalla<br />
Lega e dal comune, veniva organizzato, oltre che con la collaborazione di Cispel<br />
ed Uncem, anche con quella dei “rappresentanti dell’Associazione dei segretari<br />
comunali e provinciali, dei dirigenti di ragioneria, rappresentanti del<br />
coordinamento nazionale dei Coreco […] dirigenti ministeriali” 719 . Tra i tecnici<br />
comunali cui la Lega chiedeva il contributo, quelli che senza dubbio parteciparono<br />
con maggiore intensità furono i segretari comunali che, da allora,<br />
furono regolarmente presenti nel dibattito sulle riforme ospitato da “Il potere<br />
locale”, in particolare in occasione degli incontri di Viareggio. L’alleanza della<br />
Lega con i tecnici comunali aveva un significato strategico: nella sfida dell’unità<br />
la Lega, più piccola dell’Anci, cercava l’accordo con il maggior numero<br />
possibile di componenti l’ampio e variegato movimento per le autonomie locali<br />
720 .<br />
716<br />
Giuseppe Falcone, La finanza di investimento, Icd mag.-ago. 1987, pp. 3-8.<br />
717<br />
Paola Poeta, La protesta delle fasce tricolori, Ipl gen.-feb. 1987, pp. 8-14.<br />
718<br />
Un’attività che si esprimeva anche attraverso la realizzazione di vari convegni, come quello<br />
del 5 luglio 1988, tenutosi presso la Sala del Cenacolo, della Camera dei Deputati, dedicato<br />
a Quali riforme per una nuova fase costituente delle autonomie, Ipl lug.-ago 1988, pp. 4-14.<br />
719<br />
Prima riunione su Viareggio, Ipl mar.-1988; Speciale Viareggio, Ipl set. 1989.<br />
720<br />
Tra gli articoli pubblicati nella rivista: Segretari comunali. Un contributo alla definizione<br />
di una legge di principi, Ipl ott. 1988, p. 64 ; Segretari comunali e provinciali. Definire presto principi,<br />
ruolo e funzioni. Assemblea nazionale, Ipl mar. 1989, pp. 54-55; Mario Pazzaglia (seg. gen.<br />
prov. di Firenze), Alla dirigenza non servono parole magiche, Ipl set. 1989, pp. 58-63; Carlo Paolini<br />
(seg. com. Colle Val d’Elsa), Note sulla proposta di riforma dell’ordinamento dei segretari comunali<br />
e provinciali, Ipl ott. 1989, pp. 66-72.
206 PARTE III<br />
2.6.1 La segreteria Gualandi<br />
Il 23 maggio 1988 l’on. Enrico Gualandi, da tempo condirettore de “Il potere<br />
locale”, su indicazione del Consiglio nazionale, sostituiva Dante Stefani come<br />
segretario nazionale della Lega 721 , a Gualandi si affiancava poi, con la carica<br />
di segretario nazionale aggiunto, l’avv. Claudio Simonelli 722 , che era anche<br />
direttore della rivista. Gualandi rilanciava subito la sfida dell’unità del movimento<br />
proponendo “una assemblea nazionale delle autonomie locali con la partecipazione<br />
di tutte le associazioni che le rappresentano”, anche per promuovere<br />
il dibattito sul disegno di legge sull’ordinamento delle autonomie locali in<br />
discussione nel Parlamento 723 . E ancora la questione veniva ripresa nel documento<br />
conclusivo del convegno di Viareggio nel quale si proponeva: “Un coordinamento<br />
nazionale e regionale delle Organizzazioni delle autonomie, per<br />
valutare l’opportunità di iniziative comunali”, si rilanciava l’idea di una “Assemblea<br />
nazionale delle autonomie locali e regionali, per dibattere e contribuire<br />
a definire una organica riforma dell’ordinamento” e, infine, “il ritorno unitario<br />
di tutte le associazioni autonomistiche a Viareggio” 724 .<br />
Il documento conclusivo del X congresso della Lega, svoltosi a Perugia il 26-<br />
28 aprile 1989, rinnovava le proposte di raccordo tra le organizzazioni delle autonomie<br />
locali, il progetto “di una Conferenza nazionale permanente dei poteri<br />
locali e regionali”, di “organi permanenti” nelle Camere e nei Consigli regionali<br />
di “filtro e verifica di compatibilità” di norme riguardanti regioni ed autonomie<br />
locali insieme ad un richiamo all’impegno delle autonomie locali al vicino<br />
appuntamento elettorale per l’elezione del Parlamento europeo 725 . Così<br />
anche il documento conclusivo di Viareggio ’89 726 e ‘90 727 .<br />
2.6.2. Il rafforzamento dell’impegno tecnico-amministrativo<br />
In quegli stessi anni non veniva meno nella Lega l’attività tecnico-amministrativa<br />
di supporto agli amministratori locali. Il 25-27 giugno 1987 la Lega organizzava<br />
a Ferrara, insieme al comune, la prima di una serie di Conferenze nazionali<br />
degli assessori della cultura” 728 , a cui seguiva la costituzione di una Con-<br />
721<br />
Eletto il nuovo segretario della Lega, Ipl mag. 1988, p. 3.<br />
722<br />
Direzione della Lega. Eletta la nuova segreteria, Ipl giu. 1988, pp. 4-5.<br />
723<br />
Perché proponiamo una assemblea nazionale delle autonomie locali con la partecipazione di<br />
tutte le associazioni che le rappresentano, Ipl set. 1988, pp. 6-7.<br />
724<br />
Documento conclusivo, Ipl ott. 1988, pp. 72-3.<br />
725<br />
Documento conclusivo approvato al X congresso, Ipl mag. 1989, pp. 56-7.<br />
Nel congresso della Lega quel che restava del legame con i Paesi socialisti veniva riaffermato dalla<br />
presenza di un delegato della Conferenza permanente delle città e comuni jugoslavi, Dušan Kologiera,<br />
sindaco di Korcûla e del “delegato sovietico rappresentante di un’associazione che raggruppa<br />
le città gemellate dell’Unione sovietica”; Incontro con le delegazioni straniere, Ipl mag. 1989, p. 53.<br />
726<br />
Documento conclusivo approvato dalla Convenzione di Viareggio ’89, Ipl ott. 1989, pp. 74-5.<br />
727<br />
Documento conclusivo approvato dalla Convenzione di Viareggio, Ipl nov. 1990, pp. 50-1.<br />
728<br />
Speciale città e cultura, Ipl ott. 1987, pp. 40-63; la seconda si svolgeva due anni dopo,<br />
sempre a Ferrara, dal 29 giugno al 1° luglio 1989, Speciale cultura, Ipl lug.-ago. 1989; la terza<br />
il 18-20 giugno 1992, Conferenze per la cultura, Ipl ago-set. 1992.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 207<br />
sulta nazionale degli enti locali per la cultura 729 . Nel 1990 si svolgeva a Ravenna<br />
il convegno nazionale Gli enti locali per l’ambiente 730 .<br />
Nel 1988 la Lega pubblicava il Manuale della amministrazione locale, con la<br />
prefazione di Massimo Severo Giannini 731 ; il 2 febbraio 1989 nella sede di Roma<br />
del Cinsedo, ancora Giannini presentava l’Annuario delle autonomie 1989<br />
curato da Cassese, definito da Luigi Ladaga, presidente delle Edizioni delle autonomie,<br />
“la nostra più importante pubblicazione” 732 .<br />
Nel dicembre 1989, qualche mese prima della riforma dell’ordinamento<br />
delle autonomie locali, le Edizioni delle autonomie pubblicavano il primo fascicolo<br />
della rivista mensile “Prime note”. Si accresceva così, anche con quello<br />
uno strumento di supporto , l’attività tecnico-amministrativa di supporto della<br />
Lega agli amministratori ed ai tecnici locali 733 . Due anni prima, nel 1987,<br />
erano cessate le pubblicazioni de “Il comune democratico” 734 che, dopo aver<br />
perso la funzione di rivista dell’organizzazione passando ad essere bimestrale dal<br />
1982, era poi divenuto quadrimestrale dal 1986. Niente meglio della fine della<br />
storica rivista della Lega - che nel titolo rievocava “Il comune socialista”, organo<br />
della Lega nata nel 1916 - poteva rendere l’idea della progressiva affermazione<br />
della funzione tecnico-amministrativa rispetto a quella politico-istituzionale<br />
nell’attività dell’organizzazione.<br />
Una funzione di servizio alle autonomie locali che si sarebbe ulteriormente<br />
sviluppata a seguito delle riforme dell’ordinamento degli enti locali a partire dagli<br />
anni ‘90. L’entrata in vigore della riforma dell’ordinamento delle autonomie<br />
locali nel 1990, infatti, obbligava la Lega ad un importante sforzo editoriale per<br />
rispondere alle richieste delle amministrazioni locali di strumenti interpretativi<br />
della nuova legislazione. Nell’autunno del 1990 apparivano La riforma delle autonomie<br />
locali, a cura della redazione di “Prime note” 735 . Particolarmente significativo<br />
era lo sforzo per coadiuvare gli amministratori nella redazione delle<br />
norme di autogoverno. La Lega pubblicava una Guida ragionata all’elaborazione<br />
degli Statuti e dei regolamenti 736 .<br />
729<br />
Giorgio Morales, Consulta nazionale degli enti locali per la cultura, Ipl mar. 1988, pp. 12-3.<br />
730<br />
Speciale ambiente, Ipl gen.-feb 1990, pp. 14-62.<br />
731<br />
Manuale della amministrazione locale, prefazione di Massimo Severo Giannini, Roma,<br />
Edizioni delle autonomie; come riportava la recensione ne “Il potere locale”, si trattava di un<br />
volume di 520 pagine, realizzato con il contributo di con 37 autori; Ipl nov.-dic. 1988, p. 47.<br />
732<br />
Presentato da Sabino Cassese e Massimo Severo Giannini l’Annuario ’89, Ipl gen.-feb. 1989,<br />
p. 43.<br />
733<br />
Era questo un nuovo frutto della collaborazione da poco aperta dalla Lega con un gruppo<br />
di segretari comunali, diretti da Antonino Saja, che ebbero, da parte loro, la possibilità di<br />
mettere a disposizione del mondo delle autonomie le proprie competenze.<br />
734<br />
L’ultimo numero consultato è il 2, mag.-ago. 1987.<br />
735<br />
Ipl set.-ott. 1990, p. 43; La riforma delle autonomie locali, a cura della redazione di “Prime<br />
note”, Roma, Edizioni delle autonomie, 1990; Lega delle autonomie locali.<br />
736<br />
Lega delle autonomie locali, Guida ragionata all’elaborazione degli Statuti e dei regolamenti,<br />
a cura di Domenico Davoli, Claudio Ceino, Walter Anello, Roma, Edizioni delle autonomie,<br />
1990.<br />
Nel quadro di questo sforzo editoriale si ricorda l’iniziativa delle casa editrice Edizioni delle<br />
autonomie, che pubblicizzava con una lettera agli amministratori il proprio volume La re-
208 PARTE III<br />
Alla fine del 1990, all’indomani della riforma, l’organizzazione costituiva la<br />
società Lega servizi & consulenza, per fornire servizi telematici, operativi e consulenza<br />
agli enti locali 737 , in particolare nell’ambito dell’attività di formazione<br />
del personale 738 . Nel 1992 la società offriva servizi anche alle province per la redazione<br />
del Piano territoriale di coordinamento, di loro competenza, previsto<br />
dalla legge 142/90 739 .<br />
3. Gli anni ’90: le riforme<br />
Mentre il Parlamento dibatteva della riforma dell’ordinamento degli enti locali<br />
i risultati delle elezioni amministrative del 6-7 maggio 1990 registravano il<br />
primo, importante cambiamento nella geografia politica delle amministrazioni<br />
locali. Il 20% di astensioni, voti nulli ed in bianco, l’affermazione nel nord della<br />
Lega Lombarda e di formazioni ad essa vicine, la perdita di consensi del Pci<br />
e della DC, che però riusciva almeno a bilanciare l’emorragia di voti con un aumento<br />
nell’Italia del Sud, sollecitavano l’organizzazione a riaffermare, ancora,<br />
l’urgenza della riforma delle autonomie locali e dello Stato, questa volta anche<br />
con accenti drammatici: “Ogni ulteriore ritardo ed incapacità a riformare lo<br />
Stato e le Autonomie locali comporterà l’accelerazione di un processo di disgregazione,<br />
che è già in atto, e seri pericoli per l’avvenire della democrazia italiana”<br />
740 .<br />
La questione dell’autonomia, da decenni accantonata dal governo nazionale,<br />
in nome di superiori e più urgenti interessi, era clamorosamente balzata sulla<br />
scena politica, insieme a quella della riforma della Pubblica amministrazione<br />
e dello Stato. Venne così avviato un profondo mutamento della Pubblica Amministrazione<br />
che partì dall’amministrazione locale e, non a caso, coincise con<br />
un altrettanto profondo mutamento degli e<strong>qui</strong>libri politico–istituzionali in-<br />
dazione dello Statuto, a cura della Lega, della redazione di “Prime note” e del Censis. “Non uno<br />
statuto fotocopiato – specificava la lettera – ma uno strumento che mette in grado gli amministratori<br />
di compiere le loro scelte autonomamente: questo è l’unico modo per cogliere davvero<br />
la storica opportunità di realizzare il disegno autonomista contenuto nella legge 142/90”<br />
Lettera della Edizioni delle autonomie, datata “Roma, dicembre 1990” indirizzata “Agli amministratori<br />
locali italiani”; Ipl gen. 1991, pp. 10-11.<br />
737<br />
