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XXXI Domenica Tempo Ordinario - Donmarcoceccarelli.it

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<strong>XXXI</strong> <strong>Domenica</strong> <strong>Tempo</strong> <strong>Ordinario</strong> “A” – 30 Ottobre 2011I lettura: Mal 1,14-2,2.8-10II lettura: 1Ts 2,7-9.13Vangelo: Mt 23,1-12- Testi di riferimento: Is 58,3; Mal 2,7; Mt 5,16; 6,1.5.16; 11,28-30; 15,3-9; 16,11-12; 23,28-30; Lc16,15; Gv 5,44; 8,29.50.54; 12,42-43; Rm 15,3; Ef 6,6-8; Fil 2,3.7; 1Ts 2,5-6- Prima lettura: il “mon<strong>it</strong>o” ai sacerdoti. La tematica della l<strong>it</strong>urgia di questa domenica potremmo definirlacome “rimprovero alle guide spir<strong>it</strong>uali del popolo”. Così nella prima lettura – che come sappiamoè abbinata tematicamente al brano di Vangelo – il discorso è rivolto ai sacerdoti, i quali avevanoil comp<strong>it</strong>o di far conoscere e di interpretare rettamente la Parola di Dio al popolo, e quindi diaiutarlo a mettere in pratica la Sua volontà. Nei versetti precedenti al nostro brano abbiamo una seriedi rimproveri diretti ad Israele riguardo il cattivo adempimento delle leggi di Dio; comportamentoche provoca l’avverarsi di una maledizione. Ma poi si annuncia che tale maledizione viene direttaai sacerdoti, perché loro era il comp<strong>it</strong>o di dirigere rettamente il popolo. Il profeta rivela anche, e perben due volte (vv. 8.9), che ciò è avvenuto perché i sacerdoti stessi si sono allontanati dalla via diDio, hanno assunto cioè un comportamento estraneo ai comandamenti. È quell’atteggiamento percui non soltanto si assume un comportamento peccaminoso, ma lo si vuole anche giustificare falsificandola parola del Signore. Ma di questa falsificazione ne subisce le conseguenze anche l’interopopolo. Se i sacerdoti stessi, “le labbra dei quali devono custodire la scienza e dalla cui bocca si ricercal’istruzione” (Mal 2,7), distorcono la Torah (v. 9), da chi mai si potrà conoscere la volontà diDio?2. Il Vangelo.- La prospettiva del discorso di Gesù presente nel brano di Vangelo odierno sembra in ogni modoleggermente diversa. A quel tempo gli “esperti” della Torah e quindi coloro da cui ci si aspettava lasua diffusione e interpretazione erano in primo luogo gli scribi. Ma anche i farisei in genere; loroche si presentavano come dei “separati” dalla massa proprio per la loro pratica della legge, eranoconsiderati come dei maestri in tal campo. Dicendo che gli scribi e i farisei sono seduti sulla cattedradi Mosè Gesù non sta esprimendo una cr<strong>it</strong>ica, ma manifesta una realtà; la loro autor<strong>it</strong>à è dunqueleg<strong>it</strong>tima. Ciò è confermato dall’affermazione del v. 3: «Dunque tutto quanto vi dicono fatelo e osservatelo».Essi non hanno usurpato tale autor<strong>it</strong>à (“si sono seduti” va inteso quindi come un dato difatto e non come un abuso). Allora il rimprovero di Gesù riguardo queste due categorie di persone siriferisce non tanto al fatto che essi predicano male ma, come diremmo noi, predicano bene e razzolanomale. Ma non è solo questo. “Quanto vi dicono” probabilmente allude alla Torah in sé piuttostoche al modo di interpretarla e di adattarla alle s<strong>it</strong>uazioni contingenti (cfr. Mt 15,3-9; 16,11-12).Essi conoscono la ver<strong>it</strong>à (e questa va osservata), “ma non la praticano”, cioè non la interpretano secondouna giusta attualizzazione. E in ogni modo, come vedevamo la domenica scorsa, non bisognafare come essi fanno perché la loro osservanza non dipende dall’amore a Dio e al prossimo, madall’amore a se stessi. Infatti, «tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini». Questoè il punto. Anche se ci fosse un adempimento formale della Torah, resta il fatto che quello checercano è la propria gloria e non quella di Dio. Come si dice anche nella prima lettura, quello checonta nell’interpretazione e nella pratica della legge è cercare la gloria di Dio (Mal 2,2), e non unproprio interesse. Anche nelle cose di Dio, nella v<strong>it</strong>a di fede, nella pratica religiosa, si può cercaresoltanto un proprio tornaconto, dei propri privilegi, i “primi posti” (v. 6) nella comun<strong>it</strong>à. Questa èuna tentazione costante anche all’interno della Chiesa. Per questo: «fate come dicono (cioè secondoquanto prescrive la Torah) ma non come fanno».- La vanagloria. Usare la Torah, la parola di Dio, che è finalizzata all’amore, cioè all’altro, per ilproprio tornaconto, è una perversione, una vanagloria. Il vanaglorioso ruba il posto e la gloria a Dio.SPUNTI DI OMELIA PER LA MESSA DOMENICALE DI DON MARCO CECCARELLI - WWW.DONMARCOCECCARELLI.IT


