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Le nuove regole sull'iscrizione anagrafica dei senza fissa dimora

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anagrafe statistiche censimenti | parte prima | materie generali<strong>Le</strong> <strong>nuove</strong> <strong>regole</strong>sull’iscrizione <strong>anagrafica</strong><strong>dei</strong> <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>Paolo Morozzo Della RoccaOrdinario di diritto privato nell’Università degli studi di UrbinoChi erano i <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> nella legge <strong>anagrafica</strong>e nel regolamento di attuazione?Gli ufficiali di anagrafe, per diverse generazioni,hanno appreso che quando a richiederel’iscrizione <strong>anagrafica</strong> sia una persona <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong><strong>dimora</strong> un problema di accertamento dellaeffettività della residenza non si pone, dato cheper la legge ed il regolamento anagrafici (art. 2,co. 3, legge 24 dicembre 1954, n. 1228; art. 1,co. 1 D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223) tale soggettoera (ed è) comunque da considerarsi residentenel Comune dove ha stabilito il domicilio o,in mancanza (quindi come criterio meramenteresiduale), nel Comune di nascita.Ma cosa vuol dire «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>»? Questadomanda, pur essendo fondamentale, sembraoggi ricevere risposte tanto scontate quanto inesatte,che segnano il punto di arrivo di un processodi fraintendimento del significato originariodella definizione normativa. È infatti accaduto,con questo breve sintagma, quello chespesso accade allo svogliato studente di una linguastraniera quando incontra una espressionecosì familiare alla propria lingua da presumernesubito, con illusoria sicurezza, il significato,salvo poi scoprire che il «burro» spagnolo non èesattamente ciò che a Bolzano si spalma sullafetta di pane.«Senza <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>», nel linguaggio tecnicizzatodel legislatore anagrafico [che conferisceal termine un’accezione diversa da quella attribuitaglida altre scienze sociali (1)], è colui che,non fermandosi mai a lungo in uno stesso luogoe non avendo dunque un progetto di residenzialitàin alcuno <strong>dei</strong> comuni italiani, nè in una localitàstraniera (almeno per i cittadini italianiche si trovino all’estero), non possiede i requisitiper essere considerato, in senso stretto, residentein alcun luogo e necessita dunque di untrattamento giuridico differenziato che consiste,appunto, nel fare coincidere la residenza <strong>anagrafica</strong>con il domicilio.<strong>Le</strong> legge <strong>anagrafica</strong>, come s’è appena visto, nonsi è però soffermata sulla definizione di domicilio,nè si è posta il problema di differenziarequesta da quella di residenza; differenza di cuicercherò invece di dare conto nelle successiveconsiderazioni.D’altra parte — è bene talvolta ricordarlo — illegislatore anagrafico non usa concetti di suaesclusiva creazione, ma nozioni che derivanodal diritto civile, nel cui linguaggio è custoditoil vocabolario comune a tutti gli operatori giuridiciche si occupino della persona e delle suerelazioni sociali.Anche il civilista ha però trovato non poche difficoltànel tracciare una esatta linea di distin-1) Sulla definizione di «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>» dal punto di vista sociologico e delle teorie di servizio sociale, cfr. ZUCCARI, Senza<strong>dimora</strong>: un popolo di invisibili, Roma, 2007, 28 ss.834 novembre 2009


anagrafe statistiche censimenti l parte prima l materie generalizione tra i concetti di domicilio [tra cui campeggia,in primo luogo, quello di «domicilio generale»(2)] e di residenza, che peraltro nel processodi codificazione delle leggi civili non eranosempre ben distinti (3).Tuttavia, già nel vecchio codice civile italianodel 1865 la differenza tra le due nozioni presecorpo a partire dalla considerazione che talvoltala persona possa avere la sede <strong>dei</strong> suoi affari(il domicilio) in un luogo diverso dalla sede <strong>dei</strong>suoi affetti (la residenza).A scorrere le numerose norme che in qualchemodo utilizzano, differenziandole, queste duedefinizioni, entrambe contenute nell’art. 43 cod.civ., emerge (in perfetta continuità con il vecchiocodice del 1865) come il domicilio costituiscail luogo di imputazione di posizioni giuridichesoggettive prevalentemente