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Osservatorio Letterario Anno XIV/XV NN, 77/78 2010/2011 - EPA

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OSSERVATORIO LETTERARIO*** Ferrara e l'Altrove ***SOMMARIO2Fondato e realizzato nell'Ottobre 1997dalla Dr.ssa Prof.ssa Melinda B. Tamás-TarrSEGNALATO DA RADIO RAI 1 IL 25 MARZO 2001ISSN: 2036-2412A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> - <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong>NOVEMBRE-DICEMBRE/GE<strong>NN</strong>AIO-FEBBRAIO <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>Rassegna di poesia, narrativa, saggistica, critica letterariacinematografica-pittoricae di altre MuseO.L.F.A. Periodico Bimestrale di CulturaRegistrazione Tribunale di Ferrara n. 6/98 del 14/04/1998Direttore Responsabile & Editoriale/Caporedattore/Titolare:Melinda B. Tamás-Tarr(Accreditata Rai Ufficio Stampa, Feltrinelli)Corrispondenti:Mario Alinei (I), Gábor Czakó (H), Imre Gyöngyös (Nuova Zelanda),Americo Olah (U.S.A.), Michelangelo Naddeo (I),Emilio Spedicato (I), Gyula Paczolay (H), Fernando Sorrentino (Ar)Collaboratori fissi ed occasionali:Enrico Pietrangeli, Umberto Pasqui, Giorgia Scaffidi (I),Enzo Vignoli (I), Autori selezionati per il presente fascicoloDirezione, Redazione, SegreteriaViale X<strong>XV</strong> Aprile, 16/A - 44121 FERRARA (FE) - ITALYTel./Segr.: 0039/349.1248731 Fax: 0039/0532.3731154E-Mail:Redazione: redazione@osservatorioletterario.netSiti WEB:Home Page: http://www.osservatorioletterario.net/Galleria Letteraria Ungherese:http://xoomer.virgilio.it/bellelettere1/Home Page ungherese: http://xoomer.virgilio.it/bellelettere/Portale suppl. ungherese: http://www.testvermuzsak.gportal.hu/Qualche pagina dimostrativa sul WEB di questo numero:http://www.osservatorioletterario.net/osservatorio<strong>77</strong>-<strong>78</strong>indice.pdfARCHIVIO TELEMATICOhttp://www.osservatorioletterario.net/archiviofascicoli.htmhttp://epa.oszk.hu/01800/01803Stampa in proprioStampa Digitale a Zero, Via Luca Della Robbia, 336063 MAROSTICA (VI)DistribuzioneTramite abbonamento annuo come contributo di piccolo sostegno ed invio achi ne fa richiesta. Non si invia copia saggio!ABBONAMENTOAbbonamento: € 32 (Comunità dell‘Europa Unita); € 41,00 (Altri Paesieuropei, Paesi dell'Africa, dell'Asia, Americhe, Oceania). Per l‘Italia ilcosto di un fascicolo di numero doppio: € 14,00 spese di spedizionecomprese, mentre per tutti gli altri Paesi in più si aggiunge la spesa dispedizione, le quali variano dal peso del fascicolo e dalla tariffapostale in vigore. Sostenitore: € 52,00L'abbonamento può decorrere da qualsiasi mese e vale per i seinumeri singoli o per tre numeri doppi. Si deve allegare sempre lafotocopia della ricevuta del versamento.Intestare a MELINDA TAMÁS-TARR sul C.C.P. N.10164440Le coordinate bancarie per il pagamento dall‘estero:IBAN: IT 11 K 07601 13000 000010164440Codice BIC/SWIFT: BPPIITRRXXXCopertina anteriore: Tivadar Csontváry Kosztka (1853-1919):Pellegrinaggio a cedro di Libano [Zarándoklás a cédrushozLibanonban] (1907).Copertina posteriore: Le nove Muse (disegno) di Miklós Borsos(artista ungherese), La Musa musicante (superficie di una coppaetrusca della metà del sec. V a.C.), La pastorella o: «L‘inizio delleArti» (scultura) di István Ferenczy (artista ungherese), Le noveMuse (pavimento a mosaico della Villa Romana di Trier del II sec.).© EDIZIONE CULTURALE O.L.F.A. - La collaborazione è libera e perinvito. Il materiale cartaceo inviato, anche se non pubblicato, nonsarà restituito. Tutte le prestazioni fornite a questo periodico sottoqualunque forma e a qualsiasi livello, sono a titolo gratuito.Questa testata, il 31 ottobre 1998, è stata scelta UNA DELLE «MILLEMIGLIORI IDEE IMPRENDITORIALI» dall'iniziativa promossa dallaBanca Popolare di Milano e dal Corriere della Sera - Corriere Lavoro.EDITORIALI— Laudatio Jubilaris - di György Bodosi & Lectori salutem! – diMelinda B. Tamás-Tarr…1 Anonimo: Tu che ne dici Signore…47 POESIE &RACCONTI—Poesie di: Domenico Adonini (Il bellallegro Edoardo, Figlio dellosbaglio Il castigo si ripete), Sergio Cimino (Reanata), Gianmarco Dosselli (Onlinecon Pascoli), Renzo Ferri (Attesa), Idolo Hoxhvogli (Cane morto, Gente generata oOde del quattrino), Chiara Luciani (Il viaggio), Alessandro Monticelli (Sul sagratodelle promesse, Ti sei allontanata, Forse una festa), Enrico Pietrangeli (Nel vespromi confondo, Auschwitz, Foto [ricordo]), Ivan Pozzoni (Lasciati guardare), FedericoLorenzo Ramaioli (L‘inizio di stagione V-VIII.), Franco Santamaria (Su ala di roccia,A rinnovato vento), Giorgia Scaffidi (Il Canto della Sera), Patrizia Trimboli (Brandellidi sabbia); Racconti di: Gianfranco Bosio (Sette misteri, sette fantasie II),Giuseppe Costantino Budetta (Ultratombalità II.), Gianmarco Dosselli (Trastevere),Idolo Hoxhvogli (La direzione, Chier spectaculaire, Per me nessuna città), MarcoMarengo (Identità Facebook, Claudia con gli stivali, Chat roulette), Umberto Pasqui(Cinque ottobre, Frammenti lucchesi/Sineddoche inaudita, Prendeva nota di tutto),Marco Pennone (La gatta di Caterina), Enrico Pietrangeli (Una sera da Titty), PaoloRaffellini (Lettere senza tempo I.), Franco Santamaria (La fuga), Monique Sartor(Appartenenze alchemiche), Fernando Sorrentino (Ambizioni illegittime, La laguna diCubelli [Trad.-i di Mario De Bartolomeis]), Lorenzo Spurio (Scambio d‘identità)...47Grandi tracce— Giuseppe Parini: Predàro i filistei l‘arca di Dio…16 DIARIO DILETTURA & PRESENTAZIONI—Galleria Letteraria & Culturale Ungherese:Lirica ungherese—Klára Hollóssy Tóth: Quanto; Jácint Legéndy: Le ali degli aironi(Trad.-i di Melinda B. Tamás-Tarr), Sándor Petőfi: Trema cespo perché (Trad. diMario De Bartolomeis), Maxim Tábory: L‘amore dell‘adolescenza, Bell‘Elena, Cercofiori (Trad.-i di Melinda B. Tamás-Tarr) ..74 Prosa ungherese—Cécile Tormay: Lavecchia casa IV. (Trad. riveduta di Melinda B. Tamás-Tarr); György Bodosi: Lanascita di una stella III. (Trad. di Judit Bodosi), Anna Jókai: Ragazza col cane (Trad.di Melinda B. Tamás-Tarr), Csernák Árpád: Se Dio Signore detta (Trad. di MelindaB. Tamás-Tarr e Giorgia Scaffidi...<strong>78</strong> Saggistica ungherese— Piccolo panoramapoetico ungherese tra l‘Otto e Novecento: I poeti ungheresi tra l‘800 e 900 I. – acura di Giorgia Scaffidi, John Adalbert Lukacs: Democrazia e populismo...91Recensioni & Segnalazioni — Recensioni: Umberto Pasqui: Trenta raccontibrevi (Rec. di Melinda B. Tamás-Tarr), Maxim Tábory: Ombra e Luce - di István Fáy(Trad. di Melinda B. Tamás-Tarr), Matilde Serao: Piccole anime – di Elena Grande,Alberto Angela: Una giornata nell‘antica Roma - a cura di Melinda B. Tamás-Tarr,Marco Pennone: E ora sei là – di Melinda B. Tamás-Tarr, di Emilio Diedo;Segnalazioni: Péter Nádas: Minotauro, Frigyes Karinthy: Viaggio intorno al miocranio, Kálmán Mikszáth: Il vecchio farabutto (Trad.-i di Andrea Rényi, AngeloAustrali: L‘usignolo di provincia, Umberto Pasqui: L‘uomo della birra; Melinda B.Tamás-Tarr: Da padre a figlio – di Luciano Nani, …98 TRADURRE-TRADIRE-INTERPRETARE-TRAMANDARE— Delmira Agostini – servizio e trad.-i di EnricoPietrangeli, José Maria Heredia: Immortalità (Trad.ung. di Klára Hollóssy Tóth,Trad.-i it. ed ungh. di Melinda B. Tamás-Tarr), Enrico Pietrangeli: Non è l‘amore(Trad. ung. di Melinda B. Tamás-Tarr, Maxim Tábory: L‘alba di dicembre (ad AnnaJókai] Trad.-i di Melinda B. Tamás-Tarr), Juana Castro: Il maschio, Le trecce, Ilpuledro bianco (Trad. it. di Daniela Raimondi, trad. ung. di Olga Erdős), DanielaRaimondi: 06:53 (Trad. ung. di Olga Erdős …107 L'Arcobaleno—Rubrica degliimmigrati stranieri ed autori d'altrove scriventi in italiano: Extra Hungariamno est vita. Si est vita non est ita (Miscellanea 1983-<strong>2010</strong>) – di Melinda B. Tamás-Tarr…118 COCKTAIL DELLE MUSE GEMELLE— PAROLA & IMMAGINE —Ornella Fiorini: Memoria d‘acqua, PITTURA: Tivadar Kosztka Csontváry (1853-1919); Nel mondo della Musica — Profilo d‘Artista: Fiorenza Cossotto, GianfrancoCecchele – di Emilio Spedicato; Libretti IV: L‘impresario delle Canarie, Gli astrologiimmaginari – di Umberto Pasqui…143 SAGGISTICA GENERALE— Traduttori nelVentennio fascista fra autocensura e questioni deontologiche – di Maria ElenaCembali, Ivan Pozzoni: L‘«intangibilità» del nomos tra Solone e Platone, La nozionedi «verità» tra idee e cose in Giovanni Vailati; Scrivono sull‘Ungheria/Gianandrea deAntonellis: Storia dell‘Ungheria, Ungheria cristiana: Mille anni di civiltà e fede, LuigiVinciguerra: Ungheria…151 «IL CINEMA È CINEMA»— L‘amante inglese, Tiamerò sempre, Il piccolo Nicolas e i suoi genitori – servizi di Enzo Vignoli…163L'ECO & RIFLESSIONI ossia FORUM AUCTORIS— Carina Spurio: Dominiodigitale, crisi del linguaggio e caos delle passioni; Intervista a Davide Rondoni;Gyula Paczolay ha 80 anni/A proposito della famiglia linguistica, dell‘affinità dellelingue – di Gyula Paczolay, Festival dei Poeti a Nettuno: alla ricerca della poesiaperduta nel mito di Castel Porziano, Terre di Aquileia: bibicletta e cultura,CicloPoEtica <strong>2010</strong>: un‘esperienza d‘incontro e confronto nella dialettica poetica –servizi di Enrico Pietrangeli; CicloPoEtica: Immagini dell‘incontro ferrarese(Fotoreportage) – di Melinda B. Tamás-Tarr; I tesori di Medio Egitto al SanDomenico di Forlì – di Umberto Pasqui; Il sacco dei non conformi – di YoaniSánchez (Trad. di Gordiano Lupi)...165 Notizie: Una mostra socialmente utile:MAMA L‘Africa – di Angelo Andreotti; La presentazione del libro di poesie «Nel versodella vita» di Angelo Andreotti; Abbiamo ricevuto, pubblichiamo/Barbara Prestianni:Moti d‘Essere; Congratulazioni a Franco Santamaria!, Il traguardo della nostrarivista, Sulla scia del «Turul»...175 APPENDICE/FÜGGELÉK— Vezércikk+1:Laudatio Jubilaris (B.Gy.) Lectori salutem! (Bttm); Lírika (versek,műfordítások) — Költők: Bodosi György, Botár Attila, Csata Ernő, Gyöngyös Imre,Hollósy Tóth Klára, Legéndy Jácint, Németh István Péter, Papp Árpád (1937-<strong>2010</strong>),Pete László Miklós, Péntek Imre, Sarusi Mihály, Szirmay Endre Tolnai Bíró Ábel;Próza — Írók: Bodosi György, Czakó Gábor; Csernák Árpád, Jókai Anna, SzitányiGyörgy, Tormay Cécile; Episztola/Francesco Barral del Balzo: Kedves Melinda!(magyarul írt levele); In memoriam Papp Árpád (Bttm-Cs.Á.-N.I.P.); Papp Árpád:Szilánkok (Dr. Andrásfalvy Bertalan Miniszter Úrnak; Egy – szerzője által – majdnemelfeledett vers; Papp Árpád beszéde díszpolgárrá avatása alkalmából; Esszé: CzakóGábor: A magyar nyelv szerkezetéről, Hunfalvyzmus, hantik és dakoták;AjbolatKuskumbajev: A magyar (madijar, madžar) etnonym kérdéséhez, középázsiaiforrások alapján; KÖNYVESPOLC: Madarász Imre: Kultusz, vita, feledés –olasz irodalom- és kultúrtörténeti tanulmányok; Szabó Tibor: Dante életbölcselete(Tegdes Ágnes recenziói); Ajánlás: Szörényi László: Delfinárium (Filológiaigroteszk), Czakó Gábor: Misztikai ösvény, Titkos könyv; Beljebb a magyarészjárásba, Magyar-magyar Nagyszótár, Az Antikrisztus és mi; HÍREK,POSTALÁDA: Levelek...180VERSIONE DIGITALE DELLA RIVISTA STAMPATA A COLORIOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


LAUDATIO JUBILARISE d i t o r i a l i____di György Bodosi & Melinda B. Tamás-Tarr____Festeggiare l‘anniversario di una rivistabilingue è opportuno farlo con due paroleugualmente comprensibili in entrambe lelingue. È il 15° anno che esce l‘«<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>», la rivista redatta a Ferrara, periodicoimportante per molti italiani edungheresi sparsi in tutto il mondo.Nella vita umana quindici anni rappresentano ancoral‘età dell‘infanzia, appena l‘inizio dell‘adolescenza ribelle,ma per una prestigiosa rivista letteraria è un periodoonorabile, quasi epocale. Poche sono le riviste chepossono vantarsi di aver vissuto così a lungo tempo.Sono piuttosto in numero maggiore quelle che dopoqualche numero o anno si sono estinte finendo neldimenticatoio e sprofondate nell‘indifferenza. Il«Nyugat¹ [«Occidente»] di Ignotus e Babits, l‘«Új idők»[«Nuovi Tempi»] di Herczeg hanno vissuto un‘etàsimile, grazie all‘appoggio del gusto dell‘epoca.Ma l‘«<strong>Osservatorio</strong>» pubblicato a Ferrara viene curatoda una sola persona, per giunta, da una donna, cheper quanto io sappia, può contare solo sulle proprieforze, occasionalmente appoggiata dai lettori o daistretti familiari. L‘impresa della Dott.ssa Melinda èparagonabile solo a quello di László Németh. Ma quellarivista visse solo 3 anni, poi si estinse per mancanza disoldi, per l‘indifferenza, per gli attacchi da parte deglialtri scrittori ungheresi, che, ad eccezione del soloamico e critico Pál Gulyás, lo sottoposero a feroci edure critiche.L‘«<strong>Osservatorio</strong>» non è scritto da un‘unica personanel senso come lo è stato il «Tanú» [«Teste» N.d.R.: insenso ‗testimone‘]. Ma è sempre legato ad una solapersona, in quanto è la Prof.ssa Melinda che raccoglie eseleziona gli scritti che verranno via via pubblicati. Lofa come una persona appassionata di fiori quandopasseggia in un prato raccattando gli esemplariprofumati e più belli. E lei raccoglie i fiori in due prati,in quello italiano e nel campo dei magiari. E con unaparticolare ed autentica attenzione e con moltadedizione, potremmo dire, un po‘ capricciosamente,come si addice ad una donna, sistema i fiori dei dueprati in un mazzo e li pone davanti a noi nel vaso dellanostra rivista. Non segue un ordine rigoroso a secondadelle lingue, ma alterna le opere in modo da noncompromettere mai la comprensione dei testi.Che cosa deve offrire una rivista del genere persollecitare gli interessi di un vasto pubblicodiversificato? Grandi opere che aprano nuovi orizzontivengono raramente pubblicate su riviste. E poi, taliopere oggigiorno nascono con numero sempre minore.Ma i capolavori pubblicati devono essere custoditi,tramandati con attenzione sia ripubblicandoli cheadattandoli tramite la traduzione sfruttando leopportunità offerte dal bilinguismo. È dimostrato danumerosi esempi, quanto la Redattrice ritieneimportante tale attività. E col suo talento offrendo un15esempio, incitaanche altri aseguire questastrada. E poi,con la coraggiosapubblicazionedelle opere e con la presentazionedell‘attività di talenti ingiustamente perseguitati,dimenticati, caduti in oblio per motivi ideologici cerca di«rendere giustizia», supponendo che essa esista, nellaletteratura e in altrove.Uno splendido, recente esempio ne è la critica diCécile Tormay, la presentazione bio-bibliografica dellasua magnifica attività e l‘illustrazione del riconoscimentocritico dei critici stranieri e degli scrittori ungheresid‘epoca. Che triste ed ingiusta sorte ha avuto questascrittrice perseguitata a morte durante la sua carriera,come ci ricorda l‘«<strong>Osservatorio</strong>»! Come redattrice dellarivista «Kelet népe» [«Popolo dell‘Oriente»] aveva datoopportunità e spazio a molti scrittori dell‘epoca, fra cuipochi la ricordano nei loro scritti. Forse l‘unicaeccezione è quella di Antal Szerb, che nell‘ultimocapitolo della sua «Magyar Irodalomtörténet» [Storiadella Letteratura Ungherese] ne degnamente apprezza isuoi romanzi ed altri suoi scritti. Ma – e non si devetacere – questo capitolo nelle successive edizioni fuomesso assieme alle critiche positive riguardantil‘attività letteraria, culturale e sociale della scrittrice.[N.d.R.: L‘edizione del 1991 della Casa Editrice Magvetőripubblica il volume integralmente.]Non aspetti nulla di buono e nessun riconoscimentocolui che osa mettere piede sul terreno molle dellaletteratura. Illyés 2 mi avvertì, prima che avesse speditoalcune mie poesie al redattore dell‘«Új Írás» [«NuovaScrittura»]: «Pensaci bene. Vuoi veramente pubblicare ituoi scritti? Devi sapere che in caso di edizione, d‘ora inpoi avrai più danni, aumenterà l‘inimicizia, i tuoi nemicisi moltiplicheranno vorticosamente, mentre coloro che tichiudono nel loro cuore saranno pochi. Cambia almenonome per evitare l‘immediata aggressione nei tuoiconfronti, dopotutto sei un medico. Tanti ti conoscono emolto di più ti aggrediranno per aver scrittopubblicamente qualche azione non proprio da elogiaredi qualche loro parente». Ed avevo motivo di pentirmiper l‘uscita dalla mia solitudine, però, non è questo dicui vorrei parlare in questa sede.Un redattore di una rivista è esposto alle critiche, alleaccuse ancora da più lati e da più persone, anche daparte di coloro che si sentono falliti. László Németh,anche sul suo letto di morte con odio pronunciò il nomedi Babits. Lo accusa assieme ad Osváth per aver uccisoin lui il poeta. Aveva torto, anche perché, comenovellista e saggista egli fu accolto da loro a bracciaaperte. E molto presto, in età molto giovane. E Babitsfu accusato, maledetto da un esercito di tanti altri, tracui anche da Attila József, in una stupenda poesia, èvero, che più tardi in una altrettanto stupenda poesia siè fatto conciliare. Ma che cosa vale tutto questo....In grandi linee si può dividere in due gruppi quelliOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 3


Come ultimo pensiero torno alla simbolica immaginedei fiori da raccogliere sui vasti campi italiani e sui pratipiù angusti magiari. Non sono posti in vasi, matrapiantati in un giardinetto speciale che viene curatoda questa signora ungherese traslocata a Ferrara. Miviene in mente la meravigliosa poesia intitolata «LaPianta Sensitiva » [N.d.R. Letteralmente: «La PiantaSensibile»/«The Sensitive Plant» (la pianta sensitiva èla Mimosa Pudica)] di Shelley. Ecco i primi versi:«Una Pianta Sensitiva in un giardino è fiorita,Dai venticelli con rugiada d‘argento è nutrita...» 3(Trad. dall‘inglese di © Melinda B. Tamás-Tarr)E poi, pure i primi versi della parte seconda:«Ci fu un Potere in questo luogo di delizia,Un‘Eva in questo Eden; regnante GraziaPer tutti i fiori, piante in sonno o deste,Era come Dio nel comando delle stelle.Una signora...» 4(Trad. dall‘inglese di © Melinda B. Tamás-Tarr)Per lunghi decenni, quasi per mezzo secolo, imaterialisti hanno cercato di farci credere che tuttofosse frutto delle forze della materia, quindi anche lospirito, la cultura, le arti, tutto il mondo creatodall‘Uomo, la cosiddetta Civilizzazione. Ma è ovvio: sitratta di una grande sciocchezza. La materia non ècapace di creare forze spirituali; produrre, attuare,mantenere qualsiasi cosa senza energie divine.Alla Direttrice Melinda si augura di festeggiare ancoramolti anniversari nel suo bel Giardino dell‘Eden, nel suo«<strong>Osservatorio</strong>» bilingue, contenente piante particolari.György Bodosialias Dr. Tivadar Józsa- Pécsely (H) -1 N.d.R.: La rivista Nyugat (1908-1941) fu fondata da ErnőOsvát, Miksa Fenyő, Ignotus (Hugó Veigelsberg) e non daAdy, come qualche informazione di alcune pagine Web degliitaliani ci fa credere...Suoi caporedattori, redattori e collaboratori furono: ErnőOsvát (1908-1929) caporedattore, Pál Ignotus (1908-1919)caporedattore, Miksa Fenyő (1908-1917) redattore, Endre Ady(1908-1919) collaboratore, redattore, Mihály Babits redattore(1917-1939) caporedattore (1939-1941), Zsigmond Móriczredattore (1929-1933), Aladár Schöpflin (1933-1937)collaboratore primario; (1937-1941) redattore, Oszkár Gellért(1922-1939) redattore, Gyula Illyés (1937-1941) redattore. Larivista con la morte (1941) di Babits cessò di esistere.2Il poeta Gyula Illyés (1902-1983)3 «A Sensitive Plant in a garden grew, / And the young windsfed it with silver dew...» (Percy Bysshe Shelley [1792-1822])4 « There was a Power in this sweet place / An Eve in thisEden; a ruling Grace / Which to the flowers, did they wakenor dream, / Was as God is to the starry scheme. // ALady.../...* (Percy Bysshe Shelley [1792-1822])* La traduzione del primo verso integro della seconda strofa(Part.2 verso 120°): «Una Signora c‘era, la meraviglia dellasua specie...» («A Lady, the wonder of her kind...»)Traduzione rielaborata ed adattamento di© Melinda B. Tamás-Tarr ed Alessandra Bonani(In base al testo originale ed alla traduzione di Judit Józsa)Lectori salutem!Prima di tutto ringrazioGyörgy Bodosi per l‘articoloscritto in occasione del 15°anniversario del nostro periodicoe l‘ho ritenuto opportunoriportarlo come primoeditoriale. Leggendolo sonorimasta veramente commossae senza parole. Riceverequeste righe da un critico dicui hanno paura – specialmente le donne – è un grandeprivilegio: è un onore inestimebile. Di nuovo: GRAZIE!!!La mia strada professionale in Italia è, prima di tutto,la strada del nostro «<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>», la storiadi esso e anche la mia storia nella mia Patria d‘azione.In occasione di questo anniversario ripercorriamo letappe significative tramite editoriali, note biografiche edalcune documentazioni, dando così anche una rispostaalle domande formulate nell‘elogio...Vivo in Italia dal 5 dicembre 1983 e dal marzo 1986ho la cittadinanza italiana, per le autorità ungheresisono una cittadina con la doppia cittadinanza. Sono –sia di istruzione che di professione – docente di Linguae Letteratura Ungherese, di Storia e d‘Italiano (LC2 perstranieri), giornalista, pubblicista, traduttrice (tecnica eletteraria), interprete, mediatore liguistico e culturale,direttore responsabile ed editoriale, editore in proprio.Dopo 14 anni – compresi adattamento al mio nuovoambiente, vari studi professionali d‘aggiornamento edattività letterarie e giornalistiche con varie pubblicazionioccasionali presso qualche testata nazionale, regionaleo locale, ricerche di lavoro..., etc.–, nell‘ottobre 1997 hofondato questo periodico. Con l‘edizione di questarivista ho avuto diversi scopi: prima di tutto quello didarmi un impiego intellettuale regolare e duraturo, datoche la mia Patria d‘adozione non mi ha dato lapossibilità di avere un lavoro stabile e remunerativo innessuna sfera del mondo lavorativo, nonostante chenon sono stata con le braccia incrociate. (NB. Purtroppoi due recenti postuniversitari master di secondo livelloconseguiti – master pel giornalismo storico-scientifico emaster universitario pell‘insegnamento d‘italiano perstranieri [gennaio e giugno 2009] non hanno miglioratole mie prospettive di lavoro renumerativo...) In certosenso così volevo assicurarmi di continuare anchel‘insegnamento e di poter iscrivermi all‘OdG ed esercitarea pieno titolo anche la professione di giornalista,inoltre se dovevo scrivere gratuitamente, allora hopiuttosto preferito farlo per la mia creatura, cioè per lamia rivista e non per ―mille‖ altre testate. Per me erad‘importanza vitale appartenere almeno ad un ordineprofessionale italiano. Non volevo diventare giornalistaprofessionista, perché essendo ―solo‖ pubblicista, possoanche dedicarmi – se mi capitano! – ad altre occasionaliattività redditizie. Nel frattempo anche in Ungheria sonodiventata giornalista: sia professionista (!) chepubblicista a pieno titolo; sono iscritta anche all‘Ordinedella Comunità dei Giornalisti Ungheresi. Agli scopiprincipali si era associato anche quel mio desiderio didare voce ai minori scrittori di talento oppure autoriignorati e far conoscere la letteratura e culturaungherese. Poi, questa rivista voleva essere non sololocale, ma nazionale ed internazionale. Lo suggerisceOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 5


Ecco un‘altra falsità:[...]La raccomandata sopraccitata dello studio legale nonè mai pervenuta... L‘ultima sua lettera inviata in rispostaalla mia ferma decisione per procedere tramite vialegale e dopo le due sue successive lettere ignorate:Ed infine ecco la busta creduta incestinata, ma prestoritrovata - con le righe di accompagnamento dell‘autoremitomane - contenente la sua raccolta di poesie tra cuiquattro brevi liriche sono state pubblicate sul fascicolo<strong>NN</strong>. 33/34, Lu-Ago./Sett.-Ott. 2003, unica letterapervenuta prima le sue e-mail di sopra:Il testo di sopra – che è trascritto qui sotto – delNotiziario di Penna d‘Autore 2006, – N. 15 - rivistafondata nel 1996 - non corrisponde alla verità, è falsa:«[...] Spinti dalla simpatia e dalla stima di vecchi enuovi iscritti abbiamo deciso di aprire una nuova rubricariservata alla POSTA che, molto tempo fa, quando lanostra Associazione aveva un suo periodico, avevaraccolto numerosi consensi. Inizialmente questa rubricaera stata denominata ―<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>‖ e daquesto nome una scrittrice ungherese, che in quelperiodo era delegata di Penna d'Autore per la provinciadi Ferrara, certa Melinda Tamas Tarr, aveva fondato unperiodico culturale; da quel momento la rubrica erastata denominata «Il Salotto degli Autori‖. [...]»Prima di tutto la rivista Penna d‘Autore – nata nel1996 –, nell‘anno 1998 ha ancora avuto sia la rubrica«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>» – che riportava soltanto lenotizie dei concorsi letterari e varie iniziative letterarie –sia la rubrica «Il Salotto degli Autori», anzi: prima dellanascita della ns. rivista la rubrica «Il Salotto degliAutori» – che pubblicava le lettere dei Lettori – esistevagià! Quindi è falso dire che la rubrica «<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>» dalla nascita del ns. periodico era statadenominata «Il Salotto degli Autori». (per conferma v.comunicato illustrato sulla pagina:http://www.osservatorioletterario.net/comunicato-o.l.f.a..pdf)Per la segnalazione di questa falsità ho ricevuto unarisposta che parla in sé – la riporto qui sotto – ... equesta notizia falsa non è stata rimossa dalla rete...Scoprendo queste righe sull‘internet, dopo più di undecennio, mi ha sorpreso molto e particolarmente hoavuto a male, perché a quei tempi, abbiamo avuto unbuon rapporto di collaborazione e fino ad oggi ricordo altitolare dell‘associazione e della rivista con gratitudineper i suggerimenti pratici ricevuti a proposito delle mieiniziative editoriali, ed in più egli ha anche pubblicizzatola nascita del mio periodico dando notizia della fondazionedell‘«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>» (p. 24 gennaio/febbraio1998) senza di qualsiasi contestazione, rimproveroa proposito del nome scelto... Ecco quindi la suareazione alla mia segnalazione:Il signor Enzo C. ha sbagliato la mira...«Gentilissima Professoressa Melinda Tamás-Tarr,..........non capisco il Suo gioco di parole: «<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong> Ferrara e l'Altrove» (Brevemente detto<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>...). Io ho scritto «<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>».................................................................OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 7


E poi, perché invece di polemizzare non va a rileggerePenna d‘Autore di gennaio/febbraio 2008 [N.d.R.correttamente è: 1998] a pagina 24?..................................Non metto in dubbio il Suo titolo di Professoressa cheLe è stato attribuito in Ungheria, ma la lingua italiana èun‘altra cosa: bisogna saperla LEGGERE e SCRIVERE.....Forse non Le ho mai detto, cara Professoressa, deldanno di immagine che ha avuto Penna d‘Autore in quelperiodo per aver offerto ai ―suoi amici‖ la possibilità discrivere sulla rivista. Ma erano amici e andavano aiutati.Ora quegli stessi amici si sentono ―offesi‖, neganol‘evidenza!..................................................................Ma con che coraggio!..................................................E dire che Penna d‘Autore aveva spalancato loro leporte, come documentano le sue stesse pagine.............Ma forse sono io a non saper scrivere l‘italiano, non Leia leggerlo...................................................................La prego, per favore: non mi disturbi più.»...................È più comodo terminare così la lettera invece dichiedere scusa e rimediare l‘ingiustizia... Questosignore, deducendo dalla sua risposta, sicuramente devetanto soffrire della miopia – in senso simbolico – e delcomplesso d‘inferiorità, altrimenti non avrebbe scrittotutto quello che si legge in questa sua lettera, inviataalla mia osservazione, alla segnalazione del falso.Inoltre, sempre deducendo dalle sue righe, o siasmemorato oppure consapevolmente ignora il fatto chedopo una mia partecipazione ad un concorso letterariodel 1995/1996 bandito da lui, egli stesso mi ha invitatoad iscrivermi alla sua associazione (due volte ho optatoal pagamento della quota associativa – 120 mila e 90mila lire [socio benemerito] –) ed a collaborare alla suarivista bimestrale appena fondata (1996), e, non iochiedevo l‘opportunità per pubblicare sul suo neonatoperiodico e di breve durata, sostituito da un «librorivista»– che io, a suo posto, lo/la chiamerei l‘annuario– a cui non mi sono più abbonata, a causa della qualitàe spazio per me non più soddisfacienti ed a causa degliintrighi nei miei confronti nati dalle mie pubblicazioni apuntate, dalle mie iniziative letteriare ed editorialicontestate...Sono perfettamente consapevole che non possocompetere – e non lo intendo neanche – con i cittadinidi madrelingua italiana, parlanti veramente correttamentela loro lingua. Per me straniera, trapiantata giàda adulta, per impadronire la lingua acquisita a livello(quasi) madrelinguistico, non sarebbero sufficientineanche 100 anni trascorsi in Italia... Questo è ovvio,però, nonostante le imperfezioni linguistiche, io però,nonostante tutto cerco di dare del mio meglio possibile...Quanto riguarda l‘enorme lavoro che svolgo –anche se trovassi collaboratori fissi e continui soltantoper la revisione linguistica –, non potrei pretendere chegratuitamente rivedessero tutti i miei scritti. Se invecelo trovassi a pagamento, io non riuscirei ad affrontarequesta spesa. Tornando alla lettera di sopra,comunque, è da pensare che a quei tempi questosignore nel mio saggio – che è stato ripubblicato sullanostra rivista, nella rubrica della «Saggisticaungherese» nella serie «Aspetti generali della culturaungherese» – la locuzione ―il dotto Babits‖ l‘hacorretta e l‘ha pubblicata nella versione assolutamenteerrata, sostituendola con ―il dottor Babits‖: quindi è daimpressionarsi e ci lascia perplessi che un nato italiano– che vanta pure della sua abilità madrelinguistica –non sa la differenza tra il ―dotto‖ e ―dottore‖!... (v.<strong>Anno</strong> II – N. 8 Ago./Sett. 1997, p. 21 di Pennad‘Autore: «Panorama della letteratura Ungherese VI.»di Melinda Tamás-Tarr-Bonani...)Passiamo ora ad un‘altra «avventura»... Ecco un‘altracuriosa esperienza a proposito della direzione eproprietà della nostra rivista: nel passato ormai lontanouna conoscente ha messo in giro di essere lei ladirettrice e titolare dell‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>, di cuivenni a conoscenza per puro caso in un eventoculturale. Durante una conversazione con persone perme sconosciute, nominando il nostro periodico,qualcuno mi ha domandato di «essere la collaboratricedella direttrice e proprietaria N.N. dell‘<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>»? L‘ho dovevo illuminare che la signora inquestione non era né la direttrice, né la titolaredell‘O.L.F.A... Potrei ancora elencare altre variespiacevoli avventure, cattiverie, slealtà, ovviamentegenerate dai pregiudizi, odi, invidie, gelosie,malintenzioni e così via... Non mancavano neanchelettere di cattivo gusto, inviate dai mitomani o daglistolti... Nei primi otto anni della mia attività editorialeho anche incontrato tanta arroganza, vari tipi diingiurie, incorrettezze – come accade anche nel mondopolitico – per qualsiasi cosa: a certe persone non va agenio mai quello che si fa oppure non si fa; perqualsiasi iniziativa o decisione hanno avuto da ridire,lanciare offese... Non parlando della diffidenza odell‘incredulità per il mio operato. Ecco un esempiodell‘anno 1998: non dimentico mai le reazioni di duedonne ferraresi quando le ho fatto vedere la copertinaappena realizzata – illustrata dal mio fotomontaggio incui si vede anche una mia immagine – a colori delfascicolo dell‘<strong>Anno</strong> II N. 3 Aprile/Giugno 1998: tutte ledue mi hanno formulato la stessa domanda: «C‘èdentro, però, la zampetta dell‘ingegnere, è vero?» –cioè, nella realizzazione, secondo loro, c‘entrava miomarito. Egli immediata-mente, assieme a me, leinformava di presumere male. Mi veniva, oltrel‘amarezza, anche la rabbia dentro di me, perché miinfastidiva tale considerazione generata dal miooperato: anche perché se quelle due donne fosseroincapaci di realizzare cose simili, non significa che altredonne sarebbero ugualmente incompetenti! Mio maritomai mi ha messo le mani sui miei lavori, anche perchénon è competente di questo tipo d‘attività. Poi, per illavoro, tutto il giorno essendo fuori città, lontano dacasa e rincasando stanco morto solo le otto di sera,quando avrebbe potuto fare i miei lavori redazionalidurati di tutti i giorni interi?! Ho constatato reazionisimili nei miei confronti non soltanto dalla parte dellagente incolta, ma anche da parte di persone di unacerta istruzione! Anche oggigiorno mi sconcerta questamentalità italiana con la quale si presuppone che lefemmine sono meno capaci dei maschi in certe attivitàper loro magari anche insolite, non parlando se si trattadelle cittadine d‘origine straniera... Tutti i giorni hosentito ingiustizie, sfiducia, sospetto, pregiudizio neimiei confronti, nonostante la mia cittadinanza italiana.Ho sempre constatato: uno straniero facendo qualsiasicosa, essendo qualitativamente uguale o anche miglioredegli italiani, può massacrarsi per dimostrare il suovalore, la sua competenza, non lo considerano, lo8OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


disprezzano. Nei suoi confronti sono forti i pregiudizi, isospetti, la sfiducia e così via. Se uno straniero qualitativamente,in ogni aspetto – di umanità, professionalità,di talento, etc. –, per amor di Dio, altamente superagli italiani, la situazione è ancora peggiore... E se sitratta di donna?... Hm... lasciamo stare la questione...Quindi, sia nel periodo delle ricerche dei lavori che nellemie attività professionali iniziali o attuali non ho avutomai momenti di noia!... Non erano rari gli episodi in cuila mia disponibilità molte volte è stata ricompensatadalle slealtà. Rispetto al numero dei richiedenti d‘aiutoda me immediatamente assistiti poca gente era disponibilea darmi una mano nei casi di bisogno per unimprovviso problema; mentre io non sprecando tempoed energia, perdendo preziose ore o molti giorni dilavoro, ho soddisfatto la loro richiesta. Anzi, nonsoltanto non hanno reagito alla mia richiesta d‘informazioneo d‘aiuto, ma non si sono neanche degnati diringraziare il mio contributo dato a loro favore...Purtroppo la grande parte degli esseri umani – senzadistinzione di nazionalità – è priva di educazione. Primadi tutto, è colpa delle famiglie da dove provengono,particolarmente colpa delle madri – dato che dal momentodella nascita, in maggior parte, esse si occupanodei figli – che sono pure ineducate, perciò non possonotrasmettere le buone maniere, di conseguenza nonsono in altezza...Ho anche imparato che gli italiani anche nei casiilleciti o scorretti, possono andare avanti a gonfie vele equasi indisturbati, però se un cittadino di origine stranierafa le stesse cose ma in regola, col massimo rispettodelle norme, delle leggi, con correttezza, o seinvolontariamente sbaglia, sono subito pronti a sentenziarlo.Per dimostrarlo con un esempio, ecco un‘immaginedi un periodico italiano d‘oggi a proposito dei tipidi abbonamenti, seguita poi da una lettera provenienteda una lista degli aspiranti scrittori - it.arti.scrivere -,nel lontano 11 ottobre 1998, in risposta alle mie inizialiiniziative lanciate...Un esempio di abbonamenti di diffusione nazionale :praemium auctoris" (ci risiamo), nonché 10 copie (nonuna di più, non una di meno) della Collana QuaderniLetterari?....................................................................5. perché privarci, poi, della gioia di potervi conoscerepersonalmente, dal momento che "non è previstaalcuna cerimonia di premiazione"? (e sfido,vorrei vedere con quale coraggio saprebbe giocarsi lafaccia, ammesso che ne abbia ancora una)...................6. infine, come mai è così convinta che proprio noidovremmo aiutarla a completare la sua collezione difrancobolli?.................................................................Evidentemente non si è resa conto, Melinda Tamàs deimiei stivali, che questo è GIA' un forum, fatto daauctores, dove non esistono soci ordinari, né onorari, nébenemeriti, ma solo persone (alcune straordinarie,questo sì), che scrivono per il piacere di scrivere, per ilgusto di commentare, e per la gioia di essereeventualmente apprezzate, oppure per la voglia dimigliorare attraverso le critiche altrui. Per cui, visto chenon credo possa aspettarsi alcun contributo in monetasonante, provi almeno a derubare un po' dello spiritoche anima questo gruppo, poi vi apponga unbel francobollo, e se lo appiccichi dove vuole lei. Degustibus......................................................................Giulia Dalena...............................................................(che si è proprio stufata di tutti questi cialtroni chefanno soldi a palate sulle aspirazioni del prossimo)».......Ecco per es. il volume dell‘antologia della quartaedizione del «Praemium Auctoris» (Edizione O.L.F.A.,Ferrara, 2001, pp. 308) presente anche nella bibliotecadell‘Accademia dell Scienze d‘Ungheria di Budapest,cod. di inserimento: MTA ITI, 132.290, Ol.I.3. ed iquaderni letterari individuali dei classificati di questopremio:Ecco la lettera:«Gentile signora Melinda Tamás-Tarr Bonani, avreialcune domande da rivolgerle:.....................................1. si rende conto che risulta alquanto improbabileessere presi sul serio quando si ha, al posto del nome,la nuova formula magica scelta da Silvan?.....................2. cosa le fa pensare che espressioni come "forumauctoris" o "praemium auctoris" possano in qualchemodo far riaffiorare in noi l'antica e mai rimossasoggezione per il professore di latino?...........................3. per quale trauma subito nell'infanzia noi dovremmoprovvedere a un'esborso che varia dalle 60 alle 200 milalire, per diventare Soci Ordinari, Soci Autori oppure,udite udite, Soci Benemeriti? Pur trattandosidi esborso letterario, abbiamo tutti dei metodi piùefficaci per fare beneficenza.........................................4. e inoltre, con quali approfondite ricerche di mercatoha scoperto che la nostra aspirazione più profonda èquella di possedere una copia della "grande antologiaOra riporto l‘elenco delle antologie dei premi banditifino alla loro sospensione temporanea e dei quaderniindividuali pubblicati fino al 2002 ed alcune altre edizionifino ai nostri giorni (Edizione O.L.F.A.): Antologie ―ANTOLOGIA, 1997 (Premio "Janus Pannonius");ALMANACH, 1997 (Premio "Selezione" & Premio"Almanacco"); LE STAGIONI DEL VIAGGIO, 1998(Premio "Olimpia Morata", Premio "Janus Pannonius" -Promozione Editoriale "<strong>Osservatorio</strong> '98" incollaborazione con l‘Ass. Olimpia Morata);ALMANACH'99, 1999 (Premio "Almanacco"); POESIE &OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 9


RACCONTI, 1999 (Premio "Selezione"); UNA GOCCIAD'ACQUA NESSUNO LA VEDE, 1999 (Premio "JanusPannonius"); IN CAMMINO, 1999 ( "PraemiumAuctoris"); IL GABBIANO SOLITARIO, 2000 ("PraemiumAuctoris"); OSSERVATORIO 2000: POESIE &RACCONTI, 2000; ALMANACH 2000 (Premio"Almanacco"); L'ECO DEL XX SECOLO, 2001 (Premio"Janus Pannonius 2000"); L'OPERA D'AUTORE 2001("Praemium Auctoris"), ALMANACH 2001 (Premio"Selezione" & Premio "Almanacco"); DALLA LIRICAALLA PROSA, 2002 (Premio "Janus Pannonius 2001");SENTIMENTI, FANTASIE & ALTRE COSE, 2002 (Premio"Almanacco 2002" & "Janus Pannonius 2002") evengono aggiunti i quaderni letterari individuali deiprimi tre classificati ef altri quaderni indipendenti daiconcorsi: Lirica ― Edoardo Biondi: Amore (Silloge),1998; Emilio Diedo: Poesie (Silloge), 1999; EmilioDiedo - Renzo Ferri - Alessandro Moretti: Poesie(Sillogi), 1999; Renzo Ferri: 3 Poemi, 1999; SalvatoreScollo: Poesie (Silloge), 1999; Gabriella Tessitore:Frammenti per un Amore (Poemetti in prosa), 1998;Osvaldo Valenti: L'eco d'una parola, Poesie(Silloge),1998 Renzo Ferri: Altre poesie d'acqua(Silloge), 2000; Gianfranco Vinante: Nume bifronte(Silloge), 2001; Lidia Drigo: Primi versi stridenti, 2001;Marco Pennone: Ora sei là... , 2001; Melinda Tamás-Tarr Bonani: Le voci magiare (Traduzioni delle opereletterarie ungheresi), 2001; Melinda Tamás-Tarr eMario De Bartolomeis: Traduzioni/Fordítások (Poesie,vol. II) 2002; Tolnai Bíró Ábel: Élet (in linguaungherese), 2002; Melinda Tamás-Tarr-Bonani: Daanima ad anima (Traduzione delle poesie ungheresi,francesi, spagnole e latine), Edizione O.L.F.A. 2009;Maxim Tábory: Ombra e Luce (Poesie [Traduzione diMelinda B. Tamás-Tarr]), Edizione O.L.F.A. <strong>2010</strong>;Narrativa ― Vittorio Baccelli: Storie del fine millennio(Racconti), 2000; Edoardo Corbetta: Disperazione(Racconti), Schermaglie 2000; 1999; Gabriella DeGregori - Chiara Pesciò: Racconti, 1999; Andrea Donini- Andrea Fedeli - Ezio Tarantino: Traghetto ed altriracconti, 1999: Gianmarco Dosselli: Fatalità (Racconti),1997; Sole e acqua ai fiori (Racconti), 1999 - Ultimoatto di amore (Racconti), 2000; Andrea Fedeli: Loscrittore de "L'Equilibrio" I-II vol. (Romanzo), 2000;Paola Lecco: Il battito (Racconti), 1999; Niva Ragazzi:Una rossa senza storia (Racconto lungo), 1999;Gordiano Lupi: Il gabbiano solitario (Novella), 2000;Marco Pennone: Racconti del brivido, del mistero e delterrore, I-II vol., 1998; Daniele Ruta: Che bella giornataed altri racconti, 1999; Vincenzo Sarcinelli: Una gocciad'acqua nessuno la vede (Racconti), 1999; ristampa2000; Monique Sartor: Appartenenze alchemiche(Racconti), 1999; Melinda Tamás-Tarr Bonani: Dapadre a figlio (fiabe e leggende popolari magiare),1997; Michela Torcellan: La morte di Casanova(Romanzo breve), 1999; Marisa Vidulli: La valigia di telaverde (Racconti), 2000; Fabrizio Pagnini: Lost ballad forfreedom ed altri racconti, 2001; Daniele Ruta: La miapenna, 2001; Gianmarco Dosselli: Il pianto del Titano,2001; Elvira Lanza: I mandorli in fiore, 2001; GiorgioMarconi: Inversione di marcia, 2001; Rasa Marco:Racconti, 2001; Simona Taddei: Tre racconti, 2001;Dario Fani: Racconti, 2002; Melinda Tamás-Tarr e MarioDe Bartolomeis: Traduzioni/Fordítások (Prosa, vol. I)2002; Umberto Pasqui: Il barone della nebbia, 2002;Ignazio Barbarossa: Sogni, 2002; Umberto Pasqui: Ilsogno di Tito, 2002; Melinda B. Tamás-Tarr: Da padre afiglio (fiabe e leggende popolari magiare) versionedigitale 2002/2003; Da padre a figlio (Nuova Edizione)Edizione O.L.F.A. <strong>2010</strong>; Umberto Pasqui: Il barone dellanebbia (Olfa., 2002), Il sogno di Tito (Olfa., 2002),Prima la musica poi le parole (Olfa., 2003), La serra deisalici parlanti (Olfa., 2004), Arrigo ritrovato, ossia unoscherzo del cielo e del destino (Olfa., 2005), L‘Ombradelle stelle (Olfa, 2007), Storie di Forlì (Olfa., 2009);Trenta racconti brevi (Olfa., <strong>2010</strong>). Saggistica ―Marco Pennone - Gabriella Tessitore: Comenio maestroe sacerdote, 2000; Melinda Tamás-Tarr Bonani: Isignori del Danubio, 2000; Gabriella Tessitore:Pedagogisti tra Otto e Novecento, 1999; GabriellaTessitore: Lo scetticismo di Hume, 1999; GabriellaTessitore: Il dramma dell'esistenza in SeverinoKierkegaard, 1999: Gabriella Tessitore: Appunti suHegel, 1999; Gabriella Tessitore: La filosofia delpositivismo (Appendice e bibliografia a cura di MarcoPennone), 2001; Melinda Tamás-Tarr Bonani: Neiriflessi della stampa, 2001; Melinda Tamás-Tarr Bonani:Profilo d'Autore, 2001; Giovanni Negri: Scritture delfantastico nella Bassa Padana del nostro tempo,(Edizione Associazione Bondeno Cultura - Edizioni Saca- Edizione O.L.F.A.) 2002; Mario De Bartolomeis: Saggiletterari e storici (Echi leopardiani in una poesia di TóthÁrpád?, La poesia di Szabó Lőrinc, Su alcuni daticontroversi relativi al generale farnesiano GiorgioBasta), Edizione O.L.F.A. 2003; Anna Maria Simi: Ilrapporto tra lingua e dialetto nelle prime raccoltepoetiche di Corrado Govoni (1903-1924), EdizioneO.L.F.A. 2003;... (Nomi ed opere evidenziati di alcuniex- o attuali – frattempo diventati - nostri collaboratorifissi od occasionali.)Sottolineo: io, senza un reddito fisso, con gliabbonamenti e con le pochissime quote dei soci(ordinari, sostenitori, benemeriti) ho realizzato quasi 70titoli di opere (antologie e quaderni letterari) per ipremi da me banditi oppure su commissioni con tiraturadi basso numero di copie. Non ho chiesto – come fannoanche oggi i piccoli e medi editori –, l‘acquisto diminimo 300 copie per tremila euro [o circa 6 milioni dilire dell‘epoca] come recentemente mi è stato propostoda un noto editore locale per un‘eventuale pubblicazionedi un volume di poesie... Dopo questi anni passatipropongo alla signorina o signora Dalena (se questo è ilsuo vero cognome), «che si è proprio stufata di tuttiquesti cialtroni che fanno soldi a palate sulle aspirazionidel prossimo», ed, a tutte le persone similari di redigereed editare - alcune opere di piccolissima tiratura per piùpersone... stampando – citandola – «10 copie, non unadi più, non una di meno» d‘un‘antologia di 308 pagineper solo cinque persone ed aggiunga in più le 4 copied‘obbligo per il deposito legale..., oppure pubblichi pertutti i primi tre classificati ipotizzati delle sezioni,sempre comprese le copie d‘obbligo di legge di ciascuntitolo, poi aggiunga le spese di spedizione ed imballo, lespese delle targhe, coppe, medaglie, dei diplomi e cosìvia... (Oggi però ci sono condizioni di pubblicazionionline tecnologiacamente più avanzate e col bassocosto di stampa, così il risultato è già diverso di quellodi 14-15 anni fa...) Oppure per l‘organizzazione di una10OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


premiazione faccia anche conto ipotetico con tutte lespese che tali eventi le comporterebbero... Nondimenticando il fatto, che nel mio caso non si sarebbepresentata neanche la metà delle persone premiate edaderenti... Ecco un esempio d‘assenza dei premiati diun‘associazione culturale italiana, di cui il titolare si eralamentato nel lontano 1997:Dopo tutti questo più di un decennio passato dallalettera di Giulia Dalena, in risposta alla sua sfidad‘allora, la invito di consultare anche tutte leinnumerevoli pagine web dei siti – sia del passato chedel presente – dell‘Osservato-rio <strong>Letterario</strong> – citandosempre lei – per «vedere con quale coraggio mi avreigiocato la faccia, ammesso che ne abbia ancora una»,per poter rendersene conto del mio operatoquindicinale, se avrà coraggio di farsi viva e rivalutare ilmio operato...Intanto questa testata, il 31 ottobre 1998, a seguitodella sopraccitata lettera dell‘11 ottobre 1998, è statascelta UNA DELLE «MILLE MIGLIORI IDEEIMPRENDITORIALI» dall'iniziativa promossa dalla BancaPopolare di Milano e dal Corriere della Sera - CorriereLavoro ed il 25 marzo 2001 è stata segnalata dallaRadioRai1, nella rubrica radiofonica di economia,politica e cultura della Mittel Europa di RAI 1 «EstOvest», trasmessa dalla sede Rai di Trento a cura diSergio Tazzer.Dunque, da una parte si scagliavano contro la miapersona a causa delle iniziative di una straniera; dall‘altraparte invece sono stata offesa con la parola di «digo»,sostantivo dispregiativo degli italiani da parte deicompatrioti ungheresi, oppure tanti anni ho dovutosubire varie e numerose ingiustizie, tra cui sono stataaccusata di non essere più magiara proprio da parte dichi non si aspettava mai... Spesso, rimproverandomi,tra le tante altre cose, mi domandavano: «Perché seiandata in Italia? Era più facile andarsene dall‘Ungheriaper uno stipendio maggiore – sic! – che rimanere nellapatria d‘origine con basso stipendio...» Hm... per unostipendio maggiore... Quando fino ad oggi non ho avutoun reddito fisso se non occasionalmente. Lo scrivevaun‘uomo che conosceva molto bene la mia vita inUngheria... Non è affatto facile vivere, semplicementesoltanto esistere, tra due o più fuochi... Ha completamenteragione il nostro scrittore György Bodosi: «Nonaspetti nulla di buono e nessun riconoscimento coluiche osa mettere piede sul terreno molle dellaletteratura.» Era così da sempre dai tempi remoti ed ècosì anche oggi in qualsiasi punto del nostro Globo. Nonè un fenomeno solo italiano od ungherese, è mondialee non soltanto nel campo letterario... Però, durante lamia attività, le negative esperienze – meno male –erano notevolmente inferiori di quelle positive, eppoi,per fortuna, i dispiaceri venivano anche sopraffatti dagliscopi mirati, dalla soddisfazione di ciascun obbiettivoraggiunto: ho tanta voglia di lavorare, perché nonriesco a stare senza lavoro intellettuale e creativitàmentale, trovo tanta gioia in questa complessa e moltepliceattività per tramandare. Mi piacciono le sfide daaffrontare e forse per questo motivo non ho mai sentitodi stancarmi nonostante le mille e gravi difficoltàmanifestate e non mi sono mai avvillita dalle cattiverie,dalle critiche maligne o invidiose di certi personaggi...Forse proprio questo è il segreto che sono riuscita adarrivare fino a questo 15° anniversario e ringrazio Dioper questo: sono certa, senza del suo appoggio non cisarei riuscita ad arrivare a questo punto...Dopo questo riassunto ripercorriamo gli anni passatia partire dal N. 0. 1997 tramite alcuni editoriali –compresi gli eventuali errori linguistici – dell‘O.L.F.A.rievocando i passi del suo progresso:EDITORIALE <strong>Anno</strong> I. N. 0 Ottobre/Novembre 1997Questa rivista – v. sx – insperimentazione, senza scopo dilucro, attualmente fuori commercio,è nata con l‘intenzione dicomunicare [...] per dare unavoce agli autori minori oppureignorati, amanti ed agliappassionati dello scrivere.Appunto, scrivere. Scriverepoesie, racconti, critiche, opinioniper esprimere le svariate emozionio i pensieri che nascono nell‘anima dell‘essere umano.Nelle nostre pagine vogliamo anche dare notizia dialcuni eventi culturali che riguardano la letteratura,l‘arte ed in generale la cultura. LA CULTURA, con lamaiuscola è un elemento importantissimo, oppuredovrebbe esserlo, per l‘animo dell‘individuo e per lasocietà. Purtroppo in questo Paese le si dà pocaimportanza, per essa si investe poco o niente perché èritenuta un prodotto che non rende economicamente.Invece la si dovrebbe trattare come tale, perché senzala cultura siamo barbari. La cultura è la manna dellospirito, come la religione del credente. La suamancanza aiuta l‘impoverimento della civiltà umana. Ilsuo maltrattamento è un evento doloroso in unaqualsiasi civiltà, e, lo è particolarmente in Italia che puòvantare un enorme patrimonio culturale, ma la maggiorparte della popolazione la ignora e non sente l‘esigenzaprimaria di coltivarla. È un grave errore, è una grandemancanza di responsabilità civica. È un dovere moraledare una voce agli scrittori, poeti, pensatori che nonl‘hanno perché sono ignorati dalla critica ufficiale, laquale considera soltanto gli autori "sicuri" perchéattraverso essi è garantito il grande guadagnocommerciale...Le voci nuove sono poco considerate ed i grandieditori hanno paura degli sconosciuti ed anonimi; essiraramente sono veri imprenditori letterari, perciò afatica lanciano un nuovo autore. La pratica dimostra,purtroppo, che invece di elevare il gusto letterario dellapopolazione, piuttosto si abbassa il livello esteticoletterario-moralein nome del Dio-denaro. Noicerchiamo di dare possibilità alle voci più debolilasciando il giudizio al lettore e speriamo che un giornoanche gli autori ignoti possano arrivare al vero, tantoaspettato e meritato successo... Coraggio quindi edinvitiamo tutti coloro che hanno un debole per loOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 11


scrivere a non aver paura ed inviare i loro testi. Traessi, rispettando l‘ordine dell‘arrivo, si farà unaselezione per la pubblicazione in queste pagine.Dato che quest‘iniziativa non ha scopo di lucro,chiediamo soltanto una cosa: per avviare quest‘esperimentoe per far fronte alle spese di spedizioneabbiamo bisogno di un contributo, indicato sul retrodella copertina. Tutti quelli che hanno aderitoriceveranno sei copie della rivista oltre la pubblicazionedel loro elaborato. Poi se le cose andranno veramentebene (siamo ottimisti nonostante il fallimento di moltepubblicazioni), forse riusciremo ad iscrivere la rivistapresso il Tribunale di Ferrara. Per il momento usciremoogni due mesi in edizione non commerciale.Attendiamo quindi i nostri collaboratori ispirati dalleMuse...EDITORIALE <strong>Anno</strong> II. N. 3 Aprile/Giugno 1998Certo che questa mia impresagiornalistica appena iniziata non èaffatto facile. Proprio per questomotivo sento un altro dovere neiVs. confronti: devo darvi alcunenotizie e decisioni nuove che,ritengo, abbiate il diritto di sapere.Ecco subito la prima.Sicuramente avrete già notato ilprezzo aumentato. Riprendendo ildiscorso già accennato nelprecedente editoriale, devo dirvi che questa manovra èstata una decisione molto sofferta, ma per lasopravvivenza del periodico è stata indispensabile.Purtroppo l‘ufficialità ha il suo prezzo e aggravanotevolmente l‘economia. [N.d.R. A seguito al N. 0. lanostra rivista è uscita come supplemento alla Fantasy.]Oltre le spese di realizzazione, per far conoscere lanostra rivista e le nostre iniziative letterarie ci sonoanche altri vari costi da affrontare a partire dallacorrispondenza fino alle alcune (anche se modeste, masempre costano) campagne pubblicitarie; quindi senzaquest‘aumento non sarebbe stato possibile andareavanti ed i materiali, i servizi costano parecchio.Guardando soltanto al costo della pura realizzazione, sifa fatica rimanere a galla, ma almeno così con questopiccolo aumento, spero, ci sarà un leggero sollievo. LaRedazione sarà costretta a ridurre anche il numero dellecopie-omaggio, perché il nostro bilancio economico nonriesce a sopportare le uscite maggiori - causate dainumeri gratuiti - e molto superiori alle entrate deisostenitori Autori. I Sostenitori Lettori però mancano,coloro che ho incontrato, tutti pretendevano il numerocome regalo. Una Redazione appena nata, senza alcunfondo di capitale non può permettersi di continuare aregalare le copie, questo sarebbe ora un grande lussoche equivarrebbe al suicidio. Non regalano alcuna copianeanche le grandi testate nazionali, se qualcuno volesseprendere una qualsiasi rivista dovrà pure comprarla.Dopo un numero acquistato il cliente potrà decidere diacquistarla in futuro oppure no. L‘"<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>" non è una grande impresa editoriale, non hanotevoli finanziamenti provenienti dalle propagandepubblicitarie... Quindi coloro che ci tengono proprioleggere le nostre pagine, perché sentono un verointeresse a conoscere il nostro periodico, potrannochiedere un numero versando il costo di una copiasingola. [...]EDITORIALE <strong>Anno</strong> II. N. 4 Luglio/Settembre 1998[...] La rivista da questonumero, avete già sicuramenteconstatato, ha preso unastrada autonoma. Questomomento l‘ho sognato–progettatogià prima dell‘uscita del numeron.0, era il mio primo obbiettivo edecco: sembra incredibile, èarrivata anche questa realizzazione.C‘è anche un‘altra novità cheallargherà l‘orizzonte della nostra rivista: come potetevedere, anche il nostro periodico ha il suo indirizzo E-mail su Internet!C‘è un'altra notizia: anche l‘OSSERVATORIOLETTERARIO su invito del Gruppo Artistico "FARA" -Stabile di Poesia ha partecipato alla "<strong>XV</strong>II Mostra dellarivista di Poesia edita oggi in Italia" organizzata per leriviste di poesie e di critiche e di materiali poetici.Quando leggerete queste righe, la mostra si sarà giàsvolta dal 12 al 20 giugno a Bergamo. Quest‘evento èstato organizzato con la collaborazione di istituticulturali locali e dell‘Assessorato alla Cultura delComune di Bergamo. L‘organizzazione – secondo leinformazioni – per l‘estate ha già previsto iltrasferimento della Mostra della Rivista di Poesia in altrelocalità.[...] Ora guardiamo le pagine della nostra rivista: LaRedazione ha aperto un‘altra rubrica con il nome"EPISTOLARIO" [...].A proposito delle lettere… A metà dell‘aprile scorso hoscoperto un intervento del lettore A. M. scritto ad unatrimestrale rivista letteraria padovana. Leggendolo hoavuto una sensazione piacevole e nello stesso tempoanche spiacevole: è da gioire accorgersi che i propripensieri o parole trovano eco e consenso nei lettori. Èinvece spiacevole quando si scopre che le proprieespressioni e affermazioni vengono ‗spacciate‘ perparole altrui. Questo atteggiamento è già scorretto edillegittimo e può essere considerato un plagio. È veroche non c‘è alcuna cosa nuova sotto il sole e due frasipossono essere identiche senza essere copiate. Maquando una catena di pensieri in cui anche i caratteritipografici sono utilizzati nello stesso modo, quandoanche le virgole e trattini sono messi nello stesso puntoin cui si trovano nel testo originale, allora ci si accorgeche il testo è stato copiato letteralmente… Il lettore inquestione per essere corretto, avrebbe dovuto citare lafonte, oppure mettere tra virgolette le parti inquestione segnalando così che le espressioni usate nonerano le sue, ma prese in prestito, dato che viene da luicondiviso al cento per cento l‘argomento trattato. Si facosì anche quando un pensiero viene citatoindirettamente. Ho riconosciuto subito le mie parole ecosì potrebbero farlo tutti quei lettori che sono abbonatiad entrambe le riviste. Può darsi che A. M. abbiasegnalato con le virgolette e i redattori perdisattenzione abbiano risparmiato le virgolette. Sidovrebbe vedere il testo originale inviato.L‘intervento pubblicato senza alcun riferimento altesto originale fa comunque presumere che l‘opinione12OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


sia il prodotto della mente del lettore A. M.* [* N.d.R. Unneo-autore della ns. rivista in quei tempi e da questo fattaccioassente].…Intanto la nostra Redazione ha subito reagitoinviando il testo originale dell‘editoriale del N. 0 dellanostra rivista chiedendo una rettifica pubblica nelprossimo numero del periodico in questione… [N.d.R. Aquei tempi la redazione padovana ha verificato la questione epubblicamente ne ha dato notizia pubblicando la mia letteradocumentata.] Per riflettere e confrontare i testi ecco leparti ‗imputate‘ ed il tratto originale:"[…] Non apprezzo nemmeno il fatto che voci nuovedi autori non siano considerate e i grandi editoriabbiano "paura" degli sconosciuti e anonimi. Questiraramente sono veri imprenditori letterari, dunque afatica lanciano un nuovo autore. La pratica dimostrache invece di elevare il gusto letterario della gente,piuttosto si abbassa il livello estetico-letterario-moralein nome del Dio-denaro. […] Ritengo che siano pochicoloro che attraverso la poesia riescano a renderepalese queste sensazioni e soprattutto ritengo che sianopochi quelli che pensino "la cultura sia la manna dellospirito", e la sua mancanza aiuti l‘impoverimento dellaciviltà umana. Credo che, invece, la Sua rivista accolgapienamente questi miei pensieri, dando la possibilitàalle altre voci di parlare alla cultura, lasciando il giudizioai lettori, veri critici dell‘arte. È questa l‘originalità dellarivista. (A.M.)"[N.d.R. La Nuova Tribuna Letteraria anno VIII N. 9, rubr. «TribunaAperta pp. 6-7:Nell‘editoriale invece è stato scritto così:"[…] LA CULTURA, con la maiuscola è un elementoimportantissimo, oppure dovrebbe esserlo, per l‘animodell‘individuo e per la società. Purtroppo in questoPaese le si dà poca importanza, per essa si investe pocoo niente perché è ritenuta un prodotto che non rendeeconomicamente. Invece la si dovrebbe trattare cometale, perché senza la cultura siamo barbari. La cultura èla manna dello spirito, come la religione del credente.La sua mancanza aiuta l‘impoverimento della civiltàumana. Il suo maltrattamento è un evento doloroso inuna qualsiasi civiltà, e, lo è particolarmente in Italia chepuò vantare un enorme patrimonio culturale, ma lamaggior parte della popolazione la ignora e non sentel‘esigenza primaria di coltivarla. È un grave errore, èuna grande mancanza di responsabilità civica.]È un dovere morale dare una voce agli scrittori, poeti,pensatori che non l‘hanno perché sono ignorati dallacritica ufficiale, la quale considera soltanto gli autori"sicuri" perché attraverso essi è garantito il grandeguadagno commerciale…Le voci nuove sono poco considerate ed i grandi editorihanno paura degli sconosciuti ed anonimi; essiraramente sono veri imprenditori letterari, perciò afatica lanciano un nuovo autore.La pratica dimostra, purtroppo, che invece di elevare ilgusto letterario della popolazione, piuttosto si abbassa illivello estetico-letterario-morale in nome del Diodenaro.Noi cerchiamo di dare possibilità alle voci più debolilasciando il giudizio al lettore e speriamo che un giornoanche gli autori ignoti possano arrivare al vero, tantoaspettato e meritato successo…"Per concludere quest‘argomento in ogni modo ritengoopportuno attirare la Vs. attenzione per considerare leregole del gioco: è meglio tener presente e rispettarenoi tutti la Legge N.633. del 22 aprile 1941 chedisciplina il diritto d‘autore, di cui riporto una parte cheriguarda la questione sopraccitata: "Gli articoli diattualità, di carattere economico, politico, religioso,pubblicazioni nelle riviste o giornali, possono essereliberamente riprodotti in altre riviste o giornali ancheradiofonici, se la riproduzione non è stataespressamente riservata, purché si indichino la rivista oil giornale da cui sono tratti, la data e il numero di dettarivista o giornale e il nome dell‘autore, se l‘articolo èfirmato." (Art. 65); "[…] Il riassunto, la citazione o lariproduzione debbono essere sempre accompagnatidalla menzione del titolo dell‘opera, dei nomi dell‘autoree dell‘editore." (Art. 70); "La riproduzione diinformazioni o notizie è lecita purché non sia effettuatacon l‘impiego di atti contrari agli usi onesti in materiagiornalistica e purché se ne citi la fonte"…(Art. 101)Vorrei, inoltre, informarvi che il numero precedente èstato inviato a tutti quei personaggi che erano statiprotagonisti alla cerimonia solenne del conferimentodella Laurea Honoris Causa al Presidente d‘Ungheria: alDr. Árpád Göncz, al Presidente del Consiglio RomanoProdi, al Rettore dell‘Università di Bologna FabioRoversi-Monaco, al Console Generale d‘Ungheria aMilano, al Presidente dell‘Accademia d‘Ungheria diRoma, al Sindaco di Bologna Walter Vitali; inoltre alPresidente della Repubblica Italiana Oscar LuigiScalfaro, al Sindaco di Ferrara Roberto Soffritti edall‘Assessore Istituzioni Culturali e Biblioteche FrancescoRuvinetti. Tramite quest‘editoriale ringrazio i treriscontri pervenuti finora (!) ed anche grazie per lacortesia, come un chiaro segno della civiltà umana e dibuona educazione. Si trattano dei signori: la signoraGian Franca Pirisi del Segretariato Generale dellaPresidenza della Repubblica, il prof. Roberto Grandi,Assessore alla Cultura del Comune di Bologna checonsidera questa mia impresa editoriale "ammirevole ecoraggiosa" ed al Console Generale d‘Ungheria Dr.Gábor Sólyom. Sono particolarmente grata per laconsiderazione del Console Ungherese inviata nel suomessaggio fax in cui così esprime il suo giudizio: "Holetto con grande interesse la Sua rivista di alto livello[…] Augurando a Lei ulteriori successi, porgo distintisaluti." [N.d.A. del 27 luglio <strong>2010</strong>: finora neanche unaOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 13


traccia di un riscontro da parte dei rimanenti personaggi,evidente segno dell‘indifferenza, del disprezzo e della loroineducazione per il lavoro, per l‘impegno e per la personadegli altri…] [...] (<strong>Anno</strong> II. N. 4 Luglio/Settembre 1998con la copertina a colori) [N.d.R. oggi ne abbiamo01/10/<strong>2010</strong>: i personaggi in questione non hanno reagitoproprio...]EDITORIALE <strong>Anno</strong> II. N. 5 Ottobre/Dicembre 1998Questo numero è il sesto edultimo – compreso il N. 0 – inquest‘anno e così concludiamo ilprimo ciclo di sei numeri editidella nostra rivista. Siamo quindiarrivati anche [...] al numero ditraguardo del primo annod‘attività. Stavolta usciamo con unritardo notevole a causa di graviproblemi tecnologici: il torridocaldo d‘estate è stata una duraprova non soltanto per l‘organismo umano, ma ancheper gli strumenti informatici. Il nostro computer èimpazzito e ci ha procurato gravissimi danni e problemiche siamo riusciti a risolvere soltanto in parte. Come senon bastasse, si sono manifestati anche altri graviproblemi, stavolta causati dalla stampante... Computerbloccato, stampante con una difettosa prestazione cihanno messi a terra. Nella corsa tra i vari tecnici ed ilavori intasati nella redazione, nel caos disperato nonvoluto da noi finalmente siamo arrivati a questo punto.Ma i difetti tecnici non siamo riusciti a ripararciperfettamente e ci vorrà ancora parecchio tempo,anche perché accanto ai problemi di stampaparzialmente superati si sono manifestati altri nuovi daeliminare. Così il nostro lavoro viene notevolmenteostacolato e danneggiato... A parte questi disguididelle‘meraviglie tecnologiche’ che non ci fanno maiannoiare – questo è sicuro! – con le mani nei capelli,ma con la massima determinazione cercheremo di nonperdere lo spirito e la testa...Facendo quindi un resoconto, possiamo essere un po’anche soddisfatti: non speravo di avere così tantisuccessi e consensi per la nostra fatica culturaleletteraria.Ormai, anche il nostro periodico arriva nellemani di centinaia di lettori sia in tutto il territorioitaliano che all‘estero. Ci hanno contattati dai vari Paesieuropei per rispondere alle nostre iniziative letterarie.Questo ci rallegra, ma non ci montiamo la testa perchédobbiamo ancora fare una lunga e faticosa strada‘nellerivista non ha scopo di lucro, quindi riesce ad andareavanti esclusivamente con il fondo economico costituitodagli abbonamenti e dalle nostre iniziative. Cari nostriLettori Vi preghiamo di non dimenticare di rinnovarepuntualmente (per ragioni di organizzazione) il Vs.abbonamento, come sostegno al nostro impegno. Ègradito qualsiasi contributo volontario che possaaiutarci ad affrontare le spese che comportanol‘edizione, l‘assistenza tecnica degli strumenti di lavoroe la corrispondenza, costi che purtroppo a causa di varifattori si aumentano vertiginosamente.Ed ora passo alle nostre iniziative recentementeterminate. Vorrei informarvi che si è conclusa la II^edizione del "Premio <strong>Letterario</strong> Internazionale JANUSPA<strong>NN</strong>ONIUS" che ha attirato l‘attenzione di autoriitaliani e stranieri. [...] Ai classificati al primo posto èstata attribuita una targa personalizzata del Premio, i n.3/4 dell‘"<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>", il Diploma d‘Onore,l‘inserimento anche nella nostra rivista [...] enell‘antologia "Le stagioni del viaggio" di 244 paginecon la pubblicazione integrale dell‘opera vincitrice ed inpiù – non prevista dal bando – n. 6 copie di quadernirealizzati con la pubblicazione autonoma della silloge edella raccolta di racconti. Gli altri classificati e i segnalatisono stati premiati con il Diploma d‘Onore, con unamedaglia incisa del Premio e con la pubblicazionenell‘antologia. [...] Il numero degli autori presenti, nelvolume è 40, essi sono stati rigorosamente selezionatidopo un attento esame...Ora torniamo all‘antologia "Le stagioni del viaggio".In questo volume la Redazione ha raccolto, con grandeimbarazzo di scelta, gli elaborati degni di esserepubblicati e si è piuttosto concentrata sulle opere lirichee narrative.[...] In questa raccolta si esprimono i sentimenti,pensieri, impressioni, sogni e fantasie tracciati dallapenna di ciascun Autore. Sfogliando le pagine si faveramente una gita immaginaria attraverso "le stagionidel viaggio". Quando la leggerete Vi invito a nonfermarvi mai: ogni opera è un piccolo viaggio, come cisuggerisce, appunto, anche il titolo prestato dallapoesia omonima, appartenente a questa raccolta.Permettetemi di citare le parole poetiche del cinese LiPo ("Il tempo non arresta mai la sua corsa"):"Il Fiume Giallo corre all‘Oceano dell‘Est,il sole scende verso il mare dell‘Ovest –Come il tempo l‘acqua fugge per sempre,non arrestano mai la loro corsa . ..."...E neanche noi non facciamo arrestare la nostravarie stagioni del nostro viaggio’ culturale-artisticoandatura: continuiamo questa strada che abbiamo(prendo in prestito il titolo "Le stagioni del viaggio" appena iniziato insieme!della lirica di una partecipante al "Premio <strong>Letterario</strong> [...]Internazionale Janus Pannonius" e della nostra L‘invito alle nostre iniziative [...] ha quindi trovato unomonima antologia) non dimenticando che, strada notevole eco nell‘animo degli autori e questo fatto,facendo, dobbiamo ancora imparare tanto e migliorare. certamente, ha dato una grande serenità agli operatoriPer il successo raggiunto colgo l‘occasione di esprimere letterari-culturali di questa nostra giovanissima testata.i nostri più sinceri ringraziamenti a tutti i collaboratori È una grande gioia e soddisfazione constatare la fiduciaed agli abbonati che hanno dato un loro contributo per degli autori nei confronti di questo periodico che conpoter creare e tenere in vita fino ad oggi questa rivista. questo numero compie il primo anno di vita... SperiamoMa non dobbiamo dimenticare e nasconderci anche i che tutte le Muse e tutti gli Dèi saranno benevoli neiproblemi finanziari che possono ostacolare il buonandamento dell‘"<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>". La nostra14OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


confronti di questa impresa bellissima, ma nienteaffatto facile...[...]EDITORIALE <strong>Anno</strong> IV/V. <strong>NN</strong>. 17/18 Nov./Febbr. 2000/2001Con questo doppio numero siamoarrivati ad un altro traguardo.Prima di tutto mentre scrivoqueste parole - in ottobre - lanostra rivista ha compiuto il terzoanno di vita con cui chiudiamo ilnostro travagliato Novecento edapriamo un nuovo secolo: il XXI.Che ci porterà? Le attualisituazioni politiche e socialipurtroppo non ci fanno rallegraree festeggiare quest'avvenimento. In quest'ultimo annodel XX sec. dobbiamo fare il conto con tante cattiverie.Mancano i veri buoni sentimenti, mancano i valori!Odio, violenze di ogni tipo, disprezzo nei confronti deglialtri hanno il sopravvento... La Terra è popolata daibranchi volgari, maleducati, arroganti, crudeli,mostruosi ed ipocriti esseri viventi, privi di anima, checamminano eretti su due gambe e si nominano EsseriUmani ma in realtà sono più bestie delle bestie. Èdisgustoso. Purtroppo dobbiamo dare credito alproverbio: "Dove non c'è amore, non c'è umanità"...Siamo circondati dalle mille forme di violenza in ognisfera della nostra vita. Anche i mezzi pubblicid'informazione non fanno eccezione! La televisione checosa fa? Ci trasmette solo film commerciali conditi diviolenza! Questo c'è dappertutto. I valori vengonosostituiti dalle cose materiali e perciò succede tuttoquesto. Inciampiamo di molta spazzatura per la strada,in televisione. [...] "I popoli sono alimentati sempre conqualche spazzatura per non farli pensare. Gli interessinon rispettano lo spettatore e il nuovo dittatore èdiventata la pubblicità dello sponsor. Il contenuto nonconta, soltanto l'audience. Io stessa ho lavorato per latelevisione italiana per trent'anni e non lavoro da dueanni e mezzo. L'ultima cosa... un ritratto di un grandepoeta italiano [scomparso recentemente, nell'estatescorso N.d.R.], è Attilio Bertolucci, naturalmente è statotrasmesso a mezzanotte. Ha avuto solo 50.000spettatori..." (E. Bruck) È vero che anche nei secolipassati esisteva ogni tipo di violenza, ma allora lenotizie non arrivarono così tempestivamente alleorecchie dei cittadini. Ora però, grazie alletelecomunicazioni, tutti i giorni siamo aggiornati suquesti spiacevoli fatti. Ma è meglio così: forse si dà lapossibilità a tutti noi di riflettere, combattere controquesti fenomeni disumani. Ed in questo ci possonoaiutare anche le voci dei periodici di cultura e d'arte -così anche il nostro - testimoniando che l'animadell'uomo non è morta del tutto e quindi c'è speranzaper un miglioramento! Perciò spero che il nuovo secoloed il nuovo millennio ci porterà dei cambiamentifavorevoli in ogni aspetto nella società dei cittadini diquesto Globo!Ora veniamo a noi, ho alcune notizie da darvi. Primadi tutto inizierei con un avvenimento importantissimodell'estate scorsa che riguarda l'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>:nel mese di luglio scorso è nata ufficialmente lacollaborazione reciproca tra la più grande biblioteca edarchivio d'Ungheria, l'OSZK di Budapest (OrszágosSzéchenyi Könyvtár) Biblioteca Nazionale Széchenyi conl'invio del fascicolo n. 13/14 della nostra rivista e dialcune edizioni O.L.F.A. A partire da questo inizio dellanostra redazione i prossimi fascicoli della rivista ed [...]altre nostre edizioni saranno trasmessi su esplicitarichiesta ufficiale della Direzione considerando la nostra"attività di altissimo livello letterario e culturale" chesaranno esposti sugli scaffali raggiungibili da tutti lettoridella biblioteca. Ci sentiamo onorati da questo lorogiudizio e ci dà un'enorme soddisfazione. Dato che gliUngheresi - al contrario degli Italiani - leggono eleggono molto, i nostri volumi non correranno il rischiodi essere coperti di polvere in uno scaffale dellabiblioteca, anche perché ci sono tanti italianisti [...]nonché studenti d'italiano che per le loro ricerche, pergli studi, per esercitarsi e migliorare la loro capacità dileggere in italiano, certamente li sfoglieranno... Cosìabbiamo trasmesso alcuni dei rimanenti volumi delleantologie e dei quaderni letterari editi nel passato erecentemente. Così è già stata inviata l'antologiadell'Unico Grande Concorso <strong>Osservatorio</strong> 2000"intitolata "Poesie & Racconti" e l'antologia "Almanach'97". Questi volumi saranno seguiti fra brevedall'antologia "Almanach 2000" e dal volume del PremioJanus Pannonius - è in corso di preparazione - daiquaderni letterari in corso di realizzazione i qualiassieme ai fascicoli della nostra rivista saranno in felicecompagnia...Qui colgo anche l'occasione per ringraziare l'OSZK peril loro interessamento, per la loro alta considerazionedella nostra attività esprimendo la speranza che questanostra collaborazione possa durare a lungo e siafruttuosa per entrambe le parti! [...] Con la Dr.ssaGabriella Németh [N.d.R. l'italianista e referenteitaliano] l'estate scorsa ho anche avuto l'opportunità diavere un incontro sia in veste ufficiale che in privato,l'occasione ottima per stringere i rapporti più stretti tral'ente ungherese e la nostra Redazione.La Biblioteca Nazionale Ungherese ha il compito dicurare la raccolta più completa possibile di tutti i tipi didocumenti attinenti la cultura ungherese. Svolge unaintensa attività di ricerca del suddetto materiale,nominato anche "hungaricum" a cui tutte le edizioniO.L.F.A appartengono. Ha, naturalmente, anche ilcompito di custodire il materiale già in suo possesso. Labiblioteca ha una notevole raccolta anche di operestraniere in particolare di umanistica e dibiblioteconomia. La raccolta di oltre 10 milioni di unitàdocumentarie è disponibile ai visitatori e studiosi,ungheresi e non, presso le sale di lettura e diconsultazione. Devo sottolineare che fanno parte al"hungaricum" anche i volumi dell'Edizione O.L.F.A. cheriguardano solo la letteratura e cultura italiana.Considerando la composizione tipologica dei proprilettori, la Biblioteca Nazionale Széchenyi appartiene allacategoria delle istituzioni rappresentanti una culturaqualitativamente alta, o propriamente chiamata d'elite.Un motivo è che diversamente da altre bibliotechenazionali, offre la possibilità di lettura in loco e nonopera come biblioteca circolante o in prestito. L'altromotivo è la paculiarità di laboratorio di ricerca. Labiblioteca nel 1998 contava 26.927 lettori, il numeromedio giornaliero fu nello stesso anno di 759 lettori.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 15


Sottolineo che noi non siamo grandi editori, nonsiamo neanche presenti sul mercato perché siamoimprenditori editoriali non-profit. I nostri volumi hannoun preciso scopo divulgativo: dare voce ai piccoli,emergenti, sconosciuti cantori e narratori sfidando lapolitica e la critica ufficiale dei soliti noti per lasciare inquesto modo una piccola traccia... E questo per noi oraè sufficiente, con la nostra convinzione di aver dato unpiccolo contributo alla cultura, alla letteratura;continuiamo a sperare che, seguendo l'esempioungherese, un giorno ce ne accorgeranno - come hafatto l'OSZK - anche altri Enti, altri personaggicompetenti che potranno darci la spinta per portaravanti il nostro impegno. E già per questo ne vale lapena: non lavoriamo per niente. In Ungheria abbiamogià una speranza in più: qui ci hanno già letto i testidegli Autori dell'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>! E li leggerannoancora!...Vi devo dare alcune notizie riguardanti ai nostriconcorsi e premi letterari. Entro il 25 Luglio scorso èstata recapitata a tutti gli interessati l'antologia "Poesie& Racconti.Infine è in corso di redazione la quarta antologia delPremio <strong>Letterario</strong> Internazionale Janus Pannonius [...].Inoltre stiamo preparando anche i quaderni letterariautonomi. Tutti questi impegni comportano un po' ditempo: non soltanto a causa dello scarso numero dipersonale della Redazione, ma anche degli impegnidella copisteria e legatoria.La redazione ha inoltre notevoli impegni redazionalied editoriali quindi Vi chiediamo un po' di comprensioneper un eventuale slittamento delle consegne dei premie dei volumi richiesti.Certi della Vs. tolleranza Vi saluto affettuosamenteaugurandoVi Buon Natale, Buon <strong>Anno</strong>, Buon NuovoSecolo, Buon Nuovo Millennio.Arrivederci quindi nel XXI secolo che spero saràmigliore per tutti di questo appena passato!per il nostro piccolo periodico non è indifferente, anzi!Abbiamo instaurato due notevoli, reciproci rapporticulturali con istituzioni ungheresi: l'OSZK - OrszágosSzéchenyi Könyvtár (Biblioteca Nazionale Széchenyi diBudapest) - come già sapete , la più grande bibliotecaed archivio d'Ungheria - e con la MEK - MagyarElektronikus Könyvtár (Biblioteca ElettronicaUngherese). Nello scorso mese di luglio - come ho giàscritto anche nell'editoriale del numero doppio 17/18della nostra rivista - è nata ufficialmente lacollaborazione reciproca tra l'OSZK e l'<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong> con l'invio del fascicolo n. 13/14 della rivistae di alcune edizioni O.L.F.A. A partire da quel momentola nostra redazione continua a trasmettere, su esplicitarichiesta ufficiale della Direzione, i fascicoli successividella rivista e anche quelli arretrati dell'<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong> - ed i volumi delle altre nostre edizioni...L'altro rapporto culturale è nato nel mese di dicembredell'anno scorso: la collaborazione con la MEK. Questabiblioteca elettronica ungherese s'interessaparticolarmente delle opere letterarie ungheresi scrittedagli ungheresi in lingua straniera o pubblicateall'estero in ungherese, oppure opere riguardanti laletteratura, in generale la cultura ungherese, scritte inqualsiasi lingua straniera sia da ungheresi che dastranieri con lo scopo di divulgarle in tutto il mondotramite Internet. Oltre le nostre pagine elettronicheabbiamo così altre possibilità in più per farci conoscere.Altri rapporti culturali da instaurare sono in corso con laBiblioteca Comunale e con la Scuola Superiore diVobarno (Bs).Siamo presenti anche in varie altre biblioteche opresso altri enti sia all'estero che in Italia... Ed ecco unaltro successo professionale che è anche un successodella rivista come prodotto editoriale: la mia iscrizioneall'Ordine Nazionale dei Giornalisti Italiani presso lasezione regionale di Bologna. Senza questa rivista avreidovuto aspettare un miracolo o la fortuna che un giornouna redazione mi assumesse per poter esercitarequesta professione e poter domandare la mia iscrizioneall'Albo. Qui colgo l'occasione per ringraziare di cuore ilDr. Angelo Giubelli che tre anni fa ha accettato il ruolodi Direttore responsabile dell'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>.Senza di lui non avrei mai potuto avviare le pratiche diregistrazione di questo periodico al Tribunale di Ferrara,non avrei potuto documentare le mie pubblicazionicome prove dell'esercizio della professione digiornalista. Oltre all'invio dei fascicoli contenenti i mieipezzi giornalistici, egli ha testimoniato con dichiarazioneufficiale la mia attività professionale. Lo ringrazio dicuore per aver creduto in me e nelle mie capacità, nelvalore qualitativo di questa testata. Lo ringrazio [...] perla disponibilità a continuare a rimanere in questo ruolo!Il fatto di essere diventata ufficialmente, a pieno titolo,giornalista italiana, lo considero anche come unavalutazione qualitativa dell'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>: senon valesse, non sarebbe stato considerato dal CollegioRegionale dell'Ordine ed io non avrei in mano la tesseraufficiale dei giornalisti!...Sono piena di fiducia nonostante le mille difficoltà chesi presentano nel gestire un'impresa editoriale egiornalistica. Ho tanti progetti nel cassetto da realizzarea partire da questo nostro nuovo secolo...A<strong>NN</strong>O V <strong>NN</strong>. 19/20 Marzo/Giugno 2001Prima di tutto vorrei dare uncaloroso benvenuto a tutti Voi: ainuovi e ai "vecchi" fedeliabbonati! L'aggettivo "vecchio"non si riferisce all'età anagrafica,ma al periodo della sottoscrizionedell'abbonamento. Abbiamo chiusoil secolo scorso, il travagliatoNovecento ed apriamo consperanza il XXI, con l'edizionedella quarta antologia del "Premio<strong>Letterario</strong> Internazionale Janus Pannonius", l'edizionedel 2000, l'anno giubilare. Riprendo in parte le mieriflessioni già espresse nella "Prefazione" dell'antologia -che in realtà è stata la bozza di quest'editoriale - percondividere con i nostri Lettori ed Autori che inmaggioranza [...] non possiedono il volume.Vi confesso, scrivendo queste righe mi emoziono.Anche perché la nostra rivista è nata negli ultimi annidel XX secolo, esattamente nell'anno 1997. Posso direche in questi brevi tre anni abbiamo fatto dei passi dagigante di cui possiamo veramente essere orgogliosisenza alcuna presunzione:Abbiamo ottenuto alte considerazioni, riconoscimentiufficiali da vari enti e personaggi competenti: e questo16OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Nuovo secolo, nuovo millennio... E questo fatto micostringe a riflettere ancora con una maggioreintensità.Che cosa ci aspetta nel nuovo millennio? Quale sarà ilruolo della cultura?Numerosi scienziati ed artisti s'interrogano sulla sortedella cultura nel terzo millennio. Si formulano ledomande: L'uomo del futuro sarà oppure non saràcolto? Si avrà bisogno della cultura? Che cosa s'intendeper cultura?...La cultura è l'insieme dei beni materiali ed intellettualiprodotti da un gruppo di persone, comprese tutte lesue espressioni nella vita quotidiana. Quando sipronuncia la parola 'cultura' immediatamente ci viene inmente una serie di categorie che appartengono adessa: letteratura, musica, architettura, pittura, varieforme dell'arte, tutte le opere create dall'uomo di ieri edi oggi, l'istruzione, le religioni, le abitudini sociali, letradizioni e così via. Essa significa anche l'esigenzadell'umanità del bello e del piacevole e la soddisfazionepratica di queste esigenze che sono ereditate dai nostriantenati.Si sente dire che la grande sfida della cultura dei nostrigiorni è la globalizzazione. Lo sviluppo esplosivo dellatecnologia informatica e delle telecomunicazioni haallargato i confini delle comunicazioni, così la diffusionedelle informazioni è superveloce in tutto il mondo. Siconstata che di conseguenza accanto alle culture localin'è apparsa una determinata dalla pubblicità e dallamoda che è diventata presto cultura di massa,comportando la spiacevole conseguenza che la granparte delle nuove generazioni non conosce nemmeno ivalori di quella tradizionale, cioè quella diffusaantecedentemente ai fenomeni di globalizzazione dimassa, e quei valori che vengono chiamaticomunemente anche cultura d'èlite.La televisione di stato e quelle commerciali hanno lamaggiore responsabilità nel processo di separazione tracultura di massa e cultura d'èlite. La Tv potrebbe essereun ottimo strumento di presentazione e divulgazionedei valori culturali nazionali al pubblico. Ma purtropponon è così: "programmi spazzatura" "vomitano"soprattutto porcherie ricolme di violenza in tutte le sueforme e liberalizzano la divulgazione della bassa culturadi massa.Ma la globalizzazione e lo sviluppo tecnologicopossono essere utilizzati anche a favore della cultura. Icomputer ed i CD-ROM multimediali oltre chenell'istruzione possono essere utilizzati in tutti i settoridella divulgazione scientifica e culturale.Non dobbiamo nasconderci però che anche glistrumenti audiovisivi ed Internet oltre che utili possonoessere dannosi per gli utenti: Anche in Internet si puòtrovare della "spazzatura". Tali pericoli esistonopurtroppo ovunque, ma si può evitarli utilizzando questinuovi strumenti con la dovuta cautela e coscienza, cosìlo sviluppo non andrà a discapito, ma a vantaggio dellacultura. Devono essere sviluppati e divulgati deimessaggi che elevino e non facciano regredire il mododi pensare. Tutto questo si otterrà con la realizzazionedi prodotti di alta qualità offrendo ampia possibilità dilibera scelta. Se l'offerta metterà a disposizionesoprattutto prodotti di alta qualità, sempre menopersone opteranno per quelli mediocri o scadenti. Cosìanche il gusto culturale della massa potrà esseresollevato e non appiattito. Oggi, purtroppo, possiamoconstatare che i valori sono deformati. Il mondo in cuiviviamo è dominato dal profitto e dal mercato, tuttivogliono accaparrarsi le posizioni migliori. La gente vivein una gara spietata ed in questa lotta cambianototalmente i criteri di valutazione che si perdono diversielementi del nostro essere umano. La gente èimpaziente, non conosce la tolleranza. Come sevivessimo in una nuova torre di Babele: l'umanità d'oggiè costituita da una massa di persone che non sicapiscono tra di loro ed è quindi sempre meno capacedi capire le scienze e la cultura. Le conseguenzedell'orientamento al profitto sono evidenti anche nellefonti della cultura: sono sempre in maggior numero glieditori, teatri, studi che puntano principalmente alraggiungimento dei superprofitti e per questo scopoproducono dei libri e degli spettacoli commerciali chenon offrono divertimento di lunga durata, nontrasmettono valori, ma al contrario, sono più facilmentedigeribili, più velocemente vendibili pertanto portanoprofitti maggiori. In questo modo la cultura si èspezzata in due: la cultura d'èlite che garantisce effettie sensazioni di lunga durata e la cultura di massa, checonquista sempre maggiore spazio, spessoesclusivamente con scopo di lucro, di scarsa o semprepiù bassa qualità. La massa è più interessata agli showluccicanti privi di umorismo ma pieni d'idiozia, alle starfamose, alle soap-opere, e così via. Nel mondo dei librisoltanto una fascia sempre più esigua di persone cerca ilibri di qualità rispetto alla letteratura mediocre o dipura evasione, pertanto l'edizione dei primi è incontinuo calo...Purtroppo è il mercato a pilotare le arti, perché riesce asopravvivere soltanto quell'artista, scrittore, scienziatoetc., che dispone di una fonte finanziaria. Quindi lacultura viene suggestionata dal mercato ed il mercato ècontrollato sempre più da gruppi ristretti. Così il futurodella cultura è concentrato nelle mani di pochepersone...Non è facile affatto dare delle "ricette" adatte asalvaguardare la vera cultura. Il problema è piùcomplesso di quanto si possa pensare. Per fortuna ilTerzo Millennio inizierà con fonti culturali ancora moltovarie ed avremo un compito importantissimo: quello dirispondere correttamente ai richiami, sfidare le"produzioni spazzatura", le basse esigenze culturali,risollevare il gusto medio della gente dalla mediocrità incui si sta affondando, impegnarci per la conoscenza eper la conservazione delle tradizioni locali e nazionali efare in modo che i valori oggi appartenenti alla culturad'èlite siano accessibili a tutti con un utilizzoragionevole delle nuove tecniche...Comunque, ogni membro delle società deve essereconsapevole del fatto di non essere soltanto una ruotanel meccanismo del mercato capitalista, che la vita nonè solamente una competizione, ci dobbiamo rendereconto di essere anime sensibili, bisognose di unavisione del mondo sana, di valori reali e della veracultura. L'arma più efficace in questo senso èl'istruzione che è il mezzo con cui tutti possonoaccogliere le nuove conoscenze ed i valori. Per tuttoquesto è necessaria una riforma radicale dell'interosistema scolastico. Attualmente nell'istruzione pubblicaOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 17


mancano tante cose tra cui l'educazione politica esociale, e l'educazione estetica. Quest'ultima senz'altrofavorirebbe l'apprendimento di una nuova scala divalori, e così si creerebbe un approccio critico neiconfronti della cultura di massa. Delle prime due si habisogno per capire la democrazia in cui si vive, affinchési possa sfruttarla a fondo evitando che qualsiasi cosapossa spezzare la libertà intellettuale, morale edartistica degli individui...Infine termino quest'editoriale con le paroledell'ungherese László Paskai - cardinale, primate,arcivescovo di Esztergom e di Budapest - che haespresso questo pensiero nell'intervista fatta daigiornalisti del quotidiano "Magyar Nemzet",estendendolo a tutti i popoli del nostro Globo:"...Possiamo chiudere questo millennio con la speranzanel futuro. So molto bene che anche il XXI secolo ciriserverà tante lotte e vicissitudini della vita. Ho fiduciache la speranza, l'elevatezza spirituale, l'aspirazione allabontà morale, che la maggioranza del nostro popolopossiede, saranno perenni e costruirà la storia del XXIsecolo positivamente ..." [...]EDITORIALE A<strong>NN</strong>O V/VI <strong>NN</strong>. 23/24 Nov./Febb. 2001/2002Scrivo queste righe col cuore ingola. Avrei voluto parlare dellebelle esperienze estive, dei nostrisogni, dei progetti editoriali, deisuccessi e consensi da noi ottenutie così via… Devo però rimandare iltutto al nostro prossimo appuntamento…All'inizio d'estate, quando nelmese di luglio ci siamo lasciati congli auguri di buone e meritate ferie, nessuno avrebbepotuto prevedere una così tremenda svolta nella nostraquotidianità, nella nostra storia. Oltre al dolore per laperdita del grande giornalista Indro Montanelli, giorniterribili stiamo vivendo per l'efferato attacco terroristicosferrato contro gli Stati Uniti d'America. Ora nonsappiamo cosa succederà, cosa l'umanità dovràattendersi… L‘augurio è che quando leggerete questarivista l‘incubo che ora stiamo vivendo sia passato etutto possa essersi positivamente risolto senza il noverodi ulteriori vittime. Questo barbaro atto terroristico miha colpito particolarmente perché nove anni fa, nel1992, anch'io ero stata a New York in visita sulle TorriGemelle con i colleghi della Corale Accademia«Veneziani» di Ferrara e con la mia famigliola… Unatragedia così grande colpisce l'animo già in quanto tale,si immagini quanto più la si avverta sentendoci inqualche modo legati a quel luogo che parte integranteera dei tanti bei ricordi regalatici dagli 11 giorni ditournée statunitense...È un incubo già raccontato. Le scene del disastro - sidice e legge - sono già descritte da Tom Clancy eriportiamo dal sito del Corriere della Sera:«Chi non ha detto "sembra un film"? O "comeromanzo di fantascienza"? Alcune fra le trame piùfantapolitiche della letteratura americanacontemporanea si stanno incredibilmente realizzando.La scena di un jet che si schianta sulla seconda torredel World Trade center sembra un capitolo di unromanzo di Tom Clancy. E c'è già chi ipotizza - comel'autorevole agenzia brasiliana Estado - che i libripubblicati negli scorsi anni dallo scrittore statunitensepossano aver ispirato i terroristi. I punti in comune sonodiversi. L'uso di velivoli di linea usati come armi controedifici, ad esempio, è descritto nel libro "Debitod'Onore", del 1994. Una nuova guerra tra Usa eGiappone culmina col sequestro di un Boeing 747 dellaJapan Airlines. Il pilota riesce a simulare problemitecnici e a cambiare rotta, per poi schiantarsi, senzapasseggeri, sulla Casa Bianca.Il lancio di attacchi simultanei contro obiettivi in variecittà nordamericane è descritto invece nel libro "Potereesecutivo", edito in italiano da Rizzoli. Un nuovo,minaccioso ayatollah ordisce con altre potenze un vastocomplotto che fa esplodere la polveriera mediorientale,inviando bombole spray contenenti il virus di Ebola invarie città statunitensi. Il virus provoca migliaia di mortiancora prima che le autorità si rendano conto di cosastia succedendo. La risposta degli Stati Uniti ètremenda: lancia un missile caricato con un'ogivanucleare sulla città iraniana dove è stato organizzatol'attentato.Tom Clancy, i cui libri sono diventati best-sellermondiali, viene regolarmente consultato dagli espertiinternazionali di strategia navale e dalla Cia; i suoi librisono studiati presso i War College statunitensi. Clancysi muove a suo agio nella "Great Chain", la GrandeCatena formata dalla rete di ufficiali del Pentagono,agenti della Cia, militari e imprenditori.Nella presentazione, in quarta di copertina, di "Potereesecutivo", ecco come viene delineata la terribile crisipolitica che vivono gli Stati Uniti sotto lo scacco delterrorismo: "Il pericolo per l'America, sembra direquesta volta l'autore, non viene dall'esterno maincombe vicino: nell'impreparazione dello stato alterrorismo, nella corruzione, nell'inettitudine dellaburocrazia, nel cinismo dell'establishment".»«Siamo sull'orlo di una guerra…» hanno titolato lepagine dei quotidiani di tutto il mondo subito dopo leconseguenti decisioni prese dagli Stati Uniti. Ed unalettrice ha chiesto: «Man mano che passano i giorni e ciallontaniamo da quel terribile 11 settembre dentro dime cresce un dubbio: siamo proprio sicuri che larisposta migliore all'attentato alle torri gemelle e alPentagono sia quella militare? Sì, d'accordo: "giustiziainfinita". Ma le bombe non hanno mai risolto nulla. Esiamo proprio certi che, in uno scontro tra quel mondoe l'Occidente , sarebbe quest'ultimo a prevalere?»Non ha dunque la storia insegnato abbastanzaall'intera umanità di questo Globo? Perché tutto questoodio? Perché la guerra? Perché così tanta violenza?Purtroppo odio, violenza, dispetto… ci attornianoanche nel nostro microcosmo. Basti solo pensare acome, ad esempio, l'odio o l'intolleranza prendano ilsopravvento quando a causa di involontari errori umanitaluni aggrediscono ingiustamente altre persone, speciequelle che cercano di dare il loro meglio al prossimo.Rimanendo nel nostro ambiente letterario, quanti frapoeti e scrittori o che tali credono di essere, privi diqualsiasi umiltà, in preda a capricci se non addiritturapazzia, per presunzioni d'artista e d'infallibilitàaggrediscono ed offendono gratuitamente il prossimo?Tutto questo si verifica perché manca nella loro animal'amore e l'affetto per gli altri e solo coltivano il rancore.18OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Se l'umanità non fosse guidata da sentimenti negativi -già a partire dalle piccole discordie personali quotidiane- si potrebbero anche evitare le varie tragedie di piccolee grandi guerre!… Quante opere positive e di bene sipotrebbero realizzare con tutte le energie dedicate adalimentare l'odio!… Invece di usare la violenza sidovrebbe intraprendere pacificamente la strada dellariflessione e del dialogo.Dice Rocco Buttiglione, filosofo molto amato dalVaticano: «Abbiamo provato a imboccare la strada dellasoluzione pacifica, ma se l'Afganistan non consegna gliautori dell'attentato questo rende impossibile faregiustizia senza andarseli a prendere. È chiaro chenessuno inizia operazioni militari a cuor leggero, noisiamo preoccupati per le possibili vittime,(…) ma gliitaliani devono sapere che la guerra non l'abbiamoiniziata noi e questi colpiranno finché non li avremosradicati.» Alla domanda se questa guerra sia giustacosì risponde: «Sì, per quanto possa essere giustaun'azione umana visto che ogni guerra è mescolata conmolte ingiustizie: per questo cerchiamo comunque dievitarla. Ma quando, come in questo caso, si tratta didifendere la vita dei propri cittadini, di impedire che imassacri continuino, la guerra è giusta (…).»Il 2 aprile 1999 nella sua rubrica "La Stanza diMontanelli" il giornalista così rispose ad un lettore aproposito della guerra: «I francesi - come tutti gli altripopoli occidentali - non volevano "morire per la Ruhr,quando Hitler la rioccupò con la forza (…). Poicominciarono a circolare le notizie della scomparsa dicircolazione, in Germania, degli ebrei (…). Poi nonvollero "morire per i Sudeti". (…) Poi non vollero morirenemmeno per la sua capitale, Praga. Infine ridisceseroin piazza perché non volevano "morire per Danzica".Quel grido, che risuonava per tutta Europa, forseavrebbe sopraffatto le deflagrazioni delle bombe, sequeste non avessero cominciato a piovere anche suVarsavia, costringendo anche i pacifisti più coriacei ariconoscere che, anche se non esistono (…) guerregiuste o guerre sante, esistono però guerre necessarie,come lo è l'amputazione di un arto quando è invasodalla cancrena.»…In momenti come questo la diplomazia della culturaè indubbiamente in movimento. Perché si sente non daoggi, e troppo spesso inascoltata, in prima linea perdire parole non solo di comprensione ma soprattutto disevero monito e di speranza in questi tragici giorni.L'Associazione Lerici-Pea aveva da tempo invitato ipoeti a Villa Marigola di Lerici, per parlare della pacificaintegrazione nel Mediterraneo e si sono ritrovaticoscienza critica di una umanità smarrita. L'amicizia traun poeta israeliano e un poeta sirio-libanese, traNathan Zac, candidato al Nobel, e Adonis, delegatopermanente aggiunto della Lega Araba all'Unesco,doveva essere un esempio da mostrare ai popoli delMediterraneo e del Medio Oriente, ma ha assunto —per via degli eventi — rilievo planetario. E con loro èarrivato Ives Bonnefoy - scrittore, poeta, storico dellaletteratura, storico dell'arte e traduttore letterariofrancese -, premio quest'anno del Lerici-Pea all'operapoetica, una delle voci più importanti del panoramaletterario del ventesimo secolo, come erede di PaulValéry così si è espresso: «…è un accecamento che cipuò portare al disastro, alla fine del mondo,letteralmente…»In altro luogo, lo scrittore egiziano autore della«Trilogia del Cairo» Naghib Mahfuz che nel 1988ricevette il Premio Nobel per la letteratura, in base allasua personale esperienza ha esortato a fare attenzionea non saldare i fondamentalisti con le vaste correnti deldisagio che ci sono nei Paesi arabi, suggerendo dirispondere all'attentato di Manhattan aiutando il suomondo a fare prevalere le persone ragionevoli: egli il 14ottobre 1994, rimase vittima di un gruppo di fanaticiislamici che tentò di assassinarlo, ferendologravemente. Non lo si può sospettare di indulgenza neiconfronti di chi lo ha costretto a vivere da allora con unbraccio completamente paralizzato…Una delle massime autorità del giornalismofrancese, Eric Rouleau, ci avverte di non demonizzareun uomo solamente dicendo: «ci sono in giro migliaia diBin Laden. Israele ne ha fatto l'esperienza» - ci ricordadal momento che tanti seguaci del gruppo Hamas sonostati uccisi senza che tale movimento fosse fiaccato ecessasse di fare attentati, anzi…Nel corso dei tre giorni del Festival della filosofia diModena dedicato alla felicità e conclusosi il 23settembre scorso, pensatori e teologi si sono interrogatisul momento di grande pericolo in corso. Il fatto che ilmondo stia attraversando un momento in cui la felicità,persino l'aspirazione ad essa sembrano essere arischio, ha reso il dibattito più vivo e attuale che mai. Ipensatori intervenuti durante queste tre giornatefilosofiche hanno proposto numerosi spunti diriflessione.«Siamo in un momento di grande pericolo, unmomento di saturazione nel quale i popoli non sannoresistere, nel quale può scatenarsi una pazzia collettiva.Per questo servono serenità e coraggio». Così RaimonPanikkar, professore emerito all'Università dellaCalifornia, filosofo e teologo, ha commentato lasituazione attuale.«Non esistono guerre in grado di porre fine a tutte leguerre - ha detto - come invece si sostiene quasisempre per giustificare un conflitto sul punto didivampare. Così come nessuna vittoria porta mai allapace. Basti pensare che finora la storia ha prodottooltre 8.000 trattati di pace, con che risultati? Quel cheserve è una non guerra, un cambiamento di civiltà»…Però - mentre ci impegniamo con la redazione di questofascicolo già da alcune settimane gli USA stannobombardando l'Afghanistan…Vi presento questo numero della nostra rivista colcuore pesante. È mia speranza che, quando lasfoglierete, la crisi mondiale abbia trovato la giustastrada per orientarsi nel migliore dei modi verso unaragionevole via d'uscita. Mia speranza è anche cheleggerla vi procuri quel minimo di serenità in grado didistogliervi anche per pochi attimi dall'incubo che gravasu di noi. Nel salutarVi formulo ad ognuno di Voi imigliori auguri per un sereno Natale, il primo del nostronuovo secolo e millennio, un Natale la cui stella cometasi spera possa definitivamente indicare la strada dellapace ed illuminare le menti perché si accantoni l'odioe si apra i cuori all'amore verso il prossimo.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 19


EDITORIALE A<strong>NN</strong>O VI <strong>NN</strong>. 25/26 Marz.-Giu. 2002Eccoci di nuovo insieme in questo mondo pieno difragore: oltre ai vari problemi di inquinamentoambientale da cui siamo purtroppoafflitti rischiamo di essere anchemenomati dall'alto inquinamentoacustico di fragorosi litigiprovenienti da ogni dove… Udiamoda una parte urla di vario tipo,giuste od ingiuste, accompagnateovunque tanto in pubblico che inprivato da rabbia, dispetto,sgomento, mancanza di rispettoper gli altri.Dall'altra, a rappresentare un muro insuperabile, visono orecchie rese sorde dall'indifferenza e dalladisattenzione per il prossimo… Fra le urla corrono tuttiaffannosamente, spintonando, travolgendo ecalpestando gli altri, particolarmente i più deboli emeno fortunati. Non si ha mai un po' di tempo perfermarsi a scambiare pensieri profondi ed amorevoli, aprevalere sono le false apparenze e la superficialitàdegli umani rapporti…. C'è spazio solo per il «bla, bla,bla» di vuoti discorsi farciti di tante volgarità. «Cosìfan…» - quasi - «…tutti»… In questo paese che è oradivenuto anche il mio, nella mia patria d'origine,ovunque in questo nostro mondo regna ormai in modoinsopportabile il fragore, ai più alti livelli diinquinamento e sempre più caotico in tutte le sfere delnostro vivere quotidiano. Non rimane che fuggirequesto fragore restando dietro le quinte – epossibilmente anche più dietro – andando controcorrente, evitando di mischiarsi con la farina del mulinopur se il seguire questo percorso è molto più faticoso.Dietro le quinte, attraverso le nostre pagine, in punta dipiedi ma – almeno ce lo auguriamo – con efficacia,divulghiamo i nostri pensieri, i nostri ideali, i nostrisogni, le nostre speranze o delusioni, i nostri messaggi.L'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> con i suoi collaboratoricontinua a scrivere perché ha sempre qualcosa da dire,perché come anche Francis Scott Fitzerald sosteneva«non si scrive perché si vuol dire qualcosa: si scriveperché si ha qualcosa da dire»! Le penne dellevariopinte idee della grande famiglia dell'<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong> sono state impugnate per lasciare ulteriorinuove tracce nell'intento di continuare a costituiremotivo di riflessione per gli altri scritti. Mi si permetta diricordare le parole di Thomas Mann e Joseph Conrad…Diceva il primo: «La felicità di chi scrive è il pensieroche riesce a diventare sentimento, è il sentimento cheriesce a diventare pensiero». E così si esprimevaConrad: «Il compito che mi spetta e che cerco diassolvere è di riuscire, col potere della parola scritta, afarvi udire, a farvi sentire… di riuscire, soprattutto, afarvi vedere.» Ed in nome dell'Arte, della Letteratura,della Bellezza noi cerchiamo di combattere, perché ènecessario farlo contro le molte specie di violenza,contro le immagini dei linguaggi ipertestuali, contro leraffigurazioni dei sistemi virtuali della comunicazione. Èassolutamente necessaria un'educazione estetica checonsenta al nostro sguardo, al nostro udito, al nostrospirito di poter cogliere l'attimo in cui i nostri sensi silasciano incantare dalla bellezza della tradizione perrinnovarla nell'attualità del presente. E qui ribadiscoquanto ho detto nella presentazione del libro intitolato«La realtà sospesa» del ns. Autore, Marco Vaccari, del29 gennaio scorso alla Biblioteca Comunale Ariostea diFerrara nella quale ho fatto riferimento alle varieaffermazioni delle sue novelle sottolineando i fenomenisgradevoli del nostro poco attraente mondo in cui sidivulga - particolarmente tra i giovani - la volgarità,l'impoverimento di un linguaggio peraltro arricchito dibestemmie e sgrammaticature, per mancanza distimolo e voglia di leggere buona letteratura chearricchirebbe notevolmente il lessico individuale.L'odierna mentalità e mancanza di buona cultura èdenotata dall'attaccamento alle solite melense e vacue«situationcomedy» interrotte da valanghe di pubblicitàtelevisiva - o dalla lettura dei tristi libri della serie«Harmony» e simili. Anche nella realtà, come in unanovella del succitato Vaccari, l'interiore malattiaspirituale di tante persone è diagnosticabile come una«forma perniciosa di aridità dello spirito, causato dallamancanza di buone letture»… Una lezione deve trarsiponendo attenzione alle parole della frase finale del suoracconto intitolato «Bellezza»: «la bellezza, la luce degliocchi e del viso derivano dalla luce dello spirito!» N.B.:mi permetto qui di ricordare l'editoriale del N. 0. 1997della nostra rivista.Dallo scorso numero non faccio che riflettere,ragionare e cercare risposta alle tantissime domandeche varie situazioni del mondo che ci circonda fanno inme scaturire mentre riordino i miei appunti giornalisticid'un tempo… Ecco alcuni pensieri che sono purtroppoancora attuali: Quali speranze e quali paure nutronol'immaginario dei poeti, dei narratori, degli uomini dipensiero? Perché si percepisce una grandeincertezza?… Registrate nei miei appunti, mi balzano aproposito davanti agli occhi alcune affermazionicontenute nella relazione intitolata «I lumi spenti: igiovani tra irrazionalismo e nuove mistiche» del giovanescrittore Enrico Brizzi pronunciate tre anni fa alConvegno <strong>Letterario</strong> Internazionale di Ferrara«L'Immaginario Contemporaneo» (21-23 maggio1999): ―La grande incertezza dei tempi attuali parerisolversi in una diffusa isteria autoalimentata datensioni sociali e da una capillare mancanza diconsapevolezza… L'importante è rendersi conto di comesiamo quotidianamente visitati e contagiati da forme didisagio che vanno dall'atteggiamento gladiatario dimolti automobilisti alla mancanza di solidarietà neltessuto sociale. Siamo sospesi tra l'alienazione dasuperlavoro e l'auspicata mobilità lavorativaall'americana… Siamo sospesi tra i congedi al secolonichilista e i brindisi per un nuovo millennio… Siamosospesi tra le autoaffermazioni di potenza individuale(di cui le cattive profetesse della libertà sessuale sonosplendide corifee) e l'ospedalizzazione a domiciliotramite terapeuti, psicofarmaci e maghi d'ogni setta…Le madri sono le migliori amiche delle figlie, i padri deifigli. Le figlie sono madri delle loro stesse madriscombussolate. I figli sono padri dei padri disillusi efrustati che portano a casa pagnotta e travasi di bile…Per le strade girano silenziosi gli epigoni dei movimentigiovanili, gli scaltri teen-ager agghindati da fiera dellevanità, aggressivi e alienati un tanto al kilo, e non misembra che le massaie al supermercato abbiano unaluce felice negli occhi. C'è sospetto. C'è tensione.20OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Ognuno contribuisce all'infelicità altrui. Intanto i cervellimigliori della mia generazione, assorbite le sbornie e lealbe in riva al mare, si perdono nei cinema e davantiagli schermi baluginanti dei computer. Nelle strade enei parchi non c'è più nessuno. Le piazze sono desertiin mano a guardie e ladri. Si esce la sera solo perincontrare qualcuno di prestabilito. La paura e laviolenza ci sono compagne tutti i giorni, e quandodobbiamo pescare la carta degli imprevisti già cifasciamo la testa in attesa di brutte news. La cattivastampa faccia il suo mea culpa, please. L'allarmismo cista portando alla paranoia.… Cinquant'anni fa sipensava alla vita come a qualcosa di indiscutibilmentevero, non di realistico o plagiario come viene in mentedando retta a certa tivù o a determinati autori minoricosiddetti d'avanguardia. Ci si sbrana in attesa di unfuturo a sorpresa, ma quali sorprese ci allieterannoquando saremo a brandelli? Le alchimie, le profezie, ivaticini? Abbiamo bisogno di così tanta sicurezza, osiamo soltanto in attesa di una Grande Cosa Nuova, diun nuovo rigore e una nuova disciplina? Dietro l'angoloc'è una visione più umana o un nuovo fascismo? I sognigentili di Martin Heidegger o le peggio allucinazioni diGeorge Orwell? Nella fuga centrifuga di tutti noi c'èuna certezza sola: il positivismo è finito, la fiducia nellesorti progressive è svanita, i lumi della razionalità ingrado di gettare luce e mostrare inequivocabilmente lavia sono spenti per sempre…‖ Da queste parole e datante altre simili a maggio saranno trascorsi tre anni edio mi domando: è cambiato in positivo qualcosa daallora? Ho paura di rispondere… La risposta lasappiamo tutti… Continuerei ora la riflessione con leaffermazioni contenute nella relazione intitolata «Persoper sempre?» di Valentin Rasputin, sentite sempre alsuccitato convegno ed a tre anni di distanza ancoraattuali: «Il mondo odierno costituisce il crollo di tutte lesperanze che hanno portato conforto all'umanità nelpercorso della sua intera storia, di tutte le speranze chehanno stimolato le varie forme di attività di questaumanità, a partire da quella pratica per arrivare agliideali etici. Oggi questo crollo delle aspirazioni di tantegenerazioni è sempre più evidente sia in terra che incielo. È comodo per noi far finta di non sapere seviviamo già nello spazio della catastrofe o soltanto se cistiamo avvicinando ad esso… John Locke diceva untempo che è inutile parlare di moralità, quando si trattadello stato e della politica. A distanza di tre secoli,decine e centinaia di predicatori dichiarano che èugualmente privo di senso parlare di moralità, quandosi tratta di cultura. La cultura si è presentata sempre induplice aspetto , esprimendo il meglio con le formemigliori, la bellezza morale congiunta alla bellezzaartistica. Nell'attuale situazione, rinunciando all'essenzaspirituale della vita, essa ha perduto anche la possibilitàdi esprimersi attraverso la bellezza e l'armonia delleforme… Oggi la letteratura si muove piuttosto su unpiano orizzontale, con scopi venali, non esiste ilpeccato, non esiste la santità, non esiste né il bene né ilmale, il mondo è solo un mercato dove regna la leggedella domanda e dell'offerta. Oggi nella società èconsiderato etico ciò che piace alla maggioranza, inbase alla valutazione del mercato; la letteratura harinunciato alla sua missione di offrire al lettore il piacereestetico e spirituale ed è passata a titillare i sensi in unavisione materialistica del piacere. Il patto di neutralitàtra bene e male non poteva durare a lungo; il malepaga meglio e si comporta in modo più stimolante emeno noioso. Sant'Antonio lo aveva intuito sin dal IVsecolo, quando diceva: "Arriverà un tempo in cui tidiranno: sei pazzo, poiché non vuoi partecipare dellapazzia universale; ma noi ti ridurremo uguale a tutti glialtri". Poco prima di morire, il geniale Fellini riconobbeche il cinema contribuisce alla degradazione deicostumi, ma aveva paura di protestare per nonsembrare neoprogressista. Sono passati sedici secoli trala profezia di Sant'Antonio e la confessione di Fellini,ma la profezia negli ultimi trenta-quarant'anni si ècompiuta… Il mondo è impazzito e l'uomo inserito nellaquotidianità non sta nemmeno a pensare a quel che glisuccede intorno…» Rileggendo gli appunti diaffermazioni interessanti, che non perdono purtroppo laloro attualità, fatte sempre in quel congresso daStefano Zecchi cerco qui di farne un essenzialeriassunto: il nichilismo moderno non è la conseguenzadella tecnologia e dei suoi linguaggi, ma la causa. Inquesto secolo l'arte ha rinunciato all'espressione, aun'espressività fatta di simboli e di bellezza vivente.Le grandi avanguardie hanno teorizzato la fine di ognieccellenza comunicativa, hanno adeguato i proprilinguaggi a quelli tecnico-scientifici. Era inevitabile chedepotenziandosi il linguaggio espressivo dell'arte -basato sui principi dell'educazione estetica, che a lorovolta erano fondamento dell'eticità della convivenzacivile -, tutto il sistema comunicativo finisse per perdereprogressivamente la sua antica funzione di costruzioneumanistica dell'uomo. La crisi della comunicazioneartistica ha prodotto la crisi del dialogo del linguaggioche istituisce differenza e identità, che detiene laresponsabilità della descrizione e dell'interpretazione,che possiede eticità. La dissoluzione delle formeespressive dell'arte annulla i fondamenti dell'eticità;l'oblio o la derisione della bellezza rinnegano ogniesperienza di verità. Nel sistema di comunicazione dimassa c'è assenza di grandi opere. La tecnologia ed isuoi linguaggi hanno dato un colpo forse mortale alfondamento umanistico della nostra cultura. L'efficaciadi questi linguaggi è tanto più forte e diffusa quanto piùessi si emancipano dalla scrittura. I nuovi sistemicomunicativi, le tecnologie informatiche non trovano piùun punto di resistenza e di confronto nella tradizioneumanistica: ereditano e sviluppano la disgregazionedella cultura di questo secolo, nata daglisperimentalismi artistici, letterari, musicali delleavanguardie. La teorizzazione sempre più convinta eargomentata dell'antiumanesimo è, infine, trasformatain un ilare nichilismo che spettacolarizza tutto eomologa ogni cosa, in grado di assorbire ogni tentativodi opposizione facendolo proprio. Purtroppo viviamoimmersi nell'esteticità delle rappresentazioni, nelleapparenze belle e fuggevoli: la nostra esperienzaquotidiana è dominata da questa seduttiva esteticità,dal kitsch immaginario che inducono al consumo, allaleggerezza, a una dialogicità superficiale oinconsistente, che dissolvono ogni elemento disimbolicità dell'esistenza.Termino ora questa riflessione condotta attraverso leparole di alcuni esponenti della letteratura e dellacultura [...].OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 21


