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maurizio zaccaro, 1993 - Johannes Brandrup Official Fan Club

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<strong>maurizio</strong> <strong>zaccaro</strong>, <strong>1993</strong>a cura di Marcello Cella, Elena Pinorialleo people © - <strong>maurizio</strong> <strong>zaccaro</strong>I maestriPensare a quali sono stati i miei maestri mifa sorridere. Molti registi delle generazionipassate hanno detto spesso che avevanodeciso di fare cinema perché avevano visto"Citizen Kane" di Orson Welles.Per me, invece, si è sempre trattato disvolgere un lavoro. Ho cominciato con lagrafica e con la fotografia e poi sonoandato avanti su questo percorso. PupiAvati è una persona che ho incontratodurante uno di questi lavori, "In coda allacoda", un film comico di sessanta minutiper la televisione. Dopo averlo visto, Avatimi ha telefonato e mi ha detto: "Puoi venirea Roma? C'è un progetto che vorremmofarti leggere". E io ho accettato direalizzarlo. È stato come far scaldare imotori prima di decollare. "Dove cominciala notte" ha avuto più successo degli altri.Non è meno bello degli altri, è solamenteun po' diverso. Però ha portato più pubblicosia nelle sale che in televisione; quando èpassato in prima serata abbiamo fattocinque milioni e cinquecentomila spettatori.Poi non so se Avati sia il mio maestro.Quello che è sicuro è che ho lavorato conmolte persone e a tutte ho cercato di rubarequalche cosa. Quindi c'è Avati, ma c'èanche Augusto Tretti, il regista di film come"Il potere" e "La legge della tromba", c'èMarkus Imhof il regista svizzero di "Labarca è piena", con cui ho avuto uncostante rapporto di collaborazione,soprattutto per quanto riguarda la scrittura.I generi cinematograficiFrequentare generi cinematografici diversiè importante. Io ho fatto delle cose in cuicredevo e le ho fatte anche contro il pareredi tanti altri produttori. Infatti, dopo "Dovecomincia la notte" molti hanno cercato difarmi rifare un film giallo.Io invece ho voluto fare "La valle di pietra"pensando che solo se fosse andato maleavrei rifatto un giallo. Non so se èimportante o meno fare film di genere. Sosolo che, di solito, i grandi registi, io non sose lo sono, tentano di cambiare.Kubrick insegna. I suoi film sono tutti unodiverso dall'altro, ma sono fatti tutti con lastessa mano. Credo si dovrebbe diffidarenon tanto di quelli che fanno sempre gialli,ma di quelli che hanno fatto un film, gli èandato bene una volta, e allora, un po' perpigrizia e un po' per scarsa autostima,rifanno sempre lo stesso film. Poi, certo, c'èanche la passione di un autore per un certogenere. Dario Argento ci crede, Hitchcockanche. Le situazioni sono tante.Il filo conduttore dell'operaFinora ho fatto tre film: "Dove comincia lanotte", un giallo ambientato in America, "Lavalle di pietra", tratto da un libro di uno deipiù grandi scrittori austriaci, Stifter, e"L'articolo 2", di ambientazionemetropolitana, che presenta un argomentomolto attuale: lo scontro fra culture diverse.Sono film di generi diversi il cui filoconduttore, se c'è, è il fatto di presentarsicome tre film in controtendenza narrativarispetto ai moduli stilistici della televisioneai quali molti film italiani si rifanno.Controtendenza narrativa che è poi unaquestione di ritmo. Un ritmo che intelevisione è finalizzato allo stordimentodegli spettatori in modo che non capiscanoquali sono i motivi per cui è stato fatto ilfilm.CommerciabilitàIl primo film, "Dove comincia la notte", è unfilm di un genere che tira, il giallo. Il suomanifesto pubblicitario era interessante.L'avverbio di luogo usato al postodell'avverbio di tempo è già significativo diper sé. Nel manifesto c'era un coltellacciosanguinante che si stagliava sotto la luce1


