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dario ferragina - hagakure

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ADAM DIAKITÉ<br />

di Fabio Guarnaccia<br />

La prima cosa che devi sapere se vuoi scrivere di me è che io sono un tipo a posto.<br />

Io non uso la retorica e non permetto a nessuno di usarla al posto mio.<br />

Io non gioco a calcio per scappare dal mio povero paese africano con i bambini<br />

gonfi e le mosche che gli fanno intorno la giostra. Nel mio paese non c’è la guerra.<br />

Nel mio paese c’è il caffé. Nella Repubblica di Côte d’Ivoire io ci stavo bene, ci sono<br />

i miei nonni e un sacco di zii e cugini e amici. A me non interessa niente di diventare<br />

un ambasciatore di pace e neppure voglio fare il politico come George Weah, a me<br />

interessa solo giocare a calcio. Non mi tirare dentro queste storie perché non sono la<br />

mia. Ti ho avvisato. Io non sono un cane che viene dall’inferno.<br />

Sono venuto in Italia che avevo otto anni. Non vedevo mio padre da cinque, vivevo<br />

con i nonni materni. Mio papà era a Perugia e faceva l’operaio in una ditta di componenti<br />

elettronici. Lo sentivo tutte le settimane per telefono. Mio nonno è giovane,<br />

ha compiuto da poco sessantadue anni e mia nonna è ancora più giovane di lui. Se la<br />

cavano bene, sono forti. Mio nonno si chiama Bakayoko Moussa ed è proprietario di<br />

una scuola dove si studia dalle elementari fino alle superiori. Della GSA Mat School,<br />

il nonno è anche il preside. Mia nonna lavora con lui in segreteria. E insieme gestiscono<br />

pure un albergo. Non ce la passavamo male. Ricchi no, però benestanti. Non<br />

ti saprei dire perché mio padre è venuto in Italia invece di lavorare con il nonno. Io<br />

ho studiato alla GSA con loro. Parlo il francese e l’inglese. L’italiano l’ho imparato in<br />

Italia. No, non l’ho studiato prima. Strano? E perché strano? Non ci pensavo neanche<br />

a venire in Italia, sto dicendo che non pensavo al mio futuro. Non passavo il tempo a<br />

fare sogni. Vivevo tutto nel presente, esisteva la mattina e il pomeriggio poi veniva la<br />

sera e la notte. E io ero sempre lì. Non pensavo nemmeno di fare il calciatore.<br />

E insomma, l’anno prima della mia partenza mio padre è tornato in Côte d’Ivoire<br />

e ha sposato mia madre. No. Non erano sposati. Eravamo in due. Io e mia sorella. Lei<br />

è più piccola di me. Così abbiamo partecipato al loro matrimonio. È stata una bella<br />

festa, una cosa che non dimenticherò mai. Poi sono partiti con mia sorella e io sono<br />

rimasto con i nonni. Li ho raggiunti l’anno dopo. Non ho attraversato l’Africa a piedi,<br />

non ho camminato sotto il sole del deserto, non ho rischiato di morire di sete né di<br />

venire trucidato dai signori della guerra. Non ho mai visto un leone. Sono salito sull’aereo<br />

con un visto regolare e sono atterrato a Roma. Adesso sto bene, ma mi manca<br />

la mia famiglia. Qui ho solo i genitori, mia sorella e i miei due fratellini nati in Italia.<br />

In Côte d’Ivoire famiglia vuol dire molto di più. Si vive tutti insieme e ci si prende<br />

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