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parte i - il federalismo fiscale in italia: fatti e problemi - Assbb

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5pubblici (e le fonti di f<strong>in</strong>anziamento necessarie)dovrebbe essere assegnata al livello di governopiù basso <strong>in</strong> grado di svolgere questa funzione.Le argomentazioni economiche a sostegno deiprocessi di decentramento <strong>fiscale</strong> sonoessenzialmente riconducib<strong>il</strong>i a ragioni diefficienza e possono essere s<strong>in</strong>tetizzate comesegue:• Il decentramento produce guadagni diefficienza (efficienza allocativa), perché igoverni locali – essendo più vic<strong>in</strong>i aicittad<strong>in</strong>i – sono <strong>in</strong> grado di rispettare megliole loro preferenze per i beni e servizipubblici locali, rispetto ad una soluzionecentralizzata. I governi locali hanno <strong>in</strong><strong>fatti</strong>maggiori <strong>in</strong>formazioni (o maggiori <strong>in</strong>centiviad acquisirle) sulle preferenze dei lorocittad<strong>in</strong>i ed anche sui costi dei beni e servizipubblici locali. Il decentramento porterebbeverso la Pareto-efficienza, nel senso checonsentirebbe di aumentare <strong>il</strong> livello dibenessere di alcuni <strong>in</strong>dividui senza ridurrequello degli altri.• Poiché i governi locali sono più vic<strong>in</strong>i aicittad<strong>in</strong>i, gli amm<strong>in</strong>istratori pubblicipossono meglio essere identificati econtrollati e questo dovrebbe fare aumentare<strong>il</strong> loro “senso di responsab<strong>il</strong>ità”(accountab<strong>il</strong>ity), soprattutto se <strong>il</strong> costo deiservizi pubblici è sopportato a livello locale;<strong>il</strong> decentramento dunque rafforzerebbe lademocrazia, aumentando <strong>il</strong> potere dicontrollo dei cittad<strong>in</strong>i nei confronti dei loroamm<strong>in</strong>istratori.• Differenze nelle politiche di b<strong>il</strong>ancio locali(diverse comb<strong>in</strong>azioni di servizi pubblici eimposte) possono <strong>in</strong>trodurre qualche formadi concorrenza tra i governi locali, se gli<strong>in</strong>dividui hanno una certa mob<strong>il</strong>ità, econtribuire ad aumentare l’efficienza. Ildecentramento avrebbe anche <strong>il</strong> vantaggio diridurre l’asimmetria <strong>in</strong>formativa tra politicie cittad<strong>in</strong>i, consentendo a questi ultimi divalutare le scelte dei diversi governi locali ediscrim<strong>in</strong>are tra governi buoni e governicattivi (si tratta della cosiddetta yardstickcompetition). Questo consentirebbe anche aigoverni locali di confrontare <strong>il</strong> loro operatocon quello degli altri e identificare le bestpractices.• Il decentramento rappresenta un contestoadatto per la sperimentazione di politichepubbliche a livello locale (laboratoryfederalism), <strong>in</strong> modo da accrescerel’efficienza del settore pubblico e di<strong>in</strong>trodurvi qualche elemento di progressotecnico. Progetti sperimentali da <strong>parte</strong> di ungoverno locale, se coronati dal successo,potrebbero essere attuati anche da <strong>parte</strong> dialtri governi locali o dello stesso Governocentrale.• Inf<strong>in</strong>e, per tutte queste ragioni, <strong>il</strong>decentramento <strong>fiscale</strong> sarebbe anche <strong>in</strong>grado di promuovere la crescita economica,un’affermazione che trova qualche sostegnonella letteratura empirica più recente(Thiessen, 2001).D’altra <strong>parte</strong>, è possib<strong>il</strong>e <strong>in</strong>dividuare tutta unaserie di potenziali svantaggi dei sistemidecentrati:• i guadagni di efficienza possono essereridotti o annullati nei casi <strong>in</strong> cui ladimensione troppo piccola del governolocale faccia emergere diseconomie di scalao ancora nei casi <strong>in</strong> cui i benefici e i costidella spesa pubblica vadano oltre i conf<strong>in</strong>iterritoriali dell’ente che li produce (sp<strong>il</strong>lovereffect).• Non sempre e non necessariamente, icittad<strong>in</strong>i-contribuenti hanno sufficiente<strong>in</strong>formazione e potere politico per <strong>in</strong>durre i


6governi locali ad un uso efficiente dellerisorse.• Non sempre i governi locali hanno lecompetenze necessarie per adottareappropriate politiche di b<strong>il</strong>ancio; laburocrazia locale può essere di qualitàpeggiore di quella nazionale.• La maggiore vic<strong>in</strong>anza dei cittad<strong>in</strong>i aigoverni locali potrebbe anche produrredecisioni che favoriscono alcuni gruppi di<strong>in</strong>teresse o <strong>in</strong>dividui, lasciando da <strong>parte</strong>l’<strong>in</strong>teresse pubblico generale; anche i livellidi corruzione potrebbero essere più elevati alivello locale. Su questo tema, la letteraturaempirica produce risultati contraddittori.Al di là di questi aspetti di efficienza, una dellequestioni più dibattute è se un sistemadecentrato sia pienamente compatib<strong>il</strong>e con <strong>il</strong>raggiungimento di obiettivi generali, quali lastab<strong>il</strong>izzazione dell’economia e laredistribuzione del reddito e della ricchezza.Non è un caso se la teoria tradizionale del<strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong> riconosce <strong>il</strong> ruolo prem<strong>in</strong>ente– se non assoluto – del governo centrale perquanto riguarda la redistribuzione e lastab<strong>il</strong>izzazione, mentre circoscrive <strong>il</strong> raggiod’azione dei governi locali nell’ambito dellafunzione allocativa.In un contesto decentrato, possono <strong>in</strong>oltresorgere <strong>problemi</strong> di coord<strong>in</strong>amento tra i divers<strong>il</strong>ivelli di governo e <strong>problemi</strong> di discipl<strong>in</strong>a<strong>fiscale</strong>; se, <strong>in</strong><strong>fatti</strong>, i governi locali si aspettanoche <strong>il</strong> governo centrale li supportif<strong>in</strong>anziariamente sempre e comunque, nonhanno forti <strong>in</strong>centivi a perseguire l’equ<strong>il</strong>ibrio dib<strong>il</strong>ancio. Se le relazioni fiscali tra i diversi livellidi governo non sono chiare e ben disegnate, èpossib<strong>il</strong>e che i governi locali tendano adaumentare i livelli di spesa pubblica, con effett<strong>in</strong>egativi sul b<strong>il</strong>ancio dell’<strong>in</strong>tero settore pubblico.Sulla base di queste considerazioni, non èdiffic<strong>il</strong>e <strong>in</strong>tuire che <strong>il</strong> buon funzionamento di unsistema decentrato dipende da alcuni requisitiche riguardano l’attribuzione delle funzioni,l’assegnazione delle fonti di f<strong>in</strong>anziamento, imeccanismi di perequazione, le regole cheassicur<strong>in</strong>o <strong>il</strong> rispetto della discipl<strong>in</strong>a <strong>fiscale</strong>.L’assegnazione delle funzioniL’assegnazione delle funzioni concerne ladivisione delle responsab<strong>il</strong>ità tra diversi livelli digoverno, nei tre ambiti dell’<strong>in</strong>tervento pubblico:allocazione delle risorse, politiche redistributivee politiche di stab<strong>il</strong>izzazione dell’economia.Secondo la visione tradizionale del problema,come si è accennato, le politiche distab<strong>il</strong>izzazione e redistribuzione dovrebberoessere assegnate al governo centrale, mentre lafunzione allocativa potrebbe essere svolta datutti i livelli di governo. Le ragioni sonoabbastanza <strong>in</strong>tuitive. La funzione stab<strong>il</strong>izzatriceimplica l’ut<strong>il</strong>izzo delle entrate e spese pubblichee della politica monetaria a livello nazionale edunque c’è consenso quasi unanime che essa siaattribuita al governo centrale. Per quantoriguarda la funzione redistributiva, <strong>il</strong> ruoloprimario del governo centrale troverebbefondamento <strong>in</strong>nanzitutto nella sua ampia potestàimpositiva e qu<strong>in</strong>di nella maggiore capacità diridistribuire <strong>il</strong> reddito; <strong>in</strong> secondo luogo, <strong>in</strong>presenza di elevata mob<strong>il</strong>ità degli <strong>in</strong>dividui,politiche di welfare differenziate porterebbero iricchi a spostarsi dove le imposte sono più bassee i poveri dove maggiore è la spesa per iprogrammi di sostegno e assistenza (con lapossib<strong>il</strong>e conseguenza di una sorta di corsa alribasso - race to the bottom).Quali funzioni dunque decentrare ai govern<strong>il</strong>ocali? Sulla base di quali criteri?


7Non c’è un pr<strong>in</strong>cipio valido <strong>in</strong> assoluto perrispondere a queste domande, ma la teoriasuggerisce alcuni criteri fondamentali, chederivano proprio dalla considerazione deipotenziali svantaggi del decentramento.• Come si è già accennato, sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>odell’efficienza, le diverse funzioni dovrebberoessere assegnate agli enti grandi abbastanza dasfruttare le economie di scala. Le dimensioniridotte degli enti locali impediscono spesso disfruttare le economie di scala presenti nellafornitura di alcuni servizi pubblici.• L’attribuzione delle funzioni dovrebbetenere conto degli effetti di sp<strong>il</strong>l-over, che simanifestano quando i residenti di alcuni ent<strong>il</strong>ocali beneficiano della spesa pubblica effettuatada un ente locale limitrofo (sanità, istruzione,assistenza sociale). Dunque, bisognerebbe cherestassero all’<strong>in</strong>terno del territorio dell’entelocale benefici e costi della fornitura di servizipubblici (o che ci fosse una sorta dicompensazione per i costi imposti o per ibenefici ottenuti da altri enti locali). La presenzadegli effetti di sp<strong>il</strong>l-over comporta <strong>il</strong> rischiodella sotto-fornitura, ad esempio quando gli ent<strong>il</strong>ocali che offrono i servizi di qualità miglioreattraggono i residenti di altri enti locali. Sipotrebbe <strong>in</strong>nescare un gioco strategico per cui igoverni locali offrono servizi sociali di qualità<strong>in</strong>feriore a quella desiderab<strong>il</strong>e dal punto di vistadella collettività (come USA, dove la mob<strong>il</strong>ità èmolto elevata); oppure i governi localipotrebbero discrim<strong>in</strong>are tra residenti e nonresidenti.• L’assegnazione delle funzioni dovrebbetenere conto delle competenze e capacitàmanageriali dei diversi enti locali.• Un sistema efficiente richiederebbe ancheuna chiara suddivisione delle responsab<strong>il</strong>ità tragoverno centrale e governi decentrati.Questo è un aspetto di grande r<strong>il</strong>evanza, <strong>in</strong>quanto la sovrapposizione di competenzeproduce duplicazioni di costi e qu<strong>in</strong>di perdite diefficienza. La duplicazione delle funzioni puògenerare conflitti e <strong>in</strong>trodurre <strong>in</strong>centivi aspostare su altri livelli di governo <strong>il</strong> costo deiservizi pubblici.L’applicazione di queste regole fac<strong>il</strong>ita <strong>il</strong>compito dell’assegnazione delle funzioni aidiversi livelli di governo, ma non produceovunque gli stessi risultati e soprattutto nonconsente di <strong>in</strong>dividuare una soluzione univocaper qualunque circostanza. In alcuni casi, <strong>il</strong>problema non è tanto quello di suddividere leresponsab<strong>il</strong>ità, ma piuttosto quello diorganizzare la fornitura congiunta di un certoservizio pubblico da <strong>parte</strong> di più livelli digoverno.Ciò che accade nel mondo mostra che lesoluzioni ai <strong>problemi</strong> sopra discussi possonoessere molteplici.Ad esempio, la fusione di governi locali dipiccole dimensioni è un’opzione per risolvere <strong>il</strong>problema delle economie di scala (la dimensione“ottima” dell’ente locale varia ovviamente per idiversi servizi pubblici) e l’<strong>in</strong>ternalizzazionedegli effetti di sp<strong>il</strong>l-over, aiuterebbe a ridurre laduplicazione dei compiti e delle funzioniamm<strong>in</strong>istrative e consentirebbe <strong>in</strong> <strong>parte</strong> diadattare l’offerta di servizi pubblici alle disparità<strong>in</strong>tra-regionali nei livelli di reddito. In alcunicasi <strong>il</strong> livello di governo superiore ha <strong>in</strong>centivatole fusioni con contributi f<strong>in</strong>anziari (F<strong>in</strong>landia,Norvegia, Giappone), attraverso <strong>il</strong> sistema deitrasferimenti.In altri casi, si osserva <strong>il</strong> disegno di un sistemaasimmetrico, two-speed system, nel quale lefunzioni di spesa vengono trasferite solo aigoverni locali con la richiesta massa critica esufficiente capacità amm<strong>in</strong>istrativa (<strong>il</strong> caso dellaSpagna f<strong>in</strong>o al 2002; cfr. <strong>il</strong> paragrafo 3).


8Una terza opzione è la “centralizzazione” dialcune funzioni (le agenzie di formazioneprofessionale <strong>in</strong> Svizzera).Un’ulteriore possib<strong>il</strong>ità è l’attività di regolazioneda <strong>parte</strong> del governo di livello superiore, conl’<strong>in</strong>troduzione di norme sugli standardqualitativi e sui sistemi di tariffazione dei servizipubblici forniti dai livelli <strong>in</strong>feriori di governo(soprattutto per ragioni di equità).Inf<strong>in</strong>e uno strumento per tentare di raggiungereoptimal functional areas per i diversi servizipubblici è costituito da accordi ad hoc tra igoverni locali, che possono assumere diverseconnotazioni; ad esempio l’offerta di alcuniservizi pubblici è concentrata <strong>in</strong> alcuni ent<strong>il</strong>ocali, che ricevono una compensazione daglialtri enti che beneficiano di questi servizi.L’assegnazione delle fonti di f<strong>in</strong>anziamentoConcerne <strong>il</strong> disegno della struttura verticaledella tassazione, <strong>in</strong> modo da <strong>in</strong>dividuare qualelivello di governo deve• decidere le imposte da applicare ad ogn<strong>il</strong>ivello di governo;• decidere <strong>in</strong> merito alle aliquote e alle basiimponib<strong>il</strong>i;• accertare e amm<strong>in</strong>istrare le diverse imposte.Si pongono qu<strong>in</strong>di due ord<strong>in</strong>i di <strong>problemi</strong>. Ilprimo concerne <strong>il</strong> quantum dell’autonomiaimpositiva dei governi locali. Il secondoproblema fa <strong>in</strong>vece riferimento alle modalità concui l’autonomia deve essere realizzata <strong>in</strong> pratica.Anche <strong>in</strong> questo caso, non c’è un ambito teoricocomunemente accettato e la distribuzione dellefonti di f<strong>in</strong>anziamento che si osserva nei diversiPaesi è frutto, più che dell’applicazione delle<strong>in</strong>dicazioni della teoria normativa, di fattoristorici e culturali, nonché di processi dicontrattazione politica tra i diversi livelli digoverno. È tuttavia possib<strong>il</strong>e <strong>in</strong>dividuare alcunicriteri generali.È <strong>in</strong>dubbio che per <strong>il</strong> corretto funzionamento diun sistema decentrato debba esserci uncollegamento tra responsab<strong>il</strong>ità di spesa e fontidi f<strong>in</strong>anziamento. L’autonomia impositiva, nelsenso di disponib<strong>il</strong>ità di entrate proprie e di fontimarg<strong>in</strong>ali di f<strong>in</strong>anziamento, conferisce aigoverni decentrati capacità di controllo dei flussidi entrata, <strong>in</strong> modo da:• prevedere con sufficiente certezzal’evoluzione delle entrate e dunquepianificare i programmi di spesa,• aumentare o ridurre la pressionetributaria, assumendosene <strong>in</strong> pieno laresponsab<strong>il</strong>ità, con un <strong>in</strong>centivo ad unamaggiore accountab<strong>il</strong>ity del sistemapolitico,• stab<strong>il</strong>ire uno stretto collegamento traentrate e spesa per i beni e servizi pubbliciofferti, preservando l’equ<strong>il</strong>ibrio di b<strong>il</strong>ancio.Tuttavia è altrettanto vero che <strong>il</strong> trasferimento dipoteri impositivi agli enti decentrati pone<strong>problemi</strong> di efficienza e di equità, che vengonodi seguito <strong>il</strong>lustrati, nelle loro l<strong>in</strong>ee generali.• Il caso estremo – che costituisce solo unpunto di riferimento - è quello della cosiddettalegislazione <strong>in</strong>dipendente, dove ciascungoverno decentrato costruisce e gestisce <strong>il</strong> suosistema tributario, <strong>in</strong> modo del tutto<strong>in</strong>dipendente dal governo centrale e dagli altrigoverni locali. L’autonomia tributaria sarebbe lamassima possib<strong>il</strong>e, ma i vantaggi sarebbero <strong>in</strong>buona <strong>parte</strong> controb<strong>il</strong>anciati dai maggiori costiderivanti dalla molteplicità delle struttureamm<strong>in</strong>istrative e dalla possib<strong>il</strong>ità di fenomeni diconcorrenza ed esportazione <strong>fiscale</strong>. Ciò che si


9osserva nella realtà è che ai governi sub-centralivengono assegnati dei tributi, che essi possonogestire, spesso entro limiti posti dal governocentrale.• Le addizionali costituiscono una fonte dif<strong>in</strong>anziamento spesso ut<strong>il</strong>izzata per <strong>il</strong>f<strong>in</strong>anziamento dei governi decentrati, cheapplicano una certa aliquota sulla loro quota dibase imponib<strong>il</strong>e di un’imposta del governocentrale. Il potere impositivo del governo localeè limitato alla scelta dell’aliquota, generalmenteentro limiti fissati dal governo centrale. Questosistema presenta <strong>il</strong> vantaggio di essereabbastanza trasparente e semplice daamm<strong>in</strong>istrare. Ma può produrre <strong>problemi</strong> diequità <strong>fiscale</strong> orizzontale, poiché ladistribuzione delle basi imponib<strong>il</strong>i non èomogenea su tutto <strong>il</strong> territorio nazionale; la baseimponib<strong>il</strong>e è generalmente funzione diretta dellivello di attività economica. Dunque, se ciascungoverno decentrato deve offrire ai suoi residentiquantità sim<strong>il</strong>i di beni e servizi, è necessario chesia istituito un sistema di trasferimenti percompensare la disparità delle basi imponib<strong>il</strong>i.Possono sorgere anche <strong>problemi</strong> di esternalitàfiscali verticali, ad esempio le decisioni di unlivello di governo possono ridurre <strong>il</strong> gettito di unaltro livello di governo (se <strong>il</strong> governo centraleadotta provvedimenti che restr<strong>in</strong>gono la baseimponib<strong>il</strong>e di un tributo condiviso con i governidecentrati, questi subiranno una perdita digettito).Inf<strong>in</strong>e, per alcuni tributi (ad esempio le impostesocietarie), si pone <strong>il</strong> problema di costruire delleformule per ripartire la base imponib<strong>il</strong>enazionale tra i diversi governi decentrati, <strong>in</strong>quanto non è immediato capire dove un certoreddito è stato generato.• Con le com<strong>parte</strong>cipazioni, <strong>in</strong>vece, i governisub-centrali acquisiscono una certa quota delgettito di un tributo nazionale, non hanno <strong>in</strong>pratica autonomia impositiva e l’ammontare delgettito dipende dalle scelte del governo centrale<strong>in</strong> merito alle aliquote e alle basi imponib<strong>il</strong>i. Lecom<strong>parte</strong>cipazioni sono dunque assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>i adei trasferimenti, sebbene ci possano esserediversità <strong>in</strong> merito al grado di discrezionalitàattribuito dal Centro sull’ut<strong>il</strong>izzo dei duestrumenti f<strong>in</strong>anziari. L’autonomia f<strong>in</strong>anziaria siriduce alla decisione di come spendere un datoammontare di risorse.Ciascuno dei tre metodi di assegnazione dellefonti di f<strong>in</strong>anziamento va comunque consideratoe valutato <strong>in</strong>sieme al sistema dei trasferimenti,che rappresentano una quota spesso elevata delleentrate dei governi decentrati.I trasferimenti rispondono a diversi obiettivi:• attutire i <strong>problemi</strong> di equità orizzontale,ovvero ridurre le differenze di gettito tra entidello stesso livello di governo, quando lacapacità <strong>fiscale</strong> (capacità di raccoglieregettito) non è uniformemente distribuita sulterritorio;• risolvere i <strong>problemi</strong> di equità verticale,ovvero colmare le disparità di gettito tradiversi livelli di governo;• <strong>in</strong>ternalizzare gli effetti di sp<strong>il</strong>l-over, che,come si è visto, si hanno quando i residentidi una certa regione beneficiano della spesapubblica da <strong>parte</strong> di un’altra regione;• <strong>in</strong>centivare alcuni tipi di spesa pubblica alivello decentrato (<strong>in</strong> questo caso, si tratta disolito di trasferimenti con v<strong>in</strong>colo didest<strong>in</strong>azione).Una ulteriore dist<strong>in</strong>zione che viene spesso fattaper i trasferimenti perequativi è tra perequazioneverticale e perequazione orizzontale. Con laprima è lo Stato centrale che trasferisce risorseagli enti territoriali più poveri o comunque dovemaggiore è <strong>il</strong> disequ<strong>il</strong>ibrio tra risorse ecompetenze; con la seconda, sono <strong>in</strong>vece gli entipiù ricchi che trasferiscono direttamente risorse


12decentrato che tenga conto dei <strong>problemi</strong> diefficienza e nello stesso tempo voglia rispettarealcuni requisiti di equità. La stessa teoriaeconomica non dà <strong>in</strong>dicazioni univoche e questospiega, almeno <strong>in</strong> <strong>parte</strong>, <strong>il</strong> fatto che nel mondo siosservano sistemi decentrati tra loro moltodifferenziati, sia che si tratti di Stati unitari siache si tratti di Stati federali. D’altra <strong>parte</strong>, comegià accennato, la distribuzione delle funzioni dispesa e delle fonti di entrata <strong>in</strong> ciascun Paesenon è solo <strong>il</strong> risultato di scelte secondo la logicaeconomica, ma anche <strong>il</strong> frutto della tradizionestorica e culturale di ciascuno.Il prossimo paragrafo offre una panoramica dellecaratteristiche del decentramento <strong>in</strong> alcuni Paesidell’OCSE.2. Caratteristiche dei sistemi decentratiLa TAB. 1 presenta alcuni <strong>in</strong>dicatori didecentramento <strong>fiscale</strong>, misurato con la quota dispese ed entrate degli enti locali sulle spese edentrate totali del governo centrale, <strong>in</strong> alcuniPaesi europei, Canada e Stati Uniti. Il grado didecentramento <strong>fiscale</strong> presenta una grandevariab<strong>il</strong>ità tra i paesi considerati, le spese e leentrate locali sono comprese <strong>in</strong> un <strong>in</strong>tervallo tra<strong>il</strong> 5% e <strong>il</strong> 60% delle spese ed entrate pubblichetotali. Forse sorprendentemente, la forma delloStato (se unitario o federale) non risulta avere unlegame diretto con l’effettivo grado didecentramento <strong>fiscale</strong>. Anzi, vi sono Paesiunitari (come i Paesi scand<strong>in</strong>avi), dove i govern<strong>il</strong>ocali gestiscono una quota di spese ed entratepubbliche ben superiore a quella che si osserva<strong>in</strong> molti Paesi federali.In tutti i Paesi considerati, nei governi decentrat<strong>il</strong>a quota di spesa pubblica eccede la quota dientrate, ad <strong>in</strong>dicare <strong>il</strong> ruolo r<strong>il</strong>evante svolto dalsistema dei trasferimenti 4 .4 Le quote di entrate e spese locali sulle entrate espese totali sono però un <strong>in</strong>dicatore molto rozzoLe TABB. 2.a e 2.b forniscono qualche<strong>in</strong>dicazione sulla spesa pubblica per funzioni alivello decentrato. In contrasto con leproposizioni pr<strong>in</strong>cipali della teoria normativa,ben poche sono le funzioni di spesa assegnateallo stesso livello di governo nei diversi Paesi, asegnalare l’importanza di fattori storici eculturali. Ad esempio, nei Paesi federali, laspesa locale per l’istruzione va dallo 0,4% <strong>in</strong>Australia al 13% <strong>in</strong> Germania, al 44,1% <strong>in</strong>Canada; la spesa locale per la sanità vadall’1,1% <strong>in</strong> Canada al 18,4% <strong>in</strong> Svizzera. Unavariab<strong>il</strong>ità ancora maggiore si registra tra i Paesiunitari.La TAB. 3 offre qualche <strong>in</strong>formazione sullacomposizione delle entrate locali, tra entratetributarie, entrate extra-tributarie e trasferimenti.In quasi tutti i Paesi, <strong>il</strong> peso delle entratetributarie è r<strong>il</strong>evante, ma anche questo presentaun elevato grado di variab<strong>il</strong>ità sia tra i Paesifederali sia tra i Paesi unitari. In tutti i Paesiconsiderati, emerge altresì <strong>il</strong> ruolo fondamentaledei trasferimenti. In alcuni casi, come l’Italiadegli anni ’80, essi rappresentano anche piùdell’80% delle entrate locali, un punto su cuitorneremo. Tuttavia, negli ultimi vent’anni,sembra accresciuto <strong>il</strong> ruolo delle imposte comefonti di f<strong>in</strong>anziamento dei governi decentrati,anche se alcuni Paesi (Regno Unito e Irlanda,Svizzera e Messico) sono andati nella direzioneopposta.dell’effettivo grado di decentramento <strong>fiscale</strong>, poichénon rendono esattamente l’idea di quale e quantaautonomia <strong>fiscale</strong> godano i governi locali. Adesempio, <strong>in</strong> molti Paesi, è presente un’ampiasovrapposizione delle funzioni dei diversi livelli digoverno, <strong>il</strong> che può significare che larga <strong>parte</strong> dellaspesa del governo locale sia <strong>in</strong> realtà strettamentecontrollata dal centro.


13TAB 1: Entrate e spese dei governi decentrati*Quota sulla spesa Quota sulle entratedel governo del governocentrale (1) centraleEntrate tributarie<strong>in</strong> % delle entratetotali1985 2001 1985 2001 1985 2001Paesi federaliAustria 28.4 28.5 24.6 21.4 23.8 18.9Belgio 31.8 34.0 11.4 11.3 4.8 28.6Canada 54.5 56.5 50.4 49.9 45.4 44.1Germania 37.6 36.1 31.9 32.4 30.8 29.2USA 32.6 40.0 37.6 40.4 32.7 31.7Paesi unitariDanimarca 53.7 57.8 32.3 34.6 28.4 33.8F<strong>in</strong>landia 30.6 35.5 24.8 24.7 22.4 22.4Francia 16.1 18.6 11.6 13.1 8.7 9.3Grecia 4.0 5.0 3.7 3.7 1.3 1.0Irlanda 30.2 29.5 32.3 34.6 2.3 1.9Italia 25.6 29.7 10.7 17.6 2.3 12.2Lussemburgo 14.2 12.8 8.0 7.4 6.6 5.6Olanda 32.6 34.2 11.4 11.1 2.4 3.5Norvegia 34.6 38.8 22.5 20.3 17.7 16.3Portogallo 10.3 12.8 7.6 8.3 3.5 6.5Spagna 25.0 32.2 17.0 20.3 11.2 16.5Svezia 36.7 43.4 34.3 32.0 30.4 30.8Regno Unito 22.2 25.9 10.5 7.6 10.2 4.1* Fonte: Jourmaud and Kongsrud (2003)(1) Esclusi I trasferimenti ad altri livelli di governoTAB 2.a: Spese dei governi locali per alcune funzioni pr<strong>in</strong>cipali(<strong>in</strong> % della spesa locale totale; 2001 o ultimo anno disponib<strong>il</strong>e)Beni pubblici** Istruzione Sanità Sicurezza socialee welfareAbitazioni etempo liberoTrasporti ecomunicazioniStato, Locale Stato, Locale Stato, Locale Stato, Locale Stato, Locale Stato, Localeregione o regione o regione o regione o regione o regione oprov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>ciaAltre speseStato,regione oprov<strong>in</strong>ciaPaesi federaliAustralia 18.9 16.1 29.4 0.4 20.1 2.1 4.8 6.3 3.4 18.7 8.8 27.5 14.7 28.9Austria 13.5 19.5 19.9 16.1 23.3 12.3 18.4 21.4 4.1 3.9 17.8 17.8 3.0 9.0Belgio 14.8 30.7 42.9 20.5 0.8 2.0 16.9 15.9 2.5 2.4 17.2 13.0 5.0 15.7Canada 5.3 9.6 23.2 40.5 31.9 1.1 16.3 7.4 1.4 5.5 3.7 12.6 18.1 17.8Germania 13.8 10.8 21.9 13.0 8.0 14.5 17.1 24.6 4.1 15.3 5.7 6.0 29.4 15.9Svizzera 13.3 12.9 24.7 23.0 16.6 18.3 17.8 14.8 2.1 8.2 9.8 7.2 15.8 15.5USA 7.9 16.6 31.0 44.1 21.9 8.7 18.1 7.5 0.7 2.1 7.9 6.1 12.6 14.9Locale


14TAB 2.b: Spese dei governi locali per alcune funzioni pr<strong>in</strong>cipali(<strong>in</strong> % della spesa locale totale; 2001 o ultimo anno disponib<strong>il</strong>e)Beni pubblici** Istruzione Sanità Sicurezza socialee welfareAbitazioni etempo liberoTrasporti ecomunicazioniStato, Locale Stato, Locale Stato, Locale Stato, Locale Stato, Locale Stato, Localeregione o regione o regione o regione o regione o regione oprov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>cia prov<strong>in</strong>ciaAltre speseStato,regione oprov<strong>in</strong>ciaPaesi unitariR. Ceca. 14.1 24.2 1.1 8.2 20.9 15.8 15.7Danimarca 4.5 13.1 16.5 57.2 0.9 4.2 3.6Francia 38.5 16.4 0.7 9.9 6.2 10.3 18.0Ungheria 16.8 27.9 16.4 13.3 13.8 3.6 8.1Islanda 5.4 28.2 0.9 15.5 5.3 9.1 35.7Irlanda 4.1 11.3 45.5 5.2 14.9 11.3 7.8Lussemburgo 21.2 16.1 0.9 4.6 9.1 21.0 27.1Olanda 12.8 17.9 2.6 22.6 20.0 6.7 17.4Norvegia 6.4 22.2 32.5 17.6 6.4 4.5 10.4Polonia 11.2 27.8 24.8 8.0 11.4 10.1 6.7R. Slovacca 31.6 0.3 0.7 1.7 41.5 12.7 11.4Spagna 31.0 25.8 4.2 3.9 6.5 18.2 10.5Svezia 13.0 21.0 25.6 27.6 2.9 5.5 4.3Regno Unito 16.3 28.7 0.0 32.5 5.4 4.9 12.2*Fonte: Jourmaud e Kongsrud (2003)** servizi pubblici generali, ord<strong>in</strong>e pubblico e sicurezzaLocaleTAB 3: Entrate dei governi locali(<strong>in</strong> % delle entrate totali)Entrate tributarie Altre entrate Trasferimenti1985 2000 1985 2000 1985 2000Paesi federaliAustralia 42.5 40.3 37.0 45.4 20.5 14.3Austria 53.8 52.4 32.1 27.4 14.2 20.1Belgio 32.0 37.2 6.7 9.2 61.3 53.6Canada 36.5 40.6 15.6 19.9 47.9 39.5Germania 36.9 39.5 36.0 25.3 27.0 35.2Messico 35.2 19.4 57.2 29.2 7.6 51.4Svizzera 50.9 48.2 32.4 34.5 16.7 17.3USA 39.3 37.8 22.1 23.6 38.5 38.6Paesi UnitariDanimarca 44.0 52.9 10.0 7.8 46.0 39.3F<strong>in</strong>landia 46.2 55.1 19.6 22.6 34.2 22.3Francia 46.7 45.1 18.9 19.3 34.4 35.5Islanda 72.0 74.0 20.0 17.3 8.0 8.8Irlanda 5.4 4.9 20.0 18.7 74.6 76.4Italia 6.3 37.2 11.7 13.5 82.0 49.3Lussemburgo 45.0 33.4 12.5 29.4 42.5 37.2Olanda 5.6 9.7 14.0 20.2 80.4 70.1Norvegia 45.7 38.5 15.8 20.1 38.4 41.4Spagna 56.3 66.5 19.4 11.0 24.2 22.6Svezia 57.7 74.9 20.5 5.7 21.8 19.4Regno Unito 30.8 14.3 21.1 15.6 48.1 70.1*Fonte: OECD, Revenue Statistics, 2003


15TAB 4: Gettito delle pr<strong>in</strong>cipali imposte locali(<strong>in</strong> % delle entrate tributarie totali)Redditi eprofittiPayroll Patrimonio Impostegenerali suiconsumiAcciseTaxeson useetc.AltreimpostePaesi federaliAustralia - - 100.0 - - - -Austria 37.7 19.1 10.0 22.7 3.8 1.7 5.0Belgio 85.8 - - 1.4 7.9 4.6 0.3Canada - - 91.6 0.2 - 1.6 6.5Germania 77.1 - 16.6 5.2 0.5 0.4 0.2Messico - 0.1 88.5 - 1.9 0.9 8.6Svizzera 83.1 - 16.6 - 0.2 0.1 -USA 6.2 - 71.5 12.4 5.1 4.8 -Paesi UnitariDanimarca 91.1 2.2 6.6F<strong>in</strong>landia 78.6 16.9 4.3 - - - 0.2Francia - - 49.1 - 7.6 3.4 39.8Grecia - - 56.2 2.8 23.1 17.9 -Ungheria 0.8 - 22.2 71.1 1.0 4.5 0.4Islanda 80.4 - 12.4 7.2 - - -Irlanda - - - 100.0 - - -Italia 8.8 - 18.0 - 8.7 10.6 53.9Giappone 47.5 27.4 31.1 7.0 8.1 5.4 1.0Lussemburgo - 92.6 5.8 - 1.0 0.2 0.3Olanda - - 57.5 - - 42.5 -Norvegia 90.6 - 7.5 - - 1.8 -Portogallo 22.4 7.9 44.3 17.3 12.3 3.3 0.3Spagna 25.3 21.9 37.4 11.7 9.9 13.7 1.9Svezia 100.0 - - - - - -Regno Unito - - 99.9 - - - 0.1*Fonte: OECD, Revenue Statistics, 2003(1) Include le imposte sul patrimonio netto (Norvegia), imposte di successione (F<strong>in</strong>landia e Portogallo) ed altre imposte,pr<strong>in</strong>cipalmente sugli affari (Francia, Italia)


