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Dispense del corso di Metodi Numerici per l - Esercizi e Dispense

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<strong>Dispense</strong> <strong>del</strong> <strong>corso</strong> <strong>di</strong> Meto<strong>di</strong> <strong>Numerici</strong> <strong>per</strong> l’IngegneriaAppunti <strong>di</strong> teoria sul Metodo agli Elementi Finiti (FEM)Mario PuttiDipartimento <strong>di</strong> Meto<strong>di</strong> e Mo<strong>del</strong>li Matematici<strong>per</strong> le Scienze Applicate16 maggio 20111


In<strong>di</strong>ce1 Introduzione 32 Equazioni <strong>di</strong>fferenziali alle derivate parziali 33 Equazioni ellittiche 63.1 Il caso mono<strong>di</strong>mensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63.2 Formulazione variazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83.3 Equazioni <strong>di</strong> Eulero-Lagrange . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123.4 Formulazione agli elementi finiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143.4.1 Stu<strong>di</strong>o <strong>del</strong>l’errore e <strong>del</strong>la convergenza <strong>del</strong> metodo FEM . . . . . . . . . . 173.5 Estensione al caso multi<strong>di</strong>mensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253.5.1 Convergenza <strong>del</strong> metodo FEM nel caso multi<strong>di</strong>mensionale . . . . . . . . 303.5.2 Sulla convergenza e spazi funzionali (spazi <strong>di</strong> Hilbert) . . . . . . . . . . . 313.6 Problema <strong>di</strong> Neumann: con<strong>di</strong>zioni al contorno naturali e essenziali . . . . . . . . 343.7 Tipologia <strong>di</strong> Elementi finiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 373.7.1 Elementi isoparametrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 383.8 Equazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione e trasporto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 403.8.1 Caso mono<strong>di</strong>mensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42A Appen<strong>di</strong>ce A: Discretizzazione alle <strong>di</strong>fferenze finite <strong>del</strong>l’equazione <strong>di</strong> convezionee <strong>di</strong>ffusione. 46B Equazioni paraboliche 482


σFigura 1: Curva γ con sistema <strong>di</strong> riferimento locale solidale con la curva∆u = ∂2 u∂x + ∂2 u2 ∂y = 0 2∂u∂t + ∂u∂x = 0∂u∂t = ∂2 u∂x 22o grado (eq. <strong>di</strong> Laplace)1o grado (eq. <strong>di</strong> trasporto o convezione)2 o grado (eq. <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione)Pren<strong>di</strong>amo quin<strong>di</strong> un’equazione a coefficienti costanti considerando <strong>per</strong> semplicità un dominiobi<strong>di</strong>mensionale e le derivate <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne massimo (quelle <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne inferiore non entrano nellacaratterizzazione):au xx + bu xy + cu yy 0 (2)Cerchiamo una curva γ(x, y) particolare <strong>per</strong> cui la (2) <strong>di</strong>venta una equazione alle derivateor<strong>di</strong>narie (ODE-or<strong>di</strong>nary <strong>di</strong>fferential equation), e quin<strong>di</strong> più semplice da risolvere. In realtà’vedremo che non in tutti i casi questo proce<strong>di</strong>mento aiuta la soluzione <strong>del</strong>la PDE.Scriviamo la curva γ in coor<strong>di</strong>nate parametriche definendo una coor<strong>di</strong>nata σ solidale con lacurva γ (Fig. 1), che è quin<strong>di</strong> definita dalle equazioni parametriche:x = x(σ)y = y(σ)Per la regola <strong>di</strong> derivazione <strong>di</strong> funzione composta possiamo scrivere le derivate <strong>del</strong>le quantitàsopra definite sul sistema <strong>di</strong> riferimento locale:du xdσdu ydσ= ∂u x∂x= ∂u y∂xdxdσ + ∂u x dy∂y dσ = u dxxxdσ + u dyxydσdxdσ + ∂u y dy∂y dσ = u dxxydσ + u dyyydσRicavando u xx dal sistema precedente e sostituendolo in (2) si ottiene:( ) ]2 dyu xy[a − b dy (dx dx + c − a du )x dydx dx + cdu ydx + edy = 0dx4


0.250.2x=1/2x=1/3 , 2/3x=1/4 - 3/40.150.10.0500 0.2 0.4 0.6 0.8 1.Figura 2: La funzione <strong>di</strong> Green in corrispondenza a <strong>di</strong>versi valori <strong>di</strong> xda cui la soluzione <strong>del</strong> problema (D) si può scrivere come:u(x) = x∫ 1(1 − t)f(t) dt −∫ x00(x − t)f(t); dt.Definendo la funzione <strong>di</strong> Green G(x, t), data da:G(x, t) ={ t(1 − x), se 0 ≤ t ≤ x,x(1 − t), se x ≤ t ≤ 1.,la soluzione può essere scritta in forma più compatta come:u(x) =∫ 10G(x, t)f(t) dt.La funzione <strong>di</strong> Green ha le seguenti proprietà:• è lineare a t fissato e viceversa;• è simmetrica, e cioè G(x, t) = G(t, x);• è continua;• è non negativa, nulla solo agli estremi <strong>del</strong>l’intervallo [0, 1];7


• ∫ 1G(x, t) dt = 1 x(1 − x).0 2La funzione <strong>di</strong> Green in questione è rappresentata graficamente in Figura 2 <strong>per</strong> <strong>di</strong>versi valori<strong>di</strong> x.Dal punto <strong>di</strong> vista fisico, tale problema può rappresentare ad esempio una corda elasticavincolata agli estremi e soggetta ad un carico <strong>di</strong>stribuito, nel qual caso u(x) rappresenta lospostamento verticale, σ(x) rappresenta la tensione sulla corda, e il coefficiente E è il modulo<strong>di</strong> Young. Il problema (D) si può quin<strong>di</strong> scrivere come:σ(x) = Eu ′ (x)Legge <strong>di</strong> Hook;−σ ′ (x) = g(x) Equilibrio elastico; (4)u(0) = u(1) = 0Con<strong>di</strong>zioni al bordo.Oppure si può pensare a u(x) come la tem<strong>per</strong>atura <strong>di</strong> una barra soggetta ad una sorgente <strong>di</strong>calore g(x). In questo caso, in<strong>di</strong>cando con k la conducibilità termica <strong>del</strong> materiale e con q(x)il flusso <strong>di</strong> calore, il mo<strong>del</strong>lo <strong>di</strong>venta:q(x) = −ku ′ (x)Legge <strong>di</strong> Fourier;q(x) = g(x) Conservazione <strong>del</strong>l’energia; (5)u(0) = u(1) = 0Con<strong>di</strong>zioni al bordo.Nello stesso modo si può pensare all’equazione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una sostanze <strong>di</strong>sciolta in unliquido, nel qual caso si utilizza la legge <strong>di</strong> Fick, oppure al flusso <strong>del</strong>l’acqua in un mezzo poroso,nel qual caso si usa la legge <strong>di</strong> Darcy, eccetera. Più in generale, si può <strong>di</strong>re che queste equazionirappresentano il mo<strong>del</strong>lo <strong>di</strong> un moto a potenziale.3.2 Formulazione variazionaleIn questo paragrafo, <strong>di</strong>scuteremo brevemente l’approccio variazionale alla soluzione <strong>del</strong> problema(D), che forma la base <strong>per</strong> il metodo agli elementi finiti. Per fare questo, introduciamo lospazio (<strong>di</strong> funzioni v(x)) V , lineare e normato, definito dalla seguente 1 :V ([0, 1]) = { v(x) : dove v(x) è una funzione continua e limitata nell’intervallo [0, 1],v ′ (x) è una funzione continua a tratti e limitata nell’intervallo [0, 1],e v(0) = v(1) = 0 } .In questo spazio si può definire un prodotto interno (o prodotto scalare) tra i suoi elementi:(v, w) =∫ 10v(x)w(x) dx,1 Si confrontino le definizioni seguenti con le analoghe definizioni <strong>del</strong>l’algebra lineare e degli spazi vettoriali.8


che definisce il funzionale (o forma) quadratico F : V → R:F (v) = 1 2 (v′ , v ′ ) − (f, v) + c.Si possono definire ora il problema <strong>di</strong> minimizzazione (M) e quello variazionale (V), che vedremosono in qualche senso da specificare meglio equivalenti al problema <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> partenza (D).Problema 3.2 (<strong>di</strong> minimizzazione).Trovare u ∈ V tale che:F (u) ≤ F (v) ∀v ∈ V. (M)Problema 3.3 (variazionale).Trovare u ∈ V tale che:(u ′ , v ′ ) = (f, v) ∀v ∈ V. (V)Osservazione 3.4. Con riferimento al problema elastico mostrato in (4), si noti che la quantitàF (v) rappresenta l’energia potenziale totale associata allo spostamento ammissibile v(x) ∈ V ;il termine 1 2 (v′ , v ′ ) è l’energia elastica <strong>del</strong> sistema e il termine (f, v) il potenziale <strong>del</strong>le forzeesterne. Da questa osservazione si deduce imme<strong>di</strong>atamente che il problema (M) è la formulazione<strong>del</strong> noto “principio <strong>del</strong>la minimizzazione <strong>del</strong>l’energia potenziale”, mentre il problema (V)è la formulazione <strong>del</strong> “principio dei lavori virtuali”.Equivalenza tra le varie formulazioni (D), (M), (V).(D)⇒(V) Dimostrazione - Dimostriamo che la soluzione <strong>di</strong> (D) è anche soluzione <strong>di</strong> (V).Per fare questo basta moltiplicare l’equazione <strong>di</strong>fferenziale <strong>per</strong> una funzione arbitraria v ∈ V eintegrare sul dominio, ottenendo imme<strong>di</strong>atamente:−∫ 10u ′′ (x)v(x) dx =∫ 10f(x)v(x) dx,che può essere riscritta usando la notazione <strong>di</strong> prodotto scalare:− (u ′′ , v) = (f, v) .Integrando <strong>per</strong> parti il primo membro si ottiene:− (u ′′ , v) = −u ′ (1)v(1) + u ′ (0)v(0) + (u ′ , v ′ ) = (u ′ , v ′ ) ,che può essere scritto quin<strong>di</strong>, notando che v(0) = v(1) = 0:(u ′ , v ′ ) = (f, v) ∀v ∈ V (6)che <strong>di</strong>mostra la tesi.□9


(V)⇔(M) Dimostrazione - Adesso vogliamo <strong>di</strong>mostrare che (V) e (M) hanno la stessasoluzione. Supponiamo quin<strong>di</strong> che u(x) sia soluzione <strong>di</strong> (V) e sia v(x) ∈ V ; calcoliamo la<strong>di</strong>fferenza w(x) = u(x) − v(x) ∈ V . Abbiamo facilmente che:F (v) = F (u + w) = 1 2 (u′ + w ′ , u ′ + w ′ ) − (f, u + w) + c= 1 2 (u′ , u) − (f, u, +) (u ′ , w ′ ) (f, w) + 1 2 (w′ , w ′ ) ≥ F (u),poichè da (6) (u ′ , w ′ ) − (f, w) = 0 e (w ′ , w ′ ) ≥ 0. Quin<strong>di</strong>, siccome w è una funzione arbitraria,questo <strong>di</strong>mostra che u è punto <strong>di</strong> minimo <strong>del</strong> funzionale F (u) e quin<strong>di</strong> è soluzione <strong>del</strong> problema(M). Anche il contrario è vero. Infatti, se u fosse soluzione <strong>di</strong> (M), allora <strong>per</strong> ogni v ∈ V eɛ ∈ R, si ha:F (u) ≤ F (u + ɛv),poichè u + ɛv ∈ V . Definiamo la funzione <strong>di</strong>fferenziabileg(ɛ) := F (u + ɛv) = 1 2 (u′ , u ′ ) + ɛ (u ′ , v ′ ) + ɛ2 2 (v′ , v ′ ) − (f, u) − ɛ (f, v, , )che ha un minimo in ɛ = 0, da cui g ′ (0) = 0. Facendo i conti si ottiene:g ′ (0) = (u ′ , v ′ ) − (f, v) ,che <strong>di</strong>mostra che u è soluzione <strong>di</strong> (V).E’ anche facile vedere che la soluzione <strong>di</strong> (V) è unica. Infatti, se u 1 ∈ V e u 2 ∈ V sono duesoluzioni <strong>di</strong> (V), allora:(u ′ 1, v ′ ) = (f, v) ∀v ∈ V ;(u ′ 2, v ′ ) = (f, v) ∀v ∈ V.Sottraendo membro a membro e prendendo v = u ′ 1 − u ′ 2, si ottiene imme<strong>di</strong>atamente che∫ 10(u ′ 1 − u ′ 2) 2 dx = 0,da cui, <strong>per</strong> la linearità <strong>del</strong>l’o<strong>per</strong>atore <strong>di</strong> derivata, risulta che (u 1 − u 2 )(x) = cost, e siccomeu(0) = u(1) = 0, tale costante è nulla, da cui la tesi.□10


