“[…] il massiccio innevato della Marmolata (sic), 10.400 piedi di ...

La Marmolada di
F. Daberto, 1876 (part.)
(Arch. CAI)
68
“[…] il massiccio innevato della Marmolata (sic), 10.400 piedi
di altitudine, è soprannominato la regina delle Dolomiti; ma è
una regina austera e orgogliosa, che sa come tener testa e mantenere a distanza gli intrusi;
e molti di coloro che da lontano sono stati incantati dalla sua severa bellezza,
hanno maledetto il tentativo di invadere la fredda solitudine della sua eterna penitenza.”
Rachel Harriette Busk, 1874
Sommità della Marmolada
(Ph Nicolò Miana)

69
Febbraio
Vièl del Pan (Ph Davide Berti)

n.2
Marmolada
70
GRUPPO: MARMOLADA
PROVINCE: TRENTO, BEL-
LUNO
SUPERFICIE: 2.207,530 ha
GRUPPI: Marmolada (Punta
Penìa 3343 m, Punta Rocca
3309 m, Marmolada d’Ombretta
3230 m, Gran Vernèl
3210).
Particolarità salienti:
Massiccio di notevole
potenza di rilievo ed
estese pareti perfettamente
verticali. Nota
come “la Regina delle
Dolomiti”, include la
più alta cima delle Dolomiti
(3343 m). Contiene
il più grande
ghiacciaio dell’area
dolomitica e documenta
in modo mirabile
un atollo fossile
isolato e i suoi rapporti
con i terreni vulcanici.
INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
Il gruppo montuoso della Marmolada è ubicato nelle Alpi Dolomitiche
fra le province di Trento e Belluno.
Si presenta come un trapezio delimitato a nord da Livinallongo
del Col di Lana, a sud dalla Valle del Travignolo e dalla Valle del
Biòis, a ovest dalla Valle dell’Avisio (Val di Fassa) e a est da quella
del Cordevole. È diviso dal Gruppo del Sella in corrispondenza
del Passo Pordoi e dal Gruppo delle Pale di San Martino in corrispondenza
del Passo Valles.
Il Gruppo è attraversato da una linea spartiacque i cui deflussi
occidentali confluiscono nel bacino dell’Avisio e nell’Adige, mentre
quelli orientali vanno nel bacino del Pettorina e quindi nel Cordevole
e nel Piave.
Il massiccio principale della Marmolada si estende da est a ovest
ed è costituito da una lunga e imponente catena montuosa che
ospita, sul versante nord, il Ghiacciaio della Marmolada che rappresenta
l’unica grande formazione glaciale di tutte le Dolomiti.
Il versante sud ricade in una gigantesca e compatta bastionata

occiosa alta da 600 a 1000 m e lunga circa 5 km. La cresta di
vetta è costituita da numerose cime che superano i 3000 m, fra le
quali Punta Penia (3343 m), Punta Rocca (3309 m), Cima Ombretta
(3230 m), Gran Vernel (3210 m), Monte Serauta (3069 m), Pizzo
Serauta (3035 m) e Sasso di Valfredda (3009 m), distaccato è a
sud del gruppo principale.
Alla base del versante nord, a quota 2053, è situato il Lago Fedaia,
lungo circa 2 km e sbarrato a ovest da una diga artificiale in
calcestruzzo, dall’altezza massima di 60 metri e con uno sviluppo
del coronamento di 620 m. La diga permette, dal 1956, la produzione
di circa 20 MW di energia idroelettrica. Nella parte est del
lago, i resti di uno sbarramento morenico segnano il luogo del
preesistente lago naturale, lungo circa 180 metri, che segnava il
confine tra il Principato Vescovile di Bressanone (Impero d’Austria)
e la Repubblica di Venezia.
Dal Lago di Fedaia ha origine il torrente Avisio.
A nord del massiccio principale, al di là della depressione di Fedaia,
si erge il Monte Padòn che si estende a est e sud-est in vasti
e diramati costoni erbosi.
A sud, oltre il Passo Ombretta, si estendono la lunga catena Cima
dell’Uomo-Costabella-Monzoni-Vallaccia e il Gruppo Ombretta-
Vernale, che si dirama a est alle Cime dell’Auta e alle Cime di
Pezza.
Lungo la Valle di Fassa, a ovest, si dirama l’erboso gruppo del
Ciampac.
Mauro Ferrari
Scendendo dalla Marmolada
panoramica verso Nord
(Ph G.G.)
Gruppo della Marmolada con
la Civetta sullo sfondo
(Ph U.S.)

Versante Nord orientale
della Marmolada
(Ph U.S.)
ASPETTI GEOLOGICI-GEOMORFOLOGICI
Questa “Regina delle Dolomiti” rappresenta un paradosso che è
un esempio della complessità delle Dolomiti dal punto di vista geologico
e morfologico. Infatti, anche se il basamento della Marmolada,
come per alcuni gruppi dolomitici, è costituito da rocce di
origine vulcanica dal colore scuro, al contrario le pareti superiori
sono chiare, formate appunto da calcare con poco magnesio.
Così, pur presentando in diverse localizzazioni alcune varietà di
dolomia, la singolarità della roccia dominante, chiamata appunto
“calcare della Marmolada”, ne costituisce un elemento identificativo
e peculiare.
Il termine “dolomite”, come è noto, deriva dal nome del suo scopritore,
il marchese Deodàt de Dolomieu (1750-1801) e si riferisce
ad una roccia composta da carbonato doppio di calcio e magnesio,
con la formula chimica che ne indica le rispettive proporzioni:
MgCa(CO3)2. Invece il calcare, tipico componente strutturale della
Marmolada, risulta più semplicemente formato da Carbonato di
Calcio, dalla formula CaCO3.
La dolomia e quasi tutte le rocce che affiorano nella zona dolomitica
si sono formate in fondo al mare durante quello che viene chiamato
“processo litogenetico” o litogenesi (formazione delle rocce),
che si distingue nettamente dal “processo orogenetico” o orogenesi
, in cui si ha la nascita, cioè il sollevamento delle montagne.
Nel caso delle Dolomiti, il secondo, cioè quello orogenetico, segue
quello litogenetico ben 100-150 milioni di anni dopo.
Dal punto di vista morfologico, la disposizione degli strati, detta
72
2. MARMOLADA
BIS
1. Dolomiti Settentrionali 1
Tre Cime e dintorni
2. Marmolada
3. Pale di San Martino e dintorni
4. Dolomiti Bellunesi e Feltrine
5. Dolomiti di Brenta
5bis. Rio delle Foglie - Bletterbach
6. Dolomiti Friulane e d’Oltrepiave
7. Pelmo - Civetta - Nuvolau
8. Dolomiti Cadorine
9. Dolomiti Settentrionali 2 - Dolomiti Ampezzane
10. Odle - Puez
11. Sciliar - Catinaccio - Latemar
12. Sella - Sassolungo - Sassopiatto