16Qualche <strong>in</strong>formazione di maggiore dettaglioproviene dalla TAB. 4, che <strong>il</strong>lustra lacomposizione del gettito tributario dei govern<strong>il</strong>ocali. Nei grandi Paesi federali della tradizioneanglo-sassone (Australia, Canada e Stati Uniti),gli enti locali si f<strong>in</strong>anziano prevalentemente conle imposte patrimoniali (mentre gli staticomponenti le federazioni con imposte sullevendite e sui redditi personali); al contrario, neiPaesi federali dell’Europa cont<strong>in</strong>entale (Belgio,Germania e Svizzera), i governi decentrati sibasano soprattutto sulle imposte sui redditi eprofitti; altri Paesi, come la Spagna e l’Austria,fanno ricorso anche alle imposte sui consumi. Sesi considerano i Paesi unitari, nel Regno Unito igoverni locali si f<strong>in</strong>anziano solo con le impostepatrimoniali, mentre i Paesi scand<strong>in</strong>avi solo conle imposte sul reddito da lavoro. L’Italia e laFrancia ut<strong>il</strong>izzano anche imposte sul valoreaggiunto a livello locale (<strong>in</strong> Italia, l’IRAP).Emerge dunque un panorama molto variegato,talora anche <strong>in</strong> netto contrasto con isuggerimenti della teoria sull’uso delle impostepiù appropriate. Bisogna però ancora una voltasottol<strong>in</strong>eare che questi dati, pur di grande<strong>in</strong>teresse, non danno un’idea precisa sul grado diautonomia tributaria dei governi locali neidiversi Paesi.3. Due esperienze europee di <strong>federalismo</strong>:Spagna e BelgioQuesto paragrafo è dedicato alla discussione didue esperienze europee di decentramento, quellaspagnola e quella belga, che si presentanoparticolarmente <strong>in</strong>teressanti sotto molti aspetti epossono fornire qualche ut<strong>il</strong>e <strong>in</strong>dicazione per <strong>il</strong>nostro Paese.Il decentramento <strong>in</strong> SpagnaL’esperienza spagnola rappresenta un caso<strong>in</strong>teressante di decentramento <strong>fiscale</strong>, associatoad un processo di consolidamento e riequ<strong>il</strong>ibriodelle f<strong>in</strong>anze pubbliche. Il processo didecentramento <strong>parte</strong> alla f<strong>in</strong>e del regimedittatoriale, nella seconda metà degli anni ’70,dettato più che da considerazioni di carattereeconomico da ragioni politiche, quali <strong>il</strong>rafforzamento del regime democratico e lanecessità di tenere conto dell’esistenza di ampiedisparità culturali e l<strong>in</strong>guistiche tra le diverseregioni. Con la Costituzione approvata nel 1978,vengono istituiti due livelli di governo subcentrali:17 regioni (Comunità Autonome) e piùdi 8.000 comuni. Alla Costituzione vieneaffiancata la Ley Orgánica de F<strong>in</strong>anciación delas Comunidades Autónomas (LOFCA), checontiene i pr<strong>in</strong>cipi per l’attuazione deldecentramento, sulla base dei quali nel corsodegli anni ’80 le Comunità hanno approvato <strong>il</strong>oro Statuti.Il modello spagnolo di decentramento è natocome modello asimmetrico che, da un lato,riflette le differenze – storiche, culturali,l<strong>in</strong>guistiche ed economiche – tra le diverseRegioni, dall’altro <strong>il</strong> complesso processopolitico e di negoziazione attraverso <strong>il</strong> quale èstato costruito. Due asimmetrie rivestonoparticolare importanza ed aiutano a capire come<strong>il</strong> sistema si è evoluto nel tempo, f<strong>in</strong>o ad arrivareall’assetto attuale.La prima asimmetria riguarda l’esistenza di dueregimi di decentramento, per cui i governiregionali hanno poteri fiscali molto diversi, <strong>il</strong>Regime Forale e <strong>il</strong> Regime Comune (come ladist<strong>in</strong>zione tra Regioni a Statuto speciale eRegioni a Statuto ord<strong>in</strong>ario <strong>in</strong> Italia). Il primo siapplica ai Paesi Baschi e alla Navarra, a cui sonostate devolute, s<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio, la maggior <strong>parte</strong>delle funzioni di spesa e la maggior <strong>parte</strong> delleimposte (cosiddette impuestas concertados), conampi marg<strong>in</strong>i di autonomia. Queste Regionigestiscono <strong>in</strong><strong>fatti</strong> <strong>in</strong> piena autonomia imposte sulreddito e sui profitti, sulle successioni e


17donazioni, mentre non hanno potere di deciderealiquote e base imponib<strong>il</strong>e per quanto riguardal’IVA; pagano un contributo al Governo centraleper <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento di quelle funzioni di suaesclusiva competenza, come la difesa e lerelazioni <strong>in</strong>ternazionali.Il Regime Comune si applica alle altre 15Comunità, che f<strong>in</strong>o al 1996 hanno avuto benpoca autonomia tributaria e sono state f<strong>in</strong>anziateprevalentemente attraverso trasferimenti.La seconda asimmetria riguarda le Comunità delRegime Comune e consiste nel cosiddettodecentramento a due velocità, <strong>in</strong> relazioneall’attribuzione delle funzioni di spesa. LaCostituzione aveva <strong>in</strong><strong>fatti</strong> previsto che non tuttele Regioni dovessero assumere le stesse funzion<strong>in</strong>ello stesso momento, ma che si potesseroseguire due strade per accedere all’autonomia:una strada più veloce, con l’assunzioneimmediata di ampie funzioni di spesa, <strong>in</strong>particolare della sanità e dell’istruzione ed unastrada più graduale, aspettando almeno c<strong>in</strong>queanni per arrivare alla piena autonomia. Questaasimmetria è però stata fonte di complessità econflitti, aggravati dalla revisione qu<strong>in</strong>quennaledel sistema di decentramento. La recente riformadel 2002 ha <strong>in</strong> buona <strong>parte</strong> risolto questi<strong>problemi</strong>.- L’assegnazione delle funzioniL’attribuzione delle funzioni di spesa ècontenuta nella Costituzione e negli Statuti delleautonomie. In particolare, l’art. 148 dellaCostituzione elenca le materie su cui le Regionipossono avere competenza nei loro Statuti (pursenza specificare se si tratti di funzion<strong>il</strong>egislative o esecutive); all’art. 149 specifica lefunzioni che su quelle materie restano dicompetenza esclusiva del Governo centrale;<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e contiene una clausola di salvaguardia, percui le Regioni possono assumere funzioni sullematerie non elencate agli artt. 148 e 149, che senon assunte dalle Regioni restano al Governocentrale.Più <strong>in</strong> dettaglio, lo Stato centrale ha competenze<strong>in</strong> alcune aree, come la giustizia, la difesa, lerelazioni <strong>in</strong>ternazionali, <strong>il</strong> commercio conl’estero e le politiche economiche generali, <strong>in</strong>particolare redistribuzione e stab<strong>il</strong>izzazione. Inmolti ambiti, le competenze sono suddivise,secondo diversi criteri. In alcuni casi (come lalegislazione penitenziaria e i brevetti), <strong>il</strong>Governo centrale detiene <strong>il</strong> potere legislativo ele Regioni hanno potere esecutivo; <strong>in</strong> altri casi(istruzione, sanità, protezione ambientale,stampa e telecomunicazioni), <strong>il</strong> Governocentrale detta la legislazione di base, chedef<strong>in</strong>isce gli standard m<strong>in</strong>imi che devono essererispettati <strong>in</strong> tutto <strong>il</strong> Paese, <strong>in</strong> base alla quale igoverni regionali adottano le loro norme; <strong>in</strong> altricasi ancora, tutti e due i livelli di governodetengono sia <strong>il</strong> potere legislativo sia <strong>il</strong> potereesecutivo su parti della stessa materia (i lavoripubblici), a seconda che si tratti di <strong>in</strong>teressenazionale o regionale. I governi regionali hanno<strong>in</strong>oltre <strong>il</strong> potere di promuovere lo sv<strong>il</strong>uppoeconomico sul proprio territorio e di regolazione<strong>in</strong> alcuni settori di attività economica, limitatodal potere del Governo centrale di dettare lalegislazione di base.Il decentramento cosiddetto a due velocità si èconcretizzato essenzialmente nel fatto che nontutte le Regioni del Regime Comune hannoavuto da subito le competenze <strong>in</strong> materia diistruzione e di sanità. Ma la riforma del 2002 haunificato le responsab<strong>il</strong>ità di spesa di tutte leRegioni ed ha abolito la disposizione dir<strong>in</strong>egoziare <strong>il</strong> sistema ogni c<strong>in</strong>que anni.- L’assegnazione delle entrateLe modalità di f<strong>in</strong>anziamento delle Regioni delRegime Comune sono state spesso modificate


18nel corso degli anni e, dal 1986 f<strong>in</strong>o al 2002,negoziate ogni c<strong>in</strong>que anni 5 all’<strong>in</strong>terno delConsiglio per la Politica <strong>fiscale</strong> e f<strong>in</strong>anziaria(composto dai M<strong>in</strong>istri dell’Economia e dellef<strong>in</strong>anze e della Pubblica Amm<strong>in</strong>istrazione delGoverno centrale e dai Consiglieridell’Economia e delle f<strong>in</strong>anze dei Governiregionali), che ha potere decisionale <strong>in</strong> materia.Al processo di devoluzione delle funzioni, non siè accompagnato un analogo processo didevoluzione delle entrate e, come è statoaccennato, f<strong>in</strong>o al 1996, le Regioni sono statef<strong>in</strong>anziate quasi esclusivamente attraverso itrasferimenti dal b<strong>il</strong>ancio del Governo centrale,differenziati a seconda che si trattasse di Regioniad alta responsab<strong>il</strong>ità (le c<strong>in</strong>que Regioni cheavevano assunto tutte le funzioni, s<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio)o Regioni a bassa responsab<strong>il</strong>ità.In un primo periodo di transizione, durato f<strong>in</strong>o al1986, i trasferimenti non v<strong>in</strong>colati eranoredistribuiti sulla base di un criterio detto delcosto effettivo: per ciascuna funzione devoluta,ogni Regione otteneva risorse pari al costostorico, r<strong>il</strong>evato prima del decentramento; <strong>in</strong>altre parole, la spesa statale per ciascunafunzione era stata regionalizzata e l’importorisultante assegnato alle diverse Regioni. Apartire dal 1986, questo criterio è stato sostituitoda un metodo basato su un <strong>in</strong>dicatore di bisogno,costruito ponderando diverse variab<strong>il</strong>i, quali lapopolazione, la dimensione territoriale, lo sforzo<strong>fiscale</strong> 6 . Le Regioni ad alta responsab<strong>il</strong>itàricevevano un ammontare di trasferimenti piùelevato, per poter f<strong>in</strong>anziare l’istruzione(maggiore peso della popolazione nellacostruzione dell’<strong>in</strong>dicatore di fabbisogno).F<strong>in</strong>o alla riforma del 2002, che ha uniformato lefunzioni di tutte le Regioni, la sanità venivaf<strong>in</strong>anziata con trasferimenti v<strong>in</strong>colati, dest<strong>in</strong>atisolo alle Regioni cui la funzione era statadevoluta, distribuiti sulla base della spesa storicae della popolazione. Dal 2002, <strong>il</strong> meccanismo dif<strong>in</strong>anziamento della sanità è stato modificato,con l’istituzione di due Fondi, <strong>il</strong> Fondo Generalee <strong>il</strong> Fondo di Coesione. Il primo è distribuitosulla base di tre <strong>in</strong>dicatori - la popolazione(75%), la popolazione sopra i 65 anni (24,5%) el’ap<strong>parte</strong>nenza ad un’isola (0,5%) – e dovrebbeaumentare sulla base della crescita del PIL. Ilsecondo serve a compensare le Regioni cheoffrono cure ospedaliere ai non residenti 7 .A partire dal 1996, <strong>il</strong> peso dei trasferimenti si èridotto, parallelamente all’aumento del grado diautonomia tributaria, che f<strong>in</strong>o a quel momentoera stata praticamente nulla 8 . Con la revisioneper <strong>il</strong> periodo 1997-2002, fu ceduta alle Regioniuna quota pari al 15% del gettito dell’impostasul reddito delle persone fisiche raccoltoall’<strong>in</strong>terno del territorio regionale, con qualchelimitata possib<strong>il</strong>ità di manovrare le aliquote econcedere crediti d’imposta, preservandone laprogressività.A decorrere dal 2002, è stato <strong>in</strong>trodotto unnuovo sistema di f<strong>in</strong>anziamento per le 15Regioni del Regime Comune.In particolare, è stato <strong>in</strong>trodotto un criterio piùoggettivo della spesa storica per la ripartizionedei trasferimenti generali (sim<strong>il</strong>e a quello usato5 Nel 1996, alcune Regioni non hanno accettato larevisione del sistema e ciò ha comportato lasovrapposizione di due sistemi di f<strong>in</strong>anziamento.6 Tuttavia, la ponderazione delle diverse variab<strong>il</strong>i fufatta <strong>in</strong> modo tale che ciascuna regione ricevesse unammontare di risorse non <strong>in</strong>feriore a quello ricevutonel regime previgente.7 La compensazione è a carico dello Stato centrale,ma non copre <strong>il</strong> costo del servizio.8 Erano state <strong>in</strong><strong>fatti</strong> cedute le imposte sul patrimonionetto degli <strong>in</strong>dividui, sulle successioni e donazioni,sui trasferimenti di proprietà, sul lotto, ma senzanessun marg<strong>in</strong>e di manovra, per cui le Regionipotevano solo amm<strong>in</strong>istrarle, mentre <strong>il</strong> poterenormativo restava nelle mani dello Stato centrale.


19per la sanità): 94% sulla base della popolazione,4,2% sulla base dell’estensione territoriale, 1,2%sulla base della densità di popolazione, 0,6%sulla base dell’ap<strong>parte</strong>nenza ad un’isola. LeRegioni ricevono poi dei trasferimenti aggiuntiviper i servizi sociali, distribuiti sulla base dellapopolazione sopra i 65 anni.Un’altra caratteristica importante della riforma èl’aumento del peso dei tributi regionali, <strong>in</strong> mododa ridurre <strong>il</strong> divario tra autonomia di spesa edautonomia di entrate. Nel 2003, i tributi proprisono giunti a rappresentare circa <strong>il</strong> 53% delleentrate totali dei Governi regionali ed <strong>in</strong>oltre leRegioni hanno ottenuto <strong>il</strong> potere di manovrare lealiquote o le basi imponib<strong>il</strong>i di gran <strong>parte</strong> delleimposte loro devolute.La TAB. 5 <strong>il</strong>lustra <strong>il</strong> nuovo regime.Sembra tuttavia che - almeno f<strong>in</strong>ora - le Regioniabbiano ut<strong>il</strong>izzato molto poco i marg<strong>in</strong>i diautonomia loro attribuiti 9 .Il nuovo sistema però non è privo di <strong>problemi</strong> eprobab<strong>il</strong>mente sarà ancora una volta riformato,nel tentativo di rimuovere gli effetti dellacosiddetta garantia de m<strong>in</strong>imos, <strong>in</strong> base allaquale, <strong>in</strong> seguito ad ogni revisione, nessunaRegione avrebbe dovuto ricevere un ammontaredi risorse <strong>in</strong>feriore a quello ricevuto con <strong>il</strong>sistema precedente. L’operare di questomeccanismo ha di fatto perpetuato i <strong>problemi</strong><strong>in</strong>iziali di allocazione dei f<strong>in</strong>anziamenti.- La perequazioneLa Costituzione e la LOFCA fanno riferimento<strong>in</strong> modo esplicito al pr<strong>in</strong>cipio della solidarietà. IlGoverno centrale dovrebbe garantire un livellom<strong>in</strong>imo essenziale di servizi offerti da ciascunaRegione, anche quando questa non è <strong>in</strong> grado diTAB. 5 Pr<strong>in</strong>cipali imposte regionali (RegimeComune) prima e dopo la riforma del 2002Prima del 2002 Dopo <strong>il</strong> 2002Imposta sul reddito delle persone fisiche15% del gettito raccolto sulterritorio, senza nessunpotere discrezionale suquesta quotaNessunacom<strong>parte</strong>cipazioneImposta sul valore aggiuntoPossib<strong>il</strong>ità di stab<strong>il</strong>ire lealiquote sul 33% della baseimponib<strong>il</strong>e (a parità d<strong>in</strong>umero di scaglionistab<strong>il</strong>ito a livello centrale)35%del gettito raccolto sulterritorio regionale, manessun potere normativoImposta sul patrimonioIntero gettito, con qualche Intero gettito, con maggiorepotere sulle aliquote discrezionalità sullealiquoteTabacco, acoolici e olii m<strong>in</strong>eraliNessun gettito40% del gettito raccoltonella Regione, ma nessunpotere discrezionaleRivendita di prodotti petroliferiL’imposta non esisteva Possib<strong>il</strong>ità di <strong>in</strong>trodurreNessun gettitoEnergia elettricaaddizionali (limitate)sull’accisa del GovernocentraleIntero gettito raccolto nellaRegione, ma nessun poterediscrezionalef<strong>in</strong>anziarli con le entrate tributarie e con itrasferimenti. Dunque le capacità fiscali dellediverse Regioni dovrebbero essere uguagliate, <strong>in</strong>modo da consentire a ciascuna di offrire un certolivello di servizi a parità di sforzo <strong>fiscale</strong>.La riforma del 2002 ha reso più solido etrasparente <strong>il</strong> meccanismo di perequazione. IlFondo perequativo (Fondo de suficiencia), vienealimentato dallo Stato centrale e dalle Regionicon capacità <strong>fiscale</strong> superiore al fabbisogno dispesa 10 . Le risorse del fondo crescono sulla basedella crescita del gettito tributario dello Statocentrale.9 Un problema serio <strong>in</strong> Spagna è la lacunosità delsistema <strong>in</strong>formativo, per cui diventa diffic<strong>il</strong>e simularegli effetti di potenziali modifiche di aliquote e basiimponib<strong>il</strong>i.10 Si tratta di Madrid e delle Baleari.


20- I governi localiLe responsab<strong>il</strong>ità dei comuni non sono elencatenella Costituzione, ma def<strong>in</strong>ite nel LocalGovernment Act del 1985 e variano al variaredella dimensione dell’ente 11 .Essi hanno comunque responsab<strong>il</strong>ità moltolimitate, non occupandosi di istruzione eassistenza sanitaria. Tuttavia è nell’agendapolitica (Pacto local) la devoluzione di maggioriresponsab<strong>il</strong>ità agli enti locali, anche perb<strong>il</strong>anciare i rapporti di forza tra Regioni e Statocentrale. L’eccessiva frammentazione, con lapresenza di moltissimi comuni di piccolissimedimensioni, dovrebbe comunque <strong>in</strong>durre aqualche cautela nell’attribuzione ulteriorifunzioni di spesa.I comuni si f<strong>in</strong>anziano soprattutto con entratetributarie, che derivano dalle imposte sullaproprietà immob<strong>il</strong>iare e sugli affari, dalle tassesui veicoli, dalle tasse sulle opere diurbanizzazione e lavori pubblici, dall’impostasui guadagni di capitale sulla proprietà terriera.Su queste imposte e tasse hanno anche <strong>il</strong> poteredi stab<strong>il</strong>ire le aliquote, sia pure entro certi limiti.Il decentramento <strong>in</strong> BelgioIl Belgio è uno stato federale di recentecostituzione, precisamente dalla riformacostituzionale del 1993, attuata dopo una serie dialtre riforme e una lunga fase di negoziazioni,che ha istituito c<strong>in</strong>que livelli di governo: <strong>il</strong>Governo federale, le Comunità, le Regioni, le11 Ad esempio, tutti i comuni sono responsab<strong>il</strong>i perl’<strong>il</strong>lum<strong>in</strong>azione pubblica, la rete idrica, i pianiurbanistici; quelli superiori a 5.000 abitanti devonoanche fornire giard<strong>in</strong>i pubblici e la biblioteca; quellisopra i 20.000 abitanti devono fornire anche servizisociali e <strong>il</strong> macello; quelli sopra i 50.000 sonoresponsab<strong>il</strong>i anche dei trasporti pubblici urbani e deiservizi di protezione ambientale. I servizi che nonsono forniti dai s<strong>in</strong>goli comuni possono essere offertiattraverso forme di cooperazione tra gli enti, gestite alivello regionale.Prov<strong>in</strong>ce (10) e i Comuni (589). L’ord<strong>in</strong>amentofederale belga è caratterizzato da s<strong>in</strong>golarecomplessità e asimmetria, che derivano, al paridel caso spagnolo, essenzialmente dallanecessità di comporre le tensioni culturali esociali manifestatesi negli anni. Il processofederativo è stato <strong>in</strong><strong>fatti</strong> sostenuto soprattuttodall’emergere di profonde fratture fra le diverseComunità l<strong>in</strong>guistiche.Il primo passo verso <strong>il</strong> <strong>federalismo</strong> risale al1970, quando la Costituzione viene modificataper sancire l’esistenza di tre Regioni (Fiandre,Bruxelles e Valloni) e tre Comunità l<strong>in</strong>guistiche(Fiamm<strong>in</strong>ga, Francese e Tedesca), <strong>in</strong>troducendodue modelli di <strong>federalismo</strong>: alle Comunità vieneattribuita l’autonomia culturale e alle Region<strong>il</strong>’autonomia socio-economica (che non vieneperò subito implementata). Nelle Fiandre si èavuta f<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio la fusione delle istituzionidella Regione e della Comunità fiamm<strong>in</strong>ga.- Le riforme degli anni ‘80Un’ulteriore sp<strong>in</strong>ta al decentramento simanifesta nel 1980: le Comunità culturaliottengono più competenze e viene rafforzataanche l’autonomia regionale; Regioni eComunità ottengono istituzioni separate, <strong>in</strong>clusoun esecutivo separato; gli atti legislativi delleRegioni e Comunità vengono equiparati a quellidel Governo centrale. Da sottol<strong>in</strong>eare che tutte lecompetenze degli enti federati sono, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea dipr<strong>in</strong>cipio, concepite come esclusive, anche se lalegislazione speciale, ha di fatto ritagliato degliambiti di competenza per lo Stato federaleall’<strong>in</strong>terno di molte delle materie attribuite alleRegioni. Nessun passo viene <strong>in</strong>vece effettuatonella direzione dell’autonomia tributaria deigoverni decentrati; le risorse f<strong>in</strong>anziarie dellenuove autonomie consistono prevalentemente <strong>in</strong>trasferimenti dal b<strong>il</strong>ancio centrale (per leRegioni def<strong>in</strong>iti sulla base di tre criteri


21ponderati, la popolazione, <strong>il</strong> gettito dell’impostapersonale sul reddito e la superficie, cosiddettaregola dei tre/terzi; per le Comunità sulla basedella popolazione), <strong>il</strong> che non <strong>in</strong>coraggia laresponsab<strong>il</strong>ità f<strong>in</strong>anziaria.Nel 1988-1989, viene attuata una ulterioreriforma, che vede <strong>il</strong> trasferimento di moltecompetenze dal governo centrale alle autonomiesub-centrali: la fornitura di beni pubblici localiviene affidata quasi completamente alle Regionie alle Comunità; <strong>il</strong> governo federale mantiene <strong>il</strong>controllo sulle grandi public ut<strong>il</strong>ities (ferrovie,telecomunicazioni, poste, aeroporti, elettricità eimpianti nucleari), mantiene anche laresponsab<strong>il</strong>ità delle politiche redistributive (lasicurezza sociale) e di stab<strong>il</strong>izzazione. Ancora,la maggior <strong>parte</strong> delle competenze rimaneesclusiva, riducendo gli spazi di <strong>in</strong>terferenza.Tuttavia, per diverse materie (dall’ambiente, allasanità alla politica energetica), <strong>il</strong> Governocentrale mantiene <strong>il</strong> controllo sulla legislazione esul f<strong>in</strong>anziamento, mentre le disposizioniattuative e la gestione vengono affidate alleRegioni o alle Comunità. Per quanto riguarda lefonti di f<strong>in</strong>anziamento, aumenta <strong>il</strong> peso dellecom<strong>parte</strong>cipazioni rispetto ai trasferimenti dalb<strong>il</strong>ancio centrale e alle Regioni viene concessauna limitata autonomia tributaria. Aumenta<strong>in</strong>vece moltissimo l’autonomia di spesa (la quotadi spesa delle autonomie passa dal 10% nel 1980al 30% nel 1990).- La riforma del 1993La riforma del 1993 trasforma <strong>il</strong> Belgio <strong>in</strong> unostato federale e procede anche ad una revisionedella distribuzione delle funzioni tra i divers<strong>il</strong>ivelli di governo. Le competenze delle Regionie delle Comunità sono stab<strong>il</strong>ite dallaCostituzione e dalle leggi federali adottate conuna maggioranza speciale 12 . Le materie nonesplicitamente assegnate restano attribuite alGoverno federale.Le competenze delle Comunità riguardanopr<strong>in</strong>cipalmente gli <strong>in</strong>dividui e i diritti<strong>in</strong>dividuali: cultura, arte e turismo; istruzione;politica sanitaria e welfare (eccetto la sicurezzasociale); cooperazione <strong>in</strong>ternazionale <strong>in</strong> questiambiti. L’istruzione rappresenta la funzione piùr<strong>il</strong>evante <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di spesa.Le competenze delle Regioni non sono elencate<strong>in</strong> Costituzione, ma def<strong>in</strong>ite dalle leggi federali,e rispondono ad una logica territoriale: sv<strong>il</strong>uppoeconomico regionale, <strong>in</strong>cluse le politiche per <strong>il</strong>lavoro; <strong>in</strong>dustria; ambiente, conservazione dellanatura e sv<strong>il</strong>uppo rurale; abitazioni e territorio;risorse idriche; politica energetica (tranne le<strong>in</strong>frastrutture nazionali e l’energia nucleare);strade e vie fluviali; aeroporti regionali etrasporti pubblici locali; agricoltura ecommercio con l’estero 13 . Tuttavia, <strong>in</strong> molte diqueste materie <strong>il</strong> Governo federale conserva <strong>il</strong>potere di dettare le regole generali.Al Governo federale resta la competenzaesclusiva su difesa, giustizia, sicurezza,sicurezza sociale, politica <strong>fiscale</strong> e monetaria, <strong>il</strong>che non è banale, se si considera che la spesa perpensioni è la componente pr<strong>in</strong>cipale della spesapubblica complessiva.Dunque le Regioni e le Comunità godono diampia autonomia legislativa. Per fare un12Qualunque emendamento che modifichi lecompetenze delle autonomie deve essere approvatocon una maggioranza di 2/3 dei voti <strong>in</strong> ciascunacamera del Parlamento federale e a maggioranza daciascun gruppo l<strong>in</strong>guistico presente <strong>in</strong> ciascunaCamera13Nell’esercizio delle cosiddette “competenzeimplicite”, di cui all’art. 10 della legge speciale 8agosto 1980, le Regioni possono adottare att<strong>il</strong>egislativi (detti decreti) anche <strong>in</strong> materie che esulanodalla loro sfera di attribuzioni, nella misura <strong>in</strong> cui ciòrisulti necessario per l’esercizio delle propriecompetenze.


22esempio, una legge di una Comunità <strong>in</strong> materiadi istruzione può abrogare o emendare unaprecedente legge nazionale, visto che la materiarientra <strong>in</strong>teramente nelle competenze esclusivedelle Comunità. In altre parole, non si applica <strong>il</strong>pr<strong>in</strong>cipio gerarchico per cui la legge federalesovrasta le leggi delle autonomie. All’autonomialegislativa si affianca anche l’autonomiaamm<strong>in</strong>istrativa. Le leggi federali vengonoimplementate dalle agenzie o dipartimenti delgoverno federale e le leggi delle Regioni e delleComunità vengono implementate dalle agenzie odipartimenti regionali.Una caratteristica peculiare dell’ord<strong>in</strong>amentobelga è <strong>il</strong> meccanismo di composizione deiconflitti di <strong>in</strong>teresse fra livelli di governo,ispirato al pr<strong>in</strong>cipio della “lealtà federale”, aisensi dell’art. 143 della Costituzione, secondo <strong>il</strong>quale “nell’esercizio delle rispettive competenze,lo Stato federale, le Comunità, le Regioni e laCommissione comunitaria Comune agiscono nelrispetto della lealtà federale, allo scopo dievitare conflitti d’<strong>in</strong>teresse”. Se sorgono conflittidi competenza si ricorre alla Corte di Arbitrato,una giurisdizione speciale <strong>in</strong>staurata a questoscopo nel 1980. Se i conflitti riguardanoquestioni amm<strong>in</strong>istrative si ricorre al Consigliodi Stato. I conflitti d’<strong>in</strong>teresse sono <strong>in</strong>vecesottoposti ad un Comitato di concertazione,composto dai M<strong>in</strong>istri del Governo federale, deigoverni delle Comunità e delle Regioni.Dopo la riforma costituzionale del 1993, la spesadelle Regioni e delle Comunità assume un pesoancora più r<strong>il</strong>evante sulla spesa pubblicacomplessiva, ma l’autonomia tributaria resta<strong>in</strong>adeguata ai livelli di spesa, e <strong>il</strong> sistema dif<strong>in</strong>anziamento delle autonomie si presentacomplesso e <strong>in</strong>stab<strong>il</strong>e, soggetto a ripetutemodifiche. In particolare, le fonti dif<strong>in</strong>anziamento sono, e sono sempre state, diverseper le Regioni e le Comunità.- Il f<strong>in</strong>anziamento delle ComunitàDal 1993, alle Comunità sono stati attribuiti tretipi di entrate: la com<strong>parte</strong>cipazione al gettitofederale dell’imposta sul reddito delle personefisiche e dell’IVA; i canoni radio-TV (poiregionalizzati); i f<strong>in</strong>anziamenti per l’istruzioneuniversitaria offerta agli studenti stranieri. Lecom<strong>parte</strong>cipazioni sono allocate tra le Comunitàcon criteri diversi: la com<strong>parte</strong>cipazioneall’imposta sul reddito (<strong>il</strong> cui ammontare totale èogni anno <strong>in</strong>dicizzato ai prezzi al consumo e allacrescita del PIL) viene ripartita secondo <strong>il</strong>contributo di ciascuna Comunità al gettitocomplessivo dell’imposta, secondo <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipiodel “giusto ritorno”, per cui l’ammontare deitrasferimenti dal b<strong>il</strong>ancio statale va calcolato <strong>in</strong>proporzione del gettito <strong>fiscale</strong> espresso daciascun territorio. La com<strong>parte</strong>cipazione algettito dell’IVA (<strong>il</strong> cui ammontare totale è<strong>in</strong>dicizzato per ora solo ai prezzi al consumo, ma<strong>in</strong> futuro sarà legato anche alla crescita del PIL)viene ripartita sulla base del fabbisogno. Sullabase della riforma del 2000-2001, a partire dal2012, la ripartizione della com<strong>parte</strong>cipazioneall’IVA seguirà <strong>il</strong> criterio più oggettivo dellacapacità <strong>fiscale</strong>. I canoni radio-TV sonodistribuiti sulla base della localizzazione degliapparecchi. I f<strong>in</strong>anziamenti per gli studenti sono<strong>in</strong>dicizzati ai prezzi al consumo e possono esseremodificati per tenere conto dell’andamento dellapopolazione studentesca.Non è stato previsto nessun meccanismo diperequazione. In ogni caso, le Comunità nongodono di autonomia tributaria, pur avendopiena autonomia di spesa. Il problema delleComunità, <strong>in</strong> particolare di quella di l<strong>in</strong>guafrancese, resta <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento dell’istruzione,che ha portato negli ultimi anni ad aumenti adhoc dei trasferimenti.


24amm<strong>in</strong>istrativi federali. Come si è detto, la leggespeciale del 13 luglio 2001, ha trasferitocompletamente alle Regioni la competenzalegislativa <strong>in</strong> materia di ord<strong>in</strong>amento deiComuni e delle Prov<strong>in</strong>ce. Dunque, per <strong>il</strong>f<strong>in</strong>anziamento delle loro funzioni, Prov<strong>in</strong>ce eComuni dipendono dalle Comunità e dalleRegioni. Queste ultime dispongono di unapposito Fondo dei Comuni dest<strong>in</strong>ato alf<strong>in</strong>anziamento degli enti locali, ma <strong>in</strong> caso di<strong>in</strong>sufficienza delle risorse, gli enti locali devonofarsi carico di una <strong>parte</strong> dei costi dei servizi loroaffidati. A questo f<strong>in</strong>e, le Regioni hanno facoltàdi concedere loro quote di imposte sui redditi esui beni immob<strong>il</strong>i.In conclusione, <strong>il</strong> sistema belga presenta unastruttura istituzionale molto complessa, che tentadi mediare le istanze delle diverse Comunità eRegioni, che si riflette anche nei rapportif<strong>in</strong>anziari tra i diversi livelli di governo.L’esperienza belga di <strong>federalismo</strong> non si ècomunque conclusa, le Regioni chiedono ancoramaggiore autonomia e probab<strong>il</strong>mente nuoveriforme saranno attuate <strong>in</strong> tempi brevi.4. Il decentramento <strong>in</strong> Italia negli anni ‘90 15Ragioni e <strong>problemi</strong> del decentramentoNegli ultimi trent’anni, l’Italia ha gradualmenteimplementato un processo di decentramento<strong>fiscale</strong>, con l’attribuzione di nuove competenzee risorse ai livelli <strong>in</strong>feriori di governo, che haavuto un’accelerazione nel corso degli anni ’90,s<strong>in</strong>o ad arrivare alla riforma costituzionale del2001.Alle orig<strong>in</strong>i del processo di decentramento deglianni ’90 stanno ragioni di varia natura, siatecniche sia politiche. Alla f<strong>in</strong>e degli anni ’80l’Italia presentava un sistema di f<strong>in</strong>anza pubblica15 Questo paragrafo riprende, aggiornandole, alcunedelle considerazioni discusse più <strong>in</strong> dettaglio <strong>in</strong>Bordignon (2006).fortemente accentrato dal lato del prelievo, <strong>in</strong>conseguenza della riforma tributaria che avevacancellato gli ampi spazi di autonomia tributariadi cui godevano soprattutto i Comuni,sostituendoli con un sistema di trasferimenti dalCentro alla periferia 16 . Si configurava unsistema cosiddetto di f<strong>in</strong>anza derivata, doveattraverso i trasferimenti erariali <strong>il</strong> Centrodel<strong>in</strong>eava i livelli di spesa degli enti decentratied <strong>in</strong> <strong>parte</strong> anche le caratteristiche della stessaspesa. Nonostante l’impronta moderatamente“regionalista” della Costituzione del ’48, peresempio, ancora gli <strong>in</strong>izi degli anni ’90, leRegioni a Statuto ord<strong>in</strong>ario erano f<strong>in</strong>anziate per<strong>il</strong> 97% con trasferimenti erariali, di cui oltre <strong>il</strong>94% a dest<strong>in</strong>azione v<strong>in</strong>colata, cioè contrasferimenti a valere su diversi fondi settoriali(sanità, trasporti, agricoltura). Questo sistema<strong>in</strong>corporava molti punti critici, soprattutto effettidi deresponsab<strong>il</strong>izzazione sul comportamentodegli enti locali. La determ<strong>in</strong>azione annuale deitrasferimenti da <strong>parte</strong> del Centro, sulla base delleesigenze della f<strong>in</strong>anza pubblica nazionale,rendeva di fatto impossib<strong>il</strong>e la programmazionepluriennale del b<strong>il</strong>ancio da <strong>parte</strong> degli entiterritoriali; l’assenza di livelli <strong>in</strong>sufficienti diautonomia tributaria al marg<strong>in</strong>e ne rendevaimpossib<strong>il</strong>e una gestione autonoma <strong>in</strong> presenzadi shock differenziati; la separazione traresponsab<strong>il</strong>ità di spesa e di entrata forniva<strong>in</strong>centivi ad un esagerato aumento della prima acarico del b<strong>il</strong>ancio statale (fly paper effects);l’<strong>in</strong>capacità da <strong>parte</strong> del Centro di legare itrasferimenti erariali a <strong>in</strong>dicatori “oggettivi” difabbisogno aumentava la discrezionalità delsistema. Un segnale evidente delle difficoltà di16 In <strong>parte</strong>, questa scelta era stata deliberata, <strong>in</strong>risposta all’<strong>in</strong>soddisfazione per la gestione locale deitributi. Si riteneva <strong>in</strong>oltre che un sistema accentratodel prelievo avrebbe consentito una più ampiaperequazione territoriale delle risorse e un maggiorcontrollo della d<strong>in</strong>amica della spesa locale.


