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Marzo / Aprile 2010Sommario10 Appuntamento al VinitalyA VERONA RITORNA PUNTUALE LA GRANDE FIERA DEL VINO14 Tra prati e vignetiALLA SCOPERTA DELLA CUCINA DELLA VALPOLICELLA20 Matera Doc da degustareSTORIA MILLENARIA PER UNA GIOVANE DENOMINAZIONE24 Sorsi di una terra aspra e affascinanteI VINI DEL CARSO TRIESTINO30 La diversità è la nostra forzaIL PUNTO DI VISTA DONATO LANATI36 Un brindisi con lo champagne di NapoleoneVISITA ALLA MAISON PERRIER JOUËT40 Sul pendio dei montiL’AZIENDA FAY E LA PASSIONE PER LA VITE52 Le “Parole Maestre” per vivere saniL’INTERVISTA A SILVIO GARATTINI56 Mare, deserto e storiaVIAGGIO TRA LE BELLEZZE DELLA TUNISIA61 New York, il pranzo è servito!LA CUCINA ITALIANA NELLA GRANDE MELA


Marzo / Aprile 2010Sommario64 Prezioso come l’oroINVESTIMENTI NEL VINO CON SEGNO POSITIVO76 Non solo chef…IDENTITÀ GOLOSE METTE ORDINE TRA I FORNELLI78 A servizio dell’ambienteMACCHINARI TECNOLOGICI IN VIGNA80 Welcome Mr Wine!LA VITICOLTURA IN GRAN BRETAGNA83 Enologia e spiritualità orientaleIL TANTRISMO DI FRONTE AL VINOAll’interno42 Musei PATATINE, STOCCAFISSO E… CARAMELLE!45 Vino e scuola UN MASTER PER I SOMMELIER DEL FUTURO48 Vino e architettura CONTINUA IL VIAGGIO NELLE CANTINE INNOVATIVE68 Olio UN PASSO FALSO SULL’OLIO D’OLIVA70 Birra ABBINAMENTI A TAVOLA72 Distillati VIAGGIO NELLE GRAPPERIE DEL PIEMONTE75 Fiere DIVINO LOUNGE PER RILANCIARE I CONSUMI96 Sullo scaffale LE NOVITÀ EDITORIALI98 Io non ci sto! ALTA RISTORAZIONE: PROPORRE VINI È SEMPRE PIÙ DIFFICILE


EventiÈ sempre piùVin taldi Morello PecchioliDOPO UN ANNODIFFICILE RESTANOMOLTI INTERROGATIVI,MA VINITALY HA MESSOIN ATTO UNA SERIE DIINIZIATIVE DIMARKETING DIRETTEAGLI USAEAIPRINCIPALI MERCATIEUROPEISono piccole ma hanno tanta voglia di farsi notare. Molte cantineche per anni si sono presentate a Verona intruppate nelle collettiveregionali, quest’anno hanno deciso di uscire dal mazzo e diinvestire più quattrini per promuovere la propria immagine aziendalecon uno stand tutto loro. È il nuovo e interessante fenomeno che caratterizzala 44° edizione di Vinitaly, in programma dall’8 al 12 aprile. Fede,speranza e qualità. Non è una magnifica risposta alla crisi da parte dell’imprenditoriavitivinicola italiana?Con tale beneaugurante atto di coraggio, con questa volontà di raccoglierele nuove sfide e di lottare per affermarsi, si aprono le porte dellapiù importante rassegna del vino made in Italy. A Verona sono attesioltre 4.200 espositori da tutto il mondo, tanti quanti lo scorso anno.Molti altri avrebbero voluto esserci, ma sono finiti in lista d’attesa. SpiegaGiovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere: “Per il 44° Vinitalyil numero di espositori è in linea con quello dello scorso anno perché,nonostante l’ampliamento della superficie espositiva, che in quattroanni è passata da 84mila a più di 92mila metri quadrati, altri non cene stanno”.I numeri che possono variare riguardano i visitatori. L’anno scorso raggiunserola cifra record di 151mila, dei quali più di 45mila provenientida 112 Paesi esteri, e di giornalisti nel 2009 ne arrivarono da una cinquantinadi Paesi oltre 2600. Previsioni per quest’anno? “Dopo il buonL’AIS<strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> <strong>Sommelier</strong>sVi aspetta alPADIGLIONE 7 – STAND D1010


⊳ Giovanni Mantovani,direttore generale di Veronafiererisultato del 2009 con un più 14 per centodei visitatori esteri, Vinitaly ha messo inatto una serie di massicce iniziative di marketingdiretto negli Usa e nei principalimercati europei per consolidare e ampliarequesto risultato” risponde Mantovani.“Sono attese delegazioni qualificate dibuyer da Svizzera, Gran Bretagna, Francia,Austria, Germania, Ungheria, Danimarca, Svezia,Canada, Russia, Usa, Australia, Egitto, Libia, Tunisia,Marocco, Sudafrica, India, Cina, Corea del Sud,Giappone, Taiwan, Malaysia, Singapore, Indonesia,Ecuador, Messico, Paesi Baltici, America Centrale eMeridionale”.Sono le “aspettative interessanti” di cui parla LucianoPiona, presidente dell’Unione dei Consorzi vini veneti(Uvive) reduce da un road show pre Vinitaly in trecapitali dell’Est europeo: Varsavia, Praga e Budapest.“Mi attendo da questo Vinitaly una rivoluzione. Leavvisaglie ci sono: catene alberghiere che cambianola carta dei vini, mercati più dinamici, importatori cheprocedono a un riassortimento, tendenze di gusto chesi evolvono. Certo, usciamo da un anno difficile e moltiinterrogativi rimangono, ma se i consumi vanno beneci sono opportunità per tutti”. Se dipendesse da luila rivoluzione si farebbe già nel calendario: “Un Vinitalyche comincia di giovedì e finisce, ormaismobilitato, il lunedì, esclude grandissimaparte dei ristoratori che, di solito, chiudononei primissimi giorni della settimana.Sarebbe meglio fare il contrario: aprirela domenica e chiudere il giovedì”.Su un Vinitaly che rimescoli le carte ingioco punta anche Lucio Bussi, giornalistacaposervizio all’economia del quotidiano L’Arenadi Verona. “Uno degli argomenti più sentiti nel mondodel consumo del vino è il rapporto qualità-prezzo. IlVinitaly se ne deve far interprete. Il consumatore nonne può più dei costosissimi vini alla moda. La genteè stufa di farsi prendere in giro e non crede piùall’equazione qualità uguale costo. La cultura enologicadi base, grazie al lavoro di giornali seri e ai corsiper degustatori organizzati da associazioni come l’Ais,è notevolmente progredita, anche tra i giovani. Si saquanto costa produrre una buona bottiglia. Il futuroè dei vini di qualità a prezzo giusto. E il Vinitaly deveportare avanti questa istanza”.Sull’importanza dell’educazione enologica e sulla valorizzazionedelle carte dei vini pone l’accento ancheDino Marchi, presidente dell’Ais Veneto, che proprioal Vinitaly organizza la grande vetrina della premiazionedella carta dei vini dei ristoranti, un riconosci-La storia di Vinitaly1967 Il 22 e il 23 settembre si svolgono nelpalazzo della Gran Guardia, in piazza Braa Verona, le Giornate del Vino Italiano. Èl’atto di nascita ufficiale di Vinitaly.1971 La manifestazione diventa Vinitaly-Salonedelle Attività Vitivinicole, una vera e propriarassegna mercantile. Al suo interno,organizzata da Agriturist e guidata daMario Soldati, si svolge l’asta dei vini pregiati.Al Vinitaly si affianca anche unasezione merceologica dedicata a macchine,attrezzature e prodotti per l’enologiae la prima edizione della MostraCatalogo di Vini Doc.1978 Vinitaly ottiene la qualifica di “internazionale”e apre le porte alla partecipazionedi aziende estere.1987 All’interno di Vinitaly nasce il primoSalone dell’Oliva.1988 Il Salone dell’Oliva diventa SOL. Nasceanche Distilla, il Salone della Grappa, delBrandy e dei Distillati.1992 Nasce il Concorso enologico internazionaleche è divenuto il più selettivo epartecipato al mondo con una media di90 medaglie assegnate su oltre 3.500 vinida più di 30 Paesi.1998 L’internazionalità di Vinitaly è confermatae rilanciata dalla scelta di Veronafiere,nel centenario di attività, di andare inCina, a Shanghai, con China Wine, un’esperienzapositiva che si ripeterà gli anniseguenti. Il settore delle attrezzature dedicateal vino e all’olio diviene una rassegnaad hoc, Enolitech, il Salone delleTecniche per la Viticoltura, l’Enologia leTecnologie Olivicole ed Olearie.2002/03 La rassegna conquista anche l’Americacon Vinitaly US Tour e partecipa a Ifows,l’India Food and Wine Show di Mumbay.2008 Viene lanciato Passionate Business, cherappresenta la sintesi della filosofia operativadi Veronafiere: passione per il vinoe concretezza degli affari. Il salone delvino più grande del mondo consolida lasua leadership internazionale, forte diun’area espositiva di 86mila metri quadratinetti completamente occupati daoltre 4.300 espositori provenienti da oltre30 Paesi e visitatori in arrivo da più di 100e festeggia i 10 anni di Vinitaly WorldTour. Dopo Vinitaly India a Mumbay eNew Delhi a gennaio, a febbraio vienerealizzata la prima delle due trasferte diVinitaly US programmate in questo annonegli Stati Uniti, che tocca Miami e PalmBeach. A ottobre Vinitaly è di nuovo aChicago e per la prima volta a New Yorke nella capitale Washington. Il calendarioall’estero si completa con la Russiain giugno e il Giappone e la Cina anovembre.11


Eventi▲ Ettore Riello,presidentedi Veronafieremento che è anche un messaggioai giovani. “Come Ais Veneto siamosoddisfatti di come i giovani hannorecepito il messaggio. Le presenzeai corsi sono addirittura raddoppiateandando al di là di ogni piùrosea aspettativa e prendendoci incontropiede. Abbiamo in atto 24corsi. E anche le iniziative organizzatecon il marchio Ais, come IlVeneto al 300 per 100 (cento cantinee trecento vini) e il convegnoVino e carattere sono state ripagatecon grande partecipazione”.Il presidente di Veronafiere, EttoreRiello, è al suo primo Vinitaly.Risoluto e ottimista, pronostica unagrande edizione, alla faccia delmomento congiunturale. “Convinticome siamo della capacità professionaledi chi viene al Vinitalyattendiamo con fiducia la partecipazionedi aziende e operatori fortementemotivati a capire l’attualesituazione economica internazionalee aperti all’elaborazione dinuove strategie per uscire dallacrisi con una rinnovata capacità distare sui mercati” spiega Riello. “Daparte nostra proponiamo una fieradi servizi evoluti per mettere in contattoofferta e domanda. E ci riusciamobene visto che la nostra rassegnaenologica vanta 33 contattiper operatore contro gli 11-15 dellefiere concorrenti. Naturalmenteproponiamo anche una fiera di contenutiche favorisce il confronto fragli attori della filiera”.Tra i “servizi evoluti”, visto comesono andate le cose fino all’ultimaedizione, non sono compresi l’accessoalla fiera e i parcheggi intorno,vero? “L’accesso e il deflusso deivisitatori sono invece sotto controllo.Merito dell’attività di coordinamentotra Veronafiere, Comune diVerona, dal quale dipende la gestionedella viabilità, e Azienda trasportiper la gestione dei parcheggiscambiatori e dei bus navetta.Strategici, poi, gli investimentianche finanziari fatti negli ultimianni dall’Ente Fiere per acquistarele aree da adibire a parcheggioattorno al quartiere fieristico. Edè in fase di realizzazione il nuovopiano infrastrutturale 2010-2014al quale è destinato l’investimentodi 70,7 milioni di euro autofinanziati.Prevede la creazione e riqualificazionedi tre aree di ingresso ela costruzione di due nuovi padiglioniche porteranno la capacità diVeronafiere a 150mila metri quadratilordi complessivi coperti. Saràcomunque necessario prevedere unnuovo riassetto del sistema trasportie viabilità. La questione saràoggetto di uno specifico accordo diprogramma con il Comune diVerona volto a trovare una soluzionefunzionale e stabile a tutto vantaggiodi espositori e visitatori. Intale contesto, è stato avviato un progettospecifico per avere la garanziadella disponibilità di 15-16milaparcheggi in prossimità del quartierefieristico, quale servizio imprescindibileda offrire con certezza aiclienti di Veronafiere”.12


LE DEGUSTAZIONI AISAL VINITALYL’Ais organizza una serie di degustazioni guidate che si svolgeranno durantela prossima edizione del Vinitaly. Gli eventi si terranno nella Sala D – 1°piano, padiglione 9. La quota di partecipazione è di € 20 da versare pressolo Stand Ais – D10 padiglione 7. Le prenotazioni saranno accettate fino adisponibilità dei posti. Ricordiamo che lunedì 12 aprile i soci Ais in regolacon la quota associativa 2010 entreranno gratuitamente in fiera dalla PortaSan Zeno fino alle 12.00 (presentare la tessera associativa o copia dellaricevuta di versamento della quota dell’anno in corso unitamente a undocumento di identità).Per informazioni samuele@sommeliersonline.it.Venerdì 9 aprileIl vitigno Sauvignon, spessore varietale e sottile aromaticitàOre 11 – relatore Lorenzo GiulianiCalabria: sei vitigni in cerca d’autoreOre 14 – relatore Girolamo GrisasiL’Umbria, il giardino enologico del centro ItaliaOre 16 – relatore Gabriele Ricci AlunniSabato 10 aprileChampagne: la magia raccolta in un calice di bollicineOre 11 – relatore Roberto BelliniPresentazione del Premio Internazionale “Innovazione nella Professione”Brindisi con la nuova DOCG Valdobbiadene Conegliano Prosecco SuperioreOre 12 – Padiglione 6 Stand Villa Sandi E4Le vignaiole di Liguria presentano i loro vini più significativiOre 14 – relatore Antonello MaiettaBorgogna e Pinot Noir: eleganza e stile inconfondibileOre 16 – relatore Roberto GardiniDomenica 11 AprileIl fascino del Metodo Classico italianoOre 11 – relatore Annalisa BarisonLa provincia dell’Aquila nel bicchiereOre 14 – relatore Manuela CorneliiBordeaux, tra mito e realtàOre 16 – relatore Roberto GardiniLunedì 12 aprileEsordi: nuovi vini all’orizzonteDalle ore 11 alle 16 in Sala Argento – Seminterrato Palaexpo13


DegustazioniLA DEGUSTAZIONESantambrogio 2008 – ALDEGHERIValpolicella ClassicoCorvina, corvinone e rondinella costituiscono l’ossatura principale di ogni Valpolicella. Danno uvemolto versatili, che possono essere appassite per grandi vini da lungo affinamento o possono produrre,come in questo caso, dei vini più pronti e immediati, umili servitori dell’abbinamento piùche scomodi protagonisti a tavola, come ogni tanto capita. Il Santambrogio ha un naso diretto eschietto, sensazioni vinose, fruttate di durone e mora, che poi evolvono in sfumature vegetali e inpetali secchi. In bocca è un finto magro, tannino modesto sì, ma sapido e abbastanza fresco, digrande godibilità. Soli 12° alcol per un vino da bere.Valpolicella Classico 2008 – ALLEGRINISe di Franco Allegrini è facile ricordare il ruolo di innovatore, che ha dato sicuramente un tocco dimodernità alla Valpolicella rurale degli anni Ottanta, non deve passare in secondo piano la suarispettosa attenzione per la tradizione, a quello che di buono c’era in quei primi anni. Nel suoClassico troviamo corvina (65%), rondinella (30%) e molinara (5%) e un naso apparentementesemplice per un affinamento tutto acciaio. Amarena e lampone, ma anche viola fiorita, cuoio,spezie dolci e arancia candita. In bocca prevale la freschezza, poi è sapido e abbastanza lungo.Corpo snello e grande beva da “tutto pasto”.Ognissanti 2006 – BERTANIValpolicella ClassicoOgnissanti è prodotto nei vigneti attorno a Villa Novare, nel cuore geografico della Valpolicella, esoprattutto in quello storico. Qui nel primo ‘900 prende vita il fenomeno cooperativo e poi si dipanala lunga storia della famiglia Bertani. Tanta storia sembra influire anche sulle caratteristicheorganolettiche. Un naso austero, mai troppo espansivo, ma sempre molto elegante. Apre al nasocon sensazioni verdi, la liquirizia, poi rosa e viola appassita, cannella e mentuccia, per la ciliegiasotto spirito bisogna aspettare un po’. In bocca è equilibrato con un tannino nobile appena soprale righe e un finale setoso e vellutato. I 18 mesi in barrique non si notano più di tanto.TB 2005 – TOMMASO BUSSOLAValpolicella Classico SuperioreQuando Tommaso Bussola entra nell’Azienda dello zio Giuseppe inizia a differenziare la “sua” produzionecon le iniziali (TB) da quella dello zio (BG). Nasce così TB, la linea di punta che ha dato aTommaso tante soddisfazioni anche in campo internazionale, soprattutto negli Stati Uniti. Corvina,corvinone e rondinella soprattutto, un pizzico poi di molinara e altri vitigni locali, questa la suaricetta. Affinamento per tre lunghi anni in tonneaux e barrique di secondo passaggio. Ne esce unnaso complesso di caramella d’orzo, caffè e timo al naso poi le erbe. In bocca è opulento, 37 grdi estratti non sono uno scherzo, morbido e lungo. Da provare con formaggi di capra stagionati.Valpolicella Classico 2008 – CANTINA DI NEGRARCantina di Negrar rappresenta uno standard di riferimento per la qualità in zona e non ultimo peril rapporto qualità/prezzo. Può permettersi un largo bacino di approvvigionamento per le uveconferite, che vengono da terreni molto vari, argillosi, calcarei, a tratti vulcanici, comunque dallecolline della vallata omonima, e da vigneti prevalentemente a pergola doppia. La fermentazionedelle uve (corvina, corvinone, rondinella e molinara) e l’affinamento del vino avviene in acciaio,con fermentazione malo-lattica completa. Profumo gradevolmente retrò di bacche dolci, fiori espezie, ma vivace in bocca, secco e un po’ caldo, fresco e conviviale, collabora con la giustamodestia al desinare di tutti i giorni.Ca’ Fiui 2008 – CORTE SANT’ALDAValpolicellaOltre alle uve tradizionali Marinella Camerani aggiunge nel suo Valpolicella piccole quantità dicroatina e rossara, uve autoctone a bacca rossa. Per tutti i vigneti lo stesso standard, il guyot semplicee la certificazione biologica ottenuta seguendo i principi dell’agricoltura biodinamica. Lefermentazioni partono spontanee con lieviti indigeni in tini di rovere. Profumo intenso, ciliegia fresca,quasi croccante, poi il balsamico e lo speziato. In bocca tannini evoluti, maschio da manifemminili. L’alcool a 12,5 bisogna leggerlo sull’etichetta. Vino di gran bella beva, magistrale esempiodi fresco squilibrio.16


Vigneto di Monte Lodoletta 2003 – ROMANO DAL FORNOValpolicella SuperioreIl Romano nazionale irride le bizze del meteo di un’annata soffocante con un vino sferzante,ancora fresco e dal tannino evoluto, espressione del sua maniacale ricerca di perfezionismo nell’estveronese. Naso ampio in costante evoluzione di frutta macerata e di spezie, di tabacchi eminerali, e corpo potente. Croatina e oseleta sono state la sua scommessa e anche qui accompagnanoin piccola quantità una base di corvine (70%) e rondinella (20%). La barrique americanaè il vestito di una bella signora come ama ricordare Romano, un abito lungo… 36 mesi in questocaso. Se volete saltate pure la cena…Valpolicella Classico Superiore 2006 – RUBINELLI VAJOLLa piccola conca del Vajol si trova nelle prime pendici che salgono a nord di San Pietro inCariano. Le uve di corvina, corvinone e rondinella fanno appassimento per un mese, quindi fermentazionee macerazione per circa 35 giorni, poi il vino viene lasciato ad affinare in botti di rovereper 12 mesi. Al naso subito spezie, tabacco, cacao amaro quasi prepotenti, e dopo la loro sfuriataecco la frutta rossa in crescendo, il tabacco e l’erba amara, in bocca un grande corpo chein parte nasconde i 14 gradi alcolici, secco ma abbastanza morbido con tannini ben evoluti ediscreta freschezza.Valpolicella 2008 – GROTTA DEL NINFEO – FRACCAROLI DOMENICONasce sulle colline di Lavagno nell’est Veronese, a 150 metri di altitudine, in terreni argilloso-calcareidi origine vulcanica (il nome di Lavagno deriva da lava). I vitigni sono i classici a pergola veronese,con lavorazione in acciaio. Subito molto floreale, di rosa, viola ed iris, poi la frutta fragrante euna nota verde che gli dà tono. In bocca è fresco e beverino grazie a un tannino che non disturba,un bel vino rosso diretto e piacevole che può essere bevuto anche in estate perché guadagnada una temperatura di consumo un po’ più bassa. Provatelo con un baccalà, come lo fannoi frati di San Bernardino.Corte Colombara 2006 – TENUTE GALTAROSSAValpolicella Classico SuperioreDalla storica proprietà di Villa Pule, tra i comuni di San Pietro in Cariano e Negrar, oggi proprietà diGiacomo Galtarossa, ecco uno spavaldo classico superiore. Colpisce per il naso austero ditabacco, cuoio, prugna e carruba. Civetta un po’ di cipria con i 12 mesi di grande botte da 8quintali, come una nobil donna prima di presentarsi in pubblico, ma resta fondamentalmente unvino nervoso, anche in bocca dove il peso del corpo si fa sentire. Tannino graffiante e stile asciuttocon finale sapido per piatti succulenti, anche un salmì se la caccia è fortunata.Valpolicella Superiore 2005 – MARIONMuscolare interpretazione dei fratelli Campedelli dalle uve tradizionali dei soli 6 ettari nella vallatadi Marcellise, a est di Verona. È un superiore impegnativo che ha grande bisogno di aria per esprimerefino in fondo il frutto e il ricco corollario di liquirizia dolce, camomilla e timo, le nuance di fruttasecca e un alloro che è solo l’apripista della forza balsamica di questo vino. Spalle quadrate inbocca (35 gr di estratto), tannino levigato, effetto sapido nell’approccio e fresca la chiusura.Cocciuto sarebbe il confronto con un “musso”, stracotto naturalmente, per l’occasione.Valpolicella Classico 2008 – NICOLISDell’ampia produzione dei fratelli Nicolis in quel di San Pietro in Cariano vi segnaliamo la fragranzafruttata di questo Valpolicella, di ciliegie e marasche croccanti, di prugna fresca e susina, sfumato dispezia piccante. Uvaggio tradizionale di corvina 65%, rondinella 25% e molinara 10%, il tutto lavoratosolo in acciaio. Molto gradevole l’effetto della beva, complice la freschezza dichiarata, il toccosapido e un tannino che sgomita per dire la sua. Medio corpo per soluzioni attraenti con insaccatimorbidi poco stagionati, quelli che a Pasqua ricordano ancora la concia del pepe e dell’aglio.Valpolicella Superiore 2005 – ROCCOLO GRASSIPiccoli uomini crescono, a est in questo caso, a Mezzane di Sotto, dove Marco Sartori si sta definitivamentesmarcando dall’etichetta di giovane promessa confermando la felice mano anche convini come questo, costruito con garbo ed energia, un po’ermetico al primo olfatto, per degustatoripazienti. Solo allora sarete premiati con ribes e marasche macerate, rami secchi e bosso, orzo, caffèe cacao amaro, menta e china. Venti mesi di legno lo aggraziano, anche in bocca dove il tanninosolletica il palato con compostezza. Una “avvolgente” freschezza si prende lo spazio finale.17


DegustazioniValpolicella Classico 2007 – SARTORIDietro una dimensione fortemente internazionale si cela la storia centenaria di una delle famigliestoriche della Valpolicella. Il classico 2007 è buona espressione al naso di un frutto ancora fresco,di marasca, lampone e ribes in particolare. Sottile la sfumatura di pepe e salvia. Per l’uvaggio lascelta è quella canonica a base di corvina veronese (50%), rondinella (40 %) e molinara (10%)mentre l’affinamento è un assemblaggio di cemento, acciaio e grandi botti di rovere per 6-8mesi. Fresco l’incedere del palato e sapido il finale. L’agnello allo spiedo del mio amico Melis cistarebbe proprio bene.Vigneto Sant’Urbano 2006 – SPERIValpolicella Classico SuperioreLa base portante è corvina (70%) poi rondinella, molinara e corvinone. Vengono dal monte omonimoche guarda Fumane da est. Un breve appassimento e l’affinamento in tonneaux di rovere di Allier da5 hl per 18 mesi scolpiscono un fruttato casto di mora e confettura e un ampio bouquet floreale, contoni verdi ed earthy, in cui spiccano petali di rosa appassiti e spezie nascoste. Sapido e fresco, nonnasconde il calore dei suoi 13,5°, ma il giusto numero di anni gli dà il raro dono dell’equilibrio. Unattraente brizzolato. Elegante e promettente con carni rosse alla brace e formaggi stagionati.La Fabriseria – TEDESCHIValpolicella Classico Superiore 2006Ha portato a spasso le uve della Valpolicella con la complicità del cabernet regalando, bisognadirlo, anche delle belle soddisfazioni ai fratelli Tedeschi, ma ora col 2006 il figliol prodigo è tornato alleorigini, con corvina, corvinone, rondinella e un 5% di oseleta, e diventa Doc in ossequio alla migliortradizione. Nel naso ciliegie, amarene e ribes, avviluppate dai 18 mesi di grande botte, al gusto tanniniben presenti e buona freschezza. Nell’insieme un vino lungo, elegante, quasi vecchio stampo.Uccidete pure il vitello più grasso perché 14,5° e oltre 35 gr di estratto vi faranno ben figurare.Nanfrè 2008 – TENUTA SANT’ANTONIOValpolicellaDal Vigneto Monti Garbi a Mezzane di Sotto, i Fratelli Castagnedi traggono questo Valpolicella affinatoin acciaio che colpisce per l’impatto gusto olfattivo e la fragrante complessità. Note verdi, di radicie chiodo di garofano ritornano in bocca, arricchiti da un bel tannino, freschezza e sapidità.Splendida chiusura quasi mentolata. Agile e scattante, da sposare a una cucina quotidiana: tagliatellein brodo, risotti, pollo e vitello alla brace. Un vino con il quale osare anche con il pesce: caciuccoalla livornese e baccalà con olive e patate.Valpolicella Classico Superiore 2006 – TERRE DI LEONECon le uve di Marano e Fumane Federico Pellizzari utilizza appassimenti lunghissimi per svilupparecomplessità dei profumi, ma riesce a conservare inspiegabilmente una discreta agilità del palato.Solo la conoscenza della tecnica e una conduzione maniacale possono rendere inavvertibili ben 100giorni di appassimento. Le uve sono quelle tradizionali, con un po’ di molinara e di oseleta e il vinoaffina in rovere francese in formato 5 e 25 hl per 18 mesi. Naso splendido di ciliegie e bacche selvatichecon l’appassimento in lontana penombra. Ufficiale e gentil uomo nel corpo perché dosa conequilibrio forza ed eleganza, lungo e armonico. Prova di carattere per un azienda all’esordio.Vigneto Rafaèl 2007 – TOMMASIValpolicella Classico SuperioreUn ritratto della tradizione, da terreni calcareo-basaltici dell’omonimo vigneto di Pedemonte, prodottocon 60% di corvina, 25% di rondinella e ben 15% di molinara, ormai desueta ai più. L’affinamento di15 mesi in botti di rovere da 65 hl dona profumi d’antan di fiori appassiti e di china, frutta rossa, speziedolci e cuoio. Al naso un po’ austero fa il verso un palato più immediato e diretto, con piacevoleequilibrio di bocca, grazie a tannini morbidi, un buon corpo e un finale abbastanza sapido. Un sincerocompagno per piatti di sostanza come pasta fresca alle carni, minestre di legumi, nonché formaggia media stagionatura.Campo Morar 2005 – VIVIANIValpolicella Classico SuperioreUn fulvo color rubino, brillante, dove corvina e rondinella in un legno sapiente diventano lezioned’eleganza. Il resto è un corredo odoroso di rosa canina, caffè d’orzo, sfumature di rabarbaro, fruttasotto spirito, e mineralità delle terre più alte della vallata di Negrar. Perfetta la corrispondenza inbocca, dove questo Superiore, sfodera tutta la grinta dei 14% ed è sostenuto da una splendida freschezzain un finale lungo e sapido. Grande vino con carni brasate e speziate che non sfigurerebbepure con la Cassoeula lombarda. Se dopo l’Amarone Claudio Viviani avesse mai bisogno di dimostrarequalcos’altro, la strada è questa.Hanno collaborato alle degustazioni: Maria Grazia Melegari, Fabio Poli, Matteo Guidorizzi.18


DegustazioniUna giovanedenominazione2500conannistoriadi20


Un vino che si identifica con il suo territorio, unterritorio che si identifica anche per il suo vino.È questa la filosofia che ha guidato tutte le iniziativeche hanno portato, nel 2005, al riconoscimentoufficiale della Doc Matera, terza cronologicamentetra quelle presenti in Basilicata dopo Aglianico delVulture, Terre dell’Alta Val d’Agri e, recentemente,Grottino di Roccanova.“Filosofia” non è un termine usato a caso; questo territorioagli albori della storia era infatti conosciuto comeEnotria, terra del vino, al centro della Magna Greciadove le colonie del Metapontino riflettevano le profondeorigini elleniche dei loro fondatori e dunque dellacultura illuminata e moderna di cui erano portatori.Un territorio che si identifica nel vino anche con la sceltadel nome, Matera, che delimita tutta la provinciacome area di produzione, ma affida il “topos” a unadelle città più rinomate del Sud Italia dal punto di vistadelle bellezze storico-culturali con i suoi “Sassi”, patrimoniodell’umanità riconosciuto dall’Unesco, che lacollocano tra gli insediamenti più antichi della civiltàumana dopo Petra in Giordania.Può accadere, a volte, che una storia millenaria nonsia sufficiente a preservare un patrimoniodi conoscenze e tradizioni, percui la vitivinicoltura nella provinciadi Matera ha rischiato di estinguersia cavallo degli anni Settanta,sovrastata da una ortofrutticolturain grande espansione e da una consuetudinealla coltivazione di granoduro che assicurava maggiori introitirispetto alla coltivazione della vitee alla produzione del vino.Fortunatamente, grazie alla tenacia di alcuni imprenditoriagricoli, che hanno continuato a investire nell’innovazionee nella qualità in vigna e al continuo supportodella Regione Basilicata è stato avviato un percorsovirtuoso coronato con il riconoscimento dellaDenominazione di origine controllata per i vini di unterritorio agricolo tra i più interessanti del Mezzogiornod’Italia. L’entusiasmo e la competenza di alcuni produttoricomincia a dare i suoi frutti alla luce dei riconoscimentiche la Doc Matera inizia a ottenere e chepotranno sempre di più aumentare, specie se si punteràa una maggiore caratterizzazione del vino scommettendosu un vitigno simbolo del territorio materanoquale è il primitivo. Il disciplinare della Doc comprendesei diversi tipi di vino: Rosso, Primitivo, Moro,Greco, Bianco e Spumante. Ogni vino viene ottenutoda vitigni specifici, attraverso tecniche produttive diverse.Il Matera Rosso è ottenuto dalla vinificazione diSangiovese, Aglianico e Primitivo, cui si possono aggiungerealtri vitigni autoctoni non aromatici a bacca nera.Dalla vinificazione di uve Primitivo per almeno il 90%si ottiene il Matera Primitivo. Un uvaggio più internazionalecaratterizza il Matera Moro, che prevede un minimodi 60% di Cabernet Sauvignon edel 10% di Merlot, oltre a un 20% diPrimitivo e altri vitigni locali. Per ilMatera Greco si utilizza principalmenteil Greco Bianco (85%) con altrivitigni bianchi autoctoni. MalvasiaBianca di Basilicata, Greco Biancoe piccole percentuali di altri vitignidanno vita al Matera Bianco. Infine,dagli stessi vigneti che danno le uveper il Bianco, ma con un diverso pro-21


