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Da Todi uno sguardo sul mondo laniero - Biellaclub

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Rivista Biellese<strong>Da</strong>nilo Craveia42<strong>Da</strong> <strong>Todi</strong> <strong>uno</strong> <strong>sguardo</strong><strong>sul</strong> <strong>mondo</strong> <strong>laniero</strong>La lunga collaborazionetra i todini Armando Comez,direttore della «Laniera», eGiovanni Tenneroni, pittoree grafico, portò all’elaborazionedi una serie di vedutebiellesi per la copertina delmensileAppena dopo la metà del Novecento uninsospettato legame ha unito il Biellese a<strong>Todi</strong>, l’antica e bella cittadina umbra che dominal’alta valle del Tevere. Si può ricondurredetto legame alla Associazione dell’IndustriaLaniera Italiana o, meglio, al suo bollettino,«Laniera. Organo ufficiale dell’Associazionedell’Industria Laniera Italiana». Ma, più chealtro, quella singolare relazione tra zoned’Italia così diverse e lontane per storia e sviluppoeconomico si deve ad Armando Comez.Chi pratica le fonti del passato tessile biellesesi è senz’altro imbattuto in questa figura didotto saggista e brillante pubblicista nonchédirettore del periodico del sodalizio <strong>laniero</strong>cui dedicò energia e competenza per quarant’anni,dal 1922 al 1961. Tracciarne unprofilo biografico, soprattutto in ragione diquanto ebbe modo di fare per il compartotessile biellese, sarebbe quanto meno doveroso.In attesa di un ritratto degno e preciso,ecco qualche informazione minima e, se nonaltro, utile per introdurre il vero soggetto diquesto breve lavoro, Giovanni Tenneroni, pittoree grafico di buona mano che aveva incomune col Comez l’origine tuderte, una profondaamicizia e l’impegno professionalenell’ambito dell’attività di divulgazionedell’Associazione Laniera. Quanto segue, èbene premetterlo, è stato elaborato soprattuttograzie alla gentile disponibilità di GiorgioComez, nipote di Armando, suo collaboratoree cultore delle sue memorie, che hafornito a chi scrive molto più materiale diquanto sia stato possibile utilizzare, in granparte già raffinato e pronto all’uso. Questorinnovato ed estemporaneo contatto Biella-<strong>Todi</strong> è stato reso possibile anche per l’interessamentodi Gigi Ghiardo e per la disponibilitàdi Filippo Orsini, direttore dell’ArchivioStorico del Comune di <strong>Todi</strong>. È auspicabileche i rapporti tra il Biellese e la terra di Jaco-


Rivista BielleseGiovanni Tenneroni,“Tollegno. Una vecchia strada”(«Laniera», dicembre 1951)44immagini che modernizzassero e rendesseropiù incisiva quella straordinaria “voce” di settoreche nel 1950 l’International Wool Secretariat(IWS) premiò come miglior rivistatecnico-scientifica del <strong>mondo</strong>.In quello stesso anno Armando Comez,che aveva avuto nel 1933 anche una strana“parentesi” come romanziere (il libro L’uomodei gigli, pubblicato da Mondadori, fu scrittoin una settimana a titolo di scommessa) diedealle stampe il suo fortunato volume Racconti<strong>sul</strong>la lana (edito dallo stessoIWS), pensato per le scuole elementariitaliane.In quello stesso anno entrain scena Giovanni Tenneroni.Giorgio Comez ne tratteggia leorigini famigliari: «È nato a<strong>Todi</strong> nel novembre 1929 daLuigi Tenneroni ed EvaD’Avanzo. Nipote di AnnibaleTenneroni, letterato di chiarafama, autore di saggi fondamentali<strong>sul</strong> conterraneo Jacopone,conservatore della BibliotecaNazionale di Roma,amico e sodale di Gabrieled’Annunzio è vissuto in unambiente di solida culturaumanistica ed ha sempre coltivatole molteplici espressionidell’arte figurativa di cui èstato anche un fine e sensibileinterprete». I Tenneroni avevanole loro radici in Avignoneda dove, col cognome Tannaran,si erano trasferiti a <strong>Todi</strong>nel 1714. Anche questo lontanopassato di “immigrati” accomunavaGiovanni Tenneroni ad ArmandoComez: quest’ultimo discendeva da una famigliascozzese, i Commins, divenuti cittadinitodini verso la metà del Seicento.Giovanni Tenneroni si diplomò al liceoclassico della natia <strong>Todi</strong>, poi si iscrisse allafacoltà di architettura a Roma nel 1949. Sempresecondo Giorgio Comez fu il padre, Luigi,accortosi della «particolare predisposizionedel figlio al disegno», a raccomandarlo al concittadinoArmando Comez, che all’epoca già