Ipl nov. 1990, pp. 52-8.<br />
738<br />
L’attività si svolgeva anche in collaborazione con i segretari comunali e provinciali e dimostrava<br />
quanto fossero ampie le possibilità di fornire attività di sevizio alle autonomie locali,<br />
specie dopo la riforma; Cfr. Walter Anello (direttore dell’Ufficio di segreteria della Lega delle<br />
autonomie), L’attività di formazione e servizio della Lega, Ipl gen,-feb. 1992, pp. 34-5; Antonino<br />
Saja (Segretario Unione segretari comunali e prov. e responsabile per la formazione della Lega<br />
servizi & consulenza), Scelte metodologiche per l’attività formativa di amministratori e dirigenti,<br />
ivi, pp. 35-8; sulla Lega servizi cfr. ivi, pp. 34-46.<br />
Si segnala che, sempre nell’ambito della formazione, Anci e Formez avevano firmato una convenzione<br />
alla fine del 1987; Servizi per i comuni, in I documenti dell’Anci…, vol. II, pp. 294-6.<br />
739<br />
Un nuovo servizio della Lega servizi & consulenze, Ipl nov. 1992, pp. 21-22.<br />
740<br />
Enrico Gualandi, O si riformano le istituzioni per garantire credibilità ed efficienza, o perde<br />
tutto il sistema democratico, Ipl mag. 1990, pp. 5-6.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 209<br />
staurati a partire della fine della seconda guerra mondiale, fino a quel momento<br />
rimasti sostanzialmente intatti.<br />
La lunga stagione delle riforme iniziava nel 1990 con due leggi, la n. 142<br />
dell’8 giugno 1990, Ordinamento delle Autonomie locali e la n. 241 del 7<br />
agosto 1990, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di<br />
diritto di accesso ai documenti amministrativi, a sottolineare il legame tra la<br />
democratizzazione delle istituzioni, presupposto del decentramento, e la democratizzazione<br />
della pubblica amministrazione, su cui si basa la possibilità<br />
dell’accesso e del controllo da parte dei cittadini dei processi amministrativi.<br />
Il 1990 era, nei termini utilizzati da Cassese, l’Annus mirabilis della legislazione<br />
amministrativa italiana 741 , nel quale la Lega aveva l’occasione di rilanciare<br />
la sfida per l’unità del movimento.<br />
3.1. Per una Conferenza nazionale delle autonomie<br />
Questa volta era in nome dell’urgenza dell’applicazione della riforma che la<br />
Lega chiedeva “la convocazione di una ‘Conferenza nazionale delle autonomie’<br />
– promossa dal Governo e dal Parlamento, con la partecipazione di Regioni e<br />
di tutte le associazioni autonomiste” 742 . La proposta di un tavolo di lavoro comune<br />
con tutte le associazioni delle autonomie e della ricerca di un futuro unitario<br />
743 , veniva ripresentata in occasione dell’XI congresso nazionale che si svolgeva<br />
a Siena il 28-30 novembre 1991 744 .<br />
All’ennesimo richiamo all’unità della Lega rispondeva positivamente il presidente<br />
dell’Anci, Triglia: “Già dall’assemblea di Catania formulai l’invito a ricercare<br />
un accordo più stretto tra le attuali organizzazioni, anche nella prospettiva<br />
di una qualche riforma unitaria. Oggi questa esigenza è ancora più viva e<br />
più forte e ci deve vedere impegnati in un graduale processo, per favorire la costruzione<br />
di un adeguato consenso di tutte le parti” 745 . Era evidente che la necessità<br />
di un fronte comune per organizzare le iniziative per l’applicazione della<br />
riforma aveva spinto almeno la principale delle organizzazioni del movimento<br />
per le autonomie, l’Anci, ad accettare la sfida dell’unità. Alla sostanziale apertura<br />
dell’Anci, confermata dal segretario, Lucio D’Ubaldo 746 , e condivisa dall’Uncem,<br />
corrispondeva quella più incerta della Cispel e quella sostanzialmen-<br />
741<br />
Recensione. Annus mirabilis, Ipl feb.-mar. 1991, p. 63; dalla recensione dell’Annuario<br />
1991 delle autonomie locali, diretto da Sabino Cassese.<br />
742<br />
Claudio Simonelli, Ritardi nei tempi di attuazione, urge una Conferenza nazionale delle<br />
autonomie, Ipl gen. 1991, p. 5.<br />
743<br />
Enrico Gualandi, Proponiamo un tavolo di lavoro comune con tutte le associazioni delle autonomie,<br />
Ipl nov. 1991, p. 5; Claudio Simonelli, La natura della nostra associazione ci dà gli strumenti<br />
per la ricerca di un futuro unitario; ivi, p. 4.<br />
744<br />
XI congresso nazionale, Ipl nov. 1991; idem, dic. 1991.<br />
745<br />
Messaggio del presidente dell’Anci sen. Riccardo Triglia, Ipl dic. 1991, pp. 18-9.<br />
746<br />
Lucio D’Ubaldo, Una federazione delle associazioni degli enti locali: un tema per i prossimi<br />
congressi, Ipl gen.-feb. 1992, p. 15
210 PARTE III<br />
te contraria dell’Upi, espressa dal segretario 747 mitigata appena dalla posizione<br />
del presidente Brasca 748 .<br />
L’avvenuta riforma dell’ordinamento non aveva assolutamente fatto passare<br />
in secondo piano la questione della finanza locale, rimasta ancora insoluta.<br />
L’impegno della Lega nella materia si manifestava in occasione dell’appuntamento<br />
per il Convegno nazionale sulla finanza locale, che sostituiva, da allora,<br />
quello tradizionale di Viareggio, il primo dei quali si volgeva a Modena il 12-<br />
13 settembre 1991 749 .<br />
3.2. I sindaci si mobilitano<br />
Sabato 30 maggio 1992, 150 sindaci della <strong>Toscana</strong> facevano sciopero e si recavano<br />
con i rispettivi gonfaloni “in corteo come ufficiali di governo, per la città di Firenze<br />
fino a Palazzo Vecchio, dove abbiamo incontrato i parlamentari”. Come affermava<br />
il sindaco di Campi Bisenzio Adriano Chini: “I comuni chiedono innanzitutto<br />
responsabilità diretta: amministrativa, decisionale, gestionale. Vogliamo decidere<br />
noi le linee progettuali e programmatiche, rifiutiamo che persino le spese postali,<br />
come attualmente avviene, siano decise dal Governo centrale” 750 . Il successivo<br />
due luglio un migliaio di sindaci di tutta Italia si riuniva a Roma, in Campidoglio,<br />
chiedendo maggiori responsabilità, autonomia finanziaria e l’elezione diretta del<br />
sindaco 751 una proposta, questa sostenuta anche dal consiglio nazionale della Lega<br />
svoltosi in quelle settimane 752 . Ancora nel 1992, il 15 e 16 ottobre, la Lega e il Consiglio<br />
regionale della Valle d’Aosta organizzavano congiuntamente a Saint Vincent<br />
il convegno Per una riforma regionalista e autonomista dello Stato, “premessa per il<br />
rilancio di un rinnovato movimento regionalista ed autonomista” 753 . Evidente tentativo<br />
di armonizzare le aspirazioni riformatrici delle autonomie locali, non certo<br />
soddisfatte della riforma del 1990, e quelle delle regioni, in un periodo nel quale le<br />
richieste secessioniste sostenute in particolare dalla Lega Nord avrebbero potuto isolare<br />
le autonomie locali dal ventilato processo di riforma costituzionale.<br />
747<br />
La Cispel proponeva la costituzione di due distinti organismi, una federazione di tutte<br />
le realtà erogatrici di servizi, comprese le aziende sanitarie, ed un’ altra comprendente le organizzazioni<br />
di tipo politico e tecnico-amministrativo. Il segretario dell’Upi, Camillo Moser, aveva<br />
espresso la sua preoccupazione per questa possibilità e chiedeva, invece, la costituzione di uffici<br />
e servizi comuni; Federazione, Confederazione o separati in casa?, Ipl dic. 1991, p. 42.<br />
748<br />
Crisi di rappresentanza e cultura autonomistica: è tempo di cambiare. Collo<strong>qui</strong>o con Alberto<br />
Brasca, presidente dell’Upi, Ipl gen.-feb. 1992, pp. 16-9.<br />
749<br />
Modena: convegno nazionale sulla finanza, Ipl set.-ott. 1991; il secondo si teneva il 22-23<br />
settembre 1992, Speciale. Modena: convegno annuale sulla finanza locale, Ipl ott. 1992.<br />
750<br />
Intervista. Responsabilità amministrativa, gestionale, riforma elettorale e autonomia finanziaria,<br />
Ipl giu.-lug. 1992, pp. 8-10.<br />
751<br />
P.P. (Paola Poeta), I sindaci sono arrivati a Roma, Ipl giu.-lug. 1992, p. 9.<br />
752<br />
Consiglio nazionale. Le proposte per il programma di governo: nuovo stato regionalista; riforma<br />
dei sistemi elettorali; riforma della finanza locale e regionale nel contesto di nuovi assetti istituzionali,<br />
Ipl giu.-lug. 1992, pp. 18-20.<br />
753<br />
Enrico Gualandi, Una risposta forte sia al centralismo che alla divisione dello Stato, Ipl gen.<br />
1993, p. 5.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 211<br />
3.4. I sindaci protagonisti del movimento per le autonomie locali<br />
Una nuova Lega cercava di affermarsi definitivamente e poteva/doveva misurarsi<br />
con il resto del movimento per le autonomie locali senza temere più alcuna<br />
accusa di partigianeria politica, ma senza nemmeno potersi affidare alla forza di<br />
grandi partiti popolari di massa, che ormai non avevano più la forza degli anni<br />
precedenti. Così scriveva Paola Poeta, redattore capo della rivista della Lega che,<br />
non ricoprendo incarichi politici nell’organizzazione, poteva essere più esplicita:<br />
“O la Lega delle autonomie, forte della sua natura trasversale tenta, con un nuovo<br />
gruppo dirigente, nazionale e locale, di vincere questa sfida, o dovrà ‘accontentarsi’<br />
di essere l’ala ‘illuminata’ delle sinistre, o peggio, dovrà inglobarsi in un indefinito<br />
‘rassemblement’ associazionistico”. L’elettorato aveva fatto le proprie scelte, l’Italia<br />
non era la Gran Bretagna, il paese della pacifica alternanza, ma poteva avvicinarsi<br />
“ai cugini francesi, che conservano due blocchi con tante anime dentro” 754 .<br />
La Lega, si poteva concludere seguendo la traccia di questa analisi, doveva<br />
rinnovarsi di conseguenza, a cominciare dal gruppo dirigente.<br />
La legge per l’elezione diretta di sindaco e presidente della provincia 755<br />
aveva effetti positivi sull’intero sistema delle autonomie locali, perché non<br />
solo garantiva alle amministrazioni – e soprattutto a quelle provinciali, fino<br />
ad allora particolarmente instabili - quella saldezza che era l’esplicito obiettivo<br />
dell’iniziativa sfociata nell’approvazione della legge, ma dava risalto alle figure<br />
di sindaco e presidente della provincia accrescendone, contemporaneamente,<br />
forza e credibilità non solo rispetto a regione e governo, ma anche, e<br />
soprattutto, rispetto ad una disorientata opinione pubblica. L’approvazione<br />
della legge, che veniva accolta con favore dalla Lega 756 , stimolava il dibattito<br />
su nuove e sempre più necessarie riforme del sistema delle autonomie locali.<br />
L’organizzazione rilanciava la riforma regionale 757 , riproponeva quella sulla figura<br />
dei segretari comunali e provinciali 758 ; in occasione dell’appuntamento<br />
754<br />
Paola Poeta, Un voto più libero che pone a tutti problemi di scelte e di coordinamento, Ipl<br />
nov.-dic. 1992, pp. 7-8.<br />
755<br />
Legge 25 marzo 1993, n. 81, Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del<br />
consiglio comunale e del consiglio provinciale; sugli effetti della legge cfr. Luciano Randelli, Sindaci<br />
e miti, Bologna, Il Mulino, 1997.<br />
756<br />
Enrico Gualandi, Elezione diretta del sindaco: novità per cittadini e istituzioni, Ipl apr.<br />
1993, pp. 7-9.<br />
Nell’ambito della funzione di servizio agli amministratori la Lega pubblicava un volume<br />
sulla nuova norma nella collana Come fare: Alberto Fossati (a cura di), Il nuovo ordinamento degli<br />
enti locali dopo le leggi 142/90 e 81/93, Roma, Edizioni delle autonomie, 1993; successivamente<br />
Carlo Paolini, Antonio Saja (a cura di), Manuale degli enti locali. Organizzazione, competenze,<br />
atti, procedure e strumentazioni della nuova amministrazione locale, prefazione di Francesco<br />
Rutelli, coordinamento per la Lega delle autonomie locali Walter Anello, Roma, Edizioni<br />
delle autonomie, 1996.<br />
757<br />
Pier Luigi Bersani (Segretario regionale Pds Emilia-Romagna), Per un progetto di regionalismo:<br />
la proposta del Pds dell’Emilia Romagna, Ipl apr. 1993, pp. 23-6.<br />
758<br />
Gianni Bechelli (sindaco di Scandicci), Figura e funzioni del segretario comunale e lo scoglio<br />
dei controlli, Ipl mag. 1993, p. 29; Segretari: un nuovo status per un nuovo profilo professionale,<br />
Ipl giu.-lug. 1993, p. 26; Il nuovo ordinamento dei segretari comunali e provinciali, Ipl nov.-<br />
dic. 1993, pp. 14-5.