25f<strong>in</strong>anziamento del sistema degli enti decentratierano i molteplici <strong>in</strong>terventi ex post da <strong>parte</strong> delCentro a ripiano dei deficit accumulati a livellolocale, sostenuti da tentativi ripetuti ma spessovani di porre sotto controllo la d<strong>in</strong>amica dellaspesa locale. La conseguenza era una strutturadei f<strong>in</strong>anziamenti sostanzialmente arbitraria,basata sul cosiddetto pr<strong>in</strong>cipio della spesastorica, per cui chi, per qualche ragione, avevaspeso di più nel passato ed era riuscito astrappare maggiori risorse, si trovava poi adessere avvantaggiato rispetto agli altri, anche nelfuturo.L’<strong>in</strong>soddisfazione da <strong>parte</strong> dei tecnici neiconfronti del sistema di f<strong>in</strong>anza derivata avevaperò trovato scarso ascolto da <strong>parte</strong> del sistemapolitico nel corso degli anni ’80.La situazione cambia radicalmente all’<strong>in</strong>iziodegli anni ’90, come risultato di una serie difattori concomitanti: la crisi f<strong>in</strong>anziaria dei primianni ’90, e l’idea di uscirne, almeno per quantoriguarda la f<strong>in</strong>anza locale, attraverso unamaggiore responsab<strong>il</strong>izzazione, sostenuta daqualche autonomia, dei livelli locali di governo;la crisi politica degli stessi anni (a seguito degli<strong>in</strong>terventi dei giudici di mani pulite) e laconseguente straord<strong>in</strong>aria prem<strong>in</strong>enza, almenoper un breve periodo, di tecnici nell’azione digoverno; soprattutto, l’emergere di una forzapolitica, radicata nel Nord del Paese, che per laprima volta pone con forza <strong>il</strong> tema delladistribuzione delle risorse tra territori comeelemento centrale del dibattito politico. D’altra<strong>parte</strong>, sp<strong>in</strong>te verso <strong>il</strong> decentramento si registranonegli stessi anni quasi ovunque <strong>in</strong> Europa, ad<strong>in</strong>dicare probab<strong>il</strong>mente l’esistenza di forzeprofonde (<strong>il</strong> completamento del mercato unico alivello Europeo e la maggiore necessità dicompetere a livello territoriale che questocomporta?) che sp<strong>in</strong>gono i diversi Paesi adadottare risposte comuni. Inoltre, come moltihanno sottol<strong>in</strong>eato, lo stesso rafforzamentodell’Unione Europea funge da catalizzatore perquesti processi, come se la devolution di poteriverso l’alto, dagli stati nazionali all’Unione,richieda come naturale contrappeso, una sp<strong>in</strong>taverso <strong>il</strong> basso, nel decentramento a favore deglienti territoriali.L’obiettivo economico-f<strong>in</strong>anziario fondamentaledel decentramento <strong>in</strong> Italia è quello diresponsab<strong>il</strong>izzare maggiormente i governi localirispetto alla gestione del proprio b<strong>il</strong>ancio,ricostruendo una maggiore autonomia dal latotributario e offrendo più spazi di manovra dallato delle spese. Ma <strong>il</strong> processo didecentramento non è circoscritto all’ambitof<strong>in</strong>anziario e conduce a modifiche anche sulpiano politico, con riforme elettorali tese arafforzare la visib<strong>il</strong>ità e la legittimitàdemocratica degli esecutivi nei confronti deicittad<strong>in</strong>i. In un certo senso si può <strong>in</strong>dividuareuna vera e propria “tecnica del decentramento”(TAB.6), graduale ma cont<strong>in</strong>ua, e che prevedepassaggi sia f<strong>in</strong>anziari che politici, conlegislazione ord<strong>in</strong>aria <strong>in</strong> <strong>parte</strong>, e con legislazionecostituzionale nella <strong>parte</strong> f<strong>in</strong>ale del processo.Così, <strong>in</strong> più stadi successivi, trasferimentiv<strong>in</strong>colati vengono sostituiti con trasferiment<strong>il</strong>iberi e successivamente con tributi propri ecom<strong>parte</strong>cipazioni; leggi ord<strong>in</strong>arie ampliano lecompetenze degli enti locali, per poi trovare unsostegno a livello costituzionale, e così via.La TAB. 7 riassume i pr<strong>in</strong>cipali passagg<strong>il</strong>egislativi che hanno segnato nel corso deldecennio le tappe più significative del processodi decentramento. Interventi sulle entratetributarie si sommano a <strong>in</strong>terventi dal lato dellecompetenze; <strong>in</strong>terventi sul piano politico, ad<strong>in</strong>terventi sul piano costituzionale. Nellaseconda metà degli anni ’90, con piùprovvedimenti legislativi, i trasferimentiv<strong>in</strong>colati sono sostituiti da trasferimenti liberi e


26poi da strumenti tributari, com<strong>parte</strong>cipazioni otributi propri; <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con quanto avviene alivello nazionale, le regole elettorali vengonocambiate allo scopo di rendere s<strong>in</strong>daci epresidenti di Regioni più direttamenteaccountable nei confronti del proprio elettorato.Per i Comuni, la rivoluzione avviene conl’<strong>in</strong>troduzione dell’ICI prima e dell’addizionaleall’IRPEF poi, anche se non si riesce aTAB. 6: La tecnica del decentramentoEntrateProcesso a cascata:• sostituzione dei trasferimentiv<strong>in</strong>colati con trasferimenti senzav<strong>in</strong>colo di dest<strong>in</strong>azione• sostituzione dei trasferimenticon com<strong>parte</strong>cipazioni a granditributi erariali• sostituzione dellecom<strong>parte</strong>cipazioni con tributi propriSpese • Delega di funzioni eampliamento delle competenze conlegislazione ord<strong>in</strong>aria• Introduzione di norme tese arendere direttamente responsab<strong>il</strong>el’ente locale di eventuali disavanziPolitica • Modifica delle leggielettorali, <strong>in</strong>troduzione del sistemasemi-presidenziale (elezioni S<strong>in</strong>daco,Presidenti Regioni, Prov<strong>in</strong>ce)• Personalizzazione: rapportoeletto/cittad<strong>in</strong>i <strong>in</strong> cerca di maggioreaccountab<strong>il</strong>ity;Costituzione • Modifica delle leggicostituzionali per ridef<strong>in</strong>ire estab<strong>il</strong>izzare i rapporti livelli digovernomodificare <strong>il</strong> sistema dei trasferimenti, che purridotto d’importanza, resta sostanzialmentelegato al pr<strong>in</strong>cipio della spesa storica. Per leRegioni, <strong>il</strong> processo raggiunge <strong>il</strong> suo culm<strong>in</strong>e,con l’<strong>in</strong>troduzione dell’IRAP, a partire dal 1998,che rappresenta un robusto tributo proprio; conle leggi Bassan<strong>in</strong>i (1997-98) che ne ampliano icompiti; con <strong>il</strong> decreto 56/2000 che modifica <strong>il</strong>sistema di perequazione legandolo ad unacom<strong>parte</strong>cipazione all’IVA. Con le leggiBassan<strong>in</strong>i, anche le Prov<strong>in</strong>ce vengono <strong>in</strong>vestitedi nuovi compiti, a cui si fa fronte con ulterioristrumenti tributari. L’<strong>in</strong>sieme di questemodifiche avviene attraverso la legislazioneord<strong>in</strong>aria; ma <strong>il</strong> processo trova anche un suosbocco costituzionale, con la riforma del TitoloV nel 2001. Tuttavia, come si vedrà nelparagrafo 7, con l’<strong>in</strong>izio della nuova legislatura,<strong>il</strong> processo di riforma <strong>in</strong> qualche modo si arrestae mostra segnali di <strong>in</strong>versione.Il quantum del decentramentoMa quanto si è effettivamente decentrato nelcorso degli anni ’90? Rispondere alla domandanon è semplice, perché, come si è discusso <strong>in</strong>precedenza, non esiste un <strong>in</strong>dicatore univoco esoddisfacente del grado di decentramento. Comesi è già visto nel paragrafo 2, la quota di spesapubblica gestita a livello locale sulla spesacomplessiva o sul PIL è un <strong>in</strong>dicatore spessousato, ma è un <strong>in</strong>dicatore che non dice nulla suimarg<strong>in</strong>i effettivi di autonomia di cui godono glienti locali nella determ<strong>in</strong>azione di quella spesa.Allo stesso modo, la quota di risorse proprie otributarie sulla propria spesa o sul PIL dice pocosui livelli effettivi di autonomia di cui godonogli enti locali su quei tributi. Una secondadifficoltà è costituita dal fatto che mancanobanche dati robuste e condivise sui cui potersvolgere questi esercizi con affidab<strong>il</strong>ità, edesistono <strong>problemi</strong> di eterogeneità tra lecontab<strong>il</strong>ità dei diversi enti pubblici, <strong>il</strong> che rendeproblematico l’ut<strong>il</strong>izzo congiunto di fontialternative. In <strong>parte</strong>, la carenza di dati – vero eproprio tallone d’Ach<strong>il</strong>le di ogni tentativo dianalisi serio del contesto <strong>italia</strong>no – è unproblema dovuto alla natura sostanzialmenteunitaria dello Stato <strong>italia</strong>no, a cui solo di recentei pr<strong>in</strong>cipali istituti di ricerca hanno tentato di


27porre rimedio.TAB. 7: Pr<strong>in</strong>cipali tappe del decentramento<strong>fiscale</strong> regionale1948 Regioni a Statuto speciale1972-1977Regioni a Statuto ord<strong>in</strong>ario: decentramento dellaspesa e accentramento delle entrate, <strong>in</strong> seguitoalla riforma tributaria1978 Decentramento della spesa sanitaria alle regioni1990-1992Previsione di autonomia tributaria dei comuni e<strong>in</strong>troduzione dell’ICI1993 Attribuzione alle regioni dei contributi sanitari edelle tasse automob<strong>il</strong>istiche1993 Riforma elettorale, con elezione diretta delS<strong>in</strong>daco e del Presidente della prov<strong>in</strong>cia1995 Abolizione dei trasferimenti v<strong>in</strong>colati alleregioni (ad eccezione della sanità), istituzionedella com<strong>parte</strong>cipazione regionale all’accisasulle benz<strong>in</strong>e, istituzione del tributo speciale suirifiuti, istituzione del fondo perequativo1997- Leggi Bassan<strong>in</strong>i sul decentramento1998 amm<strong>in</strong>istrativo e decreti delegati1998 Abolizione dei contributi sanitari e <strong>in</strong>troduzionedell’IRAP e dell’addizionale regionaleall’IRPEF1999 Legge Costituzionale per l’elezione direttaPresidente Giunta Regionale e autonomiastatutaria2000 Decreto legislativo 56 e <strong>in</strong>troduzione dellacom<strong>parte</strong>cipazione regionale all’IVA; abolizionedei trasferimenti erariali alle Regioni per la spesasanitaria2001 Riforma del titolo V della Costituzione2003 Legge La Loggia2005-2006Nuova proposta di riforma costituzionale,bocciata dal referendumQualche ut<strong>il</strong>e <strong>in</strong>dicazione può comunque esseretratta dai dati dell’ISTAT, che elabora i contidelle Amm<strong>in</strong>istrazioni Pubbliche e fornisce<strong>in</strong>formazioni sui conti delle amm<strong>in</strong>istrazion<strong>il</strong>ocali.Si consider<strong>in</strong>o <strong>in</strong>nanzitutto le spese. La TAB. 8<strong>il</strong>lustra l’evoluzione della spesa pubblica, comequota sul PIL, del comparto delleAmm<strong>in</strong>istrazioni Pubbliche nel suo complesso,delle Amm<strong>in</strong>istrazioni centrali e di quelle locali.Tra <strong>il</strong> 1990 e <strong>il</strong> 2005, la spesa delle autonomielocali sul PIL non subisce grandi variazioni,passando dal 14,2 al 15,2%. Lo stesso valeanche se si considera la sola spesa corrente.Questo sta ad <strong>in</strong>dicare che dal lato della spesa, <strong>il</strong>decentramento ha prodotto più un dimagrimentodel ruolo delle amm<strong>in</strong>istrazioni centrali che unaumento della spesa delle amm<strong>in</strong>istrazion<strong>il</strong>ocali.TAB. 8: Spese delle Amm<strong>in</strong>istrazioniPubbliche (<strong>in</strong> % del PIL)1990 1995 2000 2005Spese totali al netto <strong>in</strong>teressiTotale P.A. 43,2 41,2 40,9 43,9Amm. centrali 30,9 27,3 21,4 22,8Amm. locali 14,2 12,5 13,5 15,2Spese correnti al netto <strong>in</strong>teressiTotale P.A. 37,9 36,7 37,3 39,9Amm. centrali 27,1 23,9 19,3 20,6Amm. locali 11,3 10,3 11,0 12,5Altre <strong>in</strong>dicazioni <strong>in</strong>teressanti si traggono dai datisulla spesa pubblica per categorie funzionali,che consentono di comprendere quali ambiti dispesa sono stati co<strong>in</strong>volti dal processo didecentramento.Per semplicità espositiva, le molteplici funzionidi spesa sono state raggruppate <strong>in</strong> tre macrofunzioni:1. Beni Pubblici Tradizionali, checomprendono Servizi generali, Difesa,Ord<strong>in</strong>e pubblico e sicurezza;2. Sv<strong>il</strong>uppo e Territorio, che <strong>in</strong>clude Affarieconomici, Protezione dell’ambiente,Abitazioni e assetto del territorio;3. Welfare, che comprende Sanità, Attivitàricreative, culturali e di culto, Istruzione,e Protezione sociale.La TAB. 9 mostra con chiarezza che nel corsodegli anni ’90, alla riduzione complessiva dellacrescita della spesa, si è accompagnato unrafforzamento della spesa per la protezione


28sociale e la sanità. A partire dal 2000, sembra<strong>in</strong>vece essere <strong>in</strong> atto un’<strong>in</strong>versione di tendenza.TAB. 9 Spese delle Amm<strong>in</strong>istrazioniPubbliche (Composizione percentuale, perfunzioni)1990 1995 2000 2005Beni pubblici 16,0 15,5 17,2 18,2tradizionaliSv<strong>il</strong>uppo e 17,9 14,3 11,0 12,6territorioWelfare 66,1 70,2 71,8 69,2Totale 100,0 100,0 100,0 100,0TAB. 10 Spese delle Amm<strong>in</strong>istrazioni Locali(Composizione percentuale, per funzioni)1990 1995 2000 2005Beni pubblici 13,8 14,9 16,5 16,6tradizionaliSv<strong>il</strong>uppo e 26,6 24,3 24,4 23,8territorioWelfare 59,6 60,8 59,1 59,6Totale 100,0 100,0 100,0 100,0Per quanto riguarda le Amm<strong>in</strong>istrazioni locali(TAB. 10), si osserva che tra <strong>il</strong> 1990 e <strong>il</strong> 2005, laquota della spesa per <strong>il</strong> welfare (che èessenzialmente sanità e istruzione) si mantienestab<strong>il</strong>e, mentre sembra accrescersi <strong>il</strong> peso degli<strong>in</strong>terventi per <strong>il</strong> territorio.Dunque, dal punto di vista della spesa, si puòaffermare che <strong>il</strong> processo di decentramento dellecompetenze, <strong>in</strong>iziato con le leggi Bassan<strong>in</strong>i, nonabbia sortito effetti di r<strong>il</strong>ievo sulla d<strong>in</strong>amica esulla composizione della spesa delleamm<strong>in</strong>istrazioni decentrate.Un altro <strong>in</strong>dicatore spesso ut<strong>il</strong>izzato permisurare <strong>il</strong> grado di decentramento fariferimento alla distribuzione dei dipendentipubblici per livelli di governo, nell’ipotesi che <strong>il</strong>decentramento di competenze implichi anchedecentramento del personale. La TAB. 11mostra come tra <strong>il</strong> 1990 e <strong>il</strong> 2005 si sia verificatauna riduzione dei dipendenti delleamm<strong>in</strong>istrazioni centrali, <strong>in</strong> particolare deidipendenti dello Stato e degli Enti di previdenza,a cui si è accompagnato un aumento deidipendenti delle amm<strong>in</strong>istrazioni locali, la cuiquota è passata dal 40,4 al 42% del totale.Sembrerebbe, a prima vista, che <strong>il</strong>decentramento abbia prodotto qualche effettosulla d<strong>in</strong>amica dell’occupazione nelleAmm<strong>in</strong>istrazioni locali. In realtà, non è cosìsemplice. In<strong>fatti</strong>, all’<strong>in</strong>terno del comparto delleautonomie locali, si registra una riduzione delpersonale di Regioni, Comuni e Prov<strong>in</strong>ce, unaumento dei dipendenti degli enti sanitari (unrisultato però che sarebbe diffic<strong>il</strong>e far risalire aldecentramento), un aumento del numero deidipendenti delle altre amm<strong>in</strong>istrazioni locali.Queste considerazioni vanno <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong>quadratenella più generale politica dell’occupazionepubblica, con riferimento alle norme <strong>in</strong>trodotteogni anno con la Legge f<strong>in</strong>anziaria, conl’obiettivo di contenimento delle spese dipersonale.TAB. 11: Dipendenti delle Amm<strong>in</strong>istrazionipubbliche (migliaia di unità)1990 1995 2000 2005Amm.centrali2.069,6 1.971,2 1.975,4 2.032,4di cui: Stato2.021,1 1.924,9 1.931,5 1.987,9(a)Amm. locali 1.443,2 1.519,3 1.492,7 1.515,8dicui:Regioni,prov<strong>in</strong>ce,comunidi cui: Ent<strong>il</strong>ocalisanitari735,0 689,7 664,9 626,3674,6 689,2 681,7 699,9Enti di62,0 56,5 56,5 57,9previdenzaTotale 3.574,8 3.547,0 3.524,6 3.606,1(a) Con riferimento all'anno 2000, la crescita dellaconsistenza del personale statale e la conseguenteriduzione del personale degli Enti territoriali locali èdovuta pr<strong>in</strong>cipalmente al passaggio del personaleamm<strong>in</strong>istrativo della scuola (a.t.a.) dalle prov<strong>in</strong>ce edai comuni allo Stato.


29Inf<strong>in</strong>e, l’ultimo <strong>in</strong>dicatore ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e permisurare <strong>il</strong> decentramento fa riferimento alleentrate delle autonomie locali, <strong>in</strong> particolare allaquota di entrate tributarie e contributive rispettoal totale delle proprie entrate e alle entrate fiscalicomplessive delle Amm<strong>in</strong>istrazioni Pubbliche.L’evidenza empirica a favore del decentramentoè chiara e forte osservando la TAB. 12. Il gradodi autonomia f<strong>in</strong>anziaria, misurato dalla quota dientrate fiscali sul totale delle entrate era del15,7% nel 1990; sale al 44,1% nel 2005. Laquota delle entrate fiscali complessive delleAmm<strong>in</strong>istrazioni Pubbliche che andava alleautonomie locali era solo <strong>il</strong> 5,5% all’<strong>in</strong>izio delperiodo; è pari al 16% nel 2005.TAB. 12: Entrate fiscali delleAmm<strong>in</strong>istrazioni locali1990 1995 2000 2005Imposte <strong>in</strong>dirette 5899 16934 54096 66073<strong>in</strong> % della P.A. 8,1 15,2 30,9 32,7Imposte dirette 8061 11794 17373 24078<strong>in</strong> % della P.A. 8,3 8,6 10,1 12,7Altre entrate fiscali 713 1782 1032 1599<strong>in</strong> % della P.A. 6,7 22,9 28,4 54,9Totale 14673 30510 72501 91750<strong>in</strong> % della P.A. 5,5 7,8 14,6 16,0Grado di autonomiaf<strong>in</strong>anziaria 15,7 25,2 44,7 44,1La TAB. 13 contiene <strong>in</strong>vece <strong>in</strong>dicazioni sulgettito dei s<strong>in</strong>goli tributi. Tuttavia, ancora unavolta occorre sottol<strong>in</strong>eare che questi dati nonsono un <strong>in</strong>dicatore perfetto del grado diautonomia tributaria delle Amm<strong>in</strong>istrazion<strong>il</strong>ocali. Questo è <strong>in</strong><strong>fatti</strong> strettamente collegatoanche al potere che gli enti decentrati hanno <strong>in</strong>merito alla fissazione delle aliquote, alladef<strong>in</strong>izione delle basi imponib<strong>il</strong>i dei diversitributi, alla possib<strong>il</strong>ità di <strong>in</strong>trodurre nuoveimposte. Sotto questo prof<strong>il</strong>o i marg<strong>in</strong>i diautonomia tributaria degli enti decentrati <strong>in</strong>Italia non sono elevatissimi e sono soggettianche a repent<strong>in</strong>i mutamenti, secondo ledecisioni del Governo centrale. È opportunoricordare che la legge f<strong>in</strong>anziaria per <strong>il</strong> 2003aveva bloccato la possib<strong>il</strong>ità per gli enti locali dimodificare l’IRAP e le addizionali all’IRPEF.L’ultima legge f<strong>in</strong>anziaria va <strong>in</strong>vece nelladirezione di aumentare <strong>il</strong> grado di autonomiaf<strong>in</strong>anziaria dei governi decentrati.In conclusione, <strong>il</strong> decentramento <strong>italia</strong>no deglianni ’90 si è concentrato prevalentemente sullato delle entrate, andando a ricomporreparzialmente <strong>il</strong> divario esistente tra spese eentrate locali; c’è stato un qualche riequ<strong>il</strong>ibriodella spesa a vantaggio delle amm<strong>in</strong>istrazion<strong>il</strong>ocali, ma <strong>in</strong> un contesto <strong>in</strong> cui la spesacomplessiva delle autonomie locali sul PIL èrimasta <strong>in</strong>variata.TAB. 13: Gettito delle imposte dirette e<strong>in</strong>dirette delle Amm<strong>in</strong>istrazioni locali1990 1995 2000 2005Imposte <strong>in</strong>diretteIVA 1819 2596 4357 4535Oli m<strong>in</strong>erali 184 969 3398 3434Addiz. ENEL 726 920 1220 1409Rc auto 0 0 1370 2015Concess. ed<strong>il</strong>izie 1012 1485 2021 3038ICI 0 6727 8435 10460Tasse automob<strong>il</strong>. 225 660 755 861IRAP 0 0 27315 34587Altre 1933 3577 5225 5734Totale 5899 16934 54096 66073Imposte diretteIRPEF 3619 5777 8058 9100Add. reg. IRPEF 0 0 2515 6430Add. com. IRPEF 0 0 582 1528Tasse auto 466 2268 3290 3621Altre 4013 4698 2985 3797Totale 8098 12743 17430 24476Le differenze territorialiUna questione di grande r<strong>il</strong>evanza perl’attuazione concreta del processo didecentramento concerne gli elementi di diversità


30che caratterizzano le Regioni (ma anche gli altrienti territoriali), sia sul fronte delle spese chedelle fonti di f<strong>in</strong>anziamento. È di crucialeimportanza capire quale sia <strong>il</strong> grado diuniformità nei livelli della spesa pro-capite delleRegioni nelle diverse aree del paese ed anchecome differiscono le capacità di f<strong>in</strong>anziamentocon entrate proprie delle diverse Regioni. Unproblema nello svolgere questo esercizio ècostituito dal fatto che i b<strong>il</strong>anci delle s<strong>in</strong>goleRegioni sono spesso costruiti con criteridifferenziati, <strong>il</strong> che rende diffic<strong>il</strong>e <strong>il</strong> confronto.Per questo <strong>in</strong> quanto segue presentiamo alcunidati ricavati da una nostra <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e (Ambrosanioe Bordignon, 2004) che ha alle spalle un lavorocertos<strong>in</strong>o di riclassificazione delle poste dib<strong>il</strong>ancio (come riportati nei certificati di b<strong>il</strong>ancioconsuntivo) su una base omogenea.Risulta, per esempio, che le spese correnti mediepro-capite delle 15 Regioni a Statuto ord<strong>in</strong>ario,<strong>in</strong> riferimento all’anno 2001 (ma la situazione daallora non è probab<strong>il</strong>mente cambiata molto), sicollocavano (TAB. 14) <strong>in</strong>torno ai 1.650 euro, deiquali circa 1.350 dest<strong>in</strong>ati alla spesa per lasanità. La spesa era anche abbastanza uniformesul territorio nazionale, variando <strong>in</strong><strong>fatti</strong> da unm<strong>in</strong>imo di 1.483 euro <strong>in</strong> Puglia ad un massimodi 1.983 euro <strong>in</strong> Bas<strong>il</strong>icata; si consideri, <strong>in</strong>oltre,che la spesa pro-capite <strong>in</strong> Lombardia èsostanzialmente la stessa che <strong>in</strong> Calabria. Comeemerge dalla tabella, se c’è una differenzaquesta appare più attribuib<strong>il</strong>e alla dimensione (<strong>in</strong>term<strong>in</strong>i di territorio e di abitanti) della Regione,piuttosto che alla collocazione sul territorionazionale. In particolare, Regioni piccolespendono <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i pro-capite <strong>in</strong> misuramaggiore delle Regioni di ampia dimensione, unsegno <strong>in</strong>equivocab<strong>il</strong>e dell’esistenza direndimenti di scala non sfruttati.TAB. 14: Spese delle Regioni a S. O.anno 2001, euro pro-capiteRegioniSpese Spesecorrenti c/cap. Spese SanitàtotaliPiemonte 1.704 356 2.060 1.422Lombardia 1.544 124 1.668 1.348Veneto 1.541 107 1.648 1.332Liguria 1.867 239 2.105 1.617Em<strong>il</strong>ia-Romagna 1.667 146 1.813 1.398Toscana 1.700 145 1.845 1.407Marche 1.600 229 1.829 1.305Umbria 1.754 413 2.167 1.428Lazio 1.803 136 1.939 1.446Abruzzo 1.559 285 1.844 1.266Molise 1.604 655 2.259 1.265Campania 1.495 177 1.673 1.203Puglia 1.483 202 1.685 1.261Bas<strong>il</strong>icata 1.983 491 2.475 1.382Calabria 1.551 383 1.935 1.255Media 1.657 273 1.930 1.356Media Nord 1.664 194 1.859 1.423Media Centro 1.714 231 1.945 1.396Media Sud 1.613 366 1.978 1.272Fonte: Ambrosanio-Bordignon (2004).Meno uniformi sono <strong>in</strong>vece le spese <strong>in</strong> contocapitale, sia per ragioni strutturali (le Regioni delSud spendono sempre <strong>in</strong> media di più di quelledel Nord, grazie ai cospicui trasferimentiprovenienti dall’Unione Europea e dal b<strong>il</strong>anciodello Stato) sia per ragioni cont<strong>in</strong>genti (<strong>il</strong>verificarsi di calamità naturali o di eventieccezionali).Alla sostanziale uniformità della spesa procapitedelle 15 Regioni, si accompagna dal latodelle entrate proprie, un profondo divario fraRegioni del Nord, del Centro e del Sud, comemostrano i dati relativi al gettito pro-capite deitributi propri nel 2001 (TAB. 15). I tributi proprirappresentano <strong>in</strong> media poco meno del 40%delle entrate correnti, ma la media nazionaleriflette situazioni molto differenziate. Più omeno a parità di spesa corrente pro-capite, laLombardia raccoglie 1.029 euro di tributi propri,la Calabria solo 402.


31TAB. 15: I tributi propri delle Regioni a S. O.anno 2001, euro pro-capiteRegioniTributi % Entratepropri correntiPiemonte 878 50,0Lombardia 1.029 64,9Veneto 895 53,7Liguria 696 35,3Em<strong>il</strong>ia-Romagna 985 55,8Toscana 802 42,6Marche 722 45,7Umbria 682 35,4Lazio 825 44,0Abruzzo 609 34,8Molise 497 23,9Campania 419 27,2Puglia 435 28,8Bas<strong>il</strong>icata 469 25,0Calabria 402 21,2Media 690 39,2Media Nord 897 51,9Media Centro 758 41,9Media Sud 472 26,8Fonte: Ambrosanio-Bordignon (2004).Esiste qu<strong>in</strong>di tra le Regioni un forte divario dicapacità <strong>fiscale</strong>, nel senso di capacità diraccogliere gettito tributario all’<strong>in</strong>terno delterritorio regionale, derivante dalle profondedifferenze nella distribuzione territoriale dellebasi imponib<strong>il</strong>i dei tributi.Ciò significa che ci sono Regioni che nonriescono a f<strong>in</strong>anziare le proprie spese con leentrate proprie. Ad esempio, la Calabriaraccoglie, nel 2001, 402 euro pro-capite ditributi propri e sostiene una spesa corrente procapitedi 1.551 euro.Il gap tra spese ed entrate proprie vieneattualmente coperto dai trasferimenti statali chehanno lo scopo di sopperire all’<strong>in</strong>sufficienza dientrate proprie delle Regioni più povere.Ma che cosa accadrebbe se si attuasse <strong>il</strong>decentramento previsto dal nuovo titolo V dellaCostituzione? In che modo questa differenzaterritoriale tra funzioni e tributi ne verrebbe<strong>in</strong>fluenzata? Se ne discuterà <strong>in</strong> dettaglio nelparagrafo 6.5. Decentramento e discipl<strong>in</strong>a <strong>fiscale</strong>Un problema di particolare r<strong>il</strong>ievo nei Paesi adelevato grado di decentramento è quello delladiscipl<strong>in</strong>a <strong>fiscale</strong>. I governi locali possono <strong>in</strong>fatt<strong>in</strong>on considerare gli effetti delle loro decisionisul complesso della f<strong>in</strong>anza pubblica e produrreesternalità negative, attraverso livelli troppoelevati di spesa pubblica. L’aspettativa di ancoredi salvezza da <strong>parte</strong> del Governo centrale, neimomenti di difficoltà, può produrreatteggiamenti irresponsab<strong>il</strong>i ed <strong>in</strong>sostenib<strong>il</strong>i neltempo 17 . Anche la sovrapposizione dellecompetenze e l’assenza di un legame stretto traautonomia di spesa ed autonomia di entratecontribuiscono a ridurre <strong>il</strong> senso diresponsab<strong>il</strong>ità f<strong>in</strong>anziaria dei governi decentrati.Il problema della discipl<strong>in</strong>a <strong>fiscale</strong> si è posto <strong>in</strong>modo particolare per i Paesi europei, tenuti alrispetto dei v<strong>in</strong>coli imposti alla f<strong>in</strong>anza pubblicadal Patto di stab<strong>il</strong>ità e crescita. Il Governocentrale è l’unico responsab<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> rispettodegli impegni europei, ma i governi regionali elocali possono contribuire <strong>in</strong> modo significativoa determ<strong>in</strong>are <strong>il</strong> disavanzo complessivo delleamm<strong>in</strong>istrazioni pubbliche e <strong>il</strong> problema èpotenzialmente tanto più r<strong>il</strong>evante quantomaggiore è la quota di spesa pubblica che glienti decentrati si trovano a gestire.La maggior <strong>parte</strong> dei Paesi europei ha dunqueadottato provvedimenti volti ad accrescere <strong>il</strong>grado di controllo del Governo centrale sullaf<strong>in</strong>anza locale e le soluzioni adottate hannocaratteristiche differenti, a seconda deimeccanismi <strong>in</strong>trodotti per <strong>in</strong>centivare i livelli<strong>in</strong>feriori di governo a rispettare le regole dib<strong>il</strong>ancio 18 .17 Ciò che <strong>in</strong> letteratura viene def<strong>in</strong>ito come unproblema di soft budget constra<strong>in</strong>t18 Va comunque sottol<strong>in</strong>eato che l’art. 104 delTrattato della Comunità Europea e le Risoluzioni del1997, che hanno <strong>in</strong>trodotto <strong>il</strong> Patto di stab<strong>il</strong>ità ecrescita (PSC), non contengono nessun esplicito