(V)⇒(D). Per <strong>di</strong>mostrare la tesi ci serve il seguente (caso particolare <strong>del</strong>) lemma fondamentale<strong>del</strong> calcolo <strong>del</strong>le variazioni:Lemma 3.5. Sia g ∈ C 0 ([0, 1]) e∫ 10g(x) · φ(x) dx = 0 ∀φ(x) ∈ V ([0, 1]),allora g(x) = 0 <strong>per</strong> ogni x ∈ [0, 1].Dimostrazione - Sia g(x) ∈ C 0 ([0, 1]). Una funzione in V ([0, 1]) è continua e ha le derivatecontinue (a tratti). Pren<strong>di</strong>amo allora r(x) una funzione che si annulli in x = 0 e x = 1 e chesia positiva in (0, 1) (ad es. r = x(1 − x)). Pren<strong>di</strong>amo quin<strong>di</strong> φ(x) = r(x)g(x) una funzione chesi annulla agli estremi. Ovviamente φ(x) ∈ V ([0, 1]). Si ha quin<strong>di</strong>:0 =∫ 10g(x)φ(x) dx =∫ 10r(x)g 2 (x) dxLa funzione integranda è non negativa, quin<strong>di</strong> deve essere nulla. Siccome r(x) ≠ 0 <strong>per</strong> x ∈ (a, b),dovrà necessariamente essere g(x) = 0 <strong>per</strong> ogni x ∈ [a, b]. Si noti che tale <strong>di</strong>mostrazione si puòestendere con uno sforzo minimo anche a funzioni <strong>di</strong> R d .□Dimostrazione - Ora, <strong>per</strong> verificare che (V)⇒ (D), assumiamo che u ∈ V sia soluzione <strong>del</strong>problema (V). Allora:∫ 10u ′ v ′ dx −∫ 10fv dx = 0 ∀v ∈ V.Assumendo ora che u ′′ esista e sia continua, possiamo integrare <strong>per</strong> parti:∫ 10u ′ v ′ dx −∫ 10∫ 1fv dx = [u ′ v] 1 0 − u ′′ v dx −0∫ 10fv dx = 0,da cui, usando le con<strong>di</strong>zioni al contorno omogenee, otteniamo:−∫ 10(u ′′ + f) v dx = 0 ∀v ∈ V.Ora, essendo V uno spazio <strong>di</strong> funzioni che sono C0∞ a tratti (escludendo quin<strong>di</strong> punti isolatidove si possono avere <strong>di</strong>scontinuità nelle derivate, ma tali <strong>di</strong>scontinuità non contribuiscono agliintegrali che dobbiamo calcolare avendo supporto <strong>di</strong> misura nulla), si può applicare (tratto <strong>per</strong>tratto) il Lemma 3.5, <strong>per</strong> cui dovrà essere <strong>per</strong> forza:−u ′′ + f = 0.11


Abbiamo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrato l’equivalenza <strong>del</strong> problema variazionale con il problema <strong>di</strong>fferenziale.Si noti <strong>per</strong>ò che questo è vero sotto l’ipotesi <strong>di</strong> derivata seconda <strong>di</strong> u continua. Si puòconcludere questo paragrafo osservando che tale ipotesi non è richiesta nel problema variazionale,visto che esso richiede solo l’uso <strong>di</strong> derivate prime. Infatti, utilizzando l’integrazione <strong>per</strong>parti abbiamo <strong>di</strong>minuito l’or<strong>di</strong>ne massimo <strong>del</strong>le derivate presenti nel nostro problema, richiedendo<strong>di</strong> fatto una grado <strong>di</strong> continuità inferiore alla nostra soluzione. Riassumendo, le soluzioni<strong>del</strong> problema <strong>di</strong>fferenziale sono sempre anche soluzioni <strong>del</strong> problema variazionale. Viceversa, lesoluzioni <strong>del</strong> problema variazionale sono soluzioni <strong>del</strong> problema <strong>di</strong>fferenziale se imponiamo unasufficiente continuità nelle derivate seconde.3.3 Equazioni <strong>di</strong> Eulero-LagrangeSi può estendere ad un contesto più generale gli argomenti sopra esposti, <strong>per</strong> arrivare all’equazione<strong>di</strong> Eulero-Lagrange <strong>del</strong> calcolo <strong>del</strong>le variazioni. Di seguito mostriamo la derivazione <strong>di</strong>tali equazioni nel caso mono<strong>di</strong>mensionale.Si vuole trovare una funzione u(x) che sod<strong>di</strong>sfi alle con<strong>di</strong>zioni u(0) = u(1) = 0 e minimizziil funzionale:F (u) =∫ 10L(x, u(x), u ′ (x)) dx.Assumiamo che L sia sufficientemente continuo in modo tale che le derivate parziali fatterispetto a x, u e u ′ esistano. Se u(x) è punto <strong>di</strong> minimo, allora ogni sua <strong>per</strong>turbazione deveaumentare il valore <strong>di</strong> F (u), cioè:F (u) ≤ F (u + ɛv)∀ɛ ∈ R e ∀v(x).Sia quin<strong>di</strong> w(x) = u(x) + ɛv(x). Si noti che v(x) dovrà essere presa in modo tale da sod<strong>di</strong>sfarele con<strong>di</strong>zioni v(0) = v(1) = 0. Allora:F (w) = F (ɛ) =∫ 10L(ɛ, x, w(x), w ′ (x)) dx.La variazione prima <strong>di</strong> F (w) è data da:dFdɛ = d dɛ∫ 10L(ɛ, x, w(x), w ′ (x)) dx =∫ 10ddɛ L(ɛ, x, w(x), w′ (x)) dx.Usando la regola <strong>di</strong> derivazione <strong>del</strong>la funzione composta si ottiene:dL(ɛ)dɛ= ∂L dx∂x dɛ + ∂L ∂w∂w ∂ɛ + ∂L ∂w ′∂w ′ ∂ɛ= ∂L ∂Lv(x) +∂w ∂w ′ v′ (x).12□


Quin<strong>di</strong>:dFdɛ = ∫ 10( )∂L ∂Lv(x) +∂w ∂w ′ v′ (x)Per ɛ = 0 si ha che w = u e quin<strong>di</strong> F (w)| ɛ=0 deve essere minima. Quin<strong>di</strong>:dFdɛ | ɛ=0 =∫ 10dx.( )∂L ∂Lv(x) +∂w ∂w ′ v′ (x)dx = 0.Ora, usando il teorema <strong>di</strong> integrazione <strong>per</strong> parti otteniamo:∫ 1∫∂L∂L 1d ∂Lv(x) dx + v(x)∂w ∂w ′ |1 0 − v(x) dx = 0.0 dx ∂w′0Raccogliendo v(x), notando che il termine agli estremi si annulla <strong>per</strong>chè si v(0) = v(1) = 0,l’applicazione <strong>del</strong> lemma fondamentale (Lemma 3.5) porta alla cosiddetta equazione <strong>di</strong> Eulero-Lagrange:∂L∂w v(x) − ddx[ ∂L∂w ′ ]= 0.Tale equazione determina la con<strong>di</strong>zione necessaria (non sufficiente) <strong>per</strong> l’esistenza <strong>di</strong> un minimo<strong>del</strong> funzionale F (u) = ∫ 1L(x, u, 0 u′ ) dx. se L(x, u, u ′ ) è una funzione convessa <strong>di</strong> u e u ′ , alloral’equazione <strong>di</strong> Eulero-Lagrange è anche con<strong>di</strong>zione sufficiente.Esempio 3.6. Come esempio, consideriamo il cosiddetto integrale <strong>di</strong> Dirichlet:D(x, u, u ′ ) =∫ 1012 (u′ ) 2 dx.Cerchiamo il minimo <strong>di</strong> D(u) nella classe <strong>di</strong> funzioni continue conservata continua (e ∈ C 1 ([0, 1])).L’equazione <strong>di</strong> Eulero-Lagrange la ricaviamo calcolando le derivate <strong>di</strong> L(x, u, u ′ ) = (u ′ ) 2 /2, ecioè:∂L∂u = 0;da cui si ricava subito:u ′′ (x) = 0,[ ]d ∂L= ddx ∂u ′ dx12 (2u′ ) = u ′′ (x),e cioè l’equazione <strong>di</strong> Laplace in una <strong>di</strong>mensione. Come conseguenza, la soluzione <strong>del</strong>l’equazione<strong>di</strong> Laplace è proprio il punto <strong>di</strong> minimo (il funzionale è convesso) <strong>del</strong> funzionale D(x, u, u ′ ).13


x0x 1x nx n+1v(x)0 11φ(ξ)jx j−2x j−1x jx j+1x j+2Figura 3: Griglia o mesh computazionale nell’intervallo I = [0, 1] (in alto); esempio <strong>di</strong> unafunzione v(x) ∈ V h (centro); esempio <strong>di</strong> una funzione <strong>di</strong> base φ j (x) (in basso).15


Problema 3.8 (metodo <strong>di</strong> Ritz).Trovare u h ∈ V h tale che:F (u h ) ≤ F (v) ∀v ∈ V h . (Mh)Problema 3.9 (metodo <strong>di</strong> Galerkin).Trovare u h ∈ V h tale che:(u ′ h, v ′ ) = (f, v) ∀v ∈ V h . (Vh)Usando la combinazione lineare <strong>di</strong> funzioni <strong>di</strong> base <strong>per</strong> esprimere la generica funzione v ∈ V h ,e cioè l’eq. (7, si vede subito che se u h ∈ V h sod<strong>di</strong>sfa l’equazione (Vh), in particolare sod<strong>di</strong>sfaanche:(u ′ h, φ ′ i) = (f, v) i = 1, . . . , n, (8)e siccome anche u h può essere scritta come combinazione lineare <strong>del</strong>le funzioni <strong>di</strong> base, e cioè:u h (x) =n∑u j φ j (x) u j = u h (x j ), u ′ h(x) =j=1n∑u j φ ′ j(x) (9)j=1si ottiene imme<strong>di</strong>atamente:n∑j=1( )φ′i , φ ′ j uj = (f, φ i ) i = 1, . . . , n, (10)che è un sistema lineare n × n. In forma matriciale esso può essere scritto come:Au = bdove la matrice A [n×n] = {a ij } = { ( φ ′ i, φ ′ j)} è detta matrice <strong>di</strong> rigidezza, il vettore <strong>del</strong>le incogniteè u [n×1] = {u i } e il vettore termine noto è b [n×1] = {b i } = {(f, φ i )}.Gli elementi a ij e b i sono facilmente calcolabili. Infatti, si osservi che a ij = 0 <strong>per</strong> | i − j | > 1,essendo in tale caso i supporti <strong>di</strong> φ i e <strong>di</strong> φ j hanno intersezione nulla, <strong>per</strong> cui φ i (x)φ j (x) = 0 eanche φ ′ i(x)φ ′ j(x) = 0. Quin<strong>di</strong> <strong>per</strong> i = 1, . . . , n:a ii = (φ ′ i, φ ′ i) =∫ xix i−11h 2 idx +∫ xi+1x i1h 2 i+1dx = 1 h i+ 1h i+1,e <strong>per</strong> i = 2, . . . , n:a i,i−1 = a i−1,i = ( ∫( ) xiφ ′ i, φ i−1) ′ = φ′i−1 , φ ′ 1i = −x i−1h 2 idx = − 1 h i.16


