L'Arte degli Orefici - Camera di Commercio di Cremona
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Esemplare della raccolta <strong>di</strong> 30 grida dell’abate e dei consoli dell’Università <strong>degli</strong> <strong>Orefici</strong>,<br />
per la determinazione della qualità e prezzo dell’oro e dell’argento,<br />
1643 - 1680, Archivio Storico <strong>Camera</strong>le <strong>di</strong> <strong>Cremona</strong><br />
E’ noto che l’oro e l’argento per essere lavorati necessitano della fusione con un altro metallo non prezioso<br />
(solitamente il rame) e si definiva “bontà” (oggi si parla <strong>di</strong> ‘titolo’) la quantità <strong>di</strong> oro o argento contenuto<br />
in un dato oggetto: la percentuale <strong>di</strong> “fino” presente nella fusione, era stabilita e controllata dalla<br />
Corporazione.<br />
Il metodo <strong>di</strong> controllo usato a <strong>Cremona</strong> era quello della “tocha”: sia l’oggetto da controllare che un pezzo<br />
d’oro o argento della lega stabilita dall’Arte (“tocha”) venivano strofinati sulla cosiddetta ‘pietra <strong>di</strong><br />
paragone’ (<strong>di</strong>aspro nero schistoso): se i due segni collimavano si aveva la certezza che la “bontà” dell’oggetto<br />
verificato non era inferiore a quella stabilita. In caso <strong>di</strong> dubbio si bagnava la traccia con una<br />
goccia d’acido e il risultato era considerato definitivo.