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In stampa sulla rivista Telèma Nuove tecnologie e scuola ... - Virgilio

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<strong>In</strong> <strong>stampa</strong> <strong>sulla</strong> <strong>rivista</strong> Telèma<br />

<strong>Nuove</strong> <strong>tecnologie</strong> e <strong>scuola</strong>: distruzione e ricostruzione<br />

Domenico Parisi<br />

Istituto di Psicologia<br />

Consiglio Nazionale delle Ricerche<br />

parisi@ip.rm.cnr.it<br />

La <strong>scuola</strong> nel tunnel<br />

La <strong>scuola</strong> e’ entrata in un tunnel oscuro. Il viaggio dentro al tunnel sara’ lungo, anche se alla fine, come in tutte le cose,<br />

tornera’ la luce. Ma per allora la <strong>scuola</strong> dovra’ essere molto cambiata.<br />

Che la <strong>scuola</strong> sia in un tunnel lo sanno per primi gli insegnanti. Gli insegnanti oggi, semplicemente, non sanno che cosa<br />

insegnare ai ragazzi e non sanno come insegnarglielo. <strong>In</strong> passato era chiaro che cosa la <strong>scuola</strong> doveva insegnare e come<br />

doveva insegnarlo. La <strong>scuola</strong> doveva insegnare tre cose: i grandi prodotti dello spirito umano (letteratura, arte,<br />

filosofia), la conoscenza accumulata dalla scienza <strong>sulla</strong> natura, la storia delle societa’ umane del passato. Anche come<br />

insegnare queste cose era chiaro. Bisognava insegnarle usando il linguaggio, quello orale delle lezioni dell’insegnante e<br />

quello scritto dei libri. Oggi non e’ piu’ cosi’. Oggi non e’ piu’ chiaro che cosa l’insegnante deve insegnare ai ragazzi e<br />

come deve insegnarlo. La ragione e’ che la societa’ e’ molto cambiata mentre la <strong>scuola</strong> no, e quindi si e’ creata una<br />

disarmonia tra la <strong>scuola</strong> e la societa’. I cambiamenti piu’ importanti sono due: la cultura di massa e’ diventata la cultura<br />

egemone nella societa’ e c’e’ stato l’impetuoso sviluppo di nuove <strong>tecnologie</strong> dell’informazione e della comunicazione.<br />

La <strong>scuola</strong> non mai fatto i conti - i conti in positivo, costruttivamente, profondamente, non in negativo e con irritazione<br />

come ovviamente e' costretta a fare tutti i giorni - con il fatto che oggi essa esiste in una societa’ in cui la cultura<br />

egemone e' la cultura di massa, e non piu’ in una societa' come era la societa' di ieri, in cui la cultura egemone era quella<br />

di elite. La <strong>scuola</strong> tradizionalmente trasmette la cultura di elite, ma questo funzionava quando la cultura di elite era<br />

quella egemone nella societa’. Oggi non e’ piu’ cosi’.<br />

La cultura di elite e’ linguaggio-centrica mentre la cultura di massa da’ molto spazio alla comunicazione visiva e<br />

comunque non linguistica. La <strong>scuola</strong> si e’ sviluppata storicamente in una societa’ in cui la cultura egemone era la<br />

cultura di elite e percio’ e’ anch’essa linguaggio-centrica e non ha mai saputo incorporare nella sua didattica e nella sua<br />

organizzazione i canali di comunicazione e di apprendimento diversi da quello linguistico.<br />

La disarmonia della <strong>scuola</strong> nei riguardi della societa' e’ sentita in primo luogo dai ragazzi, ed e’ naturale che sia cosi’<br />

perche’ i ragazzi vivono nella societa’ del presente, e si preparano a vivere nella societa’ del futuro, mentre la <strong>scuola</strong> li<br />

prepara a una societa’ che non c’e’ piu’. Percio’ la prima ragione per cui gli insegnanti non sanno piu’ cosa insegnare e<br />

come insegnarlo e’ che, semplicemente, i ragazzi non si fanno piu’ insegnare i contenuti tradizionali della <strong>scuola</strong> e non<br />

accettano piu’ che il canale esclusivo dell’insegnamento sia il linguaggio verbale.