se l’errore commesso dallo schema avendo sostituito la soluzione esatta tende a zero al tenderea zero <strong>del</strong> passo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scretizzazione. Uno schema è stabile se piccole variazioni dei dati portanoa piccole variazioni nei risultati numerici.Nel nostro caso, in<strong>di</strong>cando con L(u, f) = 0 l’equazione alle derivate parziali, dove L èl’o<strong>per</strong>atore <strong>di</strong>fferenziale, u la soluzione “vera”, f i dati <strong>del</strong> problema, e con L h (u h , f h ) = 0 loschema numerico, con L h l’o<strong>per</strong>atore <strong>di</strong>screto, u h la soluzione numerica, e f h l’approssimazionenumerica dei dati <strong>del</strong> problema, si <strong>di</strong>ce che lo schema numerico “converge” se‖u − u h ‖ → 0 h → 0,dove ‖·‖ è una norma funzionale opportuna.Un metodo numerico <strong>di</strong> <strong>di</strong>scretizzazione si <strong>di</strong>ce “consistente” seL h (u, g) → 0 h → 0,e si <strong>di</strong>ce “fortemente consistente” se:L h (u, g) = 0∀h.Spesso non è agevole provare la convergenza <strong>di</strong> uno schema <strong>di</strong>rettamente, ma si utilizza ilrisultato fondamentale (teorema <strong>di</strong> equivalenza) <strong>per</strong> cui uno schema consistente è convergentese e solo se è anche stabile [4].D’altro canto, lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>retto <strong>del</strong>la convergenza è utile non solo <strong>per</strong>chè si riesce a verificareche uno schema funziona, ma anche <strong>per</strong>chè si riesce a quantificare la velocità <strong>di</strong> convergenza,(in realtà l’or<strong>di</strong>ne con cui l’errore tende a zero al tendere a zero <strong>di</strong> h) e quin<strong>di</strong> dall’analisiparallela <strong>del</strong> costo computazionale <strong>del</strong> metodo si riesce a prevedere i tempi <strong>di</strong> calcolo necessari<strong>per</strong> risolvere un dato problema con un prefissato errore.Stima <strong>del</strong>l’errore <strong>del</strong> metodo FEM Sia u ∈ V la soluzione al problema (D) e u h ∈ V h lasoluzione al problema (Vh). Siccome la (V) vale <strong>per</strong> ogni v ∈ V e V h ⊂ V , la stessa equazionevale anche <strong>per</strong> le funzioni v ∈ V h . Sostituendo la stessa v ∈ V h nella (V) e nella (Vh), esottraendo membro a membro si ottiene subito:(u ′ , v ′ ) = (f, v) ∀v ∈ V h(u ′ h, v ′ ) = (f, v) ∀v ∈ V h((u ′ − u ′ h), v ′ ) = 0 ∀v ∈ V h , (11)che <strong>di</strong>mostra che lo schema è fortemente consistente.Ora dobbiamo usare la nozione <strong>di</strong> norma <strong>di</strong> funzione. Pensando alla norma euclidea <strong>di</strong>vettori, una semplice sua estensione fornisce la seguente norma <strong>per</strong> funzioni:‖w‖ = (w, w) 1 2 =(∫ 10) 1w 2 2dx .18


Si può verificare facilmente che il simbolo (v, w) = ∫ 1vw dx definisce un prodotto scalare tra0due funzioni v e w (sod<strong>di</strong>sfa alle proprietà fondamentali), e dà luogo alla norma funzionalesopra definita. Si ricorda in particolare la proprietà definita come <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Cauchy:| (v, w) | ≤ ‖v‖ ‖w‖A questo punto è facile <strong>di</strong>mostrare il seguente risultato:‖(u − u h ) ′ ‖ ≤ ‖(u − v) ′ ‖ ∀v ∈ V h (12)Dimostrazione - Assumiamo ‖(u − u h ) ′ ‖ ̸= 0. Nel caso la norma fosse nulla, il risultatoseguirebbe <strong>di</strong>rettamente.Sia quin<strong>di</strong> v ∈ V h una funzione arbitraria e chiamiamo w = u h − v, una funzione anch’essaappartenente a V h e arbitraria. Sfruttando il fatto che dalla (11) il termine ((u − u h ) ′ , w ′ ) = 0e quin<strong>di</strong> può essere sommato arbitrariamente, si ottiene:‖(u − u h ) ′ ‖ 2 = ((u − u h ) ′ , (u − u h ) ′ ) + ((u − u h ) ′ , w ′ )= ((u − u h ) ′ , (u − u h + w) ′ ) = ((u − u h ) ′ , (u − v) ′ )≤ ‖(u − u h ) ′ ‖ ‖(u − v) ′ ‖ .Il risultato segue <strong>di</strong>videndo <strong>per</strong> ‖(u − u h ) ′ ‖, che è stato assunto non nullo.Si può anche <strong>di</strong>mostrare che ‖v‖ ≤ ‖v ′ ‖ <strong>per</strong> ogni v ∈ V h , ovvero:□∫ 10v 2 dx ≤∫ 10(v ′ ) 2 dx ∀v ∈ V h .Si noti che questo è vero <strong>per</strong>chè si è richiesto nella definizione <strong>di</strong> V h che le funzioni assumanovalori nulli agli estremi <strong>del</strong>l’intervallo. Infatti:v(x) = v(0) +∫ x0v ′ (t) dt =∫ x0v ′ (t) dt,da cui, usando ancora la <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Cauchy:| v(x) | ≤0∫ 10(∫ 1| v ′ | dx ≤00) 1 (∫1 2 2 1) 1dx | v ′ | 2 2dx0da cui, integrando tra 0 e 1, si ottiene infine:∫ 1∫ 1(∫ 1)| v(x) | 2 dx ≤ | v ′ (x) | 2 dx dy =0∫ 10(∫ 1≤0| v ′ (x) | 2 dx.L’applicazione <strong>di</strong> tale risultato alla funzione v = u − u h <strong>di</strong>mostra che) 1| v ′ | 2 2dx ,‖u − u h ‖ ≤ ‖(u − u h ) ′ ‖ ≤ ‖(u − v) ′ ‖ ∀v ∈ V h (13)19


uu ∼h1xi−2 x i−1x ix i+1x i+2x i−1xix i+1Figura 4: Interpolante ũ h (a sinistra), funzione <strong>di</strong> base φ i (x) (a destra).Osservazione 3.10. Il risultato precedente ci <strong>di</strong>ce che u ′ h è la migliore approssimazione <strong>di</strong> u′in V h , essendo l’errore minore rispetto a quello commesso da qualsiasi altra funzione v ∈ V h .Il risultato precedente ci <strong>di</strong>ce che se riusciamo a dare una maggiorazione <strong>del</strong>la norma <strong>del</strong>la<strong>di</strong>fferenza tra u e una qualsiasi funzione v ∈ V h , questa maggiora anche l’errore <strong>del</strong> metodoFEM. Quin<strong>di</strong> si può ricavare una stima quantitativa <strong>del</strong>l’errore ‖(u − u h ) ′ ‖ passando attraversola stima <strong>del</strong>l’errore commesso andando a prendere al posto <strong>di</strong> v in (12) una funzione opportuna,Per fare questo, scegliamo <strong>di</strong> lavorare con la funzione ũ h ∈ V h , una “interpolante” lineare atratti che interpola la u sui punti <strong>del</strong>la griglia. Si <strong>di</strong>ce che la funzione ũ h è una interpolante <strong>di</strong>u(x), ovvero ũ h interpola u(x) nei no<strong>di</strong> x i , i = 0, . . . , n + 1, se valgono le seguenti relazioni:ũ h (x i ) = u(x i ) i = 0, . . . , n + 1.Il concetto è mostrato graficamente in Figura 4, a sinistra.E’ facile definire tale interpolante utilizzando i polinomi <strong>di</strong> Lagrange [1, 4]. Di seguito,<strong>per</strong> completezza, ricaviamo tutti i risultati senza ricorrere a tali polinomi. Si vuole dunqueinterpolare una funzione v(x) generica tramite un polinomio lineare a tratti. Tale polinomio sipuò scrivere come:P 1 (x) =n∑a i φ i (x).i=1La generica funzione <strong>di</strong> base nel nodo i-esimo è data da:φ i (x) ={ x−xix i −x i−1, se x i−1 ≤ x ≤ x i ,x i+1 −xx i+1 −x i, se x i ≤ x ≤ x i+1 .Tale funzione, mostrata in Figura 4 (a destra), è effettivamente una funzione <strong>di</strong> base <strong>del</strong>l’interpolazione.Le seguenti proprietà, che mostrano che P 1 (x) è proprio il polinomio cercato, sono20


facilmente verificabili:{ 1, se x = xi ,φ i (x) =0, se x = x j , i ≠ j.P 1 (x i ) = a i = v(x i )P ′ 1(x i ) = v ′ (x i )Definiamo ora l’errore <strong>di</strong> interpolazione e(x) = v(x)−P 1 (x). Si noti che essendo P 1 (x) lineare atratti, P 1 ′′ (x) = 0 in tutto l’intervallo [0, 1]. E’ chiaro che e(x i ) = 0 in tutti i punti <strong>di</strong> appoggio(i no<strong>di</strong> <strong>del</strong>la griglia) x i , i = 0, . . . , n + 1. Quin<strong>di</strong>, <strong>per</strong> il teorema <strong>di</strong> Rolle, esistono n puntiη i , i = 1, . . . , n con η i ∈ [x i , x i+1 ] dove e ′ (η i ) = 0. Possiamo quin<strong>di</strong> scrivere <strong>per</strong> x i ≤ x ≤ x i+1 :da cui:e ′ (x) =∫ x| e ′ (x) | ≤η ie ′′ (t) dt =≤∫ xi+1∫ xη ix i| v ′′ (t) | dt =(∫ xi+1x ida cui si ricava subito:| e ′ (x) | 2 ≤ h(∫ xi+1x i1 2 dtv ′′ (t) dt,∫ xi+1x i) 12 (∫ x i+1Integrando la precedente tra x i e x i+1 , si ha:∫ xi+1x ix i1 · | v ′′ (t) | dt ≤ (<strong>per</strong> la <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Cauchy)) 1 (∫| v ′′ (t) | 2 2 xi+1) 11dt = h 2 | v ′′ (t) | 2 2dt ,x i)| v ′′ (t) | 2 dt . (14)∫ xi+1| e ′ (x) | 2 dx ≤ h 2 | v ′′ (t) | 2 dt.x iPer valutare e(x), si noti che e(x) = ∫ xx ie ′ (t) dt. Quin<strong>di</strong>, usando la (14) e integrando, si ottiene:| e(x) | ≤ h 3 2da cui si ricava:∫ xi+1x i(∫ xi+1x i) 1| v ′′ (t) | 2 2dt ,∫ xi+1| e(x) | 2 dx ≤ h 4 | v ′′ (t) | 2 dt.x i21


Sommando ora su tutti i sotto intervalli che formano la griglia computazionale si ottengono leseguenti stime <strong>del</strong>l’errore <strong>di</strong> interpolazione:(∫ 1) 1 (∫| e(x) | 2 21) 1≤ h 2 | v ′′ (x) | 2 2dx0(∫ 1) 1| e ′ (x) | 2 20≤ovvero, in termini <strong>di</strong> norme:‖v − P 1 (x)‖ ≤ h 2 ‖v ′′ (x)‖‖v ′ − P ′ 1(x)‖ ≤ h ‖v ′′ (x)‖0(∫ 1h | v ′′ (x) | 2 dx0Utilizzando ora (12) e (13) si ottengono le seguenti stime <strong>del</strong>l’errore:) 1 2‖u − u h ‖ ≤ h ‖u ′′ ‖ (15)‖(u − u h ) ′ ‖ ≤ h ‖u ′′ ‖ (16)che <strong>di</strong>mostrano che, se la derivata seconda <strong>del</strong>la soluzione vera ha norma limitata, l’errore <strong>del</strong>loschema FEM converge a zero al tendere a zero <strong>del</strong> passo <strong>di</strong> griglia h. Si noti che con qualchesforzo in più si può <strong>di</strong>mostrare che l’errore sulla soluzione u(x) converge a zero quadraticamente,anzichè linearmente come l’errore sulla derivata, e cioè:‖u − u h ‖ ≤ h 2 ‖u ′′ ‖ . (17)Di nuovo se la soluzione vera non ha derivata seconda limitata l’or<strong>di</strong>ne quadratico è <strong>per</strong>so.Osservazione 3.11. Per poter apprezzare quest’ultimo fatto, bisognerebbe ricorrere alla definizione<strong>di</strong> integrale <strong>di</strong> Lebesgue. Tale definizione esula dagli ambiti <strong>di</strong> queste note e si rimandail lettore interessato a testi più specializzati [5, 3]. Per il momento basti pensare a funzionicontinue, con derivate sufficientemente lisce non necessariamente limitate il cui quadrato abbiaintegrale finito (funzioni <strong>di</strong> quadrato sommabile), in modo tale che i prodotti scalari e le normeintegrali usate siano ben definite.Osservazione 3.12. Dalla stima <strong>del</strong>l’errore si può ricavare una stima <strong>del</strong>l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamentospettrale <strong>del</strong>la matrice <strong>di</strong> rigidezza A (simmetrica e definita positiva) <strong>del</strong> metodo FEM.Infatti si ha:κ(A) = λ 1λ N= Ch −2dove si è in<strong>di</strong>cato rispettivamente con λ 1 e con λ N gli autovalore massimo e minimo <strong>di</strong> A, e lacostante C non <strong>di</strong>pende da h. Se si utilizzasse il metodo <strong>del</strong> gra<strong>di</strong>ente coniugato <strong>per</strong> risolvereil sistema lineare, sarebbe possibile stimare l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento e quin<strong>di</strong> il numero <strong>di</strong>iterazioni necessarie al metodo <strong>del</strong> gra<strong>di</strong>ente coniugato <strong>per</strong> ottenere una soluzione con unaprefissata tolleranza. Analogamente, è possibile tramite questo risultato stabilire il variare <strong>del</strong>numero <strong>di</strong> iterazioni impiegate dal gra<strong>di</strong>ente coniugato <strong>per</strong> arrivare alla convergenza al variare<strong>del</strong>la <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong>la mesh.22