EDITORIALE VI <strong>NN</strong>. 27/28 Lu./Ago-Sett./Ott. 2002Nelle prime due settimane del maggio scorso ho avutoun'esperienza straordinaria - di cui potete leggere unsintetico resoconto nella rubrica «L'Eco & Riflessioniossia Forum Auctoris» in occasionedi una conferenza linguistica svoltain Ungheria. L'argomento era lalingua, la madrelingua ungherese.I temi congressuali, i forum e letavole rotonde l'hanno messa sottoriflettore da vari punti di vista, siparlava e discuteva delle questionilinguistiche, dal bi- eplurilinguismo, delle traduzioniletterarie e dei suoi problemi, dellessico, dei vocaboli, delle parole brutte e triviali,dell'importanza e della forza della madrelinguaungherese e che cosa significhi per gli Ungheresi dellamadrepatria e per gli Ungheresi dispersi in tutto ilmondo. Da qui mi viene una riflessione generica cheriguarda la lingua in generale.Che cosa è la lingua? È lo strumento dellacomunicazione grazie al quale analizziamo edoggettiviamo la nostra esperienza mediante simbolifonici, cioè mediante le parole. È uno strumentoindispensabile per soddisfare le più varie necessità dellavita: per mezzo della lingua non solo possiamoscambiarci informazioni pratiche, ma possiamo stabilirei rapporti sociali, ottenere dagli altri quello chevogliamo, esprimere le nostre emozioni, capire i nostristessi pensieri, conoscere idee e sentimenti di personelontane nel tempo e nello spazio… La lingua ciaccompagna in tutte le attività ed in tutti i pensieri, conessa noi descriviamo tutto quello che ci si presenta.Possiamo dire che la lingua è come uno specchio cheriflette tutto quello che facciamo e pensiamo tuttoquello che hanno fatto e pensato gli uomini delpassato; quindi, la lingua è lo specchio della vita: perciòosservandola possiamo conoscere meglio le nostreabitudini e l'organizzazione della nostra società, lanostra civiltà e la nostra storia; e, attraverso confronti,possiamo conoscere anche l'organizzazione sociale, laciviltà e la storia degli altri popoli. La lingua è, quindi,nient'altro che il mezzo del pensiero, dell'espressione,una realtà obiettiva con valore sociale. La lingua è laparte indispensabile della civiltà, della nostra cultura,della cultura della nazione a cui essa appartiene. Èmolto importante curarla ed usarla con civiltà senzaimbottirla con parole triviali… Non è indifferente il mododel parlare. Il grande poeta magiaro, nonchériformatore linguistico Ferenc Kazinczy (1759-1831)scrisse: ―Parla e dico chi sei. - Fermati! Ti conoscoperfettamente!…‖ È vero, con la bocca sporca - volgare- non si può avere l'anima nobile. Chi usa delleespressioni triviali non può sentire e percepirel'atmosfera ed i sentimenti delle parole e delleespressioni, non può conoscere l'anima delle parole ecosì non può penetrare al fondo dello spirito umano. Lavolgarità linguistica è equivalente alla volgaritàspirituale. La cultura, la civiltà linguistica è uguale allaciviltà, alla cultura del comportamento degli esseriumani. Il culto della lingua, la sua protezione èimportante per i contatti umani, per lo scambio deipensieri e per la divulgazione della cultura nazionale. Lalingua è la portatrice della cultura di una nazione.Ricordatevi delle parole di Buffon: «Lo stile è l'uomostesso»!…Chi parla è pronto a sacrificare al bisogno diesprimere i suoi sentimenti, la purezza della lingua,accettando espressioni banali, ma efficaci e spontanee,al posto di altre più nobili e magari più esatte, che lì perlì non sono a sua disposizione o che contribuirebberoad allontanarlo dai suoi uditori. Dato che è condizioneessenziale l'essere immediatamente compreso, il lessicosarà limitato, perché bisogna restringersi a parole che sisanno a portata di tutti. Perciò, secondo i casi, vinoteranno dei notevoli sbalzi fra un'espressione urbana,accolta senz'altro dalla lingua scritta, anche se ugualenella dizione delle persone di alta e media cultura, finoad una plebea, comune all'ambiente popolare dellepersone incolte e ad una rustica, propria dalle masserurali e provinciali, che hanno interessi linguisticispeciali imposti dall'ambiente conservativo, ritardatariodella campagna e dei piccoli centri appartati. Quandochi parla non ha una sufficiente cultura, egli non solonon raggiunge la lingua superiore, ma sproposita,anche se evita il dialetto.La lingua letteraria - rispetto alla lingua parlata comeafferma C. Battisti nella ―Struttura della lingua italiana‖- è caratterizzata dal maggior controllo esercitato su séstesso dallo scrittore. Questi esprime il suo pensierosecondo le regole fissate dall'uso letterario e dedotte damodelli stilistici o da reminiscenze, limitando il propriovocabolario ad una scelta di parole usate in unsignificato convenzionale. Anche se egli ricorre ad unatecnica dell'espressione personale, questa sarà non solouniforme, ma nemmeno troppo lontana dalla norma. Lanota predominante è la correttezza, che vienesorpassata solo quando chi scrive vuoledeliberatamente superare una tradizione che egli sentela necessità di infrangere. Nella lingua scrittal'individualità dell'autore si muove dunque in un campodi esperienze artistiche entro cui lo scrittore sceglie ilmezzo che ritiene più adeguato allo scopo letterario cheegli si prefigge di raggiungere. L'artista in quanto ècreatore può valersi di innovazioni che giovano a dareun colorito personale alla sua espressione; puòricorrere, secondo il suo senso linguistico ed i suoicriteri personali, ad arcaismi ed a neologismi; puòvalersi, sempre per ragioni artistiche, di parole rare evoci tecniche, può attingere anche ad espressionifamiliari, ma comunque, la sua lingua si uniformerà aquella letteraria del suo tempo. Non sono peròd'accordo quando per questo vengono usate anche leespressioni triviali che nei giorni d'oggi non sonopurtroppo rare nelle opere di alcuni scrittoricontemporanei.Si dice quindi che la lingua serve per comunicare, maa volte esistono lingue che sembrano voler sfuggire aquesto fine: lingue misteriose, in certo senso, sono igerghi. Si chiamano tali i linguaggi segreti, particolari,usati da gruppi di persone a scopo difensivo, per nonfarsi comprendere dagli estranei oppure che parlandoin un certo modo mirano a ―riconoscersi‖ tra loro.Accanto alla volontà di nascondere, nel gergante c'èsempre la volontà di stupire i compagni. Ingannare ilnemico e stupire gli amici sono le due finalità del gergo,le quali sono presenti - sia pure con diversa intensità -22OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


nei linguaggi della malavita, dei soldati, dei mestieri, deigiovani, etc. Non si deve dimenticare che il gergo èusato spesso in ambienti e circostanze diverse da quelleoriginarie. Voci ed espressioni gergali, quando sonointrodotte nella conversazione ordinaria, servono per unfine stilistico. In varie epoche la lingua letteraria italianaha assunto termini ed espressioni dai gerghi perricavarne espressività e colore: dal Rinascimento airomanzi di Emilio Gadda (1893-1979) i gerghi hannocircolato nel mondo letterario italiano…Il grande studioso filologo ungherese Béla Bárczi(1894-1985) così si era espresso: «La lingua è lostrumento dei nostri pensieri e sentimenti, dei nostrirapporti quotidiani, è il componente principale, anzi èla condizione di ogni sviluppo umano. Senza la linguanon è immaginabile alcuna società umana neanche adun livello più primitivo. La "lingua" è per ognuno lamadrelingua. Si può imparare una lingua straniera, anziin casi eccezionali si può anche saperla molto bene,ma a livello di madrelingua ogni suo elemento è pienodi mille colori e di contenuti espressivi, ed essa ciaccompagna durante la nostra educazione e durante lanostra evoluzione, anzi in certo senso determina anchela nostra mentalità, il nostro modo di pensare… Laprofonda conoscenza della lingua, l'autoconsapevolezzalinguistica sono doveri elementari di tutti, maparticolarmente di color che con intento artistico sipresentano davanti al pubblico lettore…»Qui accennerei qualcosa a proposito un aspettoparticolare della lingua nazionale d'Italia - della vostralingua - nel rapporto tra la lingua italiana ed i dialetti.Per capire la realtà linguistica italiana d'oggi, bisognatener conto della loro esistenza: la comunità linguisticafondamentale è rappresentata dall'insieme dei dialettiitaliani che sono una parte importante della storiaitaliana. Tra gli Italiani c'è sempre stata anche latendenza a riunirsi in un unico Stato e a parlare lastessa lingua. Quando Firenze riuscì ad affermare la suaciviltà e la sua lingua, quello fu l'inizio per ritrovarel'unità. Lo sforzo per diffondere l'uso di una linguacomune e l'aspirazione all'unità politica portarono alRisorgimento ed alla nascita dello Stato italiano. Èquesta l'altra storia della storia d'Italia, per gli Italianioggi la più importante. La civiltà di Firenze ha datoorigine alla ―lingua italiana‖: alla fine del DuecentoFirenze era diventata una delle «grandi potenze»d'Europa. Questa forza economica e politica favorì losviluppo di una splendida civiltà: Firenze fu prestopopolata di artisti e di scrittori. Nel Trecento tre scrittori- Dante, Petrarca, Boccaccio - scrissero opere di grandevalore nel volgare fiorentino, loro lingua nativa. Gliscrittori delle altre regioni, affascinati dai modellifiorentini della «Commedia», del «Canzoniere», del«Decameron», cominciarono fin dal Trecento adimparare il fiorentino e a scrivere in questa lingua.Anche la diffusione della stampa, verso 1470, rafforzòquesta tendenza. E così un po' alla volta il fiorentino fuconsiderato non più dialetto, ma la lingua comune degliItaliani. Naturalmente, gli scrittori di ogni epoca e gliabitanti di ogni regione hanno aggiunto via via alfiorentino molti elementi nuovi. Ma la strutturafondamentale della lingua comune era quella delfiorentino e tale è rimasta fino ad oggi.Per molto tempo la lingua italiana fu usata solo perscrivere. La lingua di tutti era il dialetto. Nel Seicento,Settecento ed Ottocento scrittori e scienziati di ogniregione usarono sempre più la lingua unitaria. Ma talelingua era conosciuta solo dalle persone colte, che sene servivano unicamente per scrivere; queste stessepersone non sapevano usarla con facilità quandoparlavano! In fondo, la lingua italiana si parlavasoltanto in Toscana, e un po' anche alla corte papale diRoma. Nel resto d'Italia le persone di ogni classesociale, istruite o no, nella conversazione di qualsiasigenere e anche nelle discussioni in pubblico siservivano del dialetto locale. Insomma era ancora ildialetto la lingua viva e spontanea per la gran massadegli Italiani. Servendosi del solo dialetto, però, gliabitanti delle varie regioni non riuscivano a stabiliresaldi legami tra loro; e di ciò si preoccuparono scrittorie studiosi. Mentre in Europa si compivano grandi eventistorici, si sentiva sempre più nel Paese la necessità chela lingua unitaria fosse compresa da tutti. Da alcunisecoli gli scrittori discutevano sulla «questione dellalingua», cioè sulle difficoltà che creava in Italia lamancanza di una lingua comune, parlata da tutti.Nell'Ottocento le discussioni si fecero più vive, perché siconstatava che la mancanza di unità linguisticaostacolava l'unificazione politica. I molti problemidiscussi dagli scrittori dell'Ottocento cominciarono arisolversi davvero solo quando si formò lo Stato italianounificato. L'unificazione politica dell'Italia - compiutasitra 1859 e il 1870 - è l'avvenimento fondamentale cheha modificato le condizioni di vita del Paese e ha spintoper la prima volta la massa degli Italiani ad usare unalingua comune. Poi altri avvenimenti hanno avuto uneffetto più rapido come gli spostamenti di popolazione,i nuovi mezzi di comunicazione di massa, l'istruzionegratuita ed obbligatoria. La lingua italiana è dunque,ormai, una lingua viva e largamente diffusa, però leabitudini della popolazione italiana sono in parteancora diverse da un luogo all'altro. L'italiano ed ildialetto vivono ancora l'uno vicino all'altro. Perciò,anche chi parla sempre l'italiano, attraverso il suoambiente ha preso almeno qualcosa dal dialetto locale.Ma i dialetti italiani sono tanti e diversi, e perciòl'italiano parlato è un po' diverso da regione a regione.Tant'è vero che spesso possiamo indovinare da qualeregione proviene una persona, anche se parla soltantoin italiano. Questo italiano così ―insaporito‖ di dialettosi chiama italiano parlato regionale.Se la lingua italiana non avesse accolto centinaia divocaboli anche delle varie regioni, oggi cimancherebbero molte parole ed espressioni più tipicheche usiamo. Queste voci dialettali sono penetrate nellalingua italiana un po' in tutte le epoche. Si nota che leparole prestate dai dialetti si riferiscono a moltissimisettori della vita comune e ciò vuol dire che gli Italianinell'ultimo secolo hanno cominciato a conoscersidavvero. I legami sempre più stretti tra gli Italianihanno permesso che si diffondessero rapidamenteespressioni della lingua familiare o dei sopraccitatigerghi.La lingua italiana d'oggi, quindi, ha raccolto in sétutta la storia del Paese: nella lingua si ritrova la tracciadi tutti gli eventi che si sono succeduti nel tempo… Aparere mio però è un errore opprimere il proprioOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 23


dialetto: anzi si dovrebbe coltivarlo parallelamente allalingua nazionale! Quest'argomento sarebbe già un altrotema infinito…Ora Vi saluto e Vi lascio riflettere su questoargomento. [...]EDITORIALE A<strong>NN</strong>O VII – <strong>NN</strong>. 33/34 Lu.-Ott. 2003Vi ho salutato con la speranza di poter evitare unagrande tragedia umana, ma leproteste, le manifestazionicontro la guerra in tutto il mondonon sono servite niente…Adesso, a metà maggio,mentre scrivo il presente testo,oltre alla preoccupazione per lagrave situazione postbellica, laquale però in pratica non èancora terminata abbiamo dinuovo l'angoscia per il terrorismorisvegliato: su Al Jazira l'appello in un'audiocassettadell'egiziano al-Zawahiri: ―Mussulmani, siate forti,attaccate le ambasciate di America, Gran Bretagna,Australia e Norvegia; poi toccherà ai Paesi arabi tuttiipocriti‖. Sono stati lanciati avvertimenti anche tramitee-mail: ―Musulmani lasciate New York‖. Due messaggidi posta elettronica intercettati dai servizi segretistatunitensi hanno esortato i musulmani abitanti nellegrandi città soprattutto a Boston, a New York eWashington, a mettersi in salvo perché presto sarannocolpite ―di un attacco devastante nelle prossime 48 ore‖si leggono le notizie nei quotidiani del 22 maggio.Il secolo scorso fu travagliato da gradi conflittisanguinosi mondiali: la prima e la seconda guerramondiale. La causa occasionale della prima guerramondiale fu l'eccidio di Sarajevo del 28 giugno 1914, incui trovarono la morte l'arciduca ereditario d'AustriaFrancesco Ferdinando e la moglie, per opera di unostudente irredentista serbo, Gavrilo Princip. Ma le verecause della guerra sono più remote e complesse:1) il contrasto austro-russo per l'egemonia nei Balcani(vittoria dell'Austria nel Congresso di Berlino del 18<strong>78</strong>;annessione, da parte dell'Austria, della Bosnia edell'Erzegovina nel 1908; costituzione di un grandestato serbo per opera della Russia durante le dueguerre balcaniche, ecc.);2) il contrasto franco-tedesco (vittoria prussiana del1870 ed acceso sentimento di revanche da partefrancese; interventi tedeschi nella questionemarocchina, ecc.);3) il contrasto anglo-tedesco (crescente potenza politicaed economica della Germania nel mondo);4) gli irredentismi, come nel caso dell'Italia che aspiravaa Trento e Trieste; e della Serbia che aspirava allaBosnia e all'Erzegovina.In seguito all'eccidio di Sarajevo l'Austria, ritenendo laSerbia responsabile dell'accaduto, inviò al governoserbo un ultimatum con condizioni particolarmenteumilianti.La Serbia accettò tutte le condizioni, tranne quellache ―funzionari austriaci partecipassero all'inchiestagiudiziaria contro gli attentatori‖, per cui l'Austriaritenendo insufficiente tale risposta, dichiarò guerra allaSerbia esattamente dopo un mese dall'attentato, il 28luglio 1914. Dal 15 al 30 luglio furono fatti tentativi perimpedire che la guerra divenisse generale; ma laRussia, per sostenere la Serbia, ordinò la mobilitazionegenerale, venendo in tal modo a minacciare l'Austria ela Germania. Di fronte a questo pericolo la Germaniadichiarò guerra alla Russia (31 luglio); la Francia,alleata alla Russia, entrò anch'essa in guerra (2agosto); e pochi giorni dopo anche l'Inghilterra, che sivedeva minacciare il suo predominio nel mare del Nord,intervenne nel conflitto (4 agosto). L'Italia, nonostantefacesse parte della Triplice Alleanza, proclamò lapropria neutralità, per le seguenti ragioni: a) il trattatodi alleanza aveva carattere difensivo e non offensivo(art. III), mentre in questa occasione era stata Austriastessa a provocare la guerra. B) Il medesimo trattatodichiarava che, se l'Austria o l'Italia fossero statecostrette a mutare lo ―status quo‖ in Oriente, avrebberodovuto prendere precedenti accordi sul principio delreciproco compenso (art. VII), mentre in questaoccasione l'Austria aveva dichiarato la guerraall'insaputa dell'Italia. La guerra finì con vari trattati dipace dei quali il più ingiusto degli stati potenti fu ilTrattato di Trianon (4 giugno 1920, nella cosiddettapalazzina del parco di Versailles), il quale costrinsel'Ungheria a cedere i due terzi del suo territorio storico:la Galizia alla Polonia ed alla Cecoslovacchia, laTransilvania alla Romania, alcune zone a mezzogiornoalla Jugoslavia, e a riconoscere Fiume come Statoindipendente, oggetto di gravi contestazioni fra l'Italia egli altri stati vincitori. Questo Trattato di Trianon fupreceduto dal Trattato di Saint-German (10 settembre1919) con l'Austria-Ungheria che sancì losmembramento dell'Austria-Ungheria nelle repubblichedi Austria, di Ungheria e di Cecoslovacchia Inoltre iterritori italiani (Trentino, Alto Adige, Venezia Giulia)furono ceduti all'Italia; i territori slavi (Croazia,Slovenia, Bosnia ed Erzegovina) alla Serbia che perse ilnome Jugoslavia.La causa della seconda guerra mondiale fu costituitadalla questione di Danzica, con le rivendicazioni dellaGermania hitleriana sul corridoio polacco, che leavrebbe concesso di poter unire la Prussia occidentalealla Prussia orientale. Ma le vere cause della guerrainvece furono anche in questo caso più remote ecomplesse:1) il contrasto franco-tedesco, determinato dalrisentimento della Germania, che aveva dovuto cederealla Francia l'Alsazia e la Lorena; dagli attriti nel bacinocarbonifero della Saar e dalla contesa per il primatomilitare europeo.2) Il contrasto italo-francese, determinato dalledivergenze d'interessi, soprattutto nell'Africa (Tunisi) edalle clamorose rivendicazioni italiane su Nizza, laSavoia e la Corsica.3) Il contrasto italo-inglese, determinatodall'atteggiamento ostile dell'Inghilterra nei nostriconfronti al tempo dell'impresa etiopica e dallapreoccupazione che davano gli aspetti più aggressividella politica italiana nazionalistica nel Mediterraneo(Suez, Malta).4) Il contrasto cino-giapponese, sfociato nel 1937 inguerra aperta.5) L'avvicinamento italo-tedesco, tra l'Italia fascista ela Germania nazista, determinato dall'identità dellaposizione ideologica; dagli accordi economici e politici al24OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


tempo dell'impresa etiopica e della guerra civilespagnola e dalla medesima tendenza al revisionismo ealle rivendicazioni territoriali.Questo avvicinamento aveva trovato la sua sanzionenella firma dell'Asse Roma-Berlino (ott. 1936),nell'adesione di Mussolini al Patto Anticomintern (1937)e nella firma del Trattato di alleanza italo-tedesco,cosiddetto patto d'acciaio (1939). Tutte queste causeperò si possono ridurre ad una: la più vera e profondacausa della seconda guerra mondiale fu infatti labrutale aggressività del programma pangermanistico…Prima delle due guerre mondiali, 100 anni fa, nelperiodico settimanale tedesco, satirico e politico―Simlicissimus‖ nel numero dell'anno 1902/03 si leggeuno scritto, un compito scolastico il quale è purtroppoancora attuale. Ora ne riporto la mia traduzione fattasulla versione ungherese di Judit Pompéry, miaconnazionale, residente a Berlino; letta sulla pagina neltopic ―Pubblicistica‖ del Forum MagyarOnline.Net,portale degli Ungheresi dispersi al di fuori del bacino deiCarpazi:―La guerra ("bellum") è quella situazione in cui due opiù stati attaccano gli altri. La nozione è conosciuta daitempi remoti e come appare frequentemente nellaBibbia, la chiamano santa. Nell'antica Roma chiusero ilsantuario quando s'iniziò la guerra, perché forse il dioGiano non volle saperne. Ma questo è una ridicolasuperstizione e cessò col cristianesimo, il quale nonchiuse i suoi templi in caso di guerra.Esiste la guerra di religione, guerra di conquista,guerra esistenziale, guerra nazionale, etc. Se un popoloperde, allora tutto ricomincia da capo e questa è laguerra di vendetta.Prima le guerre religiose furono la più frequenti,perché a quei tempi gli uomini vollero che tuttiadorassero il Dio nello stesso modo e per questo sipestavano a morte. Al giorno d'oggi esistono piuttostole guerre commerciali, perché oggi il mondo non è piùidealista.Nell'era antica anche gli dèi fecero guerra. Gli unisostenendo una parte, gli altri invece l'altra parte deicombattenti. Si può leggere questo anche da Omero.Gli dèi si sedettero su una collina e da là osservavanotutto. Quando s'odiavano annientavano reciprocamentei loro capi. Cioè nell'antichità gli uomini credevanoquesto. È veramente ridicolo ed infantile pensare chefossero i vari dèi che facevano guerra uno contro l'altro.Ma oggi gli uomini credono in un solo Dio e quanto èpossibile gli chiedono di aiutarli. I sacerdoti delle dueparti sostengono che Dio è accanto loro, il che èimpossibile, dato che sono in due. Ma questo sischiarisce più tardi. Chi perde, dice che il Dio hasoltanto fatto la prova con lui. Quando inizia la guerrasuonano. La gente sulla strada canta e piange. Questoè l'Inno. In ogni popolo in quest'occasione il re guardafuori dalla finestra all'entusiasmo cresce. Allora tuttoprende l'inizio. Comincia la guerra stessa che si chiamabattaglia. Prima pregano. Poi sparano e uccidono gliuomini. Quando finisce il re fa un giro per verificare ilnumero dei morti. Tutti dicono che è triste e che questacosa non dovrebbe succedere. Ma chi rimane in buonasalute dice che questa morte è la più bella. Dopo labattaglia di nuovo cantano delle canzoni religiose dellequali hanno creato tante pitture. I caduti vengonosepolti nelle fosse comuni e riposano finché i professorinon li riesumano. E dopo la loro divisa si troverà neimusei. Ma in generale soltanto i bottoni durano neltempo. Il luogo in cui vengono uccisi gli uomini verràchiamato la terra della gloria.Se si stufano, allora i vincitori tornano a casa. C'ègrande felicità ovunque per la fine della guerra e lagente va in chiesa per esprimere la gratitudine a Dio.Ma c'è chi pensa che sarebbe stato più saggio noniniziare la guerra, ma questa persona è unsocialdemocratico e verrà carcerato E poi arriva la pacein cui la gente si distrugge, come Schiller lo dice. Primadi tutto gli invalidi di guerra vanno a rovina, perché nonricevono alcun soldo e non sono capaci di lavorare.Alcune persone ricevono il wurlizer che fa suonare icanti patriottici per entusiasmare la gioventù e cosìanche loro colpiranno se inizierà la guerra. Tutti coloroche hanno fatto la guerra ricevono dei medaglioni chefanno un gran rumore chiassoso quando il suoportatore va al passo. Tante persone prendono il reumae diventano bidelli come il nostro del nostro liceo.Così anche nella guerra c'è qualcosa di buono efeconda tutto. Maxl‖Non so, ma ho la sensazione che l'intero mondo siaimpazzito e c'è poco da rallegrarci o da scherzare.L'essere umano non ha imparato niente dalle granditragedie della storia passata, continua i massacri, ripetegli stessi gravi e devastanti delitti contro se stesso. Siparla della pace, della gran voglia di pace, della difesadella pace dove c'è ancora, ma si agisce al contrario:fanno la guerra in preda dell'odio… All'inizio del ns.Terzo Millennio gli uomini non sono nient'altro chehomo hominis lupus… Gens Homine! Quo vadis?…Ora Vi saluto augurandoVi di trascorrere le ferieestive meritate in pace, serenità ricca di umanisentimenti e sperando che questo stolto mondofinalmente ritorni sui binari giusti e finalmente ognunodi noi possa vivere veramente degnamente!A risentirci in autunno, sperando che questo nostroattuale stolto mondo si raddrizzi!…EDITORIALE A<strong>NN</strong>O VII/VIII <strong>NN</strong>. 35/36 Nov.-Febb. 2003/2004Sono finalmente passati igiorni della torrida estate chehanno messo l'organismoumano a durissima prova. Labollente aria africana haprovocato uno stato di crisi atutti: comprese le tecnologiepiù avanzate del cervelloumano.Meno male, come sempre,mi sono armata deglistrumenti di lavoro - libri eperiodici specializzati – per trascorrere in modointelligente le ferie, dato che a causa della salute sonostata costretta a rimanere in Italia e vicina a Ferrara.Oltre al piacere delle letture feriali ho avutostupefacenti sorprese che sono state anticipate pocoprima della pausa estiva dalla mia scopertarecentissima: essere una parente lontana del grandepoeta ungherese Gyula Juhász - nato 120 anni fa e dicui abbiamo pubblicato qualche lirica in traduzioneOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 25


italiana… Avremo un servizio nell'interno di questoperiodico a proposito dell'anniversario della sua nascita.Un'altra straordinaria scoperta riguarda l'eventualeparentela linguistica tra l'ungherese e l'etrusco… Da«La Repubblica» si legge che un autorevole linguistaitaliano, Mario Alinei, professore emerito all'Universitàdi Utrecht nel suo libro dal titolo emblematico «Etrusco:Una forma arcaica di ungherese» sostiene come leaffinità tra le due lingue siano veramente straordinariee che non possano essere dovute al caso. L'articolo diCinzia Dal Maso ci preannuncia che l'autore intendemostrare la parentela dell'etrusco con l'ungherese, sullabase della teoria elaborata nel suo studio sulle originidelle lingue europee. A fondamento della ricerca stannole numerose somiglianze tra le due lingue, come quellafra i nomi delle magistrature etrusche e di quelle degliantichi magiari. Queste somiglianze hanno permessoall'autore di confermare la maggioranza dei risultatiraggiunti dalla migliore etruscologia, di migliorare latraduzione di testi già tradotti e di tradurre testi finoraintraducibili o solo parzialmente tradotti. Il libro siconclude con una rilettura dei risultati raggiunti daglistudi sulla preistoria etrusca, e con una nuova ipotesisulla data della «occupazione» dell'Ungheria da partedegli antichi Magiari (nozione meglio conosciuta:«conquista»).Quest'ipotesi, come anche quella della parentelasumera, celtica, giapponese, non sono ipotesi nuove:hanno un passato di alcuni secoli e non sono certofrutto della torrida estate appena passata!«Si parla di continuità linguistica, naturalmente. Dallapreistoria, addirittura dal Paleolitico, fino ai nostrigiorni. Le grandi famiglie linguistiche del mondo nonsarebbero il frutto di migrazioni di popoli degli ultimimillenni, ma di genti da sempre residenti in undeterminato luogo. Cancellati dunque tutti i vari popoliinvasori d‘Asia e d‘Europa per raccontare la genesi dellenostre lingue Indoeuropee. Greco, Latino, lingueitaliche e celtiche sono imparentate tra loro perchésempre esistite nei rispettivi luoghi. L‘etrusco invece no,è diverso. Questo si sa. È una lingua «agglutinante»,dove cioè corpo della parola e suffisso si allineanosenza fondersi tra di loro. Abbonda di suoni spiranti(sopravvissuti, secondo Alinei, nel dialetto toscano).Caratteristiche che, guarda caso, l‘etrusco condivideproprio con l‘ungherese. Ma la vera ―prova del nove‖ diAlinei sono le magistrature: nomi simili nelle due lingue,e addirittura funzioni simili. Sono affinità straordinarie,non possono essere dovute al caso… Così il linguista siè messo a tradurre testi etruschi, sia quelli già noti chequelli per noi ancora oscuri, usando come riferimentol‘ungherese. E l‘esperimento pare aver funzionato.»[Cinzia Dal Maso]Ed ecco una recente sorpresa da dividere: il 5 ottobrescorso ho ricevuto una e-mail dalla signora Júlia Ránki,reporter e redattrice delle trasmissioni radiofonichedella Radio Magiara Nazionale per invitarmi alcollegamento telefonico diretto durante unatrasmissione del programma intitolato «Il giornoradiofonico delle culture europee» del 12 ottobre in cuipartecipavano 91 radio provenienti da varie nazionieuropee. Il mio ruolo sarebbe stato di brevementepresentare la città di mia residenza, Ferrara, airadioascoltatori ungheresi e parlare delle mieesperienze personali. Proprio quest'ultimo era il motivoper cui ho saggiamente rifiutato la mia partecipazionedurante la conversazione telefonica seguita dopo lacorrispondenza telematica… Nell'interno si legge ditutto ciò assieme a tante altre cose, come di solito…Ora cambiamo l'argomento, torniamo alla ns.redazione:Arrivano tante lettere di giovani ancora pieni disperanza, alla Redazione dell'«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>»e sono costretta a respingerli - come hanno fatto conme in passato, perché non posso non soltantoassumerli, ma neanche dargli una speranza. Questacosa è grave. Perché da vent'anni praticamente non ècambiato niente. Io purtroppo non sono nelle condizionidi assumere nessuno anche se volessi. Non ho lapossibilità di pagare neanche un misero compenso,soltanto posso offrire ai giovani o agli anziani l'unicaloro soddisfazione iniziale: la pubblicazione delle loroopere considerate degne all'«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>»ed in linea con il suo gusto letterario finché riesco atenere in vita il periodico. Sì, perché le entrateprovenienti dagli abbonamenti non coprono le spesedella realizzazione e le spese di spedizione e disegreteria. Come si riesce a tenere ancora in vita ilperiodico? Miracolosamente, grazie ad alcuni abbonatisostenitori ed ai miei occasionali onorari di professione.Nonostante le gravi condizioni di sopravvivenzaeditoriale mi consola e mi rende felice che almenopossa offrire la possibilità di pubblicare opere ad Autoriche ritengo veramente degni alla mia creaturaeditoriale che ha guadagnato prestigio sia in Italia, inEuropa che oltre oceano. Allora mi dico: ne valeva e nevale la pena nonostante le difficoltà che molte voltesembrano insuperabili…Vorrei però sottolineare che l'abbonamento alla rivistanon significa alcuna garanzia per la pubblicazione.L'«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>» pubblica gli elaboratiritenuti degni per essere inseriti sulle pagine e nonsiamo condizionati dai giudizi degli altri. Devosottolinearlo perché purtroppo abbiamo avuto contatticon alcuni autori che non hanno voluto accettare ladecisione della testata.Colgo l'occasione per ringraziare il prezioso contributodi tutti i collaboratori e sostenitori della nostra rivistasperando che sfidando le difficoltà economicheriusciremo a continuare il nostro cammino insiemeancora per molti anni. [...]EDITORIALE A<strong>NN</strong>O VIII <strong>NN</strong>. 37/38 marz.-apr./magg.-giu. 2004Eccoci di nuovo sulla nostrabarca d'avventura e siate ibentrovati! Finalmente, in parte,posso versare il mio sacco disgomento quando si trattadell'ignoranza ― quasi istituzionale(?!) ― senza limiti e frontiere…Oltre la Tv, anche Internetdiventa uno strumento per ilprogresso della senilità precocedell'umanità? Ecco ad esempio il caso ― tra i tanti ― diInternet. A causa del mio lavoro, io praticamente vivocon Internet: è una straordinaria possibilità in più eveloce per le ricerche dei materiali. Ma durante questericerche non riesco a non arrabbiarmi, quando durantela navigazione m'inciampo in siti con informazioni fasulle26OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


e malinformazioni che certificano una colossaleignoranza – per cui non posso che mettermi le mani neicapelli. Si tratta del sito dell'Ansa, della sua ignoranzageografica… Devo proprio dare ragione al famososociologo Francesco Alberoni che condannaseveramente i giornalisti notando la loro «incultura» laquale si manifesta in diverse discipline, e la loroimpressionante scarsità di conoscenza della linguaitaliana… [N.d.R.: Però criticano, rimproverano gli stranieriche si cimentano con la scrittura in italiano...] A propositopotrete leggere il mio ampio articolo nell'interno diquesto fascicolo nella rubrica «Eco & Riflessioni ossiaForum Auctoris». Collegandomi a questo articoloformulo una domanda: I somari escono dalle scuole?Complessivamente pare di sì e non soltanto se siguarda la geografia e la storia che non sono la forzadella grande parte degli Italiani, come testimonia lacopertina raffigurante un asino e l'articolo ad essacollegato del N. 63 del periodico «Giornalisti» dell'OrdineNazionale dal titolo «Scrivere e parlare in italiano»:«Diverse volte, purtroppo, la prima ―vittima‖ deigiornalisti è la lingua italiana» - così almeno sostengonoalcuni critici e osservatori come Francesco Alberoni.Ecco ad esempio il caso della TV che veramente uccidela lingua italiana: si assiste al fenomeno dei congiuntiviinesistenti, al gergo dialettale. La TV è piena diprogrammi farciti di termini gergali, errori di sintassi estrafalcioni grammaticali. E pensiamo che grande ruoloaveva una volta questo piccolo schermo che avevaunificato la penisola, insegnando l'italiano alla nazionedei mille dialetti. Ora sta percorrendo un processoopposto uccidendo l'italiano… Poi la responsabilità diquesta regressione linguistica è in gran parte anche deigiornalisti!Gli operatori dell‘informazione, spesso, vengonoaccusati di non sapere scrivere, ma il problema, forse, èa monte e la responsabilità va attribuita anche allascuola che non prepara più gli studenti come un tempo.La grammatica infatti non fa più parte dei programmidelle elementari perché, si sostiene, che sia solonozionistica e la scuola media non fa meglio. Quando glistudenti arrivano poi alle superiori, forse è tardi. Ilrisultato è che ci si imbatte in indagini che certificano lasfiducia degli italiani – lettori e ascoltatori – nellecapacità di chi dovrebbe fornire notizie in un linguaggiocorretto e comprensibile» così si legge nel periodicodell'Ordine dei Giornalisti. Ma la colpa va data in parteanche alla famiglia: dove non si esige uncomportamento corretto, non si impara neanche ilcorretto linguaggio parlato a cui si associa l'aggraviodella ignoranza grammaticale. Ci si meraviglia adesempio che molti ragazzi studiando ad es. per tantianni l'inglese non siano capaci di impararlo neppure perriuscire a chiedere un bicchiere d'acqua… Mi viene inmente quando nella mia patria, nell'era del regimeKádáriano fu obbligatorio lo studio della lingua russanelle facoltà di qualsiasi indirizzo universitario fino alterzo anno di corso escluso: complessivamente, lamaggioranza degli studenti, dopo gli 8―10 anni distudio obbligatorio del russo non vedeva alcunrisultato… Non c'è, purtroppo, da stupirsi: oltre lamancanza di voglia di studiare la lingua, chi nonconosce la grammatica della propria madrelingua, nonimparerà mai bene una lingua straniera!A seguito del frammento del breve articolo citato,Paolo Bollini, docente di Composizione testi e diScrittura efficace presso Scienze della Comunicazione,Università di Bologna, nel suo articolo intitolato «Lagrammatica non è solo questione di grammatica» dicetra l‘ altro: «Un errore ogni undici minuti. La Eta Metaregistra oggettivamente, in un rapporto, gli errori diitaliano in televisione. Altrettanto oggettiva è ladelusione – e il fastidio – registrato dai 120 italianisticollaboratori esperti consultati: nove spettatori su diecidanno un giudizio "assolutamente negativo" all‘italianoparlato in tv. In televisione il giornalismo sta subendouna sorta di mutazione genetica. Non vale mettere sottoaccusa solamente i programmi contenitore delpomeriggio o della domenica o i cosiddetti talk show.Anche i telegiornali sono giudicati pessimi. Eppure gliautori e i conduttori di tg sono senz‘altro giornalisti,passati attraverso molte selezioni, più o meno probantila professionalità. Calvino difendeva la chiarezza el‘esattezza come valori assoluti, e si rivolgeva aiprofessionisti in modo accorato: "Alle volte mi sembrache un‘epidemia pestilenziale abbia colpito l‘umanitànella facoltà che più la caratterizza, cioè l‘uso dellaparola, una peste del linguaggio che si manifesta comeperdita di forza conoscitiva e di immediatezza, comeautomatismo che tende a livellare l‘espressione sulleformule più generiche, anonime, astratte, a diluire isignificati, a smussare le punte espressive, a spegnereogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole connuove circostanze".Ma Calvino è morto nel settembre dell‘85.Ora invece è l‘italiano medio, non Calvino, che se neaccorge. Non è vero che un programma, per esserepopolare, debba stare ai limiti della decenza linguistica.La stessa indagine mostra che invece il pubblicopopolare mostra stima per conduttori che si esprimonocorrettamente.» Poi segnala i tipici e frequenti errori,illustrati con esempi reali del giornalismo: errori lessicali,slogature semantiche; storture sintattiche, constrapazzo morfologico, etc. Per la presenza degli errorisopraccitati si dà la colpa alla fretta.Per quanto riguarda il giornalismo scritto, Bollinidichiara che gli stessi errori non si registrano anche senon è certo esente da difetti. Accenna anche ilcorrettore del Word, come fonte di errore, in quantonon riconosce certi errori di battitura, e così sullastampa verranno riportate nomi o varie espressioni inmodo errato.Mi sono scandalizzata la prima volta quando hochiesto ad alcune persone tra 18 e 57 anni dimadrelingua italiana qualche chiarimento grammaticalee non riuscivano a rispondermi. Istintivamente usano lalingua correttamente, ma di darmi delle spiegazionigrammaticalmente concrete non sono stati capaci. Inrisposta al mio sgomento tutti mi hanno chiarito che laScuola Elementare non gli ha insegnato la grammaticaitaliana, la Media neppure, perché gli insegnanti delleElementari dicevano che sarebbe stato il compito dellaMedia. Mentre quest'ultima accusava l'Elementare. Cosìinvece di insegnare la grammatica ai ragazzi nonfacevano niente. Nessun insegnante si era sbrigato dioccuparsi di recuperare la mancanza, per poter andareavanti. Se mancano le basi fondamentali, è difficile dopocostruire qualcosa sopra! Essendo io straniera miOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 27


accorgo della scorrettezza linguistica degli italiani. Se iosbaglio, essendo una straniera, è anche comprensibile,ma un giornalista di madrelingua italiana che non abbiauna buona padronanza della propria lingua fariflettere!…Adesso veniamo da noi. Vorrei comunicarVi che d‘orain poi gli elaborati manoscritti inviati alla redazioneverranno considerati soltanto se saranno accompagnatida una esplicita richiesta degli autori per una eventualepubblicazione e dalla dichiarazione che essi sono inediti,altrimenti non verranno considerati e saranno cestinati!Questa ferma decisione viene da un fatto niente affattogradevole, causato verso la metà di gennaio scorso daun'e-mail con oggetto «illecito civile» di un autoremitomane...EDITORIALE A<strong>NN</strong>O VIII <strong>NN</strong>. 39/40 Lu.-Ago/Sett.-Ott. 2004Quest'anno è il settimo centenariodella nascita di Petrarca, unpadre della letteratura italiana edeuropea. Sono state organizzatemolte e prestigiose manifestazionidedicate a FrancescoPetrarca, e tra gli enti promotorici sono anche l'Ente NazionalePetrarca, l'Accademia Petrarca diArezzo, dove il poeta nacque nel1304… Anche nella RegioneVeneto, ad Arquà Petrarca, dove il poeta morì nel 1374,è stato proposto un nuovo allestimento della casamuseo.Nel 1874 Petrarca fu riscoperto, oggi però eglimerita di essere considerato ancora di più: un profetadell'Umanesimo e dell'Europa. La sua opera latina èstata davvero fondatrice della nuova cultura umanisticae rinascimentale, quella cultura che ha rappresentato ilmomento più europeo della storia del nostro Paese.«Celebrare il Petrarca nel 2004 significa verificareattraverso la figura di uno dei suoi massimi protagonistil'identità della cultura moderna fondata sui valori esull'eredità incatenata della civiltà classica medievalecristiana umanistica illuministica. Lo scambio poi a livellomondiale delle culture e l'accelerazione del processo diintegrazione impone verisimilmente anche unaprospettiva più ampia di quella tradizionalmente ristrettaall'Europa. Poiché, se è prudente non attribuire allaciviltà occidentale il ruolo guida, non è eccessivoriconoscerle un posto decisivo nella storia. La crescitadel numero delle traduzioni petrarchiste in tutti i paesidel mondo e la recente entrata del Canzoniere nellelingue giapponese e cinese con imprese eroiche (quellagiapponese di Kiyoshi Ikeda è stata premiatadall'UNESCO) testimoniano di un «bisogno universale diPetrarca» e, se vogliamo, di rinnovato bisogno diumanesimo».» [Michele Arcangelo Feo dal sito delComitato Nazionale Celebrazioni)] Potrete leggere ilservizio nella rubrica «Saggistica generale».Collegandoci a Petrarca Vi vorrei accennare ilseguente fatto:Il 23 marzo scorso il postino mi ha portato una letteradalla mia casa natia, dall'Ungheria: il prof. GyulaPaczolay; mi ha inviato una fotocopia del quotidianonazionale «Nazione Ungherese - Magazzino») delfebbraio 14 contenente l'articolo intitolato «La poesiaoppure quello che volete» di Gabriella Lőcsey.Qui ringrazio il professore per la gentilezza d'avermeloinviato per mia conoscenza.In questo articolo vengo a sapere che nel giornosopraccitato, alle ore 11 di mattina nella Sala degliArazzi dell'Hotel Gellért di Budapest sono stateconsegnate le due spade commemorative di Balassi alpoeta magiaro subcarpatico - territorio odierno nonappartenente all'Ungheria d'oggi - László Vári Fábián eal traduttore italiano Armando Nuzzo per le suetraduzioni balassiane. Dato che vivo e lavoro in Italia nelcampo della letteratura e della cultura mi concentro sultraduttore italiano. Avendo queste notizie ho quindifatto delle ricerche in internet per trovare qualchenotizia italiana. Risultato: niente! Mentre sto scrivendoqueste righe (il 21 maggio) so soltanto, grazie ad unalettera indirizzata personalmente a me da parte di ungiornalista ungherese del periodico «Heti Válasz», che laspada di Balassi del prestigioso Premio <strong>Letterario</strong>«Balassi» vinta dal dottor Nuzzo - premio nominato dalgrande poeta rinascimentale e petrarchista ungherese -arriverà in un prossimo futuro in Italia, per viadiplomatica. Per sapere della data precisa dell'arrivo misono messa in contatto col premiato: egli mi ha rispostotempestivamente comunicandomi di non sapere nientedi ciò. In seguito ho scritto ad una persona competentenell'argomento presso l'Accademia d'Ungheria a Roma,per ricevere informazioni precise, però con pochesperanze, dato non è la virtù dell'ente - salvo qualcheeccezione - di rispondere ai comuni cittadini mortali... Édesolante che nonostante gli avvisi tempestivi per gliorgani di stampa ungherese in Italia, dell'assegnazionedel premio letterario in Italia non si ha avuto alcunanotizia! Veramente sarebbe lungo e doloroso spiegarne imotivi di questo silenzio … Però purtroppo tuttipossiamo immaginarli! Anche di questo potrete leggereun mio articolo - dal 23 marzo disponibile anche internet- nella rubrica «Epistolario».Adesso è arrivato il momento di tornare a noi. Primadi tutto vorrei informarvi che a causa di gravi e tantiimpegni redazionali ed organizzativi non riuscirò aterminare l'antologia «Almanach 2004» entro il lugliocome è progettato e previsto. Quindi slitterà larealizzazione, ma dovrà uscire entro il dicembre diquest'anno. Così anche la comunicazione dell'elencodefinitivo dei selezionati ritarderà. Purtroppo sono dasola e a causa di varie ed inaspettate gravi difficoltànon riesco a gestire gli impegni come dovrei epurtroppo non posso affidarli a nessuno. Vi chiedogentilmente comprensione per questo slittamento.Infine ringrazio i Lettori per il rinnovo e per le nuoveadesioni all'abbonamento. Vi auguro buona lettura ebuone ferie estive. A risentirci nell'autunno!EDITORIALE A<strong>NN</strong>O VIII/IX <strong>NN</strong>. 41/42 Lu.-Ago.-/Sett. Ott. 2004Eccomi finalmente dopoun'estate niente affatto noiosa,arricchita veramente da alcunieventi da brivido. È importanteche io sia di nuovo qua perscriverVi quest'editoriale e glialtri servizi del presentefascicolo. Potrete leggere idettagli nella rubrica ―L'Eco &28OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


iflessioni ossia Forum Auctoris‖.Durante la mia permanenza di venti giorni in Ungheriaho avuto l'onore di essere accolta dalla Società deiGiornalisti Ungheresi, uno dei quattro ufficiali ordininazionali dei giornalisti ungheresi, diventando con pienodiritto giornalista ungherese. Anche questo mio remotosogno si è realizzato. Però oltre la soddisfazione ho unpo‘ d‘amaro in bocca. Sì, perché pur appartenendo airispettivi ordini giornalistici delle due nazioni, che cosami offrono oltre al periodico dell'Ordine, ai bigliettid'ingresso gratuiti ai musei, ai cinema, alle variemostre, spettacoli, etc. ed in cambio della quota deltesseramento? Praticamente niente. Lavoro non vieneofferto. L'Ordine non si occupa di questo… Godendoufficialmente con pieno diritto il titolo di giornalista hosperato che le porte delle redazioni delle maggioritestate si aprissero dandomi l'opportunità di lavorare eguadagnare per vivere… Niente affatto. In qualesocietà viviamo se i cittadini vengono umiliati e privatidel lavoro, unica fonte per vivere?…Il 10 settembre ho letto la seguente notizia sul portaledel Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti:―Chiunque dimostri di aver fatto il giornalista in qualsiasiparte del mondo può diventare giornalista anche inItalia. È sufficiente che richieda un decreto al Ministerodella Giustizia e superi una prova presso l'Ordine osvolga un tirocinio d'adattamento. Il "villaggio globale"del giornalismo sta dunque per realizzarsi anche sediversi sono i sistemi e le pratiche d'accesso e diformazione.La notizia è legata al caso di una giornalista bulgara cheè giunta in Italia dopo aver frequentato la facoltà digestione di Comunicazione di massa all'Università diSofia ed avere collaborato ad una televisione inBulgaria.Questa collega ha chiesto l'iscrizione all'Alboprofessionale italiano rivolgendosi al Ministero dellaGiustizia e facendo appello sia al Testo unico sulladisciplina dell'immigrazione e sulla condizione dellostraniero sia alla direttiva Cee relativa al sistemagenerale di riconoscimento della formazioneprofessionale. Il Ministero, sentito il parere dell'Ordine evalutata la documentazione sull'effettiva e sostanzialeattività giornalistica svolta dalla richiedente, ha emessoil decreto con il riconoscimento del titolo professionalevalido per l'iscrizione all'albo dei giornalisti professionistiitaliani. Alla condizione però che la giornalistabulgara si sottoponga ad una "prova attitudinale"presso l'Ordine nazionale. L'esame, in lingua italiana,sarà scritto e orale. Si è aperta dunque una nuovastrada per i giornalisti stranieri che vogliono essereiscritti all'albo in Italia. Da sottolineare come il Ministero,in applicazione della legge professionale abbia ritenutoche il riconoscimento deve comunque avvenire ancheattraverso l'Ordine professionale.‖Poi si leggono tanti suggerimenti, che cosa si devefare per diventare giornalisti, funzionano varie scuoledel giornalismo riconosciute o non dall'Ordine, ci sonoaddirittura corsi universitari a proposito. E poi?Succedono casi simili a questa storia:Con un collega che collabora da 10 anni per ungiornale locale, fin dal primo giorno il suo direttore èstato chiarissimo: ―Qui nessuno si arricchisce…‖. Aveva17 anni e mezzo e decideva di diventare giornalista. Nel2000 si iscriveva all'Ordine dei Giornalisti a un annodalla laurea di Scienze Politiche e pensava chel'iscrizione gli sarebbe servita sicuramente per trovarelavoro (nonostante il mezzo milione di lire sborsatoall'Ordine). Pochi mesi dopo la laurea ha vistocomparire i primi articoli inerenti la proposta di iscrivereall'ordine dei laureati di Scienze della ComunicazioneAllora gli viene la domanda: Perché questa proposta?Per scrivere un articolo di termodinamica su una rivistaspecializzata chi è meglio: un fisico oppure ungiornalista laureato in Scienze della Comunicazione?!Perché il fisico dovrebbe farsi due anni di gavetta el'altro no?!Questo collega giornalista attira l'attenzione peralcune mancanze dell'Ordine dei Giornalisti. Ad esempiol'Ordine degli Agronomi e Forestali ai loro iscritti invial'elenco dei concorsi pubblici e delle opportunità dilavoro a cui si può accedere. L'Ordine dei Giornalisti nonfa niente simile! O non parliamo dell'assurdità dell'annoscorso, quando in un bando per addetto stampa(categoria D) all'Asl di Savona si legge la richiesta, oltreall'iscrizione all'Ordine dei Giornalisti, anche della laureain scienze della Comunicazione. Oppure un altra beffa:in un concorso presso la provincia di Biella per addettostampa si richiedeva l'iscrizione all'Albo dei Giornalisti ela laurea in Lettere!L'interessato che si lamenta conclude così la suaamara constatazione: «Io, inoltre, non sto chiedendo laluna, anche perché, secondo il "tariffario dell'Ordine"potrei tranquillamente continuare la mia attività dicollaboratore per il mio giornale locale, dato che dovreipercepire compensi con, almeno, uno zero in più almese. Sono, però, altrettanto conscio che il giornale percui scrivo chiuderebbe i battenti o no? Anche su questopunto l'Ordine potrebbe fare delle verifiche, controllare,ma nulla, latitante come sopra… Ho riportato solo alcuniesempi senza, forse, approfondirli adeguatamente, ma ilsenso rimane: a cosa serve essere iscritti all'Ordine deiGiornalisti? Spero che la risposta non sia: per entraregratis in qualche museo o qualche mostra.‖Che cosa risponde il direttore editoriale MicheleUrbano del periodico ―Giornalisti‖? Eccola: ―…alla…domanda si potrebbe rispondere burocraticamente chel'iscrizione all'Ordine è la condizione legale per poteresercitare la professione di giornalista. In realtà, però, iproblemi posti sono molto più complessi che nonriguardano solo l'Ordine.L'entità dei compensi, per esempio, è tipica materiasindacale. Così come le trattenute Inpgi riguardanol'aspetto previdenziale.Ma, andando al dunque, è stato posto un problemaessenziale su cui il collega giornalista ha ragione davendere: quello di un Ordine sempre più struttura diservizio a disposizione degli iscritti. Sia chiaro: sarebbeingeneroso non ammettere che negli ultimi anni qualchesegnale in questa direzione è arrivato. Dall'Ordinenazionale e da molti ordini regionali con l‘organizzazionedi corsi di formazione e sportelli di assistenza. Certo,molto di più si dovrebbe fare. Però, attenzione, se nonlo si fa è anche perché l'Ordine deve fare i conti con ilimiti di una legge (varata nel 1963) drammaticamentesuperata da un'evoluzione professionale cherichiederebbe profonde innovazioni proprio come chiedeil collega nella sua lettera di lamento. In questo sensoOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 29


l'Ordine è vittima, non responsabile. Se la firma nonarriva è perché il Parlamento, anno dopo anno - e dianni oramai ne sono passati tanti! - non ha mai trovatoil tempo né di discutere, né tanto meno, di approvare,le proposte avanzate… Sta di fatto che il Parlamentonulla ha deciso. E nell'attesa succedono le cosestravaganti di cui il collega si lamentava con pezzi dipubblica amministrazione che normano i concorsi peraddetti stampa infilando requisiti di cui non si capisce lalogica. O forse con un po' di malizia si capisce fin troppobene.‖ (Fonte: Giornalisti, settembre/ottobre 2004)Tutto questo mi è venuto in mente, a proposito dellamia appartenenza anche all'Ordine dei giornalistiungheresi. Anche perché, non ho avuto la possibilità diessere assunta per il praticantato necessario perl'iscrizione all'Albo. Se non avessi fondato questoperiodico e non avessi pubblicato i numeri di articoliprescritti, starei ancora aspettando un miracolo persognare l'iscrizione! Così posso esercitare la professionenel campo letterario e culturale, però senza alcuncompenso per quest'attività. La mia iscrizione all'Alboungherese è avvenuta grazie alla fortuna di pubblicarequesta rivista nella vetrina telematica e nella rubricadella Galleria Letteraria Ungherese anche in ungherese.Con i miei scritti e con i miei interventi internazionali hoattirato per caso l'attenzione sui miei lavori di unapersona competente che ha segnalato il mio nome e lamia attività giornalistica con la necessaria edindispensabile proposta professionale. Di conseguenzasono stata avvertita per presentare la mia domandad'iscrizione all‘Albo in questione allegando i materialiprodotti, sia quelli stampati – comprese le pubblicazioniin Ungheria - che quelli telematici, assieme al curriculumprofessionale. Dopo l'esame della giuria sono stataammessa all'albo.É bello appartenere all'Albo dei giornalisti, ad unOrdine professionale. Però sarebbe anche più bello sequesti Ordini potessero anche darci qualcosa di concretoper il nostro lavoro giornalistico, per poter vivere dellanostra professione e non inventarci delle varie incerteoccupazioni redditizie. Abbiamo famiglia con figli esenza reddito è impossibile vivere!… Nella nostra societàquesto disagio però non esiste soltanto per questacategoria! Questo è già un altro e molto complessoargomento scottante.[...]EDITORIALE A<strong>NN</strong>O IX <strong>NN</strong>. 45/46 Lu.-Ago./Sett.-Ott. 2005Novecento è stato il secolo delle grandi catastrofiumane. Due guerre mondiali ed il nazismo, tragediedell'Armenia, del Biafra, del Ruanda e tanti altri paesi.L'Impero ottomano ha preceduto al genocidio degliarmeni e la Germania a quello degli ebrei e deglizingari. L'Italia di Mussolini ha massacrato gli etiopi. Icechi ammettono a fatica che la loro condotta neiconfronti dei tedeschi dei Sudeti, nel 1945-1946, non èstata delle più irreprensibili. La piccola Svizzera devefare conti con il proprio passato di depositaria dell'ororubato dai nazisti agli ebrei sterminati, anche se il gradodi atrocità di tale comportamento non è assolutamenteparagonabile a quello del genocidio. Il comunismo siinserisce nel medesimo lasso di tempo storico fitto ditragedie e ne costituisce uno dei momenti più intensi esignificativi: è fenomeno fondamentale del Novecentodal 1914 al 1991, che preesisteva al fascismo e alnazismo ed è sopravvissuto a essi toccando i quattrocontinenti. Il comunismo reale ha messo in atto unarepressione sistematica. Al di là dei crimini individuali,dei singoli massacri legati a circostanze particolari, iregimi comunisti per consolidare il loro potere hannofatto del crimine di massa un autentico sistema digoverno. I crimini del comunismo non sono mai statisottoposto ad una valutazione legittima e consueta nédal punto di vista storico né da quello morale! I criminicontro le persone costituiscono l'essenza del fenomenodel terrore con uno schema comune: l'esecuzionecapitale con vari metodi come fucilazione, impiccagione,annegamento, fustigazione, in alcuni casi gas chimici,veleno o incidente automobilistico; l'annientamento perfame (carestie indotte oppure non soccorse), ladeportazione, dove la morte poteva sopravveniredurante il trasporto (marce a piedi o su carri bestiame)o sul luogo di residenza o di lavoro forzato (sfinimento,malattia, fame, freddo). Stalin ha ordinato e autorizzatonumerosi crimini di guerra tra cui il più impressionanterimane l'eliminazione di quasi tutti gli ufficiali polacchifatti prigionieri nel 1939, nell'ambito della quale losterminio di 4500 persone a Katyń è soltanto unepisodio. Ma altri crimini di portata assai maggiore sonopassati inosservati, come l'assassinio o la messa amorte nei gulag, di centinaia di migliaia di militaritedeschi fatti prigionieri fra il 1943 e il 1945, a cui siaggiungono gli stupri in massa delle donne tedescheperpetrati dai soldati dell'Armata Rossa nella Germaniaoccupata. Per non parlare del saccheggio sistematicodelle strutture industriali dei paesi occupati dall'Armata.Appartengono ai crimini del comunismo l'imprigiona-Dal nostro ultimo appuntamentodi nuovo sono successimento e la fucilazione, la deportazione di militanti dialcuni eventi storici: la mortegruppi organizzati che combattevano apertamentedel grande Papa polacco Karolcontro il potere comunista. Per assicurare il loro potereWojtyła - Giovanni Paolo II eegemonico sugli esempi dei bolschevichi leninisti il'elezione del nuovo Papa, il suoregimi comunisti si sono inquadrati in una guerra disuccessore tedesco Josephclasse spietata, in cui l'avversario politico e ideologico eRatzinger col nome Benedettopersino la popolazione renitente erano considerati e<strong>XV</strong>I. E di questi eventi traggotrattati alla stregue di nemici e dovevano esserel'argomento del presentesterminati eliminando sia legalmente sia fisicamenteeditoriale stavolta notevolmentequalsiasi opposizione o resistenza, anche passiva dapiù lungo del solito. Non si può nascondere la grandeparte di gruppi di oppositori politici o di quelli socialitristezza di tutti noi credenti e non credenti, perché acome la nobiltà, la borghesia, l'intellighenzia, la Chiesa,tutta la umanità viene meno la presenza visibile e lale categorie professionali (gli ufficiali, le guardie, etc.),vicinanza della grande figura del papa polacco decedutoe questa eliminazione ha spesso assunto la dimensioneil 2 aprile scorso. Per capire la sua grandezza facciamodel genocidio. La «dekulakizzazione» dell'URSS delun po' di ritorno nella nostra memoria storica: il30OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


1930-32 fu la ripresa su ampia scala delladecosachizzazione: questa volta, però fu rivendicata daStalin, la cui parola d'ordine ufficiale, strombazzatadalla propaganda di regime, era «sterminare i kulak inquanto classe». I kulak che resistevano allacollettivizzazione furono fucilati, gli altri deportati condonne, vecchi e bambini. Certo, non furono tuttieliminati direttamente, ma con il lavoro forzato al qualevennero sottoposti in zone non dissodate della Siberia edel Grande Nord, lasciò loro poche possibilità disopravvivenza Anche in Ungheria, nella mia patriad'origine furono vari campi di concentramento e campidi lavoro forzato. Il terrore comunista non si differenziaa quello nazista. Poi non parliamo del fatto, che ivincitori del 1945 hanno legittimamente fatto delcrimine, ed in particolare del genocidio degli ebrei Èbene sapere che il potere di Stalin e dei sui emulivoleva regolare il conto con gli ebrei nell'apparatocomunista internazionale eliminandoli definitivamente.Questi ebrei comunisti non aderivano alla confessioneebraica. La loro identità sembrava, invece, legata allanazione nella quale si erano integrati oppure alla loroappartenenza alla comunità comunista internazionale.Per mancanza di testimonianze e di fonti non si sacome questa identità fosse stata influenzatadall'esperienza del genocidio. Si sa, tuttavia, che moltidei loro parenti erano morti nei campi di sterminionazisti. Questi ebrei comunisti, fortementerappresentati nell'apparato dell'Internazionalecomunista, continuarono dopo la guerra a occupareposti chiave in parecchi partiti ed apparati di Statod'Europa centrale. Nella sua sintesi sul comunismoungherese lo storico Miklós Molnár scrive: «Al verticedella gerarchia, i dirigenti sono quasi sempre di origineebraica, come pure, sebbene in proporzioneleggermente minore, nell'apparato del Comitatocentrale, nella polizia politica, nella stampa,nell'editoria, nel teatro, nel cinema… La forte edindubbia promozione dei quadri operai non puònascondere il fatto che il potere decisionale appartiene,in larghissima misura, ai compagni provenienti dallapiccola borghesia.» Nel gennaio 1953 il capo dellaSicurezza di Stato ungherese ed ex amico di LászlóRajk, Péter Gábor, fu arrestato come cospiratoresionista. Il discorso ufficiale di Rákosi, anch'egli ebreocomunista, che lo bolla con il nomignolo di «Péter e lasua banda» (lui e alcuni ufficiali della Sicurezza) ne faun capro espiatorio.La repressione dei regimi comunisti in Europa, èdefinibile terrore di massa, si basava sulla violazione el'eliminazione delle libertà dei diritti fondamentali, ilche, del resto, costituiva il suo scopo. L'assolutachiusura degli archivi nei paesi governati dai regimicomunisti, il totale controllo della stampa, dei massmedia e di tutte le vie di comunicazione con l'estero, lapropaganda sui «successi» del regime, tutto questodispositivo di blocco dell'informazione mirava in primoluogo a impedire che si facesse chiarezza sui crimini.Non contenti di nascondere i loro misfatti, i carneficihanno combattuto con tutti i mezzi gli uomini chetentavano di informare l'opinione pubblica. Il terrore dimassa come metodo di repressione non era scomparsoneanche negli anni 70-80! Particolarmente alla finedegli anni 70 ed all'inizio degli anni 80 in Ungheriaanch'io con la mia famiglia ero vittima protagonistamirata della persecuzione spietata del regimecomunista di Kádár dello Stato-partito ungherese. Finoal cambiamento del regime del 1989 un apparato dispionaggio vastissimo funzionava non soltanto contro ipresunti nemici esteri, ma contro «i nemici» internietichettati «nemici di classe», «persone non grate».Di fronte alla propaganda comunista l'Occidente hadato prova a lungo di una straordinaria cecità (voluta?)!La chiamerei piuttosto omertà. (Non era un accordo trai paesi occidentali?) Questo comportamento è statoalimentato e quasi legittimato dalla convinzione deicomunisti occidentali e di molti uomini di sinistra chequesti paesi stessero «costruendo il socialismo».All'ignoranza, voluta o meno, della dimensione criminaledel comunismo si è aggiunta, come sempre,l'indifferenza dei contemporanei. Gli archivi interni delsistema di repressione dell'ex Unione sovietica, delle exdemocrazie popolari e della Cambogia mettono unarealtà terribile: il carattere massiccio e sistematico delterrore che, in molti casi, è sfociato nel crimine control'umanità.La strategia ragionata della repressione comunista,volta ad instaurare il potere assoluto, dopo avereeliminato i concorrenti politici e tutti coloro che avevanoo potevano avere un «potere reale» - fra gli altri, iquadri dell'esercito e della Sicurezza - a rigor di logicaavrebbe dovuto attaccare gli organismi della societàcivile coloro che volevano assicurarsi il monopolio delpotere e della verità dovevano colpire le forze cheavevano o potevano avere un potere politico-sociale:dirigenti e militanti politici o sindacali, ecclesiastici,giornalisti, scrittori, etc. La vittima veniva spesso sceltafra coloro che occupavano un posto chiave negliorganismi della società civile: partiti, chiese, sindacati,ordini religiosi, associazioni, organi di stampa, poterelocale. Il potere totalmente sottomesso all'UnioneSovietica, ordinava di spezzare tutti i numerosi legamidella società civile con l'estero.Le dittature comuniste temevano gli spiriti creativi, laloro libertà di parola.Le Chiese rappresentavano per il potere comunista ilgrande problema nel processo di annientamento o dicontrollo degli organismi della società civile. Lastrategia di Mosca era ben definita: rompere i legamidelle Chiese, cattolica o greco-cattolica, con il Vaticanoe sottomettere al potere le Chiese divenute nazionali.Per raggiungere il loro scopo - ridurre l'influenza delleChiese sulla vita sociale, sottometterle al minuziosocontrollo dello Stato e trasformarle in strumenti dellaloro politica - i comunisti si avvalsero congiuntamentedella repressione, dei tentativi di corruzione edell'infiltrazione nella gerarchia. L'apertura degliarchivi ha smascherato l'attività di collaborazione dimolti ecclesiastici, vescovi compresi, con la poliziasegreta.Quindi la vita della Chiesa nei paesi caduti dal 1945sotto l'egemonia ed oppressione sovietica fu moltodifficile. Dopo gli arresti, le condanne, la prigionia o larelegazione della maggioranza dei vescovi cattolici neglianni posteriori al 1945 e la rottura delle relazionidiplomatiche con il Vaticano, nei paesi dell'Europacentrale ed orientale era scesa sulla chiesa una pesantecoltre di gelo. Pastori incarcerati e confinati, caseOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 31


eligiose e monasteri confiscati, seminari chiusi o ridottial minimo, congregazioni religiose, scuole cattoliche edorganizzazioni giovanili soppresse, curie vescovilicontrollate da emissari governativi, clero falcidiato etenuto estraneo a ogni realtà sociale, i giovani, ifunzionari, i militari, gli insegnanti impediti nelfrequentare le chiese. Unica eccezione era la patria delGiovanni Paolo II, la Polonia, dove la Chiesa con ilvigore di una fede antica e fervente e col suo forteradicamento nella realtà nazionale, riusciva a tenertesta, tra privazioni e sacrifici, alle pressioni del regimerosso.Le strutture del «socialismo reale» apparivanofortissime, inespugnabili.L'elezione a papa del cardinale Karol Wojtyła il 16ottobre 19<strong>78</strong> fu l'improvviso evento che ha sommossodal profondo la realtà dei paesi a regime comunista.Apparve subito che il papa venuto dalla lontana Poloniaportava in una personalità vigorosamente carismatica,alcuni elementi che nel decennio dal 1979 al 1989, allacaduta dei regimi totalitari comunisti vennero fattori disfida e di totale confronto: l'esperienza personale cheun pastore della Chiesa aveva delle oppressioni eingiustizie sofferte nel copro e nello spirito, della propriagente; l'affermazione che i diritti dell'uomo affondanonell'unica radice della dignità della persona, sonostrettamente connessi fra loro - scelte di coscienza,espressioni del pensiero, libertà di lavoro e diassociazione, etc. - e costituiscono la verifica per lalegittimità degli Stati e dei governi; la fierezza di unanazione che, come diceva il cardinale Wyszyński,avendo avuto confiscate la libertà e sovranità,rivendicava la restituzione della propria dignità storica ecristiana.Ed ora il nuovo papa, successore del Grande ecompianto papa Wojtyła ha il compito di continuare talemissione che ha guadagnato la fiducia e la gratitudinedi papa Giovanni Paolo II, che in lui ha trovato lagaranzia dell‘ortodossia e il collaboratore competente,grazie al quale ha pubblicato encicliche come la «Fideset Ratio» e ha portato a termine quel «NuovoCatechismo» che ha fissato i confini al di là dei quali siesce dalla comunione di fede. Il nuovo papa JosephRatzinger, Benedetto <strong>XV</strong>I vuole continuare senzacambiamenti l'opera di vita del Papa Giovanni Paolo II edei suoi predecessori annunciando anche che nonrisparmierà «sforzi e dedizione» per proseguire «ilpromettente dialogo» avviato dai suoi predecessori conle diverse civiltà «perché dalla reciproca comprensionescaturiscano le condizioni di un futuro migliore pertutti». Ha anche detto: «È mio desiderio proseguirequesto fruttuoso dialogo e condivido, in proposito,quanto ha osservato Giovanni Paolo II che cioè "ilfenomeno attuale delle comunicazioni sociali spinge laChiesa ad una sorta di revisione pastorale e culturalecosì da essere in grado da affrontare in modo adeguatoil passaggio epocale che stiamo vivendo".»E qui devo sottolineare - sia per l'Ungheria che per glialtri Stati d'Europa - che quanto sia importantecontinuare il cammino sulle tracce dell'eredità grecoromana-cristiana,di cui alimentavano quelle culturali,artistiche da parte di ciascuna nazione senza perdere lapropria identità nazionale (!). Perché tutte questeradici tradizionali insieme hanno formato l'Europaquella che è ora. E per questo dobbiamo ricordareassolutamente anche al grido di Giovanni Paolo II:«Non si tagliano le radici dalle quali si è nati», perchégli elementi più preziosi e prestigiosi dell'identitàculturale europea, gli elementi che definiscono l'Europacome tale sono particolarmente: le radici cristiane el'eredità greco-romana. [N.d.A.: A proposito di questoargomento potete leggere una selezione dei testi da me curata nellarubrica «L'ECO & RIFLESSIONI ossia FORUM AUCTORIS».]Mi riempie di gioia, che il papa Ratzinger conoscebene anche noi magiari - come anche Giovanni Paolo IIche spesso ribadì anche gli episodi della nostra storiacomune cioè quella dei Polacchi e Magiari -, ha anchevisitato più volte la mia Patria la quale egli vuole bene.Nel suo messaggio inviato tramite il primato Péter Erdő(n. 1952) ha espresso il suo saluto affettuoso per ilpopolo ungherese chiedendo la benedizione del Dio peresso. Ringraziandola prego per lui che possa portareavanti la sua grande missione per il bene dell'interaumanità!EDITORIALE A<strong>NN</strong>O X <strong>NN</strong>. 49/50 Marx.-Apr./Giu.-Lu. 2006[...] Se darete un‘occhiata aquesto nostro fascicolo, scoprireteche siamo arrivati ad unnumero giubilare: 50. In piùcamminiamo anche verso al 10°anniversario della nostra pubblicazione.In queste occasionivorrei dire grazie a tutti i mieifissi o occasionali Collaboratori adistanza, ai Corrispondenti e adAutori vari che in tutti questi annihanno dato il loro validocontributo, così abbiamo camminato insieme finoadesso, un periodo che è quasi metà della miapermanenza di 22 anni in Italia.Quando ho fondato questa rivista, ho avuto scopidiversi: prima di tutto quello di dare a me stessa unimpegno intellettuale regolare, dato che non potevoesercitare la mia professione originale di docentepresso la pubblica istruzione italiana – salvo qualcheoccasionale lezione volontaria o d‘insegnamento privato–; dato che la mia seconda patria non mi ha offertoaltre possibilità di lavoro redditizio e continuo – potreiscrivere dei grossi volumi sulle amare esperienze inproposito – ed ho solo avuto ed ho scarse possibilitàoccasionali – dietro compenso – di traduttrice,interprete, mediatore linguistico-culturale.Devo anche annotare che, qui in Italia, dell‘attivitàgiornalistica ho avuto delle possibilità soltantooccasionali e gratuite. Un altro mio obbiettivo era dipoter esercitare a pieno titolo anche la professione digiornalista, quindi essere iscritta all‘Ordine Nazionaledei Giornalisti Italiani: nonostante le mie referenze, leredazioni non mi hanno dato la possibilità delpraticantato al fine di essere iscritta all‘Ordine. Per meera d‘importanza vitale appartenere almeno ad unordine professionale italiano. Non ho aspirato allacategoria del giornalista professionista, perché essendo―soltanto‖ pubblicista – categoria disprezzata da molticolleghi professionisti – posso anche dedicarmi – se micapitano! – ad altre attività professionali redditizie. Nelfrattempo anche in Ungheria sono diventata giornalista(professionista e pubblicista) a pieno titolo. A questi32OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


scopi si era associato quel desiderio di dare una voceagli scrittori minori oppure ignorati e far conoscereanche la letteratura e cultura ungherese della miaPatria d‘origine: Essendo di origine ungherese e propriodocente anche della letteratura magiara mi sono sentitain prima persona moralmente obbligata a diffondere unpo‘ le perle letterarie della mia Patria d‘origine, ancheperché nonostante l‘alto livello letterario mondiale, acausa della lingua, le opere dei miei compatrioti inOccidente difficilmente vengono tradotte dalla linguaoriginale, e molte volte provengono da qualchetraduzione tedesca o di lingua slava. Poi, questa rivistavoleva essere non soltanto italiana, ma ancheinternazionale: lo suggerisce anche il titolo della testatacon la dicitura: «Ferrara e l‘Altrove».In un editoriale del 2001 ho scritto questeosservazioni che ritengo ancora attuali: «Oggi,purtroppo, possiamo constatare che i valori sonodeformati. Il mondo in cui viviamo è dominato dalprofitto e dal mercato, tutti vogliono accaparrarsi leposizioni migliori. La gente vive in una gara spietata edin questa lotta cambiano totalmente i criteri divalutazione così si perdono diversi elementi del nostroessere umano. La gente è impaziente, non conosce latolleranza. Come se vivessimo in una nuova torre diBabele: l'umanità d'oggi è costituita da una massa dipersone che non si capiscono tra di loro ed è quindisempre meno capace di capire le scienze e la cultura.Le conseguenze dell'orientamento al profitto sonoevidenti anche nelle fonti della cultura: sono sempre inmaggior numero gli editori, teatri, studi che puntanoprincipalmente al raggiungimento dei superprofitti e perquesto scopo producono dei libri e degli spettacolicommerciali che non offrono divertimento di lungadurata, non trasmettono valori, ma al contrario, sonopiù facilmente digeribili, più velocemente vendibilipertanto portano profitti maggiori. In questo modo lacultura si è spezzata in due: la cultura d'èlite chegarantisce effetti e sensazioni di lunga durata e lacultura di massa, che conquista sempre maggiorespazio, spesso esclusivamente con scopo di lucro (…).La massa è più interessata agli show luccicanti privi diumorismo ma pieni d'idiozia, alle star famose, alle soapopere,e così via. Nel mondo dei libri soltanto una fasciasempre più esigua di persone cerca i libri di qualitàrispetto alla letteratura mediocre o di pura evasione,pertanto l'edizione dei primi è in continuo calo.Purtroppo è il mercato a pilotare le arti, perché riesce asopravvivere soltanto quell'artista, scrittore, scienziatoetc., che dispone di una fonte finanziaria.Quindi la cultura viene suggestionata dal mercato ed ilmercato è controllato sempre più da gruppi ristretti.Così il futuro della cultura è concentrato nelle mani dipoche persone… Non è facile affatto dare delle ―ricette"adatte a salvaguardare la vera cultura. Il problema èpiù complesso di quanto si possa pensare… Avremo uncompito importantissimo: quello di risponderecorrettamente ai richiami, sfidare le "produzionispazzatura", le basse esigenze culturali, risollevare ilgusto medio della gente dalla mediocrità in cui staaffondando, impegnarci per la conoscenza e per laconservazione delle tradizioni locali e nazionali e fare inmodo che i valori oggi appartenenti alla cultura d'èlitesiano accessibili a tutti con un utilizzo ragionevole dellenuove tecniche… Comunque, ogni membro delle societàdeve essere consapevole del fatto di non esseresoltanto una ruota nel meccanismo del mercatocapitalista, che la vita non è solamente unacompetizione, ci dobbiamo rendere conto di essereanime sensibili, bisognose di una visione del mondosana, di valori reali e della vera cultura…» Queste mieosservazioni ancor‘oggi non hanno purtroppo persol‘attualità.Le parole di Jolanda Serra meritano essere citateanche dopo cinque anni, pubblicate nel doppioeditoriale del nostro fascicolo della primavera-estate del2000 (v. <strong>NN</strong>. 13/14): «Leggo i pensieri dei tanti comeme che in attesa di un domani, che sia più giusto; di undomani che ci dia voce che venga e risuoni tra gli umoridel tempo; una voce, la nostra, che sia alta e fortecome quella di coloro che… parlano… parlano… (ah, separlano!) e mettono fuori suoni e suoni e non ascoltanomai la bizzarria e la monotonia del loro "muto" parlare.E sì, perché noi (poeti) siamo muti di voce… peròparliamo; loro (tutti gli altri) sono la voce dei muti… eparlano senza mai dire!E dice Alfonso Savio di Napoli: "…ascolto la miavoce…", mentre "…la voce di lei… è coperta dai rumoridel mondo", e prendo in prestito questi pensieri pertrasportarli oltre e metterli fianco a fianco e poi stare lìa guardarli e a sentirli parlare; la mia voce è muta,eppure io l'ascolto, ascolto il silenzio; la voce degli altririmbomba per il mondo, ma i rumori del mondo stessone seppelliscono i suoni.E l'una e l'altra non sono più ciò che erano, ma sifanno altro ed allora il mio silenzio si fa voce e la vocedel mondo si fa silenzio: fuori e dentro me!E per tutti noi, poeti, c'è una voce, una voce fatta disilenzi che ci accompagna nel buio dei nostri giorni e ciscioglie le amarezze, goccia per goccia, come perennemedicina salvavita che rinasce ad ogni tramonto e siconsuma ad ogni respiro.E c'è poi una voce di tutti che sbraita, impreca,s'avvinghia, s'aggrappa, scivola sugli specchi, percuotee frusta, si tonifica del silenzio degli altri e s'erge apadrona di tutto e di tutti, ma questa non ci appartiene:non è la voce dei poeti, ma la voce di chi non chiede:prende; di chi non ascolta: urla; di chi crede: ma nonsa; di chi pur di far tacere la voce del fondo: strilla,sgomenta; spazza ed impazza come la bufera che stapercuotendo i vetri del mio balcone.E da questa rivista, s'alza una voce: è la mia voce, èla nostra voce; è la voce di chi ama, di chi guarda, dichi ascolta, di chi tace, di chi non parla, di chi dice colsilenzio dei suoi pensieri; di chi pensa e modula il suonodella sua voce, che sia dolce ed umana, ritmica emelodiosa, che sia calda ed intensa come le fiammeche mi lambiscono il volto in quest'istante.È la voce di questa rivista che riempie in questomomento la mia stanza e il mio cuore; ed io l'ascolto eparlo; e parlo a tutti coloro che hanno lasciato la lorovoce su queste pagine; e parlo a me e non sento più lesferzate che travolgono le pareti della mia casa enemmeno l'urlo del vento che scuote le ombre dellanotte che già hanno invaso il cielo.E mentre lascio che le voci mi scorrano dentro, sentouna magia che mi percorre la mano e lo sguardo: daTreviso la voce scende giù, fino a Siracusa e poiOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 33


imbalza per San Mauro Forte e torna a Messina pertoccare Piombino e Parma e Biella e Malta e Osimo eFerrara e… il suo altrove… ed io sento un solo suono,un ritmo che danza dentro di me, un unico palpito, ununico respiro di speranza… nonostante tutto!…»Mentre porto avanti la nostra rivista, quale unicaragione della mia esistenza professionale ed attivitàintellettuale continua contro l‘imbecillimento forzato –sto aspettando anche la pensione ungherese* ridotta –spero concessami per la mia attività di insegnamentosvolta nella mia patria d‘origine – la quale sarà una cifraridicola, circa 100 € mensile, se non meno (!)–, al disotto anche del livello minimo sociale… Ma sarà sempreuna piccola entrata regolare finché campo, diciamo unasabadina mensile… Sempre meglio di niente, dato che acausa delle mie condizioni lavorative non ho diritto allapensione italiana… Però è una cosa triste: 22 anni dilotte inutili e praticamente senza risultato nonostanteche non sia rimasta seduta con le braccia incrociateaspettando chissà che fortuna!L‘«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>» dal primo numero ha fattouna grande strada, ha pubblicato opere di autori validi.Ha cercato di dare voce a chi non l‘aveva sia in Italia,sia altrove nel mondo. Speriamo di riuscire a continuarequesta missione nonostante le mille gravi difficoltà…[...]* N.d.R.: Purtroppo a causa del cambiamento dellalegge del pensionamento non ho più diritto neanchealla pensione minima. In Ungheria non avendo più lapossibilità di avere un lavoro redditizio per lavorare finoagli anni di servizio prestabiliti e fino all‘età anagraficarialzata per il pensionamento, non potrò mai avere lapensione ungherese. A causa della mia precarietà, inItalia invece non potrò mai corrispodere ai requisitipensionistici per il servizio, quindi non avrò mai dirittoal pensionamento per il servizio di lavoro svolto...«Allegria!»...EDITORIALE A<strong>NN</strong>O XI <strong>NN</strong>.55/56 Marz.-Apr./Magg.-Giu. 2007rivista. Chissà se avrò mai la possibilità di pubblicareper un altro decennio il nostro <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>(O.L.). Spero proprio di sì… Però la vita èimprevedibile…Posso ringraziare l‘O.L. per tante belle cose: prima ditutto per avermi permesso di poter continuare anche incerto senso la mia professione originale, di docente diletteratura, di storia ed il giornalismo, per avermiconsentito l‘insegnamento dell‘ungherese come linguastraniera agli adulti italiani, infine per avermi offerto lapossibilità di eseguire traduzioni letterarie e tecniche, einterpretariato sia per la rivista che per i vari enti edistituti culturali e scolastici italiani ed esteri. Attraversoquesti contatti ho avuto modo di fare conoscenza contanti validi scrittori, poeti, traduttori letterari, professori,ricercatori, studiosi in tutto il mondo e di scambiare conloro idee su vari argomenti letterari e su varie ricerche.Posso inoltre ringraziare la rivista anche per il fatto chei miei allievi mi contattano in un numero crescente,anche dopo 24-28 anni mi scrivono delle bellissimelettere rievocando con nostalgia le lezioni da meimpartite. Che gioia maggiore può avere unaprofessoressa, se non queste gratificazioni da parte deisuoi allievi bravi e anche meno bravi?! Ricevocontinuamente tante lettere ed anche dopo tanti annimi ringraziano per il mio impegno nell‘insegnamento enell‘educazione. Quando leggo queste lettere micommuovo inevitabilmente ed ho veramente nostalgiaper la mia carriera interrotta d‘insegnante e pedagoga.Poi non soltanto i miei ex allievi prendono contatto conme, ma anche loro conoscenti o amici perché miricordano quando nelle mie ore buche ho sostituito imiei colleghi assenti nelle loro classi. Erano piacevoliquegli anni, anch‘io li ricordo volentieri, fino a quandoebbe inizio la persecuzione politica comunista orientataad eliminare la mia famiglia con tanti altri ―dissidentipolitici‖…Comunque mi rende tanto felice, che anche dopo dipiù di due decenni non mi abbiano dimenticata. È unastupenda esperienza umana e professionale!Adesso però cambiamo argomento.Il 18 gennaio scorso, presso il Centro «Card.Schuster» a Milano, per il ciclo «Oggi parliamo diScuola», la sezione milanese dell‘UCIIM, associazioneprofessionale cattolica di docenti, dirigenti e formatoridella scuola anche a carattere di formazione tecnica, haproposto un incontro di aggiornamento sul tema ―Crisidella letteratura occidentale‖.La letteratura occidentale è moribonda e versa inun'agonia che molti si ostinano a non prendere sulserio, e chi se ne occupa non lo fa in mododisinteressato. Più che vivere, sopravvive; da lungotempo la Musa delle belle lettere ha smesso digermogliare, di gettare fiori e foglie e di dare frutti.Certo, la disgrazia non è avvenuta all'improvviso né percause ignote. Atroce è lo spettacolo che la letteraturaoffre di sé: somiglia ad un albero capovolto, unpoderoso albero secolare, secco, rovesciato da unaviolenta tempesta e lasciato nella desolazione di unmattino senza nubi, con le radici fuori dal terreno,sconvolte e protese come braccia nell'aria avvelenata.Ignari e colpevolmente sprovveduti, gli scrittoricontemporanei vivono come se tutto fosse un problemaideologico, dunque una colpa di ―qualcuno‖ o peggio[...] Siamo entrati in un altronuovo anno: nel 2007, a tre annidi distanza dalla fine del primodecennio del XXI secolo. Trovo lavelocità del tempo - con cui glianni passano impressionante.Chi lo avrebbe pensato che 40anni fa, d‘estate lavorai dastudentessa lavoratrice guadagnandoper la prima volta il mioprimissimo stipendio presso la fabbrica di mobili «JózsefSzigeti» di Veszprém. Ormai quella fabbrica non esistepiù. 35 anni fa scrissi il mio elaborato d‘ungherese instile giornalistico per l‘esame di ammissioneall‘Università di Pécs! 30 anni fa, d‘estate - comepraticante giornalista stipendiata - scrissi i miei primiveri articoli ed interviste giornalistiche per il quotidianoregionale di Veszprém intitolato Napló (Diario) grazie aduna partecipazione al concorso ―Cercansi giornalisti‖,bandito dall‘allora unico Ordine Nazionale dei GiornalistiUngheresi. È anche incredibile che siano già passati 28anni dalla mia laurea di Magistero e 23 anni dal mioarrivo in Italia. Sono volati velocemente anche gli annidall‘ottobre 1997, che fu l‘anno della fondazione e dellapubblicazione del primo fascicolo, n. 0, della nostra34OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


del «potere»: sono degli sciocchi pagati o mal pagatiper continuare ad esserlo. Appagati dalle royalties chequello stesso sistema contestato versa loro come dirittid'autore, seguono una facile opzione politica per laquale i colpevoli ci sono, ma sono sempre dall'altraparte: letteralmente, non vedono, e i loro libri ne sonouna prova. Magari hanno letto Nietzsche da destra o dasinistra, tralasciando però l'idea centrale del filosofotedesco, secondo la quale il nichilismo èHeimatlösigkheit cioè la perdita dell'intima radice,paterno-materna e la perdita contemporanea dellapropria origine.Gli scrittori contemporanei si rallegrano di non essere«provinciali», ignorando che è invece questo è il lorolimite. Lo sradicamento è il fatto più grave che siaavvenuto nel corso del Novecento… Ma lo sradicamentoè un fenomeno inevitabile oppure si può opporvisi conuna medicina che guarisca e ricostruisca?Questi interrogativi e questi argomenti, tratti dallibro intitolato L'albero capovolto del relatore prof.Andrea Sciffo, docente di Lingua e Letteratura italianapresso il Liceo «Don Gnocchi» di Carate Brianza -, chetratta degli scrittori del radicamento nel ‗900 per IlCerchio Iniziative Editoriali, erano il motivo inizialedell'incontro targato UCIIM MILANO, rivolto a chi vuolecontribuire a creare – nella Scuola, nella Società e nellaChiesa – un humus culturale affinché l'uomo mettaradici in un habitat dove davvero si possa vivere e nonsolo vegetare. (Fonte: http://www.orizzontescuola.it)[...]EDITORIALE A<strong>NN</strong>O XI <strong>NN</strong>.57/58 Lu.-Ago./Sett.-Ott. 2007Scrivo questo editoriale inpiena stagione primaverile,esattamente il 1° maggio.Anche stavolta, dall‘ultimofascicolo della nostra rivista, aldi fuori dei lavori redazionali egiornalistici ho fortunatamenteavuto un semestre moltosoddisfacente ed estremamentedenso di impegni professionalifinalmente non frustrati mameritatamente e dignitosamente compensati: traduzionistoriche, letterarie, tecniche; interpretariato giudiziarioalla procura ed insegnamento per adulti.Nell‘editoriale precedente ho accennato alcuni bellieventi che posso ringraziare a questa nostra rivista.Questo miracolo ancora continua: grazie ai miei articolispecifici storici e linguistici continuano a contattarmiricercatori, studiosi storici, linguistici, etruscologi,magiaristi, e così via, in modo tale che mi trovo in unnotevole imbarazzo: faccio veramente fatica arispondere a tutti in merito. Soltanto la corrispondenzapotrebbe essere un impegno di lavoro soltanto di unapersona. A causa dei miei impegni regolari e giornalierisopra accennati che mi prendevano e prendono l‘interagiornata, ho avuto poche ore notturne a disposizioneper rispondere ai vari quesiti storici e linguistici. Tra essiecco ad esempio di un mio recentissimo episodio –senza escludere ed offendere gli altri validi incontritelematici e reali -: il contatto del noto scrittore, criticod‘arte e giornalista nonché giurista ungherese GáborCzakó, da cui ho ricevuto una lettera di richiestad‘opinione a proposito di un suo lungo studio linguisticoallegato. Ho ancora debito nel suo confronto, non sonoancora riuscita a rispondergli, perché anche la miarisposta deve essere equivalente ad uno studioapprofondito e per questo ci vorrà del tempo non poco.Ho soltanto gettato giù alcune riflessioni a proposito,ma non sono sufficienti per la risposta che aspetta dame. Ho incontrato lui – non personalmente – nei lontanianni del 19<strong>78</strong> o 1979, grazie al suo romanzo intitolatoLa cronaca di Várkony, uscito intorno a questi anni. Nonmi ricordo quando ho letto quel libro: se ero agli ultimiesami di stato in magistero, oppure insegnavo già comeneolaureata docente. Di una cosa però sono certa: se aquei tempi qualcuno mi avesse detto che un giornoquesto già allora celebre scrittore mi avrebbecontattato, l‘avrei deriso. Però, le cose più impensabilipossono succedere nella realtà! Questo fatto non è unasoddisfazione qualsiasi: è la testimonianza che personealtamente considerate nelle varie sfere scientifiche eculturali mi leggono, mi cercano e mi contattano perchétrovano i miei articoli, le mie osservazioni interessantisia sui portali del nostro «<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>», siain altri portali letterali, storici, linguistici, etnografici ecosì via. Nonostante a una mia presenza non frequentea questi portali, l‘alto numero di lettura dei mieiinterventi parlano da sé; in un portale sono arrivata alquinto posto tra i top 30 autori. Quindi, direi che nientemale, posso essere veramente soddisfatta e possorallegrarmi: i miei saggi, le mie opinioni non cadono nelvuoto. Potrei desiderare di più a proposito dei mieiLettori? Certo a tutto questo internet ha dato unagrande mano ed io so soltanto lodarlo per le possibilitàche mi offre. È vero che l‘internet ha tanti altri lati,anche negativi, ma – ritengo – che tutto dipenda da chicome, per cosa verrà utilizzato. Per me è un grande,indispensabile strumento di lavoro ausiliario, unabiblioteca ed archivio a portata di mano, un‘enormefinestra per l‘intero mondo e fonte preziosa in moltediscipline.Ed ecco un'altra mia recente esperienza piacevole -nonostante tutte le difficoltà immaginabili - che hoavuto dalla commissione da parte di un autoreungherese che risiede a Vienna per tradurre un suolibro: questo lavoro di traduzione che era moltoimpegnativo, è stato abbastanza lungo a causa deldividermi tra i vari impegni contrattuali in corso: dalfine di ottobre fino alla consegna del lavoro del 30aprile. Di questo libro di Zoltán Hunnivári ho già fattouna breve presentazione nel nostro precedente numeroe qui, in questo fascicolo riporterò alcuni brani scelti adiscrezione mia.Durante questo lavoro di traduzione ho quindi avutola possibilità di acquisire informazioni nuove edapprofondire delle conoscenze vecchie quasi giàscontate a causa del nostro ritmo di vita in corsa, delnostro tempo che passa, che fugge, tempo che cimanca… Ma mai abbiamo formulato la domanda: checos‘è realmente il tempo? Citando Diana Tura possiamodire, che da quando l‘uomo, osservando il semplicealternarsi della luce e del buio, ha cominciato ad averepercezione del tempo e a prenderne coscienza, si èsubito posto il problema di definirlo e misurarlo. Filosofie scienziati, da Aristotele a Einstein, si sono occupatiper secoli del suo significato nel tentativo di definireOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 35


questo principio così astratto, ma anche così concretoper l‘organizzazione della vita quotidiana dell‘uomo. [...]Però ecco il tempo tiranno, che – citando ZoltánHunnivári - «in sé unisce sia l‘attimo che l‘eternità, chescorre silenziosamente, ininterrottamente, in modoinvisibile, non palpabile, non afferrabile»…Appunto. Per questo devo anche cambiare argomentoper terminare questo editoriale. [...]Vi informo con gioia che nel mese di aprilel‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> ha anche pubblicato un altronuovo quaderno letterario: L‘ombra delle stelle diUmberto Pasqui. [...]EDITORIALE A<strong>NN</strong>O XII <strong>NN</strong>.61/62 Marz-Apr./Magg.-Giu. 2008Eccoci al nostro nuovoappuntamento, dopo un guastocatastrofico del computerdell‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>. Hoappena spedito il nostroprecedente fascicolo ai lettori,durante il salvataggio finale sulCD il computer si è bloccato inmodo fatale che non si èriaperto oltre all‘immagine dellogo del sistema. Nel tentativo disbloccarlo il disco rigido è statocompletamente cancellato! Ho così perso tutti iprogrammi e file a partire dall‘agosto 2005, datadell‘acquisto del nuovo computer. Come se nonbastasse, anche i CD, in cui ho salvato tutti iprecedenti file non si sono aperti, così come se non liavessi mai salvati. Così ho dovuto riacquistare tutti iprogrammi indispensabili per le mie attività erecuperare da internet almeno i file pubblicati sulla rete,dal vecchio computer e dal portatile quelli che potròutilizzare per continuare anche i lavori redazionali. Perfortuna, i recenti materiali inviati alla redazione sonostati recuperati dalla webmail della casella postaledell‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>, perché dopo il lorotrasferimento sul computer non li ho ancora cancellati.Così anche molti indirizzi sono stati recuperati.Purtroppo i miei lavori (ricerche, studi, traduzioni etc.)non pubblicati in rete sono irrecuperabili: lavori di 24anni che erano ancora sotto i continui aggiornamenti.Mi sono sentita ed ancora mi sento completamenteannichilata, perché i lavori di più di due decenni svaniti,mai pubblicati non possono essere più recuperabili,anche se dovrei ritornare al loro stato dell‘agosto 2005.Questi lavori erano quasi pronti per le futurepubblicazioni sia nella nostra rivista che altrove, al difuori d‘Italia.Praticamente sto ricominciando tutto da capo…Ho anche iniziato un grande lavoro di studi inungherese – sperando che poi potrò farveli leggereanche in italiano – che riguardano le antiche tracceungheresi in Italia. Ho appena pubblicato (21/11/07)la prima parte di 24 pagine di questo studio in corso dipreparazione – nel momento della scrittura deldistruttore le orde investirono e saccheggiarono ilVeneto e la Lombardia fino a Pavia. Qui giunse lanotizia che il re Berengario aveva radunato a Veronaun esercito e gli Ungari tornarono indietro peraffrontarlo; dopo alcune vane trattative si gettaronosugli uomini del re, cogliendoli di sorpresa intenti alpasto, e li sbaragliarono. Subito dopo ripresero le loroscorrerie: un‘ondata giunse fino alla Val d‘Aosta.Un‘altra si spinse sino a Modena e a Bologna, poi lamarea rifluì a oriente e puntò verso le lagune venete.A partire da questi episodi ho iniziato la prima partedel mio studio pubblicata in ungherese in internet.Ho avuto una esperienza straordinaria a proposito.Dopo aver già pubblicato il saggio sul supplementoonline in lingua ungherese della ns. rivista mi èarrivato un catalogo per me valente un tesoro:«Ricordi ungheresi in Italia» di Dr. Florio Banfi[(Barabás) Holik László Flóris (1899–1967)], che erauno storico militare, un ricercatore ungherese chevisse in Italia e scrisse in questo nome. Banfi dallametà degli anni ‘30 lavorò in Italia e pubblicò notevolisaggi, ad es. sul Regno d‘Ungheria, sugli ingegnerimilitari operanti in Transilvania (Erdély) e sulle lorocarte fisiche, su Pippo d‘Ozora, su János Hunyadi, suS. Elisabetta d‘Ungheria, sulle variazioni italiane delleleggende di S. Margit (Margherita). Grazie a lui cheora sappiamo che il nome di Janus/Ianus Pannonius(Giano Pannonio), Giovanni d‘Ungheria, János Váradiapparsi nelle fonti, nei testi letterari appartengono adunica persona. Le sue attività di archivista bibliotecariae filologica furono strettamente collegate alle ricerchedell‘Accademia delle Scienze d‘Ungheria in Roma. Fucollaboratore principale della rivista «JanusPannonius», però dagli anni ‘50 visse nella Città Eternain grande disagio guadagnando il pane quotidiano conlavori e ricerche occasionali.La mia esperienza straordinaria era quella che ilsopra citato libro ingiallito dopo i 66 anni dall‘edizioneera ancora vergine! La prima lettrice di questoesemplare ero io nonostante che questo volume fudedicato con le seguenti parole: «Al caro cognatoRaffaello con affetto, Ladislao». (L‘immaginenell‘appendice del mio studio vedansi sull‘indirizzo:http://www.osservatorioletterario.net/italmagyarnyomok.pdf.) Però, questo signor Raffaello non fu affattointeressato per niente dell‘argomento, e lo dimostravalo stato intoccabile del libro. Anche se i fogli delcatalogo sono ingialliti, e le prime pagine anchemacchiate in cui si leggono la premessa e labibliografia a cui, sicuro, oltre che non è arrivato ilcaro cognato Raffaello. Come mai penso così? Èsemplice: i fogli del libro non sono stati tagliati, hodovuto farlo io stessa per poter sfogliarli e leggerli!Adesso oltre ai materiali in mio possesso utilizzeròanche questo volume per le prossime puntate del miostudio iniziato. Questo volume è un estratto dagli studie documenti italo-ungheresi del IV. Annuario del 1940-41 dell‘Accademia d‘Ungheria di Roma.presente editoriale ne abbiamo 27 novembre –. ALe affermazioni del primo paragrafo della premessa diproposito, Vi ricordo che i primi rapporti italoungheresihanno l‘inizio nei lontani secoli IX/X e nonquesto prezioso volume valgono anche per oggi: irapporti fra l‘Italia e l‘Ungheria dal giorno del battesimosempre amichevoli. Nella primavera dell‘anno 899 lacattolico della nazione magiara fino ad oggi non mai«pagana et crudelissima gens» degli Ungheri (ointerrotti, e dalla più varia natura, sebbene inUngari, oppure Ungheresi) si scatenò in una delle sueprevalenza culturali, trovano un imponenteterribili scorrerie: la meta era l‘Italia. Come un turbine36OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


documentazione non solo nella marea delle antichepergamene e delle carte ingiallite nascoste negli archiviaccessibili soltanto agli studiosi, ma anche da unadoviziosa quantità di ricordi monumentali che, sparsidovunque in entrambi i paesi, parlano eloquentementea tutti, di quel nobile connubio spirituale, che èprecisamente l‘amicizia italo-ungherese. Questapubblicazione cataloga i ricordi ungheresi in Italia finoall‘anno 1940: ricordi monumentali, anche sescomparsi, che hanno riferimenti all‘Ungheria e aiprotagonisti della storia dell‘Ungheria, dalla paludatastoria alla cronaca spicciola, dai personaggirappresentativi alle più umili figure della vita. Così,senza la pretesa di riuscire completo ed esauriente, haprocurato di rendere conto di circa 750 oggetti chemettono in giusto rilievo quella delicata premura con cuigli Italiani si prodigarono nel coltivare i loro legami conl‘Ungheria.Ora Vi invito a sfogliare questa rivista sperando dinon avere la stessa triste sorte del libro sopraccitato![...]EDITORIALE A<strong>NN</strong>O XII <strong>NN</strong>. 65/66 Nov.-Febb. 2008/2009[...] Ultime notizie per lemigliori prestazioni professionalidi lavoro editoriale egiornalistico: dal 21 luglio al31 ottobre 2008 seguo uncorso di alta formazione: unMaster [...] a distanza inInformatica per la StoriaMedievale [MDISM] dispecializzazione in Giornalismostorico-scientifico, poi nell‘a.a.2008/2009 all‘Universitàdegli Studi di Roma ―Tor Vergata‖ il corso di altaformazione – sempre a distanza - un Masteruniversitario di II° livello di ―Teoria, metodologie epercorsi della lingua e della cultura italiana per glistudenti stranieri‖ per l‘insegnamento della lingua ecultura italiana agli studenti stranieri, diventando così inItalia la terza volta studentessa universitaria. Quindi acausa di questi ulteriori impegni di studi – accanto aimiei molteplici impegni di lavoro – sarò ancora piùimpegnata che mai e di conseguenza la mia presenza inrete stavolta sarà notevolmente meno attiva. Perquesto chiedo comprensione da parte di miei Lettori.Infine sono rimaste le ultime due informazioni dacomunicare: sono stata accettata come collaboratricedell‘Intralinea, rivista online di traduttologia delDipartimento di Studi Interdisciplinari su Traduzione,Lingue e Culture dell'Università di Bologna, sede di Forlì[N.d.R. nel momento della scrittura del presente editoriale hopensato che fosse una cosa seria, fosse aperta lacollaborazione a tutti gli iscritti, però non è così... Bastaentrare al sito e vedere i contributi pubblicati, e gli altristagnanti, non consultabili...], e, dal 1° luglio 2008 sonoanche membro del Sindacato Nazionale degli Scrittoriitaliani (SNS, Roma).Esaminando il mio curriculum di studi e professionale,nonché l‘elenco delle pubblicazioni hanno accettato lamia richiesta di iscrizione senza le cosiddette―presentazioni d‘ufficio degli iscritti‖ nelle sezioniLetteratura-Saggistica-Traduttori, non come inUngheria, in cui nonostante tutto questo e con laproposta d‘ufficio di due personaggi – Dr. FerencSzénási e Dr. György Szitányi – iscritti all‘Ordine degliScrittori Ungheresi hanno rifiutato la mia richiestad‘iscrizione!!! È vero, dopo la comunicazione dellareiezione della mia richiesta mi hanno notato che neglianni successivi avrei potuto ripresentare la mia richiestadi iscrizione. Da questa comunicazione sono già passati2-3 anni e non mi e venuta la voglia di riprovare.Quindi, essere membro del SNS, anche questo fatto èuna soddisfazione in più nella mia carriera professionalein Italia… Tutte le informazioni sopraddette sonodocumentate sia negli ufficiali, tradizionali archivi chetelematicamente, così né italiani, né ungheresi possonodire: ―Forestieri venuti da lontano possono dire tuttoquello che vogliono!…‖Tutto questo ho ottenuto grazie a mie proprie forze:non ho ricevuto sostegno finanziario dagli istituti o dallostato italiano. Con gratitudine colgo l‘occasione diringraziare i pochi abbonati sostenitori privati, gliabbonati regolari ed i lettori occasionali che hannoordinato delle copie, perché anche se queste cifrepervenute non hanno coperto neanche una edizione edistribuzione della rivista, ma mi hanno dato comunqueun gradito aiuto. Con grande gratitudine ringrazioanche mio marito che dalla cassa familiare mi è venutosoccorso quando i miei occasionali onorari non eranosufficienti per alcune edizioni dei fascicoli della ns.rivista. Proprio a causa di questa situazione non riesconeanche oggi a compensare i lavori pubblicati degliAutori o ad assicurare una copia omaggio oltre a quellecopie già prestabilite e alle copie d‘obbligo… [...]Tutti gli editoriali ed i fascicoli – alcuni integri - sonoconsultabili sulle seguenti pagine web:http://www.osservatorioletterario.net/editoriali.htmhttp://www.osservatoriletterario.net/archiviofascicoli.htmhttp://epa.oszk.hu/01800/01803Con l‘editoriale di questo fascicolo siamo arrivati ainumeri più recenti: 67/68 2009 69/70 2009, 71/722009/<strong>2010</strong>, 73/4 <strong>2010</strong>, 75/76 <strong>2010</strong> ed all‘attuale <strong>77</strong>/<strong>78</strong><strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> di speciale edizione con la copertina a colori:OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 37


Se l‘economia mi permetterà,oltre al presente numero, fino alfascicolo del 83/84 <strong>2011</strong>/2012 larivista uscirà con la copertina acolori, poi si vedrà... (Ilcontenuto della rivista però saràstampato di nuovo in color b/n.)Infine ecco una selezionedelle testimonianze riguardantil‘attività, la vita dell‘<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>:MessaggioTelefax a: Prof. Melinda Tamás-Tarr Data:Milano, 30/03/1998 Ho letto con grande interesse laSua rivista di alto livello […] Augurando a Lei ulteriorisuccessi, porgo distinti saluti. Dott. Sólyom GáborConsole Generale della Repubblica di Ungheria (Milano)Roma, 03 Aprile 1998: Gentile Professoressa,rispondo alla lettera da Lei inviata al Presidente dellaRepubblica […] […] Le invio i migliori saluti ed auguriper il Suo impegno culturale. Gianfranca Pirisi(Segretariato Generale della Presidenza dellaRepubblica/Il Capo di Gabinetto del SegretarioGenerale)Bologna, 30 Aprile 1998 Alla cortese attenzione dellaProf. Melinda Tamás-Tarr Con la presente si rispondealla […] richiesta […] della sua impresa editorialeammirevole e coraggiosa[…]. […] Augurandole buonlavoro, inviamo distinti saluti. Prof. Roberto Grandi(L'Assessore alla Cultura/Comune di Bologna)Mario Capucci – Lugo (Ra) Gentile Professoressa, horicevuto con immutato piacere […] l'<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>, e ho constatato con soddisfazione chel'evoluzione della Sua rivista continua con notevolimiglioramenti, sia sotto l'aspetto grafico che neicontenuti, arricchita, inoltre, di molte altre pagine. Trale notizie, ho letto in un piccolo trafiletto, a caratteriintelligibili, di una Sua affermazione - che io già sapevoperché ero presente alla cerimonia di premiazione - nelConcorso Internazionale Hallstahammar in Carrara. Misembra, anzi sono certo, che Lei pecchi un po' troppo dimodestia; è senz'altro da ammirare per questo, macredo che Lei vada un po' oltre. Classificarsi al primoposto assoluto, come migliore artista di tutto il concorsoche, peraltro era aperto ad ogni espressione artistica:dalla poesia alla grafica, pittura, scultura, fotografia,narrativa, saggistica, ecc., in un concorso comel'HALLSTAHAMMAR, e pubblicare la notizia così comeha fatto Lei, credo che sia sicuramente riduttivo. Se nonaltro per il semplice motivo che Lei i suoi lusinghierisuccessi se li merita ampiamente. Quando poi pensoche vi sono persone, che per una segnalazione o unamenzione, fanno i salti mortali pur di vedere pubblicatala notizia nella cronaca locale dei quotidiani dellaprovincia, mi sento proprio di muoverle un rimprovero.[…] Con i più cordiali saluti. Mario Capucci (Lugo)Milano, 25 novembre 1998: Esimia Prof. MelindaTAMÁS-TARR, ho ricevuto la Sua lettera […]. Provvedopertanto ad inviarLe in allegato […] le autorizzazioni[…]. Appena in possesso Le invierò anche l'altra.Gentile Signora, ma come fa ad arrivare a tutto? Lei hamesso in piedi una organizzazione invidiabile che credopesi almeno per il novanta per cento sulle Sue spalle.Non finirò mai di complimentarmi ma, soprattutto, diammirarLa perché ci vuole una costanza e una forzaeccezionale per riuscire a superare quei momenti difficiliche mi raccontava quando ci conoscemmo. Io facciotanti sogni, faccio tanti progetti per lo sviluppo dellamia associazione[…]. Io cerco di tenere duro, di nonarrendermi ma vedo che ogni giorno aumentano ledifficoltà […]. […] le istituzioni non aiutano, i privati nonsi degnano nemmeno di prestarti attenzione, le grandisocietà se ne fregano delle sofferenze altrui. E allora ilmorale precipita e si porta con sé anche il desiderio difare. Pazienza! Parteciperò a qualche Suo concorso[…].Oggi Lei mi ha dato una grande soddisfazione e di ciòLa ringrazio sentitamente. RinnovandoLe le miecongratulazioni Le invio i migliori saluti. G. L.Torino, 26/11/98 Preg.ma Professoressa MelindaTamás-Tarr, inizio dai Complimenti. Complimenti per laSua Attività Giornalistica, Editoriale e di Promozioneall'Arte. Per le Sue affermazioni a livello innovativo nelsettore imprenditoriale sperando che possano avere ilmassimo dei riconoscimenti. Per la serietà e l'attenzioneche dedica ad ogni risvolto, ad ogni settore della SuaProfessione. I ringraziamenti per aver inserito la miainiziativa nella Sua Rivista ed il mio nominativo tra gliAutori su Internet ed anche per la simpatia che trasparedalle Sue parole per l'Associazione e per "Carletto".Dovesse essere utile un mio appoggio o la miacollaborazione per qualche Sua iniziativa ci conti,assolutamente. "Carletto"… quanti consensi! Perfinotroppi. Pensi che è nato per radunare scritti di mieiamici-autori, una lettera "vagante". Un mio "gioco" ecome lato divertente quello finanziario. "Carletto" èsostenuto da… ciò che io risparmio dal caffè del mattinoe dai caffè della giornata. Cioè sommo tutti i resti .[…]e la sera li "converto" in francobolli. E… "Carletto"… ènato. Buffo, ma vero. Lei non immagina quante personehanno già scritto stupite da questa iniziativa. Ma… nonandrò oltre, i Concorsi e "Carletto" è già abbastanza. Iosono un insegnante di educazione fisica, lavoro nellascuola media inferiore. Sto ottenendo moltiriconoscimenti nel campo della poesia e della narrativa(ma vorrei passare presto alla pittura, a cimentarmi adiscreti livelli) e vorrei ancora dedicarmi alle mie, infondo, giovani arti. Ho quarant'anni, ma la poesia e lanarrativa, oltre alla pittura, sono state da me scopertenon più di 6, ma forse meno anni fa.[…] Nutroprofonda stima per la Sua attività ed anche per ilPopolo Ungherese. Ho viaggiato in Ungheria negli anniOttanta ed ho potuto apprezzarne il coraggio, l'orgoglioe l'intelligenza. Non comuni, come la modestia e larettitudine. La saluto sperando che quelli che Leichiama sogni possano a tempi brevi diventare realtà,38OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


ibadendo la mia completa disponibilità ad ogniiniziativa e sottolineando i miei ringraziamenti piùsinceri. Distinti saluti. Prof. Antonio Perri11.12.1998 Prof. Marco Pennone - SavonaSavona, 11 dicembre 1998Gent.ma Prof.ssa Melinda Tamás-Tarr44100 FerraraGentilissima amica,oggi ho ritirato il pacco contenente i poemetti […] è ungiorno felice per me. Non so esprimerLe l'emozione cheho provato aprendo il pacco e sfogliando i bellissimilibretti: è difficile dirlo a parole. Le sono profondamentericonoscente per avermi realizzato un grande desiderio;grazie anche per le belle parole di conforto e di augurioche mi ha voluto indirizzare.[…] La considero già da tempo un'amica, un'amicadavvero speciale che mi auguro, in un prossimo futuro,di poter conoscere di persona. A risentirci presto per ilprimo saggio […]: ieri ho finito la stesura de "Il drammadell'esistenza in Severino Kierkegaard" e oggi inizierò adattiloscriverlo […]. Sinceri auguri di Buon Natale eFelice <strong>Anno</strong> Nuovo dal Suo Aff.mo Marco Pennone8 gennaio 1999 Ufficio Arcipretale K.h.- UngheriaSia Lodato Gesù Cristo!Drága - Aranyos MELINDA és SZERETTEI! CarissimaMelinda e Suoi Cari,Mi ha reso molto contento con l'invio della rivista di"<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>", contenente i suoi scritti, poesiee Ábel Bíró Tolnai… […] La traduzione della suapoesia sulla pagina 33… "A kutya… il cane… come se miavesse detto": mille grazie! Molte grazie, cara Melinda,per i suoi tanti lavori, per i suoi progressi e per iriconoscimenti, successi… Il buon Dio benedica la SuaVita e la Vostra Vita. Auguro un Clemente <strong>Anno</strong> Nuovoa Lei, al Suo Marito, ad Alessandra con tanto affetto eringraziamento… Le strade sono scivolose dal ghiaccio ecosì devo far svolgere, anche in questo gran freddo, lecerimonie funebri, ma accettiamo tutto (la croce) dalbuon Dio.…Io sono Madre! Chiamatemi Madre, perché io sono lavostra vera Madre… la nostra Signora Beata Mariaprotegga ed aiuti tutti Voi.Con affetto e baciamano:Emil Bollók,canonico - parroco arcipretale08.01.1999 University of Guelph - Canada/Roma – G. BartocciDepartment of Languages and Literatures CanadaAl Direttore dell'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>Egregio Dottore,sarei molto lieto di collaborare alla Sua rivista. Potrebbeinviarmi gli ultimi due fascicoli per contrassegno? Alpiacere di un Suo riscontro, mi creda Suo moltocordialmente,Dr. Gianni Bartocci26 gennaio 1999 Dott.ssa Tiziana MasucciGentile Prof.ssa Melinda Tamás-Tarr Bonani,La ringrazio per la copia di "<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>" cheleggerò con attenzione. Sono contenta di potercollaborare con Lei e presto Le invierò delle mietraduzioni o se preferisce un altro articolo letterario. Èappena uscito il mio nuovo libro, "Legami pericolosi", mipiacerebbe potergliene inviare una copia magari ancheper un'eventuale recensione, è d'accordo? La saluto consimpatia e attendo una Sua risposta.Dott.ssa Tiziana Masucci28.01.1999 University of Guelph - Canada/Roma – G. BartocciGentile Professoressa,La ringrazio pell'invio delle due copie di "<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>". Da una rapida scorsa - le ho appenaricevute - vedo che la Sua rivista contiene scritti divalore ed eccellenza letteraria. La Sua missione èveramente eroica e me ne congratulo con Lei. Scrivenella Sua lettera d'essere tornata dall'estero. SudAmerica? Canada? Stati Uniti? Desidererei saperlo. Leinvio una breve recensione che, mi auguro, vorràpubblicare. Al piacere di leggerla, mi creda moltocordialmenteSuo Gianni Bartocci11.02.1999 Mario Capucci - Lugo (Ra)Lugo, 11 febbraio 1999Gentile e stimatissima Professoressa Melinda Tamás-Tarr Bonani,ho ricevuto oggi, l'11 febbraio, la Suarivista, infatti sentivo nell'aria l'odore di Ferrara che siavvicinava. Mi sto rendendo conto che le parole dicompiacimento, ormai, si sprecano. Avevo paura dicadere nel retorico e di esprimermi con eccessivemielosità. Poi, leggendo le lettere che Le arrivano inredazione, constato sempre più che i miei giudizi sullavalidità della rivista letteraria si sommano agliapprezzamenti di tanti altri lettori. Lo dimostra anche ilconsiderevole numero di pagine, più che raddoppiaterispetto alle prime uscite, con tanti personaggi nuovi,illustri e affermati scrittori e poeti; lo dimostra,soprattutto, la splendida affermazione ottenutanell'iniziativa "Crea il tuo lavoro - Crea la tua impresa".A questo punto Lei Professoressa non ha più il diritto diarrossire per il largo successo che sta ottenendo. Credofermamente che Lei otterrà sempre più quellagratificazione che merita ampiamente. Unapprezzamento speciale poi vorrei rivolgerle per averaperto la rubrica dedicata alla musica. Io che vivoimmerso nella musica - dal canto gregoriano alladodecafonica - non posso che apprezzare l'iniziativa, inparticolare per il deferente omaggio al grande MichelPetrucciani, un grande, ma veramente grandemusicista. Ho avuto modo di conoscerlo in una sessionea Umbria Jazz e in quella fortunata circostanza ho avutomodo di apprezzare fuori dal palco la sua enormecultura e intelligenza musicale, poiché già durante iconcerti sapeva esprimere quanto di più geniale nessunaltro poteva fare; sì, capisco che è sempre questione digusti, quelle preferenze personali che distinguono l'unodall'altro, ma quando il successo corre a qualsiasilatitudine, agli incroci di ogni meridiano, allora non èpiù una questione di gusti, bensì di quella genialità che,purtroppo - forse fortunatamente - è una rarità. Io eroun grande ammiratore di Petrucciani, nella stessamisura in cui ho ammirato Charlie Parker o Chet Baker,Stan Getz o Jerry Mulligan e tutti gli altri che non citoper non annoiare. Sia ben chiaro che potrei parlare alungo anche di Mozart, Mahler, Liszt o Beethoven e viadi seguito. Forse, anzi sicuramente, sono uscito daicanoni dell'ospitalità, ma quando si tratta di musicaOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 39


perdo un po' la misura e non riesco a fermarmi.Certamente non mi sono sfuggite le altre iniziativeinerenti la saggistica, il cinema e la televisione, eneppure mi è sfuggito il riferimento all'assegnazione delI° premio del concorso "Arborense" che mi è statoconsegnato sabato, il 30 gennaio u.s. È stata una bellacerimonia, semplice, senza inutile sfarzo, ma moltocalorosa in un ambiente suggestivo di storia e di civiltà.Le chiederei ora una grande cortesia: a quale libreriaposso rivolgermi a Ferrara per acquistare l'antologia "Lapoesia dialettale ferrarese" a cura della dott.ssaNascosi, poiché mi piacciono molto le sue poesie indialetto e il dialetto per me è vita. Pensi che per ilpiacere di parlarlo, non potendo colloquiare conindigeni padroni dell'idioma, parlavo e parlo da solo - indialetto naturalmente. La saluto cordialmente e Leauguro ogni buona fortuna per tutte le sue brillantiiniziative e la ringrazio per la sempre generosaospitalità. Mario CapucciNon posso dimenticare il giorno che abbiamotrascorso insieme a Ferrara... e davvero spero si possatrascorrerne un altro forse con l'inizio del nuovo anno, overso l'equinozio di primavera... discutendo ad untavolino di un caffè di progetti rimasti in sospeso e darealizzare... sappi fin d'ora che ti porterò (in me)un'altra persona (e la sua vita e la sua immortalità), chete la presenterò sicura fin d'ora che ti amerà e l'amerai:mio padrenonno, unica intelligenza della terra cuiappartengo e apparterrò. Perché, tu lo sai bene, io nonappartengo a nessuna 'terra' se non a tutti i mondipossibili vibranti nell'universo, l'uno nell'altro; alcontempo, sento di appartenere a tutte le terre chegiungo ad amare attraverso la mia natura errante,nomade, ma gli unici luoghi in cui affondo radici che,se sradicate dall‘omega della vita si radicano e sidiramano ancor più profondamente, sono le personeche amo... [...][...]08.11.2000 Dott.ssa Monique Sartor – Saronno (Va)Carissima, indimenticabile Melinda,lo so che mi credevi sparita... o che più volte haipensato che ti avessi dimenticata. Non è così, Melinda.Quest'anno, fin dai primi mesi, si è annunciato allasottoscritta attraverso una serie di 'problemi' non certofacili a dissolversi, perché stretti come nodi ai polsi,nodi di dura corda. Ti parlerò solo dei principali, perfarti capire le ragioni della mia 'assenza' ricordandotiperò che mai ho smesso di pensarti, di pensare aiprogetti che desideravo e ancora desidero realizzarecon tè, Progetti culturali, creativi, artistici. Lo sai.[...]Carissima Melinda, sappi che ti ho seguita attraversol'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>, che sono così felice per tuttociò che stai conquistando nell'aspro territorio delleattività culturali, per tutto ciò che stai realizzando, perquesto tuo tenace (raro nella sua autenticità) ecoraggioso lavoro intellettuale ed artistico, la cuisostanza è, a mio parere, quell'‗intelligere d'amore‘ dicui ti scrivevo [già]... Farti i consueti complimenti?Quelli li lascio ad altri... e perdonami se ti possosembrare presuntuosa... voglio dirti semplicemente (icomplimenti più profondi e permanenti sono inclusi)grazie per tutto il tuo lavoro, grazie per la tuaintelligenza e la tua arte di 'comporre -anche- altra arte,o arte d'altri'... qualcuno di questi lascerà un segno...altri no... ma la cosa sicura è che tu, Melinda, lasceraiun segno non cancellabile... e questa è la tuaimmortalità (scritta e che continua a scriversi), poichénessuno nasce immortale... credo che ciascuno nascacon la possibilità di diventare immortale... sta a noilavorare per giungere a quella profonda consapevolezzadel conoscere e del fare che, mi ripeto volutamente, cipermette di ESSERE, e di, forse, essere immortali.[...]C'è un altro grazie, quello mio, strettamentepersonale, che ti voglio scrivere qui.Grazie, Melinda, per la tua vicinanza, per il tuodiscernimento nel valutare, cogliere e dar voce a quelloche è magari solo un primo vagito di poeta o scrittore...e se è vero che qui sto parlando di me, è altrettantovero che scrivo pensando anche alla moltitudine d'altridi cui ti occupi con passione e lucidità.Melinda B. Tamás-Tarr (al centro) in compagnia di MoniqueSartor al Congresso <strong>Letterario</strong> «ImmaginarioContemporaneo», Ferrara, 1999; Foto © di Salvatore FiorellaPerdonami, Melinda, non ce l‘ho fatta prima... erodavvero sovraccarica [...]... Altre cose successe,sovvertimenti, anzi una autentica rilovuzione nella miavita, ma ... ti parlerò di questo più avanti...[...]Ti abbraccio forte e ti voglio bene (e perdonami!!!)Scrivimi tre righe, se puoi,MoniqueSaronno, 08/XI/2000venerdì 17 novembre 2000 19.01 Prof. Dr. Hajnóczi GáborOggetto: Ringraziamento<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>DirezioneFerraraGentile Direttore,abbiamo ricevuto i <strong>NN</strong>.15-16 e 17-18 della Rivista e Laringraziamo. Vorremmo esprimere i nostri complimentiper il ricco contenuto dei numeri che saranno inseritinella biblioteca del Dipartimento.Tanti auguri di buon lavoro,Gábor Hajnóczi*Direttore* 1943-200540OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


