L'orso che non lo era DONZELLI - Tribù dei lettori
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FRANK TASHLIN L’orso <strong>che</strong> <strong>non</strong> <strong>lo</strong> <strong>era</strong> <strong>DONZELLI</strong><br />
L A T R A M A<br />
È<br />
in arrivo l’inverno, così Orso decide di andare in letargo<br />
nella sua caverna. Mentre si gode il meritato riposo, però,<br />
sulla sua testa accade <strong>che</strong> un nutrito gruppo di uomini cominci<br />
alacremente a lavorare alla costruzione di una enorme fabbrica.<br />
A primav<strong>era</strong> la fabbrica è ormai terminata e a pieno regime, l’Orso<br />
si desta e uscendo, come ogni volta dalla sua caverna, entra<br />
nel suo peggiore incubo: intorno a lui <strong>non</strong> c’è più il prato<br />
ma un grande stabilimento. Mentre si aggira incredu<strong>lo</strong><br />
tra i macchinari, viene scambiato per un op<strong>era</strong>io scansafati<strong>che</strong><br />
e molto sgridato per questo. Dal Caporeparto al Presidente,<br />
tutti vedono in lui ciò <strong>che</strong> <strong>non</strong> è. Ogni tentativo di affermare<br />
<strong>che</strong> lui è un Orso è vano. Non c’è rimedio: deve mettersi<br />
alla catena di montaggio e accettare<br />
l’idea <strong>che</strong> lui <strong>non</strong> sia un orso.<br />
Con questa convinzione, alla chiusura<br />
della fabbrica, l’Orso riacquista<br />
la libertà, ma ormai<br />
- un po’ alienato - <strong>non</strong> sa<br />
come comportarsi. So<strong>lo</strong> il grande<br />
freddo e l’inestinguibile desiderio<br />
di calda caverna per l’inverno<br />
<strong>lo</strong> port<strong>era</strong>nno a riconoscersi<br />
per quel<strong>lo</strong> <strong>che</strong> è: lui sapeva di <strong>non</strong> essere<br />
un babbeo, tantomeno un Orso babbeo.<br />
Lui è un Orso e nient’altro.<br />
« “Ehi tu, torna al lavoro -disse l’uomo. - Sono<br />
il caporeparto e se <strong>non</strong> lavori ti faccio rapporto”.<br />
L’Orso disse: “Io <strong>non</strong> lavoro qui. Io sono<br />
un Orso”. Il caporeparto scoppiò a ridere.<br />
“Questa sì <strong>che</strong> è una bella scusa<br />
per <strong>non</strong> lavorare... Mettersi a dire di essere<br />
un Orso”. “Ma io sono un Orso”, disse l’Orso.<br />
Il Caporeparto smise di ridere. Era proprio<br />
arrabbiato.<br />
“Non credere di darmela a bere - disse. - Tu <strong>non</strong><br />
sei un Orso. Sei so<strong>lo</strong> un babbeo col cappotto<br />
di pelliccia e la barba da tagliare.”»<br />
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DAGLI 8 AI 10 ANNI
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COMMENTO<br />
A<br />
vere alcune solide certezze nella vita aiuta: la prima fra tutte dovrebbe essere<br />
quella di sapere chi si è. Nel corso della propria esistenza, con lentezza, e a volte<br />
con fatica, ognuno di noi matura una propria idea di sé. E tanto più la maturazione<br />
è avvenuta consapevolmente, tanto più noi ci sentiremo a nostro agio ad essere<br />
ciò <strong>che</strong> siamo. E così questo sventurato Orso, <strong>che</strong> fino a poco prima <strong>era</strong> certo<br />
di essere un plantigrado e faceva serenamente le cose <strong>che</strong> un plantigrado fa,<br />
ora si trova a dover combattere contro il pregiudizio e l’ottusità degli uomini.<br />
E sono proprio gli uomini <strong>che</strong> mettono in piedi il seguente ragionamento:<br />
Cosa ci fa un orso in una fabbrica? Nella fabbrica ci sono gli op<strong>era</strong>i, quindi<br />
quell’Orso <strong>non</strong> è un orso, ma un op<strong>era</strong>io vestito da orso. E perché un op<strong>era</strong>io<br />
si traveste da orso? Per <strong>non</strong> lavorare quanto dovrebbe. Va punito.<br />
In un sistema g<strong>era</strong>rchico molto rigido dal possente caporeparto fin su, al vertice<br />
del potere, al grande quanto minusco<strong>lo</strong> Presidente, tutti con tenacia si rifiutano<br />
di vedere chi hanno di fronte per quel<strong>lo</strong> <strong>che</strong> è v<strong>era</strong>mente e continuano a piegare<br />
la realtà a <strong>lo</strong>ro piacimento.<br />
Nella storia di Tashlin, la vicenda dell’Orso diventa esemplare. Il <strong>non</strong> voler<br />
riconoscere chi è diverso da te, l’ottusità di pensiero dimostrata dagli uomini,<br />
il conformismo secondo cui il pensiero di uno diventa il pensiero<br />
della maggioranza, e d’altra parte, la determinazione <strong>che</strong> nasce dal buon senso,<br />