212 PARTE III<br />
di Modena del 1993 presentava una proposta di legge per la riforma della finanza<br />
locale 759 .<br />
3.4.1. La prima marcia dei sindaci eletti dai cittadini<br />
Il protagonismo dei sindaci sarebbe divenuto, da allora, una costante nel dibattito<br />
politico-istituzionale del Paese ed avrebbe avuto notevoli effetti, naturalmente,<br />
anche sul movimento per le autonomie locali. Il 2 giugno 1993 la Lega<br />
organizzava una manifestazione nazionale di sindaci in Campidoglio, in<br />
concomitanza con il 47° anniversario della Repubblica, per protestare contro i<br />
tagli del Governo a danno dei bilanci delle autonomie locali 760 , in aperta violazione<br />
della legge 142/90 761 . Il documento veniva presentato ai gruppi parlamentari,<br />
congiuntamente, dalla Lega e dai sindaci 762 , sindaci dei quali veniva riconosciuto,<br />
<strong>qui</strong>ndi, il protagonismo.<br />
L’organizzazione riproponeva, anche nel nuovo contesto, la sfida dell’unità al<br />
nuovo presidente dell’Anci eletto nel 1992, Pietro Padula, a cui Gualandi, dalle<br />
colonne de “Il potere locale”, rivolgeva un preciso richiamo Attendiamo ancora<br />
risposte alle nostre proposte unitarie 763 .<br />
3.4.2. L’incarico al sindaco Rutelli della guida del processo di unificazione<br />
La politica della Lega per la nuova fase politico-istituzionale veniva illustrata<br />
da Gualandi in occasione della Conferenza programmatica ed organizzativa<br />
che si svolgeva a Pisa il 14-15 luglio 1994. All’ordine del giorno, al primo posto,<br />
c’era La repubblica delle autonomie. Modifiche alla Costituzione e modello federale,<br />
subito dopo le grandi riforme legislative c’era la questione finanziaria,<br />
Prima valutazione sul programma e sul documento di programmazione economica<br />
e finanziaria ’95-’97 del Governo, infine, Costruire una Confederazione tra tutte<br />
le associazioni delle autonomie locali 764 .<br />
Al termine del suo intervento Gualandi riassumeva gli sviluppi dell’iniziativa<br />
unitaria della Lega, a partire da una recente riunione di tutte le associazioni<br />
convocata dal presidente dell’Anci, Padula, nella quale era stata accolta<br />
la proposta di “istituire un collegamento stabile interassociativo, capace di rappresentare<br />
un momento autorevole ed unitario delle esigenze comuni al mondo<br />
delle autonomie”. Nella riunione era stato poi deciso di proporre al sinda-<br />
759<br />
Speciale Modena, Ipl ott. 1993, pp. 22-56<br />
760<br />
I tagli vennero effettuati con il decreto legge del 22 maggio 1993 n. 155.<br />
761<br />
Enrico Gualandi, I sindaci protestano contro la politica autoassolutoria dello Stato centralista,<br />
Ipl giu.-lug. 1993, pp. 6-7.<br />
762<br />
Documento presentato dalla Lega e dai sindaci ai gruppi parlamentari, Ipl giu.-lug. 1993,<br />
pp. 8-9.<br />
763<br />
Enrico Gualandi, Attendiamo ancora risposte alle nostre proposte unitarie, Ipl ott. 1993, pp.<br />
11-2.<br />
764<br />
Ipl mag.-giu. 1994, p. 37.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 213<br />
co di Roma, Francesco Rutelli, che aveva accettato, di presiedere un apposito<br />
tavolo di coordinamento tra le associazioni, Anci, Upi, Uncem, Aiccre, Cispel<br />
e Lega 765 .<br />
Rutelli, nella lettera inviata ai partecipanti alla Conferenza, dopo avere sottolineato<br />
che “il movimento delle autonomie territoriali sta attraversando in<br />
questi mesi una fase di passaggio di grande interesse e delicatezza”, riaffermava<br />
l’accettazione della proposta offertagli “per dar vita ad un efficace coordinamento”<br />
delle organizzazioni delle autonomie locali 766 .<br />
L’affidamento al sindaco di Roma dell’incarico di guidare il movimento all’unità<br />
non deve stupire. I sindaci eletti nel 1993 non avevano tardato a comprendere<br />
l’eccezionale importanza del proprio ruolo in un momento tanto critico<br />
come quello della prima metà degli anni ’90.<br />
Il 10 e 11 dicembre 1994 si svolgeva a Roma la Convenzione dei sindaci democratici<br />
che “lanciava una sfida al Governo in vista dell’appuntamento elettorale<br />
amministrativo di giugno”. Si parlava apertamente di un “partito dei sindaci”,<br />
anche se gli interessati, a partire da Rutelli, smentivano 767 .<br />
Con l’incarico affidato al sindaco della capitale le organizzazioni del movimento<br />
- ed in primo luogo la Lega che era stata la prima a porre la sfida dell’unità<br />
– conseguivano un duplice risultato. In primo luogo la partecipazione dei<br />
nuovi sindaci eletti direttamente dai cittadini rafforzava il movimento per le<br />
autonomie locali permettendo a questo di intervenire, con maggiore potere<br />
contrattuale, all’elaborazione di quella che si riteneva l’ormai prossima riforma<br />
dello Stato. In secondo luogo, i sindaci - attraverso Rutelli - in quanto figure<br />
organiche al movimento, esterne però alla logica delle diverse strutture, avrebbero<br />
potuto condurre con maggiore efficacia le organizzazioni delle autonomie<br />
locali al difficile traguardo dell’unità.<br />
Ma il “partito dei sindaci”, che meglio si sarebbe dovuto definire il partito<br />
dei sindaci delle grandi città avrebbe preferito muoversi diversamente.<br />
3.5. Il movimento per le autonomie locali e il “partito dei sindaci delle grandi<br />
città”<br />
Il 9 novembre 1995, a 12 giorni dallo svolgimento dell’assemblea nazionale<br />
dell’Anci che lo aveva eletto presidente 768 , Enzo Bianco, sindaco di Catania, capeggiava<br />
una manifestazione pubblica di centinaia di sindaci ed amministratori<br />
locali 769 . Dopo una riunione svoltasi in Campidoglio gli amministratori mar-<br />
765<br />
Enrico Gualandi, È tempo di definire una proposta di federalismo, Ipl lug.-ago 1994, pp.<br />
4-11.<br />
766<br />
Il messaggio del sindaco di Roma Francesco Rutelli, Ipl lug.-ago. 1994, p. 16.<br />
767<br />
Paola Poeta, La lunga marcia per l’alternativa di governo parte dai comuni, Ipl dic. 1994,<br />
pp. 6-7; Nando Morra (Segretario della Lega delle autonomie di Napoli), Federalismo e autonomia,<br />
il nuovo soggetto politico è il partito dei sindaci?, Ipl dic. 1994, pp. 4-5.<br />
768<br />
Il sindaco di Catania, Enzo Bianco, veniva eletto presidente nella XII assemblea generale<br />
dell’Anci svoltasi a Sorrento il 25-28 ottobre 1995.<br />
769<br />
Cfr. E. Bianco, Ci attende un percorso impegnativo, “Anci Rivista” (AR) nov. 1995, pp. 9-10.
214 PARTE III<br />
ciavano lungo via del Corso 770 fino a Palazzo Chigi, dove incontravano il Presidente<br />
del consiglio dei ministri, Lamberto Dini, ed i presidenti di Camera e Senato.<br />
“Noi, Sindaci e Consiglieri comunali”, riporta il documento ufficiale approvato<br />
nella riunione in Campidoglio, “avvertiamo oggi una grande responsabilità<br />
dinanzi al Paese. I Comuni rappresentano una fondamentale risorsa democratica<br />
– di legittimazione, credibilità e stabilità – per far fronte al difficile<br />
travaglio politico e istituzionale del Paese” 771 .<br />
I sindaci chiedevano poi, tra l’altro, di: “Istituire una Conferenza permanente<br />
Stato-Città per la determinazione delle materie attualmente di competenza<br />
statale da trasferire ai comuni” con un obiettivo che il presidente Bianco<br />
individuava chiaramente: “Ora, in un forte spirito unitario, dobbiamo fare dell’Anci<br />
un forte soggetto politico-istituzionale in grado di imporre un serio e vigoroso<br />
percorso di riforma” 772 . L’Anci rinnovava così l’esigenza di una sede istituzionale<br />
di confronto tra Governo ed autonomie locali manifestata per la prima<br />
volta nel 1906: si andava verso la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali<br />
(Csc) 773 .<br />
3.5.1. Il rilancio della sfida dell’unità<br />
Il 3 e 4 giugno 1996 si svolgeva a Pesaro il XII congresso della Lega delle autonomie<br />
locali, in un clima di grandi attese. Era passata solo qualche settimana<br />
dalla costituzione del Governo di Romano Prodi nell’appena iniziata XIII<br />
legislatura. La relazione introduttiva del segretario esprimeva tutte le speranze<br />
di un sistema che aveva atteso per decenni le riforme che era ormai certo potessero<br />
attuarsi. Gualandi parlava di “lotta al centralismo nazionale” e al “neocentralismo<br />
regionale”, faceva riferimento al “federalismo cooperativo” citato<br />
nel programma del Presidente del consiglio Prodi. Interveniva nel dibattito sulla<br />
riforma costituzionale chiedendo di “addivenire ad una sola Camera dei Deputati<br />
meno pletorica, eletta a suffragio universale con sistema elettorale a doppio<br />
turno”, alla costituzione di una Camera o Senato delle autonomie locali nominata<br />
dalle regioni e dagli enti locali. Auspicava “una strategia unitaria per le<br />
autonomie locali e regionali” e, subito, “segnali immediati”, come la riforma<br />
della finanza locale.<br />
Il segretario ricordava una precedente proposta della Lega per la costituzione<br />
di un “Ministro o un Sottosegretario alle autonomie territoriali presso la<br />
Presidenza del Consiglio” e non presso il Ministero dell’interno, per innovare<br />
la prassi di un’autonomia locale legata ai prefetti. Esprimeva le forti perplessità<br />
della Lega sulla proposta dell’istituzione di un Conferenza Stato-città per la de-<br />
770<br />
“Senza bloccare il traffico della capitale”, riporta l’organo dell’Anci, a sottolineare il pieno<br />
rispetto della legalità dell’iniziativa; P.M., La marcia dei sindaci, AR nov. 1995, p. 11.<br />
771<br />
Appello di Roma. Dichiarazione dei sindaci. Campidoglio, Sala Giulio Cesare, 9 novembre<br />
1995, AR nov. 1995, p. 12.<br />
772<br />
Bianco, Ci attende un percorso impegnativo…, cit.; il corsivo è redazionale.<br />
773<br />
Francesco Pizzetti, Verso la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali, AR feb.1996,<br />
pp.9-12.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 215<br />
ludente prova dell’analoga Conferenza Stato-regioni, “per il pericolo di un eccessivo<br />
spostamento dell’asse sulle grandi città”, perché credeva opportuno un<br />
coordinamento fra Stato, regioni ed enti locali “come sistemi coordinati” e non<br />
spezzettati. Ricordava, ancora, la necessità di “un patto federativo fra tutte le associazioni<br />
autonomiste”, per arrivare entro l’anno ad una “Federazione unitaria”<br />
774 .<br />
Il documento conclusivo del congresso, dopo aver approvato la relazione di<br />
Gualandi, con “la riaffermazione dell’impegno unitario e, insieme, della specificità<br />
della Lega”, auspicava l’apertura della “stagione delle riforme istituzionali<br />
e del rinnovamento dello Stato, in senso federalista ed autonomista” 775 .<br />
A Pesaro, infine, la Lega approvava un nuovo statuto e rinnovava parzialmente<br />
la propria dirigenza, con l’elezione a presidente di Giuliano Barbolini,<br />
sindaco di Modena, del Partito democratico della sinistra (Pds), e la conferma<br />
a segretario di Gualandi 776 .<br />
3.5.2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali<br />
Qualche settimana dopo l’appuntamento di Pesaro il Presidente del consiglio<br />
Prodi accoglieva la richiesta dell’istituzione di un organo ufficiale di raccordo<br />
Stato-comunità locali, presentata “fin dai primissimi giorni successivi alla<br />
formazione del governo”, dai presidenti dell’Anci e dell’Upi, Enzo Bianco e<br />
Marcello Panettoni 777 . Veniva così varato il Dpcm 2 luglio 1996, “Istituzione<br />
della Conferenza Stato-città e autonomie locali”, il cui testo veniva sostanzialmente<br />
confermato dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, attraverso il<br />
quale l’attività della Conferenza Stato-città veniva inserita in quella più ampia<br />
della Conferenza Unificata, costituita dalla stessa Csc e dalla Conferenza Stato-<br />
Regioni e province autonome di Trento e Bolzano, riorganizzata in virtù di<br />
quello stesso provvedimento.<br />
Con l’istituzione della Conferenza Stato-città l’Anci e l’Upi, e soprattutto i<br />
sindaci delle grandi città, riuscivano a capitalizzare opportunamente il prestigio<br />
ac<strong>qui</strong>sito in un periodo di fortissima crisi dei partiti e delle istituzioni nazionali.<br />
Una capitalizzazione resa possibile anche grazie al fatto che, in quel periodo,<br />
era stato essenziale per il Governo Prodi ottenere la loro adesione ed il loro<br />
coinvolgimento al processo di riforma dello Stato da esso intrapreso, non ultimo,<br />
per bilanciare le spinte secessioniste della Lega Nord di Umberto Bossi.<br />
Erano, <strong>qui</strong>ndi, anche esigenze e necessità di e<strong>qui</strong>libri di politica nazionale a<br />
determinare la nascita della Csc, esigenze e necessità che si ripercuotevano sul<br />
movimento per le autonomie locali. Hanno rilevato Walter Anello e Giovanni<br />
774<br />
Enrico Gualandi, Un programma di lavoro per la nostra Associazione, Ipl mar.-giu. 1996,<br />
pp. 7-14.<br />
775<br />
Documento conclusivo. Approvato alla conclusione del XII congresso nazionale, Ipl mar.-giu.<br />
1996, p. 29.<br />
776<br />
Organi della Lega delle autonomie locali, Ipl mar.-giu. 1996, p. 31<br />
777<br />
Francesco Pizzetti, La Conferenza Stato-Città e Autonomie locali, “Giornale di Diritto amministrativo”,<br />
n.7, 1997, p. 668.