32Il Patto di stab<strong>il</strong>ità <strong>in</strong>terno (PSI) è stato<strong>in</strong>trodotto <strong>in</strong> Italia con la Legge f<strong>in</strong>anziaria per <strong>il</strong>1999, che all’art. 28 recita: “nel quadro del<strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong>, …le regioni, le prov<strong>in</strong>ceautonome, le prov<strong>in</strong>ce, i comuni e le comunitàmontane concorrono alla realizzazione degliobiettivi di f<strong>in</strong>anza pubblica che <strong>il</strong> paese haadottato con l’adesione al patto di stab<strong>il</strong>ità ecrescita, impegnandosi a ridurreprogressivamente <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento <strong>in</strong> disavanzodelle proprie spese e a ridurre <strong>il</strong> rapporto tra <strong>il</strong>proprio ammontare di debito e <strong>il</strong> prodotto<strong>in</strong>terno lordo”.Alcune esperienze europeePrima di analizzare l’esperienza <strong>italia</strong>na, è ut<strong>il</strong>eavere come punto di riferimento qualche<strong>in</strong>formazione sull’esperienza degli altri partnereuropei. In l<strong>in</strong>ea generale si possono r<strong>il</strong>evare dueapprocci al problema: quello cosiddettocooperativo e quello delle regole fiscali, stab<strong>il</strong>iteattraverso disposizioni di legge. Con <strong>il</strong> primo,caratterizzato da un elevato grado di flessib<strong>il</strong>ità,<strong>il</strong> contributo dei diversi livelli di governo alrispetto della discipl<strong>in</strong>a <strong>fiscale</strong> è determ<strong>in</strong>atosulla base di un processo <strong>parte</strong>cipativo e ledecisioni <strong>in</strong> materia co<strong>in</strong>volgono tutti i soggetti<strong>in</strong>teressati. Esso è di solito applicato dagli Statifederali, come riconoscimento del ruolocostituzionale dei governi decentrati.Il secondo approccio, tipico degli Stati unitari,con <strong>il</strong> contributo dei diversi enti territorialistab<strong>il</strong>ito per legge, si caratterizza per un elevatogrado di rigidità e, almeno ex ante, potrebbesembrare più efficace. In realtà, nell’uno enell’altro caso, le possib<strong>il</strong>ità di successo sonoaffidate alla corretta applicazione di meccanismiriferimento ai livelli di governo sub-centrali; nonesiste dunque alcun obbligo formale per i paesimembri di adottare regole e procedure che limit<strong>in</strong>o laformazione dei disavanzi dei governi regionali elocali.di sanzioni e di <strong>in</strong>centivi. Nel panoramaeuropeo, si rifanno all’approccio cooperativoAustria, Belgio, Germania e Olanda; seguono <strong>il</strong>secondo approccio Italia, Francia, Spagna,Portogallo e Paesi Scand<strong>in</strong>avi.In Belgio, <strong>il</strong> Superior F<strong>in</strong>ance Counc<strong>il</strong> (SFC)coord<strong>in</strong>a la f<strong>in</strong>anza centrale e la f<strong>in</strong>anza locale,<strong>in</strong> un contesto di procedure di b<strong>il</strong>anciocaratterizzate da un elevato grado dicomplessità, che, come si è discusso nelparagrafo 3, discende dalla stessa complessitàdell’assetto istituzionale. Dai diversi livelli digoverno derivano due “entità di b<strong>il</strong>anciopubblico”: la prima comprende <strong>il</strong> Governofederale e i Sistemi di sicurezza sociale; laseconda comprende le Comunità e le Regioni (ei Governi locali). L’SFC ha un mandatoparlamentare per monitorare <strong>il</strong> rispetto degliimpegni del Patto di stab<strong>il</strong>ità e crescita da <strong>parte</strong>di tutti i livelli di governo. Non esiste un vero eproprio Patto di stab<strong>il</strong>ità <strong>in</strong>terno, anche se <strong>il</strong> SFCfissa, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i assoluti, per ciascun governodella prima entità l’ammontare di surplus darealizzare o l’ammontare massimo di<strong>in</strong>debitamento. Ciascuna Comunità e Regionedeve annualmente predisporre <strong>il</strong> suo programmadi stab<strong>il</strong>ità pluriennale, dove specifica qualiazioni <strong>in</strong>tende <strong>in</strong>traprendere per raggiungere gliobiettivi <strong>in</strong>dicati dal SFC. A loro volta, leRegioni, che sovr<strong>in</strong>tendono alle Prov<strong>in</strong>ce e aiComuni, si impegnano a far sì che questirealizz<strong>in</strong>o gli obiettivi di b<strong>il</strong>ancio loro assegnati.Gli impegni delle varie entità di b<strong>il</strong>ancio sonoformalizzati <strong>in</strong> accordi tra <strong>il</strong> Governo federale dauna <strong>parte</strong> e le Comunità dall’altra. Non sono<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e previste sanzioni per gli enti che nonrealizzano gli obiettivi programmati, ma <strong>il</strong>Governo federale può, per legge, limitarel’<strong>in</strong>debitamento delle Regioni per un periodo didue anni. I governi regionali <strong>in</strong>vece hanno <strong>il</strong>


33compito di monitorare <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio dei comuni e,<strong>in</strong> caso di necessità, <strong>il</strong> potere di imporre taglialle spese e aumenti di entrate.In Germania l’adozione del PSI risale al 2002,dopo l’approvazione nel 2001 della nuova Lawof budgetary pr<strong>in</strong>ciples, nella quale vieneesplicitamente riconosciuto che tutti i livelli digoverno devono sopportare la responsab<strong>il</strong>ità delrispetto dei v<strong>in</strong>coli europei. Il PSI è stato<strong>in</strong>trodotto <strong>in</strong> un contesto di f<strong>in</strong>anza pubblica<strong>in</strong>soddisfacente, determ<strong>in</strong>ato anche dal r<strong>il</strong>evantecontributo dei governi locali alla formazione deldeficit complessivo, per circa la metà del totale.Esso è stato <strong>in</strong> qualche misura subito dai Länder,<strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea di pr<strong>in</strong>cipio contrari all’<strong>in</strong>troduzione diregole di b<strong>il</strong>ancio v<strong>in</strong>colanti, viste come unaperdita della loro autonomia di b<strong>il</strong>ancio. Irisultati non sono stati soddisfacenti, tanto che larecente riforma della Costituzione, entrata <strong>in</strong>vigore <strong>il</strong> 1° settembre 2006, ha <strong>in</strong>trodottospecifici meccanismi sanzionatori. Le eventualisanzioni comm<strong>in</strong>ate alla Germania dallaCommissione Europea dovranno essere allocatetra i diversi livelli di governo. In particolare, <strong>il</strong>governo federale si accollerebbe <strong>il</strong> 65% (checorrisponde più o meno alla quota consolidatadel b<strong>il</strong>ancio federale e della sicurezza sociale sultotale della spesa pubblica nel 2005), mentre <strong>il</strong>rimanente 35% resterebbe a carico dei Länder.Di questo 35%, <strong>il</strong> 65% dovrebbe essere a caricodegli enti che hanno prodotto <strong>il</strong> deficit; <strong>il</strong> resto acarico di tutti i Länder, ripartito secondo ladimensione della popolazione, <strong>in</strong> applicazione diun pr<strong>in</strong>cipio di solidarietà. Questo meccanismo èstato comunque criticato, <strong>in</strong> quanto non risolve i<strong>problemi</strong> di free-rid<strong>in</strong>g e non è chiaro perchédebbano essere puniti anche i Länder che hannorispettato la discipl<strong>in</strong>a di b<strong>il</strong>ancio.Inf<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> Spagna, nel 2001 è stata approvata laGeneral law of budgetary stab<strong>il</strong>ity, con effetti apartire dal 2003. F<strong>in</strong>o al 2006, tutti i livelli digoverno (compresi i programmi di sicurezzasociale e le imprese pubbliche) sono statiobbligati a produrre un b<strong>il</strong>ancio <strong>in</strong> pareggio o <strong>in</strong>surplus. Questa regola ha dato buoni risultati,ma è stata ritenuta troppo rigida ed è statariformata nel 2006, <strong>in</strong> modo da essere piùflessib<strong>il</strong>e. Gli obiettivi di b<strong>il</strong>ancio non sono piùannuali ma triennali e un certo ammontare didisavanzo è consentito <strong>in</strong> circostanzeeccezionali. In caso di disavanzo, l’ente<strong>in</strong>teressato deve presentare un piano f<strong>in</strong>anziariodi riduzione del deficit, che deve essereapprovato dal Fiscal and F<strong>in</strong>ancial PolicyCounc<strong>il</strong>; l’equ<strong>il</strong>ibrio di b<strong>il</strong>ancio deve essereriprist<strong>in</strong>ato <strong>in</strong> un arco di tre anni e <strong>il</strong>raggiungimento degli obiettivi è controllato dalGoverno centrale. In caso di sanzioni comm<strong>in</strong>atealla Spagna nell’ambito del Patto di stab<strong>il</strong>ità ecrescita, l’onere deve essere sopportato daglienti responsab<strong>il</strong>i del deficit.Il Patto di stab<strong>il</strong>ità <strong>in</strong>terno <strong>in</strong> ItaliaDalla sua <strong>in</strong>troduzione nel 1999, <strong>il</strong> PSI è statomodificato ogni anno dalla Legge f<strong>in</strong>anziaria, o<strong>in</strong> riferimento all'obiettivo, o ai meccanismisanzionatori o alle procedure di monitoraggio,con ripercussioni sulla credib<strong>il</strong>ità del pattostesso e sulla capacità di programmazionef<strong>in</strong>anziaria degli enti locali. A partire dal 2002, <strong>il</strong>legislatore ha <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong>trodotto norme differentiper gli enti locali (Comuni e Prov<strong>in</strong>ce) e per leRegioni (b<strong>il</strong>ancio regionale e regole per laSanità). Piuttosto che descrivere le numeroseversioni del Patto per ciascun comparto dellaf<strong>in</strong>anza decentrata – operazione troppo lunga e


34forse anche noiosa 19pr<strong>in</strong>cipali punti critici.- conviene discutere i- Gli enti localiPer quanto riguarda gli obiettivi degli enti locali(Comuni e Prov<strong>in</strong>ce), ad eccezione del 2005 edel 2006, gli obiettivi sono stati def<strong>in</strong>iti sul saldodi b<strong>il</strong>ancio, variamente def<strong>in</strong>ito, e così è ancheper <strong>il</strong> 2007. L’alternativa è la def<strong>in</strong>izione diobiettivi sulla crescita della spesa, come nel2005 e nel 2006. A nostro giudizio, sonopreferib<strong>il</strong>i obiettivi def<strong>in</strong>iti rispetto ai saldi dib<strong>il</strong>ancio, sia <strong>in</strong> relazione al processo didecentramento <strong>in</strong> atto, sia <strong>in</strong> relazione ai v<strong>in</strong>colieuropei, che impongono tetti massimi ai saldi,<strong>in</strong>dipendenti dalla composizione del b<strong>il</strong>anciopubblico. Sostanzialmente, con un v<strong>in</strong>colo sulsaldo, a differenza di uno sulla spesa, si lascia algoverno locale la libertà di decidere comerispettare <strong>il</strong> v<strong>in</strong>colo, se tagliando le spese (e nelcaso, quali), se aumentando le entrate o con unmix delle due alternative. Inoltre, un v<strong>in</strong>colo suisaldi è ut<strong>il</strong>e anche <strong>in</strong> un contesto d<strong>in</strong>amico,perché previene forme di b<strong>il</strong>ancio soffice, chepoi tendono comunque a scaricarsi <strong>in</strong> futuro sulb<strong>il</strong>ancio centrale. Naturalmente, perché unv<strong>in</strong>colo sui saldi offra questi gradi di libertàulteriori agli enti territoriali è necessario chequesti abbiano un qualche grado di autonomianel modificare <strong>il</strong> livello del prelievo locale. Lalegge f<strong>in</strong>anziaria per <strong>il</strong> 2007 va <strong>in</strong> questadirezione.Ciò premesso, è anche importante sottol<strong>in</strong>eareche di per sé un v<strong>in</strong>colo sui saldi degli enti local<strong>in</strong>on implica alcun risparmio per l’erario. Seanche tutti gli enti locali raggiungessero unequ<strong>il</strong>ibrio di b<strong>il</strong>ancio o migliorassero <strong>il</strong> propriosaldo, si migliorerebbe <strong>il</strong> saldo complessivodelle amm<strong>in</strong>istrazioni pubbliche (l’aggregato di19 Si veda Ambrosanio e Bordignon (2004) perun’analisi dettagliata di questi aspetti.amm<strong>in</strong>istrazioni centrali, locali e enti diprevidenza), ma non si ridurrebbe l’esborso dalb<strong>il</strong>ancio dello Stato a favore degli entiterritoriali. Se l’obiettivo è quello di porre sottocontrollo la spesa centrale e locale, l’unico<strong>in</strong>tervento possib<strong>il</strong>e è quello di una riduzione,rispetto a quanto previsto dalla legislazionevigente, dei trasferimenti erariali o dellecom<strong>parte</strong>cipazioni. Questo per più ragioni.Intanto, nonostante l’apparente decentramentodegli ultimi anni, molte spese degli entiterritoriali sono ancora f<strong>in</strong>anziate direttamenteda trasferimenti a carico del b<strong>il</strong>ancio centrale edunque <strong>il</strong> controllo di queste poste di spesa puòavvenire solo con una riduzione delle risorseloro dest<strong>in</strong>ate. Inoltre, la riduzione deitrasferimenti, se accompagnata da autonomia dallato delle entrate, <strong>in</strong>troduce un <strong>in</strong>centivo robustoal controllo dei flussi di spesa a livello locale.Per un ente territoriale è molto diversof<strong>in</strong>anziare un piano di spesa con risorse cheprovengono da livelli superiori di governo o conmaggiori imposte prelevate sulla comunitàlocale. Il costo politico del f<strong>in</strong>anziamento èmolto più ampio <strong>in</strong> quest’ultimo caso, e ciòconduce naturalmente ad una maggioreresponsab<strong>il</strong>izzazione.Un problema ulteriore riguarda la def<strong>in</strong>izionedel saldo: saldo complessivo o di <strong>parte</strong>corrente? saldo di competenza o di cassa?Rispetto al primo quesito, la legge f<strong>in</strong>anziariaper <strong>il</strong> 2007 ha <strong>in</strong>novato, <strong>in</strong>troducendo un v<strong>in</strong>colosul saldo complessivo, dunque <strong>in</strong>clusivo dellespese d’<strong>in</strong>vestimento, <strong>in</strong> precedenza escluse. Ilsaldo complessivo è certamente coerente con gliobblighi europei (che non prevedono la goldenrule 20 ) ed eviterebbe anche che poste di spesa20 Con questo term<strong>in</strong>e si <strong>in</strong>tende la possib<strong>il</strong>ità che <strong>il</strong>governo si <strong>in</strong>debiti solo per sostenere spese <strong>in</strong> contocapitale.


35misteriosamente trasmigr<strong>in</strong>o dalla <strong>parte</strong> correntea quella <strong>in</strong> conto capitale dei b<strong>il</strong>anci degli ent<strong>il</strong>ocali. Ma le spese di <strong>in</strong>vestimento presentano,anche per gli enti locali di più ampie dimensioni,un’elevata variab<strong>il</strong>ità annuale; un tetto rigido sulsaldo complessivo rischia di essere penalizzanteper alcuni e un bonus per altri, <strong>in</strong> modo del tuttoaccidentale. Una possib<strong>il</strong>e soluzione sarebbequella di <strong>in</strong>trodurre un v<strong>in</strong>colo rigidosull’aggregato dei b<strong>il</strong>anci di sotto<strong>in</strong>siemi deglienti (ad esempio, i comuni divisi per classidimensionali) e - con un sistema di bonus -consentire ai s<strong>in</strong>goli enti locali di violare <strong>il</strong> patto<strong>in</strong> qualche anno, sulla base delle loro esigenze di<strong>in</strong>vestimento, rientrando poi negli annisuccessivi. Ma un sistema del genere richiedetempo per essere predisposto <strong>in</strong> modoopportuno. Nell’immediato, l’unica soluzionepraticab<strong>il</strong>e è quella di prendere come saldo diriferimento per <strong>il</strong> v<strong>in</strong>colo quello ottenuto comemedia dei saldi di un certo numero di anniprecedenti. Un rischio possib<strong>il</strong>e è che ciòconduca ad una riduzione degli <strong>in</strong>vestimenti; perun governo, nazionale o locale, è sempre piùfac<strong>il</strong>e <strong>in</strong>tervenire sulla spesa <strong>in</strong> conto capitale(rimandando gli <strong>in</strong>vestimenti) che su quellacorrente, dove le resistenze politiche sono moltopiù forti. È dunque opportuno che l’estensionedel v<strong>in</strong>colo anche alla <strong>parte</strong> <strong>in</strong> conto capitale delb<strong>il</strong>ancio sia accompagnata da un attentomonitoraggio delle politiche di <strong>in</strong>vestimentodegli enti locali.Rispetto al secondo quesito, <strong>in</strong> sede europeaprevale <strong>il</strong> criterio della competenza. Ma imporreun v<strong>in</strong>colo solo sulla competenza, rischia di farperdere <strong>il</strong> controllo sui flussi di cassa (chedeterm<strong>in</strong>ano <strong>il</strong> fabbisogno del settore statale), sucui peraltro esistono <strong>in</strong>formazioni molto piùtempestive a livello centrale e che consentonodunque un più agevole monitoraggio deicomportamenti degli enti locali. Riteniamopertanto opportuno cont<strong>in</strong>uare lungo la strada<strong>in</strong>trapresa dal 2003, che impone <strong>il</strong> v<strong>in</strong>colo siasulla competenza sia sulla cassa.Un’altra questione aperta è quelladell’uniformità del v<strong>in</strong>colo. L’ultima Leggef<strong>in</strong>anziaria richiede a ciascun comune (sia esso<strong>in</strong> disavanzo, pareggio o avanzo di b<strong>il</strong>ancio) dicontribuire al riequ<strong>il</strong>ibrio f<strong>in</strong>anziario delcomparto 21 , con l’obiettivo di azzerare <strong>il</strong>disavanzo di cassa registrato dal complesso deicomuni già nel 2007; metà dell’aggiustamentosarebbe a carico dei comuni <strong>in</strong> disavanzo; l’altrametà sarebbe <strong>in</strong>vece a carico di tutti i comuni, <strong>in</strong>una misura direttamente proporzionale allapropria spesa corrente. Certamente sarebbe piùopportuno trattare diversamente gli enti“virtuosi” dagli altri, chiedendo loro peresempio solo di mantenere l’equ<strong>il</strong>ibrio dib<strong>il</strong>ancio ottenuto. Il problema però è che non sidispone di <strong>in</strong>formazioni sufficienti a stab<strong>il</strong>ireperché un ente è virtuoso. Poiché i trasferimentierariali sono ancora largamente <strong>in</strong>fluenzati dallaspesa, è diffic<strong>il</strong>e capire se un ente è virtuosoperché è bravo e responsab<strong>il</strong>e o semplicementeperché è stato avvantaggiato dai meccanismi didistribuzione delle risorse.Inf<strong>in</strong>e, le sanzioni. Nella sua versione orig<strong>in</strong>aria(triennio 1999-2001), <strong>il</strong> PSI non prevedeva unvero e proprio meccanismo sanzionatorio. Apartire dal 2002, <strong>il</strong> sistema è stato modificato,21 Per ciascun ente, la correzione richiesta è lasomma algebrica di due diverse componenti: la primacomponente consiste nella riduzione nel 2007 del50% del disavanzo di cassa medio registrato neltriennio 2003-2005 (per def<strong>in</strong>izione, questacorrezione non riguarda i comuni <strong>in</strong> pareggio o <strong>in</strong>avanzo nel periodo considerato); la secondacomponente riguarda <strong>in</strong>vece tutti i comuni: ciascunodovrebbe migliorare <strong>il</strong> saldo di b<strong>il</strong>ancio <strong>in</strong> misurapari al 3,4% dei pagamenti correnti effettuati <strong>in</strong>media nel periodo 2003-05.


36con l’<strong>in</strong>troduzione di due diversi meccanismisanzionatori: riduzione dell’importo deitrasferimenti erariali spettanti (mai entrata <strong>in</strong>vigore, per dubbi di <strong>in</strong>costituzionalità) e limitiall’assunzione di nuovo personale. La leggef<strong>in</strong>anziaria per <strong>il</strong> 2007 ha <strong>in</strong>novato anche <strong>in</strong> temadi sanzioni: per gli enti <strong>in</strong>adempienti, è previstol’<strong>in</strong>cremento automatico dello 0,3%dell’addizionale comunale all’IRPEF a caricodei cittad<strong>in</strong>i residenti nel comune <strong>in</strong>adempiente.Ciò significa che la sanzione scatta<strong>in</strong>dipendentemente dall’entità della violazionedel Patto e ciò non solo non è ragionevole, mapuò <strong>in</strong>trodurre un <strong>in</strong>centivo a spendere <strong>in</strong> misuramaggiore. Inoltre la punizione sarebbe a caricodei cittad<strong>in</strong>i e non degli amm<strong>in</strong>istratoriresponsab<strong>il</strong>i del mancato rispetto del Patto (chepotrebbero essere poi puniti <strong>in</strong> seguito daicittad<strong>in</strong>i <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i elettorali). Sarebbe <strong>in</strong>veceopportuno commisurare la sanzione al danno ecomunque non accollarla solo ai cittad<strong>in</strong>i.- Le Regioni e la SanitàPer le Regioni, <strong>il</strong> PSI, a partire dal 2002, si èconcretizzato nell’imposizione di v<strong>in</strong>coli allacrescita della spesa. A partire dal 2007, aciascuna Regione a Statuto ord<strong>in</strong>ario si richiedeche <strong>il</strong> complesso delle spese f<strong>in</strong>ali (escluse lespese per la sanità, per le quali valgono normespecifiche) non sia superiore a quello del 2005dim<strong>in</strong>uito dell’1,8%. Anche per le Regioni<strong>in</strong>adempienti è prevista una sanzione, checonsiste nell’aumento automatico di 5 puntipercentuali della tassa automob<strong>il</strong>istica e nell’applicazione dell’imposta regionale sullabenz<strong>in</strong>a nella misura massima di 0,0258 euro allitro.Per quanto concerne <strong>il</strong> comparto della Sanità, <strong>il</strong>punto di riferimento è <strong>il</strong> nuovo Patto per lasalute fra Governo e Regioni siglato lo scorso 22settembre, che prevede di stab<strong>il</strong>izzare la spesasanitaria già dal 2007. L’aggiustamento richiestograva soprattutto sulle Regioni con elevatidisavanzi 22 . In caso di <strong>in</strong>adempienza, scattanoautomaticamente gli <strong>in</strong>crementi dell’aliquotadell’addizionale all’IRPEF e dell’aliquotadell’IRAP.- I risultatiCome valutare i risultati del PSI? Ovvero,regioni ed enti locali hanno contribuito alraggiungimento degli obiettivi di f<strong>in</strong>anzapubblica, nell’ambito del Patto di stab<strong>il</strong>ità ecrescita? La risposta non è immediata né fac<strong>il</strong>e,dal momento che mancano un’esposizione eduna discussione sistematica sui risultati raggiuntia consuntivo. Tuttavia, dalle relazioni dellaCorte dei Conti, sembrerebbe che la maggior<strong>parte</strong> degli enti locali abbia conseguito gliobiettivi di b<strong>il</strong>ancio, mentre più problematicaappare la situazione delle Regioni, <strong>in</strong> relazione<strong>in</strong> particolare alla spesa sanitaria. Si trattatuttavia di una spesa particolare, comediscuteremo ancora <strong>in</strong> seguito, dove sia per laresponsab<strong>il</strong>ità che per <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento i duelivelli di governo – Stato e Regioni—<strong>in</strong>teragiscono fortemente. Non è improbab<strong>il</strong>e chealle radice dei <strong>problemi</strong> di <strong>in</strong>stab<strong>il</strong>ità f<strong>in</strong>anziariae di v<strong>in</strong>coli di b<strong>il</strong>ancio soffice vi sia questa nonchiarita attribuzione di competenze e di sistemidi f<strong>in</strong>anziamento <strong>in</strong>adeguati (Bordignon eTurati, 2005).Rispetto alle esperienze europee che sono statesopra discusse, l’Italia si pone dunque <strong>in</strong> unasituazione <strong>in</strong>termedia. Il caso <strong>italia</strong>no,nonostante le ambiguità e <strong>in</strong>certezze del PSI,appare più soddisfacente di quello tedesco,22 Si deve osservare che la situazione dei disavanzisanitari è molto differenziata tra Regioni. Tre sole diesse (Lazio, Campania e Sic<strong>il</strong>ia) sono responsab<strong>il</strong><strong>in</strong>el 2006 per oltre <strong>il</strong> 70% del disavanzo sanitariocomplessivo.


37caratterizzato da maggiori rigidità econflittualità. Risultati migliori sembra <strong>in</strong>veceabbiano ottenuto <strong>il</strong> Belgio e la Spagna, chestanno rispettando i v<strong>in</strong>coli imposti <strong>in</strong> sedeeuropea, senza <strong>in</strong>correre nella procedura per ideficit eccessivi, come è avvenuto <strong>in</strong>vece perl’Italia e la Germania.6. La riforma del Titolo V della CostituzioneLa riforma del titolo V della Costituzione prendeconcretamente avvio con <strong>il</strong> progetto elaborato da<strong>parte</strong> della Commissione Affari Costituzionali,presentato al vaglio della Camera dei Deputat<strong>in</strong>el novembre del 1999. Il sopraggiungere dellasessione di b<strong>il</strong>ancio <strong>in</strong>terrompe l’iter diapprovazione che riprende soltanto quasi unanno dopo, nel settembre 2000. Nel frattempo,nella primavera del 2000 si svolgono le elezioniregionali e alcuni dei “neo-governatoriregionali” del Nord - eletti per la prima voltadirettamente dai cittad<strong>in</strong>i - si fanno subitopromotori di <strong>in</strong>iziative referendarie consultivesull’eventuale trasferimento di poteri dallo Statoalle Regioni. La “questione <strong>federalismo</strong>” diventadunque centrale nell’agenda politica, anche <strong>in</strong>vista delle successive elezioni politiche. AllaCamera <strong>il</strong> voto f<strong>in</strong>ale si svolge <strong>il</strong> 28 febbraio2001 (con 316 voti favorevoli, solo 4 più delquorum necessario, tutti ap<strong>parte</strong>nenti alla alloramaggioranza di Centro-s<strong>in</strong>istra), al Senato l’8marzo 2001 (con 171 voti a favore, qu<strong>in</strong>di conuna maggioranza un po’ più ampia). Il 7 ottobre2001 si svolge dunque <strong>il</strong> referendumconfermativo, con <strong>il</strong> sostegno di tutti i governiregionali (compresi quelli ap<strong>parte</strong>nenti ad unamaggioranza politica diversa da quella cheapprova la riforma); la legge costituzionale direvisione del Titolo V viene dunque approvataed entra <strong>in</strong> vigore l’8 novembre successivo.Gli articoli centrali per l’architettura del nuovomodello <strong>italia</strong>no di <strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong> sonocompresi tra <strong>il</strong> 114 e <strong>il</strong> 120. L’art 114 <strong>in</strong>troduce<strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipio della pari dignità tra i vari livelli digoverno, con lo Stato centrale che diventa unadelle componenti della Repubblica, al pari deglialtri livelli di governo. L’art. 120 <strong>in</strong>troduce especifica quali sono i limiti e i poteri sostitutividello Stato centrale, cioè come e quando <strong>il</strong>governo centrale può sostituirsi ai governi local<strong>in</strong>ella determ<strong>in</strong>azione delle politiche. Ma <strong>il</strong> cuoredel nuovo sistema è senz’altro rappresentatodall’art. 117, che def<strong>in</strong>isce le funzioni legislativeassegnate ai diversi livelli di governo, dall’art.119, che stab<strong>il</strong>isce le nuove modalità dif<strong>in</strong>anziamento degli enti locali, dall’art. 116 che<strong>in</strong>troduce <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipio dell’autonomiadifferenziata, e dall’art. 118, che def<strong>in</strong>isce lecompetenze amm<strong>in</strong>istrative degli enti locali,rispetto a Stato e Regioni. Le pag<strong>in</strong>e cheseguono sono dedicate ad un’analisi di dettagliodi questi articoli.L’attribuzione delle competenzeL’art. 117 regola l’attribuzione delle competenzelegislative tra Stato e Regioni, dist<strong>in</strong>guendo tracompetenze esclusive dello Stato, competenzeesclusive delle Regioni e competenzeconcorrenti. L’elemento importante, sottoquesto prof<strong>il</strong>o, è <strong>il</strong> rovesciamento del sistema didef<strong>in</strong>izione delle materie; mentre nellaCostituzione del 1948, si def<strong>in</strong>ivano le funzionidelle Regioni e per esclusione, tutte le altreerano attribuite allo Stato, qui <strong>il</strong> processo èrovesciato; si enunciano prima le materieesclusive dello Stato, poi quelle concorrenti traStato e Regioni, e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e tutte le funzioni residuesono attribuite alle RegioniIl comma 2 enumera le materie di competenzaesclusiva dello Stato: Lo Stato ha legislazioneesclusiva nelle seguenti materie:a) politica estera e rapporti <strong>in</strong>ternazionali delloStato; rapporti dello Stato con l'Unione


38europea; diritto di as<strong>il</strong>o e condizione giuridicadei cittad<strong>in</strong>i di Stati non ap<strong>parte</strong>nenti all’Unioneeuropea; b) immigrazione; c) rapporti tra laRepubblica e le confessioni religiose; d) difesa eForze armate; sicurezza dello Stato; armi,munizioni ed esplosivi;e) moneta, tutela delrisparmio e mercati f<strong>in</strong>anziari; tutela dellaconcorrenza; sistema valutario; sistematributario e contab<strong>il</strong>e dello Stato; perequazionedelle risorse f<strong>in</strong>anziarie; f) organi dello Stato erelative leggi elettorali15; referendum statali;elezione del Parlamento europeo; g)ord<strong>in</strong>amento e organizzazione amm<strong>in</strong>istrativadello Stato e degli enti pubblici nazionali; h)ord<strong>in</strong>e pubblico e sicurezza, ad esclusione dellapolizia amm<strong>in</strong>istrativa locale16; i) cittad<strong>in</strong>anza,stato civ<strong>il</strong>e e anagrafi; l) giurisdizione e normeprocessuali; ord<strong>in</strong>amento civ<strong>il</strong>e e penale;giustizia amm<strong>in</strong>istrativa; m) determ<strong>in</strong>azione de<strong>il</strong>ivelli essenziali delle prestazioni concernenti idiritti civ<strong>il</strong>i e social; n) norme generalisull'istruzione; o) previdenza sociale; p)legislazione elettorale, organi di governo efunzioni fondamentali di Comuni, Prov<strong>in</strong>ce eCittà metropolitane; q) dogane, protezione deiconf<strong>in</strong>i nazionali e prof<strong>il</strong>assi <strong>in</strong>ternazionale; r)pesi, misure e determ<strong>in</strong>azione del tempo;coord<strong>in</strong>amento <strong>in</strong>formativo statistico e<strong>in</strong>formatico dei dati dell'amm<strong>in</strong>istrazionestatale, regionale e locale; opere dell'<strong>in</strong>gegno;s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beniculturali.Questo <strong>in</strong>sieme di materie, come molti hannosottol<strong>in</strong>eato, è analogo a quello contenuto nellecostituzioni federali contemporanee, e nonappare certo ampio se si considera che <strong>in</strong> altriord<strong>in</strong>amenti federali rientrano fra le attività dellivello centrale competenze esclusive <strong>in</strong> materiadi poste e telecomunicazioni, reti di trasporto edell’energia, che <strong>in</strong>vece nel caso <strong>italia</strong>norientrano fra le competenze concorrenti.Le competenze concorrenti, ovvero le materie lacui discipl<strong>in</strong>a viene demandata alla legislazionestatale, per i pr<strong>in</strong>cipi generali e le leggi quadro, eregionale, per la legislazione di dettaglio, sonoelencate nel 3° comma: Sono materie d<strong>il</strong>egislazione concorrente quelle relative a:rapporti <strong>in</strong>ternazionali e con l'Unione europeadelle Regioni; commercio con l'estero; tutela esicurezza del lavoro; istruzione, salval'autonomia delle istituzioni scolastiche e conesclusione della istruzione e della formazioneprofessionale; professioni; ricerca scientifica etecnologica e sostegno all'<strong>in</strong>novazione per isettori produttivi; tutela della salute;alimentazione; ord<strong>in</strong>amento sportivo;protezione civ<strong>il</strong>e; governo del territorio; porti eaeroporti civ<strong>il</strong>i; grandi reti di trasporto e d<strong>in</strong>avigazione; ord<strong>in</strong>amento della comunicazione;produzione, trasporto e distribuzione nazionaledell'energia; previdenza complementare e<strong>in</strong>tegrativa; armonizzazione dei b<strong>il</strong>anci pubblicie coord<strong>in</strong>amento della f<strong>in</strong>anza pubblica e delsistema tributario; valorizzazione dei beniculturali e ambientali e promozione eorganizzazione di attività culturali; casse dirisparmio, casse rurali, aziende di credito acarattere regionale; enti di credito fondiario eagrario a carattere regionale. Nelle materie d<strong>il</strong>egislazione concorrente spetta alle Regioni lapotestà legislativa, salvo che per ladeterm<strong>in</strong>azione dei pr<strong>in</strong>cipi fondamentali,riservata alla legislazione dello Stato.Rispetto al vecchio art. 117, la novità èrappresentata dall’ampliamento delle funzioniconcorrenti, posto che prima della riforma tuttele funzioni delle Regioni erano esercitate <strong>in</strong>regime di concorrenza (anche se questa parolanon era usata nella precedente Costituzione), nelsenso che comunque le Regioni potevanolegiferare solo nei limiti imposti dalle leggi delloStato. Alle precedenti competenze concorrenti,


39si aggiungono <strong>in</strong><strong>fatti</strong> materie come l’istruzione,la protezione civ<strong>il</strong>e, le grandi reti dicomunicazione, la valorizzazione dei beniculturali, la protezione dell’ambiente, <strong>il</strong> sostegnodell’<strong>in</strong>novazione per i settori produttivi.Inf<strong>in</strong>e, come ricordato, le funzioni dicompetenza esclusiva delle Regioni (cioè, quellefunzioni dove le Regioni possono legiferareliberamente, essendo solo condizionate dallaCostituzione) sono tutte quelle nonespressamente elencate nei commi 2 e 3; alcomma 4 si legge, <strong>in</strong><strong>fatti</strong>: Spetta alle Regioni lapotestà legislativa <strong>in</strong> riferimento ad ognimateria non espressamente riservata allalegislazione dello Stato. C’è dunque unaresidualità delle competenze, che è di grander<strong>il</strong>ievo poiché riguarda materie come i trasporti,la viab<strong>il</strong>ità, l’<strong>in</strong>dustria, l’artigianato, l’assistenza,la formazione professionale, l’agricoltura, <strong>il</strong>turismo, <strong>il</strong> commercio, ecc. Per riassumere, lnuova Costituzione prefigura qu<strong>in</strong>di due diversiregimi per le funzioni regionali, quelloconcorrente e quello residuale, che sidifferenziano per i v<strong>in</strong>coli posti alla potestàlegislativa regionale.Va comunque sottol<strong>in</strong>eato che la lettera m del 2°comma dell’art. 117 riserva allo Stato lacompetenza esclusiva <strong>in</strong> materia dideterm<strong>in</strong>azione dei livelli essenziali delleprestazioni concernenti i diritti civ<strong>il</strong>i e sociali,una norma di def<strong>in</strong>izione “trasversale” di dirittidi cittad<strong>in</strong>anza, che può v<strong>in</strong>colare l’operato delleRegioni, e più <strong>in</strong> generale di tutti gli entiterritoriali di governo, anche nell’area dellefunzioni esclusive. Così, la lettera m v<strong>in</strong>colamaterie regionali quali la sanità e l’istruzione(materie concorrenti), ma anche, per esempio,l’assistenza (materia esclusiva). Il legislatore ha<strong>in</strong> altri term<strong>in</strong>i <strong>in</strong>trodotto dei v<strong>in</strong>coli f<strong>in</strong>alizzati agarantire parità di trattamento dei cittad<strong>in</strong>i sututto <strong>il</strong> territorio nazionale. La forza di questiv<strong>in</strong>coli, e dunque <strong>il</strong> limite imposto all’autonomiadelle Regioni, dipende essenzialmente da dueelementi: 1) la def<strong>in</strong>izione dei livelli essenziali ostandard m<strong>in</strong>imi delle prestazioni concernenti idiritti di cittad<strong>in</strong>anza e 2) l’<strong>in</strong>cisività del sistemadi f<strong>in</strong>anziamento adottato, un punto su cui sidiscuterà a lungo <strong>in</strong> seguito..L’autonomia f<strong>in</strong>anziariaIl nuovo art. 119, al 1° comma, stab<strong>il</strong>isce che IComuni, le Prov<strong>in</strong>ce, le Città metropolitane e leRegioni hanno autonomia f<strong>in</strong>anziaria di entratae di spesa, precisando al 2° comma che iComuni, le Prov<strong>in</strong>ce, le Città metropolitane e leRegioni hanno risorse autonome. Stab<strong>il</strong>iscono eapplicano tributi ed entrate propri, <strong>in</strong> armoniacon la Costituzione e secondo i pr<strong>in</strong>cipi dicoord<strong>in</strong>amento della f<strong>in</strong>anza pubblica e delsistema tributario. Dispongono dicom<strong>parte</strong>cipazioni al gettito di tributi erarialiriferib<strong>il</strong>i al loro territorio.Il comma è chiaro: rimane come questioneaperta l’esatto significato delle parole riferib<strong>il</strong>ial loro territorio, se gettito riscosso sul territorioo prodotto sul territorio o prodotto dai resident<strong>in</strong>el territorio.Al 3° comma si prevede l’istituzione, con leggedello Stato, di un fondo perequativo (senzav<strong>in</strong>coli di dest<strong>in</strong>azione), dest<strong>in</strong>ato ai territoricon m<strong>in</strong>ore capacità <strong>fiscale</strong> per abitante. Da quisembra emergere un modello di perequazionebasato sulle capacità fiscali delle Regioni e <strong>in</strong>genere degli altri enti territoriali (ovvero dellecapacità di raccogliere gettito dai propri territoria parità di aliquote e di basi imponib<strong>il</strong>istandard), che <strong>in</strong>nova profondamente rispetto altesto della Costituzione del 1948, dove <strong>in</strong>vece siparlava di perequazione <strong>in</strong> relazione ai bisognidelle Regioni, per le spese necessarie adadempiere le loro funzioni normali. Cioè, <strong>in</strong>