patrimonialidel soggetto. Il riferimento agli affari della persona,già esplicitato dalla norma strumentale(l’art. 43, co. 1 cod. civ.) viene infatti specificatoda una molteplicità di norme finali che riferisconoal domicilio il luogo di pagamento di certeobbligazioni, l’apertura della successione ereditaria,etc. La residenza sembra invece coinciderecon il luogo dell’esistenza tout court, il luogodegli affetti familiari, <strong>dei</strong> bisogni elementaried esistenziali del soggetto (4).Si tratta di una differenziazione — problematicanei suoi confini, ma ben percepibile dall’esperienzacomune — che non pare contraddetta,bensì avvalorata, dalla stessa Relazione delGuardasigilli, il quale, al n. 65, semplicementerilevava: «non è raro che una persona abbia inun luogo la <strong>dimora</strong> abituale (residenza) e in unaltro luogo la sede principale degli affari (domicilio)».Questo vuol dire che quanto più la somma degli«affari» risulti esigua, fino alla piena coincidenzacon le preoccupazioni della mera sussistenza,tanto più il domicilio stesso assumerà i connotatiesistenziali e solo marginalmente patrimonialiche in coloro che hanno bendistinte una sfera esistenziale eduna patrimoniale (aziendale, affaristica,da libero professionista,etc.) coinciderebberoinvece con i tratti tipologicidella residenza.Come applicare, dunque,le due nozioni diresidenza e di domicilioa persone che sono<strong>senza</strong> una <strong>dimora</strong> <strong>fissa</strong>,cioè che non colleganostabilmente ad un luogo nèil proprio patrimonio affettivoesistenzialenè quello reddituale opatrimoniale? Proprio di queste persone — girovaghi,artigiani itineranti, circensi, marinai ecamminanti di ogni genere — dovette occuparsi,per i suoi specifici compiti funzionali, la legge<strong>anagrafica</strong> all’art. 2, co. 3, successivamentedettagliato dal regolamento anagrafico e dalledirettive dell’ISTAT (autorità nazionale di controllodelle anagrafi assieme ed oltre al Ministerodell’Interno).Fu infatti l’ISTAT, nelle sue note illustrative dellalegge <strong>anagrafica</strong> e del regolamento, a suggerirel’istituzione in ogni Comune di una sessionespeciale «non territoriale» nella quale fosseroelencati e censiti come residenti tutti i <strong>senza</strong>tetto e i <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> che desiderasseroeleggere domicilio al fine di ottenere la residenza<strong>anagrafica</strong>, individuando allo scopo una viaterritorialmente non esistente.Fu dunque detto all’ufficiale di anagrafe di nonfare indagini sull’abitualità del domicilio del sen-2) Il primo considerato necessariamente unico, mentre si ammette talvolta la possibilità che un soggetto abbia più di unaresidenza (ma non più residenze anagrafiche). Così BIANCA C.M., Diritto civile, I, Milano, 1984, 2513) Il Code Napoleon nel 1804, vera matrice di molte delle successive esperienze di codificazione civile negli Stati europei elatino americani, trattò unicamente del domicilio, assorbendo in questo la stessa nozione di residenza. <strong>Le</strong> leggi emanatesuccessivamente hanno poi dovuto integrare la disciplina civilistica e amministrativa <strong>dei</strong> luoghi della persona. Sul punto:GRAZIADEI, voce Domicilio in diritto comparato, in «Digesto, disc. priv. sez. civ.», VII, 131.4) Sul criterio distintivo proposto nel testo, cfr.: BENUSSI, Per una interpretazione dell’inciso «affari e interessi» di cui all’art. 43cod. civile (Contributo esegetico allo studio del domicilio) in «Temi», 1967, 463; STANZIONE, sub artt. 43-45 in Codice civileannotato, (a cura di Perlingieri), 1991, I, 422; ESU, Domicilio – residenza – <strong>dimora</strong>, in «Trattato di diritto privato» diretto daRescigno, Torino 1999, 573; GAZZONI, Manuale di diritto privato, 2007, 130. Contra: TEDESCHI, voce Domicilio, residenza,<strong>dimora</strong>, in «Noviss. DI, App.», III, Torino, 1982, 194 ss.novembre 2009835