Marmolada da lago Fedaia
(Ph T.F.)
giacitura, ha assunto nella Marmolada a nord (lato del ghiacciaio)
un andamento conforme al senso del versante, (giacitura detta a
franapoggio), mentre a Sud (lato della famosa parete con le vie
più classiche ed impegnative) gli strati hanno giacitura contraria al
versante stesso, detta a reggipoggio. Ciò conferisce al corpo centrale
della Marmolada la tipica forma asimmetrica in sez. nord -
sud, che la fa apparire come un gigantesco piano inclinato, costituito
da una grande piattaforma calcarea (un tempo orizzontale),
che è stata poi sollevata durante l’orogenesi ed accavallata in direzione
sud-ovest, mantenendo invece l’inclinazione più dolce
verso nord. Tale versante settentrionale, che presenta la medesima
inclinazione degli strati, viene definito con il termine di pendio
strutturale e a tale proposito quello della Marmolada costituisce
uno dei più rappresentativi esempi di pendio strutturale dell’intera
area dolomitica.
Ricordiamo ancora che nelle Dolomiti, così come nel gruppo della
Marmolada, si trovano associati due o tre caratteristici tipi di rocce:
dolomitica propriamente detta; calcarea (entrambe sedimentarie)
e vulcanica, che normalmente non è facile trovare associate, poiché
derivano da processi e da ambienti totalmente diversi. La roccia
dolomitica è abbastanza resistente agli agenti della degradazione
meteorica, ovvero riscaldamento solare, pioggia, gelo-disgelo,
azione delle acque che dilavano, sciolgono (azione carsica)
o scavano. Quella calcarea ha una resistenza più o meno
comparabile con quella dolomitica, ma è molto più solubile in particolari
condizioni (carsismo). Invece le più antiche rocce vulcaniche
basali, che in questa zona sono particolarmente erodibili per
la loro composizione, si alterano e infrolliscono facilmente. Così
può capitare che pallide e imponenti pareti calcaree (ad es. versante
nord della Marmolada) si vengano a trovare vicino a verdi
pendii, dove invece stanno, talvolta coperte dalla cotica erbosa,
scure rocce di origine vulcanica (ad es. le creste del Padon, Ferrata
“delle Trincee”).
Giuliano De Menech
Sassifraga sul conglomerato
della Marmolada
(Ph U.S.)
Giglio Martagone sotto
Porta Vescovo
(Ph U.S.)
ASPETTI FLORISTICO-VEGETAZIONALI E FAUNISTICI
La variegata litologia dei monti che formano il gruppo della Marmolada,
con l’alternanza di rocce sedimentarie di tipo calcareo e
di rocce cristalline, costituisce certamente uno dei fattori che mag-

74
Orchidee lungo
al Vièl del Pan
(Ph U.S.)
Panoramica aerea:
dal Sella alla Marmolada
(Ph D.G.)
giormente ne influenzano gli aspetti floristico-vegetazionali. Pertanto,
volendo restringere questa descrizione alla vegetazione
delle quote più alte, ossia al piano alpino e a quello nivale, devesi
innanzitutto sottolineare la compresenza di associazioni caratteristiche
dei suoli carbonatici e di associazioni tipiche dei terreni silicei.
Fra le prime, vanno menzionati il Papaveretum rhaetici, il Thlaspeetum
rotundifolii, il Potentilletum nitidae, consorzi di piante pioniere
dei macereti calcarei e delle rocce in via di sgretolamento,
composti da non molte specie, che offrono una copertura rada e
discontinua, come il papavero alpino, l’erba storna a foglie rotonde,
il ranuncolo di Séguier, la campanula dei ghiaioni, il millefoglio, la
peverina, l’arabetta, il dente di leone, la valeriana strisciante, la
cinquefoglia delle Dolomiti, alcune sassifraghe. Nelle fessure delle
pareti calcaree crescono le piantine appartenenti all’alleanza del
Potentillion caulescentis, con la cinquefoglia penzola, la già ricordata
cinquefoglia delle Dolomiti, la campanula di Moretti, l’androsace
di Hausmann, la primula orecchia d’orso e diverse
sassifraghe.
Sui ripiani sospesi, le terrazze, le cenge, si trova la prateria alpina
primaria, riconducibile al Seslerio-Caricetum sempervirentis, associazione
caratterizzata dalla sesleria comune e dalla carice verdeggiante,
cui si accompagnano le genziane, la stella alpina,
l’eliantemo e altre specie. Il Caricetum firmae è invece un pascolo
magro, tipico dei ghiaioni consolidati e dei pendii franosi ed è caratterizzato
dalla carice rigida, sovente associata alla sassifraga
verdazzurra e al camedrio alpino. Su terreni neutri o moderatamente
acidi, ma con un certo contenuto di calcio, è dato trovare un
prato color ruggine, che è occupato prevalentemente dalla elina,
una ciperacea capace di produrre abbondante humus ed è perciò
chiamato Elynetum.
Appartiene invece alle associazioni vegetazionali proprie dei suoli
silicei il Festucetum halleri, prato dominato dalla festuca intermediaria,
graminacea cui si associano altre piante acidofile, come
l’arnica, il trifoglio alpino, la pedicolare zolfina, la cariofillata montana,
la cinquefoglia fior d’oro, la genziana di Koch. Sugli scoscesi
pendii esposti a sud, si trova l’arido Festucetum variae, caratterizzato
dalla festuca varia, che forma densi cespi verdeggianti di foglie
sottili e pungenti, morbidamente incurvati verso il basso. Più
raro è il Caricetum curvulae, consorzio dominato dalla carice
curva, ciperacea che occupa le creste ventose delle quote superiori;
tale associazione dovrebbe corrispondere alla situazione “climax”
della prateria alpina, verso cui le altre associazioni dovrebbero
naturalmente evolvere: si vede che tale processo è

quanto meno rallentato dal pascolo e dal disturbo antropico. In
condizioni di pascolo eccessivo, la prateria alpina può degradare
nel Nardetum alpigenum, prato arido assai povero su suolo fortemente
acido, dominato dal nardo, che è una graminacea non appetita
dal bestiame e resistente al calpestio.
Nelle fessure delle rupi silicee, vegetano specie ascrivibili all’associazione
dell’Androsacetum vandellii, caratterizzata dall’androsace
di Vandelli, cui si accompagnano la sassifraga della Val di
Fassa, la sassifraga brioide, la sassifraga a foglie opposte. Sui
macereti e sulle lastronate di roccia silicea si possono trovare le
medesime specie e inoltre la primula vischiosa, l’osiride, il doronico
del granito, il senecione carniolico, il ranuncolo dei ghiacciai,
la cariofillata delle pietraie, la linaiola, il papavero alpino (Oxyrietum
digynae, Androsacetum alpinae).
Quanto alla fauna, vanno innanzitutto segnalati i grandi erbivori alpini,
che frequentano i magri pascoli d’altitudine, ossia il camoscio
e lo stambecco. Nell’area della Marmolada, interventi di
reintroduzione dello stambecco furono compiuti a partire dal 1978;
la popolazione giunse a contare diverse centinaia di capi. Negli
scorsi anni, purtroppo, le popolazioni di stambecco e di camoscio
sono state gravemente colpite da un’epidemia di rogna sarcoptica
e vanno oggi riprendendosi molto lentamente.
Malga Ombretta
(Ph T.F.)
75