L’altra ragione per cui la <strong>scuola</strong> e’ entrata in un tunnel sono le nuove <strong>tecnologie</strong>, il computer, <strong>In</strong>ternet, la<br />

multimedialita’, l’interattivita’. Oggi le nuove <strong>tecnologie</strong> un po’ alla volta si vanno facendo strada nella <strong>scuola</strong>, sotto la<br />

pressione sociale e anche per l’azione di chi governa la <strong>scuola</strong>. (Si veda il programma di introduzione delle <strong>tecnologie</strong><br />

nella <strong>scuola</strong> attuato dal nostro Ministero della Pubblica Istruzione.) Ma le nuove <strong>tecnologie</strong> hanno per il momento<br />

soltanto un effetto destrutturante <strong>sulla</strong> <strong>scuola</strong>, distruggono la vecchia <strong>scuola</strong> sgretolandone l’organizzazione, la cultura, i<br />

contenuti e gli obbiettivi educativi, ma ancora non sono in grado di costruire una <strong>scuola</strong> nuova, cioe’ di indicare con un<br />

minimo di chiarezza quali dovranno essere i nuovi contenuti dell’insegnamento e i nuovi modi di insegnarli.<br />

<strong>In</strong>ternet e’ allo stato attuale un mezzo di informazione e di comunicazione abbastanza caotico di suo. <strong>In</strong> piu’ e' poco<br />

chiaro come inserire <strong>In</strong>ternet nelle normali attivita' scolastiche. <strong>In</strong>ternet contiene di tutto, cose buone e cattive,<br />

attendibili e non, rilevanti e non, ed e’ un contenitore attivo, dinamico, sempre cangiante di informazioni, aperto ai<br />

contributi di chiunque, non un contenitore consolidato, permanente e aperto solo a chi e' accreditato, come sono invece i<br />

libri e le biblioteche a cui siamo abituati. Come si fa a inserire una macchina di informazioni di questo genere nella<br />

<strong>scuola</strong>? La soluzione che puo’ venire in mente e' che l'insegnant filtri <strong>In</strong>ternet ai ragazzi. Ma questa soluzione non puo’<br />

funzionare perche' non e' nello spirito di <strong>In</strong>ternet. Chi usa <strong>In</strong>ternet deve essere il suo utente diretto, seduto davanti al<br />

computer e libero di navigare.<br />

L’altra grande novita’ delle nuove <strong>tecnologie</strong> dal punto di vista della <strong>scuola</strong> e’ l’accoppiata immagini piu’ interattivita’,<br />

di cui le nuove <strong>tecnologie</strong> ci fanno intravedere le enormi potenzialita’ educative. Le immagini unite all’interattivita’<br />

possono essere decisive per far nascere una <strong>scuola</strong> migliore di quella tradizionale in cui il linguaggio era tutto. Ma<br />

ancora non sappiamo veramente come usare le immagini e l’interattivita’ in modo che le loro potenzialita’ si traducano<br />

in risultati.<br />

Piu’ in generale quello che non sappiamo e’ come deve essere la "classe del futuro". Quando oggi si entra in una classe<br />

scolastica, la scena che si ha di fronte e’ ancora quella scolpita sette secoli fa <strong>sulla</strong> tomba di Cino da Pistoia nella<br />

Cattedrale di Pistoia. Cino, il grande umanista, poeta, giurista e maestro del Trecento, e’ dietro un banco piu’ alto e<br />

parla. Davanti ci sono i banchi degli allievi che stanno seduti e ascoltano. Le nuove <strong>tecnologie</strong> richiedono che questa<br />

scena cambi. Ma come deve cambiare non e’ chiaro. Alla domanda su come deve essere la "classe del futuro" e' stato<br />

dedicato nello scorso novembre un convegno all'Universita' di Berkeley. Le domande erano: Come deve essere disposta<br />

fisicamente la classe del futuro? Dove debbono stare i computer, gli schermi, i comandi, le altre attrezzature legate alle<br />

nuove <strong>tecnologie</strong>? Cosa ne deve essere delle classi in quanto insieme stabili di ragazzi, degli orari delle lezioni, delle<br />

valutazioni del profitto? Quale deve essere la “condotta” dei ragazzi nella classe del futuro? E cosa debbono fare gli<br />

insegnanti? <strong>In</strong> che cosa deve consistere la loro professionalita’? Come debbono usare il loro tempo di lavoro?<br />

Come si vede, le nuove <strong>tecnologie</strong> pongono molte domande fondamentali per le quali ancora non abbiamo le risposte.<br />

Percio’ le nuove <strong>tecnologie</strong> oggi nella <strong>scuola</strong> destabilizzano e distruggono ma ancora non ricostruiscono. L’opera di<br />

ricostruzione e' difficile. La cultura del “mondo della <strong>scuola</strong>”, un mondo che comprende gli insegnanti, le<br />

amministrazioni locali e quella centrale della <strong>scuola</strong>, l'universita' in quanto si occupa della <strong>scuola</strong>, le associazioni, le<br />

istituzioni e gli enti che si occupano di <strong>scuola</strong>, e' nel suo complesso lontana mille miglia dalle nuove <strong>tecnologie</strong>. C'e'<br />

uno spazio vuoto tra il mondo della <strong>scuola</strong> e il mondo delle <strong>tecnologie</strong>, un vuoto che e' parte del vuoto piu' grande che<br />

oggi, forse soprattutto in Italia, si sta creando tra due categorie di persone: da un lato le persone "colte" che hanno fatto


uoni studi, conoscono il passato, sono legati alla cultura di elite che era egemonica nella societa' precedente a quella<br />

attuale di massa, ma hanno poca familiarita' con le <strong>tecnologie</strong> e cercano di stare alla larga dalla cultura di massa oggi<br />

egemonica, e dall'altro le persone che conoscono le <strong>tecnologie</strong> e contribuiscono al suo sviluppo, sono per molti aspetti<br />