anagrafe statistiche censimenti l parte prima l materie generaliza <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>, perchè questo era sostanzialmenteoggetto di una libera elezione da partesua. Ed in tal senso si espresse lo stesso Ministerodell’Interno. Significativa, al riguardo, laCircolare n. 1 del 1997, di cui riporto solo questobreve passaggio: «Per alcune particolari categoriedi persone nei cui confronti non è riscontrabileil requisito della <strong>dimora</strong> abituale, la legge<strong>anagrafica</strong> n. 1228 del 24 dicembre 1954 ha presoin considerazione un solo Comune, e cioè quelloeletto a domicilio dall’interessato».Eleggere il domicilio ai fini anagrafici è statadunque, sin qui, una scelta incondizionatamentelibera ed esclusiva del richiedente l’iscrizione<strong>anagrafica</strong> come <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>; a condizione,ovviamente, che davvero si trattasse di unapersona <strong>senza</strong> alcuna <strong>dimora</strong> stabile (5).La domanda che ora ci poniamo — non irrilevanteper comprendere correttamente le più recentinovità legislative — è se sia stata correttal’interpretazione data negli anni passati dall’Amministrazione(sia l’ISTAT che il Ministero dell’Interno)dell’art. 2, co. 3 della legge <strong>anagrafica</strong>(che anche a seguito della recente novella rimaneimmutato), nell’intendere il riferimento aldomicilio come una libera elezione del richiedente,pur trattandosi, indubbiamente, di unafigura normativa di domicilio non automaticamentecoincidente con quella di un semplicedomicilio elettivo dedicato alla cura di un singoloaffare.A questa domanda, nonostante una prima e superficialeapparenza in senso contrario, dareiuna risposta affermativa, sebbene talvolta siaforse mancata una adeguata attenzione ai possibili— ed in effetti verificatisi — abusi da partedi richiedenti interessati ad ottenere, attraversouna dichiarazione meramente elettiva,vantaggi patrimoniali non sempre leciti.Per convincersi di questo occorre, banalmente,immedesimarsi nella figura per la quale lanorma è stata pensata: il <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>(vero). Colui che, non avendo un luogo privilegiatodi vita e di affari, era comunque costrettoa sceglierne uno, anche a costo di valorizzareil più tenue legame con una località talvolta visitata.La sua scelta, sino ad oggi, sarebbe potuta caderesul Comune del luogo di nascita (ed alloral’elezione del domicilio anagrafico sarebbe coincisacon il criterio di attribuzione legale, meramentesuppletivo). Oppure la scelta sarebbe cadutasul Comune dove le navi sulle quali il richiedenteviaggiava facevano più spesso scalo;o sul Comune dove viveva un cugino od un amicopiù caro di altri; od in quello dove, nel precedentestile di vita, il richiedente aveva avuto, ineffetti, un più solido attaccamento sociale e forseaddirittura la residenza.Ci poniamo ora un problema: se uno zingaroitaliano, in perpetuo movimento (figura a dire ilvero sempre più rara) e dunque con un’occupazionelavorativa itinerante, avesse ricevuto ineredità un appartamento nel centro di Viareggio,recandovisi per brevi ma frequenti periodi dell’annoa riposarvi, avrebbe mantenuto la possibilitàdi eleggere domicilio ai fini anagrafici in unqualsiasi altro Comune a suo piacimento, o sarebbestato obbligato ad iscriversi, pur semprecome <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>, nel Comune di Viareggio?A mio parere la risposta — alle condizioni dilegge vigenti prima delle modifiche introdottecon la legge 17 luglio 2009, n. 94 — sarebbe statanel senso dell’illegittimità dell’iscrizione <strong>anagrafica</strong>in un Comune diverso da quello di Viareggio,nel quale, obiettivamente, fosse venutoa crearsi l’obiettivo centro degli interessi patrimonialidel soggetto, anche se non la residenza.L’esemplificato problema serve a osservare che,anche prima della legge n. 94/2009, il domiciliodel <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> era da intendersi elettivosolo a condizione che si trattasse di persone privedi un loro domicilio generale (o prevalente),il quale non può che essere unico.D’altra parte, la mancanza di un domicilio generale— come già rilevato nelle precedenti considerazioni— è condizione normale nel <strong>senza</strong>5) L’interessato potrà liberamente eleggere domicilio (ovviamente uno solo) in quel luogo ove, nonostante i suoi continuispostamenti, egli preferisca recarsi, per ragioni di comodità, affettive o per altre ragioni personali, incluse quelle meramenteidiosincratiche «per ottenere le certificazioni anagrafiche occorrenti». In tal senso l’ISTAT, Anagrafe della popolazione.Avvertenze - note illustrative e normativa aire, in «Metodi e norme», serie B, n. 29, Roma, 1992, 41.836 novembre 2009