Stambecchi (Ph B.G.)
76 Sommità della Marmolada
Zona di confine tra
le due Regioni
(Ph N.M.)
Alle quote inferiori, sulle pendici montuose con copertura
forestale, vive invece il capriolo. Fra i piccoli
mammiferi si possono ricordare lo scoiattolo,
la marmotta, la lepre variabile, l’ermellino.
L’aquila reale ha beneficiato dell’incremento delle
popolazioni di marmotta, essendo questa la preda
preferita dal grande rapace. Fra i corvidi, si possono
menzionare il corvo imperiale, il gracchio alpino,
la cornacchia nera e la nocciolaia; fra i
tetraonidi specialmente la pernice bianca, che
abita gli ambienti rocciosi e le zone di sfasciumi.
Fra i passeriformi che frequentano gli ambienti di
altitudine, vanno ricordati il sordone, il culbianco,
il fringuello alpino, il codirosso spazzacamino. Nei
boschi di conifere vivono il picchio nero e il picchio
rosso maggiore, insieme ad altre specie forestali, come le
cince, il ciuffolotto, il rampichino alpestre.
Giuseppe Borziello
ASPETTI ANTROPICI-LA BATTAGLIA DEI CONFINI
Per oltre trent’anni (dal 1970 al 2000), la Marmolada è stata teatro
di una estenuante battaglia giudiziaria, combattuta a colpi di ricorsi
e di carte bollate per stabilire i confini fra la Provincia di Belluno
(Veneto) e la Provincia Autonoma di Trento (Trentino Alto
Adige). Una questione dove non sono mancati alcuni episodi violenti
come la distruzione di tralicci e skilift con la dinamite. La questione
dei confini aveva (ed ha) come motivazione lo sfruttamento
turistico e l’imbrigliamento impiantistico del ghiaccio.
In un archivio di Innsbruck, Filippo Graffer (figlio del pioniere), sull’onda
di approfondite ricerche storiche da parte di padre Frumenzio
Ghetta, rintracciò, agli inizi degli anni Settanta, alcune
vecchie pergamene che riportavano le frontiere della Marmolada
ai vecchi confini fra la Serenissima Repubblica di Venezia e la Contea
Principesca del Tirolo, confini in essere fino alla soppressione
della Repubblica nel 1797 da parte di Napoleone. Di qui la contesa.
Le carte militari italiane dell’IGM segnano come confine fra le
due province una linea retta che da Punta Penia scende alla Fedaia,
tagliando a mezzo il ghiacciaio. Le vecchie mappe tirolesi e

Marmotta (Ph B.G.)
Dolomiti Marmolada
(Ph R.M.)
77
venete -suffragate da pilastrini e croci sul terreno- riportano invece
il confine lungo la cresta di Seràuta, lasciando quindi tutto il ghiacciaio
in territorio trentino. Il primo ricorso da parte del Comune di
Canazei -suffragato dalla ricca documentazione raccolta da padre
Frumenzio Ghetta sui rapporti fra Fassa e Fodom, nonché sulle
modalità seguite per porre i cippi e sulla ragione di eventuali errori
cartografici- risale al 1973.
Con alterne vicende, documenti, ricorsi, vari tentativi di composizione
della vicenda (l’opinione pubblica più avveduta delle due
province e gli ambienti alpinistici hanno sempre sostenuto che si
trattasse di una questione pretestuosa fra potentati economici, di
cui a fare le spese era la montagna) si è arrivati al 2000 quando la
Corte di Cassazione a sezioni riunite ha deciso di rigettare il ricorso
del Comune di Rocca Piétore nei confronti di una sentenza
del Consiglio di Stato che già dava ragione ai trentini. La sentenza
dovrebbe essere “definitiva”, ma è facile pronosticare che la querelle
continuerà, anche se fin dal 1999 la Provincia di Trento, quella
di Bolzano e la Regione Veneto (in particolar modo la Provincia di
Belluno) hanno lavorato per promuovere le Dolomiti come realtà
turistica unitaria -nei confronti di un mondo sempre più globale- al
di là di cippi e confini, in un progetto che vede proprio la realtà
della Marmolada come snodo centrale.
Intenzioni e risultati ottenuti a giugno 2009 con l’entrata delle Dolomiti
nel patrimonio Unesco.
Il riconoscimento di questo gruppo, come patrimonio dell’umanità
(sicuramente a scapito di altri non riconosciuti come Sella e Sassolungo,
tanto per citarne alcuni! N.d.c.) rafforza maggiormente il
fatto che la Marmolada deve essere considerata patrimonio di tutti
dove i confini e le limitazioni vengono meno.
È la montagna più alta delle Dolomiti, contiene il ghiacciaio (quello
che ne rimane!) più esteso della Regione Dolomitica stessa, è stata
teatro e testimone di pagine ricche di storia (Prima Guerra Mondiale)
e di imprese alpinistiche di grande valore: non per nulla
viene riconosciuta da tutti come “regina” che troneggia al centro
delle Dolomiti superba nel suo manto d’ermellino, levando alto il
capo, coronato di ghiacci.
Ugo Scortegagna