(anche se non per tutti) vicini alla cultura di massa, ma conoscono poco il passato e la grande cultura di elite del<br />

passato. Un problema fondamentale da risolvere, se vogliamo ricostruire non solo la <strong>scuola</strong> ma anche la societa’, e’<br />

quello di riempire questo vuoto.<br />

Per riarmonizzarsi con la societa’ la <strong>scuola</strong> deve cambiare, e deve cambiare molto profondamente, molto piu'<br />

profondamente di quanto sia disposta a fare e di quanto le consenta anche solo di immaginare la sua cultura, quella che<br />

abbiamo chiamato la cultura del “mondo della <strong>scuola</strong>”. E' vero che la <strong>scuola</strong> oggi e' spesso caricata di problemi che<br />

invece dovrebbe essere la societa' a risolvere, come ad esempio il comportamento “indisciplinato” dei ragazzi a <strong>scuola</strong>.<br />

Ma se questo problema non puo’ essere risolto con il "7 in condotta", e' anche vero che i ragazzi si comportano male a<br />

<strong>scuola</strong> perche' la <strong>scuola</strong> offre loro qualcosa che loro sentono che non funziona piu’.<br />

Proviamo allora a fare due proposte, una su come la nuova <strong>scuola</strong> dovra’ insegnare e l’altra su cosa dovra’ insegnare.<br />

Come dovra’ insegnare la nuova <strong>scuola</strong>: le simulazioni<br />

Una delle ragioni per cui la <strong>scuola</strong> e’ in tunnel e’ che essa insegna solo attraverso il linguaggio, mentre il linguaggio<br />

come unico canale di apprendimento ha dei limiti seri in una <strong>scuola</strong> di massa e inoltre la societa’ fuori della <strong>scuola</strong> e’<br />

piena di <strong>tecnologie</strong> che non usano il linguaggio ma usano le immagini e l’interattivita’. Per uscire dal tunnel la <strong>scuola</strong><br />

deve saper usare le immagini e l’interattivita’ come nuovi canali di apprendimento. Il problema e’ come.<br />

Una caratteristica fondamentale delle nuove <strong>tecnologie</strong> e’ l’interattivita’. E in effetti oggi non si fa che parlare di<br />

interattivita’. Ma esistono vari tipi di interattivita’ che e’ necessario tenere distinte.<br />

Una interattivita’ e’ l’interattivita’ di navigazione, quella che caratterizza gli ipertesti e <strong>In</strong>ternet. L’utente e’ libero di<br />

scegliere quello che vede o legge o ascolta nel momento successivo. Questa interattivita’ non e’ molto diversa da quella<br />

dello zapping televisivo. Un’altra interattivita’ e’ l’interattivita’ sociale, resa possibile da <strong>In</strong>ternet. Si interagisce con<br />

altre persone a distanza. Questa interattivita’ non e’ molto diversa da quella della posta e del telefono, e’ solo<br />

enormemente piu’ sviluppata in quanto puo’ essere sincrona, asincrona, per immagini, a molti utenti<br />

contemporaneamente, con la possibilita’ di accedere mentre si comunica a informazioni di ogni tipo, e cosi’ via. Un<br />

terzo tipo di interattivita’ e’ l’interattivita’ della realta’ virtuale. Sullo schermo si vede qualcosa e questo qualcosa<br />

cambia con i nostri movimenti in modo simile a come cambia quello che vediamo quando giriamo gli occhi o la testa o<br />

quando camminiamo o agiamo sugli oggetti fisici intorno a noi.<br />

Ma l’interattivita’ che ha il potenziale di modificare piu’ profondamente il modo di apprendere e’ un quarto tipo di<br />

interattivita’, l’interattivita’ delle simulazioni. Una simulazione e’ un modello interpretativo di determinati fenomeni o<br />

aspetti della realta’, espresso non piu’, come avveniva fino ad oggi, con le parole o con le formule matematiche ma<br />

come programma di computer (Parisi, 2001). Come tutti i modelli interpretativi una simulazione cerca di identificare le<br />

cause, i meccanismi e i processi che stanno dietro ai fenomeni e li spiegano. Quando “gira” nel computer la simulazione


ci fa vedere sullo schermo del computer i fenomeni che il modello vuole spiegare, ma questo non basta. Una<br />

simulazione e’ anche un laboratorio sperimentale virtuale in cui, come nel laboratorio sperimentale reale, l’utente puo’<br />

osservare le cose in modo controllato e misurabile e puo’ modificare le condizioni e le variabili che determinano i<br />

fenomeni osservando le conseguenze delle sue azioni. E’ per questo che le simulazioni hanno grandi potenzialita’<br />

educative e divulgative. Permettono di capire nello stesso modo in cui gli esperimenti reali permettono allo scienziato di<br />

capire. Con in piu’ il vantaggio che gli esperimenti reali (o i laboratori didattici “fisici”) non possono che essere ristretti<br />

che ad alcuni fenomeni limitati della realta’ mentre tutta la realta’ puo’ essere simulata.<br />