Giovanni Tenneroni,“Vallemosso. Il vecchio nucleo centrale”(«Laniera», ottobre 1950)luglio 2012dirigeva la rivista laniera. Sitrattava di produrre «eventualipiccoli contributi grafici che glipermettessero di guadagnarequalche, seppur modestissimo,compenso per pagare l’altissimaquota delle tasse universitarie edel soggiorno romano». La frequentazionedel Comez aprì alpromettente Tenneroni non solole porte della «Laniera», ma anchel’ambiente artistico e culturaledella Capitale, che aveva<strong>uno</strong> dei suoi migliori “salotti”nella libreria antiquariadell’olandese Van de Ryel in viadella Pilotta. Giorgio Comez,che seppur giovanissimo accompagnavalo zio e il Tenneroni,ricorda che fra gli scaffali dellibraio si incontravano spesso ilpoeta Trilussa, il biblioteconomoAristide Staderini e il letteratodi ascendenza biellesePietro Paolo Trompeo. Fra gliartisti che maggiormente influenzaronol’autodidatta GiovanniTenneroni si distinseCarlo Dottarelli (1897-1959). Il connubio trail maestro e il nuovo allievo divenne così intensoche lo studente tuderte abbandonò lafacoltà per seguire il suo mentore nelle sue«peregrinazioni romane». La scelta di lasciaregli studi coincise con la cessazione delle «modesterimesse di denaro» che da <strong>Todi</strong> arrivavanoal Tenneroni. Fu così che un mininoguadagno poteva rivelarsi utilissimo e l’impegnoper il mensile dell’Associazione Laniera,sotto l’egida di Armando Comez, rappresentòproprio questo. «Il giovane cominciò a frequentareregolarmente la sede romana di ViaBarberini 36 partecipando così agli inizi diquella feconda rivoluzione grafica ed esteticadel periodico» prosegue Giorgio Comez nellesue note. E aggiunge: «Tenneroni mosse iprimi passi rinforzando con il tecnigrafo lesottili linee dei diagrammi dell’andamentomondiale dei mercati lanieri (Anversa, Roubaix,Londra, Sidney, Città del Capo...) perrendere più visibili e riproducibili tipografica-45


Rivista Biellese46mente le oscillazioni dei prezzi delle lane».Questa “gavetta” ebbe una rapida evoluzione.Il Comez «gli affidò anche il compito di disegnarei finalini e le lettere capitali degli articolisuoi e dei collaboratori» e, immediatamentedopo, Giovanni Tenneroni divenne ilprotagonista di un’iniziativa destinata a connotareper anni le copertine del mensile. Nelprimo numero del 1950 si legge: «Abbiamosin qui riprodotto in copertina opere d’arteaventi qualche riferimento con l’ambiente pastoralee con l’arte della lana, le quali, per felicescelta, hanno sempre incontrato il favoredi un buon numero di lettori. Ora è nostrointendimento illustrare le copertine del 1950con quadri, disegni, incisioni di località del<strong>mondo</strong> tessile italiano, che pubblicheremosenza ordine di preferenza. Non riproduzionifotografiche panoramiche, intendiamoci bene.Niente fumaioli quindi, né fabbricati industriali,ma opere di artisti antichi e moderni,riferite ai luoghi suddetti». Proprio nel gennaiodel 1950, la copertina propose un «disegnoa pennello» del torinese Felice Vellan cheriproduceva il campanile del duomo di Biellavisto da via Italia. Si inaugurava così il ciclodei “Paesi tessitori”. Nel 1954 furono poi aggiuntii “Paesi pastorali” e i “Paesi lanaioli”.Giovanni Tenneroni esordì col numero diluglio con un acquerello dal titolo “Una viadi Prato”. Il Biellese visto da <strong>Todi</strong> iniziò nelmese seguente con “Il Ricetto di Candelo”,seguito in ottobre da “Vallemosso. Il vecchionucleo centrale” e a dicembre da “Un angolodella piazza di Andorno”. Nel luglio e nel dicembredel 1951 fu la volta di “Strona. Chiesaparrocchiale” e “Tollegno. Una vecchiastrada”. Nell’ottobre del 1952 ecco “Pollone.L’oratorio di San Grato sotto la neve”. Nel1953 furono due gli acquerelli del Tenneroniutilizzati per le copertine: a febbraio “Crevacuore.Un angolo della vecchia Piazza delmercato” e a marzo “Cossato. Ingresso dalponte <strong>sul</strong>lo Strona”. Lo <strong>sguardo</strong> tuderte <strong>sul</strong>Biellese si concluse nel dicembre del 1954 con“Biella. Porta del Torrazzo”, che evidentementeè quella della Torrazza al Piazzo.Lasciando la critica artistica agli espertidel settore, si possono solo segnalare alcunecaratteristiche “evidenti” nei lavori di GiovanniTenneroni: il cromatismo è ridotto alminino di una sola tinta dominante (probabilmenteanche per ragioni tipografiche), itratti sono essenziali, a volte morbidi a voltepiù netti, e i soggetti, in alcuni casi piuttosto“anonimi” tanto da ri<strong>sul</strong>tare difficilmente riconoscibili,rispecchiano fedelmente le indicazionidate dal Comez. Né ciminiere né shed.Compaiono solo panorami o scorci di borgateoppure elementi tipici del paesaggio storicobiellese, come l’ingresso del Ricetto o la portadella Torrazza. In ogni caso il Biellese di Tenneroniappare decisamente sobrio, inanimato,rarefatto e tendenzialmente tardo-autunnaleo invernale tout-court con alberi spogli e figuresbiadite nella foschia. E lo <strong>sguardo</strong>dell’artista appare non tanto quello di un pittorequanto quello di un abile “grafico”, di unefficace illustratore, intenzionato ad alluderee a sintetizzare più che desideroso di renderei dettagli. Non in tutti, ma in un paio di queglischizzi (Tollegno e Valle Mosso) c’è “qualcosa”di biellese, forse un riflesso dell’animadi queste terre e della sua gente.I nove acquerelli di soggetto biellese nonfurono i soli lavori del Tenneroni a meritarsila copertina della «Laniera». Non di soloBiellese viveva il tessile italiano di quei tempi