1
2
3
ASPETTI ALPINISTICI
Quella alla Marmolada, pare sia stata la
prima ascensione nelle Dolomiti: è stata
compiuta da un gruppo di sacerdoti nel
1802. Era il 2 o il 3 di agosto e don Giovanni
Costadedòi, parroco di Ornella di
Livinallongo (con i suoi confratelli don
Giuseppe Terza di La Valle, in Val Badia
e don Tommaso Pezzei) partì all’attacco
della Regina delle Dolomiti per essere vicino
a Dio come in nessun altro luogo.
Don Giovanni vi era salito già più volte e
secondo lui il percorso per arrivare in
cima non era troppo difficile; don Giuseppe
e don Tommaso erano grandi appassionati
di montagna e desideravano
arrivare in cima.
All’altezza del passo Fedaia, pernottarono
in una malga e il giorno dopo iniziarono
la scalata accompagnati dal dottor
Hauser, un chirurgo e dal giudice episcopale
Peristi.
Senza fermarsi, raggiunsero Punta Rocca.
Durante la discesa, don Giuseppe volle
guardare ancora un paio di camosci, costeggiò
i crepacci, ma non tornò più.
L’archivio parrocchiale di Livinallongo custodisce
il documento che racconta il triste
destino del parroco:
“... e arrivando ai ghiacciai, decise di
proseguire da solo nonostante gli avvertimenti
dei suoi compagni di viaggio che
si preparavano a tornare indietro. Procedette,
senza curarsi dei terribili rischi e,
nonostante le intense ricerche dei suoi
compagni, non venne più ritrovato vivo.
Che riposi in pace! Ma trai un insegnamento
e un suggerimento da questa disgrazia:
parroci di ogni dove, restate a
casa a leggere, studiare e pregare...”.
Ma 54 anni dopo, il 25 agosto 1856, altri
tre sacerdoti della zona di Agordo, don
Pietro Munga, don Alessio Marmolada e
don Lorenzo Nikolai, portando con sé il
nobile 17enne Gian Antonio De Manzoni
e Pellegrino Pellegrini di Rocca Pietore
(una delle prime Guide Alpine, che, a sua
volta, portò Gasparo De Pian, cacciatore
di camosci) partirono dal Passo Fedaia.
Equipaggiati di semplici ramponi attraversarono
il ghiacciaio, salirono fin sulla
cresta e quindi a Punta Rocca. Si dichiararono
primi salitori, ma l’impresa non è
documentata.

Nel 1860, è John Ball, con la Guida Victor Tairraz e con John Birkbeck,
a dichiararsi primo salitore della Marmolada.
In realtà, Punta Rocca è stata salita per la prima volta nel luglio
1862 da Paul Grohmann, alpinista viennese, membro e fondatore
dell’Österreichischer Alpenverein, salito da nord e non percorrendo
la più corta e difficile cresta di vetta, né le tracce di sentiero verso
la cima.Anche Punta Penia, 34 m più alta, fu salita il 28 settembre
1864 da Paul Grohmann (26 anni) insieme con le Guide Angelo e
Fulgenzio Dimai (45 anni).
Nel decennio 1880-1890, l’alpinismo nelle Dolomiti ebbe un grande
sviluppo con la costruzione di rifugi alla piana di Fedaia (Sezione
Alpenverein di Bamberg) e al Passo Ombretta (Casa Contrin, Sezione
Alpenverein di Norimberga).
La Sezione di Norimberga attivò percorsi relativamente semplici
verso Punta Penia e finanziò la messa in sicurezza della Cresta
ovest che fu salita per la prima volta il 21 luglio 1898 da Hans Seyffert
e Eugen Dittmann con la Guida Luigi Rizzi; questa ferrata molto
esposta fu aperta il 5 agosto 1903.
Il primo itinerario (II grado) sulla parete sud (2 km circa a est della
cima principale) fu aperto il 21 agosto 1897 dalla Guida Alpina Cesare
Tomè, da Santo De Toni e da Luigi Farenzena.
La prima diretta a Punta Penia dalla parete sud, oggi nota come Via
Classica (IV grado), fu aperta il 1 giugno 1901 dalle Guide Alpine Michele
Bettega e Bortolo Zagonel con l’inglese Beatrice Tomasson.
Dopo la Grande Guerra, dall’8 al 9 settembre 1929, Luigi Micheluzzi,
Roberto Perathoner e Demetrio Christomannos scrivono una
a fianco:
1) Verso la Marmolada
notturno (Ph R.M.)
2) Marmolada
oltre le nubi (Ph N.M.)
3) Gruppo della Marmolada
vista dal Cadore (Ph G.B.)
Gruppo della Marmolada
da San Pellegrino (Ph G.C.)
Beatrice Tomasson autrice
della prima diretta Parete Sud
(fonte: ALP)
pagina di storia dell’alpinismo con la prima ascensione al Pilastro
sud di Punta Penia (VI grado); erano dotati solamente di una corda
in canapa e di sette moschettoni. Kasparek e Steger definirono fra
le più difficili della loro carriera di arrampicatori questa via che fu
ripetuta solo sette volte prima della seconda Guerra Mondiale.
Altre prime ascensioni di rilievo prima del conflitto furono quella a
Punta Penia per la parete sud ovest da parte di Gino Soldà e Umberto
Conforto e quella a Punta Rocca per la parete sud da parte
di Hans Vinatzer ed Ettore Castiglioni (entrambe di VI grado sup.)
nel 1936.
Dopo la guerra, nuove vie vengono aperte da Armando Aste, Toni
Egger, Claudio Barbier, Walter Philipp e Georges Livanos.
Nel decennio 1980-1990, l’alpinismo in Marmolada riceve un
nuovo impulso con l’apertura di nuove vie in arrampicata libera.
Una nuova generazione di arrampicatori, pioniere fra essi Heinz
Mariacher, conquista le Placche d’Argento, mentre gli arrampicatori
cechi aprono nuove vie sulle placche del Pesce.
Mauro Ferrari