40relazione ad una nozione di fabbisognof<strong>in</strong>anziario delle Regioni, come si usa dire nellaletteratura.La differenza non è di poco conto e richiede diessere enfatizzata. Perequare “per capacità<strong>fiscale</strong>” significa uguagliare o avvic<strong>in</strong>are lacapacità di spesa potenziale degli entiterritoriali; ma non c’è ragione che la spesaeffettiva sia uguale: dipende dalle autonomedecisioni di questi. Perequare “per fabbisogni”significa di fatto eguagliare la spesa effettiva ( oalmeno quella standard). La nozione difabbisogno implica necessariamente che ci siaqualcuno (lo Stato centrale?) che identifica qualisono le esigenze f<strong>in</strong>anziarie degli enti territoriali(per le funzioni normali), ne calcola la spesastandard (le spese necessarie), e ripartisce lerisorse <strong>in</strong> modo appropriato. La nozione difabbisogno dunque richiede <strong>in</strong>formazionimaggiori (bisogna stimare le domande deiservizi da <strong>parte</strong> dei cittad<strong>in</strong>i e le funzioni dicosto per l’offerta dei servizi, mentre <strong>il</strong> concettodi capacità <strong>fiscale</strong> richiede solo di calcolare itributi ad aliquote standard), è necessariamentepiù “centralistica” (qualcun altro, oltre agli ent<strong>il</strong>ocali, è titolato a def<strong>in</strong>ire quali sono le domandedelle collettività locali) e tende anchenaturalmente a v<strong>in</strong>colare maggiormente leazioni regionali; è diffic<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire che unaRegione debba spendere più di un’altra perl’offerta di certi servizi, e poi lasciare libertà dispesa alle Regioni. Dunque, <strong>il</strong> salto culturaledella Costituzione del 2001 rispetto a quella del1948 è veramente r<strong>il</strong>evante su questi temi.Si osservi <strong>in</strong>oltre, a testimonianza ulteriore delleaperture verso la differenziazione del nuovoTitolo V, che resta anche aperta la questione delquantum della perequazione. La Costituzionenon stab<strong>il</strong>isce se le differenze tra le capacitàfiscali dei diversi territori debbano cioè essereelim<strong>in</strong>ate del tutto o debbano solo essere ridottee, <strong>in</strong> questo caso, di quanto. In altre parole, c’è<strong>in</strong>certezza su quale sia <strong>il</strong> grado didifferenziazione ammesso nei livelli dei serviziofferti. D’altra <strong>parte</strong>, si ricordi che la lettera mdell’art. 117 <strong>in</strong>dica un orientamento a garantirelivelli uniformi di prestazioni nelle attività dispesa riguardanti i diritti civ<strong>il</strong>i e sociali deicittad<strong>in</strong>i, almeno per i livelli essenziali, senza d<strong>in</strong>uovo specificare però, quali siano esattamentequesti servizi e quali siano i livelli essenziali.Inf<strong>in</strong>e, manca anche nel testo qualsiasiriferimento alle specifiche fonti di entrata chedovrebbero alimentare <strong>il</strong> fondo perequativo.Il comma 4 precisa che le risorse derivanti dallefonti di cui ai commi precedenti consentono aiComuni, alle Prov<strong>in</strong>ce, alle Città metropolitane ealle Regioni di f<strong>in</strong>anziare <strong>in</strong>tegralmente lefunzioni pubbliche loro attribuite. Dunque,tributi propri, com<strong>parte</strong>cipazioni ai tributierariali e fondo perequativo dovrebberogarantire l’<strong>in</strong>tegrale f<strong>in</strong>anziamento dellefunzioni loro attribuite. Ancora resta unproblema aperto, se cioè <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento dellefunzioni debba essere garantito a ciascun entes<strong>in</strong>golarmente considerato o al complesso deglienti di ciascun livello di governo. Resta ancheaperto l’<strong>in</strong>terrogativo su come si debba<strong>in</strong>terpretare la nozione di “<strong>in</strong>tegralef<strong>in</strong>anziamento”; delle funzioni come esercitateal momento del decentramento - cioè una sortadi garanzia per gli enti territoriali che lo Statonon delegherà funzioni senza anche attribuirerisorse appropriate? Oppure delle funzioni comeesercitate a regime, sulla base di una qualchenozione di spesa standard? E chi decide se equando <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento può considerarsi“<strong>in</strong>tegrale”? In generale, <strong>il</strong> comma 4 riecheggia,<strong>in</strong> netto conflitto con le diverse aperture delcomma 3, una nozione di “fabbisognof<strong>in</strong>anziario” per gli enti territoriali. Non a caso,


41le <strong>in</strong>terpretazioni più conservative della nuovaCostituzione fanno essenzialmente leva sulcomma 4, per depotenziare gli elementi di novitàcontenuti nel comma 3.Il 5° comma dell’art. 119 ha <strong>in</strong>vece obiettivi disolidarietà e di sv<strong>il</strong>uppo economico: perpromuovere lo sv<strong>il</strong>uppo economico, la coesionee la solidarietà sociale, per rimuovere glisqu<strong>il</strong>ibri economici e sociali, per favorirel'effettivo esercizio dei diritti della persona, oper provvedere a scopi diversi dal normaleesercizio delle loro funzioni, lo Stato dest<strong>in</strong>arisorse aggiuntive ed effettua <strong>in</strong>terventi speciali<strong>in</strong> favore di determ<strong>in</strong>ati Comuni, Prov<strong>in</strong>ce,Città metropolitane e Regioni. Il Costituente hadunque <strong>in</strong>trodotto la possib<strong>il</strong>ità che lo Statof<strong>in</strong>anzi con contributi specifici <strong>in</strong>terventi miratia promuovere la coesione e solidarietà sociale,da un lato, lo sv<strong>il</strong>uppo economico e la riduzionedegli squ<strong>il</strong>ibri economici e sociali dall’altro.Questi contributi configurano un’ulteriore fontedi f<strong>in</strong>anziamento, con specifica dest<strong>in</strong>azione oscopo, da ripartire secondo le necessità che simanifestano nei diversi territori.La letteratura ha a lungo discusso se questocomma possa consentire la re<strong>in</strong>troduzione deitrasferimenti erariali agli enti locali che <strong>in</strong>vece –ad esclusione di quelli perequativi del comma 3— non sono previsti tra le fonti di f<strong>in</strong>anziamentonormali degli enti territoriali. Si osservi tuttaviache la volontà del legislatore costituente suquesto punto è chiara. Il comma 5 fa riferimentoad un sistema di f<strong>in</strong>anziamento chiaramenteresiduale; non può cioè <strong>in</strong>teressare tutti gli entiterritoriali <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>tamente ma solo alcuni diessi, che present<strong>in</strong>o determ<strong>in</strong>ate caratteristiche.Dunque, non può sicuramente costituire unabase per la re<strong>in</strong>troduzione dei trasferimenti tra letipologie normali delle forme di f<strong>in</strong>anziamentoper gli enti territoriali.Inf<strong>in</strong>e, <strong>il</strong> 6° comma dispone che I Comuni, leProv<strong>in</strong>ce, le Città metropolitane e le Regionihanno un proprio patrimonio, attribuito secondoi pr<strong>in</strong>cipi generali determ<strong>in</strong>ati dalla legge delloStato. Possono ricorrere all'<strong>in</strong>debitamento soloper f<strong>in</strong>anziare spese di <strong>in</strong>vestimento. E' esclusaogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessicontratti. Il legislatore ha qu<strong>in</strong>di posto limitiprecisi alla possib<strong>il</strong>ità di <strong>in</strong>debitamento deglienti decentrati, escludendo <strong>il</strong> ricorso al debitoper f<strong>in</strong>anziare le spese di <strong>parte</strong> corrente ecircoscrivendolo all’ambito delle spesed’<strong>in</strong>vestimento, secondo la cosiddetta goldenrule. C’è anche un esplicito divieto allo Stato diconcedere garanzie sui prestiti contratti daglienti locali, una norma tesa ad escludere forme diba<strong>il</strong><strong>in</strong>g out dei debiti locali.Si osservi che la golden rule del comma 6 è <strong>in</strong>conflitto con quanto è <strong>in</strong>vece previsto dai trattati<strong>in</strong>ternazionali siglati dal Paese per entrarenell’Unione Monetaria (Trattato di Maastricht);ciò significa che eventuali v<strong>in</strong>colisull’<strong>in</strong>debitamento degli enti territoriali <strong>italia</strong>niderivanti da questi trattati (cioè, i patti distab<strong>il</strong>ità <strong>in</strong>terna, di cui al paragrafo 5) nonpossono trovare fondamento (eccetto che per <strong>il</strong>divieto a f<strong>in</strong>anziare spese correnti) nelle normecostituzionali, ma solo nel “coord<strong>in</strong>amento dellaf<strong>in</strong>anza pubblica e del sistema tributario”previsto all’art. 117, materia oltretutto <strong>in</strong> regimedi legislazione concorrente tra Stato e Regioni.A questo proposito, si osservi anche che <strong>il</strong>concetto di autonomia f<strong>in</strong>anziaria potrebbe noncorrispondere ad autonomia tributaria (ovveropotestà legislativa <strong>in</strong> materia f<strong>in</strong>anziaria). LeRegioni hanno <strong>in</strong><strong>fatti</strong> risorse autonome secondoi pr<strong>in</strong>cipi del coord<strong>in</strong>amento della f<strong>in</strong>anza


42pubblica e del sistema tributario (secondocomma dell’art. 119). Resta <strong>in</strong> tal modosalvaguardato <strong>il</strong> potere del legislatore nazionaledi regolare e <strong>in</strong>dirizzare la politica di b<strong>il</strong>anciodelle Regioni. Ma a loro volta, come si è detto,le materie coord<strong>in</strong>amento della f<strong>in</strong>anza pubblicae coord<strong>in</strong>amento del sistema tributario sono<strong>in</strong>cluse tra quelle riservate alla competenzaconcorrente delle Regioni (lettera s, dell’art.117).Per riassumere. L’art. 119 presenta aspettioggettivamente contraddittori per quantoriguarda la costruzione del sistema f<strong>in</strong>anziariodegli enti territoriali. Il terzo comma tende versouna forte autonomia degli enti locali, escludendoche lo Stato possa <strong>in</strong>tervenire con trasferimenti(eccetto quelli dal fondo perequativo) o chequesti trasferimenti possano essere adest<strong>in</strong>azione v<strong>in</strong>colata o basati su nient’altro chel’avvic<strong>in</strong>amento delle capacità fiscali, che<strong>in</strong>oltre potrebbe essere <strong>in</strong>completo. Ma <strong>il</strong> quartocomma prevede che <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento dellefunzioni attribuite agli enti territoriali sia“<strong>in</strong>tegrale”, con un chiaro riferimento allatradizionale nozione di fabbisogno f<strong>in</strong>anziario. E<strong>il</strong> qu<strong>in</strong>to comma prefigura ulteriori <strong>in</strong>terventi da<strong>parte</strong> dello Stato centrale, che possono bencontemplare trasferimenti v<strong>in</strong>colati basati su<strong>in</strong>dicatori diversi dalla capacità <strong>fiscale</strong>.Evidentemente, l’evoluzione futura del sistemadi f<strong>in</strong>anza locale dipenderà essenzialmente dalpeso relativo attribuito a questi diversi commi edall’<strong>in</strong>terpretazione che di essi daranno <strong>il</strong>legislatore ord<strong>in</strong>ario e la Corte costituzionale.Inf<strong>in</strong>e, un punto più generale che deve esserenotato <strong>in</strong> merito all’art. 119, è che esso nondist<strong>in</strong>gue tra i diversi enti territoriali, sebbene,come osservato, vi sia qualche ambiguità nelsignificato da attribuire alla nozione di“territori” menzionata nell’articolo. Dunque, <strong>il</strong>sistema di f<strong>in</strong>anziamento previsto dall’art. 119sembrerebbe far riferimento a tutti gli entiterritoriali <strong>italia</strong>ni, (cioè, le 21 Regioni, le 108Prov<strong>in</strong>ce, gli oltre 8.000 Comuni, le Cittàmetropolitane, ancora da <strong>in</strong>trodurre, e cosi via)nonostante le enormi eterogeneità esistenti traquesti livelli di governo.Il decentramento asimmetricoUn altro aspetto di forte novità del nuovo TitoloV è contenuto nell’art. 116. Esso <strong>in</strong>nanzituttoconferma la specificità delle Regioni a Statutospeciale, che, rispetto alle altre, conservano unmaggiore grado di autonomia dal lato dellecompetenze e grandi com<strong>parte</strong>cipazioni algettito dei tributi erariali, e non <strong>parte</strong>cipano aglischemi di perequazione. In secondo luogo,prevede che anche alcune Regioni a Statutoord<strong>in</strong>ario possano dotarsi di autonomiamaggiore: Ulteriori forme e condizioniparticolari di autonomia … possono essereattribuite ad altre Regioni (oltre quelle a Statutospeciale), con legge dello Stato, su <strong>in</strong>iziativadella Regione <strong>in</strong>teressata, sentiti gli enti locali,nel rispetto dei pr<strong>in</strong>cipi di cui all'articolo 119.Le materie a cui si fa riferimento sono quelleche rientrano nella competenza concorrentedelle Regioni – che potrebbero diventare di lorocompetenza esclusiva - più alcune materie cherientrano nella competenza esclusiva dello Stato– che potrebbero passare nella competenzaconcorrente delle Regioni (per l’esattezza,l’organizzazione della giustizia di pace, lenorme generali sull’istruzione, la tuteladell’ambiente, dell’ecosistema e dei beniculturali). L’art. 116 prefigura dunque lapossib<strong>il</strong>ità di un <strong>federalismo</strong> differenziato, oasimmetrico. Tradotto <strong>in</strong> pratica, significherebbeavere alcune Regioni a Statuto ord<strong>in</strong>ario conmaggiori competenze e dunque, possib<strong>il</strong>menteanche risorse più elevate, rispetto alle altre. Non


43è diffic<strong>il</strong>e <strong>in</strong>tuire che questa possib<strong>il</strong>itàcomplicherebbe ulteriormente le relazionif<strong>in</strong>anziarie tra livelli di governo e l’<strong>in</strong>terosistema di perequazione. Come verrebbero<strong>in</strong><strong>fatti</strong> f<strong>in</strong>anziate le maggiori funzioni attribuitesolo ad alcune Regioni? Come questo si<strong>in</strong>tegrerebbe nel più generale sistema dif<strong>in</strong>anziamento delle Regioni e degli altri ent<strong>il</strong>ocali?Il decentramento amm<strong>in</strong>istrativoL’art. 118 <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e porta a compimento e dàdignità costituzionale alla separazione trafunzioni legislative e funzioni amm<strong>in</strong>istrative,già <strong>in</strong>trodotta nella legislazione <strong>italia</strong>na con leleggi Bassan<strong>in</strong>i (si veda <strong>il</strong> paragrafo precedente)e che aveva consentito, a Costituzione <strong>in</strong>variatae con legge ord<strong>in</strong>aria, la delega di una serie difunzioni alle Regioni, prima, e poi a cascata airestanti enti locali. Afferma <strong>in</strong><strong>fatti</strong> l’art. 118 “lefunzioni amm<strong>in</strong>istrative sono attribuite aiComuni salvo che, per assicurarne l'eserciziounitario, siano conferite a Prov<strong>in</strong>ce, Cittàmetropolitane, Regioni e Stato, sulla base deipr<strong>in</strong>cipi di sussidiarietà, differenziazione edadeguatezza”. Questo stab<strong>il</strong>isce <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipiocard<strong>in</strong>e per l’attribuzione delle competenze: lefunzioni amm<strong>in</strong>istrative, cioè i poteri esecutivi,sono sempre assegnati al livello di governo piùbasso (pr<strong>in</strong>cipio della sussidiarietà), a meno che,per ragioni di efficienza e di razionalitànell’organizzazione dei servizi (pr<strong>in</strong>cipiodell’adeguatezza e dell’esercizio unitario) nonsia preferib<strong>il</strong>e assegnarli ad un livello di governosuperiore. Si osservi <strong>in</strong>nanzitutto che questefunzioni amm<strong>in</strong>istrative fanno riferimento siaalle funzioni legislative dello Stato centrale sia aquelle delle Regioni, sulla base dellasuddivisione delle competenze stab<strong>il</strong>ite nell’art.117. Si osservi, <strong>in</strong> secondo luogo, che questistessi pr<strong>in</strong>cipi logicamente devono guidare loStato nella sua def<strong>in</strong>izione delle “funzionifondamentali” di Comuni, Prov<strong>in</strong>ce e Cittàmetropolitane, che secondo la lettera p dell’art.117 rappresenta funzione esclusiva dello Statocentrale. Ma queste funzioni amm<strong>in</strong>istrative,apparentemente, debbono essere un <strong>in</strong>sieme piùampio di quelle fondamentali, tanto che <strong>il</strong>capoverso successivo dell’art. 118 stab<strong>il</strong>isce che“I Comuni, le Prov<strong>in</strong>ce e le Città metropolitanesono titolari di funzioni amm<strong>in</strong>istrative proprie edi quelle conferite con legge statale o regionale,secondo le rispettive competenze”. Dunquel’<strong>in</strong>sieme delle funzioni amm<strong>in</strong>istrative deglienti locali non può essere “vuoto” (qualcosadevono pur fare questi enti locali) perché essihanno “funzioni proprie” (perlomeno quellefondamentali della lettera p art. 117), ma nehanno possib<strong>il</strong>mente anche molte di più, cioètutte quelle “conferite con legge statale oregionale”. Si osservi <strong>in</strong>oltre che essendo alcunefunzioni conferite con legge regionale, non c’èragione di ritenere che gli enti locali debbanofare le stesse cose <strong>in</strong> tutte le Regioni: tuttidevono svolgere le funzioni fondamentali, maalcuni enti locali ne possono esercitare di più,sulla base di una decisione autonoma dellapropria Regione. In altri term<strong>in</strong>i, alcune Regionipotrebbero decidere di conferire agli enti localidel proprio territorio alcune funzioniamm<strong>in</strong>istrative legate ai propri poteri legislativi;altre potrebbero <strong>in</strong>vece ritenere di svolgere <strong>in</strong>modo diretto, tramite propri uffici, queste stessefunzioni.Dovrebbero essere ovvi i formidab<strong>il</strong>i <strong>problemi</strong><strong>in</strong>terpretativi che questo articolo pone <strong>in</strong> term<strong>in</strong>idi “<strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong>”, cioè di un ord<strong>in</strong>atosistema di f<strong>in</strong>anziamento per i diversi livelli digoverno. In virtù dell’art. 118, anche molteattuali funzioni statali, che restano tali,potrebbero essere amm<strong>in</strong>istrate dai livelli<strong>in</strong>feriori di governo, Comuni e Prov<strong>in</strong>ce,


44implicando flussi f<strong>in</strong>anziari conseguenti. Maquali sono le funzioni che dovranno essereassegnate a Comuni e Prov<strong>in</strong>ce? E chi e <strong>in</strong> chetempi dovrà trasferire le funzioni e le risorse aglienti locali? Per le funzioni devolute alle Regionidal nuovo art. 117, ci sarà un unico <strong>in</strong>dirizzo omodello (dallo Stato alle Regioni e dalle Regioniagli Enti locali) oppure molteplici modelli (dalleRegioni agli Enti locali) che si possonoulteriormente frammentare a livello locale? Achi vanno le risorse? L’attribuzione delle risorsesegue l’attribuzione dei poteri legislativi (edunque dallo Stato alle Regioni e poi,eventualmente, da queste ai governi locali) oquella dei poteri esecutivi (dallo Statodirettamente agli enti locali)? Ma se le risorsepassano alle Regioni, come assicurare che glienti locali abbiano risorse sufficienti persvolgere <strong>il</strong> loro ruolo? E se <strong>in</strong>vece vannodirettamente agli enti locali, come garantirel’esercizio del potere legislativo autonomo delleRegioni, visto che queste possono ben prenderedecisioni legislative sulle proprie competenzeche implicano esigenze di spesa differenziate peri propri enti locali?Il problema è reso più complicato dal fatto chel’architettura del Titolo V non implica quelsistema gerarchico tra Stato (o federazione) –Regioni (o stati componenti la federazione) -enti locali che caratterizza molti sistemi federaliesistenti, come abbiamo visto nei paragrafi 3 e 5.Tranne che per le funzioni eventualmentedelegab<strong>il</strong>i, non sono le Regioni che def<strong>in</strong>isconole funzioni dei propri enti locali, ma lo Statocentrale (lettera p, art. 117); e non sono leRegioni, ma lo Stato che garantisce laperequazione delle risorse f<strong>in</strong>anziarie tra gli ent<strong>il</strong>ocali (lettera d, art. 117). Inoltre, tutti i livelli digoverno hanno uguale dignità, dunque amaggior ragione, Regioni ed enti locali (art.114); le Regioni hanno competenze legislativeestese, sia esclusive sia concorrenti (art. 117),ma gli enti locali hanno funzioni amm<strong>in</strong>istrativesia tra le funzioni legislative dello Stato chedelle Regioni (art. 118). D’altra <strong>parte</strong>, esiste unachiara gerarchia delle funzioni; la funzionelegislativa fonda la successiva azioneamm<strong>in</strong>istrativa, cioè i poteri esecutivi. Senzauna legge alle spalle, gli enti locali nonpotrebbero esercitare le proprie funzioniesecutive. Dunque, chi ha i poteri legislativi è <strong>in</strong>una situazione gerarchica superiore a chi ha solopoteri esecutivi. Ma a questa gerarchia nei poter<strong>in</strong>on corrisponde una gerarchia dal lato delf<strong>in</strong>anziamento, almeno per quanto riguardaRegioni ed enti locali, visto che la fonte dellerisorse resta comunque lo Stato centrale. Un belrebus da risolvere <strong>in</strong> sede di attuazione del titoloV.Titolo V e dualismo economico 23Ma a quanto ammonterebbe <strong>il</strong> decentramentoprevisto dalla riforma costituzionale del 2001?Si è già discusso del quantum del decentramentoper legge ord<strong>in</strong>aria nel corso degli anni ’90; aquanto potrebbe corrispondere l’ulterioredecentramento previsto dalla leggecostituzionale?Di nuovo, rispondere alla domanda è piùdiffic<strong>il</strong>e di quello che sembra, stanti le ambiguitàprima ricordate nell’<strong>in</strong>terpretazione dell’attualeCostituzione e le difficoltà nello stimare lerisorse necessarie alle autonomie per svolgere lenuove funzioni assegnate loro dallaCostituzione. Una possib<strong>il</strong>ità è quella di:1) def<strong>in</strong>ire, sulla base di una qualche<strong>in</strong>terpretazione della Costituzione, nel modo più23Questo paragrafo riprende, aggiornandolo eampliandolo, quanto già discusso <strong>in</strong> Bordignon(2006).


45dettagliato possib<strong>il</strong>e quali funzioni dovrebberopassare dall’area nazionale a quella locale; e2) calcolare quanto una determ<strong>in</strong>ata funzionecosta adesso allo Stato e usare questo calcolocome stima delle risorse che dovrebbero essereattribuite alle autonomie locali nel caso chequella funzione debba, sulla base della attualeCostituzione, essere decentrata.Si tratta probab<strong>il</strong>mente dell’unico sistema distima possib<strong>il</strong>e, ed è anche ragionevole sul pianopolitico; è ben possib<strong>il</strong>e (anzi desiderab<strong>il</strong>e,altrimenti non si capisce bene perché sidovrebbe decentrare) che una volta che unafunzione venga devoluta localmente, i livelli dispesa camb<strong>in</strong>o rispetto alla situazione <strong>in</strong> cui lafunzione veniva decisa dal Centro. Ma è altresìprobab<strong>il</strong>e che a “tempo zero” del decentramentodella funzione, un ente locale richieda e vedaassegnarsi le stesse risorse che lo Stato oraspende su quella stessa funzione 24 , per poieventualmente cambiarne la dest<strong>in</strong>azione <strong>in</strong>futuro. Come si è già detto, talune<strong>in</strong>terpretazioni del comma quarto dell’art. 119ne danno esattamente questa lettura (cioè comeun obbligo per lo Stato di f<strong>in</strong>anziamento<strong>in</strong>tegrale al momento del decentramento,piuttosto che a regime). Del resto, questo stessosistema è stato ut<strong>il</strong>izzato nel decentramento difunzioni avvenuto nel 1998-2000.24 Il calcolo naturalmente assume che non ci sianocosti addizionali nel decentramento, cioè che <strong>il</strong>trasferimento di una funzione dal b<strong>il</strong>ancio dello Statoa quello di una Regione avvenga a costi zero. Ènaturalmente improbab<strong>il</strong>e – data soprattutto larigidità del personale pubblico — che le coseavvengano effettivamente così, anche se questodipende dalla volontà politica e dal tipo di funzioneconsiderata. A questo proposito, è istruttiva lavicenda delle leggi “Bassan<strong>in</strong>i”, ancora <strong>in</strong> <strong>parte</strong> nonapplicate proprio a causa delle difficoltà neltrasferimento delle risorse (ISAE, 2004).La procedura prima descritta è stata sv<strong>il</strong>uppatada vari autori <strong>in</strong> numerosi saggi. Recentemente,e con più ampiezza di mezzi, è stata aggiornatadall’ISAE, che con cadenza quasi annuale (nelRapporto sull’attuazione del FederalismoFiscale) rivede queste stime sulla base dellemigliori <strong>in</strong>terpretazioni (cioè, tenendo contoanche delle sentenze della Corte Costituzionale)della Costituzione vigente. La TAB. 16riproduce (nostre elaborazioni del)le stime ISAE(2005) più recenti.Si osserva che secondo l’ISAE, <strong>il</strong> decentramentocostituzionale, previsto dall’attuale Titolo V eancora da attuarsi, ammonta a circa 70 m<strong>il</strong>iardidi euro (euro 2003), o poco più del 5% del PILnazionale (riferito allo stesso anno). Di questi 70m<strong>il</strong>iardi, 48 arrivano dal decentramentodell’istruzione, 13 da quello della protezionesociale (essenzialmente assistenza e altrefunzioni nel welfare), 6 dagli affari economici. Ilresto sono m<strong>in</strong>utaglie. È di conforto che questestime non sono molto dissim<strong>il</strong>i da quelleproposte <strong>in</strong> tempi diversi e con modalità <strong>in</strong> <strong>parte</strong>diverse da altri autori (Bordignon e Cerniglia,2004).È opportuno sottol<strong>in</strong>eare che nello svolgerequesti calcoli, l’ISAE accoglie la posizione – <strong>in</strong>realtà controversa, come ricordato sopra — cheal decentramento delle funzioni legislativedebba seguire <strong>il</strong> decentramento di quelleamm<strong>in</strong>istrative (la gestione). Risulta pertantoassegnata <strong>in</strong> primo luogo alle Regioni, che, aseguito del Titolo V godono di importanticompetenze nel campo dell’istruzione, unabuona <strong>parte</strong> della spesa attuale dello Stato(stipendi dei professori ed edifici) <strong>in</strong> quelsettore. Se, <strong>in</strong> alternativa, si immag<strong>in</strong>asse che leRegioni possono svolgere le loro funzion<strong>il</strong>egislative nel campo dell’istruzione, con lerisorse che <strong>in</strong>vece rimangono stab<strong>il</strong>mente <strong>in</strong>mano allo Stato, allora <strong>il</strong> quantum del


46decentramento verrebbe di conseguenza ridotto.In questo senso, le stime ISAE (come quelle diBordignon e Cerniglia, 2004) rappresentano la<strong>parte</strong> “alta” della forchetta delle possib<strong>il</strong>i stimedel decentramento.TAB. 16: Il decentramento costituzionale perfunzioni - Spesa delle Amm<strong>in</strong>istrazioni locali(m<strong>il</strong>ioni di euro, 2003)ServizigeneraliSpesa predecentramento(a)Spesa postdecentramento(b)Var.(b)-(a)Var.%23.067 23.313 246 1,1Difesa 11 11 0 -Ord<strong>in</strong>epubblicoAffarieconomiciProtezioneambienteAbitazioni,territorio3.368 3.368 0 -32.426 38.519 6.093 18,85.720 6.270 550 9,69.730 9.950 220 2,3Sanità 82.266 82.733 467 0,6Attivitàricreative7.191 8.401 1.210 16,8Istruzione 20.012 67.609 47.597 237,8Protezionesociale8.398 21.068 12.670 150,9Totale 192.189 261.242 69.053 35,9Fonte: ISAE (2005)D’altra <strong>parte</strong>, si deve anche osservare che lestime ISAE fanno riferimento esclusivamente aldecentramento legislativo previsto dall’attualeTitolo V, cioè alle nuove funzioni chedovrebbero essere attribuite alle Regioni. Nonentrano <strong>in</strong>vece nella assai più sp<strong>in</strong>osa questionedel decentramento amm<strong>in</strong>istrativo, cioè diquanta <strong>parte</strong> di queste funzioni dovrebbe essereattribuita ai livelli locali (con relative risorsef<strong>in</strong>anziarie), né di quanta <strong>parte</strong> delle attualifunzioni legislative statali e che rimangono <strong>in</strong>mano allo Stato dovrebbe comunque vedere, allaluce dell’art. 118, un’ulteriore devoluzione versogli enti territoriali. In questo senso, e alcontrario, le stime ISAE rappresentano una <strong>parte</strong>“bassa” della forchetta delle possib<strong>il</strong>i stime deldecentramento costituzionale. Naturalmente,non si tratta di un limite dei ricercatoridell’ISAE; più semplicemente, l’<strong>in</strong>certezza<strong>in</strong>terpretativa relativa al decentramentoamm<strong>in</strong>istrativo è perf<strong>in</strong>o maggiore di quellarelativa al decentramento legislativo, e nessunosa bene come tenerne conto nelle stime. Ma èimportante avere questi <strong>problemi</strong> <strong>in</strong> mentenell’<strong>in</strong>terpretare i dati che seguono e quelli cheprecedono.Con questi limiti, le stime ISAE offronocomunque una risposta precisa alla domandaposta all’<strong>in</strong>izio, e cioè <strong>il</strong> decentramentocostituzionale ammonterebbe a circa <strong>il</strong> 5% delPIL. Se si riprendono i dati sui confronti<strong>in</strong>ternazionali presentati nei paragrafo 2 e suldecentramento <strong>italia</strong>no del paragrafo 4, siosserva immediatamente che, anche se <strong>il</strong>decentramento previsto dall’attuale Costituzionevenisse applicato all’istante, l’Italia nonandrebbe molto fuori l<strong>in</strong>ea rispetto alla mediaeuropea. Se <strong>in</strong><strong>fatti</strong> si somma all’attuale 14-15%della spesa delle autonomie locali, <strong>il</strong> 5% previstodall’ISAE, si ottiene un livello di spesa nonmolto diverso da quello già raggiunto dalleRegioni spagnole nel 1997 o dai Landertedeschi, e probab<strong>il</strong>mente aumentato nelfrattempo, dato che come si è detto i processi didecentramento sono quasi ovunque <strong>in</strong> corso.Comunque, l’Italia resterebbe ancora benlontana dal livello di decentramento giàraggiunto nei Paesi Nordici.Di più. Anche per la struttura della spesa e dellecompetenze, <strong>il</strong> decentramento costituzionale


47previsto dal Titolo V non sembrerebbe porre leautonomie <strong>italia</strong>ne “fuori” l<strong>in</strong>ea rispetto a quelleeuropee. In<strong>fatti</strong>, come emerge dagli stessiconfronti <strong>in</strong>ternazionali, le autonomie <strong>italia</strong>nesono un po’ s<strong>in</strong>golari per <strong>il</strong> ruolo assai vastogiocato nel campo sanitario (solo le Conteesvedesi e le Regioni spagnole hanno compiti <strong>in</strong><strong>parte</strong> sim<strong>il</strong>i, mentre <strong>in</strong> genere sulla Sanità loStato centrale mantiene un ruolo più robusto) eviceversa per <strong>il</strong> ruolo marg<strong>in</strong>ale che rivestono <strong>in</strong>altri settori del welfare (istruzione, assistenza eprotezione sociale). Poiché sono appunto questi isettori su cui <strong>in</strong>siste prevalentemente <strong>il</strong>decentramento dell’attuale Titolo V, <strong>il</strong> percorso<strong>italia</strong>no sembrerebbe andare nella direzione dialtre esperienze europee.Ma come si distribuirebbe questo ulterioredecentramento a livello territoriale? La TAB. 17tenta di rispondere a questa domanda,presentando (nostre elaborazione de)i dati ISAEsul decentramento costituzionale, a livello dis<strong>in</strong>gola Regione e per dati pro-capite. Risultache la spesa ulteriore da decentrare è distribuita<strong>in</strong> modo difforme sul territorio, concentrandosi<strong>in</strong> modo prevalente nel Sud del Paese. Detto <strong>in</strong>altri term<strong>in</strong>i, ciò significa che lo Stato centraleattualmente spende, per le funzioni chedovrebbero essere delegate, di più al Sud che alCentro-Nord del Paese. Per esempio, se attuare<strong>il</strong> presente Titolo V significa decentrare circa1.000 euro pro-capite alle Regioni del Centro-Nord, implica decentrare circa 1.500 euro procapitenel Mezzogiorno. Il risultato non èsorprendente quando si consideri che buona<strong>parte</strong> della spesa da decentrare è composta <strong>in</strong>realtà da retribuzioni al personale statale oparastatale e che la distribuzione del personalepubblico è molto difforme sul territorionazionale, all’<strong>in</strong>circa del 50% più alto al Sudrispetto al Nord, a parità di abitanti.Non è qui <strong>il</strong> caso di approfondire le ragioni chehanno determ<strong>in</strong>ato questa situazione, e a qualipr<strong>in</strong>cipi di equità o di efficienza (o mancanzadegli stessi) l’attuale distribuzione territorialedel personale pubblico risponda.Il punto che <strong>in</strong>teressa sottol<strong>in</strong>eare qui <strong>in</strong>vece, èche questa sperequazione territoriale puòrendere assai problematico qualunque processoeffettivo di decentramento. Si assuma <strong>in</strong><strong>fatti</strong>,come sembra essere implicito dall’art. 119 dellaCostituzione, che le risorse per f<strong>in</strong>anziare questoulteriore decentramento debbano essereessenzialmente di orig<strong>in</strong>e locale, cioè tributipropri o com<strong>parte</strong>cipazioni di tributi erarialiriferiti al territorio. Come mostra la stessa TAB.17, f<strong>in</strong>anziare <strong>il</strong> decentramento costituzionalesignificherebbe attribuire circa <strong>il</strong> 4% del PILregionale alle Regioni del Nord; masignificherebbe anche, stante <strong>il</strong> livellodifferenziato di attività economica, attribuire piùdel doppio, <strong>il</strong> 9,4% del PIL regionale a quelledel Mezzogiorno. In qualche caso, per qualcheRegione del Sud 25 , neppure la devoluzione ditutte le risorse tributarie, locali e nazionali,sarebbe sufficiente a garantire abbastanza risorseda f<strong>in</strong>anziare la loro spesa complessiva, datadalla somma delle spese attuali e di quellecostituzionalmente devolute.Naturalmente, si potrebbe ribattere, l’art. 119<strong>in</strong>troduce anche un sistema perequativo,dest<strong>in</strong>ato a f<strong>in</strong>anziare “<strong>in</strong>tegralmente” lefunzioni delle Regioni, prevedendo dunqueanche le risorse addizionali che dovesserorisultare necessarie per f<strong>in</strong>anziare <strong>il</strong>decentramento delle funzioni <strong>in</strong> alcune Regioni.E <strong>in</strong>oltre, <strong>il</strong> fatto che quelle risorse siano già cosìdistribuite sul territorio nazionale, implica chequella stessa perequazione tra territori giàavviene attraverso <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio dello Stato. Ma,25 Per una discussione più estesa si veda Bordignon eCerniglia (2004).