Se l’apprendimento avviene non piu’ soltanto attraverso il linguaggio ma anche interagendo con delle simulazioni, e’<br />

possibile superare i limiti del linguaggio come canale unico di apprendimento in una <strong>scuola</strong> di massa (Parisi, 1998;<br />

2000). Con le simulazioni si apprende dall’esperienza, cioe’ vedendo le cose e agendo su di esse, anche se si tratta di<br />

una esperienza simulata. L’apprendimento puo’ diventare meno mnemonico e piu’ basato <strong>sulla</strong> comprensione, essendo<br />

dovuto a una “costruzione” del sapere invece che a una semplice “istruzione”, come hanno predicato inutilmente per<br />

l’intero Novecento i migliori pedagogisti e psicologi, puo’ essere meno condizionato dalle capacita’ linguistiche<br />

possedute da chi impara, puo’ fare appello a altre capacita’ di chi impara, capacita’ di capire e intuire vedendo,<br />

capacita’ di agire e di fare attenzione a quello che succede come conseguenza delle proprie azioni, imparando da queste<br />

conseguenze, capacita’ di avventurarsi e di risolvere problemi, e puo’ diventare piu’ motivante, anche sotto forma di<br />

gioco, di avventura o di gara, specie per ragazzi che vivono in una societa’ piena di immagini e, crescentemente, di<br />

interattivita’. (Le simulazioni somigliano ad alcuni videogiochi. Sui videogiochi come strumenti di apprendimento si<br />

veda Antinucci, 1999.)<br />

Le simulazioni sono necessariamente non linguistiche ma questo non significa che le simulazioni e il linguaggio verbale<br />

siano necessariamente in competizione tra loro. Non si tratta di un gioco “a somma zero”, come dicono gli economisti,<br />

in cui uno vince e l’altro necessariamente perde. Il linguaggio e le simulazioni possono cooperare e rafforzarsi a<br />

vicenda. Le simulazioni non sono fatte necessariamente perche’ l’utente, lo studente, stia seduto da solo davanti allo<br />

schermo del computer, osservi muto quello che succede e agisca sui comandi per modificare quello che vede. Una<br />

simulazione puo’ essere usata insieme da piu’ ragazzi, i quali parlano tra loro, commentano quello che succede nella<br />

simulazione, cercano di spiegarselo e spiegarlo agli altri. E come i videogiochi moltiutente in <strong>In</strong>ternet, le simulazioni<br />

possono essere un ambiente comune di apprendimento in cui si interagisce a distanza. Ma soprattutto una simulazione<br />

puo’ essere usata dai ragazzi insieme a un insegnante, il quale o la quale ha il compito di introdurre il linguaggio<br />

appropriato alle cose simulate.<br />

<strong>In</strong> quarta elementare i bambini cominciano a studiare la storia medievale e sentono per la prima volta parole come<br />

“valvassori” e “valvassini”. Oggi, disponendo del solo linguaggio come canale di insegnamento/apprendimento, parole<br />

come “valvassore” e “valvassino” non possono che restare misteriose, senza vero significato per i bambini, presto<br />

dimenticate, capaci di produrre solo un apprendimento mnemonico, semplicemente perche’ sono parole non<br />

accompagnate da nessuna esperienza concreta per i bambini. Ma immaginiamo che i bambini incontrino queste parole<br />

nel contesto di una simulazione che riproduce alcuni aspetti dell’organizzazione politica, sociale e economica delle<br />

societa’ medievali. I bambini vedono sullo schermo del computer immagini, icone, animazioni che illustrano le diverse<br />

entita’ e variabili in gioco in una societa’ medievale, i diversi ruoli sociali e politici degli individui, le condizioni che<br />

fanno si’ che un particolare individuo venga a ricoprire un particolare ruolo, il contenuto di ogni ruolo, cioe’ la sua sfera


di azione, le conseguenze di esercitare il ruolo, e cosi’ via. La simulazione incorpora ipotesi sui meccanismi e i processi<br />

sottostanti ai fenomeni, e percio’ i bambini possono agire sulle cause, le condizioni, i parametri della simulazione, e<br />

osservare cosa succede.<br />

E’ in questo contesto che l’insegnante introduce parole come “valvassori” e “valvassini” e che descrive e spiega il<br />

significato di questi concetti. Ed e’ in questo contesto che ci si puo’ aspettare che i bambini possano veramente capire<br />