216 PARTE III<br />
Caprio, che la scelta di demandare ad Anci ed Upi “il compito della designazione<br />
dei rappresentanti [nella Conferenza] si è di fatto risolta in una spartizione<br />
tra componenti partitiche che non poteva tener conto dell’universo del<br />
sistema autonomistico e delle diverse specificità. Basta guardare le designazioni<br />
[…] per rendersi conto che esse hanno soddisfatto solo l’esigenza di alcuni sindaci<br />
di grandi città, il grado più o meno rappresentativo di questa o quella realtà<br />
locale e soprattutto la logica di appartenenza partitica”.<br />
Veniva poi sottolineata l’esclusione della Lega che aveva portato anche all’estromissione<br />
di dalla Csc di qualche “centinaio di comuni che aderiscono alla<br />
Lega delle autonomie locali ma non all’Anci e che vedono esclusa dalla Conferenza<br />
la loro associazione senza un reale motivo, visto che lo statuto della Lega<br />
delle autonomie locali associa gli enti non su base ideologica” ma su un programma<br />
autonomista ed aveva organi democraticamente eletti 778 .<br />
3.5.3. Tra divisioni e spinte all’unità<br />
Nel pieno della gestazione delle proposte che si sarebbero poi tradotte nella<br />
riforma del titolo V della Costituzione 779 il movimento per le autonomie locali<br />
viveva un periodo di profonde divisioni. Era proprio per ovviare a rivalità vecchie<br />
e nuove in un momento tanto importante della storia delle autonomie locali<br />
– come di quella nazionale - che la Lega rilanciava la sfida dell’unità.<br />
Anci e Lega allo sprint finale per l’alleanza, era questo il titolo apparso ne “Il<br />
Sole 24Ore” del 7 luglio 1997 nel quale si rendeva noto il progetto per la nascita<br />
di “una ‘super confederazione’” tra Lega, Anci, Upi, Uncem, Aiccre e Cispel,<br />
non a caso proprio durante i lavori della Commissione bicamerale e all’indomani<br />
delle dichiarazioni di un relatore della stessa Commissione, Francesco<br />
D’Onofrio, il quale aveva individuato “una delle cause della affievolita scelta<br />
federalista compiuta dalla Commissione Bicamerale” nella “disarticolazione<br />
delle posizioni espresse dalle regioni, dall’Anci e dall’Upi e la conseguente mancanza<br />
di una forte pressione unitaria del sistema delle autonomie locali”. Parte<br />
essenziale del processo che avrebbe dovuto portare alla super confederazione era<br />
“il rapporto con le forze politiche”e, in questo ambito, il giornale segnalava che<br />
il Pds, partito di appartenenza di gran parte dei sindaci aderenti alla Lega, aveva<br />
dovuto rinviare “un’importante riunione alle Botteghe oscure” che aveva come<br />
ordine del giorno “l’integrazione tra le due associazioni a causa dell’assenza<br />
dei sindaci ‘rossi’ dell’Anci”. L’iniziativa sarebbe dovuta proseguire nel corso<br />
dell’autunno successivo, in occasione dello svolgimento, in particolare, dei congressi<br />
nazionali di Anci e Lega 780 .<br />
778<br />
Walter Anello e Giovanni Caprio, I difficili rapporti tra centro e periferia. Conferenza Stato-Regioni,<br />
Conferenza Stato-città-autonmie locali e Conferenza unificata, in “Le istituzioni del<br />
federalismo. Regione e governo locale. Bimestrale di studi giuridici e politici della Regione<br />
Emilia Romagna”, gen,-feb. 1988, pp. 47-61.<br />
779<br />
Legge costituzionale 18 ott. 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.<br />
780<br />
R. Gal., Anci e Lega allo sprint finale per l’alleanza, “Il Sole 24Ore”, 7 lug. 1997.
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI 217<br />
Qualche giorno più tardi, su “Italia Oggi”, un articolo dava notizia dell’assoluta<br />
opposizione dei sindaci di Forza Italia - espressa dal sindaco di Giaveno,<br />
Osvaldo Napoli - alla prospettiva dell’unificazione tra le diverse organizzazioni<br />
del movimento autonomista, che veniva interpretata come una sorta di tentativo<br />
di politicizzazione dell’Anci, in primo luogo, e di tutto il movimento 781 .<br />
Se era comprensibile la contrarietà dei sindaci del partito Forza Italia, minoranza<br />
nell’Anci, ad un processo che li avrebbe visti divenire ancor più marginali<br />
in una grande organizzazione nella quale la presenza di partiti di centrosinistra<br />
sarebbe stata rafforzata dagli amministratori delle Lega, rimane da capire<br />
quanta parte avevano nell’insuccesso del tentativo i sindaci “‘rossi’” dell’Associazione<br />
per i quali, quasi certamente, l’essere sindaci di grandi città, perfettamente<br />
rappresentati dall’Anci, era evidentemente molto più importante di<br />
una ormai molto affievolita obbedienza al partito. Paradossalmente, l’affiliazione<br />
partitica da una parte e, dall’altra, la forza delle ragioni delle grandi città all’interno<br />
del movimento comunale 782 - rispetto a partiti e movimenti politici<br />
più deboli - contribuiscono a spiegare le difficoltà sulla strada della “‘super-confederazione’”<br />
descritta dal “Sole 24Ore”.<br />
3.6. “Costruire il federalismo per rafforzare la partecipazione”<br />
Il XIII congresso nazionale della Lega si svolgeva a Napoli il 13 e 14 dicembre<br />
2000, nel quale veniva eletto come nuovo presidente Oriano Giovanelli,<br />
sindaco di Pesaro, dei Democratici di sinistra (DS), ed assumevano l’incarico di<br />
direttore e vicedirettore, rispettivamente, Loreto Del Cimmuto e Moreno Gentili.<br />
Nella sua relazione il presidente uscente, Barbolini, insisteva su una visione<br />
federalista dello Stato di tipo non negoziale e contrattuale ma autonomo e<br />
solidale, un federalismo cooperativo tra le diverse istituzioni territoriali “che si<br />
integrano in una visione di sistema, tenute insieme dal principio di sussidiarietà”.<br />
Riguardo al ruolo delle organizzazioni delle autonomie locali nel processo<br />
riformatore in atto evidenziava il peso della “identificazione semplicistica ed<br />
omologante del movimento autonomista con i sindaci delle grandi città, oscurando<br />
la realtà ricca e differenziata dei piccoli e medi comuni[...] una realtà che<br />
la Lega delle autonomie vuole sempre più rappresentare ed interpretare, dentro<br />
il movimento autonomista” 783 .<br />
All’impegno per il rilancio della riforma dello Stato, a cui la Lega forniva il<br />
proprio contributo progettuale, si accompagnava quello per la “costituzione di<br />
un soggetto unico della rappresentanza delle Autonomie locali”. L’insuccesso<br />
della sfida dell’unità posta dalla Lega, veniva individuato in primo luogo in<br />
781<br />
m. tr., Forza Italia accusa “L’Ulivo fagocita l’Anci”, “Italia Oggi, 11 lug. 1997.<br />
782<br />
In questo senso la nomina a presidente dell’Anci nel gennaio del 2000 di Leonardo Domenici,<br />
sindaco di Firenze, del partito dei Democratici di sinistra (DS), in sostituzione di Enzo<br />
Bianco, sanciva l’ascesa alla guida dell’Associazione sia della sinistra, sia dei grandi comuni.<br />
783<br />
Lega delle autonomie locali. XIII Congresso nazionale, Documentazione. Relazione introduttiva<br />
di Giuliano Barbolini, Presidente Lega nazionale autonomie locali e sindaco di Modena,<br />
dattiloscritto, s.l., s.d.
218 PARTE III<br />
un’Anci caratterizzata dalla “forte visibilità dei sindaci delle grandi città [...] La<br />
confederazione, nella proposta della Lega, è una sorta di ‘Confautonomie’, dove<br />
l’integrazione verticale e orizzontale delle diverse realtà federate, senza negare<br />
la specificità singola, garantisce una operatività generale” 784 .<br />
Tra gli interventi svolti al congresso risalta, per il tentativo di attualizzare l’eredità<br />
storica rappresentata dalla Lega, quello di Luigi Massa, vicepresidente<br />
nazionale. Massa individuava nella valorizzazione delle due caratteristiche storiche<br />
peculiari della Lega, quelle che la caratterizzavano rispetto alle altre, la direzione<br />
verso la quale avrebbe dovuto indirizzare le proprie energie. In primo<br />
luogo la “trasversalità istituzionale. Al suo interno convivono tutti i diversi livelli<br />
degli enti territoriali: comuni, comunità montane, consorzi, province, regioni”,<br />
<strong>qui</strong>ndi il riferimento originario al socialismo di Matteotti, divenuto una<br />
“radice culturale legata al movimento autonomista e solidarista che oggi si riconosce<br />
maggioritariamente, seppur non esclusivamente e spesso criticamente,<br />
nello schieramento di centrosinistra”.<br />
I principi ispiratori della fondazione, trasformati in trasversalità e solidarismo,<br />
insieme ad autonomia dai partiti 785 e dal fascino del “grande potere mediatico<br />
dei sindaci dei centri maggiori”, cui era invece soggetta l’Anci, dovevano<br />
guidare la Lega nel “processo di unificazione delle rappresentanze [che permetterebbe<br />
loro, ...] di assumere un peso maggiore e, insieme, un’attenzione<br />
più pregnante dei diversi interessi in gioco” 786 .<br />
784<br />
Lega delle autonomie locali. XIII Congresso nazionale, Documentazione. Le tesi per il XIII<br />
congresso nazionale della Lega delle autonomie locali. Napoli 13-14 dicembre 2000, dattiloscritto,<br />
s.l., s.d.<br />
785<br />
A questo proposito però Massa rivendicava una sorta di immunità storica della Lega “da<br />
ingerenze dirette dai partiti”, tutta però da dimostrare rispetto al passato, e invece molto probabile<br />
in anni più recenti, per via della crisi dei partiti di massa sviluppatasi, in particolare, negli<br />
anni ‘90.<br />
786<br />
Luigi Massa, Per un rilancio della Lega delle autonomie locali. Contributo al confronto congressuale,<br />
dattiloscritto, s.l., s.d.