della luna e il sangue gocciolava perterravicino ad una porta semiaperta. Ioquella scena non l'ho mica girata. Nonesiste nessun atto di violenza nel film cheracconta la vicenda di un ragazzo allaricerca delle ragioni della morte del padre.Tutto qui. Però, un po' per il manifesto, unpo' per il genere, il film è andato bene. "Lavalle di pietra", che secondo me è molto piùbello e inquietante del giallo, è andato cosìcosì, né bene né male, come l'ultimo,"L'articolo 2"; entrambi hanno ricevutoanche dei premi. Questi film vengonoproposti e poi, non si capisce bene perché,vengono seguiti poco e male daglispettatori.Non posso certo incriminare la distribuzioneo la critica di tutto ciò. Le critiche a"L'articolo 2" sono state perfinoimbarazzanti, erano tutte positive, come delresto anche per "La valle di pietra" e "Dovecomincia la notte". Per me è un mistero.Una sera, sono andato a Torino apresentare "L'articolo 2". Ero fuori dalla salaad aspettare la fine. Ho sentito la musicasui titoli di coda. Allora sono entrato in salae non c'era nessuno. Mi sono guardatointorno e sono uscito fischiettando. Mihanno detto: "Ma è lei il regista del film?" Eio: "No, no." Sono uscito, sono andato amangiarmi una pizza, poi ho ripreso il trenoe sono tornato a casa. Succedono anchequeste cose.Ed era la sala di un cineclub! Sulla Stampac'era un richiamo pubblicitario abbastanzain evidenza. Non so quanti abitanti ci sianoa Torino, ma so che nemmeno uno s'èdegnato di andare a vedere questo film.Non so quale sia la causa di taledisattenzione. Certo, gli attori e il registanon sono conosciuti e la storia è quella cheè. In "La valle di pietra" c'è il rapporto fradue fratelli, un bellissimo duetto di attori,Alexander Bardini e Charles Dance.Ma chi sono Alexander Bardini, polaccoche lavora con molti registi come Zanussi,Wajda, Kieslowski, e Charles Dance?Veniamo penalizzati anche per questo.Quando ho messo insieme "L'articolo 2" dalpunto di vista produttivo mi hanno detto:"Le due donne devono essere giovani,belle e accattivanti, magari con un belfisico", diciamo. Così si ragiona. Per cui, seuna delle due donne è un po' pesante eanziana dà fastidio. E' un ragionamentomolto pericoloso, così si va a vedere un filmsolo perché c'è un po' di fica. Non ci siinteressa né di che cosa parla il film né dichi l'ha fatto. Si va a vedere un film perchéc'è Richard Gere.Andiamo a vedere "Bronx" perché c'èRobert De Niro che si è ritagliato unapiccola parte che qualunque attore avrebbepotuto fare. Ma se lui non avesse fattoquella parte il film non avrebbe avuto ilsuccesso che ha e così tanti altri. Poiabbiamo anche noi questa specie di starsystem e allora ci si ricorda che anche laBuy ha fatto dei bei film, che Bentivoglio èanche l'attore di alcuni film di Soldini.Troppo poco però.La distribuzione"La valle di pietra" non è uscitoregolarmente nelle sale. Si è fermato aRoma tre giorni e poi non l'ha più vistonessuno.D'altra parte, le sale in Italia sono pocomeno di ottocento. Per cui, se ci sono filmche continuano ad incassare molto per untempo prolungato il tuo film resta in listad'attesa. A volte per sempre. E non è che ilcinema italiano non piaccia al pubblico.Perché, per esempio, quando sono andatoa Palermo ho trovato una sala di seicentopersone piena. Ma la sala è di GiuseppeTornatore e si è creata una consuetudineper un certo tipo di cinema. Spesso è solouna questione di scarsa pubblicità, la gentenon sa dell'esistenza del tuo film. Il mio èun film che poteva anche essere proiettatonelle scuole e sarebbe stato utile. Ma perfarlo abbiamo dovuto contattare l'AGISscuola e non se ne è saputo più nulla. Conil prossimo film me ne vado in Scozia, cosìmi tiro su il morale."La valle di pietra"La trasposizione cinematografica de "Lavalle di pietra" tratto da un'opera letteraria,è completamente diversa dal romanzo.Il libro, di ottanta pagine, è dedicato per trequarti al monologo interiore del parroco,mentre il film dà molto più spazio a quelloche viene prima e dopo il monologo.Questo per una strategia indirizzataall'economiadrammaturgicacinematografica, che è diversa da quella2


del racconto scritto. Quando invece silavora su un'idea propria si è più liberi. Maproprio per questa libertà ci sono piùpericoli, perché non c'è un solco già definitocome quando si parte dall'opera di unoscrittore. Sui titoli di testa c'è scritto"Ermanno Olmi presenta", il che vuol direche ci sono stati tutta una serie dimovimenti intorno a questo progetto. Ma ilfatto che sia presentato da Olmi significasolo che si tratta di un soggetto cheavrebbe potuto benissimo fare anche lui.Il primo ideatore è stato probabilmenteClaudio Magris che aveva detto che daquesto libro si sarebbe potuto fare unottimo film. Noi abbiamo raccolto l'invito eabbiamo cercato di farlo. Era un progettoche stava saltando per aria. Tutti neparlavano, ma nessuno lo voleva fare. Poiè arrivato un pazzo furioso, il sottoscritto, elo ha messo in piedi. Già nella lettura miaveva colpito la situazione surreale egrottesca di questo agrimensore che venivamandato dal