queste strane parole e acquistino la capacita’ di usarle in discorsi e non solo come avviene oggi, se va bene, di ricordarle<br />

a memoria. Nello stesso tempo ci si puo’ aspettare che con l’aiuto del linguaggio introdotto dall’insegnante quello che i<br />

bambini vedono sullo schermo del computer, la simulazione, divenga qualcosa di articolato nella loro mente, un insieme<br />

di elementi ben definiti collegati tra loro da una varieta’ di relazioni, su cui il bambino sa operare con l’astrattezza e la<br />

capacita’ di ricombinazione tipica del linguaggio e del pensiero verbale. Qui c’e’ sinergia tra linguaggio e immagini<br />

piu’ interattivita’, con risultati educativi che potrebbero essere molto interessanti. E questo non deve sorprendere<br />

perche’ in questo modo, semplicemente, sono state per la prima volta ricreate a <strong>scuola</strong> le condizioni naturali in cui i<br />

bambini piccoli, all’inizio della loro vita, imparano a parlare, sentendo e usando parole non nel vuoto (come avviene<br />

oggi a <strong>scuola</strong>) ma nel contesto della loro esperienza. <strong>In</strong> questo modo il nuovo linguaggio appreso puo’ essere non<br />

semplicemente l’aggiunta di qualche nuova parola mal capita al vocabolario del bambino, ma puo’ influenzare il modo<br />

in cui funziona la sua mente.<br />

Le simulazioni possono essere costruite per qualunque tipo di fenomeno, fenomeni fisici, chimici, biologici,<br />

comportamentali, sociali, storici. Quindi possono riguardare un po’ tutte le materie e tutti i contenuti scolastici. La<br />

<strong>scuola</strong> oggi, e la societa’ se e’ interessata alla sua <strong>scuola</strong>, devono investire nelle simulazioni come strumenti di<br />

apprendimento.<br />

Cosa deve insegnare la nuova <strong>scuola</strong>: Perche' l'Occidente ha vinto<br />

Una delle ragioni per cui la <strong>scuola</strong> e’ in un tunnel e’ che la <strong>scuola</strong> non insegna come e’ fatta e come funziona la societa’<br />

in cui viviamo. <strong>In</strong> passato questo non era un problema perche’ il presente era abbastanza simile al passato, e la <strong>scuola</strong> da<br />

sempre insegna il passato. Oggi non e’ piu’ cosi’. La societa’ cambia rapidamente e insegnare le societa’ del passato<br />

puo’ non servire piu’ di tanto a capire la societa’ di oggi, peraltro diventata piu’ complessa e incomprensibile. Percio’ se<br />

la <strong>scuola</strong> deve uscire dal tunnel deve porsi come suo obbiettivo esplicito quello di dare ai ragazzi gli strumenti per<br />

capire la societa’ in cui vivono, per analizzarla, per rifletterci sopra, per immaginare come cambiera’.<br />

Le societa’ umane hanno una natura intrinsecamente storica, e questo significa che per capire come e’ fatta e come<br />

funziona la societa’ in cui viviamo e’ indispensabile capire come ci si e’ arrivati nel tempo, cioe’ bisogna conoscere il<br />

passato della societa’ di oggi e le trasformazioni che gradualmente hanno portato ad essa. Questo dice chiaramente che<br />

la disciplina che in primo luogo e’ chiamata in causa nel nuovo compito di far capire ai ragazzi la societa’ del presente<br />

e’ la storia. Ma la storia e l’insegnamento della storia debbono cambiare radicalmente per assolvere al nuovo compito.<br />

Si tratta ancora di studiare il passato delle societa’ umane e come sono cambiate nel tempo, ma il modo di fare questo<br />

deve essere molto diverso da quello della storia che conosciamo, e cioe’:


1. L’insegnamento della storia non deve necessariamente seguire il principio cronologico. La nuova storia parte dal<br />

presente e usa il passato per capire il presente.<br />

2. La storia deve cessare di essere storia delle istituzioni e delle vicende politico-militari, come e’ quasi<br />

esclusivamente oggi, e deve diventare storia dei cambiamenti in campo economico, sociale, culturale, tecnologico,<br />

dei sistemi di comunicazione e dell’impatto dell’uomo sull’ambiente (McNeill, 2001; Kane, 2001).<br />

3. La storia deve essere il meno possibile strumento di legittimazione di ideologie sociali e politiche e deve diventare<br />

conoscenza e comprensione distaccata, come e’ proprio della scienza, delle societa’ umane del passato e di come<br />

sono cambiate nel tempo.<br />

4. La storia deve cessare di essere prevalentemente racconto della passato e diventare comprensione e spiegazione del<br />

passato, cioe’ ipotizzazione di cause, meccanismi e processi che stanno dietro ai cambiamenti avvenuti nelle<br />

societa’ umane del passato e li spiegano.<br />

5. La storia deve cessare di essere una storia selettiva e ristretta nel tempo e nello spazio, cioe’ in sostanza storia<br />

dell’Occidente, e deve diventare storia degli esseri umani <strong>sulla</strong> Terra (Fernandez-Armesto, 2000).<br />

