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dario ferragina - hagakure

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narli vuol dire promettere a loro e ai loro genitori grandi cose; vuol dire prenderli da<br />

piccoli e fargli capire che i ragazzi devono puntare tutto sul calcio: adularli, riempirli<br />

di lodi, incoraggiarli, dare denaro alla famiglia perché cambino città e si trasferiscano<br />

dove sta la squadra che vorrà farli diventare un valore economico. Insomma, perché<br />

io mi goda il Mondiale migliore con i giocatori migliori, è necessario che nei quindici<br />

anni precedenti una serie di ragazzini di varia estrazione sociale e di ogni nazionalità<br />

vengano resi monodimensionali nella stagione più potenziale e varia della loro vita,<br />

la prima adolescenza, vengano fatti concentrare, in serie, su un solo compito, diventino<br />

monocolture umane. Come gli hibernaderos per colture intensive dell’Andalusia,<br />

serre che tappezzano e distruggono la terra desertica andalusa, impedendone lo<br />

sviluppo naturale.<br />

La fanteria sbarca in massa di fronte alle coste del successo, la strategia è mandarli<br />

tutti allo sbaraglio e vederli cadere quasi tutti, crivellati di occasioni mancate<br />

prima che riescano ad approdare sulla spiaggia. Quelli che passano diventano eroi,<br />

gli altri diventano niente.<br />

Il sogno di Vincenzo Sarno di diventare un campione (lacrimuccia dello spettatore,<br />

spettatore dai fammi godere con la lacrimuccia), il sogno anche di regalare la<br />

sicurezza economica ai genitori e alla famiglia, è una delle grandi batterie di energia<br />

psichica che alimentano la selezione delle risorse impiegate nel mio intrattenimento.<br />

Per ogni canale di Sky c’è una serie di famiglie che si sbattono e fanno sacrifici per<br />

i figli e sacrificano i figli perché io possa guardarli fare quel che sanno fare mentre<br />

mangio merendine con i piedi sul tavolo in preda a ineffabili e misteriosi attacchi di<br />

fame.<br />

Questo meccanismo può essere considerato un fatto della vita. E io dovrei accettare<br />

che i soldi della mia famiglia servono a tenere in movimento l’economia di<br />

mercato, che nel mio piccolo non ho mai fatto niente per rovesciare, magari iscrivendomi<br />

al partito marxista leninista. Ciò non vuol dire che io abbia il diritto di usare<br />

la storia di uno sfigato per dare un tocco di sensibilità neorealista alla mia scrittura<br />

(la complicata epopea del campioncino meridionale che tenta e ritenta la fortuna al<br />

nord: Piccolo Calcio Paradiso: l’inferno).<br />

La seconda<br />

Anche perché, come dicevo, rimasto solo a contemplare l’oggetto del mio pezzo,<br />

ho scoperto di avere delle opinioni su di lui. Delle opinioni classiste. Mi scoccia ammetterlo;<br />

ho riscritto questo pezzo molte più volte di quanto non meritasse, perché<br />

mi scoccia ammetterlo; però ho la sensazione che potrò arrivare in fondo a questo<br />

pezzo su commissione solamente se riuscirò a far capire quanto l’incontro con un<br />

non-borghese mi abbia scandalizzato. Per non-borghese non si intende il simpatico<br />

membro del quarto stato che avanza derelitto verso il pennello di Pellizza da Volpedo.<br />

Per non-borghese si intende un nativo della democrazia televisiva italiana, che non<br />

sa fare un discorso se non gli si fanno cento domande; che per lavoro si allena tre ore<br />

al giorno e il resto del tempo lo passa giocando alla Playstation e a poker; che non è<br />

in grado di fare un discorso coerente; che si contraddice sostenendo una cosa e poi<br />

un’altra senza rendersene conto nel giro di cinque minuti…<br />

È una persona che ha lasciato la scuola presto, e che per un grande e inequivocabile<br />

talento è stato costretto a cercare il successo fin da bambino e per una serie di<br />

sfortune non l’ha trovato. Sta di fatto che è una persona che non mi piace, che oscilla<br />

tra il costringermi a una paternalistica pietà che mi fa schifo provare, e una altrettanto<br />

paternalistica disapprovazione morale, intellettuale, emotiva.<br />

Pensare queste cose è orribile, piazza sulla mappa della mia interiorità due colonne<br />

d’Ercole che temo di non poter attraversare. Sarebbe ancora più orribile far finta<br />

di non averlo pensato.<br />

Dio c’è.<br />

Mentre finivo di scrivere il paragrafo qui sopra, il mio netbook portatile HP ha<br />

aperto una finestra nera con su scritto:<br />

HP support assistant<br />

È in corso un’analisi dell’integrità.<br />

Tentazioni<br />

Cosa dovrei fare? Il mio spirito borghese ottimista, sublimatore, costruttivo, mi<br />

presenta alcune tentazioni intellettuali: scorciatoie per fare di questo pezzo una cosa<br />

interessante. A difendermi un poco da queste tentazioni sta solo la distanza che separa<br />

me e Vincenzo Sarno: sta lo sconcerto di fronte a un cortocircuito, lo stesso tipo<br />

di cortocircuito di un mio amico scrittore che facendo alcune ricerche sull’industria<br />

della carne ha scoperto come veniva trattata e da allora non è più riuscito a mangiarne:<br />

non per una decisione ma per un disgusto fisico. Provo lo stesso disgusto fisico<br />

per me stesso di fronte alla scoperta di quanto mi è estranea e indigesta la forza lavoro<br />

del mio svago preferito: il calcio.<br />

Tentazione: l’empatia.<br />

Per colmare le imbarazzanti distanze di classe, la strada più facile è quella del sentimento<br />

e la prima tentazione cui sono esposto è buttarla sull’empatia: una vocina<br />

dentro di me mi invita sinistramente a considerare la nostra comune umanità.<br />

Vediamo come funziona questo genere di scorciatoia morale.<br />

A un certo punto della chiacchierata ( = intervista), “Vincenzo” mi racconta di<br />

una brutta cosa che gli è capitata ultimamente, diciamo pure una tragedia, e io mi<br />

trovo a fare la somma delle cose che gli sono successe, dell’ordine in cui gli sono<br />

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