Alcuni esempi sempliciSi consideri il problema <strong>di</strong> Cauchy:−u ′′ (x) = q x ∈ [0, 1],u(0) = u(1) = 0.Si consideri il funzionale:∫ 1[ 1F (u) =2 (u′ ) 2 − qu]dx,0con una soluzione approssimata data da:u n (x) =n∑a j φ j (x).j=1La minimizzazione <strong>del</strong> funzionale (metodo <strong>di</strong> Ritz) richiede che la soluzione sia un punto <strong>di</strong>stazionarietà <strong>per</strong> F (u), talchè si ottiene un sistema lineare (uguale a quello che si otterrebbecon l’approccio <strong>di</strong> Galerkin), la cui i-esima equazione è data da:∂F∂a i=∫ 10[( n∑j=1a j φ ′ j(x))φ ′ i(x) − qφ i (x)]dx = 0.Dobbiamo ora scegliere le funzioni <strong>di</strong> base φ i (x) ∈ V h .Esempio 3.13. Scegliamo come funzioni <strong>di</strong> base la base canonica <strong>del</strong>lo spazio dei polinomi <strong>di</strong>grado n:φ i (x) = x i i = 0, 1, . . . , n − 1.La nostra soluzione numerica può quin<strong>di</strong> essere scritta:u n (x) = x(x − 1)n∑a i x i−1i=1dove i primi due monomi sono stati inseriti <strong>per</strong> poter sod<strong>di</strong>sfare le con<strong>di</strong>zioni al contorno. Sinoti che si hanno le seguenti funzioni:φ 1 (x) = x(x − 1)φ ′ 1(x) = 2x − 1. . . . . .φ i (x) = x(x − 1)x i−1 = x i−1 − x iφ ′ i(x) = (i + 1)x i − ix i−1. . . . . .23


Per n = 1 si ha che i = 1, da cui:u n (x) = x(x − 1)a 1u ′ n(x) = 1(x − 1)a 1∂F∂a 1==∫ 10∫ 10[a1 2(x − 1) 2 − qx(x − 1) ] dx[a1 (4x 2 + 1 − 4x) − qx 2 + qx ] dx = 0,da cui si ricava imme<strong>di</strong>atamente a 1 = −q/2, che sostituito nella soluzione numerica mi fornisce:u n (x) = −x(x − 1) q 2 .Derivando due volte si vede che imme<strong>di</strong>atamente la u n (x) sod<strong>di</strong>sfa l’equazione <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong>partenza, e quin<strong>di</strong> è la sua soluzione esatta e certamente a 2 = a 3 = . . . = a n = 0.Esempio 3.14. Sian∑u n (x) = a i sin(iπx)i=1da cui le funzioni <strong>di</strong> base sono in<strong>di</strong>viduate da:φ i (x) = sin(iπx)φ ′ i(x) = iπ cos(iπx).Il sistema lineare (metodo <strong>di</strong> Ritz) <strong>di</strong>venta:∫ [(∂F 1 n∑)]= a j φ ′∂aj(x) φ ′ i(x) − qφ i (x) dx = 0,i 0 j=1da cui, risolvendo <strong>per</strong> a 1 nel caso n = 1, si ottiene:∂F∂a 1=∫ 10[a1 π 2 cos 2 (πx) − −q sin(πx) ] dx = 0,che fornisce la seguente espressione:a 1 =∫ 10∫ 1q sin(πx) dx0 π2 cos(πx) dx = 4 π q. 3La soluzione numerica è quin<strong>di</strong> data da:u n (x) = 4 π 3 q sin(πx)Un confronto tra la soluzione numerica e quella analitica è data nella seguente tabella:24


x u/q u n /q0.00 0.00 0.000.25 0.09375 0.091220.50 0.125 0.129010.75 0.09375 0.091221.00 0.00 0.00Esempio 3.15. Sia:u n (x) =n∑a i sin(2πix)i=1In questo caso risulta a 1 = a 2 = . . . = a n = 0. In realtà lo spazio V h generato dalle funzioni<strong>di</strong> base φ i (x) = sin(2πix) non contiene la soluzione analitica <strong>del</strong> problema, e quin<strong>di</strong> lo schemacalcola la soluzione identicamente nulla.3.5 Estensione al caso multi<strong>di</strong>mensionaleConsideriamo ora l’equazione <strong>di</strong> Poisson nel caso d-<strong>di</strong>mensionale, con d = 2 o 3:Problema 3.16 (<strong>di</strong>fferenziale).Trovare u(x) che sod<strong>di</strong>sfa al problema al contorno:−∆u = f(x), x ∈ Ω ⊂ R d (18)u(x) = 0 x ∈ Γ,dove Ω ⊂ R d è un dominio limitato <strong>di</strong> R d = {x = [x 1 , x 2 , . . . , x d ], x i ∈ R} avente contornoΓ = ∂Ω, assunto sufficientemente liscio, e ∆ è l’o<strong>per</strong>atore Laplaciano definito da:∆ = <strong>di</strong>v∇ =d∑∂ 2∂x 2 i=1 i.Lo strumento principale che utilizzeremo in questo paragrafo è la formula (o lemma) <strong>di</strong> Green,ovvero il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> integrazione <strong>per</strong> parti multi<strong>di</strong>mensionale. Per ricavare la formula <strong>di</strong>Green si parte dal teorema <strong>del</strong>la <strong>di</strong>vergenza (o <strong>di</strong> Gauss) che <strong>per</strong> una funzione vettoriale (dettoanche campo vettoriale) generica F ⃗ (x) ∈ Ω prende la forma:∫∫<strong>di</strong>vF ⃗ dx = ⃗F · ⃗n ds,ΩΓdove ⃗n è il vettore normale unitario esterno a Γ, dx denota la misura <strong>di</strong> volume su Ω (in R d ) eds la misura <strong>di</strong> su<strong>per</strong>ficie su Γ (in R d−1 ), e ⃗ F ·⃗n in<strong>di</strong>ca il prodotto scalare tra due vettori <strong>di</strong> R d .25


Applichiamo il teorema <strong>di</strong> Gauss ad un campo vettoriale opportuno, F ⃗ = v⃗q, dato dal prodotto<strong>di</strong> un campo vettoriale ⃗q(x) <strong>per</strong> una funzione v(x). Utilizzando la regola <strong>di</strong> derivazione <strong>del</strong>prodotto dopo aver sviluppato componente <strong>per</strong> componente il prodotto scalare, si ottiene:∫∫∫∇v · ⃗q dx = v ⃗q · ⃗n ds − v <strong>di</strong>v⃗q dx.ΩΓΩNel caso particolare in cui ⃗q = ∇w, si ottiene la prima identità <strong>di</strong> Green:∫∫∫∇v · ∇w dx = v ∇w · ⃗n ds − v ∆w dx,ΩΓΩche intuitivamente può essere pensata come una formula <strong>di</strong> integrazione <strong>per</strong> parti in dominimulti<strong>di</strong>mensionali, notando che v è una primitiva <strong>di</strong> ∇v, e ∆w = <strong>di</strong>v∇w è la derivata <strong>di</strong> ∇w.La formulazione variazionale <strong>per</strong> il problema (18) si scrive nel modo seguente:Problema 3.17 (variazionale).Trovare u ∈ V tale che:dove:a (u, v) = (f, v) ∀v ∈ V, (19)a (u, v) =(f, v) =V =∫∇u · ∇v dx∫Ωf v dxΩ{v(x) : v è continua in Ω, ∂v}sono continue in Ω ∀i, e v(x) = 0 <strong>per</strong> x ∈ Γ .∂x iPer vedere come tale formulazione variazionale segue dal problema <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> partenza,moltiplichiamo la (18) <strong>per</strong> una funzione test arbitraria v(x) ∈ V e integriamo su Ω. Usando laformula <strong>di</strong> Green si ottiene:∫∫∫(f, v) = − ∆u dx = − v∇u · ⃗n; ds + ∇u · ∇v dx = a (u, v) ,ΩΓdove l’integrale al bordo è nullo <strong>per</strong>chè v(x) = 0 <strong>per</strong> x ∈ Γ. In modo <strong>del</strong> tutto analogo al casomono-<strong>di</strong>mensionale, si vede che:Ω• la soluzione <strong>del</strong> problema variazionale è soluzione <strong>del</strong> problema <strong>di</strong>fferenziale se si assumeche u(x) sia sufficientemente regolare;• il problema variazionale è equivalente al seguente problema <strong>di</strong> minimizzazione:26


N mT kNjN iFigura 5: Un esempio <strong>di</strong> una triangolazione ammissibile <strong>di</strong> un dominio Ω. Il contorno Γ = ∂Ωè evidenziato con la linea più spessa.Problema 3.18 (<strong>di</strong> minimizzazione).Trovare u ∈ V tale che:dove:F (u) ≤ F (v) ∀v ∈ V, (20)F (v) = 1 a (u, v) − (f, v) .2Bisogna ora definire opportunamente le funzioni <strong>di</strong> base, e <strong>per</strong> fare ciò bisogna prima costruirela griglia computazionale, cioè un opportuno partizionamento <strong>del</strong> dominio Ω. Nel casobi-<strong>di</strong>mensionale (i.e., d = 2, Ω ⊂ R 2 ) possiamo procedere definendo una triangolazione chepartiziona Ω in un insieme T h <strong>di</strong> triangoli T k con le seguenti proprietà:• T h è formata da n no<strong>di</strong> (i vertici dei triangoli, in<strong>di</strong>cati con il simbolo N i , i = 1, . . . , n, cheè sostanzialmente il vettore <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate <strong>del</strong>l’i-esimo nodo) e m triangoli (in<strong>di</strong>cati conT k , k = 1, . . . , m);• Ω = ⋃ T k ∈T hT k = T 1 ∪ T 2 . . . ∪ T m ;• T i ∩ T j = e ij , i ≠ j, dove e ij in<strong>di</strong>ca il lato in comune ai triangoli T i e T j ;• nessun vertice <strong>di</strong> nessun triangolo giace all’interno <strong>di</strong> un lato;27