6. La storia deve cessare di essere la disciplina dai confini ben definiti che viene insegnata oggi nelle facolta’<br />

umanistiche e deve diventare una storia fortemente interdisciplinare altrettanto vicina alle scienze della natura e alla<br />

tecnologia che alle scienze dell’uomo.<br />

7. La storia deve cessare di essere una disciplina insegnata con il solo linguaggio verbale e deve essere insegnata in<br />

modo visivo/attivo attraverso la multimedialita’ e soprattutto attraverso le simulazioni. (Su questo punto torneremo<br />

piu’ avanti.)<br />

Mettere in pratica la nuova storia richiede che si risponda a molte domande e si risolvano molti problemi. Come<br />

debbono essere formati gli insegnanti che hanno come compito educativo quello di fornire agli studenti gli strumenti per<br />

capire la societa’ in cui viviamo? Come debbono cambiare le discipline scientifiche, in primo luogo la disciplina<br />

scientifica che si chiama storia, l’organizzazione del sapere e della ricerca, gli insegnamenti universitari, visto che il<br />

nuovo insegnamento si basa su un approccio fortemente interdisciplinare che puo’ chiamare in causa non solo, come e’<br />

ovvio, la storia e le scienze sociali, ma anche le scienze naturali e tecnologiche? Quali nuovi materiali e supporti per<br />

l’apprendimento debbono essere approntati? Ancora solo libri e manuali? Quale deve essere il ruolo delle nuove<br />

<strong>tecnologie</strong>, di <strong>In</strong>ternet, delle simulazioni? Come e dove deve essere collocato il nuovo obbiettivo educativo nel<br />

curricolo dell’educazione scolastica? Quale deve essere il principio organizzativo generale del nuovo obbiettivo<br />

educativo?<br />

Proviamo a rispondere solo a quest’ultima domanda. Come deve essere organizzato, <strong>sulla</strong> base di quale principio, il<br />

nuovo insegnamento che mira a fornire agli studenti strumenti per capire la societa’ in cui vivono?


L’insegnamento tradizionale della storia ha il suo schema organizzativo fondamentale nella cronologia. La storia<br />

tradizionale si organizza come racconto del susseguirsi nel tempo di eventi, istituzioni, e personaggi. Quale puo’ essere<br />

uno schema organizzativo altrettanto strutturante e unificante per il nuovo obbiettivo educativo? Dire che il nuovo<br />

insegnamento ha come obbiettivo di fornire agli studenti gli strumenti per analizzare e per capire la societa’ di oggi puo’<br />

essere generico e gli insegnanti possono letteralmente non sapere da dove cominciare. <strong>In</strong>oltre, cosi’ formulato<br />

l’obbiettivo non rende esplicita la fondamentale dimensione storica del problema: capire la societa’ di oggi vuol dire<br />

prima di tutto ricostruire come ci si e’ arrivati.<br />

Un principio organizzativo generale per il nuovo insegnamento puo’ essere quello di rispondere alla domanda: perche’<br />

l’Occidente ha vinto? L’Occidente, cioe’ le societa’ che hanno le loro radici nella Grecia classica e in Roma antica e che<br />

si sono affermate in Europa e poi negli Stati Uniti e negli altri paesi colonizzati dagli europei, ha vinto nel senso che<br />

oggi ha il maggior potere tra le societa’ della Terra e tende a far diventare simile a se’ tutte le societa’ della Terra. Il<br />

lavoro da fare con gli studenti e’ quello di elaborare insieme a loro risposte alla domanda: perche’ l’Occidente ha vinto?<br />

Non che questa domanda abbia necessariamente una riposta univoca e chiara. Gli storici oggi si pongono spesso questa<br />

domanda ma non sono concordi nelle risposte (Goldstone, 2000). Questo non deve in alcun modo preoccupare<br />

l’insegnante o i ragazzi. Quello che e’ importante non e’ trovare la risposta giusta alla domanda. Quello che e’<br />

importante e’ che la ricerca della o delle risposte consenta di individuare le articolazioni importanti delle societa’<br />

umane, le cause dei loro cambiamenti, i meccanismi e i processi attraverso cui i cambiamenti avvengono. Una cosa e’<br />

chiara: la societa’ in cui viviamo e’ una societa’ che e’ il risultato della vittoria dell’Occidente, e la societa’ futura in cui<br />

gli studenti vivranno sara’ una societa’ che emergera’ dai cambiamenti che avverranno in questa societa’ uscita dalla<br />

vittoria dell’Occidente. Percio’ analizzare, capire e spiegare questa vittoria puo’ essere il principio organizzatore e<br />

l’obbiettivo operativo del nuovo compito che la <strong>scuola</strong> deve porsi.<br />