anagrafe statistiche censimenti l parte prima l materie generali<strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> nullatenente, mentre è invece piuttostorara in tutti gli altri casi.I «<strong>senza</strong> tetto» non sono (o non erano?) i «<strong>senza</strong><strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>».Quando la legge <strong>anagrafica</strong> fu approvata la figuradel «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>» era forse più diffusadi oggi. Il sistema economico italiano, <strong>senza</strong>dubbio più rurale e meno urbanizzato, consentivaancora stili di vita come quello del sellaio odel ferratore di cavalli, mentre i circhi e le giostrevenivano accolti con più entusiasmo e maggiorefrequenza nei paesi dello Stivale. Ma giàallora, distinta dai «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>», esistevauna massa di residenti privi di un’abitazioneconsona al civile abitare, la cui condizione <strong>anagrafica</strong>era però assimilata a quella di tutti glialtri residenti. La sola Capitale, ancora all’iniziodegli anni ‘70, contava ad esempio tra i 100 ed i150 mila baraccati. Si trattava di cittadini romanigiunti da altre regioni d’Italia ed iscritti solitamenteall’anagrafe nei quartieri dove abitavano,spesso definiti come «borghetti», «baraccopoli»o semplicemente «campi».Successivamente, con le politiche di ediliziapopolare ora in forte declino, le baraccopolisono scomparse e i loro antichi abitanti si sonosistemati nelle case. L’arredo urbano si è peròripopolato di nuovi abitanti <strong>dei</strong> marciapiedi edelle baracche, più marginali <strong>dei</strong> precedenti, italianio stranieri che siano. Per questi ultimi, l’assimilazioneai fini anagrafici del «<strong>senza</strong> tetto»all’abitante «normale» ha funzionato meno chein passato, sia per le diverse caratteristiche soggettivedi questi cittadini (che in alcuni casi rendonoproblematico o impossibile l’accertamentoanagrafico), sia per il mutare delle stesse prassianagrafiche, specie nei grandi centri urbani.È così accaduto, anno dopo anno, che i «<strong>senza</strong>tetto» siano scomparsi dal regime anagraficoordinario, per riaffiorare poi in quello del tuttospeciale (e per una parte di essi del tutto improprio)«<strong>dei</strong> <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>», dando luogo aduna più generalizzata confusione semantica trai due termini e ad una politica <strong>anagrafica</strong> talvoltarepulsiva.Vero è che, come s’è poc’anzi accennato, talvoltai «<strong>senza</strong> tetto» pongono problemi anagraficisimili a quelli presentati dai «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>».Ci si riferisce, in particolare, ai casi in cuila persona «<strong>senza</strong> tetto» si sposta di strada instrada, <strong>senza</strong> un luogo fisso che funga da ricovero,pur gravitando nell’ambito territoriale delComune per la maggior parte dell’anno.Ma permane pur sempre una differenza tra chi,privo di <strong>dimora</strong> stabile, risieda stabilmente sulterritorio comunale e chi, invece, privo di <strong>dimora</strong>stabile, è anche assente, per la maggiorparte del tempo, dal territorio del Comune.Una differenza ben colta dall’ISTAT nelle ancorafondamentali note illustrative del 1992, doveè ravvisata la necessità di istituire nell’anagrafecomunale una via territorialmente non esistente,ma conosciuta con un nome convenzionale,nella quale iscrivere «con numero progressivodispari sia i «<strong>senza</strong> tetto» risultanti residenti alcensimento, sia i “<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>” che eleggonodomicilio nel Comune ma che, in realtà nonhanno un vero e proprio recapito nel Comune stesso»(6).Fu subito evidente il buon fine pratico di taliindicazioni: quello di assicurare anche ai «<strong>senza</strong>tetto» sfuggiti alla registrazione <strong>anagrafica</strong>ordinaria, ma emersi attraverso il periodico censimentodella popolazione, di trovare subitocollocazione nei registri della popolazione residente.Peraltro, nella consapevolezza della possibilitàche la soluzione indicata non fosse sufficientea ricomprendere ogni effettiva residenzanon ancora registrata o registrabile, le noteISTAT continuano disponendo che, anche «al difuori <strong>dei</strong> casi sopraddetti, potrà essere utilizzatala stessa via con numeri progressivi pari».Cosa cambia con la legge 15 luglio 2009, n.94?L’art. 3 co. 38, della legge n. 94/2009 ha modificatol’art. 2 co. 3 della legge <strong>anagrafica</strong>, il quale,nel suo nuovo testo, dispone ora che «ai fini dell’obbligodi cui al primo comma, la persona chenon ha <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> si considera residente nelComune dove ha stabilito il proprio domicilio. La6) Cfr., nuovamente, ISTAT, Anagrafe della popolazione, cit., 45 s.novembre 2009837