φ j(x)N jFigura 6: Funzione <strong>di</strong> base lineare φ j (x) ∈ V h .• i triangoli <strong>di</strong> “bordo o <strong>di</strong> contorno” hanno almeno un vertice nel contorno Γ = ∂Ω.Un esempio <strong>di</strong> triangolazione ammissibile è riportato in Figura 5. Si noti come <strong>per</strong>chè le stimeteoriche <strong>di</strong> convergenza siano efficaci, bisogna che la geometria <strong>del</strong> contorno non vari al variare<strong>del</strong>la mesh. Per questo motivo si è <strong>di</strong>segnato un dominio con un contorno formato da unaspezzata (lineare a tratti).Si introduce ora il parametro <strong>di</strong> mesh h definito da:h = maxT i ∈T h<strong>di</strong>am (T i ), (21)dove il <strong>di</strong>ametro <strong>del</strong> triangolo T i in<strong>di</strong>cato con <strong>di</strong>am (T i ) è il lato <strong>di</strong> lunghezza massima <strong>di</strong> T i .Lo spazio <strong>di</strong> funzioni finito-<strong>di</strong>mensionale V h è quin<strong>di</strong> definito da:V h = {v(x) : v è continua in Ω, v| Ti è lineare su ciascun T i ∈ T h , v(x) = 0 <strong>per</strong> x ∈ Γ} .dove v| Ti è la restrizione <strong>del</strong>la funzione test v(x) al triangolo T 4 i . Si noti che V h ⊂ V . Per usarel’interpolazione lagrangiana consideriamo come punti <strong>di</strong> appoggio i no<strong>di</strong> N i <strong>del</strong>la triangolazioneescludendo quelli <strong>di</strong> contorno dove v(x) = 0. Le funzioni <strong>di</strong> base φ i (x), i = 1, . . . , n sono quin<strong>di</strong>definite dalle seguenti con<strong>di</strong>zioni:φ i (x j ) ={ 1, se i = j,0, se i ≠ j.i, j = 1, . . . , nEsse sono funzioni piramidali, come mostrato in Figura 6, che hanno come supporto tutti glielementi che hanno il nodo j in comune. La generica funzione v ∈ V h può essere rappresentata4 La restrizione a T i <strong>di</strong> v(x) è una funzione definita in T i e coincidente con v(x) in T i28


nel seguente modo:v(x) =n∑η j φ j (x), η j = v(x j ),j=1e infine si può scrivere il problema agli elementi finiti alla Galerkin come:Problema 3.19 (metodo <strong>di</strong> Galerkin).Trovare u h ∈ V h tale che:a (u h , v) = (f, v) ∀v ∈ V h . (22)Sostituendo ora l’espansione in termini <strong>del</strong>le funzioni <strong>di</strong> base (esattamente come fatto nella (9)nel caso 1D) si trova il seguente sistema lineare:n∑a (φ i , φ j ) u j = (f, φ i ) i = 1, . . . , n, (23)j=1che fornisce il sistema lineare degli elementi finiti, che in forma matriciale può essere scritto <strong>di</strong>nuovo come:Au = bdove ora la matrice <strong>di</strong> rigidezza, il vettore <strong>del</strong>le incognite e il vettore termini noti sono dati da:∫A [n×n] = {a ij } a ij = a (φ i , φ j ) = ∇φ i · ∇φ j dΩ (24)Ω∫u [n×1] = {u i }, b [n×1] = {b i } b i = (f, φ i ) = fφ i dΩ. (25)Notiamo che l’espressione <strong>del</strong> prodotto scalare ora coinvolge un integrale multi<strong>di</strong>mensionaledefinito sul dominio Ω. Procedendo in modo <strong>del</strong> tutto analogo al caso 1D, si <strong>di</strong>mostra che lamatrice A è simmetrica, sparsa e definita positiva.Nel caso <strong>di</strong> dominio quadrato <strong>di</strong>scretizzato con triangoli rettangoli aventi i cateti <strong>di</strong> lunghezzah, come mostrato in Figura 7, la matrice <strong>di</strong>venta penta-<strong>di</strong>agonale, e il sistema assumela seguente forma:⎡⎢⎣4 −1 0 0 0 −1 . . . . . . . . . 0−1 4 −1 0 0 0 −1 . . . . . . 0. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . −1 . . . −1 4 −1 . . . −1 . . . 0. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .0 . . . . . . . . . −1 . . . 0 −1 4 −10 . . . . . . . . . −1 0 0 0 −1 429Ω⎤⎡⎢⎥ ⎣⎦⎤u 1u 2 ..⎥. ⎦u n⎡=⎢⎣⎤b 1b 2 ..⎥. ⎦b n,


510152025zxhj=2i=1hm=3437538968416151414131312112321192419221820312927323028242321729121017181725262216111621dove, nel caso f = cost, si ha:b i = fh 2Figura 7: Triangolazione regolare su dominio quadrato.Si riconosce che la matrice <strong>di</strong> rigidezza coincide con la matrice <strong>di</strong> rigidezza <strong>del</strong> metodo alle<strong>di</strong>fferenze finite (FD) <strong>del</strong> secondo or<strong>di</strong>ne (il cosiddetto “stencil a 5 punti”) [1], mentre con facilicalcoli si vede che il termine noto è <strong>di</strong>verso da quello calcolato da FD.Osservazione 3.20. Si noti che la costruzione <strong>del</strong>la matrice <strong>di</strong> rigidezza può procedere secondoun proce<strong>di</strong>mento che calcola la matrice <strong>di</strong> rigidezza locale <strong>di</strong> ciascun triangolo e poi assemblai <strong>di</strong>versi contributi nella matrice <strong>di</strong> rigidezza globale. Tale procedura, chiamata assemblaggio,comune a tutti gli schemi agli elementi finiti, <strong>per</strong>mette <strong>di</strong> calcolare le quantità necessarieelemento <strong>per</strong> elemento, e ciò rende il calcolo <strong>del</strong>la matrice A particolarmente efficiente e flessibilesoprattutto in presenza <strong>di</strong> domini irregolari ed eterogeneità spaziali nei coefficienti <strong>del</strong>laequazione alle derivate parziali da <strong>di</strong>scretizzare. Un altro vantaggio considerevole <strong>di</strong> questaprocedura è quello <strong>di</strong> rendere facilmente gestibile raffinamenti localizzati <strong>del</strong>la griglia. Talchèè possibile immaginare <strong>di</strong> costruire una griglia computazionale in cui il passo h j <strong>del</strong>la mesh<strong>di</strong>venta via via più piccolo in corrispondenza a zone <strong>del</strong> dominio in cui si prevede <strong>di</strong> avere unaderivata seconda <strong>del</strong>la soluzione analitica particolarmente grande (ad esempio vicino a sorgentipuntuali). E ciò <strong>per</strong> rendere l’errore <strong>del</strong> metodo il più possibile uniforme spazialmente, utilizzandoformule analoghe alla (17) estese al caso multi<strong>di</strong>mensionale. Le griglie triangolari sonoparticolarmente adatte a questo scopo.3.5.1 Convergenza <strong>del</strong> metodo FEM nel caso multi<strong>di</strong>mensionaleGli argomenti riportati nella sezione 3.4.1 possono essere estesi al caso multi<strong>di</strong>mensionale concomplicazioni tecniche che esulano dallo scopo <strong>di</strong> queste note. In particolare, è possibile <strong>di</strong>-30


mostrare, analogamente al caso 1D, che u h ∈ V h è la miglior approssimazione <strong>del</strong>la soluzioneesatta nel senso che:‖∇u − ∇u h ‖ ≤ ‖∇u − ∇v‖ ∀v ∈ V h ,dove la norma è definita qui con:(∫) 1‖∇v‖ = a (v, v) 1 2 = u + |∇u| 2 2dΩ ,Ωche <strong>di</strong>mostra la proprietà <strong>di</strong> ottimalità <strong>del</strong>la soluzione <strong>di</strong> Galerkin u h rispetto alla norma usata.Procedendo come prima, possiamo usare le interpolazioni lagrangiane a tratti e usare lestime <strong>del</strong>l’errore <strong>di</strong> interpolazione <strong>per</strong> ottenere:‖∇u − ∇ũ h ‖ ≤ Ch.Infine, con dettagli tecnici non trascurabili, è possibile <strong>di</strong>mostrare che:(∫) 1‖u − u h ‖ = (u − u h ) 2 2dΩ ≤ Ch 2 ,Ωche è l’equivalente <strong>del</strong>la (17) <strong>del</strong> caso 1D. Qui <strong>di</strong> deve assumere <strong>per</strong>ò la “regolarità” <strong>del</strong>latriangolazione al tendere a zero <strong>del</strong> parametro <strong>di</strong> mesh h dato in (21). Più precisamente, sideve richiedere che ogni triangolo non tende a degenerare con il raffinamento progressivo, cioènessun angolo <strong>di</strong> nessun triangolo tende a zero <strong>per</strong> h → 0.3.5.2 Sulla convergenza e spazi funzionali (spazi <strong>di</strong> Hilbert)In questa sezione si riporta una breve e incompleta descrizione degli spazi funzionali <strong>di</strong> interesse<strong>per</strong> lo stu<strong>di</strong>o <strong>del</strong> metodo agli elementi finiti. Per prima cosa notiamo che, in analogia conl’algebra lineare, dato uno spazio lineare V (Ω), l’o<strong>per</strong>atore a (·, ·) definisce una forma bilinearein V × V . Infatti, le seguenti proprietà sono imme<strong>di</strong>atamente verificate:a : V × V → R,a (u, v) = a (v, u) ,a (αu + βv, w) = αa (u, w) + βa (v, w) ,a (u, αv + βw) = αa (u, v) + βa (u, w) .La forma bilineare a (·, ·) definisce un prodotto scalare su V (Ω) se:a (v, v) > 0 ∀v ∈ V, v ≠ 0.La norma associata con tale prodotto scalare <strong>di</strong>venta:‖v‖ V= (a (v, v)) 1 2 .31


Il prodotto scalare sod<strong>di</strong>sfa la <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Cauchy-Schwartz:|a (u, v) | ≤ ‖u‖ V‖v‖ V.Uno spazio lineare V dotato <strong>di</strong> prodotto scalare e norma corrispondente è detto spazio <strong>di</strong> Hilbertse è completo, cioè se ogni successione <strong>di</strong> Cauchy 5 converge rispetto a ‖·‖ V.Per esempio, lo spazio <strong>del</strong>le funzioni <strong>di</strong> quadrato sommabile nell’intervallo I = [a, b]:{∫ b}L 2 (I) = v(x) : I → R tali che v 2 dx < ∞è uno spazio <strong>di</strong> Hilbert e può essere dotato <strong>del</strong> prodotto scalare:(u, v) =∫ bau(x)v(x) dxcon norma corrispondente data da:‖u‖ L2 (I) = ‖u‖ 2 = (∫ baa) 1[u(x)] 2 2dx.Osservazione 3.21. In riferimento all’Osservazione 3.11, si noti che lo spazio L 2 è propriol’insieme <strong>di</strong> tutte le funzioni a quadrato sommabile menzionate in tale osservazione.Esempio 3.22. La funzione v(x) = x −α , x ∈ I = [0, 1], appartiene a L 2 (I) solo <strong>per</strong> valori <strong>di</strong>α < 1/2.Introduciamo ora lo spazio naturale che contiene la soluzione dei nostri problemi <strong>di</strong>fferenzialiellittici: lo spazio <strong>di</strong> Hilbert H 1 (I) = {v : v e v ′ appartengono a L 2 (I)}. Il prodotto scalare èdato da:∫ b(u, v) H 1 (I) = [u(x)v(x) + u ′ (x)v ′ (x)] dxe norma data da:a(∫ b‖u‖ H 1 (I) = [u(x) 2 + u ′ (x) 2] dx) 1 2aSi noti che lo spazio V definito nel paragrafo 3.2 è uno spazio <strong>di</strong> Hilbert opportuno, ed è <strong>di</strong>solito in<strong>di</strong>cato con:V (I) = H 1 0(I) = {v(x) : R → R tali che v(x) ∈ L 2 (I), v ′ (x) ∈ L 2 (I) e v(0) = v(1) = 0}5 Una successione <strong>di</strong> funzioni v i ∈ V è detta <strong>di</strong> Cauchy se esiste ɛ > 0 tale che ‖v i = v j ‖ V< ɛ <strong>per</strong> i e jsufficientemente gran<strong>di</strong>. Si <strong>di</strong>ce che v i converge a v se ‖v − v i ‖ V→ 0 <strong>per</strong> i → ∞.32