Degustazionicesso di vinificazione, si ottiene il Matera Spumante,ottenuto solo per rifermentazione naturale.L’intero processo di vinificazione deve avvenire solo nelterritorio regionale. Per i vari vigneti è prevista una produzionemassima di 10 tonnellate per ettaro. La gradazionealcolica è compresa tra i 10,5 gradi del Biancoe del Greco ed i 12,5 del Primitivo.L’immissione al consumo delle tipologie Rosso, Primitivoe Moro, infine, può avvenire solo dopo un periodo dimaturazione obbligatorio di dodici mesi, a partire dal1° novembre dell’anno di produzione delle uve.Per accompagnare a tavola il Matera Doc c’è solo l’imbarazzodella scelta, vista l’ampia gamma dei vini diquesta Doc: possiamo andare da un bianco giovanefino ad un rosso strutturato e importante, come ilPrimitivo o il Moro. Matera Bianco e Greco si sposanocon primi piatti leggeri, minestre come l’acquasale, verdurecome le patate raganate e, ovviamente, pesce delloJonio. Se il Matera Rosso può accompagnare tutto ilpasto, al Moro e ancor più al Primitivo vanno riservatisaporiti piatti di carne e sughi ricchi o formaggi stagionatitipici della tradizione lucana come pecorino diFiliano Dop o di Moliterno e caciocavallo podolico. Comeaperitivo o su preparazioni più leggere a base di crostaceio carni bianche nulla di meglio che un flûte diMatera Spumante metodo classico.LA DEGUSTAZIONEMALANDRINA 2006 - MASSERIA CARDILLOMATERA MORO DOC - 14,5%Nel bicchiere si presenta di colore rosso rubino profondo e impenetrabile, orlato da riflessigranati, con vivaci tonalità, di notevole consistenza. Al naso è intenso complesso ed elegante,con piacevoli note di frutta rossa matura, con prugna e ciliegia su tutti, seguiti dasentori speziati di pepe nero e cacao. In bocca è deciso, caldo e avvolgente, ben equilibratodalla vivida freschezza e da tannini levigati. Di ottima struttura. Lunga la persistenzacon finale balsamico. Maturazione in piccole botti di rovere francese almeno dodici mesi.Da gustare con cosciotto di agnello arrosto al forno con patate.▲TITTÀ 2007 - MASSERIA CARDILLOMATERA ROSSO DOC - 14%Rubino impreziosito da luminosi riflessi, di buona consistenza. Compattezza olfattiva intriganteche esprime note succose di frutta rossa (lampone, ciliegia, ribes) incorniciate inpiacevoli sentori di pepe nero e spezie orientali. Struttura immediatamente percepibile inbocca, ma allo stesso tempo pulita ed equilibrata tra una importante alcolicità e unnerbo acido in buona evidenza. Lungo il finale, un po’ sapido e con ritorni gusto-olfattivispeziati. Affinamento in acciaio inox, almeno sei mesi in barrique di rovere francese edodici mesi in bottiglia. Ottimo da provare con lo spezzatino di cinghiale, funghi porcini ebacche di ginepro.LE PAGLIE 2008 - CANTINE CERROLONGOMATERA GRECO DOC - 13%Si presenta con una veste giallo paglierino lucente, con una buona consistenza.Nel bicchiere ha una sorprendente intensità con note fruttate di nespola, ginestra, sentoridi pera, banana e un tenue finale minerale e speziato. Gusto ricco, morbido, fresco esaporito, delineato da una avvolgente struttura e gradevolmente equilibrato. Buona lapersistenza aromatica intensa e la corrispondenza gusto olfattiva. Ben integrato l’apportodel legno: affinamento tre mesi in acciaio (80%) e tre mesi in legno (20%). Da accompagnarecon purea di fave e cicoria campestre.▲TORRE BOLLITA 2007 - CANTINE CERROLONGOMATERA MORO DOC - 14%Così denominato da un'antica torre costiera di difesa, proprietà della famiglia Battifarano,costruita dagli Aragonesi nel Cinquecento e ancor oggi saldamente eretta dinnanzi al marJonio. Composto da un blend di uve Cabernet Sauvignon, Merlot e Primitivo si presenta dicolore rosso granato, profondo e luminoso di buona consistenza. Nel bicchiere presentaprofumi evoluti di confettura di prugna, di marasca e viola seguiti da note speziate ditabacco e pepe. Al gusto si presenta subito di grande corpo, caldo, morbido ben equilibratoda un elegante tannino evoluto e una robusta spalla acida. Ottimo nel finale con unalunga persistenza e una piacevole corrispondenza gusto olfattiva. Affinamento in acciaioper otto mesi e in legno per sei mesi. Da abbinare con arrosto di cinghiale con verdure.22


PIETRAPENTA 2006 - DRAGONEMATERA PRIMITIVO DOC - 13,5%È un vino ottenuto dalla vinificazione in purezza di uve Primitivo; di colore rosso rubinovirante al granato, di buona consistenza.Gradevole olfatto, emana piacevoli note di prugna in confettura che accompagnanoeleganti sensazioni di vaniglia, more in confettura, spezie dolci e tabacco.Al gusto è caldo, morbido, di buona freschezza con un tannino deciso, ben equilibrato. Dibuona persistenza gusto olfattiva. Matura per due anni.Da degustare con piatto di orecchiette alla materana.EGO SUM 2006 - DRAGONESPUMANTE METODO CLASSICO BRUT ROSÈ - 12,5%Ottenuto da uvaggio 100% primitivo, si presenta di colore rosa cerasuolo con leggeri riflessiramati, con perlage fine e abbastanza persistente.All’olfatto è intenso piacevolmente fruttato, in chiusura rilascia sensazioni di ciliegia, conricordi di fragoline e lamponi e una lieve fragranza di lieviti e crosta di pane.In bocca è morbido, fresco, accattivante e con una gradevole mineralità.Buona la persistenza gusto olfattiva. Affinamento sui lieviti per 12/16 mesi.Ottimo con un risotto agli scampi, ma può essere una piacevole scoperta con i salumi.▲SERENELLA 2008 - AZIENDA AGRICOLA DITARANTOMATERA GRECO DOC - 12,5%Nel bicchiere si presenta giallo paglierino intenso con venature verdoline. Al naso si presentacon evidenti note fruttate, di pesca bianca mela renetta, supportate da bouquetfloreali di ginestra, sambuco con richiami agrumati.In bocca ha stoffa, una bella vivacità acida che ben si fonde con un frutto dolce e maturodi pesca. La sapidità non manca e il finale, delicatamente amarognolo, ne stimola ilriassaggio. Ottimo in accompagnamento a una tartare di tonno alla mentuccia.IL CELLARIO 2008 - AZIENDA AGRICOLA DITARANTOMATERA MORO DOC - 13,5%Rosso rubino, con tonalità abbastanza vivaci. Si apre su note intensamente complesse difrutta rossa in confettura che proseguono verso toni vegetali che accompagnano arichiami speziati nel finale. Al gusto si presenta secco, caldo e morbido, con un tanninodeciso, ma mai aggressivo. Buona struttura e discreto equilibrio. Dal lungo finale che virasu sapori leggermente amaricanti di liquirizia. Da assaporare in abbinamento con maialinoo spiedini al forno.PRIMEBACCHE 2005 - MASSERIA LANZOLLAMATERA PRIMITIVO DOC - 13,5%Nuance granato, intenso e luminoso, di piena consistenza. La buona complessità olfattivaricorda profumi di frutta a bacca rossa matura, subito seguiti da delicate note speziate,accenti vegetali, cuoio, tabacco e pepe.In bocca è deciso, caldo, leggermente morbido, con un tannino deciso, di buona freschezza.Il palato è strutturato, buona persistenza, abbastanza equilibrato e con un finaleche racchiude una nota amaricante. Affinamento in acciaio per un anno e successivamenteper quattro mesi in barrique. Da abbinare con arrosto di agnello al vino rosso.MONS ALBIUS 2006 - MASSERIA LANZOLLAMATERA MORO DOC - 13,5%Rubino con sfumature che virano al granato. Si respirano i profumi del sottobosco, delleviole, dei mirtilli e delle visciole sotto spirito, accompagnati da lievi note erbacee e speziate.Potente al palato, la dotazione calorica è ben mitigata dalla vivacità dei tannini, dolcementesapido e ben equilibrato all’assaggio.Buona la coerente persistenza gusto olfattiva, con nota di liquirizia in chiusura.Da gustare con bocconcini di manzo alle prugne o coniglio alla cacciatora.▲Hanno collaborato Carmen Giuratrabocchetta, Marco Primolevo, Daniele Scapicchio edEugenio Tropeano.23


DegustazioniCarso,vini con il saporedi pietradi Franco Ziliani▼ Il Carso triestinoNata nel 1985, la Doc Carso è di granlunga la più piccola Doc del FriuliVenezia Giulia con circa 100 ettaridi territorio una percentuale intorno all’unoper cento della produzione totale regionale.Cionostante, dei vini del Carso si parlasempre più spesso tra gli appassionati piùesigenti e curiosi ma più che per le spessoanche convincenti interpretazioni date divarietà internazionali presenti un po’ intutto il Friuli Venezia Giulia comeChardonnay e Sauvignon in bianco eCabernet (Sauvignon e franc) e Pinot neroin rosso, per i vini espressione di due varietàautoctone, la Vitovska in bianco ed ilTerrano, appartenente alla famiglia deiRefoschi, ma differente dal Refosco friulano,in rosso. Questo senza dimenticaregli ottimi vini che, in bianco, si ottengono da un’uvadelicata come la Malvasia Istriana. Le origini dellaVitovska, come dice chiaramente il nome, sono slovenee in Slovenia difatti viene coltivata con il nome diVitovska Garganja e si tratta di una varietà che moltobene si é adattata alle particolari condizioni di siccitàe ventosità di questo ambiente tutto particolare, verazona di confine tra culture e civiltà (anche del vino)molto diverse, che è la terra del Carso.Una terra aspra e affascinante, che gode dell’influenzadel mare e conta su microclimi del tutto particolari,dove la produzione vinicola spesso percorre la stradadel vino da tavola, mentre per i vini a denominazionei produttori tendono a usare indifferentemente laDoc Carso sia l’Igt Venezia Giulia, seguita dall’indicazionedel vitigno. Grazie alla disponibilità di Edi Kantee Beniamino Zidarich, due dei principali produttoridi questa piccola denominazione, i cui protagonistisono aumentati negli ultimi anni, abbiamo avuto mododi fare un’ampia degustazione di una settantina di vinidella Doc Carso, concentrando l’attenzione proprio suVitovska, Malvasia Istriana e Terrano. Vini, i bianchi,giocati sulla finezza aromatica, sulla mineralità, su uncorredo acido importante, su una definizione e un nerbopreciso, su un “sale” che li rende estremamente vivi epiacevoli, mentre nel Terrano è il tannino, a volte dotatodi una certa ruvidezza scabrosa, a dominare, insiemea profumi selvatici, boschivi, che rendono i vinimolto particolari e assolutamente, come dicono glianglosassoni, food friendly, ovvero particolarmenteadatti all’abbinamento ai cibi, molto saporiti e gustosi,della zona. Ma lasciamo ora la parola ai vini.24


KmetijaDEGUSTAZIONE DOC CARSOVitovskaFriuli Venezia Giulia Vitovska 2003 KanteStupefacente brillantezza e vivacità del colore, paglierino oro splendente, naso di intensitàcomplessità ricchezza e freschezza fuori dal comune, con aromi caldi di agrumi canditie macchia mediterranea, liquirizia, anice, miele d'acacia, albicocca candita, fiori bianchi,il tutto in una cornice di straordinaria freschezza e sapidità con accenni salini e dimare. La bocca è ricca, calda, piena, avvolgente di assoluta dolcezza, con nerbo precisosapido e nervoso, una petrosità estrema e sapidità che rende il vino preciso, lunghissimo,verticale, praticamente infinito, con un'acidità e un carattere davvero straordinari.Friuli Venezia Giulia Vitovska 2007 Fabian GiustoColore paglierino oro verdognolo di bella intensità e brillantezza, naso molto ampio,caldo, suadente, di grande eleganza, con note di albicocca, pesca, fiori bianchi, agrumie frutta secca. Bocca piena, ricca, salata di grande nerbo e pulizia, il vino si allargaampio in bocca con bella dolcezza di frutto, acidità ben calibrata e persistenza verticalemolto salata, con equilibrio e piacevolezza.Carso Doc Vitovska 2007 SkerkColore paglierino oro splendente, naso di bella intensità e fittezza, molto suadente ed elegante,con note di albicocca, pesca nettarina, accenno di miele, agrumi canditi, liquiriziae fiori bianchi di bellissima ricchezza. Al gusto asciutto, ricco, pieno, di grande e saldastruttura, ben secco, di grande avvolgenza, con pienezza e carattere incisivo da rosso,grande equilibrio, finezza, lunga persistenza, con acidità bilanciata e mineralità.Carso Doc Vitovska 2007 ZidarichColore molto denso, fitto estrattivo, “stile Gravner e dintorni”, naso secco, con ossidazionecontrollata, che si distende poi ampio e solare, con frutta candita, leggera speziatura,albicocca secca, agrumi canditi e liquirizia in evidenza. Bocca larga, piena, avvolgente,con la stoffa e la ricchezza di un rosso, di grande personalità, lunghissimo, largo, impegnativo,ancora estremamente giovane con nerbo acido che spinge.Friuli Venezia Giulia Vitovska 2007 “Vitigno antico” KanteColore paglierino di bella intensità con note verdognole brillanti traslucide, naso di grandefragranza e purezza, con perfetta interazione tra note di fiori e fieno secco e fruttate, conagrumi, mandorla, nocciola, una leggera speziatura, liquirizia, accenni di anice e sambucoa completare il bouquet. Bocca di grande impegno e ampiezza ricca, estrattiva, connotevole stoffa ma con freschezza e sapidità estreme, lungo, verticale, nervoso, con aciditàprofonda grande freschezza e sale. Ancora molto giovane e con grande potenziale.Friuli Venezia Giulia Vitovska 2006 Grgic IgorColore paglierino oro squillante multi riflesso, naso caldo, fitto maturo, mediterraneo confrutta secca, fieno e fiori secchi in evidenza e accenni di miele con mineralità spiccata.Bocca molto larga, piena, di grande stoffa, ricca e calda con bellissima acidità e freschezza,gusto sapido, ben secco, incisivo di grande carattere e sale. Ancora molto giovanee pieno di energia.▲▲▲▲▲Fabian GiustoVitovska 2007Igor GrgicVitovska 2006Friuli Venezia Giulia Vitovska 2008 Jozko ColjaColore paglierino acceso di grande intensità e brillantezza, naso molto fitto, maturo, largo,con bella ampiezza e presenza di frutto (pesca e albicocca), accenni di biancospino e salvia,a comporre un insieme elegante, ampio suadente, con dolcezza d'espressione mediterraneae note agrumate. Bocca di bella intensità e ampiezza, con grande nerbo sapido,bell'allungo nervoso e verticale, sottile e incisivo, con acidità viva e grande carattere.Friuli Venezia Giulia Vitovska 2006 OstrouskaBella intensità di colore, naso molto vivo, complesso, solare mediterraneo, con erba e fienosecco, miele, agrumi e frutta in evidenza, con fragranza e freschezza. Bocca molto seccaasciutta, di grande slancio e nerbo salato, con persistenza lunga e mineralità spiccata.AziendaOSTROUŠKAVitoska25


DegustazioniCarso Doc Vitovska 2007 LupincColore paglierino smagliante di vivacità e brillantezza, molto elegante e sottile nei profumifloreali, propone una bocca di grande ampiezza e impegno, asciutta, nervosa, con mineralitàche spinge e grande materia, ma con freschezza, acidità e nerbo preciso e unagrande lunghezza e verticalità, con carattere petroso spiccato.Friuli Venezia Giulia Vitovska 2007 Mario MilicNaso molto caldo, pieno, maturo con spiccato carattere vinoso e frutta ben matura(pesca e albicocca) accenni di liquirizia anice e salvia. In bocca é molto largo, asciutto,nervoso, con bell'allungo, ha pienezza, ricchezza estrattiva, lunga persistenza salata bensecca senza concessioni, acidità ben calibrata che spinge e finale molto persistente, verticale,salato, di nerbo preciso.Friuli Venezia Giulia Vitovska 2007 Castello di RubbiaColore paglierino oro solare multi riflesso, naso molto ampio, mediterraneo con agrumicanditi, fiori bianchi, leggera speziatura e vena petrosa, bocca di notevole impegnomolto asciutto, largo, pieno con sviluppo preciso e coerente, grande intensità e pienezza,ben secco, con un ritorno che richiama il bastoncino di liquirizia, acidità ben sottolineata,una buona verticalità e lunghezza.Friuli Venezia Giulia Vitovska 2008 Stanko MilicPaglierino verdognolo brillante, naso molto elegante, incisivo, floreale, con una bella presenzadi pesca bianca e accenno di miele, con freschezza, nerbo, un bell'accenno minerale.Attacco asciutto, preciso, nervoso di apprezzabile nitidezza e precisione, sapido enervoso, ha persistenza e buona acidità che spinge.Friuli Venezia Giulia Vitovska 2007 Roberto SavronColore macerativo estrattivo, naso molto ricco, asciutto maturo, con anice e liquirizia inevidenza e poi fiori secchi e agrumi, bocca di grande ricchezza con tannini che mordonoancora, pieno molto asciutto, di carattere spiccato ancora con una certa durezza diespressione dovuta a un legno ancora sbilanciato, ma largo caldo di grande impegno.▲▲▲Mario MilicVitovska 2007Malvasia IstrianaFriuli Venezia Giulia Malvasia Istriana 2008 Jozko ColjaPaglierino oro traslucido di grande luminosità, naso ricco ampio, suadente di grande fragranza,dolcezza ed eleganza, con note di mandorla, miele e biancospino. Bocca ampia,ricca, salata, di grande nerbo, si allarga pieno avvolgente caldo, con grande stoffa, macon un sale, una freschezza, un nerbo, un bilanciamento acido da grande vino, con pulizia,estrema piacevolezza e finale secco asciutto che invoglia a bere.Friuli Venezia Giulia Malvasia Istriana 2008 Fabian GiustoColore di bellissima intensità e brillantezza, naso fitto, caldo, suadente, di grande eleganza,fragranza e complessità, con un tono quasi cremoso, con agrumi, fiori bianchi, accennidi miele in evidenza, il tutto in una cornice di grande fragranza e sapidità. Al gusto èricco, pieno di notevole estrazione e colore, alcol (13°) ben bilanciato, ha materia riccache regala ampiezza, larghezza, salda persistenza con una bella vena acida che spingee vivacizza il finale verticale e petroso.Carso Doc Malvasia Istriana 2007 SkerkColore di grande ricchezza oro antico con magnifici riflessi e bella densità nel bicchiere,naso fitto, suadente, mediterraneo, con agrumi, albicocca candita, mandorla, fiori secchie miele. Bocca larga, piena, avvolgente, di magnifica estrazione, con retrogusto di mielee frutta secca, magnifica acidità e nerbo salato, con grande eleganza e ricchezza, energiae integrità.▲▲▲Fabian GiustoMalvasia Istriana 200826


Carso Doc Malvasia Istriana 2007 ZidarichBella intensità di colore con la leggera nota opaca dei vini macerativi ed estrattivi, nasoche esalta la componente fruttata, con agrumi canditi e note mediterranee calde e solariin evidenza, accenni di mandorla e miele, grande ampiezza ma fragranza e pulizia inbocca, larga, piena, suadente, vellutata, di grande impegno e stoffa. Il vino ha finezza ecarattere, acidità ben bilanciata, fresco e vivo e pieno di sale, con finale lungo, nervoso,preciso, di grande e incisiva verticalità.Friuli Venezia Giulia Malvasia Istriana 2007 KantePaglierino brillante e luminoso, naso complesso, fresco, salato, di grande pulizia, grandissimasalinità e nerbo preciso, con mandorla, fiori bianchi, anice, vino ricco, estrattivo, macon assoluto bilanciamento tra tutte le componenti. Attacco asciutto incisivo con bellaverticalità e lunghezza, al gusto dà l'impressione di essere ancora molto giovane con unagrande materia che deve ancora completamente aprirsi e lunghissima ampia persistenza.Friuli Venezia Giulia Malvasia Istriana 2006 SkerljColore molto fitto, estrattivo, leggermente opaco, naso caldo e mediterraneo con fruttasecca, miele, albicocca, agrumi canditi e poi una nota minerale sapida, precisa, petrosa,asciutta. In bocca è largo, pieno, carnoso, di grande stoffa e impegno, con magnificasapidità e mineralità, nervoso, vivo, scattante, con preciso equilibrio tra tutte le componentinonostante la potenza e la ricchezza del vino.Carso Doc Malvasia Istriana 2006 Grgic IgorPaglierino oro multi riflesso di splendida vivacità, naso molto elegante, compatto, denso,con note di miele, zafferano, frutta secca, albicocca, mandorla, di grande fragranzaampiezza e pulizia. In bocca è molto lineare, incisivo, sapido, nervoso, con grande verticalitàe mineralità, molto essenziale quasi scabro, petroso ma con una precisione e unsale e una freschezza davvero molto notevoli.Carso Doc Malvasia Istriana 2008 Rado KocjancicPaglierino di bella vivacità e intensità, naso caldo, maturo, suadente, quasi cremoso, connote solari mediterranee, accenni di pasta di mandorle e marzapane, pesca bianca,miele, nocciola, bocca ricca, piena, ampia, di buon impegno e larghezza, vino voluminosoma con notevole freschezza e corredo acido bilanciato che regala un finale incisivoasciutto di buon carattere.Friuli Venezia Giulia Malvasia Istriana 2008 Fattoria Carsica SkerljColore paglierino verdognolo luminoso e traslucido, naso molto incisivo e preciso con spiccatocarattere floreale – biancospino e fiori bianchi – quindi anice, accenno di agrumi digrande freschezza e sapidità. La bocca è ampia, larga, di buona estrazione di frutto, conuna bella vena acida sapida che dà slancio ed equilibrio e buona piacevolezza al vinoancora molto giovane e fresco.Carso Doc Malvasia Istriana 2007 FerfogliaBella intensità cromatica, naso ben secco, fiori bianchi, fieno, accenno miele, fruttasecca leggera speziatura, liquirizia, secco incisivo nervoso con una bella estrazione euna piacevole ruvidezza estrattiva, bocca molto secca, incisiva, nervosa, con bella aciditàe lunghezza.▲▲▲▲▲▲▲Igor GrgicMalvasia Istriana 2006Terrano▲Carso Doc Terrano 2003 KanteRubino di grande integrità e profondità, naso di bella fittezza e persistenza aromatica,ancora con una certa vinosità, con note selvatiche di liquirizia e accenni di rabarbaro,china e note minerali sapide, nervose, a costituire un insieme molto personale. Largopieno, succoso al gusto, con una pienezza di frutto – prugna e ciliegia selvatica – insospettabile,ancora molto largo, pieno di grande soddisfazione e polpa, mantiene ancoranerbo, freschezza ed energia.27


L’intervistaLa diversità,il punto di forzadel vino italianodi Cesare PillonPER CONQUISTAREIL CONSUMATOREÈ INDISPENSABILECAMBIARE STRATEGIA:BISOGNA ESPORTARECULTURA, FARCONOSCERE STORIAE TRADIZIONIIN MODO DA CREAREINTERESSE E GENERAREASPETTATIVE, CHEVERRANNO SODDISFATTEESPORTANDO IL VINO▲ Donato LanatiNegli ultimi trent’anni il vino italiano ha conosciuto una stagionedi straordinario successo, arrivando a competere con quellopiù prestigioso al mondo, il vino francese. Ma l’anno scorsola crisi, abbattutasi come un ciclone anche sul vino italiano quandoquesto non era più sulla cresta dell’onda, ha cambiato le carte in tavola.Qual è la situazione oggi? DeVinis lo ha chiesto a Donato Lanati,figura di spicco della cultura enologica italiana (è docente all’Universitàdi Torino) ma anche consulente di molte aziende sparse in tutta lapenisola, per cui dispone di informazioni di prima mano e ha tutti glistrumenti per analizzarle in profondità.In questo momento così complesso e difficile, qual è lo stato di salutedel vino italiano?“La crisi ha colpito tutto il mondo ma, in Europa, particolarmente Italiae Francia. La Francia lamenta i danni più gravi perché la sua immaginesi identifica soprattutto con Bordeaux e Champagne, che hannosubito perdite del 30-40 per cento (lo Champagne però ha saputo reagirecon maggior prontezza). L’Italia ne ha risentito meno perché i suoivini, favoriti dalle differenze di stili e di regioni, sono stati in grado diaffrontare le difficoltà meglio dei concorrenti. A compromettere la lorocompetitività è stato però (fino al febbraio scorso) il rapporto di cambiodelle valute, con un euro troppo forte e un dollaro troppo debole,che li ha rincarati, favorendo i vini australiani e cileni. E non è statocerto d’aiuto il sistema italiano di denominazioni, ingessato da burocraziae restrizioni, molto meno agile del laissez faire, magari ancheeccessivo, di cui godono i Paesi nuovi produttori”.Quando si è alle prese con difficoltà economiche, il fattore prezzo assumeun’importanza fondamentale per qualunque prodotto, figuriamoci per ilvino, che non è indispensabile per l’alimentazione umana, e di cui perciòsi può fare a meno. Di fronte all’inevitabile diminuzione dei consumi,la tentazione di abbassare i prezzi, pur di vendere, diventa fortissima.Qual è oggi, e quale dovrebbe essere, il rapporto tra prezzo e qualità?“Prima di tutto va fatto un distinguo: quando si parla di grandi vini cisi riferisce a denominazioni che godono di riconoscimento mondialecome Amarone, Chianti, Barolo, Brunello. Ma sono prodotti di nicchia,ed è una nicchia che non arriva neanche al 10 per cento della produzione.Sono vini che offrono indubbiamente margini importanti, ma lavariazione del loro prezzo non smuove grandi volumi: chi abbassa troppoil suo listino rende meno credibile il proprio marchio senza far30


RAMANDOLOD. O. C. G.aumentare le vendite in misura apprezzabile.Per questi vini va fatta invece una politicasempre più seria di qualità, perché devonorappresentare unicità enologiche.Attraverso di essi si vende territorio, e perciòbisognerebbe lavorare sulla valenza dell’origine,comunicando un sistema diverso piùche continuare a proporre tante denominazioniche creano confusione. Diverso è ildiscorso per i vini più commerciali”.In che senso?“Nel senso che il rapporto prezzo-qualità, nelloro caso, si confronta con quello degli altriPaesi produttori, quindi per valutarlo è essenzialeinnanzitutto capire quali sono i fattoriqualitativi richiesti dal mercato: insomma,che cosa intende per qualità il consumatore,in un vino che arriva a 5 euro sullo scaffale?Poi bisogna confrontarsi con i concorrenti everificare a quale livello si può competere,senza dimenticare però la redditività che deveavere tutta la filiera”.Il confronto, per questi vini, ha luogo nellagrande distribuzione, che non è un partner neutraleperché dispone di un’enorme forza contrattualeper comprimere i prezzi.“Effettivamente in Italia metà dei circa 50milioni di ettolitri prodotti viene venduta attraversola grande distribuzione, che è diventataterribilmente importante in un momentoin cui i consumatori sono alla ricerca del prodottopiù conveniente. Infatti la tendenza èdi abbassare sempre più i prezzi, per evitarestoccaggi di cantina insopportabili, e dipraticare operazioni di svuotamento. Si applicaperciò abitualmente il principio della venditaa costo industriale e a volte della “perditadi profitto”“.i nostri produttoriBernardis V. San Sebastiano 16 Nimis UD Tel. 0432-790140A. Berra V. Ramandolo 29 Nimis UD Tel. 0432-790296G. Bertolla V. Manzoni 19 Nimis UD Tel. 0432-790301G. Bressani V. dei Conti 52 Nimis UD Tel. 0432-790430A. Claucigh V. San Sebastiano 14 Nimis UD Tel. 338-7562364A. Comelli V. Valle 71 Nimis UD Tel. 0432-790402M. Cussigh V. Ramandolo 9 Nimis UD Tel. 0432-790427G. Dri V. Ramandolo 7 Nimis UD Tel. 0432-790516Favite V. Cloz 40 Nimis UD Tel. 0432-783914Filippon V. Valle 72 Nimis UD Tel. 0432-790212D. Gervasi V. Cloz 11 Nimis UD Tel. 0432-790019I Comelli Largo Diaz 8 Nimis UD Tel. 0432-790685Il Roncat V. Pescia 7 Nimis UD Tel. 0432-790260Job Agricoltura V. Coia di Lev. 26 Tarcento UD Tel. 0432-783226La Roncaia spa Via Verdi 26 Nimis UD Tel. 0432-790280Merlino V. Carducci 47 Nimis UD Tel. 347-8931342Micossi V. Bernadia 20 Tarcento UD Tel. 0432-783276G. Petris V. Ramandolo 35 Nimis UD Tel. 0432-797039Ronchi di Nimis V. dei Conti 26 Nimis UD Tel. 0432-790487R. Tami V. Roma 50 Buttrio UD Tel. 0432-670174Toblar srl V. Ramandolo 17 Nimis UD Tel. 0432-755840Vigneti P. Pittaro V. Udine 67 Codroipo UD Tel. 0432-904726S.eM.VizzuttiV. Vuanello 14 Nimis UD Tel. 0432-790167M. Zaccomer V. Sedilis 31 Nimis UD Tel. 0432-790234enoteche e wine bar selezionatiEmilia RomagnaCantina Tumedei V. Ortolani, 32 Bologna Tel. 051-540239Friuli Venezia GiuliaAcer V. Manin 16 Udine Tel 0432-504186Ai Bintars V. Trento Trieste, 67 S. Daniele UD Tel 0432-957322Carnia Sapori Sauris di Sopra UD Tel 0433-866378Da Benito Largo Diaz 4 Nimis UD Tel 0432-790019Enoteca Dawit V. Alpi Giulie 30 Camporosso UD Tel 0428-63012Enoteca di Buttrio V. Cividale 38 Buttrio UD Tel. 0432-683072Rist. Cial de Brent V. Pordenone 1 Polcenigo PN Tel 0434-748777G. Scognamiglio V. Conti 34 Trieste Tel 040-639582Trattoria al Grop V. Matteotti 7 Tavagnacco UD Tel 0432-660240LazioEnoteca Trimani V. Goito 20 Roma Tel 06-4469661LombardiaBottega del Vino Peck srl V. Hugo 4 Milano Tel 02-861040Cantina la Frasca V. Ticino 15 S. Fruttuoso MB Tel 039-2726243Enoteca ai Ronchi V. Galilei 89 Brescia Tel. 030-305354Enoteca Cotti V. Solferino 42 Milano Tel 02-29001096Ottimo Rist. e Gastr. V. S. Marco 29 Milano Tel. 02-62694634Winner Wines srl V. Roma 27 Leno BS Tel. 030-906374ToscanaEnoteca Bonatti srl V. Gioberti 66/R Firenze Tel. 055-660050Selez. Fattorie V. Artigianato 50 Montespertoli FI Tel. 0571-670584VenetoEnoteca Cortina V. Mercato 5 Cortina d’A. BL Tel. 0436-862040Enoteca La Mia Cantina P. le S. Croce 21 Padova Tel. 049-8801330Quadri Gran Caffè P. zza S. Marco 120 Venezia Tel. 041-5222105Consorzio Tutela Vini Colli Orientali del Friuli e Ramandoloinfo@ramandolo.it www.ramandolo.it