(Dipartimento di Italianistica dell‘Università ELTE diBudapest), Dott.ssa Margit Lukácsi (traduttrice, italianista).Cara Melinda,La ringrazio tanto per l'invio del suo interessante ecolorito periodico l'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> ed anche peravermi in esso ricordato. È davvero bello e degno dilode che nostre signore trasferitesi in Italia dedichinocon entusiasmo ed impegno loro stesse alla cultura edalla diffusione ed al culto del ruolo che in essa hal'Ungheria. Ritengo non sia stato facile avviare eproseguire con successo questa impresa.In merito alla richiesta dell'autrice della lettera a nomeElga non posso che ribadire il Suo parere negativo.Dopo aver anche consultato per maggior sicurezza uncollega storico ricercatore su Mattia, posso solo tornarea ripetere i fatti già noti, cioè che re Mattia, da unadonna tedesca, ebbe un unico figlio illegittimo, JánosCorvin; fatto da lui bano croato, prese in moglieBeatrice Frangepán ed ebbero due figli morti ambeduein giovane età; discendenti ulteriori non ve ne sono. Ilcognome Corvin peraltro non è raro in Ungheria, chiperò lo porta nulla ha a che vedere con il re Mattia.Questo è quanto per far svanire l'illusione dellaromantica Elga.Augurando alla sua attività ulteriore perseveranza e beirisultati, con cordiali saluti,Budapest, 21 marzo 2001.Magda Jászay** Magda Jászay (1920-2009) è statauna grande studiosa della storia italianae dei rapporti italo-ungheresi, fu permolti anni collaboratrice dell‘IstitutoItaliano di Cultura, docente delDipartimento di Italianisticadell‘Università ELTE di Budapest,Cavaliere e Commendatore dell‘Ordineal Merito della Repubblica Italiana,autrice di monografie fondamentali sulle relazioni fra l‘Italia el‘Ungheria, sul Risorgimento italiano e sui suoi protagonisticome Mazzini e Cavour. Il 6 maggio <strong>2010</strong>, presso l‘IstitutoItaliano di Cultura di Budapest si è svolta la seratacommemorativa in suo onore.Si sono ricordati della figura indimenticabile e dell‘operaesemplare di Magda Jászay i suoi colleghi ed allievi, studiosi distoria e di cultura tra cui: Prof. László Csorba (DirettoreGenerale del Museo Nazionale Ungherese), Prof. ImreMadarász (Direttore del Dipartimento di Italianisticadell‘Università di Debrecen), Dott.ssa Renáta TimaCara Melinda,con gioia ho preso la traduzione de "L'angelo di Reims"e la sua pubblicazione sulla Sua rivista… È bello, caro almio cuore, sapere che ha prestato attenzione ai mieilavori e che li ama! Circa venti anni or sono uscirono initaliano in successione un articolo critico su di me edelle novelle sulla pubblicazione (se scrivo bene)"Ungheria oggi", ma si trattavasi di qualcosa alquantoufficiale. Il mio romanzo "Non abbiate paura" che oratrovasi alla XII edizione è il dono più grande della miavita; lo scorso anno è stato pubblicato in polacco,ancora prima in tedesco, e sono ora in corso lepubblicazioni in ceco ed in bulgaro. È un grandesuccesso di critica e di pubblico. (Ha per "tema" lasenescenza, la morte; è, come si dice, un romanzo didebutto.) Richiamo la Sua attenzione su di esso;toccherebbe probabilmente anche la Sua anima.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 41


Mi congratulo per la Sua scelta di vita: non deve esserefacile restare ungherese, ancor meno nella bella Italia;ma sono l'amore, la figlia e le nobili determinazioni adaiutarla nella diffusione della cultura della sua Patria.Perciò a Lei dobbiamo dire solo grazie , come pure asuo marito che l'appoggia nelsuo lavoro.Spero ci si risenta ancora.Adoperi pure le mie novellecome meglio crede!La saluto con affettoAnna J. *Budapest, 25 marzo 2001P.S. Ecco in allegato unmazzetto di fiore:* Scrittrice e poetessa. Più dettegliatamente vs. più avanti.lunedì 26 marzo 2001 13.17Prof. Dr. Hajnóczi GáborOggetto: La nostra buona fama nel mondo<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> - RedazioneEsimia Signora,La ringrazio tanto per il testo annunciato nellatrasmissione della RAI. Dato che quello non è soltantoun comunicato di notizie, ma è valutazione, anzi èanche un riconoscimento, mi permetta di congratularmicon Lei di cuore.Le auguro buon lavoro successivo.Hajnóczi GáborCara Melinda,Ho ricevuto il quaderno, ti ringrazio e sono felice chehai trovato tempo per la traduzione.Quanto scrivi dalla situazione delle donne italiane: è daamareggiarsi. Non so come riuscirei a realizzarmi inquell‘ambiente! Hai però una cosa con cui sostenerti: lalingua ungherese e la tua missione. Non è da poco!Ti penso con affetto dal centro della mia vitamovimentata.Budapest, 15 maggio 2001Anna** Anna Jókai (Budapest, 24novembre 1932.–) nota scrittricee poetessa insignita daipiù prestigiosi Premi di Stato(ad es. «Lajos Kossuth», «Lamedaglia della Repubblicad‘Ungheria», etc.) membrofondatore dell‘Accademia LetterariaDigitale.(v. A<strong>NN</strong>O V <strong>NN</strong>. 19/20MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2001 FERRARAhttp://hu.wikipedia.org/wiki/Jókai_Annahttp://digilander.libero.it/osservletter/annajokai.htm)domenica 1 aprile 2001 8.10Prof. Franco SantamariaOggetto: RiconoscimentoEccezionale! Con sommo piacere Le esprimo le più vivecongratulazioni per l'inclusone tra i 2000 maggioripensatori ed eruditi del 21° secolo. È un riconoscimentomeritatissimo per la Sua poliedrica cultura e per la Suaattività incessante.Cordialissimi auguri e saluti.Franco SantamariaCara Melinda,Grazie tanto per l'antologia di traduzioni intitolata "Levoci magiare" allegata alla sua lettera del 2 aprile.Molto buona e rappresentativa è la scelta e davvero unbel lavoro la traduzione. So per esperienza cometradurre non sia per niente un‘impresa facile edoppiamente difficile se trattasi di poesia. Un po'sconfortante è quanto nelle sue poesie scrive in meritoalle Sue difficoltà d'inserimento a Ferrara. Tuttavia isuoi risultati, i suoi successi, non lo lascerebberocredere. Riuscirebbe a pochi mandare ad effetto unacosì stabile iniziativa cultural-letteraria e trovare peressa adeguato substrato ed un pubblico intenditore.Orbene questo dimostrano i riconoscimenti riportatinella sua lettera. So bene che per tutto ciò occorracoraggio, energia, costanza e di queste mi sembran'abbia in abbondanza. La nostra guida culturalemagiara può ben rallegrarsi di avere in Italia così fervidirappresentanti della nostra causa.42OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Ringrazio ancora per la Sua gentile attenzione nei mieiriguardi ed auguro al suo lavoro ulteriori bei successi.Con cordiali salutiBudapest, 2 maggio 2001Magda JászayBologna, 8 maggio 2001Gentile Sig.ra Melinda,rispondo solo ora alla sua lettera che accompagnavail quaderno*. [*N.d.R. «Le voci magiare», Edizione O.L.F.A.,Ferrara, 2001]L'ho già letto tutto e le faccio i miei complimenti. Nonnego però che qualcosa si dovrebbe cambiare in alcunipunti al fine di rendere più fluente, corrente, la letturaitaliana: si tratta solo di stile italiano e lei, di madrelingua ungherese, non potrebbe forse impadronirseneneppure dopo una vita intera vissuta in Italia così comeun italiano non potrebbe mai scrivere con stile - nondico perfetto, ma almeno buono - in lingua ungherese.Purtroppo il retaggio della lingua natale non si perdemai. [...]Lei comunque è una piccola eccezione perché scrivemolto bene nella mia lingua. Ho conosciuto ungheresiche vivevano in Italia sin dagli anni '30 le cui letterescritte in italiano erano un misto di lingua ungherese"italianizzata" e di lingua italiana "magiarizzata‖.[...]L'incontro casuale con la MEK, e soprattutto quellofortunatissimo con lei, stanno facendo rinascere in medegli interessi che sembravano definitivamentedimenticati. Di questo non potrò quindi esserle maiabbastanza grato ed è per questo che mi dichiareròsempre a sua completa disposizione per tutto quello dicui dovesse avere bisogno. A questo riguardo mi èsembrato di capire in qualche sua e-mail che a volte hadei problemi finanziari con la sua rivista.[...]Tenga però presente che il mio eventuale modestocontributo finanziario, anche a fondo perduto, è semprepronto in caso lei dovesse averne necessità. E nonprotesti per la mia disponibilità in questo senso. Non èforse anche da questo che si vede la vera amicizia?Sono o non sono un amico? [...]Cordiali saluti.Mario De Bartolomeis13 Dec 2003 12:48:49 Dr. Prof. Amedeo Di FrancescoSubject: CongratulazioniCara Melinda,ho ricevuto a suo tempo l‘ultimo numero della tuarivista, ma solo ora trovo il tempo di complimentarmicon te per questo ulteriore bel risultato della tua attività.E grazie ancora per avere ospitato un mio scritto.Amedeo** Professore di Lingua e Letteratura Ungherese, direttore delDipartimento di Studi dell'Europa Orientale dell‘Università La Orientaledi Napoli.28. 02. 2004 HirosiusTo: OSSERVATORIO LETTERARIO - Ferrara e l'AltroveFrom: Hiroshi Harada (Japanese Latin philologist living in Germany)Subject: Order: LE STAGIONI DEL VIAGGIODear Sir:I am interested in one of your publications:LE STAGIONI DEL VIAGGIO, Edizione O.L.F.A., Ferrara,1998, pp. 244 (Le opere più significative dei concorsi ePremi Letterari Nazionali ed Internazionali: «OlimpiaMorata», «Janus Pannonius», promozione Editoriale«<strong>Osservatorio</strong> '98», L. 40.000 compresa spesa dispedizione.)If this book is still available, I would like to buy it.I am looking forward to your reply.Sincerely yoursHiroshi HaradaHalle/SaaleGermaniaI send you this rejected e-mail as a normal post.Halle, 28.2.2004Hiroshi Haradagiovedì 4 marzo 2004 19:09HirosiusOggetto: Le stagioni del viaggio / Hiroshi Harada - Japanese Latinphilologis...Venerandissimae Dominae Profestrici Melindae Tamas-TarrHirosius Harada grammaticus Iapo S. D. P.Gratias tibi maximas ago, quod optati libri loco eiustextus, ut ita dicam, digitales ad me mitti possebenevolentissime rescripsisti. Si hos ad me mittendoscuraveris, mihi gratissimum feceris. Nam domi habeoilla scribendi programmata, quae vulgo WORDappellantur, et vetus et novum. De summa autempecuniae, qua opus erit ad eos ad me in Germaniammittendos, et de modis pecuniae solvendae doceas mevelim, statim eam ad te mittendam curabo. Vale.Dabam Halae Saxonum IV Non. Mart. anno MMIVHirosius (vulgo Hiroshi) HaradaGermaniavenerdì5 marzo 2004 6:20HirosiusOggetto: Gratias maximasVenerandissimae Dominae Profestrici Melindae Tamas-TarrHirosius Harada grammaticus Iapo S. D. P.Etiam atque etiam tibi gratias ago, quod statim mihilibri textus digitales per viam electronicam ad memisisti. Eos optime legere possum summo cum gaudio.[…] Vale.Dabam Halae Saxonum III Non. Mart. anno MMIVHirosius (vulgo Hiroshi) Haradagiovedì 11 marzo 2004 21:58Umberto PasquiOggetto: R: Rivista spedita/<strong>NN</strong>. 37/38Grazie,è arrivato il fascicolo e sono molto soddisfatto della miaintervista, complimenti!Ricevuto anche il messaggio che riguarda i ritarditecnici per la stampa del volumetto, non ho fretta,come avevo detto, e sono sicuro che verrà un ottimolavoro, come ormai da tempo mi avete abituato.Grazie tante ancora,Umberto PasquiOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 43


June 06, 2006 10:43 PMDr. Enzo VignoliLugo (Ra), 6 giugno 2006Cara Melinda,ho ricevuto oggi le parti della rivista di mia competenzae il tuo bell'editoriale.Come ti avevo preavvisato telefonicamente, ti mandosubito gli articoli che spero vivamente tu vorrai eriuscirai ad inserire nel prossimo numerodell'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>. […] Allora riuscirai apubblicare tutto nel prossimo numero?Sarebbe importante, perché il Trieste Film Festival èuno dei pochi che concede ancora l'ospitalità aigiornalisti. Se così non fosse, non mi potrei permettereun soggiorno a mie spese a Trieste. Se tieni conto, poi,dei rovinosi tagli che quest'anno sono stati fatti dalgoverno alla cultura, il rischio che salti tuttougualmente esiste. Posso dirti che sono stati fattiapprezzamenti, oltre che ai miei articoli, anche allanatura della rivista, così come la si è potuta intuire dalsommario e dall'accattivante copertina.Gli articoli che ti allego sostituiscono quelli che in parteti avevo già inviato. Se proprio tu non ce la facessi apubblicarmi tutto, ti chiedo di farmelo sapere pertempo. In quel caso, vedrei di tagliare e abbreviare diqualcosa i miei lavori e poi te li rimanderei.Un caro saluto.EnzoTuesday, January 17, 2006 4:54 PM Dr. Francesco Barral del BalzoSubject: köszönöm a folyóiratot*Cara Melinda,durante le vacanze natalizie ho letto con vivo interessel'ultimo numero della tua Rivista e vorrei congratularmiper l'imponente sforzo e per il risultato ottenuto.Trovo altresì notevole il fatto che tu stia continuando dadieci anni.Fra le molte cose, mi è piaciuta in primo luogo larubrica "Tradurre-Tradire".La traduzione è sempre stata il mio amore-odio: amoreperché sia a scuola, sia dopo, per hobby, mi sonooccupato di traduzione, odio perché ho sempre pensatoche la miglior traduzione non possa mai esser megliodell'originale.Questa profonda convinzione, che nulla sia più bellodella lettura diretta del testo, in lingua originale, è statauna molla che mi ha spinto a studiare le lingue e,parallelamente, proprio lo studio di lingue distantidall'italiano, come il greco antico o l'ungherese, mi haconfermato detta convinzione.Ho l'impressione che oggidì questo problema sia troppospesso sminuito da tutti coloro che, a qualunque livello,si occupino di trasposizione di testi stranieri, diqualsivoglia tipo... quante volte alla tv non sentiamo,nei film americani ad esempio, di "ditte che fannobancarotta", di persone che salutandosi si dicono "abbicura di te!" o di certi accadimenti "di cui non ci sonoevidenze", etc... tutte meccaniche trasposizioni dianglicismi.Ma perfino nelle versioni da cosiddette "lingueprossime" signoreggia l'incuria: in passate edizioni diclassici latini di prestigiose case editrici si leggevanostrafalcioni da quarta ginnasiale.E ciò vale non solo finché d'incuria o d'ignoranza sitratta ma soprattutto quando è scelta voluta: a miomodesto avviso, il lavoro del traduttore è lavoroancillare così in letteratura, come quello delrestauratore nelle belle arti.Ho cercato sempre di tenere a mente questo, tutte levolte che ho tentato di tradurre alcunché: il mio scopoera solo quello di far conoscere a chi mi leggeva il testonella maniera più fedele possibile, mai ho pensato népresunto di riscriverlo od innovarlo.La mia sensazione peraltro è che taluni traduttori nonvogliano adattarsi a questo umile – ma non per questomeno nobile- lavoro e che in qualche modo, per tramitedella traduzione, vogliano surrettiziamente creare o ricreare,cosa non lecita, a parer mio.E per questo, il tuo "Tradurre-Tradire" non rappresentasolo un'interessante lettura ma anche un importantememento.Devo ammettere che forse sono "talebano" al riguardo,m'è capitato spesso di discuterne ad esempio conTiziana, cara amica autrice del libro su GiannozzoSacchetti: lei in qualche modo crede possibile una"traduzione creativa" ...ma tornando all'argomentoprincipale, nella comparazione che viene fatta in"Tradurre-Tradire", p.es. con la lirica "Ce n'est pas moiqui", sei riuscita ad accostare molte valide soluzioni, masempre nel rispetto dei valori grammaticali esemantici... cosa che richiede non solo padronanza maviva sensibilità.Oltre a ciò, ho trovato molto istruttiva la traduzionedell'estratto dall'opera storica di Péter Hanák,soprattutto per il pubblico italiano, in quanto dà conto,sotto una nuova luce, di un determinato periodostorico, che è in qualche modo comune anche all'Italia,nel suo rapporto con l'Impero Asburgico, ma con unaserie di sfumature assai diverse, delle quali, qui, pochisospettano l'esistenza.Attendo con interesse il prossimo numero della tuaRivista, se vorrai mandarmelo... e ti auguro buonlavoro!Felice anno nuvo!FB*** Grazie per la rivista** Lettera originaria è scritta in ungherese v. nell‘Appendice.Wednesday, March 08, 2006 10:28 AM Gianmarco DosselliOggetto: abbonamento e inserzione elaboratiGentilissima Prof. Melinda Tarr,ho ricevuto nr. 49/50 alcune settimane fa: arrivoregolare dopo il suo annuncio.Con questa mia è per dirle che la mia agenda "mi dice"che a fine marzo mi scade l'abbonamento alla rivista. Iodesidero proseguire col riceverla perché almeno"racconta" storie di letterature non italiane, ossiasapere q.c. della letteratura ungherese, i suoi poeti,ecc.Insomma, un qualcosa di diverso dopo che siamo già"intossicati" del mondo letterario italiano. Mi pare che ipoeti e saggisti ungheresi fossero portati più nel mondodella poesia e della arte letteraria rispetto a quelliitaliani; ossia, la vs. passione è più forte come fortisono gli scritti morali di qualunque genere.Le dicevo del rinnovo abbonamento che effettuerò afine mese. Euro 52,00 (sostenitore)[...]Grazie di tutto.CordialmenteGianmarco Dosselli44OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Sunday, December 03, 2006 5:56 PM Prof. Giuseppe BudettaCara Melinda,grazie per l'attenzione e per tutto il resto. […][…]Il lavoro di ricerca letteraria attuato da Te nella Tuarivista è encomiabile e dovrebbe essere obbligatorionelle università dove migliaia di ricercatori - a Lettere efilosofia per esempio - si atteggiano a grandi geniincompresi (con lauti compensi pubblici).[…]Colgo l'occasione per porgerti i miei auguri di BuonNatale e Felice <strong>Anno</strong> Nuovo.Grazie per l'attenzione e saluti,Giuseppe Costantino Budetta** È professore associato all‘Università degli Studi di Palermoe redattore alla rivista di letteratura e culture varie intitolata«Segreti di Pulcinella» .24.07.2009. 12:55 Dr. Renzo Ferri - FerraraCarissima Melinda,qualche giorno fa ho ricevuto l'ultimo fascicolodell'<strong>Osservatorio</strong>, sempre molto interessante. Ilaria tiringrazia moltissimo per aver pubblicato il suoraccontino: ne è molto orgogliosa.In questi ultimi tempi ho avuto vari impegni epreoccupazioni, e tra l'altro anche il blocco - per diversigiorni - del computer. Oggi va molto meglio.I ragazzi hanno terminato positivamente la scuola;Jacopo ha fatto una buona figura al Conservatorio ed èstato promosso al IV anno.[...]Un carissimo saluto dal tuo amicoRenzo11. 07. 2008. 10:59 Pierpaolo Pregnolato Sottomarina (VE)Ho ricevuto la rivista in questo istante. È molto bella,ricca di saggi, articoli e cose davvero interessanti.Grazie ancora,Sinceri salutiPierpaolo Pregnolato30.08.2009. 23:43 Enrico Pietrangeli - RomaGrazie Melinda… io credo molto nella poesiaungherese… c‘è tanto sangue nelle vene, senso epico,capacità di scavare nel fondo… e c‘è bisogno di unprodotto di qualità perché manca e perché merita.A prestoEnrico06.12.2009 00:12 Dr. Umberto Pasqui – Forlì (FC)Ciao!Con questo quaderno sulle ―Storie di Forlì‖ mi sonovoltato un attimo indietro e ho visto che sono passatitanti anni dalla prima collaborazione.È iniziato tutto con la partecipazione al Premio JanusPannonius 2001, per il quale hai selezionato due mieiracconti (...). Così ho conosciuto la tua rivista e così misono affezionato. Da allora è stato un crescendo: conl‘ultimo, i quaderni che ho pubblicato con l‘<strong>Osservatorio</strong>sono sette (...). I racconti, invece, oltre 30,precisamente trentadue (...). Senza contare gli articolie altro materiale inviato e pubblicato. Tra cuianche recensioni di miei lavori. Non è frequentericevere tanta vicinanza e tanto interessamento, quindiper me è un privilegio collaborare per te e per la tuarivista che mi pare mai noiosa, mai banale, sempreattenta e curiosa, positiva, bella, aperta e arricchentesenza snobismi, senza accademismi, senzaintellettualismi... Grazie per la stima, mai venuta amancare (...). Presto, spero, si renderà meritopubblicamente del lavoro che stai portando avanti. Peril momento ti ringrazio così, anche se meriteresti dipiù. Buon lavoro e che la tua vita sia serena!Umberto11. 12. 2009 13:00 Dr. Angelo Andreotti – Ferrara (Fe)Gentile prof.ssa Melinda Tamás-Tarr,è curioso comesiano presenti nella città in cui appoggiamo la nostraquotidianità alcune eccellenze, e lo si venga a saperecasualmente navigando in internet.Ho dato un‘occhiata al pdf scaricabile dal sito dellarivista, e dentro vi ho trovato informazioni utili, saggiinteressanti e proposte di autori di qualità. Insomma,mi sono abbonato, e assieme al documento che attestail versamento postale, le allego due mie pubblicazioni,sperando ovviamente che la cosa le sia gradita.Nel complimentarmi per il suo lavoro, desidero porgerlei miei più cordiali saluti.Angelo Andreotti8 febbraio <strong>2010</strong> Imre Olah –Cypress, CA, U.S.A.Oggetto: Antologia¹Cara Melinda,sinceramente mi congratulo con Lei per questo lavoroeccellente! Il materiale, che sia italiano, latino oppurefrancese, quando si tratta di traduzione, il suo merito èindiscutibile! Però, gli argomenti delle teorie e validitàdella traduzione letteraria è una questione discussasenza fine.In ogni modo ―considero la traduzione letteraria –come Babits² scrive – una cosa molto più grande e piùimportante di quello che sembra‖. Chi s‘impegna di talelavoro, secondo me, non deve comprenderechiaramente soltanto la mentalità o le visioni letterariedell‘epoca in questione, ma, con le parole di JánosArany 3 : ―Si deve conoscere anche la rivelazione vivadello spirito della lingua‖. Dato che durante latraduzione di un‘opera ci si trova fronte di immagini dipensieri enigmatici ed eccessivamente astratti. Sonoun buon esempio le terzine della Divina Commedia chesecondo Babits ―come enigma sono ancora più perfettedi tutti gli altri enigmi che mai un‘opera può porre altraduttore letterario‖. Come ad es. quella misticatransustanziazione – come una personale esperienzatrascendente – a cui Dante in un Canto fa riferimento.In ogni caso, secondo me, criticare una traduzioneletteraria con pieno diritto, può farlo soltanto propriocolui che l‘ha già fatto. Anzi, chi ha tradotto lemeraviglie della lirica ungherese in una lingua stranieraè esclusivamente e soltanto competente in questocompito.Signora con l‘edizione di quest‘antologia ha tirato lacoda al diavolo! Ad incaricarsi con successo dellapubblicazione di un lavoro così distinto, soltanto unletterato come lei può essere capace. Lei non è soloperfettamente preparata, non ha soltanto una lungaesperienza ed un‘eccellente gusto letterario-artistico,ma anche conosce a fondo la lingua in cui la pubblica.Le auguro ulteriori successi: Imre 4OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 45


(P.S. Intanto chi potrebbe pubblicamente discutere conun‘eccellente traduttrice che usa la penna come ledonne 5 di Eger fecero con la spada?)¹ Melinda Tamás-Tarr Bonani: Da anima ad anima (Antologiadi traduzioni con testi originali: Poesie ungheresi, francesi,spagnole, latine) Edizione <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> Ferrara el‘Altrove/ O.L.F.A., Ferrara, 2009, pp. 150.² Mihály Babits (1883-1941) dotto poeta ungherese, fu unimportante traduttore e uno dei poeti più rilevanti nellaletteratura ungherese della prima metà del Novecento.3 János Arany (1817-1882) eccellente poeta di grandi epopee,alcuni considerati capolavori della letteratura magiara, autoredi saggi letterari, di ballate formalmente perfette e di liriche.Tradusse in ungherese le opere di Aristofane, MikhailLermontov, Aleksandr Puškin, Molière e Shakespeare. Fupadre dello scrittore László Arany ed amico di Sándor Petőfi.4 Imre Oláh5 Le donne eroiche combattenti contro i turchi invasori chevollero assediare il castello di Eger, la battaglia iniziata il 9settembre 1552 e durò per 38 giorni senza esito positivo daparte degli ottomani.21.03. <strong>2010</strong> 08:04 Franco Santamaria – Poviglio (Re)Carissima Melinda, ho ricevuto la rivista.Sono contentissimo della tua recensione, perché cogliein pieno il significato più vero della simbologia della miapoetica.Ti sono sommamente grato della recensione, ma anchedella cultura che diffondi con la tua bella rivista.Grazie ancora e saluti affettuosiFrancoS19.04.<strong>2010</strong> 14:15 Dr. Annamaria Martinolli – Trieste (Tr)Gentile redazione di <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>,Vi scrivo per comunicarvi che oggi ho ricevuto la rivista.Veramente bellissima.Dovrebbe arrivarvi in questi giorni la fotocopia delbollettino relativo al versamento da me effettuato.Volevo inoltre ringraziarvi per aver selezionato una dellemie traduzioni per la pubblicazione.Cordiali saluti.Annamaria MartinolliTrieste24.03.<strong>2010</strong> 12:42 Hollóssy Tóth Klára – Győr (H)Ciao mia carissima Melinda!Ti ringrazio tanto per la rivista grossa come un libro.L‘ho ricevuta. Per essa ti spetta l‘elogio e l‘onore. Nonso se la gente se ne rende conto con coscienza del suovalore, del tuo valore e di quanta energia dedichi per laletteratura ungherese e mondiale non risparmiando nétempo, né forza, né nervi, né pazienza.Di nuovo, dietro queste pagine sta un enorme lavoro. Iltuo viaggio nella tua nuova patria mi ha affascinata.Riservi attenzione per tutte le cose, per tutti i miracolinaturali ed umani. Perché tutti i tipi d‘arte sono anchemiracoli, l‘anima è il prodigio del talento benedetto daIddio a cui tu reagisci con le tue delicate percezionispirituali. Non parlando poi della scrittrice di talentocome Cécile Tormay di cui pubblichi gli scritti perché laconsideri di valore e qui a casa nostra non ne parlanoneanche. Potrei poi elencare tante cose, ma tu seiconsapevole del valore del tuo periodico. Eh sì, non sipuò esserti abbastanza grati e non si può neancheringraziarti come si deve. Soltanto fare uno scarsoriferimento a quella vera e palpabile, nobile gratitudineche ti spetta. Oh, se io fossi il Ministro della Cultura oun premier della letteratura, ti segnalerei al PremioKossuth! Cara Melinda, non è uno scherzo, non è unvuoto complimento, lo meriteresti... e può darsi che iobatta porte aperte e un giorno lo riceverai veramente.Ti ringrazio per quello che fai anche per me e per ivalori da conservare.In questi giorni aspetta il postino, spero che riceverai lamia lettera!Ti auguro tutte le cose buone, felice Pasqua,resurrezione in cui non soltanto Cristo risorge ma anchela purezza umana, il suo nobile valore. Ti ringrazio aparte anche della tua ―piccola risposta‖. Io ho le stesseconsiderazioni per te, quanto tu hai per me! Il Buon Diosia con te ed accompagni la tua vita!Ti abbraccio con tanto affetto, Klára11. 06. <strong>2010</strong> 09:42 Arch. Carlo Sarno – Cava de‘ Tirreni (Sa)Gentile Prof.ssa Melinda B. Tamás-Tarr,sono lieto che ha gradito l'inserimento del suo beltesto su ARTCUREL, grazie anche per la segnalazionedella nuova edizione del libro "Da padre a figlio"...Inoltre, colgo l'occasione per complimentarmi perl'interessante e interculturale rivista "<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>" che dirige con sapienza e passione per ladivulgazione culturale.Che la SS. Trinità ci benedica!!!Fraternamente in Gesù e Maria,Carlo Sarno07. 07. <strong>2010</strong> 13:33 Ornella Fiorini – Ostiglia (Mn)Cara Melinda,stamattina ho ricevuto la tua interessante rivista, volevoringraziarti – anche - per 'l'informazione' relativa al'reading-CicloPoEtica <strong>2010</strong>'.Ho visitato il sito dell'evento e ho lasciato una 'specie'di commento che commento non è ...Più che altro ho usufruito dello spazio per dire agliorganizzatori che, se farà loro piacere, potrebberovisitare il mio sito e valutare, poiché la tappa delprossimo 7 agosto si farà qui vicino a casa mia, lapossibilità di un mio intervento.Non ho formulato, comunque, nessuna richiesta alriguardo, però almeno (sempre se vorranno visitare ilinks), sapranno che tra me e il Fiume c'è un dialogolungo da più di trent'anni...Grazie anche a te, per questa attenzione...Un caro saluto, e buona estate.Ornella15. 07. <strong>2010</strong>. 19: Giorgia Scaffidi– Montalbano Elicona (Me)Gentile Professoressa,Innanzitutto la vorrei ringraziare per la bellissimarecensione che ha voluto fare alla mia silloge di poesie,è stato un dono molto gradito. Le esprimo anche tuttal‘ammirazione che provo nei suoi confronti per lacostanza e l‘impegno che mette nella pubblicazione dell‘‖<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>‖.Quando mia mamma mi ha detto che esisteva unarivista italo-ungherese sono stata molto felicenell‘apprendere questa notizia.La ringrazio anche per la disponibilità di aiutarmiriguardo la ricerca che sto facendo sui maggiori poetiungheresi. È una ricerca che mi sta permettendo diconoscere e scoprire le origini dell‘Ungheria, dei grandiPoeti che ci hanno preceduto e le origini del nostrofuturo. Mi rattrista molto constatare che né tra i mieiprofessori né nelle antologie conoscano o si citi il nome46OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


dei grandi poeti e degli scrittori ungheresi, chesicuramente hanno contribuito moltissimo alla nascita ealla formazione della letteratura mondiale. Quindiaccetto molto volentieri e Le sono grata per lapossibilità che mi offre nel poter pubblicareperiodicamente questa mia ricerca.Certamente, a mia volta, mi rendo disponibilenell‘aiutarLa anche se leggendo le Sue traduzioni notouna conoscenza molto approfondita della lingua e dellacultura italiana.Oggi parto anche per l‘Ungheria e non appenaritorno, se Lei non è impegnata o non è in ferie, Levorrei inviare questi miei appunti che devo ancoracompletare e che farò in queste vacanze.Rinnovando i miei ringraziamenti più sinceri e la stimache nutro nei Suoi confronti Le porgo amichevoli salutiGiorgia Scaffidi********************************************************Infine ecco le immagini delle pagine d‘apertura dellaHome Page e le altre reperibilità (passo di traguardo)del nostro sito:Sito ufficiale: http://www.osservatorioletterario.net/Archivio telematico dei fascicoli editi dell‘<strong>Osservatorio</strong>http://www.osservatorioletterario.net/archiviofascicoli.htmGalleria Letteraria e Culturale Ungheresehttp://xoomer.virgilio.it/bellelettere1/La pagina d‘apertura in ungherese dell‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>http://xoomer.virgilio.it/bellelettere/Portale ungherese supplementare dell‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>http://www.testvermpuzsak.gportal.hu/Oltre all‘archivio di stampa anche alcuni fascicoli, ancheintegri, sono presenti sull‘Archivio Digitale Nazionaledella Biblioteca Nazionale Szérchenyi di Budapest:http://epa.oszk.hu/01800/01803L‘O.L.F.A. è presente anche sull‘Enciclopedia LiberaWikipedia:http://it.wikipedia.org/wiki/<strong>Osservatorio</strong>_<strong>Letterario</strong>http://hu.wikipedia.org/wiki/<strong>Osservatorio</strong>_<strong>Letterario</strong>Durante questi anni, particolarmente negli anniiniziali, almeno nel mio ambiente strettissimo miOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 47


sarebbe piaciuto sentire degli incoraggiamentiprofessionali invece di disinteresse, rimproveri immeritatie critiche ingiuste. Particolarmente nel difficileperiodo dell‘ambientamento in un mondo per mecompletamente estraneo. Ma non è stato così, hotrascorso le giornate veramente in grande solitudineprima e dopo la nascita di mia figlia. Con la sua nascitainvece ho anche avuto la sensaszione come se fossistata una ragazza madre: il 6. 1. 1986, tornando a casadall‘ospedale con la neonata di quattro giorni sonorimasta a casa da sola tutti i giorni fino alle otto disera. Io, con la bebé, da sola ho continuato i lavoridomestici allargati coi nuovi impegni di neomamma econ le altre mie attività intelletuali sospese... Nei primitre giorni da neo-mamma soltanto una mia vicina dicasa - della stessa età di mio padre – gentilmentebussava alla mia porta per chiedermi se avessi avutobisogno di qualcosa portandomi anche un piattoabbondante di zuppa di patate per pranzare, almenosollevarmi dagli impegni di cucina dedicati a me stessa...La ricordo con grande gratitudine. Una settimanadopo il parto invece ho già girato a fianco del maritoper cercare un mobiletto stabile dove sistemare labilancia nolleggiata per pesare giornalmente la neonata...Il telefono non squillava mai per sentire comeriuscivo ad andare avanti in questi difficili giorni... I mieigenitori invece essendo lavoratori attivi, in gennaio1986 non potevano prendere ferie e viaggiare in Italia,poi non avrebbero neache ricevuto il passaporto a queitempi. L‘hanno ricevuto soltanto per l‘estate dietro lamia lettera d‘invito ufficiale con la dichiarazione diassicurare il loro completo mantenimento per un mesedi permanenza italiana. A quei tempi all‘occidente, icittadini ungheresi potevano viaggiare come turisti soloogni cinque anni. Nell‘intervallo soltanto dietro di unalettera d‘invito ufficiale, munita da marchi da bollo. Sì,perché l‘estate precedente hanno già trascorso le loroferie a casa mia, dato che non azzardavo affrontare illungo viaggio con pancione... Così, di giorno, completamenteda sola, lentamente, recuperando la mia forza eritornando al solito ritmo quotidiano, accanto agli studigiuridici ho ripreso – dopo 23 anni – anche i miei studidi pianoforte con l‘intenzione di seguire il programmadidattico pianistico (che durava per 10 anni) con laguida del M° Edgardo Orsatti e nel frattempo hocominciato a scrivere in italiano per migliorare il mioitaliano ed ho cominciato a partecipare ai concorsiletterari per non sentirmi emarginata, mentre continuavoanche la ricerca del lavoro renumerativo. Ottenendola cittadinanza (marzo 1986) italiana mi sono iscrittaanche all‘ufficio di collocamento per dieci anni. Con lafondazione di questa rivista non ho più rinnovato l‘umilianteiscrizione che in realtà era inutile... Questo è giàun‘altra storia di cui periodo ricordo nel mio scrittoautobiografico del 1996, intitolato «Arrivando dallaPannonia (Frammenti di memorie)» [Autogiografia, pp.214 (1956-1996); Premio Pieve 1997; v. WEBIF - ArchivioDiaristico Nazionale MP/97)]. Così registrai i miei pensieri aproposito di questo periodo: «Non dimentico le miegrandi speranze che piano piano sono svanite. Dodicianni fa né io, né mio marito pensavamo che non sareiriuscita ad inserirmi nell‘ambiente di lavoro italiano...Quindi non pensavo di essere costretta a rinunciareall‘attività extradomestica... [...] Nonostante le soffe-renze a causa della persecuzione politica subita deglianni Settanta-Ottanta, ripiango quel periodo: alloraalmeno avevo la mia professione a cui mi potevodedicare con la massima soddisfazione, mi sentivo appagatae veramente realizzata: esercitavo la professioneper cui ero preparata all‘università, avevo una notevoleautorità nell‘ambiente scolastico.Ora invece mi sento isolata, nella periferia della societàcircondata dalla solitudine senza amici, senza vitasociale. Ad ogni mia richiesta di lavoro la societàitaliana risponde soltanto un ―no‖! In tutti questi anni diricerca soltanto ho incontrato lo sfruttamento economicoe l‘imbroglio. Così mi dedico alle traduzioni,interpretariato ed alla letteratura coltivando la narrativa,la poesia e la saggistica, ma non sono appagata:con i riconoscimenti teorici non si può vivere, la vitacosta, costa tutto, così anche le partecipazioni aiconcorsi letterari. Per le traduzioni non mi volevano pagarel‘onorario dovuto, oppure non mi hanno neancheretribuito. La più brutta esperienza l‘ho avuta con iltitolare – N.d.R. bolognese – di una società exportimportche commercializza piastrelle. [...]» A tuttaquesta storia sono proprio attinenti i pensieri delsonetto della mia connazionale, Klára Tóth Hollóssy,intitolato «Quanto», che potete leggerlo nella miatraduzione sulla 74^ pagina.Dopo questa rassegna documentaria mi rimane un‘ultimacosa da farVi ricordare: In occasione del quindicinaleanniversario Vi ho annunciato anche il progettoeditoriale di un‘antologia e spero di poter realizzarloentro l‘estate del prossimo anno ed anche questo volumesarà ordinabile presso qualsiasi negozio della Feltrinellied anche online sul sito de lafeltrinelli.it,ilmiolibro.it e così via... Vi informo inoltre, che è in corsodi edizione anche una raccolta più di 70 poesietradotta da me. Era un enorme impegno di lavorosenza sosta, iniziato dal novembre dell‘anno scorso. Sitratta del volume intitolato «Ombra e Luce» di MaximTábory di cui potete leggere di più in questo fascicolo.La sua uscita è prevista entro il novembre o dicembre.Nel frattempo l‘«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>» ha pubblicatonel mese di novembre un volume di brevi racconti diUmberto Pasqui. Quindi, queste sono le ultime novitàdella nostra rivista.Infine, Vi chiedo cortesemente di essere indulgentiper le mie imperfezioni linguistiche, non ho a miadisposizione del personale per questo enorme lavoro.Con gratitudine ringrazio tutti Voi per i qualsiasi contributi,per la compagnia di questi lunghi anni e spero dipoter continuare la strada insieme ancora per altri parecchianni...Sono grata anche per tutte le esperienze negativeche pure mi hanno dato un grande stimolo per il mioprogresso professionale... Di nuovo, ma non in ultimoposto, grazie al Dioper i doni spirituali edintellettuali ricevuti,per il concepibilesostegno... Priva diessi non sarei arrivatain nessuna parte!Presepe, Foto di © Mttb48OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Ora Vi auguro buona lettura ed in vicinanza dellefestività Buon Natale e Felice <strong>Anno</strong> Nuovo! Allaprossima!(- Mttb -)Quadro di Enzo Pasqui (1920-1998)AnonimoTU CHE NE DICI SIGNOREBUON NATALE||||TUCHENE DICIO SIGNORE,SE IN QUESTONATALE FACCIOUN BELL‘ALBERO DENTROIL MIO CUORE E CI ATTACCOINVECE DEI REGALII NOMI DI TUTTI I MIEIAMICI. GLI AMICI LONTANI EVICINI, GLI ANTICHI ED I NUOVI,QUELLI CHE VEDO TUTTI I GIORNI EQUELLI CHE VEDO DI RADO, QUELLI CHERICORDO SEMPRE E QUELLI CHE, ALLE VOLTERESTANO DIMENTICATI, QUELLICOSTANTI E QUELLI INTERMITTENTI,QUELLI DELLE ORE DIFFICILI E QUELLI DELLEORE ALLEGRE, QUELLI CHE, SENZA VOLERLO, MIHA<strong>NN</strong>O FATTO SOFFRIRE, QUELLI CHE CONOSCO PROFON-DAMENTE E QUELLI DEI QUALI CONOSCO SOLO LE APPARENZE,QUELLI CHE MI DEVONO POCO E QUELLI AI QUALI DEVO MOLTO. I MIEIAMICI SEMPLICI ED I MIEI AMICI IMPORTAN-TI. I NOMI DI TUTTI QUELLI CHE SONO GIA‘ PASSATINELLA MIA VITA, UN ALBERO CON RADICI MOLTO PROFONDEPERCHE‘ I LORO NOMI NON ESCANO MAI DAL MIO CUORE, UN ALBERODAI RAMI MOLTO GRANDI PERCHE‘ I NUOVI NOMI VENUTI DA TUTTO IL MONDOPOESIE & RACCONTISI UNISCANO AIGIA‘ ESISTENTI,UN ALBERO CONUN‘OMBRA MOL-TO GRADEVOLEPERCHE‘ LA NO-STRA AMICIZIASIA UN MOMEN-TO DI RIPOSODURANTE LE LOT-TE DELLA VITA.AUGURI A TUTTI.Buon Natale <strong>2010</strong>Poesie_______Domenico Adonini (1975)— Ruvo di Puglia(Ba)IL BELLALLEGRO EDOARDOEdoardo giocosose in qualche ultraumana ignotaparte d‘altro spazio rivivicom‘un tempo ancor sereno ridiva da tua madre in sognocol cuor in equilibrio e il sennocoleottero delle rosse seree dille ciao con sicuro amorea lei confidala sgradita sceltala stazza tua diveltada una giberna di ramiancor la reclamicome un cresciuto figlioreclama la madre speranzosaella è forte come quell‘alberoa lei affidarti dovevi peròdisinteressiamoceneora tuo è dovereistruirla a resisterecome appunto la pianta ruvidacent‘anni a sopravviverelei tristemima della speranza.Vedi,della speranza siam presto cannibaliancora noi questi vivicomandati a chiederci ch‘avvenga un fattoche probabilità accessorie ha di riuscitase un qualche brandello di perfezione non aiutalogicamente quindi siamomimi dell‘illusioneFIGLIO DELLO SBAGLIOin me aria convulsa tutto respingiin me lievita grassezzain me s‘avvia la pressa nelle meningiin me del dittator l‘altezzain me l‘intontimento dei capelliin me nei piedi come frullatoriin me nello stomaco l‘intero sbaglioin me al galoppo mandrie nella nucain me nel torace depotenziatoriin me in colonna un sodomita,quale senno far di me una vita?ecco fare Dio:silenzio!Dio senza paura salta,cordone ombelicaledi natura,ed egli non è uomo senza,educare nessuno può la sua esistenzaessendo tutto congettura,carne in maloraIL CASTIGO SI RIPETEIn diagrammi di ventoal nitido giorno irruentoallo strapiombo ai sollazzi al tempomi sforzo di graffiarema se non reggi la crestaterra neppure calpestiaria ho raggomitolatoe all‘aria la testama l‘imbuto filtra mattonie tendo alla ragioneè come vivere il bicchierecome rompere i frantumidopo anni annosi e turbetentar non è grave mail castigo si ripetech‘inoltra il martellonon estrasse chiodiOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 49


vorrei col chicchirichì svegliarmidal pungichio del fienoessere e bermi caffèfinalmente respirareLa tua identitànon è quella di prima,si è moltiplicata,sfaldandosi in mille altre.N.d.A.: I mancati spazi dopo o prima la punteggiatura, se c'è,son errori voluti.Sergio Cimino — NapoliRENATANon ti conosco, Renata,se non per la tracciache si scorge negli occhi di chi,in te,aveva un pezzodella propria anima.Non ho fatto in tempo a raccogliere,da te, direttamente,i raggi del tuo sole,ma c‘è mancato poco :appena uno scatto,nella ruota della vita.Non ti conosco eppure,mi è sembrato che fossi seduta,a tavola con noi,l‘altra sera,lì,dai tuoi.Non perché qualcunoabbondasse nel racconto,di ciò che eri.Le parole, parche,non hanno tracciatoche schizzi veloci.Ma c‘è bisogno di pronunciareil nome dell‘amoreperché esista ?E l‘invisibile ventodeve essere evocato,per soffiare impetuoso ?La tua costante presenzacome dicevo,è tutta un fatto d‘occhi.Persino quelli di Lilli,che malinconica,sembrava fissare il vuotomentre ci attraversava,per impattare la sua semicecità,sulla tua nuova dimensionea noi ancora inaccessibile.Quante persone ho contato assentinella loro presenza,Renata.Tu invece percorri,la via contraria,più stretta e meno frequentata.Un grido nella notte,un pensiero o un rimpiantoche imperlano la fronte,la lotta per uno scopo,uno scodinzolamento felice e solitario,una luce accesa,ad illuminare quell‘angolo,altrimenti buio,dove avrei stipatoil tuo raggio di sole,con appena uno scatto in più,nella ruota della vita.(Maggio 2007)Gianmarco Dosselli (1954) — Flero (Bs)ON LINE CON PASCOLI―Addio! Dunque, rondini rondini, addio!‖Un fottio di gente sotto il vostro volospianato tra allampanate torri;finisce l‘esilarante stagione,lasciate forbiti i vostri nidi.―O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non[ritorna…‖Fallace strada foscapiù immane che insanguinata;un calesse impolverato nel frascato,a ricordo d‘un uomo rifulgente.―…ma ora verranno le stelle, le tacite stelle…‖Nel silenzio della sera una preghieranell‘amore tracciato della fede;gli astri ci vedono e ci consolano,siamo gente di sicura speranza.Renzo Ferri (1948) — FerraraATTESA(per Annamaria)Incombe di nuvolechiare e silenziosi sfregid'alianti questo cielo ventosooltre i palazzi della Giovecca,e il pensiero di te - chestancamente percorri questo vialesotto lo sguardo delle nuvoleironico, m'inquieta- di te che nascondiun segreto che spaventaed esalta;se cerchi il mio sorriso,con gli occhi pieni di nuvole,il cuore devastatodalla speranza, nei capelliil profumo del mare,non lungi…Da Renzo Ferri: Altre poesie d‘acqua, Edizione O.L.F.A. 2000,Ferrara.50OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Idolo Hoxhvogli (1985) — Porto SanGiorgio (Fermo)CANE MORTOA voi che giocate,a voi che rubate, e la rapina tenetenell‘osso,a voi che amate, a più non posso.A voi che marcite, come cani morti buttati su un sasso,a voi che colpite,con colpae senza onore,dormite.GENTE DEGENERATA O ODE DEL QUATTRINOAmore mio dove sei?Cosa farò senza di te?Ti prego torna.Non posso vivere senza di te.Io ti amo, ti amo.Tu sei il mio Dio.Voglio consacrarti la mia vita.Come farò senza di te?Dovrò pagare il dentista a rate!Che figura mi fai fare?Non potrò essere prepotente.Non potrò guardare dall'alto in basso.Ti prego, torna.Non mandarmi al discount.A te, quattrino mio.Alessandro Monticelli — Sulmona (Aq)SUL SAGRATO DELLE PROMESSE ...Sul sagrato delle promesse mai mantenuteLe parole sono a terra come chiodi arrugginitiE ad usarle sanguina la bocca.L‘unica cosa che il dolore un po‘ lenisceE che quello che non sai non ti ferisce.TI SEI ALLONTANATA...Ti sei allontanata con dovizia di particolariE il passato puntuale e noiosoOra mi incalza in forma di ricordo, rimpiantodi rimorso.Ma la mia vera malinconia è quella del futuro.Il suono di quella nota tenuta a lungo sulle labbraE che poco prima dell‘applauso si spezza.FORSE UNA FESTAQuel bambino rigava tutta l‘acqua con le ditaUna ferita al rallentatore.Seduto, leggevo ―Poesia‖ per sapere cosa scrivonoOggi i poeti in Libia o in Costa Rica.Poi i bicchieri da cocktail infrantiBellissimi capelli biondiE le tue paroleLa suoneria di un telefono in una casa vuota.Io così sentimentale da risultare cattivoMi mettevo a letto e giravo le spalle a tutto.Chiara Luciani — Casteldelpiano (GR)IL VIAGGIOSul muro esterno della torre vecchiasi arrampica una rosa,bianca come la neve.La piantò lì una madre,per ricordare un figlioperduto chissà dove.Qualcuno lo chiamò per nomee lui partìsenza un saluto,né un perché.Un cenno della testa da lontano,in tasca due monete d'oroe un nastro rosa antico tra le dita.Fu tanto tempo fa.Lungo il declivio della montagna sacradove fa sempre freddocresce una rosa,rossa come il sangue.La piantò lì quel figlio,in cerca di un amoreperduto chissà dove.Enrico Pietrangeli (1961) — RomaNEL VESPRO MI CONFONDOCrepuscolo autunnaleORE 17ultima luce a destra,lì, oltre il cavalcaviaarancio e amaranto.Multipli fari solcanoasfalto, esposizionedella retina 1/125°.Diaframma apertoe obiettivo puntato:orizzonte, futuro.Staziona la gru,l‘ultima luce cinge,e ti respiro col cuore,senz‘affanno, appagato,nel vespro mi confondo.(2006)OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 51


AUSCHWITZVivo nell‘ombra del sospettodegli occhi che m‘indaganocontemplandomi guardinghinei miei concatenati labirintiper poi rivoltarmi le visceredi riciclato, immolato agnello.FOTO (RICORDO)(2007 – diritti depositati)Intatto, forse quasi infranto,di bostik mal condensatoscabroso scapolo sposato,dentro il tubetto confluito.Mentalmente amanti, vicini, madetestandoci ben oltre il dermapercepibili di un incompiuto,primigenio, incontro fottuto.La zip che discende, rumored(ï)stante riverbera onde,cerniera di tenda laddove,io e te, dimoravamo speme.(<strong>2010</strong> – diritti depositati)o sensi perversid‘inutilità insensatainfatuatidel ventre steriled‘una società malata.Potreistare a guardareil mondo,dall‘alto,con un batter d‘alisenza sacrificarerabbia, e onore,ad alchimie aziendali,senza donarmidolload amoriin coma,o senza scommetterdenti d‘orosu asinida soma.Guardandole mie catene,tornoa sedermi,a terra,e mi strofinoi polsi,per sentirmimolto, troppovivo.(da Riserva Indiana)Ivan Pozzoni — Monza (Mi)LASCIATI GUARDAREPotreistare a guardareil mondo,senza esserstanco,innamorandomidi una villettatra i senidella Brianza,assonnata, edelle esistenzevacuedi chi c‘è dentro,rese emozionantidai miei sogniad occhi spentinelle nottisenza vento,senza dolore.Potreistare a guardareil mondo,mangiando nuvolee brindando lacrime,a guardargatti nei cortili,a tirar sassialle aquile,senza doverrespingereassalti dinoradrenalina,Federico Lorenzo Ramaioli — MilanoRIME DELLE STAGIONIDELL‘ESTATEVPrimo sonetto d‘EstateEstate ardente, Estate calorosa,Contro il tuo lume ogni rinfresco è vanoE sol governa il cielo il Sol sovranoChe il mondo alluma e scopre ogni sua cosa.Più non si vede il fior, non più la rosa:Oro sol mostra il sterminato pianoChiaro e fulgente e seminato a granoE la dïurna luce alta e focosa.Io dissi al Sol: ―Io so chi sia coluiIl cui raggio vieppiù che il tuo s‘espandeE il cui calore è ben del tuo maggiore.‖Ei mi rispose allora: ―I‘ sempre fuiIn tutti gli anni il lume in ciel più grande.Di chi tu dici?‖ Io gli risposi: ―Amore.‖52OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


VIOde - il lume notturnoIn lontananza tremulaSi scorge la fiammellaD‘una terrena stellaChe ov‘è da sempre fu.Qual di mistero incognitoIncognito stuporeDiffonde il suo baglioreChe brilla sempre più?O quel tuo lume flebileChe in antri oscuri e fondiTu mostri e poi nascondiRacchiuso resterà.In fremito volatileM‘apparve sul sentiero,Ma il dolce tuo misteroNessuno scoprirà.VIIMadrigale – nube del cieloNube nel cielo erranteChe l‘alte braccia estendi,Amica al Sol, del Sole ascosa amante,Tu che ogni forma prendi,Or mentre te ne vaiSembrando cosa cosa mai sarai?O nuvola celeste,Anzi leggiadra vesteChe col suo vel se stessa occulta e asconde,Possa tu darmi aita:Se mai vorrai, se il Ciel pietà t‘infonde,far cosa a me graditaMostrami lei ch‘è tutta la mia vita.VIIISecondo sonetto d‘EstateTroppo fuoco e calor sempre è molestoCom‘ogni eccesso ottien contrario effetto:Così per troppo amore in me già destoIn prima n‘arsi e or ghiaccio me n‘aspetto.Franco Santamaria (1937) ― Poviglio(RE)SU ALA DI ROCCIAMi avvolge ala di rocciadove il tuono s‘inonda in echi profondi.Sono acino di quiete,minuscola goccia depurata dal vuotoche il ragno sospende con mani di velluto.Alle fibre arse del giornosvanisce il fiumerotolante catene di macerie e fuochisoffiati dalle cavità dell‘argilla,attorno al gheppio che grida la sua solitudines‘inebriano rondini filando reti per il cieloe vie che ancora siano calde di miti.Porgo la fronte al lavabo della speranzae, in alto un canestro di petali levando,avverto il profumo di nascitenon legate alla pietra o all‘umido potere della pioggia.(da Storie di echi, Ferraro, Napoli 1997)A RI<strong>NN</strong>OVATO VENTOSono una notte testarda le nuvole nere di pioggia,fintanto che il vento scova e disperde fragililinee nelle brughieree veste il colore delle foglie mortealla linfa nei grandi querceti.Non più,fanciulla, la dolcezza serena di ieri che ardeva di zagarae della tua voce profumavaa farti zolla e sudorecome me, come altri che nel sonno inquieto dei fiumirimangono.Non piùla danza vibrante delle ali sull‘arcobalenoa succhiarne i colori e il nome di ogni singolo fiore.Non piùil calice sacrificale, in alto, delle nostreangosce che il tuono esplode e precipitasui muschi delle dimore dei fuochi emigrati.Amor dell‘alma mia fece ricettoLasciandomi languir tacito e mestoE di tutti gli ardori il tristo pettoPiù si lamenta e più si duol di questo.O lagrime d‘amore, o miei sospiriDa la mia servitù, dal duol mio natePoteste agli occhi miei lasciare il loco!E ben se voi, secondo i miei desiri,Poteste tutte uscire in questa EstateSpegnereste l‘ardor d‘ogni suo foco.L‘estasi dell‘ombra in carezzee il nitrito fervente dei cavalli sulle tracce della luna,la cadenza della mano che orchestra fiamme nei falò,quanto come sangue invenato in noi riverberavain goccia dissolta si dileguaa rinnovato vento che ancor più oscura e dilaga.(da ―Storie di echi‖, Ferraro, Napoli 1997)OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 53


Giorgia Scaffidi ― Montalbano Elicona (Me)IL CANTO DELLA SERAE il vuoto sovrasta invadentela vana attesa del nulla,il piano invocare del tempo,l‘alto ardir delle speranze.Esile come l‘ombra della sera,sta‘ la mia identità riflessanello specchio dell‘enigmaticacoscienza.Pensieri scuciti e rapiti del tempocalati in baratri solitari e freddidi quest‘illusione confusa;dinanzi ad un varco la mente si desta,forse l‘arcano comprende.Ci sono giorni in cui il ventodisegna fiumi d‘ombreche svaniscono nell‘abisso profondosotto un cielo indifferente.E poi, sguardi e voci di un‘ombrache, smarrita fra le pieghe del tramontosi allontana.Patrizia Trimboli ― AnconaBRANDELLI DI SABBIALa pagaia del buioDormiva nel freddodel suo cappottoavvicinandoil fuoco incertoall‘orecchio del risveglio,dal sonno dell‘ignoto.Allungava la mano sul vellutodi una nuvola di spiritocon le sue fiamme tonantie gli aghi immortali dei ventinei punti di cucitodel mio pensiero nascosto.Era il sogno capovolto del Paradisosui capelli di Cristo crocifissoLa sentivo nel mio sguardo disabitatodavanti a Dio,negli schiocchi di luci,che mi premevano gli occhi.Era, lei, la pagaia del buio, a graffiarmi le labbra.Ho bevuto la tua facciaOscura e poi chiaraQuando la pulsazione dell‘energiaera una creatura che non si vedeva.Ho bevuto la tua facciain una ciotola di primaveravellutata, verdeazzurracon le mani colme di malinconiache somiglia al fumo della pagliaHo socchiuso il mio visol‘irraggiungibile fumo d‘ironia.Non ombre non angeliSiamo dello stesso sangueQuando apre le aliil nostro silenzio esanguedissolve i pollini del dolore, alle foci.E il tuo seme entra nella vertiginenell‘intima vastità del ventoche io chiamo fedefiume, cielo, valle senza fine.Taci, muta mia umanitàdisciolta sul voltoin un vecchio amore.Sospiri attorno a me nel lettodei nostri giochi, davanti alle ore.Ti ho consegnato il mio sogno, sconfitto.La mia oscurità.Il violino prigioniero dell‘eternitàCoronato del mio camminoMa tu, tu mi guardi oscuramentedai tuoi occhi stanchi.Racconti_________Gianfranco Bosio — MilanoSETTE MISTERI, SETTE FANTASIE – IIFANTASIE DELL‘INVEROSIMILESeconda fantasia: Il Noè del XXXI secoloNell‘anno 2996 d.C. la Terra era cambiatamoltissimo. Non c‘erano più, come una volta, Statinazionali e governi. Reggeva e governava la terra tuttaintera un‘oligarchia di tecnici e di finanzieri di altissimaspecializzazione che aveva alle sue dipendenzescienziati e industriali. E questi a loro volta eranoaffiancati da collegi di giuristi, per la regolazione ditutte le questioni giuridiche ed amministrative chepotevano sorgere dalla crescita, pressochéesponenziale, delle invenzioni e dei brevetti, delleindustrie, delle farmaceutiche, ecc. ecc.. Tralasciamo divedere nei dettagli le complicazioni, inimmaginabili perle genti dei primi secoli del millennio precedente chestava per concludersi. Per la verità simulacri di Stati e digoverni c‘erano ancora, ma non avevano quasi nulla ache vedere con le organizzazioni politico-giuridiche delpassato, e non conoscevano più qualcosa come i confiniterritoriali e la ―sovranità‖ incondizionata indiscussa epressoché assiomatica nelle antiquate teorie. Igovernanti erano stati ridotti al rango di alti burocratiche eseguivano i voleri e le decisioni dei ―direttori‖dell‘oligarchia mondiale molto ristretta. Ogni Paese, perlo meno i più importanti, ne avevano uno, ed ognicinque anni essi si riunivano per eleggere il Presidentemondiale. A volte anche Paesi un po‘ meno influenti emeno progrediti di quelli del gruppo di punta avanzato,e fra questi c‘era l‘Italia, riuscivano ad esprimerequalche rappresentante nel Direttorio Mondiale. Inutilee superfluo aggiungere a questo punto che Parlamenti,Partiti e Sindacati c‘erano sì ancora, ma contavano cosìpoco che si poteva considerarli come una pura esemplice coreografia, mantenuta in ossequio a54OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


tradizioni di tempi davvero arcaici. Un bel risultato della―globalizzazione‖, vi sembra? C‘era poi una linguaterrestre che prevaleva su tutte le altre, e costituivamateria obbligata di insegnamento in tutte le scuole ditutto il Pianeta. Questa lingua, inutile dirlo, era l‘inglese,ma molto più corrotto e storpiato di quello che siparlava ancora 2000 anni prima, infarcito di neologismitecnici, di neologismi provenienti dall‘arabo, dal cinesee dal giapponese, di simboli e di formule che gli indottinon potevano comprendere ma recitavano a memoria.Un anglofono di soli due o tre secoli prima del 2996 nonci avrebbe forse capito molto. Figurarsi uno del <strong>2010</strong>!Comunque la ―globalizzazione‖ linguistica erafinalmente raggiunta e completata.Dimenticavamo una cosa: gli eserciti, gli armamenti,la preparazione alle guerre. Vi credete che finalmentetutte queste cose erano state eliminate per sempre?Macché! Ci si preparava con un impegno addiritturasatanico alle invasioni trans planetarie e alla difesanell‘eventualità, ormai non poi tanto improbabile, che sidovessero incontrare altri esseri intelligenti eragionevoli, anch‘essi ottimamente armati e addestratiper invadere le Terra. Guerre stellari e cosmiche nonerano più oggetti di immaginazione fantascientifica.Intanto, fra un‘esercitazione e un‘altra e tantesimulazioni al computer (ogni militare ne aveva uno dataschino in dotazione), i soldati venivano impegnati inoperazioni di polizia perché la delinquenza era moltodura a morire nonostante tutto questo immaneprogresso sociale e scientifico. Era una delinquenzastrisciante, fastidiosa e spesso terribile, che dava moltofilo da torcere.Quanto agli studi, nelle scuole ormai non siinsegnavano più né le lettere, né le discipline chestudiano l‘uomo, e meno che mai la filosofia, la poesia ela teologia. Le scienze e la tecnica ormai avevano ilpredominio assoluto su tutto.La salute pubblica non stava affatto male. La duratamedia della vita era ormai molto lunga, e l‘aspettativadi vita stava toccando i 180 anni per le donne e i 170per gli uomini. Il traguardo dei 200 era ormai a portatadi mano! Grazie all‘azione combinata dell‘ingegneriagenetica e delle tecnologie bioniche la buona salute eramantenuta fino ad un‘età molto avanzata. Ad ognineonato venivano subito impiantati sotto il cuoiocapelluto, con una spettacolosa tecnologia microchirurgicanon invasiva, sottilissimi e resistentissimimicrochips con la registrazione di tutti i dati: giorno edora di nascita, gruppo sanguigno, ereditarietà genetica,ecc. ecc., codice fiscale, username e password perleggere il tutto quando sarebbero cresciuti abbastanzaper avere accesso ai dati. Peraltro, è chiaro, tuttoquesto doveva pure avere un prezzo. Per lo più siviveva con non pochi organi sostituiti ora da alcuni chevenivano prodotti sinteticamente in laboratorio, ora convalvole termoioniche, oppure con placchette di siliciocon microcircuiti incorporati, e tanti altri strabiliantimarchingegni che non si sarebbero nemmeno potutiimmaginare secoli addietro.Dopo un lungo periodo, durato da almeno tre oquattro secoli di lotte furiose e di contese atroci fra ledue branche dell‘industria, quella biologico-genetica equella ingegneristico-bionica, la medicina era riuscitaquasi a scoprire, con strabiliante prossimitàall‘infallibilità assoluta, quando si doveva ricorrere aitrapianti di organi biologici e quando invece era meglioricorrere all‘ingegneria bionica, sicchè i due ramidell‘industria poterono fare pace e lavorare in perfettasolidarietà e in piena sintonia.Per quanto riguardava l‘inquinamento dell‘ambientee il problema ecologico erano stati compiuti progressistrabilianti. Le polveri sottili diffuse dagli svariati agentichimici, dai derivati del petrolio e simili, erano staticompletamente eliminate. Le acque sembravanoritornate alla loro primitiva limpidità e purezza. Infattierano stati completamente ripulite le acque dei fiumi,dei laghi e dei mari. Purtroppo però un‘insidiastrisciante minacciava di rovinare in modo disastrosoqueste conquiste. L‘energia nucleare, la cui pienaconoscenza ed il cui sfruttamento avevano ormairaggiunto traguardi del tutto impensabili edimmaginabili non avevano quasi più segreti per l‘uomo.Questa energia e le applicazioni che ne erano derivateavevano in tutto e per tutto sostituito le vecchie fonti diapprovvigionamento energetico, divenute così primitivee così rozze da essere considerate addiritturaantidiluviane. Grazie all‘impiego dell‘energia nuclearel‘inquinamento era stato vinto, abbattuto, stracciato:ma a che prezzo però! L‘impiego del nucleare, cosìbenefico nei primi secoli del suo sfruttamento,cominciava a provocare problemi inaspettati edimprevisti. Piogge di radiazioni, tempesteelettromagnetiche, a volte diventate furiosamentedistruttive su scala locale almeno quanto i vecchi tifonie cicloni del passato, cominciavano di nuovo adavvelenare la vita sulla terra, a minacciare seriamentela salute degli organismi umani, animali e vegetali.L‘aria e le acque in certi luoghi del pianeta brulicavanodi fasci mortiferi di radiazioni in certi casi addiritturaustionanti e paralizzanti. Ma di tutto si cercava di taceree di mettere il silenziatore alle notizie catastrofiche daparte dell‘oligarchia mondiale, ma era una cosa moltodifficile, date le dimensioni, divenute ormai esigue delpianeta.E l‘economia, come andava? La ricchezza vera eraristretta in poche, in pochissime mani. La grandissimamaggioranza dei terrestri (circa il novanta per cento)non nuotava certo nell‘oro e i rischi di povertà e diimpoverimento crescente di masse e di folleconsiderevoli erano altissimi. Ma l‘oligarchia mondiale,con il suo ―Direttorio‖ aveva apprestato un intelligenterimedio: distribuzioni periodiche di denaro e di beni diconsumo quali computers, telefonini, televisori,playstations, automobili ecc., nonché soggiorni divacanza nelle beauty-farms e nei ―centri benessere‖,buoni viaggio e vacanza, a tutte le popolazioni delpianeta, erano riusciti ad alleviare notevolmente i disagidella povertà. Tutto infatti era finalizzato al consumopianificato, programmato e guidato dall‘alto. Eracertamente una misura, uno stratagemma dellamassima efficacia per prevenire rivoluzioni e sommossedi ogni genere e tipo. E in molti casi, per alleviare idisagi psichici che sconvolgevano larghi strati dellapopolazione planetaria, si ricorreva anche alladistribuzione gratuita di droghette calmanti e rilassantiper istupidire le masse che così non si accorgevanodell‘abisso di stupidità mentale e di soggezione in cuiOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 55


erano cadute, né si accorgevano dell‘imminenteminaccia dell‘avvelenamento nucleare della Terra, chesinistramente, come una spada di Damocle incombevasulle loro teste.Quanto al paesaggio e alla natura terrestre, molto eradiventato irriconoscibile e squallido oltre ogni misurapensabile. Ghiacciai sciolti, aguzze e snelle montagneche furono l‘orgoglio e l‘esaltazione di tutto il bello dellaTerra, ormai livellate, mari semi prosciugati, e prati untempo verdeggianti sostituiti da parchi di plastica chesimulavano il verde vero della terra antica avevanoormai fatto scempio della natura viva qual era esistitaper centinaia di milioni di anni.E che dire dello stato e della condizione della moralepubblica e privata? Non erano affatto buoni.Globalizzazione, consumismo, libera circolazione digenti di tutte le razze sulla faccia della Terra avevanodato un incentivo potentissimo alla licenza, allasfrenatezza e alla dissolutezza dei costumi.Prosperavano la pedofilia e le perversioni; tutto erapropagandato da una scostumatissima società dellospettacolo e dei videogiochi quale non ce n‘era maistata una.L‘umanità terrestre non era affatto felice. Fortissimeerano le tendenze alla depressione e ai disturbi mentalinelle quali moltissimi cadevano. Sembrava che per i piùla vita non avesse nessun valore e nessuna dignità.Vi ricordate di quel misterioso ed enigmatico luogodel libro della ―Genesi‖ in cui si narra dei ―giganti‖, chesecondo altre mitologie sarebbero stati gli antichi eroidelle primissime epoche dell‘umanità? La loro progeniedurò ancora qualche tempo dopo che i loro figli si eranouniti alle ―figlie degli uomini‖ che erano terribilmenteattratte da loro. Ebbene: quell‘accenno precedeimmediatamente il racconto del ―diluvio universale‖.Infatti, sarà stato forse a motivo delle mutazionigenetiche indotte che a poco a poco stavanoprendendo possesso del genere umano ad opera dellatecnologia e del diffuso benessere alimentare, anche sefortemente snaturato dalla chimica, o forse proprio perquesta ragione, cominciava a vedere la luce e poi acrescere e a moltiplicarsi una popolazione mondiale diindividui un po‘ diversi, caratterizzata dall‘eccezionalmentealta statura e da una corporatura muscolosa erobustissima. Ebbene, fu allora che il Signore Iddioconcepì per la seconda volta il proposito di annientareper sempre l‘umanità terrestre; ma questa volta il suoprimitivo progetto di allora diventò immensamente piùgrande e più complicato. Gli balenò ormai chiaramentel‘idea di annientare non soltanto l‘umanità e la vita, mala Terra tutta quanta e tutta intera. Iddio era furiosocontro questa umanità così istupidita e tracotante, chetra l‘altro stava trasformando i suoi spazi cosmici, divinie inviolabili in altre immemoriali epoche, in pattumieredi rifiuti tecnologici: satelliti, frammenti di missili,strumentari medici consunti e in disuso, ecc.. E fu allorache il Signore Iddio bussò alla porta di Noè II. Eracostui un grande ingegnere spaziale e un industrialericco e affermatissimo. Ma era un uomo religioso esoprattutto giusto, probo, e, cosa quanto mai rara aquei tempi ―intemerato fra i suoi contemporanei‖,proprio come il suo lontanissimo avo e progenitore. Perquesto Iddio lo scelse: ―la Terra era corrotta agli occhidi Dio; la terra era piena di violenze; Iddio guardò laTerra ed essa era corrotta perché ogni mortale avevacorrotto la vita sulla Terra‖. E perciò Iddio così parlò aNoè, destandolo di soprassalto dal sonno. Noè loriconobbe e così lo sentì parlare: ―Sterminerò dallafaccia della Terra l‘uomo da me formato, uomini eanimali, rettili e uccelli dell‘aria perché mi pento diaverli formati. Noè lo riconobbe da queste parole esobbalzò ansante e sudato. Il Signore Iddio cosìproseguì: ―La fine di ogni mortale è giunta dinanzi a meperché la terra è piena di violenza per causa loro; ecco,io li sterminerò insieme alla Terra‖. E qui finisce laprima parte del discorso di Jahvé, il Signore Iddio. E‘ laparte detta ed espressa nel linguaggio antico. Maascoltiamo ora la seconda parte del discorso: ―Noè, tucertamente mi comprendi e hai capito che cosa devifare. Ti do quaranta mesi di tempo: costruisciun‘astronave gigantesca con trenta piani e ci porteraidentro con te i tuoi tre figli e le loro mogli; una coppiaper specie di animali amici dell‘uomo e di altri in via diestinzione, e poi uccelli rari e necessari e semi di piantein gran numero. Allo scadere del terzo millennio iosusciterò una tale tempesta di radiazioni, di eruzionivulcaniche, di maremoti, terremoti, di scontri conasteroidi sulla terra che la spegneranno per sempre e laridurranno in pulviscolo. E allora morirà ogni vita sullaterra. E allora morirà ogni vita sulla terra e questopianeta, orgoglio e vanto di una specie squilibrata edesaltata si ridurrà al massimo ad una piccolissimamassa più spregevole persino di una stella nana grigia,e nemmeno la luce del sole la vorrà vedere più, perchéla terra spenta non la rifletterà mai. Che vuoi farci Noè:l‘uomo si è ben ingrandito e potenziato dai tempi deltuo antenato. Ma io sicuramente non meno di lui eperciò devo lavorare in una dimensione ben più grande.Come vuoi che mi basti un semplice diluvio? Devo farlafinita con tutta la Terra! E tu Noè, avrai un compito eun lavoro immensamente più duro del tuo antenato.Perciò ti devo dare molto più tempo di quello che hodato a lui. Allo scadere del terzo millennio e alle primeore del quarto, quando tutto il mondo si sfrenerà infeste insensate e in orgiastici e impudicissimi baccanaliio scompiglierò e scombuierò la Terra con il diluvionucleare che la incenerirà. Ed esso durerà settantagiorni e non sette soltanto. Intanto tu trasvoleraiimmensi spazi siderali; la tua astronave sarà guidatadalla mia luce che ti indicherà il cammino. Viaggerai perquaranta giorni; ma con la velocità spaziale della tuaastronave, come di certo ben sai saranno quarantagiorni più lunghi di quelli che trascorrono sulla terra. Poiscenderai su un pianeta nuovo che si trova in mezzo adun sistema solare simile a questo. Sarà un pianeta belloe grazioso, molto simile alla tua Terra. Ne prenderaipossesso insieme con la tua gente e tutto ricominceràda capo.Noè assentì, in reverente silenzio. Alle prime ore delmattino si mise al lavoro con tutti i suoi, primi fra loro isuoi tre figli con i quali soltanto si era confidato e che,vero miracolo, gli avevano subito creduto. Progetto,esecuzione, rifiniture, ricerca degli animali e dellepiante, ammassamento delle provviste per il lungo volointergalattico e per tutti gli ospiti. Non disse più nulla enon fece altro che lavorare con tutti i suoi. Arrivarono56OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


anche gli animali, e tutti quelli che si poté prenderefurono presi a bordo. Giunse la notte prima dellapartenza. Il termine era ormai scaduto, ma Noè l‘avevarispettato. Diede ancora. Diede ancora un ultimosguardo all‘ultima notte della sua Terra, orgoglio degliumani per millenni e millenni. Quella notte che stavaormai per finire fu di una limpidezza straordinaria,rarissima, da secoli sconosciuta ai terrestri. Le stellesplendevano come diamanti purissimi. Le polverinucleari che abitualmente velavano il cielo notturno sierano come per incanto dissolte. Allora Noè rivolse gliocchi al cielo ed invocò il suo Signore Iddio con questedomande: ―Come è possibile che tu ritenti un passoche tanto ti è costato qualche milione di anni fa? Aquale gioco stai giocando con noi poveri umani? Perchéti accingi a questa impresa di distruzione totale dellaTerra? Ho paura che essa sia superiore alle tue forze.Hai già fallito una volta. Il mondo postdiluviano non fumigliore di quello che venne prima, ed ora vuoi fare lecose ancora più in grande. E se tu facessi sfoggio diuna potenza vana? E se tu andassi incontro al secondoclamoroso, imperdonabile fallimento? Allora sì chedovresti suicidarti e perire per sempre. Ma tu sei Dio enon puoi; e come Giobbe, qualcuno cui penso sempreperché me lo sento vicino, ti incalzo con domande sudomande; ma tu non hai nessuna risposta. Seiveramente tu l‘onniscienza che tanti sapienti di tutti itempi hanno proclamato che tu sia, o forse vai avantiper tentativi ed errori e poi ci perseguiti scaricandociaddosso tutte le colpe?‖ Così Noè. Ma nulla e nessunopiù gli risposero. Passò la notte. Albeggiò e venne ilgiorno. Partì l‘astronave e cominciò la tempesta sullaTerra. Noè la vide restringersi e rimpicciolirsi nei neri espettrali spazi interstellari e intergalattici. Percepìancora, quando ormai era volato molto lontano, letracce della tempesta magnetica e nucleare, udì ancoragli echi delle esplosioni delle cadute degli asteroidi sulsuo vecchio pianeta, vide le fiammate che tuttoincominciavano a incenerire e vide con orrore le primedistese terrestri ridotte a ghiacciai senza luce. Gli spazisiderali incutevano terrore e facevano sentire ancorapiù freddo. Un viaggio negli spazi cosmici interstellari,dove non c‘è più l‘alternarsi del giorno e della notte, masoltanto quello del sonno e della veglia, è un aspettodel viaggio dell‘anima nella tenebra, nell‘ignoto di Dio.Ricominciava una nuova avventura dell‘uomo e dellasua stirpe.Giuseppe Costantino Budetta — NapoliULTRATOMBALITÀII.Si svegliarono che era mattino moltoinoltrato. Dopo doccia e rasaturaAlterio Giorgio andò a preparare lacolazione. Lei nel frattempo era andatain bagno; ne era uscita in accappatoiopulita e profumata. La giornata fu bella, una parentesinell‘inverno grigio. Tra sprazzi di nuvole un bel soleilluminava la strada fiancheggiata da cumuli di neve egrandi alberi spogli. Si vedevano delle persone chepassavano. Si erano seduti uno di fronte all‘altro intornoal tavolo. C‘era cenere abbondante nel camino e ilfuoco del tutto spento. Lui disse:―Se vuoi passeggiamo un po‘ e poi andiamo alristorante LA NEBBIA qui all‘angolo. C‘è una festa. Ilpadrone dà l‘addio al celibato. Domani celebrerà ilmatrimonio civile con giuramento davanti ad uno dellaCommissione. La sposa è una mia amica. Sono statoinvitato al pranzo di addio al celibato. Il pranzo è peroggi alle 15.00.‖―Allora mi devo vestire bene. Devo andare prima a casamia.‖―Nell‘ammezzato ci sono due armadi a muro pieni finoall‘inverosimile di abiti femminili. Erano di unaprecedente inquilina sparita da poco. Per la precisione èsparita nel febbraio 2007. Quando sono apparso amaggio dello stesso anno, la Commissione haassegnato a me la casa vuota. Sto rimodernandol‘appartamento, ma non ho svuotato tutti gli armadi. Civuole tempo.‖―In un secolo e mezzo potresti farcela…‖Carmela era salita su a controllare. Alterio Giorgioaveva gridato da sotto:―Nel primo armadio, quello in fondo, ci sono solo abitiinvernali.‖―Spero di trovarne uno che mi piaccia e mi vada bene.‖―Deve esaltare la tua bellezza non deprimerla comel‘abito che avevi addosso che risalirebbe all‘Ottocento,come minimo.‖Carmela ci mise un po‘ a trovare l‘abito giusto. Alla fineannunciò trionfante:―Ho trovato quello che fa per me.‖―Bene, che aspetti allora?‖La ragazza aveva indossato un cappotto in lana scuroprincipe di Galles – prezzo ultratombale di 3000 Euro –una gonna a tubo da sopra i ginocchi, calze in maglia,Prada ultratombale e stivaletti aderenti con tacco bassoche raggiungevano i ginocchi, Gucci ultratombale.Scendendo dalle scale Alterio Giorgio fu di stucco:―Sembri un‘altra. Anche se sono passati centocinquantaanni alla fine hai capito come vestire.‖―Devo truccarmi prima.‖Prelevato l‘occorrente dalla borsetta: cremarinfrescante, la rivitalizzante, la tonificante e lo spray,era entrata in toilette. Alterio Giorgio a gridare esaltato:―Sei una dea. La dea dell‘amore.‖―Aspetta, fammi prima truccare.‖Da sotto lo stipite tra salone e stanza da pranzo,Carmela ebbe chiesto:―Allora come sto?‖―Perfetta. Uno schianto. Sulla Terra ,così dicevamo alledonne noi uomini del ventesimo secolo.‖―Un secolo prima del tuo invece una come mel‘avrebbero chiamata sai come?‖―Una regina.‖―No. Puttana.‖―Per un secolo e mezzo sei andata vestita sempre conquella orribile gonna?‖―Tranne rare eccezioni.‖―Hai gambe perfette. Incredibile. Sei perfetta. Il viso…ilcorpo…se fossi stata fortunata ai tuoi tempi potevidiventare come minimo la cortigiana del re.‖―Andiamo, non voglio starmene qui chiusa.‖Per strada osservavano il fiume che tagliava in due lacittà e che da quelle parti faceva un‘ansa prima diOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 57


aprirsi ad estuario in mare. Spezzoni di ghiacciotrascinati dalla corrente luccicavano come specchi nelforte sole a capolino tra gigantesche nubi. Il ristoranteera oltre il ponte in una via laterale prima della GrandePiazza. Disse Carmela:―Quando facevo la serva ad una ricca signora, dallapiazza antistante, mi ricordo che si chiamava PiazzaLoreto, veniva un profumo di pane. Di rimpetto c‘erauna grossa panetteria coi garzoni che si alzavano prestola mattina ad impastare il pane.‖―Invece ero bambino e in paese, prima che la miafamiglia si trasferisse in città, mia nonna e mia madrefacevano il pane in soffitta dove c‘era il forno a legna.‖―Il pane cafone, lo chiamavano in città. Lo facevano aimiei tempi a San Giovanni a Teduccio, un paese vicinoNapoli che ora, mi hanno riferito, è come una città.‖Alterio Giorgio volle ricordare come se non aspettassealtro. La vita passata era piena di ricordi. Disse:―Adesso la soffitta della vecchia casa abbandonata haperso anche l‘odore dolciastro del pane sfornato. Tuttosapeva di pane appena sfornato. Mia madre morì aottantadue anni e mia nonna deceduta a metà deglianni Settanta. Qui non le ho mai viste. Me le ricordoche impastavano il pane. Dovevano cominciare la seraprima. Al crepuscolo quando la gente tornava daicampi, mia nonna si faceva dare il lievito che in dialettosi chiamava la criscia o luvatu. Una famiglia del vicinatoprestava il luvatu. Si passavano lu luvatu da famiglia afamiglia. ――Era così anche nei vicoli di Napoli ai miei tempi.‖―Prima d‘infornare le panelle, mia madre con un taglionetto prelevava un pezzo pasta che era la criscia dacedere ad una famiglia del vicinato che avrebbe dovutofare a sua volta il pane. C‘era questa usanza. Adesso –nel mondo che ho lasciato - non si fa più il pane e pertivvù hanno detto che a causa della diffusa obesità alposto del pane si preferisce fare colazione con unoyogurt (magro). Allora che si zappava la terra; il paneera il cibo principale: pane e olio, pane e carne, pane ecacio, pane e fichi….Adesso in una società di obesi,sembra che il pane faccia male. Occorre abolire il paneed i grassi. La stessa cosa penso sia successa qui, inquesto Limbo.‖―Qui mi sembra che nessuno faccia niente. Vedo sologente che prende i soldi mensili dalla Commissionesenza dare nulla in cambio.‖―Invece anche qui ci sono quelli che lavorano, ma nonsi vedono. Li chiamano workers.‖―Ne sei certo? Chi te lo ha detto?‖―Alcuni lo hanno scoperto. La gente non è disposta acredere a tutto quello che la Commissione dice. Forseuna volta, la gente come te dell‘Ottocento e del primoNovecento ci credeva. Ma con l‘arrivo qui di grandiscienziati, teologi e filosofi, le cose sono cambiate. C‘èmolto scetticismo nei confronti della Commissione e sisono capite molte verità che prima s‘ignoravano. Primacredevano per filo e per segno a quello che diceva laCommissione. Adesso abbiamo le prove che la realtà èmolto diversa.‖―Alcuni diffondono discorsi sovversivi. Tutto sommato iosto bene così.‖Si erano seduti ad una panchina. Lei ebbe chiesto:―Continuami a parlarmi di quando tua madre e tuanonna facevano il pane. Sono cose che vedevo anche aimiei tempi.‖Alterio Giorgio continuò coi ricordi:―Mia madre e mia nonna la sera prima dovevanoripulire la madia col rastrello, lavarla con acqua calda,asciugarla e metterci uno strato sottile di farina in modoche la pasta non aderisse al fondo. Una delle duedonne prelevava farina dal sacco e la versava nellamadia facendoci un cavo come un minuscolo vulcanonel quale si ci versava acqua calda, a poco a poco. Ledue donne si mettevano ad impastare a mani nude.Ottenuto un amalgama omogeneo continuavano atirare la pasta, ad ammassarla ed a premerci i pugni.Ogni tanto si ungevano le mani con olio di oliva chefaceva da lubrificante in modo che la pasta nonaderisse alla pelle. La minima quantità di olio che finivamescolato alla pasta rendeva il pane più soffice esaporito. Si aggiungeva anche il sale grosso e alla finesi tagliavano le tonde panelle sulla cui superficieincidevano col coltello una croce.‖Carmela si consolava ascoltando. Erano ricordi anchesuoi. Lei ricordava che la mattina presto dal suobalcone vedeva il locandiere e la moglie del negozio difronte infornare il pane. Si spandeva per tutta PiazzaLoreto l‘odore del pane appena cotto.Alterio Giorgio continuò:―Le panelle erano poste su un tavolo di noce e ricopertecon un panno di lana, lievitavano fino all‘alba. Miamadre e mia nonna si alzavano alle quattro peraccendere il forno ed infornare il pane. Oltre al panefacevano anche due pizze, una con aglio e origano eduna coi pomodori rossi. C‘era poi la focaccia a forma diun grosso tarallo col buco al centro e le ciabatte. Mipiaceva la ciabatta con l‘olio fresco dentro. Le pizzeerano infornate per ultimo, quando le panelle ben cotteerano state levate e riposte sul tavolo di noce araffreddare.‖Era sempre un giorno lieto quando si faceva il pane.‖Carmela disse: ―Mi è venuta fame. I tuoi ricordi mihanno fatto venire fame.‖―Mi piace ricordare di quando mia madre e mia nonnafacevano il pane. Quelli furono forse gli anni più felici espensierati della vita. L‘odore del pane appena sfornato,il sapore della pizza al pomodoro e com‘erano buonequelle ciambelle fumanti con l‘olio fresco spalmatodentro.‖―Ai miei tempi si moriva di fame e di freddo, però nelletaverne si faceva il pane come dici tu.‖―Però provi nostalgia nel ricordare quel periodoinfame.‖―Più che nostalgia ho rabbia. Sono stata una disgraziatavissuta in tempi bui. Chiamiamoli bui per non dire altro.Alcune madri ai miei tempi per disperazioneavvelenavano i figli.‖―È vero quello che dici. Però rimpiangi alcuni momentidi quella vita. È inevitabile. Siamo fatti di tristezza enostalgia. In fondo ai nostri pensieri c‘è una zonairraggiungibile…irraggiungibile come la felicità. Laricerca della felicità, l‘aspirazione alla gioia perfetta,cose inesistenti. Illusioni.‖―Con te mi trovo bene. A me questo basta.‖2) Continua58OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Gianmarco Dosselli (1954) — Flero (Bs)TRASTEVERE―Trastevere è una barca…‖, dice unacanzone popolare; sale, allora, a bordo,in compagnia de ―un romano de Roma‖che tiene il timone.La sua prima volta a Roma, comesolingo vacanziere, il cremonese Simone si sorprende apensare seriamente di visitare la città eterna. Haconosciuto il collega Cristiano, romano puro, in una―aristocratica‖ pizzeria sarda di Costa Smeralda; il lavorostagionale è per Simone la sua priorità di guadagno. Tra idue asceti, l‘amicizia si è fatta solida tanto da sopperire,alla bell‘e meglio, ogni forma di marasma.La chiusura dell‘alta stagione estiva è indice di serenitàper Simone. Non immediato è il ritorno al suo paeselombardo; gli spetta il primo passo stratosferico:l‘ospitalità, di cinque giorni, nella casa di Cristiano nellaRoma degli Imperi! In realtà è una mansarda situata sulLungotevere Sanzio, con sole tre stanze: adattabile peruno scapolo orfano. La casa è di colore giallo sporco, eanche in questo vi coglie l‘ironia della sorte, perché ―casagialla‖ è il nome che viene comunemente usato perdefinire i manicomi.―Non è una suite de luxe, ma perlomeno ho un tettosopra la mia testa.‖, gli conferma Cristiano.Si è in settembre. Una forza misteriosa tira Simone condecisione giù dal letto e lo fa ―calare‖ in cantina. Èautorizzato ad accaparrare tutta la libertà che vuole:orari, prestiti, padronanza di ruolo,… Tra uno sbadiglio el‘altro, preleva la bicicletta dell‘amico e attraversa lestrade trasteverine, illuminate dalla luce dell‘alba.―Girovaga‖ come un fautore nel quartiere antico epittoresco dove il primo raggio di luce fa rinvenire gliarancioni e i rossi ruggine degli antichi edifici. Lacampana della torre medievale di S. Maria chiama i fedelialla messa. Uno scooter colabrodo passa scoppiettandosul selciato umido di brina e scompare in un vicolotortuoso.Simone è salutato, la prima volta, dal ―Principe‖, ungirovago bene in carne che, in vestaglia sdrucita ezoccoletti bianchi, si dirige ciabattando verso la bottegadel fornaio dalla quale si spande sulla strada il profumodel pane sfornato. Il ―Principe‖ è un baioccosquinternato, ma rispettato dai trasteverini: salutasolamente gli sconosciuti!Gira, gira, gira… Come ―gironzola‖ felicemente,Simone! Sembra che sappia dove andare. La gioia dipedalare in Viale Trastevere è oceanica; il quartiere sifrantuma da entrambi i lati del Viale, in un dedalo diviuzze che si aprono all‘improvviso su fantastichepiazzette e rondò. Il cremonese intuisce la differenza conla sua zona del Nord che, quasi quasi, vorrebbe unqualsiasi titolo romanesco! Fin da età remota artigiani,scaricatori dell‘attivo porto fluviale, venditori ambulanti esoldati di mestiere vi stabilirono la loro dimora. Pedalareper Trastevere è come frugare in soffitta dove sianoaccatastati i ricordi e le testimonianze dell‘intero passatodi un casato. Obbligato percorrere un tratto dimarciapiedi causa strada sconnessa e ―deliziata‖ daqualche pozza d‘acqua, Simone viene fermato da unvigile con tanto di amache di carne.―Evviva Alberto Sordi!‖, dice Simone, esordendo inquesto modo.―Come osa? Documenti, prego!‖―Veramente non intendevo offenderla; è un miocomplimento a gente simpatica come voi.‖―Ha una voce tipicamente del Nord Italia, lei giovanotto!Da dove viene?‖―Sono bresciano, ma vivo nel cremonese. Mi chiamoSimone Franceschini, da Pandino.‖―Che ci fa qua? Dal Nord è giunto in bicicletta?‖―Oh no, sono in vacanza! Ospite da un trasteverinopuro, come lei!‖―Chi sarebbe, costui?‖―Un certo Cristiano Malnati!‖―Cribbio, lo conosco! È figlio di mio cugino. Attento, èun arnese da galera! Potete andare, possibilmentepercorrendo le strade!‖―Sarà fatto, grazie!‖Quella mattina c‘è il mercato già animato dalle millevoci del dialetto locale: i trasteverini hanno un fierospirito di quartiere; le massaie ben composte tenendo inequilibrio sul capo il cesto colmo d‘ortaggi; duecarrozzelle a cavalli circolano ancora. Simone ammiraestasiato l‘opera di maestria dei vetturini. Fiera,laboriosa, strenua, estroversa, colma di calore umano, lagente è irresistibile. Un dono? Come in un paesetto dafiaba, tutti si conoscono e sanno i fatti altrui.Anziane signore se ne stanno per ore alla finestra aguardare i passanti con occhio critico.―Accidenti, ma che sono? Ispettrici?‖È la prima domanda curiosa di Simone a quellaparticolare situazione. Una nuova relazione sentimentaleo una ―bega‖ familiare sono episodi di pubblico dominio:ogni finestra si riempie di spettatori che parteggiano perl‘uno o per l‘altro e donano suggerimenti e comprensione.Di questa caratteristica trasteverina, Simone ne èestasiato! Che luogo!Si ferma a vedere alcune mostre all‘aperto: scalcinatimuretti si illuminano dei vivaci colori delle tele e deimonili in esposizione. Il via vai della gente è entusiasta.L‘aria di metà mattino è così tiepida che una famiglia hadeciso festeggiare il compleanno di un avoapparecchiando la tavola davanti la porta d‘ingresso esiede sotto i festoni di panni stesi ad asciugare da unafinestra all‘altra attraverso la strada. Un‘auto cerca ditransitare nella viuzza, ma due tavoli e le sedie glieloimpediscono. Il conducente è sulle furie. Sembra, aSimone, l‘inizio di una rissa, ma poi il guidatore piantal‘auto in mezzo la stradina e va a farsi anche lui unabruschetta e un bicchiere.―Wow, a Trastevere tutti se la prendono con comoda!‖,medita, sorpreso.Altro giro ciclistico. Nota un mendicante, si accosta e sitrova davanti alle orbite bianche di un cieco.A mezzogiorno in punto rincasa per pranzo. La cucinadi Cristiano è ben fornita di alimenti, i cibi succulenti.Sono due cuochi, niente scatolette al desco! Simoneracconta all‘amico di quanto Trastevere gli è fonted‘ispirazione e di quell‘incontro col vigile, personaggiosubito ignorato da Cristiano.―Non hai visto di sera. Ci recheremo insieme. Ilquartiere è anche centro del vitale teatro d‘avanguardia,piccole compagnie di giro e cooperative di ragazzi-attoriche recitano in vecchi depositi abbandonati e garageOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 59


fuori uso.‖, ammette Cristiano, alla fine del racconto riccodi verve dell‘altro.―Magari, potremo assistere a qualche spettacolo?‖―Perché no!‖Al ―Teatro di Trastevere‖, i due ragazzi, seduti sulpavimento insieme ad altre cento persone, assistonoalla brillante e viva interpretazione femminista della ―Lalocandiera‖ di Goldoni. Recita interminabile! La voglia ètanta di restare sul palco!È notte. La ―deliziosa‖ camminata sul Lungotevereviene interrotta per…―Credo che faremmo meglio a rientrare. Piove!‖,annuncia Cristiano.Giorni a venire, Simone trova modo di apprezzarePiazza S. Maria e la chiesa di S. Cecilia, un‘oasi di silenzionello strepitio della vita quotidiana. La domenica, la suaunica domenica romana la trascorre al vasto, rumorosomercato delle pulci di Porta Portese: una fiera lungamillecinquecento metri! Un onore! Un mercatosorprendente che ancora (o quasi) sigla il passato: in unastrada vi sono camion carichi di mobili rustici, un viale èriservato ai pezzi di ricambio per autovetture, una stradaalle biciclette rosse. Ai muri e ai tronchi d‘alberi sonoappesi dei vestiari dalla seconda alla decima mano eresiduati di tutte le guerre. La turbolenta storia diTrastevere, la quintessenza di Roma, continua con la sualanguida e solare bellezza e la sua natura caotica e―caciarona‖; non tutta la nozione storiografica vieneconcentrata nella mente del lombardo, ma ad egli gli èbastato la gente cordiale e i problemi urbani piùinsolubili.Ultimo giorno. Simone è in attesa della partenzadell‘espresso alla stazione Termini.―Nessun altro luogo come a Trastevere si vienecontagiati da quella qualità tutta italiana che è l‘arte disopravvivere: la capacità di gettare tutto in ridere conbattute e d‘arrangiarsi per mettere insieme il pranzo conla cena. Siete straordinari, voi trasteverini‖, sentenzia alcolmo della commozione, Simone.Sale in vettura. Si sporge al finestrino per l‘ultimocenno di saluto all‘amico Cristiano.―Non appena partirà il treno, sappi che delle lacrime mispunteranno. A presto, Cristiano.‖―Ritornerai, amico, ritornerai da ―noi‖, e avrai tantospazio in casa mia: te lo prometto!‖L‘espresso è in partenza. Si muove.―Ehi, Simone!‖, lo chiama a gran voce, Cristiano. ―Co‘Trastevere ner core.‖Idolo Hoxhvogli (1985) — Porto SanGiorgio (Fermo)LA DIREZIONEUn giorno A incontra B e gli fa: «CiaoB, dove vai?». «Vado da C» rispondeB. «Bene, perché non facciamo unpezzo di strada insieme? Sto andandoda D, e per C e D bisogna proseguireverso la stessa direzione» aggiunge A. «No, non tisbagli, solo che poi devo raggiungere anche Z passandoper Y» risponde B stranamente scocciato. «Y? Quale Y?Non c‘è Y per Z». «Come non c‘è Y? Certo che c‘è.Come ci sono anche J, X e W» continua B. «Stiamoparlando dello stesso Z?» ribatte A. «Lo Z che conoscoio è luce immensa, assoluta pace dell‘animonell‘abbraccio del padre misericordioso» insiste fermo esaldo. «No, aspetta un attimo, non permetterti affattoA, Z è una valle sterminata, dove gloria e gioia infinitasi riversano nelle insenature di un eterno vivere».Passa lì per caso E. Accortosi che i due sono sul puntodi venire alle mani, cerca di calmarli: «Signori, noncredo che Z abbia le caratteristiche da voi elencate.Non vi siete capiti, è semplicemente un equivoco».A e B leggono la tentata pacificazione come unimperdonabile affronto. Prendono E per il bavero delcappotto e lo ammaccano con calci e pugni. Dopoaverlo per bene pestato lo scannano e bruciano conlegna asciutta e scoppiettante. Terminato il sacrificio sirimettono in cammino, certi e sereni dei rispettivipercorsi: A per un Z, B per l‘altro.Molti anni dopo centinaia di grossi vermi si ritrovano inZ, pochi metri sotto terra, per un bivaccante rinfresco abase di A e B. «Si sta da Dio in Z» urla un verme fuoridi sé dalla gioia.CHIER SPECTACULAIREUn importante talk show indisse dei provini. Sipresentarono migliaia di persone: casalinghe, tecnici,artisti. Ogni piaga della società – piega, mi correggo –era ben rappresentata. Tutti in cerca delle più grassefortune.Dopo settimane di durissime selezioni rimasero in due:un intellettuale con magisterstudium a Tubinga, e ilgiovane e prestante Ano. Il confronto sviluppato nellasede legale dei produttori non riuscì a stabilire alcunasupremazia. L‘intellettuale prevaleva negli argomentidegni di nota; il vigoroso Ano, invece, era imbattibile intutto il resto.Gli esaminatori decisero di rivolgersi a dei commissariesterni: sanitari del dipartimento di proctologiaavanzata del Ministero dell‘Intrattenimento, ed umanistidelle accademie romane.I proctologi, dopo un‘accurata ispezione, valutaronol‘effettiva perfezione ed integrità di Ano: nessunatraccia di ragadi. Gli accademici ne sottolinearono ilfascino silenzioso, come del non detto che vorrebbefarsi cogliere, ma sempre e continuamente fugge e siavvicina – cos‘altro avrebbero potuto far emergere,pubblicamente, i nostri dotti esaminatori?All‘interrogazione di un celebre filosofo sull‘essenza delpostmoderno, Ano sbalordì la commissione con unasentenza magistrale: la contrazione delle labbra in unrisolino lussurioso come i più magici orifizi. Gli esperticapitolarono, Ano sarebbe stato troppo desiderabile peril pubblico, non si poteva in alcun modo tenerlo fuoridalla trasmissione.Sia la consulta di intellettuali, dunque, che i luminaridella proctologia optarono all‘unanimità, decisi edinappellabili, per il bellissimo Ano.Come pronosticato dagli strateghi il talk fece il pieno diascolti. L‘indimenticabile picco di audience venneraggiunto durante un‘emozionante discussione sullacapacità della televisione di migliorare la società.60OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Cercando di proferire parola, Ano fu colto da unimprovviso attacco di tosse petodefecante. Letelecamere furono travolte da una giubilante e fognosalatrina. I telespettatori ottennero finalmente ciò chesempre avevano desiderato: essere sommersi diletame.PER ME NESSUNA CITTÀLe memorie, anche quando entrano nei dettagli,non sempre costituiscono un‘autobiografia. E ciòche sto scrivendo sicuramente non lo è, neppureper quanto riguarda gli anni berlinesi, di cui qui, ineffetti, unicamente si tratta. Poiché l‘autobiografiaha a che fare con il tempo, con il suo scorrere, conciò che fissa il fluire continuo della vita. In questocaso, invece, il discorso è incentrato su uno spazio,su attimi e sul discontinuo.Walter BenjaminMi porto dietro una storia che non ho vissuto. La storiadi una parte di mondo, e del suo coperchio, un cielo dinuvole bugiarde. Dietro questa terra asperità timide, dilà un mare non troppo pescoso, ma di secolo in secolosolcato da viaggiatori con abiti sempre diversi, e dalsorriso comunque beffardo di colui che non sente il salenelle ferite. I denti gialli di vivande, più su capelliodorosi di vita vissuta.Mi porto dietro una lingua che non ho mai parlato. Trale voci del mondo la mia è senza terra. Tra melodieinascoltate la mia è silenziosa. La narrazione di unastella non le ha dato uno strumento, nemmeno usato.La tessitrice non un filo nella trama. Un Dio può nondare un'origine.Volevo parlarti come le parole sanno fare, ma del dovele parole non sanno arrivare: alle cose, al movimentointerno che anima una personalità, e dove in penultimaistanza trovano ragione e fondamento gli atti, i gesti elo sguardo di un individuo. Il retroterra che mi precedee sostiene pericolosamente non lo puoi conoscere, senon nella misura in cui la percezione e lo sguardo losfiorano. Non sarà che una tematizzazione soloirriflessa, leggera e sviante rispetto a ogni possibileintuizione. Un retroterra di solitudine e violenza, fuoridalle mura amiche.Essere considerati diversi è di per sè una violenza:psicologica, in quanto scheggia la sensibilitàdell'individuo, modifica negativamente un suo possibilestato di serenità, frantuma l'atmosfera di vita; fisica,perchè ad una considerazione di diversità segue unallontanamento corporeo della persona consideratadiversa. Il silenzio assordante dell'indifferenza o ilfragore schiamazzante ed umiliante della percossafisica. Entrambe le possibilità non sono staterisparmiate. Quotidianamente umiliato, picchiato, offesoe deriso a causa di un cognome non conformeall'italiano canonico. Un cognome che rimanda adorigini – in questo preciso momento storico –considerate malfamanti.Pugni, calci, sputi e molto altro costituiscono il riccorepertorio di ciò che ho subito, senza che nessuno midifendesse. C'era una volta il proprietario di un bar. Inuna traversa che buttava in via Mauro Macchi lui e ilsuo bar. Insinuò che andassi in giro con un coltello. Erosolo un bambino, non sapevo neppure tagliare il pane.Come sai, o forse hai inteso nel corso di un'esistenzanon infame, un momento della storia è qualcosa che hasenso nella vita di un uomo. Una singola frazione diquesto naufragare è funzionale ad una valutazione chepuò essere, lei sì, infame. E quanto questa singola,minuscola infamia possa essere tragica un uomo puòsaperlo. È come il profumo di un fiore amaro, il qualelascia dietro sé il ricordo deluso di un possibile prato, incui come i fili dell'erba si è tutti uguali.Mi ricorderò sempre il giorno in cui orinarono su un miocappello, giallo, lasciato malauguratamene solo.Stropicciato, come il mio corpo dalle percosse, zuppo,come il mio cuore, lo trovai ed abbandonai. Ed ero soloun bambino, nato sulla sponda opposta del fiume.Alcuni bambini pensano che gli albanesi siano indiani.Devono averglielo insegnato i genitori. Fanno bene. Èvero, sono indiani. Siamo tutti uomini. Siamo indiani,ariani, ebrei, neri, siamo parte di una totalità checomprende infinite possibilità. Un turco è tedesco, untedesco è ebreo, un ebreo è italiano, un italiano èalbanese. Si fa l'amore tutti quaggiù, da milioni di anni:com'è possibile pensare di essere qualcosa di puro? Dabambini ci si sente uguali agli altri, non ci si accorge diessere considerati diversi. Razzismo non è considerarel‘altro inferiore, ma considerarlo diverso.All'origine vi è l'umanità, all'interno della quale avvienela discriminazione: qui si consuma la tragedia, si ha lastatuizione del criterio che discrimina. Stabilite lediscriminanti si separano le parti, viene compiuta laseparazione astratta. Dalla separazione nascel'intolleranza: una parte, o entrambe, non vuole ilcontatto con l'altra. L'esasperazione dell'intolleranzagenera il fanatismo. Perchè questo? Il seme ènell‘interpretazione della differenza come negativo:possibile conseguenza nel riconoscimento delladifferenza. Dalla differenza alla difformità, dalladifformità al contrasto, dal contrasto al conflitto, dalconflitto alla violenza. Ecco come errate declinazioniconcettuali possono avere conseguenze nefaste.Mi sento uguale agli altri, ma gli altri mi consideranodiverso. Questa è la logica paradossale e contraddittoriadel razzismo. Logica però contraddittoria solo sul pianoteoretico, perchè in quello reale si tramuta in violenza.Cosa c'è di più reale della violenza? Ti fa ricordare diessere al mondo, ti fa ricordare che gli oggetti e lepersone possono essere ostili, anzi, che lo sono inmaniera più che costitutiva. Il malanimo, l'inimicizia cheattraversa l'umano come il soffio primigenio quandodiede vita, rende la coscienza quotidiana straripante diun solo dubbio, capace nella sua singolarità di tracimarerispetto agli angusti spazi del logos diurno: da dove taleschiaffeggiante malevolenza? Quel soffio, narrato confacilità eccessiva come magico e leggero donooriginario, è forse la strenna ubriaca dell'afflato divino.Non respiro, ma esalazione che ha reso il fangoanimale, piuttosto che anima.La vita è lunga quanto il petalo di un fiore. Perchèraccontare il passato? Perchè il passato può non essereoltrepassato. Rimane lì, inespresso ma operante nelfare quotidiano, nell‘interpretazione che si dà agliavvenimenti. Il passato è l‘atmosfera del presente. Ilpresente, si sa, deve molto a ciò che è stato. MaOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 61


quanto il passato deve al presente? Forse il pesce puòperdere l'acqua in cui nuotare.***Spesso, alcuni, trattando di una filosofia della storia,non si accorgono che solo stanno trattando del suoconcetto: del concetto di storia, piuttosto che dellastoria. Ma tanto più grave è la deviazione, nonlinguistica ma sostanziale, quanto maggiore èoriginariamente l‘afflato da cui questo logos è sorto: iltener conto del patire. Una filosofia della storia – nellamisura in cui diventa filosofia del concetto di storia –nel momento in cui apre la bocca, come voleva unpoeta, già parla al vuoto. Troppo veloce è il gallo. Lacocaina della loro filosofia è il Senso: appena gli sembradi intravederne uno il suo eccitamento assomiglia alleconvulsioni deformi di una puttana drogata, e poistuprata, abusata da coloro che di quel Senso sonoportatori. La storia, proprio da quell‘eccitante concettoche è altro da sé, viene brutalizzata. Il Dio stesso nonriesce, se non nella sua mistificazione dottrinale, a nontrattarla come una sgualdrina. Lo strazio poi ha buongioco nel passaggio dalla teoresi alla prassi. Smessol‘orgasmo stridulo, metallico, del concetto, ha poi iniziola consuetudine lacerante del fatto. Il cadavere èirriconoscibile.Filosoficamente non si può affrontare il reale solo nelsapere, ma anche nel patire. Perché anche nel patire èil sapere. Tener conto della fatticità non èun‘operazione teoretica, ma storica. È nella misura incui il concetto di storia non affoga nella bava delsofferente che si vede la sua pregnanza. Non la storiadeve farsi concetto, ma il concetto semmai farsi storia.Che si lasci almeno, seppur senza padre, partorire dallamadre. L‘alternativa? Dall‘aquila all‘aquilone. L‘aquilonepoi, sgozzato.Marco Marengo (1973) — GenovaIDENTITÀ FACEBOOKSquilla il cellulare. Osservo conattenzione il piccolo schermo. Di solitoquando compare ―numero privato‖non rispondo, ma questa volta quelloche comunemente si definisce sestosenso mi spinge a premere il tasto verde.-Buona giornata!- una voce strana, ma non… non socome spiegarvi. Una voce gentile, ma fredda.– Noi sappiamo molto di lei – poi il silenzio, come sefosse scomparso.– Ma chi è? – penso nel cercare carta e penna perprendere appunti su questa conversazione insolita.– La chiamiamo per darle un consiglio – poi tace peralcuni secondi – molti hanno fatto l‘errore di cancellarsida F.B.– E quindi? – come si suol dire la domanda mi sorgespontanea.– Ne abbiamo perse le tracce, gli utenti cancellati sonoscomparsi! – esclama deciso.– Ma che sta dicendo? Lei chi è?Nonostante l‘assurdità dell‘affermazione la mano chestringe il telefono inizia a tremare.Filosofeggiando penso al fatto che a volte l‘identità sulweb è più forte di quella reale. Forse il tizio al telefonoha ragione: chi si cancella da F.B. annulla la propriaidentità.Nei giorni futuri vedrò gente vagare per le strade allaricerca di una vita reale, o forse solo di una nuovaidentità nel web. Questi esseri, confusi tra i due mondi,fonderanno una nuova civiltà, una nuova specie.CLAUDIA CON GLI STIVALI– Una ragazza di Berlino –Mi accendo un sigaro nell‘inverno di Berlino ed il fumosi mescola al grigio del cielo creando strane formedanzanti. Un tizio transita e la sua scia modifica il ritmodella danza. Io produco grigio come questa città dove,sotto questo mantello privo di colori, molte vite pulsanocosì intense.Strani pensieri ed emozioni vive piovono su Berlinosotto forma di una strana nebbia gelida difficile dadefinire.Alcuni Berlinesi sono in grado di dissolverla trovando,aldilà, un calore dai colori intensi. Uno strano film è ilcielo di Berlino, non basta l‘abitudine per sopravvivereal suo peso.Claudia con i suoi stivali comprati in Italia camminasvelta verso il lavoro. Lei calpesta decisa l‘asfalto dellestrade ampie di Berlino, io vivo la città raccontandola inqueste righe. Idealmente le due vite si incrociano:calpestio di stivali e ticchettare di dita sui tasti.Claudia tra un passo e l‘altro a volte pensa al suoviaggio in Italia, ai raggi di sole, a Lerma. Claudia hamolte cose da raccontare, parole che lei ascolta duranteil suo lavoro in ospedale: vecchi reduci che, giunti allafine dei loro giorni, le confidano della guerra, le fannocapire che non è finita. Il fiume porta ancora sangue divecchie ferite.Un raggio di sole oltrepassa il grigio. In fretta svanisce,come se fosse conscio di aver errato.Mentre scrivo queste righe mi arriva un sms di Claudia,le è piaciuta molto la settimana trascorsa a Lerma,forse il fiume la riporterà da queste parti. Il suoscorrere trascina via molte cose, ma sui sassi e sugliarbusti delle sue rive qualcosa resta.Impetuoso nell‘inverno piovoso, calmo e stagnante neicaldi mesi estivi. Con l‘acqua bassa possiamo vincere iltrasporto della sua corrente nuotando verso le sorgenti,riscoprendo fatti piacevoli del passato.Claudia mi racconta che a Berlino c‘è molta gentestrana, fuori di testa. Forse è tipico delle grandi città oforse, come spesso accade, il grigio influisce sullapsiche creando derivazioni devianti di quella chedefiniamo la normalità. A Berlino ci sono molte cose. ABerlino c‘è troppo, forse è questo che crea confusione.In molte menti la guerra non è finita, così Claudiacontinua a lottare con i passi saldi dei suoi stivali dallasuola in gomma.Percorrendo la città aldiquà e aldilà del muro che nonc‘è più ascolta, durante dialoghi occasionali, le opinionidi chi si sentiva più sicuro quando c‘era il muro.62OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Claudia, spero che ti riesca facile tradurre queste righe.Spero di leggere i tuoi pensieri, le tue storie.Un raggio si sole. A presto. MarcoCHAT ROULETTECompare per alcuni secondi un tizio. Mi fissa come sefosse davanti a me, come se il monitor non esistesse…come se non ci fosse il filtro della chat e della webcam.È qui.Mi blocca gli occhi sui suoi, una specie di immagineriflessa. È ben diverso da me, ma la sensazione diguardarmi allo specchio, nel tentativo di capire chisono, è forte.– Io compro e vendo persone.Compaiono solo queste poche parole. Non so cherispondere. Basterebbe la pressione su un tasto ed iltizio svanirebbe lasciando forse il posto ad una ragazza.Queste le regole della chat-roulette: il caso sceglie chi ticomparirà davanti e ad ogni giro di roulette non potraipiù sapere del turno prima.Se clicco il tizio scompare.Clicco.A quanto pare la roulette non funziona. Il tizio è semprelì.Tento di ironizzare.– Come va il commercio di persone? la domandascatena una lunga risata poi, d‘improvviso, torna serio emi fissa.– Bene, lavoro molto online – la risposta mi fa pensaresempre con più convinzione che si tratti di un pazzo,ma voglio approfondire.– Come fai a comprare una persona online? È assurdo…Con fermezza e calma mi spiega la sua tecnica:– Io faccio la mia offerta. Come tu ben sai ognuno dinoi ha un prezzo.Il concetto mi fa gelare il sangue.– Ma il prezzo è per qualcosa che si fa e non…Il tizio avendo intuito il seguito del mio concetto miinterrompe:– Alcuni hanno un prezzo per la loro fisicità.Ridacchiando ribatto:– Ma allora parliamo di puttane!Ridacchia anche lui, forse solo per gentilezza, poi vaavanti con la sua teoria:– Intendo un prezzo per comprare il tuo corpo. Se ticomprassi ovviamente saresti mio, ma con ciò nonpotrei farti del male o ucciderti.La faccenda si fa seria ed il tizio sembra mattocompleto.– Ma se io mi vendessi a te, mi porteresti via come siporta a casa un televisore dove l‘acquisto?– Qualcosa del genere… – e si gratta la testa come se ilconcetto fosse difficile da esternare – …ma non èproprio così…Tento di capire dove si possa trovare, ma alle sue spalletutto è bianco e anonimo. Decido di continuare acuriosare in questa strana faccenda.– L‘ultima persona che hai comprato?In quel momento qualcuno passa alle sue spalle, lawebcam lo riprende di sfuggita e non si capisce se è unuomo o una donna.Prima che possa rispondermi aggiungo un‘altradomanda: – Chi è? Uno dei tuoi acquisti? – e tentonuovamente di prenderla in ridere.Anche questa volta educatamente ridacchia anche lui,poi mi risponde.– L‘ultima persona che ho comprato l‘ho persa di vista,ma ora sto comprando te.Cambio espressione e lui se ne accorge. È lui che rideora.Non ho la forza di ricambiare il gesto. Continuo apensare che si tratti di un pazzo, ma forse qualcosa misfugge…– Come fai a dire che mi stai comprando?Tace e mi fissa con la solita espressione, poi risponde:– Per il momento sto comprando il tuo tempo, anzi melo stai cedendo gratis. Si inizia sempre così!Questa volta rido di gusto, in fondo che male puòfarmi?– Questa mia affermazione scatena sempre una risata,è tipico. Prima di comprarvi siete sempre allegri… a direil vero alcuni sono più felici dopo l‘acquisto.– È proprio convinto di ciò che dice… – penso nel dareun giro alla roulette. Il tizio questa volta scompare,viene sostituito da una ragazza, ripresa di spalle. Iniziaun dialogo interessante, presto interrotto dalcampanello.Non aspetto nessuno, chi può essere?– Siamo venuti a ritirarla! – esclama una voce gentile.....(Inserito nel blog www.bunkeru.splinder.com)Umberto Pasqui (19<strong>78</strong>) — ForlìCINQUE OTTOBRESolo adesso riesco a trovare pace, qui,a mezzanotte, steso nel mio letto.Solo adesso trovo la forza per scriverequanto mi è accaduto oggi, sperandoche il sonno non prenda il sopravventoperché altrimenti la mia narrazionerisulterebbe incompiuta.Solo adesso la paura, sebbene solo in parte, mi haabbandonato.Dopo la pausa pranzo, come al solito breve e veloce,stavo per rientrare in redazione. Non avevo le chiavi. Laporta, stranamente, era chiusa: erano le tre meno unquarto, orario in cui, in genere, c‘è sempre qualcuno.Con pazienza aspettai sedendomi sui gradini cheportano al terzo piano. È già da un paio d‘anni chelavoro lì e mi sono sempre chiesto dove conducesserole scale di quell‘edificio. I miei colleghi o non nesapevano nulla o non me lo volevano dire, ed io,messomi il cuore in pace, non osai cercare informazionisu quel misterioso ultimo piano. Guardai verso l‘alto,notando una serie di cose buttate sul pianerottolo che,per una simile confusione, sembrava uno sgabuzzino,un ripostiglio pieno di oggetti malriposti e malridotti.Credei che ci fossero delle cantine, oppure unosgombraroba disabitato e poco agibile. In quelmomento potevo osare: potevo salire le scale e vedereOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 63


esattamente cosa c‘era, ma non volli farlo, temendoche, se qualche collega fosse nel contemposopraggiunto e mi avesse visto curiosare nel pianosuperiore, mi avrebbe additato come ficcanaso. E perme, che faccio pesare troppo il giudizio degli altri sullamia persona, sarebbe stato disastroso. Per distrarmidecisi di uscire e di fare una passeggiata: erano le tre eun quarto ormai, e nessuno si vedeva.In piazza della Misura c‘erano le bancarelle dei libri e necomprai uno, fui abbastanza rapido tanto che alle tre emezzo ero di nuovo davanti alla porta della redazione,sempre chiusa. Suonai il campanello, ma nessuno,ancora, mi rispose. Mi sedetti sugli stessi scalini intentoa leggere il libro appena acquistato.Dopo un paio di pagine avvertii delle voci proveniredall‘alto, dal terzo piano. Le mie orecchie si rizzaronocome quelle di un segugio che ha intuito una nuovapista. Incurante su ciò che i miei colleghi avrebberopotuto dire di me salii, con cura di non farmi sentire,passo dopo passo uno scalino dopo l‘altro. E mi ritrovainel pianerottolo del terzo piano.Cercai di afferrare che cosa stavano dicendo le voci, manon capii nulla, sembravano parlare in una linguadiversa dalla mia. Poi venne il silenzio, un silenzio ditomba. Ma ero convinto che, dietro quella portanascosta da scatoloni di cose rotte o giornali vecchi, cifosse qualcuno. Dopo il silenzio avvertii una musica,l‘avevo già sentita, ed era molto nota, ma mi ci volle unpo‘ di tempo per risolvere che si trattava della Sinfonia―Del nuovo mondo‖ di Dvořák. A questo punto la miacuriosità crebbe vertiginosamente. Il volume dellamusica aumentava sempre di più e, di tanto in tanto,era accompagnato da oscuri monosillabi rauchi eincomprensibili di tante voci maschili all‘unisono. Ilmistero stava diventando intrigante.Sentii dei passi provenire da sotto, era qualche miocollega che stava sopraggiungendo. Mi accovacciai trala roba malriposta, ma, con gran sollievo, capii chestava aprendo la porta della redazione e vi entrò. Erosalvo. Mi rialzai. I monosillabi erano diventate vere eproprie urla sincopate. Dall‘emozione mi lacrimavano gliocchi. Mi accovacciai per terra, un po‘ per paura un po‘per stanchezza, mi rannicchiai in un angolo polverosodel pianerottolo, cercando di origliare. La musica cessò,o divenne così flebile da non sentirsi. Improvvisamenteuscì una donna dalla porta, feci un sussulto e sobbalzaitra gli scatoloni colmi. Ella mi guardò con occhi fissi. Erabionda, capelli non molto lunghi, fisico sportivo, avràavuto una quarantina d‘anni ben portati, curata, conmani affusolate.– Tu chi sei? – mi disse passandosi sulle labbral‘indice e il medio della mano sinistra.– Sto aspettando… – non seppi cos‘altro raccontarle,nel frattempo mi stavo alzando in piedi.– Sei dei nostri allora, va, entra – mi sussurròabbozzando un sorriso maligno – è già cominciato.La ringraziai tacendo ed aspettai che scendesse le scaleper accostarmi alla porta misteriosa. Ella con la codadell‘occhio mi vide mentre stavo entrando e mi bloccòcon la voce:– Scusa ma… che stai facendo?– Entro – deglutii sull‘uscio – è già cominciato…– Sì ma non così… copriti!Io feci intendere che non capivo il suo linguaggio, ellarisalì le scale un po‘ impaziente (in quel momentopensavo che mi avrebbe schiaffeggiato, tanto che miritrassi proteggendomi con le mani). Mi scrutò dai piedial collo e concluse:– Ah non ce l‘hai? Aspetta…Tirò fuori dalla tasca uno straccio nero che poi notaiessere un cappuccio, me lo fece indossare e m‘invitò adentrare in fretta. Così feci ingresso, incappucciato, inquell‘appartamento misterioso sito all‘ultimo piano.Con timore seguii le voci che borbottavano in unastanza in fondo al corridoio, la raggiunsi prestandoattenzione a non fare rumore e vi entrai.I personaggi incappucciati non sembravano essersi resiconto della mia presenza, intenti com‘erano a parlottaree a grugnire (non esagero: qualcuno faceva davvero deiversi animaleschi) tutti attorno ad un tavolo, o almenocosì pensavo. Da fuori non riuscivo a vedere oltre lespalle del crocchio di figuri misteriosi. Mi avvicinai apoco a poco fin quando, com‘era inevitabile, fui notato:prima da uno, poi da tutti.– Sei nuovo tu? – mi parlò uno, che a gesti m‘invitavaa stare lontano dagli altri.Io annuì e mi sentii afferrare per la mano dall‘uomoincappucciato, era una mano calda ma rattrappita, daanziano. Egli mi condusse in una stanza più piccola e apoco a poco giunsero anche tutti gli altri.– Benvenuto nel prato – mi strinse la mano unoparticolarmente affettuoso.– Chi ti ha condotto qui? Pervinca? Sei un fiore anchetu o…?– Forse sa poco, viene dal bosco… - intervenne unaltro quasi per giustificarmi.– È strano che tu non sappia – parlò quello che perprimo mi aveva stretto la mano – questo luogo è ilprato e noi siamo i fiori, siamo tutti maschili trannePervinca, che ha un ruolo particolare.Io, mentre ascoltavo, dedussi che Pervinca fosse ladonna che mi aveva fatto entrare,– Io sono Giglio, poi c‘è Croco, Giacinto, Narciso,Mughetto, Giaggiolo, Nasturzio, Tarassaco, Papavero,Ranuncolo, Crisantemo, Iperico, Garofano, Geranio.– E tu sarai Nontiscordardimè.Ricevetti quest‘inaspettato battesimo e fui finalmenteinvitato a recarmi nella camera misteriosa dove poc‘anzierano tutti attorno ad un tavolo.Papavero, in tono assai bonario, mi spiegò, prima dientrarvi, che per completare il rito è necessario che ioprendessi parte al banchetto. Mi sarei dovuto nutrire di―concime‖ (io invero deglutii pensando ad un orrendopiatto di letame) che Pervinca, con premura, si eraprocacciato.Giaggiolo e Ranuncolo, intanto, mi davano dei pizzicottisulle braccia per scherzare, come se tra noi ormai cifosse tanta confidenza. E le risate di Crisantemo nonpotrò mai scordarmele.Finalmente mi accompagnarono in quella stanza e vidi iltavolo prima nascosto.Una scena orrenda si apriva ai miei occhi. Da una parte,sulla sinistra, stavano ben ordinati tanti piattini conposate luccicanti e ben affilate, dei calici con un dito dispumante sgasato alla rinfusa. E poi, steso, uncadavere di vecchio, aperto.64OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