Si noti che il pe<strong>di</strong>ce 0 nel simbolo <strong>del</strong>lo spazio <strong>di</strong> Hilbert viene usato <strong>per</strong> denotare il fatto che lefunzioni sono nulle al bordo <strong>del</strong> dominio. L’apice 1 viene usato <strong>per</strong> denotare l’or<strong>di</strong>ne massimo<strong>del</strong>le derivate che sono <strong>di</strong> quadrato sommabile (in questo caso le derivate prime).Tutte queste nozioni sono facilmente esten<strong>di</strong>bili al caso multi<strong>di</strong>mensionale. Gli spazi sopradefiniti <strong>per</strong> funzioni definite su un dominio limitato Ω ∈ R d con contorno Γ = ∂Ωsufficientemente liscio, sono dati da:{∫L 2 (Ω) = v(x) : R d → R tali cheH 1 (Ω) =Ω}v(x) 2 < ∞{v(x) : R d → R tali che v(x) ∈ L 2 (Ω) e ∂v(x)∂x icon i seguenti prodotti scalari (e conseguenti norme):(u, v) L 2 (Ω) = ∫(u, v) H 1 (Ω) = ∫Si definisce poi:ΩΩ}∈ L 2 (Ω) <strong>per</strong> i = 1, . . . , duv dx ‖u‖ L 2 (Ω) = (∫[uv + ∇u · ∇v] dx ‖u‖ H 1 (Ω) = (∫H 1 0(Ω) = {v(x) ∈ H 1 (Ω) tali che v(x) = 0 ∈ Γ}.ΩΩ) 1u 2 2dx[u 2 + |∇u| 2] dxcon lo stesso prodotto scalare e la stessa norma definita <strong>per</strong> H 1 (Ω). Si noti che lo spazio <strong>di</strong>funzioni V (Ω) = H 1 0(Ω)Ottimalità <strong>del</strong>la soluzione al problema variazionale. Per apprezzare meglio l’ottimalità<strong>del</strong>la soluzione u h <strong>di</strong>chiarata in precedenza, pren<strong>di</strong>amo un caso particolare. Applichiamo ilmetodo <strong>di</strong> Galerkin alla seguente equazione:) 12−∆u + u = fu = 0x ∈ Ωx ∈ Γ = ∂ΩIl problema <strong>di</strong> variazionale <strong>di</strong>venta:Problema 3.23. Problema variazionale Trovare u ∈ H 1 0(Ω) tale che:a (u, v) V= 〈f, v〉 ∀v ∈ H 1 0(Ω) (26)dove∫a (u, v) V= [∇u · ∇v + uv] dxΩ33


Il corrispondente problema agli elementi finiti <strong>di</strong>venta dunque:Problema 3.24. Problema FEM Trovare u h ∈ V h (Ω) ⊂ H 1 0(Ω) tale che:a (u h , v) V= 〈f, v〉 ∀v ∈ V h (Ω). (27)Sottraendo (27) da (26), si ottiene l’equazione che mostra la consistenza forte <strong>del</strong>lo schema, ecioè:a (u − u h , v) V= 0∀v ∈ V h (Ω)che sancisce l’ortogonalità <strong>del</strong>la funzione errore a tutte le funzioni <strong>di</strong> V h (Ω) rispetto al prodottoscalare a (·, ·) V. Questo equivale a <strong>di</strong>re che u h è la proiezione ortogonale <strong>di</strong> u su V h (Ω) rispettoal prodotto scalare a (·, ·). In altre parole, notando che il prodotto scalare è proprio quello <strong>di</strong>H 1 (Ω), u h è caratterizzato da un norma H 1 minima in confronto con qualsiasi altra funzione<strong>di</strong> V h (Ω), e cioè:‖u − u h ‖ H 1 (Ω) ≤ ‖u − v‖ H 1 (Ω)∀v ∈ V h (Ω)D’ora in avanti si ometteranno i pe<strong>di</strong>ci nei simboli <strong>di</strong> norma o prodotto scalare quando lo spazio<strong>di</strong> definizione è dettato dal contesto.3.6 Problema <strong>di</strong> Neumann: con<strong>di</strong>zioni al contorno naturali e essenzialiSi consideri ora il seguente problema al contorno:−∆u + u = f in Ω,∇u · ⃗n = gin Γ = ∂Ω.Moltiplicando la prima equazione <strong>per</strong> una funzione test v ∈ V , e integrando sul dominio, siottiene:∫∫(∆uv − uv) dΩ = fv dΩ. (29)ΩΩApplicando il lemma <strong>di</strong> Green al primo termine nell’integrale <strong>del</strong> primo membro, si ottiene:∫ ∫∫∫uv dΩ − ∇u · ⃗nv dΓ + ∇u · ∇v dΩ = fv dΩ,ΩΓΩdove ancora Γ = ∂Ω è la frontiera <strong>di</strong> Ω. Notiamo che il primo termine <strong>del</strong>l’equazione precedentecontiene esattamente il termine <strong>di</strong> Neumann sul bordo: ∇u · ⃗n. Nel caso <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni alcontorno <strong>di</strong> Dirichlet omogenee, avevamo richiesto che la funzione v fosse nulla al bordo conla conseguenza che l’integrale su Γ era nullo. In questo caso, invece, dobbiamo richiedere chele funzioni test siano <strong>di</strong>verse da zero al bordo. Infatti, possiamo dare la seguente formulazionevariazionale:34Ω(28)


Problema 3.25 (variazionale).Trovare u ∈ V tale che:dove:a (u, v) = (f, v) + 〈g, v〉 ∀v ∈ V, (30)a (u, v) =(f, v) =〈g, v〉 =V =∫(∇u · ∇v + uv) dx∫Ωf v dx∫Ωg v dxΓ{v(x) : v è continua in Ω, ∂v}sono continue in Ω ∀i ,∂x iche si può <strong>di</strong>mostrare essere equivalente al seguente problema <strong>di</strong> minimizzazione:Problema 3.26 (minimizzazione).Trovare u ∈ V tale che:dove:F (u) ≤ F (v) ∀v ∈ V (31)F (v) = 1 a (v, v) − (f, v) − 〈g, v〉 .2Si noti che, assumendo la u sufficientemente regolare, e applicando all’in<strong>di</strong>etro il lemma <strong>di</strong>Green alla (30), si ottiene∫∫(−∆u + u − f) v dΩ + (∇u · ⃗n − g) v dΓ = 0 ∀v ∈ V. (32)ΩΓSi noti chele funzioni v ∈ V sono non nulle al contorno, <strong>per</strong> cui possiamo imporre le seguentidue con<strong>di</strong>zioni:∫(−∆u + u − f) v dΩ = 0 ∀v ∈ V,e∫ΩΓ(∇u · ⃗n − g) v dΓ = 0 ∀v ∈ V.Variando v nello spazio V (dove v non si annulla in Γ), si ottiene applicando il lemma 3.5:−∆u + u − f = 0 in Ω,35


e∇u · ⃗n − g = 0 in Γ;che ci <strong>di</strong>ce che le con<strong>di</strong>zioni al contorno <strong>del</strong> problema originale sono sod<strong>di</strong>sfatte.Osservazione 3.27. Le con<strong>di</strong>zioni al contorno <strong>di</strong> Neumann non appaiono esplicitamente nellaformulazione variazionale, che si <strong>di</strong>fferenzia dal caso <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni al contorno <strong>di</strong> Dirichlet solodal fatto che le funzioni test non sono più nulle al bordo. Possiamo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>re che le con<strong>di</strong>zioni<strong>di</strong> Dirichlet vanno imposte esplicitamente (richiedendo appunto l’annullarsi <strong>del</strong>le funzioni testal bordo <strong>di</strong> Dirichlet), mentre le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Neumann sono “naturali” nella formulazionevariazionale. Si noti che se fosse g = 0 (flusso nullo al contorno), il termine 〈g, v〉 sparirebbe:se non si impone esplicitamente alcuna con<strong>di</strong>zione al bordo nella formulazione variazionale,si assume implicitamente con<strong>di</strong>zioni al bordo <strong>di</strong> Neumann nulle. E’ facile ora ricavare unaformulazione variazionale <strong>per</strong> un problema misto in cui si impongano con<strong>di</strong>zioni al contorno <strong>di</strong>Dirichlet in una porzione <strong>del</strong>la frontiera, e con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Neumann nella porzione complementare.Siamo ora in grado <strong>di</strong> scrivere la seguente formulazione agli elementi finiti:Problema 3.28 (Galerkin).Trovare u h ∈ V h tale che:dove:a (u h , v) = (f, v) + 〈g, v〉 ∀v ∈ V h , (33)a (u , v) =(f, v) =〈g, v〉 =∫∫∫ΩΩΓ(∇u h · ∇v + u h v) dxf v dxg v dxV h = {v(x) : v è continua in Ω, v| Tk è lineare ∀T k ∈ T h } .Osservazione 3.29. La formulazione pratica procede quin<strong>di</strong> come nel caso <strong>del</strong> problema <strong>di</strong>Dirichlet omogeneo. Si noti ancora che le con<strong>di</strong>zioni al contorno <strong>di</strong> Dirichlet, essendo imposteesplicitamente, sono sod<strong>di</strong>sfatte in maniera “forte”, mentre quelle <strong>di</strong> Neumann, essendo impostein modo variazionale, sono sod<strong>di</strong>sfatte in maniera “debole”. Questo si osserva nella praticaquando si vanno a s<strong>per</strong>imentare le convergenze teoriche, dove si vede che l’errore puntuale neino<strong>di</strong> <strong>di</strong> Dirichlet è praticamente nullo (inferiore o uguale alla tolleranza usata <strong>per</strong> la soluzione<strong>del</strong> sistema lineare), mentre l’errore sulla soluzione nei no<strong>di</strong> <strong>di</strong> Neumann tende a zero come h 2(si veda la (17)).36


Osservazione 3.30. Nella pratica l’imposizione <strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni al contorno <strong>di</strong> Dirichlet nonomogenee avviene <strong>di</strong>rettamente nella matrice <strong>del</strong> sistema lineare. Si procede nel modo seguente.Supponiamo che il nodo i-esimo sia contenuto nel contorno <strong>di</strong> Dirichlet. Si procede allora allacostruzione <strong>del</strong>la i-esima riga <strong>del</strong> sistema lineare senza tenere in considerazione il fatto che essacorrisponde ad un nodo <strong>di</strong> Dirichlet. Una volta costruita tutta la matrice <strong>di</strong> rigidezza, si impone<strong>di</strong>rettamente sul nodo i-esimo che u i sia uguale esattamente al valore imposto, chiamiamolo ū i .Questo si può ottenere in due mo<strong>di</strong>.I modo. Si azzerano tutti gli elementi extra <strong>di</strong>agonali <strong>del</strong>la i-esima riga <strong>del</strong>la matrice, e siimpone pari a uno l’elemento <strong>di</strong>agonale e pari al valore imposto il corrispondente elemento <strong>del</strong>termine noto. Facendo così, si sostituisce alla i-esima equazione l’equazione:u i = ū i<strong>per</strong>ò contemporaneamente la matrice <strong>di</strong> rigidezza non è più simmetrica, e va opportunamentecambiata <strong>per</strong> mantenere la simmetria.II modo, detto <strong>di</strong> “penalty”. Si sostituisce al termine <strong>di</strong>agonale <strong>del</strong>la i-esima riga unvalore molto elevato λ e si impone il corrispondente elemento <strong>del</strong> vettore termini noti pari aλū i . In questo modo si ottiene la seguente equazione i-esima:∑i−1a ik u k + λu i +k=1n∑k=i+1a ik u k = λū i .A primo membro, <strong>per</strong>ò, tutti i termini extra <strong>di</strong>agonali (rappresentati dalle due sommatorie)sono effettivamente trascurabili rispetto al termine <strong>di</strong>agonale s λ è sufficientemente grande.Quin<strong>di</strong> l’equazione precedente corrisponde in pratica a:λu i = λū i ,che evidentemente impone in maniera corretta la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Dirichlet. Un valore utilizzabile<strong>per</strong> λ è ad esempio λ = 10 40 .3.7 Tipologia <strong>di</strong> Elementi finitiFinora abbiamo visto esclusivamente elementi finiti che ammettono funzioni <strong>di</strong> base lineari(e.g. triangoli in R 2 ). E’ intuitivo pensare che si possano definire su elementi <strong>di</strong> questa formafunzioni <strong>di</strong> base polinomiali a tratti con grado più elevato. Per esempio, è imme<strong>di</strong>ato definirein 1-D funzioni <strong>di</strong> base quadratiche: ogni elemento finito sarà formato da 3 no<strong>di</strong>, necessari <strong>per</strong>valutare le tre costanti che formano una parabola utilizzando la proprietà <strong>di</strong> interpolazione <strong>del</strong>lefunzioni <strong>di</strong> base (Vedasi Fig. 8. Evidentemente, un elemeno finito quadratico su un triangolo è37