MARMOLADA
“La Marmolata (sic!) è la regina delle
dolomiti, a chi dalla sua vetta contempla
gli altri colossi che le fanno corona,
sembra che tutti s’inchinino dinanzi a
lei… Chi volesse rimirarla da ogni lato
non avrebbe che a intraprendere il breve
giro di almeno otto ore e da Penia per
Fedaia scendere fin ai Serragli di Sottoguda
e di là risalir per Ombretta ritornando
a Penia per Contrin. Ad ogni
istante si presenta un nuovo spettacolo,
ad ogni passo sul versante settentrionale,
il ghiacciaio qual altro Proteo piglia
nuove forme, sul versante meridionale
invece scende con nuovi orribili
precipizii. A chi la mira da Fedaja presenta
un declivio or ripido, or lento, ricoperto
per quasi due terzi da un vasto
mantello di ghiaccio tra cui ergono il
capo acute guglie. Dalla parte di Ombretta
invece precipita a piombo per
un’altezza di quasi 2000 metri…
… Nota è la leggenda all’origine di questo
ghiacciaio. Una vecchierella invarno
sgridata dai suoi compatrioti, raccolse
il fieno nel giorno della festa votiva dei
5 agosto del S. Maria ad Nives. A chi
gliene faceva rimprovero rispose:
Madona della niev de cà
Madona della niev de là
L’è bon ch’è mi fien en te tabià
E i etres (altri) en te prà
La notte seguente cominciò a nevicare
e nevicò tanto sino a formare il ghiacciaio
che tuttora sussiste e sotto il quale
chi sa da quanti secoli, giace ancora la
povera vecchierella col suo fien en te
tabià, seppure il ghiacciaio non l’ha trasportata
altrove.”. Don Luigi Baroldi
“Escursioni nella Valle di Fassa . Materiali
per una guida” Rovereto 1893.
Marmolada
(Ph U.S.)
LEGGENDA E CRONACA
DELLA MARMOLADA
Come abbiamo sopra riportato, la leggenda
vuole che il ghiacciaio della Marmolada
sia nato da una trasgressione,
dalla ribellione di una vecchietta che,
nonostante gli ammonimenti dei suoi
compaesani, si ostinò a raccogliere il
fieno nella giornata, dedicata alla Madonna
delle Nevi e festa padronale di
Gries (Canezei). Il castigo divino consisté
in una immensa nevicata che si stese
eternamente sulla vecchia, coprendola,
e su tutta la montagna. La cronaca invece
riporta che sempre sotto una nevicata
salì sulla Marmolada (in funivia) nei
primi anni del suo pontificato (il 26 agosto
1979) Papa Wojtila, Giovanni Paolo
II, in una delle sue escursioni alpestri.
Non mancarono le polemiche. La salita
funiviaria (collegata al ricordo del suo
predecessore, Papa Luciani, nativo di
Canale d’Agordo) rischiò di essere vista
più come un avvallo alla politica di sfruttamento
turistico della montagna, che
come un richiamo alla dimensione della
sua spiritualità.
80
CuriositàCuriositàCuriositàCuriositàCuriositàCuriosità
PRIMA SALITA ALLA
PARETE SUD DELLA
MARMOLADA
Disegno di T. Magalotti in
onore della 7ª salita parete
Sud della Marmolada
(fonte: ALP)
“1° luglio 1901 - Prima ascensione
della parete sud (di roccia) della Marmolada.
La salita è stata compiuta (con
Bortolo Zagonèl come seconda guida)
direttamente dal Passo Ombretta, leggermente
sulla destra rispetto alla sommità
del passo. Secondo me i primi due
terzi della salita sono il tratto più difficile
che io abbia trovato in Dolomiti, in
quanto richiedono più forza, abilità, costanza
e coraggio di qualsiasi altra salita
io conosca. Il resto dell’ascensione sarebbe
stato più facile se non fosse scoppiata
una bufera con fulmini, grandine e
neve, che lo rese più difficile e pericoloso.
Rimanemmo 12 ore sulla roccia,
discendendo per il ghiacciaio fino alla
Fedaia; le ultime poche ore furono una
vera prova di resistenza perché eravamo
tutti fradici e schiaffeggiati da un vento
forte e molto freddo.
Bettega stette in testa per due terzi della
salita e fu veramente ottimo sotto ogni
aspetto, perché seppe superare difficoltà
apparentemente insormontabili con il
solito immancabile coraggio e la sua
abilità”.
Beatrice Tomasson da: il libretto della
guida Michele Bettega, 1901.
IL PRIMO RIFUGIO
DELLE DOLOMITI
Primo Rifugio
Dolomitico
(arch. CAI)
Il primo rifugio alpino delle Dolomiti
venne costruito dalla Sezione di Agordo
(1874-1877) sulla Marmolada: ricovero
a mo’ di caverna, scavata mediante mine
nel vivo della roccia, a circa m 3100, sul
fianco orientale della cresta rocciosa
che, scendendo verso nord dal culmine
del monte, limita a ovest il ghiacciaio
propriamente detto della Marmolada. Il
ricovero fu abbandonato e più tardi, per
l’abbassamento del livello del ghiacciaio,
la caverna divenne di accesso
sempre più difficile.
Bollettino CAI, 1904-1905.

81
MARTEDI
MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
SABATO
DOMENICA
LUNEDI
MARTEDI
MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
SABATO
DOMENICA
LUNEDI
MARTEDI
MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
SABATO
DOMENICA
LUNEDI
MARTEDI
MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
SABATO
DOMENICA
LUNEDI
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
FEBBRAIO 2011

FEBBRAIO 2011
82
1. Il Ghiacciaio
della Marmolada
1
S.
MARTEDÌ
Verdiana
⧖ 5 . 32 - 333 7,23 - 17,25
2
Presentazione
Ghiacciaio della
Marmolada
(Ph M.S.)
MERCOLEDÌ
del Signore
⧖ 5 . 33 - 332 7,22 - 17,26
Il Ghiacciaio della Marmolada,
durante i periodi delle ere glaciali,
si univa con altri ghiacciai
formando un’estesa calotta
simile a quella antartica attuale.
Le sue diverse lingue
transfluivano da una valle all’altra,attraverso
gli attuali valichi
dolomitici, percorrevano le
principali valli dell’Adige e del
Piave, terminando la loro
corsa ai margini della pianura
veneta. A Trento vi era, per
esempio, una coltre di ghiaccio
di circa 1500 metri di
spessore.
Il Ghiacciaio Principale della
Marmolada è il più vasto del
Gruppo e delle Dolomiti.
È un ghiacciaio “di pendio”
che si allarga sul versante settentrionale
del massiccio, formando
un trapezio con la
base maggiore verso il basso;
il Sasso delle Undici (2770 m)
ed il Sasso delle Dodici (2690
3
S.
GIOVEDÌ
Biagio
⧖ 5 . 34 - 331 7,21 - 17,27
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M M G V S D L M M G V S D L M

m) ne suddividono la zona di ablazione (o di
fusione) in tre piccole fronti dette Orientale (o
di Serauta), Centrale ed Occidentale. La zona
di alimentazione è delimitata verso sud dalla
cresta principale: Serauta - Punta Rocca -
Punta Penia. L’alimentazione del ghiacciaio è
in prevalenza diretta; un limitato apporto nevoso
da valanghe si ha lungo il versante occidentale
della cresta di Serauta e dalle pareti
rocciose che culminano con Punta Rocca e
Punta Penia. Il materiale detritico superficiale è
scarso.
Dal punto di vista idrografico, il ghiacciaio appartiene
a due bacini: esso infatti alimenta ad
ovest le sorgenti dell’Avisio, affluente di sinistra
dell’Adige; ad est quelle del torrente Pettorina,
tributario del Cordevole, a sua volta
affluente di destra del Piave. In particolare, al
bacino dell’Adige compete una superficie di
213 ha (82% dell’area totale) mentre a quello
del Piave un’area di 47 ha (18%).
In seguito al continuo e accelerato ritiro manifestato
dal ghiacciaio nell’ultimo decennio, la
porzione più occidentale del Ghiacciaio Principale
si è ultimamente frammentata, andando
a formare un apparato glaciale a se stante
4
S.
VENERDÌ
Gilberto
⧖ 5 . 35 - 330 7,20 - 17,28
5
S.
chiamato Settore Occidentale del Ghiacciaio
Principale della Marmolada. Questo piccolo
ghiacciaio, da qualche anno, non è nemmeno
più in collegamento con la Calotta Sommitale,
la famosa “Schena de Mul”, che si percorre
per raggiungere Punta Penia, quindi la Calotta
Sommitale deve essere considerata un’entità
glaciale a se stante.
Invece il Ghiacciaio Occidentale della Marmolada
si trova in un ampio canalone chiuso a
ovest dal massiccio del Gran Vernel. Nel secolo
scorso era considerato parte integrante
del Ghiacciaio della Marmolada. Recentemente,
in corrispondenza di un ripido canale
di ghiaccio, si è separato in due porzioni, una
superiore e una inferiore.
Giuliano De Menech
SABATO
Agata
⧖ 5 . 36 - 329 7,19 - 17,30
6
S.
DOMENICA
Paolo Miki
⧖ 5 . 37 - 328 7,18 - 17,31
FEBBRAIO 2011
83
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28
M G V S D L M M G V S D L