– Mangiamo, su! – mi spronò Mughetto dandomi unapacca sulla spalla.Tutti quanti presero il piattino e con le posate andavanoa dilaniare brandelli di viscere che poi gustavano intutta naturalezza.Sbiancai. Volli andare in bagno a vomitare. Narcisos‘insospettì, ma preferì banchettare e ingozzarsidell‘orrido pasto.– Dove vai tu? – mi fermò Iperico – Devi mangiarel‘uomo, altrimenti potremmo credere che tu sia uninfiltrato, o concime.Gli altri fiori si volsero verso di me con le labbra sporchedi sangue, il loro sguardo avido e perverso ricercava ilmio. Il banchetto gioviale e festoso si arrestò.– Forse è concime… – borbottò Nasturzio mentre misquadrava dall‘alto verso il basso.– Aspettiamo Pervinca… – propose Giglio – Erisolveremo l‘equivoco.Croco mi afferrò il polso e mi condusse a forza in unastanza, e lì fui chiuso a chiave. Non riesco ad esprimerela paura che provavo, e che sento ancora fin dentro leossa.La camera in cui ero rinchiuso aveva una finestraserrata da una persiana da cui filtrava la luce delpomeriggio autunnale, ero in gabbia, intrappolato dauna banda di cannibali.Perché avevo voluto avventurarmi al terzo piano?Perché mi ero fatto vincere dalla curiosità?Mi maledissi, perché mi sentivo perduto, abbandonato.Pensai a un modo per fuggire, Ma mi rassegnai benpresto. Io non riuscivo a credere che nella mia città,così apparentemente tranquilla e sonnacchiosa, potesseesserci una realtà così inquietante. E sia ben chiaro chenon sono uno sprovveduto: il mio mestiere digiornalista m‘impone di stare sempre ad occhi aperti edorecchie attente, ho il privilegio di sapere prima deglialtri cosa è accaduto e cosa si pensa in giro. Riconoscoil tiepido respiro della città, i pensieri dei suoi abitanti,prevedo le azioni di chi ben conosco e temo così pochepersone da essere temuto da molti. Ma lì, in quellacamera cieca, mi sentivo a poco a poco morire. Il nonsapere le cose mi frustra, prima, e poi mi uccide comeun veleno lento che addormenta, paralizza e togliel‘anima. E in una tale situazione non potevo conoscerené il mio presente né il mio futuro, e neppure la realtàin cui stavo vivendo.Ebbene mi salvai, in effetti non era così impossibileuscire da quella stanza. Una volta aperta la persianaimpolverata mi trovai, dopo un breve salto di un metrocirca, in un terrazzino da cui mi calai ben raggiungendola redazione. Tuttavia ancora non so bene se mi sonorealmente salvato: perché sono certo che non scriveròmai un articolo su quanto mi è successo, nonindagherò, non denuncerò quei personaggi a chi didovere. Quei signori incappucciati mi hanno avvelenatocon la paura, che mai avevo provato tantointensamente, ed hanno ucciso in me la curiosità e lavoglia di ricerca. Quindi è come se avessero ucciso mestesso. Forse questi sono deliri della sera, al termine diuna giornata disgustosa, e probabilmente nei prossimigiorni dimenticherò l‘accaduto. O forse prenderò questitre fogli, unici testimoni di quanto è successo oggi,cinque ottobre, e li ridurrò in cenere bruciandoli nel miocaminetto insieme. Solo così, spero, potrò dimenticare.FRAMMENTI LUCCHESISineddoche inauditaEra quasi l‘una di notte di un sabato sera e a Luccapioveva. Per la precisione si stava compiendo la primaora del 20 giugno. Le nuvole se ne andarono lasciandouna temperatura fresca e primaverile, un profumobuono. Su una panchina nei pressi del bastione di SanRegolo stava un uomo solo, piegato su se stesso, con laschiena bagnata per la recente pioggia. Fu raggiunto daun gruppetto di ragazzi curiosi: nonostante l‘ora tardavagavano senza sapere bene cosa fare. Erano quattro igiovani: due maschi e due femmine. Solo uno fraquesti, bastian contrario di professione, non volevaraggiungere quel signore abbandonato a se stesso, mapoi fu convinto forse per paura di rimanere solo nellacittà silenziosa, illuminata da scarsi lampioni. Lucca èun‘isola separata dal tempo, sospesa in un‘antichitàvivente: galleggia sopra un prato verdissimo e profumadi tiglio. La piazza ricavata dall‘anfiteatro è malinconicae bella come un tramonto, pare un gioiello opaco espento, e l‘opulento percorso di vie strette di follaraccontano benessere e raffinatezza. Le cime deipalazzi che si sfiorano sono il cielo dei gatti che qui, dinotte, sono sovrani. L‘uomo sulla panchina disse il suonome, ma ora non se lo ricorda più nessuno. Erasconvolto, singhiozzava, piangeva: una ragazza stavagià chiamando i Carabinieri quando fu fermatadall‘uomo che, schiarendosi la voce, volle raccontare lasua storia. Notarono, i quattro, che quel signore nonguardava mai il viso. ―È proprio questo il mio problema– disse – il viso, a me non dicono niente i volti‖.Quest‘affermazione accese ancor di più la curiosità deiragazzi che, pertanto, stettero con pazienza adascoltare. ―Nel vostro paese il volto è la sineddochedella persona, cioè la rappresenta, la identifica; voisiete la vostra faccia. Trapiantatevene un‘altra e comefate a dimostrare che siete lo stesso uomo o la stessadonna? Per me non è così – rivelò – da dove vengo io,quello che conta sono le mani. Ho provato ad abituarmia puntare gli occhi sul viso, ma per me solo le maniraccontano le emozioni, le sensazioni, gli intenti e lastoria degli individui. Quindi non so che fare‖. I giovaniascoltatori, allibiti, domandarono in coro ―da qualepaese viene?‖. Ma quello strano signore, in un attimo,scomparve, lasciando ai quattro ragazzi brividi di verapaura.Prendeva nota di tuttoPrendeva nota di tutto Elisa, così pignola, cosìtremendamente ossessionata dall‘idea di perderequalcosa, di perdere un secondo, un respiro, unparticolare senza farlo suo. Voleva tutto, volevaconservare ogni granello di polvere. Con lei c‘era spessoAmulio, signore sensibile che seguiva con compassionele manifestazioni folli della ragazza. Elisa, cheevidentemente non aveva altro da fare, vagava perLucca con un quaderno nero e riportava tutto quelloche le capitava sotto gli occhi o che le entrava dalleorecchie. Non risparmiava profumi, sensazioni oimpressioni con una precisione davvero maniacale.Aveva constatato che sui tavolini delle passeggiate sullemura anche le scritte adolescenziali hanno la loroOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 65


icercatezza: ―sei il mio koala / e io la tua foglia / dieucalipto‖. E poi ciclisti, cicale assordanti, afidi checalano dai tigli e passeggiano sulla pelle cercandochissà cosa. Mamme con carrozzine, sciami di ciclitalora bizzarri… Finché fu distratta, e smise di annotarenel taccuino fermo sulla pagina datata cinque luglio. Lasua attività frenetica di cronista degli attimi e dellebanalità istantanee si interruppe perché vide qualcosadi inesplicabile. Rimase con gli occhi sbarrati, bloccatain via del Fosso. La gente che passava dapprima laignorò, poi qualche persona sensibile le si avvicinò aparole, quindi scuotendola. Giunse Amulio, semprefedele, e le fece aria con un quotidiano pieno disciocchezze. Ma non si riprese, era rapita da qualcosache andava al di là della percezione sensibile. Senzaaspettare tanto altro tempo, per non destare scalporetra passanti e turisti, l‘uomo prudente raccolse lagiovane e la coricò, a peso morto, in auto. La portò incasa, pensando che le giovasse. In effetti si riebbe manon disse nulla e, anzi, agguantò la penna e riprese asegnare tutto sul taccuino. Amulio, paziente, allargò lebraccia, certo che prima o poi le sue buone azioniavrebbero avuto il giusto guiderdone. Elisa tornò tra lestrade dentro le mura possenti, sollevando di tanto intanto lo sguardo dalle pagine fitte: notava tutto ma nonsi accorgeva di niente. Amulio la guardava da lontano,soffrendo per quella vita che tendeva a unaconservazione assurda. II suo nome scelto dal mito(chissà perché, poi, quei genitori vollero rievocare ilprincipe assassino ed usurpatore) non era mai statoscritto tra le pagine del quaderno di Elisa. Eppure luiera sempre lì, era sempre al suo fianco o la seguiva condiscrezione, se ne prendeva cura. All‘attenta pennadella giovane folle era sempre sfuggito Amulio e ciò che– cioè davvero tanto – egli aveva fatto per lei. Il giornodopo, però, poco prima che il cielo rannuvolasselasciando presagire una repentina rinfrescata (dolceillusione!), Elisa si bloccò di nuovo, rimase sorridentefissando il cielo. Ancora una volta Amulio era lì, le sfilòdi mano il taccuino e la penna. La portò ancora unavolta a casa e la giovane rinvenne; però non trovava ilquaderno e ciò la fece urlare, poi, con uno sguardo, sidistese. Amulio il premuroso consegnò il preziosofeticcio alla proprietaria: ma ora era tutto diverso. Elisaannotò per la prima volta il nome di quell‘uomo e loabbracciò, gettando dalla finestra penna e taccuino.Marco Pennone (1955) — SavonaLA GATTA DI CATERINA"Temo che gli animali vedano nell’uomo unessere loro uguale che ha perduto in manieraestremamente pericolosa il sano intelletto ani-male…"(F. Nietzsche: La gaia scienza)Caterina accarezzava Katy, la vecchia gatta persianadi diciott‘anni sua compagna inseparabile fin quasi dallanascita.La teneva in grembo, seduta sul divano; le davaleggere grattatine sulla testa, e la gatta rispondeva allesue attenzioni con un intenso incessante "ron-ron".Caterina era all‘ultima pagina di un libro sugli animali:da qualche tempo si interessava assiduamente dietologia."...Quando la morte di un uomo avviene in un modoinspiegabile a rigor di logica, siamo in genere portati afare le più strane illazioni, i collegamenti più arditi; adarne la responsabilità ad eventi o cose o persone inapparenza del tutto estranei al fatto. O anche adanimali.Una volta, e non son nemmeno tanti anni fa, unintero paesino del Galles, vicino alla città diMontgomery, incolpò un asino d‘aver accoppato ilpadrone dal quale era maltratto.Avevano trovato l‘uomo con la testa fracassata, esulla fronte era orrendamente stampata l‘impronta diuno zoccolo.Solo, che il giorno dell‘assassinio Ass – questo era ilnome dell‘asino – si trovava in una stalla a più diduecento miglia di distanza, perché era stato vendutodal padrone il giorno prima ad un allevatore scozzese.Le voci che correvano in paese giunsero anche alnuovo proprietario, il quale, preso da uno stranopresentimento, corse nella stalla dov‘era Ass.Da allora la voce popolare diede per certo che aduccidere il crudele padron Ashbee fosse stato propriolasino maltrattato. [...][...] Del resto, che dire delle incredibili superstizioniche portarono alla decimazione dei gatti europei nelMedioevo e oltre, fino agli albori dell’EtàContemporanea?Una vera e propria strage di felini, arsi vivi a decineper volta nei roghi che illuminavano le piazze, magariinsieme a vecchie megere accusate senza il minimofondamento di stregoneria.La paura dell‘ignoto, che tutti proviamo anche se nonsiamo disposti ad ammetterlo, ci ottenebra la ragione eci fa scaricare su esseri indifesi le colpe che spesso noistessi commettiamo, o saremo comunque disposti acommettere.Gli animali non hanno la coscienza del Male: ildemonio informe che è in ogni uomo può prender vita,se è animato dal soffio venefico di un‘idea distorta.Gli animali ci guardano, solamente, e ci giudicano,muti misuratori delle nostre colpe."Caterina si scosse: quelle righe le avevano destato ibrividi. E si sentì una fitta alla mano: Katy l‘avevagraffiata.Il libro cadde per terra. La gatta saltò giù e salì sultavolo dov‘era la sua cesta."Ma cosa le avrò fatto? Non aveva mai fatto così dachissà quanto!... Cosa le è preso?"Mentre pensava così, la giovane vide un mucchiettodi peli bianchi, tutti uniti, sulle sue ginocchia.Un altro ciuffo di peli le era rimasto sotto le lungheunghie smaltate di viola."Katy, vieni qui, cosa ti ho fatto, eh? Fa’ vedere!"Si alzò e andò vicino alla gatta. Katy la fissò con occhistrani, gelidi, di un giallo cupo, cattivo. E Caterina videuna chiazza bianca sulla testa della gatta, a sinistra, unpo’ sotto l‘orecchio. Le aveva strappato un ciuffo di peli,del tutto involontariamente.66OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


"Scusa, Katy, non l‘ho fatto apposta, credi! Accidenti,com‘è stato?... Ma guarda un po’ cosa ti combina‘staCaterina, eh?... Beh, ti ricresceranno presto... Facciamola pace, adesso, vuoi?"Fece per accarezzarla, ma la vecchia gatta s‘inarcò,minacciosa... soffiò due volte di seguito; le si rizzarono ipeli sulla schiena, la coda si gonfiò."Non mi credi, eh? Beh, arrangiati... Io ho fretta."Caterina andò in bagno e si disinfettò. Poi andò incamera sua. Doveva farsi bella, passava a prenderlaMino tra un quarto d‘ora.Si cambiò, si ritoccò il trucco, prese la spazzola perpettinarsi, andò allo specchio.Uno, due colpi, tre...Un gemito soffocato rimbalzò tra le strette mura dellastanza. La ragazza guardava la spazzola, terrorizzata.Un‘enorme, lunghissima ciocca di capelli biondi vi erarimasta avvolta; la parte terminale penzolava nel vuoto.Caterina non aveva coraggio di guardarsi. Strinse gliocchi, si fece animo, alzò la testa, li riaprì. Una vampaelettrica la investì, salendo pungente dalla punta deipiedi fino alla sommità del capo. Un vuoto, un‘enormechiazza bianca le si era aperta sulla tempia sinistra.Le mani furono prese da un tremito convulso, laspazzola cadde a terra, con la sua triste preda. Lapovera Caterina si affondava le unghie nelle braccia,disperata. Singhiozzava.Ebbe ancora la forza d‘animo di guardarsi. S‘asciugògli occhi. E riflessi dallo specchio, la ragazza vide gliocchi della gatta, accovacciata sul letto, mandare cupilancinanti bagliori topazio.Fonte: Dal II. vol. della «Raccolta del brivido, del mistero edel terrore» di Marco Pennone (vol. I–II). Edizione O.L.F.A.1998, Ferrara; vincitrice raccolta di racconti della II^ ed. delPremio <strong>Letterario</strong> Internazionale «Janus Pannonius», banditodal ns. «<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>». Questa raccolta è statapubblicata interamente anche nell‘antologia del Premiointitolata (pp. 119 – 185) «Le stagioni del viaggio», a cura diMelinda Tamás-Tarr-Bonani, Edizione O.L.F.A. 1998, Ferrara,pp. 244;Enrico Pietrangeli (1961) — RomaUNA SERA DA TITTYMusica popolare sottofondo. Giadasorrideva, raggiante: malinconiadentro un dappiù indecifrabile. Almio amico Bongo era sfuggito. Luiera preso, non mollava l‘osso. Eroappena arrivato a casa di Titty edaveva già gli occhi di fuori, consumati da ininterrottiminuti ad argomentare sul suo bel volto assorto. Bella,davvero, seducente di un artefatto alone acqua esapone. Ho stentato, lo ammetto, non più di centosecondi, prima di raggiungere la Titty in cucina. Lei eralì, ad attendere, con sottile intelligenza pronta a lasciartiintendere di averlo subito recepito. Aveva l‘aria di chil‘aveva sguinzagliata lì non a caso la bella Giada... Miparlò subito di poesia, di taglienti versi che l‘avevanocolpita. Avrebbe voluto scrivermene, anzi un‘intera email era fuoriuscita in un‘improvvisa ispirazione per poiperdersi, purtroppo, in un maligno virus che sottraevala memoria RAM al computer. Con lei c‘era Clara, latatuata che iniziò a rimirarmi per pochi, intensi istanti,quelli che Titty utilizzò per esternarmi considerazionisulla poesia. Tirò poi fuori un profilattico dai suoipantaloni, lo mostrò a Titty. Intesi il gesto con qualcheistante di vago sconcerto. Era una pubblicità, o megliouna promozione, appena avviata nel suo nuovo studio.Titty sorrise, a sua volta, chiedendo a Clara dimostrarmi la schiena. Lei si voltò tirandosi su lamaglietta. Comparve un ben modellato busto intorsione, ovunque intarsiato. Quindi si chinò di spalle,dove una meticolosa raffigurazione sagomava lasottostante struttura della relativa spina dorsale.Inquietante, forse paradossale prenderla dietro,un‘allegoria della morte dentro le geometrie della vita.Giada era stanca dell‘interminabile dissertazione sullamusica popolare, ma sempre sorridente edaccondiscendente, lo era professionalmente. Incominciòil film, tutti presero posto. Da moscio felino,apparentemente lontano e distratto dalla serata incorso, presi immediatamente posto con un balzo suldivano. Bongo si soffermò nei paraggi dell‘apparatovideo, assorto nel buon esito della visione del filmato. Sitrattava ancora di musica popolare. Titty occupò lapoltroncina ad angolo. Giada si procurò un ultimosucculento grappolo d‘uva e si sedette al mio fianco, sulsofà. Le immagini presero a scorrere. Nessuna trama,solo un tratto perlopiù documentaristico. Concerti ecanzoni introdotti in un ordito teatrale e poi interviste,con interni quotidiani. Interessante. Distratti solo dauna battuta, qualche ammiccamento ed una soladefezione, quella di Clara. Dopo aver condivisoqualcuno degli edulcoranti acini con Giada, entravasulla scena Nadia. Lo faceva dalla porta, nonostante isuoi novanta chili, bussando insistentemente edinterrompendo il film. Era ossessa e innamorata,impossibile comprendere quale delle due condizioniabbia integrato l‘altra. Farfugliava di un incontro, unimprovviso colpo di fulmine sull‘autobus. Dovendoinseguire l‘uomo della sua vita era arrivata tardi…seguirlo sino alla relativa discesa, dove continuare atrovare qualche banale scusa per carpire perlomeno lapresunta data di nascita e, quindi, poter sovrapporre glioroscopi ed avere, finalmente, conferme. Lei ne eracomunque già certa, lo sentiva, invasata dalle sueintuizioni emanate in suggestioni. Corse subito alcomputer, Titty la lasciò fare. Trovai in fretta unasoluzione suggerendole un paio di siti dove usareappositi moduli per mettere tutto dentro un form edavere la soluzione in pochi secondi, dipendeva dallalinea, ma confidavo in un ADSL anche in casa di Titty.Giada sorrise, la cosa che le riusciva meglio fare,scambiò ancora qualche breve esternazione di futilecomplicità per compiacimento, sondava la miaimponderabile, scarsa propensione a sedurla. Queicuscini dove sedevamo, confortevoli e rigorosamenteseri, di un tiepido ocre smerigliato dalla variopintatrasparenza di oggettistica etnica, erano anche il regnodi sua maestà il gatto. Di nome Mario, taglia extralarge, razza soriano al croccantino continuato. Con unsalto me lo ritrovai sulle gambe. Iniziai a carezzarlo,faceva le fusa ma non resistette all‘idea di raggiungeresubito Giada. Lei lo strinse subito forte, fintanto daprocuragli qualche fastidio. Tentò di dimenarsi, a dire ilvero, ma la presa e le sapienti carezze di Giada loOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 67


soggiogarono rapidamente. Sbirciavo con ariaindifferente, poi Giada, a sua volta, iniziò adadocchiarmi. Mario diveniva man mano una polpetta,un rotolo peloso sempre più strapazzato, mentre ioassumevo un tono forzatamente composto, da chiericopenitente. Persino quel lestofante di felino si era fattoridurre a poco più di un bambolotto da seviziare, difronte cotanta bellezza. Metti una sera da Titty, saràcomunque da ricordare, incluso la cena: una brodagliaimmangiabile, inenarrabile!(Diritti depositati – 2006)Paolo Raffellini (1972) — ModenaLETTERE SENZA TEMPOCapitolo 1―Continuo a pensare che sia un problema d'identità,che ho perso o che non ho mai avuto. Mi guardointorno e vengo attratto da cose e persone solo per unmomento, poi sono senza valore. Trovo solo ciò chesi consuma subito.Non so perché sto scrivendo, una storia di solito ha unmotivo, una struttura, e mentre riempio lo spaziovuoto, mi chiedo se i miei pensieri possano essereuniti tra loro e darsi un senso.‖Raccolsi questa pagina sul viale di un parco e notaisubito che i tratti della scrittura sembravano infantili,ampi e incerti come quelli di chi ha imparato da pocoa scrivere.Stavo andando al lavoro, la lessi frettolosamente e lamisi in tasca, per rileggerla in un altro momento.Alcuni giorni dopo, mi capitò di passare nello stessoparco, era pomeriggio, notai tra le foglie mosse dalvento un altro foglio, e lo raccolsi.―Mi sento estraneo a questa vita, come se mi fossispostato da un altro tempo. Ripercorro il passato pertrovare qualcosa che abbia mantenuta inalterata lapropria forza, e trovo solo qualcosa che non si puòripetere, ricordi. Allora mi rifugio nella bellezza, milascio condurre dalla musica in sensazioni senzaconfini, penetro tra le righe di un libro cercandoimmagini che svelino la mia natura, le mie verità.Trovo nel piacere fisico e nella fatica uno strumentoper compiacere anche la mia mente‖.Mi sedetti su una panchina a leggere e provai aimmaginare la persona che aveva scritto quelle parole.Passarono alcuni giorni e fui preso da altro, ma unasera, sfogliando un libro di scuola di mia figlia, trovaialcune pagine fotocopiate di un tema scolastico; lagrafia era identica a quella delle lettere che avevoraccolto. Confrontai e ne fui certo.Chiesi a Chiara di chi fosse quel tema e mi disse che ascuola stavano leggendo i quaderni di studenti di altreclassi. Il nome mancava, era stato cancellato dallefotocopie.Lo lessi velocemente ma era solo il compito di unoscolaro che descriveva con parole e periodi infantili.Non aveva niente a che fare con i biglietti che avevoraccolto.Quell'anno ci fu un novembre insolito, giornateventose e soleggiate ritardavano l'arrivo del freddoumido e nebbioso.Fu in una di queste giornate, una domenica mattina,che passeggiando per le vie del centro, sentii irintocchi delle campane vibrare come se ogni vocìo disottofondo fosse assente.Il suono cupo e profondo, la gente che usciva dallachiesa sotto il campanile mi ricordarono le domenichedei paesi di campagna; e quanto fosse suggestivo ilsilenzio di una chiesa.Entrai, con quel riservato rispetto di chi non frequentai luoghi sacri. Erano rimaste poche persone, alcune trai banchi, altre chiacchieravano sul portone; mi sedettie rimasi fermo, distratto solo dall'eco di qualchepasso.********************Arrivò il natale, o meglio, il periodo che precede ilnatale.Viola fu colta dall'incontenibile necessità di andareinsieme al cinema; si passeggiava senza fretta alritorno, tra le vetrine e i vicoli bui della città, definitidalle guide quartieri medievali, ora pervasi dagli odoridella cucina araba, forse non tanto diversi da quellimedievali.A volte cominciavamo a fare l'amore ancora prima diessere rientrati, rischiando di essere visti, econtinuavamo in casa, sulle note di qualche canzone.Quel natale non provai il senso di disgusto chedifficilmente riesco a trattenere in occasione di tuttociò che è intriso di falsa retorica.Riuscii a vedere la gioia dei bambini con gli occhiilluminati dai bagliori delle case e delle vie.Nel silenzio notturno del balcone riempivo le narici colfumo della sigaretta e scorgendo i tetti delle case piùlontane, mi chiedevo chi fosse l'autore delle lettereche avevo raccolto nel parco.Come ogni inizio di anno, avvertivo quell'atmosfera dibilancio e obiettivi per il futuro che prende le personeche cercano l'illusione di sentirsi vive.In realtà non c'erano motivi precisi per dover cambiarequalcosa, io e la mia famiglia stavamo bene, ma erocosì assuefatto al meccanismo del miglioramento, cheogni possibile proposito diventava oggetto diconversazione con mia moglie e nostra figlia, durantela cena.Viola è un'appassionata di arte e fa l'architetto.Probabilmente l'avevo conquistata divertendomi adassociare dei testi ad immagini e a motivi musicali;idea non certo originale, e di uso comune nellapubblicità, ma mi appassionava la ricerca dei soggettida armonizzare tra loro.Uno dei primi regali che le feci era una riproduzione diun paesaggio crepuscolare di un pittore romantico, equando glielo mostrai, le lessi alcune righe dei ―Doloridel giovane Werther‖, con il sottofondo di una dellepiù belle canzoni scritte dai Genesis; un giocotridimensionale che non si può raccontare, si può soloprovare.Ciò che ci trasportava non era una ricercata pretesaintellettuale, ma semplicemente l'abbandono allapercezione totale dei nostri sensi.L'attrazione fisica fece il resto, e forse aveva già fattotutto nelle intenzioni.Non avevamo mai parlato apertamente di avere deifigli, ma dopo pochi mesi di convivenza, rimaseincinta, e la nostra vita divenne a tre, con una68OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


naturalezza forse un po' recitata, ma convinti edentusiasti.Chiara manifestò fin dalla nascita un carattere pacato,indipendente e vagamente malinconico, che nonabbiamo mai cercato di cambiare, perché non cipreoccupava veramente. Nei momenti di tenerezza edi gioco non le mancava l'allegria.1) ContinuaFranco Santamaria (1937) — Poviglio (RE)LA FUGAL‘idea di farlo entrare cinque anniprima nel seminario di un paesino delSannio, tutto montagna e alberi dicastagne, l‘aveva avuta don LuigiLodieri vedendolo d‘indole buona ed‘intelligenza vivace, quando veniva agiocare con altri ragazzini nel sagratodella chiesa.La madre, Caterina, non se n‘era dispiaciuta, anzi si eratranquillizzata non sapendolo più per strada einorgoglita nella previsione di un avvenire sicuro per lui.Il padre, Giovanni, imbarcato come macchinista sullapetroliera ―Mare Nostrum‖ di un armatore di Napoli,l‘aveva saputo dopo alcuni mesi. Non ne aveva fattouna questione d‘autorità paterna lesa: a casa sifermava pochissimo tra un imbarco e l‘altro, ―il tempodi un caffè‖, com‘egli diceva, e per questo non potevache approvare la decisione della moglie e di don Luigi.Marco per i primi anni aveva accettato di buon grado leregole del seminario: la sveglia alle sei, lo studio, lapreghiera, il silenzio; la breve ricreazione (un quartod‘ora, al massimo) in un lungo corridoio del pianoterradopo colazione e dopo cena, la passeggiatina nell‘ampiocortile alberato dopo pranzo. Non più di un‘oracomplessiva al giorno. Mai televisione, mai cinema. Masilenzio, studio e preghiera.Col tempo tutto aveva cominciato a pesargli: silenzio epreghiera erano diventati ossessione, la separazione dalmondo pena insopportabile, perché se lo immaginavafatto di libertà e di aiuto reciproco, non ―un mondo dipeccato‖, come si predicava lì dentro.Specialmente negli ultimi tempi cadeva in frequenti elunghi sogni: si vedeva vivere con la madre, con Elisa,sua sorella, con tanti amici, con una fidanzata bellissimaed innamoratissima di lui, con un lavoro. Protratti ancheper ore durante il giorno, quei sogni rappresentavano lasua libertà, alla quale non sapeva più sottrarsi.Elisa aveva un ruolo quasi di comparsa; ma la madre eOrietta, la fidanzata, erano ossessivamente semprepresenti in questo suo fantasticare.Orietta, bionda e slanciata, dolce e assetata d‘amore,quell‘amore che egli credeva di soddisfare mentre simasturbava prima di addormentarsi, la sera, con tuttal‘irruenza della raggiunta pubertà.Per la madre, poi, nutriva un sentimento di tenerezzaprofondo e insieme di solidarietà per le lunghe assenzedel marito e per i sacrifici sopportati da sola. Sperava ditornare presto a riabbracciarla e ad alleviare, lavorandoanche lui, le sue preoccupazioni.―Elisa è già ragazza formata e attraente. Io lavoro insartoria fino a tarda sera, e con i tempi che corrono…Sono preoccupata per lei. Sono costretta a lavorare finoa tardi, le spese di casa sono tante. Fortuna che per teci pensa la parrocchia.‖Era venuta a trovarlo, una delle rarissime volte, ungiorno intorno a Natale.―Papà non ti manda denaro?‖―Quando capita, una miseria…‖―Come mai?‖―Non so. La paga è misera… Così dice lui quando tornaa casa per un giorno o due.‖Marco aveva colto dell‘ironia nella sua voce,comprendendola come precisa denuncia d‘abbandonoda parte del padre, la cui figura di eroe salgariano altoe forte come quercia, generoso e leale, aveva subìtouna incrinatura difficilmente riparabile.S‘era invece rafforzato il trasporto verso di lei, dellaquale, in quell‘occasione, egli aveva notato segni dideciso invecchiamento negli occhi infossati, neri come icapelli a caschetto, e nelle rughe sulla fronte, sulleguance, sul collo.Truccata più del dovuto, con un rosso vivo sulle labbrache non gli piaceva, l‘aveva comunque più apprezzataper le preoccupazioni verso Elisa e compiatita per la suasolitudine.***Deciso a lasciare il seminario, scrisse una breve letteraalla madre e la fece scivolare, mentre gli altri compagnigiocavano a ―palla avvelenata‖ durante la brevericreazione del dopopranzo, nella feritoia della cassettaaccanto all‘ufficio del rettore.Era felice di aver compiuto quel passo, vedevafinalmente aprirsi la porta della libertà e del calorefamiliare, nonostante, pensava, l‘iniziale dispiacere dellamadre.A pomeriggio inoltrato venne fatto chiamare dal rettore.Aveva paura di lui, alto, robusto, severo, castigatore diogni pur piccola trasgressione. Non poteva dimenticarequella sera di un paio d‘anni prima quando, duranteun‘ispezione in camerata, pescò il prefetto (seminarista―anziano‖ responsabile della camerata) nei bagni cheparlava con un seminarista, mentre altri,approfittandone, parlavano fra loro invece di dormire.Divenne una belva che menava nerbate sui due, senzapietà. Portava sempre con sé quel nerbo di bue durantele ispezioni!… Per i due fu l‘allontanamento immediatodal seminario; per tutti gli altri della camerata, oltre allenerbate, fu il digiuno il giorno appresso, affiancati pertutta la durata del pranzo contro una parete delrefettorio, in ginocchio e di spalle a quelli delle altrequattro camerate che mangiavano.Mentre percorreva i corridoi, con la testa abbassata e lemani congiunte, si chiedeva cosa volesse dirgli il rettoree temeva soprattutto cosa volesse fargli. Era per lalettera?La lettera era sulla scrivania, aperta; la busta strappatada un lato; il rettore dietro la scrivania, seduto; il nerbodi bue appoggiato su alcuni documenti, lucido emarrone.Il rettore lo afferrò e con esso indicò la lettera.―Non sai che le lettere vanno lasciate aperte per ilcontrollo?‖Marco sapeva, ma l‘aveva chiusa sperando che sarebbepassata inosservata.Mosse impercettibilmente il capo, gli occhi sulla lettera.Un brivido di paura lo percorse.―Rispondimi!‖OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 69


Marco sgranò gli occhi, fece spallucce. Temeva dirispondere, in qualunque modo l‘avesse fatto. Si sentivale mani umidicce.Il rettore lasciò perdere, per fortuna.―Vuoi andare via dal seminario?‖Marco annuì.―Non hai voce? Perché non rispondi? Hai imparatomolto qui, in seminario!‖, disse con ironia.―Sì, voglio andar via‖.―Non pensi che la chiesa ti ha mantenuto, qui? Che isoldi spesi per te sarebbero potuti servire per altro?‖Marco non rispose. A capo chino, non osava guardarlo.L‘altro aspettava una sua risposta, ma, di più, volevache le sue domande penetrassero a fondo nell‘animodel ragazzo.Poi aggiunse: ―Sai quanti soldi ha speso la chiesa per tein questi cinque anni? Questa è la gratitudine?‖Tacque ancora, disturbando il silenzio con lo scricchiolìodel nerbo ch‘egli rigirava tra le mani.―Questa è la tua gratitudine per la chiesa che ti hamantenuto per cinque anni!‖Tacque ancora. Poi toccò con la punta del nerbo ilmento di Marco per fargli sollevare il capo.―Guardami!‖, gli impose, ma con voce quasiaccattivante, ora, ―guardami negli occhi e promettimiche non ci penserai più‖.Marco non rispose, spaventato che quel nerbo potesseabbattersi sul suo corpo d‘improvviso. Gli pareva che ilrosso dei bottoni della tonaca del rettore si fossetrasferito anche nei suoi occhi, nonostante lui avessemutato il timbro della voce.―Promettimi! Molti, a questa tua età, pensano dilasciare il seminario, un periodo delicato, di transizione.Poi ci riflettono e restano.‖Si alzò dalla sedia e si avvicinò a Marco. Si rifecesevero, in atteggiamento d‘indubbia deplorazione.―Ma tu non hai da riflettere, hai un obbligo tu verso lachiesa! La chiesa ha investito su di te e non puoi inalcun modo dimenticarlo, tradendo la fiducia e lasperanza del tuo vescovo e del tuo parroco, donLodieri. Devi restare!‖Prese la lettera dalla scrivania e la ridusse in pezzi chegettò nel cestino.Mauro avvertì un forte desiderio di pianto, vedendofatta a pezzi, con la lettera, la sua stessa speranza dilibertà, sconfitto e messo in croce al posto del Cristoche era sulla parete.―Tu non puoi andar via!‖, riprese il rettore. ―Questavolta ti perdono. Ma vedi questo...?‖ Gli agitò il nerbodavanti agli occhi. ―Se ti permetterai ancora, soloNostro Signore ti potrà riparare... Sia lodato GesùCristo. Va‘ ora!‖Mauro, prima di ritornare in quella ch‘era aula di studioe di lezione, s‘infilò negli orinatoi del pianoterra epianse, addolorato per la speranza perduta e per lamortificazione subita, atterrito dalla certezza deltremendo castigo in caso di ripetuto tentativo.Non ebbe la calma di studiare quel pomeriggio (ma giàda qualche tempo non vi poneva la concentrazionedovuta) né di dormire quella notte. Poi lentamente, atratti, cominciò a riaversi, a pensare cosa fare.***Il prefetto russava nel suo lettino posto tra una finestrae la porta dei bagni, dirimpetto agli altri lettini che sistendevano lungo tutta la camerata.Era circa mezzanotte. Poche luci notturne rompevanoappena il buio tutt‘intorno.Con grandissima cautela, Mauro si vestì, si infilò lescarpe e il cappotto, prese dall‘armadietto la bustacontenente le poche monete che gli aveva lasciato lamadre, a Natale, e che lui aveva conservatogelosamente, e con la stessa cautela si diresse versol‘uscita della camerata.Pochi lettini separavano il suo dalla porta.Mauro trepidava, ma era deciso. Attraversò il primocorridoio, aiutato, per fortuna, dal barlume dellelampadine notturne che gli permettevano con una certafacilità di avanzare, poi scendere al pianoterra epercorrere gli altri corridoi fino al portone.Un‘eternità, ma ce l‘aveva fatta, era lì ormai, fuori, arespirare l‘inverno ancora presente nel vento gelidodella notte.(Da ―Passaggi d‘ombra‖, El Taller del Poeta, Pontevedra2007 Diritti assolti.)Monique Sartor (1964) — Saronno (Va)APPARTENENZE ALCHEMICHEQuella notte seppellirono le sue cenerinel mare. Così lui aveva voluto, enessuno si era opposto. Prima dimorire aveva parlato di lei, vivendo lasua ultima vita tra le umide immaginidi un passato mai trascorso… Eva piangeva silenziosastringendogli la mano, mentre lui la chiamava pernome.Per nome la chiamava, serrando le sue dita a quelle dilei in forma d‘urna al fine di proteggere e conservaredurante il suo viaggio nell‘ignoto la filigrana d‘anima edi corpo dell‘unica donna che aveva amato, perduto eritrovato.Per qualche istante i suoi occhi rimasero socchiusi,incerti tra la morte e la vita. Eva stava cantando con lasua limpida voce una canzone che sentiva spessointonare dalle donne del villaggio quando moriva unbambino.Parlava di angeli e di dolore, e di qualcuno chechiedeva di che colore fossero gli occhi degli uccelli.Era molto triste quella morte. Molto triste perché lacaverna del suo cuore era invasa dalla vita.Gli ultimi sogni di quell‘uomo stanco rimasero sospesinel tempo. Eva smise di cantare e riuscì a udire pocheparole:"No. Non stringere così il mio volto tra le tue mani.Potrebbe piangere. Le tue mani potrebbero piangere ilmio sangue."La sua bocca non si rinchiuse, i suoi occhi pieni di nubie pioggia marina si aprirono come mai avevano fatto invita, mentre la notte si stava spegnendo.Il faro non si vedeva più, stava sorgendo l‘alba. Evasciolse dalla sua mano la mano dagli occhi d‘acqua e dicielo, ed uscì.Camminò inspirando ed espirando tutto il ventopossibile e si fermò in riva al mare. Molti uomini, vecchie giovani, la salutavano.Qualcuno le mandava baci rabbiosi di mancatecorrispondenze, qualcun altro le gridava le solite frasi70OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


stagnanti. Le conosceva così bene, quelle parolefluttuanti in esalazioni alcoliche che le riempivano lenotti d‘altre rive del sogno, ma solo ora, per la primavolta, la infastidivano d‘insopportabile.Si sentiva pallida e stordita, come se davvero avesseperduto qualcosa d‘irrinunciabile.Stava seduta sulla sabbia con il capo chino sulleginocchia quando giunse la vecchia.Una bellissima vecchia, pensò guardandola.Questa le si avvicinò, si fermò per qualche istante difronte a lei, poi le fece strani segni sulle guance con lesue dita sempre imbrattate di colori e le disse di tornarea casa.Si allontanò camminando con passo stanco ma fermo,ed Eva cominciò a ridere piano, mentre sentiva crescerefortissimo nel corpo il desiderio di urlare, d‘inveirecontro quella penisola d‘ebete, sorda e sordida umanitàsenz‘amore, senza vita né morte, alla circolarità dellimbo condannata nel suo nullo vagare.Si rialzò, guardò la spiaggia e il mare completamentebianchi, accecati dal sole, al cielo abbandonati.La vecchia era scomparsa, come solo può una visioneod un incanto, ma in riva al mare c‘era ora un bimboche con celerità di sogni fra le dita inventava infinitipercorsi di sabbia.Eva rivide il viso dell‘uomo morto. Lì, tra quelle celeri,agili dita di bimbo, quel viso diventava sempre piùgiovane, misterioso re della sua incompiuta bellezza. Isuoi occhi d‘acqua mobile, azzurri e profondi come ilsuolo marino, sembravano più che mai vivi passi d‘ondesulla rena.Sentì nel suo corpo un corpo altro intrecciarsi d‘amore aquello dell‘uomo.Il letto d‘acqua e di sabbia si faceva urna.Mercurio e zolfo si univano in forma di calice d‘oro.Non voleva gridare paura, non voleva piangerel‘enigma. Tornò alla spiaggia e si avvicinò al bambinoche continuava a sognare ardito e tenace i suoi percorsidi sabbia.Lo prese per mano, gli disse qualcosa che nessuno deidue capì bene, si chinò per baciarlo e il bimbo le sistrinse forte al collo con le braccia magre. La seguìlungo il breve tratto di spiaggia fino alla casa. Eva entròe lasciò la porta aperta, come sempre.Questi si fermò un istante, quasi interrogando l‘internovuoto e muto, poi si avvicinò ad Eva in silenzio e videsubito il corpo immobile steso sul letto. Rimase perqualche istante incantato dagli occhi azzurri del morto.Si sedette in un angolo, guardò Eva, seduta anche leisul pavimento duro coperto di vecchi stracci, forsetappeti, e disse forte, quasi ridendo: "Ha gli occhi pienid‘acqua e nubi!"Eva tacque, si rialzò ed uscì.La vecchia era lì, in piedi, a pochi passi dalla porta.Stava in silenzio, rigida ed assorta, lontanissima.Eva non poteva dire nulla. Vedeva solo un corpo limatodai lunghi anni di vita, ed un inquieto gelo luminosonella malia degli occhi grigi.Altro non riusciva a vedere.La vecchia era presenza assente. La sua anima era lì edaltrove, come fosse d‘altro tempo appartenenza.Si avvicinò, la prese per mano e la condusse in casa,dove le mostrò l‘uomo dagli occhi chiari, presenza cosìintensa che impossibile era non vivere di lui.Impossibile era non viverlo. La vecchia non vedevainfatti alcun morto. Si volse verso Eva ed iniziò aparlare a bassa voce, interrompendosi più volte inpause sapienti per guardarla, per ascoltare il suosguardo."Voglio finirmi – disse – anche se la mia mente èincompiuta, è ancora assetata ed affamata. Ormai sonostanca, molto stanca, e non posso liberarmi dal peso diuna giovinezza ornata ed armata d‘assoluto. Quantevolte ho chiesto alla morte di darmi un nuovo nome nelquale potermi in quiete addormentare, quante volte holacerato in piccoli ostinati morsi la rete d‘orrore di quelsonno. Troppo m‘innamorava la vita, ed io in leidiventavo dei suoi imperativi dolce amante e guerriera.Ora più non distinguo l‘una dall‘altra, poiché finalmenteso che vita e morte s‘appartengono come amanti infiabe sognanti.Ascoltami, non pensare a lui. Pensa a me, oppure cercadi pensare solo a te stessa. Ti conosco dal giorno in cuifosti concepita, di te so tutto il possibile e l‘impossibile.Non mi hai mai vista prima d‘ora – questo mi dicono letue braccia incrociate a difendere come scudo il corpodella tua esistenza. Non temere, ciò che ti inquieta èsolo ciò che non ti è ancora concesso tradurre damistero in verità. Io posso rendermi a te visibile solonella criptica alterità del sogno e della visione.Questa vecchia da troppi poli intirizzita e contratta, datroppi deserti di sole essiccata e dei suoi oceani d‘animaprosciugata, ti racconta di sé e di te si racconta.Altro non sono che l‘alchimia dei tempi.Giovinezza ancora sonora nella mia stridente vecchiaia,di te so che sei solare e di vette intricata, che non hairadici, che non ti basta l‘acqua e non le appartieni,perché tu sei vento e sei anche aquila.So che qualche volta sei riuscita a volare. E so ancheche non hai paura di cadere, di spezzarti.No, non ridere. Il tuo riso si fa derisione che mi indica ilsentiero del distacco, e la tua bocca si fa crittogrammain cui intravedo ripudio e negazione. Potrei continuare aparlarti, ma quel crittogramma salderebbe cielo e terrain un unico invalicabile muro.Poi non saprei raggiungere il mercurio della tua anima.Allora, smetti di ridere.Sai che non posso offrire alcun viatico alle piagheincavate nel tuo cuore dalle tue solitarie erranze, saiche non posso rivelarti la soluzione dell‘enigma che titormenta.Tu sarai colei che dovrà scavare la terra dura delle mieparole, tu dovrai saperla trasformare in fuoco se ne hail‘ardire e l‘osare, tu dovrai non lasciarla mai scorrere sudi te come invertebrato rivolo d‘acqua sulla pietra.Qualcosa voglio comunque lasciarti, prima diandarmene.Un‘eredità, forse.Ti lascio la mia anima, ti lascio tutta la mia vita.Anch‘io, come te, ho conosciuto molti uomini. Uominiaridi ed ingordi, altri ricchi ed intensi come sentieri digiorni stellati. Li ho amati tutti, senza poter dire diaverne amato nemmeno uno. Ciascuno di loro eradifferente dall‘altro, ed io li ho amati sempre nel segnoe nel senso della differenza.Spesso mi sono chiesta che cosa fosse amore.Mai ho trovato risposta. Posso solo dirti, e questo tu giàl‘hai intuito, che amare è innanzitutto mutare.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 71


L‘amore è dinamico, si muove come il mare che paresempre uguale a se stesso, eppure sempre è diverso.Volevo che la mia vita fosse del vivere un‘arte. Ora tuvedi l‘opera ‗compiuta‘ nella triste realtà del non-finito.Mai la morte sarà il compimento della vita, poiché lamorte è vita, e ciò che non si compie in vita, non sicompie in morte.Ho cercato di chiamare per nome la mia esistenza, ditrovarne la direzione ed il senso, e mi sono snervata neltentativo di svelare il mistero dell‘incompiuto.Impossibile!Il mistero sono io, e posso svelarlo solo vivendo fino adesperire la morte, fino ad espirarla inspirandola.Smetti le vesti di seta di colei che aspetta. Smetti diistupidirti nello stupore dell‘attesa. Non sfuggirti, noneluderti, non mentire a te stessa e non abusare dei tuoigiorni. Esiste un‘unica vera gioia, ed un‘unica vera vita:solo guardando allo specchio i tuoi occhi di farfalla e leloro ali da troppe squame di colore appesantite, potraiimparare l‘arte misteriosa dell‘ascolto.Devi farlo semplicemente perché tu puoi farlo. Ma nonaspettare, ti dico. Chi aspetta attende infine, in unmodo o nell‘altro, solo la morte.Ricordati che i morti, tutti i morti ritornano. E tu sai cheil viaggio di ritorno è sempre il più doloroso, il piùfaticoso e il più solitario, perché è il più glorioso."Sorrise in silenzio, poi aggiunse: "Ero venuta per lui,sapevo che l‘avrei trovato qui. E invece sono arrivatatardi…No! Forse proprio questo era il momento propizio al mioarrivo. Poiché ora capisco che nulla ha più importanzadella mia verità d‘amore per quest‘uomo che un tempomi fu sposo in arte e conoscenza, ed in altro tempo fumio figlio.Manderò qualcuno ad avvolgere il suo corpo con le fibredi vita che per lui ho tessuto, così potrà veramenteandarsene.Non puoi più tenerlo qui."Eva non aveva voglia di parlare. Non desideravaabbandonarsi alla malia degli occhi della vecchia.La lasciò lì, insieme alla magia d‘edera delle sue parole.Prese in braccio il bambino, lo portò fuori. Camminò alungo sulla riva. Si sentiva felice, anche se molto tanca.Era sola, lo sapeva. Eppure questo non la inquietavapiù. Era sempre stata infinitamente sola, senza maiaccorgersene.Mai era riuscita ad amare qualcuno nel modo totale edassoluto che lei chiedeva a se stessa ed esigeva da chila cercava e la chiamava – amore.Forse per viltà, forse semplicemente per natura, le erasempre stato più semplice amare i sogni ed i morti.I vivi… li sentiva così distanti, irraggiungibili.Molti erano gli uomini innamorati di lei. Ogni volta chese ne andavano, partivano solo per poter tornare.Eva sorrideva chiudendo gli occhi, sapeva che nessunomai sarebbe riuscito a liberarla. Nessuno mai avrebbesaputo amare il sortilegio di solitudine ed irrequietezzain cui viveva, come fosse esile giunco di potentissimiventi prigioniero.Chi mai avrebbe potuto amarne il doloroso effetto?Eppure qualcuno… qualcuno continuava a vivere e aperegrinare in lei, e lei in lui…Ricordando, viveva ancora con quell‘uomo magro escuro, dalle mani tinte di non cifrabili terre e dallelunghe, agilissime dita: per ognuna di esse, decine,centinaia, migliaia di viaggi.In fugaci visite onnipresente, egli solo la conducevaoltre quel sortilegio e quel dolore.Egli solo era in grado di mutarne l‘afasica, malataessenza a pareti di silenzio incatenata in urna colma diliquide parole d‘anima dorate, in bellezza senzaterra diliberi, sinuosi slanci di un corpo amante e sempre disogno in sogno viandante.Per molti anni aveva assaporato le perle dei frutti delmelograno insieme a lei, fino a comporleun‘indistruttibile collana di gemme come fulminiinfuocate.Di giorno si addormentava sulla spiaggia, di notterideva forte e parlava, parlava, parlava… dipingendostrani sogni intrecciati a viaggi forse ricordati, forse dainventare.Un attimo la svegliò chiamandola per nome. Se loricordava ancora, perché pochi la chiamavano pernome. Per la prima volta quell‘uomo le appariva libero,felice. Aveva grandi occhi spalancati su mani aperte ecalme.Le parlò di sé per molte ore con voce chiara, serena.Eva non capì molto, si limitava a leggere il riflesso dellesue parole sulla tela che aveva dipinto durante la notte.Lesse la vita fisica, aspra e tagliente, la violenza delpensiero, la passione in rivolta per la libertà, ed infinelesse l‘abbandono.Di lui, rimpianse la voce, il suono e l‘eco delle suerisate, i lunghi assoli delle sue vitali collere. Sentiva lasua voce nel silenzio.Prima di andarsene le aveva portato un amico, unuomo dalle mani fredde e bollenti come frecce dighiaccio, alla vista precocemente invecchiate. Nonimmaginava che presto avrebbe amato quel vecchioche giocava con la speranza nella disperazione, con ladisperazione nella speranza, ma soprattutto con l‘amoree con Eva.Passava le sere chiuso nella sua tranquilla ostilità, lenotti osservandola in ironici silenzi. Sentiva ancoraquello sguardo percorrere il suo corpo, vedeva i suoiocchi senza paura e senza audacia. Riascoltava il suopasso deciso e quieto. Le diceva sempre che noncredeva in Dio, ma nella luce del giorno.Se ne andò anche lui, lasciandole i suoi libri colmid‘illeggibili parole sacre. Per la prima volta quel giornoEva credette di scorgere un raggio di dolore nei suoiocchi, mentre le parlava.. Per la prima volta si accorseche quegli occhi erano gli occhi dell‘uomo dalle lunghe,agilissime dita. Era tornato, e con serena misura lestava parlando di un amore immenso."Non sono riuscito a far conoscere la pienezza al tuovuoto - le disse – forse non ho mai veramente varcatole soglie del tuo mondo. Forse il tuo mondo non hasoglia d‘ingresso.Sono povero e mendicante, ora che me ne vado senzaessere riuscito a darti un istante di pienezza d‘essere.Sei un vaso vuoto, Eva. Un vaso vuoto che forse nullapuò accogliere a lungo e nulla può colmare, per questogià così vicino alla perfezione d‘essere".Il bambino cominciò a muoversi, agitato.Voleva tornare alla spiaggia, all‘acqua, ai suoi percorsidi sabbia e ai suoi liquidi castelli. Eva lo lascio andare e72OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


continuò a camminare a piedi nudi pensando… sentivail suo cuore battere senza ritmo alcuno.Sentiva l‘assenza di potenze musicali, nel suo respiro.Si incamminò verso casa lasciandosi confondere damille fragili immagini, fantasmi senza pace in viaggio traanima e sensi.Quando entrò, sentì la casa fremere di invisibilipresenze, di assenti.La sua casa era la sua anima, la sua casa era il suocorpo… anima e corpo abitanti il prisma in cui presente,passato e futuro si fondono in un unico tempo.Aprì la finestra e l‘aria marina entrò in un volo di luceche le fece chiudere gli occhi per un attimo.Non c‘era nessuno in casa. Sul letto rimaneva l‘improntafredda di un corpo. Eva sentì che lui era ancora lì. Lapaura dell‘ignoto diventò più forte dell‘amore e deldolore.Poteva fuggire, se voleva. Poteva uscire da quella casa,abbandonarla.Guardò la porta e la trovò aperta, come sempre.Senza intendere bene ciò che stava facendo, la richiusee si stese a letto. Risentiva in sé gli occhi azzurri di unuomo, occhi d‘acqua, di luce e di vento che leaccarezzavano il volto, interrogandolo.Serrò le mani con forza, fino a che le unghiepenetrarono nel palmi.Si rialzò, riaprì la porta.Riudì le parole della vecchia: "Me ne andrò. Ma prima dipartire ti lascerò tutta la mia vita."Rimase a lungo in piedi di fronte al mare.Immobile e calma si raccontava alla terra, spogliandosilenta.Fu allora che vide - solo allora – una vecchia vestita disole camminare leggera come una giovane donnafluttuante nel tempo, ed una giovane donna vestita dirughe fermarsi immobile di fronte al mare, nel tempofluttuante…Fonte: Monique Sartor, Appartenenze alchemiche, CollanaQuaderni Letterari, Narrativa, Edizione O.L.F.A. 1999, Ferrara,pp. 30; Raccolta di racconti, I^ classificata del «PraemiumAuctoris 1999»Fernando Sorrentino (1942) — Buenos Aires (Argentina)AMBIZIONI ILLEGITTIME 1(Ambiciones ilegítimas)Che l‘agente preposto a vigilareall‘angolo della strada aspiri ad esserenominato capo della Polizia o chel‘aureo sogno del postino siadiventare ministro delle Comunicazionisembrano — e indubbiamente sono — ambizionismisurate. Implicano, tuttavia, un desiderio diprogresso e di avanzamento, il che suscita la nostrasimpatia e persino il nostro plauso.Sono, dunque, ambizioni smisurate, maindiscutibilmente legittime. Tanto legittime quali quelled‘un gatto che aspiri ad essere tigre o quali quelle d‘unagallina che desideri arrivare alla dignità dell‘aquila. Èquesto il genere di ambizione che sono disposto adammettere: la legittima ambizione.Per contro, non intendo riconoscere e rifiutoenergicamente — come illegittima, come assurda, comeinefficiente — la pretesa che gli scarafaggi hanno didiventare rinoceronti. Non so se il fenomeno siauniversale. Faccio unicamente riferimento agliscarafaggi di casa mia; e comunque non a tutti, masolo a quelli del capannotto degli attrezzi.Hanno di certo fatto alcuni progressi. Favorite dalquarto di luna calante e dal vento di nordest, gliscarafaggi hanno iniziato ad approssimarsi a — comeposso dire? —, a un certo concetto di rinoceronte.Indubbiamente, non sono ancora rinoceronti. Ed è assaiprobabile che non riescano ad esserlo mai. Concentranoperò tutte le loro energie fisiche e mentali alconseguimento del loro ideale: essere rinoceronti. Atale obiettivo vivono consacrati gli scarafaggi, e tutte leloro azioni sono finalizzate e volte a raggiungerlo. Nonconoscono l‘ozio e lo svago: lavorano, lottano e ce lamettono tutta per essere rinoceronti. Non credo chesiano molto ingegnosi; ma attivi, diligenti e costanti sì.I loro inizi furono decisamente ridicoli. Avendosviluppato soltanto un minuscolo paio di corna sopra ilnaso, gli scarafaggi si scagliavano contro scatole difiammiferi, pezzetti di legno, palline di carta, tappi dibibite ed altri simili oggetti nel modo come essiimmaginavano lo facessero i rinoceronti contro nemicidi gran peso e mole. Restai un bel pezzo a rimirarle inquelle pratiche. Le guardavo e sorridevo. Quegliesercizi, fatti con tanto fervore, mi parevano totalmenteinefficaci a che gli scarafaggi arrivassero a trasformarsiin rinoceronti, e li vedevo tanto più risibili nella misurastessa della grande serietà e concentrazione con cui gliscarafaggi li realizzavano.Le mie occupazioni e preoccupazioni non sempre mipermisero di concorrere a presenziare agli allenamentidegli scarafaggi. Ad ogni modo passavano mesi e mesisenza che s‘avvertissero progressi degni d‘essere tenutiin conto. <strong>Anno</strong>tai che li favorisce la congiunzione delquarto calante di luna ed il vento di nordest.Solo così si spiega il rapido progresso di questi ultimigiorni. Gli scarafaggi sono riusciti a mutare la lorochitina in una corazza pachidermica suddivisa in variesezioni. Non sono già più piatti, neri e luccicosi macilindrici, grigi e opachi. Hanno sviluppato coda, zampeed abitudini erbivore. La loro vista risulta assaidebilitata, hanno però in cambio accresciuto la finezzadel loro olfatto. Dal naso a tutta la groppa misuranocirca venti centimetri; calcolo che non arrivino a pesaredue chili.Si potrebbe quasi dire che già sono piccolirinoceronti. Nonostante ciò, gli scarafaggi devonoancora rifinire dettagli importanti. Conservano nelle loroattitudini un ché di piccolo, d‘insicuro, di fragile, diridicolo. Nonostante la loro presunta aggressività e losbuffo di rinoceronte che riescono ad emettere,mantengono tuttavia una ritrosa e timorosa mentalità discarafaggi. Quando ne presi in mano uno, agitò le suesei zampe disperatamente nell‘aria, effettuò con le sueantenne movimenti convulsi, tremò tutto quanto diterrore.Liberandolo, corse a rifugiarsi in un angolo scuro,sotto a delle latte. Attitudini inconcepibili in un verorinoceronte. Si, nonostante la loro armaturapachidermica, i loro due corni sopra il naso, il lorocorpo voluminoso, i loro sbuffi, la loro miopia, sonoancora più scarafaggi che rinoceronti.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 73


Tuttavia, sembrano rinoceronti. Rinoceronti piccoli,certo. Rinoceronti a sei zampe. Rinoceronti con lungheantenne nere e filiformi. Rinoceronti ovipari, marinoceronti.Ho voluto accertare se gli occhi m‘ingannavano. Ieriho invitato il giornalaio perché vedesse i mieiscarafaggi. È stato del parere che fossero bestie un po‘rare, che ―sembravano quasi porcellini‖. Gli ho alloradetto che erano scarafaggi: ha riso, prendendo il miocome uno scherzo.Ed io ora mi domando: quando questi scarafaggiperderanno le loro antenne, quando si disferanno di unpaio di zampe, quando scorderanno i timori tipici dellaloro schiatta, quando raggiungeranno una dimensioneimponente, quando peseranno una tonnellata, quandoinsomma perfezioneranno la loro identità esteriore dirinoceronti, chi mi crederà se affermerò che queirinoceronti sono scarafaggi?E, soprattutto, come sarà nata negli scarafaggil‘illegittima ambizione di trasformarsi in rinoceronti? Avolte mi assale la tentazione d‘afferrare un manico discopa e sterminarli a colpi in testa: adesso, quandoancora è possibile farlo. Se mi trattengo, è solo perchédesidero vedere se gli scarafaggi riescono a realizzarefino in fondo il loro sogno di trasformarsi in rinoceronti.1 Dal volume: Fernando Sorrentino, El mejor de los mundosposibles, Buenos Aires, Editorial Plus Ultra, 1976, pagg. 19-21. Il racconto è anche incluso nel testo: Fernando C.Avendaño, Alicia N. Incarnato y Claudia Toledo, Lengua yliteratura III. Prácticas del lenguaje, Buenos Aires, Santillana,<strong>2010</strong>, pagg. 81-83.Traduzione © e nota di Mario De BartolomeisLA LAGUNA DI CUBELLI 1(La albufera de Cubelli)A sud est della pianura di Buenos Aires si trova lalaguna di Cubelli che è familiarmente conosciuta colnome di ―lago del Caimano Ballerino‖. Questo nomepopolare è immediato ed espressivo, ma — così come èstato stabilito dal dottor Ludwig Boitus — non rispondealla realtà.In primo luogo, ―laguna‖ e ―lago‖ sono casi idrograficidistinti. Nel secondo, benché il caimano —Caimanyacare (Daudin), della famiglia Alligatoridae — sia tipicodell‘America, si dà il caso che questa laguna noncostituisca l‘habitat di nessuna specie di caimano.Le sue acque sono estremamente salubri, e la suafauna e la sua flora sono quelle abituali delle varietàche si sviluppano nel mare. Non può, per tal motivo,considerarsi anomalo il fatto che in questa laguna sitrovi una popolazione di circa centotrenta coccodrillimarini.Il ―coccodrillo marino‖, ossia il Crocodilus porosus(Schneider), è il più grande di tutti i rettili viventi. Suoleraggiungere una lunghezza di circa sette metri e pesarepiù d‘una tonnellata. Il dottor Boitus afferma d‘avervisto, sulle coste della Malesia, vari esemplari chesuperavano i nove metri e, in effetti, ha scattato efornito fotografie che intendono provare l‘esistenza diesemplari di tale grandezza. Essendo però statifotografati in acque marine, e senza punti esterni diriferimento relativo, non è possibile determinare conprecisione se questi veramente avessero la dimensioneche loro attribuisce il dottor Boitus. Sarebbe assurdo, èchiaro, dubitare della parola d‗un ricercatore tanto serioe dalla carriera tanto brillante (pur se dal linguaggio unpo‘ barocco), ma il rigore scientifico esige convalidare idati secondo metodi inflessibili che, in questo specificocaso, non sono stati posti in pratica.Succede, tuttavia, che i coccodrilli della laguna diCubelli possiedono esattamente tutte le caratteristichetassonomiche di quelli che vivono nelle acque prossimeall‘India, alla Cina e alla Malesia, onde spetterebbe loroin tutta legittimità il tassativo nome di coccodrilli marinio Crocodili porosi. Esistono, però, alcune differenze cheil dottor Boitus ha diviso in caratteristiche morfologichee caratteristiche etologiche.Tra le prime la più importante (o, a dir meglio,l‘unica) è la dimensione. Così come il coccodrillo marinodell‘Asia raggiunge i sette metri di lunghezza, quelloche abbiamo nella laguna di Cubelli arriva appena, nelmigliore dei casi, a due metri, misura che si ottiene apartire dalla punta del muso fino alla punta della coda.Riguardo alla sua etologia questo coccodrillo è,secondo Boitus, ―incline ai movimenti musicalmenteconcertati‖ (o, più semplicemente, ―ballerino‖, com‘èchiamato dalle persone del villaggio di Cubelli). Èlargamente risaputo che i coccodrilli, stando a terra,sono tanto inoffensivi quanto uno stormo di colombe.Riescono a cacciare ed uccidere solo se si trovanonell‘acqua, che è il loro elemento vitale. In essoafferrano la preda tra le loro mandibole dentate e,imprimendo ad essi stessi un veloce movimento dirotazione , la fanno girare sino ad ucciderla; i loro dentinon hanno funzione masticatoria ma sonoesclusivamente disegnati per imprigionare ed ingerire,intera, la vittima.Se ci portiamo sulle rive della laguna di Cubelli emettiamo in funzione un riproduttore di musica avendopreventivamente scelto un brano adatto al ballo,vedremo in seguito che — non diciamo tutti — quasitutti i coccodrilli escono dall‘acqua e, una volta sullaterra, cominciano a ballare al ritmo della melodia inquestione.Per tali ragioni anatomiche e comportamentali questosauro ha avuto il nome di Crocodilus pusillus saltator(Boitus).I loro gusti risultano essere ampi ed eclettici ed essinon sembrano far distinzione tra musiche esteticamentevalide ed altre di scarso pregio. Accolgono con ugualeallegria e buona predisposizione tanto composizionisinfoniche per balletto che ritmi popolari.I coccodrilli ballano in posizione eretta solopoggiando sulle zampe posteriori di modo che, inverticale, arrivano ad una statura media d‘un metro esettanta centimetri. Per non strascicare la coda sullapista, la sollevano ad angolo acuto mettendola quasiparallela al dorso. Allo stesso tempo le estremitàanteriori (che ben potremmo chiamare mani) seguono ilritmo con diversi gesti assai simpatici, mentre i dentigiallastri sfoggiano un enorme sorriso di ottimismo esoddisfazione.Alcuni del villaggio non sono affatto attratti dall‘ideadi ballare con dei coccodrilli, ma tanti altri noncondividono questo rifiuto e certo è che, ogni sabatoall‘imbrunire, si vestono di gala e confluiscono sulle rive74OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


della laguna. Il club sociale e sportivo di Cubelli ha lìinstallato tutto il necessario perché le riunioni risultinoindimenticabili. Le persone possono anche cenare nelristorante edificato a pochi passi dalla pista da ballo.Le braccia del coccodrillo sono poco estese e nonarrivano a toccare il corpo del partner. Il cavaliere o ladama, che a seconda dei casi balla col coccodrillofemmina o col coccodrillo maschio prescelto, posaognuna delle sue mani su una spalla del propriocompagno. Onde effettuare questa operazione convienedistendere al massimo le braccia e mantenere una certadistanza; poiché il muso del coccodrillo è assaipronunciato, la persona dovrà avere la precauzione dipiegarsi il più possibile all‘indietro: benché in pocheoccasioni si siano registrati episodi sgradevoli (comeablazione di narice, rottura di globi oculari odecollazione), non si deve scordare che, poiché nellasua dentatura s‘incontrano resti cadaverici, l‘alito diquesto rettile è ben lungi dall‘essere attraente.Tra i cubelliani corre leggenda che, sull‘isoletta cheoccupa il centro della laguna, risiedano il re e la reginadei coccodrilli che, a quanto pare, non l‘hanno maiabbandonata. Si dice che ambedue gli esemplariabbiano oltrepassato i due secoli di vita e, forse a causadell‘età avanzata, forse per mero capriccio, non hannomai voluto partecipare ai balli indetti dal club sociale esportivo.Le riunioni non vanno molto oltre la mezzanottepoiché a quell‘ora i coccodrilli cominciano a stancarsi eprobabilmente ad averne a noia; d‘altra parte viene lorofame e, siccome l‘accesso al ristorante è a loro vietato,desiderano tornare in acqua in cerca di cibo.Quando viene il momento in cui nessun coccodrillo èrimasto sulla terraferma, le dame e i cavalieri fannoritorno al villaggio alquanto stanche ed un po‘ tristi, macon la speranza che forse al prossimo ballo, o forse inqualche altro più in là nel tempo, il re o la regina deicoccodrilli, o forse ambedue contemporaneamente,abbandonino per qualche ora l‘isoletta centrale eintervengano alla festa. Con questa aspettativa ognicavaliere, benché si guardi dal manifestarlo, nutrel‘illusione che la regina dei coccodrilli lo scelga comecompagno di ballo; lo stesso avviene con tutte le dame,che aspirano a formar coppia col re.¹ Prima pubblicazione in lingua originale in: Cuadernos delMinotauro (direttore: Valentín Pérez Venzalá), anno IV, n.° 6,Madrid, 2008, pagg. 117-120. La presente traduzione italianaè stata condotta su una più recente rielaborazione del testooperata dall‘autore e presenta solo leggere modifiche rispettoa quella summenzionata.Traduzione © e nota di Mario De BartolomeisLorenzo Spurio (1985) — Jesi (An)SCAMBIO D‘IDENTITÀPer una volta sarebbe stato un altro,era ormai deciso. Dopo tanti anni diinsofferenze e di delusioni Mario avevamaturato un‘intensa voglia di diventareun altro ed abbandonare la suapersonalità così malata che era stata la causa principaledel suo stato difficoltoso. Aveva provato, mainutilmente, a cambiare stile di vita ed interessi. Nonera servito a niente. Rimaneva sempre lo stesso.Rimaneva Mario Lintori, o colui che tutti identificavanocon questo nome.Negli ultimi tempi era sottoposto al presentarsi difastidiosi e cattivi sogni che lui avvertiva e spiegavacome pessimi presagi. Si sentiva male ed era da giorniche non usciva di casa. Nessuno lo vedeva per strada,la gente avrebbe potuto darlo per morto osemplicemente lontano da casa, come spesso facevaper ritirarsi in luoghi ameni e sentirsi a suo agio con lanatura al di fuori degli sguardi taglienti della gente.Sapeva in un certo qual modo che il suo malessere e isuoi fastidi non l‘avrebbero condotto alla morte, sitrattava di un dolore di passaggio che stava lentamenteprogredendo in una maniera diversa. Durante quelperiodo di febbricitante vita Mario venne a conoscenza,tramite alcuni programmi televisivi, di particolari settesciamaniche del sud America che conducevano dellepratiche singolari e apparentemente assurde. In quelcontesto aveva scoperto le tecniche di ipnosi con moltointeresse cercando sempre di non avvicinarsi troppo allaconvinzione che aveva nel volerle provare con l‘aiuto diun istruttore. Tutto quello che prima di quel momentoripudiava e rifiutava con sdegno, così come le praticheipnotiche, ora lo attraeva. Stava cambiando.Il periodo di dolore e fastidi si estinse in manieralenta e graduale. Al termine di questo processo era unaltro. Tutti continuavano a chiamarlo Mario ma eraevidente che era un‘altra persona. Non era più MarioLintori o forse era un qualsiasi omonimo di Mario Lintorima non colui che tutti credevano. Lentamente si eraimpossessato quasi in maniera nolente di interessi evolontà diverse da quelle che aveva precedentementecondotto. Era rinato, era una nuova persona. Ciò chenon gli riusciva di capire era perché questo processo discambio d‘identità attraverso una vera e propriametamorfosi, così atteso e voluto, avesse preso piede esi fosse sviluppato nella realtà. Forse erasemplicemente riuscito, dentro di sé, ad allontanare dase stesso tutto quello che una volta gli aveva permessodi essere Mario Lintori. Dal punto di vista fisicorimaneva la stessa persona, nessuno all‘apparenzaavrebbe potuto notare di un cambiamento in lui maappena uno ci si fermava a parlare, avrebbe ben capitoche qualcosa era successo e che un mutamentoprofondo in Mario c‘era stato.Aveva abbandonato l‘arroganza e la freddezza checaratterizzava le sue risposte spesso secche e serrate.Forse aveva capito che questo atteggiamento nonl‘aveva mai condotto a buone situazioni ed avevacercato di correggere questo aspetto. Ora era pronto arispondere con calma e gentilezza. La gente,soprattutto da questo, notò che un cambio c‘era stato.Tanti mutamenti, dai più piccoli ai più evidenti,vennero evidenziati dai suoi pochi vicini di casa, primotra tutti il giorno in cui Mario tornò a casa con un gatto.I vicini rimasero sbalorditi ed attoniti dato che in tutti glianni precedenti Mario aveva mostrato unatteggiamento di fastidio e di astio nei confronti dianimali domestici.Era cambiato. Era un altro. La gente preselentamente con il passare del tempo a chiamarlo Romèche ricordava il nome di un personaggio di una vecchiacommedia di un autore locale. Mario era ormai per tuttiRomè. Lo scambio d‘identità era ormai completo. Chi loOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 75


avrebbe chiamato con il suo vecchio nome, quelloufficiale (che rimaneva come tale solamente nei suoidocumenti), Romè non avrebbe risposto.Circa due mesi più tardi, nel suo posto di lavoro, ildirigente gli propose un nuovo incarico, più ambizioso emaggiormente retribuito in seguito ai positivi elungimiranti consigli che aveva dato in sede di riunioneper la discussione delle problematiche dell‘impresa.Alcuni uomini che erano da sempre stati suoi colleghi eche a volte si erano burlati di Mario per il suoatteggiamento, ora erano increduli e senza dubbioprovavano un po‘ di fastidio e di invidia.La vita di Romè stava cambiando in manieraimpetuosa ed idilliaca. Di lì a poco aveva conosciuto,sempre all‘interno della sfera lavorativa, una signoraquarantenne di buon aspetto. Romè ne era da subitorimasto colpito ed attratto e aveva trovato la forza dichiederle di uscire. La donna, Luigia, aveva accettato dibuon grado. I due avevano così cominciato a conoscersie a frequentarsi. Luigia aveva divorziato dal maritoalcuni anni prima in seguito ad una lunga storia ditradimenti e aveva due figli, oramai grandi e sposati.La vita del fu Mario, di Romè era nettamente mutata inmeglio grazie alla sua profonda volontà di cambiare sestesso, di adattarsi, di lasciare da se i tratti della suapersona che sempre avevano costituito un ostacolonelle relazioni sociali.Alla cerimonia di nozze di Romè e Luigia, alcuni amicidi Romè chiesero al parroco della canonica, in segreto,di chiamare lo sposo col nome di Romè e non Mario,nell‘atto di promessa alla sposa. La metamorfosi eracompiuta.…Grandi Tracce… Grandi Tracce… Grandi Tracce...Giuseppe Parini (1729-1799*)PREDÀRO I FILISTEI L‘ARCA DI DIOPredàro i Filistei l'arca di Dio;tacquero i canti e l'arpe de' leviti,e il sacerdote innanzi a Dagon riofu costretto a celar gli antiqui riti.Al fin di terebinto in sul pendioDavidde vinse; e stimolò gli arditie il popol sorse; e gli empi al suol natiode' dell'orgoglio loro andar pentiti.Or Dio lodiamo. Il tabernacol santoe l'arca è salva; e si dispone il tempioche di Gerusalem fia gloria e vanto.Ma splendan la giustizia e il retto esempio;tal che Israel non torni a novo pianto,a novella rapina, a novo scempio.* Il poeta si spense nella sua abitazione di Brera il 15 agosto1799, a pochi mesi di distanzadall'entrata degli austro-russi a Milano,dopo aver dettato questo famososonetto, nel quale condannavaduramente i francesi, ma allo stessotempo, pur salutando il loro ritorno,lanciava un severo ammoni-mentoanche agli austriaciDIARIO DI LETTURA & PRESENTAZIONI____________Galleria Letteraria & Culturale Ungherese____________Lirica unghereseHollóssy Tóth Klára (1949) — Győr (H)ME<strong>NN</strong>YI!...Mennyi gyász van e színes változásban,mennyi fájdalom, mennyi indulat,e csillagégbe vesző látomásbancsitul a lét tompán és fullatag.E csöndbe merült néma hallgatásbana szétömlő fény, omló színarany,az aranyolaj árnyú némaságbanmennyi rekedt vágy feszül szótalan.A magunkra vett megpróbáltatásbanmennyi gyötrelem, fájó gondolat,mennyi tiltás, csalás a nyílt világban,s mennyi kelletlen dolog, mely szabad!Mennyi egyedüllét a társaságban,mennyi, mennyi veszteglő akaratveszik el sok kényszervajúdásban,és fényre termett, s nem jön virradat.Klára Hollóssy Tóth (1949) — Győr (H)QUANTO!...Quanti sono i lutti, i dolori e la rabbiain questa colorita trasformazione,del cielo stellato nella sfuggente visionel‘assordante ed ansante essere s‘allevia.In questo profondo, pacato silenziola luce sparsa sembra puro oro,nel silenzio dell‘ombra dell‘olio doratotanti rochi taciti sogni si agitano.Nelle vicissitudini a noi addossatequanti tormenti, idee dolorose,negazioni, frodi, cose non volute,ma gratuite, si trovano ovunque!Quanta solitudine nella compagnia,quanta volontà sprecata viene sciupatanel travaglio forzato per venir alla luce,eppure l‘albore non sta per arrivare.Traduzione di © Melinda B. Tamás-Tarr76OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Legéndy Jácint — Gödöllő (H)KÓCSAGOK SZÁRNYÁTKócsagok szárnyát rajzold a porbakoravén gyermek és táltosok szemétmíg a morfium csöndben ringat el halloda messzi őserdők lombja köztnyers gyönyörrel zengő szimfóniáts talán müezzin énekét a Földértmár látod a reménytől dúlt városokszínes ösvényein menekvő kutyáts a homokban szunnyadó üveggolyótamit kisgyerek nem illet ujjávalmár érzed Don Juan csókját arcodons tudatod forrását keresve szálltörténelem és csillagok lombja köztmíg a morfium csöndben ringat elkoravén gyermek és táltosok szemétkócsagok szárnyát rajzold a porbaForrás: Központi Zóna, Balassi Kiadó, Budapest, 2006Szerzői beküldés/Inviata dall‘AutoreJácint Legéndy— Gödöllő (H)LE ALI DEGLI AIRONIDisegna le ali degli aironi sulla polveree gli occhi degli ippogrifi tu, bimbo precocementre la morfina ti culla dolcementee senti tra le chiome delle lontane forestela sinfonia che suona con naturale piacereoppure il canto del muezzin per la Terrae già vedi il cane che sta per fuggiresui sentieri di città stracolme di spemee la palla di vetro pisolante nella sabbiache il bimbo non osa toccare con le ditae senti ormai il bacio di Don Giovannisul tuo volto, la fonte della tua coscienzavola scrutando tra le chiome della storiae delle stelle mentre la morfina ti culladolcemente tu bimbo precoce disegna sullapolvere gli occhi degl‘ippogrifi e le ali d‘aironiFonte: Központi Zóna, Balassi Kiadó, Budapest, 2006Traduzione di © Melinda B. Tamás-TarrPetőfi Sándor (1823 -1849)RESZKET A BOKOR, MERT...Reszket a bokor, mertMadárka szállott rá.Reszket a lelkem, mertEszembe jutottál,Eszembe jutottál,Kicsiny kis leányka,Te a nagy világnakLegnagyobb gyémántja!Teli van a Duna,Tán még ki is szalad.Szivemben is aligFér meg az indulat.Szeretsz, rózsaszálam?Én ugyan szeretlek,Apád-anyád nálamJobban nem szerethet.Mikor együtt voltunk,Tudom, hogy szerettél.Akkor meleg nyár volt,Most tél van, hideg tél.Hogyha már nem szeretsz,Az isten áldjon meg,De ha még szeretsz, úgyEzerszer áldjon meg!Sándor Petőfi (1823 -1849)TREMA CESPO PERCHÉ...Trema cespo perchéUccello v‘è volato.Trema alma mia perchéIo te ho ricordato,Io te ho ricordato,Ragazza mia piccina,Diamante mai c‘è statoGrande che t‘avvicina!Stracolmo va il Danubio,Fors‘anche rompe in piena.Partenza anche in cuor mioLa si contiene appena.M‘ami di rosa o stelo?Son tanto innamoratoCh‘amarti al paralleloNon meglio ai tuoi è dato.So che m‘amavi allora,Insieme quando s‘era.Inverno è, freddo, ora,L‘estate calda v‘era.Non più m‘ami qualora,Iddio sia benedetto,Ma se tu m‘ami ancoraSia mille benedetto!Traduzione di © Mario De BartolomeisOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> <strong>77</strong>NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Tábory Maxim (1924) — Kinston (NC – U.S.A.)SERDÜLŐKORI SZERELEMÉbredező vágyam virági,hármatok közt volt ideálom.Hol vagytok, Olga, Éva, Ági?A messzi múltba tűnt mindhárom.Most, minden mintha régi volna...Akkor oly nagyon vágytam mellédpajkos-vidám, kék szemű Olga;hányszor néztük a naplementét...Gyakran a rigó-füttyös fák alattszaladtunk a titkos kis eretfelkeresni. Te benne lábadatlocsoltad. ―Szeret, vagy nem szeret‖suttogtad leveleket tépve.Csókodért vágyott egész valóm.Amint az utolsó levélre―szeret‖ esett, szomjas ajkamoncsattant csókod. Ám bú lett részem,ha ―nem szeret‖ jött ki. Játék volt.Nem öleltelek meg merészen,de hívott magához az égbolt.Megszerettek fényes csillagok.Szívükben nem volt semmi szeszély.Azóta még egyre csillogok.Akkor régen megcsókolt az Éj.Maxim Tábory (1924) — Kinston (NC – U.S.A.)L‘AMORE DELL‘ADOLESCENZAIl desiderio che nasce è come un fioreE, con voi tre, il mio ideale fu raggiunto:Olga, Eva ed Agnese, dove siete?Ormai svanite in un lontano passato …Ed ora, che tutto è come fosse ritornatoa quando desideravo starvi accanto, oh!Olga, dagli occhi azzurri, gioiosa e vitale;spesso guardavamo insieme il sole andaree, sotto chiassosi alberi dei fischi di merli,si correva per trovare un segreto ruscello,là dove bagnando i tuoi piedi sussurravi:«m‘ama, o non m‘ama?».Nel mentre che staccavi quei petali,sporgendomi attendevo un bacio.Quando l‘ultimo petalo era quellodell‘ «ama», il bacio schioccavasulle mie aride labbra. Viceversa,mi rattristavo. Era un gioco.Non t‘abbracciavo con ardore,ma m‘incantava la celeste volta.Era ben vero, di lucenti stelle,non un capriccio l‘amor sentito.D‘allora sempre rifulgo poiché,un tempo, la Notte m‘ha baciato.Traduzione dall‘ungherese di © Melinda B. Tamás-TarrFonte: Maxim Tábory, Ombra e Luce, ciclo Batticuori; Edizione O.L.F.A. <strong>2010</strong>, Ferrara pp. 124, € 23,00Tábory Maxim (1924) — Kinston (NC – U.S.A.)SZÉP HELÉNAElena: L'aura è serena,la luna è piena,canta sirena la serenata.— Arrigo Boito ―Mefistofele‖ című operájábólÓh, Istenek!Az örök Jelennellepjetek megminket!Hajtsátok fela feledés fátylát.Állj meg idő, óráid ne számold!Üdv neked Vándor!Tiéd vagyunk ésélted a miénk.Partjainkraaz Istenek hoztak.Maxim Tábory (1924) — Kinston (NC – U.S.A.)BELL‘ELENAElena: L'aura è serena,la luna è piena,canta sirena la serenata.— Dall‘opera Mefistofele di Arrigo BoitoOh, Dei!Stupitecid‘eternoPresente!Sollevate il velodell‘oblio.Fermati Tempo, non contare le ore!Salve Viandante!Noi siamo tuoie la tua vita è nostra.Sulle rivegli Dei t‘han portato.A végtelenség kilégzésébőlegy keringő leheleta hold.Ó, Luna!Dal respiro dell‘infinitàè la lunal‘alito ruotante.Oh, Luna!<strong>78</strong>OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Ragyogj maöblünk felett,a vágy tüzévelöleld őt kéjbe,ki honunkhozközel(e)g.Büszke pálma,leveleid lengesd,virágillat,lebegd körbe!Splendi orasul golfo,col fuoco del desiderio,avvolgi di sensuale piacerecolui che s‘avvicinaalla patria.Palma orgogliosa,sventola le foglie,spargi profumi di fiore,circondalo volteggiando!A fantáziabűvös szárnyainkószáló szellőnszáll a szerenád,halk húrokona szív melódiája.Daloljatok, óh szirének, daloljatok!Nyugatról,a folyó felőlközelgaz utazó.A halk zenevarázsa csábítja,férfias testét hevíti.Énekünk csalogatja,violák útját szegik.Már közeledik.Arcéle klasszikus,hullámos haja szőke.Jöjj,Jöjj,Jöjj,Az Idő foszlóárnyain keresztül —Hatalmas Istenek!Tépjétek széjjela feledés fátylát!Üdv neked Vándor!Trója királynője vár,hogy tiéd lehessen.Vágy!Öleld át.Zene!Hevítsd testét-lelkét!Szellemek,pengessétek a húrokat,daloljatok!Szilfid őrségem,jertek hozzám sebesenmegsokszoroznibűv-erőmet!Kéj-gyönyörbe reszkettessétek szívét!Szirének!A szerenád!Vola la serenata,errante brezzasu magiche ali di fantasia,melodia del cuoresulle soavi corde.Cantate, oh sirene, cantate!Dall‘ovestdel fiumes‘avvicinail viaggiatore.La magiadi soavi suonilo tenta, arde il corpo virile.Lo seducono i nostri cantie viole ne intrecciano la via.Ormai è vicino,in un classico profilodai biondi capelli ondulati.Vieni,vieniattraverso le ombre sfumatedel Tempo —vieniOh Dei Titani!Strappateil velo d‘oblio!Salve Viandante!La regina di Troia t‘aspettaper essere tua soltanto.Voglia!Abbracciala!Musica!Accendi il corpo e l‘anima sua!Spiriti,pizzicate le corde,cantate!Guardie di Silfide,venite subito qui,raddoppiatemila magica forza!Fatele battere il cuore di sensuale piacere!Sirene!Serenata!Traduzione dall‘ungherese di © Melinda B. Tamás-TarrN.d.T.: Traduzione del testo in parte riveduta secondo i Fonte: Maxim Tábory, Ombra e Luce, ciclo Batticuori;suggerimenti della Traduttrice/Melinda B. Tamás-TarrEdizione O.L.F.A. <strong>2010</strong>, Ferrara pp. 124, € 23,0079OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Tábory Maxim (1924) — Kinston (NC – U.S.A.)VIRÁGOKAT KERESEKValaki a szoba sivárságát szánvavirágot tett az árva vázába.Illatozik ajácint.Már kinttavasz van...Kutatok lelkemben mintharasztban,és kint a lankán virágot keresve.Így telik a nappal, s száll rám az este.Bár a legszebb virágokatmár mások kiszedték,vágyam értük le nem lohad.Ha végretalálok egy-egy rejtett,bűvös, bódító kelyhet,nem jegyzem meghol találtam, honnathoztam, csak szagolgatomkézben tartvaamig el nem fonnyad.Mire eszembe jut,hogy örömöm megosztani kellene,ellebeg a szirmok illat-szelleme...Nem okulok.Csak egyre járom továbbaz erdőt, a meredekhegyoldalt —Új virágot keresek.Maxim Tábory (1924) — Kinston (NC – U.S.A.)CERCO FIORICon pietà per l‘arida stanza, qualcunoha messo dei fiori nell‘unico vaso.Profumail giacinto.Fuori è giàprimavera…Frugo nell‘anima,come in un bosco,e là, cercando un fiore sul pendio,scorre il giorno e mi sorprende il calar del sole.Però, i fiori più belli,son già stati raccolti:non cessa desiderio per questo.Se infinene trovo nascosto qualcuno,non annotoil magico luogo,oh calice inaridito,lo annuso soltanto,tenendolo in manofinché non appassisce.Quando pensoche la gioia è da condividere,il profumato spirito dei petali è già svanito…Non ne traggo una lezione,ma giro, incessantemente,nella selva, sull‘obliquofianco del monte —Cerco un nuovo fiore.Traduzione dall‘ungherese di © Melinda B. Tamás-TarrFonte: Maxim Tábory, Ombra e Luce, ciclo Anime; Edizione O.L.F.A. <strong>2010</strong>, Ferrara pp. 124, € 23,00Prosa unghereseCécile Tormay (1876 – 1937)LA VECCHIA CASA*(Budapest, 1914)IV.Molte volte fu inverno e moltevolte l‘estate. I ragazzi non liavevano contate. Nel frattempo erastato costruito sul Danubio un ponte stabile a catene diferro. Era un ponte intatto nel gelo, era bello erimaneva al suo posto tutto l'anno. L‘autorità dell‘ufficiopubblico aveva fatto piantare una bella fila di alberilungo la strada provinciale. Di sera delle lanterne adolio illuminavano le vie e la casa degli Ulwing non erapiù solitaria sulla riva. I terreni adiacenti erano cresciutidi prezzo, delle mura sorgevano dalla sabbia, dellestrade nuove cominciavano a stendersi sulla pianura,alcune in un tratto si interrompevano per poi un po‘ piùin là per riprendersi l‘espansione. Lavoro, vita, case eovunque nuovi edifici in mattoni.Tutto si mutava, solo il costruttore Ulwing era semprelo stesso, i suoi occhi intelligenti sono rimasti penetrantie puri. Egli camminava sicuro sui palchi da costruzionecome nel suo ufficio e nell‘officina della falegnameria.Sorpassava di tutto il capo la statura degli altri. Inmunicipio lo temevano, gli imprenditori lo odiavano. Eglinon faceva che acquistare e costruire; e poco per voltaera sorta attorno a lui la leggenda che tutto quanto ilgran mastro costruttore toccava, si mutava in oro.Nel benessere quiete e sicura della casa l'orologio acolonnine continuava tuttora a ticchettare conmonotonia, ma i fanciulli non credevano più che unpiccolo nano si aggirasse zoppicando per le camere.80OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Kristóf 1 sapeva già da tempo che le fate non esistono.Glielo aveva detto il nonno, proprio in quel momentoquando lo zio Szebasztián 2 narrava una cosa bella.Kristóf lo ascoltava appoggiandosi contro il suoginocchio, mentre Anna era seduta tra le sue braccia.L‘architetto Ulwing improvvisamente sollevò il capo.Aveva cattivo umore. La favola lo irritava. Un suocapomastro è scappato con il salario settimanale deifalegnami. Era arrabbiato con se stesso perchéqualcuno riusciva a frodarlo. Col suo pugno diede uncolpo sul tavolo. I ragazzi lo guardavano impauriti.— Che cos‘hai? — lo chiese lo zio Szebesztián conansia.— Nulla, ma non raccontare più fiabe delle fate aquesto fanciullo!— Non ti capisco — L‘orologiaio, come un vecchibambino rimproverato fissava con l‘imbarazzo le fibbiearrugginite delle scarpe.L‘architetto si fermò davanti a Kristóf, come ungrande albero che è entrato nella stanza. Gli sgridòscuotendolo per le spalle:— Senti, non ci sono fate e non ci soccorrono.Soltanto gli uomini deboli aspettano i miracoli. I forti licompiono loro stessi.Il piccolo Kristóf vide suo nonno come unospaventoso essere superiore che in un attimo avevaucciso le sue fate. Ne avrebbe pianto opponendosi perpoter salvare qualcosa. Ma impotente e disperatoscosse il suo capo. Allora che cose sono nelle tenebre,nell‘acqua delle fontane, tra le fiamme, se non ci sonole fate? Che cosa mai? Egli derubato stava davanti alnonno e si guardava angosciato d‘attorno come unessere sul punto di annegare che cercava un‘àncora disalvezza per aggrapparsi.Ma poi si rassegnò e come i grandi, anche lui finì perchiamare officina «quella fine del mondo». I suoi chiariocchi sotto le palpebre calme guardarono allora conindifferenza innanzi a sé; solo nella sua voce c'eracome un disinganno stanco quando, imitando i vecchi,parlava nel loro linguaggio delle cose passate che sonocare.Trascorsero gli anni e la misteriosa grotta sotto ilmuro del cortile si trasformò in una buca, la paurosacancellata di ferro divenne una porta del soffitto e dellefate della stufa rimasero delle volgari fiamme. Anche ilregno dei topi del pianoforte finì. Se talvolta di notteuna corda dello strumento si spezzava, Kristóf spalancavagli occhi e guardava a lungo nel buio che glipareva un immenso vuoto.— Anna, dormi?— Sì, da tempo...— Ho fatto un sogno strano: di una fanciulla chealzava il braccio e si chinava indietro.— Dormi...Davanti agli occhi di Kristóf il buio si popolavaincomprensibilmente, quel buio abbandonato dai nani edalle fate alle quali egli non credeva più. Vedeva lafanciulla che aveva sognato, ne scorgeva il volto e ilcorpo. Era alta e snella, il petto turgido; teneva lebraccia alzate e si attorcigliava i capelli, come una neracriniera attorno al capo. Proprio come la sorella diGábor 3 Hosszú dinanzi allo specchio, quando egli, lascorsa domenica, l'aveva spiata dal buco dellaserratura.— Anna...Il ragazzo attese con la bocca socchiusa. In casatutto era silenzioso. In fretta coprì il capo col lenzuoloe prese a raccontarsi qualcosa. Novellava a se stessoraccontando di essere un re, di portare una coronad'oro e di abitare in un alto castello bianco, lassù invetta a una montagna. Nel castello non c'era maioscurità perché tutta la notte ardevano delle candele disego. Al suo letto vegliavano degli schiavi e sbrigavanoper lui i compiti di scuola e gli portavano una bellaprincipessa dagli occhi scuri. Ella era tutta incatenata,ed egli ordinava agli schiavi: «Slegatela!» e diceva alei: «Sei libera!» Allora la principessa cadeva inginocchio dinanzi a lui e gli chiedeva che cosa volessein cambio della sua clemenza. «Sciogli i capelli e tornaad aggirarli intorno al capo» le diceva semplicemente,sorridendo. E la principessina molte volte scioglieva lachioma e poi tornava ad attorcigliarsela intorno allafronte... E Kristóf tornava a dormire e continuava asorridere.Da quella volta aveva preso l'abitudine di favoleggiarestorie simili con se stesso. Se qualcuno in quei momentigli rivolgeva la parola, egli sussultava, arrossiva, comese lo avessero sorpreso di compiere cose proibite; poitirava presto fuori i libri e si metteva a studiare.Imparava in fretta ma non gli riusciva di fissare la suaattenzione: si metteva a disegnare castelli, fanciulle egatti dalle grandi orecchie sui margini dei quaderni. Nelfrattempo egli sentiva scomodamente muoversi nellacoscienza i nomi non imparati degli affluenti delDanubio e la storia di re Béla 4 III. La fronte gli siimperlava dal sudore. Aveva paura, eppure nonstudiava, anche se sapeva che l'indomani lo avrebberointerrogato, poiché il maestro era già arrivato allalettera U.Infatti l'indomani venne interrogato e non sapevarispondere. Una mosca ronzava nell‘aria. Egli la sentivanella propria testa. Tutta la classe sorrideva. GáborHosszú suggeriva forte. Ádám 5 Walter gli metteva illibro aperto sotto il naso, il maestro gridava. Eppure infine d'anno nessuno osava bocciare il nipote delcostruttore Ulwing.Kristóf sentiva una protezione invisibile da tutte leparti. Il maestro gli disse su che cosa lo avesseinterrogato all'esame. Gábor Hosszú gli suggeriva dilatino in cambio di qualche pallina colorata, e il piccologobbo Gál, per qualche soldo, gli faceva il compito dimatematica.«Qualcosa sarà...» — pensava Kristóf quando avevapaura, ma invece di studiare disegnava gatti e ragazzeed invece della geometria impastava ometti d'argilla infondo al giardino.— Quel ragazzo è pieno d'ingegno — disse il costruttoreUlwing soddisfatto e con cura chiudeva i disegni delnipotino nella scrivania da molti cassetti.Kristóf aveva paura. Che cosa volevano da lui igrandi? E allora gli passò la voglia di disegnare e di fareometti di argilla in fondo al giardino. Iniziava adinvidiare Anna. Lei doveva studiare poco e nessunopretendeva nulla da lei.Anna in questo periodo si sentiva sola. Aveva losguardo inquieto, pareva volesse sempre interrogare. Ilsuo corpicino si allungava, i suoi capelli biondi argentatisi oscuravano come se un'ombra l'avviluppasse tutta.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 81


La signora Füger si tirò gli occhiali sulla fronte tra legale della cuffia inamidata e dalla finestra guardò lafanciulla con attenzione.— Hai avuto proprio ora un atteggiamento del capoche mi ha ricordato tanto tua madre, la povera signoraKrisztina 5 !...Anna, che stava in mezzo al cortile, accentuò ancor dipiù la posa del capo, ma non capì come mai una bimbapotesse assomigliare a una persona che doveva essereben vecchia se già era andata in cielo.La signora Füger sorrise in maniera particolarementre la fanciulla, guardando le cose attraverso la suagiovinezza, attraverso i pensieri senza ricordis'immaginava infinitamente vecchia la madre maiconosciuta, mentre alla donna attempata sembravainvece infinitamente giovane colei che era morta senzainvecchiare.— La signora Krisztina aveva sedici anni quando ilgiovane Ulwing ne chiese la mano a Ulrich Jörg. E lasedicenne lasciò la casa paterna portando con se labambola di cera, per giocare a Federball 7 in cortile consuo marito, e di sera di nascosto mi chiedeva sempreche le raccontassi delle storie.Anna, come se fosse stata chiamata, corse verso laporta della signora Henrietta 8 saltando la soglia. Làdentro si sentiva l'odore del pavimento di legno lucidatoda poco. Sul grande armadio stavano tanti vasi da conservae nel silenzio la pergamena inaridita che liricopriva scricchiolava. Anna si accovacciò sullo sgabelloe si guardò d'intorno. La camera era piena di ricami amano; sulla tavoletta delle chiavi era ricamata intedesco la parola: «Chiavi», sui cuscini del divano :«Dormi bene» e su un sacco: «Spazzole».«I Füger devono essere gente smemorata — pensò laragazzina —, si vede bene che c'è là dentro a che cosaserve, eppure lo scrivono sopra».La signora Henrietta sospirò; essa sapeva sospirareesprimendo grande costernazione. Le sue narici siallargavano ed in questo momento chiudeva gli occhi.— Quante volte la signora Krisztina veniva a sederequi perché le raccontassi le storie degli spettri. Come ibimbi, godeva di aver paura. E temeva tutto: le farfalledella notte, gli scricchiolii dei mobili, la voce delcostruttore e le anime che ritornano. E poi di sera nonosava attraversar sola il cortile; l'accompagnavaLeopoldin 9 e le teneva la mano.— Leopoldina? Chi era costei?— Mia figlia —, la signora Füger alzò lo sguardo su unquadro che pendeva alla parete nel cavo della finestra.Si vedeva un sepolcro di salice piangente, ricamato concapelli, ed intorno scritto in perle: Ewige Liebe 10— Anche lei è andata in cielo? — chiese Anna.— No. Non parlare mai di lei! Füger l‘ha proibito.— Perché?— Non cose da ragazzi.— Anche la signorina Tina mi risponde così, e diceche il buon Dio pensa lui a suggerirmi le cose che devosapere. Ma il buon Dio non suggerisce nulla.— Anche la signora Krisztina parlava così, come te:voleva saper tutto. Quando le cameriere fabbricavano lecandele ella sempre orecchiava i loro discorsi, poiarrossiva ridendo e cantava accompagnandosi al piano,e allora nell'officina gli operai sospendevano il lavoroper ascoltarla.Anna tirò su le ginocchia fino ad appoggiarvi ilmento.— Sapeva anche cantare?La signora Füger annuì con incanto:— Per lei la musica era vita, e come una canzone ellaè entrata ed è partita da quaggiù. La sua vocerisuonava per tutta la casa, ma appena l‘avevamoafferrata, già era finita.La fanciulla non sentiva più le parole della vecchiasignora; essa uscì di là si trovò nella camera dellamamma. S'inginocchiò sul piccolo divano sopra il qualeera appeso il ritratto di lei che ella l‘aveva sempre visto,eppure lo guardava soltanto ora per la prima volta. Eraun acquerello molto fine e la persona raffiguratasembrava quasi una ragazzina dallo sguardo dolce espaurito. I capelli castani, scintillanti alla scriminaturacome fili di seta, erano fermati in alto sul capo con ungrosso pettine e ricadevano dai due lati delle tempia inricci che ombreggiavano il volto. La linea delle gracilispalle si perdeva nella scollatura dell'abito. Teneva unarosa in mano con un gesto grazioso e stanco.Anna sentì, se la mamma tornasse, ella avrebbepotuto discutere a lei di tante cose di cui né la signorinaTina né gli altri potevano capirne nulla. Le vennero inmente le figlie del farmacista Müller, i Jörg, gli Hosszú,il piccolo gobbo Gál , il figlio dei Walter, deicommercianti di stoffe all'ingrosso, e i ragazzi Münster.Tutti costoro avevano la mamma, tutti... solo lei nonl'aveva.E allora, come un grido di appello, le salì alle labbrauna parola; ella la pronunciò così piano che lei stessanon la udì, ma appena ne avvertì la forma tra le labbra.Poi si chinò vicino al ritratto ed ora nel silenzio sentì lasua debole voce velata, quella parola che bacia duevolte le labbra di chi la pronuncia:— Mamma...Improvvisamente i volse all'indietro, quasi sivergognava di aver parlato i alta voce mentre non c'eranessuno in camera, solo il raggio di sole che batteva sulpianoforte.Anna scivolò giù dal divano e aprì il pianoforte. Latastiera era piena di polvere. Ella strisciò un ditino suun tasto e un suono inatteso venne fuori, un caldo,netto suono, come se si fosse accesa per un attimo unalucerna per poi spegnersi subito. Ella premette un altrotasto, e di nuovo una luce di lucerna. Strisciò la manosu molti tasti: molte lucerne, tutta una fila.Buttò indietro il capo e guardò nel vuoto come sevedesse le piccole fiamme dei toni musicali accendersi espegnersi, alternamente.Qualcuno le accarezzò il volto: era suo padre.— Ti piacerebbe, piccola, imparare a suonare ilpianoforte?Non rispose. Le sarebbe piaciuto saper suonarlo, senzaimparare, e cantare così bene che nell'officina i giovani,per ascoltarla, interrompessero il lavoro.János Hubert 11 rimase soprappensiero.— Gli Jörg hanno sempre amato la musica. Per tuamadre era ragione di vita.Gli occhi verde-azzurri di Anna si fecero grandi e seri.— Sì — disse, decisa — desidero impararlo.L‘indomani venne un signore imponente che sichiamava Kázmér 12 Sztawiarsky. Era il maestro dimusica e di ballo più in voga in quel tempo in città.82OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Portava una parrucca nera di carbone, camminava inpunta di piedi, si dondolava sulle anche e prendevatrenta monete sonanti per lezione. Spesso accennavache discendeva da stirpe regale di Polonia, e, quandosi arrabbiava parlava in polacco.Alla fine della lezione Anna aveva imparato molte cose.Sztawiarsky le aveva raccontato di Chopin e dellasocietà corale di Pest, di Mozart e di nonno Jörg, cheera un buon violoncellista ed ogni domenica suonaval'organo nella chiesa dei frati francescani.La fanciulla improvvisamente cominciò a interessarsi alnonno Jörg del quale finora si era occupata assai poco.Quello era diverso dagli Ulwing. I due ragazzi lotrovavano strano e molte volte si scambiavanoun'occhiata quando il vecchio nel suo negozio di libris'inchinava dinanzi ai radi compratori, stropicciandosi lemani. Anna allora arrossiva; non le piaceva quellaservilità e dava un rapido sguardo al nonno Ulwing ilquale non s'inchinava mai dinanzi a nessuno.La libreria di Ulrich 13 Jörg stava all'angolo della stradadi Kígyó 14 . Vicino all'entrata c'era una panca appoggiataal muro; in mezzo alla strada si ergeva un vecchio meloattorno al quale le rade vetture passavano con grandefracasso.Anna cacciò il visetto nella porta e il costruttoreUlwing si levò il cilindro grigio dal largo bordo.Il negozio era tutto fragrante del profumo dei fiori dimelo, e nonno Jörg si avanzò sorridendo, a piccolipassi, dinanzi all'alto scaffale di libri che arrivava fino alsoffitto e divideva in due parti, per la sua larghezza, labottega. Dinanzi allo scaffale i clienti compravano edietro ad esso, dove i passanti dalla strada nonpotevano veder dentro, alcuni uomini vestiti per lo piùalla foggia magiara, sedevano su dei divani e parlavanosottovoce e di fretta, alla luce di una candela di sego.Quel giorno erano più numerosi del solito. Fra glialtri, seduto sul margine dello scrittoio, c'era un giovanemagro che vestiva il dolman. Il collo nudo, un po' tesoin avanti, usciva dai bianchi, morbidi risvolti dellacamicia; i capelli erano scomposti e gli occhistraordinariamente grandi e fiammanti. 15Per la prima volta Anna constatò quanto può esserebello l'occhio umano. Poi si accorse che il giovanedurante il suo discorso dava dei colpi col tacco dellostivale dal tacco consumato nella rivestitura in ottonedello scrittoio di nonno Jörg e coi suoi gesti vivaci mandavatutto in scompiglio. Anna lo trovò poco rispettosoe tornò alla mensola per continuare a leggere il libroche il nonno le aveva dato; esso narrava di un ragazzoscozzese che aveva nome Robinson Crusoe.Altra gente entrò nella libreria ma nessuno compravaed i vecchi parevano giovani. Nel retrobottega ilfebbricitante, goffo giovane continuava a parlare esempre si udiva il tacco del suo stivale picchiare sullalamina d'ottone. Anna non stava attenta a quello cheegli diceva, il libro la interessava. Tuttavia una parolache veniva sovente pronunciata, giunse al suo orecchio;ma essa non prendeva la sua anima, era per leisemplicemente un suono ripetuto.Al centro della bottega un altro signore si fermò. Ilsuo volto era angoloso e portava la barba a pizzo; dallatasca dei suoi calzoni stretti pendeva una borsa ditabacco frangiata. Un vicino lo urtò col gomito:— Puoi parlare, siamo tra di noi.L'uomo col volto angoloso tirò fuori uno scritto:— È tutta la mattina che invano sono in giro. La genteha paura per la propria pelle. Non c'è una tipografiain tutta Pest che voglia stampare questo proclama!Quando Ulrich Jörg si piegò sullo scritto perosservarlo, il capo calvo brillò e la corona di capelligiallo-grigi parve muoversi in modo bizzarro attorno alleorecchie.— Questo non è un proclama — sussurrò qualcuno—,questa è rivoluzione!Ulrich Jörg tese la mano.— Il proclama sarà stampato nella mia tipografia — lodisse così semplicemente che Anna non capì perchétutti quegli uomini ad un tratto gli fossero corsi intorno;ma quando lo guardò, non lo trovava più strano. I suoipiccoli occhi scintillavano sotto le sopracciglia canute eil suo volto assomigliava a quello di San Pietro comedella sua piccola Bibbia.Due ragazzotti passarono correndo davanti allaporta:— Libertà ! — urlarono con voce acuta.Anna riconobbe la parola ripetuta sovente là nelretrobottega. Anch‘essi vogliono questa. Semplicementetutti vogliono la stessa cosa: Libertà! Sembrava comese gridassero la parola: Giovinezza ! E le parve chequesta parola assomigliasse ad un‘altra cosa... Ad untratto le vennero in mente gli occhi fiammanti del goffogiovane.Dalla direzione del municipio molta gente correva giùsulla via: erano giovani artigiani, donne, studenti,donne ed uomini di servizio. Sbucavano fuori anche gliattori del teatro tedesco, fra i quali Anna riconobbe ilIl cavaliere grassatore e la regina, la quale però aveval'abito tutto a brandelli!— Viva la libertà di stampa, abbasso la censura!II costruttore Ulwing, che finora non aveva presoalcuna parte attiva al movimento, si scosse il capo,approvando. Pensava al censore di Buda, poi dovettesorridere considerando da quale piccolo cantuccio lagente guarda il mondo che pure è così grande!Dal selciato nella via risuonarono molti passi: altragente giungeva; anche quelli correvano, dimenandosi,urtandosi. Ad un tratto si udì la musica di una voceumana — una voce straordinaria che pareva uscisse dauna meravigliosa primavera, e il suo suono si sparseper l'aria.Qualcuno parlava...Nella libreria si fece un silenzio e gli uomini sorsero inpiedi. Quella voce li chiamò. Di fronte le finestre siaprirono. La parola 15 penetrava nelle abitazioni occupatedai tranquilli borghesi tedeschi, riempiva le lorocamere che sapevano di rinchiuso, i loro negozi mairinnovati, le strade; e dappertutto dove essa giungeva,pareva incendiasse. Quella voce era la musica dellafiamma.Kristóf Ulwing si avvicinò alla porta della bottega,però alla soglia si fermò. Dietro di lui tutti si mossero esi accalcavano verso l'uscita. Ulrich Jörg, a piccoli rapidipassi, corse accanto al commesso dal capo grande.Correvano tutti ed anche il mastro costruttore siirresistibilmente attratto all'uscita. Si volse dalla stradaper gridare ad Anna :— Tu resta lì.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 83