POSTFAZIONE<br />
Una nuova idea di governo del Paese<br />
Cosa vuol dire essere <strong>Legautonomie</strong> a novant’anni dalla nascita e all’inizio<br />
di un secolo che si presenta così diverso da quello che l’ha preceduto che pure<br />
non ha scherzato in quanto a novità rispetto al passato? Mi viene in mente che<br />
forse è già tutto scritto nel nome. Il nostro è davvero un bel nome, è evoluto,<br />
si è modificato, modellato sui cambiamenti ma tutto sommato è rimasto intriso<br />
della storia vissuta della associazione e dei sui aderenti.<br />
“Lega” rimanda al riformismo socialista degli albori, all’autorganizzarsi, alle<br />
lotte per i diritti, alla necessità di avere al centro del proprio operare le persone<br />
nella loro dimensione reale, al fatto che se le cose non vanno bisogna pur far<br />
qualcosa e non rimandare tutto a ciò che avverrà, unirsi, aiutarsi mutualisticamente,<br />
darsi forza, darsi gambe e idee, scoprire che si può alzare la testa solo se<br />
si supera l’illusione di farlo da soli, essere radicati alla realtà nella sua diversità,<br />
essere società il che non significa non riconoscere l’importanza di farsi governo<br />
delle istituzioni, manifestare in concreto la propria libertà.<br />
È senza dubbio originale e intrigante il fatto che si sia ritenuto necessario,<br />
novant’anni, fa che oltre a dar vita alle tante e diverse “leghe”espressioni di un<br />
movimento “sociale” si sia ritenuto necessario dar vita ad una “lega” espressione<br />
di un movimento “istituzionale”, sottolineo movimento, di comuni e province.<br />
Il termine “locali”, presente nel vecchio nome, non si è perso per strada ma<br />
certo si è attenuato nella sua centralità e una ragione c’è: il riferimento al locale<br />
al territorio non si è certo perso, anzi semmai si è rafforzato, ma quel “locali”<br />
rischiava di essere troppo riduttivo, troppo municipalista, quando le autonomie<br />
che oggi occupano la scena sono tante e tutte necessariamente volte all’idea<br />
di non essere subalterne a qualcosa o a qualcuno ma padrone del proprio<br />
destino e responsabili, verso se stesse e verso uno spazio comune. Autonomia è<br />
responsabilità.<br />
Proprio nel processo di governo del territorio locale le autonomie che<br />
concorrono al suo esito sono andate modificandosi e aumentando. Certo comuni<br />
e province rimangono dall’origine ad oggi il grosso della rappresentanza<br />
della “Lega” e così vogliamo che sia anche nel futuro. Ma non si può non<br />
vedere la ricchezza di altre autonomie, dall’entrata in scena delle Regioni, delle<br />
Comunità Montane, delle Unioni dei Comuni agli Enti Parco, alle Autonomie<br />
Funzionali, all’autonomia delle Università e per questo alla ricerca di<br />
un maggiore radicamento territoriale, alle tante Fondazioni bancarie, culturali<br />
e sociali.<br />
Chi può dire che ognuna di queste autonomie non concorra da sola e nelle<br />
relazione con le altre a determinare il governo di un territorio, il suo destino e<br />
quello dei cittadini che vi vivono?
220 POSTFAZIONE<br />
Ecco allora che “<strong>Legautonomie</strong>” ac<strong>qui</strong>sta sempre più un altro significato:<br />
quello della ricerca, del bisogno di fare sistema fra le diverse autonomie che caratterizzano<br />
il governo del territorio affinché al centro del loro agire vi sia non<br />
tanto l’affermazione di una funzione o di una presenza, ma politiche concrete<br />
che hanno bisogno proprio del concorso delle diverse autonomie per essere attuate<br />
efficacemente.<br />
Qui c’è la vera modernità della funzione della Lega, mettere a fuoco politiche<br />
e percorsi operativi che sostanzino la funzione del “sistema delle autonomie<br />
regionali e locali”.<br />
In questo senso il significato di “movimento” delle autonomie non è più solo<br />
quello di un’azione contro i soprusi e le invadenze di vecchi e nuovi centralismi,<br />
ma anche quello di movimento nel e per il territorio per affermare una<br />
logica di sistema, un movimento che è fatto di soggetti, di obiettivi, strumenti<br />
spesso nuovi.<br />
Mi spiego meglio, la storia del movimento delle autonomie locali è una storia<br />
ricca, a volte commovente, che aveva al centro uno Stato centrale non solo<br />
invadente ma speso arrogante e qualche volta discriminatorio a partire dalle<br />
composizioni politiche dei governi locali. Penso alle Giunte prefettizie che bocciavano<br />
i bilanci di previsione, che determinavano la vita e la sopravvivenza delle<br />
giunte comunali, dei consigli comunali, il successo o l’insuccesso di questo o<br />
quel sindaco. Penso alle leggi finanziarie, ai rapporti con i ministeri. Oggi tutto<br />
questo è cambiato, c’è la Costituzione della Repubblica Italiana che rappresenta<br />
una cornice solida dentro cui operare, ciò non di meno la lotta del movimento<br />
delle autonomie contro il centralismo continua ad essere attuale e qualche<br />
volta si arricchisce di nuovi contenuti quando è chiamato a fronteggiare<br />
quello di tipo nuovo, delle regionali.<br />
Ma se il movimento si limitasse ad avere questi obiettivi sarebbe miope, unilaterale,<br />
riduttivo. Come non vedere che uno dei suo grandi compiti è proprio<br />
quello di svilupparsi nei territori, di varcare i confini municipalisti, di interlo<strong>qui</strong>re<br />
con le altre istituzioni locali, di fare appunto sistema per dare forza alle<br />
comunità locali, dare risposte a chi vi vive e lavora, proiettare i territori in una<br />
nuova dimensione che non è più solo regionale o nazionale ma è globale. E per<br />
fare questo il movimento deve avere al centro non tanto le funzioni e le competenze,<br />
le istituzioni o la società, ma le politiche, gli obiettivi, e le azioni per<br />
realizzarli. Se non riesce a fare questo il movimento delle autonomie vedrà la<br />
pagliuzza nell’occhio altrui ma non vedrà la trave nel proprio.<br />
Non basta ancora. All’inizio degli anni ’90 sotto la spinta di un vento riformatore<br />
che investe la pubblica amministrazione e quella locale in particolare, i<br />
cittadini cominciarono ad essere chiamati utenti, clienti. Qualcuno si adombrò<br />
leggendovi una deriva aziendalista, non senza qualche ragione. Ma non era del<br />
tutto così. Come lì dobbiamo chiamare i cittadini che comprano servizi primari<br />
da aziende, anche se a totale controllo pubblico ma che appunto sono aziende?<br />
Come lo dobbiamo chiamare il cittadino che paga delle tariffe aspettandosi in<br />
cambio servizi accessibili, di quantità sufficiente, di qualità ottimale? Chiamiamoli<br />
cittadini e basta, però il problema di rendere conto a loro, di stabilire con<br />
loro un rapporto diverso, di riconoscerli non solo come destinatari dei servizi
POSTFAZIONE 221<br />
ma come portatori di aspettative in quanto diretti contribuenti dei servizi stessi<br />
rimane.<br />
Si afferma dunque la necessità di riconoscere le domande di diritti che sembrano<br />
esulare dai servizi offerti dalle istituzioni locali, ma che chiedono di essere<br />
sostenuti e che voglioni avere nelle istituzioni locali degli interlocutori sensibili:<br />
parlo dei movimenti ambientalisti, quelli per i diritti civili, la giustizia,<br />
quelli attenti alle gravi contraddizioni del mondo che magari danno vita ad<br />
esperienze di solidarietà internazionale, quelli per la salute, quelli per i diritti<br />
degli altri esseri viventi non umani ecc.<br />
Credo che una associazione come la Lega debba interpretare la sua funzione<br />
di movimento delle autonomie anche come azione che raccordi i “portatori<br />
di diritti vecchi e nuovi” alle istituzioni, e <strong>qui</strong>ndi non si chiuda alla sola rappresentanza<br />
delle istituzioni stesse che altrimenti rischiano di vedersi come statiche<br />
mentre proprio la loro dimensione locale ne fa una realtà sempre in divenire<br />
dove l’azione va spesso al di là delle competenze proprio perché aperta ad<br />
un rapporto assolutamente unico e irripetibile con gli umori della società.<br />
<strong>Legautonomie</strong> può cimentarsi con questa nuova dimensione del movimento.<br />
Le sue caratteristiche principali che se si vuole possono essere state un punto<br />
di debolezza nel momento in cui la funzione delle associazioni rappresentative<br />
degli enti locali si giocava tutta nelle relazioni con il governo centrale e con<br />
il Parlamento, in questo nuovo scenario non solo sono attuali ma sono un vero<br />
punto di forza.<br />
Mi riferisco principalmente alla propensione della Lega a rappresentare tutto<br />
il sistema delle autonomie e al suo lavorare non tanto in funzione “sindacale”<br />
di questo o quel livello istituzionale ma per politiche. Basta ricordare che è<br />
dal lavoro della Lega che ha preso le mosse il forum delle “città sicure”, che<br />
sempre dalla Lega è partita l’idea di andare verso un coordinamento delle città<br />
medie per sottolineare una forte specificità tutta italiana e poi il grande lavoro<br />
sulle politiche di welfare e in particolare sulla applicazione della legge<br />
328/2000, l’attenzione al ruolo degli Enti Parco, la promozione delle esperienze<br />
di Pianificazione strategica e della associazione delle città che ne hanno<br />
introdotto l’uso, le nuove forme di rendicontazione come bilancio partecipato<br />
e il bilancio sociale, ed è nella Lega che ha trovato attenzione la nuova realtà dei<br />
direttori generali dei comuni e delle province, e così via.<br />
L’altro punto di forza del modo di essere della Lega è il suo essere federalista<br />
a partire da sé, l’autonomia delle Leghe regionali, la loro presenza in tutto<br />
il paese e <strong>qui</strong>ndi un radicamento forte con il territorio non come conseguenza<br />
di una articolazione periferica di una struttura nazionale, ma, all’opposto, come<br />
realtà indipendenti che concorrono a farsi realtà nazionale.<br />
Ma per interpretare il ruolo nuovo che ci attende queste caratteristiche da<br />
sole non basteranno, occorrerà introdurre delle innovazioni coerenti e rafforzare<br />
la parte scientifica del contributo della lega alle politiche territoriali.<br />
Una innovazione significativa può essere quella di cambiare radicalmente il<br />
modo di lavorare delle Leghe regionali e di quella nazionale passando dall’elaborazione<br />
di politiche che prendono le mosse dalle esperienze virtuose degli enti<br />
locali o dalle competenze interne alle leghe al lavoro per forum. Voglio dire
222 POSTFAZIONE<br />
che individuato un tema prioritario su cui impegnarsi, fare in modo che le proposte<br />
scaturiscano da forum aperti alle associazioni, alle università, ai centri studi,a<br />
singole competenze che nella società su quel tema già agiscono superando<br />
una dimensione della elaborazione solo istituzionale che non sempre riesce ad<br />
esprimere tutta la ricchezza di conoscenza e di mobilitazione che si può e si deve<br />
mettere insieme, dando concretamente atto che le politiche per le autonomie<br />
locali e delle autonomie locali sono sempre più il frutto del concorso di<br />
soggetti diversi.<br />
La storia della Lega, come emerge anche da questo libro, è anche storia di<br />
appartenenza politica, o meglio di collocazione dentro ad un filone politico pur<br />
senza venire mai meno alla propria autonomia. È una realtà che non si può né<br />
si deve occultare. In origine la vicinanza al Partito Socialista, dopo la seconda<br />
guerra mondiale a tutta la sinistra e in particolare al Partito Comunista Italiano.<br />
Una vicinanza che ha finito per arricchire l’elaborazione politica della sinistra<br />
italiana su un tema, il ruolo delle autonomie locali, non certo centrale nella<br />
cultura prevalentemente nazionale e statalista della sinistra stessa, una vicinanza<br />
che ha mantenuto accesa, anche in momenti dove a prevalere erano<br />
orientamenti diversi, quel riformismo proprio della esperienza di governo di<br />
migliaia di amministratori locali e che certo ha avuto un ruolo nell’evitare l’assimilazione<br />
della storia ad esempio del PCI a quella di altri partiti comunisti<br />
europei, ne ha favorito una transizione meno traumatica verso la sinistra europea<br />
e ancora oggi rappresenta un patrimonio politico culturale che segna la<br />
forza della sinistra e di tutto il centro sinistra.<br />
Ad onor del vero questo non ha impedito alla Lega, che è e rimane una associazione<br />
di enti locali, di avere adesioni anche da parte di Comuni o Province<br />
amministrate da forze politiche di orientamento diverso e a volte anche radicalmente<br />
diverso.<br />
Fatto sta che non è possibile aprire una nuova pagina della storia della Lega senza<br />
affrontare le necessarie conseguenze del cambiamento in atto in tutte le componenti<br />
politiche e culturali della sinistra italiana a partire dall’incontro delle culture<br />
riformiste di diversa matrice conseguenti alla fine della “prima repubblica”.<br />
Negli anni novanta del secolo scorso, con il crescere del profilo costituzionale<br />
delle autonomie locali e delle regioni, con il formarsi di sedi sempre più<br />
importanti di concertazione fra il governo centrale e il sistema delle autonomie,<br />
se è possibile Anci, Upi, Uncem e la nuova conferenza delle regioni hanno<br />
vieppiù rafforzato il loro profilo istituzionale, limitando sempre più il loro carattere<br />
di associazioni del “movimento delle autonomie”. In questo scenario<br />
tratteggiato molto sommariamente si è posto il problema di che fine dovessero<br />
fare le associazioni e in particolare la Lega. Sono gli anni in cui si è fatta avanti<br />
l’idea di una evoluzione delle quattro associazioni storiche in una federazione<br />
unitaria e all’interno di essa della riconversione della Lega in fondazione o<br />
centro studi. Parallelamente sia nel centro destra che nel centro sinistra durante<br />
la legislatura parlamentare 1996/2001 si è fatta viva l’idea di dare vita ad associazioni<br />
di tendenza degli amministratori locali, sottolineo degli amministratori<br />
e non degli enti, la differenza è sostanziale.