F E B B R A I O 2 0 1 1
84
7
S.
8
S.
LUNEDÌ
Romualdo
⧖ 6 . 38- 327 7,17 - 17,32
MARTEDÌ
Girolamo Emiliani
⧖ 6 . 39 - 326 7,15 - 17,34
2. Azione modellatrice
di un ghiacciaio
Lentissima e silenziosa, ma non per questo invisibile, è l’azione
di modellamento glaciale (azione geomorfica): il ghiaccio si
comporta come una massa molto viscosa che, scorrendo lungo
un pendio, si muove con velocità ridottissima, che varia con la
9
S.
MERCOLEDÌ
Apollonia
⧖ 6 . 40 - 325 7,14 - 17,35
10
S.
Segni del passaggio
del ghiacciaio (Ph G.G.)
GIOVEDÌ
Scolastica
⧖ 6 . 41 - 3247,13 - 17,36
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M M G V S D L M M G V S D L M

pendenza: nella zona alpina si stima da pochi
metri/anno (nel bacino di alimentazione) fino a
150-200 metri/anno (nella lingua del ghiacciaio).
Con le variazioni di pendenza si generano
così crepacci (profonde cavità glaciali,
variamente articolate) che possono essere longitudinali,
trasversali, marginali, terminali. Se
questi ultimi s’intercettano e s’intersecano tra
loro, danno origine ai seracchi, cioè insiemi di
blocchi irregolari, torri, guglie, pinnacoli di
ghiaccio. Sono tipici del versante nord della
Marmolada e se ne incontrano alcuni lungo il
tracciato della via normale di salita a Punta
Penìa. Tale azione geomorfica, iniziatasi nel
Quaternario, (circa 2 milioni di anni fa), con almeno
4 successive occupazioni delle aree dolomitiche,
ebbe il suo culmine nel corso dell’ultima
glaciazione, detta wurmiana (da
75.000 a circa 15.000 anni fa), che ha spianato
quasi per intero il pendio nord della Marmolada.
E il ritiro glaciale, che sembra tuttora in
corso da alcuni decenni, lascia intravedere
grandi distese di rocce lisce, modellate dalla
lenta ma continua azione erosiva del ghiacciaio.
Tale erosione si articola in due processi:
- il primo, detto estrazione glaciale, con cui le
11
Nostra
VENERDÌ
Signora di Lourdes
⧖ 6 . 42 - 323 7,12 - 17,37
12
S.
rocce si fessurano e frantumano a causa del
continuo alternarsi tra gelo e disgelo; il ghiaccio
si insinua nelle fessure stesse, rompendo le
rocce ed allontanandone i frammenti. È grazie
a questa continua asportazione che non si formano
dei detriti di falda o ghiaioni, mentre il
continuo trasporto dei materiali origina le morene,
laterali e frontali;
- il secondo, detto esarazione, consiste nell’escavazione
ed abrasione operata dai materiali
più duri trasportati dalla corrente glaciale
e dalle acque di fusione (che scorrono sotto il
ghiaccio).
Questi agiscono come gigantesche lime capaci
di levigare, incidere e modellare le rocce.
I blocchi rocciosi inglobati nel ghiaccio raschiano
le pareti laterali della roccia del posto,
creando scanalature profonde fino a 10 cm e
larghe anche fino a 50 cm. Così sulle rocce del
fondo si producono delle strie, incisioni che
seguono la direzione di scorrimento del ghiacciaio.
Invece le rocce più resistenti possono
assumere una forma che ricorda un “dorso di
balena” o un aspetto mammellonare: le cosiddette
rocce montonate.
Giuliano De Menech
SABATO
Eulalia
⧖ 6 . 43 - 322 7,10 - 17,39
13
S.
DOMENICA
Maura
⧖ 6 . 44 - 3217,09 - 17,40
F E B B R A I O 2 0 1 1
85
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28
M G V S D L M M G V S D L

14
S.
LUNEDÌ
Valentino
⧖ 7 . 45 - 320 7,08 - 17,41
3. Il Lago di Fedaia
F E B B R A I O 2 0 1 1
86
15
S.
MARTEDÌ
Faustino e S. Giovita
⧖ 7 . 46 - 319 7,06 - 17,42
16
S.
MERCOLEDÌ
Giuliana
⧖ 7 . 47 - 318 7,05 - 17,44
17
S.
Lago Fedaia
(Ph U.S.)
GIOVEDÌ
Donato
⧖ 7 . 48 - 317 7,04 - 17,45
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M M G V S D L M M G V S D L M