48TAB. 17: Il decentramento costituzionale perRegioni, 2003RegioniMaggiore spesa dopo <strong>il</strong> decentramentom<strong>il</strong>ioni dieuro% del PILeuro pro-capite regionalePiemonte 4.203 984 3,8Lombardia 8.741 945 3,3Veneto 4.656 1.003 4,0Liguria 1.782 1.130 4,5E. Romagna 3.779 926 3,3Toscana 3.688 1.034 4,2Marche 1.628 1.082 4,9Umbria 1.050 1.238 5,8Lazio 8.464 1.626 6,3Centro-nord 37.991 1.087 4,2Abruzzo 1.719 1.337 7,1Molise 459 1.427 8,1Campania 8.730 1.516 9,9Bas<strong>il</strong>icata 949 1.590 10,1Puglia 5.299 1.311 8,7Calabria 3.322 1.652 11,5Mezzogiorno 20.478 1.461 9,4Totale RSO 58.469 1.194 5,2Totale RSS 10.584 1.185 6,3Totale Regioni 69.053 1.193 5,3Centro Nord* 39.584 1.063 4,1Mezzogiorno* 29.469 1.426 9,1* Comprese le regioni a Statuto specialeFonte: ISAE (2005)come si è già avuto modo di osservare, una cosaè distribuire queste risorse attraverso unimplicito b<strong>il</strong>ancio pubblico <strong>in</strong> uno Stato unitario,un’altra è costruire un esplicito sistemaperequativo tra Regioni che sia politicamente ef<strong>in</strong>anziariamente sostenib<strong>il</strong>e <strong>in</strong> uno Statofederale. Senza contare che <strong>il</strong> comma 3 dellostesso art. 119, al contrario, sembra imporrev<strong>in</strong>coli sulle caratteristiche della redistribuzione,che dovrebbe essere basata solo sulla“perequazione della capacità <strong>fiscale</strong> traterritori”. Ma se la distribuzione territoriale dellaspesa è <strong>in</strong>versamente correlata a quella dellerisorse, come nel caso <strong>italia</strong>no, anche unaperequazione al 100% di tutte le risorsetributarie non sarebbe sufficiente a garantire <strong>il</strong>f<strong>in</strong>anziamento complessivo di tutte le funzionidevolute per tutte le Regioni. E se anche siimmag<strong>in</strong>asse che <strong>il</strong> comma 3 dell’art. 119dovesse valere solo a “regime”, e non <strong>in</strong> uncongruo “periodo di transizione” verso lasituazione a regime, ne resterebbe comunque<strong>in</strong>alterato <strong>il</strong> dato politico; l’attuazione dellapresente Costituzione per tutte le Regioni,implica dal lato f<strong>in</strong>anziario una consistenteriduzione del livello di redistribuzione tra areedel Paese.Per riassumere. L’attuale Costituzione prevedeun ulteriore decentramento di circa <strong>il</strong> 5% del PILnazionale, non eccessivo né per le caratteristichené per le dimensioni rispetto ad altre esperienzedi decentramento europeo. Ma poiché le speseda decentrare sembrano essere più elevate alSud, mentre le risorse per f<strong>in</strong>anziale sono piùelevate al Nord, questo implica un diverso gradodi devoluzione delle risorse nelle due aree perf<strong>in</strong>anziare <strong>il</strong> decentramento costituzionale, pari acirca <strong>il</strong> 4% del PIL regionale nel Nord e attornoal 10% nel Sud. Costruire un sistema f<strong>in</strong>anziario- tributario e perequativo - politicamentesostenib<strong>il</strong>e ed economicamente efficiente, chesostenga una sim<strong>il</strong>e redistribuzione delle risorse<strong>in</strong> uno Stato decentrato è estremamente diffic<strong>il</strong>e.Può risultare del tutto impossib<strong>il</strong>e, se talesistema dovesse basarsi sul comma 3 dell’art.119, che sembra far riferimento esclusivamentealla perequazione delle capacità fiscali comepr<strong>in</strong>cipio card<strong>in</strong>e della redistribuzione.


497. Il decentramento <strong>italia</strong>no: unavalutazione 26I paragrafi precedenti hanno messo <strong>in</strong> lucecaratteristiche, specificità e difficoltà deldecentramento <strong>italia</strong>no e per convenienza dellettore, l’elemento descrittivo ha prevalsoampiamente su quello valutativo. Giunti aquesto punto conviene però offrire qualchespunto <strong>in</strong>terpretativo ulteriore del processo <strong>in</strong>corso, anche allo scopo di offrire una baseargomentativa a supporto delle nostre proposte,che sono <strong>in</strong>vece <strong>il</strong>lustrate nel paragrafosuccessivo. Inevitab<strong>il</strong>mente, questi due ultimiparagrafi contengono valutazioni più personalidegli autori e dunque più suscettib<strong>il</strong>i di criticarazionale.Equità ed efficienzaÈ opportuno <strong>in</strong>iziare la discussione con unapremessa logica. Quando parlano di <strong>in</strong>terventipubblici, gli economisti di solito dist<strong>in</strong>guono tra<strong>in</strong>terventi di efficienza e <strong>in</strong>terventi distributivi, oanalogamente tra ruolo allocativo e ruolodistributivo del settore pubblico. Come si è vistonel primo paragrafo, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i tecnici, un<strong>in</strong>tervento allocativo è un <strong>in</strong>tervento chemigliora, almeno <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i potenziali,l’efficienza nel senso di Pareto. Al contrario, un<strong>in</strong>tervento distributivo si concretizza neltrasferimento di risorse ad un soggetto (o aisoggetti che risiedono <strong>in</strong> un territorio, nel nostrocaso) a scapito di qualcun altro; dunque, c’è<strong>in</strong>evitab<strong>il</strong>mente qualcuno che vede peggiorare lasua situazione e qualcun altro che la vedemigliorare.Si tratta di una dist<strong>in</strong>zione importante sul pianoconcettuale. Non avere ben presente questadist<strong>in</strong>zione nel contesto del decentramento26 Questo paragrafo riprende, aggiornandole, alcunedelle considerazioni discusse più <strong>in</strong> dettaglio <strong>in</strong>Bordignon (2005).<strong>italia</strong>no ha spesso condotto a equivoci, ed anchea una sorta di <strong>in</strong>comunicab<strong>il</strong>ità tra studiosi didiversa formazione, e tra questi e i cittad<strong>in</strong>i.Come è stato messo <strong>in</strong> luce nel paragrafo 1,quando gli economisti discutono di ragioni pro econtro <strong>il</strong> <strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong> hannopr<strong>in</strong>cipalmente <strong>in</strong> mente argomenti di efficienza,cioè <strong>in</strong>terventi di tipo allocativo; quando altristudiosi, i politici o i laymen discutono di<strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong>, l’attenzione è <strong>in</strong>vecetendenzialmente rivolta al problema delladistribuzione di risorse tra territori. E cioè, nelcontesto del nostro Paese, tra <strong>il</strong> Sud e <strong>il</strong> Centro–Nord. Di qui, una sostanziale <strong>in</strong>comunicab<strong>il</strong>itàche ha <strong>in</strong>fluenzato non poco, <strong>in</strong> senso negativo,l’evoluzione del dibattito e della legislazione nelnostro Paese.Questa rigida dist<strong>in</strong>zione, ut<strong>il</strong>e concettualmente,non significa naturalmente che gli economistiignor<strong>in</strong>o <strong>il</strong> fatto che <strong>in</strong>terventi nel campodell’organizzazione dei governi possano avereanche effetti distributivi e non solo allocativi;significa solo che i <strong>problemi</strong> di equità (<strong>in</strong>terventidistributivi) non sono centrali nell’analisi deimeccanismi di f<strong>in</strong>anziamento e funzionamentodegli enti territoriali, e che essi vengonoeventualmente affrontati <strong>in</strong> un secondomomento, nel disegno dei sistemi perequativi traterritori.Questa dist<strong>in</strong>zione non significa neppure che glieconomisti ignor<strong>in</strong>o che dietro le sp<strong>in</strong>tefederalistiche ci possano essere anche <strong>problemi</strong>distribuitivi tra territori; al contrario, questa èstata una delle aree dove maggiormente si èconcentrata la ricerca negli ultimi anni. È peresempio, un fatto che gli ultimi due decenniabbiano visto <strong>in</strong> atto processi di decentramento edi accentramento come forse mai prima nellastoria dell’umanità. Non solo la stragrandemaggioranza dei Paesi, sv<strong>il</strong>uppati o meno, hadecentrato risorse e competenze ai livelli


50<strong>in</strong>feriori di governo, ma <strong>in</strong> molti casi questoprocesso di decentramento ha condotto ad unariorganizzazione degli esistenti equ<strong>il</strong>ibri statali,f<strong>in</strong>o alla formazione, da un lato, di nuoveorganizzazioni <strong>in</strong>ternazionali a cui sono statedelegate funzioni prima riservate agli stat<strong>in</strong>azionali, e dall’altro alla formazione di nuoveentità sub-statali.È del tutto ragionevole immag<strong>in</strong>are che dietroquesti fenomeni ci siano trasformazioniprofonde che <strong>in</strong>vestono <strong>il</strong> funzionamento delleeconomie e dei mercati (Ales<strong>in</strong>a e Spolaore,2004). L’accresciuta concorrenza <strong>in</strong>ternazionalee l’<strong>in</strong>tegrazione dei mercati hanno sp<strong>in</strong>to idiversi Paesi a decentrare alla ricerca dimaggiore efficienza; d’altra <strong>parte</strong>, <strong>il</strong> drenaggiodelle risorse nelle aree ricche di un Paese afavore di quelle più povere, tipico di uno Statounitario, è diventato da un lato più <strong>in</strong>sostenib<strong>il</strong>e<strong>in</strong> presenza di un’accresciuta concorrenza<strong>in</strong>ternazionale, e dall’altro meno giustificab<strong>il</strong>ealla luce della m<strong>in</strong>ore r<strong>il</strong>evanza del mercatonazionale rispetto a quello globale. Da qui latendenza alla frantumazione <strong>in</strong>terna ai Paesi. Daqui, anche la tendenza alla formazione o alpotenziamento di unioni <strong>in</strong>ternazionali a cuiaffidare la gestione dei mercati globab<strong>il</strong>izzati. Èancora una volta un fatto <strong>in</strong>controvertib<strong>il</strong>e che <strong>in</strong>Europa, i processi di decentramento descritti nelparagrafo 3, abbiano conosciuto un’improvvisaaccelerazione proprio a partire dal 1992, cioè apartire dalla formazione del mercato unico(Bernardi e Gandullia, 2004).È del tutto ragionevole ritenere che questi aspettiabbiano giocato un certo ruolo anche nell’avviodel processo di decentramento <strong>italia</strong>no.Riconoscere l’esistenza di questi elementi ancheper <strong>il</strong> nostro Paese, non significa tuttavia ritenereche <strong>il</strong> dibattito sul <strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong> debbaessere ricondotto ad un mero problema dirapporti di forza tra le diverse aree del Paese otra i loro rappresentanti politici. Significa soloriconoscere che gli aspetti di efficienza deldecentramento <strong>fiscale</strong>, messi <strong>in</strong> luce dal dibattitoeconomico, devono essere attentamentesoppesati e valutai anche rispetto agli aspettidistributivi, nel tentativo, sia pure diffic<strong>il</strong>e, ditrovare quell’equ<strong>il</strong>ibrio tra equità ed efficienzapiù consono agli <strong>in</strong>teressi del Paese.- Il pr<strong>in</strong>cipio di equità orizzontaleMa che cosa significa esattamente “equità” nelcontesto di un sistema decentrato, dovesussistono diversi livelli di governo distribuitisul territorio?Una possib<strong>il</strong>ità, spesso assunta implicitamentenel dibattito politico, è che “equità” territorialesignifichi rispetto del concetto di “equitàorizzontale”, un term<strong>in</strong>e caro agli scienziatidelle f<strong>in</strong>anze. Nei sistemi tributari, equitàorizzontale vuol dire essenzialmente che<strong>in</strong>dividui “uguali” dal punto di vista <strong>fiscale</strong>devono essere trattati dal fisco <strong>in</strong> modo uguale.Vista la difficoltà di rendere operativo <strong>il</strong>concetto di “eguaglianza” nel campo tributario,quest’assunto etico è spesso <strong>in</strong>terpretato comeun pr<strong>in</strong>cipio di “non discrim<strong>in</strong>azione”; <strong>il</strong> fisconon può dist<strong>in</strong>guere <strong>il</strong> trattamento <strong>fiscale</strong> deidiversi contribuenti sulla base di caratteristicheche non vengono considerate come ammissib<strong>il</strong>ialla luce della dottr<strong>in</strong>a civ<strong>il</strong>e o costituzionaleprevalente. Per esempio, <strong>il</strong> fisco puòdiscrim<strong>in</strong>are <strong>il</strong> trattamento <strong>fiscale</strong> degli <strong>in</strong>dividuisulla base delle loro diverse dotazioni di redditoo di patrimonio; <strong>il</strong> fisco non può differenziareulteriormente questo trattamento sulla base dicaratteristiche personali quali <strong>il</strong> sesso, l’età, lafede religiosa, <strong>il</strong> livello di istruzione e così via.Si tratta di un pr<strong>in</strong>cipio piuttosto vago: resta


51tuttavia un’aspirazione ragionevole econdivisib<strong>il</strong>e, a cui dovrebbero cercare ditendere i sistemi tributari nazionali.Ma si immag<strong>in</strong>i ora di trasportare questopr<strong>in</strong>cipio <strong>in</strong> un ambito decentralizzato. Cosavuol dire rispetto del pr<strong>in</strong>cipio di equitàorizzontale <strong>in</strong> un contesto territoriale? Unapossib<strong>il</strong>ità è quella di ritenere che <strong>il</strong> territorio diresidenza di un soggetto non possa costituire unacaratteristica accettab<strong>il</strong>e per la discrim<strong>in</strong>azioneda <strong>parte</strong> del settore pubblico, al pari del sesso,dell’età o della fede religiosa. Ciò significa che<strong>il</strong> settore pubblico nel suo complesso, locale enazionale, non può trattare <strong>in</strong> modo diverso due<strong>in</strong>dividui uguali dal punto di vista <strong>fiscale</strong>, soloperché risiedono <strong>in</strong> due territori diversi dellastessa nazione. Aliquote territoriali differenziate,anche locali, non sarebbero dunque ammissib<strong>il</strong>isu un piano etico. Inoltre, appare ragionevoleassumere che <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipio di equità orizzontale,<strong>in</strong> un contesto territoriale, debba essere estesoanche al lato della spesa pubblica e non solo aquello del prelievo. Ne segue che due <strong>in</strong>dividuiidentici dal punto di vista <strong>fiscale</strong> e sottoposti allostesso prelievo, dovrebbero anche ricevere lostesso paniere di servizi pubblici, locali enazionali, <strong>in</strong>dipendentemente dal proprio luogodi residenza. Poiché la dotazione <strong>fiscale</strong> deiterritori è diversa (drammaticamente, comeabbiamo visto, nel nostro Paese) ciò significaprima di tutto che ci dovrebbe essere una totaleuguaglianza nella distribuzione delle risorse traterritori. Ma non solo; <strong>in</strong> una logica di rispettorigoroso del pr<strong>in</strong>cipio di equità orizzontale nonbasterebbe uguagliare le risorse tra territori;qualunque discrim<strong>in</strong>azione territoriale nellatipologia d’offerta dei servizi, anche a parità dirisorse impiegate, appare fortemente sospetta elesiva del pr<strong>in</strong>cipio; se, <strong>in</strong><strong>fatti</strong>, i servizi sonodifferenziati territorialmente, due <strong>in</strong>dividuiidentici, sottoposti allo stesso regime <strong>fiscale</strong>,potrebbero ricevere servizi differenziati, <strong>in</strong>contraddizione con <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipio di equitàorizzontale.È evidente che preso alla lettera, <strong>in</strong>quest’accezione estrema, <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipio di equitàorizzontale è <strong>in</strong> realtà <strong>in</strong>compatib<strong>il</strong>e con ogniarticolazione territoriale dei governi; l’unicasoluzione istituzionale compatib<strong>il</strong>e con <strong>il</strong>pr<strong>in</strong>cipio è quella della totale centralizzazione diogni decisione. D’altra <strong>parte</strong>, è anche evidenteche <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipio così <strong>in</strong>terpretato è troppo rigidoper essere di qualche ut<strong>il</strong>ità, sia sul pianonormativo sia sul piano descrittivo. Inquest’accezione estrema, esso sarebbe <strong>in</strong> realtàviolato ovunque nel mondo; anche nei sistemipiù centralizzati, esiste generalmenteun’articolazione territoriale dei governi e vienegarantita qualche autonomia decisionale a<strong>il</strong>ivelli locali. Se dunque si ammette che unqualche grado di articolazione dei governi sulterritorio sia comunque desiderab<strong>il</strong>e per ragionidi efficienza, si deve anche ammettere che <strong>il</strong>pr<strong>in</strong>cipio di equità orizzontale debba coniugarsidiversamente una volta applicato a livelloterritoriale.Una possib<strong>il</strong>e soluzione (Bordignon, Fontana,Perag<strong>in</strong>e, 2005) si basa sull’esistenza di unadist<strong>in</strong>zione tra funzioni attribuite allo Statocentrale e funzioni attribuite a livello o ai livell<strong>il</strong>ocali. Questa dist<strong>in</strong>zione può avere un’orig<strong>in</strong>ecostituzionale, come nel caso del nostro Paese,oppure essere semplicemente <strong>il</strong> risultato di unaprassi consolidata; resta <strong>il</strong> fatto che esistonofunzioni assegnate al livello centrale di governoe altre assegnate ai livelli <strong>in</strong>feriori. Ognidiscrim<strong>in</strong>azione territoriale tra <strong>in</strong>dividui identicisvolta dal Governo centrale sulle propriefunzioni (sia dal lato del prelievo che della


52spesa) è <strong>in</strong>ammissib<strong>il</strong>e, <strong>in</strong> quanto <strong>il</strong> Governocentrale rappresenta uniformemente tutti icittad<strong>in</strong>i residenti sul territorio nazionale 27 ;viceversa, nell’ambito delle proprie funzioni,ogni governo territoriale è libero di trattare ipropri cittad<strong>in</strong>i <strong>in</strong> modo differenziato da quelloche fanno le altre giurisdizioni. Di nuovo, unadiscrim<strong>in</strong>azione territoriale tra cittad<strong>in</strong>i ugualiresidenti all’<strong>in</strong>terno di un territorio svolta dalgoverno di quel territorio è <strong>in</strong>ammissib<strong>il</strong>e, mapurché tutti i residenti uguali siano trattati <strong>in</strong>modo uniforme, la presenza di servizi o impostelocali differenziati tra territori non dà adito aviolazioni del pr<strong>in</strong>cipio di equità orizzontale.Naturalmente, ripetendo l’argomento, <strong>il</strong> modellopuò essere esteso a qualunque livello di governo(Regioni, Prov<strong>in</strong>ce, Comuni etc.); e laformalizzazione proposta si dimostra ancheabbastanza flessib<strong>il</strong>e da accomodare attribuzionipiù sfumate di funzioni tra livelli di governo,come per esempio, quelle relative ai cosiddetti“livelli essenziali”. In questo caso, per esempio,vi è violazione del pr<strong>in</strong>cipio di equitàorizzontale se cittad<strong>in</strong>i “uguali” (nel senso diavere un certo numero di caratteristiche comuni)non ricevono almeno i servizi essenziali<strong>in</strong>dipendentemente dalla Regione di residenza;non vi è violazione, tuttavia, se i cittad<strong>in</strong>i dialcune giurisdizioni ricevono servizi aggiuntivi,purché a tutti siano garantiti quelli essenziali.Si osservi che, se accettata, quest’<strong>in</strong>terpretazionedel pr<strong>in</strong>cipio di equità orizzontale offre anche27Naturalmente, esistono servizi statali la cuiallocazione sul territorio non dà adito adiscrim<strong>in</strong>azioni territoriali, perché i benefici derivantivanno a vantaggio dell’<strong>in</strong>tera collettività nazionale.Per esempio, non c’è discrim<strong>in</strong>azione se la spesa perla difesa viene concentrata territorialmente sulleregioni di conf<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> quanto i benefici del serviziosono diffusi a livello nazionale. In altri term<strong>in</strong>i, ladist<strong>in</strong>zione ha senso solo per i servizi a domanda<strong>in</strong>dividuale, non per i grandi beni pubblici nazionali.una possib<strong>il</strong>e soluzione ai <strong>problemi</strong> dicostruzione di un ragionevole sistema diperequazione <strong>in</strong>terregionale delle risorse nelnostro Paese. Esistono funzioni che rientrano <strong>in</strong>realtà nell’area di competenza delle funzionistatali; di conseguenza, per queste funzioni sideve ricercare una totale uniformità territorialenell’offerta di servizi per tipologia d’<strong>in</strong>dividui,almeno nel senso debole del raggiungimento de<strong>il</strong>ivelli essenziali 28 , <strong>in</strong>dipendentemente dalterritorio di residenza. Viceversa, ve ne sonoaltre per cui questa uniformità non va cercata, nénella composizione né necessariamente nellivello. Qui la differenziazione non solo èammissib<strong>il</strong>e, ma è potenzialmente un valore, nelsenso che se i governi locali funzionanoefficacemente può consentire quella migliorerappresentanza degli <strong>in</strong>teressi locali che laletteratura teorica considera come uno deipr<strong>in</strong>cipali vantaggi del decentramento. Ancheper queste funzioni, naturalmente, esiste unpossib<strong>il</strong>e problema di perequazione delle risorse;ma questo non è un imperativo etico come nelcaso delle funzioni “statali”. È un problemapolitico, che deve logicamente anche tener contodei possib<strong>il</strong>i vantaggi/svantaggi <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i diefficienza che i diversi sistemi tributari e di28Un approfondimento dovrebbe essere anchedest<strong>in</strong>ato al concetto dei livelli essenziali. Perconsentire l’azione autonoma dei governi locali, edunque giustificarne l’attribuzione agli enti locali, èevidente che i livelli essenziali dovrebbero esserepensati <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di “output”piuttosto che di “<strong>in</strong>put” di fattori produttivi. In altriterm<strong>in</strong>i, è irragionevole imporre che tutte le Regionispendano <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i pro-capite la stessa cifra per lasanità o che organizz<strong>in</strong>o la struttura produttiva nellostesso modo, perché parità di spesa o parità distruttura non significa affatto parità di servizi. E’ragionevole <strong>in</strong>vece imporre che certi standard (peresempio, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di tetti massimi alle liste di attesaper certe prestazioni) siano garantiti <strong>in</strong> tutte leRegioni, consentendo a ciascun governo regionale diorganizzare la struttura sanitaria come meglio credeper raggiungere quegli standard.


53perequazione <strong>in</strong>ducono sui comportamenti deglienti locali.- Il <strong>federalismo</strong> all’<strong>italia</strong>na: un giudiziogeneraleFatte queste precisazioni, che giudizio si devedare del processo di decentramento come si èf<strong>in</strong>ora sv<strong>il</strong>uppato <strong>in</strong> Italia, che è stato descritto alungo nelle pag<strong>in</strong>e precedenti?Come si è già osservato, la spesa complessiva<strong>in</strong>termediata dai livelli locali di governo (peresempio, <strong>in</strong> percentuale sul PIL) non è mai statamolto diversa nel nostro Paese rispetto a quelladi Paesi a noi sim<strong>il</strong>i, come quelli dell’Europaoccidentale. Anche la struttura delle funzioniattribuite non è mai stata molto diversa, sebbeneemergano differenze importanti, particolarmenteper <strong>il</strong> livello di governo regionale. Quello che èstato <strong>in</strong>vece sempre fuori norma, <strong>in</strong> particolaredalla riforma tributaria della metà degli anni ’70<strong>in</strong> poi, è l’eccezionale livello di centralizzazionedel prelievo.Questo ha avuto conseguenze importanti perl’organizzazione e <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento degli entiterritoriali di governo. Come si è già detto, f<strong>in</strong>oa tutti gli anni ’80, gli enti locali <strong>italia</strong>nivivevano essenzialmente di f<strong>in</strong>anza derivata. Leragioni di queste scelte, ammesso che siano stateeffettivamente volute dal legislatore nazionale enon una conseguenza <strong>in</strong>attesa della riformatributaria dei primi anni ‘70 29 , sono diffic<strong>il</strong>i daricostruire. Probab<strong>il</strong>mente si <strong>in</strong>tendeva, <strong>in</strong> unPaese così diviso territorialmente come <strong>il</strong> nostro,garantire livelli di spesa uniformi sul territorio, esi è ritenuto che centralizzare tutto <strong>il</strong> prelievo ef<strong>in</strong>anziare gli enti decentrati di governo con itrasferimenti fosse <strong>il</strong> modo migliore per29 In questo contesto varrebbe la pena ricostruire lastoria dell’ILOR, ma ragioni di spazio precludonoogni approfondimento.raggiungere questo obiettivo, rispetto a tributi oaltre risorse proprie, che necessariamenteriflettono <strong>il</strong> grado di sv<strong>il</strong>uppo relativo di unterritorio.I risultati di queste scelte sono stati peròperniciosi, per unanime consenso degli studiosi.Si è sì raggiunta una maggiore uniformità dellaspesa locale sul territorio (sebbene non dellaqualità dei servizi, che restano ancoradrammaticamente diversi tra aree del Paese) maal prezzo di <strong>in</strong>durre una totale irresponsab<strong>il</strong>itàdella classe dirigente locale. Privi di effettivecapacità di gestione, <strong>in</strong>capaci di pianificare <strong>il</strong>proprio b<strong>il</strong>ancio - deciso discrezionalmente dalCentro anno su anno - e non dovendo risponderedelle proprie scelte ai propri cittad<strong>in</strong>i sul piano<strong>fiscale</strong>, le classi dirigenti locali hanno sv<strong>il</strong>uppatoun’attitud<strong>in</strong>e sostanzialmente parassitaria(esemplificata dal cont<strong>in</strong>uo pellegr<strong>in</strong>aggio aRoma dei politici locali alla ricerca di ulteriorif<strong>in</strong>anziamenti). Ne è risultata, oltre che unagestione <strong>in</strong>efficiente dei servizi e del territorio,una tendenza cont<strong>in</strong>ua alla crescita della spesa,con b<strong>il</strong>anci locali tendenzialmente deficitari e lacont<strong>in</strong>ua necessità di <strong>in</strong>terventi di ripiano da<strong>parte</strong> del Centro. Poiché i trasferimenti cosìaccordati f<strong>in</strong>ivano poi con l’alimentare itrasferimenti ord<strong>in</strong>ari, la conseguenza è stata unastruttura dei f<strong>in</strong>anziamenti sostanzialmentearbitraria, basata sul cosiddetto pr<strong>in</strong>cipio della“spesa storica”; chi, per qualche ragione, avevaspeso di più nel passato ed era riuscito astrappare maggiori risorse, si trovava poi adessere avvantaggiato rispetto agli altri, anche <strong>in</strong>futuro.Come si è osservato, con la crisi f<strong>in</strong>anziaria epolitica del 1992, <strong>il</strong> Paese fa un tentativo serio divoltar pag<strong>in</strong>a. In l<strong>in</strong>ea con quanto accade altrove<strong>in</strong> Europa e sotto la sp<strong>in</strong>ta dell’emergenza


54f<strong>in</strong>anziaria, si cerca di risolvere questi <strong>problemi</strong>responsab<strong>il</strong>izzando maggiormente i govern<strong>il</strong>ocali sul proprio b<strong>il</strong>ancio, ricostruendo unamaggiore autonomia tributaria e offrendo piùspazi di manovra dal lato delle spese.Ma anche alla f<strong>in</strong>e di tutti questi processi,l’Italia non appare un Paese particolarmentedecentralizzato nel contesto europeo; anzi,poiché processi di decentramento sim<strong>il</strong>iavvengono simultaneamente <strong>in</strong> buona <strong>parte</strong>d’Europa (<strong>in</strong> particolare <strong>in</strong> Belgio e Spagna, masuccessivamente anche nel Regno Unito e <strong>in</strong>Francia), <strong>il</strong> Paese si presenta all’<strong>in</strong>izio del nuovom<strong>il</strong>lennio ancora <strong>in</strong> sostanziale ritardo rispetto alresto del Cont<strong>in</strong>ente (Bordignon, 2004).E tuttavia con <strong>il</strong> 2001, <strong>il</strong> processo si ferma epresenta chiari segnali d’arretramento. Dopo un<strong>in</strong>izio promettente, <strong>il</strong> nuovo Governo di centrodestra,<strong>in</strong>vece di tentare di attuare la nuovaCostituzione – di per sé come si è visto, già assaicontraddittoria - dà avvio ad un nuovo e assaipiù massiccio programma di riforme. Taleprogramma, dopo alcuni tentativi andati a vuoto,culm<strong>in</strong>a <strong>in</strong> un’altra proposta di riformacostituzionale, che viene resp<strong>in</strong>ta dagli elettoricon <strong>il</strong> referendum di giugno del 2006. Intanto, <strong>in</strong>assenza di una visione politica forte e condivisadella nuova Costituzione, i <strong>problemi</strong><strong>in</strong>terpretativi legati al nuovo Titolo V scatenanoun conflitto senza precedenti tra Regioni e Statodi fronte alla Corte Costituzionale, chetendenzialmente li risolve sistematicamente avantaggio di quest’ultimo. Nel frattempo, del<strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong>, cioè della nuova struttura dif<strong>in</strong>anziamento che dovrebbe sostenere <strong>il</strong>massiccio programma di decentramento a favoredegli enti territoriali previsto dal nuovo art. 119della Costituzione, si perde traccia. Anzi, glispazi effettivi di manovra di Regioni e Comunivengono ridotti con <strong>il</strong> blocco delle addizionaliall’IRPEF e all’IRAP, decisi nel 2003. Il lavorodi un’Alta Commissione, istituita allo scopo dioffrire un’<strong>in</strong>terpretazione autentica dell’ art. 119<strong>in</strong> term<strong>in</strong>i rapidi, f<strong>in</strong>isce nel nulla. Inf<strong>in</strong>e, <strong>il</strong>Decreto 56/2000, di cui si parlerà più avanti,presenta troppi <strong>problemi</strong> di attuazione, tanto dascatenare le ire di buona <strong>parte</strong> delle Regioni, chepresentano <strong>in</strong> alcuni casi ricorsi alla Cortecostituzionale. Di conseguenza, viene bloccatodal governo nel 2005 ed è attualmente <strong>in</strong> attesadi sostituzione.Questo, <strong>in</strong> estrema s<strong>in</strong>tesi, <strong>il</strong> quadro. Mapiuttosto che entrare nelle polemiche, èopportuno chiedersi se i processi didecentramento che, comunque <strong>in</strong> qualchemisura, sono stati adottati nel corso degli anni’90, hanno poi condotto ai benefici attesi.Sfortunatamente gli studiosi <strong>italia</strong>ni sono moltopiù bravi ad affrontarsi e confrontarsi sul pianodei pr<strong>in</strong>cipi, piuttosto che a verificarepazientemente sul campo gli effetti delleriforme. Di conseguenza, non si sa molto deglieffetti concreti delle riforme sui comportamentidegli enti locali. Le riforme degli anni ’90volevano <strong>in</strong>centivare, da un lato, una maggioreefficienza nella gestione dei servizi ed anchemaggiore responsab<strong>il</strong>izzazione dei politic<strong>il</strong>ocali, e dall’altro, una maggiore trasparenza neiflussi f<strong>in</strong>anziari che attraverso <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio delloStato passano da un’area all’altra del Paese; ladomanda è se vi sia evidenza che questo siasuccesso.La risposta è controversa. Per alcuni aspetti, cisono <strong>in</strong>dicazioni che nel complesso le riformeabbiano funzionato abbastanza bene per iComuni; la riforma elettorale ha rafforzatomolto <strong>il</strong> ruolo e la visib<strong>il</strong>ità dell’azione dels<strong>in</strong>daco e ci sono evidenze empiriche che ciò hacondotto a qualche miglioramento nella qualità