POSTFAZIONE 223<br />
Pur essendo un progetto che aveva una sua indubbia forza e coerenza, l’evoluzione<br />
dei fatti è stata diversa e sarebbe lungo <strong>qui</strong> raccontare le non sempre<br />
nobili ragioni che hanno fatto naufragare questa idea.<br />
La Lega era pronta ad affrontare una sua radicale trasformazione, ma, come<br />
dicemmo nel nostro congresso di Napoli nel 2000, rivendicando un rapporto<br />
di pari dignità con le altre associazioni. E così a partire da quello stesso congresso<br />
abbiamo ribadito la nostra presenza il nostro essere in campo aperti agli<br />
sviluppi di quel progetto, che ancora in diverse occasioni pubbliche e documenti<br />
tornammo a riproporre sempre più da soli.<br />
Alla luce della evoluzione del ruolo delle autonomie, della natura dei problemi<br />
del paese, delle aspettative dei cittadini e delle imprese e per le cose precedentemente<br />
dette, oggi siamo più convinti che mai della necessità di esserci e<br />
non avvertiamo in questo alcun conflitto di ruolo con le altre tre associazioni.<br />
Ma il nodo della relazione con la nostra storia politica e con l’evoluzione delle<br />
forze politiche che oggettivamente sono state il nostro riferimento rimane da<br />
affrontare.<br />
Ecco allora la necessità di elaborare un percorso che sciolga correttamente e<br />
realisticamente questo nodo.<br />
Si tratta, a mio parere, di agire su due fronti:<br />
Il primo è quello che in modo sempre più netto e chiaro la Lega sia riconoscibile<br />
e <strong>qui</strong>ndi legittimata dalla sua capacità, che deve rafforzare sul campo, di<br />
rappresentare il complesso del sistema delle autonomie, di essere Lega di rappresentanza<br />
istituzionale ma anche di movimento, di enti locali ma sempre di<br />
più di comunità locali/territoriali. Quindi in questo senso una Lega che conferma<br />
nettamente la sua autonomia dai partiti.<br />
Il secondo è quello di mettere a frutto il suo essere oggettivamente dentro ad<br />
un filone di pensiero riformista e <strong>qui</strong>ndi realtà capace di offrire a partiti sempre<br />
più in difficoltà nell’elaborazione di politiche e programmi coerenti, una sponda,<br />
un luogo, che utilmente possono mettere a frutto per rafforzare la propria<br />
cultura di governo, per formare classe dirigente, per favorire davvero l’incontro<br />
di culture riformiste di matrice diversa ma che già nella prova del governo dei<br />
territori ogni giorno dimostrano di saper andare oltre le appartenenze.<br />
<strong>Legautonomie</strong> può raccogliere così il meglio della propria storia e riproporla<br />
per rappresentare una vera risorsa per un lavoro concreto, colto, avanzato per<br />
una nuova idea di governo del paese dove diritti, opportunità, sviluppo, servizi<br />
siano altrettanti fronti in cui si afferma l’idea forza dell’autogoverno, della responsabilità<br />
e della sussidiarietà.<br />
❉ ❉ ❉<br />
Alla conclusione di un lavoro come questo, che traccia la storia e il profilo<br />
di una associazione come la Lega delle autonomie, con novant’anni di cultura<br />
e di movimento, ci si accorge di tutte le cose che non sono state citate, soprattutto<br />
quelle relative ad un passato più recente, che sfugge al giudizio perché la<br />
vicinanza rende meno nitide le forme e più incerto l’occhio dello storico. E allora<br />
ecco che si cerca di rimediare ricordando, un pò alla rinfusa, quelle intui-
224 POSTFAZIONE<br />
zioni che si sono trasformate in iniziative politiche e poi trasformate in azioni<br />
di governo quotidiano e in interventi legislativi. Ecco <strong>qui</strong>ndi il lavoro fatto a<br />
favore dei piccoli comuni, in particolare quelli rurali ed emarginati, tra gli anni<br />
ottanta e novanta; o l’insistere sulle politiche per la sicurezza urbana intese,<br />
non solo come azione di contrasto, ma come interventi di welfare locale, di inclusione,<br />
di qualità dell’amministrazione e dei servizi; o ancora la riflessione sul<br />
ruolo delle città medie come soggetti catalizzatori e promotori di sviluppo locale<br />
e oggi protagoniste dei progetti di pianificazione strategia. Solo questo<br />
adesso, prima dell’ok alla stampa, ci viene da dire ma poi, subito dopo, altro<br />
ancora salirà alla mente.<br />
Infine un auspicio, che questo libro possa accendere nuove curiosità e interessi<br />
nei giovani che si affacciano alla vita politica e amministrativa, e sollecitare<br />
nei più anziani il recupero, la valorizzazione e la condivisione di memorie,<br />
documenti, storie vissute.<br />
Oriano Giovanelli<br />
Presidente di <strong>Legautonomie</strong>
225<br />
INDICE DEI NOMI<br />
A<br />
Adorno; 71<br />
Agnelli; 29<br />
Agrimi; 168<br />
Aimo; 21; 27; 28; 55; 64;<br />
65; 189<br />
Albani; 178<br />
Allegato; 141<br />
Amato; 186; 202; 203; 204<br />
Amorth; 22<br />
Andreini; 85<br />
Andreoli; 79<br />
Anello; 185; 187; 207;<br />
208; 211; 215; 216<br />
Angelini; 45<br />
Aniasi; 186; 188<br />
Arbizzani; 109<br />
Ardy; 70; 71<br />
B<br />
Bacci; 59<br />
Baldissara; 99; 100; 101;<br />
108; 111; 112<br />
Ballini; 73; 74<br />
Baratono; 58; 59<br />
Barbalace; 30<br />
Barbolini; 215; 217<br />
Battini; 162<br />
Bauer; 177<br />
Bechelli; 211<br />
Bedeschi; 11; 21; 42; 43;<br />
44; 156<br />
Beghi; 49<br />
Belardinelli; 11; 21<br />
Berlinguer; 186<br />
Bersani; 211<br />
Bertelli; 76<br />
Besati; 70<br />
Betti; 45; 53<br />
Bettiol; 161<br />
Bianco; 213; 214; 215; 217<br />
Bigaran; 51<br />
Bisconti; 93; 111<br />
Bissolati; 30<br />
Boazzelli; 182; 183<br />
Bogiankino; 49; 57<br />
Bogorad; 182<br />
Bolchini; 167<br />
Bonazzi; 109; 181<br />
Bonfantini; 49<br />
Bordiga; 55<br />
Bossi; 215<br />
Bourjol; 146<br />
Bracci; 104<br />
Brasca; 183; 200; 210<br />
Bressand; 193<br />
Broccoli; 45<br />
Brunelli; 45; 49<br />
Bubbio; 123<br />
Buzzi; 66<br />
C<br />
Cadeddu; 95<br />
Caia; 167<br />
Calafati; 138<br />
Calandra; 156<br />
Caldara; 18; 25; 30; 32;<br />
36; 37; 38; 40; 41; 45;<br />
47; 48; 51; 52; 54; 56;<br />
58; 62; 65; 77; 96; 97;<br />
158; 159<br />
Calza Bini; 70<br />
Campanozzi; 39; 40; 44;<br />
45; 46; 47; 49; 159<br />
Campos Venuti; 161<br />
Candeloro; 55<br />
Caperle; 17; 26<br />
Capitini; 171; 177; 178<br />
Caprio; 216<br />
Caracciolo; 161<br />
Cardaci; 79<br />
Carli; 185<br />
Carpano; 93<br />
Carrassi; 182<br />
Casalini; 28; 37; 40; 41;<br />
45; 58; 64<br />
Cassese; 51; 95; 96; 186;<br />
190; 191; 192; 194;<br />
195; 196; 199; 207;<br />
209<br />
Castagno; 156; 158; 162;<br />
176; 180<br />
Castronovo; 30<br />
Cavalieri; 104; 106<br />
Cederna; 161<br />
Cerchiari; 76<br />
Cevolotto; 93<br />
Cheli; 196<br />
Chiaramello; 142<br />
Chiaramonte; 11; 22; 29;<br />
30; 32; 36; 39; 43<br />
Chini; 210<br />
Chruscëv; 143<br />
Ciampaglia; 188<br />
Ciani; 127<br />
Ciofi; 118; 136; 137; 152;<br />
162; 163; 166; 168<br />
Ciofi degli Atti; 136<br />
Cirmeni; 77<br />
Ciufolini; 116<br />
Coccopalmerio; 84<br />
Colacchi; 92<br />
Coli; 192<br />
Colitto; 132<br />
Colombo; 13<br />
Compasso; 188<br />
Conti; 130; 187<br />
Cooke; 116
226<br />
Coppa; 140<br />
Corassori; 129<br />
Corato; 178<br />
Corbellini; 155<br />
Corghi; 10; 14; 15; 16;<br />
21; 34; 40; 161; 178;<br />
181; 183; 202; 203<br />
Corrao; 162<br />
Corsi; 26; 27; 28; 62<br />
Cossiga; 205<br />
Cossutta; 188<br />
Costa; 15; 16; 19; 35;<br />
203; 204<br />
Craxi; 104; 202; 204; 205<br />
Cremaschi; 128<br />
Crisafulli; 126; 130<br />
Crispi; 14<br />
Crispo; 77; 79<br />
D<br />
D’Albergo; 156<br />
D’Auria; 96; 99<br />
D’Ubaldo; 199; 209<br />
Dario Franco; 66<br />
Davoli; 156; 207<br />
de Florentiis; 104<br />
De Gasperi; 84; 85<br />
De Lucia; 156<br />
De Maria; 54<br />
De Martino; 186<br />
De Rosa; 9; 11; 22; 27;<br />
42; 158<br />
De Sabbata; 183; 184;<br />
185; 186; 187; 188<br />
De Simone; 92<br />
Degl’Innocenti; 38<br />
Del Cimmuto; 217<br />
Della Porta; 129<br />
Demar; 80<br />
Dente; 188<br />
Depretis; 15<br />
Di Re; 188<br />
Dimitrov; 115<br />
Dini; 214<br />
Dirotti; 82<br />
Dogliani; 53; 69; 78; 95;<br />
153; 183<br />
Domenici; 217<br />
Donatini; 76; 77<br />
D’Onofrio; 216<br />
Doria Pamphilj; 79<br />
Dorigo; 17<br />
Dozza; 90; 93; 100; 104;<br />
111; 115; 127; 128;<br />
129; 141; 146; 161;<br />
162; 204<br />
Dugoni; 45<br />
E<br />
Einaudi; 30; 45; 63; 130;<br />
143<br />
Engels; 115<br />
Enzo Modica; 156; 195<br />
Erba; 156<br />
F<br />
Fabiani; 93<br />
Facchini; 81; 123<br />
Falcone; 204; 205<br />
Fanfani; 107<br />
Farinacci; 66<br />
Fasano Guarini; 162<br />
Fazi; 14; 17<br />
Fedeli; 111<br />
Ferrari; 141<br />
Ferraris; 13<br />
Ferrarotti; 156<br />
Ferreri; 175<br />
Ferri; 162<br />
Filippetti; 54; 56; 58; 159<br />
Fioritto; 62<br />
Fontana; 68; 82<br />
Fortunati; 100; 121<br />
Fossati; 211<br />
Fracanzani; 202<br />
Franceschelli; 90; 110;<br />
115; 128; 130; 134<br />
Franceschi; 130; 131; 132<br />
Franco; 29; 30; 31; 45; 51;<br />
68; 69; 71; 73; 82; 129;<br />
138; 156; 161; 186<br />
Furlan; 38; 50<br />
G<br />
Galasso; 30<br />
Garbagnati; 89<br />
Garruccio; 62<br />
Gaspari; 1; 10; 14; 20; 23;<br />
24; 25; 27; 31; 51; 69;<br />
75; 77; 78; 79; 83; 95;<br />
105; 109; 111; 121;<br />
126; 138; 141; 153;<br />
178; 183<br />
Gasparini; 82<br />
Gasparotto; 93<br />
Gelasio Adamoli; 104<br />
Gelmini; 127<br />
Gema; 57; 61<br />
Gentili; 217<br />
Gentiloni; 34<br />
Ghedini; 66<br />
Ghislandi; 116; 117; 119;<br />
130; 135<br />
Giacobelli; 111<br />
Giannini; 51; 91; 94; 95;<br />
96; 97; 99; 106; 111;<br />
121; 122; 123; 124;<br />
132; 133; 141; 142;<br />
143; 165; 166; 167;<br />
186; 187; 195; 201;<br />
207<br />
Gigliotti; 89<br />
Gilardoni; 24; 45; 69; 77<br />
Giolitti; 24; 29; 61; 86;<br />
171<br />
Giordani; 53<br />
Giovanelli; 217<br />
Giovannucci; 104<br />
Giovenco; 77<br />
Giusti; 25; 45; 77; 79
227<br />
Gnudi; 53<br />
Gonzales; 54<br />
Gracili; 179<br />
Gramsci; 55; 170<br />
Granati; 61<br />
Grazi; 93<br />
Graziadei; 32; 45; 49<br />
Greppi; 23; 29; 30; 82;<br />
104; 120; 121; 158<br />