Invece che per amore (a Dio e agli altri) egli fa il bene per amor proprio. La vanagloria rivela lamancanza di amore con cui adempiamo la legge, e quindi il fatto che in realtà non la adempiamoper nulla. Se uno non è appagato dal bene che fa, cerca in qualche modo un altro appagamento; questoè il segno che non si fa il bene per se stesso, e quindi per amore. Il fariseo di cui parla Gesù è iltipo del religioso praticante, che cerca nella religione un proprio vantaggio. In questo atteggiamentoDio è al servizio della mia gloria, del mio tornaconto. Si dà a Dio il minimo indispensabile. Si dà aDio lo scarto delle nostre cose, lo scarto della nostra v<strong>it</strong>a. Non si curano le cose di Dio come si curanole proprie. Non si cerca la ricompensa che viene da Dio e che è riservata magari all’aldilà. IlVangelo odierno inv<strong>it</strong>a quindi a guardare all’intenzione profonda con cui si fanno le cose, se perpiacere agli uomini o a Dio. Da cosa si vede se si fanno le cose per Dio? Se si è disposti a continuarea farle anche quando non c’è ricompensa umana (Mt 6,1ss.; Is 58,3), quando non si ricevano gratificazioni,o quando addir<strong>it</strong>tura si riceve ostil<strong>it</strong>à. In defin<strong>it</strong>iva se si accetta la croce. Questo è ciòche ha fatto Cristo, il quale non ha cercato la gloria degli uomini, ma quella del Padre (Rm 15,3).Cristo ha rinunciato alla gloria-vuota svuotandosi della propria gloria (Fil 2,3.7). Così le opere buonedel cristiano sono fatte perché gli uomini diano gloria al loro Padre celeste (Mt 5,16).- La salvezza viene dall’amore. Non va sorvolato che Gesù si sta rivolgendo alle folle e ai discepoli(v. 1), facendo loro un discorso sul “fariseismo”, sul modo di concepire la salvezza da parte dei fariseie dei loro esperti della Torah, gli scribi (il fariseismo, tra l’altro, rimarrà l’unica dottrina dopol’anno 70). Essi dunque «legano carichi (fortia) pesanti sulle spalle degli uomini». Il fortion è un caricoche viene trasportato (cfr. At 27,10). In questo contesto indica il carico dei comandamenti, dellalegge, del proprio dovere di fronte a Dio. È quindi sinonimo di “giogo” (cfr. At 15,10.28), comeviene inteso anche in Mt 11,30 e con cui è in collegamento. In Mt 11,28 Gesù chiama a sé i “sovraccaricati”per dare loro un alleggerimento. I farisei non possono muovere un d<strong>it</strong>o per aiutare aportare il carico della legge (v. 4), vale a dire non sono in grado di alleggerire il carico. La soluzionenon sta nell’addolcire i comandamenti, nel ridurre la loro difficoltà, come a volte anche essi facevano;Gesù ha cr<strong>it</strong>icato questo atteggiamento (Mt 23,16-24). Non è una questione di dare regole facilial posto di regole difficili. Il discorso della montagna, specialmente Mt 5,20, spazza via questa idea.L’alleggerimento si ottiene prendendo sopra di sé il giogo di Cristo. Il punto sta nell’amore; tutta laTorah è appesa all’amore, come da Vangelo della domenica precedente. È l’amore che rende leggeral’osservanza dei comandamenti, come un soff<strong>it</strong>to rende leggero qualsiasi lampadario vi sia appeso.Una osservanza fine a se stessa non può che essere pesante. Il fariseismo indica come via dellasalvezza l’adempimento della Torah. Ma anche Cristo ha detto lo stesso (Mt 19,16-17). Il problemadei farisei è che pongono tutto “sulle spalle della gente” (v. 4), cioè sulle forze umane, mentre tuttodeve essere appeso all’amore; e l’amore di Dio che rende leggero il giogo ci può essere solo concessoda Lui. L’amore di Dio è la persona di Cristo che ci viene data per lo Spir<strong>it</strong>o Santo. È lo Spir<strong>it</strong>oSanto che ha versato nei nostri cuori l’amore di Dio (Rm 5,5). Senza Spir<strong>it</strong>o Santo non ci può essereuna vera osservanza della legge. Senza lo Spir<strong>it</strong>o di Cristo non si ottiene la v<strong>it</strong>a eterna. Cristorisorto però è sempre presente in mezzo ai suoi con il suo potere (Mt 28,20). La salvezza, la possibil<strong>it</strong>àdi adempiere la Torah per amore, ci viene data solo per mezzo di Cristo.SPUNTI DI OMELIA PER LA MESSA DOMENICALE DI DON MARCO CECCARELLI - WWW.DONMARCOCECCARELLI.IT

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