Giovanni Tenneroni,“Il Ricetto di Candelo”(«Laniera», agosto 1950)Giovanni Tenneroni,“Strona. Chiesa parrocchiale”(«Laniera», luglio 1951)luglio 201247e, già dal 1953, Armando Comez decise chesi potevano introdurre anche immagini dilocalità estere. Tra il 1950 e il 1955 GiovanniTenneroni fornì alla rivista decine di opere.In ordine cronologico: Schio, Aranco-Borgosesia,Valdagno, Thiene, Perugia, Solòfra,Carignano, Follina, Bressanone, Bergamo,Saluzzo, Ciriè, Pisa, Vercelli (cortile di PalazzoCentori), Grignasco, Caselle Torinese,Lucca, Stia, Vittorio Veneto, Sale Marasino,Stupinigi (“Interno del castello”), Lodi, Sintra(Portogallo, maggio 1953), Brunico, BustoArsizio, Lamon, Romagnano Sesia, Newbury(Gran Bretagna), Gavardo, Verona, il monumentoal generale S. Martin a Mendoza (Argentina),Dornbirn (Austria), Canada (un“Paesaggio tipico”), “Ponte <strong>sul</strong> Leogra”, SanQuirico di Vernio, Visso, Foggia, Scanno,Crotone, Bagnoli Irpino, Pescasseroli, un “Ricordodatiniano” (riferito al celebre mercantedi lana pratese Francesco di Marco <strong>Da</strong>tini,agosto 1955), l’insediamento di lord Mayor(un “<strong>laniero</strong>” divenuto sindaco di Londra,settembre del 1955). In quel frangente fu ancheproposta la serie “Pascoli di terre lontane”che Tenneroni interpretò con un “Armentonegli USA”. E poi il Giappone (altro “Paesaggiotipico”), Brescia, Utrecht, Zurigo, Sabadell,Torino ecc.Alle copertine del pittore tuderte eranointervallate quelle di alcuni altri artisti. <strong>Da</strong>segnalare l’acquerello di Alfredo Veronesidedicato a Lugano (settembre 1952), l’operadi Buzzi “Vendemmiale in occasione della


Rivista BielleseGiovanni Tenneroni,“Un angolo della piazza di Andorno”(«Laniera», dicembre 1950)48fiera” (luglio 1953), quella di Zavattaro“Scene in terra argentina” (ottobre 1954) equella di Giannino Grossi “Clusone” (maggio1955). Anche lo stesso Carlo Dottarelli fureclutato tra gli illustratori. Sua la composizioneselezionata per il numero di aprile del1952 celebrativa del 75° di fondazionedell’Associazione Laniera dove, attorno a uncardo, un’elaborazione del battistero di Biellaè affiancata a quelle di quattro monumentisimbolici delle città di Milano, Roma, Vicenzae Prato, ove avevano sede gli ufficidell’associazione.<strong>Da</strong>l dettaglio della “geografia”delle ispirazioni del Tenneroni verrebbeda figurarci l’artista come ungrande viaggiatore. Niente di piùlontano dal vero. Giovanni Tenneronidipinse un po’ di Biellese,d’Italia e di <strong>mondo</strong> senza muoversida Roma o da <strong>Todi</strong>. Per la realizzazionedelle copertine, attesta GiorgioComez, suo zio «consegnava divolta in volta una fotografia, unacartolina illustrata, una riproduzionedi qualche celebre dipinto,più volte un’idea da rendere graficamenteaccattivante». Nei ricordi delnipote del direttore della rivistadell’Associazione Laniera, «il continuativosoggiorno romano di GiovanniTenneroni fu breve, durò cioèfino al 1954, anno in cui si ritirò definitivamentea <strong>Todi</strong>. <strong>Da</strong> allora i suoiviaggi a Roma coincisero con laconsegna dei disegni in Via Barberinie con il ritiro del compensomensile. Armando Comez, presso ilquale spesso si tratteneva a pranzo,concordava con lui le idee per i numeri successivie ritornava a casa la sera stessa». Malgradoavesse eletto a buen retiro la patria todina,il Tenneroni comunque si poteva bonariamentevantare «di aver illustrato per lacopertina luoghi lanieri del Biellese e dell’Italiaintera senza mai averli visitati».La tendenza ad aggiornare l’impostazionegrafica del bollettino da parte di ArmandoComez si manifesta nuovamente nel 1956. Sulnumero di maggio-giugno compare il disegnoa penna “Allegoria del lavoro nel lanificio”,una veduta prospettica di carde in movimento