anagrafe statistiche censimenti l parte prima l materie generalipersona stessa, al momento della richiesta di iscrizione,è tenuta a fornire all’ufficio di anagrafe glielementi necessari allo svolgimento degli accertamentiatti a stabilire l’effettiva sussistenza deldomicilio. In mancanza del domicilio si consideraresidente nel Comune di nascita».Si compie quindi un ulteriore passo verso il definitivosmarrimento della originaria definizionenormativa di «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>», il qualed’ora in poi dovrebbe dare la «quasi dimostrazione»dell’effettività del domicilio od altrimentirassegnarsi a risultare iscritto all’anagrafe delComune di nascita.La novella parrebbe, a primo acchito, abbastanzaragionevole. Al <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> ed al <strong>senza</strong>tetto non viene infatti richiesto di avere una<strong>dimora</strong> stabile, bensì un domicilio, cioè di avereun legame sociale, una frequentazione, per cosìdire, col Comune di iscrizione, la quale, al limite,potrebbe semplicemente coincidere conl’arredo urbano sul quale egli talvolta cammina.Purtroppo però, l’ignoranza della definizionenormativa di domicilio — non chiara, forse,nemmeno al legislatore della novella — fa sì che,almeno in questo primo periodo di applicazione,in alcuni comuni si pretenda erroneamentee parossisticamente che il «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>»indichi indirizzo, scala ed interno dell’abitazionedove ha il suo domicilio, ciò che sembraequivalere alla richiesta di volare fatta ad unasino.Anche al di là di interpretazioni così palesementeerronee, il nuovo testo dell’art. 2, co. 3, non èperò privo di lati oscuri e di possibili effettinegativi per i diretti interessati, ai quali è datol’onere di fornire all’ufficio di anagrafe gli«elementi necessari allo svolgimento degli accertamentiatti a stabilire l’effettiva sussistenzadel domicilio». Un onere probatorio che, in alcuniComuni, potrebbe essere utilizzato scorrettamenteper ostacolare la concreta affermazionedel diritto di residenza della persona <strong>senza</strong><strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> e di cui, d’altra parte, l’ufficiale dianagrafe dovrà ora ragionevolmente chiedereconto a chi domandi l’iscrizione come «<strong>senza</strong><strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>».Al riguardo può dunque essere utile ricapitolarealcune indicazioni metodologiche pur solitamenteben conosciute dagli ufficiali di anagrafe, iquali in primo luogo terranno presente che l’accertamentodel domicilio è cosa ben diversadall’accertamento della residenza, cioè della <strong>dimora</strong>abituale; e non presuppone, a differenzadi quest’ultima, la pre<strong>senza</strong> fisica della persona,con carattere di prevalenza, all’indirizzo indicato.Infatti la nozione di domicilio (sede principale<strong>dei</strong> propri affari ed interessi) è un concetto sufficientementeelastico da potere ricomprendereuna varietà di situazioni personali, patrimoniali,esistenziali, relazionali, etc.Provo a chiarirmi meglio con alcune esemplificazioni:trovandosi di fronte una signora il cuiaspetto indichi con buone probabilità la condizionedi homeless, l’ufficiale di anagrafe cercheràdi capire quali sono i suoi luoghi di passaggio echi la conosca. Gli verranno indicati, probabilmente,stazioni ferroviarie, parchi pubblici, ponti,od anche un percorso itinerante tra abitazionifatiscenti e campeggi.L’ufficiale di anagrafe potrebbe inoltre scoprireche il luogo definibile ai sensi dell’art. 2 dellalegge <strong>anagrafica</strong> come il domicilio stabilito dallahomeless sia identificabile in quel bar dovealla donna viene solitamente offerto un cappuccinocaldo la mattina, o il portico dentro il qualesi rifugia per passarvi la notte.Un problema, a questo riguardo, potrebbe esserecostituito dal fatto che talvolta si tratta, comenelle esemplificazioni ora proposte, di luoghiche coinvolgono la sfera giuridica di altrisoggetti. Il titolare del bar o gli abitanti delpalazzo sotto il quale il portico si trova dovrannoacconsentire o no alla indicazione di quelluogo come domicilio della signora «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong><strong>dimora</strong>»?Non mi pare che ciò sia necessario e d’altra parteforse non sarebbe nemmeno possibile, almenoagli effetti giuridici che ci interessano.Nulla però impedisce che, una volta individuatoil luogo (o talvolta i luoghi) che sintetizza esvela il concreto vivere della richiedente sul territoriodel Comune, quest’ultima possa poi esserecollocata, come residente «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>»,nella via virtuale a suo tempo indicatadall’ISTAT, la cui istituzione od il cui mantenimentonell’anagrafe comunale — malgrado ladiversa opinione di altri, autorevolissimi, com-838 novembre 2009


