lontane, ma di- stinte come tre obeli- schi, si ergono le Drei Zinnen ...

sale di quota), ma soprattutto piante erbacee, tra cui spiccano
graminacee e ciperacee. A seconda della loro utilizzazione e
dell’ambiente in cui si sviluppano (pH, T°, tipo di suolo), la composizione
floristica può essere profondamente diversificata.
Tra i più rappresentativi tipi di pascolo si possono ricordare: su
suolo da neutro ad alcalino, il firmeto (dominato da Carex
firma) ed il seslerieto-sempervireto (che prende nome dalle
due specie caratterizzanti: Sesleria varia e Carex sempervirens);
su suolo acido il curvuleto (da Carex curvula).
I pascoli alpini sono diffusi su tutte le più alte montagne europee,
dove rappresentano la vegetazione potenziale di un tipo di
ambiente primitivo in cui specie più esigenti non possono sopravvivere.
Vi sono poi i cosiddetti prati-pascoli, o meglio pascoli secondari,
presenti al di sotto del limite della vegetazione arborea e
legati all’intervento diretto da parte dell’uomo; all’interno di
questa categoria rientrano i pascoli spontanei, dovuti all’effetto
del pascolamento ininterrotto da parte di animali domestici
(ovini, bovini, caprini ed equini) in aree precedentemente
occupate dal bosco, che ha subito tagli più o meno consistenti
(un caso particolare è quello dei pascoli alberati o parchi a larice,
in cui viene mantenuta la componente arborea, rappresentata
dalla sola specie Larix decidua). Tra le varie tecniche
gestionali vi è il pascolo turnato, che obbliga il bestiame a pascolare
all’interno di aree recintate: in tal modo si evita la proliferazione
di specie infestanti, come Deschampsia caespitosa
e Veratrum album, e di altre particolarmente resistenti al calpestamento
(come Nardus stricta), che rubano spazio ed abbassano
il valore nutritivo del pascolo.
Meno diffusi nel paesaggio montano e subalpino sono i pascoli
secondari artificiali, in cui si addotta la semina di una o poche
specie di interesse agro-zootecnico. Si tratta di colture che richiedono
notevoli investimenti (sia per la preparazione del terreno,
che per impedire il ritorno e la diffusione di specie
spontanee locali) e soprattutto una corretta gestione, con avvicendamento
di colture da rinnovo alternate a pascolamento.
Va fatto notare che, mentre l’abbandono dei pascoli primari - di
fatto poco lontani da una condizione di naturalità - porta al ristabilirsi
delle praterie d’alta quota originarie, l’abbandono dei
pascoli secondari determina un notevole degrado paesaggistico
ed ambientale, dovuto alle dinamiche naturali che portano
alla progressiva diffusione di piante a portamento
arbustivo ed arboreo, fino alla graduale ricomparsa della vegetazione
forestale (stadio evolutivo finale della successione).
Spesso capita di vedere pascoli ormai abbandonati invasi da
arbusti (Alnus viridis, Juniperus nana, Rhododendron sp., Pinus
mugo) frammisti a giovani piante di abete, larice o cembro.
Nel piano montano inferiore tendono a propagarsi i cespuglieti
(Rosa canina, Crataegus monogyna, Berberis vulgaris, Viburnum
lantana, Genista radiata, Prunus spinosa, Corylus avellana)
e le felci (Pteridium aquilinum); a quote maggiori, le prime
Rifugio Zsigmondy-Comici
e Cima Undici
(Ph D.B.)
a fianco:
Le Tre Cime dai Monti di Rudo
(Ph A.F.)
Dolomiti di Sesto
(Ph M.S.)
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