φ j (x)xj−1x j+1x jk−esimo elementoFigura 8: Funzioni <strong>di</strong> base <strong>per</strong> elementi finiti quadratici in 1D (a sinistra) e in 2D (a destra)definito da 6 no<strong>di</strong> dove imporre le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> interpolazione <strong>per</strong> poter definire i 6 coefficientiche definiscono una parabola in R 2 .Questa definitione basata su triangolazioni <strong>del</strong> dominio garantisce naturalmente (cioè senzatrasformazioni particolari <strong>del</strong>l’elemento) la continuità <strong>del</strong>la rappresentazione <strong>del</strong>la soluzione,cioè <strong>di</strong> u h ai bor<strong>di</strong> degli elementi, e quin<strong>di</strong> in tutto Ω. Ciò non è <strong>per</strong>ò più vero nel caso si usinoforme gemoetriche degli elementi <strong>di</strong>verse dai simplessi (sottointervalli, triangoli, tetraedri). Perrisolvere questo problema si introduce quin<strong>di</strong> una trasformazione <strong>di</strong> ciascun elemento ai fini solo<strong>del</strong>la determinazione <strong>del</strong>le funzioni <strong>di</strong> interpolazione <strong>del</strong>la soluzione e da usarsi essenzialmente<strong>per</strong> il calcolo degli integrali (24).3.7.1 Elementi isoparametriciPren<strong>di</strong>amo in considerazione l’esempio semplificato <strong>di</strong> elementi finiti <strong>di</strong> forma quadrata, comel’esempio <strong>di</strong> Figura 9, dove sono rappresentati due elementi a<strong>di</strong>acenti. In questo caso, lacontinuità <strong>di</strong> u h è assicurata se pren<strong>di</strong>amo <strong>del</strong>le funzioni <strong>di</strong> base cosidette bilineari, e cioèlineari separatamente in x ed in y. La loro espressione può genericamente essere scritta come:φ i (x, y) = (a i + b i x)(c i + d i y)Infatti, è facile vedere che al bordo degli elementi, <strong>per</strong> esempio <strong>per</strong> x = 1, la rappresentazione<strong>del</strong>la funzione <strong>di</strong> base <strong>di</strong>pende solo da y ed è lineare, <strong>per</strong> cui i due no<strong>di</strong> <strong>del</strong> lato in comunesono sufficienti a determinarne i coefficienti, e analogamente <strong>per</strong> gli altri bor<strong>di</strong>. I coefficientida determinare <strong>per</strong> ciascun elemento sono 4, e 4 sono i no<strong>di</strong> su cui imporre la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>interpolazione, quin<strong>di</strong> il loro calcolo è imme<strong>di</strong>ato. L’estensione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> questo proce<strong>di</strong>manto<strong>per</strong> funzioni <strong>di</strong> base formate da polinomi <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne su<strong>per</strong>iore al primo, ma sempre separatamentelungo x e lungo y, è imme<strong>di</strong>ata.Nel caso <strong>di</strong> elementi quadrangolari ma <strong>di</strong> forma non quadrata o non rettangolare, quin<strong>di</strong>con lati non allineati alle <strong>di</strong>rezioni coor<strong>di</strong>nate, la continuità <strong>del</strong>le funzioni <strong>di</strong> base bilineari non38


y1−112x−1Figura 9: Elemento quadrato con funzioni <strong>di</strong> forma bilineariη1y−11ξx−1Figura 10: Elemento quadrilatereo generico e il suo trasformato39


è più verificata. Un modo <strong>per</strong> ricavare funzioni <strong>di</strong> base continue al bordo è quello <strong>di</strong> trasformareogni elemento quadrilatero in un elemento quadrato <strong>di</strong> riferimento tramite un cambio locale <strong>di</strong>coor<strong>di</strong>nate (trasformazione conforme - Fig. 10). Sull’elemento <strong>di</strong> riferimento è possibile definirefunzioni <strong>di</strong> base bilinieare col proce<strong>di</strong>mento sopradescritto e quin<strong>di</strong> il calcolo degli integrali cheformano la (24).Ve<strong>di</strong>amo un esempio nel caso <strong>di</strong> funzioni <strong>di</strong> base bilineari, con riferimento alla figura 10. E’facilmente verificabile che la trasformazione (x, y) → (η, ξ) è:x = 1 4 [(1 − ξ)(1 − η)x i + (1 + ξ)(1 − η)x j + (1 + ξ)(1 + η)x m + (1 − ξ)(1 + η)x k ]y = 1 4 [(1 − ξ)(1 − η)y i + (1 + ξ)(1 − η)y j + (1 + ξ)(1 + η)y m + (1 − ξ)(1 + η)y k ] .Ricor<strong>di</strong>amo che si vogliono calcolare gli integrali <strong>di</strong> tipo (24). Per fare questo dobbiamo calcolarelo Jacobiano <strong>del</strong>la trasformazione:]J =[∂x∂ξ∂x∂η∂y∂ξ∂y∂η,e l’integrale <strong>del</strong>la generica funzione f(x, y) è calcolabile come:∫Ω e f(x, y)detJ dxdy =∫ 1 ∫ 1−1−1f(η, ξ)detJ dηdξ,che può essere calcolate numericamente ad esempio con le formule <strong>di</strong> Gauss a 4 punti, ricordandocomunque che <strong>per</strong> una funzione scalare f(x, y) si hanno le seguenti relazioni tra i gra<strong>di</strong>enti (equin<strong>di</strong> le derivate):∇ (ξ,η) f(x, y) = J∇f(x, y).3.8 Equazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione e trasportoSiamo ora in grado <strong>di</strong> affrontare un problema <strong>di</strong>fferenziale più complicato. Si consideri l’equazione(ellittica) <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione e trasporto seguente:( )−<strong>di</strong>v (D∇u) + <strong>di</strong>v ⃗βu = f in Ωu = 0in Γ DD∇u · ⃗n = g in Γ N ,dove D è il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione (scalare e strettamente positivo) e ⃗ β(x) è un campo vettoriale.Dal punto <strong>di</strong> vista applicativo, questa equazione rappresenta <strong>per</strong> esempio il trasporto <strong>di</strong>una sostanza <strong>di</strong>sciolta in un fluido che si muove con il campo <strong>di</strong> moto ⃗ β(x).(34)40


Proce<strong>di</strong>amo dunque allo sviluppo <strong>di</strong> una formulazione variazionale <strong>per</strong> questo problema.Moltiplicando <strong>per</strong> una funzione test e integrando sul dominio, si ottiene:∫∫∫− <strong>di</strong>vD∇u v dΩ + <strong>di</strong>v( βu)v ⃗ dΩ = f v dΩ.ΩΩApplicando ora il lemma <strong>di</strong> Green solo al primo termine <strong>del</strong> primo membro, si ottiene:∫∫∫∫− g f dΓ + D∇u · ∇v dΩ + <strong>di</strong>v( βu) ⃗ v dΩ = f v dΩ,Γ NΩda cui si può ricavare <strong>di</strong>rettamente il seguente metodo agli elementi finiti:Problema 3.31 (Galerkin).Trovare u h ∈ V h tale che:dove:ΩΩa (u h , v) = (f, v) + 〈g, v〉 ∀v ∈ V h , (35)a (u h , v) =(f, v) =〈g, v〉 =∫∫∫ΩΩΓ(D∇u h · ∇v + β ⃗ )· ∇u h )vf v dxg v dxV h = {v(x) : v è continua in Ω, v(x) = 0 in Γ D , v| Tk è lineare ∀T k ∈ T h ; } .Osservazione 3.32. Si vede imme<strong>di</strong>atamente che a (u, v) ≠ a (v, u), <strong>per</strong> cui questo metodo <strong>di</strong>Galerkin non ha un’equivalente <strong>di</strong> Ritz. In altre parole, non esiste in questo caso un metodo<strong>di</strong> minimizzazione, ma solo un metodo <strong>di</strong> ortogonalizzazione, cioè <strong>di</strong> Galerkin. Conseguenza<strong>di</strong> questo fatto è che il sistema lineare derivante dalla <strong>di</strong>scretizzazione agli elementi finiti saràsparso ma non simmetrico.Procedendo nel modo consueto, si arriva dunque al sistema lineare seguente:(A + B)u = c,dove A è la matrice simmetrica <strong>di</strong> rigidezza, e B rappresenta la matrice non simmetrica <strong>del</strong>trasporto, date da:∫A = {a ij } a ij = D∇φ j · ∇φ i dΩ∫Ω( )B = {b ij } b ij = <strong>di</strong>v ⃗βφi φ i dΩ∫Ωc = {c i } c i = f v dΩ +Ω∫g v dΓ N .Γ n41dxΩ


10.8(exp(0.001*x)-1)/(exp(0.001)-1)(exp(10*x)-1)/(exp(10)-1)(exp(100*x)-1)/(exp(100)-1)(exp(-10*x)-1)/(exp(-10)-1)(exp(-100*x)-1)/(exp(-100)-1)0.60.40.200 0.2 0.4 0.6 0.8 1Figura 11: Andamento <strong>del</strong>la soluzione <strong>del</strong> problema <strong>di</strong> trasporto (convezione-<strong>di</strong>ffusione) <strong>per</strong><strong>di</strong>versi valori <strong>del</strong> rapporto b/D (convezione/<strong>di</strong>ffusione).3.8.1 Caso mono<strong>di</strong>mensionaleConsideriamo il seguente problema mono<strong>di</strong>mensionale:−Du ′′ + bu ′ = 0, 0 < x < 1,u(0) = 0; u(1) = 1.(36)Ricaviamo la soluzione analitica <strong>di</strong> tale problema. L’equazione caratteristica è data da:−Dλ 2 + bλ = 0,che ha ra<strong>di</strong>ci pari a λ 1 = 0 e λ 2 = b/D, <strong>per</strong> cui la soluzione generale è data da:u(x) = c 1 e λ 1x + c 2 e λ 2x = c 1 + c 2 e bx/D .Imponendo le con<strong>di</strong>zioni al contorno si ottiene imme<strong>di</strong>atamente:u(x) = e b D x − 1e b D − 1 ,che è mostrata nel grafico <strong>di</strong> Figura 11 <strong>per</strong> <strong>di</strong>versi valori <strong>di</strong> b/D. Si vede che <strong>per</strong> valori bassi <strong>del</strong>rapporto b/D la soluzione è praticamente lineare, mentre <strong>per</strong> valori gran<strong>di</strong> la soluzione presentaun andamento esponenziale marcato, caratterizzato da zone <strong>del</strong> dominio dove si hanno gra<strong>di</strong>entispaziali elevati.42


Procedendo alla formulazione agli elementi finiti con funzioni test lineari, e ricordando chein un caso mono<strong>di</strong>mensionale con griglia regolare si ha equivalenza tra il metodo FEM e ilmetodo FD (si veda il paragrafo 3.4, si ricava la seguente equazione alle <strong>di</strong>fferenze <strong>per</strong> il nodoi-esimo:Dh (−u 2 i−1 + 2u i − u i+1 ) + b2h (u i+1 − u i−1 ) = 0. (37)Si nota che tale equazione corrisponde ad una <strong>di</strong>scretizzazione “centrata” alle <strong>di</strong>fferenze finitesia <strong>per</strong> la derivata seconda che <strong>per</strong> la derivata prima. Si veda a tal proposito l’Appen<strong>di</strong>ce A.Introducendo ora il numero <strong>di</strong> Péclet <strong>di</strong> griglia, un numero a<strong>di</strong>mensionale che in<strong>di</strong>ca ilrapporto tra i flussi convettivi e quelli <strong>di</strong>ffusivi, dato dal rapporto:Pe = |b|hD ,si arriva alla seguente equazione alle <strong>di</strong>fferenze (<strong>per</strong> b > 0):(Pe − 2)u i+1 + 4u i − (Pe + 2)u i−1 = 0 i = 1, . . . , n − 1. (38)Si può procedere alla soluzione analitica <strong>di</strong> tale equazione alle <strong>di</strong>fferenze imponendo una soluzione<strong>del</strong> tipo u i = λ i . Sostituendo si ottiene:(Pe − 2)λ 2 + 4λ − (Pe + 2) = 0,da cui si ricava:λ 1,2 = −2 ± √ 2 + Pe 2 − 2Pe − 2{ (2 + Pe)(2 − Pe),=1.La soluzione generale <strong>del</strong>la (38) è la combinazione lineare:u i = c 1 λ i 1 + c 2 λ i 2con le costanti che vanno ricavate dall’imposizione <strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni al contorno. Questo portaalla fine alla seguente soluzione <strong>del</strong>l’equazione alle <strong>di</strong>fferenze:( )1 − 2+Pe i2−Peu i = ( )1 − 2+Pe n i = 0, 1, . . . , n,2−Peche fornisce la soluzione <strong>del</strong> problema <strong>di</strong>scretizzato agli elementi finiti (o alle <strong>di</strong>fferenze finite)<strong>per</strong> ogni nodo <strong>del</strong>la griglia computazionale.Da questa equazione si vede imme<strong>di</strong>atamente che lo schema risulta oscillante nel caso Pe > 2,<strong>per</strong>chè in tal caso il numeratore <strong>di</strong>venta negativo, e ovviamente assume valori oscillanti a seconda43