L’intervistaMa allora il concetto di qualità è moltodiverso, per i vini da 5 euro rispetto aquelli da 30.“Proprio così. In questi ultimi c’è il patrimoniostorico e culturale di un territoriocon cui l’acquirente vuole entrarein contatto e per questo è disposto aspendere di più. Nei vini da 5 euro, invece,contano di più la varietà e la mancanzadi difetti, anche se la qualità èoggi una condizione assoluta a tutti ilivelli e non più un attributo dei vinial top. Questi, però, devono comunicarequalcosa di più: una qualità unica,riconoscibile, identificabile e allo stessotempo storia, tradizione e verità.Meglio se verità scientifica!”.Questo concetto, che il vino italiano hadavanti a sé un grande futuro soltantose riesce a far percepire il suo legamecon il territorio e la sua storia, è diventatoun ritornello che ripetono tutti. Ma lasensazione è che dietro le belle parolenon si faccia molto di concreto, in questadirezione. Lei che cosa ne pensa?“Bisogna prendere atto che i francesi,avendo saputo esportare in tempi non recenti la loro cultura enologica,hanno fatto diventare i loro vini il punto di riferimento più facileper tutti i consumatori del mondo. Con la sola eccezione di Barolo eBrunello di Montalcino, perciò, la produzione italiana viene messa aconfronto con Cabernet, Merlot, Shiraz, Chardonnay, ed è un confrontodifficile. Tuttavia la vendita può essere favorita quando i viniottengono punteggi molto elevati dalla newsletter The Wine Advocatedi Robert Parker o dal periodico Wine Spectator, pubblicazioni che inuna sola lingua vengono lette in almeno trentacinque Paesi del mondo:possibilità che le guide dei vini italiane ovviamente non hanno”.Ma il giudice decisivo non è il consumatore?“Sono il primo a esserne convinto, però è necessario che il vino arrivia lui. Il problema è che se si vuole entrare negli Stati Uniti o in Russiacon un nuovo marchio, bisogna esibire delle credenziali e questi supergiudicisono in grado di fornirle. Ma se il vino non è ancora sul mercato,non può avere un punteggio da Parker o da Wine Spectator: è ilclassico caso del gatto che si morde la coda. Ma c’è anche un altro problema.Le varietà tradizionali italiane sono molto diverse da quelle francesi,soprattutto sono accusate di avere meno colore. Io però sono convintoche la diversità delle loro caratteristiche, che sembrerebbe unpunto debole, può diventare invece il loro punto di forza”.In che modo?“L’obiettivo di ogni produttore, oggi, è di proporre vini riconoscibili: ilconsumatore attento è stufo di assaggiare vini che si assomiglianotutti. Per conquistarlo è indispensabile però cambiare strategia: bisognaprima esportare cultura, far conoscere storia e tradizioni in mododa creare interesse e generare aspettative. Aspettative che verrannosoddisfatte esportando, ma solo a quel punto, il vino”.Lei ha affermato spesso l’esigenza di una tracciabilità scientifica pergarantire l’origine del vino. Certo, è importante dar certezza al consumatoreche ciò che sta scritto in etichetta corrisponda esattamente a ciò32


che contiene la bottiglia, ma inun momento come questo, in cuiil rischio più temuto è la cadutadei consumi, è lecito chiedersi:la tracciabilità scientifica puòservire a incoraggiare le venditeoppure no?“No, a favorire le vendite oggisono il marchio e la qualità. Ilmarchio esprime fiducia,costanza, sicurezza. E la qualitànon è più un attributo macondizione assoluta che deveessere garantita a tutti i livellidi prezzo. Da sola la tracciabilitàscientifica non può incoraggiarele vendite per un motivomolto semplice: i consumatoripensano che sia già garantitada Doc e Docg. In realtà, avvenimentianche recenti hannodimostrato che ciò non è affattovero: tutti i controlli impostidalla normativa, i registri e lecertificazioni permettono semplicementedi arrivare al produttore,ma è lui stesso, in definitiva,che garantisce varietà e origine di provenienza. Non sarebbe piùrazionale allora pretendere da lui solo un’autocertificazione delle quantitàprodotte e del luogo da cui le ha ottenute, e poi, a campione,verificare scientificamente l’origine?”.Ma in che cosa può consistere questa verifica scientifica?“Esiste già un sistema di controllo, basato sul valore dei rapporti isotopicidegli elementi leggeri, ma i risultati che si ottengono hanno solocarattere probabilistico perché sono influenzati dalle variazioni delclima. Vi è però un settore di ricerca più innovativo, centrato sulfatto che la vite, come tutte le piante, assorbe dal suolo le sostanze peril proprio metabolismo e nel percorso terreno-pianta-uva-vino visono alcuni isotopi che non subiscono frazionamenti neanche durantela fermentazione. Questi sono perciò eccellenti indicatori di provenienza,sempre costanti nel tempo, ma con valori specifici in funzionedella natura e della composizione del terreno. Costituiscono cioèuna vera e propria impronta digitale che certifica la zona di nascita delvino. Ecco perché sono convinto che la tracciabilità scientifica dell’originegeografica diventerà valorizzazione dell’economia reale e del territorio”.La sua proposta di tracciabilità scientifica provoca però qualche perplessità.Questa, per esempio: in un mercato egemonizzato dalla culturaamericana, che privilegia la qualità varietale del vino, come pensa sipossa imporre la qualità territoriale patrocinata dalla cultura e dallatradizione europea?“Credo che la questione vada capovolta. Se il mercato omologato dallacultura americana dovesse mai prevalere, noi saremmo costretti asmettere di fare vino perché in Australia, nel Cile e in Argentina le uve,per questo tipo di vino, si ottengono a costi decisamente più bassi.L’Italia, come tutti i Paesi storici, vende varietà ma soprattutto origine.Perciò deve fare vini appetibili al consumatore mantenendo le caratteristichedelle sue varietà così come scaturiscono da un territorio bendefinito”.33


L’intervistaMa perché non accettare invece la sfida sul terrenodella qualità varietale?“Lo si è tentato anche troppo spesso, in questi anni,ricorrendo a furbizie e scorciatoie, arricchendo ivini italiani di colori e profumi, mediante tagli truffaldini,per conferire loro più facilmente le caratteristichedei vini dell’omologazione. Ma così facendo essihanno perso la forza della territorialità e l’emozionalitàdella nostra cultura. Se invece di infilare nellebottiglie a denominazione di origine vini provenientida altre zone, si fosse fatta una vera ricerca viticola,selezionando le piante per ottenere una migliore differenziazione,avremmo qualche possibilità in piùdi vincere sull’omologazione. In Italia si fa troppo pocaricerca, in parte perché è costosa, ma anche perchéc’è pochissima gente preparata per poterla fare”.Su questo tema si innesta un’altra questione: episodicome quello del Brunello di Montalcino, nel quale ilsuo centro di ricerca, l’Enosis, ha avuto un ruolo diprimo piano come consulente della Procura, hannolasciato nell’opinione pubblica la sensazione che siamolto complicato controllare scientificamente concertezza la qualità varietale di un vino. A lume di naso,le difficoltà di controllo della qualità territoriale dovrebberoessere anche maggiori. Perché allora il consumatoredovrebbe sentirsene più garantito e basare su diessa le sue scelte?“Creda, non è difficile ricercare la varietà, almeno neivini monovarietali. Per gli altri ci sono già oggi metodibiochimici e tecniche molecolari. E poi i ricercatoristanno portando avanti anche in Italia le tecnicherisolutive del Dna: è solo questione di tempo maci si arriverà. Vorrei però sottolineare qual è il ruolodella ricerca in queste vicende. Secondo me, lo scopodella ricerca è capire la qualità e cercare di esprimerlaal meglio, mantenendola nel tempo; il confrontocon i vini truccati ne è solo una conseguenza”.Può essere più esplicito?“Certo. Il mio gruppo a Enosis non studia come scoprirele sofisticazioni, ma cerca di assolvere al piùgrande compito dell’enologia che è quello di individuarequali sono i metaboliti di interesse qualitativoper ogni particolare varietà, quali sono i fattoriambientali che stimolano l’espressione di alcuni genianziché di altri e come sovrintendono ai corrispondentilivelli biosintetici. Tutto ciò per capire di più enella consapevolezza che per fare delle scelte miratebisogna basarsi su rigorose basi scientifiche.Insomma: non sono lo sceriffo di Nottingham. Mapoiché vivo a Sherwood, preferisco fare Robin Hood”.CONVOCAZIONE DI ASSEMBLEA PER L’APPROVAZIONE DEL BILANCIO CHIUSO AL 31 DICEMBRE 2009È convocata l’Assemblea dell’<strong>Associazione</strong> <strong>Italiana</strong> <strong>Sommelier</strong>s prevista dall’articolo 11 dello Statuto vigentepresso la sede dell’AIS, Viale Monza 9, Milano per mercoledì 21 aprile 2010 alle ore 6.00 in prima convocazionee per GIOVEDÌ 22 APRILE 2010 ALLE ORE 9.00 in seconda convocazione per discutere e deliberare sul seguenteORDINE DEL GIORNO1 – Lettura della relazione sull’attività gestionale2 – Lettura della relazione del Collegio Revisori dei Conti3 – Discussione e approvazione del Bilancio al 31 dicembre 20094 – Discussione e approvazione del Bilancio Preventivo 2010Il PresidenteTerenzio Medri


La verticaleLo champagnedi Napoleonee della Reginad’Inghilterra▲ I vigneti della maison MaisonPerrier JouëtLa Maison Perrier Jouët è, innanzitutto, il frutto di un’unione: quellatra Pierre Nicolas Perrier e Rose Adélaide Jouët, meglio conosciutacome Adèle. Lui venticinquenne appartenente a una famiglia di viticoltorie artigiani della regione, lei proveniente da una famiglia di commerciantidella Normandia, decisero di dedicarsi al commercio di Champagnee nel 1811 fondarono la loro famosa Maison, acquistando, tre anni più tardiil grande edificio che ne diventerà la sede storica, in Avenue de Champagnen. 28 ad Épernay.Si dice che la Maison sia nata sotto una buona stella, ovvero durante il passaggiodella cometa di Halley, osservata per la prima volta la notte del 25marzo proprio del 1811, che fu anche l’anno della prima, eccezionale,vendemmia Perrier Jouët, di cui, già nel 1819, rimanevano soltanto 50 bottiglie.Nel 1861 la Regina Vittoria decise di fare dell’azienda la fornitrice ufficialedella Corte d’Inghilterra, il che rappresentava un riconoscimento dellagrande qualità della produzione della Maison. Recentemente sono stati ritrovatiin cantina anche gli ordini di champagne di altri clienti di altissimolivello, quali Napoleone III e Caterina II, imperatrice di Russia. La Maisonpossiede in proprio 65 ettari, classificati al 99,2% nella scala storica deicru, ovvero ogni appezzamento è classificato quasi completamente comeGrand Cru.Il fabbisogno aziendale viene coperto per un terzo da uve di proprietà, mentrela parte restante viene selezionata presso viticoltori che collaborano conla cantina da ormai molte generazioni. È lo Chardonnay, vitigno fine ed elegante,floreale e raffinato a caratterizzare la produzione Perrier Jouët cheprivilegia le vigne mature, ovvero con un’età media di circa 23 anni. Si tratdiDavide Oltolini36


ta di poco meno di 40 ettari situati sui mitici Grand Cru di Cramant e di Avize.Tale vitigno viene poi unito al Pinot Meunier del Premier Cru di Dizy, generosoe fruttato e al Pinot nero della Montagna nord, come quello del Grand Crudi Mailly, certamente più delicato rispetto a quelli del sud. La Maison, fin daisuoi esordi, è stata strettamente legata all’arte, all’estro creativo e al design, apartire dall’esclusiva bottiglia della mitica Cuvée Belle Epoque, il cui decoro dianemoni, creato nel 1902 dal maestro vetraio dell’Art Nouveau Émile Gallé, larende, ancor oggi un sofisticato capolavoro estremamente attuale.La mitica Cuvée è invece nata nel 1969, quando è stata proposta al pubblicodegli estimatori con il grande millesimo 1964. La presentazione avvenne a Parigipresso Chez Maxim’s, uno dei templi della vita fastosa di inizio secolo e fu, successivamente,replicata, alla presenza dei più grandi nomi della politica, dell’artee del mondo dello spettacolo, in occasione della serataper i festeggiamenti del settantesimo compleanno di DukeEllington, ovvero Edward Kennedy Ellington, direttore d'orchestrae pianista, tra i più grandi compositori americani delNovecento. E proprio la mitica Cuvée Belle Epoque è stata laprotagonista di un’eccezionale ed esclusiva degustazione verticale,di sole bottiglie dal formato Magnum, che si è svoltanella sala degustazione di Perrier Jouët, all’interno della storicasede di Épernay, alla quale hanno preso parte, oltre achi scrive, solo Ivano Antonini, miglior sommelier italiano2008, del ristorante Sole di Ranco di Varese, Fabrizio Sartorato,sommelier del ristorante Da Vittorio di Bergamo (3 stelleMichelin), Lorenzo Rondinelli, responsabile wines del ristoranteTrussardi di Milano, e Davide Jais di Pernod Ricard,distributrice dello storico marchio.A condurre l’importante degustazione, delle storiche annate1999, 1998, 1996, 1995, 1988, 1985 e 1982, un personaggiod’eccezione come Hervé Deschamps, dal 1993 Chef decave della Maison, uno dei soli sette uomini che si sono alternatiin questo ruolo in ben due secoli della gloriosa storia diPerrier Jouët e attuale depositario della filosofia produttivadell’azienda.▲ Davide Oltolini,il primo a destra,alla Maison Perrier Jouët37


La verticaleLA DEGUSTAZIONEANNATA 1999Annata di difficile gestione, dall’inverno freddo, ma senza gelate, seguito da una primavera che ha alternato periodi caldia temporali e da un’estate soleggiata. Alla vista si presenta di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, mentre alnaso si rivela complesso con, in apertura, una nota di fiori bianchi, seguita da sentori di albicocche, frutta esotica, ananase pera e a una sensazione agrumata apportata dallo Chardonnay, i quali evolvono verso sentori mielati, di frutta secca ebrioche. In bocca appare caldo, rotondo, potente e generoso, con il Pinot nero che, oltre a presentarsi in quest’annatafruttato e leggero, offre al vino un’ottimale “ossatura”. Lungo il finale che, in retrolfazione, evidenzia gradevoli note di torrone,noce e mandorla.ANNATA 1998Annata dall’inverno mite e secco, caratterizzata da diverse gelate nel mese di aprile, alle quali è seguita la grandine, nonchéabbondanti precipitazioni. Abbastanza fresche le temperature di inizio dell’estate che è, invece, proseguita con unmese di agosto piuttosto caldo. Il Belle Époque 1998 si presenta come un prodotto non immediato, né semplice da degustare,ma di un’innata eleganza, e appare come una delle migliori espressioni dello Chardonnay. Alla vista offre un coloregiallo paglierino dai riflessi ben pronunciati, sintomatici di un’ottimale concentrazione, mentre all’olfazione diretta appareintenso, esprimendo una grande ricchezza, caratterizzata da aromi floreali e fruttati, con richiami particolari al limone ealla pesca, oltre a note di miele di fior d’arancio. Al palato si presenta consistente e corposo, rinfrescato da un’acidità benpresente che si stempera in un lungo finale.ANNATA 1996Le condizioni climatiche inizialmente avverse del 1996 hanno, invece, consentito l’ottenimento di un’annata unica nel rapportotra zuccheri e acidità. 50% di Chardonnay, 45% di Pinot Noir e 5% di Pinot Meunier per questo Champagne cheall’esame visivo si presenta di un bel giallo paglierino, mentre al naso risulta caratterizzato da notevoli ed articolate notefruttate, arricchite da sensazioni minerali e un’invitante richiamo di tostatura. In bocca rivela una spalla acida ben presente,accomunata a un buon corpo e a una rilevante “potenza” gustativa, che si chiude con una notevole persistenza aromaticaintensa con ricordi retrolfattivi agrumati.ANNATA 1995Annata caratterizzata da molte piogge e poche giornate di sole, che ha costretto, in fase di vendemmia, a un’attentissimaselezione dei grappoli. Il 1995 è il primo millesimo assemblato da Hervé Deschamps in qualità di Chef de cave e si componedel 48% di Chardonnay, 46% di Pinot Noir e 6% di Pinot Meunier. Alla vista appare di un bel giallo paglierino, mentre alnaso si rivela ricco e invitante, con una spiccata e altrettanto delicata, nota floreale, che confluisce in sensazioni fruttate ein più evolute note di pasticceria, con un tocco di mineralità finale. L’attacco al palato è pieno, seguito, dopo una sorta diesitazione, da uno slancio fresco e agrumato. Lungo il finale per questo champagne elegante e di notevole espressività,dal particolare profilo organolettico.ANNATA 1988Le condizioni climatiche del 1988 hanno contribuito all’ottenimento di questo Champagne di un bel giallo paglierino caricocon riflessi dorati. All’olfazione si presenta fine, di grande eleganza, dagli aromi evoluti, contraddistinti da note quasiburrose e di pasticceria, che lasciano quasi sorpresi quando all’assaggio il vino presenta un’acidità “importante”, sintomaticadi una potenziale, notevole longevità. Ottima P.A.I.ANNATA 1985Una grande annata, contraddistinta da basse temperature. Le gelate hanno rischiato di compromettere il raccolto (in particolareper quanto riguarda il Pinot Nero della Montagna di Reims), che si è, comunque, rivelato di altissima qualità. 48% diChardonnay, 47% di Pinot Noir e 5% di Pinot Meunier donano un colore paglierino con riflessi dorati che fa da anticameraa un naso di grande espressività. Particolarmente accattivante, dotato di un bellissimo e maturo fruttato, oltre a una notevole“rotondità” minerale, è arricchita da note di cuoio e fumée. L’attacco in bocca è intenso, cremoso, per lasciare poispazio alle sensazioni pseudo caloriche dell’alcol e a una nota di piacevole freschezza. Il finale è lunghissimo.ANNATA 1982Una vendemmia di eccellenti livelli qualitativi, seguita a due annate particolarmente difficili, porta alla creazione di questacuvée ottenuta da 49% di Chardonnay, 46% di Pinot Noir e 5% di Pinot Meunier. Qui lo Chardonnay mostra le sue potenzialità.La finezza olfattiva si gioca sul classico intreccio fruttato-minerale, su un sottofondo tostato. Emergono note burrose, mielate,con richiami alla brioche e al torrone. Al palato mostra una struttura più esile delle precedenti, che si chiude in un lungo, elegante,finale .38


Vino che passione!Valtellina,un amoreche duranel tempodi Piermaurizio Di RienzoLA VALORIZZAZIONE ELA PROMOZIONE DELLENOSTRE PRODUZIONIRAPPRESENTANOASPETTI FONDAMENTALI:PAROLA DI MARCO FAY,TITOLARE DELL’AZIENDADI FAMIGLIA▲ Marco FayAnni di studio, di passione peril vino e di conoscenza approfonditadel proprio territorio,la Valtellina. È il mix che sta facendodell’azienda Fay di San Giacomodi Teglio, in provincia di Sondrio, unadelle realtà più interessanti nel panoramavitivinicolo lombardo e nazionale.Si tratta di un’azienda giovane,fondata nel 1973 da Sandro Fay, cheun bel giorno decise di svilupparequella che fino a quel momento erasolo un’attività amatoriale del padrePietro. Partendo da una piccolagamma, presto la produzione si allargae dal 1998 si affiancano i figliElena e Marco. Quest’ultimo, appenatrentaduenne, ora è il vero motore.Ha studiato prima a San Micheleall’Adige, poi ha conseguito una laureabreve in Enologia alla Statale diMilano. Quindi il ritorno a Teglio perprendere in mano il gioiellino di famiglia,curarlo giorno dopo giorno e portarloalla ribalta del mercato nazionalee internazionale. Ora la sua vitaè tutta casa e vigna, con una puntatinaall’anno in Borgogna per scopriresempre qualcosa di nuovo.“Mi sono appassionato allo studiodelle potenzialità delle uve valtellinesi,prevalentemente Nebbiolo” raccontaMarco Fay. “Ho cercato di capire ledifferenze tra le sottozone della DocgValtellina Superiore (Valgella, Inferno,Sassella, Grumello, Maroggia), sposandouna precisa teoria: a fare ladifferenza è il posizionamento deivigneti in verticale”. Partendo da questopresupposto, Fay, che nella suaattività non si avvale di consulenticommerciali o di enologi, ha passatotre anni a sperimentare. Alla fine,ha collocato sotto i 450 metri le uveper il vino base, semplice senza particolaricomplessità, complice l’umiditànel fondovalle. Tra i 450 e i 600metri coltiva le uve per le sue etichettepiù importanti, le selezioni, tuttein zona Valgella. Al di sopra di quest’area,dove l’aria si fa sempre piùfredda, ha destinato la coltura dellaChiavennasca, questo il nome che quiprende il Nebbiolo, per lo Sforzatodi Valtellina: grappoli meno maturi,poco zuccherini, ma certamente piùacidi. La vendemmia inizia nei primigiorni di ottobre per lo Sforzato, chein etichetta si traduce in Ronco deiPicchi. Verso la metà del mese si scendeverso il basso a cominciare dalCarteria, altro prodotto di punta, ilcui nome deriva dalla frazione diTeglio dove sono situate le vigne. Poisi passa al Glicine, coltivato nel territoriodi Sondrio. Quindi il Cà Morei,ancora a Teglio, dal nome dialettaledi Casa Morelli, che identifica la proprietàin cui Mansueto Morelli vivevacon la famiglia nei primi anni delNovecento. La figlia Emma nel 1947sposò Pietro Fay, il nonno di Marco.40


MuseiCibi uniciper buongustaidi tutte le etàVIAGGIO GOLOSO NEI MUSEI INTERNAZIONALI DELLA PATATINA FRITTA,DELLO STOCCAFISSO E DELLE CARAMELLEdi Letizia MagnaniIl cibo e il vino sono eredità. E come tuttele eredità nascondono segreti, curiosità,amori. Vestono identità e sapori diversima, c’è da crederlo, non mancano le rarità.Forma e contenuto si mescolano nellamessa in scena dei cibi. È questo che siscopre andando in giro per i musei delgusto. Così, ci si può lasciar rapire dai colorie dagli aromi del museo delle caramelle,a due passi da Lione, in Francia, maci si può letteralmente innamorare di altriprotagonisti sacri del gusto, come la patatae lo stoccafisso, ma non solo. Entrambisono cibi umili, ricchi di sapore e di sapere,universali. C’è un segreto per cuocereal meglio le patatine fritte? E, se sì, chi l’hainventato? A Bruges, in Belgio, non hannodubbi: la patatina fritta è nata proprio lì.In Norvegia invece sono convinti che lostoccafisso sia un cimelio nazionale. Piùancora della bandiera, rappresenta i marie le terre del Nord, fredde e distanti datutto. Per questo è sorto un museo unicoal mondo, dove si possono scoprire le ragionidella conservazione di questo cibo chesi mangia in molte zone del mondo.42


■■■ Un museo per la patataNel 2008, l’anno della patata, in Belgio hanno pensato di dedicare al tuberopiù famoso del mondo un vero e proprio museo. Si trova a Bruges, nelnord-est del Belgio e a dire il vero è la Mecca della patatina fritta, ilFrietmuseum. In barba alle diete ipocaloriche e ai concetti nutrizionistiche bandiscono il fritto dalle tavole, questo museo vuole al contrario esaltareproprio la patata fritta che, a dire dei belgi, è un’invenzione nazionale.Sia come sia, la patata fritta è una costante nella cucina di quasitutto il mondo, come a dire che la sostanza e il gusto non hanno patria.Nel museo si trovano come sempre cartellonipubblicitari, ma anche un’interessantecollezione di macchine utilizzatenella lavorazione industriale delle patate.Fra le curiosità da non perdere ci sonole French fries nell’arte e nella musica.È in questo modo che i belgi hanno decisodi esaltare la loro “invenzione” nazionale,declinandola in diversi aspetti chepescano nella cultura materiale e cherendono la patatina fritta un vero must. Allabase dell’esposizione ci sono alcune domande ricorrenti: da dove vieneveramente la patata? E, soprattutto, qual è il segreto per fare delle ottimepatatine fritte? Con fare giocoso il museo prova a fare un percorso,divertente per i bambini e non solo, nel quale racconta vita, morte e miracolidi miss chips.Info: www.frietmuseum.be/en/43


Musei■■■ Stoccafisso amore mioLa patata non è buona solo fritta ma proposta in mille altri modi e accompagnataa numerose pietanze. È il caso del baccalà, per esempio, unacostante che si ritrova in molti Paesi del mondo e che, accoppiato allapatata, è un piatto ricco di sapore e di sapere. In Liguria, così come inPortogallo e nel centro della Spagna ci sono intere feste paesane dedicatea questo particolare pesce secco che, dai gelidi mari del Nord, da secoli,viaggia per mare e per terra e sfama intere popolazioni. Lo stoccafissoè un cibo che può essere considerato sia di mare che di terra. Non èraro, infatti, trovare ricette che lo riguardano anche molto lontano dalmare. È il caso dei piatti tipici del Centro e del Sud della Spagna, ma anchedi molte prelibatezze portoghesi e italiane. Nei Paesi del Nord lo stoccafissoè immancabile, accompagnato molto spesso a ortaggi di sostanza e atuberi, come, appunto, la patata. E proprio allo stoccafisso è dedicato ilLofoten Stockfish Museum, che si trova nell’isola di Lofoten, in Norvegia.Ogni anno a partire dalla fine di Aprile una vasta area della città viene letteralmentecoperta di baccalà, messi uno a fianco all’altro per essere essiccati.È questa una delle attività principali dell’isola. Gli abitanti dellaNorvegia infatti non solo escono in mare per la pesca, ma sono abili artigianidella conservazione. Sono sedici i tipi di stoccafisso che vengonopescati, trattati, conservati ed essiccati. Di ogni specie il museo raccontala storia, ma anche le curiosità e le ricette tipiche della Norvegia e nonsolo. Il museo sorge sul mare, in mezzo a palafitte ed è progettato per raccontarela storia e il futuro dello stoccafisso. Ogni anno è visitato da migliaiadi turisti curiosi.Info: www.datadesign.ws/stockfish.htm■■■ La mania per le caramelleA Uzès, vicino a Lione, in Francia, sorge un altro originale museo, quellodei Bonbon. Si sa, ai francesi piacciono i dolci, per questo non stupisceche proprio nel cuore della Francia sorga questo luogo magico.Esattamente come nel film La fabbrica di cioccolato, nel museoci si lascia rapire dagli aromi di zucchero, caramello, vanigliae cioccolata, ma anchedalla magia delle carte colorate.L’estetica nella presentazionedei cibi e dei vini è moltoforte in Francia, per questonon stupisce che venga dataalle carte dei bonbon, cioè dellecaramelle, almeno la stessaattenzione del contenuto inquanto tale. Il museo, apertodal 1996, racconta la storiadella confetteria francese, consentedi giocare, assaggiare,manipolare e ovviamentedegustare. Haribo è uno dei marchi più noti nelmondo per quanto riguarda la produzione e distribuzione di bonbon, caramellee gommosi, per questo più di dieci anni fa ha allestito il museo, progettandoloa portata di bambino. La prima cosa che un visitatore, di qualunqueetà, ha voglia di fare dentro al museo, è quello di allungare la manoe prendere una manciata di “golosinas”, per dirla alla spagnola. Bonbon,caramelle e leccornie varie sono a disposizione di chiunque abbiamo vogliadi tuffarsi nel magico mondo delle caramelle.Info: www.haribo.com/planet/fr/info/main/musee/popup/index.php?cat=1&nav=1&subnav=144


Vino e scuola<strong>Sommelier</strong>,un masterin comunicazionedi Emanuele LavizzariHA PRESO IL VIAIL CORSO NATODALLA COLLABORAZIONETRA AIS E ALMAPER FORMARE VERIE PROPRI MANAGERDEL VINOUn grande esperto di enogastronomia e di turismo, capace di gestiree di comunicare il vino e i suoi abbinamenti. Ecco la figura professionaleche uscirà dal Master <strong>Sommelier</strong> partito a febbraio pressola sede di Alma a Colorno. Proprio dall’accordo tra la scuola internazionaledi cucina e l’Ais è nato questo percorso formativo (IV livello Ais) rivolto asommelier, ristoratori e operatori di settore per diventare indiscutibilmente“specialisti del vino”.Il progetto didattico nasce dalla volontà di Albino Ganapini, presidente diAlma, e Terenzio Medri, numero uno dell’Ais, attraverso l’unione del modellodidattico di Alma ai contenuti professionali dell’Ais. Il tutto innalzato aun corso di livello superiore.Il bilancio dei primi tre anni di vita di Alma è molto positivo: 1500 studenti,più della metà dei quali stranieri, hanno frequentato i corsi di ristorazionecon risultati pienamente positivi. La vocazione internazionale dell’istitutodi Colorno è molto marcata, ma ancor più forte è quella dell’Ais e dellaWsa. Per questo motivo il sodalizio che ne è scaturito non poteva che considerarequesto percorso didattico alla luce della crescente internazionalizzazionedel settore. La formazione superiore è sicuramente una risorsaper il nostro Paese in molti ambiti, ma a quello del turismo e dell’enogastronomianon si era ancora dedicata la dovuta attenzione. Sono nati nelcorso degli anni molti Master di comunicazione e di gestione, di economiae di marketing del territorio, ma nessuno si è orientato a formare un veroe proprio top manager del vino.All’inizio di febbraio è stata ufficialmente inaugurata la prima edizione delMaster <strong>Sommelier</strong> Alma-Ais. Il Master è strutturato in modo da fornire conoscenzeteorico-pratiche molto avanzate nel campo di tutta la cultura enogastronomicadi cui il vino è espressione. Questo con particolare attenzioneagli strumenti più adatti alla comunicazione, alla gestione e alla promozionedel prodotto.Ogni lunedì, per un totale di 20 giornate, gli allievi saranno accolti secondoun programma didattico che prevede lezioni teoriche e degustazioni guidatedi alto livello, il tutto supportato da ulteriori approfondimenti da effettuaretramite formazione a distanza per ottenere una preparazione integratae in linea con le esigenze professionali di un moderno sommelier.Da febbraio a luglio molte giornate saranno inoltre dedicate alle uscite didattichesui territori che meglio rappresentano la produzione vinicola di altaqualità in Italia, per capire come nascono le specifiche identità territorialie come viene mantenuta e trasmessa l’eccellenza qualitativa raggiunta. Sonopoi previsti periodi di stage e di coinvolgimento degli allievi in attività lavorativesul campo, perché la formazione ricevuta si trasformi in esperienzapratica immediata.45


Vino e scuolaDirettore del Master è il sommelier Luigi Bortolotti e Rossella Romani ne èil tutor scientifico. La formazione è affidata a docenti universitari, professionistied esperti dei diversi settori, docenti Alma e a sommelier di sicurae comprovata esperienza e capacità come i già citati Luigi Bortolotti e RossellaRomani, quindi Antonello Maietta, Manuela Cornelii, Roberto Bellini, FabrizioMaria Marzi. Proprio con Rossella Romani, vicepresidente Ais e tutor scientificodel Master, abbiamo discusso per mettere in rilievo i contenuti delcorso e capire in dettaglio come è stato strutturato.Un Master sicuramente unico nel suo genere quello lanciato da Ais e Alma.Quale sarà l’orientamento di questo corso?Il Master mira alla valorizzazione del rapporto tra vino, territorio e qualità,affrontando un ampio spettro di tematiche di settore, con l’obiettivo primariodi offrire ai corsisti gli strumenti indispensabili per la migliore comunicazionee gestione del prodotto-vino.▲ Rossella Romani, vicepresidenteAis e tutor scientifico del masterCome è pensato questo percorso formativo?Il percorso formativo del Master si svolge su diversi piani. La fase residenzialeprevede lezioni frontali e partecipate presso la Sede Alma di Colornoed è svolta in parallelo con la formazione a distanza, proposta su unapiattaforma multimediale, nella quale i corsisti approfondiranno gli argomentitrattati dai docenti attraverso letture, partecipazione a forum, preparazionedi elaborati e test di valutazione. A questo approccio più strettamenteteorico, seppur supportato da numerose degustazioni guidate, siaffiancano diverse visite in Cantine e un periodo di stage.Che importanza avranno queste uscite presso le aziende?Le giornate dedicate a queste visite non si limiteranno a semplici tour esplorativi,ma dovranno rappresentare un aspetto fondamentale del Master, poichépermetteranno di approfondire temi di assoluto interesse per la comunicazionedel vino, toccando con mano gli elementi peculiari che caratterizzanole diverse strutture. Alcuni temi interessanti che saranno affrontatidurante queste giornate saranno, per esempio, il movimento del turismodel vino, la costruzione di un brand, il vino come racconto di storie umanee di territori, che permetteranno di cogliere l’anima del rapporto tra vino eterritorio e di saperlo comunicare, di entrare in modo diretto nel marketing,nel commercio di settore e nel rapporto tra il vino e l’alta ristorazione.Che spazio avranno gli stage?Gli stage saranno un periodo di tirocinio individuale durante il quale il corsistasvilupperà in aziende di settore le sue conoscenze e competenze in uncontesto operativo di marketing e comunicazione vino.Ais e Alma, ovvero vino e cibo. Per parlare del bicchiere non si può tralasciareil piatto…Assolutamente. Il sommelier deve essere un interprete della perfettafusione tra le sensazioni che i cibi e i vini possono offrire, interpretando eguidando i gusti del cliente, grazie a una interazione continua, creativa ecostruttiva con lo chef. Per questo motivo il Master affronterà anche letecniche di cottura e di abbinamento, la costruzione del gusto e il food pairing.Consigliare e servire il vino giusto richiede quindi un’ampia preparazione!Uno degli obiettivi del Master è quello di migliorare le abilità nella degustazionedei vini, ma soprattutto nella capacità di contestualizzarli nellediverse realtà di territorio e di mercato. Il sommelier deve essere in gradodi ricoprire il ruolo di un esperto che sappia gestire il vino sotto ogniaspetto e lo racconti al cliente in modo incisivo e convincente.Nella sua esperienza di insegnamento, quale risulta il modo più efficaceper presentare le tecniche di degustazione e di abbinamento?Il mondo del vino è affascinante e incredibilmente sfaccettato. Su un sub-46


strato di conoscenze teoriche acquisite si deve inserire la continua esperienzadi degustazioni di vini di ogni origine e tipologia, di visite in cantina,di confronti con tutte le realtà che compongono il mondo del vino. L’erroreche cerco di evitare è quello di parlare di vino elencando nozioni senza dareloro un significato più profondo, senza collegare gli argomenti, senzaporre domande e cercare insieme ai corsisti, sempre, la risposta più logica.L’obiettivo che mi propongo di raggiungere e che cerco di trasmettereanche ai corsisti è quello di “capire il vino”, di riuscire a trasmettere lorocuriosità, passione ed entusiasmo, gli elementi fondamentali che li guiderannonella precisa osservazione nell’interpretazione di ogni sfumatura dicolore, profumo e sapore, per creare ogni volta il mosaico sensoriale, territorialee qualitativo di un vino.▲ I corsisti del master il primogiorno di lezione insieme a ManuelaCornelii e Luigi BortolottiLe nuove tecnologie e Internet non possono essere trascurati dai sommelierdel terzo millennio. Come si pone questo Master verso queste forme di comunicazione?I media di ultima generazione sono uno straordinario veicolo di conoscenze,ampiamente utilizzati anche da moltissime persone che si occupano divino. Il Master sfrutterà quindi anche queste nuove forme di comunicazione,che permetteranno ai corsisti di ampliare le proprie conoscenze attraversola visita di siti aziendali, vere e proprie vetrine per la comunicazionedei propri vini, in Italia e nel mondo. Non solo, perché la formazione a distanzasi completerà attraverso l’approfondimento di argomenti e la partecipazionea un forum tra i corsisti, che dovranno discutere diversi argomentiproposti dai docenti, oltre che attraverso la verifica in itinere della loro preparazionecon test ed elaborati. Ovviamente non si trascurerà la conoscenzadella microlingua inglese di settore, da tempo la lingua del commercio edi Internet e indispensabile per una visione allargata della comunicazionedel vino nel mondo.Un Master di questo tipo sarà un importante biglietto da visita per i corsisti…Il progetto di questo Master è stato elaborato con l’obiettivo di offrire un percorsoformativo di livello superiore, che possa creare una figura professionalemoderna e dinamica, in grado di incidere in modo efficace nel mondodel lavoro. Molti dei partecipanti hanno già un impiego e il nostro augurioè che questo Master dia loro gli strumenti necessari per compiere un importantesalto di qualità e migliorare ulteriormente la propria professionalità,con creatività e determinazione, e quindi di recitare un ruolo di primo pianonel mondo della comunicazione e della gestione del vino.47