anagrafe statistiche censimenti l parte prima l materie generalimentatori (7) — non mi pare affatto impeditadalla nuova formulazione dell’art. 2 della legge<strong>anagrafica</strong> dato che la novella si limita a chiedereelementi circa l’effettività del domicilio nelComune e non pretende, invece, che l’indirizzodi domicilio sia anche indirizzo di residenza.Vero è che — se esiste il consenso di tutti e duei soggetti interessati — potrebbe risultare piùpratico per l’amministrazione comunale (e benpiù vantaggioso per la stessa homeless protagonistadi queste pagine) consentirne la domiciliazione,anche agli effetti della registrazione<strong>anagrafica</strong>, all’indirizzo di un’associazione cheeventualmente di lei si occupi e l’assista per determinatibisogni (la somministrazione di pasti,il fermo posta, il servizio docce, etc. etc.), fungendoda domicilio meramente anagrafico. All’indirizzodell’associazione la signora che abbiamopreso ad esempio sarebbe infatti assaipiù reperibile che non in «via della casa comunale3».Resta però il problema di quei «<strong>senza</strong> <strong>dimora</strong>»che hanno legami territoriali con singole personeo comunque con soggetti non disposti o nonattrezzati per offrire una domiciliazione che includaanche piccole scelte di una qualche responsabilità(ad esempio: accettare o rifiutareposta e raccomandate inviate al domiciliatopresso il domiciliante?). Diversa è l’ipotesi,senz’altro fattibile, di trasferire la domiciliazione<strong>anagrafica</strong> <strong>dei</strong> «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>» dalla viavirtuale comunale alla sede del servizio sociale,in quanto chi è assistito da tale ufficio mostraindubbiamente di avere un fascio di interessi edi affari connessi alla propria sopravvivenzapresso quell’indirizzo istituzionale, ma alloratutto si ridurrebbe a cambiare un indirizzo istituzionale(ad esempio la casa comunale) conun altro in base ad un ragionamento logico condivisibilema contraddittorio rispetto ad istruzioniamministrative, ed in particolare quelledell’Istat, non ancora revocate.V’è poi il rischio — ben conosciuto dagli operatoriamministrativi — della confusione funzionale:il servizio sociale comunale, infatti, si occupadi assistere i cittadini e non di riconoscereloro la residenza <strong>anagrafica</strong>, ma una volta chesarà divenuto l’indirizzo di domicilio istituzionale<strong>dei</strong> <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> la tentazione perdetto servizio di farsi illegittimamente decisoredell’iscrizione <strong>anagrafica</strong> o del suo mantenimentodiverrà più facile e frequente.Del tutto diverso in fatto (ma non certo in diritto)rispetto alla vicenda <strong>anagrafica</strong> sin qui ipotizzataè il caso in cui l’ufficiale di anagrafe sitrovi di fronte una distinta signora, la quale nonrechi nel suo aspetto i segni di una condizionedi vita particolarmente fragile. Anche in questocaso l’ufficiale di anagrafe dovrà verificare senon vi sia un Comune di provenienza nel quale,nonostante quanto dichiarato dalla richiedente,questa sia ancora effettivamente residente, nonchèverificare quale sia il luogo del suo principaledomicilio; e ricevere quindi una convincentespiegazione a riguardo dell’insolita mancanzadi una <strong>dimora</strong> abituale di civile abitazione.Sarà parte dell’istruttoria compiuta dall’ufficialedi anagrafe il verificare l’eventuale attualitàdella residenza in altro Comune (per lo menoinformandosi presso le anagrafi <strong>dei</strong> Comuni diprecedente iscrizione <strong>anagrafica</strong>), il chiedereconto del possesso o della disponibilità di civiliabitazioni in altri comuni ed il rammentare allarichiedente le responsabilità giuridiche connessea false dichiarazioni.Ma non è detto che il <strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> debbaessere una persona mal vestita e abitante in ricoveridi fortuna.Potrebbero ad esempio rientrare nella