La bottega si vuotò completamente e la fanciulla, col 3 Cristoforocuore stretto si guardò d'attorno; poi come se fosse in 4 Adalbertoascolto di una musica, appoggiò il capo allo stipite della 5 Adamoporta. Non poteva vedere colui che parlava, egli era 6lontano da lei. Soltanto l'anima di quella voce le Cristina7giungeva all'orecchio, però ella cominciò a capire che Badminton o volanoqualcosa di estraneo e nuovo accadeva per lei. Un 8 Henriettabrivido piacevole le corse per la schiena; quella voce la 9 Leopoldinastordiva e la cullava, l'attirava e la portava via. Ella non 10 Amore eternole si oppose, anzi, si lasciava andare e la piccola Anna 11Ulwing, inconsciamente, si fuse con quella grandiosa Giovanni Uberto12primavera magiara che per la prima volta la sollecitava. CasimiroQuando la voce si spense la folla cominciò a gridare con 13 Ulricoentusiasmo.14 Via SerpenteDinanzi alla libreria uno studente cominciò a cantare 15Si tratta del grande patriota rivoluzionario ungherese, ila squarciagola. Ad un tratto per tutta la via dilagò quellacanzone che Anna avrebbe udito in seguito, ben 16poeta Sándor Petőfi.sovente. 17 Lo studente si arrampicò svelto sul melo e Lajos Kossuth17agitò il cappello. Il suo volto era di fiamma; i rami È il Csatadal (Canto di battaglia) di Petőfi che infiamma laondeggiarono sotto di lui e il selciato divenne tosto gioventù ungherese.tutto un candore di petali.Anna pure avrebbe voluto agitare il suo fazzoletto e*cantare come lo studente. Nell'aria passava una NOTA: Presente romanzo venne scritto nel 1914 e fuglobale, infinita gioia e gli uomini si abbracciavano correndo.pubblicato la prima volta nel 1930 dalla Casa EditriceSonzogo di Milano, poi il 30 aprile 1936 – <strong>XIV</strong>. (Trad. SilviaRho)— Libertà!Una figura particolare si avvicinava dal fondo della via N.d.R.: Il testo originale si legge nella rubrica «Appendice».si avvicinò guardinga, a passi incerti, rasentando i muriTraduzione riveduta e note © di Melinda B. Tamás-Tarrdelle case. Si fermò di continuo, sospettosamente, siguardò d'attorno. La sua marsina di color viola4) Continuasventolava in modo strano, le sue pesanti calze bianchefacevano delle grinze sulle scarpe a fibbia.György Bodosi (1925)— Pécsely (H)Anna ebbe il senso di un confuso spavento. Non LA NASCITA DI UNA STELLAaveva mai visto così zio Szebasztián per le vie di Pest.Quasi involontariamente ella si nascose dietro la porta.« Forse non mi vede, forse andrà oltre...», pensò. E nelfrattempo le venivano in mente i due occhi febbrili e aquella parola che sembrava un'altra, come se avesseropronunciata la parola: giovinezza. Oh, quella voce...quella canzone!... Zio Szebasztián invece era cosìvecchio e tanto, tanto lontano...Anna abbassò gli occhi e sul selciato risuonarono ipassi lenti delle due grosse scarpe a fibbia arrugginita.Lo studente sull‘albero si mise a ridere forte:— Chi è questo spaventapasseri? Quanti secolipasseggiano nei suoi panni?Allora Anna si rattristò e i suoi occhi si riempironodi lacrime. Ora solo comprese quanto essa voleva benea zio Szebasztián.— Egli è mio ! — gridò disperata e tese le braccia alvecchio.Zio Sebastiano non si era accorto di nulla, si sedettesulla panca dinanzi alla libreria e posò il cappello aterra, poi si asciugò la fronte a lungo con un enormefazzoletto a colori.— Sono venuto in buon punto. Che confusione! Madove mai, dove mai andremo a finire!...Anna lo sentì nuovamente lontano, ma però sisedette ben vicino a lui, proprio vicino, perché quelliche deridevano lo zio Szebasztián, vedessero che lorodue si appartenevano._____________1 Cristoforo2 Sebastiano84OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Scena quinta: Ad Avignone nella sala di tronodi Papa GregorioLa liberazione del papa dall'AvignoneIl papa sta seduto sul trono. Di fronte a lui 10-12pupazzi, vestiti di color porpora lo fissano con occhiseveri. A volte annuiscono, a volte fanno cenno di no.Non sono figure ridicole, con loro si ha intenzione disottolineare la durezza, il rigore, ed il fatto che venganocomandati dall'esterno. Il Petrarca che sta per uscire, eCaterina che sta per entrare, si incontrano.CATERINA: Questa volta mi hai preceduta.PETRARCA: Ma se ti sei fermata ad ogni crocifìsso... Matutta quella fretta che ho avuto non è servita a niente.Lui non ha neanche un briciolo di coraggio nell'anima.Anche se ascolta le mie parole e le considera vere, silascia influenzare solo da quei pupazzi-cardinali.CATERINA: Se non ha del coraggio, gliene verso diquello che ho io nell'anima.PETRARCA: Non hai la minima probabilità di riuscirci.Toma indietro!CATERINA: Ci riuscirò.PETRARCA: Sei molto sicura di te.CATERINA: Non è la mia forza in cui credo, ma quelladell'amore.PETRARCA: In questi cuori ce n'è poco, di amore. Èstato talmente intimidito che non è capace di ragionare.CATERINA: Prima di tutto deve riconoscere lui stessoche deve tornare, solo dopo si passerà all'azione.PETRARCA: Belle parole ed anche vere. Ma visto il loroatteggiamento, è tutto inutile.CATERINA: Non mi trattenere più! Sono venuta da Lui!(Si incammina verso gli scalini del trono. Il papa leporge la mano. Lei piega il ginocchio e le bacia l'anello.)GREGORIO: Dunque sei tu la ragazza che mi scrivelettere così belle...CATERINA: Sono petizioni, padre.GREGORIO: Chiamami pure fratello, come usi fare nelletue lettere!CATERINA: Chiamarsi fratelli l'un l'altro, significa giàamore.GREGORIO: È così, figliola.CATERINA: E l'amore è un ponte che dobbiamoattraversare per avvicinarci all'anima dei nostri fratelli. Ecosì possiamo trasmetter loro i nostri messaggi, perchéè quella la nostra missione.GREGORIO: Allora dimmeli, i messaggi!CATERINA: Torna da noi a Roma, padre! Il vicario diCristo deve stare lì. L'Italia e tutto il mondo cristianosoffrono, inerti, privi di forza perché hai abbandonatol'antica sede. Abitando altrove, non si può realizzare ilregno di Dio sulla Terra e guidarlo. Torna a Roma,fratello, questo è tutto quello che ti chiedo, ed io tisosterrò con tutte le forze del mio amore.Il papa si alza e scende dal trono. Caterina lo prendesottobraccio e si avviano verso la porta. I pupazzicominciano a fare movimenti, si girano, mormoranominacciosi, mentre il papa e Caterina lasciano la saladel trono. Petrarca tenta di cominciare un dialogo conle marionette, con modi da esperto cortigiano cerca diavvicinarli, ma loro non lo guardano neanche. Caterinagli sta di spalle, non si accorge né di Petrarca né di loro,è talmente impegnata con il papa e con la suamissione.Scena sesta: Sul bordo della nave che aspettanei pressi di GenovaIl grande miracoloLa nave è ancora ancorata ma le vele sono già piegate.Sta per partire. Davanti al ponticello del capitanostanno i messaggeri del re di Francia, 4-5 cardinali, unservo della chiesa che tiene in mano un sacco.CAPITANO: E voi chi siete?UN CARDINALE: Dovresti vederlo.CAPITANO: E lo vedo. Siete venuti per...?CARDINALE: Stiamo portando il comando del re.CAPITANO: A me lui non dà nessun comando.CARDINALE: Allora il suo messaggio.UN ALTRO CARDINALE: O la sua richiesta, se preferiscicosì.CAPITANO: Va bene, quella potrei anche ascoltarla.IL PRIMO CARDINALE: Ti chiediamo di far tornareindietro la nave, è tutto qui. Riporta ad Avignone ilfuggiasco.CAPITANO: Chi ti permette di chiamare fuggiasco?CARDINALE: Lo sai benissimo anche tu.CAPITANO: Mi è stato affidato il compito diaccompagnarlo con la mia nave ad Ostia. Lui deve starea Roma.CARDINALE: Una volta era così, certamente. Ma ormai,secondo il nostro re e i nostri cardinali, Avignone offreuna sede più degna.UN ALTRO CARDINALE: Roma è diventata una cittàsquallida. Non ha neanche un palazzo che possaospitarlo.CAPITANO: E nonostante ciò, io lo accompagno lì dovesiete stati proprio voi a farlo fuggire.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 85


UN TERZO CARDINALE: Ma neanche i venti tirano daquella parte, ma da Nord.CAPITANO: Possono tirare dove vogliono, io la mianave la conduco dove voglio io.CARDINALE: Se non ti lasci convincere dalle nostreparole, forse capirai meglio questa lingua (al servo):Fagli vedere cosa c'è in questo sacco!Il servitore prima fa suonare le monete d'oro, poi apreun po' il sacco e fa vedere le monete al capitano.Il Capitano pallido, incredulo guarda il tesoro. Stende lamano, la immerge fra le monete, ne prende un po‘ poidice:CAPITANO: Mai visto, mai sognato tanto tesoro. Hocominciato da bambino povero, come mozzo. Quantoho faticato per diventare maestro delle vele, poiufficiale della nave ed infine capitano. Ho rinunciato atanti bocconi, agli alcolici per poter comprare questavecchia nave. Adesso vorrei venderla, se trovoqualcuno che mi dà soldi sufficienti per poter comprareuna capanna. Chi mi darebbe tanti soldi da potercomprare, in una baia silenziosa, una casa da dovecontemplare il mio unico amore, il mare. Mi ha trattatoa volte bene, ma il più delle volte è stato maligno neimiei confronti, ma io lo amo lo stesso. Anzi lo amosopra ogni altra cosa, amo solo lui.Adesso tutto questo oro può diventare mio e possocomprare la casa, anzi posso comprare un palazzo edove lo voglio. E non devo vendere neanche questavecchia nave. No, la tentazione è troppo forte, nonposso resistere.Ragazzi - rivolgendosi ai marinai -, ripieghiamo le vele.Andiamo nella direzione che i venti comandano. Lametà dell'oro la distribuisco fra voi. Su, via! Fate quelloche vi dico! Che ci importa delle discussioni di questisignori in toga? Forse non è la stessa cosa per noi, se ilcapo della Chiesa torna fra le mura distrutte di Roma osi lascia condurre indietro in quel palazzo lussuoso diAvignone che il re di Francia gli aveva regalato? Credoin Gesù, nella Vergine Maria, ma adesso la nave non èminacciata da nessuna tempesta e da nessun ondainferocita.CATERINA: Non ti ingannare! Non fare l'ignorante! Haitrascorso una vita sulla nave, sai benissimo comeottenere che la barca vada nella direzione sceltadall'uomo.CAPITANO: Ma io ho già preso una decisione. Anzi noi -rivolgendosi ai marinai - abbiamo preso una decisione.Saremmo degli sconsiderati se rinunciassimo a questitesori che la fortuna ci ha regalato.(Caterina non risponde. Guarda in alto il cielo, poicomincia a parlare ai venti, un po' imitando, recitandoSan Francesco. Prima si rivolge verso l'Oriente):Tirate indietro nelle vostre bocche di setaLe vostre lingue merlettate, sorelle,Figlie adulte di Boreas. MescolateOnde, chiacchierate in altri mariAndate veloci. Ve lo comandoPregando nel nome del cieloTornate subito indietro!Nelle severe grotte orientaliNei luoghi coperti di muschio.Dormite. Non sprecate il tempoCon lavoro inutile. Brave ragazze.State già partendo, come conviene.Tornate un'altra volta!Dopo un po' si rivolge verso Sud e continua a parlare:Sorelline, abbracciateviStrette. Affondate le unghieNella sabbia, costruite castelli!O sedute nell'acqua bassaPresso le coste, giocherellate!Vi prego di non soffiare verso di noiIl vostro alito caldo e velenoso!Andate piuttosto verso le coste di AfricaA guardarvi nei miti specchi d'acqua,Curiose. Siete belle e braveTutte, perché ubbidientiSedetevi calme, non muovetevi!Poi si volge indietro verso Nord, guarda i monti econtinua.I marinai intanto si danno da fare.UN CARDINALE: Hai deciso bene, figlio. Il tesoro èvostro, lo avrete appena saremo arrivati sul fiume.Caterina esce dalla cabina. Ha sentito le parole delcapitano ed è a lui che rivolge la parola.CATERINA: Non pensare ai brevi giorni della tuavecchiaia, capitano, pensa piuttosto a mantenere la tuaparola. Pensa a Dio. Pensa al giudizio di Dio. E chepotrai entrare nel Suo Regno Eterno solo se ne osservila volontà. Povera o ricca, la nostra vita è limitata, malassù è la felicità eterna che aspetta chi ha ubbidito allalegge.CARDINALE: Ma tu, tu chi ti credi di essere per parlarein questo modo? Perché pensi che sei l'unicarappresentante della volontà di Dio?CAPITANO: I Padri hanno ragione, fanciulla! Pure iventi, servi di Dio spingono le vele da sud e da orienteSorelle, smettete di sdraiarviNelle valli chiuse fra monti.Figlie di Mistral, il vostro capriccioFeroce vi conduca da noiNon incorretevi nei prati nevosiMa radunatevi tutte qui, veloci.Già vi vedo arrivare, brave, oneste!Indossati i vostri scuri mantelliSiete partite tutte e correte qui.Venite, sì, venite da noi, guidareLa nave sarà la vostra missione.E questa la preghiera, è questoChe ci comanda il Cielo.Dobbiamo tutti quanti ubbidireAnche voi, sì, pure voi, tutte!(Le ragazze-vento nei loro vestiti stravaganti con il loromovimento fanno capire, che capiscono il desiderio diCaterina. Le figlie di Boreas portano vestiti di colorverde mare, quelle dello Scirocco giallastro-rossi. Le86OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


figlie del Mistral all'inizio si vestono di bianco, poi soprail vestito indossano mantelli/spolverini scuri, nerissimi.)Le ultime parole le dice rivolta verso il capitano ed imarinai, che la ascoltano, stupiti e si affrettano verso levele per aggiustarle verso la giusta direzione.I CARDINALI (fra di loro, protestando): Magia!Incantesimo! Forze demoniche! Al rogo questadonnaccia!CAPITANO: Vergognatevi, calunniatori! Non avetesentito che nel nome di Dio si era rivolta ai venti,chiamandoli fratelli?Qualcuno dei marinai si getta in ginocchio e comincia apregare .CAPITANO: Contro la volontà del cielo è inutile opporsi.Accompagnate a riva questi diavoli, vestiti da preti!Alcuni marinai lo interrompono, gridando: Ma Capitano,il sacco, l'oro, lo teniamo lo stesso!Il capitano non risponde, distoglie lo sguardo.Fra i marinai comincia una lotta per avere il sacco, checade in mare e affonda.CATERINA: Proprio al posto migliore. Volontà del Cielo.Fate quello che vi è stato chiesto di fare!(Rivolta al papa che nel frattempo sale al bordo:)CATERINA: Fratello! Allora tutto è stato sistematosecondo la volontà del Cielo. Ormai nulla ti impedisce ditornare in quella città, su quel trono dove il nostroSignore ti aveva mandato. Che tu diventi guidaspirituale del regno terrestre di Dio.3) ContinuaTraduzione di © Judit BodosiAnna Jókai (1932) ― BudapestRAGAZZA COL CANE(Kislány a kutyával)Il cane impietrito stava accantoalla ragazza, in postura corretta egli occhi simili al vetro. Mancavanosoltanto il piedistallo e la targhettadegli animali imbalsamati e potevaessere considerato come tale. Però per questo onoreera troppo piccolo, di qualità scarsa ed estremamenteparticolare.Per mostrare qualcosa è sempre meglio un tipo mediodi qualità; però di quello del livello superiore. Comequesta ragazza che ha ricevuto il nome Erzsike¹ e non sisa per quale motivo. Ma è già da diciassette anni cheporta questo nome. Ella però soltanto da sei mesichiama il cane col nome Szofi².– Perché proprio Szofi? – chiese la madre.Erzsike scosse le spalle e si concentrò soltanto per aprendere il denaro per la dose quotidiana del gelato,delle castagne e del cinema.– Lo chiamo così – rispose brevemente –, perchéSzofi è una donna splendida.Però il cane era maschio. Ma nonostante ciò Erzsikenon trovò il nome illogico.– Se sporcherà, lo ammazzo – disse teneramente lamadre facendo capire di accettarlo. Erzsike lo sapevamolto bene che sua madre non avrebbe ammazzatonessuno: anche le mosche venivano appena cacciate viacol panno dei piatti che usava per asciugarli, neanche isuoi schiaffi le riuscivano bene: a stento sfiorava ilberretto, o la larga manica del cappotto fatto ai ferri,ma mai il corpo della ragazza. Questa pietà valevaanche per gli oggetti: le dispiaceva buttare gli avanzi deipiatti nella pattumiera. Spesso stava curva sopra lapattumiera aperta ad osservarli, forse aveva ancheparlato agli umidi avanzi della buccia di verdura e dipatate. Proprio per questo motivo conservava tutta lachincaglieria, la scatola vuota di pasta, il pezzo rotto diflanella, figure rotte di ceramica.– Mi dispiace buttarli via nel buio, nel nulla – solevaripetere.Non la guidava il senso pratico, infatti, non le venivamai in mente il pensiero di «forse potrebbe essere utileancora per qualcosa». Ma al contrario:– Questo già non vale nulla – sospirava – ed oraancora anch‘io... poiché si è rovinato...Erzsike affermava chiaro e tondo questa stranasituazione:– La mamma è tocca – disse ad una compagna diclasse, ancora prima dell‘arrivo del cane. – Da noi sisgretola tutto. Anche il denaro. Perché la mamma èpazzarella.Però la mamma non era arrabbiata perquest‘affermazione della figlia. Le piaceva la suacreatura, forse la temeva anche quando le sopraccigliadi Erzsike si congiungevano al centro. Anche la suacorporatura era robusta, perfetta, tutta energia dacomandare, i muscoli del polpaccio sembravano unapalla di tennis.Già quando stavano davanti al portone si capival‘inconfondibilmente situazione: qui la ragazzasorvegliava il cane. Il cane era un suddito. Ed esso –se non dimentica la sua sottomissione –, poteva esseremolto amato.Szofi fu trovato nella neve. Erzsike propriomezz‘anno fa lo aveva scavato dalla neve ove erasepolto. Egli è ora diventato obbediente e molto docile.L‘obbligatoria gratitudine trasforma anche gli animali.– Non entreremo, finché quell‘uomo sta seduto lì... –disse Erzsi al cane, nonostante piovevesse.Pioveva fittamente, tutti e due erano umidi, ilguinzaglio freddo scivolava dal palmo della ragazza.Szofi aveva ricevuto per Natale questo bel guinzaglio dicuoio marrone, decorato da chiodi. Il cane per moltotempo non le aveva permesso di metterglielo sul collocredendolo una frusta. Alla fine però lo si dovettepicchiare ugualmente. Naturalmente la madre piansein quella circostanza. Il suo volto divenne pallidissimo.Versava tante lacrime ed il suo corpo grasso a forma disalame divenne un unico saccone di lacrime: bastavapremere appena, appena e subito usciva una goccia dilacrima.– Non far male a quella sciocca bestiola...– Lo educo soltanto.... Szofi, opplà!... Szofi, opplà!...Chiedergli di raddrizzarsi su due piedi non era poi uncompito così difficile , però Szofì non voleva imparareOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 87


nemmeno questo. Quasi quasi sembrava volesserinunciare anche alla caramella, però alla carne eall‘osso nemmeno per sogno! Quando brontolerà suostomaco chiederà il cibo!– Non riesco neanche a guardarlo! Ha tanta fame... –si lamentò la signora.– Resisterà per due giorni – disse Erzsike -, anche noi cisiamo riusciti quando quell‘uomo ha svuotato il tuoportafoglio.E quell‘uomo ancora ora stava seduto nella cucina.– No, Szofi... non muoverti! Buon cane, nonmuoverti... Se ne andrà... Deve andarsene...Il cane saltò subito sopra il bastoncino. Prima mugolòun po‘, e poi lo saltò.– Ti voglio bene, Szofi... Ti voglio bene se obbedisci...e se obbedisci soltanto a me... soltanto a me...Sì, perché Szofi si esibiva esclusivamente per lei, al suoordine. Non accettava cibo da nessun‘altro: neanchedalla madre. Gli schiaffi di Erzsike, degni dei soldati, gliavevano fatto imparare questo.– A che serve? – domandò la madre fiaccamente,era sempre stanca, ogni giorno doveva preparare lamassa per la macchina per formare millecinquecentoanatre di plastica di color arancione. Questa quantitàera la norma giornaliera, la metà di millecinquecentoanatre di plastica. Poi venivano incollate ad un tavoloper creare l‘intera figura. Nel suo libretto di lavoro comeprofessione vi era scritto: caricatrice, di ciò ne ridevaanche l‘impiegata dell‘amministrazione. – Perchél‘addestri? Non è un cane da circo...– Sei invidiosa perché mi obbedisce! A te lo fanessuno... hai lasciato che quest‘uomo pure...– Papà – disse sottovoce la donna -, papà.– Quell‘uomo – continuò la ragazza con coerentedeterminatezza – ha chiesto credito su pegno per il tuocappotto invernale... a causa delle carogne!– Cavalli – rispose automaticamente la madre –, acausa dei cavalli...– Carogne. Si dovrebbe trasformarli tutti in sapone. Icavalli sono carogne. Un credito su pegno per il tuocappotto invernale...– Non l‘hanno neanche accettato. Lo sai Erzsike chenon l‘hanno accettato...– Allora, dov‘è? – La ragazza posando le mani suifianchi si mise sulla porta della cucina a gambedivaricate. Il cane girò intorno alle sue gambe prima dadestra verso sinistra, poi al contrario. Pensava cheanche questo fosse un dovere.– L‘ho dimenticato sul tram, mia cara... – disse a queitempi questo l‘uomo con un largo sorriso e poi annunciòdi trasferirsi temporaneamente in un posto più adatto incui egli non sarebbe stato «ostacolato».Questo era il suo settimo trasferimento. Ed ecco, stavadi nuovo seduto qui, in cucina.– Deve andarsene... Szofi, lo capisci? Ella non potràriaccoglierlo... Semplicemente glielo proibisco.Erzsike odiava quell‘uomo. Nonostante egli fosse suopadre di sangue. Nonostante egli non l‘avesse maipicchiata. Anzi, le parlava sempre con dolcezza,ripetutamente le accarezzava il suo capo a meno cheErzsike non fosse abbastanza svelta da girarlo dall‘altraparte.Egli non aveva neanche bevuto. Altrimenti il suostomaco l‘avrebbe subito rigettato.– Non ci sono nemmeno le altre donne – disse lamadre una volta ad una vicina di casa -, non ci sonodonne. Eppure...Si lamentava di una malattia ignota che divora l‘internodell‘organismo: una volta gli facevano male i reni,un‘altra volta il cuore, o soffriva per un dolore causatoda un tumore purulento dell‘orecchio che ogni tanto gliprovocava la febbre e gli distruggeva i nervi.Per questo motivo non aveva posto fisso di lavoro,l‘appetito però non gli mancava. Quando per casotornava a casa, sempre si inventava qualcosa diparticolare: pane al burro con zucchero a velo, ricotta dimucca con pepe, succo di pomodoro condensato ediluito con acqua gassata.Stava seduto accanto al tavolo distendendo le gambe inavanti:– Il vostro gusto è rovinato– disse schioccando lalingua –. Questa vostra la vita non è vita... Se solo unavolta potessi riuscirci... vi farò vedere... resistete soloancora... siate coerenti...Erzsike ricordava molto bene quel duro inverno quandosuo padre non tornava neanche una volta, viveva in unacamera in affitto, dove l‘acqua veniva riscaldata da ungeyser. Quell‘inverno ella dovette accettare un paio discarpe usate e la maestra la interrogò della suasituazione familiare:– Che professione svolge tuo padre?– Non lo so.– Chiedilo alla mamma...– Neppure lei lo sa...– Sono divorziati i tuoi genitori?– No. Soltanto papà non c‘è a casa.– Ah... – disse la maestra – Sono separati. Così sidice. Lo confermerà il custode del condominio.Però neanche lui poteva confermarlo, perché l‘uomo nonaveva annunciato il cambiamento di domicilio.– Che caos... – sospirò la maestra. – Quanti problemici saranno con quel certificato sul reddito...Così Erzsi non venne iscritta al doposcuola.Sua madre cercò di assicurare la cifra indispensabileper le spese scolastiche. Quanto si poteva,risparmiavano sulla pancia. Però il giorno dopo Erzsikenon riuscì più a mandar giù la stessa pastasciutta alsemolino. Da essa già vomitava, nel sogno vedevasempre dei vermi ostinati di passar giù dalla gola.Poi l‘uomo tornò a casa per cinque mesi con la licenzadi malattia.Una volta il suo cavallo aveva vinto. E allora avevaportato a casa una bottiglia di spumante, ma la metà fusprecato mentre impazientemente tentava di tirar fuori itappo.Sparì nell‘ora della mattinata quando Erzsi e la madresi sbrigavano con le loro faccende.Però egli non aveva portato via più cose di quelle chepoteva tenere nelle sue mani. Una volta, sotto la giacca,aveva attorcigliato due lenzuola intorno al corpo. Erzsikelo vide allontanarsi dall‘angolo della strada, ma nonebbe coraggio di corrergli dietro perché quella figura lesembrava troppo grassa e pensava di sbagliarsi.Inutilmente rimproverò sua madre:– Caccialo via, mamma, lo senti? Caccialo via! Nonlasciarlo entrare più...Ma la madre scosse il capo e sospirò: è inutile.88OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


E se avesse paura di lui! Macché! Non lo temeva. Èstata una signora robusta, anche forte; soltanto con unamano avrebbe potuto respingere questa figura magra,malato di clorosi.– Forse lo ama – disse una compagna di classe beninformata di Erzsike –, le donne amano gli uomini.Ma nemmeno questo. La ragazza li spiava vigile: Simontano qualche volta? Macché. Non facevano l‘amore.Era successo soltanto che nel periodo del quinto o sestoritorno, all‘alba Erzsi si svegliò da un pianto. Non eradella madre. L‘uomo pianse davanti al letto della donna,in mutandine appoggiando le ginocchia contro al bordodel letto.Aveva sentito dire che suo padre fosse un bottaio.Non sapeva esattamente cosa significasse. Pensava chefosse una cosa astrusa, superflua ed inutile, come tuttoquello che lo circonda.Il suo ricordo più remoto risaliva all‘età di quattro anniquando ricevette una grande scatola dal padre. Tolto ilcoperchio vi era una splendida bambola con lungheciglia, fissata con un filo di nylon, vestita di un abitoazzurro in una tulla. Ella allungò le braccia per tirarlafuori dalla scatola per prenderla ed abbracciarlagridando il suo nome battezzandola col nome di Szofi,ma l‘uomo aveva richiuso la scatola.– È bella, vero? – chiese dolcemente. – È la tua.Domani potrai giocare con questa. Ed anche con tantealtre bambole. Se ci riuscirò. Mise la scatola contenentela bambola sotto le braccia e se ne andò, non l‘avrebberiportata mai più.– Cagnolino mio – Erzsi s‘inchinò verso il cane peraccarezzarlo – hai freddo, è vero? Fra poco se ne andrà.Se mi chiedi da mangiare, riceverai una buona cena.Il cane emetteva un suono. Tremava.Se non lo manderà entro dieci minuti – pensò Erzsike– li faccio attaccare da Szofi.Riversava sul padre il suo odio accumulato in questilunghi anni. Quasi quasi anche sulla madre.Soltanto questo cane era suo. Veramente. Giàtirandolo fuori dalla neve sapeva perché l‘avesse fatto.– Eppure se dovessimo entrare, non farci caso. Locapisci, Szofi? – tirò forte il guinzaglio. Szofi emise unsuono con un filo di voce. Erzsike lo minacciava con ilguinzaglio, Szofi aveva girato il muso da un‘altra parte.– Ecco, mi raccomando...Un cane grande e spettinato passava dinanzi alportone in compagnia del suo padrone che indossavauna pelliccia altrettanto spettinata. Szofi desiderosoalzava la zampa posteriore, piegata graziosamente inginocchio, col muscolo del collo teso.Erzsike ora lo picchiava leggermente.– Ci mancherebbe altro!... tu porco...Già pioveva intensamente. Dalla grondaia rotta l‘acquale cadeva loro addosso. Dentro invece c‘era corrente euna voce maschile proveniva dolciastra mentre stavaraccontando delle barzellette. La madre cortesementetossicchiava ma non rideva. La mamma non sapevaridere. Il suo sorriso e una carta velina attaccata alvolto, dietro comunque emergeva il telo scuro.– Erzsike... fiiiiiiglia miiiia... Erzsi...– Szofi! Quando superiamo la soglia della portaringhia! Hai capito? Fagli vedere i tuoi denti affilati!Così, Szofi: grrrrr...Szofi faceva la prova ma il mormorio non sembravaaffatto spaventoso.– Stupido cane.... così: grrrrr... grrrrr...Stavano seduti alla tavola della cucina nello stessomodo in cui Erzsi l‘aveva immaginato. Suo padre connoncuranza accavalcava le gambe e si vedevano le calzevistosamente colorate sotto i pesanti pantaloni sporchima ben stirati.– Figliola mia, ti saluto... come sei cresciuta bene...Avvicinati al tuo papino...– Fa puzza qua – disse Erzsi annusando intorno.– Il barbiere – disse l‘uomo toccandosi con le mani ilviso liscio appena rasato –, ho chiesto inutilmente dinon mettermi nessun dopobarba per non farrestringrere la pelle... E questo cane? Che carino...Come si chiama?– Non ha nome – rispose Erzsi veloce –, mamma tirafuori la sua polpetta.– Dio mio! – la signora si alzò impaurita pernascondere un piatto sporco dalla tavola. – Dio mio!Erzsike, non c‘è la polpetta. L‘ho data a tuo padre –disse facendo anche l‘occhiolino implorante.– Tu, gli hai dato la cena del mio cane? – la vocepenetrante di Erzsike si alzò e sopra gli occhi sicontraevano frequentemente le sopracciglia. A causa diqueste contrazioni andarono tre volte nel reparto dineurologia pediatrica. Allora il medico propose ilcambiamento d‘aria rassicurando la madre che intanto ilnovanta per cento degli adulti è malato di nervi sia perquesto sia per quello.– Anche i ragazzi? – chiese la signora inorridita.– Sì, anche i ragazzi – rispose il medico.– Erzsike, scusami – tentò di spiegarle la signora – daieri è ancora rimasto un osso, quello andrà bene alcane. Non ho trovato altro. Non riesce a magiare lapasta, i carboidrati gli danno fastidio.– Mia cara, non devi spiegarle! – e l‘uomo con allegriastese la mano verso il cane. – Mia Erzsike, sei felice divedermi?Erzsike non gli rispose. Lanciò uno sguardominaccioso verso la madre.– Hanno divorato tutta la tua pappa, cagnolino mio.Vedi? Divorano anche la tua pappa... Forza... Abbaia!Abbaia!Szofi si posizionò accanto alla pattumieraappoggiando pigramente la testa.– Sarebbe caso di riscaldare la stanza – disse l‘uomocon immutato buon umore. – Non è una cosaintelligente star seduti in cucina... assieme ad un cane...anche se è un cane carino... Avresti potuto darglialmeno un nome, Erzsike...– Non glielo dico! – gridò Erzsike isterica.– Ecco ad esempio: Gáspár... non è un nome volgaree sta bene ad un cane... Con Gáspár una volta ho anchevinto... Gáspár, vieni qua, vieni dal padrone...Il cane sollevò il muso. Erzsike lo picchiò forte.– Questo è il mio cane! Ha sentito? E non abbiacoraggio di chiamare il mio cane...– Erzsike – disse l‘uomo solennemente –, il cane èattirato dove sente il cuore...– Lei non c‘entra nulla con questo cane! Lei qui è unospite!– Ma Erzsike... – intervenne la madre, lentamente congrande tristezza. – È il tuo padre. Sempre lo è.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 89


– Ospite! Ospite! – gridò Erzsike. – Un ospiteinaspettato... che mangia la cena del mio cane...– Erzsike – diminuì il buon umore dell‘uomo –, miacara, dolce bambina... lo so che ce l‘avete con me... loso che sei arrabbiata con me... Però io per voi faccio ditutto, non come fanno gli altri che si rassegnano allamiseria eterna della famiglia...– Bugiardo... dice sempre le bugie... – Erzsike siaccovacciò in altezza del cane, lo accarezzava, gliscoccava un bacio. – Non ascoltarlo, cagnolino mio...– Che intenzione hai? – chiese la donnaimprovvisamente all‘uomo. – Dimmelo.– Vuole – mormorò Erzsike al cane – ingrassarsi contua polpetta... Mamma, hai chiuso a chiave l‘armadio?Lì ci sono i miei nuovi stivali...– Erzsike – disse l‘uomo e sopra gli occhi anche leciglia cominciavano a prendere il color rosso –, tuchiuderesti a chiave l‘armadio davanti al tuo padre?– Ti prego – disse la donna – esprimiti: che intenzionihai?– Mia cara... tutto, ma tutto è possibile... dovevouscirne soltanto da questo mio stato attuale... non loreggo più con l‘anima... trasportare tutti quei malatigravi... ed anche la barella è pesante...– Questo posto non è un luogo di passaggio – disseErzsike di nuovo al cane –, e non è neppure un albergo.Però nell‘albergo non si alloggia gratuitamente.– Perché parla così strano nostra figlia?– Erzsike è molto svelta – rispose velocemente ladonna –, è brava a comporre frasi. Il suo stile èstupefacente. Questo l‘hanno scritto sul suo compito diclasse.– Per voi è più vantaggioso se rimango. – dissel‘uomo calmandosi. – Avete un sostegno in casa! Possodormire anche su un sacco di paglia.– Io non vado a dormire nello stesso letto con te –disse Erzsike alla madre –, e se rimarrà, domaniscapperò assieme al cane.– Erzsike, mia dolce Erzsike – l‘uomo voleva toccarlacon le mani ma non ce la faceva - , parli così con tuopadre ammalato? Con colui che forse avrà soltantoqualche mese di vita?...– Non posso buttarlo fuori – disse la madre -, èinvano. Non sa dove andare a dormire.– Sei un tapiro... tapiro mamma...Erzsike ancora non aveva mai visto un tapiro maimmaginava l‘animale come se fosse una bestia nera colcorpo viscido, un animale continuamente ansimante chenon sentisse nulla: né una coltellata, né una carezza.Allora perché è in vita?!– Mia cara, tu sei così buona. Come posso ricambiartitutto quanto? Avrò abbastanza forza per questo? –sospirò l‘uomo.– Questa non è bontà – disse la donna con vocerauca indirizzando questo piuttosto ad Erzsike -,semplicemente non c‘è niente da fare.– ...però, mi avete amato – improvvisamente gli occhidell‘uomo s‘inumidirono e con un appiccicoso, sporcofazzoletto asciugò gli occhi. – Mia Erzsike, ami tuodisgraziato papà, non è vero?– Io voglio bene soltanto al mio cane – rispose laragazza. La madre la guardò. Non era arrabbiata. Non sisentiva neanche gravemente offesa. Ora il suo sguardoera saggio: annuì col capo.– La senti? – si lamentò dolorosamente l‘uomo. –Senti che cosa dice nostra figlia? Erzsike... Tu affermi diamare di più un animale che...– Diglielo – intervenne apaticamente la madre –,diglielo Erzsike che lo ami di più.– Questo cane è mio. Lo capisce? Senza di me sisarebbe morto. E mi obbedisce! E non mi lascerà...cosa c‘è da guardare?– Ma io vi ho abbandonate? – l‘uomo pianseveramente. Ritorno sempre, non ho un‘altra famiglia,ma non ho trovato ancora... non ho trovato ancora...– Lascia stare, Erzsi – la implorò la madre. Non farlosoffrire. A che serve?– Gáspár... piccolo bel cane...Carino, piccolo cane...lo vedi, fanno male al padrone... vieni dal padrone...– Non osi chiamare il mio cane!... Non sa neanche ilsuo nome....– È un animale intelligente – disse la donna – èaddestrato. Soltanto Erzsi ha il potere sopra di lui. Nonaccetta neanche le leccornie da altri.– Fa vedere i tuoi denti: grrrrr...fagli vedere: grrrrr...Il cane indebolito fece vedere le gengive.– Gáspár, vieni qua...Le orecchia di Szofi si erano mosse.– Non si muove – disse la ragazza con malizia – ,neppure se scoppiasse...– Nessuno sa farlo spostare – disse la madrerassicurante -, proprio nessuno. Non vale la penaesercitarsi, piuttosto mi faccio il letto sul pavimento.– L‘uomo singhiozzò.– Non ho nulla da dargli... Non ho neppure dellecaramelle... Se le avessi... sono sotto piedi, mia cara?Soltanto con una parola devi dirmelo e me ne andrò...in piazza... sotto i portici... oppure mi raccoglieràl‘ambulanza...Il cane si mosse nervosamente.– Ha paura – disse Erzsi accusandolo –, ha pauradei simili tipi.– È un bel cane... vorrei accarezzarlo...– Erzsike – le rivolse la madre – ordina al cane ditenere il capo fermo. Soltanto per un minuto.– È il mio cane! – Erzsike si mise a piangere – Mai!– Crudele. Sei crudele – le disse la donna senza peròrimproverarla.– Vorrei tanto accarezzare il suo pelo... Non gli facciomale... soltanto lo accarezzo... cagnolino, vieni qua,vieni qua de me...L‘uomo congiungendo le mani chiamò il cane. La suavoce appena cambiata sottile assomigliava a quella diun bambino piuttosto che di un maschio. Incurvò laschiena ed i suoi occhi luccicavano desiderosi.Erzsike sicuramente stava in piedi sulle muscolosegambe divaricate. Il cane si alzò e si scosse più volte.– Accuccia! – gli ordinò Erzsike con la voce tagliente.Il cane si sedette nuovamente, poi si rialzò, si scosse ilpelo come se si fosse appena svegliato dal sonno.Erzsike lo picchiò con la cinghia.– Vieni da me – l‘uomo gli mormorò e si piegò avantisulla sedia, cercando gli occhi del cane –, Gáspár, tucane infelice... vieni dal padrone... vieni...Il cane prima volse lo sguardo verso Erzsike, poiall‘uomo. Barcollando fece due passi avanti.– No! – gridò Erzsike terribilmente spaventata edabbracciò il collo del cane: – Non puoi andare da lui!...90OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Io ti ho salvato... Io.... Solo io.... Perché? Unicocagnolino mio, ma perché?Di tutto questo non capì niente.L‘uomo già non disse più nulla. Con il palmo vuotosporto in avanti cercava di stare in equilibrio sul bordodella sedia e canticchiava qualcosa. Il cane invece con lapancia appiattita si svincolò dalle braccia di Erzsike edappoggiò il capo sul palmo aperto dell‘uomo.– Buon cane, bravo cane – disse felicemente l‘uomo,chiuse gli occhi e con ebbrezza accarezzò il soffice pelo.– Vedi Erzsike, non lo mangio mica... – si girò versola ragazza di nuovo spensierato ed allegro.Erzsike indietreggiò fino alla porta e poi, anche oltre.– Crudele. Sei crudele pure tu – disse la donnaall‘uomo.Invece la ragazza fuori con gesti consueti con fortistrattoni tirava il guinzaglio. Era intelligente, lo sapeva,dovrà ritornare comunque, adesso non potrà neanchenascondersi senza cane.Da: Jókai Anna, Az ifjú és a halász, ÖsszegyűjtöttNovellák [Il giovanotto ed il pescatore, Raccolte dinovelle], http://www.pim.hu/Il testo originale vs. sull‘Appendice.Traduzione di © Melinda B. Tamás-TarrÁrpád Csernák (1943) ― Kaposvár (H)SE DIO SIGNORE DETTA«La ragione è capace di articolaresoltanto le cose date dalla fede.»Canterbury AnselmusVenga quel temporale! Per orasoltanto lontani lampi con tonfirumori ritardanti. Il mio cervelloscoppia di tensione, ho un fortedolore. Sento le vene pulsarenelle tempie, il mio collo ha deicrampi ed è rigido. Sono appoggiato sul lato destro inposizione di un embrione con occhi aperti. Non mimuovo. Mi concentro fuori e dentro. Fuori: lampi chestanno venendo più vicini, tuono; dentro: tensione,pulsazione, dolore. Nell‘angolo della stanza c‘è unapoltrona. Vedo nella luce lampeggiante: là è seduto unuomo di tonaca e il capo calvo. Non mi meraviglioneanche. Non chiedo da dove e come sia arrivato. Nonmi muovo. Neppure lui.Sforzo soltanto gli occhi nella penombra, aspettando,spiando il momento che nella luce del lampo possaleggerlo dallo sguardo: perché è venuto? Già vicinoschioccano le luminose lance, riecheggiano le enormilamine d‘argento per opera dei severi angeli,rumoreggia il cielo, si alza il vento benedetto, odo ilsussurrio delle foglie dal colore di bronzo e dei ramidegli ebani, però questo non è ancora quella tempestache ridisegna le linee del mio volto. Lasciamo perderequeste frasi di secessione! Non formulare, non sforzarti,scrivi soltanto quando ti detta il Dio Signore e scrivisoltanto quello che ti detta. È difficile ricordarsi.Quand‘era qua e ci guardavamo faccia a faccia, alloranon ho scritto. Sarebbe una bugia se dicessi che adessoè qui. No. Ora accanto a me, il mio cane ansima. Inquesto momento un interruttore della luce è saltato,una porta si è sbattuta, si sente il mormorio delleconversazioni dell‘altra stanza e il ronzare di unazanzara. Il cielo è ammutolito. È scuro e silenzioso.Sono accoccolato sul fondo del letto con le ginocchiatirate su e scrivo accanto alla luce di una piccolalampadina. È difficile ricordare il passato. Eppure èpassato soltanto qualche giorno. Però, quando è statoqui, non potei scrivere, perché dovevo seguirloattentamente ed ora è difficile ricordarsi e rievocareesattamente gli avvenimenti. Ho osservato il suo volto.I lampi erano sempre più frequenti e scoppiavanosempre più vicini e finalmente è iniziato a piovere. Latensione nella testa si è sciolta, anche il crampo nelcollo, il dolore si è attenuato. Mio padre è morto damesi. Non puoi sapere dove e quando è iniziata la tuastoria, dove e quando finirà. Tu esci e vai nel giardino,finalmente sotto la splendente luce primaverile tenendonella mano le forbici per potare, inizi a tagliare isarmenti disordinati della vite. Questo tu sono io. Ma èmeglio se questo è più lontano. È meglio se non sitratta nè di me nè di te ma di lui. Lui esce e va algiardino, in mano le forbici per potare, il suo capo èancora coperto da un berretto sotto la splendente luceprimaverile e taglia i sarmenti disordinati della vite. Siferma all‘angolo della casa. Qui, stavi in quest‘angoloquella notte; l‘aria era pura, hai alzato lo sguardo alcielo stellato e piangevi uggiolando. Questo tu ero io.Ma è meglio se questo è più lontano. È meglio se non sitratta di te ma di lui.Piangeva là, in quell‘angolo della casa alzando losguardo al cielo, ha visto nitidamente suo padre che eragià là. Dal cielo suo padre lo ha guardato. Tutto il cieloaveva il volto di suo padre. Dentro si stava persoffocare. Non sapeva esattamente perché uscisse. Poisi fermò sull‘angolo della casa e pianse. Era una nottedi maggio. Adesso siamo a marzo e c‘è una lucesplendente. Finalmente una luce splendente diprimavera. In tutte le file, da un albero all‘altro. Quandosi trasferirono qua tutto era coperto di erbaccia.Erbaccia dappertutto, densa alta come un uomo. Anchei ragazzi aiutavano a toglierla. Il vostro cane nerocorreva con macchie di ruggine, tra di voi, avanti eindietro nell‘alta erbaccia, alta come un uomo;finalmente libero, sprigionato dalle celledell‘appartamento. Adesso un cagnolino di color paninosta salterellando intorno a te. Si deve potareaccuratamente il melo. Se non utilizzi sostanzechimiche, la mela sarà una delizia per i vermi.Godranno anche del ciliegio e pure dell‘amareno, datoche non utilizzi sostanze chimiche. Ti fermi sotto ilnoce, guardi in su, verso i rami, abbracci il tronco snelloed inspiri il suo forte, asprigno profumo. Superando lafila della tuia puoi vedere quel piccolo tumulo. È megliose è più lontano. È meglio se è lui che si accorga dellatomba del suo cane. Sopra di esso ci sono una croce dilegno e la ginestra. Non puoi sapere dove e quando èiniziato la tua storia, dove e quando finirà. Il tuocagnolino di color panino saltella intorno a te, alza ilmuso per guardarti, prende un rametto con la bocca econ le zampe anteriori si abbassa nell‘erba, mentre alzain alto il sedere scodinzolando. Tu togli il rametto dallaOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 91


morsa dei denti e lo lanci, egli gli corre dietro, zigzaganel giardino tra gli alberi e i cespugli sotto una lucesplendente. Sento un piacevole formicolio. Mi avvicino.Il luogo e l‘ora sono già completamente diversi. Però illuogo e l‘ora hanno mai un significato? Il drammacontinua fuori e dentro, in qualsiasi momento eovunque: di nuovo la stessa storia. Se detta DioSignore.Ora sono rannicchiato sotto la luce infrarossa di unalampada che emana calore. Mi sono svegliato con lasensazione di precipitarmi in un abisso; non so dove mitrovo, non so dove sia il sopra e il sotto, dove siano lepareti, il pavimento e il soffitto. Sono passati alcuniminuti fino a quando sono riuscito ad orientarmi tra laluce della luna, il canto dei grilli e l‘abbaiare dei caniche mi hanno riportato al luogo reale, la mia stanza. Seti stai avvicinando dall‘anticamera, attraverso la portaaperta potrai già vedere il quadro giallo di Mátyás Oláhcon i cavalieri dell‘Apocalisse, con l‘albero soffiato dalvento, con la scala a piolo appoggiata sul muro dimattoni in rovina che si allunga verso il vuoto del cielosu cui in cima vi è un ragazzino che suona il violino evedrai anche la metà della cassa dipinta con tulipani ela consumata valigetta appoggiata sopra. Ne ho giàavuto una simile. Quando subii un incidente essa si erarotta. Per tanti anni ne cercai una simile finché, circatre o quattro anni fa, ne trovai una nel mercatino diKaposvár. Era dinanzi una signora anziana checonoscevo. Spesso si trovava qui. Un‘ex suora, capellibianchi e sempre gentile. Ero agitato davanti a leiquando le chiesi il costo della valigia. Imbarazzata midisse che la valigetta le serviva per trasportare la mercee che non era sua intenzione venderla anche perchéera già molto vecchia e sporca di macchie di lampone,ma se io fossi interessato ugualmente potrebbevendermela per 20-30 fiorini. Le dissi che gliene avreidato cinquanta. E così avvenne. Si trattava di unavaligia marrone scura di cartone, consumata e sullasuperficie delicatamente reticolata. Ad un suo lato eraattaccata una lamina di rame su cui c‘era disegnato unelefante che posava sopra una valigia simile. Accantoad esso si leggeva: prìma hartplatte imprägniert.Una volta l‘avevo persa a Parigi, sulla Gare du Nord,dimenticandola appoggiata alla macchinetta deibiglietti. Avevo già sceso due piani, erano passati circa4-5 minuti quando mi ero accorto della sua mancanza:avevo nelle mani soltanto due bagagli, e il terzo, quellavaligetta che rappresentava il mio ―grande tesoro‖,mancava. Corsi come un pazzo. La piccola e consuntavaligia troneggiava su un banco da lavoro lucido dalnikkel. Di notte ho sognato che ci trovavamo da giornisu una nave in mare aperto. Il bagaglio, in cuicustodivo i miei tesori, lo tenni con me per tutto ilviaggio. Non dormii nemmeno un minuto. Osservavocome penetra la prua della nave nell‘acqua e spiavo ilvolo degli uccelli. Lo sapevano tutti che questa nave ciavrebbe portati in quella città dalle case bianche e dalcielo sempre blu. Appena mi appoggiai alla ringhieradella nave per guardare l‘acqua, la valigia, nella qualeconservavo i miei tesori, improvvisamente mi scappò dimano. Scese lentamente sul fondo del mare tra le perlee i coralli. Mi lasciai cadere. Anche da sotto l‘acquariuscivo a vedere bene il fondo. Stavo quasi perriprenderla, quando mi raggiunsero dei grandi tentacolidi un polipo. Dovevo sbrigarmi. Se il polipo si prenderàla valigia, non potrò mai oltrepassare i suoi tentacolimuscolosi che si intrecciano attorno. Pigramente siprotese verso la mia valigia: uno strano fiore, enorme,disegnato da petali, e piccole corone di fiori. Tirai fuoriil coltello, e con tutte le mie forze mi lanciai sulbersaglio. Soltanto all‘ultimo minuto il nemico percepì ilpericolo, e trasalì improvvisamente. Sentivo come siintrecciavano sulla mia vita i grossi tentacoli, comescrocchiavano le mie ossa. Raccolsi tutte le mie forze escagliai il coltello tra gli occhi del polipo. La presa siaffievolì. Non vidi niente. C‘era oscurità e sentivo unapuzza nauseante. Nuotai verso la superficie. L‘acquasplendeva alla luce del sole, il sole bruciava, solo unamacchia scura segnalava la nostra lotta. La nave eragià lontana. A bordo uomini ben pettinati, rosei, incamicia bianca e con un gilè scuro facevanotranquillamente colazione. Sapevano che la nave liavrebbe portati in quella città dalle case bianche e dalcielo sempre blu. Mi tuffai di nuovo in acqua. Dovevosbrigarmi, non volevo rincontrare un altro stupidomostro. Già da lontano vedevo nell‘acqua ripulita la miavaligia sul fondo del mare: piccoli pesci di colorargenteo vi nuotavano attorno. Non puoi sapere dove equando è iniziata la tua storia, dove e quando finirà. Ildramma continua dentro e fuori. Mi avvicino. Sonoaccovacciato nella mia stanza, sotto la luce infrarossa diuna lampada, nella notte. Ho sognato di precipitare.Accanto alla valigia c‘è in un secchio una palma. Aterra una stuoia. Faccio un passo più in avanti, la primacosa che vedi è una scrivania barocca di un contadino,sopra una grande cornice di bronzo il volto triste dapagliaccio di Nizsinszkij, travestito da Petruska.Nell‘immagine di una grande cornice un albatro blu dicarta, più sopra un disegno di Taj, sotto su tremanti efisse lettere gotiche c‘è scritta una poesia di Lao Tse -Tao Te King* che inizia così: ―Al mondo tuttiriconoscono il bello, ma assieme a questo anche ilbrutto.‖ A destra delle medaglie di Jang e di Jin c‘èl‘immagine di color tabacco di Mátyás: un ragazzosolitario seduto su una panca che legge su un terrenoroccioso, sotto la luna e sopra il volo degli angeli. Sullamia scrivania c‘è la macchina da scrivere, libri,montagne di carte, cartacarbone. Nelle scatole pietre,provenienti da diversi mari e fiumi, una pedina delloscacco: un cavallo nero ben scolpito. Se ti siedisull‘angolo destro della mia vecchia sedia dove solevoriflettere, di fronte a te in alto in mezzo al muro c‘èWatteau Gilles. Tutte le mattine mi cade lo sguardo sulsuo vestito accecante. Sopra la porta marrone in unacornice marrone c‘è Santo Geremia di Dürer, alla suasinistra un crocifisso e le mie due foto di Gandhi: in unacammina lentamente sotto un sole calante, nell‘altra ilmondo ha già un colore di fuliggine, e in questal‘oscurità risplende la mancanza di Gandhi. Sotto le duefoto, accanto alla testata del mio letto ci sono, in unpiccolo cassetto con sopra una lampada marrone, libri,riviste, quaderni sui quali qualche volta annoto questo oquello, se detta Dio Signore. Mi faccio domande aproposito e a sproposito per le quali non c‘è unarisposta. Spesso appare l‘uomo con la tonaca e il capocalvo, e mi interroga. Non con violenza, ma con calma,con amore. Dopo la morte di mio padre lui ne haassunto le sembianze. È bello se vieni, ma ho bisogno92OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


di più fede e forza, per saper rispondere alle domande.Arrivi, chiedi il conto, ma non dici se sono sulla rettavia, se ciò che mostro ha qualche valore. Mi lasci a mestesso con i miei dubbi, mi confondi solamente. Oralascami dormire. Vattene. Sono indolente. Non mi fa piùmale la testa. Nel tempo e nello spazio – così – senzaostacoli, senza illusioni. Una piccola storditaggine, deidolori, un sapore di mela nella bocca, e qualche voltasogno anche. La mattina la sveglia suona alle 2. Mi alzoe mi lavo. C‘è freddo, sento freddo. Infreddolito esco instrada. Per le 8 devo essere all‘albergo chiamato ―BaccaVerde‖. Se ritarderò mi uccideranno. Sono le 7 e 30.Saluto mia moglie e mi ritrovo nuovamente per strada.Dopo saluto mia moglie altre tre volte. Mi dice: sbrigati.Prendo il primo tram che arriva, su di esso ci sonopersone che pendono aggrappate così sono costretto asalirvi, ma almeno è giallo. Il secondo tram è nero, mapenso che non sia un tram ma un furgone mortuarioperché vi stanno persone di colore verde, è vero sonoaggrappate, ma sono molto rigide e inespressive. Ilterzo tram che arriva non esiste così non posso andarenemmeno con questo. L‘orologio ticchetta moltorumorosamente. Mi inquieta il fatto che la mattina hovisto dal balcone un pesce fuori dall‘acqua. Sonoritornato e l‘ho messo nell‘acqua. Ho lasciato a casaanche l‘orologio, perché ticchettava moltorumorosamente. Ho deciso di andare in autobus, poichédevo sbrigarmi e ora mi ritrovo ancora al punto dipartenza. Riesco anche a salire su un autobus, ma miporta nella direzione opposta e quando mi accorgo diciò scendo e salgo su un altro, è vero che era rosso maalmeno andava nella giusta direzione. Solo dopo miaccorgo che non vi ero salito. Sul fiume naviga unanave e in cielo romba il motore degli aerei, sono cosìtanti che per i molti aerei non si vede il cielo. Per stradasi affollano macchine. Insetti grandi e neri si schiantanosul mio viso. Mi incammino a piedi sulla montagna.Devo sbrigarmi, devo arrivare in cima al monte, e nonho molto tempo a disposizione. Mi metto a correre. Disfuggita guardo l‘orologio e mi viene in mente di averlolasciato a casa, al suo posto c‘è soltanto una macchiaverde. Nelle vicinanze non vedo persone da nessunaparte. Gli alberi corrono velocemente vicino a me, lecampagne girano assieme a me, la strada è polverosa.Durante la corsa getto la giacca, la camicia e lacravatta. Continuo a correre col dorso nudo. Il sole mibrucia. Sudo e la polvere si attacca alla mia schiena.Sento le mie scarpe molto pesanti, tolgo anche queste,e così continuo a correre. La sabbia mi brucia i piedi.Inciampo su una pietra, cado, ma per fortuna ho solouna distorsione alla caviglia, così riesco ad alzarmi. Houn flash: se mi sedessi sul bordo della strada, sottol‘ombra degli alberi, mi sdraiassi nell‘erba e le more micadessero in bocca, facessi una passeggiata fino alfiume, dal fiume soffierebbe un vento tiepido, dopo mifacessi un bagno, mi piacerebbe. Ma scaccio questipensieri. Non mi calmo ugualmente: io devo arrivare incima al monte. Posso scegliere: o arrivo fin lì oppureritardo e allora devo morire. Non puoi sapere dove equando è iniziata la tua storia, dove e quando finirà. Ildramma continua fuori e dentro. E sempre, inqualunque posto continua la stessa storia. È meglio sepiù lontano. È meglio se è lui. È tutta questione di puntidi vista. Posso scrivere anche che Max Red Bartlett sisvegliò di soprassalto dal sogno. Ora è rannicchiatosotto la luce infrarossa di una lampada che emanacalore, sono le 3 e mezza della mattina. Certamente laporta stride se la apro, e i miei passi, per come mimuovo e per come vivo, sicuramente – per quanto misforzo – sono accompagnati dal rumore. Così miamoglie si sveglia di soprassalto e mi domanda: Che c‘è?Cosa fai? Mi è impossibile trattenere il sorriso perqueste sue domande così sbigottite. Eppure si ripete, dinotte in notte – scrive Max. Da allora comprai una stufaper la mia stanza e quando dormo da solo – cioè nondormo – a mia moglie sono ritornate notti serene.Provo ad accendere il fuoco. La legna è bagnata. Peraccendere la stufa neanche una montagna di carta èsufficiente. Cenere e fumo. Per prima toccò aidocumenti ufficiali, ai giornali, ai vecchi quaderni e libridi scuola, poi riviste, programmi, lettere, adesso brucioanche le mie novelle, perché non mi piace sentirefreddo. Cenere e fumo – scrive Max. Si spegnenuovamente. La riaccendo? Forse per questa notte nonla accendo – lo pensa. Ma poi la accese ugualmente.Alla fine bastò soltanto una sua novella.* N.d.R. Tao Te King o Tao Te Ching ( Il Libro del Tao edella virtù; considerato come una delle vette del pensierocinese) di Lao Tse o Lao TzuTraduzione © diMelinda B. Tamás-Tarr e Giorgia ScaffidiIl testo originale vs. sull‘Appendice.Árpád Csernák attore, scrittore, fondatore e caporedattoredel mensile Búvópatak, premiato col Premio Libertà dellaStampa «Sándor Petőfi».Saggistica ungheresePICCOLO PANORAMA POETICO UNGHERESE TRA L‘OTTO- E NOVECENTOCE<strong>NN</strong>I GENERALI SULLA LETTERATURA TRA L‗800 E IL ‗900Già nell‘ottocento in Ungheria si ha una naturalematurazione del romanticismo che deriva da correntiesterne, le quali contribuiscono a rendere più vivi edecisi gli ideali rivoluzionari. Il romanticismo unghereseI POETI UNGHERESI TRA L‗800 E IL ‗900- A cura di Giorgia Scaffidi -è frutto dell‘esaltazione dell‘impeto irrazionale evitalistico dell‘individuo, anzi del genio che viveconforme alla natura, creatrice inesorabile senza legge,né modello, né freno. Quindi un romanticismo che sidifferenzia da quello nordico e tedesco, e molto piùOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 93


vicino a quello italiano, che ignora i nativi misticospiritualisticie individualistici, cioè l‘esaltazione dell‘iosoggettivo e della passione, il senso dell‘infinito e delmistero, l‘intuizione di una corrispondenza ancorata frala vita dell‘uomo e quella della natura.L‘anelito al reale, parte alla scoperta di nuovi aspettidell‘Ungheria, da parte degli stessi ungheresi. Si haquindi la riscoperta del paesaggio con i volti e leesigenze dei suoi abitanti, della coscienza di un mondopopolare all‘identità nazionale, temi sino allorasconosciuti e ignorati, che vengono scoperti solo apartire dall‘ottocento.Il novecento si apre con la battaglia di Endre Adyfinalizzato ad un rinnovamento letterario apertoall‘influenza di altre letterature europee occidentali. Iltitolo della rivista fondata da Ernő Osvát, Miksa Fenyő,Ignotus (Hugó Veigelsberg) ―Nyugat‖ (Occidente) - dicui Ady dal 1908-1909 fu collaboratore e redattore -, èemblematica ed è lo strumento con cui riesce a toccaretutti i valori della cultura occidentale che avevaprecedentemente attratto gli ungheresi.Le varie correnti del novecento si muovono tra laripresa di temi delle grandi letterature europee cheriguardano problemi sociali, morali e politici. Dopo ildecadentismo di Ady si affrancano toni e sentimentisempre più aspri: dal realismo di Gyula Juhász, chetratta il suo amore verso il paesaggio e per i saporiungheresi; l‘esistenzialismo di Dezső Kosztolányi checerca di analizzare tutti gli aspetti dell‘uomo; ilfuturismo di Lajos Kassák, circondato dall‘appoggiodelle masse, al surrealismo di Sándor Weöres. Da tuttequeste correnti nasceranno, nel Novecento, moltissimipoeti di grande levatura internazionale tra cui il piùfamoso è Attila József .IL PERIODO DELLA RIFORMAL‘epoca della riforma è un periodo ricco di avvenimentistorici, che partono dal 1825 fino al 15 marzo del 1848.La riforma significa rinascita e sviluppo della vitasociale. Sempre più chiare e sempre più necessariediventano, agli occhi dei liberali, gli obiettivi diindipendenza politica e di unità nazionale, contro unapolitica di patti e di alleanze dei sovrani, che nonrispettano le esigenze dei popoli.Gli ungheresi nella rivoluzione del marzo 1848 lottavanoper il ripristino della loro autonomia, nel ricordo delregno del grande re Mattia Corvino. La monarchiaasburgica, aveva utilizzato ogni contrapposizionenazionale per mantenere la sua egemonia, sperandocosì di bloccare il fortissimo sentimento di identitànazionale. Il 15 marzo 1848 scoppia la rivoluzione aPest, per le strade manifestano intellettuali e studenticon un programma rivoluzionario, mirato alla conquistadi: diritti uguali per tutti, una costituzione libera edemocratica con un suffragio universale diretto esegreto, la fine della corveès per i contadini. Così sottola pressione della rivoluzione, guidata da Petőfi Sándore da giovani rivoluzionari, la Dieta ungherese invia aVienna una delegazione con a capo Lajos Batthyány.Gli eventi del 1848 saranno destinati a cambiarecompletamente la situazione in cui si trova l‘Ungheria.Infatti, il movimento rivoluzionario, con i suoi appellialla dottrina dei diritti dell‘uomo e ai diritti inalienabilidelle nazioni, mette in discussione il ruolo storico epolitico dell‘Austria.I PROTAGONISTI DELLA RIVOLUZIONEUno tra i protagonisti più importanti della rivoluzione èuno tra i più grandi proprietari terrieri di tutta lanazione, il conte István Széchenyi (1791-1860). Eglisegue le orme del padre, Ferenc, che ha fatto costruireil Museo Nazionale e dentro vi ha fondato la bibliotecanazionale. Széchenyi non è soltanto un generosomecenate, protettore della cultura e dell‘arte, ma ancheun ottimo economista e politico. È un uomo moltoquotato anche presso la corte imperiale viennese, cosìda politico riesce a fondare, per il bene del paese,molte istituzioni pubbliche, il più noto tra questi istitutiè sicuramente l‘Accademia delle Scienze Nazionali, cheper decenni e stata il sogno di molti intellettualiungheresi. Si fa promotore per la costruzione del primoponte tra le due città Buda e Pest, il famoso Ponte delleCatene [N.d.R. oggi detto Ponte delle Catene Széchenyi],della navigazione a vapore sul Danubio, e anche per lafondazione della ferrovia. Fa pubblicare numerosigiornali che diffondono nel paese gli ideali riformistici,incitando il popolo a prendere ad aderire a questomovimento per il bene di tutta la nazione. Per la primavolta affronta la questione dell‘economia pubblica nelsuo libro Il Credito (1830), Il Mondo (1831), Lo Stadio(1832). Per tutto questo viene considerato ―l‘ungheresepiù grande‖ di tutti i tempi.Lajos Kossuth (1802-1894), portavoce dei piccoli emedi proprietari terrieri. Fonda alcuni giornali dai qualiemergono chiaramente i suoi ideali patriottici, la libertànazionale e del singolo individuo. Pubblica, inBratislava, Le cronache del Parlamento, opera che gliprocurerà una grandissima fama in tutto il Paese.Tuttavia a causa dei contenuti rivoluzionari, presenti nelgiornale, verrà imprigionato. Scriverà, come redattoredella Gazzetta di Pest, per la prima volta nella storia delgiornalismo ungherese l‘editoriale. Nel 1845 assieme aDeák Ferenc, inizierà a scrivere il programmadell‘opposizione, intitolato La Protesta. Il Parlamento,così, propone la partecipazione di tutti agli oneripubblici, la cancellazione della corvée, l‘organizzazionedella difesa nazionale, la nomina di un governoautonomo e promuove infine l‘elargizione, da parte delsovrano, di una Costituzione per le provincie ereditarie.Nel governo di Batthyány e dapprima ministro dellefinanze (in questo periodo, per rafforzare l‘economia,farà emettere banconote che portano il suo nome, lefamose banconote Kossuth), in seguito diventerà primoministro. Con il fallimento della rivoluzione si dimette datutte le sue cariche politiche ed emigra in Turchia, dopoin Inghilterra, America e nel 1861 si trasferisce in Italiadove muore nel 1894 a Torino.Ferenc Deák (1803-1876) è un oratore e avvocatomolto influente nelle riunioni parlamentari. È una dellemaggiori figure dell‘opposizione e gioca un ruoloimportante nell‘elaborazione del Codice Penale. Duranteil governo rivoluzionario è ministro della giustizia. Nel1865 è l‘ideatore del Compromesso tra Ungheria eAustria. In seguito gli verrà attribuito l‘appello di―saggio‖. Muore a Budapest nel 1876.94OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


I PADRI DELLA RIVOLUZIONE LETTERALEGià nella fase preparatoria della riforma, hanno avutoun ruolo importante il Circolo degli scrittori e dei poeti.Il cambiamento della lingua è fortemente legata alnome di Ferenc Kazinczy (1768-1838), un grandeorganizzatore in ambito letterale e in contatto con tuttigli intellettuali del secolo.All‘inizio del secolo il poeta principale è DánielBerzsenyi (1<strong>77</strong>6-1836) che con le sue poesie influenzanotevolmente la classe nobiliare e la invita ad essereuna guida responsabile per il Paese.Ferenc Kölcsey già prima degli anni della riformaaveva scritto ―la preghiera nazionale‖: l‘Inno.Successivamente anche Kölcsey richiamerà, nelle suepoesie, l‘attenzione sulla responsabilità morale e civicadegli ungheresi.Nel periodo iniziale emerge Mihály Vörösmarty, chenella sua epopea La fuga di Zalán ritorna all‘esaltazionedella gloria passata, cioè al periodo di insediamento deigrandi ungheresi; per questo motivo i posteri gliconferiranno il titolo di ―Sveglia popolare‖.IL TEATRO NAZIONALE: CENTRO SPIRITUALE DELLARIFORMALe straordinarie capacità di Kazinczy di mantenere irapporti con tutti gli intellettuali, risultava molto utile,anche se la sua figura non fu sufficiente nei momentipiù necessari. L‘Ungheria aveva bisogno di unrinnovamento di nuovi istituti che divenissero centrodella cultura. Nel XIX secolo Pest diventa il centrospirituale del Paese. Furono anche costruite numerosescuole. Tuttavia agli inizi del secolo non esisteva ancoraun teatro in lingua ungherese, di fondamentaleimportanza per la nascita del dramma. Gli attori permolto tempo girarono tutto il Paese senza soffermarsi alungo nelle varie città, dove recitavano su unpalcoscenico, improvvisando di volta in volta glispettacoli e riadattandoli al pubblico che avevano difronte. Nel 1832 viene costruito il Teatro Ungherese diPest, dove trovò dimora l‘arte drammatica.I DRAMMATURGHI DURANTE IL PERIODO DELLA RIFORMAIl drammaturgo e poeta Károly Kisfaludy (1<strong>78</strong>8-1830)negli anni venti gettò le basi del dramma romantico. Isuoi drammi, pieni di sentimento patriottico, gliprocurarono la fama tra la cerchia dei nobili. Proprio perquesti suoi ideali che incitavano la popolazioneall‘orgoglio nazionale, è considerato uno dei padri deimoti del 1848.Giovani scrittori come Vörösmarty, József Bajza eFerenc Toldy, hanno aderito al suo movimento econtinuato il suo lavoro. Le due opere teatrali piùimportanti dell‘epoca erano: il dramma di József KatonaBánk bán [Bánk, il bano] e le commedie di MihályVörösmarty Csongor e Tünde.József Katona (1791-1830) non poté vedere larappresentazione del suo dramma più importante enemmeno l‘apertura del Teatro Nazionale. Bánk bánriscuotette un notevole successo solamente a partiredagli anni quaranta, quando il pubblico si mostrava giàpiù maturo per comprendere il messaggio del dramma.Il Bánk bán è ambientato nel Medioevo, agli inizi del1200, nell‘epoca del re Andrea II. Il re è impegnato inuna battaglia all‘estero e la regina Gertrude, di originegermanica, sperperava il patrimonio nelle eccessivecure della corte. Durante l‘assenza del re, ilresponsabile dell‘ordine è il bano Bánk, il signore piùgrande della nazione, che ritornato dal suo viaggio peril Paese, viene a sapere che i signori stannoorganizzando un complotto contro la regina. Inprovincia Bánk sperimenta la povertà. Anche il suovassallo più fedele Tiborc si lamenta della miseria cheaffliggono le classi più deboli della società. Tornato allacorte, Bánk capisce che Ottó, fratello della regina, vuolesedurre sua moglie Melinda e crede, sbagliandosi, chela regina è complice del fratello. Così quando incontrala regina l‘accusa e togliendole dalla mano il pugnale lauccide. Il re tornato a casa chiede da Bánk spiegazionidell‘accaduto e del disordine che si è creato. Ottó nelfrattempo fugge con i gioielli della corte. Il re noncondanna a morte Bánk, che crollerà poco dopo lamorte della moglie: la sua perdita è, infatti, la piùgrande punizione. Si scopre che in realtà la regina nonaveva preso parte al complotto ma, era responsabile diuna colpa maggiore: aveva peccato contro la nazione.Bánk in ogni caso viene celebrato come colui che haliberato la nazione dalla tirannide, ristabilendo l‘ordine eridando al popolo la libertà.In Ungheria, durante l‘impero degli Asburgo, mettere inscena l‘uccisione di un tiranno o una rivolta popolareera un atto molto arduo. Quando la tragedia vennepresentata nel 1837 lo stesso Széchenyi si spaventòmoltissimo per le possibili conseguenze politiche e deipossibili provvedimenti che l‘imperatore potesseprendere.SCIENZA E ARTEL‘Accademia delle Scienze Nazionali entra in funzionenel 1830. Nel 1836 si forma la comitiva di Kisfaludy cheincentivava gli scrittori a comporre nuove opere. Nelgiornalismo nasce la critica, che seleziona i testimigliori. L‘evoluzione si può notare anche nella musica,con la comparsa di Ferenc Liszt, musicista e pianistafamoso. Dalle sue composizioni emerge chiaramenteuna simpatia per i moti rivoluzionari, come nell‘operaRapsodie Ungheresi.Ferenc Erkel, invece, musica l‘Inno e dopol‘insuccesso della rivoluzione diventa il rappresentantepiù importante del melodramma, componendo Bánk, ilbano e László Hunyadi.ROMANTICISMO E STILE POPOLARELa corrente letterale e artistica della riforma e anchedopo l‘insuccesso di questa, era il romanticismo. Sidiffonde lo stile popolare che è caratterizzato daelementi della poesia popolare. Nella prima metà delXIX secolo, lo stile dominante in tutta l‘Europa era ilromanticismo. In Ungheria si sviluppa negli anni venti,e si diffonde con il mondo del sentimentalismorivoluzionario. I romantici si mossero con cautela e contono fermo ma conciliante. Rigettarono l‘imitazionepedissequa dei classici, l‘uso della mitologia. Per loro lapoesia fu espressione di sentimenti e della concezionedi un artista volto a scrivere la realtà nazionale,popolare, a comprendere cioè la civiltà attuale erendere il popolo consapevole dei propri ideali e delleproprie ambizioni e aspirazioni. Mette l‘uomo di fronte ipiù grandi contrasti: il bene e il male, il bello e il brutto.OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 95


I letterati del romanticismo sentivano che amare lapatria significava riconoscere la sua decadenza e lecause di ciò per sforzarsi di superarle, sentivamo checompito della letteratura era quello di destare l‘animadel popolo e inserirlo di nuovo nella vita e nella storia. Iprotagonisti del romanticismo ungherese furono in unprimo periodo Ferenc Kölcsey e soprattutto MihályVörösmarty. Nella seconda metà del XIX secolo ilromanticismo fiorisce, invece, nei romanzi di Mór Jókaie nei drammi di Imre Madács. L‘opera principale diMadács è L‘umana tragedia, che sarà il drammaprincipale degli anni successivi alla rivoluzione.I POETI DEL POPOLO E DELLA NAZIONENegli anni quaranta si sviluppa una nuova correnteletterale che affianca il romanticismo: lo stile popolare enazionale, che nasce dai figli del popolo diventati ardinazionali. Questi vanno oltre lo stile popolare, infatti,non parlano soltanto con la voce del popolo madirettamente al popolo, mirando così all‘elevazione delpopolo stesso. Nella poesia tradizionale, riscuotesempre più approvazione e successo la poesia popolare.Sándor Petőfi arriva all‘ideale di una rivoluzione cheinvestisse tutto il popolo, sia ricchi che poveri, il suodesiderio finisce però con la sua morte eroica. JánosArany già nel 1847 con il poema Toldi era conosciutonel circolo dei letterati. Entrambi questi poeticontribuiscono a diffondere l‘identità nazionale, vistacome entità cha appartiene a tutto il popolo e non piùintesa come privilegio di pochi. Anche Mihály Tompasosteneva ideali simili e faceva parte all‘elite dei poetipiù conosciuti e stimati.Ferenc Kölcsey(1790-1838)Già il nome ci fa venire inmente l‘inno nazionale, infatti,è stato proprio lui a scrivere iltesto dell‘inno. Quelli che loconoscono meglio sicuramentesapranno che è stato loscrittore più conosciuto delromanticismo ungherese.Nasce nel 1790 a Sződemeter, da una nobile famiglia diproprietari terrieri. Si pensava inoltre, che discendesseda Ond, uno dei 7 condottieri ungheresi. I genitorierano colti e molto rispettati, infatti, il padre era unfamoso giurista. Aveva 6 anni quando morì il padre e12 quando morì la madre. Da bambino lo colpisce ilvaiolo nero che lo renderà cieco da un occhio. Cresciutotra i libri, gli piaceva moltissimo costruire l‘acropoli diAtene in ricordo degli antichi eroi greci. Frequenta ilcollegio di Debrecen e studia il latino, il francese e ilgreco. Finiti gli studi superiori, frequenta la facoltà digiurisprudenza di Pest, ma non darà alcun esameperché in contrasto con le idee feudali e ritorna a casa,dove vivrà fino alla sua morte occupandosi delleproprietà famigliari.SCRITTORE E POETAAccanto alla sua professione di scrittore, nasce in lui lavena politica ed oratoria. Nel 1832 viene elettodeputato nel parlamento di Bratislava, molto onorato erispettato dai giovani parlamentari poiché promotore diideali liberali. Quando il potere imperiale condannòMiklós Wesselényi e Lajos Kossuth, Kölcsey accettò laloro difesa. Purtroppo però la popolazione della regionenon ha riconosciuto in lui un eroe della lotta perl‘indipendenza dei vassalli, così ben presto essi siribellarono contro. Nel 1838 durante un viaggio siammala e muore dopo una settimana di sofferenze. Fuconsiderato il più grande politico e scrittore del periodoriformista, uomo onesto e leale; lo stesso conteWesselényi affermò: «Kölcsey non era di questo mondoper la purezza dei suoi ideali. »IL PENSIEROLa poesia di Kölcsey nasce principalmente nellasolitudine del suo paese, lontano dalla città, e prendespunto dal sentimentalismo moderno. Più tardistringerà amicizia con Kazinczy e Pál Szemere poeti digrande cultura e critici famosi. Il suo pensiero seguel‘idealismo di Kant e il materialismo di D‘Holbach, unodei pochi uomini che si riesce a distaccarsi dallaconcezione del feudalismo per preparare gradualmentela nascita di uno stato civile, basato soprattutto suilavoratori che formano la maggior parte del popolo.Non teme la rivoluzione, anzi condanna le persone chehanno paura di un radicale cambiamento. I nobiliprogressisti non condividevano tutti i suoi ideali, cosìnasce in lui quello che molti critici definiscono il―pessimismo di Kölcsey‖. Teme le sorti della nazionecome si può vedere nei suoi scritti a partire dall‘Inno. Ilsuo stile si avvicina moltissimo alla poesia popolare e alromanticismo. Riconosce nel poeta Mihály Vörösmartyun vero e grande poeta, portatore di ideali superiori dicui ogni poeta dovrebbe essere fautore.I suoi ideali si basano moltissimo su scrittoriinternazionali quali Walter Scott, Buluiert e Victor Hugo.Kölcsey volle interpretare il bisogno di libertà,esprimendo con sincerità e spiritualità le proprieintenzioni. Non c‘era bisogno di regole fisse, comeinvece affermavano i sostenitori del neoclassicismo, madi assoluta libertà nella creazione artistica individuale.Esaltatore dell‘identità nazionale, considerato come ilprincipio che forma la ricchezza della nazioneUngherese.Gli aneliti segreti della sua poesia mirano ad esaltare lapurificazione, l‘innalzamento etico, lo scenariointernazionale dell‘essere, in cui risuona il bisogno dilibertà soprusa, di solidarietà tra le creature, di amore,di pace, di ricerca che sembra attenuare l‘angosciacollettiva, cancellare le tragedie del male, dellasottomissione e proiettare nella storia i valoridell‘identità, dell‘essere una Nazione.L‘I<strong>NN</strong>OCertamente l‘opera più importante di Ferenc Kölcsey èl‘Inno, divenuto l‘inno nazionale, in cui prevale l‘amoreper la patria. Nell‘Inno si riconoscono i caratteri delromanticismo come il voler ritornare al passato, l‘analisi96OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


delle controversie, l‘immaginazione e l‘ispirazionepersonale.Scritto prima del periodo della riforma, vedendo ilsoffocamento della rivoluzione, considerò che il destinodel paese sia guidato dalla sorte avversa. L‘operaprende la forma di una preghiera poiché la Nazione,data la mancanza di coesione sociale, poteva speraresolo nell‘aiuto di Dio.Nelle belle prime strofe il poeta chiede, per il popoloUngherese, la benedizione di Dio, nell‘ultima invecechiede a Dio di avere pietà per il popolo ormaisofferente.Infatti, le sofferenze costituiscono un punto salientedella poesia, in cui si evidenzia che i tormenti disofferenza e la povertà sono stati maggiori rispetto aimomenti di gloria e prosperità.Nel testo vengono esaltati i tre momenti che sono allabase della storia ungherese: l‘insediamento dei magiari,la fioritura sotto la dinastia degli Árpád, e le numerosevittorie del re Mattia.Nelle 3 strofe successive abbiamo un cambiamento checomincia con l‘interazione ―Hajh‖ (Ahi). Seguono glisconvolgimenti storici: l‘invasione dei tartari, laconquista turca, e la fuga dei soldati vinti nella guerradi liberazione. In questi versi è chiaramente sottointesola pressione degli Asburghi, delle vittime di tutte leepoche, dei protestanti e dei soldati patrioti.Con l‘inno Kölcsey vuole smuovere gli animi degliungheresi affinché prendano coscienza del fatto che larovina del paese non era dovuta alla forza dei nemici,ma soprattutto ai numerosi conflitti interni, dice, infatti:«Ahi pure per i nostri peccati l‘ira si incendiò nel tuocuore».L‘inno è dunque il canto dei grandi contrasti: lasconfitta e gli insuccessi vengono messi in fortecontrasto con le vittime e successi. In questa atmosferain cui regna la disperazione, solo Dio può dare aiuto.L‘inno così si trasforma in una vera e propria preghieranazionale. Il suo canto, musicato dal maestro ErkelFerenc, divenne in breve tempo assai popolare e fuinfine adottato come Inno Nazionale Ungherese nel1844.Benedici Iddio, il Magiaro,Con dovizie e buon umor,Porgigli il tuo braccio protettorSe combatte l‘invasor.Sorte avversa subì ognor,Portagli anno migliorQuesto popolo già espiòIl passato e il futuro!Conducesti i nostri antenatiSulla sacra roccia dei Carpazi,Di Bendegúz la progenieGrazie a Te trovò la bella patria.Dove gorgogliano le ondeDel Tibisco e del Danubio,Dell‘Árpád i prodi posteriDivennero prosperi.Per noi sui campi di CumaniaSventolasti ricche mèssi,A Tokaj, sui colli delle vitiIl nettare ci prodigasti.Spesso piantasti il nostro labaroSulle trincee del truce Ottomano,E l‘austera reggia di ViennaI<strong>NN</strong>O*Subì la mesta armata di Mattia².Ahi, anche per i nostri peccatiL‘ira s‘incendiò nel tuo cuore,E scoccasti i tuoi folgoriTra le tue nubi tuonanti.Or contro di noi guidastiI dardi rapaci dei Mongoli,E poi il giogo dei TurchiGravò sulle nostre spalle.Quante volte il peama risuonòSulle labbra del bruto OttomanoSopra gli ammassi d‘ossaDelle nostre schiere sconfitte!Quante volte proprio i tuoi proliSi scagliarono contro di Te,E tu, patria mia, fosti urnaPer le ceneri della tua stessa[stirpe!Il fuggiasco si nascoseMa la spada lo raggiunse,Pur cercando ovunque rimaseSenza patria nel suo Paese.Attraversò rocce di monti e valliIn preda a tristezza e dubbi,Ai suoi piedi si bagnò di sangueEd in alto v‘è un cielo ch‘arde.V‘era una roccia, or son ruderiDov‘aleggiava gaiezza e gioia,Or son sostituiteDai lamenti e rantoli di morte.Ahimè, libertà non sbocciaDal sangue dei defunti,Lacrime di schiavitù atroceVersano gli occhi dei nostriorfani!Abbi pietà Iddio, del MagiaroChe fu straziato da più di undisastro,Porgigli il tuo braccio protettorSu un mare di dolor.Sorte avversa subì ognor,Portagli anno miglior,Questo popolo già espiòIl passato e il futuro!(Cseke, 22 gennaio 1823)Fonte della traduzione dell‘Inno (prima versione leggermentedifferente): Melinda Tamás-Tarr-Bonani, Da anima ad anima,pp. 150, Edizione O.L.F.A. 2009Mihály Vörösmarty(1800-1855)¹ Quest l‘inno nazionale degli Ungheresi musicata dalcompositore Ferenc Erkel (1810-1893) - si canta soltanto laprima strofa alle cerimonie ufficiali -, creatore delmelodramma nazionale magiaro «Hunyadi László»/«LadislaoHunyadi», «Bánk bán»/«Bano Bank».² Re Mátyás Hunyadi/Mátyás Corvin [Korvin] (regnò: 1458-1490)* Traduzione riveduta e note di © Melinda B. Tamás-TarrAlcuni ritengono che sia luiil poeta più grande e popolaredell‘Ungheria. Senzadubbio è lui il rappresentantepiù importante delromanticismo ungherese,ma anche a livello mondiale,infatti, viene spesso nominatoaccanto a Byron,OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong> 97


Victor Hugo, Lermantov, Mickiewirz. ciò che prima eraun sogno con lui diventa realtà. Nasce nel dicembre1800 a Kápolnásnyák da una famiglia di discendenzenobili ma ormai povera. Conosce la cultura classica,l‘Illuminismo e il nascente romanticismo. Dopo la mortedel padre si prenderà cura anche dei fratelli. Inizia alavorare insegnando presso le famiglie benestanti inmodo da potersi mantenere. Si innamora di PerczelEtalka, che ricorderà anche più tardi nelle varie poesie.Si sposa nel 1843 a 43 anni con Csajághy Laura che neha 17.LE OPEREPer Vörösmarty il compito più importante dellaletteratura è quello di far prendere coscienza allapopolazione dell‘identità nazionale, ricordando la gloriapassata. Nel 1825 pubblica ―La fuga di Zalán‖, scritto inesametri, che gli procurerà il successo per lacomplessità linguistica e l‘utilizzo di numerose figureretoriche. Impara dal romanticismo tedesco, daShakespeare e da Hugo, da‘ vita al dramma romanticoungherese, che segue lo stile francese. Scrivenumerose opere teatrali, tra cui la più famosa è―Csongor e Tünde‖, traduce molte opere diShakespeare come Re Lear e Giulio Cesare. Ma accantoalla poesia epica, ai suoi scritti critici, ai drammi, scriveanche alcune poesie liriche come: ―I Persiani nellabiblioteca‖, ―Gli uomini‖, ―L‘appello‖ e ―Il vecchiozingaro‖, che sarà annoverato tra le poesie più famosee importanti della letteratura nazionale.IL PENSIEROGli ideali di Vörösmarty sono molto vicini a quelli diSzéchenyi István. Nel 1848 accoglie con gioia laliberazione, la libera stampa, ma rimane perplesso sullarivoluzione. Riconosce il talento di Petőfi Sándor e loaiuterà nella sua affermazione ma Petőfi, verorivoluzionario, vedendo la sua incertezza e perplessitàdinanzi alla riforma, lo rinnegherà per i suoi idealiconservatori, ma quando la rivoluzione viene soffocatadalle truppe austriache anche Vörösmarty saràperseguitato.Durante gli ultimi anni della sua vita emerge nelle suepoesie il pessimismo come si può notare in―Introduzione‖, basata su un pessimismo sempre piùcupo. Vive nella disperazione al limite della pazzia, e daqui la sua poesia si eleva a livelli sempre più alti. E‘ inquesti anni che scrive ―Il vecchio zingaro‖, poesia daltono aspro e amaro, che si allontana sempre più daogni speranza futura. Il pessimismo di Vörösmarty èmeditato e razionale, che potrebbe sembrare incontrasto in un‘epoca basata sul sentimento e sulcontrasto della ragione, giungere attraverso la ragioneall‘esposizione di un sentimento apparentementepersonale ed esistenziale, ma che in realtà è in granparte frutto di meditazione.Il romanticismo, per Vörösmarty, porta l‘individuo allaperfezione mediante il raggiungimento della virtù e deigrandi valori morali.Muore nel 1855. Le sue opere sono un vero e propriopatrimonio non soltanto della letteratura ungherese,anche di quella mondiale. Il Poeta assegna alla poesiaun grandissimo valore conoscitivo e nel contempo,un‘importanza fondamentale nello sviluppo della storiae della nazione. Egli, infatti, cerca un pubblico più vastoche non si limiti solamente alle persone più colte: vuoleparlare al popolo, esserne l‘interprete e la guida,impegnarsi nella trasformazione del sogno alla realtà.L‘APPELLOL‘appello ha per il popolo ungherese lo stesso ruolo evalore dell‘Inno di Kölcsey Ferenc. Anche questa è unapoesia che esalta l‘amore per la patria. Se l‘Inno invocail Signore affinché aiuti gli ungheresi, l‘Appello richiamail popolo a svegliarsi e ad essere fedele servitore dellapatria, morire per ideali che portano al bene comune.Nella seconda parte della poesia, invece, si rivolge aipopoli di tutto il mondo affinché si rendano conto cheL‘Ungheria, la sua nazione, è parte integraledell‘umanità.Il genere della poesia è un‘ode, che esprimel‘importanza di ideali e lo fa‘ utilizzando un tonosolenne. L‘appello tuttavia, non diminuisce l‘importanzadell‘ode parlando di cose terrene (La patria) ma eleva lapatria al rango divino.Bibliografia consultata:Folco Tempesti: Storia della letteratura ungherese, Firenze.Ed. Sansoni/Accademia, 1969.Hegedüs Géza: A Magyar Irodalom arcképcsarnoka,Budapest. Ed. Móra Ferenc könykiadó, 1976.Antonello Biagini: Storia dell‘Ungheria contemporanea,Milano. Ed. Bompiani, 2006.Alföldy Jenő: Irodalom 8-9, Budapest. Ed. NemzetiTankönyvkiadó, 2003.Magyar Nagylexikon, Budapest. Ed. Akadémia kiadó 1993.Giorgia Scaffidi è una giovanepoetessa - nata da madre ungherese epadre italiano - che indaga gli statid‘animo nella loro variabilità e fluidità.Vincitrice di alcuni concorsi, tra i quali―Il Convivio 2008‖ e ―Helikon 2006‖, èstata inclusa in alcune antologie: IlConvivio 2006, Premio BeniaminoIoppolo 2006, Il Convivio 2006.Attualmente compie gli studi classici ed è collaboratrice conalcune riviste: ―Arenaria‖ di Palermo, ―Terzo Millennio‖ diBarcellona Pozzo di Gotto, ―Poeti nella Società‖ di Napoli e daquesto fascicolo collabora anche con il nostro <strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>. La silloge Sulle ali del vento – presentata nelnostro precedente fascicolo – è la sua opera prima.Hanno espresso lusinghieri giudizi sulle sue poesie critici comeGiorgio Barberi Squarotti, Lucio Zinna, Carmelo Aliberti, PietroCivitareale, Stefania Nociti, Paolo Ruffilli.John Adalbert Lukacs (1924)*DEMOCRAZIA E POPULISMO «Siamo tutti socialisti!» fu lafamosa esclamazione nel 1894 di SirWilliam Harcourt, un'esemplare figuradi liberale britannico, mentre ilparlamento votava l'ennesima legge98OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


di riforma sociale. Più di un secolo dopo il mondo interoè socialista, almeno nel senso che lo Stato sociale, oStato-che-provvede, è stato accettato, quanto meno inlinea di principio, e secondo modalità pratiche certodiverse, da un capo all'altro del pianeta. In questo senso, che un governo si dichiarioppure no socialista è quasi irrilevante; ma se ungoverno sia oppure no nazionalista non è affattoirrilevante. (p. 37) È un grave errore pensare che Hitler scendesse(o fosse costretto a scendere) a compromessi con ilcapitalismo, che non fosse un «vero» socialista. Nienteaffatto: sia lui che il suo partito condannarono ilCapitalismo Internazionale con la stessa energia con cuicombatterono il Comunismo Internazionale. E la storiadelle classi lavoratrici lungo tutto il Novecento e quasiovunque mostra che erano disposte a tollerare, eperfino ad ammirare, i capitalisti di successo, purchéfossero i «loro» capitalisti. Mussolini, Hitler, Perón, Stalin furono tuttisocialisti nazionalisti, con l'accento che batteva sulsecondo termine. Nel 1870, e ancora decenni più tardi,sembrava impossibile che il nazionalismo e il socialismosi sarebbero mai alleati. Eppure, se si pensaall'onnipresenza dello Stato sociale, oggi siamo tuttinazionalsocialisti, almeno in un certo senso. (p. 42) La prima guerra mondiale segnò la sconfitta delSocialismo Internazionale e produsse l'avvento delnazionalsocialismo. (p. 44) Gli operai, e forse soprattutto le loro mogli,aspiravano a essere, o rimanere, rispettati nel loroambiente. Non erano disposti ad apparireinsufficientemente rispettabili o insufficientementenazionali. (p. 46) Oggi, anche tra gli americani, la fede cieca nelProgresso sta affievolendosi; e sia i liberali superstiti siai pochi conservatori non superficiali non credono più inmaniera incondizionata nei benefici del progressotecnologico. Ed è giocoforza riconoscere che una fiduciae una credenza senza esitazioni, e anzi entusiastiche,nella tecnologia sono rinvenibili in uomini come Hitler eGoebbels, che erano dei populisti. (pp. 55 sg.) Era, e rimane, questa l'essenzadell'antisemitismo moderno, che era sì razziale, maancor più spirituale [cioè nazionale]. (p. 63) Circa centovent'anni fa, in Austria la classicacontesa ottocentesca tra conservatori e liberali cominciòdunque a essere soppiantata da una terza forza, che inAustria si disse cristiana (intendendo antiliberale eantiebraica) e socialista (in un'accezione nazionalista enon internazionalista). A Vienna i cristiano-socialisticonquistarono il potere nell'ultimo decenniodell'Ottocento sull'onda di un antiliberalismo populista edell'antisemitismo (quest'ultimo fu poi ammorbidito dalloro leader carismatico, il sindaco della città, KarlLueger). (p. 64) L'anticomunismo ha dovuto la sua diffusione epopolarità non al suo essere conservatore, ma al suoessere nazionalista. Che i picchi e la massima forzad'attrazione dell'anticomunismo abbiano solo di radocoinciso con le minacce più gravi del comunismoavanzante è un fatto abbastanza interessante, perchésuggerisce che l'anticomunismo era molto più duraturodell'attrattiva esercitata dai comunisti. (p. 94) Il «totalitarismo» e il potere apparentementeonnipervasivo degli Stati di polizia hanno oscurato ilfatto che quasi ovunque il potere statale è andatoindebolendosi. [...] D'altro canto, l'importanza dellegrandi imprese (con la loro connessa «globalizzazione»)è ingannevole, perché i loro temporanei manager eamministratori non ne sono i veri proprietari. Essi noncostituiscono una nuova aristocrazia, il tipo diaristocrazia che inevitabilmente emerge quando gli Statis'indeboliscono. Nel nostro futuro c'è un nuovofeudalesimo barbarico; ma la sua ora non è ancoragiunta. (pp. 144-147) Una delle differenze fondamentali tra leposizioni estreme della destra e della sinistra è laseguente: nella maggior parte dei casi, la molla delleprime è l'odio, quella delle seconde è la paura. (p. 183) È possibile che in futuro la vera divisione sarànon tra destra e sinistra, ma tra due specie di destra:tra coloro la cui bussola è il disprezzo della gente disinistra, che odiano i liberali più di quanto amino lalibertà, e coloro che amano la libertà più di quantotemano i liberali; tra nazionalisti e patrioti; tra chi credeche il destino dell'America sia governare il mondo e chinon ci crede; tra coloro che sono favorevoli allo«sviluppo» e coloro che desiderano proteggere econservare la terra: tirando le somme, tra chi nonmette in questione il Progresso e chi invece lo fa. (p.199) È possibile che ci tocchi di assistere a undeclino dell'accettazione dei poteri monarchici egerarchici (e del prestigio) della Chiesa non dissimile daquanto avvenne quindici secoli fa — quando, peresempio, nel 499 gruppi rivali in seno al clero e alpopolo elessero a Roma due diversi vescovi, e ci sirivolse a un governante semibarbaro (Teodorico)perché scegliesse quale dei due dovesse diventarepontefice. Ma è anche possibile il contrario, giacché laChiesa cattolica è l'ultimo bastione e l'ultima fonted'ispirazione — assediati e malconci, eppure qua e làvisibili – dell'integrità personale, della decenza e, sì,della libertà e della speranza. (p. 212)* John Adalbert Lukacs (1924 – vivente), storicoungherese naturalizzato statunitense.¹ Si è trasferito negliStati Uniti nel 1946. Attualmente professore emerito, è statoprofessor invitato in molte università. Vive con la moglie inPennsylvania.²Prima in Ungheria, sfuggendo per un pelo, lui di madreebrea e padre borghese e cattolico, al mortale abbraccio di Si rifletta anche sul fatto che se, in una nazionalsocialisti e comunisti. E poi nel 1946 negli Stati Uniti,situazione così difficile, Trockij e i suoi fossero rimasti al come professore di storia, presso il Chestnut Hill College,timone nella Russia sovietica, negli anni '30 Hitler dove ha insegnato fino al 1994. Ha scritto un ventina di libri eavrebbe potuto facilmente fomentare in Russia una assunto spessissimo posizioni contrarie a quelle della destrarivoluzione nazionalista e antisemita contro appunto americana, nelle sue varie versioni. Ecco qualche esempio:Trockij e chi la pensava come lui: un grande passo, negli anni Cinquanta, pur essendo anticomunista eneocittadino americano, critica la demagogia del senatoreallora, verso la dominazione tedesca dell'Europa. (p.McCarthy. Negli anni Sessanta, rifiuta il ribellismo sociale di89)Barry Goldwater. Negli anni Ottanta, condanna l‘attivismoOSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> 99NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


iperliberista di Ronald Reagan. E negli anni Novanta eseguenti, quello in politica estera dei due Bush.Lukacs non è favorevole alle guerre di conquista, alcapitalismo puro, ma non ama neppure l‘assistenzialismo, illibertinismo morale, e detesta l‘individualismo consumistico. Ècattolico, ma in un celebre libro dedicato ai pensatori cattoliciamericani (Catholic Intellectuals and Conservative Politics inAmerica, 1950-1985, Cornell University Press), lo storicoPatrick Alitt, pur affiancandolo a personaggi del ―mainstreamconservative Catholics‖ come William F. Buckley, JohnCourtney Murray e Michael Novak, gli attribuisce due doti inparticolare: come intellettuale, una smisurata indipendenzapolitica, e come storico, ―uno stile meraviglioso e grandecapacità di penetrazione psicologica‖. Lo si potrebbe definire,nel linguaggio della politica americana, un―paleoconservative‖. Un‘etichetta che però Lukacs rifiuta,preferendo autodefinirsi, tra lo sconcerto della destrapoliticamente corretta, ―reazionario‖ e ―nemico delprogresso‖. Comunque sia, gli dobbiamo, tra gli altri, unbellissimo libro su Churchill, del quale è grande ammiratore(Churchill. Visionario, storico, statista, Il Corbaccio). Percapirne di più forse varrebbe la pena di leggere le suememorie, Confessions of an Original Sinner (Ticknor andFields), ricche di osservazioni e stimoli che permettono discoprire come il ―reazionario‖ Lukacs, sia invece un liberalealla Tocqueville e all‘Ortega: uno strenuo difensore delleistituzioni liberali, in un‘epoca però dominata da massemediatizzate e inclini più che al ragionamento alla violenza.³(Garlo Gambescia )BibliografiaJohn Lukacs, Democrazia e populismo, traduzione di GiovanniFerrara degli Uberti, Longanesi, 2006.Fonti: ¹ http://it.wikiquote.org/wiki/John_Lukacs² Wikipedia³ Blog di Garlo Gambescia:http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com______Recensioni & Segnalazioni______Recensioni:Umberto PasquiTRENTA RACCONTI BREVIPrefazione ed edizione a cura diMelinda B. Tamás-Tarr<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> Ferrara el‘Altrove; Edizione O.L.F.A., Ferrara<strong>2010</strong>; pp. 62 € 9,50ISBN 9<strong>78</strong>-88-905111-2-7 ISSN 2036-2412Ean: 2120005214122Ultimo quaderno dell‘Autore èstato pubblicato nel mese didicembre 2009 col titolo Storie di Forlì (EdizioneO.L.F.A. 2009, Ferrara, pp. 64) Dopo i quaderni letterarisiamo arrivati alla pubblicazione di questa raccolta per itipi dell‘Edizione O.L.F.A., la prima sua raccoltanarrativa pubblicata dall‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> nellaCollana Monografica del periodico, in concomitanza conl‘anniversario quindicinale del periodico. Questi raccontisono stati pubblicati sulla rivista – tra cui tre ―raccontida un minuto‖, intitolati Colonne in cammino, Si dice, Ofortuna, da me sono stati anche tradotti e pubblicatianche in ungherese sulla suddetta rivista – , eccettodue: uno fa parte di Prima la musica poi le parole,quaderno O.L.F.A., e l'altro sarà inserito nell'antologiagiubilare che secondo il progetto editoriale uscirà almassimo entro l‘estate del <strong>2011</strong>.Il suo linguaggio è scorrevole ma talora può risultare―barocco‖, condito da termini arcaici, inventati, o presidalla lingua parlata senza però compromettere unacomplessiva sobrietà di lettura. È un aspetto lodevole enotevole, ed è un suo pregio che nei suoi racconti nonincontriamo termini stranieri fatta eccezioni di quellilatini o greci, sperimentando così una linguaincontaminata e originale, a volte aulica, a voltesemplice e scarna, a volte inventata, spesso ricca diassonanze, allitterazioni e figure retoriche, che mi sta alcuore. Lo ritengo un vero coltivatore della suamadrelingua che apprezzo tanto. In particolare, inquesta raccolta non mancano, qua e là nel testo,enigmi o false citazioni che il lettore potrà divertirsi ascovare. Considero il suo modo di narrare elegante,ricercato ed attento a non inquinare la sua madrelinguacon gli sgradevoli effetti linguistici che udiamo eleggiamo ovunque nei nostri giorni.Non c‘è dubbio, quello che crea Umberto Pasqui èfortemente suo, non si ispira a modelli, né si piega sullaletteratura contemporanea. Si compiace di questaoriginalità che pervade un po‘ tutto quello che fa (nomi,storie, linguaggio) proprio perché prende le distanzedalla massificazione, dalla banale ripetizione del reale,dalla moda dittatrice.Le storie raccontate in questa raccolta, scrittenell‘arco di dieci anni, variano dalle vicende di piccolianimali come un paguro e una formica, o di oggettiinanimati, oppure di persone particolari, che prendonocoscienza della realtà in un contesto o con dellepremesse che sconfinano nell‘assurdo.Non descrive fotografando la realtà, perché di essa gliinteressa ciò che in genere si sottovaluta: la suapotenzialità evocativa, la sua suggestione. Si percepisceche gli piace guardare le cose da tante sfaccettaturediverse saltellando sul confine tra realtà edimmaginazione, mettendo però sempre a fuoco lostupore davanti al reale. È l‘atteggiamento di chi siaccorge e si meraviglia di quanta bellezza ci sia nellaquotidianità che emerge specialmente nei racconti piùrecenti.Commentando questa raccolta, lo scrittore emilianoGiuseppe Pederiali, ha scritto: ―ho letto i racconti e misono piaciuti. Anche se alcuni non sono definibili deiveri e propri racconti, semmai delle considerazioni, delleannotazioni, delle pagine più saggistiche o di diario chedelle vere e proprie narrazioni. Interessante cimentarsicon il racconto breve, poco frequentato nel nostroPaese. Purtroppo, nonostante il nostro sia il Paese diBoccaccio, Pirandello e Soldati, gli editori non amano iracconti: li considerano poco commerciali. Figuriamoci iracconti brevissimi! Per questo motivo il mio in bocca allupo vale doppio‖.Vi propongo questa raccolta dei trenta raccontipubblicati dall‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> tra gli anni 2003 e<strong>2010</strong> lasciando il giudizio a Voi Lettori, i Veri Critici.[Dalla Prefazione, pp. 3-8.]È direttamente acquistabile sui siti:http://www.lafeltrinelli.ithttp://www.ilmiolibro.itMelinda B. Tamás-Tarr- Ferrara -100OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Maxim TáboryOMBRA E LUCEPoesiePrefazione di Enrico PietrangeliIllustrazioni di Judy Campbell, SándorDomokos, Patricia Hankins Hiss, EnikőSivákTraduzione ed edizione italiana a curadi Melinda B. Tamás-TarrUscita prevista in novembre/dicembre<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> Ferrara el‘Altrove; Edizione O.L.F.A., Ferrara<strong>2010</strong>; pp. 122; € 23 ISBN 9<strong>78</strong>-88-905111-1-0ISSN 2036-2412Queto volume raccoglie settantatre poesie – lavoro ditraduzione durato per un anno, a partire dal novembre2009 –, tra cui 47 liriche provenienti dal volumeTűzfény - Firelight, pubblicato in Ungheria nel 2008dalla Casa Editrice Széphalom di Budapest.Quando qualcuno prenderà in mano questo libro nondovrà pensare neppure per un istante di trovarsi difronte a liriche di contenuto convenzionale, nelle loro piùtipiche caratteristiche. Prima di tutto manca la tematicadelle consuete liriche. Anzi, invano si cercano le giocoserime e le ritmiche fine a sé stesse, poiché l‘essenzadelle poesie di Maxim Tábory sta nel fatto che la formapiù adeguata ai suoi pensieri viene abbinata al pensieroe al Logos che vi appartiene. Per lui l‘argomento el‘espressione costituiscono una perfetta unione. Proprioper questo motivo in pochi luoghi troviamo la consuetamelodia quotidiana, tanto cara e ricercata dal lettorecomune, perché, nel momento in cui l‘elementofilosofico costituisce il peso principale della poesia, ilmessaggio ne determina la forma. Con ciò si spiegaperché, in alcune sue poesie, la forma del verso vienecompiuta con la consapevolezza delle esigenze delmessaggio, il quale deve conformarsi ai pensieri che sivogliono esprimere. Ed è a questo che si adatta lamusicalità delle sue poesie.Non appartiene alla specie di poeti che, dietrol‘impeto delle emozioni, seduto alla scrivania, scrive.Leggendo le sue liriche sono sicuro che sono statescritte – forse dopo settimane –, quando si erano giàdelineate in una espressione perfetta.Egli crede che l‘umanità, moralmente edintellettualmente, potrà essere avvicinata a colui che l‘hacreata a sua immagine. Questo è anche il motivo e iltema sempre presente delle sue liriche: perfettamentemature, aride di verità.Gli intellettuali costretti a svolgere un pesante lavorofisico sanno bene che, coricandosi sul loro giaciglio, nonsono in grado di addormentarsi per la grandestanchezza; meditano sulla loro sorte e quella deicompagni di lavoro. Questa meditazione porta il poeta ariconoscere che soltanto il lavoro dà dignità all‘uomo,perché il frutto del suo lavoro, oltre a rassicurarlo per lasopravvivenza e il progresso dell‘intera umanità, pesasulle spalle come un premio o una punizione. Le poesieVerso la sera ed Il destino dell‘operaio sono nate perdocumentare tutto ciò. Qui si ritrova la forte solidarietàcon gli operai. I versi de I caricatori del ciclo de La Navemostrano scaricatori di sacchi sotto cui «scricchiolano leossa» dal grande peso.La Nave è l‘inno al lavoro; non solo al lavoro fisico,ma anche quello mentale, perché se non ci fosserol‘esperienza e la precisa progettazione, il manovalesarebbe incapace di dare il suo contributo al successo ealla realizzazione dell‘opera finale, non potrebbe quindisentirsi soddisfatto di un lavoro ben eseguito. Gli operaipercepiscono e valutano positivamente il rapportomistico tra loro, gli operatori progettuali e lamanovalanza specializzata, nello specifico:«Incarnano la tenerezzaCelata nella nostra vita,Indurita dagli enormi carichi.»È un pensiero straordinario. Lavoro bestiale, ossascricchiolanti, mani callose e tenerezza. Memore dellasua esperienza, egli sa che migliaia di vite di duro lavorosono la base fondamentale del pane quotidiano. E tuttisanno che se non porteranno il materiale, non verràalimentata la macchina e non avranno più un datore dilavoro.Il poeta omaggia il ciclo intitolato La Nave, in cuiesalta il valore simbolico della diligenza, insieme a quelliche, uniti nella fratellanza, ne fanno parte.Questa non è l‘utopia dello slogan «proletari delmondo unitevi», ma la conferma che il valore e la stimadel lavoratore si apprezzano nell‘opera finale, quandosopra i telai s‘innalzeranno gli alberi con le vele stese.In questo ciclo ne sono previsti complessivamente dieci.I protagonisti sono anche carpentieri e decoratori che,con i loro pennelli, lavorano dall‘alba a tarda sera perrendere armoniosa la monumentale nave. Il corposudato viene rinfrescato dall‘umidità del mare, ma conentusiasmo svolge il lavoro, perché:«Ogni colore sbiadisce, questo però,che è già Suo, puro e vero,nel suo Eterno colore l‘Infinito segna...»Queste poesie sono il simbolo di un lavoro mai svilito.Maxim Tábory, che trascorre la maggior parte dellasua vita meditando, è consapevole che pochi sonodotati di talento. Essere prescelti da Dio è vincolante.Egli è sempre più consapevole che, in questo mondoguidato dal denaro, la gran parte degli uomini si èallontanata dalla fede, dalla morale e dalla ragione.Tábory crede soltanto nei poeti e negli artisti. Sente cheessi sono capaci di ricondurre l‘umanità sulla giustastrada. La poesia Viandanti della profondità edell‘altitudine ci svela il dualismo tragico dell‘uomo; lospirito desidera arrivare in alto, ma il corpo è incapacedi svincolarsi dalle catene della gravitazione nelrelegamento alla terra. Lui vede l‘unica soluzione nelrifiuto dei piaceri materiali con la filosofia del «carpediem» cantata da Orazio per seguire le vie di Dio.Questo si annuncia nella poesia intitolata Il mio gridoper voi [N.d.T. non inclusa in questa raccolta]:«La vita ha montato il vostro sensibile essere,Santi sofferenti e miserabiliSacrificate il presente,Che il futuro possa portare il compimento,L‘anima risplende nel vostro celeste sogno.Ritorno a voiArrivati da Dio.»101OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Così si formula il suo problema centrale: la questionedella responsabilità del poeta. Questo interrogativoriempie tutta la sua vita ed attività poetica. Così prendeforma il suo profondo umanesimo, quasi una fede e unacompassione per gli uomini che sono incapaci dioltrepassare lo stato vegetativo. Questa compassionerinnova nel poeta il suo compito di redenzione, che simanifesta in modo sempre più chiaro. [...]Durante la lettura delle sue poesie, ho provato unagrande emozione davanti alla sua solida spiritualità e miha colpito il suo profondo umanesimo. Questo studionon ha lo scopo di indicare la posizione di Tábory sulParnaso ungherese, anche perché non è opportuno farequeste considerazioni quando il poeta è in vita, ma aposteriori. Anzi, in alcuni casi, si può raggiungere unavalutazione imparziale solo dopo decenni.*István Fáy* Fonte: «La filantropia del Poeta» di István Fáy (pp. 15-21Ombra e Luce di Maxim Tábory)È direttamente acquistabile sui siti:http://www.lafeltrinelli.ithttp://www.ilmiolibro.itMatilde Serao (1856-1927)PICCOLE ANIMECollana Classica di AlbusEdizionipp. 88; € 9,00Codice ISBN: 9<strong>78</strong>-88-96099-36-0Vi sono uomini brutti e vi sonouomini ripugnanti: ma Dio volleche non vi fosse infanzia senzasorriso e senza fascino di amore.Con tutta la loro contraddizione, i bimbi valgono - perl‘arte - quanto l‘uomo nel pieno rigoglio della suavirilità, quanto la donna nel pieno fiore della suabellezza.Queste sono alcune parole della Serao, trattedall‘introduzione con la quale presenta il libro capace ditoccare gli animi e anche scuotere, proprio come soloun bimbo sa fare: Sempre un bimbo mi sorprende e mifa pensare.…Ed è talmente unito alla nostra vita, parte di noi piùsorridente e più sensitiva, che spesso egli ci salva - espesso egli ci perde.Come lei stessa spiega ancora: Questo piccolo libro,scritto pei grandi, parla sempre di bimbi, nelle suestorielle. Sono bimbi veri: non li ho sognati, miapparvero nella loro realtà. Vissero meco un anno, unminuto, un giorno, un‘ora…Tanti piccoli protagonisti per una serie di racconti chesi susseguono come fotografie in bianco e nero, conqualche tocco di colore qua e là, ritratto di una società(di ieri, ma che con molte riflessioni ci proietta in quelladi oggi) che rende spesso i bambini vittime delmalessere degli adulti, ma al tempo stesso essi ne sonola speranza e la salvezza, perché restano integralmentepuri, come solo a quell‘età si può.Le spiazzanti contraddizioni dei bambini, la lorotoccante e limpida innocenza, tutta la loro disarmante,splendida, esplosiva interiorità, si manifestano con forzae al contempo delicatezza, a un mondo che, spessodistrattamente, tende a soffocarle. E allo stesso modoscaturiscono dal libro pagina per pagina, fin dallacopertina, con il disegno appositamente realizzato perquesto capolavoro della Serao dall‘artista iserninoCarmelo Costa, che con esso segna il suo esordio.Matilde Serao nasce a Patrasso (Grecia) il 7 marzo1856 dal giornalista napoletano Francesco Serao e dallanobile greca Paolina Bonelly.Studia a Napoli, dove si diplomamaestra nel 1876. Dopo averlavorato alle Poste per quattroanni come telegrafista intraprendela carriera di giornalista; collaboracon il «Piccolo», la «Gazzettaletteraria piemontese» e il«Corriere del Mattino». Nel 1881si trasferisce a Roma. Collaboracon «Fanfulla della Domenica»,«Nuova Antologia», «Cronaca Bizantina» e «CapitanFracassa», dove conosce il giornalista EduardoScarfoglio. I due si sposano nel 1885 e hanno quattrofigli. Insieme dirigono il «Corriere di Roma» dal 1885 al1887. Tornati a Napoli Scarfoglio fonda il «Corriere diNapoli», poi assieme alla moglie fonda e dirige «IlMattino». Nel 1902 Matilde lascia il marito. Conoscel‘avvocato Giuseppe Natale, dal quale ha una figlia mache non sposa, e con lui fonda, nel 1904, il «Giorno».Muore a Napoli il 25 luglio 1927.Elena Grande- Caivano (Na) -Alberto AngelaUNA GIORNATA NELL‘ANTICAROMAVita quotidiana, segreti e curiositàRai Eri - Oscar Mondadori, pp. 334 €12,00Il libro è strutturato in 50 capitoli -compresa l'introduzione -, ciascunofocalizzato su un particolaremomento della vita quotidiana degliantichi romani (patrizi, plebei, schiavi o liberi) ai tempidel Principato di Traiano, cioè nello‘era di massimosplendore dell'Impero Romano. Vengono aggiunte -oltre ai riferimenti al nostro mondo attuale - alcuniapprofondimenti ai capitoli, chiamati Curiosità.Alberto Angela ci conduce nella folla delle strade,all‘interno delle case o nel Colosseo durante icombattimenti tra gladiatori. A descrizioni dettagliate diluoghi e stili di vita, si alternano infatti narrazioni in―presa diretta‖ quasi fosse una telecamera a proseguireil racconto, con il suo bagaglio di immagini, rumori,frasi degli antichi romani che ci passano accanto. Unostile che Alberto Angela utilizza spesso nelle sueseguitissime ricostruzioni storiche in tv. Sarà cosìpossibile incrociare nella folla gli sguardi carichi ditrucco delle matrone romane, sentire la scia dei loroprofumi, ma anche rimanere abbagliati dall‘esplosionedei colori delle spezie in un mercato, o essere colpiti dalsilenzio di una domus patrizia, rotto solo dalloscrosciare di una fontanella. Sarà un percorso cheporterà a scoprire tante curiosità sulle abitudini deiromani: dalle loro ricette gastronomiche ai gusti per102OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


l‘arredamento, dalla vita nelle inusuale, i giganteschicondomini di Roma, agli impressionanti mercati deglischiavi...tutto questo con un linguaggio diretto, fluido,comprensibile. A partire già dal testo d‘introduzionedell‘autore ci invoglia alla lettura, c‘incanta che èdifficile interrompere la lettura. La Città Eterna, Romaha sempre un fascino indescrivibile grazie ai ricordiarcheologici dell‘età romana, però per vedere oltre alleinformazioni generiche sulla vita quotidiana dell‘epoca osullo stile architettoniche e sulle date dei testi deicartelli e delle guide turistiche si deve osservareattentamente i dettagli: l‘usura degli scalini, i graffiti suimuri intonacati, i solchi lasciati dai carri per la strada o igraffi sulla soglia in marmo di un‘abitazione provocatidal movimento di una porta ormai scomparsa. L‘autoreci dice: «Se vi concentrerete su questi particolari, dicolpo qualsiasi rovina tornerà a prendere vita e―vedrete‖ la gente di allora. Ed e proprio questo lospirito del libro: la grande Storia raccontata da tantepiccole storie...»Le scene che ci scorrono davanti ai nostri occhi –come ci avverte Alberto Angela –, non sonoimmaginarie, anche perché tutte sono ricostruzionidirette dai risultati di studi e scoperte archeologiche, daanalisi di laboratorio di reperti e scheletri dall‘esame ditesti antichi.Insomma è un bel viaggio nel tempo dell‘anticaRoma... È una lettura istruttiva e nello stesso momentoanche divertente. È veramente garantita una buonalettura e l‘arricchimento della nostra conoscenzastorica! La lettura è raccomandabile sia ai colleghiprofessori di storia che agli studenti che senz‘altro cirende più colorito l‘insegnamento e lo studio della storiadell‘antico Impero Romano, dell‘antica Roma che faparte del nostro passato, del sistema di vita occidentaleil quale è l‘evoluzione moderna di quello romano...Vi invito di fare questo viaggio nel tempo e perl‘inizio gettiamo uno sguardo sul mondo allora conl‘aiuto dell‘autore:«Sotto Traiano, nel 115 d.C., l'Impero romanoconobbe la sua massima espansione. Il perimetro deiconfini terrestri correva per oltre diecimila chilometri,quasi un quarto della circonferenza terrestre. L'Imperosi estendeva dalla Scozia fino ai margini dell'Iran, e dalSahara fino al Mare del Nord.Riuniva popolazioni diversissime, anche fisicamente:dai biondi del Nord Europa alle etnie mediorientali, daquelle asiatiche a quelle nordafricane.Immaginate, oggi, di mettere assieme le popolazionidella Cina, degli Stati Uniti e della Russia: l'Imperoromano aveva una proporzione persino superiorerispetto alla popolazione mondiale di allora...E soprattutto riuniva ambienti diversissimi:camminando da un estremo all'altro avremmoincontrato mari gelidi con foche, immense foreste diabeti, praterie, vette innevate, grandi ghiacciai, e poilaghi e fiumi, fino ad arrivare alle calde spiagge mediterraneee ai vulcani della nostra Penisola.Proseguendo, sulla riva opposta del Mare Nostrum cisaremmo trovati di fronte a sconfinati deserti di dune (ilSahara) e persino a barriere coralline, quelle del MarRosso.Nessun impero in tutta la storia ha incluso ambientinaturali così vari. Ovunque la lingua ufficiale era illatino, ovunque si pagava in sesterzi, ovunque la leggeera una soltanto, quella romana.Curiosamente, la popolazione di questo impero cosìgrande era relativamente poco numerosa: arrivavaappena a cinquanta milioni di abitanti, quasi quanti cene sono oggi in Italia. Erano sparsi in una costellazionedi piccoli villaggi, borghi, ville agricole isolate, distribuitisu un territorio immenso, come briciole su una tovaglia,con all'improvviso grandi città.Ovviamente tutti i centri erano collegati daun'efficacissima rete di strade, che copriva addiritturada ottanta a centomila chilometri, e che ancora oggiutilizziamo salendo in macchina. È forse il monumentopiù grande e duraturo che i romani ci hanno lasciato.Ma appena al di fuori di queste strade, c'erano ancoraenormi distese di natura intatta, con lupi, orsi, cervi,cinghiali... A noi, abituati alle distese di campi coltivati eai capannoni industriali, tutto ciò avrebbe datol'impressione di sterminati "parchi nazionali".A difesa di questo mondo c'erano le legioni, chestazionavano nei punti più delicati dell'Impero, quasisempre lungo le frontiere, il famoso Limes. SottoTraiano l'esercito contava centocinquantamila, forsecentonovantamila uomini, inquadrati in una trentina dilegioni dai nomi storici, come la trentesima Ulpia Victrixsul Reno, la seconda Adiutrix sul Danubio, la sedicesimaFlavia Firma sull'Eufrate, non lontano dai confini conl'attuale Iraq. A questi legionari bisognava aggiungeregli ausiliari, cioè i soldati fomiti dalle popolazioni delleprovince, che raddoppiavano gli effettivi: si arrivavacosì a un totale di trecento-quattrocentomila uominiarmati al comando dell'imperatore. Il cuore di tutto eraRoma. Era posta esattamente al centro dell'Impero. Eraun centro del potere, certo, ma anche una città ricca dicultura letteraria, giuridica, filosofica. E soprattutto unacittà cosmopolita, qualcosa come le attuali New York oLondra. Qui s'incontravano persone di culturediversissime. Nella folla della strada avreste incrociatoricche matrone nelle lettighe, medici greci, ufficiali dicavalleria galli, senatori italici, marinai spagnoli,sacerdoti egizi, prostitute cipriote, mercanti mediorientali,schiavi germani... .Roma era diventata la città più popolosa del pianeta:quasi un milione e mezzo di abitanti. Qualcosa che nons'era mai visto da quando era comparso Homosapiens... Come riuscivano a vivere tutti assieme?Questo libro vuole scoprire quale fosse la vita di tutti igiorni nella Roma imperiale, al momento della massimaespansione del suo dominio sul mondo antico.103OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