55dei servizi. Anche l’<strong>in</strong>troduzione dell’ICIsembra abbia avuto gli effetti richiesti; c’èevidenza, per esempio, che i cittad<strong>in</strong>i attu<strong>in</strong>oforme di yardstick competition sui tributicomunali e ciò dovrebbe <strong>in</strong>centivare unamaggiore responsab<strong>il</strong>izzazione delle giuntecomunali (Bordignon, Cerniglia, Revelli, 2003,2004). Più complicato è <strong>il</strong> discorso sulleRegioni; ci sono evidenze che con <strong>il</strong> progressivoampliamento delle funzioni nel campo sanitario,le Regioni (o almeno alcune di esse) abbianoimparato a gestire un po’ meglio la sanità, maresta ancora largamente irrisolto <strong>il</strong> problema deiv<strong>in</strong>coli di b<strong>il</strong>ancio soffice <strong>in</strong> campo sanitario,con <strong>il</strong> ricorso cont<strong>in</strong>uo al f<strong>in</strong>anziamento ex postda <strong>parte</strong> dello Stato dei deficit sanitari pregressi(Bordignon e Turati, 2005); sul piano dei tributi,almeno f<strong>in</strong>ché hanno potuto, le Regioni hannoeffettuato qualche tentativo di gestioneautonoma delle proprie risorse tributarie, poirapidamente abortito con <strong>il</strong> blocco delleaddizionali (Ambrosanio e Bordignon, 2004).Nel complesso, tuttavia, le Regioni non hannodato una prova altrettanto efficace come iComuni; l’impressione è che gli aspetti autoreferenzialidel sistema politico regionaleabbiano assunto un ruolo maggiore che per altrienti locali, di per sé contribuendo alla crisi dipopolarità del <strong>federalismo</strong> <strong>in</strong> Italia. Di più,l’attuazione di alcuni dei programmi didecentramento varati nella legislatura precedenteper le Regioni, come per esempio <strong>il</strong> Decreto56/2000, ha mostrato <strong>problemi</strong> applicativi elimiti <strong>in</strong>attesi, su cui si tornerà ancora più avanti.Per quanto riguarda, <strong>in</strong>vece, la trasparenza neiflussi f<strong>in</strong>anziari, <strong>il</strong> risultato è stato chiaramentefallimentare su tutti i fronti e per tutti i livelli digoverno. Ad esempio, i trasferimenti agli ent<strong>il</strong>ocali hanno cont<strong>in</strong>uato ad essere dom<strong>in</strong>ati dalladiscrezionalità politica. Ma più <strong>in</strong> generale haripreso quota un costume politico negativo chesi è poi naturalmente riflesso su tutta la strutturadei governi e dei relativi flussi f<strong>in</strong>anziari. È statacioè nuovamente nob<strong>il</strong>itata l’idea che la politicanon sia tanto <strong>il</strong> luogo della mediazione per ladeterm<strong>in</strong>azione degli “<strong>in</strong>teressi generali” delPaese, comunque def<strong>in</strong>iti, quanto <strong>il</strong> luogo dellaspartizione delle risorse pubbliche a vantaggiodegli specifici <strong>in</strong>teressi elettorali di ciascunacomponente della maggioranza di governo. 30- La riforma costituzionaleCome è stato discusso a lungo nel paragrafo 6, lariforma del Titolo V della Costituzione presentanumerosi aspetti critici. Per <strong>il</strong> modo fortunosocon cui è stata approvata, <strong>in</strong> assenza di unaccordo trasversale tra maggioranza eopposizione (anche se costruita su un testo sucui si era trovato l’accordo <strong>in</strong> sede diBicamerale), è risultata scritta male e<strong>in</strong>sufficientemente meditata. Inoltre, la necessitàdi trovare consenso al di fuori delle auleparlamentari, e <strong>in</strong> particolare tra gli stessi entiterritoriali, ha sp<strong>in</strong>to <strong>il</strong> legislatore ad esagerarenelle funzioni legislative attribuite alle Regionida un lato, e alle funzioni amm<strong>in</strong>istrativeattribuite agli altri enti locali, dall’altro.Paradossalmente, e per la stessa ragione, <strong>in</strong>vecedi cercare di affrontare, con opportune ipotesi diaccorpamento, uno dei pr<strong>in</strong>cipali <strong>problemi</strong> della30 In questo clima, appare dunque del tutto naturaleche <strong>il</strong> s<strong>in</strong>daco di M<strong>il</strong>ano chieda fondi eccezionali perla costruzione di una metropolitana nella città, non <strong>in</strong>quanto M<strong>il</strong>ano sia la capitale economica del Paese edunque questo <strong>in</strong>vestimento appaia giustificab<strong>il</strong>e perf<strong>in</strong>alità generali, ma <strong>in</strong> tanto e <strong>in</strong> quanto s<strong>in</strong>daco epresidente del Consiglio ap<strong>parte</strong>ngono alla stessaforza politica. Che l’<strong>in</strong>tera stampa nazionale troviquesto atteggiamento del tutto naturale e non degnodi censura, dimostra poi quanto <strong>il</strong> Paese sia ancoraculturalmente lontano da una visione corretta deirapporti f<strong>in</strong>anziari che dovrebbero <strong>in</strong>tercorrere tragoverni di livello diverso <strong>in</strong> un moderno sistemademocratico.


56struttura dei governi locali <strong>in</strong> Italia, l’eccessivamoltiplicazione e frantumazione dei governi, lanuova Costituzione è andata nella direzioneopposta, dando valenza costituzionale edequiparandola allo Stato, non solo a tutti igoverni locali esistenti, ma perf<strong>in</strong>o a quelliancora da <strong>in</strong>trodurre (le Città Metropolitane).Ci sono poi anche numerosi <strong>problemi</strong> tecnici. Ladef<strong>in</strong>izione delle funzioni attribuite ai divers<strong>il</strong>ivelli di governo (Stato, Regioni, altri ent<strong>il</strong>ocali) è troppo rigida per poter tenere conto <strong>in</strong>modo adeguato delle necessarie sovrapposizionitra funzioni dei diversi livelli di governo; alcontrario, l’area della legislazione concorrente,costruita prendendo a modello una pessimacostituzione federale come quella tedesca, ètroppo ampia, e contiene funzioni che sulla basedi elementari argomenti di efficienza avrebberodovuto rimanere saldamente nelle mani delGoverno centrale (la gestione delle grandi rete<strong>in</strong>frastrutturali ed elettriche o le professioni, peresempio); l’area delle funzioni esclusive delleRegioni è essa stessa di dubbia costituzionalitàed appare anch’essa irragionevolmente estesa,anche perché nella enumerazione puntigliosadelle materie da attribuire o <strong>in</strong> legislazioneesclusiva allo Stato o <strong>in</strong> legislazione concorrenteallo Stato e alle Regioni, <strong>il</strong> legislatorecostituzionale ne ha naturalmente tralasciatoqualcuna (per esempio, l’assistenza) che, peresclusione, è dunque f<strong>in</strong>ita nell’area di esclusivacompetenza delle Regioni. Sarebbe statacertamente preferib<strong>il</strong>e una Costituzione menospecifica sulle materie, ma più salda nei pr<strong>in</strong>cipirelativi all’attribuzione delle competenze tralivelli di governo.Ancora, a dispetto della puntigliositànell’attribuzione delle materie, la Costituzione è<strong>in</strong>vece ambigua nel def<strong>in</strong>ire <strong>il</strong> modello di<strong>federalismo</strong> che <strong>in</strong>tende perseguire, così comenei meccanismi di f<strong>in</strong>anziamento e diperequazione degli enti territoriali dell’art. 119.Nello sforzo di accontentare tutti, la nuovaCostituzione ha f<strong>in</strong>ito per contenereaffermazioni oggettivamente contraddittorie che,a seconda dell’<strong>in</strong>terpretazione offerta, possonodare adito a modelli di <strong>federalismo</strong> totalmentediversi.Alla f<strong>in</strong>e però, poco male. Le Costituzioni sonodi necessità ambigue, perché devono essere <strong>in</strong>grado di sostenere processi storici di lungoperiodo; ed è ben noto agli studiosi che, peresempio, per quanto riguarda i rapporti tragoverni, Costituzioni orig<strong>in</strong>ariamente assaisim<strong>il</strong>i, come quelle australiana e canadese,hanno dato adito a risultati molto diversi con <strong>il</strong>passare del tempo, al seguito del mutare deirapporti di forza tra governi. Le Costituzionivanno <strong>in</strong>terpretate; ed è l’<strong>in</strong>terpretazionegiuridica prevalente <strong>in</strong> un certo periodo storicoche ne identifica <strong>il</strong> significato. Questo sarebbedovuto avvenire anche per <strong>il</strong> nuovo Titolo V; aldi là di qualche ritocco davvero <strong>in</strong>dispensab<strong>il</strong>e,la nuova Costituzione avrebbe richiesto (ancorarichiederebbe), piuttosto che una ri-scrittura, unachiara <strong>in</strong>terpretazione sul piano politico, cioèuna scelta esplicita ed <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e condivisadi quale dei diversi modelli possib<strong>il</strong>i di<strong>federalismo</strong> si <strong>in</strong>tende perseguire. Ed è <strong>in</strong><strong>fatti</strong>parso per un momento (con la legge La Loggia,approvata nel 2002 con i voti di entrambe leparti politiche) che la politica si orientasse <strong>in</strong>questa direzione, salvo poi decidere altrimenti, eaffidare - sarebbe meglio dire, delegare<strong>in</strong>teramente, abdicando ad un proprio precisoruolo istituzionale - l’<strong>in</strong>terpretazione del nuovoTitolo V alla Corte Costituzionale. La quale hadeciso a modo suo, cioè piecemale, sulla basedei quesiti posti di volta <strong>in</strong> volta, piuttosto che


57con quella visione complessiva che la nuovaCostituzione avrebbe <strong>in</strong>vece richiesto.Come è stato già <strong>il</strong>lustrato, e come argomentatoaltrove (Bordignon e Cerniglia, 2004; Giarda,2001) l’attuale Titolo V contiene <strong>in</strong> nucemodelli alternativi di <strong>federalismo</strong>, <strong>in</strong>teso nelsenso tecnico di meccanismo di attribuzione dirisorse e competenze ai vari livelli di governo.Ci sono, per esempio, elementi di <strong>federalismo</strong>fortemente solidale, alla tedesca; elementi di un<strong>federalismo</strong> a velocità variab<strong>il</strong>e, alla spagnola;elementi di un <strong>federalismo</strong> competitivo, allacanadese, e così via. Senza eccessive forzature<strong>in</strong>terpretative, l’attuale Titolo V consentirebbe discegliere tra questi diversi modelli. E mentre lenostre preferenze vanno nettamente a vantaggiodi un’ipotesi più competitiva, altre scelte sonolegittimamente possib<strong>il</strong>i alla luce del Titolo V,alcune delle quali, forse anche paradossalmente<strong>in</strong> contrasto con le <strong>in</strong>tenzioni del legislatorecostituente, più centralistiche della stessasituazione effettiva della f<strong>in</strong>anza locale di f<strong>in</strong>eanni ’90. È importante tuttavia che una sceltavenga fatta e perseguita coerentemente, perché idiversi modelli richiedono una coerenza <strong>in</strong>terna,tra funzioni attribuite e sistemi di f<strong>in</strong>anziamento.Per esempio, non si può scegliere un sistemafortemente solidale alla tedesca (espandendol’<strong>in</strong>terpretazione unitaria contenuta nella letteram dell’art. 117) e poi pensare di f<strong>in</strong>anziare leRegioni con tributi propri e trasferimentiperequativi basati sulla capacità <strong>fiscale</strong>.Viceversa, non si può pensare di costruire unsistema competitivo, alla canadese, e poiimmag<strong>in</strong>are di ampliare <strong>il</strong> ruolo dei trasferimentistatali per la difesa dei diritti e la coesioneterritoriale, ut<strong>il</strong>izzando a tal f<strong>in</strong>e <strong>il</strong> quarto e <strong>il</strong>qu<strong>in</strong>to comma dell’art. 119.Una qualche scelta va dunque fatta, anche acosto di sacrificare alcuni elementi di<strong>in</strong>terpretazione letterale del testo costituzionale.Una scelta coerente può anche richiedere d<strong>il</strong>asciare per <strong>il</strong> momento non attuate alcune partidella Costituzione, o di limitarne l’attuazionesolo ad alcune delle Regioni più ricche(sfruttando a questo f<strong>in</strong>e l’art. 116); come si ègià osservato, le differenze tra le Regioni<strong>italia</strong>ne sono <strong>in</strong><strong>fatti</strong> tali da rendere diffic<strong>il</strong>eimmag<strong>in</strong>are un sistema di f<strong>in</strong>anziamentocomune, che possa sostenere da subito l’<strong>in</strong>teroprocesso di decentramento che è previsto dalTitolo V. Per ripetersi: è diffic<strong>il</strong>e immag<strong>in</strong>are unsistema perequativo, politicamente sostenib<strong>il</strong>e,che possa f<strong>in</strong>anziare le differenze esistenti; è <strong>in</strong>particolare impossib<strong>il</strong>e, se poi questo sistemadovesse essere basato sulla capacità <strong>fiscale</strong>,come <strong>in</strong>vece sembra <strong>in</strong>dicare <strong>il</strong> comma 3dell’art. 119.Scegliere però significa uscire dall’ambiguitàconnessa alla nuova Costituzione e affrontare unserio scontro politico, questo sì trasversale, tra lediverse forze politiche e istituzionali. Piuttostoche far questo, la maggioranza di Centro-destranel 2001-2006 ha preferito <strong>in</strong>vece imbarcarsi <strong>in</strong>una nuova e fallimentare riforma, e c’è <strong>il</strong> rischioche questo succeda anche con l’attuale governodi Centro-s<strong>in</strong>istra.- Il decreto 56/2000È opportuno, a questo punto, discutere <strong>in</strong> mododettagliato del dest<strong>in</strong>o <strong>in</strong>fausto del Decreto56/2000, <strong>in</strong> primo luogo perché <strong>il</strong> problemadella perequazione delle risorse tra areeterritoriali resta <strong>il</strong> problema politico centrale del<strong>federalismo</strong> <strong>italia</strong>no; <strong>in</strong> secondo luogo, siaperché lo stesso dest<strong>in</strong>o del Decreto <strong>in</strong>duce aqualche ulteriore riflessione critica sul processodi decentramento <strong>italia</strong>no portato avanti nelcorso degli anni ’90.


58Il decreto 56/2000, nel tentativo di stab<strong>il</strong>izzaredef<strong>in</strong>itivamente la f<strong>in</strong>anza regionale dopo leriforme degli anni ‘90, si basava su un’ideamolto semplice. Si trattava di aboliredef<strong>in</strong>itivamente i trasferimenti erariali ord<strong>in</strong>arialle Regioni (pr<strong>in</strong>cipalmente, alla f<strong>in</strong>e degli anni’90, quelli relativi al Fondo Sanitario Nazionale)e di sostituirli con la com<strong>parte</strong>cipazione ad unrobusto tributo erariale, l’IVA (come è avvenuto<strong>in</strong> altri Paesi europei). Nell’anno di transizione,<strong>il</strong> 2001, l’aliquota di com<strong>parte</strong>cipazione all’IVAsarebbe stata determ<strong>in</strong>ata <strong>in</strong> modo da garantirealle Regioni esattamente le stesse risorse chesarebbero derivate dai trasferimenti aboliti. Inseguito, ad aliquota di com<strong>parte</strong>cipazionedef<strong>in</strong>ita, le risorse complessive delle Regionisarebbero cresciute con la crescita automaticadel gettito dell’IVA e con la crescita degli altritributi regionali. Poiché l’elasticità dell’<strong>in</strong>siemedi questi tributi è complessivamente unitariarispetto al reddito (leggermente superioreall’unità per l’IVA, leggermente <strong>in</strong>ferioreall’unità per <strong>il</strong> complesso degli altri tributiregionali), ciò avrebbe garantito che le risorsecomplessive attribuite alle Regioni (e dunque, <strong>in</strong>equ<strong>il</strong>ibrio, la spesa regionale) sarebberocresciute <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con la crescita del redditonazionale. La flessib<strong>il</strong>ità del sistema venivagarantita, da un lato, dai tributi propri regionali(su cui le Regioni erano naturalmente libere discegliere le aliquote, ad esempio aumentandoleper f<strong>in</strong>anziare livelli più alti di spesa), edall’altro, dalla stessa com<strong>parte</strong>cipazioneall’IVA, che avrebbe potuto essere modificatadal Parlamento. In particolare, sulla base delDocumento di programmazione economicof<strong>in</strong>anziariadel 1999, <strong>il</strong> Decreto 56/2000 era statocostruito su un’ipotesi di <strong>in</strong>varianza della spesasanitaria sul PIL per <strong>il</strong> triennio successivo; manaturalmente, se <strong>il</strong> Parlamento avessericonosciuto la necessità di una d<strong>in</strong>amica piùsostenuta della spesa sanitaria rispetto al PIL, opiù <strong>in</strong> generale di una d<strong>in</strong>amica più elevatadell’<strong>in</strong>tera spesa regionale, ciò avrebbe potutoessere garantito attraverso un appropriatoaumento della com<strong>parte</strong>cipazione regionaleall’IVA.Le risorse provenienti dalla com<strong>parte</strong>cipazioneall’IVA sarebbero state poi ridistribuite tra leRegioni, <strong>in</strong>izialmente sulla base del ripartostorico (cioè, quello dei trasferimenti aboliti nel2001) <strong>in</strong> modo da garantire che nel primo anno,con <strong>il</strong> nuovo sistema, ciascuna Regione avrebbeottenuto esattamente le stesse risorse cheavrebbe avuto con <strong>il</strong> vecchio sistema, e poi,progressivamente - con un percorso temporaleche doveva durare ben 12 anni - sulla base diuna nuova formula basata su parametri oggettivi.Questa formula, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con quanto argomentato<strong>in</strong> precedenza, avrebbe garantito <strong>in</strong>teramente <strong>il</strong>fabbisogno sanitario di ciascuna Regione (la“funzione statale” su cui discrim<strong>in</strong>azioniterritoriali non sono ammesse, almeno per <strong>il</strong>ivelli essenziali, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con l’<strong>in</strong>terpretazioneavanzata sopra) e avrebbe <strong>in</strong>vece perequato lacapacità <strong>fiscale</strong> delle diverse Regioni per lerestanti funzioni, <strong>in</strong> modo tale, che ad aliquotestandard e basi imponib<strong>il</strong>i standard, la distanzadi ciascuna Regione dalla capacità <strong>fiscale</strong> procapitemedia delle Regioni sarebbe stata ridottadel 90%. Ovviamente, i frutti dello sforzo <strong>fiscale</strong>autonomo di ciascuna Regione sarebbero rimastiesclusivo appannaggio di quest’ultima; <strong>in</strong><strong>fatti</strong>,poiché i trasferimenti perequativi dal fondodovevano essere calcolati sulla base di aliquotestandard, qualunque risorsa addizionale dovutaad aliquote regionali più elevate non avrebbe<strong>in</strong>fluenzato <strong>il</strong> riparto dal fondo.In s<strong>in</strong>tesi, <strong>il</strong> modello di f<strong>in</strong>anziamento delDecreto 56/2000 prefigurava un mondo dove,fatto salvo <strong>il</strong> fabbisogno sanitario, def<strong>in</strong>ito <strong>in</strong>


59contraddittorio con lo Stato, le Regioni eranolibere di spendere le loro risorse nel modo a loropiù consono, con la garanzia (perenne) cheanche la Regione più povera avrebbe visto, adaliquote standard, ridurre la sua distanza dallacapacità <strong>fiscale</strong> media del 90%. O per dirla <strong>in</strong>modo diverso, <strong>il</strong> 56/2000 <strong>in</strong>tendeva perequaresulla base del criterio del fabbisogno soltanto laspesa sanitaria, <strong>in</strong>terpretata come unica funzionesu cui esiste una ragione d’uniformità (pertipologie di bisogni) sul territorio nazionale; per<strong>il</strong> resto, si limitava a perequare la capacitàpotenziale di spesa delle diverse Regioni,attraverso l’avvic<strong>in</strong>amento delle capacità fiscali,lasciando libera poi ciascuna Regione diut<strong>il</strong>izzare le risorse secondo le sue preferenze(Bordignon, 2005a). Un sistema certo orig<strong>in</strong>alerispetto alle abitud<strong>in</strong>i della f<strong>in</strong>anza locale<strong>italia</strong>na, legata tradizionalmente al criterio delfabbisogno, e sicuramente più adatto ad unmodello decentrato dove le Regioni avesseroresponsab<strong>il</strong>ità effettive, ma non, volutamente, unsistema rivoluzionario rispetto alle praticheprevalenti. Anche <strong>il</strong> criterio della perequazioneal 90% (e non al 100%), più che perseguire unoscopo punitivo nei confronti delle Regioni piùpovere, <strong>in</strong>tendeva <strong>in</strong>vece responsab<strong>il</strong>izzare tuttele Regioni, almeno al marg<strong>in</strong>e, rispetto alleproprie basi imponib<strong>il</strong>i, per evitare i fenomeni difree-rid<strong>in</strong>g <strong>in</strong>evitab<strong>il</strong>mente connessi con unaperequazione completa delle risorse 31 .Si osservi che, pur nella sua orig<strong>in</strong>alità, <strong>il</strong>modello del 56/2000 era costruito sulla base diesperienze estere consolidate. Sia per ladimensione della perequazione (<strong>il</strong> 90% diriduzione delle distanze rispetto alla media) cheper l’aggancio all’IVA riprendeva31 Perequare al 100% significa rendere le risorse(standard) delle Regioni del tutto <strong>in</strong>dipendenti dalleproprie basi imponib<strong>il</strong>i, dis<strong>in</strong>centivando le Regioni daogni sforzo per ottenere maggiori risorse o permigliorare l’accertamento dei propri tributi.essenzialmente <strong>il</strong> modello tedesco; mentre per <strong>il</strong>calcolo dei trasferimenti e per <strong>il</strong> riferimento allacapacità <strong>fiscale</strong> riprendeva quello canadese.Questo stesso modello è poi stato ripreso nelcomma terzo dell’art. 119 del nuovo Titolo V,che, come si ricorderà dal paragrafo 6, nelprevedere un fondo perequativo per le diversearee del Paese, esplicitamente ne richiama lepr<strong>in</strong>cipali caratteristiche (“trasferimenti privi div<strong>in</strong>colo di ut<strong>il</strong>izzo”, tesi a ridurre “le differenzedella capacità <strong>fiscale</strong> pro-capite tra territori”), ad<strong>in</strong>dicare che <strong>in</strong> effetti <strong>il</strong> modello del 56/2000 èapparso ad un certo punto come una possib<strong>il</strong>esoluzione ai <strong>problemi</strong> complessivi di ripartodelle risorse tra enti territoriali nel nostro Paese.Nell’attuazione del decreto 56/2000 si sono peròverificati una tale quantità di errori emanchevolezze da sollevare dubbi sull’impiantoorig<strong>in</strong>ario del provvedimento, o per lo menosulla sua validità nell’ambito <strong>italia</strong>no. Intanto,subito dopo averlo approvato 32 , la politica si èdimenticata della sua esistenza. Già nel 2000 eancor più nel 2001, venivano varati accordi traStato e Regioni sulla spesa sanitaria, chepresc<strong>in</strong>devano <strong>in</strong>teramente dall’esistenza delDecreto e ne contraddicevano la stessa f<strong>il</strong>osofiadi fondo. Poi, nell’attuare <strong>il</strong> riparto per la primavolta sulla base dei nuovi criteri (per <strong>il</strong> 5% dellacom<strong>parte</strong>cipazione all’IVA), la RagioneriaGenerale dello Stato ha commesso una serie dierrori da suscitare le reazioni negative di buona<strong>parte</strong> delle Regioni, con la conseguenza che <strong>il</strong>riparto per <strong>il</strong> 2002, dopo essere rimasto a lungobloccato <strong>in</strong> sede di conferenza Stato – Regioni, èstato poi approvato con decreto della Presidenzadel Consiglio nel 2004, per poi essere ritiratoprecipitosamente subito dopo a fronte della32 Con <strong>il</strong> parere favorevole di tutte le Regioni, adeccezione del Veneto, che lo trovava eccessivamenteridistribuivo.


60levata di scudi delle Regioni penalizzate,lasciando tra l’altro <strong>in</strong> predicato la distribuzionedi somme importanti alle Regioni per tutto <strong>il</strong>triennio 2002-2004 (poi ridistribuite nel 2006).Gli “errori” commessi dalla Ragioneria <strong>in</strong> sededi attuazione del decreto sono numerosi. Eccouna lista parziale, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e d’importanza(Bordignon e Giarda, 2004):- <strong>il</strong> 56/2000 prevedeva che tutte, o comunque lastragrande maggioranza delle funzioni delleregioni fossero f<strong>in</strong>anziate attraverso <strong>il</strong> nuovofondo perequativo. Solo <strong>in</strong> questo modo, <strong>in</strong><strong>fatti</strong>,un modello f<strong>in</strong>anziario costruito sullaperequazione della capacità <strong>fiscale</strong> avrebbepotuto garantire <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento di unafunzione, la sanità, def<strong>in</strong>ita <strong>in</strong>vece col criteriodel fabbisogno. Ma, <strong>in</strong> contrasto con <strong>il</strong> Decreto,sia i trasporti locali, che i fondi devoluti aseguito delle leggi Bass<strong>in</strong><strong>in</strong>i, che i numerositrasferimenti specifici alle Regioni, sono statitenuti fuori dal fondo, con <strong>il</strong> risultato che <strong>il</strong>56/2000 ha f<strong>in</strong>ito con <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziare la sanità opoco più. Ne è risultato un sistema perequativo -basato sulla perequazione <strong>in</strong>completa dellacapacità <strong>fiscale</strong> - che f<strong>in</strong>anzia una funzionedef<strong>in</strong>ita sulla base del fabbisogno: uncontrosenso logico, che non sorprendentementeha generato casi <strong>in</strong> cui <strong>il</strong> fabbisogno sanitario diqualche Regione non poteva essere f<strong>in</strong>anziatodal modello (un’impossib<strong>il</strong>ità matematicaaltrimenti, come dimostrato <strong>in</strong> Bordignon,2005b);- <strong>in</strong>vece di mantenere <strong>in</strong>alterata la distribuzione“per la spesa storica” al 2001, come previsto nelDecreto, la com<strong>parte</strong>cipazione all’IVA ed <strong>il</strong>riparto per la spesa storica sono stati ricalcolatisulla base della contrattazione Stato-Regioni del2002 per <strong>il</strong> fondo sanitario, con l’effetto dirimettere ulteriormente <strong>in</strong> crisi <strong>il</strong> funzionamentodel fondo, che a quel punto vedeva snaturato <strong>il</strong>processo di transizione graduale dalla spesastorica a quella a regime;- i tributi delle Regioni non sono statistandardizzati, con l’effetto di danneggiare chiavesse effettuato un maggiore sforzo <strong>fiscale</strong>, alcontrario di quanto previsto dal modello;E si potrebbe cont<strong>in</strong>uare ancora a lungo: Giarda(2005) contiene un calcolo corretto del 56/2000per <strong>il</strong> 2002, <strong>il</strong> quale mostra che se <strong>il</strong> Decretofosse stato applicato correttamente nessuno dei<strong>problemi</strong> che si sono verificati nell’attuazione, eche hanno scatenato le ire di numerose Regioni,si sarebbe <strong>in</strong> effetti determ<strong>in</strong>ato 33 . Resta dacapire come sia stato possib<strong>il</strong>e che personesicuramente competenti e <strong>in</strong> buona fede, abbianopotuto commettere errori <strong>in</strong> alcuni casiclamorosamente <strong>in</strong> conflitto sia conl’<strong>in</strong>terpretazione letterale sia con lo spirito delDecreto. Bisognerebbe <strong>in</strong><strong>fatti</strong> evitare che sim<strong>il</strong>i<strong>problemi</strong> si ripetano <strong>in</strong> futuro, con qualunquealtro modello perequativo prenda <strong>il</strong> posto del56/2000.La prima riflessione è che non è sufficienteapprovare una buona legge perché questa poi siaapplicata. Le ragioni della legge devono essere<strong>in</strong>teriorizzate dagli attori istituzionali e politici;<strong>in</strong> assenza di quest’<strong>in</strong>teriorizzazione, politici,funzionari regionali e statali riprendono levecchie abitud<strong>in</strong>i, che sono essenzialmenteabitud<strong>in</strong>i di contrattazione cont<strong>in</strong>ua, che mal siadattano a formule rigide, per quantoconcettualmente valide. Al Decreto 56/2000 èmancata una forte volontà politica che ne33 Tant’è vero che le Regioni hanno accettato, <strong>in</strong> unariunione dei Presidenti del 2005, <strong>il</strong> riparto Giarda per<strong>il</strong> 2002, come una base conv<strong>in</strong>cente di discussioneper ritirare i ricorsi contro <strong>il</strong> decreto.


61portasse avanti coerentemente <strong>il</strong> disegnocomplessivo, pagando se necessario i prezzi<strong>in</strong>evitab<strong>il</strong>i dell’aggiustamento, ma evitando distravolgerne <strong>il</strong> funzionamento e di rimetterne <strong>in</strong>discussione le f<strong>in</strong>alità complessive. È possib<strong>il</strong>eche se <strong>il</strong> 56/2000 fosse stato approvato all’<strong>in</strong>iziodella legislatura, piuttosto che alla f<strong>in</strong>e, le cosesarebbero andate diversamente. Così <strong>in</strong>vece unmodello di perequazione <strong>in</strong>novativo è statoattuato da un Governo diverso da quello che loaveva approvato, <strong>in</strong> un mondo politico comequello <strong>italia</strong>no dove è usuale ritenere che tuttoquanto fatto da un precedente Governo, per dipiù se di colore politico avverso, sia perdef<strong>in</strong>izione da buttar via. Lasciati privi di guida,non è sorprendente che i tecnici siano poi andatiper la propria strada, <strong>in</strong>terpretando <strong>il</strong> Decreto nelmodo più conforme alla propria tradizioneculturale.La seconda riflessione è che appare ancorastraord<strong>in</strong>ariamente carente la dotazione di dati edi <strong>in</strong>formazioni relative alle caratteristiche deitributi e della spesa regionale. Gli estensori del56/2000 erano ben consci di questa difficoltà(Bordignon e Em<strong>il</strong>iani, 1999), ma la speranzaera che lo stesso Decreto avrebbe costrettoM<strong>in</strong>isteri e Regioni ad attrezzarsi per recuperarele <strong>in</strong>formazioni adeguate, così <strong>in</strong>ducendo unasorta di benefica concorrenza al miglioramentodelle fonti. Così non è stato; le Regioni vivononell’ignoranza delle proprie basi imponib<strong>il</strong>i e iM<strong>in</strong>isteri non hanno e/o non trasmettono le<strong>in</strong>formazioni <strong>in</strong> modo adeguato. Ne risulta unclima di sospetto cont<strong>in</strong>uo tra le parti <strong>in</strong> causa,certamente deleterio per l’accettazione deiprocessi distributivi <strong>in</strong>dotti dal fondoperequativo. Un modello di distribuzione <strong>in</strong>terregionaledelle risorse, basato su criteritrasparenti e oggettivi, si può reggerepoliticamente se, e solo se, trasparenti eoggettivi sono i dati su cui lo stesso modello sibasa. Più che di una dozz<strong>in</strong>a di ulteriori riformecostituzionali, alla “causa” del <strong>federalismo</strong><strong>fiscale</strong> <strong>in</strong> Italia farebbe molto più comodoun’Autorità tecnica, al di sopra delle parti edotata del potere e del prestigio necessario, chesi preoccupasse esclusivamente di raccogliere edi rendere disponib<strong>il</strong>i le <strong>in</strong>formazioni di base perl’implementazione dei vari fondi distributivi.La terza riflessione è che la contrattazionepolitica sui trasferimenti è <strong>in</strong>sita nel Dna deipolitici nostrani, a livello statale come locale.Anche se i pr<strong>in</strong>cipi del 56/2000 o di qualunquealtro sistema perequativo fossero universalmentecondivisi, è diffic<strong>il</strong>e immag<strong>in</strong>are che unqualunque politico locale sarebbe disposto adaccettarlo senza discuterne i risultati, soprattuttose questi risultati fossero avversi a lui e alproprio elettorato. E se quel politico ha buonirapporti con <strong>il</strong> governo <strong>in</strong> carica al momento, oanche solo buoni rapporti personali con <strong>il</strong>m<strong>in</strong>istro competente, è anche diffic<strong>il</strong>eimmag<strong>in</strong>are che <strong>il</strong> politico <strong>in</strong> questione non troviorecchie ben disposte ad ascoltarne le lamentele.Il rischio è dunque che qualunque modello, oformula perequativa, sia poi stravolto dalleesigenze della politica. Così come per esempioavviene con i criteri di riparto del FondoSanitario, dove esiste una formula, ma dove iparametri della formula sono cont<strong>in</strong>uamenterivisti per essere adattati ai risultati dellacontrattazione politica. Nessun modelloperequativo, per quanto ben congegnato, puònaturalmente funzionare <strong>in</strong> queste condizioni.C’è dunque la necessità di trovare soluzionialternative. Ecco una possib<strong>il</strong>e. Se lacontrattazione politica è <strong>in</strong>elim<strong>in</strong>ab<strong>il</strong>e, si puòcercare di isolarla, evitando di rimetterecont<strong>in</strong>uamente <strong>in</strong> discussione <strong>il</strong> funzionamentodei modelli perequativi. Per esempio, per quanto


