enerpoint news â n. 28 â Estate 2010
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News dal Mondo<br />
USA: Climate Bill presentato al Senato<br />
Presentata la legge per tagliare al<br />
2020 le emissioni Usa del 17%<br />
rispetto al 2005. Molto forti gli sconti<br />
previsti per le energie inquinanti.<br />
L’atteso disegno di legge che dovrebbe portare a una<br />
riduzione delle emissioni degli Usa ‐ il cosiddetto<br />
Climate Bill, ribattezzato American Power Act – è<br />
stato presentato il 12 maggio scorso al Senato al<br />
quale resta adesso la votazione che permetterà agli<br />
Stati Uniti di entrare ufficialmente nel ricco gruppo<br />
delle nazioni attive per ridurre le emissioni.<br />
Il sistema cap‐and‐trade premia consumatori e green<br />
economy, facendo però grandi sconti all'industria<br />
inquinante.<br />
Vediamo brevemente in cosa consiste attraverso<br />
quanto emerge da un’analisi a caldo del National<br />
Resource Defence Council.<br />
A breve termine (2013) gli USA dovranno tagliare la<br />
CO 2 del 4,75% rispetto ai livelli del 2005, mentre<br />
l’obiettivo di ridurre le emissioni per il 2020 rimane<br />
invariato: ‐17% rispetto a quanto rilevato nel 2005.<br />
La riduzione delle emissioni inquinanti dovrà<br />
proseguire anche nelle decadi future secondo<br />
quanto dichiarato: per il 2030 del 42% ed entro il<br />
2080 dell’83%.<br />
Altro punto fermo sarà anche il sistema di scambio<br />
delle emissioni di tipo cap‐and trade che partirà nel<br />
2013 e inizialmente interesserà solo il settore<br />
elettrico e le raffinerie. Avrà inoltre molti<br />
accorgimenti anti‐speculazione.<br />
Dal 2016 questo sistema verrà esteso anche alle<br />
altre industrie inquinanti.<br />
Il Power Act non avrà impatto solo sull’economia<br />
statunitense, ma avrà effetti anche sulla Cina, che<br />
risentirà certamente della prevista tassa sulle<br />
importazioni da Paesi che non prevedono misure<br />
volte a ridurre le emissioni inquinanti. Questa<br />
misura, che proteggerà in primis l’industria<br />
nazionale, sarà affiancata dal forte ricorso ai<br />
meccanismi di compensazione permesso dal capand‐trade<br />
(fino a 2 miliardi di tonnellate di CO 2<br />
all’anno anziché essere ridotte alla fonte potranno<br />
essere compensate con progetti vari) e da “sconti”<br />
vari alle industrie più pesanti premiate per i<br />
miglioramenti dell’efficienza anziché per la riduzione<br />
delle emissioni.<br />
Si tratterà quindi di un sistema di mercato per<br />
ridurre le emissioni creato sul modello europeo, ma<br />
non adeguato a quel che servirebbe per fermare il<br />
riscaldamento del pianeta. Sarà comunque un<br />
piccolo passo avanti carico di compromessi con i<br />
settori forti dell’economia. Ciò appare chiaro se si<br />
tiene conto delle molte concessioni che contiene a<br />
favore di nucleare, carbone, petrolio e biocarburanti.<br />
Tra queste ad esempio, l’uso dei biofuel, considerato<br />
emission‐free dalla nuova legge, e il carbone,<br />
premiato con 2 miliardi di dollari all’anno di<br />
finanziamenti per ridurre le emissioni e sviluppare la<br />
cattura della CO 2 . Estremamente favorevole inoltre il<br />
trattamento riservato all’industria del nucleare che<br />
godrà di fondi di garanzia aggiuntivi, procedure<br />
autorizzative più snelle, possibilità di rifarsi dei costi<br />
di costruzione sugli utenti prima che la centrale sia<br />
pronta, fondi per la ricerca e ‐ per 12 progetti<br />
esistenti ‐ un’assicurazione sul “rischio regolatorio”.<br />
Proprio mentre nel Golfo del Messico il petrolio<br />
continua a scorrere e si sta consumando uno dei più<br />
grandi disastri petroliferi della storia USA, il Climate<br />
Bill proposto darebbe una spinta decisa a nuove<br />
trivellazioni in mare. La sostanza di quanto previsto<br />
in materia dal Power Act infatti è ben lontana da<br />
quel che sembrerebbe leggendo i titoli dei giornali,<br />
che mettono in evidenza la possibilità dei vari Stati di<br />
porre un veto alle trivellazioni a meno di 75 miglia<br />
dalle proprie coste. Da una parte infatti la richiesta<br />
di veto è lunga e macchinosa, dall’altra gli Stati che<br />
ospiteranno nuovi pozzi off‐shore saranno premiati<br />
con un ricco 37,5% dei ricavi fiscali dall’estrazione.<br />
Non ci sarà inoltre alcuna verifica su controlli e<br />
autorizzazioni in seguito al disastro, ma si potrà<br />
procedere come prima con le trivellazioni in<br />
programma, comprese quelle in Alaska<br />
programmate per questa estate.<br />
Ma proprio il sostegno alle trivellazioni rischia di<br />
mettere un freno all’approvazione del Power Act.<br />
Fonte: Qualenergia<br />
<strong>enerpoint</strong> <strong>news</strong> – n. <strong>28</strong> –<strong>Estate</strong> <strong>2010</strong> 14