La vita di decine di milioni di persone in tutto l'Imperodipendeva da quello che si decideva a Roma. Ma, a suavolta, la vita di Roma da cosa dipendeva? Era il frutto diuna ragnatela intricata di rapporti tra i suoi abitanti. Ununiverso sorprendente e irripetibile nella storia, checonosceremo esplorando una giornata qualsiasi.Diciamo così: un martedì di 1892 anni fa»...Infine ecco l‘indice degli argomenti trattati che ciaffascinano – magari anche quelli che magari odiano lastoria: Introduzione, Il mondo di allora, Poche oreall'alba, Ore 6.00 - La domus, la casa dei ricchi, Ore6.15 - Arredare, un gusto tutto romano, Ore 6.30 - Ilrisveglio del dominus, Ore 7.00 - Vestirsi alla romana,Ore 7.10 - La moda femminile, Ore 7.15 - Toilettemaschile in epoca romana, Ore 7.30 - Segreti per farsibella duemila anni fa, Ore 8.00 - Prima colazione "allaromana", Ore 8.30 - Aprite le porte!, Sorvolo di Romatra i veli del mattino, Scusi, sa l'ora?, Ore 8.40 - Barbierie prime corvée, L'insula, un mondo a parte, Ore 8.50 -Il volto umano delle insulae, Ore 9.00 - Il voltodisumano delle insulae, Ore 9.10 - Le strade di Roma,Ore 9.20 - Negozi e botteghe, Ore 9.40 - Incontro conuna divinità, Ore 9.50 - Perché i romani hanno nomicosì lunghi?, Ore 9.55 - I giochi dei romani, Ore 10.00 -Il latino delle strade di Roma, Ore 10.10 - Andare ascuola... per la strada, Ore 10.20 - Il Foro Boario, ilmercato del bestiame, Roma, il grande attrattore diogni bene, Ore 10.30 - Atmosfere indiane per le vie diRoma antica, Ore 10.45 - Breve sosta in un'oasi di pacee di capolavori, Identikit "medico" dei romani: Romacome il Terzo Mondo?, Gli otto grandi problemi di Romaantica (identici a quelli moderni), Ore 11.00 - Il mercatodegli schiavi, Fugace incontro con una vestale novizia,Ore 11.10 - Arrivo nel Foro romano, Ore 11.30 - LaBasilica Giulia, una cattedrale per i tribunali di Roma, IlSenato di Roma, Intanto, nel Colosseo..., Ore 11.40 - IFori imperiali, a spasso tra i marmi, Ore 11.50 - I "WC"nell'antica Roma, Ore 12.00 - Nascere a Roma, Ore12.20 - Incontro con Tacito, Ore 12.30 - Colosseo, ilmomento del supplizio, Ore 13.00 - Per pranzo unospuntino al "bar", Ore 13.15-14.30 - Tutti alle terme,Ore 15.00 - Entriamo nel Colosseo, Ore 15.30 -Arrivano i gladiatori!, Ore 16.00 - Essere invitati albanchetto, Ore 20.00 - È il momento della commissatio,L'evoluzione della sessualità romana, Ore 21.00 - Ilsesso dei romani, Ore 24.00 - Un ultimo abbraccio.Melinda B. Tamás-Tarr- A cura di -Marco Pennone (1955)—SavonaE ORA SEI LÀEdizione O.L.F.A. Ferrara, 2001;pp. 36L'amore… che cosa èl'amore? È un sentimento diaffetto profondo.È un tema sempre eterno…Diversi sono i significati che ilconcetto di amore ha assuntonella tradizione filosofica; iprincipali possono comunque ricondursi allaspeculazione greca e alla concezione cristiana.La prima trattazione filosofica dell'amore è data daPlatone, nella cui speculazione il concetto di amore(Eros) acquista valore metafisico. Aristotele trattòdell'amore in sede di psicologia e di etica, ma tutta laconcezione teologica aristotelica dell'universo poggia sulconcetto di amore inteso come desiderio di perfezione:infatti il Motore Immobile muove tutte le cose in quantooggetto di amore.La concezione cristiana ha capovolto questo concettofondato sul bisogno, in quanto tale assente dalladivinità: nel cristianesimo, infatti, Dio, proprio in quantopienezza dell'Essere, è Amore e creatore di amore e ilrapporto tra Dio e l'uomo diventa un rapporto di Padree figlio. Da qui l'importanza dell'amore come caritas inSan Paolo, mentre Sant'Agostino accentua il rapportotra l'uomo e Dio come unione, vincolo che lega unessere con l'altro. La concezione agostiniana continua intutto il filone dell'agostinismo e del misticismomedievale, mentre la corrente aristotelica dellaScolastica ha insistito più sui concetti di Essere,Sostanza e Causalità per definire la natura di Dio e hatrattato dell'amore in sede di psicologia e di etica sullascia della definizione aristotelica dell'amicizia,opportunamente modificata dal concetto cristiano dicaritas. Così San Tommaso distingue l'amore dibenevolenza, che è quello che desidera il bene dellapersona amata, dall'amore di concupiscenza, che èquello che vuole appropriarsi della cosa amata.La speculazione teologica e metafisica dell'amoreritorna centrale nel pensiero del Rinascimento (MarsilioFicino, Leone Ebreo, Giordano Bruno) sulla basedell'Eros platonico attraverso la mediazione agostiniana.Rilevante come punto di passaggio dalla concezioneplatonico-agostiniana a quella romantica dell'amore è laconcezione spinoziana dell'amore intellettuale di Dio.Esso è infatti la visione che la mente acquista di tutte lecose nel loro ordine necessario, in quanto derivano coneterna necessità dall'essenza stessa di Dio; ma poichéla mente non è altro che un attributo di Dio, l'amorediventa la contemplazione che Dio ha di sé: il concettodi amore è il concetto metafisico dell'unità di Dio con sestesso. Tale carattere si ritrova accentuato in tutta laspeculazione del Romanticismo, nel quale infatti l'amoreè il sentimento dell'unità dell'infinito con il finito, èprincipalmente aspirazione all'infinito. Oltre che nellaspeculazione filosofica vera e propria (Schelling, Hegel),questi caratteri sono esaltati nella tradizione letteraria(Novalis, Schlegel). Dopo il romanticismo rilevanti sonole analisi sull'amore fatte da Freud, per il quale l'amoreè la sublimazione della libido, e dalla psicanalisi ingenere.Confermando la domanda iniziale di questaintroduzione, così possiamo formulare con le parolequotidiane: è il sentimento di vivo affetto verso unapersona. Questo sentimento, assieme a un dolore pureimmensamente profondo, pulsa fortemente in questasilloge di Marco Pennone che raccoglie ventun liriched'amore con parole struggenti fino a coinvolgereprofondamente anche il lettore.Queste liriche - secondo gli ufficiali canoni teorici edartistici - hanno tutte le caratteristiche che ci si aspettadalle poesie d'amore: esprimono intuizioni e sentimentiattraverso immagini che sono capaci di commuoverechiunque, non soltanto il diretto interessato.104OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Ventun canti d'amore pieni di forti emozioni,nostalgie, ricordi e rimpianti per la perdita definitivadell'amata moglie, amante, compagna in un'unicapersona che è stata rapita prematuramente dallacrudele morte.Sono ormai passati tre anni dal tragico evento, ma ilPoeta non vuole e non riesce a dimenticare la suaGabriella: in ogni pensiero, in ogni angolo della casa"diventata una cripta umida e buia" dove lui vagaavanti e indietro, da una stanza all'altra, cercandovanamente di vederla apparire.Queste poesie sono liriche di grandi e profondisentimenti, vere poesie d'amore. Chi ama o ha amatoveramente e sinceramente una persona senza finzionipuò esprimere le proprie emozioni con versi in cui nonc'è posto per alcuna menzogna.L'Autore di questa silloge è uno dei poeti cosiddettisoggettivi. Le sue emozioni non nasconoautonomamente nella sua anima, ma vengonorichiamate, provocate, sollecitate da qualcuno e daqualche cosa che sono rappresentate dalla figura dellamoglie scomparsa. Ella ed i ricordi vivissimi della suaamatissima Gabriella generano le sue grandi e profondeemozioni, i suoi sentimenti d'amore. La sua morte hacreato un grande vuoto nell'anima del Poeta, che èincolmabile. Il Poeta dichiara espressamente - come secolloquiasse con Lei - che non c'era nessun uomodegno di essere suo compagno e piange la suascomparsa: "…ora son tanti anni - / in questo regno inriva al mare / soffiò un vento gelido di morte / che miportò via la mia Gabriella…"Sappiamo con certezza che Gabriella non c'è fra dinoi, ma mentre leggiamo questi versi si ha lasensazione di percepire la sua presenza invisibile.Attraverso le parole, i ricordi, le confessioni, lepromesse e gli autorimproveri sembra di vedere la suafigura ed a lei il Poeta anche ora giura amore e fedeltàeterne dichiarandole: "…Andrei con te dappertutto… /… con te sarei disposto ad abitare ovunque, / anche inuna casa in cima al mondo, / … sarei disposto adandare dappertutto, / anche ai quattro angoli delmondo…"Grande, grandissimo amore s'è insediato nell'animadel Poeta con un'energia gigante con la quale arriva alladichiarazione d'amore eterno per la cara perduta enessuno la potrà cancellare dalla sua anima: "L'amore èl'unica cosa / che dura per l'eternità…/… L'amore ècome la morte: definitivo; / non ha tempo: è eterno. /Finché io vivo, tu sarai viva in me. / Il mio ultimopensiero sarà per te / e la cosa che più desidero di tutte/ è ritrovarti là dove il tempo / non è più che unconcetto senza senso. / L'amore è l'unica cosa / che daquesta vita meravigliosa ma finita / ci prende per mano/ e ci conduce all'Eterno…" [Prefazione]Melinda B. Tamás-Tarr- Ferrara -Meriterebbe una più accurata, approfonditaosservazione la prefazione del libro. La professoressaTamás-Tarr Bonani, titolare della Casa editrice, ineffetti, più che con una prefazione, è con unadissertazione, quasi un‘accademica prolusione, daicontenuti elevati, che sollecita il lettore. Lo predisponea degustare, letteralmente, un‘esternazione artisticalodevole.Il tema amoroso trattato è struggente. Schiettosentimento d‘un uomo elargito alla sua donna, amantemoglie-animapura, precocemente defunta. Non è lariproposta del dolce stilnovo proprio per il fatto che ladonna, nell‘occasione, non assurge a vacuo simbolospirituale sic et simpliciter, idealizzato. Bensì la donna èentità realmente sovrannaturale. L‘Angelo prende formanon dall‘idealità del corpo, irraggiungibile, intoccabile,ma corrisponde ad un amore vicendevolmente vissuto,prima; eppoi sublimato nel ricordo effettivo.―E ora sei là... dove nessuno può tornare‖ (p. 17),che titola sia la silloge che la relativa poesia, è unrimando all‘eternità. Richiamo alla luce, visto che il buiocostituisce costante presente dell‘autore: ―...1‘Angelodella Sera distende un‘ala‖ (Nell‘ora del vespro vaga...,p.18). La metafora d‘un incommensurabile amorediviene realizzazione estetica già nell‘osservazioneelementare dei ciclo clastico della Natura: ―L‘oro spogliodell‘autunno incipiente | trèmula sui rami‖ (p. 28).Circostanziata scaturigine dell‘ulteriore riflessione cheproietta la sguardo (leggasi: la mente) ―oltre le cime deicipressi. | Per cercare te... | Per volare da te... | Nelsole!‖ (p. 29). Eccola la luce, così la ritrova il poeta.In ―Tanti e tanti anni fa...‖ (pp. 24 e 25) Pennone siafferma parafraste di Edgar Allan Poe – da ―AnnabelLee‖. Il gesto, emulo dell‘eccellente letterato, èemblematico del privilegio col quale un marito-poetainnamorato pazzo della sua donna-moglie defunta cercadi renderle adeguato omaggio.) [Da Punto di Vistanr.31/2002]Emilio Diedo- Ferrara -SegnalazioniA cura di MttbPéter NádasMINOTAUROTraduzione di Andrea RényiZandonai Editore, Rovereto, <strong>2010</strong>pp. 224, € 16ISBN: 9<strong>78</strong>-88-95538-47-1Eravamo solo bambini, ma giàstrumenti di un potere superiore,ovvero della società adulta, e nellanostra ribellione ambivamo soltantoa conquistare o almeno addomesticare il potere che cistava schiacciando. Eppure sentivamo di esserestrumenti, sentivamo che il nostro odio […] era solouna pallida imitazione di quello che gli altri intorno a noistavano esprimendo. Anche se non tutti ne eranoconsapevoli, io fui costretto a prenderne atto.Suscitano una sottile inquietudine questi labirinticiracconti di Péter Nádas, perché scavano nel profondodelle nostre paure. Soprattutto quella che dovremmoavere di noi stessi, incapaci come siamo di conoscere erispettare i nostri limiti, e sempre in procinto di cadervittime di un elemento mostruoso che può culminare infollia distruttiva. Nádas esplora con rara penetrazionepsicologica quel fragile spazio interiore nel qualeconformismo e repressione sociale possono facilmenteincidere solchi di violenza e abuso. Lo sperimentano105OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


soprattutto i suoi giovani protagonisti, costretti aconfrontarsi con l‘enigmaticità delle azioni degli adulti, econ una delle tentazioni più radicate nell‘animo umano:esercitare voracemente il potere assecondando ilminotauro che è in noi.Péter Nádas (1942) è tra i più importanti e apprezzatiscrittori ungheresi contemporanei. Autore di romanzi eracconti, commediografo, fotografo ed ex giornalista, i suoilibri sono tradotti in tutto il mondo. Membro della prestigiosaAccademia delle Arti di Berlino, ha ricevuto svariatiriconoscimenti internazionali – tra i quali il Premio stataleaustriaco per la Letteratura europea (1991) e il Premio Kafka(2003) – e l‘Ordine al Merito della Repubblica di Ungheria(2007). In Italia è stato scoperto tardivamente con le recentipubblicazioni de La Bibbia (Rizzoli, 2009) e Fine di unromanzo familiare (Baldini Castoldi Dalai, 2009).Le Edizioni Zandonai hanno ricevuto dal Ministero per iBeni e le Attività Culturali la menzione speciale del Premionazionale per la Traduzione edizione 2009 come editoreitaliano che contribuisce alla diffusione della cultura stranierain Italia.Fonte: http://www.zandonaieditore.it/Frigyes KarinthyVIAGGIO INTORNO AL MIOCRANIO(Utazás a koponyám körül)Postfazione di Oliver SacksTraduzione di Andrea RényiBUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano,<strong>2010</strong>, pp. 262, € 10,50ISBN 9<strong>78</strong>8817042987svenimenti, improvvisi cambiamenti di grafia, libri le cuipagine si svuotano improvvisamente sotto gli occhi diKarinthy. Finalmente l‘uomo si decide a consultare unmedico e, dopo una lunga via crucis tra specialisti diogni tipo, apprende di avere un raro tumore al cervello.Unica possibilità di guarigione: sottoporsi a un delicatointervento chirurgico. La descrizione della sua discesanegli abissi della malattia, scandita dall‘analisi ironica eleggera di sintomi, pensieri e sentimenti, così come dallereazioni di amici e medici, sono il cuore dell‘avvincente esingolare viaggio che l‘autore compie all‘interno deimeandri del proprio cervello malato. Queste pagine nonsono solo uno straordinario documento di osservazionemedica, ma anche una potente opera letteraria – chedanza superbamente sull‘orlo dell‘abisso.Viaggio intorno al mio cranio è il primo resocontoautobiografico di un viaggio all‘interno del cervello. Unodei migliori mai scritti.Frigyes Karinthy (Budapest 1887 – Siófok 1938) èstato uno degli intellettuali ungheresi più eclettici epopolari del ventesimo secolo. Dopo il completorecupero dalla malattia descritta in Viaggio intorno almio cranio (1937), morì improvvisamente l‘annosuccessivo, per cause mai chiarite.Fonti: Rizzoli.it, Bur.rcslibri.corriere.it, La Feltrinelli.it,Kálmán MikszáthIL VECCHIO FARABUTTO(A vén gazember)Il fragore assordante di un treno di passaggiosorprende Frigyes Karinthy mentre, seduto al suo tavolopreferito in un elegante caffè di Budapest, è assorto neipropri pensieri. Ma non ci sono stazioni e non passanotreni, nel centro della città. Il boato è in realtà unapotente allucinazione. Dopo aver consultato specialistidi ogni tipo, lo scrittore scopre di avere un tumore alcervello e che un intervento chirurgico è la sua unicapossibilità di sopravvivenza. È il 1936 e laneurochirurgia è in una fase pionieristica, ma di fortesviluppo. Karinthy va a Stoccolma e si affida alle manidi Olivecrona, allievo del grande Harvey Cushing. Il suoracconto dell‘operazione, subita da sveglio, è – oltreche la prima testimonianza storica di questo tipo – unautentico capolavoro letterario: Karinthy flirta divertitocon il presentimento della morte e trasforma il proprioviaggio negli abissi della malattia in una brillanteesplorazione della natura umana. Completa il volume ilracconto Catene, inedito in Italia, in cui l‘autoreungherese delinea per la prima volta la celeberrimateoria dei sei gradi di separazione.Seduto in un caffè di Budapest a sorseggiare unabevanda calda, lo scrittore ungherese Frigyes Karinthyviene distolto bruscamente dai suoi pensieridall‘assordante e inspiegabile fragore di un treno dipassaggio – un frastuono così violento da coprire tutti glialtri rumori. Peccato che da quelle parti non ci sianotreni, stazioni, né altre fonti di rumori invasivi. A questoepisodio seguono altri eventi bizzarri: capogiri,Traduzione di Andrea RényiEdizioni Nottetempo, Roma, <strong>2010</strong>;pag. 200 , € 12,00ISBN 9<strong>78</strong>-88-7452-269-9ISBN: 887452269XIl vecchio farabutto, che dà il titolo a questo piccolocapolavoro della letteratura magiara primi Novecento, èil fattore astuto e leggendariamente taccagno deibaroni Inokay.Siamo nell‘Ungheria allegra e rurale della fine del XIXsecolo, popolata di nobili senza il becco d‘un quattrinoma parecchio arroganti, contadini che la sanno lunga eartigiani sapienti come filosofi. In questo mondosospeso tra favola e crudeltà, sboccia una storiad‘amore impossibile: quella fra uno dei nipoti delprotagonista e la figlia del barone. Nel castello delbarone Inokay vive la bella Maria, sua figlia. Oltre lemura vive il vecchio factotum del barone, unfurbacchione, con il nipote Laci [N.d.R. si pronuncia ‗Lazi‘],burrascoso come un brigante. Maria e Laci si incontranobambini e a lui che le chiede un bacio che sia persempre, il barone promette subito e per certo unoschiaffo. Il vecchio manda Laci a bottega da un fabbro,il barone, che è uno spendaccione, chiude Maria incollegio.La loro passione, alla fine l‘avrà vinta su ognipregiudizio di classe, farà da miccia a una girandola diavvenimenti e colpi di scena in cui tutti troveranno paneper i propri denti. A metà fra commedia rosa e racconto106OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


crudele, il breve romanzo di Mikszáth è la riscoperta diun grande autore ingiustamente dimenticato.Kálmán Mikszáth (1849-1910), grande scrittoreungherese, è considerato un classico. Si occupò digiornalismo e critica della società ungherese. Diversisuoi romanzi sono stati editi in Italia negli anni ‘30.Angelo AustraliL‘USIGNOLO DI PROVINCIARomanzoMauro Pagliai Editore, Edizioni PolistampaFirenze <strong>2010</strong> giugno pp. 96 € 8,00Uno spaccato della provinciatoscana in cui è riflessa la storiad‘Italia: Un romanzo che narra levicende di una famiglia filtrate dallo sguardo ingenuo epoetico di Spartaco, un ragazzino della provinciatoscana, che passo dopo passo comprende il valore delnon lasciarsi distrarre nell‘inseguire con costanza edeterminazione i propri sogni, anche quando si è i soli acrederci. Come fece Cristoforo Colombo e con lui tutti igrandi navigatori del passato.La crescita di Spartaco, personaggio già presente inaltri due libri di Australi, avviene all‘interno di un nucleofamiliare che subisce i condizionamenti del boomeconomico, in un tempo in cui i morti sono ancorapresenze ingombranti e i vivi stanno facendo i conti conle proprie illusioni. È arrivata da poco la televisione e lafamiglia di artigiani diventa emblema della piccolacomunità, dove tutto sembra ancora legato ad antichiriti di convivenza, ma dove la curiosità e la vivacità diun ragazzino possono scatenare tutte le contraddizioniintrinseche di quel mondo.La ristretta realtà di provincia che Angelo Australi constile scarno ed essenziale delinea si fa specchio dellastoria dell‘intera penisola, mostrandoci come neiproblemi di allora risieda l‘origine di tutti quelli odierni.Un romanzo che narra le vicende di una famigliafiltrate dallo sguardo ingenuo e poetico di Spartaco, unragazzino della provincia toscana, che passo dopopasso comprende il valore del non lasciarsi distrarrenell'inseguire con costanza e determinazione i proprisogni, anche quando si è i soli a crederci. Come feceCristoforo Colombo e con lui tutti i grandi navigatori delpassato. La crescita di Spartaco, personaggio giàpresente in altri due libri di Australi, avviene all'internodi un nucleo familiare che subisce i condizionamenti delboom economico, in un tempo in cui i morti sonoancora presenze ingombranti e i vivi stanno facendo iconti con le proprie illusioni. È arrivata da poco latelevisione e la famiglia di artigiani diventa emblemadella piccola comunità, dove tutto sembra ancora legatoad antichi riti di convivenza, ma dove la curiosità e lavivacità di un ragazzino possono scatenare tutte lecontraddizioni intrinseche di quel mondo. La ristrettarealtà di provincia che Angelo Australi con stile scarnoed essenziale delinea si fa specchio della storiadell'intera penisola, mostrandoci come nei problemi diallora risieda l'origine di tutti quelli odierni.(http://www.mauropagliai.it/)Spartaco è un ragazzo che vive con la famiglia nellaprovincia toscana. Un ragazzo che insegue i proprisogni, pagina dopo pagina, con la determinazione e laforza tipiche dell‘adolescenza; almeno quella di unavolta. Quando cioè, in questo caso, basterà la promessodal nonno di un televisore, se concluderà bene l‘annoscolastico.Il microcosmo della famiglia in cui vive Spartaco è comeuno specchio che restituisce le immagini dell‘interasocietà italiana, fino a rimandarne i riverberi ai giorninostri, quasi ne scandisse, attraverso l‘atmosfera deglianni del boom economico, metafore e contraddizioni.Il protagonista riceve insegnamenti pratici e schietti, esembra farne tesoro; li riceve nella quotidiana odisseadelle sue scoperte: ―Cerca di capire dove stai e dovepuoi arrivare, così sarai grande anche se sbucci patatetutto il giorno.‖ Questo glielo dice il nonno, dopo avergliaugurato di studiare fino alla laurea che non serve anulla, gli dice anche, se nella vita non ci si dedica aqualcosa di concreto.Le altre figure che animano la vicenda sono il padreErnesto, il quale si vedrà costretto ad abbandonare illavoro in vetreria, perché ormai le bottiglie di vetrosono state soppiantate dalla plastica. La nonna e lamadre Giulia; il nonno Rutilio che nella sua bottega,visitata con estrema curiosità da Spartaco, esercita laprofessione di barbiere e di sarto, ma s‘interessa dipoesia, di filosofia, di teatro.Aspirazioni e sogni s‘intrecciano e devono schivare icolpi di una realtà, tipica del tempo, diversa dalla suaapparenza (e forse in questi passaggi l‘attualità sembrapiù viva) e con il ―destino‖ delle piccole e grandimanifestazioni della vita.Angelo Australi ci conduce in un viaggio con la scritturache gli è propria, essenziale, rapida, a tratti decisa eforte come quella campagna toscana che fa da sfondoalla narrazione. (Dalla recensione di Alessandro Francihttp://www.larecherche.it/)Spartaco porta lo stesso nome del nonno, morto dipleurite mentre prestava servizio nella Croce Rossadurante la guerra. Vive in un paese della Toscana, e ilsuo sogno è possedere un televisore, che gli permettadi vedere la TV dei ragazzi e il Carosello senza doverandare alla Casa del Popolo. Attorno a lui una famigliapatriarcale con le sue figure emblematiche: il padreErnesto, costretto ad abbandonare il lavoro alla vetreriadel paese a causa del progresso, la madre Giulia e lanonna Ginetta, angeli del focolare che si occupano dellacasa e vanno a messa ogni domenica, e il nonnoRutilio, barbiere e sarto, con la passione per poesia,filosofia e arti drammatiche. Diversi personaggi le cuiaspirazioni, come quelle di Spartaco, si scontrano con ledifficoltà e le contraddizioni del periodo storico e anchecol destino, che sembra anch'esso giocare un ruolorilevante. Eppure è impossibile rinunciare ai proprisogni, anche quando le circostanze sono contrarie,perché solo chi persegue i propri obiettivi con costanzae determinazione può considerarsi, in ogni caso, unvincitore: come Cristoforo Colombo, come i grandinavigatori, e come Salamandra, l'amico di Spartaco chelascia la scuola per lavorare in un'officina, inseguendo ilsogno di una motocicletta tutta per sé. La prosaasciutta e essenziale di Angelo Australi dipinge unarealtà di provincia che si fa specchio della storia107OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


dell'intera penisola, mostrandoci come nei problemi diallora risieda l'origine di tutti quelli odierni, ecostringendoci a fare i conti con le nostre aspirazioni.(http://www.toscanalibri.it/)Umberto PasquiL‘UOMO DELLA BIRRACarta Canta , Forlì <strong>2010</strong>, pp. 120 €12,00ISBN: 9<strong>78</strong>8896629154«Immagini il lettore un giovaneuomo sul ciglio di un fiume, tesoa raccogliere e studiare ciuffettidi erbaccia». Siamo a metàdell'Ottocento. L‘agronomoitaliano Gaetano Pasqui, dotatodi una creatività eccezionale, nel1835 impiantò una fabbricaartigianale di birra. Fu il primo a coltivare il luppolo inItalia, senza doverlo importare dalla Germania o,addirittura, come si usava in quel tempo, dall‘America.Attorno alla ―casa del luppolo‖ Pasqui, nel 1847, diedevita alla prima luppoli italiana, ottenendo a partire dal1850 i primi risultati soddisfacenti e dimostrando chequesta pianta era persino più redditizia del frumento. Cifu un tempo in cui il Belpaese sarebbe potuto diventarela patria della bionda più amata di tutti i tempi… (Dallaquarta di copertina de ―L‘uomo della birra‖)Periodici Linguistici e Culturali, Annuariuniversitari in cui con saggi, scritti in linguaitaliana ed ungherese l‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>è presente:Hungarológiai Évkönyv11. <strong>2010</strong> (Annuariodell‘Ungarologia) dellaFacoltà di Lettere dell‘Universitàdegli Studi di Pécs(Pécsi TudományegyetemBölcsészettudományi Kara),periodico dei Laboratoridell‘Ungarologia delleUniversità degli Studi d‘Ungheriae dell‘Estero in cuil‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> sipresenta; Edizione della eEditore Dialóg Campus diPécs, fine ottobre <strong>2010</strong>; (nel momento della scritturadel presente testo – il 5 novembre – si ha a disposizionesoltanto la copia della pagina interna del volume,l‘annuario è uscito dalla tipografia alla fine d‘ottobre enon è ancora pervenuto alla Redazione.Studi finnico-ugrici, Annali vol. IV , dell'Universitàdegli Studi di Napoli ―L'Orientale‖ 2002-2005 + Estrattocon mio scritto:Melinda Tamás-Tarr-BonaniDA PADRE A FIGLIOFiabe e leggende popolari magiareIntroduzione, presentazione eillustrazioni dell'AutricePrefazione di Marco Pennone<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> Ferrara el‘Altrove;Edizione Olfa, Ferrara <strong>2010</strong>, pp.124 € 12,00ISBN 9<strong>78</strong>-88-905111-0-3 ISSN2036-2412 Ean: 2120004557046Narrativa. Fiabe e leggende hanno fra loro punti dicontatto. La prima parte del volume raccoglie fiabe: ladotta introduzione dell‘autrice ci dà l‘etimologia deltermine. Ben nota è la fiaba ‗I tre desideri‘, singolareperché alla fine, dopo aver sciupato i desideri concessi,i protagonisti vissero ugualmente felici. La moralecomunque è chiara. Nella seconda parte le leggendeattingono anche a possibili eventi storici, per esempio ‗Ilpatto di sangue‘ ove compare una data: ‗anno 819°dalla nascita del Signore‘; e così in altre. Ne ‗Il re deicontadini‘ la crociata contro i turchi diverrà ‗guerra deicontadini contro i nobili‘ (p. 108). La Tamàs-Tarr-Bonani, che è nata in Ungheria nel 1953 e risiede aFerrara dal 1983, ha raccolto queste fiabe e leggendepopolari magiare che sono patrimonio culturale dellasua terra d‘origine, arricchendo il volume con disegnialquanto originali. [Pubblicata su: Literary nr.10/<strong>2010</strong>]È direttamente acquistabile sui siti:http://www.lafeltrinelli.ithttp://www.ilmiolibro.itLuciano NanniAnnuario 2004, Dipartimento di Italianistica dellaFacoltà di Magistero dell‘Universita degli Studi di Szeged(Ungheria); Nyelvünk és Kultúránk (La nostra Linguae Cultura) n. XXXII/122. (2002/4.); Nyelvünk ésKultúránk (La nostra Lingua e Cultura) n. XXXIII/125.(2003/1.):- Mttb -108OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


TRADURRE – TRADIRE – INTERPRETARE – TRAMANDARE– A cura di Meta Tabon –Questa rubrica nasce dal N. 21998 <strong>Anno</strong> II: «una nuova rubricadedicata a quella che si può bendefinire un'arte, anche se delle piùmisconosciute, quella del Traduttore.Non a caso il 'calembour', che, conuna inadeguata e sicuramente piùdissonante traduzione della parola francese, si puòdescrivere in lingua italiana come 'gioco di parola/e', deltitolo: il concetto di Traduzione ne raccoglie altri,chiarissimi e sommamente ambigui, ad un tempo; èuna linea di confine, un rito di passaggio, di crescita, ditrasformazione; si passa da un pensiero ad un altroespresso in modo differente; si passa da una civiltà adun'altra, nello spazio di una riga o due o, addirittura, diuna parola o due.Facile, facilissimo sbagliare, 'prendere abbagli','tradire': ecco dunque la necessità di 'interpretare' - ecome si potrebbe fare, altrimenti! Ecco, dunquel'esigenza (e l'obbligo) di cercare di entrare con ilmassimo della conoscenza, della preparazione, fin dovesi può, della disponibilità e, soprattutto, della umiltà, inquel paese straniero che è la Traduzione: da una linguaad un'altra, da un dialetto ad un altro, da una lingua adun dialetto e viceversa.L'adeguamento, l'adattamento da un modo di scriveread un altro potrà divenire così una qualcosa daTramandare, un rapporto interpersonale tra diverseciviltà, le più varie e tra i diversi individui, datrasmettere alle generazioni anche future, ma non solo,fedeli ad un concetto di rispetto, di coerenza, diconvivenza, ma non di 'omologazione', uno dei peggiorimali del mondo contemporaneo...» [M.C.N.]Da questo numero dell'«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> -Ferrara e l'Altrove» in questa rubrica si continua ildiscorso affascinante della traduzione della quale nellaletteratura esistono varie teorie. Ciascun traduttore ha ilsuo punto di vista che può essere pro o contro ad unacerta idea del tradurre.Ora colgo l'occasione di fare una riflessione parzialesulla questione della traduzione, accennando alcuneconsiderazioni tra le tante altre:Il problema della traduzione è molto complesso ed èun'arte niente facile.Ad esempio, un traduttore - si legge nel libro «Latraduzione: Problemi e metodi» del professor PeterNewmark del Polytechnic of Central London - deveessere esperto di critica testuale letteraria e nonletteraria per poter valutare la qualità di un testo primadi decidere come interpretarlo e quindi come tradurlo.Un'altra opinione afferma che un traduttore deverispettare scrupolosamente un modo di scrivereelegante, rispettando la lingua, le strutture e ilcontenuto in essa presenti, sia che si tratti di un branoscientifico che poetico, filosofico o narrativo. Se illinguaggio è scadente, il dovere del traduttore è dimigliorarlo, sia che si tratti di un testo tecnico che di unbest-seller commerciale, scritto meccanicamente. Cisono altre persone che sostengono che il traduttoredovrà essere anche un buon giudice del modo discrivere, non deve valutare solo la qualità letteraria maanche la serietà morale del testo.Vorrei anche attirare l'attenzione verso l'eternoproblema 'traduttore-traditore': si sa che traducendoun'opera da una lingua all'altra si corre sempre ilpericolo di lasciare una notevole parte del significatoche l'autore voleva dare effettivamente al suo lavoronel testo originale. Questo rischio è già presente nelcaso della traduzione delle opere narrative e lapossibilità di 'tradire' è maggiore in caso delle opereliriche. Solo raramente, e soprattutto se il testooriginale viene tradotto da un poeta, è possibile chel'opera conservi il colore ed il sapore sui propri, findall'inizio. Basta citare l'esempio di Edgar Allan Poe chetradusse in lingua francese i testi poetici di CharlesBaudlaire e di René Char.In ogni modo non è indifferente il fatto che iltraduttore deve conoscere la lingua straniera in modoapprofondito, da cui traduce, per poter essere in gradodi valutare fino a che punto il testo si discosti dallanorma linguistica solitamente adottata per unargomento in una certa situazione. Deve determinare ilgrado di originalità grammaticale e semantica del testo,che deve essere mantenuta nel caso di un testo'espressivo' ben scritto, ma che si può decidere dinormalizzare in un testo 'informativo' o 'vocativo' malscritto. Ha inoltre bisogno di una notevole tensionecreativa fra la fantasia e il senso comune. Il traduttoredeve acquisire la tecnica per muoversi con facilità fra idue procedimenti fondamentali: la comprensione, chepuò richiedere un'interpretazione, e la formulazione,,che può richiedere una ricreazione.Goethe (1813) ha dichiarato che la traduzione èimpossibile, essenziale e importante. Le parole di tuttele lingue si sovrappongono e lasciano aperte dellelacune semantiche: vi sono parti di una mano o di unanuvola che non hanno nome e che forse non possonoaverlo. Benjamin (1923) ha affermato che la traduzionenon si limita ad arricchire col proprio contributo lalingua e la cultura di un paese, a rinnovare e arricchireil testo originale, a esprimere e analizzare i rapportisegreti delle lingue fra di loro, ma diventa anche unavia d'accesso a una lingua universale. Le parole chesecondo la saggezza comune sono tipiche del caratterenazionale potrebbero forse colmare le lacunenell'esperienza generale e universale, che tuttavia nonpotranno mai scomparire...La traduzione poetica - come afferma anche ilprofessor Newmark - è veramente spesso più difficile diqualsiasi altro tipo di traduzione perché la poesia èl'unica forma letteraria che faccia uso di tutte le risorsedel linguaggio ed è quindi necessario prendere inconsiderazione un maggior numero di livello dellinguaggio.La traduzione è da un duplice punto di vista unutilissimo esercizio di creatività letteraria. Consente diesaminare da vicino e dall'interno i segreti meccanismidi un testo, sia quello narrativo o poetico. Tradurresignifica anche scegliere il modo più efficace per109OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


trasferire in un'altra lingua oltre al significato il ritmo, isuoni, il fascino di un brano letterario. Per tradurre peròoccorre leggere e capire il testo originale, e capiresignifica penetrare in profondità non soltanto nelsignificato delle parole, ma anche nello stile dell'autore.Un testo da tradurre è come una particella in uncampo elettrico; attratta dalle forze contrastanti delledue culture e delle norme delle due lingue, delleidiosincrasie di un autore - che può infrangere le normedella sua lingua - e delle aspettative dei lettori, deipregiudizi del traduttore ed eventualmente anchedell'editore. Il testo inoltre è alla mercé del traduttoreche può essere carente in alcuni requisiti fondamentali:accuratezza, competenza, elasticità, eleganza esensibilità nell'uso della propria lingua, doti chepossono, d'altra parte, compensare lacune sotto altridue aspetti: conoscenza dell'argomento trattato neltesto e conoscenza della lingua di partenza.Il primo compito del traduttore è capire il testo,spesso analizzarlo e per lo meno evidenziare degliaspetti generali, prima di scegliere un metodotraduttivo adeguato. Quindi egli deve tener presentetutta l'opera e l'intenzione dell'autore. Durante latraduzione la traduzione non è minore neanchel'importanza dell'intenzione del traduttore che debbamirare e garantire che la traduzione abbia la stessacarica persuasiva ed emotiva dell'originale ed influenzi illettore nello stesso modo.Per aggiungere al discorso della traduzione di questotesto naturalmente non completo, ma è soltanto unbreve assaggio del problema della traduzione citerei leparole del grande poeta ungherese Dezső Kosztolányi ditraduzione mia che scrisse nell'«ABC su tradurre etradire»: «...La confusione babelica delle lingua. Sullaterra di Senaar la gente cominciò a costruire la torre diBabele, con l'idea presuntuosa che la punta toccasse ilcielo e loro passeggiassero a zonzo, comodamente, dauna stella all'altra. Il Signore trovò eccessiva questapresunzione. Fece discendere nebbia sulla loro mente,,confuse la loro lingua. Non si comprendevano più... Cifu un grosso deficit. L'imprenditore fallì, si dichiaròinsolvibile, la torre stava eretta tronca verso il cielo coisuoi muri deserti. Ma ai suoi lati si crearono subitoscuole di lingua ed uffici di traduzione. I docenti cheapprendevano presto tutte le lingue scrivevanogrammatiche, e gli interpreti - con i loro vezzosi berrettiin capo - per una buona ricompensa intrapreseroavvicinare tutti quelli infelici mortali l'uno con l'altro. Inquel momento nacque il traduttore letterario...» Siconferma l'affermazione di Edith «Bruck che latraduzione sia un enorme lavoro e non si può farlafretta. La traduzione è una cosa bella e molto seria equando uno lo fa, la deve fare bene con moltoimpegno. Bisogna dare tutto di sé. Il poeta che traduceun altro poeta, si appropria della poesia, la vive...»Il poeta latino Ennio sosteneva di avere tre cuori,tante quante erano le lingue che parlava: l'osco, ilgreco e il latino. Ed aveva ragione: ogni lingua infatti,lungi dall'essere soltanto un efficientissimo sistema dicomunicazione, è una filosofia, un modo di pensare, diconcepire e, secondo alcuni, addirittura di creare ilmondo. La lingua è il deposito più profondo di unaciviltà; è quanto di più autenticamente proprio edurevole questa va lentamente depositando econservando nell'intimo della sua storia. [FabrizioGalvagni: Piö 'n là - Rime, versi liberi e traduzioni indialetto bresciano, Editrice La Rosa, 1994, Brescia,pp.156, s.p.]. A questo aggiungiamo un proverbio/dettoungherese: «Tante lingue conosci/parli tante personesei». In ungherese: «Ahány nyelvet tudsz/beszélsz,annyi ember vagy»). Per parlare una lingua ènecessario diventare un'altra persona: si può, infatti,conoscere veramente una lingua se si impara a pensarecome la gente che la parla. Ogni lingua è lo specchiodella vita, della cultura di un popolo, quindi della civiltàdi un gruppo etnico, di una nazione intera. [Prefazionede «Le voci magiare‖, Edizione O.L.F.A. 2001, Ferrara (31marzo 2001)]Va ricordato come una traduzione letteraria richiedada parte di chi la affronta grande impegno nellacomprensione totale non solo del testo con la suaarmonia fatta di suoni di parole e di atmosfere, masoprattutto delle più nascoste pieghe della personalità edella sensibilità del suo autore. Il traduttore deve eglistesso essere poeta o scrittore poiché deve cercare,superando l'ostacolo rappresentato dalle diversità dilingua - ostacolo tanto più arduo quanto più distantisono le strutture delle lingue stesse - di restituire tuttaquesta ricchezza a coloro che le barriere della parolaterrebbero lontani dalla voce e dalla luce intellettuale difulgidi poeti e sublimi scrittori. Anche se perciòriuscissimo a raggiungere pur in minima parte il nostroscopo ne sarà valsa sicuramente la pena. [DallaPrefazione, del vol. «Traduzioni/Fordítások I. Prosa/Próza II.Versek/Poesie, Edizione O.L.F.A. 2002, Ferrara di MelindaTamás-Tarr-Bonani (15 aprile 2002)]Ed ora eccovi altre liriche, cominciando col saggioaccompagnato dalle liriche originali e traduzioni delnostro collaboratore ―storico‖, Enrico Pietrangeli:DELMIRA AGUSTINI[1886 – 1914]di Enrico Pietrangeli - 2006I. Una poetessa dentro lacronaca neraL‘Uruguay: l‘altra parte del globo,eco risorgimentale di tempi eroici per ―due mondi‖campioni, ma solo con la Rimet, rispettivamente nel ‘30e nel ‘34. Primo novecento: il presidente Ordoñez è incarica e, nell‘ultimo lustro (1911-‘15), anche il―batllismo‖ ha contribuito a rendere questa terra in1894 (8 anni) ―La nena‖qualche modo illustre.Numerose leggi socialisono state già promulgatee, a tutti gli effetti,l‘Uruguay diviene il paesepiù progressista d‘America.Otto ore lavorativeconseguite nel 1915 eprevidenza sociale, inclusoper indigenti, approvatanel ‘19. Governa unpartito ―Colorado‖ non110OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


privo di riferimenti al socialismo, ma anche liberale, ditendenza laica ed anticlericale, prossimo agli interessidella borghesia urbana. I ―Blancos‖, nel localebipartitismo, sono l‘opposizione storicamente legata allatifondo e principi conservatori. Partiti minori, comequello Socialista e l‘Unione Civica, pur costituendosida inizio secolo, quinon avranno mai unconsistente seguito.Una legislazione dellafamiglia all‘avanguardia,con l‘introduzionedello strumento deldivorzio fin dal 1907, èuna realtà già tangibilein questo paese. Il 5giugno del 1914 DelmiraAgustini ottieneun pronunciamento disentenza e, da quel1904 (18 anni)momento, Enrique JobReyes diventerà il suo ex marito. Lo stesso mese, il 29,avviene l‘attentato di Serajevo e la conseguente primaguerra mondiale. Una settimana dopo, il 6 luglio, aMontevideo è una sera come le altre che vede Delmiradileguarsi, col favore della penombra, sulla Calle SanJosè, dove era tornata a risiedere con i genitori. Unpasso sostenuto, a tratti affrettato; va, a testa bassa,decisa, con un‘espressione malinconica ed incompresastampata sul volto, in un rituale che sembrerebbeessere stato già consumato molte altre volte. Traversatre isolati, poi volta sulla Calle des Andes e s‘intrufola inuno stabile, luogo di un probabile appuntamento. Di lì,non ne uscirà più viva. Poco più tardi, una sequenza dispari richiamerà l‘altrui attenzione: scatta l‘allarme.Giungono sul posto autorità e stampa. È nuda,prossima al letto, con le calze ancora scese; capaceancora, per i tempi, di suscitare meraviglia e scandalo.Enrique, trovato in fin di vita insieme a lei, non c‘è più,è stato portato d‘urgenza all‘ospedale, dove morirà unpaio d‘ore più tardi. Resta Delmira, sul pavimento,freddata con due colpi in testa all‘istante: la sua fotosubito immortalata dai giornali. ―Dramma orribile estrano‖ è il commento nello sgomento dell‘epoca per ilfatto e disorientati si resta anche oggigiorno per taluneconclusioni improntate dai cronisti: ―I due si amavano,erano la coppia ideale‖, suona, a dir poco, retorico ainostri tempi. Inoltre, scartabellando scartoffie, si scopreche il divorzio è stato da lei richiesto poco dopo ilmatrimonio e con procedura d‘urgenza per ―agraviosgraves‖. Delmira conosce Enrique a ventidue anni, unarelazione che dopo un quinquennio culmina con unmatrimonio, separazione e divorzio, pronunciato dopoappena sei mesi. Sua madre, per la cronaca, è contrariaalle nozze. La coppia, in ogni caso, continua a vedersiclandestinamente durante tutto il periodo del processo.Stesso grado sociale, ambedue provenienti da famiglieborghesi ed agiate ma, mentre Delmira va sempre piùaffermandosi come poetessa di gran talento tra gliintellettuali dell‘epoca, Enrique è tacciato di essere pocoincline al mondo artistico e lei stessa, separandosi, lodefinirà un ―vulgar‖. Ipotizzabile, come del resto hannoconcluso in molti, che il movente sia la gelosia. Di certovivevano grandi difficoltà nel loro rapporto amoroso e,forse, il ―vulgar‖ aveva tanta sensibilità che non riuscivaa trovare comprensione nei suoi confronti. In unalettera di Delmira, emergono i ricordi di come lui sioppose a possederla, quando fu lei a proporglielo.Uomo, in ogni caso, di un altro secolo, un sanguignoappassionato in una Montevideo che, nel non lontano1995, Sandro Veronesi percepiva ancora in una―concezione orgogliosamente antimoderna delladinamica sociale, fatalista, quasi risorgimentale‖.Nessuno ha potuto confermare appuntamenti diDelmira con altri uomini oltre a quelli con Enrique, iltutto limitato alla deduzione che, se fosse successo, lastampa lo avrebbe diffuso. Ma avrebbe mai permessouna famiglia importante, come quella di Delmira, unacosa del genere? Lei, non aveva di certo mancanza dipretendenti, aveva una grazia tale da abbagliare gliuomini, oltre indiscusse doti di comunicazione. Di fatto,Manuel Ugarte, scrittore argentino, viaggiatore e a suavolta seduttore, nel 1913 soggiorna a Montevideo e sivede con lei. In agosto partecipa, insieme ad altriintellettuali, alla cerimonia nuziale e come testimonedella sposa. Di lui, con il quale mantiene fittacorrispondenza, Delmira confiderà più tardi a Dario,padre del modernismo ed amico di entrambi, che èstato il tormento della sua prima notte di nozze. Moltedelle lettere inviate da Delmira ad Ugarte sono andateperse privandoci per sempre d‘importanti documenti.Taluni affermano distrutte dalla moglie di Manuel.Alberto Zum Felde non ha dubbi e la dichiara casta pertutta la vita precisando che ―mai nessun altro uomo,oltre suo marito, ha avuto tratti carnali con lei‖. CarlosVaz Ferriera si limita a commentare: ―com‘è arrivata asapere come a sentire quanto ha messo in certe pagineè qualcosa di completamente inesplicabile‖. Restal‘ipotesi di una probabile relazione frustrata e tracce direticenza da parte di Ugarte, uno spirito avventurieroche sembrerebbe non volersi troppo compromettere. Aproposito di gelosia, tarli, fantasmi o presunti tali, nel1882, in uno dei suoi più bei racconti intitolato ―Le fou‖,Maupassant scriveva: ―Ero geloso, ora, del cavallomuscoloso e veloce, geloso del vento che leaccarezzava il viso quando andava di corsa pazza;geloso delle foglie che baciavano, passando, i suoiorecchi; delle gocce di sole che le cadevano sulla fronteattraverso i rami; geloso della sella che la portava e chestringeva con le cosce‖. Ma torniamo ancora piùindietro, Delmira lascia un altro uomo, Amancio Sollers,per iniziare il suo fidanzamento con Enrique che, daquanto si evince dalle sue lettere a Dario, sembrerebbenon coinvolgerla troppo. Poi, durante il divorzio, nellacorrispondenza come nelle poesie, trapela un fortetrasporto, si notano timori e coinvolgimenti, tuttiincentrati sulla sua vita privata. L‘amore, attraverso unapassione ardente e controversa per Enrique,sembrerebbe venir fuori alla fine, trasformando suomarito in un amante attraverso incontri clandestini.Maupassant, il suo risvolto novellistico, lo descrive così:―gli avvicinai la canna della pistola all‘orecchio… e louccisi… come un uomo. Ma caddi io stesso, con il visosferzato da due colpi di scudiscio; e poiché ella siavventava di nuovo contro di me, la colpii nel ventrecon l‘altra pallottola che restava. Ditemi, sono pazzo?‖.È la morte che giunge restando sospesa tra la crudezzadegli eventi ed un mondo visionario, sensuale e lirico.111OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Una morte a lungo sedimentata nella ragione, comenella brama, di una coraggiosa ricerca dell‘amore,quello più completo, tanto viscerale quanto etereo,comunque perfetto.II. Un‘esistenza dissociata nella poesia1908 (22 anni)L‘Uruguay, molto primadel resto del mondo,accetta il divorzio,il rispetto per la dignitàdella donna (nel‘38, mentre noi vinciamoil secondo―mondiale‖, qui ledonne vanno avotare) ed una piùampia tolleranza versoil prossimo ma resta,tuttora, un paeserelativamente piccoloe con qualcosa diconservatore. La famiglia di Delmira, al di là del fatto diessere altolocata e di principi moderati nellaMontevideo dell‘epoca, adora ―la nena‖, appellativopreservato da Delmira anche crescendo, e non c‘è cosache le impedisca di fare. Ma ―la nena‖ si direbbe ancheubbidiente: è la bambina di casa in una famigliafunzionale e stabile. Il padre si occupa,prevalentemente, di mantenere una posizionebenestante, mentre la madre s‘inorgoglisce inun‘idolatria verso la figlia, in un rapporto che,inevitabilmente, crea dipendenza tra le due. Personalitàprotettrice e dominante è la figura materna mentre,puritanesimo e rettitudine, caratterizzano il padre.Rinchiusa nella comoda vita famigliare, rispettata neisuoi isolamenti di poeta, l‘educazione avviene all‘internodel nucleo famigliare. È la madre che provvedeall‘educazione basica della figlia. Il padre la istruisce inmusica e pittura. Vive così lontano da una vita direlazioni sociali, senza andare a scuola e giocare conaltri bambini. Inizia a prendere lezioni esterne soltantocon l‘adolescenza, specializzandosi in francese, musicae pittura. Affettuosa ed incline alla malinconia, è unabambina bella, bionda e con due occhi chiari, intensi edespressivi che, stando alle testimonianze di taluni,assumono colorazioni dal celeste al verde secondo laluce. Scriveva fin da allora, sotto la rigida vigilanza dellamadre che, oltre ad essere autoritaria, aveva risvoltimorbosi di gelosia nei confronti della figlia. Sembra chesia il padre a ricopiare, con pazienza, i disordinatiquaderni de ―la nena‖. Nel tempo si ritroverà atrascrivere i versi sempre più erotici che Delmira manmano compone. Ma ―la nena‖ cresce e, oltre ad essereintelligente e colta, assume anche un aspetto semprepiù attraente, marcatamente sensuale. Ha un corpoappariscente e, soprattutto, uno sguardo carico dierotismo, tanto da risultare imbarazzante e mettere insoggezione persino i genitori che non potevano, dicerto, ignorarlo. Alejandro Caceres insinua un progettofamigliare corredato di particolari consegne perprendersi cura della figlia prodigio e che includeva, trale altre, pratiche anticoncezionali. Silvia Molloycommenta l‘infantilismo deliberato che l‘autrice utilizzacome maschera di convenienza e protezione. MartinLopez, il suo insegnante di musica, ci conferma che erasottomessa a sua madre da sembrarne incatenata.Alberto Zum Felde afferma che, in presenza dellamadre, si mostrava ricattata ed esemplare cambiandocompletamente attitudini quando se ne andava. Non sipuò dire, quindi, che viva in un‘urna di cristallo, cirisulta che ha rapporti con sue coetanee, mantieneun‘amicizia personale con la scrittrice Maria EugeniaVaz Ferriera e corrispondenza con diversi altri letteraticontemporanei tra cui Ruben Dario, che poi conosceràpersonalmente. ―La nena‖, che non verrà mai meno,risponde agli schemi della società del momento ed èuna forma che Delmira preserva nella vita privata,mentre, dall‘altra, la scrittrice si cimenta piuttostoesplicitamente in tematiche sessuali. Si comporta moltodiversamente da quanto espone nei suoi versi,perlomeno così lascia intendere. La critica del tempo,non a caso, ha in qualche modo velato questasessualità che si pretende inesistente per le donnedell‘epoca. Nel tempo, molti studiosi asseriscono cheDelmira aveva una doppia personalità, alcuni addiritturamultiple. Ofelia Machado, in uno studio pubblicato nel1944, realizza ricerche e raccoglie testimonianze tra lepersone che hanno avuto contati con lei. Tutto1911 (25 anni)sembrerebbe coinciderein un modello esemplaredalla condotta impeccabile:amabile, rispettosa,attenta e cordiale,simpatica e brillante masenza essere provocatoria.Stando a quanto finora riportato, viene naturale,al giorno d‘oggi, interpretare il suo erotismocome un desiderio frustrato, frutto di passioni amoroseinappagate. Raramente, nelle sue poesie, possiamoidentificare un uomo, un volto, un‘identità definita;qualcuno ha cercato di spiegarlo in un amante ideale edastratto. È la poesia, in ogni caso, a dominarla: unaforma mistica del desiderio esposta con destrezzaallegorica, qualcosa che una donna doveva, per forza dicose, imparare in quei tempi. Convive in lei un erotismopoetico che non corrisponde all‘immagine della bambinacresciuta, quella inibita dalla forte pressione famigliare,soprattutto da quella che la vede assoggettata allafigura materna. ―La nena‖ si direbbe anche donna edimpiega immagini audaci e davvero poco convenzionaliper lasciarcelo intendere, immagini che manifestano isuoi impulsi amorosi, in forma attiva, identificandosiperciò all‘uomo. Ma ―La nena‖ non interagisce soltantocon i genitori, poiché è in questa veste che è solitarelazionarsi anche con Enrique, suo marito. Lui vive laDelmira che gli scrive lettere utilizzando espressionipuerili, ma ignorando, probabilmente, l‘altro aspettodella sua personalità, quello che sopravvive, tormentatoed intellettuale. È quello della donna che scrive poesie esi confronta con diversi artisti e critici dell‘epoca (RubenDario è il prediletto, in quanto da lei considerato suomaestro); dove la forma con cui si esprime scorre in112OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


uno stile più attento e profondo rispetto l‘altro, vezzosoed infantile. ―La nena‖, sottomessa ed affabile, e ladonna, ardimentosa e libera. La sua è una vita scissa,una dicotomia tra una condotta irreprensibile e l‘altroaspetto, quello innovativo ed inquietante, fatto dicelebrazione erotica nella poesia; un dualismo che siriscontra nell‘intimo, in pulsioni condivise e osteggiatetra corpo ed anima e nelle quali si ritrova impigliatasenza trovare un equilibrio. La sua è un‘esistenzadissociata nella poesia, una poesia pregna d‘immaginiche riflettono contraddizioni: domina una costante lottainteriore, si vive in una ragione opposta al sentimento,in un piacere tanto estatico quanto carnale ma maidisgiunto dal dolore. ―Riposa del suo fuoco, si purificadella sua fiamma‖ sono le parole con cui la salutòAlfonsina Storni, allora ventiduenne, in occasione dellasua morte. ―Preferirei quasi che non scrivesse‖ è unsignificativo commento, o strano presagio che si voglia,attribuito alla madre.III. Un caso nella poesiaL‘Uruguay, attraverso la figura di Delmira Agustini,apporta nuova linfa al contesto letterarioispanoamericano, è il paese dove si ravvisano i primipalesi tratti erotici nella poesia femminile. È qui che sirende possibile quel substrato culturale, contraddittorio1913 (27 anni) ritratta durante il matrimoniocon Enrique Job Reyesma permeabile, affinché un personaggio come leiprenda consistenza. Icona di progresso, emancipazioneed indipendenza, nondimeno femminile, fragile esensibile; è considerata una delle più straordinarie vocitra le donne e non solo della modernitàlatinoamericana. Per la cronaca, da noi le donne nel ‘46andranno a votare, mentre per i ―mondiali‖ gliuruguaiani dovranno attendere quelli del ‘50 (stranointreccio compartito tra ―due mondi‖ quello delle primequattro edizioni della coppa Rimet). È Ruben Dario inpersona a dare solennità al caso Agustini e, nel ‘12,durante il suo soggiorno a Montevideo, commenta a talproposito: ―Tra quante donne oggi scrivono in versi,nessuna mi ha impressionato nello spirito come DelmiraAgustini, per la sua anima senza veli ed il suo cuore infiore. È la prima volta che compare in lingua spagnolaun‘anima femminile nell‘orgoglio della verità della suainnocenza e del suo amore, per non essere SantaTeresa, nella sua esaltazione divina‖. Con ―Los calicesvacios‖, ultimo libro pubblicato in vita da Delmira, lostesso Dario curerà l‘introduzione ribadendo l‘aspettomistico del suo erotismo e sottolineandone lo spessorequale raro esempio d‘intuizione e genialità. Sono versi ―sinceri e poco meditati‖ è la definizione che ne dà lastessa Delmira in una nota alla prima edizione del ‘13.Arturo Sergio Visca, a proposito della sua scrittura, cidice: ―la sua non era una poesia mistica, bensì di sessopuro". Alberto Zum Felze, che realizza uno studio criticoper l‘edizione completa delle sue poesie, negasensualità alla poetica dell‘autrice definendolaintollerabile i tempi. Sostiene che, chi vede in Delmirasoltanto una poesia erotica, è preda di un grossoerrore; nei suoi versi c‘è un profondo erotismo, ma chetrascende la carne come pure la comprende. Al di làdelle interpretazioni, c‘è una mistica del sesso cheriporta alla memoria Anaïs Nin: tutta la volontà diaffrontare e determinare il proprio destino di donna eartista dando coraggiosamente forma all‘irrazionale,liberandosi da falsità e convenzioni. Ma qui siamo giànel pieno del ventesimo secolo e, attraverso ilfemminismo, cadono, palesemente, veli ed allegorie.L‘autrice, pur essendo saldamente ancorata a valori eriferimenti del modernismo, risente di certi modellieuropei formativi, soprattutto francesi, e di unlinguaggio ―intossicato‖ dal romanticismo, dovel‘erotismo libera spirito e corpo superando i limiti dellaricerca vincolata al solo divino, al puro ideale. Ilfenomeno modernista, perseguendo un desiderio diconoscenza della realtà attraverso la rivelazione delleforme ed interpretandone allo stesso tempo il mistero,è un percorso che agevola e sviluppa fortemente latrascendenza nel dialogo tra carnalità e spiritualitàintrapresa dall‘Agustini. El libro blanco (Frágil) e Cantosde la mañana, rispettivamente del 1907 e del ‘10, sonogli altri due precedenti libri pubblicati da lei in vita.Molte delle poesie contenute in queste raccolte sono giàuscite su riviste ed alcune sono state già tradotte anchein francese. Ma è nel 1902 che Delmira inizia la suaattività artistica attraverso la rivista ―La alborada‖, dovetiene una rubrica scrivendo sotto pseudonimo di Joujou.Ha solo sedici anni, ma inizia toccando subito temisociali, come quello del distacco delle donne dal mondoculturale (altro argomento tanto caro ad Anaïs Nin intempi più recenti). La sua è, indubbiamente, unafamiglia borghese colta, in grado di darle supporto estrumenti fin dalla più tenera età, e che, come per granparte della popolazione dell‘area, è di origini miste conascendenze italiane. Nello specifico, ci sono tracce di unnonno francese, l‘altro tedesco, mentre le due nonnesono già considerate come uruguaiane e la madre hasangue argentino. Era solita comporre di notte, al lumedi una candela o nel parco, dove si recava a passeggiooppure mentre suonava il piano, testimonianza,quest‘ultima, resa a Machado dal fratello, unico e dicinque anni più grande di lei. Dieci anni dopo la suamorte, nel 1924, Maximino Garcia, amico di famiglia,pubblica due volumi inediti: ―El rosario de Eros‖ e ―LosAstros del Abismo‖. Nell‘edizione de ―El rosario de Eros‖l‘editore include un racconto sulla vita di Delmiraintitolato ―Rumbo‖, dove si limita certa propensioneall‘esagerazione sentimentale e che, apparentemente, si113OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


direbbe redatto dalla famiglia. Sia come donna checome poeta, tutto converge in un'unica ricerca,affrontata oltre ogni limite e ragionevole rischio, tantoda trovare una tragica morte ad attenderla nel suocammino, e questo ―tutto‖, per lei, altro non era chel‘amore. Aveva nella sua anima un‘ansia della conquistadell‘inconquistabile, il desiderio di un amore perfetto,abbagliante. ―Tu che puoi tutto di me / In me deviessere Dio!‖ sono versi di una donna che potrebberivolgersi a Dio come se fosse un uomo e ad un uomocome se fosse Dio. Sono tematiche che non la vedonoper niente così lontana, se non geografica-mente, dallamistica di Rumi, il quale osa rappresentare Dio come―Sposa‖ met-tendoci però anche in guardia dallamisteriosa, totale ed assoluta forza chel‘amore è capace di sprigionare. Delmira celebra ilmistero dell‘erotismo, traversa le paludi di un anticobinomio: amore e morte. Vive con dolore il desiderioamoroso, una frustrazione che l‘accomuna con l‘anticomodello di Saffo. Lambisce, più che conseguire, unlivello mistico per un‘innocente predisposizione del suocuore ma, tuttavia, n‘è a sua volta vittima in una folliaintima ed implosiva, in tutto il masochismo cheasseconda nel tentativo assoluto di conseguire amore.Eros, non a caso, viene da lei definito ―padre cieco‖ efinisce col manifestarsi come una drammaticarivelazione. In ―Otra estirpe‖ ci sono immagini forti, chescorrono attraverso la fisicità ed i relativi simboli, conpiene allusioni ad un corpo ardente di passione,trasgressione e voluttuosità espressa nel linguaggiodegli uomini, una linea che vedrà poi scrittrici comeJuana de Ibarbourou (oltremodo Delmira è considerataanticipatrice delle tematiche del postmodernismo) maanche Sylvia Plath e la stessa Sexton… Passione che,nondimeno, è espressa con un ideale d‘innocenza,come nel caso di ―En silencio‖, aspersa tra i sogni, perinfonderci della sacra ebbrezza (―La miel‖) ma che èanche regale e oscura, progenie di una specie che sinutre di pianto (―El vampiro‖). Valutare i confini tra lasua esperienza carnale e l‘erotismo fantasticato, èargomento lontano dal nostro attuale mondo e modo dipensare, quindi da percepire in quel contesto, nell‘alonedi leggenda che quei tempi hanno reso comunquepossibile. Resta, dopotutto, quel che doveva restare: isuoi versi, mai logori al di là del tempo, sempre sublimie disarmanti, qualcosa di misterioso e che non si potràmai fino in fondo spiegare. Resta una spontanea graziadevoluta in tutta la sua ossessione erotica, la memoriadi una donna molto audace, un‘anima tempestosa espettacolare, capace di portare alla luce il più remotointimo rendendone partecipe il lettore.1914 (28 anni) ripresa dai giornalisti accorsi sul posto dopola sua tragica fineDELMIRA AGUSTINI [1886 – 1914] BIBLIOGRAFIAOpere:El libro blanco (Frágil). Montevideo: O.M.Bertani -1907Cantos de la mañana. Montevideo: O.M.Bertani - 1910Los cálices vacíos. Montevideo: O.M.Bertani – 1913Parra del Riego, Juan, Antologםa de Poetisas AmericanasClaudio Garcia, editor. Montevideo. 1923. Pבginas 27-52.Obras Completas - Tomo I - El rosario de ErosMaximino Garcia, Editor. Montevideo. – 1924Obras Completas - Tomo II - Los Astros del AbismoMaximino Garcia, Editor. Montevideo. 1924.Obras poéticas. 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La copa del amor¡Bebamos juntos en la copa egregia!Raro licor se ofrenda a nuestras almas,¡Abran mis rosas su frescura regiaa la sombra indeleble de tus palmas!Tú despertaste mi alma adormecidaen la tumba silente de las horas;a ti la primer sangre de mi vida¡En los vasos de luz de mis auroras!¡Ah! tu voz vino a recamar de oromis lóbregos silencios; tú rompisteel gran hilo de perlas de mi lloro,y al sol naciente mi horizonte abriste.Por ti, en mi oriente nocturnal, la auroratendió el temblor rosado de su tul;así en las sombras de la vida ahora,yo te abro el alma como un cielo azul.¡Ah, yo me siento abrir como una rosa!Ven a beber mis mieles soberanas:¡yo soy la copa del amor pomposaque engarzará en tus manos sobrehumanas!La copa erige su esplendor de llama...¡Con qué hechizo en tus manos brillaría!Su misteriosa exquisitez reclamadedos de ensueño y labios de armonía.Tómala y bebe, que la gloria dorael idilio de luz de nuestras almas;¡marchítense las rosas de mi auroraa la sombra indeleble de tus palmas!Il calice dell‘amoreInebriamoci, uniti nell‘insigne calice!Raro liquore in offerta alle nostre anime,rivelino le mie rose la règia frescuraall‘ombra indelebile dei tuoi palmi!Fosti tu, nella silente tomba delle ore,a destare la mia anima assopita;a te il primo sangue della mia vitanelle coppe di luce delle mie aurore!Ah! La tua voce, vino a ornare d‘oroi miei tenebrosi silenzi; tu rompestiil gran filo di perle del mio pianto,all‘alba dischiudesti il mio orizzonte.Per te, nel mio levante oscuro, l‘auroradistese il rosato fremito del suo tùlle;tanto che ora, nelle ombre della vita,spalanco l‘anima come un cielo azzurro.Ah, mi sento aprire come una rosa!Vieni a suggere i miei regali mieli:sono, dell‘amor, la coppa sfarzosache si poserà tra le tue mani divine.Il calice innalza il suo splendor di fiamma…Che sortilegio nelle tue mani sarebbe!La sua misteriosa delicatezza reclamadita di fantasia e labbra di armonia.Prendilo, che nella gloria s'indoril‘idillio di luce delle nostre anime;le rose della mia aurora si velanoall‘ombra indelebile dei tuoi palmi!El VampiroEn el regazo de la tarde tristeYo invoqué tu dolor... Sentirlo eraSentirte el corazón! PalidecisteHasta la voz, tus párpados de cera,Bajaron y callaste y parecisteOír pasar la Muerte... Yo que abrieraTu herida mordí en ella ¿me sentiste?Como en el oro de un panal mordiera!Y exprimí más, traidora, dulcementeTu corazón herido mortalmente,Por la cruel daga rara y exquisitaDe un mal sin nombre, hasta sangrarlo en llanto!Y las mil bocas de mi sed malditaTendí á esa fuente abierta en tu quebranto.…………………………………………………¿Por qué fui tu vampiro de amargura?¿Soy flor ó estirpe de una especie obscuraQue come llagas y que bebe el llanto?Il vampiroNel grembo della triste serainvocai il tuo dolore…Sentirlo eracoglierti il cuore! Impallidistidel battito delle tue palpebre di cera.Scesero e tacesti, sembrastisentir passar la morte…Che aprissila tua ferita addentandola, mi sentisti?Come mordessi nell‘oro di un favo!E, dolcemente, strinsi forte, traditrice,Il tuo cuore già mortalmente feritodalla crudele spada, rara e squisita,di un male senza nome per sanguinarlo in pianto!E le mille bocche della mia sete maledettasi protesero alla fonte nel tuo strazio aperta.…………………………………………………Perché fui il tuo vampiro d‘amarezza?Sono fiore o stirpe di una specie oscurache divora piaghe e si nutre di pianto115OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


La mielBusca en la miel de lo sueñosSagrada Embriaguez. Sin ceñosSe abre a ti la mar dorada.Boga, Simbad de lo sueños!Peregrino de una hadaCruza climas halagüeñosLleva tu boca enmeladaAl beso de miel del hada.¡La suma miel! Mas tú tocaUn punto la maga bocaY alza un dique de diamanteEntre ella y tu golosina.-Goza la flor un instanteY... cuidando de la espina.Il mieleCerca nel miele dei sognila sacra ebbrezza. Senza più crucciti si apre un mare indorato.Voga, Simbad dei sogni!Peregrino di un‘incantatriceche attraversa lusinghieri statiporta la tua bocca addolcitaal mieloso bacio della fata.Eccelso miele! Accarezziun punto della bocca fatata.Si erige una diga di diamantetra lei e la tua prelibatezza.- Gioisce il fiore per un istante….facendo attenzione alla spina.Otra estirpeEros, yo quiero guiarte, Padre ciego...pido a tus manos todopoderosas¡su cuerpo excelso derramado en fuegosobre mi cuerpo desmayado en rosas!La eléctrica corola que hoy despliegobrinda el nectario de un jardín de Esposas;para sus buitres en mi carne entregotodo un enjambre de palomas rosas.Da a las dos sierpes de su abrazo, crueles,mi gran tallo febril... Absintio, mieles,viérteme de sus venas, de su boca...¡Así tendida, soy un surco ardientedonde puede nutrirse la simientede otra estirpe sublimemente loca!Un‘altra stirpeEros, voglio guidarti, Padre cieco…chiedo alle tue onnipotenti maniIl suo eccelso corpo cosparso in fuocosopra il mio, consumatosi in rose!L‘elettrica corolla che oggi dispiegobrinda al nettare di un giardino di Sposi;per i suoi avvoltoi la mia carne consegnoin tutto uno sciame di colombe rosa.Alle due serpi del suo abbraccio, crudeli,dà il mio febbricitante stelo…Assenzio, miele,versami nelle sue vene, nella sua bocca…Così protesa, sono un cocente solcodove nutrirsi potrà la sementedi un‘altra folle, sublime stirpe!El silencio...Por tus manos indolentesMi cabello se desfloca;Sufro vértigos ardientesPor las dos tazas de mokaDe tus pupilas calientes;Me vuelvo peor que locaPor la crema de tus dientesEn las fresas de tu boca;En llamas me despedazoPor engarzarme en tu abrazo,Y me calcina el delirioCuando me yergo en tu vida,Toda de blanco vestida,Toda sahumada de lirio!Il silenzio…Per le tue indolenti maniIl mio capello svigorisce;soffro ardenti vertiginiper le due tazze di mokadelle tue pupille calde;più che mai pazza diventoper la crema dei tuoi dentinelle fragole della tua bocca;tra le fiamme mi logoroper legarmi al tuo abbraccio,e mi calcina il delirioquando mi ergo nella tua vita,tutta di bianco vestita,aromatizzata al giglio!Traduzioni di © Enrico Pietrangeli– Diritti riservati – 2005116OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


José Maria Heredia (1803- 1839)INMORTALIDADCuando en el éter fúlgido y serenoArden los astros por la noche umbría,El pecho de feliz melancolíaY confuso pavor siéntese lleno.¡Ay! ¡así girarán cuando en el senoDuerma yo inmóvil de la tumba fría!...Entre el orgullo y la flaqueza míaCon ansia inútil suspirando peno,Pero ¿qué digo? - Irrevocable suerteTambién los astros a morir destina,Y verán por la edad su luz nublada.Mas superior al tiempo y a la muerteMi alma, verá del mundo la ruina,A la futura eternidad ligada.José Maria Heredia (1803- 1839)HALHATATLANSÁGMikor a vakítón tiszta égi térbensettenkednek éjszakai árnyak,a kebelben a mélabús vágyak,valami zavaros félelmeken élnek.Jaj, amikor zendül ott belül a lélekmintha idegen sírban feszengne,büszkeség és erőtlenség benne,hasztalan tovább rettegve és félve.Ámde jön a megváltoztathatatlan,a haláltól még a csillagok is félneks meglátja a fényt bár hány éves korában.Az idő felett már a vég, a halál van,egyszer vége lesz az emberi létnek,s jövője már az örökkévalóságban.Fordította © Hollóssy Tóth KláraJosé Maria Heredia (1803- 1839)IMMORTALITÀQuando nel fulgido e sereno etereArdono le stelle delle ombrose tenebreDalla felice malinconia e dal timoreSi sente turbato del tutto il cuore.Ahi, se l‘anima nell‘intimo fa tumultiContro l‘inerte sonno nei freddi tumuli!...Tra l‘orgoglio e la mia impotenzaCon l‘ansia è inutile la penitenza.Ma che dico? - È irrevocabile la sorte,Anche le stelle son destinate alla morte,E si vedrà la luce da rannuvolata vita.Al di sopra del tempo e della morte,L‘anima mia andrà in rovina nella sorte,Alla futura eternità sarà unita.Traduzione di © Melinda B. Tamás-TarrJosé Maria Heredia (1803- 1839)HALHATATLANSÁGMikor a vakító és derült égenAz árnyas éjek csillagai égnek,Boldog mélabútól és rettegéstőlZaklatott érzés szakad fel a szívből.Jaj, ha belülről fellázad a lélekA fagyos sírban a rest álom ellen!...Büszkeségből és tehetetlenségbőlHaszontalan a vezeklés rettegőn.Mit mondjak? – A sors elkerülhetetlen,És a haláltól egy csillag sem mentes,S majd látja a fényt sötét életében.Az időn s a halálon túli térbenA lelkemre a sorsadta végzet vár,S egyesül a jövendő örökléttel.Fordította © Melinda B. Tamás-TarrEnrico Pietrangeli (1961) — RomaNON È L‘AMORE...Non è l‘amore che non trovo,è un sentire morto, annichilito,pavido desiderio appassito.Non è l‘amore che non trovo,è la paura dei sentimentitra impalpabili, ordinari orrori.Non è l‘amore che non trovo,è una nauseante umanitàper cui vomito inchiostro.Non è l‘amore che non trovo,è l‘arido fondo di una coppadove non scorre più il suo vino.Fonte/Forrás: Enrico Pietrangeli, «Ad Istambul, tra lepubbliche intimità», Edizioni Il Foglio, Piombino (Li), 2007Enrico Pietrangeli (1961) — RomaNEM A SZERELEM...Nem a szerelem az, mit nem lelek,egy kihunyt, kiirtott érzést észlelek,egy rettegő, lelohadt epedést.Nem a szerelem az, mit nem lelek,érzelmektől való félelmet észlelek,láthatatlan, szokott rémtetteket.Nem a szerelem az, mit nem lelek,egy hányadék emberiséget észlelek,melytől szurkot okádva öklendek.Nem a szerelem az, mit nem lelek,kiszáradt kupaaljat észlelek,melyből bor többé nem cseppen.Traduzione di © Melinda B. Tamás-Tarr117OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Tábory Maxim (1924) — Kinston (NC – U.S.A.)DECEMBERI HAJNAL¹Jókai AnnánakMa derült a december.E telt téli nap a szívünk.A csönd megáld és szentel.Szemünkből lelkünk sugárzik.Hideg, határtalan, kék Tisztaság,Az égbolt tárul felettünk.Bennünk egyesültek nyelvek, hazák.Szellemünk Magasba szárnyal.Most egy vággyal sóhajtunk és az egetNézzük mindenütt, a Jövő elé,Vagy mélyünkbe merült bánatunk megett.Vele leszünk - Beteljesülésben.És megszűntünk én lenniMert millió él Belőlük Bennünk.Mind a szívünkből leng ki,Mint éj-ágyból ébredő porszemek.Ezer helyen, bár köddel van hintve,Néha, ha fellángol életünkA Végtelent érezzük és szinteMagunk fölé növünk olyankor.Nem ismerjük egymást, de este, vagy hajnalbanÁthat minket közös küldetésünk.Együtt, értük, csak értük imádkozunk halkan...Távoli szívükhöz szárnyal imánk.¹ Szerzői mgj.: „Bennünk egyesültek...‖ – a költők, művészekgondolatban egyesültek és a világ a hazájuk. „BelőlükBennünk‖ – mert rajtunk keresztül embermilliók bensőmagukraismerhetnek.Fonte/Forrás: Ombra e Luce di Maxim Tábory, EdizioneO.L.F.A. Ferrara, <strong>2010</strong>, pp. 124, € 23,00Maxim Tábory (1924) — Kinston (NC – U.S.A.)L‘ALBA DI DICEMBRE¹Ad Anna JókaiDicembre è sereno nel primo alboreE pieno d‘inverno è il nostro cuore.Il silenzio ci benedice e santifica,L‘anima s‘irradia dai nostri occhi.Il cielo dispensa immane freddo,Azzurro Chiarore in alto si distende.Lingue e patrie divengono tutt‘unoE il nostro spirito elevato volteggia.Con anelito sospiriamo e scrutiamoOvunque il cielo, davanti al Venturo,Oppure, dietro lo strazio interiore,Con esso saremo nell‘Adempimento.Come l‘io cessati noi siamoPerché un milione di Entità in Noi vive.Tutto questo aleggia dal nostro cuoreDi notte, al risveglio, in granelli di polvere.In mille luoghi, anche se avvolti dalla nebbia,La nostra vita talvolta s‘incendia,avvertiamo l‘Infinito e, in quel momento,Diveniamo quasi più grandi di noi.Non ci conosciamo ma, alba o sera,una comune missione ci conduce.Insieme, solo per loro preghiamo, a bassa voce...Vola un‘orazione verso il lontano cuore.¹ N.d.A.: «Lingue e patrie divengono tutt‘uno...», ovvero ipoeti e gli artisti si sono uniti ed il mondo è la loro patria; «unmilione di Esso in Noi» è perché attraverso di noi milioni diuomini riconoscono l‘interiorità di se stessi.Traduzione di © Melinda B. Tamás-TarrJuana Castro è nata a Villanueva deCordoba, Spagna, nel 1945. È una dellevoci più significative della poesia spagnolacontemporanea.Professoressa speciazlizzata in educazioneinfantile, è Membro della Real Academia deCordoba de Ciencias, Bellas Letras y NoblesArtes. Collabora a diverse riviste letterariecon articoli e critica letteraria. È inoltretraduttrice dall‘italiano. Ha ottenuto importanti preminel campo della poesia e della narrativa, fra questi ilPremio Juan Alcaide; il Premio Juan Ramón Jiménez; ilPremio Carmen Conde e il Premio San Juan de la Cruz..In Italia, suoi testi sono stati pubblicati nella rivistaPoesia, e nei volumi antologici Memoria della LuceIl maschio (Zagal)(Levante Editore, 1996 a cura di EmilioCoco) e Calice e Altre Poesie (Via del Vento2001).Dal libro: Del color de los Ríos, JuanaCastro,Collección Esquío de Poesía, Spagna, 2000Juana Castro (1945, Villanueva de Cordoba) spanyolköltőnő nevével Daniela Raimondi honlapjántalálkoztam az év elején. Az ő olasz fordításainak hála,meg is érthettem a többszörös irodalmi díjnyertes hölgy2000-ben megjelent Del color de los Ríos címűkötetéből válogatott verseket. A szövegeket olvasvamindenféle jelző eszembe jutott, többek között, hogykülönösek, őszinték, de szépek és emlékekkel telik is.A fiú (Zagal)Sono il maschio, perché morì mia madre.A kölyök vagyok, aki miatt anyám halott.Mi diedero indumenti da maschio per vestirmi:Fiúruhákat adtak rám, mondván: „ezekben járj!‖camicia, pantoloni di pannoVászonnadrágot, meg inget,118OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


e delle scarpe rustiche che mi affaticano il passo.Porto come me una fionda, un bastone ricurvo, e curole pecorementre apro la bisaccia e lascio l‘impronta dei dentinell‘oscura durezza del panee nella mezza forma di formaggio venata di grasso.Mi fanno compagnia il mio cane e la pauraperché il giorno è immenso,il campo infinito, e i miei sopracalzoni di cuoiomi pesano come pietre sulla carne.s durva cipőt is, mely elcsigázza a léptet.Hordom, akár a csúzlit vagy a görbebotot,mikor a birkákra vigyázok.Ha kinyitom a tarisznyát, fogam nyomothagy a kenyér kemény, sötét héján,az erezett, zsíros sajt félholdján.Társam csupán a kutyám, és a félelem,mert napjaim mérhetetlenek,a rét végtelen, s a bőrharisnyámoly‘ nehéz, akár a húsbavágó kövek.Le trecce (Las trenzas)Mia zia mi ha tagliato le trecce.Lei diceque un ragazzo si deve pettinare in fretta.E spingo la mula, e raccolgo ghiande,e trascino i sacchi di avena sul petto,e ho manicoperte di calli, nerecome il corpo di mio padre e gli occhidei rospi che saltanonella pioggia e nel pozzo.Copfok (Las trenzas)Nagynéném vágta le a copfom,mondván,egy fiúnak gyorsan kell fésülködnie.Hajtom hát az öszvért, gyűjtöm a makkot,mellemen cipelem a zabos zsákot,a kezemethólyagok borítják, mely fekete,akár apám teste,az esőn vagy a kútnál ugrálóvarangyok szeme.Il puledro bianco (El potro blanco)Ha ragione lei, e lo specchioche stasera ha riflesso la mia immagine.— Guardati, tu non sei un uomo.Gli uomini non hanno maiquesta febbre negli occhi, né le coscegli fioriscono rotonde, né sul senogli crescono due bottonieretti come isole dietro la camicia.— Guardati.E io mi guardo,mentre mi denudotogliendomi di dosso i tristi indumenti da lavoro.E allora il mio corpo appare, senza che io lo convochi,uguale al gigliodi sole e alla radiante mela della carne,come nel miracolodel primo puledro bianco mentre escedal corpo di sua madre.Traduzione di © Daniela RaimondiA fehér csikó (El potro blanco)Neki van igaza, és a tükörnek,mely ma este az én képem veri vissza.Nézz magadra, te nem férfi vagy!Férfiaknak sosem égilyen láz a szemükben, a combjuk semvirágzik ily‘ kereken, a mellükön semnő az ingük mögött kétgombszerű domború sziget.Nézd meg magad!Én pedig néztem magam,míg levetkőztem,letolva magamról a szomorú munkásruhákat.És akkor a testem akaratlanul is olyannak tűnt,mint egy aranyliliom,húsból nőtt ragyogó alma,mint az elsőfehér csikó a mondában, mikor az anyjatestét maga mögött tudta.Traduzione dall‘italiano in ungherese di © Olga ErdősDaniela Raimondi (1956) — Londra06:53Chiusa in questo rosso che respira,la rosa di vetronel fragilissimo centro del petto.Solo così io esisto:in questo suono scuro, dolce come sangue.Daniela Raimondi (1956) — London06:53Az üvegrózsa be van zárvae lélegző vörösbe,a törékeny mellkas közepébe.Én is így létezem csak:ebben az érdes-édes hangban, mely mint a vér, olyan.119OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Il guanto della notte sfiora il mio corpo,rimuove il velo funebre del buio.Il nuovo giorno nascein una ciotola d‘azzurro.Tocco di nuovo il mondocon le mie mani primitive.Oggi vivrò senza fatica.Bacerò la bocca rossa del giorno,getterò piccoli sassinei cerchi infiniti dell‘acqua.(Anteprima dal «Diario della Luce», Libro-CD, EdizioniMobydick, gennaio <strong>2011</strong>)Végigsimít testemen az éj kesztyűje,a sötétség gyászfátylát fellebbentve.Az új napégszínkék csuporból virrad.Egyszerű kezeim ismétmegérintik a világot.Ma könnyedén élek.A nap vörös ajkát csókolom majd,s apró köveket veteka víz végtelen gyűrűibe.A vers a költőnő <strong>2011</strong>. januárjában megjelenő «A Fénynaplója» – «Diario della Luce» – című kötetében jelenik meg.Traduzione di © Olga Erdős________L‘Arcobaleno________Rubrica degli Immigrati Stranieri in ItaliaoppureAutori Stranieri d‘altrove che scrivono e traducono in italianoMelinda B. Tamás-Tarr (1953) —FerraraEXTRA HUNGARIAM NON ESTVITA. SI EST VITA NON ESTITA... (Miscellanea 1983-<strong>2010</strong>)I. Una piccola (parziale)collezione dei rifiuti... (carteggio,stampa...)Dopo nove anni del suo arrivo, nel sotto citato«Giornalista Oggi» (1992) si legge un titolo: «Ancheuna professoressa di letteratura ungherese ha voluto afare la giornalista» Poi si prosegue: «Tra i tantissimiesercizi che ci sono arrivati, pubblichiamo anche quellodi una signora che insegna lingua, letteratura, storia emusica ungherese. La sua prova naturalmente è piùche soddisfacente… La singora Melinda Tamás-Tarr,abitante a Ferrara, è una signora ungherese cheinsegna lingue, letteratura, storia, musica del suoPaese. Ma evidentemente sente anche lei il fascino delgiornalismo e ci ha inviato un articolo sul tema dellasolidarietà. La professoressa scrive indubbiamentebene, ci mancherebbe altro, e crediamo che nondovrebbe avere difficoltà a trovare un giornale cheospiti i suoi pezzi.»......................................................Beh, non è stato così! Per le sue richieste eccoalcune risposte scelte tra i tantissimi rifiuti delle testategiornalistiche e delle case editrici che dal 1992 si sonoripetute con lo stesso contenuto (non parlando oradegli altri settori):«Con riferimento al Suo fax…, ci spiace informarla chestampiamo solo un'agenda guindicinale di 10 facciate,che comporta una limitatissima collaborazione per laquale siamo abbondantamente coperti. Con i migliorisaluti. Ecostampa»«Gentile Signora, riceviamo la sua offerta dicollaborazione al nostro giornale. E di questo laringraziamo. Purtroppo però in questo momento non cisono le condizioni per corrispondere alla sua offerta. Neterremo percò sicuramente conto appena se nepresenterà l'opportunità. Nel frattempo voglia gradire imiei più cordiali saluti. Redazione 'Il Sabato'»«Gentile Dottoressa, diamo riscontro al Suo fax einnanzi tutto La ringraziamo sentitemente per essersirivolta alla nostra Casa Editrice per proporre la Suacollaborazione. Le assicuriamo che terremo in evidenzail suo nominativo e, non appena se ne presenteràl'occasione, sarà nostra cura metterci in contatto conLei per fissare un colloquio preliminare. Grati per lafiducia accordataci, Le porgiamo molti cordiali saluti. G.D'Anna Editrice.»«Gentile professoressa, la ringraziamo per la sualettera, tuttavia siamo purtroppo spiacenti di non poteraccogliere la sua richiesta di collaborazione al nostrogiornale, poiché attualmente l'organico è al completo néprevediamo per il momento di allargare i quadri. Laringraziamo comunque di aver pensato a noi e leinviamo cordiali saluti. Il segretario di Redazione 'LaRepubblica'»«Gentile professoressa, La ringraziamo per la Suacortese offerta di collaborare con la nostra Casa ma almomento non abbiamo purtroppo la possibilità diavvalerci della Sua esperienza e disponibilità essendo ilnostro organico più che al completo. Terremo inevidenza il Suo nominativo per eventuali futurenecessità che dovessero presentarsi. Con rinnovatiringraziamenti La preghiamo gradire i nostri saluti piùcordiali. Incaricato del Gruppo U. Mursia Editore»«Gentile Professoressa, con riferimento alla Sua corteselettera siamo spiacenti di informarla che la Suaproposta non interessa il nostro programma editoriale.Ringraziandola, con i nostri migliori saluti. AdelphyEdizioni.»«Gentile signora, accogliamo con interesse la sua del 15maggio u. s. e le comunichiamo che abbiamo presodella sua disponibilità. Per il momento la nostra Societàè al completo di personale e servizi, tuttavia, in ragionedi un prossimo sviluppo di lavoro, non escludiamol'ipotesi di poterla interpellare in seguito. Voglia gradirei nostri distinti saluti, TOMO Edizione.»120OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


«Con riferimento al Suo fax…, ci spiace informarla chestampiamo solo un'agenda guindicinale di 10 facciate,che comporta una limitatissima collaborazione per laquale siamo abbondantamente coperti. Con i migliorisaluti. Ecostampa»«Gentile Signora, riceviamo la sua offerta dicollaborazione al nostro giornale. E di questo laringraziamo. Purtroppo però in questo momento non cisono le condizioni per corrispondere alla sua offerta. Neterremo percò sicuramente conto appena se nepresenterà l'opportunità. Nel frattempo voglia gradire imiei più cordiali saluti. Redazione 'Il Sabato'»«Gentile Dottoressa, diamo riscontro al Suo fax einnanzi tutto La ringraziamo sentitemente per essersirivolta alla nostra Casa Editrice per proporre la Suacollaborazione. Le assicuriamo che terremo in evidenzail suo nominativo e, non appena se ne presenteràl'occasione, sarà nostra cura metterci in contatto conLei per fissare un colloquio preliminare. Grati per lafiducia accordataci, Le porgiamo molti cordiali saluti. G.D'Anna Editrice.»«Gentile professoressa, la ringraziamo per la sualettera, tuttavia siamo purtroppo spiacenti di non poteraccogliere la sua richiesta di collaborazione al nostrogiornale, poiché attualmente l'organico è al completo néprevediamo per il momento di allargare i quadri. Laringraziamo comunque di aver pensato a noi e leinviamo cordiali saluti. Il segretario di Redazione 'LaRepubblica'»«Gentile professoressa, La ringraziamo per la Suacortese offerta di collaborare con la nostra Casa ma almomento non abbiamo purtroppo la possibilità diavvalerci della Sua esperienza e disponibilità essendo ilnostro organico più che al completo. Terremo inevidenza il Suo nominativo per eventuali futurenecessità che dovessero presentarsi. Con rinnovatiringraziamenti La preghiamo gradire i nostri saluti piùcordiali. Incaricato del Gruppo U. Mursia Editore»«Gentile Professoressa, con riferimento alla Sua corteselettera siamo spiacenti di informarla che la Suaproposta non interessa il nostro programma editoriale.Ringraziandola, con i nostri migliori saluti. AdelphyEdizioni.»«Gentile signora, accogliamo con interesse la sua del 15maggio u. s. e le comunichiamo che abbiamo presodella sua disponibilità. Per il momento la nostra Societàè al completo di personale e servizi, tuttavia, in ragionedi un prossimo sviluppo di lavoro, non escludiamol'ipotesi di poterla interpellare in seguito. Voglia gradirei nostri distinti saluti, TOMO Edizione.»«Gentile Signora Melinda, per incarico del direttore, laringraziamo per la sua offerta di colaborazione con ilnostro giornale. Nonostante il suo lusinghierocurriculum la direzione ha deciso di non accettare la suaproposta perché, al momento, il nostro organico diredazione risulta completo. Le terremo inconsiderazione per eventuali necessità future. Vogliagradire i nostri migliori saluti. Segretario di redazione 'ilGiornale'»«Gentile signora, a nome del direttore la ringrazio perla sua offerta di collaborazione che terremo in evidenzaper il futuro. Cordiali saluti. Segretario della Redazionedel 'Corriere della Sera'»Da allora, fino ad oggi, la sua proposta dicollaborazione la stanno tenendo in evidenza per ilfuturo…(sic!) Intanto gli anni sono passati, passano epasseranno ancora!…Per questo motivo l'«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>», [...] èstata fondata [...] senza una lira di appoggio, dalleproprie forze e dalla passione professionale per dare -oltre alla valorizzazione degli autori esordienti o pococonosciuti - una ragione per la sua esistenzaprofessionale ed intellettuale [...], dato che la CittàEstense e le altre regioni, dopo lunghi anni non lehanno offerto alcuna possobilità lavorativacostringendola alle soluzioni 'fai da te'.La situazione non è cambiata affatto, è la stessa,soltanto le circostanze sono diverse: adesso si riguardala sorte della rivista. Ecco tre risposte all‘appello del 26marzo 1998 inviato qua e là:«Milano, 30 marzo 1998 - messaggio telefax: Ho lettocon grande interesse la Sua rivista di alto livello, anchese mi rincresce che il nostro Consolato non possaintervenire concretamente nelle spese. Auguriamo a Leiulteriori successi, porgo distinti saluti: Dott. SólyomGábor, Console Generale»«Bologna, 30 aprile 1998 - Alla cortese attenzione delProf. Melinda Tamás-Tarr Bonani c/o RedazioneO.L.F.A.Con la presente si risponde alla accorata richiesta disostegno della sua impresa editoriale ammirevole ecoraggiosa, ma in cui non si riscontrano gli elementinecessari per un intervento della nostraamministrazione. Le sagnaliamo però che suoiinterlocutori più adeguati alla sua impresa possonoessere le biblioteche, pubbliche o private cheincentivano fondi librari ed emeroteche sulla letteratura,per cui potrebbero avere un differente interesse aprendere in considerazione le sue esigenze.Augurandole buon lavoro, inviamo distinti saluti. Prof.Roberto Grandi, l'Assessore alla Cultura, Comune diBologna»«Gentile Signora, il direttore ha ricevuto la sua lettera emi prega di ringraziarla per l'attenzione verso il nostro«Roma, 03 aprile 1998giornale. In questo momento, purtroppo, non possiamoGentile Professoressa, rispondo alla lettera da Leiavviare nuove forme di collaborazione in quantoinviata al Presidente della Repubblica per segnalargli leabbiamo appena ultimato l'assorbimento dei colleghi didifficoltà di carattere economico relative alla pubblicazionedella rivista culturale "<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> -Stampa Sera, quotidiano non più in edicola dall'apriledell'anno scorso. Di conseguenza i nostri quadriFerrara e l'Altrove".redazionali sono più che al completo. Teniamo in buonaAl riguardo, debbo comunicarLe che questoevidenza la sua proposta nel caso in cui, in futuro,Segretariato Generale non dispone di specifichedovesse presentarsi qualche buona occasione. Buoncompetenze né di dirette risorse da destinare alavoro e cordiali saluti.»sostegno di iniziative culturali, indipendentemente dalrilievo delle stesse.121OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Nel rammarico di non aver potuto accogliere l'auspiciomanifestato, Le invio i migliori saluti ed auguri per ilSuo impegno culturale. Gianfranca Pirisi»Ma se i competenti fossero stati sensibili per ilproblema, motivati di buona volontà e di sensoumanitario e civico, avrebbero potuto fare qualcosa,almeno indicare una strada praticabile, o dare qualcheutile consiglio di soluzione. Questo fatto è avvenutosoltanto nella risposta dell'Assessore bolognese. Peròuna cosa è certamente positiva che questi signorihanno almeno risposto ma il Presidente dellaRepubblica d'Ungheria, il Magnifico Rettore FabioRoversi-Monaco, il Prof. József Pál P.H.D., DirettoreScientifico dell'Accademia d'Ungheria di Roma, l'exPresidente del Consiglio Romano Prodi, SilvioBerlusconi, l'ex sindaco di Ferrara Roberto Soffritti, loscrittore locale Roberto Pazzi, recentemente decedutoGianfranco Rossi - quest'ultimo lo conoscevo anchepersonalmente -, il direttore della Cassa di Risparmio diFerrara (che ha un fondo da destinare per le iniziativeculturali), molte biblioteche (100) d'Italia, la RadioRAI1 e tanti altri personaggi ed enti - si potrebbeelencarli ancora - fino ad oggi si sono chiusiermeticamente nel loro guscio di silenzio testimoniandouna grande maleducazione, insensibilità, mancanza didovere e un'assoluto disinteresse per un singolocittadino qualsiasi e per i suoi problemi e sacrifici…Potevano rispondere almeno formalmente - di buonaeducazione - almeno per ringraziare le copie delperiodico inviate in omaggio… [N.d.A.: Si tratta delfascicolo <strong>Anno</strong> II. N. 3 1998, con copertina a colori colfotomontaggio delle immagini della cerimonia solenne da mescattate durante la consegna della Laurea Honoris Causa adÁrpád Göncz, presidente della Repubblica d'Ungheria, in cui èinserita anche una mia foto.]Però, l‘«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>» è ancora qui tra noinonostante le gravi condizioni d'esistenza. È una rivistasenza scopo di lucro, non gode delle sponsorizzazioni:quindi viene finanziata principalmente dagli abbonamenti,dalle iniziative letterarie e dalle pubblicazionidelle antologie e dei quaderni letterari deiPremi/Concorsi come rimborso spese di realizzazione.Le difficoltà finanziarie che comportano le spese delleedizioni artigiane e delle distribuzioni agli abbonati sonostate alleviate grazie ad un piccolo compenso ricevutodalla Navale in cambio per la pubblicità in ogni mesed'uscita del fascicolo nuovo - che però probabilmentecesserà - ed all'Abbonamento Ente. Dalla nascita diquesta rivista fa una gradita presenza continua inprima fila la Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara edil Dipartimento del Maltese dell'Università di Malta edinfine si ringrazia anche ad alcuni sostenitori Lettori edAutori. Senza il loro sostegno con il solo AbbonamentoAutore il periodico avrebbe avuto dei problemi più gravidi esistenza. L'«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>», non è unpiccolo periodico locale o provinciale, nonostante chenon sia un grande organo di tampa culturale, èinternazionale: è presente, oltre all'intero territorioitaliano - dal Nord fino al Sud -, anche in Ungheria,Malta, Belgio, Grecia, negli Stati Uniti ed ha dellefinestre verso l'immenso mondo virtuale: nell'Internet.[...]Melinda Tamás-Tarr-Bonani ha cominciato a scriverein italiano nel 1989 con l'intento di migliorare il suoitaliano e misurarsi con gli indigeni. Dal 1993 - l'annodel suo 1° posto al Premio Dante per l'analisi criticaletteraria dalla Società Dante Alighieri - ha partecipato a31 importanti concorsi letterari e artistici italiani edinternazionali - con racconti, saggi, articoli giornalistici,poesie, fotografie, illustrazioni/grafiche - collezionandocinque primi premi, quattro secondi, otto terzi, cinquequarti, tre quinti, quattro menzioni, due segnalazioninon e molti altri riconoscimenti compresi quelli ricevutiin Ungheria per retorica (Pécs, 1974, 1975) e per ilgiornalismo sopraccitato (19<strong>77</strong>). In Italia dal 1989 èpresente con i suoi lavori in 21 [N.d.A. le antologie sonoaumentate: 22 + 4 antologie delle sue traduzioni/elaborazioni]antologie e con articoli, interventi, lettereoccasionali ne «il Resto del Carlino» (Servizio sul LaurieDennett: «Una donna combatte la sclerosi multipla:Lungo le vie dell'Europa per amore e solidarietà»1992,«Gara di solidarietà: Benin» nel periodico milanese«Giornalista Oggi» Fabbri Editori, n. 37 1992, «'ViaVaspergolo' di Franco Patruno - L'umorismo di unsacerdote per raccontare il dopoguerra» 1993 -recenzione, «È stata premiata Alessandra Bonani -Ferrarese alla festa di Barbie, «Quello sciopero inutile»«Vergogna! La cittadinanza diserta i concerti benefici»1994, «Lavoro: Un "bidone" tira l'altro» 1997, «CaroCollega» 1999); ne «La Nuova Ferrara» («Il 'Tokaj'non si produce nella zona di Veszprém», «C'è unaantica simpatia tra Italia e Ungheria», «Portomaggiore -Veszprém: una amicizia senza muri», «Snobbato ilconcerto», «Le opere della Donini mi offendono», CasoDonini/2 - Non capisco i suoi disegni osceni»,«Propongo l'evirazione a chi pratica le violenzesessuali», 1994) ed inoltre nel «Corriere della Sera»«Caro Montanelli» - Montanelli riporta la lettera scrittain difesa della scrittrice Susanna Tamaro e rispondepubblicamente - la stessa lettera è stata pubblicataanche ne «il Resto del Carlino» e ne «La NuovaFerrara» (1995), ed infine nella «Famiglia Cristiana»«Sgarbi-novella» (1995), compresi alcuni altri periodicioltre all'«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>». (20 aprile 2000)Da: Melinda Tamás-Tarr-Bonani, I signori del Danubio (Articolidell‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> 1997-2000), Edizione O.L.F.A.,Ferrara, 2000CRITICA dal critico letterario Dott.ssa Angela Sabella diMilano e dall'editore delle Edizioni Tracce di Pescara:dell'ottobre 1995:«In qualità di direttore editoriale delle Edizioni Tracceho ricevuto la copia del dattiloscritto della Sua bellaraccolta di poesie "Stato d'animo" e il Suo racconto "Ilcomplotto dei ragazzi" dal critico letterario AngelaSabella, che dirige alcune collane di poesia enarrativa delle Edizioni Tracce ed è responsabile delPremio <strong>Letterario</strong> Internazionale "II Paese che non c'è"di Milano.Angela Sabella ha molto apprezzato la Sua raccolta dipoesie e ci ha proposto la pubblicazione in volume dellaSilloge nella collana "II cassetto delle strofe" da leidiretta.Anche a me sembra che la Sua raccolta di poesie siamolto valida, testimonianza di una personale impostazionestilistica, espressa con un linguaggio digrande forza e sensibilità, efficacemente espressivo122OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


ma anche pienamente comunicativo. In particolaresono rimasto colpito dalla forza descrittiva delleimmagini, della ricerca linguistica percorsa da unacostante tensione esistenziale e dalla capacità diesprimere simboli ed allegorie con una sintesi di grandeeffetto. Ritengo che la Sua raccolta di poesiecostituirebbe un testo molto significativo se pubblicatoin volume. Sono lieto quindi di comunicarle unaproposta per l'edizione del libro..." e potrei ancoracontinuare, ma per la ragione di spazio ritengoopportuno di non elencarle.» [N.d.A. Il costo dell‘offertaeditoriale era ingente, quindi ho lasciato perdere lapubblicazione]II. 1989-1997: Sulle ali dei pensieri *Vari scritti pubblicati sparsi nelle 22 antologie dei premiletterari, riviste; creati originariamente in italiano e non nellamia madrelingua, in cui sia le liriche pubblicate senzainterventi dei curatori delle antologie, che quelle inedite, nonsono mai state rivedute/italianizzate da poeti italiani dimadrelingua, ma a quei tempi alcune da me modificate,perciò potranno riscontrare delle imperfezioni linguistiche ostilistiche (cosiddetto stile non italiano. [* Si presta il titolo diuna delle prime raccolte inedite]:Selezione dalle sillogi ancora inedite – alcune lirichepubblicate sparse qua e là, alcune, nel frattempo,leggermente modificate – Sulle ali dei pensieri,Canti tetri, Stato d‘animo:FrammentoPizzico le corde dell‘anima mia,cerco una melodia che mi conforti,vorrei cacciar via la nostalgiae riaver la mia perduta gioia...(1993)IpocrisiaAspetto in silenzioche entri qualcuno...Ma ormai non vien nessuno...Chi potrebbe aprir la portaquando non c'è chi s'interessadella mia persona?...Ma quando incontro i conoscentitutti sono tanto sorridenti,cortesi parole, falsamente calde,ma in realtà disinteressate.(1993)Stato d‘animoNon so cosa dire,cerco le parole...ma la mia lingua è ferma...Non vuole far uscirealcuna frasedalla mia bocca.Guardo nel vuoto:chi sono, da doveprovengo?L‘Ungheria,dolce Patria mia,sei lotana dalla mia vita.Vorrei ritrovarmi,ma come potrei?La terra gelata –crudele – spietatanon accettala mia pianta sradicata.Ho voglia di fuggirelontano da tutti,scappar finalmentedai miei pensieri...«Hai paura?Di che cosa?»«Stai zitta anima mia!Ho una gran pauradella nostalgia!...»Sono tanto lontanila mia dolce terra,i ricordi e i successidella mia vita...Esistenza spezzata,l‘anima pestatadall‘impossibilitàdi radicarsi qua...Sono tantostanca ed amareggiata:è inadatta l‘Italiaper la pianta rinvasata.Stringo i dentied i pugni...Urlerei versoi finti sordi e muti...Apocalisse ‗94(1994)Spavento mortale, catastrofe grande:la vita della gente nessuno la difendedalla bella Natura sempre aggreditae violentata, mai rispettataora che essa si è ribellata.Fiumi rabbiosi – impazziti – crudelivengono ai torrenti, –spazzano via tutto danzando con i morti.L'acqua preziosa della nostra vitasi è trasformata in omicida:Un grande boato ed urla disperaterompono la notte...«Aiuto!... Crolla!... La casa!...Ahi, mi soffoca!...»Ed alla porta c'è già una figuraassai oscura: è la Morte... –aspetta impaziente...Città sommerse nei fiumi ribellivendicano gli uomini funesti...È una vendetta in piena regoladella natura per i gravi danniprovocati negli anni passati.«Uomo, il tuo rispettomi è sempre mancato,mi hai sfruttato – usatoed anche danneggiato...Ora i miei fiumi sono costrettia uscire dal loro secolari letti.»123OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Tremendo allagamento; tutto è distrutto:che grande disastro! Tanti paesaggison inghiottiti dall'acqua, dal fangoed ora invocano un aiuto disperato...Senza tetto sono tanti e pure i dispersi...Ma anche in quest'aria ricolma di pianti,sussurri, grandi dolori e rantoli d'agoniala voglia di ricominciar è grande:LA VITA CONTINUA...(1994)Mi sento in gabbiaMi sento rinchiusa in una gabbiacome una povera bestiolinach'è costretta a rimanerenella sua crudele prigionia.Da tanti anni son chiusain quest'insopportabile trappola,le mie povere ali son deboli, incapaciper poter volare sempree liberamente verso i cieli lontani...Sento ogni volta una grande forzache mi ostacola nella partenza:mi attira fortemente al suoloper far svanire il mio decollo...(1995)Vorrei sconfiggere la nostalgiaVorrei sconfiggere la nostalgia,ma son priva di certezze:mi manca la fiduciadi vincere questa battagliache sembra essere assurdagià dalla partenza...La mia anima tormentatapiange per la lontananzadella mia terra natia:di quella bella Pannonia...(1995)Oh, Ferrara...Città-Estense, oh, Ferrara,tu, Bella addormentatadella pianura padanaadottami, non essere spietata...Tu sei rigida, crudelecon la gente non ferraresecome me che cerca di essereuna tua figlia degna di te...Ma tu non mi prendi,neanche consideri,e anno dopo annomi umili soltanto...Sei una duchessa vanitosa,e dalla superbia anche cieca,priva di sentimenti,posseduta da secolidai provinciali gelidi...(1995)DomandandoPerché la mia visione di vitaè soltanto sempre più oscura?Dov‘è la via dei grandi sogni,dove si trovano i raggi solariche illuminano i nostri momentidei grigi giorni, tanto opprimenti?Apro la finestra della mia tanaper far entrare la Luce Speranzaaspettando il segno della Grande Gioiaper cancellare ogni sofferenza...Uccellino Azzurro in quale parte voli?Riportami, ti prego, i tempi dorati!T‘aspetto da tanto ed in ogni minuto,accontentami, caro uccellino mio!...(1995)Prendo il liutoPrendo il liuto a suonaranche se nessuno aspettaalcuna canzone da me,ma ho tanta voglia d'inviarle melodie del mio cuore...La fiammella del mio animoarde ancora, non è mortadel tutto: aspetta di diventarla face per riscaldar i cuorie poetar le canzoni dei sogni.Cerco il cielo che sparga un sorriso,cerco la Terra che sia nel palmo di vellutoper poter cantare la speranza del venturoe dimenticar il doloroso lamentodel nostro vivere quotidiano.Prendo il liuto a suonarla pace, la gioia, la felicità –e vorrei vedere la gente contenta,circondata dalla pace eternae non sentir mai l'odore di guerra...Suonerei, ma non in solitudine,vorrei bruciar le mie cordegareggiando con le anime gemelle,accendere la fiamma di passionee le mie canzoni non sian orfane...(1995)TragediaVorrei cantar una canzoneper esaltar il nostro presente,vedere la gente sorridente,mai assistere alle sofferenze...Questo desiderio rimane un sogno,posso poetar il dolore soltanto:nel nostro vecchio Globo malatol'essere umano è tanto nefando.Ora alle soglie del Duemilala gente la testa l'ha perduta,si abbandona solo all'astiocompiendo anche un grande eccidio...Sulla terra dei nostri vicinii serbi sparano contro i civili,essi sono feroci e spieiatie cacciano dei sogni alienati...Perché vedo tutto solo neroe non trovo un mondo sereno?La vita dell'essere umano124OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


non conta al serbo soldato,spara accecato contro i viventielimina coll'odio anche i bambini...La voce della mia animaLa voce della mia animaè la sintesi dei sentimentidi quelli grandi e mistigenerati dagli attimi tristi...Questi tetri pensierisorgono dal profondodel mio animo feritoch'è colmo di vari dolori...Memento*(1995)(1995)Te ne sei andata vivace ragazza,rosa appena sbocciata,avevi soltanto diciotto anni,ti stavi preparando per i tuoi esami...Mia dolce alunna che eri una bravafanciulla, te ne sei andatada questo Globo terrestre:ci hai lasciato per sempre...Il brutto male, quel cancro maledettot'ha rapita presto per portar lontanoil tuo giovane animo.La Morte non guarda mai la sua vittimache la sua preda sia giovane o vecchia:ella è sempre nascosta in un angolodella nostra breve vita per essere pronta...Così faceva anche con la tua vitache te ti ha strsappato con grande frettasenza guardar la tua bella giovinezza:tu, mia povera ragazzanon sei riuscita a sconfiggerla,essa era tanto feroce, spietata,è arrivata come una furia...Ti ricorda eternamentevivace e sorridente, come eri sempre:la tua insegnante...* In ricordo alla mia allieva Éva Busa – alunna dellamia classe in cui ero anche capoclasse pedagoga –appena saputa la triste notizia da un altro mio allievo.RicordiHo tra i miei ricorditanti eventi dolorosiche oltre un decenniodel nebbioso passatoassai odiatoritornano ancorain forma di un incuboper regalarmi uno spaventoe grande tormento.Lasciatemi in pacenon fatemi più male,la mia debole esistenzanon regge alla minaccia,non è capace di tutelarmi(A.A. 1994/95)contro questispietati attacchi.Ricordi tetri, crudeli,insistenti tornate nel regnodella nebbia,non ho alcuna vogliadi avere un contattocon la Vostra ferocia...Vorrei cancellarvidalla mia mente...Lasciatemi andarelontano e per sempre...(1995)Chi mi ascolta?Ho una gran voglia di poetare,un'enorme necessità di dialogare,comunicare sempre con la gente,lanciare i messaggi del mio cuore.Chi mi ascolta? - chiedo... e rispondo:Nessuno... Sono sola in questo mondo,un essere sconosciuto, sepolto vivo,nessuno mi dà un morale appoggio.Mi sento un povero lupo solitarioche vagabonda nel bosco del pensiero,che s'aggrappa in modo spasmodicoai tempi dorati del remoto passato.Allora le mie parole contavano parecchio,m'ascoltavano con fine orecchio,ero un essere umano non poco noto,ma ora non mi considera nessuno.Il silenzio profondo a me attornoè distruttore sovrumano,l‘apatia e l‘egosimo d'ogni giornoaffliggono il mio essere umano...Vorrei gridare: «Eccomi..., ci sono!»...Chi accoglie il mio grande urlo disperatodi questo tetro animo assai solitario?Chi rompe il gigante, opprimente oblio?...Attendo l‘arrivo dei nobili momenti,dell'alma le adorabili armonie,e la venuta d‘un raggio fulgenteche allontani l'egoismo della gente...Ora pizzico le corde del mio cupo liutoper inviar il messaggio d'un misero animo:vorrei cambiar il mondo degentee cancellar il disinteresse terrestre!...(1996)Dalla silloge Sentimenti variopinti:Colloqui solitariI.L'anima stancaLa mia animastanca, ingannatadalle false speranzenon ha più la forzané alcuna vogliadi lottare.Non son Don Chisciotteche combatte semprei mulini a ventonon rendendosi conto125OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


che tutto è assurdo...Odio questo mondopieno d'egoismo,di menefreghismo,senza un sano principiocoperto soltantoda un mare di fango...Io mi arrendoda sola non ci riesco,non ce la faccio:una povera rondine da solanon porta la primavera...II.In chiesaÈ bello quiin questo tempiopace e silenzioriempiono l‘animo.Chiudo gli occhichino il caposussurro paroleprego il mio Signore...È bello quiper dialogareanche seè unilaterare.(1995)Sul margine del presenteFrammento IVedo tanto fangoin ogni mio passo,sangue ed odioche sporcano l‘animo...Frammento IISorge il Soleper dar alla gentedelle speranze –le sofferenzenon sono poche...Alla vigiliadel Duemilache ci aspettain questa vita?Raggio di Solefacci sognareche questa crisipossa passaree i valori persisiano ritrovati,i nostri sognidiventino reali...Frammento IIIL'amore è un dono preziosoche vien gelosamente custodito.Il segreto è: donare semprecosì l'amore rimane eternamente.L'affetto sincero è molto importante,è il suo principale componente.L'amore non si confonde col sesso,chi lo fa è un porco assoluto.Prevale il sentimento profondo,e non l'attrazione sessuale...II sesso è un altro elementoche assieme all'affetto profondocostruisce un rapporto completonella coppia che si ama molto.(1995)Sulla figlia(Frammento)...La guardo con gli occhi umidipregando Iddio che la aiuti,che la protegga sul suo camminoe non si perda nell'enorme forestadella nostra inquinata Terra...Mi dispiace per il suo essere donna,prego affinché non debba far più la battagliaper i suoi legittimi diritti spettanti,che essi non siano mai pestati!...Sogno per lei un'Italia diversa, umanain cui l'ostilità maschile sarà cancellata,la loro società non sarà più dominante,che in questa penisola la donna sarà forte,avrà la piena cittadinanza in tutte le sfere,che finalmente le vere uguaglianzesi realizzeranno tra uomini e donne,che non sarà più discriminazione tra le persone:la donna e l'uomo godranno dei diritti umanilo nel MONDO INTERO!...(1996)InsoddisfazioneCerco la mia nuova identitàal posto di quella d'alcuni anni fa,allora non pensavo ed immaginavoche le attuali ed ingenti difficoltàche mi riservassero altrettante negatività...Mi uccide quest'ambiente ignoranteda cui sono solamente circondatanel mio stretto mondo attuale...Ripiango i miei vecchi amici e colleghi,la cattedra ed i miei cari allievi:mi mancano terribilmentele consuete discussioni,i focosi dibattiti professionali,i discorsi vivamente animati...Oltre le mura domestiche,qui nel mio stretto ambienteci sono soltanto le presenzedelle incolte, analfabete casalinghe...Col mio trasferimento in Italiaho perso la mia identità,son diventata assai isolata,mi sento anch'abbandonata:sono un'intellettuale trascuratae inesorabilmente segregatanella smorta e fitta nebbiadell‘ignoranza assoluta di quest‘area.Dinanzi alla mia personanon si apre alcuna portada intellettuali localigelosamente rinchiusidavanti agli estranei126OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


nella città degli Estensi,memorabili mecenati...Vivo in grande solitudinela passione della professionenei giorni quotidianiche spaventosamentesono cupi e ripugnanti...Sono priva della conoscenzadi qualche valida personacon cui potrei scambiare qualcheparola sensata: mi manca tantoun'amica veramente coltache possa essere all'altezzadi farmi un‘idonea compagniae pienamente corrisponderea questa mia legittima pretesa...È difficile trovare nuovi amiciIn particolare con gli stessi interessi,colla simile cultura e mentalitàe per poter dialogare per l'infinità...Il peso della solitudine,della mancanza delle persone colte,della condanna di star forzatamentetra l‘ermetiche mura domesticheogni anno è più intollerabile.È difficile esistere e vivere,- specialmente l'arte di sopravvivere -lontana e barricata dall‘ambiente colta...La società del Belpaese non accoglievolentieri gli stranieri:e questo vale maggiormentenei confronti delle femmine...Non solo a Ferrara, ma anche in tutt'Italiala società è patriarcale, il maschilismodomina ancora sulla maggioranza. -In questa penisola la donnaè ancora priva della piena cittadinanzain molte sfere della vita quotidiana.Questa situazione che me ha riservatoil mio nuovo Paese, è umiliante,opprimente e logorante.Nei rapporti tra i due sessi opposticonstato sempre il sopruso dei maschi,ed ho in bocca il gusto amaroposso enunciarloche dopo più di un decennio qua trascorsonon mi soddisfa affattola vita nel pianeta italiano...(Lido Spina, 12. 7.1996)AmarezzaII regime comunistadella mia dolce Patriami ha perseguitata;e quella seconda:la bella, mitica Italiami sbatte la porta in faccia...Una conoscente( 25.9.1995)Ho visto una mia conoscente,ha fatto come se non mi conoscessee batteva il tacco in gran frettamentre io ero ferma dinanzi ad una vetrina.Avevo già visto da lontano la sua figurae mi sono fermata ad aspettarlaguardando la vetrina d'una edicola,ma lei m'ha superata all‘angolosenza farmi un cenno di saluto...Quest'era la condotta offesadella bionda ed alta signorache porta il nome: Beatrice,mia ex-compagna della corale...Le melodie del pianoforteOggi i tasti del pianofortescorrono in modo inarrestabiledanzano le note della armoniatoccano l'angolo del mio psiche...Ora vivo un grand'incantesimole mie dita coi tasti civettanoed i bei messaggi delle melodiearrivano a confortar il mio cuore.Il sorriso della Fortuna(2.2.1996)( 1.2.1996)Ho visto il sorriso della Fortuna,adesso ho sentito la sua premuranella mia triste, perduta animada anni soffocata e depressa...S'è or aperta una piccola finestradella Gran Gioia tanto alenatanella mia grigia vita quotidiana...Ora ho scoperto l'esistenza degli amicicon gli stessi interessi letterarie grandi passioni per le arti.Non mi sento più solitariaposso or aprir la mia tanafinalmente verso l'amiciziadelle anime gemelle della penisolaper scambiare qualche parola.Adesso vedo raggiare il Sole,la casa non è più una prigione,non mi sento più abbandonata e isolataora che ho scoperto la gente adattaper la mia grande esigenza...«Evviva! - griderei ora al Mondo –«alla fine ho trovato il sentieroverso gli esseri simili, italianiper confrontarci i nostri ideali!...»Questa possibilità è una bella cosa,avrò finalmente l‘agognata amiciziache mi farà dimenticar l'impressioned'essere in Italia senza radice...Da oggi il sorriso della Dea Fortunam'ha cambiata in un'altra persona:non piango più in modo ascetico,e questi nuovi giorni già li vivonella speranza dei tempi miglioriora guardando soltanto avanti...(14.1.1996)La figlia della Terra MagiaraSono la figlia della Terra Magiara,la Pannonia, già provincia romana,diretta dalla sorte alla nuova Patriasulla pianura padana della bell'Italia.127OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Vivo già da anni a grande distanzadalla mia splendida e dolce Ungheria,possiedo adesso anche un'identità nuovama nel mio cuore sono sempre magiara...Una canzone dice: «Chi cambia il suo Paeselo fa parimenti pure col cuore...»Ma con questo detto non sono d'accordo:non si cambia affatto nell‘intimità dell‘animo.Io sono fiera di essere magiara,non nascondo mai la mia provenienza.Avendo una doppia identitàsi arricchisce la personalità:si diventa un essere più sensibile, universale,aperto e ricco di nuove basi culturali...(1996)Alla vigilia della primaveraOggi ho visto il solecoi suoi raggi danzantisui rami degli alberi e sull‘erbastanchi ed addormentatidall'incantesimo del rigidoe crudele inverno.Non è ancor primaverama sento il suo profumogià in anticipoe so che ormai il suo arrivonon è più lontano.Annuso l'aria frescarespirandola a pieni polmoniche nello stesso tempotaglia ed accarezzaalla vigilia di questa stagionea rinascita colle promessee speranze infinite nel mio cuore.Oggi sono feliceOggi sono felicedell'aria, del ventodel cielo, del sole,dei profumi,delle melodiedi questo giornoprimaverile.Getto tutt'intornolo sguardoe con il corodegli uccellibatte a ritmoil mio cuore.La mia animagioisce,rinascedopo il lungotormentod'inverno:evviva,è già primavera,l'inizio d'unanuova vita!...(10.5.1996)(1.2.1996)Terra natiaOgni anno d‘estateposando i miei piedisulla terra dei Magiariil mio cuor batte forte...«Son di nuovo a casa mia!Buongiorno cara Ungheria!» –grido dalla grande gioiaquando rientro nella Patria.L'emozione di tornareè grande in ogni estate,l'intensità è la stessacome la prima volta.Col passare degli anniquesti sentimenti così fortinon son ancora passatie neanche diminuiti...È una grand‘emozione,sempre più commozione:entrando nell'area unghereseabbraccerei l'intero Paese...La mia Patria natiaè la dolce Pannoniadi cui son innamoratagià dalla nascita mia...(1995)Arrivando dalla Pannonia*(Frammenti di memorie)128OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>I.Ogni anno quando poso i miei piedi sul suolo dellaterra magiara il mio cuore batte forte ed aritmico, losento In gola e provo una sensazione come se ricevessiun pugno allo stomaco, «Sono di nuovo a casa!Buongiorno Ungheria!» - pronuncio ad alta voce tutte levolte che rientro nella mia patria.Ormai vivo lontano da essa da dodici anni, ma ancoraprovo l'emozione con la stessa intensità della primavolta. Forse con il passare degli anni invece di diminuiresi ripeterà con maggior forza, con più commozione... Sì,è una grand'emozione, le radici non si dimenticano, e,nei momenti dell'incontro vorrei abbracciare l‘interoPaese: «Eccomi di nuovo dolce Patria mia!»Dirigendomi dalla frontiera austro-ungarica verso lacittà dei miei genitori, in cui ho trascorso la partemaggiore della mia vita, da miei dieci a quasi trent‘anni,accarezzo con lo sguardo i paesaggi del Transdanubiolasciando dietro, alle spalle, i contrafforti delle Alpi. Chebei paesaggi! Ed ora mi sembrano più cari, piùpittoreschi e più significativi che mai: si alternanomonti, colline, pianure, fiumi, ruscelli, laghi, centriabitati antichi, con i resti delle fortezze, e moderni, vi sitrovano monumenti dell'era romana e di epoche piùrecenti, ricordi architettonici dell'arte popolareungherese.Nelle settimane delle mie visite in Ungheria vado atrovare ogni suo angolo dove non sono ancora maistata, oppure ritorno in luoghi che mi hanno colpitoper le loro attrazioni particolari. E faccio questoviaggio, spesso, anche nella mia mente, lontano dallamia patria d'origine, qui a Ferrara. Ma la mia terra natia