62riguarda <strong>il</strong> 56/2000, nulla vieterebbe di stab<strong>il</strong>ireche una percentuale della com<strong>parte</strong>cipazioneall’IVA (ad esempio, <strong>il</strong> 5%) resti al di fuoridell’applicazione della formula e sia lasciata allalibera contrattazione dei politici (<strong>in</strong> sede diConferenza dei Presidenti), mentre la quotarestante viene distribuita sulla base dei criterioggettivi.8. Le proposte 34Come uscire dunque dal guado <strong>in</strong> cui sembra sisia impantanato <strong>il</strong> decentramento <strong>italia</strong>no?L’esigenza prioritaria è l’attuazione del Titolo Vdella costituzione, <strong>il</strong> che richiede offrire un’<strong>in</strong>terpretazione “autentica” e <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>econdivisa del significato degli articoli dellanuova Costituzione e dei risultanti sistemif<strong>in</strong>anziari e perequativi.Da un lato, <strong>in</strong><strong>fatti</strong>, non esistono “norme ditransizione” per l’attuazione del Titolo V. Peresplicita scelta del legislatore costituente del2001, che voleva evitare che <strong>il</strong> decentramentocostituzionale venisse rimandato s<strong>in</strong>e die, 35 nonsono state <strong>in</strong>trodotte nel nuovo Titolo V normedi passaggio che v<strong>in</strong>colassero l’entrata <strong>in</strong> vigoredei nuovi articoli costituzionali al perseguimentodi obiettivi <strong>in</strong>termedi. Ciò significa, <strong>in</strong> altriterm<strong>in</strong>i, che tutte le funzioni legislative attribuitealle Regioni dal Titolo V sono già operative (adifferenza di quelle amm<strong>in</strong>istrative degli enti34 Nel costruire questo paragrafo, uno dei due autori(Bordignon) riconosce <strong>il</strong> proprio debito con gli altrimembri del gruppo di lavoro sul <strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong>presso <strong>il</strong> M<strong>in</strong>istero del Tesoro (Piero Giarda, RaffaeleMalizia, Giuseppe Pisauro, Alberto Zanardi), per lelunghe discussioni avute che hanno contribuito aformarne le idee. La responsab<strong>il</strong>ità delle posizioni quiespresse è tuttavia dei soli autori di questo saggio enon co<strong>in</strong>volge <strong>in</strong> alcun modo <strong>il</strong> gruppo di lavoro.35 Come successo all’istituto delle Regioni, previstenella costituzione del 1948, ma <strong>in</strong>trodotte solo nel1970.locali, che richiedono <strong>in</strong>vece un’esplicitadevoluzione da <strong>parte</strong> degli altri livelli digoverno); nessuno potrebbe ad esempioimpedire alle Regioni di legiferare sulla scuola,se decidessero di farlo. È questa la radicedell’esplosione del contenzioso costituzionaletra Stato e Regioni, a cui si è fatto più volteriferimento <strong>in</strong> precedenza. Non solo, ma tuttauna serie di norme relative ai rapporti tragoverni, cristallizzatesi nei decenni precedenti,sono ora di dubbia costituzionalità e dovrebberoessere riviste alla luce della nuova Costituzione.Nonostante l’opera meritoria, seppure <strong>in</strong> <strong>parte</strong>“partigiana”, della Corte Costituzionale – che <strong>in</strong>sostanza, ha cercato di garantire la cont<strong>in</strong>uitàamm<strong>in</strong>istrativa dell’azione di governo - c’è <strong>il</strong>rischio di un’impasse pericolosa <strong>in</strong> molteattività, che può essere superata solo attraversoquella ricognizione dei pr<strong>in</strong>cipi fondamentalidella legislazione statale che la legge La Loggiaaveva previsto, ma che poi non è stata portata aterm<strong>in</strong>e. Si tratta <strong>in</strong>somma di dar corso ad unaesigenza non più r<strong>in</strong>viab<strong>il</strong>e di razionalizzazionedelle competenze legislative, def<strong>in</strong>endo con piùprecisione gli ambiti di competenza relativi delleRegioni e dello Stato, superando la confusioneche si è generata negli ultimi anni. Si osservi chequesta razionalizzazione richiede un attopolitico; non è demandab<strong>il</strong>e solo ad un organoterzo come la Corte Costituzionale – come delresto, la stessa Corte ha più volte ribadito.Richiede <strong>in</strong> altri term<strong>in</strong>i <strong>il</strong> raggiungimento di uncompromesso politico, prima <strong>in</strong> Parlamento epoi con <strong>il</strong> mondo delle autonomie, su che cosapuò fare lo Stato e che cosa possono fare le altreautonomie. Deve essere un atto politico ancheperché <strong>in</strong> molti casi la razionalizzazione dellecompetenze legislative pone dei limiti all’attivitàlegislativa del Parlamento, che spesso sembrasvolgersi come se la nuova Costituzione nonesistesse, travalicando i limiti delle norme


63generali a cui dovrebbe limitarsi (nell’area dellalegislazione concorrente) l’azione dello Stato. Siosservi che questo non solo risponde adun’esigenza di semplificazione e di superamentodell’<strong>in</strong>certezza normativa; è anche un’esigenzadi efficienza economica <strong>in</strong> quanto lasovrapposizione delle legislazioni<strong>in</strong>evitab<strong>il</strong>mente produce sprechi e cattivaallocazione delle risorse.In secondo luogo, si tratta di “attuare” l’art. 119della Costituzione, prevedendo sistemi f<strong>in</strong>anziarie perequativi adeguati per i nuovi compitiattribuiti alle autonomie. Non è <strong>in</strong><strong>fatti</strong>, allalunga, economicamente sostenib<strong>il</strong>e l’asimmetriatra accresciute competenze e allocazione dellerisorse basata sul regime pre-decentramento.Inevitab<strong>il</strong>mente, questa asimmetria produce, daun lato, fenomeni di irresponsab<strong>il</strong>ità f<strong>in</strong>anziaria,e dall’altro, una perdita di consenso per leautonomie, non <strong>in</strong> grado di soddisfare lelegittime richieste dei cittad<strong>in</strong>i.Dare corso “all’attuazione” dell’art. 119significa fare sostanzialmente tre cose:1. ricondurre gli attuali sistemi dif<strong>in</strong>anziamento e di perequazione amodalità più coerenti con la lettera e conlo spirito della r<strong>in</strong>novata Costituzione;2. prevedere un percorso che consenta, coni tempi e con le modalità più opportuni,di garantire <strong>il</strong> pieno operare deldecentramento legislativo eamm<strong>in</strong>istrativo, con l’accortezza dimantenere costantemente un equ<strong>il</strong>ibriotra competenze attribuite e relativof<strong>in</strong>anziamento;3. costruire un sistema coerente edequ<strong>il</strong>ibrato di f<strong>in</strong>anza centrale e f<strong>in</strong>anzalocale, che tenga conto delle esigenze dicontrollo delle f<strong>in</strong>anze pubblichecomplessive, come viene imposto daitrattati <strong>in</strong>ternazionali e dalla situazionedelicata dei conti pubblici.Nelle pag<strong>in</strong>e che seguono, viene offerto qualchesuggerimento <strong>in</strong> questa direzione.- La CostituzioneCome è stato ampiamente messo <strong>in</strong> luce neiparagrafi precedenti, i nuovi articoli del Titolo Vcompongono un testo ambiguo econtraddittorio. A seconda che l’enfasi siaalternativamente posta su un comma o sull’altro,è possib<strong>il</strong>e attribuire alla Costituzione visioniprofondamente diverse dei rapporti tra Centro ePeriferia.Qualunque proposta di attuazione dell’art. 119deve basarsi su una particolare <strong>in</strong>terpretazionedella esistente Costituzione, basata su precisipr<strong>in</strong>cipi di valore. Riprendendo l’aspirazioneorig<strong>in</strong>aria del legislatore costituente del 2001, leproposte che seguono sono costruite sull’ipotesiche l’autonomia degli enti territoriali costituiscaun valore; priv<strong>il</strong>egiano pertanto soluzioni<strong>in</strong>terpretative che, fatte salve le esigenze diperequazione territoriale, di rispetto dei diritti dicittad<strong>in</strong>anza e delle compatib<strong>il</strong>ità f<strong>in</strong>anziarie,massimizz<strong>in</strong>o l’esercizio dell’autonomia e dellaresponsab<strong>il</strong>izzazione dei governi locali.- La teoriaCome è stato <strong>il</strong>lustrato nel paragrafo 1, leautonomie svolgono molteplici funzioni, alcunedi <strong>in</strong>teresse puramente locale; altre che, puravendo effetti prevalentemente locali,<strong>in</strong>fluenzano anche i residenti di altri territori;altre ancora che, pur essendo gestite a livellolocale, <strong>in</strong>vestono direttamente i dirittifondamentali dei cittad<strong>in</strong>i, <strong>il</strong> cui godimento


64dovrebbe essere <strong>in</strong>dipendente dal territorio diresidenza degli stessi.L’<strong>in</strong>tera architettura del Titolo V può essere<strong>in</strong>terpretata come un sistema per dist<strong>in</strong>guere,rispetto ai pr<strong>in</strong>cipi e ai poteri, le diversetipologie di competenze, attribuendo un ruolodiverso ai diversi livelli di governo nelle diversefunzioni. Questa differenza, riconosciuta dallaCostituzione per le funzioni, deve trovare uncorrispondente riconoscimento anche dal latodel f<strong>in</strong>anziamento. In particolare, le funzioni<strong>in</strong>dividuate dalla lettera m) dell’art. 117 e su cuiallo Stato spetta la def<strong>in</strong>izione dei “livelliessenziali delle prestazioni”, devono trovare una“protezione” adeguata anche dal lato f<strong>in</strong>anziario,attribuendo a ciascun livello di governo che lesvolga (nazionale, regionale o locale) strumentif<strong>in</strong>anziari sufficienti a offrire i “livelliessenziali” <strong>in</strong> condizioni di uniformità su tutto <strong>il</strong>territorio nazionale.Per le restanti funzioni, non sono richiestecondizioni di uniformità nelle caratteristichedell’offerta su tutto <strong>il</strong> territorio nazionale, ma ènecessario garantire che le autonomie localisiano dotate di risorse adeguate per losvolgimento dei propri compiti. Per questefunzioni sono dunque ammissib<strong>il</strong>i sistemi dif<strong>in</strong>anziamento e di perequazione meno pervasivie più adatti a consentire l’esercizio pienodell’autonomia a livello locale e ad <strong>in</strong>centivarela responsab<strong>il</strong>izzazione dei governi.- Regioni a Statuto Ord<strong>in</strong>arioDai precedenti pr<strong>in</strong>cipi discende naturalmente <strong>il</strong>sistema di f<strong>in</strong>anziamento e perequazioneappropriato. Per le Regioni a Statuto ord<strong>in</strong>ario(RSO) questo dovrebbe essere tale da:1. garantire - per le funzioni previste dalla letteram) dell’art. 117 - un sistema di tutela f<strong>in</strong>anziariache assicuri a ciascuna Regione risorsecomplessive <strong>in</strong> grado di coprire <strong>in</strong>tegralmente ifabbisogni di spesa misurati secondo lo standarddef<strong>in</strong>ito dai livelli essenziali. La determ<strong>in</strong>azionequantitativa di tali fabbisogni dovrebbe fondarsisu stime accurate dei bisogni e dei costi. I livellidi fabbisogno così determ<strong>in</strong>ati non dovrebberoessere <strong>in</strong>terpretati come un v<strong>in</strong>colo per la spesadelle autonomie <strong>in</strong>teressate. quanto piuttostocome un benchmark quantitativo perl’allocazione delle risorse. Come si è detto, <strong>il</strong>v<strong>in</strong>colo costituzionale fa riferimento ai livellidelle prestazioni, non a quello della spesa. Nesegue che, purché questi livelli essenziali sianorispettati, una Regione può anche spendere dimeno o <strong>in</strong> modo diverso da quanto previsto dalbenchmark, <strong>in</strong>camerando nel proprio b<strong>il</strong>ancio irelativi risparmi. Discende anche che una<strong>in</strong>terpretazione corretta della normacostituzionale richiede che lo Stato si attrezziper verificare sul campo l’offerta effettiva deiservizi coperti dal comma m), superando i limitidi una programmazione puramente f<strong>in</strong>anziariadella spesa e predisponendo un meccanismosanzionatorio adeguato per le autonomie<strong>in</strong>adempienti 36 .2. Per le funzioni che non rientrano nella letteram), <strong>il</strong> sistema di tutela f<strong>in</strong>anziaria dovrebbeessere meno str<strong>in</strong>gente. Si potrebbe immag<strong>in</strong>areche questo sia semplicemente basato sullaperequazione <strong>in</strong>completa della capacità <strong>fiscale</strong>,oppure sempre calibrato su parametrirappresentativi dei fabbisogni, ma con v<strong>in</strong>colimeno str<strong>in</strong>genti (Cfr. per esempio, Zanardi,2006). La scelta dipende essenzialmentedall’<strong>in</strong>terpretazione che si <strong>in</strong>tende attribuireall’art. 119, cioè se si ritiene che <strong>il</strong> comma 3 –che fa riferimento alla capacità <strong>fiscale</strong> - piuttostoche <strong>il</strong> comma 4 – che <strong>in</strong>vece implicitamente fa36 L’art. 120 offre una precisa base costituzionaleallo Stato per un’azione <strong>in</strong> questo senso.


65leva su una nozione di fabbisogno - siaprevalente come criterio fondante del sistema diperequazione. La prima scelta sembrerebbe piùappropriata per creare un sistema piùcompetitivo; viceversa, se dovessero prevalere lepreoccupazioni solidaristiche, la secondaopzione sarebbe più appropriata. Il d<strong>il</strong>emmapotrebbe essere reso meno acceso, suddividendoulteriormente le funzioni non rientranti nellalettera m), tra quelle meritevoli di maggioretutela (per esempio, i trasporti locali) e tutte lealtre (ad esempio, l’organizzazione delle fiere e itrasferimenti ai settori economici), usando i duepr<strong>in</strong>cipi <strong>in</strong> modo differenziato per questiulteriori sub-settori.- Fondi perequativiUn problema collegato è se la perequazionedebba avvenire con uno o con più fondi, e comequesti fondi dovrebbero essere alimentati. Inrealtà si potrebbe tranqu<strong>il</strong>lamente riprendere <strong>il</strong>modello del Decreto 56/2000, sopra discusso,ampliando la def<strong>in</strong>izione del fabbisogno a tuttele funzioni coperte dalla lettera m (sicuramentela sanità, probab<strong>il</strong>mente l’assistenza, <strong>in</strong> futuro lascuola) e <strong>in</strong>serendo <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento di questosettore <strong>in</strong> un unico fondo, alimentato da tribut<strong>in</strong>azionali e con una d<strong>in</strong>amica complessiva chedipende dalla d<strong>in</strong>amica delle sue componenti.Ma l’esperienza fallimentare del 56/2000suggerisce grande cautela nel perseguire questastrada. Diffic<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> sistema politico e tecnicodel Paese è <strong>in</strong> grado di gestire un unico fondo; laconfusione generata potrebbe esserecontroproducente e più che b<strong>il</strong>anciare i vantaggidi semplicità impliciti nel sistema. Forse sarebbepiù opportuno fare affidamento su due Fondi,uno esplicitamente dedicato al f<strong>in</strong>anziamentodelle materie della lettera m) - la cui d<strong>in</strong>amicapotrebbe dipendere esclusivamente dallad<strong>in</strong>amica che si vorrà riconoscere ai fabbisogniper quelle materie - ed un altro fondo, dedicato<strong>in</strong>vece alle materie non rientranti nella letteram). Il primo potrebbe essere f<strong>in</strong>anziato dallafiscalità globale (tanto è la spesa preventivataper i fabbisogni che qui def<strong>in</strong>isce la d<strong>in</strong>amica); <strong>il</strong>secondo, essendo esclusa dalla Costituzione laperequazione orizzontale, da com<strong>parte</strong>cipazionia un tributo o a una serie di tributi erariali. Unsistema a due fondi richiederebbe comunque diidentificare un tributo proprio regionale(l’IRAP?) o una serie di tributi regionali(l’addizionale IRPEF + IRAP) a cui agganciare,almeno nom<strong>in</strong>almente e ad aliquote standard, <strong>il</strong>f<strong>in</strong>anziamento delle due tipologie di funzioni.Per esempio, se tutta l’IRAP e l’addizionaleregionale all’IRPEF fossero dest<strong>in</strong>ate alf<strong>in</strong>anziamento delle materie di cui alla letteram), lo Stato stanzierebbe le risorse necessarieper <strong>il</strong> f<strong>in</strong>anziamento del fabbisogno f<strong>in</strong>anziariodi ciascuna regione per le materie sub lettera mnel primo fondo. Le altre materie regionaliverrebbero <strong>in</strong>vece f<strong>in</strong>anziate dai restanti tributiregionali, che verrebbero poi perequati sullabase dei meccanismi previsti per <strong>il</strong> secondofondo. Per esempio, perequando la capacità<strong>fiscale</strong> delle Regioni sui tributi regionali nonattributi al f<strong>in</strong>anziamento delle materiecomprese nella lettera m.- Superamento della “spesa storica”Il sistema del<strong>in</strong>eato <strong>in</strong> precedenza funzionerebbe<strong>in</strong> una situazione a regime, ma come arrivarci,dalla situazione attuale, dom<strong>in</strong>ata dalla spesastorica? Naturalmente, <strong>il</strong> passaggio dovrebbeessere graduale, per evitare scossoni troppo fortisulle s<strong>in</strong>gole Regioni, <strong>in</strong> particolare quelle piùlontane dalla spesa standard. Il problema però ècome rendere effettivo questo passaggio. Tuttele leggi di riforma che sono state approvate aquesto f<strong>in</strong>e negli ultimi 20 anni, sia per leRegioni che per le altre autonomie, si sono


66scontrate con l’opposizione degli enti penalizzatie sono poi f<strong>in</strong>ite nel nulla. Come rendere“credib<strong>il</strong>e” l’impegno a proseguire su questastrada? Come discusso nel paragrafo precedente,una soluzione potrebbe essere rappresentatadall’<strong>in</strong>troduzione di una Istituzione tecnica(un’Autorità, una Commissione, un entepreposto), <strong>in</strong> cui possano trovare spaziorappresentanti di tutti gli enti <strong>in</strong>teressati, e cheabbia lo scopo specifico di attuare le leggi diriforma, svolgendo le opportune quantificazionirelative alla f<strong>in</strong>anza regionale, sia sul lato dellaspesa che dei tributi. Questo organismo tecnico<strong>in</strong>dipendente offrirebbe le sue conclusioni,<strong>in</strong>clusive di suggerimenti per periodicherevisioni delle formule e delle stime,all’organismo politico (<strong>il</strong> Governo centrale,sentita la Conferenza Stato - Regioni) cheprenderebbe poi le decisioni f<strong>in</strong>ali. Si tratta di unsistema sperimentato con qualche successo <strong>in</strong>altri sistemi federali (<strong>il</strong> riferimento è, peresempio, alla Grant Commission Australiana).Per “oliare” <strong>il</strong> processo, ed evitare che formuletroppo rigide possano scard<strong>in</strong>are <strong>il</strong> processo diconvergenza verso la spesa standard, nullavieterebbe, come di nuovo suggerito nelparagrafo precedente, di stab<strong>il</strong>ire che una certapercentuale delle risorse a disposizione per laperequazione nei due fondi sia sottrattaannualmente dalla determ<strong>in</strong>azione dei criteridella formula e lasciata <strong>in</strong>vece alla liberacontrattazione dei politici, mentre <strong>il</strong> resto vienedistribuita sulla base dei criteri oggettivi.- Enti locali e ruolo delle Regioni 37Anche per Prov<strong>in</strong>ce e Comuni si pone <strong>il</strong>problema di una riforma del sistema di37 Questo paragrafo deve molto alle discussioni conAlberto Zanardi ed alle comuni riflessionisull’<strong>in</strong>terpretazione da attribuire alla nozione di“funzioni fondamentali” degli enti locali.f<strong>in</strong>anziamento e della perequazione delle risorse.Per quanto l’art. 119 non dist<strong>in</strong>gua <strong>il</strong> sistema dif<strong>in</strong>anziamento per tipologia di ente territoriale, èevidente che la norma vada diversamente<strong>in</strong>terpretata <strong>in</strong> relazione alle Prov<strong>in</strong>ce e aiComuni, stante la maggiore numerosità deglienti, l’eterogeneità delle funzioni e la grandevariab<strong>il</strong>ità nelle loro dimensioni. Anche <strong>in</strong>questo caso, sarebbe possib<strong>il</strong>e costruire unsistema di f<strong>in</strong>anziamento che ricalchi <strong>il</strong>meccanismo previsto per le Regioni (nellediverse opzioni sopra <strong>in</strong>dicate). Ma ragioni disemplicità suggeriscono che <strong>in</strong> questo caso laperequazione prevista dall’art. 119 vada<strong>in</strong>terpretata come “perequazione” rispetto aduno standard, piuttosto che una perequazione percapacità <strong>fiscale</strong>. Naturalmente, non sieffettuerebbero trasferimenti perequativi neiconfronti di quegli enti locali le cui risorsefossero già sufficienti a f<strong>in</strong>anziare lo standard.Il problema vero per Prov<strong>in</strong>ce e Comuni èrappresentato dal rapporto con le Regioni. Per leragioni già <strong>in</strong>dicate nei paragrafi precedenti, <strong>il</strong>problema è particolarmente serio per le“funzioni fondamentali” degli enti locali cherientrano nell’alveo delle funzioni legislativeregionali. Se si vuole costruire un sistemaord<strong>in</strong>ato di f<strong>in</strong>anziamento, sembra diffic<strong>il</strong>eevitare la conclusione che le risorse devonoessenzialmente andare alle Regioni, che poiprovvederanno a distribuirle agli enti locali delproprio territorio sulla base della propriaautonoma produzione legislativa. In altriterm<strong>in</strong>i, la potestà esclusiva dello Stato relativaal comma p) dell’art. 117, si concretizzerebbenella def<strong>in</strong>izione di una “riserva di funzioni”,quelle appunto che sono fondamentali, nel sensoche devono essere necessariamente svolte dadeterm<strong>in</strong>ati livelli di governo (i Comuni,piuttosto che le Prov<strong>in</strong>ce o le Città


67metropolitane) e non da altri. Queste funzioniverrebbero poi riempite di contenuti dallaproduzione legislativa autonoma delle Regioni,che provvederebbero a trasferire le risorseadeguate agli enti locali dei propri territori (sottoforma di trasferimenti perequativi o di spazi dimanovra sui tributi regionali). Naturalmente, ciòimplicherebbe anche una standardizzazione dellerisorse regionali per le funzioni delegab<strong>il</strong>i aglienti locali, che dovrebbero essere devolute alleRegioni sotto forma di tributi propri,com<strong>parte</strong>cipazioni, o trasferimenti perequativi.Si prefigurerebbe dunque un doppio canale dif<strong>in</strong>anziamento per gli enti locali, uno di orig<strong>in</strong>estatale e uno di provenienza regionale. Per <strong>il</strong>primo varrebbe l’usale standardizzazione dispese ed entrate locali; per <strong>il</strong> secondo s<strong>il</strong>ascerebbe spazio all’autonomia delle Regioni,magari all’<strong>in</strong>terno di una cornice generaledef<strong>in</strong>ita dalla legge dello Stato. Più <strong>in</strong> generale,sempre alla luce delle necessità disemplificazione del sistema della f<strong>in</strong>anza delleautonomie, si potrebbe anche ipotizzare che, subase consensuale, la Regione possa giocare unruolo anche nel riparto dei trasferimenti erarialiagli enti locali, def<strong>in</strong>iti nella loro dimensionecomplessiva dalla legge dello Stato. Inf<strong>in</strong>e, allaluce dei criteri di efficienza e adeguatezzariconosciuti dal legislatore costituzionale, èimportante che <strong>il</strong> sistema dei trasferimentiperequativi sia anche orientato a risolvere alcunidei <strong>problemi</strong> strutturali della f<strong>in</strong>anza locale<strong>italia</strong>na, quali la tendenza alla eccessivaframmentazione e alla sovrapposizione dellecompetenze, <strong>in</strong>centivando <strong>in</strong>vece leaggregazioni tra enti territoriali.- Patti di stab<strong>il</strong>ità <strong>in</strong>terna e compatib<strong>il</strong>itàf<strong>in</strong>anziarie aggregateI Patti di stab<strong>il</strong>ità <strong>in</strong>terni, di cui si è discusso nelparagrafo 5, trovano la loro radice costituzionalenell’art. 117 comma terzo, nel “coord<strong>in</strong>amentodella f<strong>in</strong>anza pubblica”, una funzioneconcorrente tra Stato e Regioni. Il fatto che sitratti di una discipl<strong>in</strong>a concorrente implica che iPatti di stab<strong>il</strong>ità <strong>in</strong>terni non possono esseresemplicemente “imposti” dallo Stato centrale,ma che devono essere “contrattati” con leautonomie, e <strong>in</strong> particolare con le Regioni. Ciònon significa che lo Stato centrale debbar<strong>in</strong>unciare alla propria funzione di primus <strong>in</strong>terpares o di decisore di ultima istanza; dopotutto èlo Stato nazionale ad essere garante neiconfronti dell’Europa del rispetto del Trattato diMaastricht, trattato a cui sono sottoposte, per lastessa Costituzione, anche le autonomie.Significa però che i rappresentanti politici delleRegioni e delle altre autonomie devono essereco<strong>in</strong>volti direttamente nella formulazione dellapolitica di b<strong>il</strong>ancio e nella def<strong>in</strong>izione dellemanovre che riguardano direttamente le materiesotto proprio controllo. Così non è stato <strong>in</strong>passato, neppure nell’ultima legge f<strong>in</strong>anziaria;Regioni ed altri enti locali sono stati trattati dalCentro come “controparti” dello Stato piuttostoche come componenti dello stesso. Si tratta disuperare questa situazione, rendendo i Patti distab<strong>il</strong>ità veri e propri “patti” e nonsemplicemente dei v<strong>in</strong>coli imposti per forza d<strong>il</strong>egge. Ciò può rendere anche più pregnanti leeventuali sanzioni imposte sugli enti<strong>in</strong>adempienti.Nello specifico, e sulla base dell’analisi delparagrafo 5, gli obiettivi di compatib<strong>il</strong>itàf<strong>in</strong>anziaria aggregata possano essere raggiuntiattraverso la stipula di “patti” <strong>in</strong>tergovernativicon le diverse tipologie di autonomie cheabbiano le seguenti caratteristiche:- si bas<strong>in</strong>o su espliciti accordi politici pluriennalitra i rappresentanti delle Autonomie e lo Statocentrale;


68- siano fondati sulla separazione tra la <strong>parte</strong>corrente dei b<strong>il</strong>anci delle Autonomie e quella <strong>in</strong>conto capitale, che vanno assoggettate a regole emodalità di controllo differenti. In particolare,per quanto riguarda la <strong>parte</strong> corrente <strong>il</strong> comma 6dell’art. 119 impone uno scrupoloso rispetto delv<strong>in</strong>colo di b<strong>il</strong>ancio. Per le spese di <strong>in</strong>vestimento,f<strong>in</strong>anziab<strong>il</strong>i con debito, data la loro grandevariab<strong>il</strong>ità annuale per ciascun ente, è necessariotrovare sistemi che riconducano i comportamenti<strong>in</strong>dividuali al rispetto del v<strong>in</strong>colo di b<strong>il</strong>anciocomplessivo aggregato per gli enti locali;- si bas<strong>in</strong>o su un attento monitoraggio delcomportamento f<strong>in</strong>anziario di ciascun entelocale, monitoraggio che per essere efficace puòrichiedere anche <strong>in</strong>novazioni contab<strong>il</strong>i (quali lapredisposizione di un b<strong>il</strong>ancio consolidato pergli enti di maggiori dimensioni);- si bas<strong>in</strong>o altresì su un sistema di sanzioniefficaci per gli enti <strong>in</strong>adempienti edeffettivamente corrisposte.- Ulteriore decentramento e <strong>il</strong> <strong>federalismo</strong> avelocità variab<strong>il</strong>eCome si è argomentato <strong>in</strong> parecchi punti delpresente rapporto, uno dei <strong>problemi</strong>fondamentali del processo di decentramento<strong>italia</strong>no è che esso si <strong>in</strong>nesta <strong>in</strong> un sistemaeconomico profondamente differenziato e doveoltretutto la spesa ulteriormente decentrab<strong>il</strong>e siconcentra prevalentemente al Sud, mentre lerisorse per f<strong>in</strong>anziarla si collocano al Centro-Nord. C’è <strong>il</strong> rischio serio che <strong>il</strong> risultanteconflitto distributivo tra territori sia tale dabloccare ogni possib<strong>il</strong>ità di percorso successivo,con l’effetto di dover r<strong>in</strong>unciare ai potenzialiguadagni di efficienza associati aldecentramento.C’è dunque da chiedersi se non convenga <strong>in</strong>veceavere un approccio realistico al problema,concentrando l’ulteriore decentramento dellefunzioni, previsto dal Titolo V, solo su alcuneRegioni, piuttosto che su tutte. Questa soluzionenaturalmente non dovrebbe essere def<strong>in</strong>itiva;come nell’esempio spagnolo, discusso <strong>in</strong>dettaglio nel paragrafo 3, si può ben immag<strong>in</strong>areun percorso, che con tempi e con modalità dateporti tutte le Regioni o la maggior <strong>parte</strong> diqueste verso l’assunzione di responsab<strong>il</strong>itàmaggiori. Questo da un lato, avrebbe l’effetto didepotenziare <strong>il</strong> conflitto distributivo, garantendoai territori <strong>in</strong> maggiori difficoltà che <strong>il</strong>decentramento non significa riduzione drastichedi risorse. Dall’altro consentirebbe lasperimentazione graduale del decentramento,testando sul campo se effettivamente <strong>il</strong>decentramento di alcune funzioni siadesiderab<strong>il</strong>e per ragioni di efficienza e dirappresentanza degli <strong>in</strong>teressi. Poiché <strong>in</strong>oltre, <strong>il</strong>decentramento delle funzioni dovrebbe essereconsentito solo a seguito della dimostrazione da<strong>parte</strong> delle autonomie di una capacità di gestioneautonoma e responsab<strong>il</strong>e – per esempio, <strong>il</strong>rispetto del Patto di Stab<strong>il</strong>ità <strong>in</strong>terno per unperiodo di tempo sufficientemente lungo — ciòpotrebbe offrire un <strong>in</strong>centivo potente a tutte leautonomie ad <strong>in</strong>ternalizzare i v<strong>in</strong>coli di b<strong>il</strong>ancio.Naturalmente, perché questo avvenga è ancheimportante che l’attribuzione delle competenzeulteriori soddisfi, almeno per un periodopredeterm<strong>in</strong>ato, <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipio della reversib<strong>il</strong>ità;l’effettivo esercizio delle funzioni attribuite deveessere attentamente monitorato, e <strong>in</strong> presenza diun’<strong>in</strong>capacità da <strong>parte</strong> delle Regioni di svolgerele funzioni assegnate - per esempio, se si trattadi funzioni coperte dalla lettera m), l’<strong>in</strong>capacitàdi offrire i livelli essenziali delle prestazioni) -oppure <strong>in</strong> presenza di situazioni di crisif<strong>in</strong>anziaria che richiedano un <strong>in</strong>terventocompensativo dello Stato, si devono prevederemeccanismi che riconducano le Regioni


69<strong>in</strong>adempienti nella funzione data nell’ambitodelle competenze attribuite alle altre Regioni.Come già ricordato, l’art. 116 dellaCostituzione, al 3° comma, offre una baseCostituzionale per l’adozione consensuale eregolata di un sim<strong>il</strong>e processo di delegadifferenziata di funzioni, e <strong>in</strong> realtà, alcuneRegioni già si stanno muovendo <strong>in</strong> questo senso.L’importante è che <strong>il</strong> processo avvenga <strong>in</strong> modoregolato e non casuale e all’<strong>in</strong>terno di unacornice prestab<strong>il</strong>ita. Va sicuramente evitato loschema disorganico e irrazionale che nel passatoha caratterizzato l’<strong>in</strong>dividuazione dei sistemi dif<strong>in</strong>anziamento delle diverse Regioni a Statutospeciale, spesso dovuta più che ad una puntualeanalisi delle differenti funzioni attribuite e deirelativi costi, a criteri di pura opportunitàpolitica. Anzi, pur nel rispetto dei relativi Statutie fatte salve le specificità da riconoscere a frontedel livello maggiore di autonomia di esercizio dialcune funzioni, i sistemi f<strong>in</strong>anziari di questeRegioni dovrebbero essere riord<strong>in</strong>ati secondo ipr<strong>in</strong>cipi generali qui stab<strong>il</strong>iti.- Riord<strong>in</strong>o dei sistemi tributari localiL’attuazione di queste proposte può richiedereun riord<strong>in</strong>o e una razionalizzazione dei tributioggi assegnati ai diversi enti territoriali digoverno. Sicuramente, c’è molto da fare, peresempio rivedendo l’attuale discipl<strong>in</strong>a dei tributisugli immob<strong>il</strong>i per i Comuni, l’IRAP el’addizionale all’IRPEF per le Regioni, e i tributiprov<strong>in</strong>ciali, anche alla luce dell’<strong>in</strong>troduzionedelle nuove Città Metropolitane. Molte proposteragionevoli <strong>in</strong> questo senso erano già contenutenel rapporto conclusivo presentato dall’AltaCommissione di studio sul <strong>federalismo</strong> <strong>fiscale</strong>sul f<strong>in</strong>ire della precedente legislatura, e alcune<strong>in</strong>novazioni sono già state <strong>in</strong>trodotte con laLegge F<strong>in</strong>anziaria per <strong>il</strong> 2007. Ma si tratta <strong>in</strong>sostanza di <strong>problemi</strong> di secondo ord<strong>in</strong>e rispettoall’esigenza di ricostruire un’architetturaragionata e ragionevole dei complessi rapportif<strong>in</strong>anziari e politici tra i diversi livelli digoverno, esigenza imposta dal nuovo Titolo V.Ciò che <strong>in</strong>vece si potrebbe fare con maggiorurgenza è di dare attuazione all’art. 119 perquello che riguarda la possib<strong>il</strong>ità per gli entiterritoriali, e <strong>in</strong> particolare per le Regioni, nelrispetto dei pr<strong>in</strong>cipi di coord<strong>in</strong>amento dellaf<strong>in</strong>anza pubblica e di armonizzazione dei sistemitributari, di stab<strong>il</strong>ire nuovi tributi nelle aree d<strong>il</strong>oro competenza. Questa possib<strong>il</strong>ità èattualmente bloccata a seguito di una sentenzadella Corte Costituzionale, che l’ha condizionataa quella <strong>in</strong>dividuazione dei “pr<strong>in</strong>cipi generali”promessa dalla Legge La Loggia e maieffettuata. Ciò non tanto perché questi tributipossano essere <strong>in</strong> alcuna misura significativi <strong>in</strong>term<strong>in</strong>i di gettito; l’attuale occupazione dellepotenziali aree tributarie da <strong>parte</strong> dello Stato ètalmente estesa da rendere quest’ipotesi del tutto<strong>in</strong>verosim<strong>il</strong>e. Piuttosto perché questi tributipotrebbero <strong>in</strong>serirsi <strong>in</strong> aree preziose per quantoriguarda la funzione di regolamentazione delsettore pubblico e di <strong>in</strong>ternalizzazione delleesternalità. Si pensi per esempio, a tribut<strong>in</strong>ell’area ambientale, del turismo, della mob<strong>il</strong>itàurbana e regionale, all’ampia area ora pococoperta, della tassazione di scopo. Si tratterebbedi tributi <strong>in</strong>trodotti dalle Regioni, le uniche cheposseggono le competenze legislative per farlo,ma che dovrebbero tuttavia prevedere spaziappropriati per l’azione autonoma dei rispettivienti locali. Per la portata quantitativa limitata diquesti tributi non ci sarebbe neppure bisogno didover procedere a perequazione tra Regioni,rendendo anche per questa ragione ancor più<strong>fatti</strong>b<strong>il</strong>e questa ipotesi.


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