Una mostra-ricerca - La Biennale di Venezia
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L’esposizione raccoglie numerosi esempi <strong>di</strong> opere ed espressioni figurative che illustrano <strong>di</strong>verse<br />
modalità <strong>di</strong> visualizzare la conoscenza attraverso rappresentazioni <strong>di</strong> concetti astratti e<br />
manifestazioni <strong>di</strong> fenomeni sopranaturali. Nelle sale del Pa<strong>di</strong>glione Centrale i quadri astratti <strong>di</strong><br />
Hilma af Klint, le interpretazioni simboliche dell’universo <strong>di</strong> Augustin Lesage, le <strong>di</strong>vinazioni <strong>di</strong><br />
Aleister Crowley si intrecciano alle opere <strong>di</strong> artisti contemporanei. Ma Il Palazzo Enciclope<strong>di</strong>co non è<br />
una <strong>mostra</strong> sull’occultismo o sull’artista come me<strong>di</strong>um: è una <strong>mostra</strong> in cui attraverso questi<br />
esempi si rende manifesta una con<strong>di</strong>zione che con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo tutti, e cioè quella <strong>di</strong> essere noi stessi<br />
me<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> essere conduttori <strong>di</strong> immagini, <strong>di</strong> essere persino posseduti dalle immagini.<br />
I <strong>di</strong>segni estatici delle comunità Shaker trascrivono messaggi <strong>di</strong>vini, mentre quelli degli sciamani<br />
delle Isole Salomone sono popolati da demoni e <strong>di</strong>vinità in lotta con pescecani e creature marine.<br />
<strong>La</strong> rappresentazione dell’invisibile è uno dei temi centrali della <strong>mostra</strong> e ritorna nelle cosmografie<br />
<strong>di</strong> Guo Fengyi e in quelle <strong>di</strong> Emma Kunz, nelle icone religiose e nelle danze macabre <strong>di</strong> Jean-<br />
Frédéric Schnyder e nel video <strong>di</strong> Artur Żmijewski che filma un gruppo <strong>di</strong> non vedenti che<br />
<strong>di</strong>pingono il mondo a occhi chiusi. L’idea che l’immagine sia un’entità viva, pulsante, dotata <strong>di</strong><br />
poteri magici e capace <strong>di</strong> influenzare, trasformare, persino guarire l’in<strong>di</strong>viduo e l’intero universo<br />
oggi ci appare come una concezione datata, offuscata da superstizioni arcaiche. Eppure come<br />
negare il potere talismanico dell’immagine quando ancora portiamo nei nostri cellulari le<br />
immagini dei nostri cari<br />
Un simile senso <strong>di</strong> stupore cosmico pervade molte altre opere in <strong>mostra</strong>, dai film <strong>di</strong> Melvin Moti<br />
alle riflessioni sulla natura <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent Montaron, fino alle sublimi vedute <strong>di</strong> Thierry De Cor<strong>di</strong>er. Le<br />
piccole ceramiche <strong>di</strong> Ron Nagle, le intricate geometrie floreali <strong>di</strong> Anna Zemánková, le mappe<br />
immaginarie <strong>di</strong> Geta Brătescu e i palinsesti <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> Varda Caivano descrivono un mondo<br />
interiore dove forme naturali e presenze immaginarie si sovrappongono. Queste corrispondenze<br />
segrete tra micro e macrocosmo ritornano nelle figure ieratiche <strong>di</strong> Marisa Merz e in quelle assai più<br />
carnali <strong>di</strong> Maria <strong>La</strong>ssnig: entrambe trasformano autoritratti e corpi in cifre dell’universo.<br />
L’esercizio dell’immaginazione attraverso la scrittura e il <strong>di</strong>segno è uno dei temi ricorrenti<br />
nell’esposizione che, accanto alle opere <strong>di</strong> artisti contemporanei, raccoglie le sperimentazioni<br />
visive <strong>di</strong> alcuni celebri autori del Novecento, dagli esseri inventati da Jorge Luis Borges e illustrati<br />
dall’artista Christiana Soulou, passando per i <strong>di</strong>ari <strong>di</strong> Franz Kafka tradotti in immagini da José<br />
Antonio Suárez Londoño. <strong>La</strong> collezione <strong>di</strong> pietre dello scrittore francese Roger Caillois combina<br />
geologia e misticismo, mentre le lavagne <strong>di</strong>segnate dal pedagogo Rudolf Steiner tracciano<br />
<strong>di</strong>agrammi impazziti che inseguono il desiderio impossibile <strong>di</strong> descrivere e comprendere l’intero<br />
universo.<br />
Il Palazzo Enciclope<strong>di</strong>co è una <strong>mostra</strong> sulle ossessioni e sul potere trasformativo dell’immaginazione.<br />
Artisti assai <strong>di</strong>versi quali Morton Bartlett, James Castle, Peter Fritz e Achilles Rizzoli hanno<br />
passato la vita a progettare mon<strong>di</strong> alternativi. <strong>La</strong> tensione tra interno ed esterno, tra inclusione ed<br />
esclusione è il soggetto <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> opere che indagano il ruolo dell’immaginazione nelle carceri<br />
(Rossella Biscotti) e negli ospedali psichiatrici (Eva Kotátková). Altri spazi <strong>di</strong> reclusione – più o<br />
meno fantastici – sono quelli <strong>di</strong>segnati da Walter Pichler che per tutta la vita ha progettato<br />
abitazioni e case per le sue sculture, quasi fossero creature viventi provenienti da un altro pianeta.<br />
Nei vasti spazi dell’Arsenale – ri<strong>di</strong>segnati per l’occasione - l’esposizione è organizzata secondo<br />
una progressione dalle forme naturali a quelle artificiali, seguendo lo schema tipico delle<br />
wunderkammer cinquecentesche e seicentesche. In questi musei delle origini – non <strong>di</strong>ssimili dal<br />
Palazzo sognato da Auriti – curiosità e meraviglia si mescolavano per comporre nuove immagini<br />
del mondo fondate su affinità elettive e simpatie magiche. Questa scienza combinatoria – basata<br />
sull’organizzazione <strong>di</strong> oggetti e immagini eterogenee – non è poi <strong>di</strong>ssimile dalla cultura dell’iperconnettività<br />
contemporanea.