definizionenormativa di «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>», così comeintegrata dalla recente novella legislativa, anchecoloro che, pur lavorando in modo stabile e percependodunque un reddito che consente lorodi ben presentarsi e ben apparire, non dispongonoperò di un alloggio di civile abitazione, vivendocome ospiti <strong>senza</strong> un indirizzo ancorastabile.In realtà per l’ufficiale di anagrafe, richiesto di7) Ritiene ad esempio MINARDI, L’iscrizione <strong>anagrafica</strong> <strong>dei</strong> cittadini extracomunitari dopo il «pacchetto sicurezza», in MOROZZODELLA ROCCA (a cura di), Immigrazione e cittadinanza, volume di aggiornamento, Torino, 2009, 90, che la novella conduca aduna ovvia identificazione dell’indirizzo di residenza con quello di domicilio, mentre resteranno iscritti in una via fittiziasolo coloro che, non avendo nemmeno un domicilio, dovranno essere iscritti nel Comune di nascita.novembre 2009839


anagrafe statistiche censimenti l parte prima l materie generaliuna nuova iscrizione, è molto difficile discerneretra queste diverse posizioni: quella della personache, pur «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>» vive e magarilavora ormai stabilmente sul territorio comunale;quella della persona che magari lavorasul territorio comunale ma che invece risiedestabilmente sul territorio di un altro Comune edunque non ha titolo ad iscriversi altrove, tantomeno nella falsa veste di «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>»;ed infine quella della persona che vive e risiedestabilmente ad un indirizzo di civile abitazione<strong>senza</strong> che lei stessa od il suo locatore intendadichiarare tale stato di cose (ad esempio perchèil locatore teme altrimenti di rendere accertabileai fini tributari la messa a frutto di un immobiledi sua proprietà).Se è vero che l’accertamento anagrafico pressol’abitazione di effettiva <strong>dimora</strong> non presupponenè l’esistenza di un contratto di locazione nèl’esistenza di nessun’altra forma giuridica di disponibilitàdell’alloggio, pure è vero che difficilmentelo si potrà in concreto ed utilmente eseguire.Infatti, perchè detto accertamento raggiungal’obiettivo di fotografare veracemente larealtà <strong>anagrafica</strong> occorrerebbe che l’accertatoreanagrafico trovi in casa il richiedente l’iscrizione<strong>anagrafica</strong>, od almeno che le persone informatedel fatto (il portiere, gli altri inquilini, ivicini di casa, il postino) attestino la sua effettivapre<strong>senza</strong> all’indirizzo. È probabile, però, cheil richiedente non sia in casa al momento dell’accertamento,pur rientrandovi ogni sera, e cheil portiere o il vicino di casa non emettano dichiarazioni«contro» il locatore-proprietario chenon vuole fare emergere il rapporto di locazione;o peggio, potrà accadere che, a seguito dell’accertamento,il rapporto di locazione, maiemerso in diritto, termini anche in fatto, costringendoil richiedente a cercare un altro alloggioe a rinunciare, sino alla prossima occasione, all’iscrizione<strong>anagrafica</strong>.Un’alternativa a questa pur corretta ma defatigantecernita delle posizioni anagrafiche (possibiledi certo in un piccolo Comune ma non inun contesto di anomia urbana come si verificanei comuni di più grandi dimensioni) può esserevalidamente costituita da forme di protocolloche prevedano la domiciliazione <strong>anagrafica</strong>presso associazioni ed enti dotati di una qualificataesperienza nei settori dell’assistenza e dell’integrazionesociale, i quali svolgano, ad untempo, la funzione di informatori qualificati edi domiciliatari ai fini anagrafici delle personeche, pur insistendo effettivamente sul territoriocomunale, non dispongano però della stabilitàalloggiativa utile per ottenere altrimenti, comenormali residenti, l’iscrizione <strong>anagrafica</strong> (8).Considerazioni conclusive riguardo a un dubbiodi legittimità costituzionale.In conclusione, se bene interpretata ed applicata,la novella dell’art. 2 della legge <strong>anagrafica</strong> sisostanzierà, per un verso, nella sola esclusionedall’anagrafe di quei «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>» cheeffettivamente non abbiano alcun legame, nè unaeffettiva frequentazione, con i luoghi e le personedella comunità territoriale.Per essi l’unica anagrafe possibile sarà dunquepresso il Comune di nascita, se ne hanno unosul territorio nazionale; se invece non l’hanno lasoluzione imposta dalla legge è