Vino e architetturaElementi naturaliper esaltareil vinoabruzzese48


di Alessia CipollaIl vino è sogno ed emozione. Continuamente. Maè anche cultura, storia, tradizione e territorio.Le politiche di marketing dei competitor del NuovoMondo rispetto a quelle della tradizione vitivinicoladei Paesi del Vecchio Mondo spostano l’attenzioneil più possibile sul nome, sulla comunicazione,che sulla terra di provenienza.Per “Vecchio Mondo” ci riferiamo alle produzionivitivinicole che possiedono una lunga storia e cultura,come l’Italia, la Francia, la Spagna e ilPortogallo, mentre con il concetto di “Nuovo Mondo”intendiamo quelle nazioni, come l’ Australia, laNuova Zelanda, la California, il Cile, l’Argentina, ilSud Africa e anche, in un certo modo, l’Ungheria,che hanno incominciato ad affacciarsi sullo scenariointernazionale, ma che grazie a innovativestrategie promozionali, acquistano posizioni semprepiù velocemente. Questi Paesi produttori hannosviluppato una viticoltura nuova, basata su tecnicheproduttive innovative e tecnologie all’avanguardiae hanno investito anche sui luoghi di produzione,sulle cantine, realizzate spesso da grandiarchitetti internazionali. Il vino da loro ottenutosembra prevalere per le caratteristiche di chiarezzae di immediatezza nei confronti del consumatore,e ciò rischia di mettere in crisi la viticolturadei vecchi territori del vino: il rischio della perditadi importanza del terroir, concetto francesetipico dell’ideologia del Vecchio Mondo, che comprendeun insieme di clima, terreno e paesaggio,ma anche di cultura, storia, organizzazione sociale,risulta grave dove l’origine del vino è sempre piùun elemento per il settore di marketing e sempremeno per il settore di produzione.In Europa, la risorsa territorio va mobilitata in direzionedel futuro. Le soluzioni a questo pericolo concretorisultano essere molteplici, ma due rappresentanorisposte concrete: la prima è data dall’ideadi promuovere e tutelare il territorio, un bene comune,attraverso il “fare sistema”, cercando di mettereinsieme e coordinare le conoscenze, le esperienze,facendo “gruppo”, anche superando carenzenormative, per attività concertate e integrate,finalizzate a interventi sul territorio condivisi, abasso impatto ambientale, di semplice realizzazione,definitivi ed efficaci; la seconda risposta riguardail ruolo del cittadino, del consumatore, parte


Vino e architetturaprincipale del “sistema territorio” eche come tale deve condividere epartecipare attivamente alle scelte,alla gestione ma anche all’informazionee alla tutela; per questo vacostantemente formato e informatoper una migliore consapevolezza delvalore ambientale ed economico chelo circonda. Uno dei momenti fondamentalidell’accoglienza in cantina,spesso trascurati, è la visita nelvigneto. Parlare di vite è parlare dellavita di un territorio, della sua formazionee delle sue storie, un modoper comunicare la propria passione per la terra a un consumatore,magari curioso di capire qual è l’origine delvino che a breve degusterà. Parlare di vitigni, del loroorientamento, dei colori durante le stagioni, dei sentoriprimari che nascono nel vino, vuol dire comunicare laqualità non solo di una regione e di un territorio, maanche di un’azienda, magari di una storia di famiglia.Il vino nasce dalla vigna, far capire il lavoro che si celadietro una bottiglia, la vita di una pianta con le proprienecessità di cura durante tutte le stagioni, il tempo dedicatoa un buon impianto e al suo sviluppo impressionanosempre l’appassionato enoturista e regalano informazioniutili, chiare, familiari del prodotto facendonepercepire maggiormente il suo valore.Bisogna partire, dunque, da un diverso approccio al sistematerritorio, capace di avviare nuovi processi di sviluppoe di crescita innovativi e significativi, ritenendo l’ambientee il territorio gli elementi principali e quindi il volanodello sviluppo economico e sociale ma anche ecosostenibileed eco-compatibile.Proseguiamo il nostro viaggio all’interno delle nuove cantineitaliane realizzate tra il 2001 e il 2009 in Italia, sceltesecondo la qualità architettonica e funzionale, oltreche per il rispetto e la valorizzazione del paesaggio circostante.▲ La bottaia della cantina di Dora Sarchese50CANTINA DI DORA SARCHESECaldari (CH)Una cantina fatta di pietra, legno e tanta concretezzaabruzzese. L’idea è la riqualificazione di una strutturarealizzata negli anni Ottanta, che si aggiunge a elementidella cantina preesistenti. Realizzato dall’ingegneree architetto Rocco Valentini nel2007, il progetto ha dato una sedeadeguata al lavoro e alla passione diDora Sarchese e di tutta la sua famigliaper la propria azienda vitivinicola,fondata dallo scomparso maritodi Dora.La cantina si trova in Caldari, comunedi Ortona, in provincia di Chieti,ed è stata costruita nell’altipianoortonese, in una zona d’Italia meravigliosa,poco conosciuta ma dallegrandi potenzialità, all’interno di unterritorio fatto da gente coraggiosa,di grande dignità e carattere.I protagonisti di questo progetto sono i materiali dellatradizione: il legno, la pietra e i mattoni, sempre a ricordareche il vino è un elemento vivo, fortemente legatoal suo territorio e alla sua storia. Usati come elementi diarchitettura bioclimatica, i materiali naturali permettonoe agevolano il mantenimento costante della qualitàigrometrica degli interni della cantina, evitando cosìcostosi impianti di climatizzazione. Un progetto dallaforte personalità, un oggetto architettonico racchiuso insé, intimo, come la relazione di ognuno di noi con il vino,una figura geometrica simbolica che appartiene fortementealla tradizione del paesaggio abruzzese, un elementodefinito, chiaro, protettivo ma anche aperto versoil paesaggio circostante, con un largo utilizzo di formecircolari e ondulate, sia in pianta che in prospetto, quasia voler ricordare che il vino è un elemento liquido, conuna sua esistenza, difficile da racchiudere all’interno disuperfici troppo definite.L’ampliamento, una sorta di raccordo tra gli edifici preesistenti,è una struttura multiuso, sia per la trasformazionedel vino, sia per la sua presentazione e promozione.La nuova struttura abbraccia e racchiude il capannoneesistente: si presenta come un muro curvo esternoin pietra, all’interno del quale si sviluppano al pianoterra, un portico e una sala da degustazione, gli uffici ei nuovi spazi per l’imbottigliamento.Al piano inferiore troviamo una nuova bottaia per la conservazionedel vino.Il muro e la pensilina in legno proteggono la bottaia interratadall’irraggiamento e fungono, nello stesso tempo,da volano termico accumulando calore durante le oredel giorno e cedendolo nelle ore notturne.La sala degustazione, uno spazio su due livelli, consoffitto a struttura in legno in travi lamellari, è delimitatada una parete in parte vetrata, dalla quale è possibilemantenere il contatto visivo con il paesaggio circostante,con le viti e gli ulivi che la circondano.La bottaia, spazio altamente scenografico, completamenteinterrata, è circondata da un muro curvo in pietra arenariache diventa il supporto di più file di bottiglie distese,inserendo nel progetto il vetro come ultimo materialenaturale.Un progetto che di notte, nel silenzio dell’altopiano ortonese,tra la montagna e il mare, emana fasci di luce chetengono viva l’attenzione sui materiali utilizzati ed esaltanola complessità geometrica di un oggetto architettonicosolido come lo spirito abruzzese.


Le parole maestreCambiarestile di vitaper vivere sanidi Salvatore GiannellaNON CI SONOBACCHETTE MAGICHE,BISOGNA IMPOSTAREAZIONI EDUCATIVE DAPARTE DI TUTTE LEFORZE SANE DELLASOCIETÀ IN MODO DADIMINUIRE, SE NONCANCELLARE, LADIFFUSIONE DI ALCOL,FUMO E DROGHE.Da cinquant’anni Silvio Garattini, maestro di vita che appartienealla generazione dei fuoriclasse “senza tempo” come Veronesi, Olmie Missoni, rappresenta l’antenna più sensibile puntata sui dannidell’alcol, del fumo, delle droghe, dell’inquinamento e sui rapporti di questesostanze con i farmaci. Il suo impegno di fustigatore inflessibile dellecattive abitudini degli italiani coincide con la rara avventura dell’Istitutodi ricerche farmacologiche Mario Negri, una fondazione privata non profitche quest’anno festeggia, nel nuovo edificio nel quartiere milanese dellaBovisa, il suo primo mezzo secolo di vita dalla data del testamento di MarioNegri di indipendenza, di critica costruttiva, di difesa della salute pubblica.Un’avventura non solo scientifica che ha il sapore di una favola.GIANNELLA - Professor Garattini, come nacque il “Mario Negri”?GARATTINI - Nel 1957, a 29 anni, ero volato da Milano negli Stati Uniti perla prima esperienza di ricercatore sul campo. È stata un’avventura brevema molto istruttiva. Io avevo scelto la carriera universitaria, ero liberodocente e mi ero accorto della grande differenza che c’era tra loro e noiitaliani. Lì far ricerca era già una professione, da noi era solo un modo perfar carriera. In Italia per un ricercatore c’era solo lo sbocco nell’universitàpubblica o nell’industria, in America c’erano invece più forme di ricerca:in particolare mi aveva colpito la loro idea di fondazione, perché la fondazioneaveva e ha la libertà d’azione tipica di tutte le attività private ma(non dovendo fare profitti) permette di rivolgersi all’interesse pubblico.GIANNELLA - Al ritorno dagli Stati Uniti trovò un’Italia che stava fiorendoper il miracolo economico.GARATTINI - Tutto lievitava al meglio. Il Prodotto interno lordo cresceva aritmi da record, oltre il 6 per cento. Il reddito pro-capite passò da 350milalire a 571mila lire, favorendo la crescita dei consumi individuali di oltre 5punti percentuali l’anno. L’industria registrò una crescita pari all’84 percento tra il 1953 e il 1961. Questi numeri ridussero il divario storico coni grandi Paesi europei. Importanti cambiamenti ci furono anche nell’alimentazione,grazie alla diffusione del frigorifero che, permettendo una prolungataconservazione del cibo, modificava anche le abitudini della spesaquotidiana. In questo scenario io, con Alfredo Leonardi (poi indimenticabilesegretario scientifico dell’istituto) e una ventina di collaboratori dovemmoprendere una decisione: partire tutti per gli Stati Uniti, e questa voltadefinitivamente, o resistere al fascino dell’emigrazione e fare qui in Italiaqualcosa di diverso da quello che già esisteva. E così, ingenuamente, chiedevoa tutti quelli che incontravo se potevano darci una mano a realizzareil nostro sogno: una fondazione per le ricerche sui farmaci.51


Le parole maestreGIANNELLA - E un bel giorno il vostro desiderio fu esaudito.GARATTINI - Nel 1958 ebbi la fortuna di incontrare, percaso, Mario Negri, un imprenditore milanese proprietariodi una gioielleria, con l’animo del filantropo. Luiaveva investito un po’ di soldi anche in una piccolaazienda farmaceutica. Un giorno venne a chiedermiconsigli. E anche a lui chiesi se mi aiutava a fare unafondazione. Era molto interessato. Abbiamo dapprimacollaborato, facevo ricerche per la sua azienda, poiabbiamo parlato del futuro. Lui avrebbe fatto la fondazioneda vivo, ma venne colpito da un tumore e pocoprima di morire, nel ‘60, mi chiamò e mi disse: “Stiatranquillo, ho fatto ciò di cui avevamo discusso”. Neltestamento lasciava il ricavato dalla vendita delle azionidell’azienda e altri risparmi, in totale 900 milioni dilire, al fine di far nascere la fondazione. Una firma delpresidente della Repubblica Gronchi e via, abbiamocominciato a costruire l’istituto. Il 1° febbraio 1963 èpartita la nostra attività.GIANNELLA - Quanti eravate?GARATTINI - Eravamo ventidue. Oggi siamo oltre unmigliaio, distribuiti nelle quattro sedi in Italia. Un veromiracolo che noi, descritti come missionari laici consacratialla scienza, dobbiamo a lui, Mario Negri, alquale è stata intestata la via che circonda il nostro istituto.GIANNELLA - Come la ricorda quella Milano degli anniSessanta? E quali differenze trova rispetto a quella dioggi?GARATTINI - La Milano di ieri era una pentola in ebollizione.Giorno dopo giorno fiorivano tante novità, Milanoaccoglieva cervelli e braccia provenienti da ogni parted’Italia, vicina o lontana: per esempio, io arrivavo daBergamo, Paolo Grassi dalla Puglia a sviluppare il PiccoloTeatro… C’era più interesse concreto per la ricerca unitaa una cultura del fare. Oggi Milano resta la capitale italianadella scienza biomedica e una delle città europeea maggiore densità di istituzioni scientifiche, mac’è troppo individualismo, pubblico e privato devonotornare a lavorare insieme. Si è tutto più burocratizzato,ogni giorno si assiste allo scontro tra burocrati ecreativi. Per fare qualsiasi cosa servono decine di permessi,di firme congiunte ed è facilissimo bloccare un’iniziativa,trovando un appiglio, ignorando una pratica.Per dirla con un titolo del “Corriere della Sera”, “siamonell’Italia dei piccoli poteri: creo ostacoli, dunque esisto”.E nel nostro campo “creo brevetti, tengo il segreto,dunque esisto”.SILVIO GARATTINI: UNA VITA IN POCHI NUMERI1928: Silvio Garattini nasce a Bergamo. Studia da perito chimico. Lavora aglialtiforni della Dalmine. Si laurea in medicina. È libero docente in chemioterapiae farmacologia.1962: assistente e aiuto presso l’Istituto di farmacologia dell’Università diMilano.1963: è fondatore e direttore del “Mario Negri” (sito: www.marionegri.it). Congli anni l’Istituto ha attrezzato quattro sedi: Milano; Bergamo, 1983; il “NegriSud” in Abruzzo, a Santa Maria Imbaro (Chieti) 1986; Ranica nel Bergamascospecializzato nella ricerca sulle malattie rare,1992; con un personale di 1.050unità.È stato membro di vari organismi fra cui: Comitato di biologia e medicina delConsiglio sanitario nazionale e Commissione della Presidenza del Consiglio dei ministri per la politica dellaricerca in Italia, membro della Commissione unica del farmaco (Cuf) del ministero della Salute. Ha ricopertomolte cariche, fra le quali quella di presidente del Comitato di chemioterapia antitumoraledell’Unione internazionale contro il cancro; presidente dell’Organizzazione europea di ricerche sul cancro(Eortc), consulente dell’Organizzazione mondiale della sanità. Autore di centinaia di lavori scientifici,fa parte del gruppo 2003 (i ricercatori italiani altamente citati nella letteratura scientifica internazionale:www.lascienzainrete.it. 4 su 51 sono del “Mario Negri”). In mezzo secolo di attività, l’Istituto, sotto la suadirezione, ha prodotto 11.105 pubblicazioni scientifiche e circa 250 volumi. Oltre 6.100 sono i giovani laureatie tecnici che si sono specializzati presso l’Istituto. 03254210150 il codice fiscale dell’Istituto da indicareper destinare il 5 per mille nelle dichiarazioni fiscali (i contributi sono deducibili).52


GIANNELLA - E intanto migliaia dei nostri migliori cervellilasciano l’Italia per cercare opportunità lontano.GARATTINI - È un paradosso tragico. Finanziamo i Paesieuropei già forti e più attenti al loro futuro, fornendonon solo risorse economiche ma anche cervelli che inItalia non trovano attenzione e strutture adeguate alloro lavoro.GIANNELLA - Perché la ricerca in Italia è così maltrattata?GARATTINI - Perché siamo molto pochi, meno di tre ricercatoriper ogni mille lavoratori, contro gli oltre cinquedella media europea e gli otto degli Stati Uniti. La nostraspesa non rispecchia il peso del nostro Paese, che è ilsesto Paese industrializzato del mondo. In base a impegnieuropei presi a Lisbona avremmo dovuto spendereil 3 per cento del Pil, invece investiamo meno dell’1per cento.GIANNELLA - A proposito di brevetti coperti da segreti:sono stato nel più grande laboratorio di restauro privato,quello dei Nicola ad Aramengo in Piemonte. Lì ilpatriarca Guido Nicola mi raccontava, per il libro cheho scritto per Allemandi (I Nicola appunto) che anchenel loro campo avevano un rigido segreto professionale,fino all’alluvione di Firenze 1966: quell’emergenzaportò a diffondere i metodi di restauro, ci volle una tragediastorica per battere il segreto.GARATTINI - La mia può essere una visione utopistica,però noi come istituto non brevettiamo le nostre scoperte,produciamo solo idee e risultati scientifici chesono pubblicati sulle riviste internazionali e messe adisposizione della comunità scientifica. Ovviamenterispettiamo i brevetti e i segreti degli altri, anche secredo che tutti i dati dovrebbero diventare pubblici, perchéi pazienti hanno il diritto di sapere che farmaciprendono e perché li prendono.GIANNELLA - Voltiamo pagina: l’inquinamento, a queltempo, com’era?GARATTINI - C’era un altro tipo di inquinamento, c’eral’anidride solforosa e c’era il carbone. La misura l’avevisul davanzale quando trovavi al mattino uno stratodi nero che si era accumulato nelle ore notturne. Adessol’inquinamento è più subdolo, non è visibile, ed è dovutosempre agli stessi due fattori: il riscaldamento (cheperò sta migliorando, anche se c’è ancora da fare), ele auto ed è molto peggiorato, non tanto per via dei loroscarichi (ridotti) quanto per l’aumento delle vetture circolanti.E questo porta alla sensazione dell’aria opprimente,irritante, dannosa. Ci vorrebbe molto più coraggioda parte delle autorità. Purtroppo gli amministratorinon decidono: nel caso specifico il Comune di Milanoha tagliato i fondi della ricerca anti-inquinamento.Insomma, per sconfiggere la “mal’aria” ci vorrebberocittadini più coerenti e autorità più coraggiose che faccianoriforme strutturali capaci di favorire i comportamentivirtuosi dei cittadini.GIANNELLA - Continuiamo con il confronto tra ieri eoggi. Spostiamoci sull’alimentazione e l’alcol. Com’eranoe come sono le abitudini di bere dei milanesi?GARATTINI - L’alcol allora era più diffuso e anche ilfumo. Abbiamo fatto molti passi avanti, però sono sortialtri problemi preoccupanti: per esempio l’abbassamentodell’età, per cui si comincia sempre più giovani a berealcol (e il discorso si può estendere al fumo e alle droghe).Oggi si comincia a 12-13 anni, roba che negli anniSessanta non si riusciva nemmeno a immaginare. Emolte donne hanno preso confidenza con l’alcol.GIANNELLA - Da questa emergenza come si esce?GARATTINI - Non ci sono bacchette magiche e comunquenon se ne esce nei tempi brevi. Bisogna avere lacapacità di pensare sul lungo termine. Sommando 1353


Le parole maestre▲ Il gioielliere e filantropo MarioNegri (1891-1960) destinò nel testamento900 milioni di vecchie lire perfare nascere l'istituto di ricerca⊳ La nuova sede dell'Istituto MarioNegrimilioni di fumatori, alcolisti, consumatori di cannabis,cocainomani, ci aspetta un brutto futuro. Ecco perchébisogna impostare azioni educative da parte di tuttele forze sane della società: famiglie, insegnanti, medici,sociologi, amministratori che guardano lontano, giornali,in modo da diminuire, se non cancellare, la diffusionedi alcol, fumo e droghe, per esempio della cocainache ormai è diffusa trasversalmente.Al “Mario Negri” abbiamo studiato la diffusione dellacocaina con un metodo particolare. Abbiamo misuratola presenza di tracce nelle acque fognarie primache esse entrino nei depuratori.E abbiamo trovato, a sorpresa, notevoli quantità deimetaboliti della cocaina. In quanto a cocaina nelle fogne,Milano è al primo posto in Europa. Non solo nelle fogne,va da sé. Ormai la cocaina è diventata un modo attraversocui alcuni rimediano allo stress, alla competizionesul lavoro, alla necessità di rendere di più.GIANNELLA - Si deve fare più prevenzione. Ma agli italianilo si dice dai tempi di Leonardo. Ho trovato traccia,da poco, di un suo decalogo, Insegnioti la sanità.Vi si legge, tra l’altro: “Guardati dall’ira e fuggi l’ariagreve. Tien mente lieta. Sta coperto bene di notte. Sefai esercizio sia di picciol moto. Non mangiar sanzavoglia e cena leve. E il vino sia temprato, poco e spesso,non fuori pasto, né a stomaco vuoto. Mastica bene.Non aspettar né indugiar al cesso”.GARATTINI - Consigli di grande attualità. Vede, noi continuiamoa parlare di diritto alla salute, che è giusto,però dobbiamo parlare anche dei doveri nei confrontidella salute.Tutti coloro che hanno cattive abitudini di vita nonhanno solo la responsabilità individuale perché potrebberofare ciò che vogliono, ma anche responsabilitàsociali perché il servizio sanitario nazionale deve pagareper attività che non sono necessarie: si calcola chequasi la metà delle malattie non piovono dal cielo masiamo noi che ce le autoinfliggiamo con cattivi comportamenti.Tutto questo è responsabilità anche sociale, se vogliamomantenere la sostenibilità del servizio sanitario chedà gratuitamente a tutti quello che è necessario: unbene della cui importanza non ci rendiamo conto.GIANNELLA - Basti pensare alle fatiche del presidenteObama, per istituzionalizzarlo negli Stati Uniti.GARATTINI - Ai tempi in cui non c’era il servizio sanitarioma c’era la mutua, una malattia cadeva pesantementesulle spalle della famiglia anche dal punto divista economico. In conclusione, cambiamo stile di vita,riduciamo le medicine inutili (circolano 20 mila farmaci,ma solo poco più di 300 funzionano davvero) e teniamod’occhio i doveri verso la salute.GIANNELLA - Cattive abitudini alimentari: le tre più diffuse?GARATTINI - La prima è quella di mangiar troppo rispettoa ciò che si consuma, perché tenere lontano il sovrappesoè il primo presupposto per mantenersi in buonasalute. Secondo errore: è quello di non privilegiare, insiemeal pesce, la frutta e la verdura cruda. La parte vegetaledovrebbe essere una voce molto importante di ognidieta: è stato dimostrato che broccoli e cavolfiori hannola capacità chimica di far aumentare gli enzimi che neutralizzanole sostanze cancerogene prima che entrinoin circolo. La stessa funzione protettiva viene dal resveratrolo,contenuto nella buccia dell’uva nera e nel vinorosso, ma il problema è che nel caso del vino, il resveratrolosi assume con l’alcol.Queste prime due norme sarebbero già sufficienti perstar bene. La terza: non si può pensare a una culturanel campo del cibo, senza pensare anche all’eserciziofisico, perché il movimento (il “picciol moto” raccomandatoda Leonardo) è un complemento necessario al tipodi alimentazione. Se qualcuno vuol dimagrire nonpuò dimagrire soltanto mangiando poco, perché in questomodo sottrarrà al suo organismo molti micronutrientiche sono importanti. Deve farlo con i due aspettidella bilancia: mangiare un po’ di meno e muoversiun po’ di più.GIANNELLA - Anche sul movimento come terapia, noiitaliani siamo stati precursori al mondo. Penso al Dearte gymnastica del medico romagnolo GirolamoMercuriali (Forlì 1530-1606), celebre per avere per primoteorizzato l’uso della ginnastica su base medica.GARATTINI - Purtroppo sono cose note da molto tempoma praticate poco o niente.54


▲ Il Presidente Napolitano in visitaall'Istituto Mario Negri, accompagnatodal Professor Silvio GarattiniUn pensiero del Presidente Giorgio Napolitano a ricordo dellasua visita all'Istituto Mario NegriGIANNELLA - Lei che ha esplorato le interazioni tra vino,alcol e farmaci, ci dia dei consigli utili per evitare nefasteconseguenze dall’eccesso di alcol.GARATTINI - A piccole dosi (vedere riquadro a pag. xx,Ndr) l’alcol può avere effetti positivi. Se si supera lasoglia, si provocano seri danni al fegato e al cervello.Quando si guida, quando si usano apparecchiature chepossono comportare pericoli, quando si fanno attivitàche richiedono riflessi pronti, la tolleranza deve esserezero. Se ricorrono queste condizioni, la persona nondeve bere o deve bere in tempi adeguati prima di farela sua attività. Vanno privilegiate bevande a basso contenutoalcolico; si dovrebbero evitare liquori e grappe,whisky, cognac e brandy, perché hanno alte percentualidi alcol che sono irritanti per le mucose e quindialla lunga possono essere responsabili di tumori deltratto digestivo. Infine è da tener presente che alcol efumo si potenziano a vicenda: per uno che fuma e chebeve alcol il conto 2 più 2 non fa 4, ma fa 16.GIANNELLA - A Helsinki, in una festa, ho visto che aitavoli c’era un biglietto con l’indicazione del commensaleastemio. Certo i finlandesi bevono, ma il punto èche dopo non guidano. Ogni auto di quegli invitati avevail suo autista astemio o “astemio” solo per quella sera.GARATTINI - Questi sono piccoli passi, ma (se emulati)aiuterebbero da noi a evitare stragi sulle strade comequelle del sabato sera.GIANNELLA - Professore, ho da farle una domanda privata.Da quando la conosco, e sono più di trent’anni,l’ho vista sempre vestito con i suoi inesauribili maglionidolcevita, sia al lavoro sia in occasioni mondane.Dove nasce questa passione per i maglioni?GARATTINI - Me li regala mia moglie Anny. Ogni tanto,quando capita a Roma, va in una bottega storica di viadel Corso e fa rifornimento. Il negozio si chiama Schostal,ha aperto nel 1870 e aveva tra i suoi clienti LuigiPirandello.ALCOL E FARMACIL’abuso di alcol, secondo gli ultimi dati pubblicati da Garattini con Alessandro Nobili, sarebbe responsabile dicirca 30 mila decessi l’anno in Italia.● Questo il contenuto di alcol (etanolo) per 100 ml di bevanda alcolica: circa 10,5 grammi per il vino; 2,8 g perla birra; 33,6 g per la grappa; 27,3 per amari e digestivi; 32,6 per gli altri alcolici (whisky, cognac e brandy).● Un bicchiere di vino corrisponde a circa 125 ml, uno di birra a circa 330 ml, uno di grappa, amari, digestivi,whisky, cognac o brandy a circa 30 ml. A piccole dosi (da 30 a max 50 grammi di vino al giorno), l’alcol puòavere effetti positivi.● Da tenere presente che:1) l’uso concomitante di farmaci che deprimono il sistema nervoso centrale aumenta la tossicità dell’alcol;2) la capacità di giudizio e la reattività agli stimoli possono essere gravemente compromesse dagli effetticombinati dell’alcol, anche in piccole quantità, con i barbiturici, con conseguente marcata azione sedativae potenziale ipnosi;3) gli effetti dell’alcol sul sistema nervoso possono essere aumentati anche da altri farmaci, tra cui gli antidepressivitriciclici, i tranquillanti minori, gli analgesici oppioidi e gli antistaminici. Il consumo di alcol in questicasi deve essere assolutamente evitato. Inoltre è bene avvertire il paziente dei rischi che corre nello svolgereattività lavorative o di altra natura che richiedono particolare attenzione, come per esempio guidarel’automobile.● Il rapporto completo di Garattini e Nobili sulle principali Interazioni tra farmaci e alcol, con l’elenco di tutti iprincipi attivi, le rilevanze cliniche, i possibili effetti, i meccanismi e i comportamenti clinici, può essere richiestoalla redazione di “DeVinis”.55


TurismoTunisia,un paradisoin cerca d’identitàdi Elisa della BarbaSi dice che il suo nome, Tūnus, abbia origine dalla lingua berbera eche significhi “promontorio”, oppure “luogo in cui passare la notte”.E di notti, i turisti che visitano la Tunisia, ne passano ben più di unain questo Stato del Nord Africa confinante con l’Algeria a ovest e la Libiaa sud e a est.Terra con origini che risalgono alla preistoria – i primi abitanti del Paesefurono proprio le tribù berbere che oggi rappresentano una piccola minoranza– qui i Fenici fondarono Cartagine, che conobbe un periodo digrande prosperità grazie al dominio romano.La Tunisia, che conta una popolazione per la maggior parte araba di diecimilioni di abitanti (2008), ha molto da raccontare a chi la visita: con unmisto di archeologia, resort ed enogastronomia ricorda in parte il panoramaturistico che offre l’Egitto.Purtroppo un altro fattore oltre a quello della tipologia delle risorse turisticheaccomuna i due Paesi: il basso tasso di crescita del settore turistico.L’Egitto infatti, con un 7,5 per cento affianca la Tunisia che riportaun 7 per cento, ultimo fra i 19 Paesi studiati dalla Banque Européenned’Investissement che ha esaminato il tasso di crescita annuale previstodurante l’arco temporale 2006-2010. Campione di crescita fra i Paesi delMediterraneo è risultato invece il Marocco (19,4 per cento), seguito dallaSiria (16,3 per cento), la Turchia (15 per cento), il Libano (14,9 per cento),l’Algeria (14,4 per cento), Israele (10,7 per cento) e la Giordania (10 percento). Lo stesso vale per gli arrivi turistici.Con un tasso di crescita annuale del 24 per cento la Siria distacca tutti glialtri Paesi della Regione Mediterranea: anche qui la Tunisia è ferma con56


TurismoIl cortile interno della Moschea Zitouna ▲▲ La Medina di Tunisiche vi è stata una diminuzione del numero di turisti europei, circa 70milain meno rispetto al 2008. Persino gli europei che hanno scelto la Tunisiahanno modificato il loro comportamento: i francesi, per esempio, hannooptato per soggiorni di breve durata. Questo ha coinvolto di conseguenzale prestazioni che ruotano attorno al turismo: voli, alberghi, ristorazione.Per attirare clienti, le aziende dei trasporti aerei hanno ridotto i prezzi trail 15 e il 20 per cento e le industrie alberghiere hanno ribassato del 70per cento le tariffe per camera (in caso di quelle extralusso la condizioneera mantenere l’anonimato).Questo stratagemma, che aveva fallito nel 2008, pare quindi aver funzionatoper il 2009 (merito probabilmente della crisi), anche se la realtà è chele parole chiave per una rimonta davvero stabile e duratura del settoresono diversificazione e qualità dell’offerta.Per un Paese come questo, che ha a disposizione le stesse caratteristicheattrattive di tutti i suoi colleghi del Mediterraneo – storia, clima temperatoquasi tutto l’anno, coste bellissime – la soluzione è trovare un turismodi nicchia. E allora mentre la Turchia, terzo Paese preferito come destinazioneturistica dai francesi, punta tutto su prezzi competitivi per attirarei giovani, la Tunisia sceglie un’altra strada e si organizza per investiresulla terza età.È previsto che 16.500 turisti over 60 raggiungeranno la Tunisia nei prossimidue anni. Un mercato promettente, se si considera che questa è l’unicafascia d’età che quasi non è stata toccata dalla crisi e che è dispostaquindi a spendere di più. Non avendo poi problemi di ferie, i viaggi si distribuisconodurante l’intero anno, risolvendo così i periodi di “magra” dellabassa stagione. Certo è che la Tunisia dovrà fare in modo da organizzarsiper soddisfare appieno questa categoria, mettendo in conto servizi d’animazionespecializzati e assistenza medica facilitata. A questo scopo il ministerodel Turismo ha messo a disposizione, per cominciare, 50mila dinari,la moneta ufficiale (circa 27mila euro).Nel 2009 si è visto inoltre un aumento di turismo da parte del mercato58