Grezzi; 82<br />
Guadagnino; 45<br />
Gualandi; 206; 208; 209;<br />
210; 211; 212; 213;<br />
214; 215<br />
Guerra; 43; 79; 91; 97;<br />
99; 111; 120<br />
Guidelli; 76<br />
Guidi; 162<br />
Herriot; 152<br />
H<br />
Jaeger; 83; 86; 104; 116<br />
J<br />
K<br />
Kologiera; 206<br />
L<br />
L’Huillier; 152; 153<br />
La Pira; 178<br />
La Torre; 111<br />
Ladaga; 185; 187; 195; 207<br />
Laghi; 18<br />
Lanzetta; 42; 43; 132;<br />
133; 146; 152; 154;<br />
160; 161; 162; 169;<br />
172; 173; 174; 180<br />
Laurelli; 153<br />
Lazzari; 31; 38; 39; 47;<br />
48; 49; 52; 65<br />
Lazzeroni; 145<br />
Leghissa; 81; 82; 83; 84;<br />
87; 112; 128<br />
Lenin; 115<br />
Leone; 196<br />
Levi; 59; 186<br />
Lincoln; 116<br />
Lo Sardo; 62<br />
Locatelli; 57; 82; 104;<br />
159; 160<br />
Lolli; 36; 37; 39; 167<br />
Lotti; 73; 74<br />
Lucarini; 28; 39; 40; 43<br />
Lucca; 30; 45; 76<br />
Lucifredi; 169; 201<br />
Lusignoli; 54<br />
Luzzatto; 107; 117; 122;<br />
126; 127; 130; 132;<br />
141; 142; 187; 188;<br />
193; 194<br />
M<br />
Maccarrone; 161; 162; 177;<br />
179; 180; 181; 182<br />
Macrelli; 142<br />
Maffi; 45<br />
Malaguti; 142<br />
Malatesta; 36; 37; 47; 48;<br />
49; 50; 65<br />
Mammucari; 45<br />
Manacorda; 15<br />
Marangoni; 36; 37; 45<br />
Maraviglia; 69<br />
Marino; 82; 129; 159<br />
Mariotti; 18; 19; 20<br />
Maroi; 77<br />
Marongiu; 14; 100; 189<br />
Martino; 18<br />
Martuscelli; 141; 142;<br />
162<br />
Marzi; 62<br />
Massa; 52; 53; 76; 218<br />
Mastroleo; 194<br />
Matteotti; 32; 45; 57; 58;<br />
59; 60; 61; 62; 97;<br />
100; 158; 159; 218<br />
Matteucci; 141<br />
Mazzanti Pepe; 13; 17<br />
Mazzini; 170<br />
Mazzoli; 45<br />
Meda; 27; 30; 37; 39; 97<br />
Melis; 43; 45; 70; 95;<br />
179; 186; 187<br />
Menotti Luppi; 45; 58<br />
Merlin; 139<br />
Merloni; 30; 39; 40; 45;<br />
130; 131; 135<br />
Micheli; 22<br />
Miglioli; 93<br />
Mill; 170<br />
Minguzzi; 45<br />
Minio; 145<br />
Modigliani; 45; 62<br />
Molé; 141<br />
Montagnani; 82; 85; 87;<br />
89; 91; 100; 101; 102;<br />
104; 107; 116; 141<br />
Montemartini; 9; 20; 25;<br />
35; 36; 45; 165<br />
Morales; 207<br />
Morandi; 170<br />
Morlino; 187<br />
Moro; 169; 186; 205<br />
Morra; 213<br />
Mortara; 31<br />
Murri; 203; 204<br />
Mussi; 18; 19; 34<br />
Mussolini; 66; 68; 71; 86;<br />
159<br />
N<br />
Napoli; 20; 30; 89; 113;<br />
133; 213; 217; 218<br />
Narducci; 199<br />
Nathan; 30; 35; 97
228<br />
Negarville; 93<br />
Nenni; 61; 104; 129; 143;<br />
169; 171<br />
Neppi Modona; 186<br />
Neri Serneri; 74<br />
Niccolini; 22; 23; 25<br />
Nicotera; 126<br />
Nuti; 79<br />
O<br />
Olivetti; 94; 95; 155<br />
Onida; 186<br />
Onofri; 38; 61; 109<br />
Orefici; 25<br />
Ossicini; 178<br />
Osti; 89; 118; 135<br />
P<br />
Padula; 212<br />
Pajetta; 87<br />
Palla; 54<br />
Pallotta; 117; 135<br />
Panettoni; 215<br />
Panizzi; 45<br />
Paolini; 139; 170; 205;<br />
211<br />
Paone; 79<br />
Parpagnoli; 45<br />
Parri; 87<br />
Pazzaglia; 205<br />
Pedone; 62; 63<br />
Pelloux; 18<br />
Pertini; 109<br />
Petrillo; 82<br />
Petroselli; 194<br />
Piccardi; 161; 162; 176<br />
Pieraccini; 145<br />
Pinzani; 143<br />
Pironti; 45<br />
Pischel; 165; 167<br />
Pistoja; 45<br />
Pizzetti; 214; 215<br />
Poeta; 202; 204; 205;<br />
210; 211; 213<br />
Ponziani; 54<br />
Porcellini; 141<br />
Portalupi; 45<br />
Prandi; 108<br />
Preti; 140<br />
Procioni; 90<br />
Prodi; 214; 215<br />
Puca; 66<br />
Pucci; 44; 45<br />
Punzo; 30; 36; 38; 39; 43;<br />
47; 48; 54; 56; 82; 159<br />
Q<br />
Quintieri; 79<br />
Quitieri; 111<br />
R<br />
Ragionieri; 16; 39; 63; 64;<br />
80; 87; 94<br />
Ravà; 200<br />
Rebecchini; 122<br />
Reiter; 129<br />
Ribaldi; 62<br />
Rienzi; 77<br />
Rinaldi; 111<br />
Ripamonti; 189; 190<br />
Rizzo; 107<br />
Rosati; 176<br />
Rossi; 66; 68; 73; 74; 142<br />
Rossi Doria; 77<br />
Rotelli; 15; 16; 19; 54; 68;<br />
69; 73; 77; 100; 101<br />
Roveda; 79<br />
Roversi Monaco; 196<br />
Rudinì; 14<br />
Ruffilli; 9; 11; 17; 19; 42;<br />
79; 205<br />
Rugge; 51<br />
Ruini; 30; 31<br />
Rutelli; 211; 212; 213<br />
S<br />
Sabatini; 37; 39; 41; 45<br />
Saja; 207; 208; 211<br />
Salandra; 29<br />
Salizzoni; 145<br />
Salvemini; 19; 20; 81;<br />
158; 160; 170<br />
Salzano; 156<br />
Samoggia; 45<br />
Sánchez de Juan; 69<br />
Santambrogio; 85<br />
Santarelli; 176; 178; 179;<br />
197<br />
Santini; 76; 192; 195<br />
Santo; 155; 177; 199<br />
Saragat; 77; 92; 104; 143<br />
Sarti; 172; 194<br />
Scalfaro; 202<br />
Scalpelli; 82<br />
Scelba; 86; 92; 98; 106;<br />
128; 129; 130; 137;<br />
138; 141; 142; 162; 169<br />
Schanzer; 45<br />
Schiavi; 33; 54; 58; 77<br />
Schininà; 23<br />
Scoccimarro; 93<br />
Segni; 107; 133<br />
Sella; 14<br />
Seppilli; 154<br />
Serafini; 183<br />
Sereni; 146<br />
Serpieri; 31<br />
Serrati; 62<br />
Sichel; 30; 37; 38; 39; 41;<br />
43; 45; 47; 49; 96<br />
Signorello; 188<br />
Signorini; 56<br />
Simonelli; 206; 209<br />
Soglia; 45<br />
Sorel; 170<br />
Soveria Mannelli; 11; 22;<br />
29; 86<br />
Spalazzi; 112<br />
Spezzano; 140; 141; 142;<br />
143; 144; 146; 147;<br />
149; 150; 151; 152
229<br />
Stalin; 115; 137; 143<br />
Stammati; 189; 204<br />
Starabba; 14<br />
Stefani; 69; 192; 194;<br />
195; 196; 197; 198;<br />
199; 201; 202; 203;<br />
206<br />
Strobbe; 156<br />
Sturzo; 9; 11; 20; 22; 24;<br />
27; 28; 29; 30; 31; 32;<br />
34; 36; 37; 39; 40; 41;<br />
42; 43; 45; 55; 65; 66;<br />
69; 92; 97; 137; 158;<br />
160; 161; 170; 171;<br />
204<br />
Suardo; 68<br />
T<br />
Taddia; 169<br />
Tambroni; 107<br />
Tanasesco; 116<br />
Tarello; 93<br />
Targetti; 107; 141<br />
Tasca; 56<br />
Tassoni; 110; 161<br />
Taurasi; 84; 87<br />
Terracini; 55; 141; 145; 146<br />
Teso; 60<br />
Testa; 70<br />
Todeschini; 49<br />
Togliatti; 94; 107; 128;<br />
129; 137; 143<br />
Tonetti; 107<br />
Tosatti; 129; 131<br />
Treves; 34; 45; 49; 50; 53;<br />
54<br />
Triglia; 198; 199; 205;<br />
209<br />
Triva; 140; 177<br />
Troccoli; 156<br />
Troilo; 86; 87; 90; 91<br />
Turati; 45; 49; 54; 62;<br />
131<br />
Turchi; 79; 91; 93; 97; 98;<br />
99; 102; 103; 104;<br />
107; 108; 111; 112;<br />
113; 117; 120; 121;<br />
122; 123; 125; 134;<br />
136; 137; 141; 142<br />
Vacis; 139<br />
Valenzi; 196<br />
Valeri; 62<br />
Vanoni; 121<br />
Venanzi; 85<br />
V<br />
Venino; 68<br />
Venturini; 81; 84<br />
Vergnanini; 30; 44; 45<br />
Vetere; 196<br />
Veyrat; 20<br />
Vicard; 77; 79; 111; 124;<br />
155<br />
Vighi; 108; 109; 125<br />
Vion; 153; 183<br />
Viviani; 141<br />
W<br />
Waldeck; 152; 153<br />
Z<br />
Zadra; 82<br />
Zanardi; 33; 34; 38; 39; 44;<br />
45; 49; 50; 53; 54; 57;<br />
61; 62; 141; 159; 204<br />
Zanella; 37; 41<br />
Zangheri; 30; 186; 204<br />
Zibordi; 20; 27; 28; 34;<br />
35; 39; 173<br />
Zoli; 107; 145<br />
Zuccarini; 170; 177<br />
Zucconi; 70; 71
231<br />
INDICE ANALITICO<br />
PREFAZIONE 4<br />
PREMESSA 9<br />
1. Il movimento per le autonomie locali: un ruolo politico-istituzionale<br />
e tecnico-amministrativo 9<br />
2. Dalla natura politica e dalla trasversalità le capacità di stimolo della<br />
Lega 10<br />
PARTE I<br />
DALLE ORIGINI NEL PERIODO LIBERALE ALLA FINE<br />
DURANTE L’ASCESA DEL FASCISMO<br />
1. GLI ALBORI DEL MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE LO-<br />
LOCALI ALLA FINE DELL’‘800: DALL’ASSOCIAZIONISMO DEI<br />
LAVORATORI A QUELLO DELLE AUTONOMIE LOCALI 13<br />
1.1. I lavoratori alla con<strong>qui</strong>sta dei comuni 15<br />
1.2. Adattare il programma socialista alla realtà dell’istituzione locale 16<br />
1.3. I primi convegni dei sindaci eletti dai consigli 17<br />
1.4. La fondazione dell’Anci 18<br />
1.5. La primavera municipale in Italia 20<br />
2. IL MOVIMENTO SOCIALISTA E L’AFFERMAZIONE DELLA<br />
MAGGIORANZA LIBERALE E CATTOLICA NELL’ANCI 22<br />
2.1. L’autonomia comunale dal terreno politico a quello istituzionale<br />
e tecnico-amministrativo 22<br />
2.2. Le nuove organizzazioni del movimento per le autonomie locali 23<br />
2.2.1. L’Unione delle province d’Italia, l’Unione statistica delle città<br />
italiane e la Federazione delle aziende municipalizzate italiane 23<br />
2.3. L’esigenza di una associazione “che si muovesse più agilmente e con<br />
spirito pugnace” 25
232<br />
2.4. Il “comune moderno” nella strategia di cattolici e socialisti 26<br />
2.5. L’evoluzione dell’Anci<br />
2.5.1. La collaborazione dell’Anci di Sturzo con Lega delle cooperative,<br />
riformisti e radicali 28<br />
3. LA NASCITA DELLA LEGA DEI COMUNI SOCIALISTI NEL 1916 31<br />
3.1. Il congresso degli amministratori locali socialisti a Bologna:<br />
16-17 gennaio 1916 31<br />
3.2. Il distacco degli amministratori socialisti dall’Anci 33<br />
3.2.1. I socialisti e la questione dei rapporti con lo Stato 34<br />
3.2.2. Il dibattito tra riformisti e massimalisti e l’uscita dall’Anci 35<br />
3.2.3. La risposta dell’Anci 37<br />
3.2.4. Caldara: Anci e Lega due organizzazioni con vocazioni diverse<br />
e un obiettivo comune 37<br />
3.3. Statuto e rivista della Lega 39<br />
3.3.1. Le critiche di Sturzo ed il dolore di Caldara 40<br />
3.3.2. Le interpretazioni della nascita della Lega dei comuni socialisti 41<br />
4. L’ATTIVITÀ DELLA LEGA NEL PERIODO LIBERALE 43<br />
4.1. La mobilitazione bellica e i comuni socialisti 43<br />
4.2. I principali settori di intervento 45<br />
4.3. La Lega tra riformismo e massimalismo 47<br />
4.4. La seconda Assemblea generale della Lega 49<br />
4.5. Dall’utopia socialista all’amministrazione locale 50<br />
4.5.1. Zanardi e l’Ente comunale di consumo 50<br />
4.5.2. La repressione prefettizia 52<br />
5. L’AVVENTO DEL FASCISMO, LE FRATTURE NEL PSI E LA<br />
FINE DELLA LEGA 53<br />
5.1. L’assalto fascista allo Stato comincia dai comuni socialisti: Bologna<br />
e Milano 53<br />
5.2. Comuni e province tentano di resistere alla violenza fascista 54<br />
5.3. Le divisioni all’interno della Lega e la fondazione del Partito<br />
comunista 55<br />
5.4. La linea intransigente contro il Psi 56
233<br />
5.5. Il terzo ed ultimo congresso della Lega dei comuni socialisti 57<br />