dimostrata dall’Orso e la sua successiva alienazione gen<strong>era</strong>ta dagli eventi<br />
sono i principali nuclei di senso su cui è utile ragionare.<br />
Ma nell’Orso <strong>che</strong> <strong>non</strong> <strong>lo</strong> <strong>era</strong> an<strong>che</strong> la Natura<br />
viene manipolata in modo distorto.<br />
Piegarla a proprio uso<br />
e consumo - dal costruire<br />
una fabbrica in mezzo<br />
a una foresta, trasformare<br />
gli orsi in op<strong>era</strong>i o metterli<br />
dietro le sbarre o, peggio, farli<br />
andare in tricic<strong>lo</strong> su una pista<br />
da circo - è attività consueta<br />
per molta parte dell’umanità<br />
e Tashlin <strong>lo</strong> racconta<br />
sul fi<strong>lo</strong> dell’assurdo<br />
in una storia<br />
<strong>che</strong> ha il sapore<br />
del cartone animato.<br />
L E G R A N D I D O M A N D E D E L L I B R O<br />
1. Sarà vero: l’Orso è ben convinto<br />
di essere un orso. Lo ripete fino<br />
alla noia a tutti co<strong>lo</strong>ro <strong>che</strong> <strong>non</strong><br />
ci credono e pensano <strong>che</strong> lui sia<br />
qualcos’altro. Alla fine del racconto,<br />
tuttavia, an<strong>che</strong> l’orso comincia<br />
a dubitare delle sue certezze, come<br />
se an<strong>che</strong> lui si fosse adeguato<br />
al pensiero comune e quindi si sia<br />
convinto di ciò <strong>che</strong> gli altri vanno<br />
dicendo da sempre. Viene<br />
da chiedersi quanto, nelle nostre<br />
convinzioni, conti il sentire comune.<br />
Quanto siamo effettivamente capaci<br />
di pensare so<strong>lo</strong> con la nostra testa?<br />
E quanto invece ci facciamo<br />
condizionare, influenzare dagli altri<br />
so<strong>lo</strong> perché la <strong>lo</strong>ro opinione è quella<br />
gen<strong>era</strong>le e diffusa? E’ vero <strong>che</strong> tanto<br />
più una cosa la sentiamo ripetere,<br />
magari dalla televisione, tanto più<br />
ai nostri occhi essa diventa v<strong>era</strong>,<br />
an<strong>che</strong> se va contro la nostra<br />
personale esperienza, il senso<br />
comune e il buon senso?<br />
2. Riconoscere l’orso: l’Orso, finché<br />
ha vissuto libero, ha avuto modo<br />
di decidere per sé, secondo quelle<br />
<strong>che</strong> <strong>era</strong>no le sue esigenze e le sue<br />
abitudini, il suo sentire. Viveva<br />
in armonia con se stesso e con<br />
il mondo <strong>che</strong> <strong>lo</strong> circondava.<br />
Nel momento in cui gli è stata<br />
negata la libertà, di fatto gli è stato<br />
negato an<strong>che</strong> il pensiero. Tant’è<br />
<strong>che</strong> nella neve, a fabbrica chiusa,<br />
<strong>non</strong> sa più bene cosa fare di sé,<br />
rischiando di lasciarci la pelle.<br />
An<strong>che</strong> gli orsi in gabbia e nel circo<br />
sono ormai privati della <strong>lo</strong>ro libertà<br />
e della <strong>lo</strong>ro identità, infatti,<br />
<strong>non</strong> riconoscono più l’orso nell’Orso.<br />
Al<strong>lo</strong>ra, perché è importante<br />
la libertà per la costruzione<br />
del carattere di una persona<br />
(...o di un Orso)?<br />
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D E L L O S T E S S O A U T O R E<br />
Frank Tashlin nacque nel 1913<br />
e visse negli Stati Uniti fino al 1972,<br />
anno della sua morte. Fece molti<br />
mestieri, in qual<strong>che</strong> misura sempre<br />
legati tra <strong>lo</strong>ro: fumettista,<br />
disegnatore di cartoni animati,<br />
sceneggiatore, regista e infine<br />
an<strong>che</strong> scrittore ed illustratore.<br />
L’orso <strong>che</strong> <strong>non</strong> <strong>lo</strong> <strong>era</strong> (1946) fa parte<br />
di una tri<strong>lo</strong>gia (gli altri due titoli<br />
sono: The possum That Didn't, 1950<br />
e The World That Isn't, 1951)<br />
ed diventato an<strong>che</strong> un cartone<br />
animato.<br />
P R O L U N G A M E N T I<br />
· Per parlare ancora di orsi<br />
<strong>che</strong> fanno strani mestieri:<br />
Dino Buzzati, La famosa invasione<br />
degli orsi in Sicilia, Mondadori,<br />
1996<br />
Julio Cortázar, Il discorso dell’orso,<br />
Kalandraka, 2008<br />
· Per parlare ancora di orsi<br />
<strong>che</strong> si sentono orsi:<br />
Wolf Erlbruch, Il miraco<strong>lo</strong><br />
degli orsi, Edizioni e/o, 2004<br />
Axel Hacke, Un orso di nome<br />
Sabato, Edizioni e/o, 2007<br />
Philip Waechter, Io, Aliberti, 2009<br />
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