▲ L'ingresso di una delle caratteristiche abitazioni di Sidi-Bou-Saïdrecentemente acquisito dell’Europa dell’Est e soprattutto dell’Inghilterra(più 5 per cento rispetto al 2008), che dispone di un notevole potere d’acquisto.Ecco perché nonostante il numero dei turisti sia stato 6,4 milionidi visitatori si è avuto un incremento delle entrate monetarie grazie a unturismo di più alto profilo, con una forte capacità di spesa.Meno turisti e più entrate potrebbe essere la risposta ai problemi dellaTunisia, costretta, come abbiamo visto, fino ad oggi a giocare al ribassocon un turismo di massa per nulla conveniente per il Paese anche in terminidi fidelizzazione del turista.Ma che cosa si può visitare in Tunisia? Con capitale Tunisi, collocataall’estremo nord del Paese, la Tunisia vanta le più disparate attrattive turistiche.Con 1200 chilometri di coste c’è l’imbarazzo della scelta fra i resortbalneari di Scusse, Monastir, Hammamet, Djerba, Tabarka, dove oltre aprendere il sole si possono praticare immersioni subacquee, windsurf, vela.Non lontani dal paradiso di sole e mare i siti archeologici, storici e monumentalisono un must. A Tunisi, non perdetevi la Moschea Zitouna, accessibileanche ai non musulmani, e la medina, dove visitare il Souk el Attarine,il mercato dei profumi, risalente al XIII secolo: si possono ancora trovareoli essenziali e profumi rari. Andate anche al Museo Bardo, collocato in unpalazzo del XVII secolo, per vedere gli splendidi mosaici romani. Il museooffre anche importanti resti archeologici di Cartagine e delle ere musulmanee cristiane (primo periodo).Una tappa a Cartagine è d’obbligo vista l’importanza storica di questosito nominato patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco.Merita anche la medina della città santa di Kairouan, che vanta più di cinquantamoschee. Sempre nella medina di Kairouan si trova la Moscheadi Sidi Oqba, la più antica di tutto il Nord Africa.Da vedere anche Sidi-Bou-Saïd, il villaggio meglio conservato di tutto illitorale mediterraneo, con tipiche case bianche; le grotte-abitazioni diMatmata, ora disabitate, anche se alcune riabilitate come hotel, costruitedai Berberi sottoterra per sfuggire al calore così come la “versione” roma-▲ Il minareto della GrandeMoschea di Sidi Oqba a Kairouan59


TurismoUno degli ksour tunisini,antichi rifugi berberi,presso Ouledsoltane ▼na di queste, Bulla Regia, dove si possono ammirareintere stanze conservate al tempo del dominio romano.Se il tempo non manca ci si può anche avventurare perun safari nel deserto (partendo da Douz, villaggio tipicamentedesertico) o spingersi fino a sud, per ammiraregli ksour, villaggi fortificati costruiti con il fango cheservivano da rifugio ai Berberi contro gli attacchi nomadima anche come granai.Anche la gastronomia non delude: come per il Marocco,è una gustosa miscela di cucina francese e araba ed èparte integrante della cultura tunisina. Olio d’oliva espezie, in particolare quelle piccanti, sono gli ingredientibase: la cucina tunisina è quella più piccante fra tuttequelle del Nord Africa. In aggiunta vi è grande uso dipomodori ma anche grande assortimento di carni e dipesci.Come antipasti menzioniamo il più famoso, il brick àl’oeuf, una pastasfoglia triangolare riempita con tonno,erbe e un uovo e poi fritta in olio. Un altro antipastofamoso è la chorba, una zuppa cremosa fatta di pomodori,cipolle e pastina. Qui gli antipasti sono chiamatikemia, preparano all’appetito e sono composti anche dabocconcini di polipo, peperoni, olive, salsiccia di agnellogrigliata (merguez). La harissa è la salsa da pasto locale,preparata con peperoncino essiccato, aglio e spezie.Il couscous è il piatto nazionale: sia i Berberi che lacomunità ebraica contribuirono in passato a portarloin Tunisia.Si possono trovare come portate principali anche gamberio sardine o la chakchouca, una ratatouille di pomodorifreschi, peperoni e cipolle o la koucha, un arrostodi spalla di agnello con peperoncini e patate cotte alforno.La frutta è sempre freschissima e per chi ama i dolciquelli tradizionali sono fatti di mandorle, noci, datteri econditi con miele. I baklava sono quelli più conosciutie utilizzati in tutte le feste del Paese: sono fatti di pistacchio,burro, pasta sfoglia e sciroppo di miele.Il tè alla menta è una classica bevanda da pasto e il caffètunisino è forte e preparato con estrema cura.Per quanto riguarda l’enologia, l’arte di fare il vino perla Tunisia risale all’epoca punica. Gli abitanti diCartagine furono i primi a occuparsi di viticoltura, praticache divenne comune a partire dall’VIII secolo a.C..Ad oggi la Tunisia produce (spesso con l’aiuto di enologifrancesi) più di 300mila ettolitri di vino all’anno(2007) che viene esportato in tutto il mondo. Il 70 percento dei vini è Doc e il 20 per cento è classificato comePremier Cru. Nel 2008 le vendite si è registrato un incrementodelle vendite pari al 6 per cento in più rispetto al2007.La tradizione enologica è così radicata nel Paese checirca la metà delle vigne tunisine esistenti è dedicataall’uva per la produzione di vino e non all’uva da tavola;ultimamente, piccole compagnie come Domaine Atlas,St. Augustin e Ceptunes si sono affermate con successocreando una nuova generazione di vini tunisini.Le zone più rinomate per la produzione sono Tunisi,Megrine e Grombalia, chiamata dai suoi abitanti “il regnodelle uve”. I vitigni più comuni sono di origine europea,per lo più francese: l’Alicante-Bouchet, il Cinsault, ilGrenache, il Carignan, il Nocera, il Pinot Nero come vinirossi (e rosati) e il Semillon, il Pedro Ximénez, il Moscatodi Terracina e il Moscato di Frontignan per i vini bianchi,per quanto riguarda i vitigni autoctoni ricordiamol’Abeidi, il Mizzutello e il Sultanieh.Tra i vini rossi celebri tunisini: Vieux Magon, ChâteauSt. Augustin e Sélian; tra i bianchi Château St. Augustine Ugni Blanc, tra i rosé Coteaux de Carthage e ChâteauMornag.Una curiosità: per il rosso Vieux Magon, “Magon” derivadal nome dell’agronomo che visse a Cartagine al tempodei Fenici e annotò le tecniche di vinificazione, oggi ancorain uso, in un trattato di viticoltura.Il chakchouca, a base di pomodorifreschi, peperoni e cipolle Brick à l'oeuf tunisino Baklava60


EventiIl made in Italyspopolaa New Yorkdi Alessandra Rotondi▲ Chefs degustanotagliatelle tra cui Mario Batalie Cesare CasellaCosa bolle in pentola a New York? Di tutto e di più! Nella metropoliin cui etnie e culture diverse si incontrano e coabitano, anche lecucine del mondo convivono quotidianamente. In questa Babele disapori, effluvi e ricette, oltre agli orrori delle rivisitazioni culinarie arbitrariee fasulle del made in Italy, quali il chicken parmigiana, pastrocchiodi pollo inserito suo malgrado in una parmigiana di melanzane in cui amancare sono, per assurdo, proprio le melanzane, fortunatamente moltieccellenti professionisti dell’enogastronomia, insieme a una nuova generazionedi imprenditori, propongono il rispetto della vera tradizione culinarianazionale. Sono ristoratori, chef, titolari di aziende vinicole, giornalistidel settore, personaggi della vita sociale o istituzioni quali il Consolatogenerale, l’Istituto del Commercio estero, l’Ente nazionale del Turismo.Negli ultimi mesi, tutti costoro si sono adoperati per la promozione delmade in Italy da mangiare e da bere, proponendo su New York una seriedi eventi che hanno suscitato l’attenzione dei media, oltre che del vastopubblico americano. Tra questi, la Giornata internazionale delle cucineitaliane, organizzata dal Gruppo Virtuale dei Cuochi Italiani (GVCI) cheriunisce nel mondo migliaia di adepti, tra cuochi e addetti ai lavori, decisia dire no ai taroccamenti e alle falsificazioni della cucina e prodottinostrani. È il terzo anno consecutivo che il GVCI, capitanato da MarioCaramella, chef di base a Bali, indice una giornata dedicata al rispettodi una ricetta che fa parte del patrimonio culinario italiano da celebrarsisimultaneamente nel mondo. Dopo il risotto alla milanese e gli spaghettialla carbonara, quest’anno si è indetto “il rispetto” delle tagliatelle al ragù.L’anteprima dell’evento si è svolta a New York, presso la sede dell’Italian61


EventiCulinary Academy, il cui responsabile, ideatore e preside deglistudi è lo chef Cesare Casella, titolare del Ristorante SalumeriaRosi, nonché leader del GVCI negli USA. Vari cuochi italianiaderenti all’iniziativa, come Valentino Rizzo dell’Osteria BottegaBologna e Cinzia Orlandi, vera sfoglina, sono convenuti nellaGrande Mela esibendosi nella preparazione originale delle tagliatellealla bolognese. Il console generale Francesco Maria Talòha fatto da arbitro nella prova culinaria. Mario Batali, popolarecuoco italo-americano cultore del ragù, durante la video conferenzain diretta con Bologna è stato nominato membro onorariodell’apostolato della tagliatella e ambasciatore culinariodi Bologna ed Emilia Romagna. Rappresentanti di eccellentimarchi dell’enogastronomia e beveraggi italiani, come GranaPadano, Parmacotto, Ferrarelle, Barilla, Calvisius Agroittica,hanno offerto seminari e degustazioni gratuite. Una cena digala, svoltasi anch’essa presso la scuola di Casella, preparatada Chicco e Bobo Cerea, (ristoranteDa Vittorio, Bergamo, 3 StelleMichelin) coadiuvati dagli allievi dell’istituto,ha riunito personaggi dellatavola di New York, tra cui AnneBurnell, conduttrice di un reality tvdi gran successo dal titolo I PeggioriCuochi d’America, ma soprattuttocuochi e ristoratori italiani, tra cui i“newyorkesi” Sirio Maccioni de LeCirque e Osteria del Circo; LidiaBastianich di Felidia, Becco, Del Postoe l’itinerante Gianfelice Guerini, chefdel Team Ferrari Formula 1, i qualisono stati tutti insigniti dell’ItalianCuisine Worldwide Award, per l’impegnonella diffusione dell’autenticacultura enogastronomica italiana,ricevendo una padella in argentocome premio simbolico. A distanza dipochi giorni, l’Accademia italianadella cucina, istituzione culturaledella Repubblica, riconosciuta in talsenso dal ministero dei Beni Culturali,ha festeggiato proprio a New York il50° Anniversario dalla sua fondazione.La contessa Francesca BaldeschiBalleani, delegata su New York, haorganizzato al Metropolitan Club unacena di gala tutta marchigiana, operadello chef Lucio Pompili, alla qualeha partecipato oltre che il presidentedell’Accademia, Giovanni Ballarini,l’alta società e le autorità. Nel corsodella serata sono stati premiati personaggiche operano nell’enogastronomiaper “l’alta professionalità e l’intellettocon cui svolgono il loro mestie-▲ Tagliatelle al ragù▼ Preparazione delle Tagliatelleper la Giornata Internazionaledelle Cucine Italiane62


▲ La Principessa Kathreen di Serbia, in blu, esuoi ospiti al Ballo in Maschera da Cipriani▼ Riccardo Ricci Curbastro, Gianfranco Fini,Marco Pallanti e Aniello Musella, Direttoredell'ICE New York, in occasione di Vino 2010▲ Vino 2010, la settimana enologica italiana a New Yorkre e soprattutto per il cuore con cui sanno esprimere le eccellenzedelle tradizioni culinarie italiane”. E ancora una volta SirioMaccioni era nel parterre dei premiati, come Lou Di Palo, titolaredello storico Di Palo Alimentari ed Enoteca a Little Italy,meta indiscussa per gli acquirenti delle prelibatezze italiane epunto di attrazione turistica, per i cento anni di attività festeggiatiquest’anno. Dall’Italia la simpaticissima Luisanna Messeri,autrice e conduttrice televisiva del Club delle Cuoche ha ricevutolo stesso premio. Verdicchio, Pecorino, Passerina, RossoConero e Piceno di varie aziende hanno ricevuto l’onore deglialtari come forse mai successo prima. Ma tutti i vini italianihanno avuto recentemente una chance in più di farsi conosceree apprezzare dal pubblico newyorkese. È successo con l’eventoVino 2010, promosso dall’Italian Trade Commission, cioèl’Ufficio del Commercio estero di New York,oltre che daBuonitalia, Vinitaly, vari consorzi vinicoli e regioni, che ha offertoalla città grandi degustazioni, seminari,conferenze e cene a tema percelebrare le tipicità italiane.A richiamare l’attenzione dei mediaanche l’inaspettato arrivo del presidentedella Camera dei Deputati,Gianfranco Fini, di passaggio dopouna visita ufficiale a Washington, cheha presenziato a uno dei wine tasting,degustando vini e intrattenendosi coni titolari ed enologi convenuti, tra cuiMarco Pallanti in qualità di presidentedel Consorzio del Chianti Classicoe Riccardo Ricci Curbastro per laFranciacorta. E la rassegna si chiudecon il galà in maschera che la famigliareale di Serbia, residente a NewYork, ha organizzato per raccoglierefondi a favore dell’opera benefica eumanitaria Lifeline. L’occasione erail Carnevale e, visto il tema, non potevanon tenersi in quella che è consideratala trasposizione di Venezianella Grande Mela, cioè la sontuosasala da ballo di Cipriani sulla 42ªStrada. In questa occasione il madein Italy è andato ancora oltre: nonsolo la sede dell’happening esclusivo,che ogni anno richiama tutto iljet-set newyorkese e internazionale,era italiana, ma anche tutto il vinoche è stato servito, merito della generosae totale donazione da parte delleaziende Zonin e Salvatore Ferragamo,le quali, oltre a contribuire a unanobile causa, hanno garantito agliinvitati il miglior intrattenimento possibile:quello del vino al cento percento italiano!63


Vino e finanzaSe l’oro abbaglia,il vino rallegradi Lorenzo SimoncelliDAL 2001 A OGGIIL VALOREDEI GRANDI CRUÈ AUMENTATODELL’11 PER CENTO.CHI HA INVESTITOIN VINO HA AVUTOOTTIMI RITORNI,INFERIORI SOLOA ORO E IMMOBILI▲ Giovanni Geddes, AD della Tenuta dell'OrnellaiaCon la fine della prima decade del ventunesimo secolo è tempo dibilanci anche per la finanza. Due gli elementi da sottolineare. Primo:l’investimento azionario è quello che tra le diverse asset class haperformato peggio (meno 24,5 per cento) negli ultimi dieci anni, standoben al di sotto dell’asticella dell’inflazione (22,34 per cento). Secondo:chi ha scommesso sui beni rifugio, oro e immobili su tutti, ha avuto ancorauna volta ragione. Il metallo giallo ha conseguito un rendimento del più155 per cento, cioè quasi il 10 per cento all’anno (molto più di Bot e Cct),mentre il mattone si è rivalutato del più 118 per cento. A seguire è statopremiato chi ha scommesso su petrolio, titoli di Stato e mercato monetario.Ma la vera sorpresa è il vino. Lo dimostra l’andamento del Liv-ex 100,l’indice basato a Londra, che rappresenta un benchmark per il settore conle sue cento bottiglie più ricercate al mondo (91 per cento Bordeaux).Dal 2001 a oggi le grandi etichette hanno registrato un più 11 per cento,e nel 2009, anno ancora burrascoso per le borse mondiali (soprattutto ilprimo semestre), il Liv-ex ha fatto registrare un più 0,9 per cento attestandosia 237,17 punti. Un trend di crescita che tra l’altro sembraessere confermato anche per il 2010 visto che a gennaio è salito ancoradel 2,7 per cento. Oltre alla sua valenza economico-finanziaria, questoindice è uno strumento molto utile per tutti quei collezionisti che voglionocontrollare il valore della loro cantina.Le etichette che confermano laloro quotazione, anche al di là delleoscillazioni tra le diverse annate, sonoprincipalmente i bordolesi PremierCru: Lafite Rothschild, MoutonRothschild, Cheval Blanc, HautBrion, Margaux, Latour, Petrus. Perquanto riguarda la Borgogna invecenon sembrano sentire oscillazioni dialcun genere i prodotti del prestigiosoDomaine Romanée Conti.Fra le etichette italiane, poche (0,63per cento dell’indice), c’è il Massetodella Tenuta dell’Ornellaia.Un prodotto di qualità elevata che dadieci anni a questa parte ha vistoincrementare il suo valore economicodel 446 per cento. Presso la casad’aste Gelardini & Romani l’annata2006 en primeur è stata battuta alla64


▲ Claudio Zara, ricercatoree professore di banking e finanza,Università Bocconi e SDA Bocconicifra record di 604 euro (14/03/2009). Valori che hanno preso quota ulteriormentedopo che il Petrus italiano (come lo ha definito il noto criticoenologico Robert Parker) ha messo piede nella Place de Bordeaux(11/11/2008). Una scelta voluta fortemente dall’amministratore delegatodell’azienda toscana, Giovanni Geddes, che in esclusiva per DeVinis,ha spiegato alcuni retroscena dell’operazione. «Con la vendemmia del 2006abbiamo deciso di mettere una quota del Masseto (20 per cento) sulprincipale palcoscenico dei migliori vini a livello internazionale» spiegaGeddes. «Nel corso di questo primo anno ha già lasciato il segno facendoregistrare quotazioni che hanno raggiunto i 560 euro. È un grande successoche conferma la qualità del nostro Merlot. Essere a Bordeaux, rappresentaun privilegio. I Negociants gestiscono da sempre i grandi Cru diBordeaux e perciò hanno il know how perfetto per gestire un grande Cruitaliano. Con questa operazione manterremo il pieno controllo della tracciabilitàdel nostro vino, abbiamo un accordo che prevede la totale trasparenzasu dove verrà venduto il vino». Investire in vini giusti e d’annatapuò dunque rendere anche il 20 per cento. È il caso del Lafite Rothschild1982, che negli ultimi dieci anni ha avuto una rivalutazione dell’857 percento. Ciò significa che dodici bottiglie di questo Premier Cru bordolesesono passate da un valore di 2 mila sterline alle attuali 25 mila. Oppureil caso dello Château Le Pin 1998, una cassa sempre da dodici nel 1999valeva 800 sterline, quattro anni dopo ne valeva 1.550 (più 27 per cento).Ma l’acquisto diretto dal produttore o tramite asta sono solo alcune dellepossibilità d’investimento nel vino. Da una decina d’anni, infatti, anche ilvino ha subito in parte un processo di finanziarizzazione, che ha visto lanascita dei primi fondi d’investimento comuni, della prima sicav (societàd’investimento a capitale variabile) nel 2008 e dei contratti futures. I risultatianche qui sono stati ottimi, meno per quanto riguarda la diffusionedel vino come asset strategico da inserire nei portafogli. Il perché non siaancora apprezzato dai gestori delle banche d’investimento lo abbiamo chiestoa Claudio Zara, ricercatore e professore di banking e finanzadell’Università Bocconi e della Scuola di direzione aziendale (Sda) dellaBocconi. «La nota positiva del fondo d’investimento in vino è la possibilitàdi finanziarizzare un prodotto che per natura non lo è» spiega ClaudioZara. «La finanza permette di rendere questo bene, che per natura non ènegoziabile, indirettamente negoziabile, tramite strumenti quali quote difondi chiusi o future mediante le regole del mercato finanziario». E quellanegativa invece? «Come tutti i mercati di nicchia», ammonisce il professoredella Bocconi, «c’è il rischio che ci possano essere forti scostamentinel tempo e quindi una scarsa garanzia per il futuro. Inoltre si investesu vini specifici, con un mercato che puòessere volatile e con prezzi poco trasparenti.È sbagliato confrontarlo con altriasset finanziari, l’importante è coglierne ilbeneficio». Che cosa fare dunque per farsì che questa forma d’investimento abbiaun futuro più roseo viste le buone performanceregistrate in un periodo di grossaturbolenza dei mercati? «In un correttoportafoglio sarebbe bene mettere un 10-15 per cento di investimenti alternativi tracui il vino. È un settore che ha grossepotenzialità, il problema sta nel veicolarlocorrettamente, per farlo crescere bisognaaprire la dimensione del mercato, altrimentisi rischiano speculazioni» concludeZara. In Europa a tutt’oggi esiste unsolo fondo d’investimento sul vino, esclusealcune strutture off-shore in GranBretagna, Svizzera e Canada, ma di dubbiatrasparenza. Si chiama Noble Crus, è65


Vino e finanza▲ Christian Roger, fondatoredella società ''Vino e Finanza''di diritto lussemburghese (loemette la società di consulenzaElite Advisers), ed è gestito daChristian Roger, uno dei massimiesperti del settore, nonché fondatoredella prima società di consulenzasull’investimento in vino,chiamata appunto Vino e Finanza.Lanciato sul mercato il primo gennaiodel 2008 nel pieno della crisifinanziaria, ha fatto registrare più20,8 per cento il primo anno epiù 9,7 per cento nel 2009. Una massa totale gestita che si aggira intornoai 20 milioni di euro: di questi il 10 per cento cash per far fronte allerichieste d’uscita, e un portafoglio composto prevalentemente da vini dellaBorgogna. Tra le grandi novità degli ultimi mesi una serie di acquisti miratiper rafforzare la posizione sulle annate più recenti dei grandi vini, erroneamentesottovalutate l’anno scorso, e adesso con prezzi nuovamente inripresa. In particolare Christian Roger, gestore del fondo Noble Crus, hapuntato forte sul Premier Cru Château d’Ausone 2005. «Senza alcun dubbiolo Château d’Ausone è il numero uno dei Bordeaux degli ultimi diecianni» commenta Roger. «Si tratta pertanto di un investimento sicuro e digrande qualità». Tra i progetti futuri di Noble Crus c’è anche l’apertura aquello che è e sarà sempre di più la locomotiva dei vini di lusso, ossial’Asia (secondo la società di ricerche Iwsr la Cina ha un aumento annuodei consumi di vino pari al 15 per cento e nel 2012 supererà la quota di1,24 miliardi di bottiglie) e in particolareHong Kong. L’obiettivodel gestore del fondo è, infatti,costituire una grande collezioneverticale di Château d’Yquem,ossia tutte le annate del ventesimosecolo, molto apprezzata dalladomanda orientale. È passata labufera? E quali scenari per ilfuturo? «Per i vini top di gammanon ci sono stati problemi,soprattutto per gli Châteaux dovela richiesta è superiore all’offerta»risponde Christian Roger,gestore del fondo Noble Crus.«Tutto ruota attorno alla qualità.Il terroir è impossibile da esportare.I vini di alto valore possonocrescere anche del 12-15 percento all’anno. In questo periodochi ha bottiglie pregiate non vuolevendere e chi compra lo fa a prezzi ribassati». Due, secondo il fondatoredi Vino e Finanza, gli elementi principali che caratterizzeranno il 2010dei grandi vini. USA e Gran Bretagna, le cui divise si sono deprezzate neiconfronti dell’euro, esauriranno le loro scorte di grandi vini e sarannocostrette a ricostituirle acquistando sul mercato europeo, facendo cosìalzare i prezzi delle piazze di Londra e New York, che avranno un effettotraino su tutto il settore. Secondo: il 2009 sembra essere un’ottima annata,ci sarà quindi una corsa all’acquisto con conseguente lievitazionedei prezzi. Effetto moltiplicatore per le produzioni minime. Per concluderenel 2010 Noble Crus avrà maggiore attenzione per l’Italia e in particolarealla Toscana che nel 2006 ha prodotto un’ottima annata, attualmentegià in commercio.66


Oli d’ItaliaUn passo falsosull’olio di olivadi Luigi CaricatoCi sono molti passi in avanti da fare, sul fronte dellacomunicazione di una corretta cultura dell’olio dioliva in Italia. Se poi nel fare comunicazione a fallireè proprio il ministero delle Politiche agricole, alloraogni speranza è perduta e non si può certo pretendereche il consumatore assuma atteggiamenti corretti.Immagino che abbiate preso visione dello spot dedicatoalla promozione dell’olio di oliva trasmesso sulle reti Rai.Per chi non avesse visto il filmato, è possibile reperirlosu YouTube, alla voce “spot olio italiano”, dove si leggonocommenti autoreferenziali del tipo “lo spot che mancava!”oppure “gran bel montaggio” e complimenti a seguire.Commenti scritti da qualche mano amica. A me,tuttavia, lo spot non è piaciuto. Ritengo sprecati i 156milaeuro, Iva compresa, investiti. L’impegno economico èeccessivo a fronte dei risultati. Si sarebbero potuti utilizzarediversamente e con maggiore efficacia tali fondi.L’iniziativa è stata pensata allo scopo di fronteggiare lagrave crisi che ha coinvolto in questiultimi mesi l’intero comparto,ma non apporta nulla. Da un puntodi vista tecnico lo spot è mal riuscito.Per avere un riscontro esternoho sentito il regista Angelo Ruta,il quale concorda con la mia sensazione.“A prima vista mi sembra unospot realizzato in modo amatoriale”ha dichiarato. “Dall’ambientealla luce, dai costumi alla strutturadrammaturgica: non apre orizzonti,ma li chiude”. Non è soltantouna mia sensazione. Lo spot “èpensato per un pubblico piuttosto provinciale” ha aggiunto.“Gli attori fanno del loro meglio. Le comparse ai tavoli,invece, a giudicare dalla loro rigidità, sembrano parentidel regista. Manca forse un’atmosfera generale, evocatadalla voce fuori campo ma non corrisposta da quelloche si vede”.Il giudizio di Ruta è inequivocabile. Mette in evidenza ivistosi limiti tecnici dello spot. Su internet, il portale specializzatoSpot anatomy - la pubblcità vista al microscopioaccoglie commenti del tipo: “Anonimo… non lasciatraccia nello spettatore” oppure “lo speaker poteva sforzarsiun po’ di più” e di conseguenza “da Lowe Pirella-Fronzoni mi sarei aspettato di più. Ma visto l’interlocutore…”.Lo spot, della durata di trenta secondi, è ambientato inun ristorante e ha come protagonista una coppia di innamoratiche introduce lo spettatore alla conoscenza e alladegustazione dell’olio extra vergine di oliva italiano.L’agenzia pubblicitaria ideatrice del filmato è appunto laLowe Pirella-Fronzoni, non un nome a caso ma, fannosapere dal ministero, un riferimento ritenuto “di primariolivello internazionale”. Il regista è Franco Bernini.Ci sarà pure un “primario livello internazionale”, dietroallo spot ma il risultato resta comunque insoddisfacente.Ciascun lettore potrà verificare in prima persona. Ciòche emerge è che fare della buona comunicazione sulfronte degli oli di oliva sia proprio un terno al lotto. Eppurecon altri spot l’effetto è totalmente diverso. Ricordate lostorico spot a favore della birra, con protagonista RenzoArbore? Quello sì che era uno spot avvincente, perchériusciva a convertire al consumo della birra anche gliastemi più incalliti. Al contrario lo spot sull’olio, oltre afallire sul fronte della comunicazione, ha sprecato ancheil denaro della collettività.Scendo più nei particolari, soffermandomi sul perchéanche sul piano dei contenuti lo spot sia di fatto fallimentare.Per la cronaca, risale al 1991 l’introduzione ufficiale,con un apposito regolamentocomunitario, del ricorso al paneltest per gli oli di oliva. È stato ilprimo alimento che ha fatto pernosull’analisi sensoriale per valutarela bontà di un extra vergine. Ed èsempre a opera dell’Unione Europeache è avvenuta l’adozione del bicchiereufficiale per la degustazione,seguendo le indicazioni fornite dalConsiglio oleicolo internazionale. Sitratta del noto bicchiere tulipano,ambrato, che si scorge chiaramentenello spot. Ma la scena risultaerrata: il cameriere versa l’olio e l’uomo seduto al tavolodopo averlo annusato nel bicchiere, lo riversa sul pane,per apprezzarlo al gusto. È una scena che mette in crisile molte scuole di assaggio operanti nel Paese, le qualiper anni hanno fatto il possibile per trasmettere e farcapire - dapprima al produttore, in seguito al fruitoreprofessionale del prodotto, chef o personale di sala chesia e, in ultimo, al consumatore finale - il concetto chel’olio va degustato solo nel bicchiere tulipano, in mododa valutare le note olfattive e gustative. Anni e anni difatica per far capire che l’olio lo si degusta in purezza nelbicchiere e non invece sul pane. E ora si ricomincia daccapo,spiegando che lo spot era solo uno scherzo e chesul pane l’olio lo si apprezza e si gusta, ma non lo si valuta.Non è per essere puntigliosi ma il bicchiere o entra inscena utilizzato in maniera corretta o non entra affattoe rimane il semplice piacere dell’assaggio dell’olio sulpane e nulla più. Perché è così difficile far capire qualcosadi elementare?68


GLI ASSAGGI“Isola” da olive Biancolilla in purezza.Nel bicchiere. È verde dai riflessi dorati e limpido. Al naso ha profumifruttati puliti e freschi di oliva, con netti sentori di pomodoro e connotazionierbacee. Al palato è morbido e avvolgente, suadente earmonico, con note amare e piccanti ben dosate. In chiusura unapunta piccante e note di mandorla.L’abbinamento. Con couscous freddo al limone e zenzero con zucchinee mais, crema di verdure, carni bianche ai ferri.SICILIAConsorzio olivicoltori di Pantelleria, via Tadi 12, 35139 Padova,tel. 049.660900, www.olioisola.com, info@olioisola.com“Colle dell’eremita” da olive Moraiolo (70 per cento), Frantoio (20per cento), Leccino (10 per cento). Ottenuto per estrazione conmetodo sinolea, sole 500 bottiglie da 500 ml.Nel bicchiere. Verde dai riflessi oro, è limpido alla vista. Al naso haprofumi di media intensità, note vegetali di carciofo e rimandi alleerbe di campo. Al palato è sapido e avvolgente, gusto vegetale dicarciofo e punte amare e piccanti nette ma in equilibrio. In chiusurasentori di cardo e tocco piccante.L’abbinamento. Con gnocchetti di segale con cipolle al cartoccio efagioli, minestroni di verdure e grigliate di carni rosse.UMBRIALuigi Tega – Il mondo dell’olio, via dei Frantoi 53, 06034 Foligno (Pg)tel. 0742.660015, www.luigitega.it, tegalink@libero.it“Per Liliana” da olive Ascolana in purezza.Nel bicchiere. È giallo oro dalle sfumature verdi e limpido alla vista. Alnaso ha toni fruttati di media intensità e chiari sentori erbacei. Algusto le note vegetali di carciofo e mandorla, l’armonia di amaro epiccante. In chiusura note di pomodoro e richiami di mandorla.L’abbinamento. Con vellutata di lenticchie verdi, insalata di carcioficon patate, involtini di pesce spada al cartoccio.Tenuta Zimarino - Masseria don Vincenzo, via Torre Sinello 45Contrada Zimarino, 66054 Vasto (Chieti), tel. 0873.310027www.tenutazimarino.com, info@tenutazimarino.comABRUZZO“Pietra Bianca” da olive Salella in purezza.Nel bicchiere. Giallo dai riflessi verdolini, è limpido alla vista. Al nasoha note fruttate di media intensità con netti sentori di pomodoro edeleganti toni floreali. Al palato è morbido, con sensazione dolce inizialee una progressiva apertura all’amaro e al piccante, gustovegetale pieno, lieve astringenza. In chiusura note mandorlate epunta piccante.L’abbinamento. Con orzo alle erbe aromatiche, asparagi alle noci,petti di pollo alle cipolle.CAMPANIAFrantoio oleario Germano Monzo, 84040 Casal Velino Marina (Sa)tel. 0974.907384, www.oliodelcilento.it, monzo.germano@tiscali.it69