5.5.1. La questione dei tributi locali posta da Matteotti 58<br />
5.5.2 La reazione degli agrari 60<br />
5.5.3. I sindaci socialisti “finanziano” i propri comuni: l’esempio<br />
di Zanardi e Matteotti 61<br />
5.6. Il XIX Congresso nazionale del Psi, l’espulsione dei riformisti e la<br />
fine della Lega 62<br />
5.6.1. Lo scioglimento della Lega 62<br />
5.6.2. Un bilancio della “rinascita comunale” 64<br />
5.7. La fine dell’Anci e dell’Upi 65<br />
5.7.1. L’inutile tentativo dell’Anci di ingraziarsi il fascismo.<br />
La clandestinità istituzionale dell’Upi 67<br />
5.8. Dalla questione comunale alla questione urbanistica, e la sconfitta<br />
dei tecnici municipali 70<br />
PARTE II<br />
DURANTE LA REPUBBLICA, NEGLI ANNI DELLO<br />
SCONTRO<br />
1. LA RINASCITA DELLA LEGA: LE RAGIONI DELLA<br />
FONDAZIONE DELLA LEGA DEI COMUNI DEMOCRATICI 73<br />
1.1. La Resistenza e la rifondazione dello Stato su basi autonomistiche 73<br />
1.1.1. Il ruolo di Firenze e della <strong>Toscana</strong> 74<br />
1.2. La rifondazione dell’Upi 75<br />
1.3. La rifondazione dell’Anci 77<br />
1.3.1. L’assemblea istitutiva 79<br />
1.4. Alle origini della fondazione della Lega: “Il Comune democratico”<br />
e “L’Amministratore democratico” 80<br />
1.4.1. Il ruolo della sinistra all’interno dell’Anci 80<br />
1.4.2. “Il Comune democratico” 82<br />
1.4.3. La volontà di cambiamento nelle pagine della rivista 84<br />
1.5. Le motivazioni politiche della rinascita della Lega 85<br />
1.5.1. Le prime avvisaglie dell’offensiva di Scelba contro i comuni<br />
democratici 86<br />
1.5.2. “L’amministratore democratico” 87<br />
1.6. La rifondazione della Lega dei comuni 90<br />
1.6.1. Comuni e province di sinistra nella strategia di opposizione<br />
al governo 91
234<br />
1.6.2. Continuità e differenza tra le aggressioni fasciste nel ’20 e ’21<br />
e quelle del periodo repubblicano 92<br />
1.6.3. Il congresso di rifondazione della Lega 93<br />
1.7. Due organizzazioni di uno stesso movimento per le autonomie locali:<br />
le ragioni di Massimo Severo Giannini 94<br />
1.7.1. La compatibilità tra Anci e Lega 95<br />
1.7.2. La polemica tra Guerra (Anci) e Turchi (Lega) 97<br />
1.7.3. La convergenza sulla finanza locale 99<br />
2. LA LEGA DEI COMUNI DEMOCRATICI NEGLI ANNI DELLA<br />
CONTRAPPOSIZIONE E DELLO SCONTRO 100<br />
2.1. Il comune è un “organismo politico” 101<br />
2.1.1. Le funzioni e i compiti della Lega 101<br />
2.2. La ripresa dopo i risultati del 18 aprile 1948 103<br />
2.2.1. Lo statuto del 1948 104<br />
2.2.2. Il successo nella difesa delle province, e della legalità, contro<br />
l’offensiva del Ministero dell’interno 106<br />
2.2.3. “La caccia al sindaco” dopo l’attentato a Togliatti 107<br />
2.2.4. I segretari comunali ed il rapporto con gli amministratori di sinistra 108<br />
2.2.5. Il punto sullo stato dell’organizzazione 112<br />
2.3. Una sola e “nuova” rivista per la Lega nazionale dei comuni democratici 114<br />
2.3.1. L’orizzonte internazionale della nuova rivista: per la pace e per<br />
i paesi dell’Est europeo 115<br />
2.3.2. La nuova centralità delle amministrazioni comunali 116<br />
2.3.3. La nuova Lega in Parlamento e nella realtà locale 117<br />
2.4. Una nuova Lega e una nuova Anci 119<br />
2.4.1. L’evoluzione dei rapporti tra le due organizzazioni 119<br />
2.4.2 Il linguaggio comune dei sindaci 120<br />
2.4.3. Battaglie comuni contro provvedimenti governativi 121<br />
2.4.4. Giannini per il movimento delle autonomie locali e per la Lega 123<br />
2.5. La difesa delle amministrazioni della sinistra e dei bisogni dei cittadini 124<br />
2.5.1. Le difficoltà di una nuova classe dirigente nei comuni di sinistra 124<br />
2.5.2. Lo scioglimento dei consigli comunali e l’imperizia dei prefetti 125<br />
2. 5.3. Le tipologie dei più gravi provvedimenti contro le autonomie<br />
locali 126<br />
2.5.4. “Il reato di essere sindaco” 127<br />
2.5.5. Solidarietà degli amministratori di sinistra con i lavoratori<br />
uccisi dalla polizia nelle lotte del dopoguerra 129
235<br />
2.5.6. La repressione delle amministrazioni di sinistra 130<br />
2.5.7. L’opposizione all’ostruzionismo prefettizio: l’attività di Giannini 132<br />
2.6. Gli anni ‘50 134<br />
2.6.1. La Lega dei comuni democratici, province e enti minori 134<br />
2.6.2. La mobilitazione contro la “legge truffa” del ‘53 ed il<br />
centralismo del Pci 136<br />
2.6.3. La vocazione unitaria della Lega 137<br />
2.6.4. La fondazione dell’Uncem e il problema delle imprese<br />
idroelettriche 138<br />
2.6.5. La tragedia del Vajont. La battaglia politica contro lo<br />
strapotere dell’industria elettrica 139<br />
2.6.6. Il convegno di Bologna del 1954: la battaglia per l’attuazione<br />
della Costituzione 140<br />
2.6.7. La sinistra italiana e il comunismo sovietico. Le misure contro<br />
“le forze totalitarie” 142<br />
2.6.8. I problemi della municipalizzazione 144<br />
2.7. Il rilancio della Lega alla vigilia dell’esperienza dei governi di centrosinistra<br />
146<br />
2.7.1. Il primo congresso nazionale della Lega, Firenze 1958 146<br />
2.7.2. Bilancio di un decennio di attività 147<br />
2.7.3. Le campagne sul diritto di voto e per i comuni montani 148<br />
2.7.4. Le questioni organizzative 149<br />
2.7.5. La natura della Lega ed il rapporto con le altre organizzazioni 150<br />
2.7.6. Le prospettive politiche 151<br />
2.7.7. La battaglia per la pace e le relazioni internazionali 152<br />
2.7.8. Lo statuto 154<br />
2.7.9. La Lega e l’Anci rafforzano le proprie strutture e l’attività<br />
tecnico-amministrativa 154<br />
2.8. Una moderna organizzazione riformista per la trasformazione<br />
democratica dello Stato 156<br />
2.8.1. Il congresso di Torino nel centenario dell’Unità d’Italia 156<br />
2.8.2. La critica all’Anci e la riflessione sulla continuità del socialismo<br />
riformista nella storia del movimento comunale 157<br />
2.8.3. Le richieste di autonomia locale inascoltate a livello nazionale 159<br />
2.8.4. La difesa della Costituzione 160<br />
2.8.5. La natura politico-tecnica della Lega 161<br />
2.8.6. La nuova direzione 162
236<br />
PARTE III<br />
DAGLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA AD OGGI<br />
1. GLI ANNI DEL CENTRO-SINISTRA 165<br />
1.1. Gli sviluppi della municipalizzazione dopo la legge del 1903 165<br />
1.2. La nazionalizzazione dell’energia elettrica 166<br />
1.3. Il movimento delle autonomie locali e l’istituzione dell’Enel 168<br />
1.4. Tra l’autonomia dai partiti e l’unità del movimento per le autonomie<br />
locali 169<br />
1.4.1. La rivista apre alla discussione. Nello schieramento<br />
autonomistico salta la distinzione netta tra governo e opposizione 170<br />
1.4.2. La Lega incontra il governo: Nenni e Giolitti 171<br />
1.4.3. L’analisi di Lanzetta sul rapporto della Lega con i partiti della<br />
sinistra. Il IV congresso nazionale 172<br />
1.4.4. La partecipazione popolare 174<br />
1.4.5. Il Congresso di Firenze: un nuovo statuto per un’organizzazione<br />
pluralista 175<br />
1.4.6. Le Assemblee annuali. Il primo corteo di sindaci a Roma per<br />
la finanza locale 177<br />
1.4.7. Uscire dalla crisi: le regioni e la programmazione 178<br />
1.4.8. Una nuova rivista per gli enti locali: “Il potere locale” 179<br />
1.5. Il ’68 della Lega: movimento di massa organizzato 180<br />
1.5.1. Nasce la Lega per le autonomie e i poteri locali 180<br />
1.5.2. La stagione dei movimenti. I rapporti con l’Est europeo 181<br />
1.6. Gli anni settanta: le regioni, la pace e l’Europa 182<br />
1.6.1. Le grandi manifestazioni della Lega contro la crisi finanziaria<br />
delle autonomie locali 184<br />
1.6.2. Il DPR 616 e il rapporto con i partiti 187<br />
1.6.3. La centralità della questione della finanza locale: gli incontri<br />
di Viareggio 188<br />
1.6.4. Nella produzione editoriale della Lega anche una guida per il<br />
“Regno di Babilonia” 190<br />
2. GLI ANNI ‘80 191<br />
2.1. Il congresso di Firenze del 1980 191<br />
2.1.1. Ruolo e compiti della Lega. I costi dell’impegno editoriale 192<br />
2.3. La ripresa della ricerca dell’unità del movimento 194<br />
2.3.1. Giannini e Cassese, continuano a collaborare con la Lega 195
237<br />
2.3.2. Tentativi per un coordinamento unitario delle associazioni<br />
delle autonomie 196<br />
2.3.3. Il congresso di Bologna del 1984: una modificazione strutturale<br />
della Lega 196<br />
2.4. Il difficile rapporto con l‘Anci. La Lega organizza gli incontri di<br />
Viareggio 198<br />
2.4.1. Lega/Anci: dalla competizione politica a quella tecnica 199<br />
2.5. La Lega e la nuova sfida dell’unità del movimento per le autonomie<br />
locali 200<br />
2.5.1. 1986: Il settantesimo anniversario della fondazione 201<br />
2.5.2. L’elogio della “doppiezza” e la difesa dell’autonomia 202<br />
2.6. Il malessere delle autonomie locali 204<br />
2.6.1 La segreteria Gualandi 206<br />
2.6.2. Il rafforzamento dell’impegno tecnico-amministrativo 206<br />
3. GLI ANNI ’90: LE RIFORME 208<br />
3.1. Per una Conferenza nazionale delle autonomie 209<br />
3.2. I sindaci si mobilitano 210<br />
3.4. I sindaci protagonisti del movimento per le autonomie locali 211<br />
3.4.1. La prima marcia dei sindaci eletti dai cittadini 212<br />
3.4.2. L’incarico al sindaco Rutelli della guida del processo di unificazione<br />
212<br />
3.5. Il movimento per le autonomie locali e il “partito dei sindaci delle<br />
grandi città” 213<br />
3.5.1. Il rilancio della sfida dell’unità 214<br />
3.5.2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali 215<br />
3.5.3. Tra divisioni e spinte all’unità 216<br />
3.6. “Costruire il federalismo per rafforzare la partecipazione” 217<br />
POSTFAZIONE 219<br />
Indice dei nomi 225<br />
Indice analitico 231
EDIZIONI ALISEI s.a.s. di Bruno Puglielli<br />
Via Poggio Catino 15, 00199 Roma<br />
06.86.06.418 – alisei@mclink.it<br />
Copertina di Francesco Graziosi<br />
Finito di stampare nel mese di giugno 2006<br />
Stampa: Abilgraph Roma<br />
Edizione fuori commercio realizzata per <strong>Legautonomie</strong>