Sul lato settentrionale della Marmolada, alla
quota di 2053 m, oggi si trova un ampio specchio
d’acqua di forma oblunga, il lago di Fedaia.
Fino alla metà del XX secolo, al Pian di
Fedaia si trova una zona di pascoli, lambiti dal
ghiacciaio e un piccolo laghetto di origine glaciale.
Il lago odierno è infatti un invaso artificiale,
lungo quasi due chilometri e largo 550
metri, con una capacità massima di circa 16
milioni di metri cubi. La diga, lunga 500 m, fu
iniziata nel 1954 e venne progettata per una
produzione di energia elettrica pari ad un miliardo
di Kwh; il bacino è in collegamento con
la centrale di Malga Ciapèla, tramite lunghe
condotte scavate nel corpo della montagna.
Vent’anni dopo, fu aperta al traffico automobilistico
la nuova strada asfaltata sulla sponda
settentrionale del lago, che collega Canazei,
in Val di Fassa e Rocca Piètore, in provincia di
Belluno.
Dalla Fedaia, una bidonvia porta in 15 minuti al
Pian dei Fiacconi, in vista del bordo inferiore
del ghiacciaio. Il nome Fedaia (Fedaa) deriva
dal ladino feda (dal latino: ovis feta), ossia pecora;
infatti il Pian di Fedaia costituiva l’alpeggio
di Canazei. È interessante notare il ruolo
che nella storia ha sempre rivestito il passo
18
S.
VENERDÌ
Giulia e S. Simeone
⧖ 7 . 49 - 316 7,02 - 17,46
19
S.
della Fedaia, come importante via di accesso
alla valle dell’Avisio e quindi all’area trentinotirolese:
in pace (come è testimoniato dallo
storico percorso del Viel dal Pan, nonché dal
rinvenimento di alcune monete romane e di
una stadera in bronzo) come in guerra, dall’epoca
romana fino ai tragici anni della Prima
Guerra Mondiale. Per molto tempo il valico fu
confine di stato: ancora si possono vedere, in
prossimità del passo e sui pendii sottostanti il
Padòn, alcuni cippi in pietra, apposti nel 1778
a separare il Tirolo dai dominî della Repubblica
veneta.
Allo scoppio della Grande Guerra europea, all’estremità
occidentale del passo esisteva un
rifugio del DÖAV, la Fedaiahaus o Bambergerhaus;
nella parte orientale c’erano invece il rifugio
Venezia della SAT, costruito nel 1908 e
l’albergo Valentini. A partire dal 1915 e fino ai
primi di novembre del 1917, il luogo vide svolgersi
sanguinosi scontri fra le truppe austroungariche
e quelle italiane; i pochi edifici
esistenti furono presto distrutti. Al loro posto,
oggi sorgono, rispettivamente, il rifugio Ettore
Castiglioni, sul lato trentino e il rifugio Passo
Fedaia, sul lato bellunese.
Giuseppe Borziello
SABATO
Mansueto
⧖ 7 . 50 - 315 7,01 - 17,47
20
S.
DOMENICA
Eleuterio
⧖ 7 . 51 - 314 6,59 - 17,49
F E B B R A I O 2 0 1 1
87
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28
M G V S D L M M G V S D L

F E B B R A I O 2 0 1 1
88
S.
21
S.
22
LUNEDÌ
Eleonora
⧖ 8 . 52 - 313 6,58 - 17,50
MARTEDÌ
Margherita
⧖ 8 . 53 - 312 657 - 17,51
4. La Parete Sud della
Marmolada
23
S.
MERCOLEDÌ
Policarpo
⧖ 8 . 54 - 311 6,55 - 17,52
24
S.
Marmolda:
Parete Sud
(Ph D.B.)
GIOVEDÌ
Sergio e S. Edilberto
⧖ 8 . 55 - 310 6,54 - 17,54
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M M G V S D L M M G V S D L M

25
S.
VENERDÌ
Cesario
⧖ 8 . 56 - 309 6,52 - 17,55
26
S.
Tutte le pareti più difficili, alpinisticamente parlando,
sono quelle poste a Nord; la Marmolada
-essendo la Regina- si differenzia, non solo
nella litologia, calcare anziché dolomia, ma nel
suo versante di ascensione: la parete più difficile
è quella posta a sud.
Una parete che simboleggia le Dolomiti, di meravigliosa
roccia calcarea fino a 900 metri di
dislivello e larga 2,5 km: queste le caratteristiche
dimensionali del versante meridionale
della Marmolada. La parete si caratterizza per
essere divisa in 4 settori ben definiti: Marmolada
di Penia, di Rocca, d’Ombretta e di Serauta.
Ognuna di queste sezioni presenta
particolarità e segreti e solo all’alpinista è concesso
conoscerli. Ad esempio, i camini tetri,
ghiacciati e svasati della via Micheluzzi a
Punta Penia, le traversate apparentemente impossibili,
ma risolutrici di Tempi Moderni a
Punta Rocca, le lisce ed impressionanti lavagne
verticali della parete d’argento della Marmolada
d’Ombretta o i misteriosi ed impegnativi
diedri di melafiro a Punta Serauta. In
questa parete, fino alla metà degli anni ’70,
esistevano circa 25-30 vie, oggi più di 100
(escluse le varianti). Il motivo di questa esplosione
deve essere ricercato principalmente
nelle novità alpinistiche immesse nel mercato
dei materiali alla fine degli anni Settanta (ad
esempio le scarpette a suola liscia e i friends),
che hanno permesso ad un folto gruppo di alpinisti
italiani e stranieri di compiere alcune fra
le più belle imprese della seconda metà del
Novecento. Se lal via di Beatrice Tomasson, la
Vinatzer-Castiglioni e l’Ideale restano i capisaldi
dell’alpinismo degli inizi del Novecento,
dell’era del sesto grado e degli anni Sessanta,
con il finire degli anni Sessanta nascono nuovi
itinerari dai nomi fantasiosi dove l’arrampicata
raggiunge limiti estremi: Coda di Rondine,
Tempi Moderni, Alì Baba al pilastro Agnese,
ma è soprattutto la via del Pesce all’Ombretta,
che supera, in un oceano di placche, una nicchia
rassomigliante ad una balena. Artefici di
questo progresso alpinistico gli italiani Giordani,
Zenatti, Maffei, Leoni, Mittestainer, gli austriaci
Mariacher, Rieser, Schiestl e i cechi
Sustr e Koller. Anche se oggigiorno la parete
sembra apparentemente addomesticata, non
si dimentichi che la sud della Marmolada resta
caratterizzata da elevati pericoli oggettivi.
Francesco Lamo
SABATO
Nestore
⧖ 8 . 57 - 308 6,50 - 17,56
27
S.
DOMENICA
Leandro
⧖8 .58 - 307 6,49 - 17,57
F E B B R A I O 2 0 1 1
89
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28
M G V S D L M M G V S D L