Birra di qualitàQuandola birrava a tavoladi Maurizio MaestrelliLA TRADIZIONALEFRONTIERA SEMBRAESSERE STATAINFRANTA. SONOSEMPRE PIÙ NUMEROSI IRISTORANTI CHEVALORIZZANO LE BIRREDI QUALITÀ, NEGLIABBINAMENTI E INCUCINA. UN FENOMENOCHE IN PARTE È MODA,MA CHE INDIVIDUA UNCAMBIAMENTO NEGLISTILI DI CONSUMO▲ Una birra chiara per accompagnareuna capreseUn sommelier del calibro di Luca Gardini non si scompone nelproporre un abbinamento con la birra a un piatto di Carlo Cracco.D’altra parte, lo stesso Cracco prepara da qualche tempo un fantasticodessert proprio con la birra. Davide Oldani, a Identità Golose 2010,ha proposto una sua creazione con spuma profumata alla birra, MassimoBottura ha fatto qualcosa di simile poco tempo fa. Da Igles Corelli la birraè di casa, la carta dei vini di Moreno Cedroni apre con una selezione dibirre Baladin e Marco Bistarelli aveva già confessato di possedere una suapiccola cantina di birre preferite. Può bastare? Se non altro a dimostrareche l’ingresso delle birre nei ristoranti, anche blasonati come quelli citati,sia un dato di fatto. Scoperto già dalla maggior parte delle guide di settore,ma “creato” grazie alla spinta propulsiva del movimento birrario artigianaleche, a partire dai primi anni del nuovo millennio, si è fatto semprepiù consistente, in termini di quantità e di rappresentanza, e piùcostante, in termini di qualità ripetuta e assicurata nel tempo. Requisitiquesti imprescindibili, ma qualche volta dimenticati, se dalla sfera delvolontariato birrario, bello e spesso folcloristico, si vuole passare a unadimensione più seria e imprenditoriale dell’avventura birraria. Oggi i ristoratorisanno di poter contare su un manipolo di produttori affidabili quantocreativi e originali, che realizzano ottime birre in bottiglie degne di staresulle loro tavole, che assicurano consegne in tempi logici e attendibili e,alla fine, portano nelle carte e nei menu dei loro ristoranti una ventatadi novità e, a nostro avviso, un valore aggiunto.Che in tutto questo ci sia un effetto moda è innegabile, ma molto si deveanche alla naturale curiosità degli chef, abitualmente alla ricerca di nuovisapori e profumi, al cambiamento in corso da anni negli stili di consumofuori casa, si beve meno e si sta più attenti al contenuto alcolico di ciò chesi beve, e infine alla moltiplicazione di consumatori consapevoli o edottiquindi curiosi di tutto ciò che è patrimonio enogastronomico italiano. E,sebbene neonata in confronto al vino, la birra artigianale nazionale è ormaiun patrimonio italiano. È su queste basi dunque che si è costruito lentamenteil fenomeno delle birre nei ristoranti, un fenomeno compreso a fondoanche dai grandi gruppi che non a caso stanno puntando, come maiavevano fatto prima, su questo canale di vendita, ma soprattutto di immagine.Almeno per quanto li riguarda. Sono spuntate così delle vere e propriecarte delle birre pensate da aziende di produzione e distribuzione ein diverse occasioni, al di fuori dei circuiti birrari tradizionali, si è iniziatoa parlare di alta e bassa fermentazione, di stili, di ingredienti. Elementiquasi imprevedibili fino a qualche anno fa.Preso atto dunque del fenomeno in corso, adesso si tratta di lavorare peril suo radicamento. Alcuni fattori positivi di base ci sono, molti ristorato-70


i, ad esempio, affermano che la birra cresce sulle loro tavole anche inconsiderazione del suo minore contenuto alcolico, ma non bastano enon è detto che siano destinati a durare nel tempo. In molti casi la birraè ancora considerata un’alternativa al vino, spesso si rimane affascinatisoprattutto dalla sua componente di originalità con una conseguente cacciaalla birra più strampalata d’Italia cosa che, inoltre, spinge incautamentemolti birrai artigianali esordienti a impegnarsi da subito su birrecon ingredienti particolari. Mentre sarebbe forse meglio mettere prima apunto delle birre, per così dire, “base”. Soprattutto, capita che la birra facciafatica a uscire dagli abbinamenti tradizionali, carni e formaggi soprattutto,o informali, ovvero ricette più semplici e immediate. È uno strascicodella considerazione che la birra ha sempre avuto in Italia: una bevandariservata a giovani e compagnie variegate, perfetta sulla pizza e davantia un barbecue. Noi non vogliamo negare le buone possibilità della birrain questi contesti, ma ci teniamo a sottolineare che l’abbinamento nondovrebbe essere tanto sul contesto, quanto sugli aromi e sul gusto. Gliabbinamenti con la birra vanno insomma fatti con la testa sgombra dapreconcetti e luoghi comuni e soprattutto vanno fatti, perché possonoessere fatti, con la nostra cucina italiana, tipica o creativa che sia. Proprioperché è una questione di alchimia e di equilibrio organolettico. Affrontatala questione in questo modo e “svestite” le birre dai parametri della novità,della sorpresa e delle tendenze del momento, siamo convinti che sipossa dare, anche all’interno del mondo della ristorazione italiana, unsolido futuro alle birre di qualità. Per farlo è necessario conoscere il mondodelle birre, frequentare qualcuno dei sempre più numerosi corsi di degustazione,andare alle fiere di settore, anch’esse più frequenti e diffuse diun tempo, e ovviamente assaggiare e ancora assaggiare. Esattamente comemi aveva spiegato, con queste due parole, un vecchio oste di Parma parecchianni fa quando muovevo cautamente i primi passi nel mondo del vino.Ecco, per le birre è la stessa identica cosa.▲ Una birra ambrata abbinataa un piatto di salumiSCHEDE DI DEGUSTAZIONERoderschProduttore:Birrificio Bi-Du - OlgiateComasco (Como) (www.bi-du.it)Si può definire “un classico” unprodotto che ha solo qualcheanno alle spalle? Noipensiamo di sì anche perchésul talento cristallino diBeppe Vento non si discutee questa birra chiara, dialta fermentazione e ispirataa uno stile originario diColonia fa parte di unrange ristretto di birreche vorremmo averesempre a disposizione.Fortunatamente, pernoi, è prodotta tutto l’anno.Colore giallo paglierino,note fruttate di banana,pesca e miele, straordinarioequilibrio al palato.Si fa bere senza se esenza ma.Panil Barriquée SourProduttore:Birrificio Panil - Torrechiara(Parma)(www.panilbeer.com)Torrechiara è famosa nel mondoper la qualità del prosciuttocrudo di Parma che si stagionada queste parti, ma da qualcheanno è nota a livello internazionaleanche per la sua birra artigianaleinterpretata dall’inesauribilevena di Renzo Losi. La birraassaggiata è la versione sour,ovvero “acida”, di una birrascura fatta affinare in barriquedi rovere francese dove i batterilattici le conferiscono questanota unica e incredibile cheha portato la sour a essereeletta tra le migliori birre delmondo sul popolare sitoRatebeer.com. Inutile dire cheha fatto incetta di premianche in Italia.NectarProduttore:32 Via dei Birrai - Pederobba(Treviso)(www.32viadeibirrai.com)Fabiano Toffoli è uno dei piùcompetenti e regolari produttoridi birra artigianale diqualità, Alessandro Zilli ilsuo più valido collaboratoree Loreno Michielin uncommerciale capace edefficiente. Logico quindiche le birre di 32 Via deiBirrai stiano conquistandoun pubblico sempre piùvasto, soprattutto tra i ristorantie le enoteche. La Nectar èbirra scura particolare, un’altafermentazione aromatizzata conrilevanti dosi di miele di castagnodel Monte Grappa, intensae complessa, prodotta in tiraturalimitata ma senza dubbio danon perdere.71


DistillatiIl Piemontee le sue grappedi Angelo MatteucciVIAGGIO NELLEDISTILLERIE STORICHEDI UNA REGIONE CHE HANUMEROSE GRAPPERIECHE SI TRAMANDANO DIGENERAZIONE INGENERAZIONEPiemonte, ricco di storia contadinalegata alla terra, al vinoe alla grappa. Un viaggio alloscopo di riscoprire le antiche distillerie,nate nel cuore della regione vitivinicolae tuttora fiorenti nonostantele difficoltà del momento. Parlarecon chi produce grappa è sempre ungrande piacere. Ognuno dice la sua,ognuno ama il suo operato che difendecon tenacia. Sono molte le grapperiesparse sul territorio, alcune conuna lunga tradizione familiare, altredi più recente fondazione, gestite congrande entusiasmo da chi lavora conpassione. Le piccole realtà continuanosu una strada artigianale, producendograppe in limitate quantità,cercando di ottenere i massimi risultati.Ancora una volta si possononotare le caratteristiche della distillazionediscontinua effettuata concaldaiette a vapore o a bagnomariacon un ulteriore passaggio in distillatorea colonna per raggiungere irisultati voluti. In alcune distillerietroviamo anche il successivo distillatoredemetilatore, per un’ulteriorerettificazione. Queste imprese generalmenterimangono fedeli alle vinaccepiemontesi, spesso locali, avendouna capacità produttiva limitata.Sul territorio vi sono, naturalmente,distillerie a livello industriale che operanosu scala più ampia.A Silvano d’Orba, in provincia diAlessandria, troviamo la distilleriaGualco nata nel 1870 da PaoloGualco e ora nelle mani di AlessandroSoldatini e dei figli Giorgio e Marcella.72


▲ Grappa diMalvasia diCasorzodell’AnticaDistilleria diAltavilla▲ Grappa diMoscato delladistilleriaGualco▲ GrappaRovero▲ GrappeBeccaris diNebbiolo eMoscato▲ Grappe dell’Antica GrapperiaBossoLa distilleria ha un alambicco tradizionalea bagnomaria alla piemontesedella capacità di 200 chilogrammi,con vinacce emerse (con la solaumidità delle vinacce rispetto allealtre caldaiette a vinacce sommerseper l’aggiunta di acqua e/o di vino)alimentata dal fuoco delle vinacceesaurite. Produce una gamma digrappe sia monovitigno sia invecchiatein botti di rovere di Slavonia da2500/3000 litri. Per le qualità scelteper lungo invecchiamento si utilizzanocarati di acacia da 200 litrio barriques di rovere da 225 litri. Siproducono 25mila bottiglie l’anno ela distillazione avviene esclusivamentenei mesi di ottobre e novembre.Secondo la tradizione sono messe incommercio anche grappe aromatizzatealla ruta, erba Luisa, pepperae ginepro. Sempre a Silvano d’Orbatroviamo Luigi Barile che, al contrariodella maggior parte degli altriproduttori, non è nato “in distilleria”.La sua passione e ragione di vita l’hascoperta in età adulta, nel 1976,quando ha acquistato una vecchiagrapperia, innamorandosi dellanuova attività. Famose sono le suegrappe invecchiate in barili di rovereutilizzate prima in Scozia per lamaturazione del whisky. Opera conuna coppia di alambicchi discontinuia bagnomaria alla piemontesealimentati a legna e con le vinacce“spente”. La vinaccia è Dolcetto diOvada e la distillazione è limitata asoli trenta giorni con una produzionetotale di 9mila bottiglie. Non distillaper conto terzi. Molti sono i premie i riconoscimenti che Barile ha ottenutoin questi anni.Ad Altavilla Monferrato, in provinciadi Alessandria, troviamo l’AnticaDistilleria di Altavilla di LauraRaimondo Mazzetti che opera contrenta caldaiette a vapore (utilizzatein batterie) seguite dal rettificatorea colonna. In alcuni casi utilizzaanche il demetilatore per vinacce divitigni particolari. La distillazione siconclude entro il mese di dicembreper poter utilizzare solamente vinaccefresche locali e regionali. La caratteristicadell’azienda è di offrire allapropria clientela grappe millesimate,sapientemente invecchiate e alcuneriserve. Imbottiglia anche per alcunivignaioli. Interessante il museo dellagrappa. Sempre ad Altavilla vi è ladistilleria Mazzetti di Altavilla. Di fattonel 1846 Filippo Mazzetti iniziò adistillare e le due aziende sopra indicatesono condotte separatamente daidiscendenti del fondatore. Qui abbiamouna realtà più piccola della precedenteche opera esclusivamente concaldaiette “a corrente di vapore” classichepiemontesi. La produzione artigianaledi 70-80mila bottiglie comprendele serie di grappe monovitignoBricco del Vignaiolo e Bricco degliApostoli oltre a Ruché di CastagnoleMonferrato prodotta con vinacce delvitigno autoctono. Anche in questocaso imbottigliano piccole partite digrappa per conto di alcuni vignaioliche danno le loro vinacce.A Costigliole d’Asti dal 1951 vi è ladistilleria industriale Beccaris cheha una vasta gamma di grappe siabianche, sia invecchiate, sia monovitigno.La grappa di moscato è consideratala specialità della casa.Distillano per conto terzi. Semprenell’astigiano troviamo la distilleriafondata da Paolo Berta nel 1947 etrasferita nel 2002 a Casalotto diMombaruzzo. Oggi, grazie ai figli delfondatore, è diventata una vera e propriaindustria ed è tra le distillerieche ha dato nuovo vigore alla grappapiemontese. Opera per la maggiorparte con distillazione continua maalcuni prodotti come la Riserva delfondatore o il Bric del Gaian sonoottenuti dalla distillazione in caldaiettea corrente di vapore.La distilleria Rovero in San Marzanottoin Valdonata, sempre in provincia diAsti, è all’interno di un’azienda agriturismoproduttrice anche di vinoeccellente. Franco Rovero dimostrasempre il suo entusiasmo di distillatore.Distilla le proprie vinacce e quelleche raccoglie nel Sud Piemonte.Imbottiglia con il proprio marchio73


Distillatiesclusivamente grappe provenienti davinacce piemontesi. Tuttavia su richiestadistilla anche vinacce di altre regionie le grappe sono imbottigliate per irelativi produttori di vino. Non utilizzavasche di raccolta e riceve le vinaccein sacchi di plastica ermeticamentechiusi oppure in bins da 400 chilogrammiper le vinacce dei dintorni.Utilizza due caldaiette a bagnomariadella capacità di 400 chilogrammi. Legrappe principali sono i monovitignidi Moscato, Nebbiolo e Barbera. Per lequalità invecchiate (come altri distillatori)non utilizza coloranti (caramello).Le sue grappe sono consideratedagli esperti tra le migliori piemontesi.L’Antica Grapperia Bosso è aCunico sempre nell’Astigiano e ha treimpianti. Due con caldaiette di piccoledimensioni, atte a contenere circa300 chili di vinaccia, che lavorano incoppia a vapore a bassa temperaturae vengono utilizzate per le grappemonovitigno e per piccole produzioniper conto dei fornitori di vinaccia.L’Azienda vinicola Bava di Cocconato,ad esempio, fornisce le vinacce allaGrapperia Bosso e fa distillare per proprioconto una grappa bianca diMalvasia e, con etichetta Cocchi, unagrappa bianca e la famosa grappa Dorédi Moscato invecchiata sette anni.Il terzo impianto di Bosso è responsabiledella maggior parte della produzione(in totale si raggiungono120mila bottiglie). Le grappe destinatealle qualità riserva sono invecchiatein grandi tini di rovere dallacapacità di 8-10mila litri. La distillazionesi effettua fino a marzo e levinacce sono custodite in vasche ricoperteda teli e quindi da sabbia perevitare quanto più possibile l’ossidazionedelle vinacce stesse. Si utilizzain certi casi anche la colonna didemetilazione.Passando nel Novarese, a Ghemmevi sono le industriali DistillerieFrancoli. Qui sono prodotte varie tipologiedi grappa etichettate LuigiFrancoli che comprendono qualitàbianca, riserva, monovitigno e specialitàdella casa. La grappa Oro diBarolo ha ricevuto la medaglia d’oroa Bruxelles. Le prime distillazioni digrappa da parte della famiglia risalgonoalla metà dell’Ottocento in ValSan Giacomo mentre le attuali distilleriepresero il via a Ghemme nelprimo dopoguerra ad opera di LuigiFrancoli. A Piobesi d’Alba, in provinciadi Cuneo, la distilleria Sibona,ricostruita fuori paese nel 2003, hamantenuto la sua anima di anticagrapperia (con la licenza di distillazionen.1) e allo stesso tempo hamodernizzato i propri impianti conun nuovo sistema che si distinguesia dall’industriale a colonne, sia dall’artiginalea caldaiette. I risultatigarantiscono una maggiore caratterizzazionedel vitigno e una produzionein linea con le esigenze del mercato.Per piccole partite di vinaccia ein casi particolari vengono utilizzanecaldaiette a vapore. La distillazionenormalmente termina prima di Natalecon una produzione di circa 300milabottiglie che comprendono principalmentemonovitigni o con invecchiamentiin barili particolari.Sempre in quel di Alba, in frazioneMussotto, Paolo Marolo nel 1977 hadeciso di dedicare le sue energie allaproduzione di grappa che si identificacon il produttore. La distilleriaha tre caldaiette a bagnomaria avinacce sommerse. Due della capacitàdi 400 chili sono utilizzate per levinacce a bacca bianca e l’altra di 800chili per le vinacce a bacca rossa. Lagamma è variegata e comprendeanche grappe monovitigno di vinacceprovenienti da altre regioni. La suaproduzione è di 60-70mila bottiglie.La distilleria non ha vasche per contenerele vinacce. La distillazione iniziaad agosto con le vinacce bianchee la distilleria continua via via aricevere e a distillare, in pochissimigiorni di permanenza, le varie qualitàper terminare con le vinacce diNebbiolo da Barolo (fermentato inmaniera tradizionale) che giungonoultime in distilleria all’inizio di dicembre.Ogni fase di lavorazione, ogniparticolare, dalle bottiglie alle etichette,al packaging in generale dimostrano,come per altri suoi colleghi, lapassione di Paolo nello svolgere illavoro vissuto come una vera e propriamissione.74


EventiDiVino Lounge,il rilancioparte anche da quiIL SUCCESSO DELLA MANIFESTAZIONE DIMOSTRA CHE AFFRONTARE I PROBLEMICON SPIRITO IMPRENDITORIALE È LA MIGLIOR RISPOSTA DA FORNIRE AI MERCATIProduzione, distribuzione eristorazione rilanciano iconsumi. DiVino Lounge,l’appuntamento dedicato a vini,spumanti e champagne rivolto aun pubblico professionale, chiudei battenti con grande soddisfazionedelle aziende e degli operatoridel settore. L’evento, ripropostodopo il successo dell’esordiodell’anno passato, si è inseritoall’interno della prima edizionedi Sapore 2010, la nuovaformula espositiva che alla fieradi Rimini ha raccolto in contemporaneale storiche manifestazioni sull’alimentazioneextradomestica: Mia, Mse, Frigus, Oro Giallo e PianetaBirra Beverage & Co.All’interno di DiVino Lounge ha mosso i primi passi ilmovimento 2010 Anno dell’orgoglio del vino con un convegnopromosso da La Madia Travelfood per riaffermarele connotazioni positive del nettare di Bacco e sottolineareche il mondo del vino rientra a pieno titolo dellaparte migliore di questo Paese, superando una logicaproibizionista e di allarme sanitario e sociale. Un dibattitoin cui il presidente dell’Ais, Terenzio Medri, haribadito l’impegno di tutti i sommelier a diffondere unacultura del “bere consapevole”.La formula, già sperimentata nella scorsa edizione, hariproposto un’area business, con appuntamenti prefissatitra buyer esteri e italiani e postazioni internet pervendite on-line, un’area food, con abbinamenti a cibigourmet realizzati grazie alla collaborazione di noti chef,e un’area wine. Proprio in questo spazio l’Ais ha organizzatodegustazioni guidate che hanno coperto l’interapenisola: dalle bollicine italiane al Nebbiolo nelle suediversificazioni, dai vini isolani sardi e siciliani aiSupertuscans, dai grandi bianchi altoatesini alle eccellenzedi Romagna. Il successo delle manifestazioni dedicateal food&beverage nel polo fieristico riminese sonoconfermate dai numeri registrati durante i quattro giornidi attività di Sapore 2010: oltre76mila visitatori e un boom dioperatori stranieri che ha segnatoun più 25 per cento rispettoall’anno scorso.Straordinario è stato anche ilvalore di business meeting internazionalicon oltre 4mila incontrid’affari registrati. Più di 600sono stati i giornalisti accreditatie i servizi sulla stampa nazionale,regionale e locale hannoraggiunto oltre 41 milioni di contatti.Il presidente di Rimini Fiera,Lorenzo Cagnoni, ha commentatocon soddisfazione i risultati ottenuti: «Su Sapore abbiamoconcentrato impegno e sforzi d’innovazione, affinchéquesto periodo di generale difficoltà economica fosseoccasione per rilanciare l’autorevolezza di un appuntamentoche rimane, nella sua globalità, il più importanteper l’alimentazione e la distribuzione Horeca. Affrontarei problemi con spirito imprenditoriale, investendo nellemanifestazioni di punta, è la miglior risposta da fornireai mercati. Un’iniezione di fiducia ben percepita daglioperatori, soddisfatti da una presenza di visitatori semprepiù qualificata, professionale e soprattutto internazionale».DiVino Lounge tornerà all’interno di Sapore nel febbraio2011 con un arricchimento della rosa di iniziative specialifinalizzate a costruire e a valorizzare relazionisempre più articolate e profonde tra i vari protagonistidella filiera agroalimentare: il Progetto Prometeo, inpartnership fra Rimini Fiera e Fipe Confcommercio (unprocesso di formazione e informazione destinato ai ristoratoridesiderosi di avviare una nuova stagione di dialogocon il mondo dell’industria alimentare) e l’ampliamentodella storica e costruttiva collaborazione con l’associazioneItalgrob con un ciclo di incontri, articolato intavole rotonde, per favorire il confronto tra il mondo delladistribuzione e quello dell’industria.(E.L.)75


EventiLa semplicitàfa rimacon complessitàmi tempi, proprio in un periodo nelquale l’unità di intenti dovrebbeessere l’imperativo categorico da perseguireper affrontare il difficilemomento economico, ma anchefinalmente per donare un’immagineunitaria e identitaria, soprattuttoall’estero.Il tema di questa sesta edizione èstato il lusso della semplicità: riscopertadelle materie prime, magaridel proprio territorio, e offerta di piattidella tradizione. Il tutto con un’attenzionealle tecniche di lavorazioneche si celano dietro la semplicitàdella presentazione di un piatto.Due esempi possono rendere benel’idea di quello che è stato il leitmodiAlessandro FranceschiniProbabilmente, il modo miglioreper parlare dell’ultima edizionedel congresso italiano dicucina d’autore, Identità Golose,giunto alla sua sesta edizione, sarebbequello di dedicare ampio spazioall’incursione di Max Laudadio e delsuo nuovo compagno di scorribande,lo chef Rocco Iannone, titolaredel ristorante Pappacarbone in queldi Cava dei Tirreni. In effetti, il rumoreche proveniva dall’auditorium delMIC (Milano Convention Centre) nonlasciava indifferenti. L’occasione peril duo del tg satirico di Canale 5 eraghiotta: in un colpo solo avrebberotrovato Paolo Marchi (critico nei confrontidello chef campano dalle paginedel suo blog), ideatore del congressoe lo chef Massimo Bottura(Osteria Francescana di Modena),attesa star di questa edizione e trai principali bersagli nei mesi scorsidella cosiddetta inchiesta di Strisciala Notizia denominata FornelliPolemici. L’uso di additivi in cucina,ma anche e soprattutto nell’industriaalimentare, in realtà mai affrontatodal tg satirico, potrebbe odovrebbe essere un tema centrale didibattito non solo del settore enogastronomico,quanto di quello cheindaga i rapporti tra scienza e salute,medicina e alimentazione. Nonpensiamo, però, che le modalità finqui adottate siano servite ad approfondirequesto delicato argomento,quanto a creare un clima di odio o,come giustamente ha affermato dalpalco del congresso lo stessoBottura, «di vera e propria caccia allestreghe» francamente deprimente.Quasi prevedendo l’incursione diStriscia, lo stesso Paolo Marchi avevaaperto il congresso parlando delle“guerre fratricide” che hanno avvelenatola cucina italiana negli ulti-76


tiv di molte delle relazioni degli chefche si sono avvicendati nelle differentisale trasformate in cucine dal vivo:Elio Sironi e Davide Oldani. Entrambiaccomunati dalla semplicità dellematerie prime, ma al tempo stessodalla cura, a tratti maniacale, dei dettaglie delle sfumature nella preparazione,operano in location praticamenteagli antipodi l’una con l’altra.Il primo nel lussuoso Hotels&Resortsdi Bulgari, in pieno centro a Milano,a pochi passi dal quadrilatero dellamoda, il secondo nella prima periferiaovest milanese, a San Pietroall’Olmo, frazione di Cornaredo, nelristorante che porta le iniziali del suonome: D’O.Elio Sironi ha aperto le danze delricco calendario di incontri dedicatoa un ingrediente semplice, popolaree italianissimo come la pasta,che ben sintetizza in sé il tema interodel congresso. Un grillo sul palco,passionale e coinvolgente, è riuscitoa stupire i clienti con una semplicepasta al pomodoro, la cui ricetta,però, occupa tre pagine fitte didettagli e accorgimenti fondamentali:«C’è poco studio sulla pasta perchéla considerano semplice. Questoha bloccato la ricerca. Invece cisarebbero approcci diversi e complessida approfondire». Per esempiola cottura e il cuoco brianzoloparla di quella “passiva”. Cosa siintende? Prima di tutto selezionareuna pasta di grande qualità, successivamentefarla bollire per due minutia fuoco vivo e poi spegnerlo,lasciando che cuocia lentamente,quasi a “lume di candela” per circasei minuti. A questo punto è prontaper essere utilizzata in padellainsieme ai nostri condimenti. Checosa si guadagna? In sapore, masoprattutto in valori nutrizionali,perché quasi sempre «buttiamo viail buono della pasta insieme all’acquache scoliamo nel lavandino».Al giovane Davide Oldani è invecetoccato il compito di aprire i lavoridel congresso nella sala principale:slide in PowerPoint e una terminologiadegna di una presentazione dimarketing per affermare che «il buongusto può essere alla portata ditutti». Cucina Pop, questa la definizionedella sua filosofia in cucina:qualità dei prodotti, ma a prezziaccessibili, selezionando tagli menonobili, dalavorare conla maestria ditecniche affinatepresso annidi apprendistatoda grandi maestridel calibro diDucasse o Marchesi,ma tralasciando tecnicismi:«Niente sifone perfare le spume, costa troppo,uso la frusta».Un ritorno alla semplicitànell’offerta, quindi, ma chenon fa rima con banalità:dietro delle semplici tagliatelle congli scampi, si può nascondere unalavorazione impensabile e decisamenteoriginale. È il caso di NikoRomito, giovanissimo chef bistellatodel ristorante Reale in quel diRovisondoli, nel cuore dell’entroterraabruzzese: una pasta all’uovosenza uovo. Lo scampo è utilizzatonella sua interezza: le chele per ricavareun fumetto dentro il quale cuocerela pasta, le teste centrifugatelentamente per ottenere una sostanzagelatinosa da impastare con lafarina al posto dell’uovo e, infine, lapolpa come condimento finale.Per Moreno Cedroni (Madonnina delPescatore a Senigallia) la semplicitànon consiste, invece, nell’utilizzodi materie prime meno nobili comeOldani: «È un palliativo. Per me lasemplicità consiste nell’ottimizzazionedel tempo. Ce ne vuole poco, altrimentise uso materie prime poveree poi ci impiego tanto tempo percucinarle non ho risolto nulla». Illusso, quindi,come tempo nonsprecato, cheCedroni taglia drasticamentefacendoassorbire il sugodalla pasta moltoprima della sua effettivapreparazione: cotturaper due minuti epoi in frigo insieme alcondimento, nel suo caso il salmonee il cocco. Se Cedroni gioca conla pasta lavorandola a freddo, c’èanche chi la reidrata con acqua tiepidaper riportarla allo stato originario,«come se fosse appena uscitadalla trafila». È il trentaquattrennePeter Brunel (Ristorante Chiesaa Trento), che utilizza solo materieprime del territorio nella creazionedi un bicchiere di spaghetti reidratatiper un’ora, cotti nel Teroldego eabbinati a del salmerino delle ValliGiudicarie aromatizzato con mieledi melo. Il tutto affumicato con fumoottenuto da trucioli di legni nobili.E Bottura? Standing ovation all’ingressosul palco e un discorso introduttivoche certo non lascia indifferenti.«È un momento difficile, digrande confusione. Per certi aspettidi caccia alle streghe. In Italia lafamiglia e l’amicizia sono al centrodella vita. Condividere un pranzo èil miglior modo di passare del tempoinsieme, si creano idee, si sogna esi smussano attriti! Dietro i fornellinon rinnego il passato, ma attingodal passato. Non faccio rivoluzioni,cerco di evolvermi, cavalcando iltempo e proiettandomi nel futuro».77


Vino e tecnologiaLe tecnologieche proteggonol’ambientedi Michela LugliSONO SEMPRE PIÙ IMACCHINARI DOTATI DISOFISTICATI DISPOSITIVIPER LA SALVAGUARDIAAMBIENTALE. TRAQUESTI CASA, UNPROTOTIPO DIMACCHINA IRRORATRICEIDEATA PER ILFRUTTETO MA IL CUIUTILIZZO SI ESTENDEANCHE AL VIGNETONon si può restare tranquilli se ci si sofferma sulla lettura di protocollimondiali studiati per ridurre l’emissione di gas dai più svariatie devastanti effetti o quando si leggono bollettini sui cambiamenticlimatici e su ciò che scomparirà o cambierà radicalmente sul pianetada qui ai prossimi trent’anni. Fortunatamente, il progresso tecnologico chein molti casi ha spinto l’acceleratore della devastazione mondiale, in altrettanteoccasioni è servito da paracadute o da uscita di sicurezza.È degli ultimi anni l’attenzione, ma la necessità ha origine un po’ più indietro,di guardare soprattutto in campo agricolo al lato ambientale. Sonomolti gli studi e i prototipi, che da essi sono nati, di macchinari che, purmantenendo la loro funzione originaria di instancabili lavoratori agricoli,sono dotati di sofisticati dispositivi il cui scopo ultimo è la salvaguardiaambientale. In questo contesto trova spazio CASA – Crop Adapted SprayApplication, un prototipo di macchina irroratrice ideata per il frutteto, all’internodel progetto europeo Isafruit, ma il cui utilizzo si estende anche alvigneto.Il prototipo, nato dagli studi condotti dall’Università di Agraria di Torinoin collaborazione con l’Istituto di Pomologia e Frutticultura polaccoSkierniewicze e con l’Universtità di Wageningen dei Paesi Bassi, è equipaggiatocon una serie di sensori e dispositivi elettronici che gli permettono diadeguare, in modo automatico, i parametri operativi della distribuzionedella miscela fitoiatrica in funzione della quantità di vegetazione presente,dello stato di salute della pianta e delle condizioni ambientali.Per ben comprendere l’importanza che il sistema CASA riveste nel bilanciodel processo di salvaguardia ambientale, occorre partire dalla consapevolezzache, come emerge da più di uno studio di settore, soprattuttonel caso di trattamenti fitoiatrici, una considerevole parte della miscelaimpiegata non viene messa a segno da una normale macchina irroratricema, al contrario, si disperde sul terreno o nell’atmosfera (Gil et al., 2007;Walklate et al., 2007). Il sistema CASA è dotato di tre componenti graziealle quali la distribuzione della miscela fitoiatrica risulta essere precisa,sicura ed efficace. Crop Health Sensor o CHS è il nome del primo componente.Si tratta di un sensore ottico che individua precocemente (giàdalle prime ore di insorgenza) la presenza del patogeno sulla pianta adeguando,di conseguenza, la dose di agrofarmaco da erogare solo dove equando necessario in base al livello di diffusione del patogeno stesso.Il secondo componente, Crop Identification System detto CIS, è in gradodi identificare la presenza, le dimensioni e l’intensità vegetativa della piantada trattare grazie all’azione di sensori a ultrasuoni. Ciascun lato dellamacchina dispone di tre sensori, il cui segnale di risposta, analizzato, attivaautomaticamente gli ugelli erogatori, la cui portata viene regolata in fun-78