suo governo a fare le mappedi una zona tutta fatta di pietra calcarea,per cui, ad ogni colpo di vento, ad ognitemporale, il terreno si modificava e luidoveva ogni giorno ricominciare tuttodaccapo.La seconda molla era il fatto che la storiaveniva raccontata da un tale ad un altrotale, che a sua volta l'avrebbe raccontataad un altro ancora, che a sua voltal'avrebbe raccontata a qualcun altro e cosìvia. Era una bella sfida sul piano dellascrittura, perciò ho iniziato lasceneggiatura.Si impara anche così, partendo da unprogetto che sembra impossibile sullacarta. Anche l'ambientazione ci ha creatodei problemi, perché nella prefazione dellibro, del professor De Angelis, c'è scrittoche tutti i libri di Stifter si ispirano alla suaterra, la Cecoslovacchia. Allora, siamoandati in Cecoslovacchia a cercare la zonadi pietra calcarea; ma non l'abbiamotrovata. Così abbiamo girato tutto il filmsull'Appennino, dove abbiamo ricostruito lachiesa, la canonica, il ponte.Cose dell'altro mondo. Ma è anche inquesto il lato divertente della cosa."L'articolo 2""L'articolo 2" è liberamente ispirato ad unfatto accaduto qualche anno fa a Bologna.Un marocchino ha avuto dei problemi conla legge italiana, più o meno nel modo incui lo vediamo nel film, perché ha chiesto ilcertificato di coesione familiare, ossia ilricongiungimento della seconda moglie alnucleo familiare già residente in Italia. Lastoria è finita sui giornali e ci è finita male.Per fortuna, i giornali che l'avevano citata,come "Il Corriere d'informazione", ungiornale simile al "The Sun" inglese, sonoscomparsi.Uno dei suoi titoli era: "Agli italianimancano le case, ai marocchini ne diamodue". Perché l'escamotage della burocraziaitaliana era questo: "Tenga le mogli una dauna parte e l'altra da un'altra parte, bastache non ci rompa le scatole".Notate bene che proprio su questoescamotage il selezionatore del Festival diBerlino ha avuto qualche dubbio e ha detto:"Non è possibile. Questa è un'invenzionedella cinematografia italiana". Al che sonoandato da lui con il ritaglio di giornale e hodetto: "No, è la nostra realtà giuridica".Questo è l'unico legame con la realtà. Midicevano di andare a parlare con iprotagonisti di questa storia, ma a me nonserviva. Io ho vissuto molti anni nei luoghiin cui è ambientato questo film che nasce,quindi, anche dalla conoscenza diretta deiproblemi del mondo arabo. C'è arabo earabo, c'è musulmano e musulmano. Nelmio film c'è un mix di situazioni: c'è la storiadel marocchino con le due mogli, c'è lastoria della disoccupazione, c'è la storia delviaggio di questa donna con i suoi bambini,e soprattutto la storia di questo incidentesul lavoro. Se passate per caso in qualchenuova stazione della linea gialla di Milanopotete vedere da qualche parte, sui muri,delle targhe che portano i nomi di moltepersone decedute per costruire tot metri digalleria. Fra questi nomi ci sono due nomiarabi. Arabi sono quelli che lavorano sottoterra insieme ai nostri lavoratori.Per cui, sotto terra, in questi buchi, si ècreata una specie di società multirazzialeche va perfettamente d'accordo; a pattoche rimanga sotto terra. Questa era la cosache più mi balzava agli occhi durante isopralluoghi. Perciò non avevo bisogno diverificare dal vero quella che era la realtà.3


La Milano livida e piovosa che ho ripreso èla Milano che vedo dal balcone di casa mia.Quando mi affaccio sul mio quartiere, laBovisa, un quartiere operaio, mi sembra unquartiere bombardato.E quando scrivo un film non ho davanti ilporto di Vera Cruz ma la Bovisa.Se scrivo "La valle di pietra" è un'altra cosa,per cui non vedo niente, ma se scrivo unfilm come "L'articolo 2" è chiaro che isopralluoghi li faccio a piedi, dato che sonogli ambienti in cui vivo. Quindi il film èliberamente ispirato alla realtà, alla Milanoche vedo tutti i giorni. Che sia livida o noquesta è anche una cosa voluta chefunziona nell'idea della contrapposizionedei mondi che è alla base del film.La parte del viaggio della seconda donna émolto meno narrativa e più descrittiva, piùdocumentaria della situazione ambientata aMilano. Nella mia idea iniziale ci dovevaessere anche un po' di suspense, perchéfino ad un certo punto non si doveva capirechi era questa donna che si spostava perandare da un'altra parte, ossia Genova. Leidoveva dichiarare apertamente che quellaera la sua famiglia nel momentodrammatico del possibile ricongiungimentofamiliare.La