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testa. Uno dei nigeriani, il più grosso, cont<strong>in</strong>ua a fare la spola tra<br />

la moto e il pulm<strong>in</strong>o. Parla con gli altri due, vanno davanti al fanale<br />

giallo acceso, contano qualche banconota, poi il grosso riparte.<br />

«Ladri! Ladri!» imprecano i due nigeriani, metà <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese, metà<br />

<strong>in</strong> francese. Nella foga delle imprecazioni douanier e customer,<br />

car e voiture si mischiano rapidamente.<br />

«Prima che arrivassimo noi, qui una radio costava 25.000 CFA,<br />

adesso, grazie a noi, potrebbe costare 5000, ma questi ti prendono<br />

tutti i soldi per strada!»<br />

Discuto un po’ con loro, dandogli ragione. Quella gente è pagata<br />

dallo Stato, con i soldi dei cittad<strong>in</strong>i, e ruba soldi a quegli stessi<br />

cittad<strong>in</strong>i.<br />

I bagagli vengono ricaricati a fatica e si riparte. La prima luce<br />

sembra una macchia di latte nel tè. Sporca, grigia, lenta. La strada<br />

piano piano riprende i suoi contorni persi nel buio della notte. La<br />

campagna è secca, arida. La pioggia è <strong>in</strong> ritardo e le macchie rossastre<br />

tra le piante segnano l’<strong>in</strong>gresso nel Sahel.<br />

Un punt<strong>in</strong>o nero corre come un matto nella piana arida. Kaboré<br />

rallenta e il bamb<strong>in</strong>o raggiunge la strada con il fiatone, mentre il<br />

sudore gli cola sulle narici. Si avvic<strong>in</strong>a al f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o e parla <strong>in</strong><br />

môré con l’autista, prendendo fiato a ogni frase. Nel pulm<strong>in</strong>o<br />

stanno tutti <strong>in</strong> silenzio. Kaboré prende dalla tasca 200 CFA e li dà<br />

al bamb<strong>in</strong>o, poi <strong>in</strong>grana la marcia.<br />

«È il mio figlio più piccolo», dice. «È qui perché va alla scuola<br />

coranica.» Lontano, la macchiol<strong>in</strong>a nera riattraversa la piana senza<br />

correre, <strong>in</strong> direzione di un piccolo villaggio grigio.<br />

Il motore com<strong>in</strong>cia a strappare e a s<strong>in</strong>ghiozzare. Si smonta il filtro<br />

pieno di polvere rossa. Tutti si sdraiano abbattuti dalla stanchezza.<br />

Forse, sono troppe ore anche per loro. Il peul si allontana<br />

nella brousse e prega. Il vieu cade addormentato sull’asfalto. Distrutto.<br />

Sono diciotto ore che siamo partiti. Si riparte, piano piano.<br />

Dal f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o scorrono lenti i villaggi dei contad<strong>in</strong>i mossi. Piccoli<br />

rec<strong>in</strong>ti con i granai di paglia, sospesi. Forme arrotondate, come di-<br />

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