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Sentenza del Tribunale civile di Milano | FIO.pds - Avvocato di strada

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<strong>Sentenza</strong> <strong>del</strong> <strong>Tribunale</strong> <strong>civile</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> | <strong>FIO</strong>.<strong>pds</strong>http://www.fiopsd.org/?q=node/392 <strong>di</strong> 3 11/03/2008 17.04Infatti così accadde: un mese dopo la sua domanda, il comune la respinse. L. G. feceallora ricorso e all’inizio <strong>del</strong> ‘96 il prefetto gli <strong>di</strong>ede ragione. “ Vincemmo grazie al lavoro<strong>di</strong> legali, consulenti, esperti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto amministrativo, ma anche grazie alla caparbietà <strong>di</strong>suor Clau<strong>di</strong>a e alla mia tenacia nel seguire la vicenda. Il fatto <strong>di</strong> aver vinto il ricorsoamministrativo ha permesso ai centri <strong>di</strong> ascolto <strong>di</strong> far ottenere la residenza ai citta<strong>di</strong>ninon nativi <strong>di</strong> <strong>Milano</strong>, come nel mio caso”, ricorda L.G.A quel punto L.G. e i suoi sostenitori decisero <strong>di</strong> continuare la loro battaglia e citare ingiu<strong>di</strong>zio sia il comune sia il ministero degli interni, chiedendo il risarcimento per i danniconseguiti a causa <strong>del</strong>la mancata iscrizione all’anagrafe: “In tutto quel lasso <strong>di</strong> tempoero un clandestino a tutti gli effetti. Non avere la residenza significa non esistere, dà lasensazione <strong>di</strong> trovarsi in un limbo. Non è piacevole dal punto <strong>di</strong> vista psicologico, per cuise uno è già in crisi, va a finire che i suoi problemi si acuiscono. Non avere undocumento, non poter avere cure me<strong>di</strong>che adeguate (sono affetto da epatite C) non èsolo seccante, ma anche <strong>del</strong>eterio per il precario equilibrio che si cerca <strong>di</strong> mantenere. Misono sentito completamente estromesso dalla mia realtà, pur avendo sempre vissuto a<strong>Milano</strong>”.Non ci speravo quasi piùOra il ministero degli Interni è stato condannato dal <strong>Tribunale</strong> <strong>civile</strong> <strong>di</strong> <strong>Milano</strong>, consentenza emessa all’inizio <strong>del</strong> marzo <strong>di</strong> quest’anno, a pagare a L.G. i danni morali(quantificati in 12 mila euro) e le spese <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, mentre non è stato possibilequantificare il danno materiale; il comune <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> invece è stato prosciolto dall’accusa.Il proce<strong>di</strong>mento è durato in totale una decina d’anni, dal 1994, l’anno in cui ilprotagonista chiese per la prima volta la residenza presso il Sam <strong>di</strong> via Bergamini 10,alla vittoria in sede <strong>civile</strong>. “Sapevo che prima o poi sarebbe dovuta arrivare la buonanotizia, ma ormai non ci speravo quasi più”, commenta l’uomo.E nel frattempo? “Ho tirato avanti… Nei due anni senza residenza ho vissuto per seimesi in albergo, dato che ero senza documenti, ma mi rimaneva ancora la patente.Pagavo 40 mila lire al giorno per una stanza in una pensione squalli<strong>di</strong>ssima;successivamente sono stato per un po’ in camere in affitto, ho anche fatto l’esperienza<strong>di</strong> dormire sui treni per tre giorni. Piano piano, però, mi sono risollevato e da quattro anniho trovato un lavoro abbastanza sod<strong>di</strong>sfacente e una sistemazione adeguata”.Una storia a lieto fine. Che si spera possa essere <strong>di</strong> buon auspicio per i tanti che nonchiedono altro che far valere i propri <strong>di</strong>ritti.Una battaglia che dura da 15 anniL’iscrizione <strong>del</strong> citta<strong>di</strong>no all’anagrafe comunale è un <strong>di</strong>ritto per chi, nel comune stesso,ha la propria <strong>di</strong>mora abituale. La registrazione negli elenchi avviene (ai sensi <strong>del</strong> Dpr223/1989) per nascita, per esistenza giu<strong>di</strong>zialmente <strong>di</strong>chiarata o per trasferimento daaltro comune.L’esistenza <strong>di</strong> numerosi senza <strong>di</strong>mora ha però posto un problema giurisprudenziale agliinizi degli anni ’90. Si trattava infatti <strong>di</strong> persone che non risultavano più iscritteall’anagrafe per irreperibilità (a seguito <strong>del</strong> censimento o <strong>di</strong> ripetuti accertamenti). Da unlato l’iscrizione anagrafica era un <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ogni citta<strong>di</strong>no, dall’altro non era determinabileove queste persone avessero la “<strong>di</strong>mora abituale”.“Non era un problema da poco – spiega Stefano Galliani, presidente <strong>del</strong>la Fiopsd,Federazione italiana degli organismi per le persone senza <strong>di</strong>mora - perché la residenzaanagrafica è la chiave d’accesso al go<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza quali l’accesso alSistema Sanitario Nazionale, la previdenza, i sussi<strong>di</strong> per le fasce più deboli o la stessarichiesta <strong>di</strong> un alloggio popolare”.”La prima conquista – racconta suor Clau<strong>di</strong>a Bion<strong>di</strong> <strong>del</strong>la Caritas Ambrosiana – èstata ottenuta nel 1990: alle persone senza <strong>di</strong>mora, seguite dai centri Caritas <strong>di</strong> <strong>Milano</strong>,veniva rilasciata una carta d’identità con la scritta S.f.d. (Senza fissa <strong>di</strong>mora). Questo acon<strong>di</strong>zione che fossero nati o già residenti a <strong>Milano</strong>. Per tutti gli altri il problemarimaneva” .

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