Il lavoro da fare con i ragazzi consiste in due parti. La prima parte e’ dedicata a documentare il fatto che l’Occidente ha<br />

vinto, e sta tuttora vincendo. La seconda e’ dedicata alla spiegazione, o meglio alle diverse ipotesi di spiegazione, del<br />

perche’ l’Occidente ha vinto.<br />

Per raggiungere il primo obbiettivo, la classe diventa un osservatorio permanente (nel corso dell’anno scolastico) di<br />

come la cultura dell’Occidente va erodendo le culture non occidentali, (quasi) di giorno in giorno, dove per cultura si<br />

debbono intendere le forme di organizzazione economica, sociale, culturale in senso stretto, comunicativa, tecnologica,<br />

e di impatto sull’ambiente. Questo e’ un obbiettivo che e’ importante porsi in modo esplicito e documentato perche’ noi<br />

occidentali per diverse ragioni spesso non ci rendiamo neppure conto di quanto il processo di espansione della cultura<br />

dell’Occidente sia continuo, senza sostanziali inversioni di rotta, inesorabile. Ma al di la’ della documentazione di come<br />

il processo di occidentalizzazione vada avanti ancora oggi, l’obbiettivo di descrivere in modo articolato la progressiva<br />

avanzata della cultura occidentale sull’intera Terra ha una fondamentale dimensione storica che permetterebbe di dare<br />

un senso e uno schema organizzativo comprensibile alla lettura, da parte dell’insegnante e dei ragazzi, dell’intero<br />

passato delle societa’ umane.<br />

Il secondo obbiettivo, quello della spiegazione, consiste nell’esaminare le varie ipotesi che si possono proporre per dar<br />

conto dell’espansione e della vittoria dell’Occidente. La letteratura di diverse discipline scientifiche, ma piu’ spesso di


approcci che si presentano come esplicitamente interdisciplinari, forniscono molte ipotesi che in classe possono essere<br />

definite, rese esplicite e dettagliate, e valutate. Come ho detto, il fine non e’ quello di stabilire quale ipotesi e’ quella<br />

giusta ma quello di fare insieme ai ragazzi questo lavoro di definizione, esplicitazione, dettagliamento e valutazione. Le<br />

ipotesi possono chiamare in causa come spiegazione della vittoria dell’Occidente processi e eventi piu’ lontani o piu’<br />

vicini nel tempo (nella Grecia classica o nell’<strong>In</strong>ghilterra del Seicento?), processi e eventi in campo politico o<br />

scientifico-tecnico ma sempre umano (la democrazia greca, la capacita’ regolamentativa dei Romani, la rivoluzione<br />

scientifica di Galileo e Newton?) oppure fattori geografici e ecologici (clima, caratteristiche dell’ambiente?), oppure<br />

ancora un “pacchetto” di fattori religiosi, politici, economici, tecnico-scientifici e ecologici convergenti tra loro<br />

(Diamond, 1998; Goldstone, 2000).<br />

Le nuove <strong>tecnologie</strong> hanno un ruolo decisivo nel rendere possibile la nuova storia. La nuova storia investe tutta la<br />

realta’, non solo, come la vecchia storia, i personaggi storici, le istituzioni, le guerre e i grandi eventi di un passato<br />

ristretto. Il computer offre con <strong>In</strong>ternet un grande deposito di dati e di conoscenze in ogni campo, in continua<br />

espansione, facilmente accessibile, usabile in una varieta’ di modi. Questo e’ essenziale per affrontare domande che<br />

chiamano in causa un grande numero di aspetti diversi della realta’ e delle societa’ umane, dall’economia<br />

all’organizzazione sociale, dalla cultura in senso stretto ai sistemi di comunicazione, dalla tecnologia all’impatto umano<br />

sull’ambiente, e che sono trattati in modo separato e disciplinare nei sistemi di sapere tradizionali. Il computer inoltre<br />

offre la multimedialita’, che con le immagini e la liberta’ di accesso alle informazioni degli ipertesti e’ un altro aiuto<br />

cruciale per affrontare problemi che saranno certamente piu’ aperti e piu’ vari di quelli posti dai racconti della storia<br />

tradizionale.<br />

Ma l’aiuto decisivo che il computer offre per realizzare il nuovo obbiettivo educativo di fornire agli studenti strumenti<br />

per capire la societa’ in cui vivono, e’ costituito ancora una volta dalle simulazioni.<br />