probabilmentequella indicata dallo stesso art. 2, co. 5 dellalegge <strong>anagrafica</strong>: si dovrà quindi considerareComune di residenza quello di nascita del padreo, in mancanza, quello della madre. Nel caso,infine, che neanche questi criteri siano adottabili,si dovrà utilizzare il registro previsto dallanorma ed istituito presso il Ministero dell’Interno(9)Deve per altro verso osservarsi come la novellalegislativa rafforzi la funzione accertativa dell’ufficialedi anagrafe, facendo scomparire ognipossibile dubbio sulla mera elettività del domi-8) È questa la via già seguita con successo da alcuni grandi comuni italiani, come ad esempio Firenze e Roma. Su questeesperienze pilota: ZUCCARI, op. cit.., 109 ss.; MATULLI, L’impegno dell’Amministrazione Comunale fiorentina a favore dellepersone <strong>senza</strong> <strong>dimora</strong>, in ZUCCARI (a cura di), Via Modesta valenti. Una strada per vivere, Roma, 2004, 73 ss.9) Non affronto qui le questioni suscitate da un altro registro da tenersi presso il Ministero dell’Interno: quello ora dispostodall’art. 2, co. 4 della legge <strong>anagrafica</strong>, esso pure introdotto introdotto dalla legge n. 94/2009. <strong>Le</strong> correlazioni tra i dueregistri e la loro probabile reductio ad unum riguarderanno presto la fase di concreta attuazione della legge da parte delMinistero.840 novembre 2009


anagrafe statistiche censimenti l parte prima l materie generalicilio (non più configurabile), ma <strong>senza</strong> con ciòimpedire a chiunque conduca la propria esistenzasul territorio del Comune, anche se in condizionidi estrema indigenza, di risultarne cittadinoe far valere i diritti di residenza che da ciòconseguono.Emerge dunque — sia dalla lettura sistematicadelle norme attualmente vigenti, sia dalla applicazionea queste di gran parte dell’esperienzaaccumulata dalla prassi e trasfusa in circolari edirettive — come l’iscrizione <strong>anagrafica</strong> del«<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong>» all’anagrafe del Comunedi nascita debba costituire un’extrema ratio, riguardandoquei pochi soggetti che davvero nonposseggano una relazione privilegiata di vita conun territorio comunale (10). Ove ciò non avvengasaremmo di fronte al diffondersi di prassiillegittime, oppure all’improbabile e poco credibilescoperta che nel nostro paese vi sono ancoramoltissimi italiani che conducono una vitacompletamente nomade.Per pochi o troppi che saranno, i rimpatri anagraficial Comune di nascita porranno però unsicuro problema di legittimità costituzionalequando ad essere ricondotti a tale posizione<strong>anagrafica</strong> dovessero essere i membri di un’unicafamiglia di «<strong>senza</strong> <strong>fissa</strong> <strong>dimora</strong> privi di domiciliodimostrato». In tale caso, infatti, standoalla lettera della legge, il padre potrebbe ritrovarsiiscritto nel Comune di Bolzano e la madrein quello di Orgosolo; ed i figli con la madre,oppure in una terza città se ormai maggiorennie nati altrove (11).Una famiglia i cui membri sono effettivamenteconviventi (pur nella comune condizione di girovaghi)si troverebbe dunque frammentata indiverse anagrafi individuali contro la volontà <strong>dei</strong>suoi membri, e dunque con diversi servizi sociali,diverse liste elettorali, etc. Sarebbe dunquedavvero difficile non scorgere in tale fattispecie,oltre ad altri possibili profili di incostituzionalità,quello riguardante la violazione deldiritto all’unità familiare (inteso qui anche comediritto all’unicità della residenza <strong>anagrafica</strong> <strong>dei</strong>familiari tra loro effettivamente conviventi) dicui agli art. 29 e 117 Cost., in ragione dell’adesioneitaliana alla Convenzione europea per lasalvaguardia <strong>dei</strong> diritti dell’uomo, che dà protezioneagli interessi familiari nei termini di cuiall’art. 8 di detta convenzione.10) Al riguardo, le esatte osservazioni di MINARDI, op.cit., 81 ss.11) Un caso non solo di scuola, come dimostra la vicenda presa ad esame dalla rubrica Quesiti, in «Serv. demografici», 2009,6, 33, riguardante una famiglia di «nomadi» composta da due adulti e tre minori, di cui — a mio avviso sbagliando —l’anonimo risponditore al quesito ha ipotizzato la cancellabilità dall’anagrafe del Comune dove essi da tempo vivevano,spostandovisi all’interno del territorio comunale con una roulotte in attesa di reperire una nuova abitazione.novembre 2009841

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