è il Transdanubio in cui giro più volentieri, ad esso misento più legata. Qui sono nata [...] e nel suo territorio,vagabondando a causa dei trasferimenti di lavoro deimiei genitori, ho trascorso la maggior parte della miavita...Come nella realtà, anche nelle gite immaginarlem'incammino dal cuore del Paese, dalla Regina delDanubio, da Budapest, e si animano davanti al mieiocchi la storia del mio popolo che ho studiato e poi hoanche insegnato, le conoscenze acquistate dalleletture, le esperienze personali; quindi tutto il passato eil presente...Questa è la mia terra: il Transdanubio, la mia patriadi cui sono innamorata dalla nascita! Da qui inizia lamia storia. Non era facile la vita nella mia patriad'origine, nonostante ciò penso con amore ad essa. Mapurtroppo, accanto a questo sentimento, cresce un'altrasensazione che ogni anno diventa sempre più marcata:mi sento sradicata, non appartengo più alla terramagiara e non sono ancora italiana...Ogni estate torno a casa di miei genitori perraccogliere le forze per vincere le battaglie quotidianeper l'esistenza e l'ambientamento nella mia patriaadottiva, ma questi giorni di vacanze trascorse sulla miaterra natta ogni anno diventano più tristi... Quandotorno in Italia nel mio cuore s'insedia l'amarezza...Oggi è il 1° agosto 1995. Ieri siamo rientrati a Ferrara.Questa volta abbiamo fatto il record negativo di tempoimpiegato per il viaggio: erano le nove di sera quandoabbiamo aperto la porta della nostra casa. Il mio cuoresi stringe dalla tristezza: ho lasciato l‘Ungheria, i mieigenitori con il sapore amaro in bocca. Ho pensato chestavolta forse sarebbe andato tutto bene che ogni cosafosse di loro gradimento. Ma non è stato così.Strada facendo ho telefonato a casa dei miei peravvertirli che eravamo ancora sulla strada e nonavremmo saputo prevedere l'ora dell'arrivo, perchéc'era gran traffico. Perciò abbiamo deciso di usciredall'autostrada dopo il rifornimento di benzina. Mentrestavamo ancora dal distributore, prima dell'uscitaper Udine alcune macchine si sono tamponate, così inun attimo si è formata una lunghissima coda. Spintidall'enorme traffico e da questo tamponamentoabbiamo deciso di continuare il viaggio sulle stradestatali. In un paese ci siamo fermati per telefonare. Iltono di voce di papà era molto freddo, misurato. Sonorimasta molto male. Mi ha rimproverato come mai nonfossimo ancora a casa.Già da ieri ho una tristezza enorme nel mio cuore. Hotrascorso la notte insonne proprio per questo mioumore. Che cosa è successo? La solita cosa: all'ultimomomento non hanno dimenticato di criticarminegativamente, parlare di me male...Quando mi trovo a casa, dopo i soli due-tre giorniemergono i conflitti. A causa del loro comportamentonei miei confronti mi sento sempre più a disagio e nonpiù a casa mia come una volta. Se li propongo qualsiasicosa non va bene alcunché. È pronta la loro rispostaper le mie iniziative: «Non è facile organizzare l'acquistodegli alimenti, qui non è come da voi in Italia che inqualsiasi ora e giorno si trova la merce... Ma perchévolete che andiamo via? Non vi sentite bene a casa?...»Un anno fa ad esempio abbiamo deciso di non andarein nessuna parte, non organizzare gite per loro; cosìabbiamo trascorso le nostre ferie a casa loroesclusivamente in loro compagnia. Cercavo di aiutarliancora di più del solito nelle faccende domestiche. Nonandava bene neanche questa nostra scelta: cisentivamo sempre sotto i piedi, la mamma non hadimenticato a farci percepire il disagio del poco spazionell'appartamento.Quando mi offrivo di aiutarla per sollevarla dallefatiche, allora mi ha risposto in modo offeso edoffensivo: «Non sono una handicappata, so ancorasvolgere i lavori domestici... Non devi fare pulizia,perché ho già provveduto... Non devi fare il bucato, nonsprecare il detersivo, devo aspettare ancora che siaccumulino un po' di abiti sporchi... Io so quando è ilmomento, non sei a casa tua... Non stirare, perché oranon mi serve, per quella poca roba non convieneaccendere il ferro... Lascia stare, prevedrò io al pranzo,non toccare niente: io vedo la quantità giusta, tusoltanto sprecheresti la carne che non costa poco... Tunon hai molta gente a casa, non sei abituata a cucinareper tante bocche...» Poi per la nostra scelta di nonorganizzare alcuna gita turistica nel territorio ungheresesi sono lamentati con gli amici in questo modo: «Non cihanno fatto provare la loro nuova "Lancia Delta"...Hanno paura di uscire in compagnia nostra perchétemono un attentato...» Quest‘ultimo loro lamento siriferiva alla mia reazione quando al telefono ho presocon grand'angoscia la notizia che mio padre haaccettato un alto incarico al Parlamento.Ero preoccupata per lui conoscendo le sue condizionidi salute, temevo che lo stress continuo gli avrebbeprovocato un danno irreparabile... Mi sono preoccupatain modo particolare, quando i genitori mi hannoinformato telefonicamente che hanno compiuto unattentato intimidatorio contro di lui ed i suoicollaboratori: un'esplosione all‘entrata posteriore delParlamento. Non era sufficiente l'enorme stress subitodurante la lunga persecuzione politica? Per questo misono allarmata, particolarmente guando ho saputodell'attentato... E questa mia preoccupazione erainterpretata nel modo sopraddetto.Quest'anno abbiamo diviso le nostre vacanze tra loro,i miei nipotini ed i nostri amici che abitano nell'altraparte d'Ungheria. Non andava bene neanche questo,ero accusata d'ingratitudine: secondo loro li abbiamotrascurati a favore degli estranei che non sono neancheparenti. Nella prima settimana ci siamo dedicati adesaudire le loro richieste, ai miei nipotini e a loromadre. La seconda settimana l‘abbiamo trascorsa nellacittà di Eger a casa di amici, nella terza abbiamosoggiornato a Siófok, sulla riva meridionale del lagoBalaton, nella residenza di una mia ex-allieva. L'ultimasettimana l'abbiamo trascorsa di nuovo presso i genitoriin compagnia dei già citati nipoti e della loro madreorganizzando per loro ricchi programmi che mia sorellanon avrebbe potuto permettersi di offrire loro.L'abbiamo fatto con grande gioia. Ai genitori neanchequesta soluzione piaceva anche se il giorno del nostroarrivo hanno subito espresso il desiderio di riunirci conloro. Anzi, mia madre ci ha espressamente richiesto diorganizzare qualche programma per i nipoti. Abbiamopensato che stavolta fossimo finalmente riusciti asoddisfare tutti quanti. Ma le cose non erano andatecosì. Naturalmente i genitori non mi dicevano nulla di129OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


disapprovazione, anzi con gioia evidenziavano ecomprovavano la nostra disponibilità...Poi, nell'ultimo giorno ho ricevuto la doccia gelata: miafigliola con i suoi cuginetti era portata dai nonni a casadi un'amica e collega di mamma. La nostra bambina ètornata a casa perfettamente distrutta e confusa, erafuori di sé dal dolore: ci ha raccontato subito che inonni non facevano nient'altro che parlar male di noi,particolarmente di me. Ci hanno accusato dietro lespalle di egoismo, di menefreghismo nei loro confronti.Così abbiamo scoperto che anche stavolta non avevanogradito i nostri programmi estivi... A causa di questoclima, di questa tensione tra noi, si ritorna da loro consempre maggiore timore, amarezza e stress. Non si samai come reagire, non si capisce come dobbiamocomportarci, perché qualsiasi cosa facciamo o nonfacciamo, non va bene: vogliono sempre il contrario.Anche nostra figlia sente quest‘atmosfera teso, rimanemolto turbata perché anche in sua presenza ci parlanomale per qualsiasi cosa; lei capisce ogni parola inungherese, le ho insegnato la mia lingua dalla suanascita.Mi viene in mente anche un altro esempio di circadue anni fa. Fino al 1993 sono sempre andata a trovareanche una mia amica (lei ha circa la stessa età di miamamma) ed ex-collega a pochi passi dalla casa deimiei. Ogni volta che ci siamo incontrate abbiamoparlato dalle quattro di pomeriggio fino allamezzanotte: c'erano tante cose da dirci! Oltre ciò iosono sempre affamata di dialogo, giacché qui a Ferraraconduco una vita da eremita. Quando sono arrivata acasa, pochi minuti dopo la mezzanotte, i miei genitorimi aspettavano e con grande rabbia chiedevano se nonmi vergognassi per essermi trattenuta tanto tempo dalei. Poi mi hanno domandato per quale motivo andassiancora a trovarla: che temi comuni potevo avere con leidato che già da anni non lavoravamo insieme ed io nonappartenevo più al corpo degli insegnanti diquell'ambiente scolastico.A dire la verità, questa situazione non è facile. Iosinceramente non so più come reagire. È moltofrustrante non poter comunicare idee, pensieri odopinioni con le persone più care, trovarsi in un Paeseche non è il proprio e sentirsi lontana anche da quelleche vivono accanto a me o una volta erano vicino a me.In ogni mio pensiero, in ogni mia azione e parola i mieigenitori trovano qualcosa da criticare negativamente.Questa situazione mi fa stare molto male...II....Sono già trascorsi dodici anni dal mio arrivo inItalia. Questi anni sono passati molto velocemente. Inquesto periodo ho vissuto momenti più bassi e più alti.Posso ammettere che non è facile trasferirsi da unPaese ad un altro, anche se si è molto innamorati equindi la scelta è libera. Diventa particolarmentedifficile, quando la decisione è condizionata dasituazioni esterne che costringono a scegliere dicambiare Patria... Dopo l'abbandono della terra natia cisi scontra con le grandi difficoltà d'inserimento in unanuova società di un Paese straniero, in cui costumi sonosconosciuti e le tradizioni diverse. I torti subiti a causadelle ingiustizie feriscono di più, le imperfezioni dellasocietà ospitante si notano maggiormente: agli occhidegli immigrati i difetti, i maltrattamenti si rilevanocon maggior sensibilità del popolo nativo del Paeseospitante. Il problema è più delicato quando unimmigrato si trova inserito ad un livello sociale inferiorea quello che ha raggiunto nella sua patria d'origine: ci sisente umiliati, offesi nella propria dignità.Nell'epoca della cortina di ferro l'irraggiungibileOccidente sembrava la terra delle grandi promesse, unmondo splendente, moderno ed umano, in cui tutti idiritti dell'uomo parevano essere rispettati epienamente esercitati, in cui tutti potevano realizzarsisecondo il loro desiderio. Poi arriva l'amaraconstatazione che questo mitico ed ammirato Occidentenon è affatto come sembrava al di fuori delle frontiere.I diritti conquistati e pienamente esercitati dallegenerazioni delle tris- e bisnonne nel Paese diprovenienza o in altri paesi, in Italia non hanno ancoraavuto la piena cittadinanza...Devo confessarmi, anche se non vedevo l'ora diraggiungere mio marito, quel periodo fu molto triste edifficile per me...Non ho voglia di elencare tutte quelle faccendeburocratiche, umilianti che dovetti fare, ma possoassicurare che mi hanno letteralmente spogliata...Come mai? Cosa voglio dire con questo? Secondo leleggi vigenti in quel tempo non ho potuto conservare ildiritto all‘affitto del mio appartamento, dovetti quindiriconsegnarlo al comune per la cifra tre volte maggiorea quello pagato per avere lo status dell‘inquilino stabile,e mensilmente sempre pagare la quota d‘affitto. Datoche il comune non è stato più grado di gestire lamanutenzione dei condomini, hanno offerto allacittadinanza la possibilità di diventare quasiconproprietari con il pagamento d‘utilizzo di una cifraalta, ma sempre biù bassa del valore commercialedell‘appartamento e naturalmente continuare ilpagamento dell‘affitto mensile. Poi, sempre a causadelle difficoltà finanziarie hanno dato la possibilità diacquistare l‘appartamento per una cifra prestabilita dalcomune. Sapendo che sarei trasferita all‘occidente acausa del mio matrimonio con un cittadino italiano,questa possibilità mi è stata negata ed ero costretta ariconsegnare l‘appartamento per il valore sopraccitatodi cui l‘esatta cifra l‘ho scordato. Però anche il costod‘utilizzo che ho dovuto pagare, era notevolmentemaggiore del mio stipendio di base ed ho potutomettere insieme mensilmente con l‘aiuto di mia madreed a distanza di un anno consentito dal comune hopotuto versare la cifra dovuta. (Mio padre mi ha subitopromesso ad aiutarmi, poi ha ritirato la sua promessa.)Così non ho perso il tetto sopra la mia testa... Soltantodal mio stipendo e dalle lezioni private non avrei potutopagare la somma prescritta dal comune. (Il miostipendio di base era di 2.400 fiorini a cuioccasionalmente venivano aggiunte i compensi per lelezioni di sostituzione dei colleghi ammalati o impegni dilavoro straordinari (sorveglianza alla mensa scolastica),ammontando fino a 3-4.000 fiorini, l‘estate invece horicevuto una retribuzione più alta raggiungendo anche i5.000–6.000 fiorini.) ed i copensi delle lezioni private.Da questa cifra ho affrontato le spese per l‘imbianchino– ho dovuto riconsegnare l‘appartamento con le pareti,le porte, le finestre riverniciate –. I rimanenti fiorini dilegge d‘allora non li potevo conventire in valuta estera,130OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


non potevo portare con me, così ho lasciato ai mieigenitori per regalarli dei più moderni elettrodomestici(lavatrice automatica, frigorifero). Sono ancora rimastifiorini di valore di 500 mila lire che i miei genitori mihanno portato in occasione della loro prima visita inItalia: per quella cifra, qui a Ferrara ho potutocomprare un‘antenna nuova per la nostra TV... Nonpotevo portarmi indietro nemmeno i miei mobili, perchénon esisteva alcuna legge che mi consentisse ditrasportarli in Italia, né tutti i miei libri, soltanto unaparte che non superava il valore complessivo di tremilafiorini e pubblicati soltanto dopo l‘anno 1945.... Hoavuto il permesso dalla Banca Nazionale di Budapestdi portare il mio abbigliamento, tegami e libri (dopoun'avventurosa ufficiale stima statale, eseguita in unufficio della catena dei negozi statali di Budapest checommercializzano merce usata) per un valorecomplessivo di trentamila fiorini. I miei oggettifurono valutati di valore di tredicimila fiorini, ma ifunzionari bancari falsamente dichiararono il valoremassimo consentito con la proibizione di qualsiasiappello. I libri restanti (ne avevo tantissimi) li ebbi incinque anni grazie ai miei genitori: ogni mese nespedirono una certa quantità per un valore mensileconsentito che fu rigorosamente controllato dalleautorità doganali... Certo che per loro fu una spesaingente in tutti questi anni. Ma alla dogana alcuni librifurono rovinati, addirittura le ultime edizioni furonocambiate con altre vecchie, macchiate e consumate chenon erano mie!... «Bell'affidabilità» dei militari doganalidel regime del socialismo reale!... Al momentodell'uscita dal mio paese ebbi il permesso di portare conme soltanto dei dollari per un valore di cinquecentofiorini!... A guei tempi mille lire valevano circa ventiseifiorini. Si può calcolare che cifra modesta era... Fu unasituazione vergognosa ed umiliante...Tra i tanti procedimenti umilianti non dimentico maiquando dovetti restituire il mio libretto d'identità incambio del passaporto che è veramente impersonale,nonostante che io abbia mantenuto la cittadinanzaungherese... Mi sentivo morta, privata della miapersonalità. Quel libretto d‘identità di più paginem'apparteneva dall'età di sedici anni; in esso eranoregistrati oltre i dati anagrafici, la residenza, i nomi deigenitori, la professione, il luogo di lavoro, lo stato civile,tutti i titoli di studio ottenuti, le qualifiche professionali.Era un libretto d'identità dal quale si poteva saperetutto di una persona... Al momento della suariconsegna al comune mi sentii come se avessirestituito il documento di un deceduto, rivissi ciò cheprovai quando riconsegnammo quelli dei miei nonnimaterni deceduti.Le tragiche esperienze della persecuzione politicafavorirono la dolorosa decisione di trasferirmi in Italia.Ciò nonostante non era facile, perché dovetti sceglieretra tre amori: l'amore per il mio fidanzato poi divenutomarito, l'amore per i miei familiari e per la mia patrianatia...131OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>III.Sono giunta definitivamente in Italia il 5 dicembre1983, anche qui non mancavano le sgradite sorprese.Nei primi giorni della mia permanenza scoprii di nonessere diventata automaticamente cittadina Italianadalla data del mio matrimonio come avveniva inprecedenza. All'Ambasciata d'Italia di Budapest nessunomi aveva informato del cambiamento della legge perl'ottenimento della cittadinanza italiana avvenuto nellostesso anno delle nozze: l‘estate del 1983... Per fortunache non ho rinunciato a quell'ungherese, altrimenti misarei ritrovata apolide, il che certo non mi avrebbesemplificato la richiesta e l‘ottenimento dellacittadinanza italiana! Priva di essa non potevo cercarenesun tipo di lavoro giacché arrivai in questo paese conun visto turistico (allora esisteva il visto). Soltanto doposei mesi di residenza in Italia ho potuto richiedere lacittadinanza italiana; l‘ho ottenuta due mesi dopo dellanascita della mia figlia, nel marzo 1986. Fino a quelmomento ero costretta a vagare nel gran labirinto dellaburocratopoli tra questura e vari uffici del comune. Poiarrivò il giorno solenne del giuramento in presenza didue testimoni e così sono diventata ufficialmentecittadina italiana. Ero felice ed orgogliosa diappartenere finalmente anche secondo la legge allacomunità italiana. Ero piena di speranza, progetti edentusiasmo come prima della partenza... Ma tuttoquesto ogni anno calava fino ai nostri giorni... La miagioia quindi scomparve subito e nella mia mentenacquero migliaia di domande e dubbi. Non credo cheda allora sia cambiato granché l‘atteggiamento neiconfronti degli extracomunitari nella società italiana...Cerchiamo di realizzare un'Europa unita in cuitutti noi dovremmo avere gli stessi diritti e doveri, pariopportunità e possibilità per sfruttare al meglio lenostre capacità dando un alto contributo per migliorarela situazione europea e mondiale; ma come si fa se nonsi riesce nemmeno in un ambito sociale più ristretto?!Perché in questo Belpaese qualunque cosa si sente difare ci si scontra con muri invisibili edinsuperabili? Particolarmente per le donne è difficile...Questo Stato ha un enorme problema da affrontare cheriguarda proprio la situazione dei cittadiniextracomunitari... E non si deve pensare soltanto agliextracomunitari di colore, la situazione è ugualmentedrammatica anche per i cittadini di pelle bianca...Accennerei soltanto ad un semplice fatto: la questionedel mancato riconoscimento ufficiale dei titoli di studioda loro conseguiti presso enti statali ed istituzionipubbliche. Ho un'esperienza molto dolorosa aproposito. Circa cinque anni fa [N.d.A. intorno a1990/1991] ho vissuto la seguente spiacevole avventura:era un sabato mattina e dovetti recarmi all‘Ufficio diCollocamento per far timbrare la tessera didisoccupazione. Il fatto di presentarsi là era già unasituazione umiliante, ma ciò che successe dopo lo fuancora di più! Infatti, nel momento del rilascio delnuovo libretto di disoccupazione scoprii che in queldocumento il mio titolo di studio era erroneamenteindicato come «Diploma di Scuola Superiore Magistrale»facendo una miscela riduttiva dalla «Maturità Classica»e dalla mia «Laurea in Magistero con l‘indirizzo diUngherese (Lingua Ungherese e Letteratura [Ungherese eMondiale] e Storia». Così chiesi di correggere l‘errore. In


quel momento, sentii franare la terra sotto i miei piedi:un giovanissimo addetto in modo negligente m'informòche non solo non ero considerata laureata o diplomata,ma anche priva della licenza della scuola d‘obbligo eche mi è anche andata bene. Quindi per loro sareidiventata un'analfabeta, senza qualsiasi istruzione!!!!Pensavo di morire all‘istante per questo disumano ecrudele trattamento. Non c'era niente da fare, quelgiovanotto non volle sentire alcun mio ragionamento.Tornai a casa distrutta e tremando, raccontai a miomarito con fatica, balbettando l‘accaduto. Dopo qualcheora mi calmai e scrissi una lettera alla rubrica ChiamaEpoca dell'omonimo periodico curata allora dal notogiornalista Maurizio Costanzo descrivendo edocumentando i fatti e sottolineando che avevanocalpestato i miei diritti umani. Non trascorsero neanchesette giorni quando arrivò la lettera firmata dallo stessoCostanzo e m'avvertì che la mia denuncia sarebbe statatrasmessa con la loro lettera d'accompagnamento (miallegarono anche la fotocopia di questa) al ministro dellavoro d'epoca. Dopo circa tre settimane da questasegnalazione, non ricordo esattamente, il capodell'Ufficio di Collocamento di Ferrara mi chiamò efinalmente registrarono sulla tessera la dicitura anchese non esatta, ma attinente alla mia laurea: «Laureain Lettere [conseguita in Ungheria]».Ho quasi dimenticato: contemporaneamente allalettera indirizzata al periodico ne inviai anche unadirettamente al ministro. Mi domando, che cosasarebbe successo se il giornalista Maurizio Costanzonon fosse intervenuto? La mia lettera avrebbeottenuto lo stesso risultato? Forse starei ancoracombattendo per i miei diritti, per riavere il mio titolouniversitario? Anche se per certi impieghi i titoli di studistranieri non sono riconosciuti, nulla dà il diritto ditoglierli ai loro legittimi titolari!... Per aver ottenutosoddisfazione di rimediare quest'offesa, devoringraziare questo giornalista! Gli sarò sempre gratafinché vivrò!...IV.Nonostante l'amara esperienza della persecuzionepolitica ricordo con gran nostalgia alla mia terra, i mieigenitori, parenti ed amici, la mia professione. Amavo iragazzi e adoravo insegnare loro. Esercitai anche laprofessione di giornalista e fino a poco tempo faoccasionalmente ho pubblicato articoli nel quotidianoregionale Napló ("Diario") di Veszprém. Potei farlograzie ad un concorso nazionale in cui arrivai tra isegnalati e di conseguenza MÚOSZ, l'Ordine deiGiornalisti Ungheresi – allora unico – mi consegnò unaraccomandazione ufficiale con cui potei presentarmi allaredazione. Questo accadde nella tarda primavera 19<strong>77</strong>;in quel periodo ero ancora a Pécs per frequentare lelezioni del terzo anno del corso di laurea. Nel mese diluglio cominciai a fare la giornalista praticante con uncontratto a tempo determinato, ricevendo anche laretribuzione stabilita: mille fiorini. Due anni fa – nel1994 – ho pubblicato gratis qualche servizio che hoinviato tramite il mio fax in occasione dell'AnticaFiera di Portomaggiore – il giovane sindaco personalmentemi ha mandato l‘invito all‘evento dandomi làappuntamento –, quando una delegazione di Veszprémfu ospitata dalla cittadina che ha iniziato a costruire unrapporto di gemellaggio a cui col mio marito anche liabbiamo presentato Ferrara organizzando una visita incittà...Non dimentico le mie grandi speranze che pianopiano sono svanite. Dodici anni fa né io, né mio maritopensammo che non sarei riuscita ad inserirminell'ambiente di lavoro italiano... Quindi non pensavo diessere costretta a rinunciare l‘attrattività extradomestica...Nei primi tre anni di permanenza italianaero occupata dell‗ambientarmi nel mio nuovo Paese,in giugno 1985 ho anche dato l‘esame d‘italiano pressola Scuola SI Interpreti, poi il 2 gennaio 1986 nacquemia figlia Alessandra. Quando lei ha raggiunto l'età ditre anni l'ho iscritta alla scuola materna ed io hocominciato a ricercare con più insistenza un lavoro fissoe retribuito (anche non affine alla mia preparazionee professione)... Da allora cerco senza risultato soddisfacente.Nonostante le sofferenze a causa dellapersecuzione politica degli anni Settanta-Ottanta,ripiango quel periodo: allora almeno avevo la miaprofessione a cui mi potei dedicare con la massimasoddisfazione, mi sentivo appagata e veramenterealizzata; esercitavo la professione per cui mi eropreparata, istruita alla parauniversità, avevo unanotevole autorità. Ora invece mi sento isolata nellaperiferia della società, circondata dalla solitudine, senzaamici, senza vita sociale. Ad ogni mia richiesta di lavorola società italiana risponde soltanto un "no"! In tuttiquesti anni di ricerca ho soltanto incontrato losfruttamento economico e l'imbroglio. Così mi dedicoalle traduzioni, interpretariato ed alla letteraturacoltivando la narrativa, la poesia e saggistica, manon sono appagata: con i riconoscimenti teorici non sipuò vivere, la vita costa, costa tutto, così anche lepartecipazioni ai concorsi letterari e giornalistici. Per letraduzioni non volevano pagarmi il compenso dovuto,oppure non me l‘hanno neanche pagato. La più bruttaesperienza l'ho avuta con il titolare di una societàimport-export che commercializza piastrelle.Tra metà a fine d'ottobre nell'anno 1989comparve un'inserzione ne Il Resto del Carlino con iltesto seguente:«Importante società import-export di piastrelle cercapersone nazionalità cecoslovacca ed ungherese perinteressante impiego con ottime prospettive, telefonareore ufficio...»L'8 novembre (era mercoledì) il titolare della società mifissò un 'appuntamento per un colloquio il qualeavvenne il 10 novembre alla presenza di mio marito allapiccola, lussuosa casa sua. Egli mi chiese di prenderecontatto con gli ungheresi per avviare un'attività divendita di piastrelle, accessori e mobili per bagno,organizzare eventuali incontri in Ungheria concostruttori, impresari, direttori di ditte, eccetera. Midiede alcune indicazioni per la zona ideale in cuisviluppare tale attività assicurandomi i rimborsi dellemie spese ed assunzione futura. Illudendomi delleprospettive ventilatemi accettai le sue offerte el'incarico verbale. Io volevo una lettera di incaricoscritta, ma mio marito che è esperto di assunzioni, misconsigliò di farlo, sarebbe stata una mancanza difiducia nei suoi confronti; così mi convinse di nonchiederla. A seguito di questo accordo verbale, io inbuona fede m'impegnai al massimo: procurai132OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


eventuali clienti, organizzai incontri in territorioungherese tra questa persona ed i potenziali soci con iloro avvocati. In seguito chiesi il rimborso delle spesetelefoniche ed il compenso dovuto per le mieprestazioni tramite una lettera raccomandata, comel'accordo verbale e poi telefonico prevedeva. Egli non sifece vivo, di conseguenza io lo sollecitai più volte. Allafine come risposta io ricevetti dal suo avvocato G.B.una raccomandata, contenente tra l'altro un'implicitaoffesa che mi ferii profondamente, scrivendomi chequest‘incarico non mi è mai stato affidato da pare delsig. D.A.D.Non ottenendo alcun risultato, il 4/3/92 inviaiuna lettera-denuncia al questore della città sede diquesta società per segnalare quest'ingiustizia, raggiro esfruttamento nei miei confronti, documentando illavoro svolto e la mia fattura indirizzato al signorD.A.D. Purtroppo non ottenni nulla. La mia denuncia finìalla Questura di Ferrara da cui mi proposero di fare ladenuncia al tribunale, ma a causa delle spese legaliamichevolmente mi sconsigliarono di agire. Bellagiustizia! L'ingiustizia, la delinqueza trionfa in Italia e gliavvocati spesso assecondano i loro clienti anchequando hanno torto o sono proprio delinquenti e se necavano con poco se non addiruttura vengonoassolti!!!!...Sono laureata e nel mio paese ero insegnante.Venendo qua ero consapevole di non potermi inserirenel mondo della Pubblica Istruzione Italiana poiché lamia laurea ed abilitazione non sono riconosciute per gliimpieghi statali, ma avendo una preparazione culturaleche molti giudicano notevole, esperienze anche nelcampo del giornalismo, ed un certo talento letterarioriconosciuto anche in Italia giacché ho conseguito varipremi in numerosi concorsi letterari a cui hopartecipato, speravo di trovare un'occupazione neisettori non statali che mi permettesse di sfruttare lemie attitudini, ma ciò non è stato. Sono però anchestata disponibile per qualsiasi altra attività, anche senon attinente alle precedenti esperienze; per me è difondamentale importanza trovare un'occupazione sicurae redditizia; mi fa impazzire la consapevolezza che lasocietà italiana mi rifiuta nonostante io sia anchecittadina italiana! Quando ho parlato con un miolontano, acquisito «parente» italiano che fa il giornalistaal Carlino di Bologna – il cronista detto «bomber»,nipote del marito di mia zia materna – che è piùgiovane di me di un anno, per le mie amarezze haavuto soltanto questa domanda: «Ma non ti soddisfafare soltanto la moglie e madre?», poi mi ha detto:«Non sei più giovane...» Ho risposto anch'io con unadomanda: «E a te non è sufficiente fare il soltantopadre e marito? Perché lavora la tua moglie?» Non miha risposto...Non sono più giovane, non la ero neanche dieci annifa... Noi quarantenni siamo destinati all'immondiziaanche se siamo ancora piene di energia, voglia di fare,di esperienza e maturità?... Mi arrabbio quando sentoche il nipote maschio dicianovenne di unconoscente, frequentante il primo anno dell‘università,può collaborare con varie testate, mentre io ricevosoltanto rifiuti nonostante io sia riuscita a debuttare –però soltanto gratuitamente, ma senza possibilità dicontinuare – anche in Italia con vari servizi al Carlino...La mia età o altre obiezioni non conterebbero se fossi lamoglie o l'amante di un noto personaggio, o fossi unapornostar oppure attirassi l‘attenzione su di me inqualsiasi modo pur di procurarmi una fama, nonimporta che sia cattiva o buona: le porte siaprirebbero senza problemi...È difficile essere donna indipendente in questo Paesein cui la società è fortemente maschilista e miope...133OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>V.Oggi, il 22 dicembre, sono stata molto felice esoddisfatta: finalmente sono ritornata per un giorno suuna cattedra.La maestra di mia figlia già all'inizio dell'annoscolastico mi aveva chiesto di dare una lezionesulle tradizioni natalizie ungheresi. Ho accettatovolentieri questa possibilità. Mi sono sentita un'altrapersona, finalmente, anche se soltanto per qualche ora,mi sono ritrovata nel mio ruolo originale, quellod'insegnante. Nonostante io fossi abituata ai ragazzipiù grandi, me la sono cavata bene anche con questidella quarta elementare. Era la mia prima lezione inlingua Italiana!All'inizio ho parlato in breve dell'Ungheria, del suopopolo e nella carta fisica ho mostrato dove si trovaquesto paese. Raccontando le tradizioni ai compagni diclasse di mia figlia ho rievocato quei giorni splendididell'avvento che vissi in Ungheria e che ora cerco ditrasmettere anche alla mia famigliola ferrarese...Dopo il racconto di tutte le tradizioni magiare hoanimato una storia della nascita di Gesù, una traquelle che si sentivano durante il giro dei ragazzi colpresepio, aiutandomi con figure disegnate, colorate eritagliate da me stessa da un cartone ed alla fine hoinsegnato loro una canzone natalizia popolare in miatraduzione italiana accompagnandomi con una cetrafolcloristica ungherese e da una tastiera elettronica.Anche in varie fasi della lezione ho suonato alcunemelodie profane oltre a sacre, tipiche ungheresi che sicantavano nel periodo dell'Avvento.VI.Quando ho scritto i precedenti ricordi eravamo ancoraprima del Natale. Ora invece (oggi ne abbiamo 3gennaio 1996!) siamo già oltre. Questi giorni sonotrascorsi velocemente, siamo entrati nel nuovo anno.Chissà che ci porterà? Sarà un anno veramente buono,oppure peggiore del precedente?... La Vigilia l'abbiamotrascorsa a casa nostra in compagnia di mia suocera.Che bello era vedere le gioiose espressioni del viso dimiei cari! Il giorno di Natale e di quello di Santo Stefanosiamo stati ospiti, dopo undici anni, di mia cognata incompagnia dei suoi familiari, con la suocera e l'anzianazia novantenne [N.d.R. Ha vissuto 100 anni e quasi 6 mesi]di mio marito. Ci siamo sentiti molto bene. Sono ancorasotto l‘effetto del Natale. Ho scritto a proposito unapoesia col titolo Fervore natalizio.Unico neo di questi splendidi giorni è che i mieigenitori non si sono fatti vivi. Alla Vigilia (oltre lacartolina già inviata per tempo) ho fatto consegnare unmazzo di fiori natalizio con l'augurio di buon Natale. Hoanche inviato tre lunghissime lettere: nessunareazione... Ieri, nel giorno del decimo compleanno di


mia figlia le hanno telefonato per porgerle gli auguri,ma non hanno voluto parlare con me. Mai è successocosì negli anni precedenti... Abbiamo sempre scambiatoqualche parola, molte volte chiacchierando a lungo!!!Questa situazione mi fa soffrire molto. Uno di questigiorni ho cercato di chiamarli, ma il loro numerotelefonico o non rispondeva, oppure si sentiva unamelodia che ha impedito al suono di uscire... Nonreagiscono alle mie domande: io desidero tanto sapereperché hanno quest'atteggiamento con me. Tuttoquesto avviene perché oltre la loro compagnia abbiamocontatti sociali anche con altri durante la nostrapermanenza in Ungheria? Trasferendomi in Italia nonho interrotto i rapporti con coloro che erano miei amicie mi hanno affiancato negli anni della persecuzione.Anzi, vivendo qui tramite corrispondenze ufficiali hoanche instaurato nuove amicizie con persone di cuiprecedentemente non sapevo neanche l‘esistenza. Checosa c'è di male in questo? Cerco di pormi nella lorosituazione, ma non riesco proprio a comprenderli...Se potessi, dire loro e se sapessero guanto mimancano guelle ore che abbiamo trascorso dialogando,nonostante che anche prima di venire in questoPaese loro volessero fortemente influenzarmi,condizionare le mie decisioni. Forse la mia colpaimperdonabile è che non riesco ad assecondarlicompletamente? Non possono pretendere da tutti chevedano le cose esattamente come loro immaginano...Ognuno ha il suo punto di vista... In questo momento acausa del loro atteggiamento ho meno ispirazione perlavorare. Fino a poco tempo fa ero piena di progetti,secondo me grandiosi, ed ora non ho più la forza evoglia di realizzarli. Mi sento paralizzata.Nelle mie lettere precedenti li ho raccontato i mieiultimi successi letterari: dal 1° ottobre (dal nostroanniversario matrimoniale) ho ricevuto otto premiartistici prestigiosi: di poesia, narrativa, giornalismo,critica letteraria ed anche di fotografia! Ho vinto primi,secondi premi e due quarti posti! La «bomba» della miaattività letteraria è che uscirà un mio piccoloromanzetto per ragazzi e sarà presentato proprio alSalone del Libro di Torino! Finalmente sono riuscita adarrivare fino a questo punto che per me è una cosafantastica! Ho informato i miei di ciò, come negli anniprecedenti, ma non hanno reagito nemmeno con unaparola. No, sbaglio, oggi ho ricevuto una busta senzamittente e firma contenente una crudele poesia di miopadre, indirizzata esclusivamente a me. Una poesia ditre strofe, ognuna da quattro versi, piene di accuseingiuste di mio padre...Mi avverte di ricordare di tuttociò, in futuro, sopra le loro ceneri... Questa dura poesiaè la risposta a tutte le domande delle mie lettere? Maperché? In che modo ho offeso loro da indurli ascriverne, così?! Ho rivolto più volte questa domanda aigenitori, ma sono rimasta senza risposta. In questa vitacircondata da personaggi priva di stimolazioni elevatecon chi potrei condividere le mie gioie arrivate dopolunghi anni di vita da eremita, se non con i proprigenitori? Io ho sempre ascoltato il resocontoprofessionale di mio padre, ho gioito per i suoi successi,ma viceversa non è accaduto questo. Invece lui al difuori di sé non considera valide altre persone...Rimprovera soltanto la gente per quello che fa o non lofa. Qui, in Italia, intorno a me nessuno si interessa dime, delle mie attività, delle mie aspirazioni professionali– neanche da parte dei parenti italiani –, di successi osconfitte. Non leggono neanche i miei articoli pubblicatia loro regalati che dovrebbero e potrebbero leggerlialmeno per poter conoscere un po‘ la cultura dellapatria d‘origine della loro parente ungherese e perpoter evitare di chiedermi: ―Dov‘è l‘Ungheria»?... Sonorimasta sbalordita da questa domanda di mia cognatanegli anni Ottanta... Certo che né con loro e né con ivicini incolti non posso condividere le mie gioie esofferenze professionali oppure oltre le banalitàconversare di argomenti più elevati... È terribilecomunque tenersi tutto dentro. Per loro è importanteche io li ascolti con il massimo interesse, anche le cosesciocche; ma viceversa, tagliando corto, m‘interromponocambiando argomento, dimostrando il disinteresse.Non pensavo che fossero così incolti ed illetterati,nonché ineducati coloro che apparentemente avrebberouna buona scolarità... Attaccano i bottoni con ―comeva?‖ ―che tempo schifoso‖ ecc., poi arriva la slavinadelle lamentele e il fiume di parole delle chiacchiere persparlare della gente, o esaurire l‘argomento colmangiare... Non è oggetto di discussione un libro, unfilm di qualità, una mostra, o musica e così via... Comesi può pretendere di parlare di lettura, quando nelleloro case non si vede neache un libro?! Questo fatto loafferma anche mia figliola dicendomi spesso: «Saimamma, che nella casa delle mie amiche non ci sonolibri? Non ho visto neanche uno, salvo i testi di scuola.Non è come da noi! Questa gente non legge, non ama ilibri!» Ho notato anche io nelle case di certi conoscentilaureati! Qualcuno mi ha detto rispondendomi quandoparlavamo dei libri: «Io ho dei libri, ma li tengo incantina.» Hm... in cantina... È desolante... Unicapersona con cui posso parlare bene e di cose sensate: èla mia zia materna che abita a Porretta Terme, perònon sempre, perché il telefono costa. Quando riusciamoad incontrarci o viene in ospitalità a casa mia per alcunigiorni, recuperiamo tutto chiacchierando quasi finoall‘alba di tutti gli argomenti di qualità. Anche lei soffredella mancanza degli interlocutori adatti. Noi siamocresciute tra i libri in un ambiente familiare colto, senzaessi non riusciamo a vivere e non ci sentiamo bene. Poi,sempre abbiamo condiviso le nostre letture con ifamiliari ed amiche/amici. Non ho un parenteungherese chi non avesse delle librerie nella casa!... Ecome dei libri, sempre parlavamo anche dei nostrilavori, e le faccende domestiche, la cucina che sonopure argomenti interessanti a certo punto, ma nonesaurivano i nostri argomenti. Non come qui...Tornando in Ungheria, per forza che cerco lacompagnia delle amiche ed amici, ex colleghi oltre allacompagnia di miei genitori e parenti... Ma da quandovivo in Italia, qualcosa è notevolmente cambiata neimiei confronti... Non vedono con buon occhio i mieirapporti sociali in Ungheria. Non hanno reagito pure aimiei auguri inviati per il loro anniversario matrimoniale.Le altre volte mi hanno sempre ringraziato o al telefonoo con una lettera...C'era e ci sarà sempre un certo conflitto tra genitori efigli nonostante le migliori volontà. Ma non si puòopprimere i figli ed imporre loro esclusivamente lapropria idea. Anche i genitori devono accettare lapersonalità, la diversità dei figli e rispettare le loro134OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


scelte. Io ho sempre ascoltato i loro suggerimenti e liho accettato talvolta. Le mie proposte o idee raramenteerano accettate da loro... A quei tempi però evitai ildialogo contrariato alla loro visione, per non scontrarmicon loro. Ma adesso non ce la faccio e devo esprimere imiei punti di vista ed agisco esclusivamente secondo imiei od i comuni progetti con mio marito... Devonoaccettare che ora loro non possono fare parte educativadella mia vita come una volta, quando avevano la granresponsabilità di educarci... Dovrebbero adeguarsi alfatto che ora abbiamo anche noi la nostra vita familiareindipendente da loro e non hanno più diritto diinterferire in essa. Non siamo delinquenti, siamocittadini onesti, gran lavoratori con sani principi moralicristiani. Allora che cosa c'è che non va?... Non sapreidare la risposta... Gioco soltanto ad indovinello pertrovare una qualsiasi risposta plausibile...Mi domando: i miei genitori hanno mai provato mettersinei miei panni? Però mi hanno scritto più volte: «Èstato uno spreco conseguire la laurea per star chiusatra le mura domestiche... Quello si può fare senza glistudi universitari...», o per le mie amarezze: «Tu voleviandartene dall‘Ungheria...» Sanno che la mia vita non èaffatto facile? Ogni giorno devo lottare per farmiriconoscere professionalmente, per affermarmi eritrovarmi in condizioni simili a quelle che ho godutonella mia Patria natia? Si rendono conto che lotto con leunghie ed i denti per la mia affermazione professionale?Sanno che non ho nessuno per ricevere una mano eche tutto quello che ho conquistato lo devoesclusivamente alle mie proprie forze? Hanno idea chesoffro della mia situazione di maritodipendente perchéquello che raramente guadagno non è sufficienteneanche per coprire l‘esigenza di alimentarsi in ungiorno e se dovessi vivere da sola mi troverei sullastrada come le provere senzatetto?...No, non lo immaginano neanche. Tutti i giorni vivonell‘angoscia di cosa succederà con noi se mancasseimprovvisamente mio marito? Come troverei un impiegodignitoso per mantenerci se in dodici anni non ci sonoriuscita? La sua liquidazione non durerebbe perl‘eternità, la pensione vedovile non sarebbe garanziaper affrontare tutte le spese e far studiare la figlia...Non potrei più ritornare in Ungheria e ricominciaretutto... Dopo questi anni non potrei riabituarmi alla vitaungherese, anzi abituarmi, perché anche là sonocambiate le cose... Ed è vero che stando in Ungheriamolte volte mi sento fuori posto. Vivere lontano daanni, si fa sentire estranei anche nella propria patrianatia... Né là, ne qua non ho nessuno su di chi potreicontare. Economicamente non ho la mia indipendenzaprecedente, a casa praticamente non porto denaro, maspendo soltanto. Basta pensare che per partecipare aiconcorsi letterari oltre le tasse di lettura o quote dipartecipazione ci sono le spese delle fotocopie, le spesepostali. E i premi sono soltanto simbolici anche pressole associazioni prestigiose che godono anche lautesponsorizzazioni. Quelli in cui ci sono premi in denaro,non sono arrivata tra i primi tre, sono stata soltantofinalista... In questi casi mi viene un senso di colpa:quei soldi investiti per concorrere ai premi letteraripotrebbero trovare un altro posto nel bilancioeconomico familiare. Non parlando delle spese che hodovuto sostenere per raggiungere luoghi lontani perritirare il premio vinto, come Milano, Torino, Livorno, LaSpezia, Vada, Fucecchio, Venezia ecc. Non tutti iconcorsi prevedono la possibilità di spedire il premio adomicilio. In questo caso se non si è presenti si perde ildiritto al premio... Ricordo proprio in questo momentoun episodio: una volta a Roma mi hanno classificataterza ad un concorso che prevedeva anche un premioin denaro; mi hanno avvertito di questa vincita tramitetelefono dopo la cerimonia di premiazione protestandoper la mia assenza. Comunicando loro che non avevoricevuto alcun avviso ho chiesto sia per telefono in quelmomento, sia tramite due raccomandate successive, dispedirmi il premio al mio domicilio, ma l'associazioneletteraria romana non ha più reagito. Così non ho avutola targa di bronzo e la cifra di un milione di lire che hovinto... Si deve stare attenti anche a questi concorsi:anche qui ci sono truffe ai danni dei concorrenti...Per non ricordare la carriera in salita interrotta ametà strada, dall'impossibilità di reinserirsi nel mondodel lavoro italiano mi dedico alla letteratura scrivendoprose, poesie, critiche e saggi letterari per tenermi inallenamento accanto ai miei continui studi molteplici.Così ho potuto anche misurarmi con gli italiani. Ma nonè la stessa cosa... Sarebbe molto più facile esprimere imiei pensieri nella mia lingua. Ho fatto questa sceltaanche con lo scopo per migliorare il mio italiano scritto,perché parlare e scrivere in una lingua straniera sonodue cose ben diverse. Non è detto che chi parla beneuna lingua straniera scriva ugualmente bene. Posso direcon non poco orgoglio che mi sono spesso qualificata inottima posizione nonostante il mio difetto linguistico.Ma non abbastanza da interessare case editrici, rivisteletterarie od organi di stampa: per risposta a centinaiadi lettere accompagnate dal mio curriculumprofessionale ho ricevuto soltanto rifiuti, nessunaconsiderazione. Per forza che mi demoralizzo. Ma non sicomportano così con i personaggi famosi anche sequalcuno di essi è delinquente o poco valido: loro nonhanno problemi anzi, trovano le porte spalancate! Cheschifosa legge dell'esistenza umana! Ma non miarrendo! Questa è una promessa! Sono battagliera giàdalla mia nascita. Continuerò a combattare fino al mioultimo respiro...(Ferrara, 1996)Un breve articolo è del 16.06.2001 in cui risultano anche i miei volumi tra i concorrenti.135OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Il Resto del Carlino (08.11.1992)Il Resto del Carlino (26 aprile 1997)136OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


VII.Oggi ne abbiamo 10 marzo 1996; da tempo non hoscritto alcunché su questo diario. Non ho avuto tempo:per fortuna sono stata molto impegnata. Dovevopreparare alcune opere narrative e poetiche da inviarea vari concorsi. Ho una bellissima novità: sono riuscitaad instaurare alcune amicizie di penna che non midavano tempo di continuare questo diario. Sono felice,finalmente ci sono amici con cui posso tranquillamentedialogare secondo le mie esigenze e non miconsiderano un essere umano strano. Abbiamo un temacomune: la letteratura, le nostre esperienze da scrittorie poeti. Finalmente senza riserve possiamo scambiarele nostre idee, il travaglio dei nostri pensieri e dellanostra creatività. Peccato che abitano lontano daFerrara. Forse un giorno riusciremo anche a conoscercipersonalmente. Poi ho trovato anche una possibilità dicollaborazione giornalistica, anche se non è retribuita,lo faccio volentieri: finalmente ho uno scopo, possosoddisfare le mie esigenze letterarie e giornalistiche.Ora vedo il sole raggiare!Ho conosciuto tre persone meravigliose. Finalmentecon loro posso corrispondere e dialogare della mia,della nostra passione.Amo non soltanto in modo istintivo ma anche conconsapevolezza qualsiasi forma artistica: l'arte dinarrare, poetare, suonare, la pittura, la scultura. Intutte queste forme artistiche mi attrae il senso poeticoche esprimono. Questo mondo per me è magico ed èun ottimo luogo in cui posso nascondermi, rifugiarmiper sfuggire al mondo banale, deludente che spesso èmolto crudele ed opprime l‘anima. Avevo unagrand'esigenza di elevarmi ad una dimensione più alta,in una sfera non comune, ma non da sola, isolata, main compagnia di anime gemelle che ora ho finalmentetrovato nei nuovi amici di penna. Sì, questa èun'occasione che mi mancava molto. Non avendo più lamia cerchia d'amici e di colleghi, che ho lasciato inUngheria, qui mi sono sentita sempre un lupo solitario.Ho cercato di instaurare l‘amicizia tra i genitori deicompagni di mia figlia, ma con scarso risultato: laconoscenza è così superficiale e nessuno si è offerto diconoscerci più da vicino. Sento una barriera tra noi. Midispiace, non mi soddisfano le chiacchiere banali ed iluoghi comuni. Loro mi sembrano incapaci dicondividere una sensibilità particolare.Riesco a dialogare con loro ma non mi appaganototalmente. Con gli amici di penna mi sento a mio agioe nonostante che ci conosciamo soltanto tramite lenostre poesie, prose e lettere, abbiamo l'impressione diessere amici da sempre. Anche se non ci siamo maiincontrati, non abbiamo una fotografia, non sembriamopersone senza volto. Anzi, davanti ai nostri occhi sidisegnano lineamenti ben precisi. È una cosa bellissimaanche scrivere lettere non soltanto le poesie o lenovelle, perché anche con esse si riesce ad astrarsi perun po' dalla realtà spesso insipida e crudele quasisempre monotona, grigia nella sua quotidianità.Mentre si scrive una lettera ci si può distrarre erilassare nonostante gli argomenti trattati quasifilosofici. Possiamo scriverci di tutto senza essere presiin giro o considerati esseri strani. Purtroppo nei giorniquotidiani la vita tende ad essere sempre più piatta percui qualsiasi particolarità o diversità è considerata quasiun difetto, perciò il distinguersi da un gruppo dipersone può far sentire imbarazzo e incomprensione.Ho provato ad affrontare un qualsiasi tema in modopiù approfondito con alcuni conoscenti, ma poi holasciato stare, l‘indifferenza vera o dissimulata, oppurela barbaria culturale mi ha paralizzato dopo i primitentativi. Ora con i sei amici di penna, di cui due sonomaschi c'intendiamo bene. Forse perché tutti noiabbiamo la stessa passione: l'amore e il desiderio per ilbello, per l'arte e cantiamo poesie o narriamo variestorie con il gusto di creare, di comunicare... Per questoci capiamo anche soltanto con mezze frasi. Incircostanze comuni tante volte dobbiamo parlare tantoe nonostante ciò manca l'intesa...Non sopporto la superficialità, affronto la vita daindagatore in modo profondamente introspettivo perconoscere sempre meglio il soggetto con continuaanalisi. La superficialità può essere molto dannoso erovina i rapporti tra gli esseri umani. Così faccio anchecon gli scritti: mi piace guardare anche oltre adessi.Corrispondere con le persone simili a me è una cosameravigliosa e anche molto eccitante: è un'impresapiacevole conoscere le persone nel loro intimo. Ipensieri detti o scritti pesano di più, hanno unsignificato più profondo. E le nostre personalità siarricchiscono. Poi abbiamo tanto da dirci, noi nonabbiamo bisogno di chiacchierare delle stupidità, delleteleserie insensate, immorali prive di validomessaggio...Dal momento in cui ho cominciato a corrisponderecon queste persone si sono aperti davanti a me altriorizzonti: ora finalmente non mi sento isolata comeprima. Con questa nuova spiritualità ho l‘impressione disentirmi quasi com'ero prima del mio trasferimento inItalia. Anche i miei impegni nella famiglia li vedo sottouna luce diversa, con più serenità, anche se non sonopiù facili. In ogni modo se c'è una letizia interiore,quella si rispecchia ovunque, ne beneficiano anche glialtri, ad esempio i miei più stretti familiari. La miasolitudine si è finalmente infranta...* Redatta in maggior parte in base ai capitoli I, VII, VIII, IX,X dell‘«Arrivando dalla Pannonia (Frammenti di memorie)»[Autogiografia, pp. 214 (1956-1996); Premio Pieve 1997;v. WEBIF - Archivio Diaristico Nazionale MP/97)] . (1956-1996) Autobiografia: Un'ungherese, insegnante e giornalista,sposa un italiano e viene a vivere in Italia, dove si sentesradicata e incompresa. Dopo le persecuzioni subite inUngheria, a Ferrara continua a pensare di essere perseguitatadalla burocrazia e dalle strutture culturali. Poche sono leparentesi serene...P.S./Nota: Nonostante le tutte incomprensioni, per le letteree cartoline quasi sempre contenenti degli stuzzichi, delleoffese volontarie o involontarie, implicite ed espilicite, lemanifestate ingiustizie nei miei confronti per le cose fatte onon fatte, per le mie scelte spesso mai accettate o approvate,per le loro sconsiderazioni o errate considerazioni del miooperato, nonostante per i «perché gli altri così sono, o questol‘hanno ottenuto invece io...», etc. e così ho continuato avoler bene a miei genitori con gratitudine, anche perchédurante la loro difficile vita hanno fatto di tutto per il nostroavvenire. E dopo tutto ciò posso ritenermi fortunata per tuttoche ho ricevuto ed ottenuto durante la mia esistenza. Tutte leesperienze di vita – negative e positive – hanno contribuito almio cammino delle mie attività professionali e familiari.137OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


VIII.Fuori dal diarioFrammenti di malignità ed altre documentazioni«Torino, 6. 11. 1998[...] Qualcuno mi aveva scritto dicendomi di aver pocafiducia nelle tue capacità letterarie, in quanto unastraniera non è all‘altezza di giudicare un‘opera diletteratura italiana quando lei stessa non è in grado discrivere correttamente. Ora però, le lamentele si sonomoltiplicate. Altri associati mi scrivono e si lamentanoper quello che fai... [...]»«Qualcuno ti ha definita ―una machinetta mangia/soldi‖e mi ha sottolineato questa dicitura riportata nei tuoibandi: ―Si risponde solo a chi dimostra di aver pagatolibri e quant‘altro in anticipo e solo a condizione chealleghi busta affrancata.‖ Che miseria, che tristezza, chebalzo nello squallore! [...]»Colui che ha scritto la frase sottolineata l‘ha fatto conuna totale malafede. Nei bandi – reperibili ancorasull‘internet, ma da tanti anni non aggiornabili e noncancellabili – si legge così che suona diversamente:«La premiazione consiste in Diploma d‘Onore, inpubblicazioni gratuite sulla rivista "<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>" e nell‘antologia delle promozioni editorialidell‘O.L.F.A. ed i primi tre classificati di tutte le sezioniriceveranno in omaggio una copia dell‘ultimo numerodel periodico. Ai classificati al primo posto è previstauna targa, al secondo e terzo posto un medaglione.Saranno scelti oltre alle opere finaliste, altri elaboratinon classificati ma meritevoli di ciascuna delle sezioniinedite ed assieme agli autori della I-II-III^ classificadelle sezioni I-V (seguendo il grande successo deivolumi dell'O.L.F.A.) verranno premiati con lapubblicazione nell‘antologia del Premio. I classificati alprimo posto delle sezioni III, IV e V saranno inoltrepremiati con una targa e con la pubblicazioneautonoma della propria opera vincitrice: riceveranno,infatti, oltre ad una copia in omaggio dell‘antologia edoltre ad una copia della rivista anche 15 copie deiquaderni della Collana Quaderni Letterari con la diciturariportata sulla copertina: "I° Premio <strong>Letterario</strong>Internazionale Janus Pannonius". (In caso di scarsapartecipazione si adeguerà ad una soluzioneopportuna.) I finalisti interessati, dopo lacomunicazione dei classificati – volendo –, potrannoprenotare il fascicolo della rivista in cui verrannopubblicati oltre alle opere vincitrici anche i loro elaboratiassieme agli altri lavori selezionati con il versamento di€ 10,90 + € 2,10 spese di spedizione e l‘antologiaversando € 28,42 cad. (spesa di spedizione esclusa)tramite vaglia postale. Tutti gli interessati oltreall‘antologia (ma non sostituendola) potranno prenotarei numeri da loro prestabiliti dei quaderni (max. pp. 24)della propria opera premiata o segnalata versando €3,90 cad. per il quaderno di silloge di poesie e € 4,40cad. per la raccolta di racconti e della saggistica inquestione...................................................................I premi assegnati saranno recapitati agli interessatiper corrispondenza. La conclusione della classifica delpremio, l‘edizione dei volumi ed invio dei premi èprevista entro l'anno corrente, salvo qualcheinconveniente non voluto, causato dai problemi tecnici..In occasione di altre iniziative editoriali la Redazionesi riserva l‘eventuale, futura pubblicazione delle operemeritevoli ma escluse dalla rosa dei finalisti. LaRedazione intanto – fuori concorso, ma non sostituendol‘antologia – offre la possibilità anche agli altri autori dipubblicare una loro raccolta di poesie o racconti (saggi)nei quaderni di max. pp. 24. per il prezzo sopraccitato...Tutti i finalisti saranno avvisati tempestivamentedell‘esito del Premio ed anche tutti coloro che hannoallegato una busta preindirizzata ed affrancata..............La partecipazione al concorso implica l‘accettazionedel presente regolamento. Le opere inviate non sarannorestituite.»Oppure:«La premiazione consiste in pubblicazioninell‘antologia "ALMANACH" come promozione editorialedell‘O.L.F.A. Saranno scelti massimo 10 finalisti per ognisezione. I finalisti si impegnano di acquistare una copiaricordodell'antologia versando € 21,20 (spesa dispedizione esclusa) tramite vaglia postale. Per evitareeventuali disguidi si prega di precisare sempre lacausale del versamento...............................................L'antologia sarà recapitato agli interessati percorrispondenza. La conclusione del premio è previstaentro il 15 aprile dell'anno corrente. E l'invio del volumecirca entro 31 luglio.....................................................In occasione di altre iniziative editoriali la Redazionesi riserva l‘eventuale, futura pubblicazione delle operemeritevoli ma escluse dalla rosa dei finalisti..................I finalisti saranno avvisati tempestivamente dell‘esitodel Premio ed anche tutti coloro che hanno allegato unabusta preindirizzata ed affrancata.................................La partecipazione al concorso implica l‘accettazionedel presente regolamento. Le opere inviate non sarannorestituite.....................................................................Piccola e parziale rassegna di stampa e riscontri138OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Einaudi — Nel mio giorno di compleanno, il 12. 12.1996, alle ore 16 ho avuto un‘inaspettata sorpresamolto gradita: Carlo Bonadies della Redazione Classicidell‘Einaudi mi ha telefonato per inviargli il miomanoscritto intitolato Da padre a figlio, con laprospettiva di pubblicarlo e mi ha dato l‘impressionecome se avesse avuto l‘urgenza o preoccupazione cheesso potesse essere offerto anche ad un‘altra casaeditrice, dato che contemporaneamente a più caseeditrici l‘ho segnalato. Era bello sognare! Ho aspettatodue mesi, poi il 12 marzo 1997 gli ho scritto perchiedere delle notizie a proposito della decisione.Purtroppo non ho più avuto sue notizie. Sarebbe statotroppo bello se fosse stato pubblicato il librodall‘Einaudi!!! Così, non aspettando più, nel 1997 hopubblicato la raccolta di fiabe e leggende popolarimagiare per i tipi dell‘Edizione O.L.F.A nella collanaquaderni letterari e fuori commercio, poi ultimamentecon la nuova edizione nel mese di maggio <strong>2010</strong> inversione commerciabile...Immagini dei premi più significativi possono essereconsultate sulla pagina Web:http://www.osservatorioletterario.net/mieipremiletterari.pdfhttp://digilander.libero.it/osservletterdgl1/melinda2_file/occhidieridioggi.htmHo quasi dimenticato: non ricordo esattamentein qualeanno, ho ricevuto la nomina «Membro Onorariodell‘Accademia Velardiniello di Napoli...Tutti i certificati dei miei studi, aggiornamenti professionali,impegni di lavoro:http://www.osservatorioletterario.net/esami-master-iad-lc2.pdfhttp://www.osservatorioletterario.net/drengo-master.pdfhttp://www.osservatorioletterario.net/attestati.pdfhttp://xoomer.alice.it/bellelettere1/tessuniv.pdfhttp://digilander.libero.it/osservletter/oszt.htmNotizie di qualche riconoscimento tra i più di 30 premi (Il Resto del Carlino, La Nuova Ferrara):139OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


IX.Curriculum professionaleSono nata in Ungheria (Dombóvár) il 12. 12. 1953 erisiedo in Italia (Ferrara) dal 5 dicembre 1983 a seguitodel mio matrimonio con un ingegnere italiano l‘1ottobre 1983 e sono madre di una figlia nata il02.01.1986.Ha fatto la mia prima visita in Italia da turista nelluglio 1982: L‘aria della libertà mi ha notevolmentecolpita: mi sentii come se fossi stata un gabbianoappena liberato dalla sua gabbia. Respiraiprofondamente ed annusai quest‘aria con un‘ebbrezzainspiegabile. Era un‘emozione che ancora oggi èindimenticabile. Ancora mi riempì di stupore l‘estremaallegria degli italiani, come se avessero una vitaquotidiana sempre spensierata. Gli occhi degli straniericosì vedono gli italiani la prima volta. Però, si sa, che lavisione dei turisti è ben diversa da quelli degli abitantidel Belpaese. La terza cosa che mi colpì – nonostanteche fossi preparata dai miei studi e da letture sull‘Italia– fu l‘estrema ricchezza artistica.Sono docente di Ungherese e di Storia – con la tesi dipsicologia: «I problemi psichici dei ragazzi arrischiati edei delinquenti d‘età minore» (Laurea 16 giugno 19<strong>78</strong>)– (precisamente di Lingua e Letteratura Ungherese/Mondialee di Storia Ungherese/Universale dallapreistoria al presente) a di Italiao/LC2 per stranieri(postuniversitario Master universitario di II livello del 12giugno 2009), giornalista e pubblicista, giornalistastorico scientifico (con postuniversitario Mastereditoriale di informatica di II livello per Medioevo del 4febbraio 2009 con l‘elaborato finale di 99 pp., intitolato:Varietà Italo-Ungheresi nel Medioevo nello specchio deireperti archeologici, varie memorie storiche, letterarieed artistiche (sec. VI-<strong>XV</strong>). Un filo di continuità tra Italiaed Ungheria, iscritta all‘albo deell‘Ordine dei GiornalistiItaliani e Ungheresi), nonché traduttrice tecnica,letteraria di lirica e prosa, interprete e mediatoreculturale e linguistico, occasionale consulentelinguistico giudiziario. Inoltre, dal 1 luglio 2008 sonoanche membro del Sindacato Nazionale degli ScrittoriItaliani (SNS, Roma).Ho pubblicato in Italia racconti, poesie, saggi, articoligiornalistici in riviste e antologie, ma anche libri miei edegli altri autori.Ho ricevuto in Italia più di 30 premi letterari perarticoli di critica letteraria, saggi letterari e storici,poesie, racconti, vari articoli giornalistici, fotografied‘artista. Ecco tutti i premi e riconoscimenti ottenuticompresi quelli ungherese fino al 2002:1. Due volte III classifica del Premio di Retorica a Pécsnel dicembre negli anni 1974 e 1975;2. Segnalazione del Concorso Nazionale del Giornalismoin Ungheria, bandito dal MÚOSZ a Budapest nel 19<strong>77</strong>;3. Targa di bronzo + premio in denaro di narrativa nonritirata a causa del ―disguido‖ dell'organizzazione de «Igiardini di mecenate» di Roma nel 1993; 4-5-6-7.Premio Dante I. class. 1993, III. class. 1994, III. class.1995, 1996; 8-9-10. Premio dell‘Accademia «GliEtruschi» (III. class.) 1995 (Vada): Poesia (II. class.),Prosa (I. class.); 11. Premio Speciale della Giuria"Cinque Terre" di Spezia per una silloge di poesieinedita nel giugno 1995; 12. Premio Speciale dellaGiuria "Cinque Terre" di Spezia per una silloge di poesieinedita nel 1995; 13. Medaglia di narrativa dal «Gruppodell'Amicizia» di Ferrara nel maggio 1995; 14. Diplomad'Onore di narrativa segnalata del PremioInternazionale d'Arte «San Giovanni Bono» di PonteAbbadesse di Cesena (FC) 1995; 15. IV. class. delPremio con medaglia dorata artistica per una silloge dipoesie; 16. IV class. con una medaglia dorata artisticanella sezione di Fotografia del Concorso InternazioaleTelevisivo «Comunità Europea» dell'Ass. Teatro CantinaClub di Como, 1995; 17. Premio Internazionale«Giovanni Verga» 1996 (Roma) II. class. per l‘articolopubblicato (Lungo le vie dell‘Europa per amore esolidarietà) su il Resto del Carlino; 18. PremioInternazionale «Alessandro Manzoni» 1996 (Roma): peril piccolo romanzo didattico-fiabesco Girovagandonell‘Impero di Discorsopolis; 19. Premio <strong>Letterario</strong>Nazionale di Milano 1966 (Milano): nella categoria dipoesia e critica letteraria; 20. V class. (tra 500concorrenti) del Premio "Città di Venezia" del ConcorsoInternazionale di Poesia bandito dalla Casa Editrice TOPMedia di Venezia-Mestre 1996; 21. Diploma di Meritodel Premio Internazionale di Poesia «Agenda deiPoeti"» dell‘Editrice OT.MA di Milano 1996; 22-23. III.Class. per poesia e critica letteraria del Premio SpecialeEditrice con targa del Premio Internazionale di Poesiadella Casa Editrice Helèna Solaris H.S. di Milano 1996;24. Targa e Diploma di Merito nella Sezione «PoesiaSegnalata» del 25° Concorso Intemazionale d'Artedell'Associazione Culturale «S. Giovanni Bono» -Accademia Arti-Scienze-Lettere di Cesena-PonteAbbadesse, 1996; 25. II class. del Premio del Premio<strong>Letterario</strong> Intemazionale «Omaggio ad AlessandroManzoni» di Roma, il libro per i ragazzi intitolatoGirovagando nell'Impero di Discorsopolis, piccoloromanzo didattico, una grammatica fiabesca (EditriceTaurus 1996, Torino), 1996; 26. I class. della "IBiennale di Rosignano Marittimo 1996" organizzatadall'Accademia Italiana "Gli Etruschi" di Vada (Li) nellacategoria «Poesia moderna» per la poesia intitolataL'anima stanca, (Vada) 1996; 27. Menzione d'Onoreper il libro Girovagando... accompagnata dal diploma dimerito e da un francobollo d'argento del 10° concorso<strong>Letterario</strong> Internazionale «Giovanni Gronchi» diPontedera (PI), 1996; 28. II class. del Premio del«Premio Prosa 1996» bandito dal Club <strong>Letterario</strong>Italiano di Latina per libro Girovagnado... 1996; 29..Premio d‘Autore d‘Oro Premio <strong>Letterario</strong> Internazionale1997 nella categoria di inediti (Torino); 30. I migliorinella Cultura, nel Turismo e negli Hobbies PremiAnnuale della Regione di Campagna 1995/1996; 31.Premio Pieve 1997; 32. <strong>XV</strong>. Gran Premio Internazionaled‘Arte Carrara Hallstahammar: Il Migliore Artista inAssoluto «Carrara Hallstahammar» 1997/98 (Carrara);33. L‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> «Una delle mille miglioriidee idee imprenditoriali» Banca Popolare Milano –Corriere della Sera/Corriere Lavoro, 31 ottobre 1998,Milano; 34. The 2ooo Outstanding Scholars of the 21stCentury Awards Programme International BiographicalCentre Cambridge 2001; 35. The 2000 OutstandingScholars Intellectuals of the 21st Century AwardsProgramme International Biographical CentreCambridge 2001; 36. L‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>segnalato da RadioRai1 nella rubrica radiofonica di140OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


economia, politica e cultura della Mittel Europa di RAI 1«Est Ovest», trasmessa dalla sede Rai di Trento a curadi Sergio Tazzer (25 marzo 2001); 37. Premio delComune di Ferrara «Con gli occhi di ieri e di oggi» 2002(Ferrara).In Italia occasionalmente ho svolto i seguenti lavori:occasionali traduzioni tecniche, letterarie, giudiziarie,occasionale consulenza ligusitica giudiziaria,interpretariato, insegnamento privato di pianoforte esolfeggio, insegnamento privato di lingua ungherese editaliano per stranieri, insegnamenti d‘italiano a titologratuito presso le pubbliche istruzioni, mediatorelinguistico e culturale scolastico e generale, articolista atitolo gratuito, edizioni di volumi di prosa e di poesia,quaderni letterari, ricerche letterarie, storiche,linguistiche, sono intervenuta ad alcune presentazioni dilibri, in eventi letterari, conferenze...Perennemente mi occupo della direzione ed edizionedel no-profit periodico di cultura <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>Ferrara e l‘Altrove, (brevemente <strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>/ O.L.F.A.) da me fondato nell‘ottobre 1997.Sono direttore responsabile (dal 2005) ed editoriale,caporedattore e titolare dando spazio alle muse, artiungheresi, italiane gettando pure uno sguardo ancheper la cultura, letteratura di altre nazioni. Oltre iracconti e poesie pubblico sul periodico testi di critica estoria letteraria, traduzioni poetiche e letterarie, storia,critica cinematografica, dibattiti letterari, culturali,sociali. Ogni tanto pubblico anche volumi e quaderniletterari individuali nella Collana Monografiacommerciabili e distribuiti anche tramite La Feltrinelli.X.Un racconto ispirato dalle proprie esperienze divita e di altre donne straniere:La storia di MagdolnaMagdolna non sopporta gli aggettivi di casalinga edisoccupata. Tutte le volte che li sente le viene la pelled'oca. Quelle espressioni le sono antipatiche e le odiaproprio. Particolarmente la prima è più irritante perchéuscendo di casa è circondata solamente dallecasalinghe la maggior parte prive di istruzione. E leisente di non avere niente in comune con le casalingheitaliane. Con suo grande stupore, non soltanto lacategoria delle più anziane, ma anche le donne dellasua generazione - basta guardare i numeri dellestatistiche - sono in gran numero ancora prived'istruzione. Sente di trovarsi quasi un secolo indietro,nonostante che questo paese, l'Italia, sia uno dei piùindustrializzati. Per lei esse non sono compagnie adatte.Oltre alle forme di cortesia, oltre a qualche scambio diparole e di luoghi comuni non è mai riuscita adaffrontare con loro alcun argomento adatto alle sueesigenze. Altre conoscenze degne di lei non se le puòprocurare dato che è priva di contatti validi.Dopo quasi due decenni non è riuscita a trovare unimpiego retribuito. E Dio lo sa quante centinaia dimigliaia di curriculum ha inviato alla ricerca di un lavorostipendiato. Questo fatto non le va giù neanche adesso.La sua nostalgia è particolarmente grande per le duecarriere ricche di prospettive e poi interrotte:l'insegnamento ed il giornalismo. Così è rimastaesclusa, isolata, emarginata.Lei comunque non considera se stessa casalinga.Infatti: anche nella sua carta d'identità si legge:«Docente…» Eh, già, quando si laureò, assieme ai suoicompagni di studi tutti sono stati proclamati,ufficialmente professori e nel momento della consegnasolenne della laurea tutti insieme, ad alta voce,pubblicamente hanno fatto il giuramento di Stato perquesta professione. Durante gli anni di studi ha fatto iltirocinio prescritto, per il programma didattico, dalMinistero dell'Istruzione che si concluse coll'esamed'insegnamento pratico. Quindi sia lei che i suoicompagni sono usciti dall'Università già professoripronti che sapevano insegnare e non brancolavanoprofessionalmente a danno degli alunni come succedein Italia. Ma lei, volendo, potrebbe sostituire la parola"insegnante" con quello di "giornalista", perché anchein Italia lo è già ufficialmente: è iscritta infatti all'Ordinedei Giornalisti. Ma le testate non la volevano, larifiutavano con qualsiasi scusa. Per lei non c'era alcunapossibilità, ma nello stesso momento per gli aspirantimaschi o femmine con le spinte dei parenti, degli amici,dei politici le porte si sono aperte… Oppure sono statisemplicemente "mandati da qualcuno" che pesava nellavita sociale locale, o interregionale. Lei non poteva enon può dire: «Mi manda X. Y.». Dire la verità ledarebbe anche fastidio dato che è abituata ad ottenerele cose per i suoi meriti e non perché figlia oconoscente di certi personaggi considerati nella vitapubblica.Anche dopo tanti anni per lei è veramente difficileaccettare il triste ed umiliante fatto di un'assoluta nonconsiderazione e d'ignoranza voluta riguardo la suaesistenza. Essendo stata abituata alla totaleindipendenza economica con due stipendi regolari, le èdeprimente accontentarsi delle briciole delle prestazionioccasionali che non danno né sicurezza, nésoddisfazione, né serenità…Magdolna non riesce ancora ad accettare questacondanna alla prigione domiciliare forzata. Lei,discendente da una famiglia di intellettuali - circondatadei parenti scienziati, studiosi - è abituata al contrario: ilpadre è ancora un lavoratore attivo in più rami dellescienze, della giustizia e dell'istruzione pubblica. Inonni, i bisnonni comprese le donne, erano essi purecosì nonostante le mille difficoltà consapevolmenteprovocate dall'opprimente regime comunista nella suapatria d'origine, l'Ungheria. Quindi gli esempi digenerazioni familiari hanno lasciato delle tracceprofonde nelle sue vene. Ma l'Italia annienta le personecondannandole ad uno stato di perennedisoccupazione. Se non c'è lavoro, non c'è guadagno;senza guadagno non c'è possibilità di cibarsi.Magdolna in fondo può anche ritenersi fortunata: haalmeno il marito che mantiene la famiglia. Ma questonon le basta e per lei è inaccettabile la condizione diessere a carico del consorte. Non le va giù, non riesce arassegnarsi. Lei vorrebbe aiutare l'economia dellafamiglia tramite il suo lavoro esercitando le sueprofessioni oppure con altri impieghi attinenti alla suapreparazione ed esperienza. Ma l'iscrizione di quasi duedecenni all'ufficio di collocamento al lavoro non le èservita a niente. Anzi le ha procurato piuttosto altre141OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


umiliazioni tra le quali una particolarmente dolorosa: ungiorno si è sentita rifiutata a causa della sua età. Unical'esclusione: l'età! Nessuno si era presentato all'ufficiodi collocamento per l'impiego di bibliotecariouniversitario che sarebbe stato un ottimo impiegoconciliabile con la famiglia e con gli altri suoi interessied i suoi studi. A quel tempo lei era l'unica candidata,ma per aver compiuto due giorni prima i suoi 43 anni lasua candidatura è stata rifiutata. L'impiegata statale ledisse con tono indifferente: «Mi dispiace signora, anchese i suoi punti sono ottimi ed anche se lei è l'unicacandidata ancora, devo rifiutarla perché Lei ha giàcompiuto il 43° anno. Così non è possibileammetterla…» Cosa si può dire e fare in questi casi? Daallora sono passati altri otto anni e non è miglioratoniente… anzi, le possibilità sono sempre diminuite: lacausa principale è l'anzianità anagrafica. Ma anchevent'anni fa era vecchia: a trent'anni era già statascartata. Vive un'umiliazione moltiplicata: fa parte dellavita senza alcuna delle prospettive dei giovani; vivel'esperienza del rifiuto ed abbandono degli anziani; vivela discriminazione delle donne e degli extracomunitarinonostante la sua cittadinanza italiana. A proposito deigiovani: cercano sempre i giovani? Ma loro dove sono?Perché sono disoccupati? Perché sono senzaprospettive? Stranamente ovunque chiedono deigiovani, ed i giovani si lamentano di non trovare lavoro.Dove sta la verità?Magdolna ciò nonostante non si consideradisoccupata. Per non abbassarsi al livello dell'enormefascia di analfabeti e semianalfabeti e non alimentare ilprocesso di rimbecillimento, oltre ad alcune occasionaliprestazioni professionali, perdendo la pazienza estancandosi dei rifiuti avvilenti, da pochi anni gestisceun'attività imprenditoriale non profit, in proprio. Cosìnon affonda nel mare delle faccende domestiche chepurtroppo, non facendo altro, le procurerebbero unforte degrado mentale. È un'attività intellettualestimolante, creativa quella che fa, ma piena di milledifficoltà. Navigare su questa barca da soli, senzaappoggi finanziari è molto difficile. Ma si va avantilentamente. Si dedica a questa impresa con la massimadedizione, col cuore anche se non le porta alcunprofitto economico, ma una cosa è molto importante:lei così è attiva ed in questo modo continua le sue dueprofessioni forzatamente interrotte.Ma se fosse da sola, non riuscirebbe a sopravviveree finirebbe tra le barbone.Ma se fosse stata sola, non sarebbe venuta in Italia,non si sarebbe sposata e non sarebbe stata presa ingiro dalle autorità italiane operanti in Patria che ledicevano nel solito stile italico: «Ma non si preoccupisignora, lei potrà utilizzare le sue lauree, potrà trovaredelle opportunità di lavoro adeguato alla sua istruzioneed alle sue professioni!…» Parole, parole, parole; belleparole, ma peccato che in un attimo gli Italiani non sene ricordino più… Se avesse saputo che in Italiasposarsi, da parte di una donna d'origineextracomunitaria ma cittadina italiana, significava laperdita dell'autonomia economica, non avrebbe mailasciato la sua patria prima di aver ricevuto dellegaranzie sicure di lavoro.Magdolna quindi detestava e detesta le parole dicasalinga e di disoccupata. Non ha niente in comunecon queste categorie. Non si può dire che lei siacasalinga, nonostante non abbia un reddito: perché nonsi occupa esclusivamente della cura della famiglia edella casa, ma si occupa della sua impresa di cui èmanager praticando le sue professioni. E per questonon si può dire neanche che sia disoccupata: perché dellavoro ne ha, e per lei sola è già enorme. Diciamo che èuna manager generale precaria, una lavoratriceautonoma, quindi né casalinga, né disoccupata, nésottoccupata. È una cittadina lavoratrice nonstipendiata… Suona meglio… Non è vero?Ha imparato tante cose; tra cui che il sistema socialee familiare italiano è patologicamente diverso da quellodelle altre nazioni europee e che per le donne esso èassolutamente negativo: comporta il completoassoggettamento al marito che mantiene la famiglia cheè unica fonte di reddito. Per la maggioranza delle donneitaliane questa situazione forse va bene: sono nate conquesta mentalità tradizionale, ma Magdolna nella suapatria ha visto ed è stata abituata diversamente, perciònon riesce a rassegnarsi ed accettare queste condizioni.Una donna del nord, maritata con un italiano, se vorràavere una sua libertà personale, dovrà diventareindipendente economica-mente, ma questo è quasiimpossibile in questo paese in cui la disoccu-pazione èaltissima.Il sistema familiare italiano condiziona ed ostacola leaspirazioni professionali di una donna immigrata dalNord-Europa o dall'Europa Centrale. La donna sposatadeve stare - volontariamente o involontaria-mente - acasa accanto ai fornelli, ai figli; non può avere una vitaprivata dedicata a se stessa perché non ha alcunospazio per questo, figuriamoci se può avere una vitasociale extradomestica! Spesso le donne italiane lehanno fatto queste domande: «Hai un marito chelavora e che ti vuole bene, hai dei bei figli, che cosavorresti di più? Perché vuoi andare a lavorare fuori dicasa?» Magdolna vive proprio questa situazione. E glianni sono passati, i figli sono cresciuti, il marito èsempre assente perché lavora fuori città: è via dallesette del mattino fino alle otto di sera, ora del rientro,se va bene, perché molte volte rientra anche a oretarde. Quindi per la gran parte della giornata Magdolnaè sempre da sola con i figli per gestire tutto come unaragazza madre. Non aveva avuto praticamente alcunaiuto quando i ragazzi erano piccoli, né lo ha adessoche sono più grandi. È sempre sola nonostante i suoitentativi di avvicinamento ai genitori dei compagni deifigli, in maggior parte anche più giovani di lei di cinqueo dieci anni, ma con una mentalità quasi medievale.Accanto ai doveri familiari ha frequentato vari corsiuniversitari italiani per allargare la sua cultura. Amicizienon è riuscita a farne neanche allora: i ragazzi eranomolto più giovani di lei ed essi non si sono avvicinati aduna signora matura, anzi si sentivano infastiditi dal suotentativo di far conoscenza. Poi c'è un'altra cosa che larattrista particolarmente: la sfiducia degli Italiani neisuoi confronti. Oh, sì, di parole gentili, superficiali gliItaliani non sono avari, ma quando si tratta di fatti o difiducia si ritirano con una veloce retromarcia!Magdolna però, anche se ora si sente più sola chemai, non ha perso la grinta, la voglia di fare e dimostrare le sue capacità, anche se è già un po' piùstanca. Finché ha il desiderio e la forza di creare non si142OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


ferma: l'esercizio della sua attività, delle sue professioniin proprio le dà un raggio di sole, un po' di colore nellamonotonia del suo esilio involontario ma imposto dallasua patria d'adozione. Ed e felice anche perché haalmeno la pelle bianca. Se l'avesse di colore, il suocammino sarebbe più travagliato… ed è felice che nonfa parte delle istruite prostitute connazionali chevengono periodicamente in Italia per 'lavorare' pressogli appartamenti dell'Eros… ed amaramente cosìdescrive i suoi sentimenti, osservazioni in italiano:APOLIDEQuando qualcuno mi dice:―Sei fortunata, hai due patrie!‖ -non lo sa neanchequanto mi feriscaquesta frase…Due patrie!…magari, potessi dire!Ma non è così -e mi sento apolide.È vero,ho la doppia cittadinanza:l‘ungherese ed italiana…Ma per l‘Ungheriason già solo straniera,e qui in questa penisolanon son ancora italiana…Due patrie!Che grottesca situazione!Ma in realtà son soltantosenza radice: non appartengopiù al corpo della terra magiara, -non son ancora ben radicatain Italia, nella mia nuova patria…** La poesia è stata scritta nel 1993, mentre il racconto tra il1997-2000, non ricordo l‘esatto anno della creazione.Questo racconto è stato pubblicato sulla nostra rivista (<strong>NN</strong>.13/14 Marzo-Aprile/Maggio-Giugno 2000), sul nostro sito,sulla Biblioteca Elettronica Ungherese e sui volumi «I signoridel Danubio» (Edizione O.L.F.A., Ferrara 2000) e «Paginecolorate» (Maurizio Tosi Editore, Ferrara, 2001) e sul sito«Voci dal silenzio», culture e letteratura della migrazione.Questo racconto ha avuto grande eco, mi hanno scrittodonne ungheresi e di altre nazioni, sposate con italiani,comunicandomi, come se avessi scritto proprio dellaloro vita. Tra di esse c‘era anche una signora unghereseche si chiamava proprio Magdolna e sottolineava cheavrebbe potuto scrivere questo racconto anche lei,perché in ogni particolare assomiglia la trama a quelladella sua vita vissuta in Italia.Il racconto è stato anche oggetto di studi ed analisidurante i seminari del Dipartimento dell‘Italianisticaall‘Università degli Studi di Pécs. Anzi, l‘<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong> ed i suoi contenuti fanno parte delprogramma didattico del corso della Dott.ssa JuditJózsa, docente d‘italiano all‘Università sopraccitata. Ilfatto che il mio lavoro viene considerato degno diessere studiato nelle aule universitarie, mi rende tantofelice... Tante grazie per questa lusinghieraconsiderazione!Infine ecco una lettera di una italiana di professionedi ingegnere di chimica, pubblicata il 15 febbraio 1997sul quotidiano il Resto del Carlino che si lamenta dellostesso disagio – che nel caso delle straniere è ancoramaggiore – e denuncia la discriminazione nei suoiconfronti:XI.I RACCONTI ED IL MONDO DI ALESSANDRA DINOVE A<strong>NN</strong>IAlesssandra Bonani (1986) ― FerraraIL MIO PUPAZZOIl mio pupazzo preferito si chiama Pici Bodri che initaliano equivale a Piccolo Bodri. È di colore marrone ebianco, pesa un etto ed è lungo trenta centimetri. Mel'ha regalato Magdolna (in italiano Maddalena), la ziadella mamma che abita a Budapest, la capitaledell'Ungheria. Pici (si deve pronunciare Pizi) Bodri è uncane che ho ricevuto in regalo quando avevo un anno emezzo. Da allora dorme sempre con me.Ha girato il mondo facendomi compagnia in Ungheria,Cecoslovacchia, Austria, Stati Uniti, Jugoslavia e in ognicittà italiana in cui sono andata.Ormai è diventato vecchio: a forza di dormire coricatasu di lui si è appiattito. Un giorno gli si è staccata latesta e io ho provato un grande dolore. Per fortuna lamamma l'ha cucita! Dopo l'operazione chirurgica fattadalla mamma sto più attenta, ma Pici Bodri rimanesempre il mio compagno preferito.143OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


BOBO E PUPO(I protagonisti della mia storia sono Bobo e Pupo, un canerandagio e uno ricco. La storia si svolge in un parco, in ungiorno d'estate. I fatti sono: Bobo è libero, Pupo esce di casararamente e con il guinzaglio...)Bobo è un cane randagio, magro e sporco, che vivenelle strade cercando cibo nella spazzatura. Pupoinvece è un cane grasso e pulito che vive in unafamiglia ricca. Un giorno, in un parco dove di solitopasseggiano tanti cani accompagnati dai loro padroni,Bobo si avvicina a Pupo, desideroso di fare amicizia:«Ciao, come sei bello e grasso!»«È vero» risponde Pupo, «i miei padroni mi trattanomolto bene, ma sono così grasso perché hanno pocotempo di portarmi a passeggio! Come sei magro tuinvece!»«Io non ho padrone e corro tutto il giorno in cerca dicibo fra le immondizie... Ma che cos'hai attorno alcollo?» chiede Bobo al suo nuovo amico vedendo unaferita. Pupo risponde così:«È il collare che mi ha ferito. I miei padroni miportano a spasso con il guinzaglio...»«Vedi, Pupo, io preferisco essere un povero canerandagio e affamato, ma libero!» conclude Bobo,mentre saluta il suo nuovo amico e gli dàappuntamento per il giorno dopo.L‘ORSACCHIOTTO DEL LAGOTanto tempo fa c'era un orsacchiotto di nome Pallinoche la sua mamma aveva abbandonato. Un giornoPallino decise di andare dentro il lago. Qui vide tante,tante sirene. Una di esse gli disse:«Vuoi essere il nostro Re? Come ti chiami?»L'orsacchiotto rispose:«Sì, lo voglio! Sarò il vostro Re. Io mi chiamoPallino.»Allora le sirene gridarono:«Evviva il nostro Re, evviva il nostro Re!»II giorno dopo la sua incoronazione venne un altroorso, ma le sirene lo mandarono subito via. Vissero felicie in una grande pace. Tantissimi anni dopo il rePallino ormai vecchio disse:«Ora me ne andrò... Sono troppo vecchio...Vadonell'aldilà... Ma non preoccupatevi, se avrete bisogno dime, chiamate il mio spirito. Ricordatevi che io saròsempre da Voi!» - regalò loro un fischietto e continuò:«Fate tre fischi quando volete chiamarmi!»Dopo queste parole si addormentò per sempre congrande tranquillità nel suo animo: le sirene nonsarebbero state abbandonate, il suo spirito sarebbeintervenuto anche dall‘aldilà... E così fece.Un giorno arrivò al lago delle sirene un dragofiammengiante.Dove passava, bruciava tutta l‘erba, si mise a fare ilbagno, ma per l‘alta temperatura del suo corpo l‘acquadel lago bollì ed evaporò fortemente rischiando diuccidere le sirene. Esse si spaventarono a morte.Una di loro però ricordò le parole del Re Pallino eandò a cercare il fischietto; soffiò te volte e subito lospirito di Pallino si presentò, chiedendo:«Avete bisogno di me?»Gli indicarono il drago fiammeggiante che soffrivavisibilmente di grandi dolori.Lo spirito di Pallino lo curò e di punto in bianco il dragosi trasformò in un bel giovane pesce-uomo. Vedendolo,Pallino le lasciò con una raccomandazione:«Ricordatevi di vivere sempre in pace! Non fatemancare il rispetto a nessuno! Vogliatevi bene senzacondizioni e difendete il vostro territorio dai cattivi. Oravi lascio con il vostro nuovo compagno che potreteeleggere come il vostro nuovo Re. Ora siete forti e ionon tornerò più, andrò dove hanno più bisogno di me...Perciò riconsegnatemi il fischietto... Addio, miecarissime sirenette!»Lo spirito di Pallino uscì per sempre dal loro mondoper recarsi da altri bisognosi di aiuto. Questa è la finedella storia. Chi non mi crede, faccia una ricerca!Raccontini - compiti di scuola dell‘italiano - scritti daAlessandra Bonani e da me rielaborati, dal manoscritto ineditointitolato «Il mondo di Alessandra» di Melinda Tamás-Tarr del1995 e pubblicati in versione un po‘ modificata nel vol.«Racconti in Famiglia» dell‘Ass. «Gruppo dell‘Amicizia»,Ferrara, 1995.Melinda B. Tamás-Tarr (1953) ― FerraraLA GRANDE FESTA DI BARBIE A GARDALAND*Tutto è iniziato quando Alessandra ha letto sulgiornalino BARBIE la notizia di un concorso di disegno:hanno invitato le bambine a creare un abito per lei...Mia figlia ha disegnato un completo e l'ha fatto spedireda me. All'inizio di ottobre 1994 Alessandra ha ricevutoun telegramma col quale era invitata alla Grande Festadel 35° compleanno della bambola Barbie che era stataorganizzata a Gardaland per la premiazione delconcorso. La sorpresa era grandissima, non ciaspettavamo di essere finita tra le finali liste...Mia figlia non è stata tra le prime premiate, maeravamo ugualmente molto felici di saperla tra lefinaliste! Tra le cinquante finaliste erano in cinque dellanostra regione: quattro bambine modenesi e la nostraAlessandra, l'unica ferrarese! La festa di compleannoche era collegato con la premiazione delle bambine si èsvolta nel Teatro Azzurro di Gardaland. Lo spettacolostupendo era presentato da Susanna Messaggio.Durante il divertentissimo spettacolo abbiamo potutovedere sul filmato le loro creazioni. Alla festa c'eraanche la Barbie in carne ed ossa con uno splendidoabito da gran festa di color rosa. Per festeggiare i suoi35 anni le hanno consegnato sul palcoscenico una tortaenorme con le candele accese. Oltre lo spettacolo lefinaliste con i familiari hanno avuto la possibilità didivertirsi gratuitamente a Gardaland. Era tanta bellaquella domenica. Girando per il parco abbiamo avutoun'altra bellissima sorpresa: il padiglione di Barbie.Qui ci trovavamo veramente nel suo mondo: abbiamovisto tante bambole-Barbie in compagnia di suoi amicial mare, tra le montagne coperte di neve chefesteggiava il Natale e in varie altre situazioni della suavita. Era un mondo di favola... Era tutto cosìmeraviglioso, che è difficile descrivere quello cheabbiamo provato assieme alla nostra bambina... In quelgiorno anch‘io sono tornata bambina. Al centro delpadiglione era eretta la grande casa della Barbie convarie stanze stupendamente arredate. Colpo di scena:144OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


davanti al suo salotto la vera Barbie si è fattafotografare con le piccole con i loro genitori e perricordo ci ha regalato la fotografia firmata da lei.Anch‘io e tante altre mamme, giovani donne adulte sisono fatte fotografare insieme alla vera Barbie. C'eranoanche giovani ragazzi adulti che pure non lasciavanoscappare questa‘occasione!...Poi alla fine tutte le finaliste, non soltanto le primetre classificate, hanno ricevuto dei bei premi: oltrel'ingresso libero a Gardaland e allo spettacolo delTeatro Azzurro una fetta della torta di Barbie, il diplomadelle finaliste, un pupazzo del drago «Prezzemolo», il«Manuale di Barbie» che in quel momento non eraancora uscito per il pubblico e la bandiera di Barbie. Indicembre anche la televisione ha trasmesso questospettacolo: noi genitori l'abbiamo registrato mentrei loguardavamo rivivendo quei magici momenti di cui noigenitori ci siamo sentiti ragazzini...Molto volentieri guardo le foto, assieme a mia figliagià adulta, in cui siamo fotografate con la vera Barbieed anche le immagini da noi scattate. Il diploma sitrova incorniciato sul muro della stanza della nostrafiglia in cui si legge il suo nome e cognome con ladicitura: «Finalista del Primo Trofeo Artistico "Disegna ilvestito di Barbie a Gardaland"»...È un bellissimo e simpatico ricordo, non lodimentichiamo mai, spesso lo rievochiamo... Come lofaccio anche con il mio premio vinto con un mio disegnofatto sull‘asfalto col gesso durante la gara del disegno inoccasione della giornata Festa dei Bambini, organizzatadalle scuole a Kazincbarcika nel 1962. Sì, in questa cittàdell‘Unghera del Nord, perché nei primi tre anni deglianni ‘60 abbiamo avuto la residenza proprio là. Anch‘ioproprio a nove anni ho vinto un concorso di disegnoricevendo un libro di poesie col titolo e sottotitolo«PORTA D‘ORO, Poesie dei poeti contemporanei ai ragazzid‘oggi» in cui si legge della mia vittoria e la dedica èdatata (27 maggio 1962), firmata e timbrata daldirettore della scuola:«Porta d‘oro», Poesie dei poeti contemporanei ai ragazzi d‘oggiMelinda Tarr-Tamás circa tra gli anni 1962-64 e nel 1994 con la Barbie in carne ed ossa al Padiglione di Barbie a Gardaland* Il testo è tratto dal manoscritto inedito intitolato «Il mondo di Alessandra» di Melinda Tamás-Tarr del 1995, la versioneoriginale è stata pubblicata come mio articolo firmato su «il Resto del Carlino» nel 1994.COCKTAIL DELLE MUSE GEMELLELirica – Musica – Pittura ed altre MusePAROLA & IMMAGINEORNELLA FIORINIMemoria d‘aquaGh‘è sta i di‘dal canbiamentin du aqua nöa ad surgentnasea tra i fiur.Al sul s‘inpisae tra al gris a dl‘erba145OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


al d‘òr al lüs.Ad növ na riga biancaancurain dua misüraa cur in sal risöl…....Dadlà la vitacon quel ch‘è stadat sa la vitacon quel ch‘la gh‘ha.La brasa brusaràsuta la sendare l‘aqua bagnaràmemoria d‘aqua.Memoria d‘acqua. Ci sono stati i giorni/delmutamento/dove acqua nuova/di sorgente/nasceva trai fiori./Il sole s‘accende/ e tra l‘erba grigia/l‘ororiluce./Di nuovo un rigagnolo puro/ancora/dove lamisura/corre sul crinale…/…Di là la vita/con quello cheè stato/di qua la vita/con quello che ha./La bracearderà/sotto la cenere/e l‘acqua bagnerà/memoriad‘acqua.21 settembre 2008PITTURA: TIVADAR KOSZTKA CSONTVÁRY (1853-1919)Autoritratto (1900)Tivadar Csontváry Kosztka (Sabinov, 5 luglio 1853 –Budapest, 20 giugno 1919) è stato un pittoreungherese. Csontváry fu uno dei primi pittori ungheresiad essere ben conosciuto in Europa.Nacque a Kisszeben (oggi Sabinov, Slovacchia) e finoai ventanni fu farmacista. Il 13 ottobre 1880, duranteun soleggiato pomeriggio - aveva 27 anni - ebbel'esperienza di una visione mistica. Sentì una voce chediceva "Sarai il più grande pittore, migliore di Raffaello".Iniziò così un viaggio per l'Europa, visitò le gallerie delVaticano, quindi tornò a casa per metter da parte i soldinecessari per i suoi viaggi, lavorando come farmacista.Dal 1890 in poi viaggiò per tutto il mondo. Visitò Parigi,il Mediterraneo (Dalmazia, Italia, Grecia), il Nordafricaed il Medio Oriente (Libano, Palestina, Egitto, Siria) edipinse.Realizzò i suoi maggiori lavori tra il 1903 e il 1909.Partecipò ad alcune esibizioni a Parigi (1907) enell'Europa occidentale. La maggior parte delle critichericonoscevano le sue abilità, la sua arte e lacongenialità, ma in Ungheria, durante la sua vita, fuconsiderato un tipo eccentrico per varie ragioni, adesempio per il suo vegetarismo, anti-alchoolismo, antiniconitismo,pacifismo, per il suo talento ma soprattuttoper la sua apparente schizofrenia ed i suoi ombrosi,profetici scritti e pamphlet sulla sua vita (Curriculum),sul suo genio (L'Autorità, Il Genio) e la sua religionefilosofica (Il Positivismo). Anche se poi fu acclamato, lasua vita visionaria ed il suo stile espressionista nontrovarono molta comprensione. Solitario di natura, ilsuo equilibrio mentale venne meno quando si profilòqualche insuccesso e ciò si riscontrò anche nella suacreatività. Poco seppe, pochi anni prima della suamorte, riguardo l'intero museo a Pécs, Ungheria, devotoai suoi dipinti e che l'apprezzamento mondiale delle sueopere sarebbe stato in costante ascesa. Molti pittori, adesempio Pablo Picasso, aggiunsero una pietra sul suocairn.Dipinse più di un migliaio di opere, tra le quali la piùfamosa ed emblematica è probabilmente Magányoscédrus (Il Cedro Solitario). La sua arte si connette con ilpost-impressionismo e con l'espressionismo, maeffettivamente fu un'autodidatta e non può essereclassificato in un esatto stile - egli si considerava comeuno dei pittori "sunway" (parola creata da lui). Fu unodei più eccentrici e considerabili pittori ungheresi.Opere scritte di Csontváry:146OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Energia ed arte. Sbaglio del umano civilizzato (Energia ésművészet. A kultúrember tévedése) Budapest, 1912.; Cima.Chi può essere e chi non può essere un genio (A lángész. Kilehet és ki nem lehet zseni.) Budapest, 1913.; Autobiografia(Önéletrajz); Il Positivo (A pozitívum); L'Autorità (A tekintély)Cascata di Jajce, olio su tela, 149 × 97 cm, 1903,Museo Csontváry, PécsBaalbek, olio su tela, 714.5 × 385 cm, 1906, MuseoCsontváry, PécsUna lettera di Csontváry, scritta a mano nel 1879Il Cedro Solitario; olio su tela, 194 x 248 cm, 1907, MuseoCsontváry, PécsUn‘altra lettera di Csontváry del 1889Ponte romano a Mostar, olio su tela, 185 × 92 cm, 1903,Museo Csontváry, PécsTempesta in Hortobágy, olio su tela, 117 × 59 cm, 1903,Museo Csontváry, PécsDalla lettera di Csontváry, scritta a sorella dall‘ospedale nel1919Fonte: Wikipedia147OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


NEL MONDO DELLA MUSICA_________Profilo d‘Artista_________SOPRANI, MEZZOSOPRANI TENORI, BARITONI,BASSI VIVENTIFIORENZA COSSOTTOVoce con I colori dell‘ arcobalenoAgli inizi dei miei contatti con stelledella lirica, il primo mezzosopranocon cui parlai fu la grande GiuliettaSimionato. Il suo numero di cellularemi era stato dato da Renzo Allegri,autore di belle biografie nel campomusicale (Toscanini, Callas, Lucia Valentini) nonchédell‘affascinante opera Il prezzo del successo. In questolibro presenta gli inizi di carriera di molte stelle dellalirica (fra cui Olivero, Tebaldi, Bergonzi, Chiara,Cotrubas, Gasdia, Silveri, Valentini Terrani…), cheriuscirono ad affermarsi superando varie difficoltà. LaSimionato al telefono chiese chi fossi e mi qualificai conil riferimento a Magda Olivero, che conoscevo daqualche tempo, e ricordando che Aureliano Pertile,ancora molto stimato dai cantanti, era stato amico difamiglia, frequentando l‘albergo dei nonni e lì cantando.In altra occasione, sentendola preoccupata perl‘assenza del suo dermatologo, la misi in contatto conun compagno di liceo poi professore universitario didermatologia, nonché medico personale di Gina Cigna.In generale Giulietta si è presentata cordiale e loquaceal telefono. Spesso però si lamentava di essere vissutatroppo e di passare le giornate in poltrona davanti alquadro dell‘amato secondo marito, Cesare Frugoni,famoso clinico e medico di Mussolini e di Pio XII. Nonsono mai riuscito ad incontrarla, mi diceva di vivere inun luogo molto isolato, nella zona del parco Trigoria asud di Roma.Discutendo un giorno della Simionato con un amico,letterato e musicista, che vive sull‘Appennino dellamusicale Emilia, questi mi disse di cercare invece dicontattare Fiorenza Cossotto, la cui voce secondo luinon aveva confronti per qualità timbrica ed espressività.Ora nessuna delle persone da me allora contattatesapeva dove la grande Cossotto, che nel libro Levicissitudini della fortuna di Luciano Chailly (ilcompositore e musicologo padre del direttore Riccardo)veniva definita come una gloria nazionale. Qualcuno midisse che lei ed il marito (il basso Vinco da cui èdivorziata da qualche tempo) avevano un albergo sullago di Garda. Una ricerca sulle PagineBianche mi diede subito una FiorenzaCossotto a Garda, e qui telefonai. Congrande sorpresa lei rispose al telefono, leistessa sorpresa che qualcuno letelefonasse in una casa dove veniva assairaramente. Fatta una breve presentazionemi diede il suo indirizzo e telefono diCrescentino, dove abita usualmente, nellacasa dei genitori.Non avevo allora ancora avuto delleinterviste qui presentate, idea nata a metàdel 2008, anno pucciniano, ma sarei statofelice di incontrare personalmente lei,stella della lirica ai massimi livelli. Ma la cosa non andòin porto, lei era molto occupata con viaggi di lavoro,concerti e non solo, in Brasile e Giappone. Giapponedove i suoi 50 anni dal debutto furono festeggiatigrandiosamente, mentre in Italia nessun giornalericordò l‘evento. Al telefono era comunque abbastanzaloquace, parlando con amarezza di scorrettezze subitein Italia.Ebbene quando avevo ormai perduto la speranza diavere anche lei fra le persone intervistate, e almomento in cui scrivo queste righe ancora mi chiedo sesarà possibile intervistare anche Cesare Siepi, altragloria nazionale, le telefono ancora verso Pasquaraccontandole delle interviste che facevo, fra cui acantanti di cui quasi tutti avevano perso le tracce. E leimi dà la sua disponibilità ad essere intervistata. Mi sonochiesto se a questo non abbia contribuito quanto Vinco,con cui è sempre in contatto, possa averle detto di me,dopo i due incontri avuti con lui a Verona.Fiorenza vive a Crescentino, paese della pianurapiemontese coltivata in gran parte a riso, vicino al Po,alla centrale atomica di Trino Vercellese, ed alle collinedel Monferrato che sin alzano subito a sud del Po. Erogià stato due volte per vedere il luogo e…. respirarel‘aria respirata dal grande mezzosoprano, una voltavenendo da Saluzzo dove avevo preparato una miaconferenza (su Esodo, Fetonte e Deucalione) su invitodella locale Associazione Magda Olivero. Questa voltaavevo tre sacchetti di squisiti cioccolatini saluzzesi, unolasciato alla sua vicina di appartamento, lei era assente,e gli altri poi portati alla Olivero e a Di Stefano… ovveroa Monika.Della Cossotto avevo ascoltato in particolare unaraccolta di brani solistici, in specie di Rossini, restandofolgorato dalla bellezza della sua voce, ricca di coloricome un arcobaleno, e dalla intensità espressiva.Curiosamente ora che non sono più di giovane età, miaffascina di più la voce femminile, che quella maschile(ma chi può non essere incantato dalle voci di Caruso,Di Stefano, Siepi, Schipa….). Arrivo a Crescentino unadomenica pomeriggio, il 24 maggio 2009, alquantoemozionato nel trovarmi di fronte ad una artista che hafatto la storia della lirica. La incontro nell‘appartamentodove vive con una assistente-amica dal cognome diorigine ebraica non molto comune. È un appartamentoa un piano (relativamente) alto, ma a Crescentino lavista non è delle migliori d‘Italia. Arredato con quadri emobili di antiquariato, che la signora mi dice essere unasua passione. Aggiunge che la sua vera casa, con ilpianoforte a coda, è a Garda, dove ora passa di solitol‘estate. A Crescentino ha il ricordo deigenitori ed è vicina al figlio e al nipote. Èuna signora di aspetto solido, che conservai tratti della notevole bellezza che aveva dapiù giovane. Inizialmente è un po‘guardinga nei confronti del matematico checontatta le stelle della lirica, ma ho poil‘impressione che abbia apprezzato ledomande e lo svolgimento del colloquio. Poial momento di scrivere queste note letelefono anche per informarla degli incontriche ho avuto successivamente (ElisabethFurtwängler, Wilma Lipp da lei conosciuta alconcorso Caniglia a Sulmona…). Si ricorda148OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


di avermi promesso un CD dove lei canta la Favorita,ma deve avere già regalato le poche copie che la casaeditrice si era degnata di inviarle. Guardo i suoi moltilibri e lei ricorda il suo maestro Massimo Mila, autore diuna ben nota storia della musica, che sempre la lodavadicendo che lei aveva una marcia in più. Ed anche senon parliamo in questo incontro del ex-marito Vinco,ricordo che anche lui mi disse praticamente la stessacosa, dato che poco dopo essere stata ammessa allascuola di canto della Scala fu inviata in tournée inSudafrica per la Fidalma . Dice che per lei ed altricolleghi il canto è il nostro ossigeno. Quando lavoro inuna master class, il tempo è come non esistesse.Ha cantato sulla scena a 20 anni, come doppio allaPiccola e Grande Scala. Aveva una voce duttile, potevacantare di tutto. Ha debuttato alla Scala con Gavazzeninella Manon, con l‘ aria del Madrigale. Puccini le piacemolto, anche se ha scritto poco per mezzosoprano, eper questo è arrabbiata con lui! Forse, dice, nonconosceva delle voci giuste. Ricorda comunque unainterpretazione dove ebbe grande successo, una veraovazione, nel ruolo della Principessa, parte piccola maimportante, in Suor Angelica, a Lecce, chiamata dallaRicciarelli.Ruoli più consistenti di mezzosoprano e da lei moltoamati sono in Verdi, in particolare Amneris nell‘ Aida,Azucena nel Trovatore, Eboli nel Don Carlos. E nellaCavalleria. Dopo che cantò al Covent Garden, un criticoche aveva presenti le antiche mezzosoprano laparagonò alla Stignani. Ricorda della generazioneprecedente la Nicolai e la Elmo, la cui voce era corta, gliacuti difficili. Fra i mezzosoprani successivi italiani haapprezzato la Danieli, la Lazzarini, la Carturan e laValentini.Passando alle origini della sua carriera musicale,ricorda di avere sempre amato la musica venendo dauna famiglia anch‘essa con amore per la musica: ilpadre suonava da autodidatta violino e chitarra, ilfratello (ora morto) la fisarmonica, la madre cantava inchiesa. Lei cantava più all‘ oratorio che in chiesa. Unfine di anno, quando si teneva uno spettacolo in onoredel Prevosto, lei cantò una romanza bellissima (che oranon sa più ritrovare). Alla scuola media cantava comesolista, con apprezzamento della maestra, ma avrebbeanche voluto fare la pittrice. La maestra la iscrisse aduna audizione, dove risultò fra le dodici prescelte su180 partecipanti. Aveva cantato una romanza il cuispartito aveva avuto la sera prima dal parroco ed avevaripassato nel teatro stesso.Non ritiene di avere l‘orecchio assoluto, e ritiene chesia sufficiente lo studio e l‘abitudine per l‘imposto.Il figlio Roberto di 48 anni ha voce e musicalità diqualità elevata, ma non le ha sviluppate. Potrebbeessere un tenore drammatico, ma rifiuta la vita dimusicista, ritenendo che a causa della musica non haavuto i genitori presenti tanto quanto avrebbedesiderato, essendo quasi sempre assenti per motiviprofessionali. Il nipote di 18 anni, anche luimusicalmente portato, si è rivolto al nonno per essereaiutato negli acuti.Fra i colleghi si è sentita più vicina a Bergonzi, GianniRaimondi, Tucker, Kraus, Bruscantini, Bastianini… nonha dimenticato l‘episodio in cui Eugenia Ratti dovendolitigare con lei per motivi scenici la colpì al voltopiuttosto violentemente con la scarpa. E con la mano fasegno dove si fece male.Di Serafin ricorda quando a Bologna doveva cantareLucia Danieli nella Norma. Ma questa diede forfait e sicercò una Adalgisa in sostituzione. Serafin le telefona ele chiede se conosceva l‘opera. Lei ne conosceva l‘aria,ma non il recitativo e il duetto. Tuttavia disse di sì, inun paio di giorni imparò le parti nuove debuttando consuccesso.Ora continua a cantare, in Giappone soprattutto,specialmente in concerti. A questi vede ogni tantopresente Alda Noni, che sui 94 anni è ancora insegnaall‘Università Musicale di Tokyo.Fiorenza compare nel volume Le grandi voci giudicatada Giorgio Gualerzi come dotata di mezzi vocaliassolutamente di prim‘ordine, caratterizzati da naturalebellezza di suono, timbricamente lucente e squillante, edallo schietto colore di mezzosoprano soprattutto nelmedio e nell‘ alto….fonazione pressochè perfetta, lafacilità di emissione che le consente di attingere con lamassima naturalezza gli acuti estremi…l‘intensità dlfraseggio, il vigore espressivo…. E Gualerzi nota come ilrepertorio non sia solo il suo famoso verdiano, maannoveri opere di Mozart, Pergolesi e Rossini, e dimoderni come Malipiero, Petrassi e Stravinski e altri,dove ha cantato nella prima esecuzione.Nel libro di Enrico Stinchelli Le stelle della lirica unparagrafo spetta a lei, dal titolo La voce-strumento diFiorenza Cossotto. La Cossotto è definita erede dellaStignani, voce-strumento di prezioso smalto timbrico,vibrante e incisiva nel registro acuto, delicata nellamezzavoce, appassionata nel fraseggio e nellarecitazione. (18.2.10)Emilio SpedicatoGIANFRANCO CECCHELE(TESTO AUTOGRAFO)Gianfranco Cecchele giovaneHo scoperto il tenoreGianfranco Cecchele ascoltandoun CD live della Tosca conprotagonista il soprano MagdaOlivero. Il grande sopranoben ricordava la voce dell‘alloragiovane Cecchele che classificòuna delle voci piùsignificative del dopoguerra, specialista nel repertorioverdiano (infatti ha cantato 25 opere verdiane su 28scritte da questo grandissimo compositore). Io locontattai ben prima d‘avere l‘idea di questo libro. Fuassai gentile, mi inviò un grosso volume bibliografico el‘esteso elenco dei suoi dischi, dove figurano 240incisioni di opere intere, il 90% live (le più amate daimelomani!). Fra coloro che cantano con lui si trova ilGotha della lirica che va dagli anni 1964 fino al 2006,42 anni di carriera nei più prestigiosi teatri del mondo.Nella estate 2009, al rientro dalla mia vacanza nelSalento, lo chiamai e fissammo un incontro nella suabella villa in Galliera Veneta in provincia di Padova.Arrivai dal maestro Cecchele in tarda mattinata.L‘intervista fu seguita da un buon pranzo preparatodalla gentilissima consorte Antonietta. Nel pomeriggio149OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


seguì l‘intervista con il nipote di Aureliano Pertile, chevive a un‘ora di macchina.Il Cecchele mi disse che nella sua famiglia, da partepaterna, tutti avevano bella voce ed amavano la lirica.Da parte materna molti parenti suonavano strumentimusicali anche amatorialmente ma con grande passionee venivano spesso chiamati ad allietare feste di paese ematrimoni. Mi ricordo, mi disse, che nella mia gioventùc‘erano appuntamenti operistici per la radio ed io non limancai mai. Così conobbi vocalmente i grandi dellagenerazione precedente alla mia, alcuni dei quali ebbimodo di incontrare all‘ inizio della mia carriera nel 1964,ovvero Tito Schipa, Lauri Volpi, Ferruccio Tagliavini,Giuseppe Di Stefano, Mario del Monaco, Franco Corelli,e molti altri ancora, restando sulla corda tenorile; e conalcuni di loro ebbi anche il piacere di collaborare inteatro. Per esempio al mio debutto scaligero nel 1964con il Rienzi di Wagner, Giuseppe di Stefano era Rienzied io sostenevo il mezzo soprano che avrebbe dovutoessere in vesti maschili, in qualità del fidanzato di suasorella, ovvero il ruolo di Adriano Colonna. Più tardi,ormai in carriera, ebbi l‘onore d‘avere come Scarpia ilgrande baritono Tito Gobbi, che fu anche il registadell‘opera a Montecarlo nel 1972. E poi posso citaregrandi soprani: Maria Callas all‘ Opera di Parigi inNorma del 1965; Renata Tebaldi, in Gioconda al SanCarlo di Napoli nel 1968; Renata Scotto in ManonLescaut a Philadelphia nel 19<strong>77</strong>, poi nella Norma aTorino nel 19<strong>78</strong> e nella Tosca a Torre del Lago nel 1992e in vari altri posti; Monteserrat Caballé in molte opere,ma siamo già nella mia generazione essendo io nato nel1938.Gli chiesi allora: facciamo un salto indietro nel tempo.È vero che lei fece anche il pugile? Sì, mi disse. All‘etàdi 17 anni mi iscrissi alla palestra della Fervé diCastelfranco Veneto e due anni dopo sostenni l‘incontroche da novizio mi consacrava dilettante, ma a queltempo si diventava maggiorenni a 21 anni e mio padrerifiutò di firmare il foglio dove si sarebbe presa laresponsabilità in caso d‘incidente e la cosa finì lì. Però,come dice il proverbio, impara l‘arte e mettila da parte.Anche quello sport mi fu utile. A Caracas misi K.O. dueragazzi che mi avevano aggredito per togliermi ilborsetto, a Chicago e al Central Park di New York per lastessa ragione; a Vienna contro tre tedeschi cheparlavano male contro gli italiani offendendopesantemente anche mia moglie. La cosa finì conl‘arresto e il ricovero dei tre molestatori. Fui difesoproprio dai viennesi che si trovavano sul posto edavevano assistito.Ritornando all‘arte, mi disse che la sua fortuna fu ilservizio militare perché cantò alla festa del giuramentoed il colonnello appassionato di lirica lo esortò astudiare quella nobile arte, anzi gli ottenne una licenzapremio con la promessa che sarebbe andato a farsisentire da un maestro di canto per avere un parerescritto. La scelta cadde sul grande soprano Iris AdamiCorradetti che giudicò come voce d‘oro il colore del suosuono. Tornato da militare suo padre fece sentire laregistrazione della voce del figlio ad un parente daparte materna, Franco Dal Cortivo, il quale studiavacome baritono con il maestro Marcello del Monaco,fratello del grande Mario del Monaco. Il parente siprecipitò a prelevarlo a casa sua e lo portò dal maestro.Questi lo ascoltò e disse: abbiamo trovato un cavallobianco! Fece la prima lezione di vocalizzo il 25giugno1962, che è anche il giorno del suo compleanno,e in soli 19 mesi debuttò al teatro Bellini di Catania conuna opera poco conosciuta, La zolfara, di GiuseppeMulè, un catanese.Al ritorno da Catania si fermò a Napoli e fecel‘audizione con i sovraintendenti di quel prestigiosoteatro, i fratelli Di Costanzo, ottenendo un contratto perla Norma con il soprano Leyla Gencer. Si fermò poi aRoma, altra audizione con il sovraintendente maestroVitale che ebbe fiducia in lui e gli assegnò le ultime trerecite di Aida alle Terme di Caracalla. E qui successe unfatto che vale la pena di raccontare. Il Cecchele avevaben studiato al pianoforte l‘opera, però non l‘ aveva maivista! Così si presentò alla prima, era il 1964, pervedere almeno il movimento scenico. Il ruolo diRadames era affidato al tenore Pier Miranda Ferraro,che sfortunatamente era affetto da laringite (puòsuccedere quando si canta all‘aperto), così dopo il IIatto non potè più continuare ed il maestro Vitale chiesea Cecchele: te la senti di continuare l‘opera? Rispose disì e indossati i costumi, e sotto la direzione del maestroOliviero De Fabrittis, cantò con la baldanzositàgiovanile. Fu un trionfo. E cantò undici recite ed ebbeun contratto per l‘apertura della stagione operistica1965 con Don Carlos in 5 atti sotto la direzione delmaestro Carlo Maria Giulini e con la regia di un grandeLuchino Visconti. Cecchele qui ricordò come fu unaregia memorabile con rispetto assoluto di quanto voleval‘autore e l‘epoca. Sembrava di essere nell‘anno 1560 evivere pienamente l‘epoca, una grande emozione.Cecchele, spesso definito come tenore verdiano, diceche questo gli fa piacere ma che in 42 anni di carrieraha cantato opere, oltre che del grande maestro Verdi,di Puccini, Mascagni, Leoncavallo, Bellini, Catalani,Giordano, Bizet, Ponchielli, Cilea, Wagner, Mulè,Mercadante, Rossini, Mario Zaffred, un repertorio quindi―multicolore‖.Alla domanda di amicizie fra i colleghi risponde che,contrariamente a quanto si crede, sono tutti legati dareciproca stima e che lui, proprio nella sua chiave ditenore, ha i migliori amici tra i colleghi. Ha pianto allamorte di Aldo Bottion e di Luciano Pavarotti, un tenorequest‘ultimo insostituibile e di grande umanità abravura.Infine conclude dicendo che, nella ipotetica volontàdi Dio che volesse farlo tornare su questa terra e glichiedesse: cosa vorresti fare in questa nuova vita?Risponderebbe che vorrebbe fare il tenore, sposare lastessa donna, ma non avere i registi dell‘ultimagenerazione….(21.2.10)LIBRETTI IV.L‘impresario delle CanarieEmilio Spedicato- Milano -Anche il nome di Domenico Sarro(1679-1741) è caduto neldimenticatoio. ―L‘impresario delleCanarie‖, suo titolo più noto, è unbreve intermezzo in due parti scritto150OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