CASA – Crop Adapted Spray Applicationzione delle dimensioni e della densità vegetativa della pianta bersaglio. Ilsistema, che ha come obiettivi quelli di individuare la presenza o menodella vegetazione da trattare e adattare il profilo e il volume della distribuzionealle caratteristiche geometriche della vegetazione quando presente,può ridurre il quantitativo di agrofarmaco impiegato, rispetto a unairroratrice tradizionale, da valori pari al 30 per cento fino a toccare puntedell’80 per cento del volume distribuito. Infine, il terzo dei componenti chepermette a questo prototipo amante dell’ambiente di funzionare, si chiamaEDAS o più estesamente Environmentally Dependent Application Systeme la sua capacità sta nel saper adeguare la distribuzione di prodotto allecondizioni ambientali, in modo da regolare i parametri distributivi rendendoil trattamento più sicuro per l’ambiente e proteggendo le aree sensibiliall’inquinamento. Per fare questo, EDAS si avvale di un navigatore GPSin grado di identificare la posizione dell’irroratrice nel vigneto o frutteto edi un anemometro sonico per misurare la velocità e direzione del vento.L’unione dei due parametri regola il livello di polverizzazione delle gocceimpiegando, alternativamente, ugelli convenzionali e ugelli antideriva. Lamacchina infatti è dotata di novantasei ugelli totali, di cui quarantotto convenzionalie altrettanti antideriva. Un convogliatore d’aria indirizza ilflusso generato dal ventilatore a sedici tubi (otto per lato) che terminanocon bocchette, su sei delle quali (per ciascun lato) sono presenti quattrougelli convenzionali a fessura e quattro antideriva a iniezione d’aria. Lamacchina, inoltre, è divisa su ciascun lato in tre sezioni idrauliche che corrispondonoa tre diverse altezze di lavoro così da distribuire la soluzionein modo preciso, adeguandola ai parametri vegetativi e all’intensità di infezionepresente nella pianta bersaglio. Come spiega Paolo Marucco delDipartimento di Economia e Ingegneria agraria, forestale e ambientale,Sezione di meccanica dell’Università di Torino, il prototipo è stato oggettodi una serie di otto dimostrazioni in campo svoltesi tra giugno e ottobre2009 in sette diversi Paesi europei (Danimarca, Italia, Olanda, Germania,Francia, Polonia e Spagna), nelle quali, utilizzando bersagli artificiali, èstato evidenziato il funzionamento del sistema CIS. Un percorso predefinito,inoltre, indicato con appositi conetti colorati, ha permesso di evidenziareil funzionamento del sistema EDAS. Notevoli i vantaggi derivantidall’impiego di un mezzo altamente tecnologico come CASA, che puressendo allo stadio di prototipo certo non mancherà di suscitare il grandeinteresse internazionale. A conferma di ciò, la giovane macchina ecologicae intelligente ha già ricevuto la medaglia d’oro all’edizione 2010 delPolagra Premiery, all’interno della fiera della meccanizzazione agricolapolacca conclusasi a metà febbraio. A quanto pare, CASA non sa stare lontanadalle luci della ribalta e sarà tra le attrazioni dell’edizione 2010 dellapiù importante kermesse bolognese per le macchine agricole. Non restadunque che attendere per scoprire l’effetto che la tecnologia ecologica faagli addetti del settore. La speranza è che anche molti di loro amino le montagne,i vigneti e gli spazi aperti incontaminati.79


ViticolturaIl vinodella terradi Albionedi Riccardo Castaldidella vite nelle isole britanniche èavvenuta nel 43 d.C., con l’arrivo dei RomaniL’introduzioneche la impiantarono nei territori più meridionali,facendo assumere alla sua coltivazione una significativavalenza economica, vista l’importanza del vinonel loro regime alimentare. La qualità organolettica deiprimi vini britannici non era con molta probabilità eccelsa,tanto che Publio Cornelio Tacito considerava le condizioniclimatiche dei territori d’oltremanica decisamentenon adatte alla viticoltura.È comunque stato accertato come le popolazioni indigeneconoscessero il vino antecedentemente all’arrivodei Romani, grazie ai Belgi, tribù celtiche e germaniche,che si erano insediate nella porzione sud-orientaledell’isola e che lo facevano giungere dai territorifacenti attualmente parte di Francia e Italia.La diffusione del Cristianesimo, avvenuta a partire dalIV secolo d.C., favorì l’espansione della vitivinicoltura,il cui sviluppo si arrestò però bruscamente con la finedel dominio di Roma nel 409 d.C. e il successivo arrivodi Angli, Sassoni e Juti; la viticoltura continuò astento anche presso i monasteri, dal momento che questebellicose popolazioni nordeuropee indussero i monacia ritirarsi negli angoli più sperduti del territorio, inaree proibitive per la coltivazione della vite.Per assistere alla ripresa della produzione di vino sidovette attendere la conquista da parte dei Normanninel 1066, il cui arrivo si ritiene abbia coinciso con l’iniziodi un periodo, della durata di circa trecento annicaratterizzato da condizioni climatiche favorevoli allaviticoltura. I Normanni, abituali consumatori di vino,diedero impulso alla coltivazione della vite soprattuttopresso i monasteri, favorendo l’arrivo dalla Francia dimonaci con profonde conoscenze viticole ed enologiche.Oltre ai monaci la produzione di vino iniziò ben prestoa interessare anche la classe nobiliare, tanto che dei42 vigneti censiti nel 1087, solo 12 erano annessi amonasteri.Dopo alcuni secoli floridi, la coltivazione della vite andòincontro a un graduale declino, imputabile principalmenteal ritorno a condizioniclimatiche avverse, alla BlackDeath, l’epidemia dipeste che si diffuse dal1348 al 1370 ed ebberipercussioni anchesul comparto agricolo,e non ultimo ladistruzione dei monasterio la confisca dei loro beni nel 1538, per volere diEnrico VIII. Il consumo di vino però, divenuto piuttostoradicato soprattutto nelle classi sociali più elevate,continuò e si rafforzarono le importazioni da Francia,Spagna e Italia, divenute piuttosto consistenti già nell’XIsecolo.Nel periodo compreso tra XVII e XIX secolo, la viticolturaebbe per lo più un carattere sperimentale, in molticasi portata avanti da appassionati e ricercatori, tra iquali spiccano il botanico John Tradescant e John Rose,giardiniere di Carlo II e autore del trattato di viticolturaThe English Vineyard Vindicated. Da ricordare ancheLord Bute, che con l’aiuto del giardiniere AndrewPettigrew realizzò un vigneto commerciale nel 1875presso Castle Coch, nelle vicinanze di Cardiff.Nel periodo compreso tra la Prima e la Seconda GuerraMondiale la messa a dimora dei vigneti si è arrestatacompletamente, per poi riprendere con un certo vigo-80


▲ Barnsole Vineyard nella conteadel Kent, non distanteda Canterburyre a partire dal 1951. I cambiamenticlimatici degli ultimicinquant’anni, caratterizzatida temperature mediepiù elevate e da una minorepiovosità, hanno stimolato unulteriore ampliamento dellasuperficie vitata.■■■ TRA I VIGNETI DI INGHILTERRA EGALLESLa superficie vitata presente nel RegnoUnito, pur essendo in senso assoluto piuttostoesigua, ha fatto registrare negli ultimi quattrodecenni una crescita significativa tanto che, da menodi 200 ettari presenti nel 1975, è balzata fino aglioltre 1.250 ettari attuali.Le aziende vitivinicole della Gran Bretagna, che sorgonoesclusivamente sui territori di Inghilterra e Galles,sono situate nella porzione sud-orientale del Paese, inuna fascia che si estende fino a 54 grado di latitudineNord e che interessa lo Yorkshire e il Lancashire.La maggior concentrazione di superficie vitata la siincontra però nelle contee più meridionali, vicino alCanale della Manica, dove le condizioni pedoclimatichesono tendenzialmente più favorevoli alla coltivazionedella vite. Vagando per la stupenda campagna inglese,dall’estrema punta della Cornovaglia fino al Kent,attraversando Devon, Dorset, Hampshire, West Sussexe East Sussex, non è quindi così difficile imbattersi inuno dei curatissimi vigneti inglesi; la viticoltura vieneinoltre praticata anche nell’Isola diWight, nelle Isole Scilly ad Angleseye a Jersey.Complessivamente esistono 116aziende vitivinicole, le più grandidelle quali sono The Chapel DownWinery (Kent), Denbies Wine Estate(Surrey) e Nyetimber Vineyard (WestSussex), che possono contare su pocomeno di 110 ettari di vigneto ciascuna.■■■ VITIGNI TEDESCHI E FRANCESII vitigni di riferimento sono stati per lungo tempoquelli tedeschi, Müller Thurgau in modo particolare, eil francese Seyval blanc, in quanto in grado di portarea maturazione l’uva anche nelle condizioni climatichedel Regno Unito.L’ampliamento della gamma di vitigni coltivabili dovutaai cambiamenti climatici e il favore riscosso dai viniprovenienti dal Nuovo Mondo, prodotti con vitigni internazionalipiù nobili, associati al crescente interesse neiconfronti della spumantizzazione, hanno decretato unnetto cambiamento di rotta verso Pinot nero eChardonnay, che sono attualmente i vitigni più diffusi;ad essi seguono Bacchus, Reichensteiner, Seyvalblanc, Müller Thurgau, Madeleine Angevine 7672,Schönburger, Rondo, Pinot Meunier, Ortega e Huxelrebe.I vitigni a bacca bianca precoci, dato il clima fresco,sono nettamente prevalenti su quelli a bacca nera einteressano approssimativamente i quattro quinti dellasuperficie vitata complessiva.81


Viticoltura■■■ LO STILE UKLa produzione enologica della Gran Bretagna ha compiutonotevoli passi in avanti sotto il profilo qualitativonegli ultimi decenni, soprattutto per le migliori caratteristichedelle uve prodotte, riconducibili ai cambiamenticlimatici, all’introduzione di nuovi vitigni e a unapproccio più scientifico alla viticoltura. Non devonotuttavia essere sottovalutati anche i passi compiuti incantina dove, a una accresciuta competenza tecnica siè aggiunta la diffusione delle più moderne macchineenologiche, soprattutto nelle realtà di medio-grandidimensioni.Pur considerando le variabili dovute alle differenti condizionipedoclimatiche degli ambienti di coltivazione, aivitigni e alle tecniche enologiche adottate, è possibiledelineare i caratteri generali dei vini della Gran Bretagna.I vini bianchi fermi, che riguardano circa il 63 per centodella produzione, si presentano in genere intensamenteprofumati e caratterizzati da sentori floreali fini, danote fruttate che richiamano gli agrumi e la mela verde,mentre più difficilmente presentano note di frutti maturi;al palato si dimostrano tendenzialmente leggeri, dotatidi buona freschezza e abbastanza persistenti. I vinirossi, che nell’ultimo decennio hanno raggiunto il 12per cento della produzione vinicola, grazie alla diffusionedi Dornferlder e degli ibridi Regent e Rondo, hannouna colorazione nettamente migliore rispetto al passato,sia come intensità che come tonalità, inoltre presentanouna struttura che gli consente in molti casidi essere affinati in legno; fini e delicati all’olfatto, algusto sono freschi, abbastanza persistenti, caratterizzatida note fruttate e speziate e tendenzialmente dotatidi buona bevibilità; degni di nota anche i rosé, moltoapprezzati dal mercato interno.La categoria di vino in più forte crescita e sulla quale iproduttori stanno riponendo molte speranze, è rappresentatadagli spumanti, che interessa il 25 per centodella produzione e le crescite di Chardonnay, Pinot neroe Pinot Meunier ne sono la prova tangibile. Abbandonatala gassificazione, molto diffusa in passato, i produttorid’oltremanica hanno puntato con decisione sul metodoclassico, ottenendo in diversi casi risultati di elevatolivello qualitativo che hanno consentito loro di misurarsicon lo Champagne, modello al quale si ispirano.■■■ QUALITY WINE SCHEMEConformemente a quanto stabilito nel Quality WineScheme, istituito nel 1992, i vini prodotti nel RegnoUnito vengono classificati in Table Wine, Regional Winee Quality Wine.Il Table Wine viene prodotto con uve che devono presentareun grado alcolico potenziale minimo pari al 5per cento, senza limiti di resa riferiti all’unità di superficie.Per produrre un Regional Wine si deve invece partireda uve provenienti dalle regioni designate, ottenute perl’85 per cento nella regione dichiarata in etichetta e invigneti ubicati a meno di 250 metri di altitudine; vienecontemplata una resa massima di 100 ettolitri/ettaro▲ Il Vallo di AdrianoIl Vallo di Adriano (in latino Vallum Aelium), è una forti -ficazione in pietra, fatta costruire dall'imperatoreromano Adriano nella prima metà del II secolo d.C.,che anticamente segnava il confine tra la provinciaromana occupata della Britannia e la Caledonia, l'attualeScozia. Questa fortificazione divideva l’intera isolain due parti. Oltre al suo impiego come fortificazionemilitare, si ritiene che le porte di accesso attraverso ilvallo siano servite come dogane per permettere la tassazionedelle merci.Una significativa porzione del vallo è ancora esistente,in particolare la parte centrale. Il Vallo di Adriano èdiventato patrimonio dell'umanità dell'UNESCO nel 1987.e un grado alcolico potenziale minimo delle uve parial 6 per cento.Il Quality Wine, designato in etichetta come England oWales (Galles) a seconda della provenienza delle uve,viene prodotto con uve ottenute a meno di 220 metri dialtitudine, considerando una resa massima di 80 ettolitri/ettaroe un grado alcolico potenziale minimo delleuve pari al 6 per cento.In Gran Bretagna, per l’innalzamento del grado alcolico,è consentito l’impiego del saccarosio, così comedel resto tradizionalmente anche in diverse regioni dellaFrancia, tra cui Champagne e Alsazia, in Germania, inAustria e in molti altri Paesi dell’Europa centro-settentrionalefacenti parte della UE.▲ I vigneti di Barnsole Vineyard82


Vino e religioneIl vino“spirituale”dell’Indiadi Maddalena GiuffridaNEL TANTRISMO IL VINOÈ CONSIDERATO UNVEICOLO PER ENTRAREIN CONTATTO CON ILDIVINO MA IL SUO USODEVE AVVENIREESCLUSIVAMENTE ASCOPO RITUALE,REGOLATO DA PRECISIDETTAMIPuò essere il vino un mezzo peril raggiungimento dell’estasimistica? Per gli adepti delcosiddetto tantrismo della Via dellaMano Sinistra il vino è consideratoun veicolo per entrare in contattocon il divino. Come si ricava dallaLuce dei Tantra: «L’alcol è il succo diShiva, né senza di esso vi possonoessere fuori liberazioni e fruizioni».Il tantrismo è uno dei più vasti e complessimovimenti religiosi dell’Indiasorto intorno al VI secolo d.C., è unacorrente spirituale e religiosa di ciòche generalmente viene chiamatoinduismo. Esiste anche un tantrismobuddhista e persino uno giaina.Generalmente in Occidente quandosi parla di tantra si tende a svilirnee snaturarne l’essenza mistica peruna sorta di luce sinistra su alcuniaspetti legati all’uso del sesso. Aldi là di certa manualistica che amaindulgere sul binomio tantra e sesso,la via tantrica è una sintesi della spiritualitàindù.Per usare una formula cinese, gliadepti del tantrismo “cavalcano latigre”, ovvero hanno la capacità ditrasformare gli aspetti usualmenteritenuti nocivi in validi mezzi salvifici;non reagiscono né subiscono lepassioni, ma si aprono e si identificanoin esse in modo attivo.83


Vino e religioneQuesta superiore libertà si manifestaanche in campo alimentare e nelconsumo di sostanze altrimentiproibite nella tradizione induista ebuddhista, come le bevande alcoliche,il pesce e la carne. Se da noiun pasto a base di carne e vino èun’abitudine comune e normale, inIndia le cose vanno diversamente.L’India è un Paese prevalentementevegetariano e il rifiuto della carneè legato al rispetto per tutte le formedi vita. Poiché la carne è frutto diuna violenza sugli animali, capacedi generare a sua volta effetti negativi,essa viene bandita dalla tavolainduista insieme alle bevande alcoliche,che oscurano la mente e ostacolanola crescita spirituale.La capacità di trasformare il negativoin mezzi di salvezza spiegherebbe,invece, l’uso di carne, pesce evino per gli adepti della Via dellaMano Sinistra che, diversamente daiseguaci della cosiddetta Via dellaMano Destra, dagli induisti e buddhististessi, non subiscono interdizionialimentari.Le bevande alcoliche sono tra i protagonistidel pancatattva o ritualesegreto delle cinque M, uno deirituali più importanti del tantrismodella Mano Sinistra, volto a far sperimentareal praticante l’unionemistica di Shiva e Shakti, ovvero lacoppia divina.I cinque elementi del rituale, chein sanscrito iniziano tutti con la letteraM, sono l’unione sessuale (maithuna),il vino o un’altra bevandainebriante (madya), il pesce (matsya),la carne (mamsa) e i cereali fermentati(mudra).Il Kularnava-Tantra (V, 84), uno deitesti della via tantrica della ManoSinistra per l’utilizzo rituale di vino,carne e pesce, permette alla castasacerdotale di bere sostanze inebriantia piacimento; i re-guerrieripossono berne prima di una guerra,i mercanti e gli agricoltori ne possonoconsumare durante i sacrifici,mentre agli intoccabili è concesso diberne al momento dei riti funebri.In genere, però, può consumarebevande alcoliche solo chi è liberodai dubbi, dai timori ed è forte nellospirito, senza mai arrivare a perdereil controllo di sé.Qualche autore ha voluto vederenell’estasi mistica tantrica un’interessanteconvergenza con l’ebbrezzadionisiaca, cioè quella particolare“pazzia” che fa superare all’uomola sua naturale limitatezza permetterlo in comunione con il divino.Il professor Raffaele Torella,ordinario di lingua e letteratura sanscritaall’università La Sapienza euna delle maggiore autorità in Italianegli studi di indologia, nel libroPassioni ed emozioni nelle filosofiee nelle religioni dell’India scrive: «Ènel tumulto delle passioni che è possibileincontrare di più faccia a facciail divino. La dimensione emotiva,sia essa eccitazione sessuale,gioia, dolore o terrore, non va cancellatama neanche soltanto accettata,al fine di neutralizzarla. Al con-▲ Alcuni ''mantra'',particolari formule rituali.La parola mantra deriva dallacombinazione delle due parolesanscrite manas (mente) e trayati(liberare). Il mantra si può quindiconsiderare come un suono ingrado di liberare la mente daipensieri. Sostanzialmente consistein una formula (una o più sillabe,o lettere o frasi), generalmente inSanscrito, che vengono ripetuteper un certo numero di volte(Namasmarana) al fine diottenere un determinato effetto,principalmente a livello mentale,ma anche, seppur in manieraridotta, a livello fisico ed energetico.Esistono moltissimi mantra per gliscopi più diversi; la maggiorparte sono in sanscrito, ma neesistono anche in altre lingue. Ilmantra più conosciuto è il mantraOm (AUM).84


▲ Shiva e Shakti, la coppia divina.La consorte di Shiva è Shakti, unaforma di Devi, l'aspetto femminilee materno di Dio che si manifestain aspetti differenti. In pratica, seShiva rappresenta l'aspetto personaledi Dio, immanifesto etrascendentale, Shakti è l'energiadivina che da lui scaturisce,generando gli universi materiali edeterminandone la trasformazione.trario, le emozioni vanno coltivatee sapientemente intensificate peraccedere alla Coscienza/EnergiaUniversale. E il vino rappresentauno dei veicoli per creare dei sottilisquarci nel velo dell’esistenza ordinariaed entrare in contatto con ildivino».L’uso delle bevande alcoliche neltantrismo deve avvenire esclusivamentea scopo rituale ed è regolatoda precisi dettami. Come si evincerispettivamente da alcuni versidel Mahanirvana-Tantra e delKularnava-Tantra «anzitutto ènecessario purificare il vino o altrebevande alcoliche mediante la recitazionedi determinati mantra, cioèdi particolari formule» aggiungeKrishna del Toso, appassionato studiosodi filosofie orientali, «quindivanno offerte al guru e alle divinitàe solo in seguito possono essereconsumate dal discepolo tantrico.Chi, invece, beve alcol e mangiacarne per sedare la propria sete efame è considerato colpevole, subiscel’ira degli dei e rinasce negli inferi».Sull’onda della filosofia tantrica, lacasa vinicola astigiana Scrimaglioha creato addirittura un vino, ilMonferrato Doc Rosso Tantra, chenelle intenzioni dei suoi produttorideve essere degustato nella sua globalità,senza necessariamente portarealla scissione delle sue peculiarità,dovute all’assemblaggio di duevitigni, ovvero Cabernet e Barbera.La loro nobile armonia è il trattodistintivo di questo vino dal colorerosso purpureo intenso e profondo,che ambiziosamente tende al superamentodella dualità e della separazioneper indicare la via della totalità,in perfetta sintonia con la visionetantrica della natura pervasa dall’assoluto.Il vino, tuttavia, in Indianon è mai stato il protagonista principalea tavola.Sembrerebbe che la viticoltura siastata introdotta all’inizio del IV millennioa.C., ma è possibile che il vinonon sia stato prodotto per moltissimisecoli (J.Robinson, The OxfordCompanion to Wine, Third Edition,Oxford University Press, 2006).Bisogna attendere il periodo vedico(II-I millennio a.C.) per vedere comparirenei testi sacri il nome di duemisteriose bevande: soma, consideratala bevanda dell’immortalità, unpo’ come l’ambrosia per gli antichigreci, e sura, un potente drink aromatizzatoal miele prodotto da orzoo riso fermentati.Sull’uso del vino in India, invece,alcuni autori greci e romani fornisconoinformazioni spesso contraddittoree basate su false generalizzazioni.Da una parte affermano che l’assunzionedi vino sia consentita soloa scopo rituale, dall’altra, invece, laconsiderano una normale abitudine(Pentti Aalto, Madyam apeyam, inJnanamuktavali - Commemorationvolume in honour of Johannes Nobel,International Academy of IndianCulture, New Delhi, 1963, pp. 17-37).La regione vocata per la produzionevinicola era il Kashmir grazie allesue favorevoli condizioni climatichee pare che il vino qui fosse moltodiffuso (India in early greek literature,di Klaus Karttunen, StudiaOrientalia, Helsinki, 1989).Kautilya, consigliere e ministro dell’imperatoreindiano Chandragupta85


Vino e religioneMaurya, fustiga l’uso di alcol e lapassione un po’ troppo spinta per ilvino da parte dell’imperatore e delsuo seguito nel trattato sull’arte delbuon governo, Arthasastra, che tradizionalmentegli viene attribuito.Va detto che qualche moderno commentatore(Pentti Aalto, Madyamapeyam) mette in dubbio che fosseeffettivamente il prodotto della vitequello che Kautilya condanna, mentreper altre fonti rappresenta addiritturail primo documento ufficialeche testimonia l’esistenza del vinoin India (J.Robinson, The OxfordCompanion to Wine). «In effetti lacosa non è chiara. C’è però almenoun passo, dal Brahmayamala, chenon lascia adito a dubbi: parla dimadya, che in sanscrito significavino (o anche bevanda alcolica), contrappostoa sura, dicendo del primoche nasce dall’uva. Il che però nonvuol dire strettamente che non cisiano anche altri madya nati da altresostanze» puntualizza il professorTorella. Meno rigido sull’uso dell’alcolpare essere un altro autorevoletesto della tradizione indù, ilManavadharmasastra, che allagenerale condanna del vino associadei consigli sulle occasioni in cui èlecito consumarne.Nei secoli il vino in India fu un prodottoriservato alle classi aristocraticae guerriera; le masse preferivanopiuttosto bevande alcoliche derivateda altri prodotti agricoli locali,come orzo, riso o miglio. Furono inseguito i colonizzatori portoghesi einglesi a dare impulso alla viticolturae alla produzione vinicola, chesubì una battuta d’arresto a causadelle devastazioni causate dalla filosseraalla fine dell’Ottocento e, piùtardi, dalla politica proibizionista.Le sfavorevoli condizioni climatiche,la difficoltà di collegamenti stradalie il divieto di bere sostanze alcolicheimposto dall’ortodossia induistae buddhista non hanno certamentefacilitato la penetrazione dellacultura del vinoin questo Paese.Oggi il vino sta lentamenteprendendopiede anche inIndia e questo graziea pionieri comeRajeev Samant, ilcreatore di Sula, unodei marchi più noti,insieme a Grover e ChâteauIndage. Il marchio Sula è legatoalla produzione di vini californiani,Château Indagedetiene il monopolio dellebollicine, Grover ha trasferitola sua passione per la Francia nellesue vigne a nord di Bangalore. Lamaggior parte dei produttori, eccettoGrover, sono concentrati nello Statodi Maharashtra, che è a tutti gli effettilo Stato leader nella produzione vinicolaindiana.Prima di togliere al whisky il primatodal cuore degli indiani, il vino devefare ancora molta strada; certamentel’economia guarda all’India comea uno dei mercati più interessantidel continente asiatico, con un futuroricco di prospettive e di crescita(Vino: Vinitaly, India e Singaporenuove frontiere per il nostro vino, IlSole 24 Ore Radiocor, 3 aprile 2009).Se il grande sogno delle principaliaziende vinicole è quello di traghettarel’India a ruolo di leader nelmondo, quello che ancora mancaalla produzione, qualitativamentepriva di difetti grazie allo sviluppodella tecnologia, è una più precisaidentificazione della peculiarità delsuo terroir, come rileva la rivista«Indian Perspectives». La ricerca diuna identità precisa e marcata è lasfida che la viticoltura in India deveaffrontare per penetrare pienamentenel mercato mondiale.Chissà quali sorprese allora ci riserverànel futuro il vino indiano, unavolta trovata la chiave del successo.Non ci resta, quindi, che aspettare.▲ Rajeev Samant, fondatoredell'azienda Sula86


PilloleSul podiole eccellenze lombardeFranciacorta Extra Brut Comarì del Salem 2004, Oltrepò Pavese Pinot Nero 2005e Garda Classico Chiaretto Molmenti 2007 i tre migliori vini della LombardiaI richiami classicheggianti, ricchi di suggestione dellasettecentesca Villa Panza a Varese hanno fatto dapalcoscenico al Gran Galà Viniplus 2010 per la premiazionedei migliori vini della Lombardia. La cerimoniasi è svolta, anche quest’anno, a conclusione del progettoViniplus, inaugurato lo scorso novembre con lapresentazione dell’omonima guida. Un importantebanco d’assaggio ha preceduto la premiazione e hapermesso al pubblico di degustare in anteprima leeccellenze enologiche lombarde.La scelta della provincia varesina per le premiazioni èstata avvalorata dall’affermazione in campo vinicolodella recente denominazione Igt Ronchi Varesini.«Abbiamo puntato molto sulla promozione e sulla qualitàdei nostri vini» ha dichiarato l’assessoreall’Agricoltura della Regione Lombardia, Luca Ferrazzi.«Sono particolarmente felice che questo importantemomento per i vini lombardi abbia trovato ospitalità aVarese, che con la nuova Igt Ronchi Varesini entra nelcircuito dell’enologia regionale e da oggi avrà mododi riunire il meglio delle nostre etichette, dalle zone storichee pluripremiate di Franciacorta, Garda, OltrepòPavese e Valtellina, fino alle realtà emergenti delMantovano e della Bergamasca».Il premio speciale “Il Sano” è andato all’Azienda agricolaFay di San Giacomo di Teglio, in Valtellina.▲ Il presidente Ais Lombardia Luca Bandirali e l'Assessore all’Agricoltura dellaRegione Lombardia Luca Ferrazzi insieme ai produttori premiatiL’azienda, a giudizio della commissione, è riuscita ariassumere in modo esemplare la qualità della produzionee la filosofia del concorso, che punta su un’eticaproduttiva orientata al “sano, buono ed equo”. ITastevin oro, argento e bronzo hanno premiato laFranciacorta, l’Oltrepò Pavese e il Garda bresciano.Il Tastevin d’oro 2010 è andato al Franciacorta ExtraBrut Comarì del Salem 2004 dell’Azienda Umberti, l’argentoall’Oltrepò Pavese Pinot Nero 2005 dell’AziendaLe Fracce e il bronzo al Garda Classico ChiarettoMolmenti 2007 dell’azienda Costaripa.Doppio podio dunque per la provincia di Brescia che siaggiudica due riconoscimenti su tre.Sono state attribuite anche ventisette menzioni specialiad altrettanti vini scelti dai sommelier lombardi come ipiù rappresentativi della produzione regionale. Anchein questo caso le province di Brescia con Franciacorta,Lugana e Garda Classico, di Pavia con l’Oltrepò e diSondrio con la Valtellina confermano la propria vocazioneterritoriale alla produzione di ottimi vini.«Partendo dal nostro principale obiettivo, valorizzare epremiare i produttori più sensibili a un richiamo etico equalitativo, siamo giunti a una fondamentale tappadel progetto Viniplus» ha spiegato Luca Bandirali, presidentedell’Ais Lombardia. «Con la premiazione dellemigliori aziende inserite nella guida vogliamo ribadirela nostra interpretazione del concettodi qualità che tiene contodegli sforzi dei produttori in tuttele dinamiche che intervengononel cammino di produzione di unvino. Per quanto riguarda ipremi, quest’anno sono stati toccatitutti i territori lombardi, dallaValtellina alla Franciacorta,dall’Oltrepò Pavese al Lago diGarda, assieme a realtà cheogni anno si riconfermano punted’eccellenza della produzionevinicola della nostra regione».Insomma un’altra tappa di successoverso la promozione delsistema dei vini lombardi chestanno conquistando sempre piùspazio anche sulle carte deimigliori ristoranti. Vini eccellentiche non sono uguali a nessuno.(Francesca Cantiani)87


PilloleLa rimonta dell’Amaronedella ValpolicellaL’Amarone della Valpolicella, vale a dire il redei vini veneti e una delle punte di diamantedell’enologia italiana, finalmente riconosciutaDocg, ha messo a segno un importante puntoa suo favore: nel 2009 ha registrato un bilanciodi mercato “soddisfacente”. Agli inizi dell’annoscorso, a dire il vero, le vendite avevano avutoun rallentamento, ma nei mesi successivi si èpalesata una rimonta tale da fornire risultatimigliori rispetto al 2008.All’Ente Fiere Verona, il presidente delConsorzio di Tutela Vini Valpolicella, LucaSartori, non ha nascosto la propria soddisfazione,in occasione della presentazione dell’annata2006. “Si tratta di un’ottima notizia pertutti i produttori che nel frattempo avevanodeciso di autoridurre la quantità di uve a riposo,destinate all’Amarone, del 30 per cento,per mettersi al riparo da sovrapproduzioni econseguenti cali di prezzo” ha affermato. “Levendite hanno recuperato terreno sul 2008tanto da consentire di consegnare nel 2009oltre 9 milioni di fascette contro gli 8,4 dell’annoprecedente.Ebbene questa politica di rigore deve essereancora mantenuta nell’ottica di un equilibrio dimercato anche per gli anni a venire”.Vi è da dire che il 2009 sarà ricordato, secondoil Consorzio di tutela, per due tappe di rilievo: ilconseguimento della denominazione di originecontrollata e garantita (Docg) per l’Amarone,vino tra i più grandi e ambiti dell’enologia italiana,(e anche per il Recioto della Valpolicella)e l’ambìto riconoscimento di Regione Vinicoladell’anno 2009, conferito dall’autorevole rivistaamericana Wine Enthusiast.Giustamente malcelata la gioia di Luca Sartori.“È un riconoscimento per tutta la denominazione”ha detto. “Premia non solo il territorio con isuoi vini, ma anche la capacità degli imprenditori,i loro investimenti sia in vigneto sia in cantinaper migliorare la qualità. Siamo orgogliosi ecrediamo che questo premio ci aiuterà sianella lotta alle frodi e alla contraffazione (perinciso nel 2009 è stato smascherato un commerciodi Amarone falso di 1 milione di bottiglie),sia sui mercati anglofoni su cui puntiamoper la promozione nell’immediato futuro”.Ben sessantacinque aziende produttrici hannopartecipato al prestigioso appuntamentodell’Anteprima Amarone, organizzata dalConsorzio di Tutela Vini Valpolicella in collabo-88


▲ Uva Corvina per Amaronerazione con la Camera di Commercio diVerona, la Banca Popolare di Verona,VeronaFiere e con il contributo del ministerodelle Politiche Agricole e Forestali. Se il 2005verrà ricordato come un millesimo di grandelongevità, l’Amarone 2006 è quasi pronto,presenta un grande equilibrio, un naso fruttatoe floreale e tannini morbidi.Senza ombra di dubbio, la grande variabilitàdell’annata ha privilegiato la bevibilità, ma sipuò anche affermare che va a scemare latendenza generalizzata alla muscolarità chenon aveva risparmiato l’Amarone, pur trovandocidi fronte a vini di elevato tenorealcolico e notevole estratto. Le variazioni piùimportanti e significative del disciplinareriguardano la possibilità di porre un limiteall’iscrizione di nuove superfici all’albo deivigneti e di intervenire passo dopo passo, dianno in anno, rispetto alle uve rivendicabili ea quelle da mettere a riposo. Quest’ultimoaspetto è particolarmente importante emerita che ci si possa soffermare almeno unattimo: consentirà infatti di gestire sul pianocommerciale la denominazione, comeperaltro è già stato fatto con ottimi risultatianche nell’anno appena trascorso. Inoltre,particolare non certamente di secondo ordine,diventa obbligatorio l’imbottigliamentoin zona, ferme restando le deroghe per lesituazioni consolidate. Vi è da rilevare, infine,che vengono incrementate, aumentanocioè nell’uvaggio le percentuali di Corvina edi vitigni autoctoni veronesi e nazionali autorizzatiin provincia. In questo caso la conclusioneviene affidata al vicepresidente delConsorzio di Tutela Vini Valpolicella, DanieleAccordini: “Si tratta di disciplinari che ricalcanociò che già stiamo facendo. Alla “francese”fotografano la realtà attuale, mantenendouna certa elasticità”.(Paolo Giarrusso)