F E B B R A I O 2 0 1 1
28
S.
LUNEDÌ
Romano abate
⧖ 9 . 59 - 306 6,47 - 17,58
5. Guerra sulla Marmolada
Cannone Italiano
da 149 mm
Passo Padon
(Ph G.B.)
Fino al 1915, la Marmolada rappresentava il confine di stato tra
il Regno d'Italia e l'Impero Austro-Ungarico. Prima della guerra,
il confine attraversava il ghiacciaio lasciando all’Austria Punta
Penìa, Punta Rocca, Sass delle Undici e Sass delle Dodici, poi
attraversava la valle all'altezza del Passo Fedaia e risaliva verso
Passo Padòn. Dopo la dichiarazione di guerra del 24 maggio
1915, la Marmolada si trovò in zona di combattimenti, essendo
posizionata sul cosiddetto Fronte Dolomitico. Di conseguenza,
costituì un elemento strategico particolarmente importante in
quanto, tramite il suo possesso, era possibile controllare le
strade verso la Val di Fassa e la Val Badia e, quindi, verso il Tirolo.
La conca ghiacciata tra la Cresta Seràuta, la Marmolada
di Ombretta e il Sass delle Undici, fu terreno di combattimenti
e prima linea del fronte. Le opere di fortificazione furono attuate
secondo differenti criteri: gli Austriaci scavarono gallerie nel
90
ghiaccio, gli Italiani, invece, perforarono la roccia.
Die Eisstadt, la Città di Ghiaccio, era un
complesso di gallerie (larghe 2,5 metri e alte 2)
che aveva uno sviluppo complessivo di 12 Km
e collegava la stazione di arrivo della grande
teleferica di Col de Bous, con tutte le posizioni
avanzate del Sass delle Dodici e del Sass
delle Undici e di Forcella a V. Aveva un dislivello
di oltre 1000 metri ed era percorribile,
dalla bocca inferiore fino ai 3200 metri della
postazione “32”, la più elevata, in tre ore e
mezza. Fu progettata dal tenente e ingegnere
Leo Handl (vedi scheda) per proteggere la
guarnigione di circa 300 Kaiserschutzen, a cui
era stato affidato il presidio della Marmolada
in opposizione all’attestamento italiano di Cresta
Seràuta (con Forcella Seràuta quale munitissimo
caposaldo in roccia), dal fuoco nemico,
dal freddo, dalla neve e dalle valanghe.
Era dotata di gallerie, ponti su crepacci, camminamenti
attrezzati, depositi, cucine e sale
dormitorio capaci di contenere fino a 70 uomini.
L’illuminazione era fornita da lampade a
petrolio o ad acetilene e, per un certo periodo,
dalla corrente elettrica proveniente da Canazei
e generata da una centrale a vapore. Nelle
gallerie, la temperatura poteva variare dai +3
ai +5 °C d'inverno, scendendo a 0° durante
l'estate. Spesso, il fumo delle stufe rendeva
l’aria irrespirabile ed in estate l'umidità era
molto elevata. I baraccamenti e le stanze dovevano
essere modificati in continuazione a
causa del costante movimento del ghiacciaio.
Nel novembre 1917, dopo il cedimento delle
linee italiane a Caporetto e il conseguente spostamento
del fronte dalle Dolomiti al Piave, la
fortezza fu abbandonata e già nei primi anni
venti la Città di Ghiaccio non esisteva più. Innumerevoli
e audaci furono le imprese delle
truppe alpine italiane nel tentativo di invadere
e catturare questa importante installazione nemica.
Nell'estate del 1917, dopo la costruzione,
da parte degli Italiani, delle gallerie
scavate nella roccia, i due eserciti furono impegnati
in una guerra sotterranea combattuta
a colpi di martelli pneumatici e di mine a seguito
della quale i nostri militari riuscirono a
conquistare in parte le postazioni di Forcella a
V. La lotta vide ripetuti tentativi delle truppe italiane
di occupare la cresta di vetta. Al momento
della ritirata conseguente ai fatti di
Caporetto, le posizioni italiane comprendevano,
oltre a Cresta Seràuta, le quote 3065 e
3135, dominanti la Forcella Seràuta e il fondo
della Forcella a V, mentre un caposaldo austriaco
resisteva sulla spalla della forcella
verso la Marmolada di Ombretta.
Mauro Ferrari
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M M G V S D L M M G V S D L M

6. La città di ghiaccio
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28
M G V S D L M M G V S D L
La Marmolada da Fedaia
(Ph N.M.)
Durante la prima guerra mondiale, italiani e austriaci
si fronteggiarono a lungo, scontrandosi
sanguinosamente al passo della Fedaia, sulle
scure rocce magmatiche della Mèsola e della
Mesolina, sull’alta cresta della Seràuta, sullo
stesso ghiacciaio della Marmolada.
Nel maggio del 1916, su progetto dell’ingegnere
Leo Handl, comandante della compagnia
Bergführer (guide alpine), l’esercito
austro-ungarico iniziò la realizzazione della
“Città di Ghiaccio” (Eisstadt), un’incredibile
rete di gallerie sotto la superficie del ghiacciaio.
Lo scopo era quello di poter sopravvivere
e muoversi al riparo dal fuoco italiano, ma
anche dal freddo e dal maltempo spesso imperversante
a quelle quote. Nella Città di
Ghiaccio, il cui ingresso principale si trovava al
Gran Poz e il cui nucleo più importante era nei
pressi del Sasso delle Dodici, gli austriaci sistemarono
alloggi, magazzini, servizi igienici,
un’infermeria, la centrale di trasformazione
elettrica e quella telefonica. Attraverso oltre
dieci chilometri di gallerie, che per un periodo
furono anche illuminate elettricamente, i soldati
e i portatori raggiungevano le diverse posizioni
sulla montagna. In tal modo, nell’inverno
seguente, gli austriaci riuscirono perfino
a collocare un pezzo d’artiglieria sotto la quota
3259 della cresta sommitale con il quale poterono
colpire le posizioni italiane di Cima Ombretta.
Altre importanti postazioni di artiglieria
e di mitragliatrici erano al Sasso delle Dodici e
al Sasso delle Undici. In quel periodo fu schierato
in Marmolada il 1° Battaglione del 3° Reggimento
Landesschützen Innichen, che presto
meritò il nome di “Bat- taglione Marmolada”. Il
13 dicembre 1916 fu una giornata tristissima
su tutto il fronte alpino, a causa di tante valanghe
che ovunque portarono morte e distruzione.
In Marmolada ebbe a registrarsi
un’immane catastrofe, poiché un’enorme valanga
travolse l’intero distaccamento austroungarico
del Gran Poz, seppellendo più di 300
uomini, fra Landesschützen e portatori bosniaci.
Un’altra valanga quello stesso giorno
danneggiò gravemente le teleferiche italiane
del vallone d’Antermoia, uccidendo nove uomini.
Le gallerie della Città di ghiaccio furono
poi distrutte, nei decenni successivi alla
guerra, dai naturali movimenti delle masse glaciali.
In questi ultimi anni, però, l’assottigliamento
e il progressivo ritiro del ghiacciaio ha
portato alla luce resti di baracche, schegge di
granate, frammenti di reticolati, pezzi di stoffa,
suole di scarponi… commoventi memorie
delle fatiche e delle sofferenze di quanti, in
quegli anni sul ghiacciaio, lottarono disperatamente
per sopravvivere ai rigori dell’alta quota
e alla follia della guerra.
Giuseppe Borziello
F E B B R A I O 2 0 1 1
91