10.8Soluzione numerica Pe=10Soluzione numerica Pe=1Soluzione analitica0.60.40.20-0.2-0.40 0.2 0.4 0.6 0.8 1Figura 12: Comportamento <strong>del</strong>lo schema alle <strong>di</strong>fferenze finite <strong>per</strong> la soluzione <strong>del</strong>l’equazione <strong>di</strong>convezione e <strong>di</strong>ffusione a confronto con la soluzione analitica nel caso <strong>di</strong> Pe = 0.5 e Pe = 2.che i sia pari o <strong>di</strong>spari. Tale comportamento è illustrato in Figura 12, dove si vede che <strong>per</strong>Pe > 2 si verificano oscillazioni, mentre <strong>per</strong> valori inferiori lo schema risulta stabile.Per cercare <strong>di</strong> correggere la situazione proviamo ad usare una <strong>di</strong>scretizzazione decentrata<strong>per</strong> la derivata prima. La nuova <strong>di</strong>scretizzazione <strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong>:Dh 2 (−u i−1 + 2u i − u i+1 ) + b h (u i+1 − u i ) = 0,dove il termine convettivo è ora <strong>di</strong>scretizzato con una <strong>di</strong>fferenza <strong>del</strong> prim’or<strong>di</strong>ne in avanti alposto <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza centrale <strong>del</strong> secondo or<strong>di</strong>ne usata in precedenza.Procedendo nello stesso modo <strong>di</strong> prima si arriva all’equazione alle <strong>di</strong>fferenze:(Pe − 1)u i+1 − (Pe − 2)u i − u i−1 = 0 i = 1, . . . , n − 1.La soluzione <strong>del</strong>l’equazione caratteristica corrispondente è:λ 1,2 = Pe − 2 ± √ (Pe − 2) 2 + 4(Pe − 1)2(Pe − 1){ (1)(1 − Pe),=1,che porta alla soluzione:u i =( ) i11 −(1−Pe) n i = 0, 1, . . . , n,11 −1−Pe44


che risulta instabile <strong>per</strong> Pe < 1. Se invece si usa la <strong>di</strong>fferenza decentrata all’in<strong>di</strong>etro (upwind),si ottiene:Dh 2 (−u i−1 + 2u i − u i+1 ) + b h (u i − u i−1 ) = 0,Rifacendo i conti si vede imme<strong>di</strong>atamente che la soluzione numerica non mostra oscillazioni <strong>per</strong>nessun valore <strong>di</strong> Pe ed è incon<strong>di</strong>zionatamente stabile. Con facili passaggi algebrici, l’equazionealle <strong>di</strong>fferenze precedente può essere scritta come:Dh 2 (−u i−1 + 2u i − u i+1 ) + b2h (u i+1 − u i−1 ) + bh 2 (−u i−1 + 2u i − u i+1h 2 ) = 0,da cui si evince che la formulazione “upwind” equivale alla formulazione centrata a cui si èaggiunta una “<strong>di</strong>ffusione numerica” pari a h/2. In questo caso, il nuovo numero <strong>di</strong> Péclet<strong>di</strong>venta:Pe =bhD + bh/2 ,che è sempre inferiore o uguale a 2 <strong>per</strong> qualsiasi valore <strong>di</strong> D e b(> 0). Per stabilizzare lo schema,si ricorre dunque all’aggiunta <strong>di</strong> un termine spurio (in pratica sto risolvendo una equazione<strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> partenza), che <strong>per</strong>ò tende a zero al tendere a zero <strong>del</strong> parametro <strong>di</strong> griglia,<strong>per</strong> cui la consistenza <strong>del</strong>lo schema è assicurata. Questo modo <strong>di</strong> procedere è un modo usatomolto spesso <strong>per</strong> stabilizzare schemi numerici. In questo caso, quello che si paga è la <strong>di</strong>minuitaaccuratezza <strong>del</strong>lo schema a griglia fissata, in questo caso evidenziata da una soluzione molto piùregolare <strong>di</strong> quella analitica, con un fronte più <strong>di</strong>ffuso. Il termine aggiuntivo, in effetti, equivalead aver risolto un’equazione con il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione pari a D = D + h/2.Nel caso degli elementi finiti si può pensare d procedere allo stesso modo, <strong>di</strong> aggiungere cioèal un termine <strong>di</strong>ffusivo opportunamente creato. Per fare questo, aggiungiamo alla nostra formabilineare un termine sempre bilineare proporzionale a:∫ ( ) ( )⃗β · ∇u ⃗β · ∇v dΩ,Ωche in pratica corrisponde ad un termine <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione numerica applicata solo lungo le linee <strong>di</strong>corrente, cioè solo lungo la <strong>di</strong>rezione <strong>del</strong> campo <strong>di</strong> moto ⃗ β(x). Il metodo agli elementi finiti,chiamato anche SD-FEM (Streamline Diffusion Finite Elements), <strong>di</strong>venta dunque:Problema 3.33 (Streamline Diffusion).Trovare u h ∈ V h tale che:a h (u h , v) = (f, v) ∀v ∈ V h , (39)45


dove:∫a h (u h , v) =[D∇u h · ∇v + ⃗ ( ) ( )]β · ∇u h v + τPe h ⃗β · ∇uh ⃗β · ∇v dx∫Ω(f, v) = f v dxΩV h = {v(x) : v è continua in Ω, v(x) = 0 in Γ D , v| Tk è lineare ∀T k ∈ T h ; } ,dove Pe h è il numero <strong>di</strong> Péclet <strong>di</strong> griglia definito elemento <strong>per</strong> elemento da:Pe h = |⃗ β k |h kD (k)con D (k) il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione ⃗ β k il vettore velocità ancora assunti costanti nell’elementoT k , ma potenzialmente variabili da elemento a elemento.Si riconosce imme<strong>di</strong>atamente che a h (·, ·) → a(·, ·) <strong>per</strong> h → 0, è il termine aggiuntivo <strong>di</strong><strong>di</strong>ffusione numerica introdotto lungo la <strong>di</strong>rezione ⃗ β <strong>del</strong>la velocità, e τ è un coefficiente che deveessere tarato caso <strong>per</strong> caso in maniera da ottenere uno schema in cui le oscillazioni numerichesiano minimizzate o annullate, senza contemporaneamente introdurre una quantità eccessiva<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione numerica. Le figure 13 e 14 riportano esempi esemplificativi dei tipici andamenti<strong>del</strong>la soluzione nei casi stabili e instabili.Si noti infine che esistono schemi molto più avanzati <strong>del</strong>lo schema Streamline Upwind, basatiessenzialmente nell’introduzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione numerica in minima quantità e solo quando e dovenecessario. Tali algoritmi non vengono trattati in queste note. Il lettore interessato può riferirsiai testi [2, 5, 3] e alle referenze citate in essi.AAppen<strong>di</strong>ce A: Discretizzazione alle <strong>di</strong>fferenze finite<strong>del</strong>l’equazione <strong>di</strong> convezione e <strong>di</strong>ffusione.Il metodo alle <strong>di</strong>fferenze finite <strong>per</strong> la <strong>di</strong>scretizzazione <strong>del</strong>l’equazione <strong>del</strong>la convezione e <strong>di</strong>ffusionenel caso mono<strong>di</strong>mensionale procede nel modo. Si consideri una <strong>di</strong>scretizzazione uniforme <strong>di</strong>passo h <strong>del</strong>l’intervallo [0, 1], <strong>per</strong> cui ciascun sotto intervallo è caratterizzato dai suoi estremiin<strong>di</strong>cati con x i e x i+1 = x i +h. Sia u i l’approssimazione numerica <strong>del</strong>la soluzione u(x) nel puntox i : u i ≈ u(x i ). Usando in maniera sistematica lo sviluppo in serie <strong>di</strong> Taylor <strong>di</strong> u i con passo hsi ottiene:u i+1 = u i + hu ′ i + h22 u′′ i + . . . (40)u i−1 = u i − hu ′ i + h22 u′′ i + . . . . (41)46


11.768Z−AxisZ−Axis10000Y−AxisZ11X−Axis0Y−AxisZ11X−Axis0Figura 13: Problema <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione e convezione risolto con Galerkin lineare (P1) senza stabilizzazione.Nel grafico a sinistra si mostra il caso con D = 0.1 mentre in quello a destra vi èil caso con D = 0.01. In ambedue i casi il vettore velocità è ⃗ β = (1, 3) T , talchè il numero <strong>di</strong>Péclet <strong>di</strong> griglia è costante e pari a Pe h = 1 e Pe h = 10 nei due casi.1.11411Z−AxisZ−Axis0000Y−AxisZ11X−Axis0Y−AxisZ11X−Axis0Figura 14: Problema <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione e convezione risolto con Galerkin lineare (P1) con stabilizzazioneSD nel caso D = 0.01 e ⃗ β = (1, 3) T (Pe h = 10). A sinistra si riporta il caso con τ = 0.01e a destra il caso con τ = 1.0. Si noti la <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> oscillazioni e l’aumento <strong>del</strong>la <strong>di</strong>ffusionenumerica.47


Sommando membro a membro le due equazioni, e trascurando i termini <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nesu<strong>per</strong>iore, si ottiene la seguente approssimazione <strong>del</strong>la derivata seconda nel nodo i-esimo:u ′′i ≈ −u i−1 + 2u i − u i+1h 2 ,mentre la derivata prima sempre nel punto x i può essere approssimata da:u ′ i ≈ u i+1 − u i−1,2hche si ottiene sottraendo le due espansioni <strong>di</strong> Taylor sopra riportate. Inserendo le due approssimazioninella equazione <strong>di</strong>fferenziale si ottiene la seguente equazione alle <strong>di</strong>fferenze:Dh (−u 2 i−1 + 2u i − u i+1 ) + b2h (u i+1 − u i−1 ) = 0,che può essere scritta <strong>per</strong> ogni nodo i <strong>del</strong>la griglia computazionale. Tale equazione, che coincidecon la (37), è caratterizzata dal secondo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> approssimazione (O(h 2 )).Per la derivata prima si può ricavare un’approssimazione in avanti o una all’in<strong>di</strong>etro esplicitandola (40) o la (41) in maniera opportuna, ottenendo la <strong>di</strong>scretizzazione “upwind” o“downwind”:Dh (−u 2 i−1 + 2u i − u i+1 ) + b2h (u i+1 − u i−1 ) = 0,Dh (−u 2 i−1 + 2u i − u i+1 ) + b2h (u i+1 − u i−1 ) = 0.BEquazioni parabolicheRiferimenti bibliografici[1] G. Gambolati. Lezioni <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> numerici <strong>per</strong> ingegneria e scienze applicate. Cortina,Padova, Italy, 2 e<strong>di</strong>tion, 2002. 619 pp.[2] R. Peyret and T. D. Taylor. Computational Methods for Fluid Flow. Springer-Verlag, NewYork, 1983.[3] A. Quarteroni. Matematica Numerica <strong>per</strong> Problemi Differenziali. Springer-Verlag Italia,Milano, 2003.[4] A. Quarteroni, R. Sacco, and F. Saleri. Matematica Numerica. Springer-Verlag Italia,Milano, 2008.[5] A. Quarteroni and A. Valli. Numerical Approximation of Partial Differential Equations,volume 23 of Springer Series in Computational Mathematics. Springer-Verlag, Berlin, 1994.48

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