PilloleI viniche arrivano dal freddoLa sala del Westin Palace è gremita, nessuno vuoleperdersi la degustazione. Fiorenzo Detti, delegatodell’Ais Milano e organizzatore dell’incontro, ha fattomiracoli ed è riuscito a prenotare all’ultimo la sala piùgrande. Ci sono centoventi persone ma, nonostantegli sforzi, più di sessanta sono rimaste in lista d’attesa.Nei bicchieri c’è un bianco elegante e inimitabile, il rieslingal suo massimo livello. Quello che, con tutto ilrispetto per altre latitudini, cresce solo in Germania, suipendii che costeggiano il corso di Mosella, Saar eRuwer. Una terra da fiaba, verde e rigogliosa in primavera,gelida in inverno. Ad accompagnare i presentinella degustazione, il naso fine del sommelier GuidoInvernizzi, enciclopedia vivente del mondo del vino enon solo. Con lui Dick ten Voorde, olandese di nascita,italiano d’adozione (sposato con una nostra connazionale),profondo conoscitore del riesling per passione eper lavoro (la sua società, Vino e Design, li importa): èlui che ha selezionato gli otto vini della serata. Unabuona scelta, che mostra la versatilità del vitigno. Siparte con uno spumante, seguito da tre vini secchi. Poiquattro con residuo zuccherino naturale, ultimo deiquali l’Eiswein (vino di ghiaccio). Dick e Guido presentanodisciplinare tedesco e territorio, passaggi fondamentaliper capire l’unicità di questi prodotti. La salapende dalle loro labbra. Solo la prima spiegazione,utile per comprendere le complesse etichette tedesche,meriterebbe un fiume di parole. Semplificandomolto, i trocken (secco in tedesco) sono quelli conmeno di 9 grammi di zucchero per litro. Gli altri sonodolci, anche se il termine è riduttivo. Più semplice comprenderel’alchimia del terreno tedesco. I riesling diquesta zona hanno in comune spiccata acidità, dolcezzae bassa gradazione alcolica. Sono però longevicome i grandi rossi. «Tutto grazie all’ardesia nel terreno»racconta ten Voorde, «che ha anche protetto i vitignidalla filossera. Così la maggior parte delle viti sono apiede franco, molto vecchie». Il resto lo fa il freddo (ein certi casi la botrytis cinerea), che fa maturare i vinilentamente e blocca la fermentazione, lasciando ilresiduo zuccherino naturale. Finita la spiegazione, sipassa a degustare. Tutti i vini al naso presentano un’inconfondibilenota di idrocarburo. In bocca, pur tuttidifferenti, hanno in comune il perfetto equilibrio tramineralità, sapidità, dolcezza e acidità. Non annoianomai. Si fa fatica a credere che siano tutte anime diversedello stesso vitigno. Eppure lo si dà per scontato,anche se sembra un paradosso. Descriverli tutti comemeritano in poche parole è impossibile. Ne scelgo uno,quello che mi colpisce di più: il 2004 Von Schubert,Abtsberg, un QbA (la nostra Igt). C’è tutto il terroir diquesta regione nel bicchiere. Nel naso si avverte unleggero sentore bruciato, seguito da note minerali efloreali, come il biancospino, il glicine. Ma anche salvia,con una nota muschiata. Un vino molto complesso,che in bocca però è sorprendentemente fresco. La▲ La Mosella e i suoi vignetileggera sapidità è bilanciata dalla dolcezza, quelladella mora. Ritorna la salvia e si aggiunge il tè. La persistenzaè lunghissima. Come la longevità di questo vino,ancora un po’ giovane (sei anni!), grazie alla forte acidità,Dick consiglia di dimenticarselo in cantina pertrent’anni. Dopo tre ore di autentica goduria è ilmomento dei saluti. Il tutto è costato 20 euro, moltopoco visto il valore e la rarità dei vini e l’organizzazione.Il “trucco” lo svela Fiorenzo Detti: «Puntare solo acoprire i costi. Il socio Ais paga già una quota associata,va rispettato e noi lavoriamo per lui. Deve sentirsiparte di una famiglia, non all’interno di un business». Ilresto lo fa la squadra di Fiorenzo: «Sono eccezionali»dice. Eccezionali come questi riesling.VINI IN DEGUSTAZIONESekt (metodo classico)1) 2004 Von Schubert Sekt – Mosel.11%, Rz 12,9, Ac 6,2(Daniele Urso)Trocken (secco)2) 2007 Horst Sauer – Kabinett – Franken12%, Rz 8, Ac 7,23) 2008 Donnhoff – Tonschiefer – Riesling – QbA – Nahe12%, Rz 8, Ac 84) 2005 Rebholz – Kastanienbusch – Grosses Gewachs –PfalzCon residuo zuccherino naturale5) 2004 Von Schubert – Abtsberg – QbA – Mosel9%, Rz 54, Ac 10,56) 2007 Markus Molitor – Zeltinger Sonnenuhr – Spatlese– Mosel7,2%, Rz 88, Ac 6,67) 1994 Karlsmuhle – Kaseler Kehrnagel – Auslese –Mosel7,5%, Rz 69,2, Ac 108) 2007 Dr. Loosen Blauschiefer Eiswein – Mosel6,5%, Rz 69,2, Ac 1090


La salutenel bicchiereLa salute nel bicchiere è il titolo dello specialeappuntamento organizzato dalla delegazione triestinadell’<strong>Associazione</strong> italiana sommelier a favore diun partner d’eccezione, la Lega <strong>Italiana</strong> Lotta aiTumori (LILT), che da oltre ottant’anni si impegnanelle campagne istituzionali di sensibilizzazione ededucazione pubblica contro le cause chepossono alterare lo stato di salute dell’individuo.La serata, i cui proventi saranno devolutiin beneficenza alla LILT, si terrà a Trieste il 28maggio, alle ore 20.30, all’Hotel GreifMaria Theresia e sarà moderata dalgiornalista de «Il Sole 24 ore», PaoloPichierri.Al tavolo dei relatori siederanno laprofessoressa Bruna Scaggiante, neopresidente della sezione triestinadella LILT, il professor Claudio Tiribelli,direttore del Centro Studi fegatodel nosocomio triestino edell’Area di Ricerca, e il professorStefano Ciatti, presidentedell’<strong>Associazione</strong> Vino e Salute.Partner scientificodell’<strong>Associazione</strong> Città delVino, Vino e Salute dal 2005riunisce alcuni tra i maggioriricercatori e medici italiani,uniti dal comune intento didivulgare la cultura del vinoe di diffondere la ricercaapplicata alle sue proprietàsalutistiche.Al centro della serata i positivieffetti del vino sulla salute, seconsumato con moderazione,ma anche gli effetti negatividerivati dal suo abuso.«Sono particolarmente orgogliosodi aver avuto la possibilità di organizzarequesto evento» sottolineaFederico Trost, delegato della sezionetriestina dell’Ais. «Iniziative come questapermettono non solo di divulgare la conoscenzadel potere terapeutico del vino sulnostro organismo, ma anche di favorire la prevenzione,soprattutto tra le fasce più deboli, come, adesempio, i giovani».In scaletta una degustazione di vini, generosamenteofferti da prestigiosi marchi quali Foss Marai,Mastrojanni, Livio Felluga e Rocca Bernarda, e diprodotti tipici dell’altipiano carsico donati dalla ZKB- Banca di Credito Cooperativo del Carso.(Maddalena Giuffrida)91


PilloleL’Ais Sicilia formagli esperti di enoturismoIn collaborazione con l’Istituto regionale sicilianodella Vite e del Vino, l’Ais Sicilia dà il via a un’importanteiniziativa, orientata a incentivare e a sostenereil flusso enoturistico nell’isola. Si tratta del primo corsodi formazione per esperti di enoturismo, rivolto adaccompagnatori turistici e ad operatori del settoreselezionati tramite un bando di concorso. Le figurespecializzate formatesi nella gestione dell’ospitalitàe nell’incoming turistico favoriranno la comunicazionedelle bellezze naturali del territorio e delle qualitàdel vino che si produce, allo scopo di mettere inluce le risorse della Sicilia, raggiungendo l’obiettivodi destagionalizzare i flussi turistici e di favorire l’incontrotra produttori e consumatori. Il corso che èstato presentato con una conferenza stampa nellasede della fondazione Whitaker a Villa Malfitano aPalermo, da Camillo Privitera, presidente Ais Sicilia, edai vertici dell’Istituto Vite e Vino, il presidenteLeonardo Agueci e il direttore Dario Cartabellotta,avrà sede nel capoluogo per poi, nel corso dellelezioni, spostarsi nelle sedi messe a disposizione daalcune cantine della provincia palermitana: Feudi diCorleone, Disisa, Abbazia Santa Anastasia, TascaD’Almerita e Feotto dello Jato. Strutturato in diversimoduli tematici per un totale di sessanta ore, vedràla partecipazione di relatori Ais Sicilia, funzionaridell’Istituto regionale Vite e Vino e di docenti nonsolo siciliani, altamente specializzati e legati almondo della produzione vinicola, olearia e gastronomica.I presidenti Camillo Privitera e LeonardoAgueci hanno sottolineato che la sinergia tral’Istituto Vite Vino e l’Ais Sicilia colmerà un’esigenzaforte, ovvero la richiesta di persone qualificate chepossano comunicare in modo appropriato il territorioe i giacimenti gastronomici in esso presenti. Ilcorso vedrà coinvolte le aziende vitivinicole sparsenell’intera regione, proprio perché luoghi ideali doveapprofondire il vino e le tradizioni. Il direttore DarioCartabellotta ha evidenziato l’importanza del valoreculturale, organolettico ed emozionale del vino siciliano,un prodotto unico, frutto di un vero e propriocontinente vinicolo, dalle condizioni climatiche differentie dal territorio variegato. Basti ricordare chein Sicilia la vendemmia dura quattro mesi, dai primidi Agosto in cui si raccolgono le uve bianche nellezone più calde, fino a Novembre inoltrato per iNerelli delle zone più fredde dell’Etna. Il proficuoconnubio tra Ais Sicilia e Istituto regionale Vite Vinoha previsto altri due corsi: uno a Trapani e uno aCatania, per un totale di sessanta formati, chesaranno parte attiva di un processo di diffusionedella cultura enogastronomica siciliana, affinché leeccellenze tipiche delle aziende vitivinicole, oleicole,agricole e i prodotti gastronomici locali sianosempre più considerati nel loro ruolo di componentifondamentali del sistema sociale ed economicodell’isola.(Luigi Salvo)⊳ Una lezione di Camillo Privitera,Presidente Ais Sicilia92


Vino in villa…garantito!Un evento a “tutta G”. La G è quella di Garanzia offerta dalla Docg, il massimo riconoscimentoqualitativo assegnato ai vini italiani. Un’eccellenza dimostrata dai numeri: inItalia vi sono oltre 300 vini Doc ma solo 44 Docg. La “numero 44” è il ConeglianoValdobbiadene Prosecco Superiore, cui sarà dedicato Vino in Villa, festival internazionaledi questo spumante italiano inimitabile, dal 15 al 17 maggio al Castello di SanSalvatore di Susegana (TV). Per festeggiare la nuova identità, il Consorzio per la Tuteladel Conegliano Valdobbiadene ha deciso di chiamare i quarantatre colleghi, vinifamosi o rari, che saranno individuati grazie alla collaborazione con l’Ais Veneto. Inuna sola sede, i visitatori potranno immergersi in questo “Mondo G come Garantito”.Accanto alla degustazione delle 44 Docg d’Italia e alla presentazione della nuovaannata del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore con ben 300 vini, si svolgerannoil convegno dedicato al valore delle Docg in Italia, ma anche gli incontri a tavolacurati da Alma, Scuola Internazionale di Cucina <strong>Italiana</strong> che, per l’occasione, presenteràl’Atto Unico, ovvero il piatto unico. A fare da cornice a Vino in Villa sarà, comesempre, il castello di San Salvatore, borgo del XIII secolo immerso nell’area del Conegliano ValdobbiadeneProsecco Superiore, un nome difficile come faticoso è coltivare la vite in queste colline ripide quanto spettacolari.Una bellezza che, nei secoli, si è mantenuta intatta, come dimostra la pittura di un maestro del Cinquecento,Cima da Conegliano. Proprio a pochi passi da Vino in Villa si terrà la più grande mostra mai realizzata, organizzatada Artematica a Palazzo Sarcinelli a Conegliano e visitabile durante Vino in Villa. Ci sarà anche un quartomotivo per partecipare all’evento: i momenti culturali de I Simposi, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscaridi Venezia, dedicati quest’anno a “Meraviglie” ovvero al legame fra il dialetto e il paesaggio.Per informazioni www.prosecco.it


PilloleLa civiltà del vinodall’età romana ad oggiSecondo le previsioni degli analisti, neiprossimi decenni il comparto economicodalla crescita più intensa sarà il turismoculturale. Risulta perciò indispensabileuna rivisitazione critica del patrimoniomateriale e immateriale che hamodulato nel tempo l’identità dei luoghial fine di pianificare un originalesistema di offerte.Il valore del “nuovo” turismo si concretizzainfatti con la possibilità di immergersiin un’atmosfera culturale in cui concorrono, conefficace complicità, il paesaggio, la storia, l’archeologia,le tradizioni, la cultura materiale, i modidi vivere, gli stili e i piaceri.L’International Summer School “Mediterraneo”dell’Università di Bologna che si svolge a Cattolicadal 12 al 17 maggio può rivelarsi un’ottima opportunitàdi lavoro in questo senso, dando modo di sperimentarel’efficacia di una sinergica rete culturaleche coinvolge le comunità di quest’area frontalieradefinita dalle vallate del Conca, del Ventena e delTavollo.L’edizione 2010 della Summer School“Mediterraneo” punta sulla civiltà del vino e consentedi coniugare la didattica, demandata adocenti provenienti da università italiane e stranieree da istituti di cultura enogastronomica, con escursionisul territorio (visite guidate a luoghi notabili edecomusei, aziende vitivinicole, etc.). Intrattenimenticonviviali e di spettacolo realizzati durante la settimanapotranno contribuire ad arricchire l’interesseturistico per un soggiorno di conoscenza dei luoghie delle proposte culturali espresse nei vari contesticittadini in cui si svolgeranno le lezioni. Il corso èaperto a studenti, studiosi o altre personeinteressate. Le attività della scuolarestano comunque aperte a tutti indipendentementedall’iscrizione, che dàdiritto a tutto il pacchetto di offerta. Laquota d’iscrizione di euro 250,00 comprendeil soggiorno (vitto e alloggio) perl’intera settimana presso gli alberghiconvenzionati, l’acquisizione del materialedidattico predisposto comedispensa delle lezioni, partecipazionealle escursioni sul territorio e alle iniziative culturali.Escludendo vitto e alloggio la quota d’iscrizione èdi euro 50,00. La frequenza al corso comporterà pergli studenti universitari dei crediti formativi.Direzione della ScuolaMaria Lucia De Nicolò, Università degli Studi diBolognaFacoltà di Conservazione dei Beni Culturalitel. +39 0544 936766 / 0541 960079email: luciunibo@libero.itDirezione organizzativaGigliola Casadei, Comune di Cattolicatel. +39 0541 966607/603email: giglioc@cattolica.netSegreteriaMatteo Fuzzi tel. +39 0541 966607/603www.cattolica.netMaura Silvagni, Nicoletta Biondi, Michela SilvagniMuseo della Marineria W. Patrignani di Pesarotel. +39 0721 35588, +39 335 7633367email: museomarineria@comune.pesaro.ps.it▼ Il vino, da sempre nella storia dell'uomo94


Oltolini, l’ambasciatore deiformaggi di Francia in ItaliaÈ il critico e giornalista enogastronomicoDavide Oltolini l’ambasciatore dei formaggidi Francia in Italia nell’anno 2010. La nominaha avuto luogo nell’ambito della campagnaEvviva les fromages, protagonista contemporaneamentein ben sette Paesi europei,quali il Regno Unito, la Svizzera, laGermania, il Belgio, l’Olanda, la Spagna el’Italia. La scelta di Oltolini si deve al CentreNational Interprofessionnel de l’ÉconomieLaitière (CNIEL), nonché al FranceAgriMer,ente nazionale dell’agricoltura e dei prodottiittici, supervisionato dal ministerodell’Agricoltura e della Pesca. La Francia èuno dei Paesi con il più ricco patrimoniocaseario del mondo e, a questo proposito,è famosa la frase del generale De Gaulleche, riferendosi alla Francia diceva: “Comesi può governare un Paese che ha più formaggiche giorni nel calendario?”.▲ Davide Oltolini, ambasciatore dei formaggi di Francia 201095


LibriSULLO SCAFFALE di Natalia FranchiALBERGHIE RISTORANTI D’ITALIAIL FASCINO ANTICOE NUOVO DEI VINIDOLCI DI PUGLIAA cura di: Luigi CremonaEditore: Touring EditorePrezzo: 22,00 euroAutore:Editore:Prezzo:Giuseppe BaldassarreGraficom15,00 euroIl tema della crisi ricorre puntuale nella XVII edizionedella guida Touring. Una crisi che, con ogni evidenza,non ha risparmiato nessuno e alcun settore.Anche se un dato curioso attesta quanto i sociologiaffermano da tempo: nonostante la crisi, abbiamospeso per mangiare poco più di quello che spendiamoper dimagrire (le spese destinate a palestre ebenessere non sono diminuite). Come a dire che leristrettezze forzate amplificano il desiderio di coccolarsi,di prendersi cura di sé, di gratificarsi per affrontarecon lo spirito migliore la ripresa. Altro dato: intempi di crisi, la nuance di rossetto che incontra ilmaggior favore è il rosso fuoco. Il rosso della sfidaottimistica e dell’auto-gratificazione. Ciononostante,la guida Alberghi e Ristoranti d’Italia ha inteso venireincontro al più recente trend “risparmioso” includendoben 1.311 tra alberghi e ristoranti a costo contenutosui 6.786 recensiti. Altri punti forti della guidasono la copertura capillare del territorio, che ne fauno strumento indispensabile per il viaggiatore (ilvolume è disponibile anche su navigatore Garmin);la presenza di 840 tra alberghi e ristoranti che noncomparivano dell’edizione 2009, ariprova dell’attenzione per il continuoevolversi del territorio; la totaletrasparenza e autonomia nei giudizi.Infine, l’assegnazione di 12premi collegati alla guida, denominatiPremi Ruota d’Oro Touring: ottoassegnati ai quattro albergatori e aiquattro ristoratori che nei rispettiviterritori meglio coniugano qualitàe prezzo e quattro vinti da altrettantigiovani chef emergenti.Dalla guida emergono alcune criticitàdell’offerta nazionale. Se, infatti,le tariffe alberghiere sono scesein tutto il mondo, l’Italia ha conservatoun quarto posto nella graduatoria degli hotelpiù cari, pur mantenendo un vistoso ritardo nell’adeguamentoa livello nazionale degli standard qualitativiinternazionali e una scarsa integrazione conil territorio che soddisfi la richiesta di un turismoculturale e gastronomico, motivazione del viaggio peralmeno il 50 per cento del turismo nazionale ed europeo.Ma non mancano i punti di forza. In Italia esistemolta buona ristorazione, capace di riscoprire eaggiornare antiche ricette, adeguandole ai mutatitempi e modi di vivere, conservando il tradizionalepaniere degli ingredienti.Lungo le strade del gusto e dell’ospitalità.Bere dolce favorisce la convivialità, la conversazionee la meditazione. A stimolare neuroni e sinapsi nonè infatti tanto l’alcol etilico, ma piuttosto lo zuccheronaturale indecomposto, che nel nostro organismo scatenaendorfine.Bere dolce è indice di romanticismoe perciò pratica resa superatadall’individualismo esasperatoe dall’opportunismo oggiimperanti. Produrre buon vinodolce è costoso, perché occorreuna materia prima molto selezionata,con oneri di produzione edi immobilizzazione del capitalealtissimi, indirizzati peraltro a unsegmento di nicchia del mercato,inaccessibile alla produzionedi massa. Ma produrre vini dolciconferisce lustro all’immagineaziendale e impulso all’interagamma vinicola. Occorre dunque far uscire il consumodel dolce dalla sola occasione del dessert, in cui èstato relegato da tempo. Ne è convinto GiuseppeBaldassarre, autore del volume, medico perfezionatoin bioetica e sommelier dal 2001. Il vino dolce rappresentain qualche modo l’archetipo di tale nobile bevanda:è assai probabile infatti che molti dei vini delle originiappartenessero a questa categoria in primo luogoper la difficoltà di fermentare in modo completo mostia elevato contenuto zuccherino, in secondo luogo perla maggiore stabilità dei vini dolci. Così come è notal’usanza, a partire dal II millennio prima di Cristo, diintrodurre miele nel mosto a soddisfare nel tempo ipalati di egizi, ebrei, fenici, greci e romani. Il panoramapugliese dei vini dolci ha radici antiche: dall’annoMille in poi guadagnano prestigio vini come ilMoscato di Trani e la Verdeca di Gravina, oltre a diversimoscatelli e malvasie. Una fortuna senza battuted’arresto fino agli anni ‘60 del secolo scorso, quandoprende piede una sorta di ostracismo nei confronti deivini dolci in parallelo alla moda di accostare ai dessertChampagne o spumanti brut e distillati dal gusto secco.Una caduta che riduce i vini dolci pugliesi quasi esclusivamenteall’autoconsumo di agricoltori e vignaioli.Lento e graduale il riscatto operato a partire dagli anni‘90, anche se il vino dolce pugliese non sembra averancora interamente espresso il proprio potenziale. Lostesso potenziale che il volume porta all’evidenza dellettore, con orgoglio e dovizia di particolari ed etichette.La dolcezza che viene dal cuore.96


GUIDA AL PIACEREE AL DIVERTIMENTO 2010Tutti gli indirizzi più nuovie alla moda d’ItaliaAutore:Editore:Prezzo:Roberto PiccinelliOutline15,00 euroAnche per il 2010 appuntamento in libreria conl’irrinunciabile Guida del sociologo del piacereRoberto Piccinelli, giunta alla XIII edizione.L’azzardato colore della giacca tartan che l’autoresfoggia in copertina, non sia motivo di perplessitànell’acquisto: l’edizione 2010 è infatti colmadi novità in merito alle rapide evoluzioni del mondodel loisir, fotografate in un’istantanea ironica emolto fruibile.2.600 gli indirizzi inseriti, 90 i locali che si aggiudicanoun Oscar del Piacere e 50 annoverati nellaTop Ten Emotion, la classifica delle location chesanno emozionare.L’attenta disamina dei locali non può prescinderedalla identificazione delle località più cool disseminatesul territorio nazionale. Fra le città altop svettano Roma, Lecce, Salerno, Siracusa (quantihanno visitato l’incantata Ortigia, confermeranno)e Venezia, dove tornano alla ribalta le “vasche”old style e regna il rito della movida open-air.Tra le località turistichemontane, vincono e convinconoCourmayeur, Livignoe Selva di Val Gardena. Pergli amanti del mare e dellasalsedine le classicheSanta Margherita Ligure,Forte dei Marmi e MilanoMarittima e, a scalzare deltutto quest’ultima, la solitaRiccione.Tra le tipologie di locale,censito per la prima voltail “ristorante a peso”.Entrano in scena il “cocktailantinfluenzale” e la“cena con le bolle di sapone”per tornare bambini.Perfino l’ospitalità cambiale sue regole, in funzionedelle nuove mode e abitudini sociali: se una voltasi parlava di mezza pensione o di pensione completa,ora gli alberghi più trendy puntano sullapensione tre quarti.Programmati per il piacere.GIULIANO BORTOLOMIOLIl sogno del ProseccoAutore:Editore:Prezzo:Più che eloquente il nome della collana di cui il volumefa parte: i Semi - i protagonisti delle culture materiali.Donne e uomini che nella loro terra di originehanno trovato spunto di miglioramento e valorizzazioneper sé e le genti che vi abitano.Giuliano Bortolomiol di Valdobbiadene è uno di questiuomini: nel 1945, qualche mese dopo la fine dellaguerra, con la fondazione della Confraternita delProsecco, Bortolomiol divenne il principale promotoredella rinascita del Prosecco. Cinque anni di conflittoe vent’anni di dittatura fascista avevano strematocontadini e vignaioli, che preferivano andarein pianura alla ricerca di lavoro remunerativo.All’oggettivo disagio, che condivideva con i suoi compaesani,Bortolomiol oppose il coraggio e la forza diun sogno da realizzare.L’autore del tributo aBortolomiol, Ettore Gob -bato, giornalista e scrittoreda tempo attento all’ambientee alla cooperazioneinternazionale, vede incarnarsinel valdobbiadenesel’essenza di una generazionedi uomini che, nel dopoguerra,lontani dall’italicaarte di arrangiarsi con ilpoco che si trovava, riuscironoa emanciparsi dallapovertà con una voglia diriscatto insieme individualee collettiva. Persone, fieree cocciute, cui va il meritodi quanto è poi passato alla storia come il miracoloitaliano.Giuliano Bortolomiol, tra gli altri, ha contribuito inmodo decisivo a trasformare un territorio disastratoin un modello di agricoltura industriale che ha nelProsecco di Valdobbiadene il suo protagonista. Unprodotto da vitigno poco considerato, definito untempo “pissariol” (di facile digestione, beva), poi spumantizzatoe divenuto un prodotto moderno e ricercatoin ogni parte del pianeta.La narrazione del lavoro di Gobbato si snoda condelicatezza lungo tracce segnate dai ricordi, famigliarie di quanti hanno conosciuto e amato Giuliano.Degna di nota anche la ricerca iconografica, capacedi far immergere il lettore nell’atmosfera e nelle attesedel tempo.Bollicine con l’anima.Ettore GobbatoVeronelli Editore17,00 euro97


Io non ci stoAlta ristorazione: proporrevini è sempre più difficiledi Franco ZilianiTempi difficili per la ristorazione italiana, soprattutto quellache potremmo definire di alta qualità e di conseguentiprezzi elevati. Difficili non solo per la crisi economicache riducendo la disponibilità di spesa delle persone porta aconsiderare l’uscita al ristorante come una voce di spesa datagliare, un qualcosa, seppur piacevole, cui si deve rinunciare,oppure, nel migliore dei casi, di cui si deve ridurre la frequenza.Difficili i tempi, oltre che per la “criminalizzazione” inatto dei consumi di vino, con lo spettro dei severissimi controllicon l’etilometro che induce giocoforza anche chi continua adandare al ristorante a ordinare e consumare molto meno vinoche in passato, e ricorrere al vino al bicchiere, ma un bicchiereche diventa unico per tutto il pasto, con un calo delle venditedi vino calcolato nell’ordine del trenta per cento e più, ancheperché impongono scelte molto difficili. Non sto parlando solodelle materie prima utilizzate per la preparazione dei piatti,sulla scelta delle quali, in tempi di difficoltà e di minori incassi,si potrebbe avere la tentazione di essere meno rigorosi, puntandonon su prime ma seconde scelte che costano meno, oppuredella necessità, che molti hanno avvertito, e lo si è visto persinoin occasione dei cenoni di fine anno, di abbassare decisamentei prezzi.Le scelte difficili, per i ristoratori stellati e di livello più elevatoe di maggiori ambizioni, soprattutto per quelli che a questoimportante elemento hanno tradizionalmente dato ampio rilievo,si pongono in relazione al discorso sul vino, al tipo di propostavini da fare. Sappiamo benissimo, fa ormai parte dellapiccola storia della ristorazione e del mondo del vino negli ultimi15-20 anni, come si sia svolto in molti casi il discorso sulvino e quali siano stati i criteri adottati da molti ristoratori nelleloro scelte. Da un lato la soluzione comoda, non faticosa, dellascelta dei vini fatta in base al portafoglio aziende proposto dalrappresentante amico di turno. Ci sono in giro per l’Italia moltecarte dei vini che rivelano subito, sin dal primo sguardo, diessere conseguenza del fatto che in quella zona operasse e fossepiù attivo degli altri il rappresentante X o Y, tanto abile da riuscirea piazzare tutte le aziende della propria “scuderia”. Dall’altrolato, ancora più diffusa, la soluzione politicamente ed enologicamentecorretta di una scelta dei vini come riflesso fedeledei punteggi e dei premi decisi da alcune delle guide più influenti(soprattutto una), perché, soprattutto a certi livelli, e quandosi arriva “in odore” di stella, o si punta a riceverla o mantenerla,si diceva fosse impossibile non avere in carta certi vini,non dotarsi almeno delle sei bottiglie che magari non vengonotanto richieste ma facevano fare bella figura e rassicuravano,quando il giornalista, l’ispettore della guida, l’espertoinfluente, facevano una visita in cantina…Dall’altro lato, in sintonia con questa opzione, la scelta dei vini,di determinati vini, fatta non tanto ragionando sul tipo di cucinaproposta, sull’armonia tra i piatti ed i vini da abbinare, esu una sorta di continuità e coerenza tra la voce spesa per ilcibo e quella per i vini, bensì in ossequio ai rapporti diretti,spesso di amicizia, instaurati con taluni produttori, i cui vini,anche se costosi, anche se talvolta del tutto eterogenei e fuorilinea rispetto al tipo di cucina proposta e spesso ben più costosirispetto a quanto normalmente si spendeva in quel ristoranteper mangiare, venivano comunque, magari in piccoli quantitativi,acquistati. Questo in uno spirito, nel migliore deicasi, di amicizia e collaborazione, oppure, nel peggiore dei casi,in ossequio a quella che un mio carissimo ex direttore, l’indimenticabileGermano Pellizzoni, definiva senza mezzi termini“una cupola”, ovvero un intreccio d’interessi dove ristoratori dihaute gamme, un certo mondo del vino, e una parte della stampaspecializzata e delle guide si sostenevano reciprocamente,avendo interessi comuni, rappresentando le diverse facce diun identico universo.Poco è contato, finché le cose giravano, finché Pantalone, ossiail cliente consumatore, accettava di pagare, che molti di questivini, usati come specchietto per le allodole, scelti per segnalareche di un certo sistema si faceva o si aspirava a fare parte,finissero per prendere polvere in cantina, per non essere maistappati e ordinati, sino a costituire un malinconico cimiterodegli elefanti enologico. Ma con l’arrivo, l’intensificarsi ed ilristagnare della crisi, con la chiara e sempre più diffusa tendenzadei clienti a non farsi abbacinare come in passato dalcanto delle sirene delle griffe enologiche, e con la loro risolutavolontà di scegliere soluzioni più risparmiose e ragionevoli, vinimeno mediatici e glamour, ma soprattutto meno cari e più piacevolida bere, oggi il ristoratore responsabile si trova costrettoa rivedere molte delle proprie posizioni. Costretto a sceglierein prima persona, senza relegare la responsabilità a nessuno,e senza farsi condizionare che dal proprio gusto e dall’elementoche deve essere il punto di riferimento basilare diogni carta dei vini degna di questo nome, ovvero il rapportoprezzo-qualità, in altre parole la corrispondenza fedele tra ilvalore del vino ed un prezzo corretto che consenta di lavoraresu quel vino, proporlo con soddisfazione al cliente, e andareincontro alla sua richiesta di vini buoni ma che non richiedanol’accensione di un mutuo per poterli stappare. Lo so beneche, così facendo, molti ristoratori rischiano non solo di incrinareantiche amicizie, di vedersi tacciare di “ingrati” perchéin un momento di difficoltà come l’attuale scelgono, giocoforza,di non aiutare determinate aziende (anche quelle che, nelfrattempo, sono “miracolosamente” riuscite a ribassare i prezzi,a praticare condizioni di pagamento quasi… “a babbo morto”)che negli anni sono state loro naturali partner, ma sono anchepersuaso che questo ritorno alla realtà non potrà fare che delbene sia a loro, sia alle aziende che hanno prodotto e provatoa vendere vini lontani anni luce dal sentire, dal gusto e dalpotere d’acquisto del normale consumatore. Qualcuno potràanche obiettare che “gli amici si vedono nel momento del bisogno”e che non acquistare più vini, molto cari, che si sono sinoraacquistati, magari a cuor leggero, in questo particolaremomento equivale ad una sorta di “tradimento”. Ma se darprova di amicizia significa continuare a scegliere, a prescindere,la griffe, invece di vini altrettanto buoni ma decisamentemeno cari e più “food friendly”, come non dire che questa nonè più amicizia, ma incoscienza e irresponsabilità nei confrontidel cliente? Una forma di complicità, che ci ha portati a moltesituazione difficili, di fronte alla quale non ho dubbi a direche “io non ci sto”… Proprio come mi auguro non debbano starci,per il futuro delle loro imprese, molti ristoratori…98

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