violenzaNe "L'articolo 2" si allude spesso a dellesituazioni di violenza che però non sivedono per scelta. Per esempio, la scenadel pestaggio del protagonista da parte dialcuni giovani è stata tagliata in montaggioperché, secondo me, far vedere ilprotagonista in infermeria rafforzava ancoradi più la tensione del film e il senso dellaviolenza subita. Lo so che nello spettatoretelevisivo c'è questa abitudine a dare perscontato che in televisione si fa vederesempre tutto e si evita il racconto per ellissi,ma a me non interessa. Io cerco sempre dicambiare scena nel momento in cui lascena precedente raggiunge il puntomassimo di tensione cinematografica. Nonè questione di non saper girare questescene. Semplicemente non me ne freganiente.La quotidianitàHo scelto di soffermarmi a descrivere la vitaquotidiana di questi personaggi per farcapire che quelli che vediamo per stradahanno delle famiglie come ce le abbiamonoi. Era il mio modo di vedere la storia.Una storia che è anche un grosso rischioper me, ma che mi sembrava giustoraccontare. Sarebbe stato molto piùcomodo fare un altro giallo. Troppocomodo.Ci sono delle situazioni che vannoaffrontate in un modo o nell'altro. Io hotentato di farlo. Se poi sono scivolato nelmelodramma perdonatemi. Ho tentato.Credo che la situazione si debbarecuperare in qualche modo se vogliamocontinuare a sopravvivere in una società.Non sono sponsorizzato da qualchemovimento integralista islamico, è soloquello che penso. Quello che ho messo inscena è la contraddizione di un ambienterispetto ad una cultura diversa. Nel filmparto dalla casa del protagonista, la cuistruttura architettonica è già significativa.Non è la casa compressa, è la casaaffacciata su un unico pianerottolo, dovetutte queste persone vivono una vitaparticolare, un po' come nel film "Lanternerosse" di Zhang Yimou. Vivere la poligamianel privato genera qualche frizione, qualchetensione all'interno di questa famiglia. Edov'è che esplode? Nei sessanta metriquadri dell'appartamento, in un contestosradicato culturalmente e trasportatoall'interno della nostra media disponibilitàurbanistica.A questo punto hai voglia di dire: "Mi portole mie due mogli a casa". A parte chestaranno a casa ventiquattro ore suventiquattro, ma come vivranno in queipochi metri quadri di spazio?Probabilmente come la protagonista di "40mq di Germania", segregata in casa dalmarito turco emigrato in Germania perlavoro fino alla morte di questi. Perciò,quando faccio un film del genere, faccioriferimento a quello che conosco, ad unastoria che ho sentito, ad una cosa che holetto da qualche parte, ma soprattuttoattingo a questo canale, a questo fiumecarsico che ti lascia dentro qualcosa, comeappunto questo film turco. Magari, al postodi una frase letta da qualche parte, comequella sul fatto che l'incrocio delle razzecostituisce un arricchimento per la nostrasocietà, potevo sceglierne qualche altra.4


Questa è di Seneca, figuratevi quanto èantica. Potevo utilizzare quella frase diStrauss che dice che per fortuna siamo tuttidiversi l'uno dall'altro, perché proprio suquesta diversità si basa il nostroarricchimento. Tra Seneca e Strauss sonopassati dei secoli, ma la sostanza è lastessa. Quindi, partendo da qui, succedeche il tempo passa, la prima moglie èarrivata in Italia con molto anticipo sull'altrae io credo che in tutto questo tempoqualcosa è cambiato, forse a causadell'ambiente, nel suo comportamento conil marito, con cui ha ormai instaurato unrapporto strettamente monogamico. Nonpensate che sia una cosa allegra lapoligamia islamica. E' una cosa che esistenon tanto nelle grandi città quanto neigrandi spazi rurali e la moglie costituiscesoprattutto forza lavoro a buon mercato.La stampaPiù che delle recensioni su "L'articolo 2"sono usciti degli articoli di costume. "IlGiornale", allora ancora di Montanelli,aveva invitato un assessore della Lega eun leoncavallino al cinema a vedere il film epoi li aveva intervistati. Potete immaginarecosa avranno detto i due. Un altro articolosi intitolava "L'Islam ci sfida".Perché il fatto che noi dobbiamo accettarela poligamia delle persone di culturadiversa dalla nostra per qualcuno èaddirittura una sfida alla nostra identitàculturale.Insomma, il film ha creato anche un po' dipolemica, ma una polemica molto relativa.http://www.alleo.it/files/docs/people/<strong>zaccaro</strong>.pdf5

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