Giovanni Tenneroni,“Cossato. Ingresso dal ponte <strong>sul</strong>lo Strona”(«Laniera», marzo 1953)Giovanni Tenneroni,“Crevacuore. Un angolodella vecchia Piazza del mercato”(«Laniera», febbraio 1953)luglio 201249azionate da corregge incrociate. Pur mantenendol’asciuttezza dei tratti il mutamento distile nei lavori del Tenneroni è notevole. Ilcommento del direttore lo descrive così: «Ilnostro illustratore ha creduto, con questo disegnosimbolico, di mantenersi aderente alcontenuto del presente fascicolo, che in prevalenzacontiene argomenti tecnici della manifatturalaniera». Ma quella copertina non fusolo un episodio dettato da coincidenze editoriali,bensì una scelta dell’autore (sicuramenteindotta o almeno vagliata e accolta dalComez) di cambiare il proprio modo di contribuireall’iconografia della pubblicazione.Non più paesaggi malinconicamente bucolicio scarne vedute urbane, piuttosto simboli econcetti, tra poesia e “metafisica” laniera,come si coglie nel singolare “L’endecasillabodi pecorelle” del settembre del 1956. Neglianni seguenti le tematiche si adattarono a situazionicontingenti (le Olimpiadi di Roma ola ricorrenza garibaldina del 1960 con l’opera“La camicia rossa”), ma anche a rappresentazionidi località estere in cui si tenevano mostreo convegni, pubblicazioni di report particolaridi cui sviluppare graficamente gli argomentioppure a momenti dell’anno liturgico(Natale, “Re magi” ecc.). Si incontrano inoltreraffigurazioni delle stagioni o dei mesi (comeomaggio al <strong>mondo</strong> agricolo), dei segni zodiacali(nel 1958) o dell’ambito più strettamentesilvo-pastorale (sempre con pecore). In altri


Rivista BielleseGiovanni Tenneroni,“Allegoria del lavoro nel lanificio”(«Laniera», maggio-giugno 1956)50casi il Tenneroni elaborò sagome didonne naturalmente essenziali edeleganti, un po’ “astratte” e un po’bozzetti da figurinista di moda.Il pressoché totale monopoliodi Giovanni Tenneroni andò viavia scemando negli anni Sessanta,dopo il pensionamento di ArmandoComez nel 1961. L’ultimacopertina del Tenneroni risale aldicembre del 1968. I tempi stavanocambiando, l’Associazione Lanierastava cambiando e cominciando adecadere, il mensile stava cambiandodi conseguenza. Le fotografiestampabili a basso costo avevanouna resa più “moderna” ediretta. Il lavoro del grafico-pittore,forse anche fuori mercato, nonaveva più appeal in un contesto editorialeche tornava a essere squisitamentetecnico-economico e piùinserzionistico-pubblicitario. L’interruzionedella collaborazione traGiovanni Tenneroni e il periodicocoincise con la morte dell’amicoavvenuta nel 1971. A poco più diquarant’anni, malgrado la rivista dell’AssociazioneLaniera fosse stata una buona vetrinavisti gli abbonati facoltosi a cui era indirizzata(industriali del settore spesso potenziali mecenati),l’artista preferì impiegarsi a <strong>Todi</strong> comeinsegnante di disegno. <strong>Da</strong>ll’anno seguentecominciò un felice ventennio di prestigioseesposizioni personali e di riconoscimenti.Morì il 10 settembre 1994. La “Famija Tuderte”,associazione da lui fondata, gli ha dedicatouna antologica nel 1995. Per il 2014 siprospetta una mostra con catalogo delle sueopere. Non resta che attendere, magari immaginandouna nostrana partecipazione all’iniziativache tramandi l’arte di Giovanni Tenneronima che onori anche Armando Comez.

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