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CONVIVERE NEL TEMPO DELLA PLURALITÀ XI ... - Centro COME

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Approssimarsi. Modi e sfide della quotidiana mescolanzaGraziella Favaro, <strong>Centro</strong> ComeI cambiamenti che attraversano da tempo le nostre città, gli episodi recenti di violenza, conflitto ediscriminazione, un clima sociale che sembra orientato sempre di più verso la distanza e la paura ciinterpellano e ci spingono a interrogarci sul “polso emotivo delle comunità”, a sondare le emozionie le passioni che accompagnano l’incontro e orientano la percezione reciproca, a misurare ladistanza tra i concetti (o preconcetti) e le pratiche quotidiane, tra riferimenti culturali che diventanocomportamenti e atteggiamenti, occasioni di scontro e di confronto.Nella storia, non più così breve, dell’immigrazione straniera in Italia, poca attenzione è statadedicata finora a osservare e accompagnare le trasformazioni in atto nelle città e negli spazi delvivere comune. Che cosa sta succedendo nelle comunità che accolgono chi viene da lontano, neiluoghi e nei servizi divenuti multiculturali, entro i quali avviene la faticosa, lenta – a voltesorprendente, a volte conflittuale – interazione quotidiana? Come si contemperano nei luoghi di vital’uguaglianza dei diritti e dei doveri e il riconoscimento delle differenze, dei riferimenti culturali,delle storie di ciascuno? Come si manifestano nello spazio e nei servizi di tutti i riferimenti a norme,valori, etiche differenti?Il paesaggio sociale e gli aggiustamenti quotidiani a seguito della caratterizzazione multiculturalenelle scuole, nell’infanzia, nelle case, nella cura, nel luogo di culto – testimoniano la natura giàprofondamente ibrida delle nostre città. Disegnano prospettive su una condizione futura che puòaffascinare alcuni, suscitare l’ansia di molti e il rigetto di altri, ma che comunque ci riguarda tutti. Èda queste storie di convivenza quotidiana, più che dalle storie di migrazione, che dobbiamo partireper interrogarci, riflettere, proporre un cammino condiviso di integrazione possibile e ragionevole.In questa direzione, il ruolo dei centri interculturali, che operano in regioni e città diverse puòrisultare ancora una volta cruciale per “leggere” da vicino le situazioni positive e portare a galla iconflitti, elaborare risposte, tessere legami e promuovere relazioni.A partire soprattutto dai figli dell’immigrazione, dalla cosiddetta seconda generazione, che contaormai circa un milione di bambini e ragazzi, che rendono evanescenti e friabili i confini tra “noi” e“loro” e che, pur nella diversità delle storie, chiedono un orizzonte e un futuro comuni.1

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