Rispondere alla domanda “Perche’ l’Occidente ha vinto?” diventa possibile e puo’ produrre comprensione e<br />

apprendimento in molti, forse in tutti gli studenti, su come le societa’ umane, a comunciare da quella in cui si vive, sono<br />

organizzate e su come cambiano nel tempo, se si dispone di simulazioni che incorporino le diverse ipotesi a cui<br />

abbiamo fatto cenno piu’ sopra.<br />

L’Occidente ha vinto perche’ geograficamente si e’ trovato in una zona del mondo, l’Eurasia, che si estende<br />

orizzontalmente lungo i meridiani, e che fin dal Neolitico ha permesso di esportare altrove soluzioni trovate in un certo<br />

posto dato che le condizioni climatiche cambiavano poco, mentre in altri continenti, l’Africa, l’America, questo era piu’<br />

difficile perche’ si tratta di continenti che si estendono verticalmente lungo i paralleli e hanno quindi zone climatiche<br />

molto differenti (Diamond, 1998)? L’Occidente ha vinto perche’ ha trovato un giusto equilibrio tra il trasferimento<br />

reciproco di risorse tra gli individui (scambio) e il trasferimento di risorse dagli individui a una struttura centrale, lo<br />

stato? L’Occidente ha vinto perche’ ha modificato di piu’ l’ambiente fisico esterno producendo tecnologia? E piu’ in<br />

generale, quale e’ il ruolo delle diverse forme di trasferimento di risorse in una societa’, quali sono le condizioni per lo<br />

svilupparsi di un certo tipo di trasferimento di risorse e quali sono le sue conseguenze? Quali sono i vantaggi dal punto<br />

di vista dell’evoluzione culturale e tecnologica di allargare il pool di varianti culturali e tecnologiche all’interno del<br />

quale e’ possibile scegliere le varianti da riprodurre, trasmettere e modificare? Quali sono i fattori che fanno preferire


una variante a un’altra? Quali sono le dinamiche all’interno di un ecosistema? Quali caratteristiche hanno gli interventi<br />

umani all’interno di un ecosistema, e quali conseguenze?<br />

Su questi temi gia’ esistono modelli espliciti e simulazioni, e non si parte da zero (Parisi, 1999a, 1999b, 2000). Se si<br />

disponesse di queste simulazioni a <strong>scuola</strong>, realizzate in una forma appropriata perche’ interagire con esse sia possibile<br />

per dei ragazzi e produca in loro effetti di comprensione e di apprendimento, allora diventerebbe possibile articolare e<br />

valutare le possibili risposte alla domanda fondamentale: perche’ l’Occidente ha vinto? E lavorando a cercare risposte a<br />

questa domanda, la <strong>scuola</strong> fornirebbe ai ragazzi strumenti per capire la societa’ in vivono oggi e quella in cui vivranno<br />

domani - un obbiettivo fondamentale della nuova <strong>scuola</strong> che le nuove <strong>tecnologie</strong> possono aiutarci a raggiungere.<br />

Conclusioni<br />

La <strong>scuola</strong> e’ in un tunnel oscuro da cui non uscira’ per un po’. Questo dobbiamo darlo per scontato. La <strong>scuola</strong> e’ stata<br />

troppo tempo ferma e ora e’ venuto il momento di rendere i conti. E’ difficile che la <strong>scuola</strong> possa uscire dal tunnel senza<br />

l’aiuto delle nuove <strong>tecnologie</strong>. Quello che dobbiamo fare e’ farci venire delle idee su come usare le nuove <strong>tecnologie</strong> a<br />

<strong>scuola</strong> che vadano alla radice dei problemi, e investire su queste idee.<br />

Questo lavoro e’ basato su una relazione presentata al TED alla Fiera di Genova, 12-14 febbraio 2001<br />

Riferimenti bibliografici<br />

Antinucci, F. Computer per un figlio. Giocare, apprendere, creare. Bari, Laterza, 1999.<br />

Diamond, J. Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni. Torino, Eunaudi, 1998.<br />

Fernandez-Armesto, F. Millennium. Il racconto di mille anni della storia del mondo. Milano, Mondadori, 2000.<br />

Goldstone, J.A. The rise of the west - or not? A revision of socio-economic history. Sociological Review, 2000, 18,<br />

175-194.<br />

Kane, H. Triumph of the mundane. The unseen trends that shape our lives and environment. Washington, D.C., Island<br />

Press, 2001.<br />

McNeill, J.R. Something new under the sun. An environmental history of the twentieth-century world. New York,<br />

Norton, 2001.<br />

Parisi, D. E’ una macchina di talento: ci restituisce l’esperienza. Telèma, 1998, primavera, 23-30.<br />

Parisi, D. Mente. I nuovi modelli della Vita Artificiale. Bologna, Il Mulino, 1999a.<br />

Parisi, D. Per capire come cambia la Storia c’e’ un nuovo laboratorio, informatico. Telèma, 1999b, estate-autunno, 107-<br />

112.<br />

Parisi, D. Scuol@.it. Milano, Mondadori, 2000.<br />

Parisi, D. Simulazioni. La realta’ rifatta nel computer. Bologna, Il Mulino, 2001.

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