dal grande Pietro Metastasio. Sarebbe degno di unposticino almeno nelle antologie della letteraturaitaliana per le scuole ma il Settecento non ha maispazio sufficiente. Musicato per il carnevale del 1724 aNapoli, il libretto conta appena due personaggi: laprimadonna Dorina e l‘impresario Nibbio, provenientedalle esotiche isole Canarie. Già, le Canarie: aMetastasio sarà venuto in mente questo nome persottolineare il fatto che il baritono viene da un mondofavoloso e lontanissimo, dove ci sarebbe un grandeteatro, assai prestigioso. E dove perfino gli uccelli, icanarini, cantano in modo delizioso. Quando si apre ilsipario, Dorina sta aspettando con ansia l‘arrivodell‘impresario e sceglie con frenesia le arie per farmigliore figura davanti a lui: ―Questa è troppo difficile: /questa è d'autore antico, / senza tremuli, trilli eappoggiature, / troppo contraria alla moderna scuola /che adorna di passaggi ogni parola‖. Entra l‘impresarioe si presenta, e poi precisa: ―Deve dunque sapere / cheun teatro famoso / nell'isole Canarie è stato eretto. / Iovengo a solo oggetto / di far la compagnia; / ed inparticolar vossignoria / ci dovrà favorir, quando nonsdegni / la nostra offerta‖. Ovviamente, la primadonnaha la risposta giusta: ―Ho quattro o cinque impegni; /ma vedrò di servirla, ove m'accordi / un onorariocomodo e decente‖. Nibbio assicura che ―precipita asacchi‖ i suoi denari ma subentra un‘altra difficoltàaddotta da Dorina: ―la lingua non so di quel paese, / enon m'intenderanno‖. Poco male, Nibbio la rasserena: Illibretto non deve esser capito; / il gusto è ripulito, / enon si bada a questo: / si canti bene, e non importi ilresto‖. Mentre la soprano ci pensa su, Nibbio dichiara inun‘aria le sue vere intenzioni, ecco perché è cosìaccondiscendente: ―Risolva, e le prometto / che avràper onorario / il cor d'un impresario, / che, pieno dirispetto, / modesto e melanconico, / sempre d'amorplatonico / per lei sospirerà. / Ci pensi e sappia intanto/ che nascono in quell'isole / passeri che nel canto /sembrano tanti orfei; / e la beltà di lei, / se vien colà,mi creda, / gran preda ne farà‖. L‘aria appassionata, insol minore, risulta nobile e preziosa e rappresenta unodei passaggi più significativi di questo lavoro musicale.Davanti alla richiesta di esibirsi in un canto però, Dorinaè ritrosa perché ―son tanto raffreddata‖, oppure ―ilcembalo è scordato‖ o ―non v‘è chi suoni il basso‖. Lapazienza dell‘impresario è messa a dura prova, ma allafine chi la dura la vince: la primadonna canterà. Esceglie un repertorio serio tipico del tempo. A ognistrofa risponde il canario con complimenti e commentiestatici. L‘ironia del metateatro qui è accesissima, neltesto, nella modalità di esecuzione. Per Nibbio è unaprova eccezionale: ―ha una voce pastosa / che sembraappunto un campanel d'argento; / ed è miracolosa / neldivorar biscrome a cento a cento‖. Lui ricambia il favoree, senza farsi pregare, si esibisce in un canto allaspinetta, anche questo con parole che fanno sorriderechi abitualmente frequenta il mondo dell‘opera seriasettecentesca: ―Lilla, tiranna amata, / salamandrainfocata, / all'Etna de' tuoi lumi arder vorrei / fingi mecorigore / sol per prenderti spasso; / so ch'hai tenero ilcore, / bell'ostreca d'amore, e sembri un sasso‖. Nibbiofa capire che il testo, sebben bizzarro, ―è per lei‖, cioè èun‘altra dichiarazione dissimulata. Un po‘ infastidita datutto quest‘interesse, Dorina finge di essere statachiamata da un‘inesistente Lisetta e si disimpegnadicendo che deve andare ad un convito. L‘impresario fadi tutto per intrattenerla: ―Senta, per cortesia, questapassata / piena di semituoni‖. Ma lei ribadisce: ―No, miperdoni: scusi la confidenza‖.La prima parte finiscecosì: lui si offre di accompagnarla, lei nega e sa beneche la perdonerà. Poi, mentre Dorina è alle prese con isarti e si lamenta di un vestito da regina confezionatoper lei subentra Nibbio, ma lei è tutta presa dal fattoche quella sera canterà e non lo degna di attenzione. E‘piuttosto annoiata dalla presenza (invero insistente)dell‘impresario e nota che non c‘è nulla che lo fadesistere. Davanti agli stucchevoli complimenti delcanario innamorato, la primadonna si confida in unabella aria in cui racconta le difficoltà della suaprofessione: ―Recitar è una miseria / parte buffa oparte seria. / Là s'inquieta un cicisbeo / per un guantoo per un neo. / Qua dispiace a un delicato / il vestitomal tagliato: / uno dice: «Mi stordisce»; / l'altro:«Quando la finisce?» / E nel meglio in un cantone, /decidendo, un mio padrone / si diverte a mormorar. /Se da un uomo più discreto / un di quei ripreso viene, /che non tagli, che stia cheto, / gli risponde, e dicebene: / «Signor mio, non v'è riparo: / io qui spendo ilmio denaro; / voglio dir quel che mi par.»‖. Insomma,un bel ritratto di ciò che al tempo era quel mondo. Lapreoccupazione principale di Dorina è che ―nell'opera /ho una scena agitata, / che finge Cleopatra incatenata;/ e temo che la collera / m'abbia pregiudicata nellavoce‖. Nibbio chiede di fare una prova davanti a lui, e laprimadonna non si nega: ―Ceppi, barbari ceppi, ombrefuneste, / empie mura insensate, / come non vispezzate, / mentre da queste ciglia / sgorga di piantoun mar?‖. E anche questo assaggio altro non è che unbuffo repertorio dell‘opera seria del tempo. Nibbiopartecipa con commozione ―Povera figlia!‖, oppure ―Oh,che peccato‖, anche quando il testo da lei cantatodiventa veramente improbabile: ―Ah, Tolomeospergiuro, / godi del mio martoro: / prendi il trono chebrami; io manco, io moro‖. Lui è entusiasta: ―La fa sìnaturale, / che ingannato mi son‖ ma non è sufficienteper l‘impresario che ben conosce i gusti del pubblico ―Edove mai / si può trovare occasion più bella / damettere un'arietta / con qualche "farfalletta" o"navicella"?‖. Insomma, Nibbio vorrebbe aggiungereuna parte in più all‘aria, già lunga di per sé, consimilitudini e paragoni che tanto al tempo piacevano.Dorina commenta: ―Dopo una scena tragica / voglionocerte stitiche persone / che stia male una talcomparazione‖. Lui insiste, e fa un esempio con unasua aria che tanto ebbe successo. ―La farfalla, che alloscuro / va ronzando intorno al muro, / sai che dice a chil'intende? / - Chi una fiaccola m'accende, / chi mi scottaper pietà? - / Il vascello e la tartana, / fra scirocco etramontana, / con le tavole schiodate / va sbalzando,va sparando / cannonate in quantità‖. Anche quest‘ariaè un piccolo capolavoro: un testo paradossale, unaparodia dell‘aria di paragone che poi sfuma in un temadi tempesta, surreale e originale. Tuttavia, al momentodi firmare il contratto, con esorbitanti richieste dellacantante (―oltre l'onorario, Ella mi debba / dar sorbettie caffè, / zucchero ed erba the, / ottima cioccolata convainiglia, / tabacco di Siviglia, / di Brasile e d'Avana / edue regali almen la settimana‖), Dorina si tira indietro,151OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


di fronte alle ambigue speranze di ricompense affettiveadombrate dall‘impresario. Scritto per occupare gliintervalli tra gli atti della Didone abbandonata,l‘intermezzo ―L‘impresario delle Canarie‖ rappresental‘unico e precoce tentativo di Metastasio nel generebuffo; ebbe un successo enorme grazie ancheall‘attualità del testo che poneva in ridicolo abitudini delmondo teatrale, in linea col caustico libello Il teatro allamoda di Benedetto Marcello (1720). Il testo nasceNapoli, patria dei generi dell‘intermezzo e dellacommedia per musica, e dimostra la gustosa venasatirica del poeta, esercitata senza remore controquell‘ambiente di cui sarebbe diventato, di lì a poco, ilmassimo autore europeo. Fu musicato anche daLeonardo Leo (1741) e da padre Martini (1744).Domenico Sarro, originario di Trani, raggiunse l‘apicedel suo successo tra il 1718 e il 1723, un arco di tempopiuttosto breve, dopo il quale ebbe incarichi prestigiosialla corte di Napoli benché ormai il suo stile fosse ormaigiudicato antiquato.Giovanni Paisiello (1740-1816)Gli astrologi immaginariDall‘imperatrice Caterina diRussia, il tarantino GiovanniPaisiello aveva già dato provadella sua giusta fama dioperista iniziata a Bologna nel1764 col dramma giocosotitolato Il ciarlone e proseguitacon una fertile produzione disuccesso. Partito a 36 anni, nel 1<strong>77</strong>6, per la corte russaebbe l‘incarico di compositore di corte e vi rimase finoal 1<strong>78</strong>4. In questo contesto s‘inserisce un‘opera breva estrepitosa: Gli astrologi immaginari. Allestita per laprima volta per il teatro dell‘Hermitage di Pietroburgo il14 febbraio 1<strong>77</strong>9 fu per anni, a braccetto con Ilbarbiere di Siviglia, il titolo più richiesto del compositorepugliese e napoletano d‘adozione. Il testo di GiovanniBertati è un rifacimento de I visionari del medesimoautore, rappresentato a Venezia nel 1<strong>77</strong>2 con musica diGennaro Astaritta. Anche questa è una satira deltempo: mette alla berlina il vezzo per la filosofia e perl‘astrologia nelle buone famiglie aristocratiche.L‘anziano Petronio Sciatica (basso), pieno di sé per lasua pseudocultura, ha due figlie: Cassandra (soprano) eClarice (soprano). Quest‘ultima (il personaggio megliodescritto dell‘opera) è innamorata di Giuliano Tiburla(baritono) che, per ottenere la mano della ragazza, sispaccia per filosofo (―Il famoso Argatifontida‖) perconvincere Petronio. Il lieto fine è inevitabile ma lamusica di Paisiello è irresistibile, briosa, mai ripetitiva,fresca. Non si possono non ascoltare questi settantaminuti di bellezza. All‘apertura del sipario compaionoPetronio e figlie in una musica che travolge come unturbine: ―Un signor di buon aspetto, / ben vestito,giovinetto, / vi domanda permissione / di poter con voiparlar‖ canta Clarice. Il ―giovinetto‖ è Giuliano. Il padremette a tacere la figlia anche perché lui sta studiando.Stava studiando anche Cassandra: ―Venga pur chi vuolvenire, / io già penso di partire / e lasciarvi in libertà‖. Ela conclusione è (entra sul palco anche un ―coro didiscepoli‖): ―Ecco qua che sul più bello / viene questo,torna quello / e lo studio se ne va‖. Giuliano si presentacome tale, e dice di essere ―uomo assai ricchissimo‖;Petronio non vuole inchini: ―Odio tutto il superfluo: ioson filosofo / e, alla buona vivendo, / non do altruisoggezion, / né me la prendo‖. Parlando delle figlie,dice: ―La prima, / ha talenti rari / ed assomiglia alpadre, / un‘altra poscia che la madre imita / ed è scarsad‘ingegno, anzi è sciapita‖. Giuliano è interessatoproprio alla ―sciapita‖, cioè Clarice. Pur di non dire dilei, il padre preferisce discorrere ―del parlar degliuccelli‖ imitando il ―chiò chiò‖ dell‘usignolo, il ―girì girì‖del cardellino e il ―lirò lirò‖ dell‘allodola, e dell‘Elitropia―che l‘uom rende invisibile‖. Giuliano ride, e ciò suscital‘ira di Petronio: ―A voi darla in matrimonio / percoscienza non potrei: / ignoranti voi e lei, / bella unionein verità. / nascerìan degli ignoranti, / ma pazienzaandiamo avanti: / tornan questi a maritarsi / e vedreteprocrearsi / d‘ignoranti bambinelli / una grandequantità. / Cosa nasce? Che nel giro / di tre secoli, insostanza / tutto il giorno già rimiro / pieno solod‘ignoranza, / e la colpa sarìa mia / per sì ria bestialità‖.Per Giuliano, Petronio è ―pazzo da catena‖ ed escogita―una strana e bizzarra fantasia / per far sì che Clariceoggi sia mia‖. La ragazza, dal canto suo, si confida unacavatina dal tono intenso, che proietta nell‘interioritàdel personaggio sinceramente sensibile: ―Mi sia guida lamia stella / nel dubbioso mio cimento, / ah, purtroppo ilcor già sento / entro il seno palpitar‖. Giuliano sidichiara a lei ed ovviamente è corrisposto: il piano èpronto, si traveste da latore di Argatifontida, filosofocelebre, e si reca da Petronio declamando un‘arialatineggiante. ―Salve tu, Domine; / Argatifontidas / tibisalutem / mittit per me. / (Già poco intendo / per quelch‘io credo) / Pro illo accedo / nunc ego ad te. /Argatifontidas / tibi salutem / mittit per me‖. Il vecchiova in solluchero, benché il latino di Petronio siapiuttosto accidentato: ―Profundatis largam reverentiam/ facio ad suam illustrissimam sapientiam: / ma nosparlamus sicut altras gentes / perché latinum ligaveruntdentes‖. Giuliano rivela a Petronio che Argatifontida lo―conosce per nome‖ e, anzi, lo chiama ―lanterna de‘Filosofi / salsa de‘ Letterati, / pasticcio de‘ Scientifici, /intingolo de‘ Dotti‖. Inutile dire come rimane contento ilvecchio burlato: il bel finale del primo atto è la frenesiain attesa di questo grande filosofo, tutti sul palco, tuttiche cantano ―Ecco, per niente affatto / che s‘altera ilcervello, / e nascer può un bordello / da farcibeffeggiar. / Silenzio qua si faccia, / s‘adopri laprudenza; / bisogna aver pazienza / per non precipitar‖.All‘inizio del secondo atto, Petronio vuole allontanare dacasa Clarice, ritenendola imbarazzante per la suapresunta ignoranza: ―Già che teco il parlare, / di scienzae di dottrina va del paro / che voler pestar l‘acqua entroun mortaro, / così vorrei sapere / con parlar sincero /qual‘idee farmi almen del tuo pensiero‖. La ragazzarisponde per le rime: ―io non son nata, / per figurar dadonna letterata, / e qual sien le mie idee non vinascondo: / io pure inclino a popolare il mondo‖. Eproprio per questo a Clarice il padre consiglia dimaritare ―Focione, oppure Leandro‖ ma lei è chiara: ―hofisso nel cervello / di non voler sposar questo, néquello‖. La ragazza ―insatanassata‖ (come è definita dalpadre per la sua ostinazione a far di testa sua) avverteil padre dell‘arrivo di Argatifontida, cioè Giuliano152OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


travestito. Petronio è entusiasta, benché abbia l‘occhiolungo: ―in verità, di sotto al pel canuto / sembrate ungiovanotto un po‘ barbuto‖. Imitando una voce senile eacciaccata, Giuliano risponde che ha già cent‘anni e ―mideggio rinnovar‖ in quanto è simile all‘Araba Fenice.Occasione propizia per parlare di linguaggio degliuccelli, come piace fare a Petronio cui dà un dizionario:sicché il vecchio, distratto, non vede che Clarice eGiuliano si avvicinano e si parlano. La pantomimaprosegue senza troppe difficoltà per il finto filosofo cheassicura la ragazza sul buon esito del piano. Il padre,infatti, vuole conoscere il segreto: come siringiovanisce? Come fa Argatifontida a invecchiare e arinascere? La risposta l‘avrà nella notte, introdotta dauna suggestiva cavatina di Cassandra: ―L‘ora cheta edopportuna / il bel raggio della luna / qua m‘invita apasseggiar‖, e il coro di discepoli risponde a tono.Anche Petronio vaga per la notte, cercando il filosofo, ecosì Clarice, che sa del piano. La messinscena ordita daGiuliano è questa: per conoscere i segretidell‘immortalità occorre firmare un foglio. Si tratta,come si può immaginare, del contratto di matrimonio,Petronio firma ed è fatta. La conclusione del vecchioburlato è: ―O per forza, o per amore / devo dire―sissignore‖. / Via, su dunque, ve lo concedo; / figlidotti sol vi chiedo, / e godete in sanità‖. Ma… gliastrologi del titolo? Non ci sono! Per ―astrologi‖ si develeggere ―filosofi‖, cosa che più o meno, al tempo, era lastessa cosa almeno per chi ostentava una presuntacultura enciclopedica come il nostro Petronio Sciatica.Umberto Pasqui- Forlì -SAGGISTICA GENERALEI traduttori nel Ventennio fascista fra autocensura e questioni deontologicheRiassuntoQuesto lavoro è il frutto di una mia ricerca pressol‘archivio della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori,volta a documentare e analizzare le dinamiche di poteremesse in atto dalla dittatura mussoliniana nei suoivent‘anni di governo nei confronti del mondo culturaleitaliano dell‘epoca, con particolare riferimento aglieffetti della censura sulle pubblicazioni letterarie diquegli anni. Documenti inediti (direttive statali, lettereprivate, ecc.) mi hanno permesso di ricostruire unarealtà sorprendente, in cui la censura del regime nonera così repressiva come si potrebbe immaginare e lecase editrici non subivano passivamente iprovvedimenti inibitori dello stato, ma attuavanoproprie strategie per farvi fronte. In questo contesto itraduttori, figure nuove nel panorama letterario italiano,svolsero un ruolo fondamentale ed estremamenteoriginale, combattuti com‘erano fra imperativi dicorrettezza professionale, esigenze editoriali edimposizioni governative.Questo articolo si propone di dar voce ad una categoriaprofessionale finora raramente presa in considerazione,i traduttori che operarono in Italia nel Ventenniofascista, e di aprire una finestra sulla loro vicenda, checostituisce un esempio unico di rapporto fra politica ecultura in una realtà storica caratterizzata dallasupremazia di un governo di stampo dittatoriale. La miaanalisi si concentra sulla prima parte del Ventennio, dal1922 al 1938, quando l‘inusuale strategia del governoMussolini in materia di censura letteraria diede vita adun‘insolita e originale interazione fra i provvedimentistatali e l‘attività di molti esponenti del mondo culturalletterarioitaliano di quel periodo, nella fattispecie itraduttori. In quegli anni infatti, a misure coercitivequali la compilazione di liste nere e la messa al bandodi opere e autori, il regime fascista preferì azioni piùconcilianti, che evitassero alle autorità governative loscomodo ruolo di ―poliziotti‖ della letteratura e loscatenarsi di proteste derivanti da un loro eventualeatteggiamento costrittivo. I provvedimenti volti amonitorare la letteratura circolante al tempo in Italia sicaratterizzarono dunque per limitata aggressività,assenza di un controllo sistematico e sostanzialeindulgenza verso le categorie fatte oggetto dellacensura stessa.La strategia ―soft‖ del governo fu il frutto dell‘esigenzatutta politica di non compromettere la lealtà di unacategoria, quella editoriale, che si dichiarava amica delregime e di non danneggiare, con azioni fortementerepressive, la crescita di un settore florido e proprio inquegli anni in forte espansione, capace di offrire uncontributo importante all‘economia del paese. Vasottolineato che interventi così tolleranti venneroadottati per le sole pubblicazioni non periodiche (i libri),mentre nei confronti della stampa periodica il governoimpiegò misure molto più severe e restrittive. La lineacensoria fascista mutò radicalmente anche per lepubblicazioni non periodiche nel 1938 quando, conl‘avvicinamento politico-ideologico dell‘Italia al nazismohitleriano, si giunse ad un generale inasprimento deiprovvedimenti governativi non solo in ambito sociale edeconomico, ma anche culturale e letterario. Conl‘introduzione in Italia delle leggi razziali nel 1938, ilcontrollo sulla natura e i contenuti delle opereletterarie, soprattutto di penna ebrea e straniera, sifece più serrato e le ispezioni sempre più meticolose,cosicché le strategie censorie utilizzate fino ad alloravennero rivoluzionate e persero di fatto quell‘originalecarattere di malleabilità che le aveva contraddistinte.Fino a quel momento però le autorità preposte algoverno della cultura mantennero una censura discretae circoscritta, in cui l‘analisi individuale di singole operesi sostituiva alle misure totalizzanti e le disposizionigovernative venivano diramate tramite i canali riservatidelle prefetture e delle lettere private inviate ai direttiinteressati. Lo dimostrano i documenti risalenti a questo153OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


periodo conservati presso l‘archivio della FondazioneMondadori di Milano, che provano l‘esistenza di un fittoscambio epistolare fra l‘editore e le cariche dello Statocompetenti in materia di cultura, fra i quali i ministriGaleazzo Ciano e Dino Alfieri, succedutisi allapresidenza del Ministero per la Stampa e laPropaganda, ribattezzato nel 1936 Ministero dellaCultura Popolare. Queste carte documentano l‘assenzadi un controllo sistematico sull‘intera produzioneletteraria del tempo ed evidenziano al contrario comeogni opera venisse presa in considerazionesingolarmente: ogni lettera è personale e riguardal‘approvazione o il rifiuto di un singolo lavoro, mentrenon vi sono elementi che rimandano ad una legislazionerelativa alla produzione letteraria nella sua totalità (cfr.Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori: FondoArnoldo Mondadori).Questi scritti mostrano inoltre come l‘azione del regimein quegli anni si orientò anche alla promozione pressogli addetti ai lavori della pratica dell‘autocensura,presentata ed auspicata come dovere morale epatriottico nei confronti della nazione italiana econtributo necessario alla difesa dell‘integrità moraledel popolo: ―Il lavoro di dissodamento intellettuale èopera di più vasta mole e di più lungo respiro dellabonifica terriera‖ - affermava il Segretario generaledella Federazione degli editori Carlo Marrubini suindicazione del governo - ―è d‘uopo dunque che aquest‘opera patriottica e santa collaborino tutti coloroche si assumono o che sono investiti del delicatissimocompito di parlare alla mente, alla coscienza ed allafantasia del popolo‖ (Marrubini 1934: 161).Puntando sull‘induzione all‘autocensura il regimeottenne un doppio risultato: da un lato, come si èdetto, poté mantenersi estraneo alle accuse di frenare,con un atteggiamento prepotentemente inibitorio, ildinamismo culturale del paese; dall‘altro riuscì a porregli operatori del panorama culturale in prima lineanell‘opera di ―bonifica‖ della letteratura circolante altempo in Italia, delegando in buona parte a loro ilcompito di vaglio e selezione dei testi e risparmiandocosì al governo gli sforzi economici ed organizzativinecessari alla creazione e al mantenimento di unsistema di controllo capillare sulla stampa nonperiodica.In ambito letterario la censura di quegli anni si attuòdunque principalmente non attraverso un‘azionesistematica manovrata dall‘alto, ma tramite un‘opera direvisione che prese il via dal basso e che vennerealizzata in primis presso le case editrici. Per nonessere tacciati di antipatriottismo o antifascismo e nonincorrere in sanzioni governative che avrebberocomportato anche danni economici, gli addetti ai lavori(autori, editori, curatori, traduttori) svilupparono quasispontaneamente una minuziosa attività di vaglio deilibri da immettere sul mercato, allo scopo di privarlidelle parti che il censore avrebbe potuto giudicaresconvenienti, e diventando così di fatto i principalicensori delle opere da loro stessi create e pubblicate.Interessanti testimonianze al riguardo si trovano oggi innumerosi pareri di lettura raccolti nel Fondo ArnoldoMondadori, uno dei più ricchi attualmente dellaFondazione Mondadori. Questi documenti, cui ho attintoper molti dei casi esemplificativi citati in questo articolo,restituiscono un‘immagine della casa editrice di queglianni come di un grande laboratorio, in cui ci siadoperava alacremente per anticipare il responso dellacensura governativa ed escogitare i rimedi più efficaciper evitare la bocciatura di un volume.L‘obbligo di rendere ogni testo ―politicamente corretto‖si tramutò per gli addetti ai lavori nella necessità diconciliare le regole insite nel proprio mestiere con idoveri più o meno tacitamente imposti dall‘autorità, equesta ricerca di un equilibrio fra due esigenzesostanzialmente contrastanti non poté che tradursi inun compromesso morale con il potere. La questioneetica toccò in modo del tutto particolare la categoria deitraduttori, i quali, investiti del doppio ruolo di mediatorie censori, più di altri soffrirono il peso dell‘ingerenzapolitica nella propria attività. L‘allora traduttore CesarePavese nella sua lettera del 2 giugno 1937 indirizzata aLuigi Rusca (collaboratore editoriale alla Mondadori)descrive la propria condizione al termine dellatraduzione del romanzo Big Money di John R. DosPassos che, a causa delle direttive impartite dallacensura ufficiale, non ha potuto condurre in manieracompletamente onesta:Ho seguito scrupolosamente i consiglidel Ministero cioè inglesizzato i nomiitaliani, lasciato cadere gli accenni aLenin e sovieti, cancellato e sostituitoun accenno al fascismo, taciuto otradotto con dignità wop e dago…come non segnalato dal Ministero neldattiloscritto che serbo gelosamente amia eventuale giustificazione. (Pavese1968: 238-239)Oltre a fornire un‘interessante esemplificazione degliargomenti problematici e di alcuni accorgimenti adottatiper eliminarli nella versione italiana, Pavese sente ildovere di giustificarsi per la propria condotta, vale adire per aver apportato modifiche rispetto al testooriginale che hanno prodotto una traduzione sotto certiaspetti scorretta.A differenza di Pavese, parte della categoria tollerò ildover preferire una traduzione manipolata, mapoliticamente accettabile ad una fedele ai contenutidell‘originale, ma potenzialmente invisa al potere; ciò sideve in primo luogo al fatto che l‘intromissione delladittatura in qualunque ambito della vita sociale eraoramai una prassi, e in secondo luogo all‘effettodell‘opera di persuasione ideologica del regime, che nonmancò di dare i suoi frutti. Ciò è riscontrabilenuovamente nei pareri di lettura conservati pressol‘archivio della Fondazione Mondadori, nei quali i―lettori‖, che spesso erano anche traduttori,suggeriscono spontaneamente tagli, modifiche oattenuazioni. Qui le proposte di modifica ai testioriginali stranieri sono motivate alla luce dei giudizidella censura ufficiale sulle opere letterarie vagliate inprecedenza; il regime infatti forniva direttive vaghe econfuse agli addetti ai lavori in merito alle tematiche daevitare, perciò essi per le proprie revisioni dovevanobasarsi quasi esclusivamente sui responsi relativi aivolumi sottoposti precedentemente al controllodell‘autorità.154OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Fra i temi di queste ―note di servizio‖ troviamo loscrupolo legato alla questione nazionalista: è noto comeil governo Mussolini avesse il preciso intento dipromuovere un‘immagine positiva dell‘Italia e degliitaliani, cosicché le opere che potevano diffondereun‘immagine negativa della nazione difficilmenteavrebbero potuto ottenere il nullaosta della censura edessere riproposte fedelmente al pubblico italiano.Presso le case editrici si procedeva dunque alla loro―bonifica‖; Giorgio Monicelli, a proposito dell‘opera TheFourth Plague di Edgar Wallace, annotava:Bisognerebbe però cambiare lanazionalità dei componenti la Banda, iquali sono tutti Italiani e agiscono eparlano secondo il concetto che hannogeneralmente del nostro Paese certipopoli nordici; sono cioè tuttiaccoltellatori, superstiziosi, miserabili,presuntuosi, intelligenti ma intriganti,passionali, sensuali e sempre troppobruni e troppo bassi.Altra sfera tematica molto presente nei pareri di letturae che, rientrando nei programmi ideologici del fascismo,influenzava spesso le versioni italiane di opere straniereera quella legata al concetto di moralità; fin dai primianni del suo governo il regime fascista si adoperò inuna battaglia per il rinnovamento morale della nazioneitaliana e la salvaguardia dei valori tradizionali cherisultavano minacciati dagli esempi di malcostumeprovenienti in particolar modo dalle più moderne (e perquesto più temute) società anglosassoni. Le opere chegiungevano da questi paesi descrivevano a volte lenuove realtà sociali dei sobborghi, la vita mondana didelinquenti e starlettes, e narravano vicende diprostituzione, tragedie familiari e vagabondaggio, cheagli occhi del potere ufficiale risultavano quanto maipericolose per la salute morale della nazione. Eccoallora i ―lettori‖ spendersi in suggerimenti per attenuareo eliminare i passaggi più espliciti e problematici:o ancoraDalla prima all‘ultima pagina nulla discabroso o malsano; soltanto a pagg.150-152 vi è una scena (del resto piùallusa che descritta) che si puòomettere nella traduzione, perché nonmodifica affatto il racconto: trattasi deltentato stupro di una giovinetta perparte di un vagabondo, che poiscompare. (Giacomo Prampolini aproposito dell‘opera Noatum di WilliamHeinesen)Nel romanzo non vi sono né suicidi néincidenti… demografici. Occorre peròun traduttore intelligente che qua e làattenui qualche passaggio, specie dovesi parla del mondo notturno di Parigi;ma si tratterà in tutto di un 10-15parole e altrettante sfumature. (EnricoPiceni sul volume Les enfants de lachance di Joseph Kessel)È interessante notare come fossero gli stessi lettori asuggerire in maniera del tutto spontanea quali passaggiattenuare e quali tematiche evitare, e in alcuni casi asottolineare l‘assoluta necessità e convenienza diapportare tagli e modifiche, senza che l‘editore o iresponsabili editoriali dovessero incoraggiare questotipo di pratica. Tale fenomeno va ricondotto allaconsapevolezza di doversi necessariamente piegare alledisposizioni del governo pur di poter continuare apubblicare; se si voleva proseguire nel proprio lavoroera spesso inevitabile sacrificare al censore lo scrupolodeontologico e, in alcuni casi, anche i pregi dell‘opera.Non sempre però si proponevano o si effettuavanoespurgazioni a cuor leggero; in alcuni casi tagli emodifiche erano mal digeriti, poiché si era consapevolidi intaccare l‘integrità dell‘opera letteraria o perché, perragioni di coscienza politica e ideologica, si rifiutaval‘intromissione del mondo politico nella propria attivitàartistica. Sono numerose le testimonianze di disagio,soprattutto da parte dei traduttori più esperti e dotati dimaggiore sensibilità che, essendo spesso anche autori,più di tutti vedevano la propria libertà di espressione eautonomia intellettuale minacciata da imposizioni extraartistiche.A tal proposito risultano particolarmenteinteressanti i seguenti pareri di lettura firmati daimportanti collaboratori dell‘editore Mondadori, qualiElio Vittorini, Luigi Rusca e Giuliana Pozzo:Al momento della traduzione, essendosopravvenute le nuove disposizionidella censura, abbiamo sospeso ilvolume ritenendolo impubblicabile. […]abbiamo ritenuto impossibile far deitagli senza alterare gravemente ilvalore artistico dell‘opera. (Luigi Ruscasull‘opera La nuova terra di KnutHamsun)Tagliare l‘intero episodio non si puòperché ne dipende […] la conclusionedel libro. Allora? Si potrebbe taceredella bomba [anarchica] e approfittaredi un punto dove Aaron si chiede senon è crollato il soffitto… Ma nonsarebbe troppo abuso? (Elio Vittorinisul romanzo The Aaron‘s Rod di DavidH. Lawrence)Bisognerebbe […] smussare molto tuttele considerazioni dell‘A[utrice] sullaguerra, che ella stessa detesta, nonchéi vari apprezzamenti sui tedeschi, tuttia loro scapito, e gli accenni scanzonatialla politica attuale di quel Paese eanche del nostro. Vi è poi un capitolosu un gruppo di comunisti pacifisti chenon è per nulla ortodosso e chedovrebbe essere largamente amputato.Certo che un po‘ della vivacità edell‘armonia del racconto andrebberosprecate. Ma il punto più importante èquesto: sarebbero permesse leamputazioni? (Giuliana Pozzo aproposito dell‘opera Marion lebt di VickiBaum).Si vede come gli stratagemmi proposti fossero i piùdisparati, dall‘eliminazione di intere parti del libro,all‘attenuazione di alcuni passaggi o prese di posizione155OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


dell‘autore; tuttavia il comune denominatore degliinterventi rimane la dubbia legittimità dell‘interventocorrettivo.Quando poi gli aspetti problematici riguardavano illavoro di un autore noto, allo scrupolo prettamenteetico e artistico si aggiungeva l‘atteggiamento daassumere nei confronti dell‘autore stesso, che dovevaessere messo al corrente delle intenzioni di revisionedel testo ed esprimere il proprio parere al riguardo. Un―lettore‖ anonimo sull‘opera Three Comrades di Eric M.Remarque sottolineava:Io almeno non posso creder cheRemarque possa aderire ad una―espurgazione‖ della sua opera che larovinerebbe artisticamente in modoindicibile […] La tecnica del romanzo ètroppo buona in R[emarque] perché sipossano far ―tagli‖, tutto è ingranato eaddentellato in modo che… dovrebbel‘autore stesso castrare e mutare,facendo le necessarie suture. Nessuntraduttore può farlo, dato anche il tonopersonalissimo del suo stile.Le problematiche legate alla pubblicazione di un‘operaletteraria erano insomma talmente numerose ecomplesse e la censura ufficiale così vaga eimprevedibile, che ogni volume doveva essere preso inconsiderazione singolarmente e costituiva un caso a sé,non replicabile. Qualunque membro dell‘editoriapartecipasse all‘iter che conduceva alla pubblicazione omeno di un‘opera (fosse esso un traduttore o uneditore, un ―lettore‖ o un autore), questi doveva fare iconti personalmente con le pressioni politiche eideologiche del governo da un lato e con le esigenzeetico-artistiche della propria professione dall‘altro,poiché sovente si trovava nelle condizioni di doverdecidere di propria iniziativa se e quali modificheapportare al testo per evitarne la bocciatura. I casi didisagio furono molteplici e quelle citate sono soloalcune delle numerose ―note di servizio‖ consultabilipresso l‘archivio della Fondazione Mondadori chetestimoniano la scrupolosa attività di revisione dei testistranieri avviata all‘interno della casa editrice e leproblematiche di ordine pratico, etico e artistico chequesta comportava.Si potrebbe obiettare all‘industria editoriale di aver fattopoco per difendere la propria autonomia artistica, dalmomento che le voci di dissenso, benché numerose espesso autorevoli, furono sostanzialmente taciute in viaprecauzionale per non compromettere gli ottimi rapporti(di reciproca convenienza) con le autorità fasciste. Vaperò sottolineato che la ricerca del compromesso fraquesti due mondi era necessaria e reciprocamentevantaggiosa, poiché essi, al di là delle rispettive istanzeideologiche che erano spesso occasione di conflitto,avevano in comune il forte interesse volto almantenimento di un florido mercato letterario; uninteresse che, come si è visto, era sostenuto damolteplici ragioni di ordine politico, artistico edeconomico. Ogni traccia che documenta la storia dellapubblicazione di un libro in quegli anni, e di cui hopresentato in questo lavoro un breve campionario, èdunque un‘interessante testimonianza di quellacontinua negoziazione e, vista la singolarità dellepratiche censorie adottate nella prima fase delladittatura fascista, contribuisce in maniera nuova eoriginale alla ricostruzione del clima in cui autori etraduttori si trovarono ad operare in quel periodo.BibliografiaAlbonetti, Pietro (a cura di) (1994). Non c‘è tutto nei romanzi.Leggere romanzi stranieri in una casa editrice negli anni ‗30.Milano: Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori.Bompiani, Valentino (1973). Via privata. Milano: Mondadori.Cannistraro, Philip V. (1975). La fabbrica del consenso.Fascismo e mass media. Bari: Laterza.Casini, Gherardo. (1938). ―Bonifica della cultura in Italia‖.Giornale della libreria, LI-8, 19 febbraio: 57-59 e Giornaledella libreria, LI-9, 26 febbraio: 65-68.Cembali, Maria Elena (2005). Traduzioni e traduttori in Italianel Ventennio fascista. Tesi non pubblicata. Forlì: ScuolaSuperiore di Lingue Moderne per Interpreti e TraduttoriSSLiMIT.Cesari, Maurizio. (19<strong>78</strong>). La censura nel periodo fascista.Napoli: Liguori.Fabre, Giorgio. (1998). L‘elenco. Censura fascista, editoria eautori ebrei. Torino: Silvano Zamorani editore.Marrubini, Carlo (1934). ―Traduzioni e tradimenti‖, Giornaledella libreria XLVII-25, 23 giugno: 161-162.Marrubini, Carlo (1936). ―Diffusione e potenziamento del libroitaliano‖, Giornale della libreria XLIX-22, 30 maggio: 97.Ministero della cultura popolare. (a cura di). (1938). Monaco1938. Discorsi di prima e dopo. Roma: Società editricenovissima.Pavese, Cesare (1968). Lettere 1926-1950. Torino: Einaudi.Rundle, Christopher. (1999). ―Publishing Translations inMussolini‘s Italy: A Case Study of Arnoldo Mondadori‖. Textus.Rivista dell‘Associazione italiana di Anglistica, XII, 2. Genova:Tilgher: 427-442.Rundle, Christopher. (2000). ―The Censorship of Translationin Fascist Italy‖. The Translator. Studies in InterculturalCommunication, VI, 1. Manchester: St. Jerome Publishing: 67-86.Rundle, Christopher (2001). The Permeable Police State.Publishing Translations in Fascist Italy. Tesi dottorale nonpubblicata. 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Le due tematiche di etica e diritto156OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


estano materie d‘interesse universale all‘interno delmondo ellenico sin dall‘arcaicità, essendo un mero mitostoriografico che, nell‘Atene del V secolo a.c., sianostate sofistica e socratica ad indirizzare l‘intera culturaverso tali dimensioni dell‘attività umana 3 ; etica e teoriadel diritto nascono con epos arcaico, lirici e Presocratici,si smascherano nell‘umanesimo sofistico esocratico, sono condotte ad intera maturazione daPlatone ed Aristotele. Punto d‘esordio della discussionesocratica sul diritto è un‘adesione a teorieiusrazionalistiche non-utilitaristiche atte a sfociare inuna visione contrattualistica dei fondamenti delsanzionare e riferite a concetti di ordinamento esanzione destinati ad avere ruolo centrale all‘internodelle moderne teorie del diritto e dello stato. Nellatrattazione socratica contratto sociale non è accordo trachi comanda (sovrano) e chi è comandato (suddito), oaccordo tra cittadini; lontano dall‘ottica hobbesiana 4 odall‘ottica rousseauiana 5 di contratto sociale, secondoSocrate – a detta di Platone- contratto sociale sarebbeaccordo tra cittadini e ordinamento cittadino, in basead una versione anomala della nozione di contratto. Ilcontratto socratico è un accordo a-simmetrico(asinallagmatico), talmente a favore dell‘ordinamentoda attribuire ad esso un diritto di sostenere, contracotanza:E allora, essendo nato, cresciuto ed educato,avresti il coraggio di negare – cominciamo- diesser creatura e schiavo nostro, tu come i tuoiantenati? Se è così credi che tu e noi abbiamosimili diritti, e che se noi ti facciamo una cosa tuhai diritto di farci altrettanto? 6 ,a riconoscere una situazione di asimmetriacontrattuale, in cui coesistano un ordinamento latore dimassimi diritti e i cittadini vincolati a massimi doveri neiconfronti dell‘ordinamento medesimo; l‘inviolabilitàindividuale del cittadino è subordinata all‘«intangibilità»dell‘ordinamento della polis con un accordo, alienoall‘abitudine moderna, in cui l‘ordinamento siaconsiderato come uno dei due contraenti 7 . L‘ideasocratica di ordinamento – a detta di Platone- ètotalitaria; tutti i diritti all‘ordinamento e tutti i doveri aicittadini, nei limiti del riconoscimento dell‘esistenza diuna serie di correttivi: a] diritto del cittadino a risolvereil contratto sociale, in tutti i momenti, ove sussista unaiusta causa 8 , o b] diritto del cittadino a realizzaretentativi di convincimento nei confrontidell‘ordinamento 9 , in caso di atto dell‘ordinamentostesso 10 . Nel discorso di Socrate – a detta di Platoneradicedell‘incontro è l‘istituto civile della dokimasia:Noi ti abbiamo messo al mondo, e allevato, ededucato, e abbiamo distribuito fra te e i tuoicittadini tutto ciò che avevamo; e tuttaviadichiariamo, riconoscendone la titolarità a tutti icittadini ateniesi che lo desiderino, che se (uncittadino), ottenuto lo status di cittadinanza eosservato come vanno le cose nella città, non siasoddisfatto di noi, vale a dire l‘ordinamento, èlibero di raccogliere le sue cose e di andarsenedove vuole. L‘ordinamento non vieta e nonostacola chi vuole andare via 11 .L‘ordinamento ateniese non vincola alla cittadinanza,contro volontà 12 . L‘accettazione vicendevole ècondizione del contratto sociale: ogni istante noncittadino,con la dokimasia, accetta l‘ordinamento,l‘ordinamento acconsentendo ad attribuire lacittadinanza ateniese. Il contratto sociale nasce nelmomento stesso della dokimasia, realizzando effetticivili, e tali effetti continuano sino a che i cittadiniintroducano condotta costante tacita di confermadell‘accettazione. La condotta costante tacita diconferma dell‘accettazione è identificata da Platone conSe uno di voi rimane, vedendo come stiamoamministrando il diritto e la città, riusciamooramai a dire che di fatto ha accettato dieseguire i nostri ordini; e se costui disobbediscediciamo che commette ingiustizia in tre sensi: inquanto non obbedisce a noi che lo abbiamomesso al mondo, e poi a noi che lo abbiamoallevato, e in quanto non lo fa dopo averaccettato di obbedirci, né d‘altronde cerca dipersuaderci se stiamo commettendo un errore.Lontano dall‘imporre con durezza di fare ciò cheordiniamo, noi non facciamo che proporre,lasciando alternativa tra convincerci edobbedire 13 ;v‘è condotta costante tacita di confermadell‘accettazione se: a] un cittadino resti all‘internodella città, b] un cittadino vi rientri, una volta uscitovi ec] un cittadino, a cui sia comminata una sanzione, nonindichi l‘esilio come resistenza all‘eventuale condanna.Il contratto sociale socratico ha norme di costituzione(dokimasia), di mantenimento, e di risoluzione. Lenorme di risoluzione richiedono atti contrari allacontinuazione del contratto sociale, definiti nell‘onere diabbandonare la città o «radunando le sue cose edandandosene», senza che vi sia un contenzioso conl‘ordinamento, o, in caso di contenzioso, indicandol‘esilio. Lo stesso brano indica un secondo correttivoalla totalitarietà dell‘ordinamento ateniese, doveaffermi: «[…] Lontano dall‘imporre con durezza di fareciò che ordiniamo noi non facciamo che proporre,lasciando alternativa tra convincerci ed obbedire […]».La teoria socratica riconosce ai cittadini diritto adialettizzare (discutere e mettere in discussione) idiktat dell‘ordinamento:L‘alternativa è tra convincerla [città] o obbedireai suoi ordini, soffrendo in silenzio se ci comandadi soffrire, si tratti di essere battuti oincarcerati 14 .L‘alternativa è tra discutere / ridiscutere o tacere 15 . Nelmomento in cui l‘ordinamento introduca un‘azionecoattiva nei confronti del cittadino (comando; tributo;sanzione), venuta meno l‘esercitabilità del diritto dirisoluzione, il cittadino ha diritto a decidere sedialettizzare tale coazione, cercando di convincerel‘ordinamento a desistere dal commettere un errore, otacere. Tre sono i casi: a] una dialettizzazione funzionae i cittadini hanno diritto a vedere ritirata l‘azionecoattiva dell‘ordinamento, b] una dialettizzazione nonfunziona e i cittadini hanno dovere di subordinarsi allacoazione dell‘ordinamento, o c] i cittadini decidono ditacere, con il dovere di vincolarsi ad obbedienza. La157OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


azionalità dell‘ordinamento è assicurata dall‘attività dirisoluzione e dialettizzazione, attribuita a ciascuncittadino 16 . L‘ottica iusrazionalista, mutuata dallasofistica antifontea, funziona da corona alla teoriasocratica dell‘ordinamento, derivando in Socrate diritto,morali individuali e contratti sociali di ciascuna città dacostanti dinamiche contrattualistiche di dialettizzazionee risoluzione. La nozione, molto moderna, di«intangibilità» del nomos – come sovranitàdell‘ordinamento e del diritto trova radici teoretiche neltentativo di Platone di razionalizzare i diritti 17 , latrascendentalità dell‘ordinamento socratico essendobase del iusrazionalismo di Platone; aldilà dall‘esseredistaccate dalle effettive modalità di funzionamento deimeccanismi del diritto attico, le intuizioni teoretiche delSocrate di Platone trovano riscontro nel concretocontesto costituzionale dell‘Atene del V/IV secolo, dovevigono istituti come epicheirotonía ton nomon, graphéparanomon o graphé nomon me epitédeion theinai, enomophýlakes.Ivan Pozzoni- Monza -LA NOZIONE DI «VERITÀ» TRA IDEE E COSE INGIOVA<strong>NN</strong>I VAILATINella considerazione del binomio conoscenza /azione in Giovanni Vailati 1 è rilevante l‘analisi dellanozione vailatiana di «verità». Distante daestremizzazioni idealistiche o materialistiche, il nostroautore ritiene «verità» star nel mezzo tra idea emateria, aderendo formalmente all‘assunto tommasianodella «[…] veritas est adaequatio rei et intellectus[…]» 2 :Le teorie vi si trovano esposte, non, come nellatrattazione ordinaria, sotto il loro aspetto, percosì dire, ―statico‖o di riposo, ma bensì sottoquello di moto e di sviluppo; non come deglianimali impagliati nelle vetrine di un museo, inatteggiamenti convenzionali e con gli occhi divetro, ma come organismi che vivono, sinutrono, lottano, procreano, o almeno comedelle figure in un cinematografo svolgentisi etrasformantisi naturalmente e logicamente le unenelle altre 3 ;fondandosi sull‘impianto dell‘«attesa di sensazioni», lastessa nozione vailatiana di «verità» è contaminatadalla natura volontaristica dell‘idea e dalla strutturanaturalistica della cosa. La tesi della sinteticità della«verità», secondo cui «verità» non sia unicamenteaccadimento ideale, è affermata da Vailati nella suaadesione alla distinzione kantiana tra analitici esintetici 4 :La prima distinzione [tra analitici e sintetici] –quella cioè tra proposizioni aventi lo scopo dideterminare, precisare, chiarire, ricordare ilsenso che vogliamo attribuire a una data parola,e le proposizioni invece nelle quali (medianteparole delle quali si suppone già noto e ammessoil significato dalle persone a cui si parla) siasserisce qualche opinione, ad esempio chequalche fatto è avvenuto o si verificherà, oppureche tutti gli oggetti presentanti certi dati caratteri(e indicati perciò con un dato nome) nepresentano anche altri, etc.- era di troppogrande importanza, non solo nelle disputefilosofiche ma anche nelle controversie civili egiudiziarie, perché i dialettici e sofisti greci nondovessero presto sentire il bisogno di avere adisposizione una speciale nomenclatura tecnicaper caratterizzarla in modo preciso 5 ;nell‘intuizione stessa di «verità» come «attesa disensazioni», stazionando un richiamo indiretto ad unasensazione ventura su una determinata cosa, èaffermata l‘incidenza della materia sulla «verità» («Perogni nostro atto di pensiero che non contenga odimplichi alcun riferimento al futuro, cioè alcunaprevisione o aspettazione, il parere di ciascuno di noinon è soggetto ad alcuna contestazione […] Laquestione della verità o falsità può nascere soltantoquando la sensazione o esperienza di cui si tratta cisuggerisca o ci faccia prevedere altre sensazioni, nonpresenti queste, ma future, non attuali, ma possibili;soltanto cioè quando, e in quanto, alle esperienze osensazioni immediate si aggiungano o si mescolinodelle aspettazioni o previsioni di qualsiasi specie» 6 ). Purse in riferimento alla locuzione tommasiana«adaequatio rei et intellectus» il termine «rei» assuma,nel pragmatismo vailatiano, valenza intermedia travolontà e materia, mai il nostro autore mette indiscussione l‘assunto dell‘esistenza della materia. Latesi dell‘incidenza della volontà sulla natura, secondocui «verità» non sia unicamente accadimento naturale,è ancorata alle tesi dell‘arbitrarietà moderata delleteorie e della strumentalità della conoscenza all‘azione.Per il nostro autore è da sottoscrivere l‘assunto dellanatura arbitraria delle teorieÈ in questo senso che la teoria diventa tanto piùperfetta, e si avvicina tanto più al suo ideale,quanto maggiormente diventa suscettibile diessere sviluppata indipendentemente da ogniriferimento agli oggetti o alle relazioni di cui essatratta, e alle quali essa è capace di venireapplicata; cioè, chi la costruisce è in grado diriguardarla come una pura creazione del suoproprio arbitrio 7 ,moderata dall‘asserzione:Che la verità o falsità di una frase, nella quale undato fatto – scientifico o no- è espresso edescritto, dipenda da convenzioniarbitrariamente fatte sul significato delle paroleche in essa figurano, è cosa perfettamentecompatibile col fatto che, una volta fissate taliconvenzioni – una volta cioè che si sia attribuitaalla frase un senso preciso, per quantoarbitrariamente scelto-, la questione della suaverità o falsità è, nel caso più ordinario, affattoindipendente dal nostro arbitrio e dalle nostrepreferenze 8 ;l‘attitudine aletica della «verità» verte sulla relazionetra atti intellettivi e volitivi ancorati alle cose, cioè traun atto di credenza («attesa di sensazioni») e un attodi «rappresentazione» («sensazione»), fondandosi la«verità» di una teoria su un nesso di conformità /158OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


difformità tra credenze e rappresentazioni sensibili.L‘ammissione della natura volontaria del theorein èaffiancata dal riconoscimento della strumentalitàall‘azione di ogni atto conoscitivo:Il riguardare quindi, col James e col Mach, iconcetti come dei semplici strumenti per afferrare(begreifen) la realtà, invece che per copiarla eimitarla, il riconoscere col Mach stesso, e coglialtri che il James cita (Poincaré, Bergson, Wilbois,Leroy in Francia, Hertz, Simmel, Ostwald inGermania), l‘importanza che, nel riconoscimentoe nell‘enunciazione delle verità scientifiche, è daattribuire alle scelte volontarie […] tutte questeed altre cose ancora non hanno alcun bisogno,per essere ammesse, che s‘introduca il più piccolocambiamento nella definizione tradizionale diverità 9 ;non è realistico desiderare di eliminare ogni incidenzavolontaristica sull‘atto conoscitivo[…] i concetti di cui la meccanica si serve e lesupposizioni sulle quali si basa, vengono adassumere nettamente il carattere di strumenti ilcui valore dipende unicamente dal servizio che cirendono pel raggiungimento dello scopo cosìindicato, il che d‘altra parte trova ulterioreconferma nel fatto, frequentemente notato, chein meccanica non sono i principii o le teorie cheprovano i fatti che da esse di deducono, ma èpiuttosto la conformità delle conclusioni, a cui siarriva, coi dati dell‘esperienza, che giustifica iprincipii e limita il campo delle ipotesi da cui èconveniente partire 10 ,dato che «la verità è una sola, ma le verità sono molte,e molti sono gli scopi al cui raggiungimento le nostreconoscenze possono eventualmente essereapplicate» 11 . Presa tra idee e cose, ogni «verità»consiste di elementi volontaristici e naturalistici;essendo difese insieme sinteticità della verità einfluenza della volontà sulla verità, il nostro autore nonritiene ammissibile una definizione di «verità» chetrascuri uno dei due elementi, volontà e natura. PerVailati il rifiuto di riconoscere i ruoli concorrenti divolontà e natura sulla determinazione della nozione di«verità» conduce l‘umanità alla costruzione deleteria dimetafisiche 12 idealistiche o naturalistiche. Chiaronell‘ambito delle c.d. scienze occulte, nelladiversificazione tra metafisica «spiritistica» («spiritisti»)e metafisica scientistica («scienziati») («Ma essa sitrova di fronte oltre all‘indifferenza del pubblico, anchedue altri formidabili nemici che non può sperare divincere così presto: cioè da una parte la fanaticaingenuità dei cosidetti spiritisti che credono che ilbisogno del meraviglioso e la necessità di emozionisoprannaturali sia l‘unica preparazione richiesta per chivuol intraprendere con serietà e profitto questo generedi studi; e dall‘altra l‘incredulità sistematica di una granparte degli uomini di scienza, i quali dal rapidocambiamento che in quest‘ultimo ventennio ha dovutosubire il loro modo di vedere riguardo all‘ipnotismo,dovrebbero aver imparato ad aver maggior esitanza nelcondannare a priori ogni idea nuova pel solo fatto cheessa non è ancora un‘idea vecchia» 13 ), il senso delladistinzione tra metafisica idealistica e naturalisticadiviene evidente nelle nascenti scienze della mente:Il tratto generale più caratteristico del Congressodi Monaco fu a mio parere la preoccupazione,manifestatasi da diversi lati e sotto diverseforme, di garantire l‘indipendenza della ricercapsicologica da una parte dalle pretese della suavecchia tiranna la metafisica dogmatica eaprioristica, e dall‘altra dalle pretese spesse voltealtrettanto irragionevoli della sua recente alleatala fisiologia che la vorrebbe far entrare a forzanel letto di Procuste d‘una nuova metafisicatanto più pericolosa quanto più inconscia evestita di apparenze scientifiche e positive 14 ,dove metafisiche idealistiche sottintendono identità traidee e «verità» e metafisiche naturalistiche occultanoidentità tra «verità» e cose. Contro ogniestremizzazione metafisica 15 , «verità» è da Vailatidefinita come esito di «approssimazioni successive» travolontà e naturaQuel metodo stesso che si chiama delleapprossimazioni successive, e che consiste nelcorreggere gradatamente i risultati diinvestigazioni teoriche tenendo conto d‘unnumero sempre crescente di circostanze checomplicano il fenomeno da studiare, presupponecome preliminare indispensabile un processoinverso, consistente invece nel semplificareartificiosamente i fatti che si vogliono sottoporrea studio, spogliandoli della più gran parte deicaratteri che essi effettivamente presentano ecercando di determinare come essi dovrebberocomportarsi se essi fossero quali li supponiamo,cioè se essi fossero diversi da quel che sono 16 ;tali «approssimazioni successive» scaturiscono onell‘errore, mai illustrato come vicolo cieco 17 , o in unalex naturalis, intesa come «[…] limite alle nostreaspettazioni […]» 18 :La verità di una legge è quindi compatibile, inciascun caso speciale, tanto col verificarsi quantocol non verificarsi dei fatti di cui in essa si parla,poiché ciò che essa asserisce non è che il tale o iltal altro fatto avvenga, o non avvenga, ma soloquali siano i fatti da cui esso è accompagnatoquando avviene, o da cui sarebbe accompagnatonel caso che avvenisse. Per adoperare unparagone atto a chiarire questo concetto sipotrebbe dire […] come p.es., l‘esistenza di unarete ferroviaria è lungi dal determinare in modounico il movimento dei treni che la percorrono.L‘esistenza della rete obbliga i treni a percorreredate linee, nel caso che essi si muovano, ma nonimplica affatto che essi devano muoversipiuttosto sull‘una che sull‘altra di tali linee, o cheessi devano partire a un‘ora piuttosto che aun‘altra, o camminare con la tale o tal altravelocità, e neppure che essi devano muoversiaffatto 19 .La «verità», in Vailati, è «adaequatio rei et intellectus»,confronto tra natura volontaristica dell‘idea e struttura159OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


naturalistica della cosa, orientata – come serie di«approssimazioni successive»- a rifiutare ognimetafisica in nome della nozione di lex naturalis o dierrore, essendo indice ulteriore – come il concetto di«credenza»- della stretta interconnessione traconoscenza e azione.___________________1 Cfr. G. VAILATI, Resoconto del III Congresso internazionaledi Psicologia, 1896 [vol.I, 117/118].2 Cfr. A. RISI, Giovanni Vailati antikantiano e antimetafisico,cit., 102: «L‘ostilità di Vailati contro la metafisica e quellacontro Kant sono a mio giudizio strettamente connesse inbase ai seguenti motivi: in primo luogo nella filosofia kantianacritica e metafisica coincidono; in secondo luogo lo stessoVailati sembra volere appaiare Kant e la metafisica nella suacritica; in terzo luogo Vailati riducendo al pari di Hume ilconcetto di causa a quello d‘abitudine, intendeva colpire nonsolo la metafisica, ma anche la filosofia di Kant».3 Cfr. G. VAILATI, La più recente definizione della matematica,cit., [vol.I, 8]; in Sull‘importanza delle ricerche relative allaStoria delle Scienze Vailati asserisce: «La storia delle teoriescientifiche su un dato soggetto non va concepita come lastoria di una serie di tentativi successivi falliti tutti eccettol‘ultimo; essa non è da paragonare, come fu fatto con assaipiù spirito che profondità, alla serie di operazioni che fa chivoglia aprire una porta avendo a disposizione un mazzo dichiavi tra le quali egli non sa discernere quella che è atta alloscopo. La storia ci rappresenta invece una serie di successidei quali ciascuno supera ed eclissa il precedente come ilprecedente aveva alla sua volta superati ed eclissati quelli chelo avevano preceduto […] Noi ci troviamo sempre, o quasisempre, davanti a un processo di approssimazioni successiveparagonabili a una serie di esplorazioni in un paesesconosciuto, ciascuna delle quali corregge o precisa meglio irisultati delle esplorazioni precedenti e rende sempre piùfacile, a quelle che susseguono, il raggiungimento dello scopoche tutte hanno avuto in vista» (G. VAILATI, Sull‘importanzadelle ricerche relative alla Storia delle Scienze, cit., [vol.II,5/6]).4Cfr. ivi, cit., [vol.II, 4]: «Un‘asserzione erronea, unragionamento inconcludente d‘uno scienziato dei tempitrascorsi possono essere tanto degni di considerazionequanto una scoperta o un‘intuizione geniale, se essi servonougualmente a gettar luce sulle cause che hanno accelerato eritardato il progresso delle conoscenze umane o a mettere anudo il modo d‘agire delle nostre facoltà intellettuali. Ognierrore ci indica uno scoglio da evitare mentre non ogniscoperta ci indica una via da seguire».5Cfr. G. VAILATI, ―E. Mach. Erkenntnis und Irrtum. Skizzen zurPsychologie der Forschung‖. Leipzig, Barth, 1905, in―Leonardo‖, III, Ottobre - Dicembre 1905, [vol.I, 155].6 Cfr. G. VAILATI, Sull‘applicabilità dei concetti di Causa e diEffetto nelle Scienze Storiche, cit., [vol.II, 95].Ivan Pozzoni- Monza -SCRIVONO SULL‘UNGHERIA...STORIA DELL‘UNGHERIAL‘antico territorio dell‘Ungheria – dettoallora Pannonia – era già abitato da variepopolazioni di ceppo indoeuropeo (Celti,Sciti e Sarmati); essa entrò nell‘orbitaromana nel 35 a.C. con la conquistaavvenuta sotto Ottaviano, divenendo una provincia (lacui prima sede del governatorato fu a Carnuntum, oggiin territorio austriaco) di grande importanza dal puntodi vista difensivo, poiché si trovava sul confineimperiale (il Limes): fino al V secolo dopo Cristo resisténei confronti delle popolazioni barbariche, tra cui sidistinsero Iazigi, Alamanni, Marcomanni, Quadi eVandali; quindi, fu costretta ad arrendersidefinitivamente agli Unni.Questi stabilirono un regno (detto degli Àvari, lorostretti parenti), che venne distrutto da Carlo Magno nel796; la regione vide allora l‘ingresso di nuovepopolazioni: Bulgari, Slavi ed infine Magiari, i qualidivennero stanziali, dando origine ad un regno stabile,che unificò tutti i popoli che abitavano il bacino deiCarpazi. Giunse infine (nell‘ultimo decennio del IX) ilpopolo degli Ungari, guidato da Árpád, provenientedagli Urali e caratterizzato dalla lingua ugrica, unica(assieme al finlandese) nell‘attuale panorama linguisticoeuropeo.Sulla lunga peregrinazione degli Ungari dalle altureuraliche al centro dell‘Europa sono sorte varie leggende,la cui più bella immagina l‘inseguimento di un cervo cheavrebbe spinto due fratelli (Hunor e Magor) fin sullecoste del Mar Nero, dove avrebbero spostato dueprincipesse alane e originato rispettivamente il popolodegli Unni e dei Magiari.Al di là delle leggende fondative, in Ungheria si formòuno stato forte, caratterizzato dall‘affermazione deiprivilegi dell‘aristocrazia agraria (status mantenuto finoal colpo di Stato che avrebbe imposto il governofilosovietico) e che permetterà l‘indipendenza attraversole varie dinastie succedutesi sul trono di Buda: gliAngioini, i Lussemburgo, gli Jagelloni e gli Hunyadi-Corvino.Sotto gli Angioini l‘Ungheria si espanse annettendoBaviera, Boemia e Lituania; con gli Jagelloni le suevicende si legarono alla Polonia; quando nel 1433 il suore Sigismondo di Lussemburgo (che aveva avutonotevoli problemi con la nobiltà ungherese, che nelimitò i poteri) divenne Imperatore del Sacro RomanoImpero (al tempo del concilio di Costanza che mise fineallo scisma d‘Occidente e condannò Jan Hus) l‘Ungheriavide spegnersi le rivendicazioni del re di Napoli sulla suacorona.Il monarca ungherese più famoso è certo MattiaCorvino (1440-1490), che introdusse la culturarinascimentale e combatté i Turchi a fianco di Vlad IIITepeş, il principe di Valacchia meglio noto con ilsoprannome di Dracula. Mattia Corvino era a sua voltafiglio di János (Giovanni) Hunyadi (1387-1456), che erastato voivoda di Transilvania e poi reggente del regnod‘Ungheria, eroe della guerra contro i Turchi che avevacombattuto senza fortuna a Varna (1444) evittoriosamente a Belgrado (1456).160OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


In lotta perenne contro i TurchiCome ai tempi dei Romani, anche in epoca modernal‘Ungheria ebbe un ruolo fondamentale nella difesa deiconfini europei: con Mattia Corvino le innovazionimilitari a garantire una supremazia sulla Sublime Portafino agli inizi del Cinquecento. Ma i popoli di questaregione non potevano essere lasciati soli nella lottacontro i Turchi. Lo aveva ben compreso Enea SilvioPiccolomini, nunzio nell‘Europa danubiana prima e poiPapa come Pio II: purtroppo, i sovrani d‘Europa sidicevano pronti alla lotta solo a parole, mentre inconcreto facevano ben poco. Ad esempio, l‘Austria simobilitò solo quando fu in pericolo diretto e lo fecetrasformando l‘Ungheria in campo di battaglia control‘Impero ottomano, creando però in tal modo ilmalcontento nella popolazione ungherese; unmalcontento di cui i Turchi cercarono di avvantaggiarsi.Quando nel 1526 (prima battaglia di Mohács) gliOttomani sconfissero gli Ungheresi, la loro terra vennesuddivisa tra la cosiddetta ―Ungheria regia‖, controllatadagli Asburgo; il ―libero‖ principato di Transilvania, rettoda sovrani protestanti e tributario della Sublime Porta;ed infine l‘Ungheria ottomana, divisa nei ―vilajeti‖ diBuda e Temesvár (l‘odierna Timişoara).Ciò causò, come comprensibile, un gravespopolamento ed un consistente degrado: quando igovernatori turchi si erano stabiliti nelle principali città,molti contadini avevano preferito trasferirsi al nord alseguito dei nobili o si erano dati al banditismo, mentregli artigiani ungheresi erano stati sostituiti da quelliturchi. Intanto, le chiese venivano trasformate inmoschee, i conventi affidati ai ―sufi‖ islamici o modificatiin bagni termali.Fu dall‘Ungheria ―Regia‖, costituita dalle regioni nordorientalidel Paese, divenuta parte della monarchiaasburgica, che nel Seicento partì l‘offensiva dei nuoviCrociati, che nel giro di mezzo secolo portò allariconquista di tutta l‘Ungheria. Gli storici contanonumerose guerre che, fino alla fine del Settecento,videro gli Asburgo, variamente alleati, lottare contro letruppe del Sultano fino alla definitiva liberazione.Così, il 2 settembre 1686 le truppe imperialiconquistarono la fortezza di Buda, e l‘anno successivo,con la seconda battaglia di Mohács, l‘esercito imperialeinflisse ai Turchi una grave sconfitta, che portò allaliberazione dei territori della Dalmazia ed al ritorno dellaTransilvania sotto l‘Ungheria. La gioia che seguì taleevento spinse addirittura gli orgogliosi Ungheresiriconoscere alla casa d‘Asburgo l‘ereditarietà dellaCorona: gli Ungheresi si impegnarono cioè a noneleggere come sovrano nessun altro che il primogenitodel re di Casa d‘Austria. Quest‘ultima si unì quindi aduno dei più ricchi Paesi europei che, grazie alle fertiliregioni agricole ed ai giacimenti minerari (compresiquelli di oro), portò grande benessere alla coronaimperiale, le cui le truppe in breve eliminarono ogniulteriore presenza ottomana: nel 1688 Belgrado furiconquistata e con la decisiva battaglia di Zenta (allaguida dell‘esercito c‘era Eugenio di Savoia), i Turchivennero definitivamente cacciati dall‘Ungheria:centocinquant‘anni di occupazione ottomanaterminarono con la pace di Carlowitz (1699).Con il nazionalismo ritorna la divisioneDopo un secolo di unione delle Corone austriaca eungherese, nella prima metà dell‘800 i movimentinazionalisti iniziarono a creare dissapori e contrasti,sfociati nei moti del 1848 che portarono ad un governogli indipendentisti guidato dal liberal-democratico LajosKossuth (1802-1894), che proclamò immediatamentel‘indipendenza dell‘Ungheria dall‘Austria. Il problemadell‘unione dei due regni segnò la Corona austriaca finoalla prima guerra mondiale: nel 1848, anche grazieall‘aiuto dello Zar, il movimento indipendentista fusconfitto, ma nel giro di una ventina di anni si giunse alcosiddetto Compromesso (Ausgleich, del 1867), cheprevedeva il riconoscimento dell‘Ungheria anche nelnome della monarchia (che da solamente austriacadivenne austro-ungarica), il rispetto della lingua e dellacultura locale, con un‘ampia autonomia, anche militare.D‘altro canto, la stessa Ungheria dovette fare similiconcessioni alla Croazia, che da lei dipendeva.Ma la situazione ungherese toccò il vertice dellapropria crisi durante la prima guerra mondiale, quandole spinte separatiste ebbero il sopravvento (moltiAustriaci accusarono i reparti ungheresi di essersiritirati, sancendo così la sconfitta militare dell‘Austria).Un‘insurrezione popolare nell‘ottobre del 1918 (nelmese precedente la fine del conflitto) portò allacreazione di una repubblica ―democratica‖ che sancì ildistacco dalla corona austriaca ed il conseguente ritirodalla guerra. Tale repubblica durò poco, perché nellaprimavera successiva venne sostituita dalla comunistaRepubblica dei Consigli (cioè dei Soviet) ungherese diBéla Kun (in italiano si trova come Abele Cohen).Il generale Miklós Horthy, già aiutante dell‘imperatoreFrancesco Giuseppe ed ultimo comandante supremodella imperial-regia marina austro-ungarica, sconfisse icomunisti (anche grazie all‘aiuto dell‘esercito rumeno) esi proclamò reggente del Regno d‘Ungheria,instaurando una ―monarchia senza re‖ che nel corsodella seconda guerra si sarebbe alleato con l‘Asse. Un―reggente‖ sui generis, va aggiunto, visto che nel 1921si rifiutò di aiutare il proprio legittimo sovrano, il beatoCarlo I (che sarebbe morto l‘anno seguente) a ritornaresul trono d‘Ungheria, addirittura opponendosi a lui conle armi. Uomo estremamente attento alla propriaposizione, nel 1944 decise di tradire i Tedeschialleandosi con i Sovietici, ma fu costretto a cedere ilpotere a Ferenc Szálasi, capo delle Croci Frecciate, checoncluse la guerra a fianco della Germania.Con la caduta di Budapest, l‘eliminazione fisica diSzálasi e dell‘élite politica ungherese, nonché il venirmeno dei privilegi dell‘aristocrazia terriera che avevanoreso grande l‘Ungheria per secoli, nacque unarepubblica filosovietica, che attaccò la Chiesa, vistacome principale nemico. La nuova politica economica,di tipo collettivistico, causò anche in Ungheria unagrave crisi che portò alla ribellione del 1956, quandostudenti e operai insorsero a Budapest portando alpotere Imre Nagy, un moderato antisovietico chepropose il ritiro dal Patto di Varsavia e l‘adesioneall‘ONU. La reazione sovietica (nonostante Krusciov esua destalinizzazione) fu immediata ed i carri armaticon la stella rossa imposero con il sangue un governo―amico‖ cioè servo di Mosca, mentre Nagy venivafucilato ed i partiti comunisti di tutto il mondo (quello161OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


italiano in testa, con Togliatti e l‘Unità) applaudivano. Inquell‘occasione, Giorgio Napolitano affermò:«L‘intervento sovietico ha non solo contribuito aimpedire che l‘Ungheria cadesse nel caos e nellacontrorivoluzione, ma alla pace nel mondo». Ifilosovietici mantennero il potere fino al 1989, quando illocale Partito Comunista decise di cambiare il nome inPartito Socialista Ungherese e la Repubblica popolare sidissolse: quindi, con l‘apertura delle frontiere versol‘Occidente, permettendo la fuga di molti cittadini dellaDDR attraverso i suoi territori (il passaggio direttoall‘Ovest non era possibile, quello attraverso l‘Ungheriainvece sì), anticipò idealmente la caduta del Muro diBerlino.Gianandrea de Antonellis¹Fonte: Prima pubblicazione sul mensile Radici Cristiane,diretto da Roberto de Mattei ² (N. 58 Ottobre <strong>2010</strong>), saggioinviato dallo stesso Autore.¹ Gianandrea de Antonellis (Napoli, 15 ottobre 1964) è unsaggista italiano. Docente di Letteratura italiana all‘UniversitàEuropea di Roma, docente presso l'Istituto superiore discienze religiose "Redemptor Hominis" di Benevento e"Raffaele Pellecchia" di Castellammare di Stabia, docente diLetteratura Cristiana presso l‘Issr "Giovanni Paolo II" diBenevento, docente presso la LIS (Christian Literature andHistory of Islam), presidente dello Ieref, Istitut Européen deRecherche, Etudes et Formation, della Società Storica delSannio e socio dell‘Istituto per la Storia del Risorgimentoitaliano. Già: consulente dell‘Assessorato alla Cultura delComune di Benevento (1999-2006), responsabile del progetto―Biblioteca Viva‖ Comune di Benevento (2003-2006),consulente del Prusst Calidone (2005), cultore della Materiapresso la Cattedra di Storia moderna dell‘Università degliStudi di Cassino (2003-2009), consulente dell‘Istituto Italianodi Cultura di Dublino (1990).Collabora con il professor Roberto de Mattei²,Vicepresidente del CNR, dopo essersi laureato inGiurisprudenza presso l‘Università degli Studi di Milano conuna tesi in Storia del Diritto Italiano discussa con il prof.Antonio Padoa Schioppa; si occupa in particolare degli aspettireligiosi nella letteratura moderna e contemporanea, di storiamoderna e risorgimentale, di storia del teatro.In qualità di giornalista pubblicista, ha scritto e scrive suvarie testate tra cui "Testo" "L‘Almanacco del bibliofilo","Radici Cristiane", "Quaerere Deum" (di cui è redattore),"Fogli", "Nova Historica", "Studi Cattolici", "Teatro", "L‘Alfiere"(di cui è stato redattore), "Controrivoluzione" (di cui èvicedirettore).Ha pubblicato saggi storici e letterari, tra cui riportiamo leopere principali: Storia di Benevento, Ed. Realtà Sannita, 2008(prima edizione 1997), Prefazione a Napoli spagnola, IV tomo,Le Spagne argentee, in corso di pubblicazione(Controcorrente, Napoli), Benevento francese, in Storia diBenevento, a cura di Errico Cuozzo, Mephite, Avellino 2008,La guerra nella letteratura contemporanea. Il caso AlexanderLernet-Holenia, introduzione a Benigno Roberto Mauriello,Compendio di storia militare (Solfanelli, Chieti 2007), Kultur.Panorama storico-critico della letteratura italiana, con OrzioGnerre, Il Chiostro, Benevento 2007, Saggio introduttivo etraduzione Storia di Zoto, da Manoscritto trovato a Saragozzadi Jan Potocki, Colonnese, Napoli 2006, uno studio sul poemarinascimentale anonimo Il Libro del Gigante Morante(eDimedia, Benevento 2006), Un caso di permanenza deldiritto longobardo in età comunale: gli Statuti di Benevento el‘Editto di Rotari, in I Longobardi dei Ducati di Spoleto eBenevento, Atti del <strong>XV</strong>I Congresso internazionale di studisull‘alto medioevo, CISAM, Spoleto 2003, Prefazione a Regnodelle Due Sicilie. Tutta la verità, di Gustavo Rinaldi,Controcorrente, Napoli 2001, Dizionario della stampacattolica, varie voci, Ned, Milano 1999, Prefazione a MaestroDomenico di Narciso F. Pelosini, Club Autori Indipendenti,Milano 1998, Il diritto penale negli Statuti di Benevento,―Samnium‖, Benevento 1989.Ha anche pubblicato racconti (Una tazza di libri), romanzi(Non mi arrendo e Götterdämmerung) e drammi (Enuma Elishe Carillon). Del suo lavoro hanno scritto o parlato varie testate(Corriere della Sera, Avvenire, Libero, Il Giornale, Radio2,Radio3, etc.).È figlio del giornalista della RAI e saggista Giacomo deAntonellis (1935). Vive tra Milano, Benevento eCastellammare di Stabia. (Da: Università Europea di Roma,Wikipedia)² Roberto de Mattei (Roma, 1948) insegna Storia delCristianesimo e della Chiesa presso l‘Università Europea diRoma, dove è coordinatore del corso di laurea in Scienzestoriche.Presidente della Fondazione Lepanto (Roma - Washington),è attualmente vice-presidente del Consiglio Nazionale delleRicerche di cui è già stato sub-commissario (2003) e vicepresidente(2004-2007) con delega nel settore delle ScienzeUmane; Membro del Board of Guarantees della ItalianAcademy presso la Columbia University di New York;componente del Consiglio Direttivo dell‘Istituto Storico Italianoper l‘Età Moderna e Contemporanea; membro del ConsiglioDirettivo della Società Geografica Italiana.È stato dal febbraio 2002 al maggio 2006 Consigliere per lequestioni internazionali del Governo Italiano. È autore di librie pubblicazioni tradotte in varie lingue e collaboratore digiornali e riviste italiane e straniere.Tra le sue più recenti pubblicazioni i volumi: Evoluzionismo: iltramonto di un ipotesi (Edizioni Cantagalli, 2009) Turchia inEuropa. Beneficio o catastrofe? (Edizioni SugarCo, 2009), Laliturgia della Chiesa nell'epoca della secolarizzazione (EdizioniSolfanelli, 2009), Pius IX (London, 2004), Der Kreuzritter des20. Jahrhunderts: Plinio Corrêa de Oliveira (Wien, 2004),L‘identità culturale come progetto di ricerca (Roma 2004); LaBiblioteca delle Amicizie Repertorio critico della culturacattolica nell‘epoca della Restaurazione, (Napoli 2005); DeEuropa: Tra radici cristiane e sogni postmoderni (Firenze2006); Holy War Just War, Rockford, Illinois 2007; Ladittatura del relativismo (Chieti 2007). . È direttore dellarivista trimestrale di Storia ―Nova Historica‖, del mensile"Radici Cristiane" e del settimanale "Corrispondenza romana".UNGHERIA CRISTIANA: MILLE A<strong>NN</strong>I DI CIVILTÀE FEDE«Il passato è la nostra speranza. Cristo è il nostrofuturo»: così i vescovi ungheresi hanno ricordato,qualche anno fa, il millesimo anniversariodell‘incoronazione di Santo Stefano. E le radici cristianedell‘Ungheria si concretano in un simbolo, tangibile eprezioso, costituito dalla Sacra Corona che, nel Nataledell‘anno Mille, venne posta sul capo di Stefano, Red‘Ungheria e futuro Santo. Un avvenimento chesuggellò la trasformazione di un‘orda barbarica, terroredei popoli cristiani, in un Regno della RespublicaChristianorum, il quale – come ricordò Giovanni Paolo IIin occasione dell‘anniversario dell‘incoronazione –sarebbe stato un «baluardo di difesa della cristianitàcontro l‘invasione dei tartari e dei turchi».162OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Gli ungheresi accolgono la ChiesaUn simbolo, la Sacra Corona donata da Papa SilvestroII, la cui straordinaria importanza è fortemente sentitadal popolo magiaro, tanto è vero che nei terribili giornidell‘invasione sovietica del 1956, il Cardinale Primated‘Ungheria József Mindszenty si rifugiò nell‘ambasciatastatunitense non senza portare con sé proprio laCorona di santo Stefano; più recentemente, ilParlamento di Budapest ha decretato che la stessaCorona e le insegne regali del fondatore della nazioneungherese fossero solennemente trasferite dal MuseoNazionale nella sede del Parlamento stesso con gli onorimilitari riservati al Capo dello Stato.Un gesto altamente simbolico che ha dato sanzionecivile alle affermazioni contenute nella citata letteradell‘Episcopato nella quale tra l‘altro si legge: «La fedecristiana si è integrata talmente nella cultura, nelletradizioni, nella moralità della nostra nazione, che èdiventata chiave di interpretazione per la storia di milleanni. Le generazioni precedenti sono state sempreconsapevoli che l‘attaccamento alla fede e la devozionealla patria vanno insieme. La devozione alla patria èanche per noi un analogo obbligo che deriva dallafede».E l‘Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Primate diUngheria, il cardinal László Paskai, ha aggiunto: «Milleanni or sono, gli ungheresi aderirono alla civiltàcristiana europea. L‘adozione del cristianesimocomportò un cambiamento del modo di vivere in cuiebbe un ruolo decisivo la Chiesa. Dopo la conversioneed il battesimo del popolo nomade che errava permutare pascoli, costruì chiese e monasteri, che maestriungheresi e stranieri abbellirono ed artisti di grantalento e fama arricchirono con meravigliosi arredisacri. Nel nostro Paese ebbero buona accoglienza glistranieri: trovarono dimora in Ungheria i religiosi degliOrdini dei Benedettini, dei Cistercensi, dei Francescani, imissionari italiani, tedeschi, francesi e bizantini cheportarono al nostro popolo le prime nozioni e la forzadella fede».Il primate ha sottolineato anche come la Chiesa abbiadato al popolo ungherese assieme alla fede numerosipersonaggi storici e scientifici di grande rilievo, unendoil Paese al resto dell‘Europa, accomunata dalla culturareligiosa. Ma un tratto importante è stato l‘aver portatoin Ungheria la capacità di saper ricominciare. «Schierenemiche invano devastarono il nostro Paese, ladistruzione, fu sempre seguita dalla ricostruzione sianegli animi sia negli edifici. La Chiesa Cattolica è parteorganica della vita di tutti i giorni: così fu nel passato, aitempi delle persecuzioni, ed anche oggi nelle attualicondizioni democratiche».Ricostruzione, ha detto il Cardinale. In effetti, duranteil secolo appena trascorso, la nazione magiara haconosciuto un‘aggressione senza precedenti: il regimecomunista ha tentato di estirparne la radice cristiana econ essa il senso stesso della sua esistenza storica.Come altre nazioni d‘Europa, l‘Ungheria è oggi difronte alla scelta tra la vita e la morte. Oggi ha di nuovola possibilità di scegliere liberamente se riconfermare lapropria vocazione cristiana, e mediante una nuovaevangelizzazione partecipare alla costruzione di unanuova Cristianità, o disperdere l‘eredità del suo passatonel magma indistinto della globalizzazione trionfante.Gli ungheresi contro i turchi: la battaglia diBelgradoMa prima della guerra scatenata dal comunismocontro le radici cristiane dell‘Ungheria, che viderifulgere una figura grandiosa, quella del già citatocardinale József Mindszenty, altre vicissitudini hannoattraversato questa terra, vitale punto di frontieracontro l‘impero ottomano.La battaglia di Belgrado (1456) è uno dei numerosi,continui scontri che costellano la storia dei rapporti traEuropa e Stato turco, giunta in un momento cruciale,tre anni dopo la caduta di Costantinopoli nelle mani diMaometto II. A tale battaglia sono legate due luminosefigure: san Giovanni da Capestrano e János Hunyadi(Giovanni Corvino), noto in Italia come il CavaliereBianco (storpiando il suo diminutivo, in unghereseJankó).Come accennato, Maometto II ―il Conquistatore‖,dopo aver preso Costantinopoli e aver messo fineall‘Impero Romano d‘Oriente, si era diretto controBelgrado [N.d.R. in ungherese ‗Nándorfehérvár‘] percreare in Serbia un avamposto contro la Cristianità.Tutte le maggiori potenze europee dell‘epoca nonpoterono o non vollero intervenire; il Papa, che sitrovava in ristrettezze economiche, non fu in grado dimandare truppe, ma incaricò sette frati di predicare laCrociata. A capo di questi era san Giovanni daCapestrano.Incredibilmente – o miracolosamente – il Capestranoe i suoi, battendo a tappeto tutta l‘Europa orientale,predicando in latino perché non conoscevano le linguelocali, riuscirono a radunare un esercito di decine dimigliaia di volontari, molti dei quali senza alcunapreparazione militare. A questi si unì un contingenteregolare di circa 10.000 ungheresi, comandati appuntoda Giovanni Corvino. L‘armata raggiunse Belgrado giàsotto assedio, eludendo l‘accerchiamento turco, e vi sitrincerò dentro.Dopo alcuni scontri d‘assaggio, la sera del 22 luglio siinnescò un combattimento tra un reparto cristianouscito dalle mura e alcuni reparti turchi. Affluironorinforzi da entrambe le parti, e si accese una furiosalotta intorno ai cannoni turchi.Il Capestrano, cogliendo il momento, lanciò unattacco generale levando alto il crocefisso e incitando isuoi con le parole di San Paolo: «Colui che ha iniziato invoi quest‘opera buona, la porterà a compimento!».Infine gli Ungheresi caricarono con la fanteria pesante elo schieramento turco cedette di schianto. Maometto II,colpito alla gamba da una freccia, perse i sensi; quandosi riprese, la battaglia era ormai irrimediabilmenteperduta, e i suoi cortigiani a stento lo trattennerodall‘avvelenarsi.Hunyadi, di antica famiglia valacca, veterano di moltebattaglie contro i turchi (Semendria, Sibin, Kosovo),contro gli ussiti, combattente sotto le insegne imperiali,visconte di Ladislao [N.d.R. ‗László‘] III Jagellone,sopravvisse pochi giorni alla storica vittoria: ma dueanni dopo, suo figlio Mattia sarebbe asceso al tronod‘Ungheria con il nome di Mattia [N.d.R. ‗Mátyás‘]Corvino.163OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


La Corona passa agli Asburgo: l‘unione conl‘AustriaCon Mattia Corvino (1458-1490) l‘Ungheria visse unperiodo di grande prosperità, nonostante la scarsacoesione degli Stati europei di fronte al pericoloottomano. Riuscito ad arginare l‘avanzata islamica,Mattia cercò di fare del suo regno il centro di un imperodanubiano, ma i suoi successori, gli Jagelloni, non sidimostrarono all‘altezza del suo sogno, nonostante perbreve tempo riuscissero a unificare le corone boema,polacca e ungherese.Dopo la prima battaglia di Mohács (1526), in cui il Reungherese Luigi [N.d.R. ‗Lajos‘] II trovò la morte,Solimano il Magnifico poté penetrare nella regione: iconflitti dinastici tra fautori di una dinastia nazionale esostenitori del patto dinastico che prevedeva ilpassaggio della corona magiara agli Asburgo favorironola caduta di Buda nel 1541 (la città sarà liberata solo unsecolo e mezzo dopo e la nazione si ritroverà con solidue milioni di abitanti, contro gli oltre quattro dei tempidi Mattia Corvino).Grazie a Eugenio di Savoia i Turchi vennerodefinitivamente scacciati (la campagna si concluse nel1699 con la Pace di Carlowitz) e il territorio fecenuovamente parte del Sacro Romano Impero sotto laguida asburgica. Nel 1867 l‘importanza del suo ruolosarebbe stata ulteriormente riconosciuta con lacreazione della Duplice Monarchia e l‘entità politicaavrebbe preso il nome di Austria-Ungheria, destinata acrollare con la sconfitta della Prima Guerra Mondiale nel1918 e l‘abdicazione di Carlo I d‘Asburgo.Ungheria al bivio: ritorno alla Fede o negazionedei valori cristiani?Dopo i turchi dell‘età moderna, i comunisti del XXsecolo: l‘attacco alla Chiesa nell‘Europa orientale è statosenza precedenti. Ed alla violenza comunista si èaggiunta se non l‘omertà, il fastidio di certi ambientiecclesiali ―progressisti‖ che consideravano figure comeMindszenty un ostacolo testardo al dialogo sempre piùcompromissorio con il mondo comunista.Nel 2000 il cardinale slovacco Jan Korec ebbe adichiarare: «Se il comunismo fosse durato cento anni,la Chiesa nel nostro paese sarebbe sparita, come untempo sparì nell‘Africa del Nord».Oggi, trascorso (apparentemente) il pericolocomunista, si affaccia il nichilismo edonista di stampoliberale, ancor più pericoloso perché non si mostra con icarri armati sovietici, ma col sorriso del ―progresso‖ allaZapatero.Gianandrea de Antonellisasburgico, oggi è una delle principali mete turistichedell‘Europa centrale. Un‘antica leggenda narra di unabella e triste fanciulla che vive in fondo al Balaton e loalimenta con le sue lacrime… il ―Mare d‘Ungheria‖ inorigine era effettivamente un mare: poi i rivolgimentidella crosta terrestre hanno incorniciato questo grandespecchio d‘acqua a sud con lunghe spiagge e pianure, anord con colline coperte di vigneti e rocce basalticheche sembrano enormi sculture.Il suo circondario, dal dolce paesaggio è stato nei secoliun continuo campo di battaglia. Nei suoi pressi sonopassate le orde mongole, lasciando villaggi incendiati;hanno imperversato i briganti della puszta a cavallo edinfine c‘è stata l‘occupazione delle armate turche.Queste magnifiche valli sono state per secoli una terradi confine, con i loro avventurieri ed i loro eroi,compreso una sorta di Robin Hood che, nella foresta diBakony, al tempo della dominazione protestante,derubava i ricchi per dare ai poveri.Nel <strong>XV</strong>I secolo, il confine tra gli imperi ottomano easburgico passava proprio sul Balaton. Attualmente,della linea fortificata restano poche rocche, come ilcastello di Sümeg e quello di Kinizsi a Nagyvázsony. Ilpericolo di attacchi ottomani è evidenziato anche dallastruttura difensiva di costruzioni religiose, come lachiesa fortificata di Vörösberény, quella rotonda di Ösküe l‘inespugnabile tempio romanico di Felsőörs.L‘importanza del Balaton come linea di confine èdimostrata anche dall‘imponenza delle due flotte che vifurono costruite: quella turca a Siófok, sulla spondameridionale, forte di diecimila uomini; quella degliAsburgo a Balatonfüred, dalla parte opposta.Finalmente, una volta debellato il pericolo islamico, ilBalaton divenne una delle più eleganti mete divilleggiatura dell‘aristocrazia asburgica: ville e alberghidi lusso furono costruiti per ospitare l‘Imperatore e lasua corte. Attualmente tale vocazione turisticapermane: in particolare il lago viene usato per le garedi vela (l‘Ungheria è campione del mondo nella classeFlying Dutchman, Olandese Volante), perpetuando unatradizione che risale ad oltre centocinquant‘anni,quando sulle sue sponde venne fondato uno dei piùprestigiosi ed eleganti Yacht Club d‘Europa.Ricco di sali minerali, il Balaton permette inoltre lapresenza di vigneti da cui si estrae uva pregiata. Imigliori vini ungheresi provengono dalle rive delBalaton: vini profumatissimi, dai nomi complicatissimi(Kéknyelű, Zöldszilváni, Szürkebarát…), ottimi peraccompagnare i piatti a base di pesce del lago (dentici,carpe, luccioperca, siluri, lucci) che sono ogni giornopresenti sulle tavole delle csárda, le antiche locandedove non manca mai un violinista zigano.Fonte: Radici Cristiane N. 18 - Ottobre 2006, saggio inviatodallo stesso Autore.UNGHERIALago BalatonLa pusztaAd est del Danubio, nella parte meridionale del paese,si estende la Puszta, la Grande Pianura. C‘è chi trova inquesto luogo di agricoltori, di allevatori di cavalli o dibestiame, la vera anima dell‘Ungheria, offerta in questeimmense pianure, la cui storia è costellata dalle tanteinvasioni che l‘hanno attraversata e segnata. Gelidad‘inverno e torrida d‘estate (si sono registrateescursioni termiche – nell‘arco dell‘anno – di circasettanta gradi), riveste il grande fascino delle regioniestreme, pur se in una posizione centralissima inÈ tanto vasto da essere chiamato il ―mare d‘Ungheria‖:con i suoi quasi ottanta chilometri di lunghezza equattordici di larghezza, il lago Balaton ha unasuperficie che potrebbe contenere quelle dei nostri laghidi Garda e Maggiore messi assieme. Il più granded‘Europa, già meta di villeggiatura del bel mondo164OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Europa. Poco abitata, per le avverse condizioniclimatiche, la Puszta possiede un patrimonio naturaleperfettamente preservato (anche se nel 2000 vennecompromessa dalla catastrofe ecologica del fiumeTibisco, in cui vennero riversate grandi quantità dicianuro da una miniera d‘oro in Romania): ospita infattimolte rare specie di animali che è possibile osservarenelle riserve naturali, la più grande delle quali ècostituita dal Parco nazionale di Kiskunság (dichiaratoriserva di biosfera dall‘Unesco). Con i suoi laghi, le sueriserve ornitologiche, i suoi parchi naturali, le sueattività ippiche, la Puszta costituisce un punto diriferimento privilegiata per il turismo di chi ama lanatura. Per chi ama invece la cultura ci sono alcuneaffascinanti città: Csongrád con le sue tipiche case daitetti di paglia, Gyula con il suo castello medievale,Szeged (Seghedino) e Debrecen, centri universitari eintellettuali; infine, Kecskemét, famosa per la suaacquavite di frutta ed i suoi monumenti: in particolare ilcaratteristico municipio decorato a mattonelle; il CifraPalota (o Palazzo Decorato), in stile liberty; lenumerose chiese ed il monastero francescano.Le terme della Belle ÉpoqueAltro centro di attrazione è il lago di Hévíz, il secondolago termale più grande del mondo, presso le cuistrutture si può rivivere, quasi intatta, l‘atmosfera ―belleépoque‖. Le terme più famose si trovano a Hévíz, neipressi di Keszthely, la città dei conti Festetics fondatoridell‘università agraria e proprietari dell‘imponentecastello barocco.Il lago Hévíz è davvero spettacolare, con i padiglioni inlegno fin de siècle e la superficie coperta di ninfee rosa.L‘acqua sgorga a 40 gradi ed e considerata ottimale percurare i reumatismi. Altrettanto famose da secoli sonole terme di Balatonfüred (indicate per le malattiecardiache), dove si recava l‘aristocrazia che vollecostruirvi ville ed eleganti alberghi. Un viale alberatounisce le terme al porto: la maggior parte dei tigli chelo costellano sono stati piantati nel corso dei decenni daospiti famosi, tra cui il nostro poeta SalvatoreQuasimodo.Da questa zona è anche proveniente la maggior partedel patrimonio delle fiabe popolari ungheresi: esso èdavvero molto vasto e si ispira in gran parte al folkloree alle tradizioni popolari del Paese, riunendo veritàstorica ed elementi fantastici in racconti che vedonoprotagonisti principi e regine oltre a personaggi delmondo contadino. L‘intero patrimonio delle fiabepopolari ungheresi è immenso: il personaggio piùconosciuto ed amato è Matty delle Oche, storia di unagiusta vendetta raggiunta grazie al coraggio edall‘astuzia; ma le oche sono presenti anche nellavicenda della bella guardiana dei pennuti, che dasemplice contadina diviene, grazie alla propria dolcezzae generosità, niente meno che regina. Fanno parte delfolklore ungherese anche figure soprannaturali edinquietanti, legate al mondo dell‘oscuro e del mistero.Fra questi il lidérc, una sorta di diavolo con lesembianze di un pollo o di un essere umano, ed ilvampiro, o lidérc nadály.Le fiabe nazionali sono presenti nella didattica e nellapedagogia: già a partire dalla scuola materna sisottolinea l‘importanza di conoscerle e durantel‘educazione e l‘insegnamento della madrelingua, illinguaggio di queste opere popolari dà un fortecontributo allo sviluppo estetico del linguaggioquotidiano dei ragazzi. Nelle scuole superiori, poi, lefiabe hanno un posto di rilievo nello studio dellaletteratura nazionale. Come per la letteratura della―consorella‖ ugrofinnica, la raccolta consapevole esistematica di queste opere iniziò nel XIX secolo(appunto quando si iniziava a raccogliere anche ilmateriale del Kalevala finlandese): fino ad allora esseerano trasmesse soltanto oralmente (anche in questocaso come il Kalevala), le donne se le raccontavanoriunite a lavorare in gruppo o la sera, accanto al fuoco,come si evince nella bella edizione ―filologica‖ curata daMelinda Tamás-Tarr Bonani, che restituisce la sobriadiscorsività della narrazione, come recita il titolo Dapadre a figlio (Edizione Olfa, Ferrara <strong>2010</strong>), rendendo ilsenso del racconto fatto ai bambini, messi a letto, perindurli ad addormentarsi.Luigi VinciguerraFonte: Prima pubblicazione sul mensile Radici Cristiane (N. 58Ottobre <strong>2010</strong>), saggio inviato da Gianandrea de Antonellis.CINEMA CINEMA CINEMA CINEMA CINEMAIL CINEMA È CINEMADal nostro inviato cinematografico Enzo Vignoli:CINEMA CINEMA CINEMA CINEMA CINEMA________Servizi cinematografici ________Tralasciamo pure le nostre frequenti e – crediamo –giustificate critiche sulle furbate nostrane tese amascherare i film stranieri con titoli fuorvianti oinconsistenti. Nel caso di L‘amante inglese, diretto esceneggiato da Catherine Corsini, non mancano certogli argomenti per giustificare una valutazionedesolatamente negativa.A partire dalla trama, che si articola dall‘inizio alla finesenza un vero sussulto e senza nessun perché, né daparte della regista, né da quella dello spettatore. TuttoL‘AMANTE INGLESEè artificiosamente chiaro, tanto da rendere la storia nonlineare, ma banale e semplicistica. Un triangoloamoroso composto da tre marionette i cui fili sembranoessere nelle mani di uno scrittore di romanzid‘appendice o, forse, in quelle dei tenutari delgiornalismo gossipparo e televisivo contemporaneo.Tutti i luoghi comuni sono ordinatamente al loro postoe agiscono nel film come a volersi riappropriare distereotipi anticati, con una mano di vernice arivendicare un‘attualità che è troppo visibilmente165OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


contraffatta. La regista sembra dirci: l‘amore è una cosamolto semplice, gli schemi sociali sono invecetremendamente complicati. Non ne può uscire che unatragedia. Se, però, si scade nel ridicolo, non di tragediasi tratta, ma di sentimentalismo venduto all‘ingrosso.Suzanne (Kristin Scott Thomas) e Samuel (Yvan Attal)sono i due vertici iniziali del drammone. Lei è la classicamoglie, borghesemente e felicemente incastonataall‘interno di una casa, di cui detiene le chiavi il marito,professionista stimato. Ivan (Sergi Lopez) è il terzoincomodo, arrivato nell‘abitazione dei due al seguito diun architetto per fare alcuni lavori di manovalanza.Sguardo solare - nonostante un passato da detenuto,un matrimonio fallito e una figlia piccola che non vedemai – fisico mediterraneo con un che di opulento che sicontrappone alla nervosa magrezza di Samuel e con―voglia di fare‖, che fa? Resta soggiogato dal fascinotriste e ambiguo della non più giovanissima ma ancorapiacente Suzanne. E lei? Idem naturalmente, dopo undubbio iniziale che scompare in pochi giri di pellicola.Tutto, poi, procede come da copione. La passioneiniziale, amplificata dalla clandestinità e dai classiciostacoli di natura pratica che si frappongono,l‘incapacità di lei di vivere a lungo in quell‘ambiguità, laconfessione al marito, il pentimento e il tentativo diresistere, la ripresa, la fuga da casa, il marito che faterra bruciata attorno ai due amanti. Se avete ancoraun po‘ di lacrime in serbo, bisognerebbe considerareanche i due figli di Suzanne. In pieno rispetto delcomplesso edipico, il maschio parteggia per la madre ela femmina per il padre.Con la piccola di Ivan formano, poi, tutti, un rinnovatoquadretto familiare che sembra essere nelle speranze diSuzanne e Ivan.Poi, si arriva all‘epilogo, che non sarebbe giusto svelare,per il solo motivo che rappresenta l‘unico punto chepuò tenere drammaticamente in sospeso un pubblicoche vaga indeciso fra la noia e il riso.Enzo Vignoli- Conselice (Ra) -TI AMERÒ SEMPREPer questo debutto dietro la cinepresa, lo scrittorePhilippe Claudel si è avvalso di una storia – da luistesso sceneggiata – in cui si aprono continue porte chepossono spiazzare lo spettatore.Rifacendosi alla suddivisione classica dei generi teatrali,la si dovrebbe inquadrare come commedia. Il titolofuorvia, dato che fa propendere verso il filonesentimentale. Il film, poi, scorre per intero su di unpiano fortemente drammatico, con momenti che fannopensare alla tragedia. L‘intreccio va a toccare aspetti sucui è acceso un sentito dibattito in questi anni e cherichiama dolorosi avvenimenti di cronaca non chiariti oall‘ordine del giorno. La graduale rivelazione dei fattiche il regista propone sapientemente altera ipotesilegittime e, almeno nella prima parte, sa conferire a Tiamerò sempre l‘aspetto di un thriller introspettivo.Sintetizzando, potremmo attribuire alla storia due voltiessenziali. Finché non sappiamo chi è e che cosa hafatto Juliette, la protagonista principale, ci troviamocoinvolti in un flusso indefinito che viene alimentato dalpersonaggio misterioso, forse maledetto, sofferente conqualcosa di sulfureo.Quando apprendiamo che ha ucciso il figlio, siamo presidallo sgomento, quasi dalla paura di trovarci davanti aduna forma d‘inusitata pazzia. Juliette non parla, non si èmai difesa al processo a suo carico da cui sono scaturitiquindici anni di prigione, dunque è indifendibile e perquesto è stata abbandonata da tutti, accusata dalmarito e cancellata dalla sua famiglia d‘origine.Nel momento in cui, per un caso fortuito, veniamo aconoscere il nucleo della vicenda, il film si coloradiversamente: non più il buio di una follia ignota, ma ilnero di un dramma interiore. Ci vuole tutta la bravuradi Kristin Scott Thomas per reggere la virata di questarivelazione. La storia è infine, incorniciata. Entra in unadimensione tragica, ma umana, comprensibile.Di conseguenza cala anche la tensione, che lospettatore capisce di dover dirottare su altri aspetti delfilm e questa forma di disinganno può infastidire,deludere. Si tratta, però, di cogliere l‘ancora disalvataggio offerta dal tema principale che aleggiaspesso ma che si mostra chiaramente solo alla fine delfilm e che potrà riscattarne il lieto fine: la solitudine.Altra protagonista importante della storia è Léa, lasorella minore, interpretata da Elsa Zylberstein.IL PICCOLO NICOLAS E I SUOI GENITORIEnzo Vignoli- Conselice (Ra) -Il piccolo Nicolas e i suoi genitori è una garbatatrasposizione cinematografica di una fortunata collanalibraria per ragazzi scritta da René Gosciny e JeanJacques Sempé.Nicolas è un bambino ―d‘altri tempi‖. Lo spaziotemporale che ci separa dalla scrittura edall‘ambientazione delle sue storie è sufficiente arivestirlo di una cifra mitologica del tutto simile a quelladella fiaba. In questo modo, probabilmente, saràsentito dai bambini di oggi la commedia di LaurentTirard. Per alcuni bambini di ieri – vediamo Nicolas alleprese con la maestra, i compagni di classe e i genitorinegli anni ‘50 - queste vicende rappresenteranno,invece, il classico tuffo nel passato. Non conoscendo ilmodello letterario originale, le nostre reminiscenzepotrebbero portarci ancora più indietro, al GianBurrasca di Vamba se non addirittura ai piccoliprotagonisti del Cuore di De Amicis. Nicolas ci sembrala sintesi di questi personaggi legati alla nostramitologia. Volendo accostarlo ancora ad un altro,potremmo pensare ad un archetipo che si perde nellanostra memoria, pur non avendo precise originiletterarie: Pierino. Pierino è, infatti, lo specchio di unageneralizzata infanzia in cui si mescolanosfrontataggine, coraggio, atteggiamenti e linguaggioprovocatori, ma anche difficoltà a capire il mondo degliadulti, bisogno di autogratificazione, a volte persino unpo‘ di tenerezza. Un personaggio, insomma, di cuispesso non sapresti dire se si atteggi a vittima o lo siarealmente.Il film risente in modo positivo di tutti questi possibiliscavi nel nostro passato/presente e la sua comicitàriesce ad essere lieve senza scadere nel banale o nelsentimentale.Come afferma il titolo, il motore della storia è nelrapporto fra il bambino da una parte e la madre e il166OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


padre dall‘altra. Vediamo il mondo surreale di Nicolasche teme di perdere l‘amore dei genitori per l‘arrivo diun fratellino che, sulle prime, è solo una proiezionedelle sue paure, un dato immaginario. Quando l‘eventosi materializzerà la paura sarà già stata superata, ma alsuo posto subentrerà il bisogno per Nicolas di rifarsiuna verginità psicologica, dato che il fratellino è unasorellina.Interessante può essere il raffronto fra l‘infanzia di ierie quella di oggi, fra noi e i nostri figli, che ognunoriuscirà a fare senza inciampare nell‘angoscia.Enzo Vignoli- Conselice (Ra)L‘ECO & RIFLESSIONI ossia FORUM AUCTORISDominio digitale, crisi del linguaggio e caos delle passioni….Il mondo cambia troppo in fretta per starglidietro. Finché siamo in tempo è opportunoricordare alcune cose. Dietro di noi abbiamoil secolo che ha visto gli uomini alle presecon il conflitto della storia che ha vistolottare gli esseri umani per i grandi ideali emorire per essi. Le guerre sono statemondiali e molti ambiti ne hanno risentito.Attualmente ci troviamo immersi nellamimesi del caos, in una comunicazione noncomunicazione, tra la crisi del linguaggio logoro privodi frasi che hanno un significato autentico e la crisi chegrava sull‘immagine dell‘autore. È stato fataleriprodurre quel caos dentro e fuori usando frasiinsignificanti, descrivendo banalità evidenti chescivolano tra libere espressioni intrecciate al momento eche derivano dalla comunicazione di massa. Laletteratura inizia un altro viaggio senza più certezze. Dasempre i cambiamenti hanno fatto leva sulleneoavanguardie che tentano di opporsi alle teorieclassiche, imponendo nuovi canoni di originalità. Edoggi in una società in cui la forza del singolo si trovanell‘appartenere a qualcosa o a qualcuno; la massaconforme e contenta, si omologa per insicurezza nellostesso tempo in cui la visione schizofrenica della realtà,offre un nuovo tipo di comunicazione che distrugge laforma. Di conseguenza le nuove tendenze letterarie sisviluppano partendo dai bisogni del proprio ego, inveceche sui problemi della comunità. Intanto, tra il tempopassato e quello presente nuove opere letterarie epoetiche continuano a sbocciare; ci si deve solochiedere quale forma espressiva può essere definitainnovativa e originale, perché anche i rappresentantidel novecento presentano tra di loro tratti diversi, se siconsiderano le poetiche individuali, le cui sintesi letroviamo tra Ungaretti, Montale e Saba e i più recenti, in alcuni casi è rotta, sfinita tra pocheparentesi e molti puntini di sospensione;deceduta negli acronimi che sembranoriportarci al tempo degli Ominidi ed al suonogutturale della loro voce; TVTTB, MMT,TADM.Sigle incomprensibili ballano sui dispaly deinuovi telefonini che ci aiutano a risparmiaretempo; anche quando la parola è scritta inmodo corrente con il T9. I testi frammentari ciportano a vivere un mondo a pezzi o incollato come unmosaico di parti autonome, in cui ogni pezzo possiedeunità e coerenza singolari. Ogni uomo ha fatto e dovràfare i conti con la sua epoca anche adesso che lacomunicazione è telematica e arriva in ogni parte delmondo. Le nostre menti potranno erudire e qualcunopotrà ancora vedere le immagini del passato davantialle fiamme di un camino, ricordando che un tempoeravamo capaci di dare un senso alle cose, di misurarle,di anticipare sia i moti dei corpi che degli animi,sebbene la penna abbia lasciato il passo ad una tastieradietro la quale si è umani come Don Giovanni dietro unmonitor e oltre la famosa ―siepe che il guardo esclude‖c‘è un ecosistema che corre molti rischi. Ai volti deinostri simili preferiamo quello delle nostre immaginistagliate in un universo parallelo che riflette un‘altranostra possibile identità. Nella vita reale il dialogo è conlo specchio. Nel dominio digitale e nello spaziotridimensionale in continua crescita non sembra proprioessere il momento di rincorrere, nel caos delle passioniaudaci, ad un ordine euclideo. Nelle immediatevicinanze un nostro vicino di casa è chiuso in unastanza anche in una tranquilla cittadina come la nostrae dita veloci descrivono le ombre della mentenell‘immobilità ansiosa di un ka digitale cheall‘improvviso, appare da qualche parte del mondo. Sidice che anche la carta soccomberà alle trasformazionitecnologiche e il libro, lo si potrà leggere inscatolatonell‘ebook . Ma questa è un‘altra storia.Carina Spurio- Teramo -Luzi, Pavese, Calvino, Zanzotto. Eppure, ancheall‘interno di un decadentismo espressivo, l‘uomocontinua ad avere il bisogno di placare l‘ansia ecostruire forme letterarie - artistiche che gli consentonodi accedere all‘infinito. Se questo mondo poi scendessea precipizio con tutte le parole e tutti i pensieri di massaINTERVISTA A DAVIDEdecollassero su origami di carta, si dovrebbe tenerRONDONIconto della ricostruzione ed elaborare nuove idee eforme che inevitabilmente cambieranno ancora gli stiliDavide Rondonidei singoli. Nel caos contemporaneo si comunicadi Carina Spurioattraverso grovigli fonici dal significato vago, ampio,astratto, che riproducono alla perfezione la civiltàInizia così: ―Era inverno,e venne il primocapitalistica –individualista, comprese le insensatezze ele incoerenze. La parola malgrado tutto continua il suoverso‖ (da una suapercorso, si posa sui diari, la si legge sui muri, è rapidapresentazione). Ci167OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


acconti…Avevo 8 anni, avevo gli orecchioni, mi guardavo intorno―ecco arriva l‘inver-no/ i bambini accendono il termo…‖nella stramba assonanza c‘era già tutto…Ha scritto: ―Ora la mia casa è a Bologna,città bella e difficile, autoritaria come unacicciona non più brillante e non più moltotonica. Ma bella, comunque.‖ Che rapportoha con la sua città?Non la sento fino in fondo la mia città. Fino a 18 anniho vissuto a Forlì, e tra la romagna e Bologna c‘è unabisso…È un porto di mare, molti giovani, ma moltoconservatrice e un po‘ bloccata da una specie diautomitografia politica e culturale che, con qualcheragione, si era costruita negli anni 70 e che ancora lavincola. Non è facile portare qui cose diverse. Un po‘l‘ho fatto, pagando qualche prezzo. E‘ meravigliosacerte sere, ed è piena dei drammi di tutte le cittàitaliane.Si scrive per ragioni terapeutiche, si scrivequando si sta male, si scrive quando si hanno deidolori. Nel suo caso?Si scrive quando si incontra in qualche modo la verità,che è nel fatto che siamo limitati (nel dolore lo si scoprepiù rapidamente, maanceh nella gioia e nell‘amore) edesiderosi di infinito, impastati di limite e di eterno.Qual è la poesia a cui è più affezionato?Rispondo come i giocatori quando chiedono quale è lapartita migliore. dicono: la prossima.Quali sono le poesie che legge abitualmente?Beh, si storna su Dante, e sui grandi, che in Italia perfortuna sono molti. E poi le traduzioni e ritraduzioni diBaudelaire, Rimbaud…Ma anche amici poeti di valore,perduti o presenti…Il luogo più strano in cui ha scritto?Curiosona.Il primo libro che ha letto?E chi se lo ricorda…Forse sfogliavo qualcosa nellaenciclopedia de I quindici, ricordo un racconto di unmulo magico… Non sono cresciuto in una casa piena dilibri.Il libro che avrebbe voluto scrivere?Oh tanti… ma è bello che esistano anche se non li hoscritti io!Un suo verso dice: Io non voglio diventarevecchio /perché lo sono già stato mille volte /eso già il buio e quella vile tempesta. Un versoallegorico che contempla la teoria dellareincarnazione, oppure?Più che reincarnazione, si tratta di un senso vivo deltempo, dove vecchiaia e giovinezza, come dice quellapoesia sono dovute allo sguardo che si da al reale piùche alle condizioni del sangue…Un rinascere certo, chetrae forza dal fatto che se Dio si è incarnato nel tempoe nella carne, allora qualsiasi attimo e carne sa dieterno…La Poesia oggi ―resiste‖, malgrado siainflazionata e per sua natura poco predisposta adiventare prodotto di consumo, gli editori e leassociazioni letterarie che la pubblicano hannobisogno di ―vendere‖….La poesia esiste (e resiste) perché è una condizioneantropologica e non dipende da condizioni di mercato odi editoria. Gli uomini metteranno sempre a fuoco lavita componendo parole speciali, per rispondere a quelche li colpisce, li chiama, li stupisce o percuote nellavita.Davide Rondoni. Nato nel 1964, a Forlì. Laurea inLetteratura italiana Università di Bologna, relatore Prof.Ezio Raimondi (110 lode). Dirige il Centro di poesiacontemporanea dell'Università di Bologna e svolgeattività di consulenza editoriale per alcune case editrici,tra cui Marietti, Guaraldi e Laterza. Per quest'ultima stacurando una collana di narratori contemporanei rivoltaalla scuola media e un progetto di antologia di poesiadel Novecento italiano. Ha pubblicato alcuni volumi dipoesia (La frontiera delle ginestre, 1985; O lesinvalides, 1988; A rialzare i capi pioventi, 1991; Neltempo delle cose cieche, 1993). L‘ultimo libro, Il bar deltempo, è uscito per Guanda nel gennaio ‘99 e ha vinto ipremi Montale, Camaiore, Metauro, S. Domenichino,Caput Gauri. Della sua poesia si sono occupati, fra glialtri, Mario Luzi, Franco Loi, Luca Doninelli, StefanoCrespi, Alberto Bertoni, Fulvio Panzeri, BernardSimeone. È presente nell'Antologia "Nuovi poeti italianicontemporanei" di R. Galaverni e in una sezionededicata alla poesia italiana su Poetry Review. In prosa,il romanzo breve "I santi scemi" (Guaraldi 1995) conanticipazione su Nuovi Argomenti, è stato finalista alpremio Berto 1995 per l'opera prima.Un suo saggiosulla naturalezza della poesia è incluso sull'antologiadella nuova critica letteraria italiana curata da ArnaldoColasanti (Guaraldi).Ha pubblicato prose e versi sudiverse riviste, settimanali e antologie. Ha tradotto daRimbaud, Péguy, Dickinson e Baudelaire. Ha curato perRizzoli il commento ad una edizione dei Cori da la Roccadi Eliot, un'edizione delle poesie di Ada Negri, dellelettere di E. Mounier e un'antologia di Charles Péguy ealtri volumi per la collana di cui è curatore, "I libri dellospirito cristiano" diretta da Luigi Giussani.Ha fondato edirige inoltre la rivista trimestrale di letteratura"clanDestino" (tra i collaboratori Luzi, Doninelli, Loi,Picca, Siciliano). È direttore editoriale di NuovaCompagnia Editrice, per cui ha curato, tra l'altro, "Acasa dei poeti", conversazioni con i poeti italiani e"Cantami qualcosa pari alla vita", conversazione conMario Luzi.Ha di recente curato un un'antologia di scrittid‘amore di Giacomo Leopardi (Garzanti) libroconversazionecon Ezio Raimondi, (Guaraldi) unaversione poetica dei Salmi (Marietti).Con Franco Loi hain preparazione per Garzanti un‘antologia della poesiaitaliana dagli anni ‘70 a oggi.Presso la tv Sat 2000conduce un programma di dibattito culturale.Da dueanni cura il progetto promosso da Enel "Luce per lapoesia" di grandi letture presso le Centrali elettricheitaliane (tra le voci: Foà, Lombardi, Bucci, Bonaiuto,Arbore, Vanoni, Branduardi, Riondino, Alice, Sastri,Degli Esposti, Avogadro, Soffiantini, Jannacci)Hapubblicato articoli accademici su diversi autori tra cuiPascoli, Leopardi, Luzi, Michelstaedter, e uno su"Passione per la realtà e senso religioso in Pasolini"(relazione tenuta in occasione del convegno"Letteratura e religione in Europa", Nov. '95, Univ.Cattolica di Milano).168OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


GYULA PACZOLAY HA 80 A<strong>NN</strong>IAuguri dall‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>!Foto © di Melinda B. Tamás-TarrIl nostro corrisponde ungherese,proprietario dellaMedaglia del FolkloreEuropeo dell‘UNESCO che ildistinto scienziato ha ricevuto10 anni fa in occasione delsuo 70° compleannodal Presidente dell‘IstitutoFolklo-ristico Europeo, dr,Mihály Hoppál. Dr. GyulaPaczolay il 2 novembreha compiuto i suoi 80anni. In quest‘occasioneci congratuliamo con lui eriportiamo il postscrittodel suo articolo sulCongresso ungrofinnico aTartu in Estonia che abbiamopubblicato nel 2001 (<strong>NN</strong>. 19/20 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2001 ):A PROPOSITO DELLA FAMIGLIA LINGUISTICA,DELL'AFFINITÀ DELLE LINGUELe lingue appartenenti alla stessa famiglia linguisticahanno una comune base lessicale ed anche il lorosistema grammaticale è simile. Ad esempio le seguentifamiglie linguistiche sono presenti in Europa: quellaindoeuropea (indogermanica, indoariana), ugrofinnica ela turca Alle lingue indoeuropee appartengono peresempio le lingue neolatine (italiano, francese,spagnolo), le lingue germaniche, slave, il greco,persiana nordiraniana ( ad es.: indi, bengala, urdu) esingala di Ceylon. Una delle più caratteristiche parolecomuni come "madre" in tedesco è Mutter, in inglesemother, in russo (nel genitivo plurale) materi [матери],in indi mata; oppure la parola "tre" in tedesco drei, ininglese three, in russo ed in indi tri, ecc. In tutte questelingue ci sono (nell'inglese c'erano in una buona parte) igeneri grammaticali e le preposizioni.Alle lingue ugrofinniche appartengono le seguentilingue, con i numeri delle persone di madrelingua (traparentesi il numero indica le persone oltre frontiera):Lingue proprie di uno stato indipendente:l'ungherese, 15 milioni (30%); il finnico: 5.3 milioni(10%), l’estone: 1 milione (15%). I Finnici e gli Estoni(Iževsk), Mordvini - <strong>77</strong>0mila (Saransk), Ceremissi -540mila (Joskar-Ola).I parenti linguistici più vicini ai Magiari sono i Voguli(nella loro lingua originaria: i Manysi) abitanti oltre gliUrali nei pressi al fiume Ob: contano 3000 anime e gliOstiachi (gli Hanti) con 1360 abitanti. Il centro diquesta zona è Hanti-Manysijsk. Parlano la loromadrelingua soprattutto gli anziani, mentre i giovaniche vanno a studiare nelle città sono in maggior parterussificati. Nelle loro zone di caccia e pesca una voltac’era una produzione di olio a livelli della grandeindustria.Altri popoli ugrofinnici minori sono i Careli (62mila), iVespi (6mila) gli Ižori (300), i Livoniani (15), i Voti (?). ILapponi vivono in tre paesi (Svezia, Finlandia, Russia) eil numero dei parlanti il lappone č di circa 35mila.Le particolari parole comuni delle lingue ugrofinnichesono - tra parentesi sono riportate soltanto inungherese - ad esempio: 'mano' (kéz), 'sangue' (vér),'pesce' (hal)¹, 'pietra' (kő),, 'tre' (három), ecc. In questelingue non esistono generi grammaticali ed invece dellepreposizioni si usano in generale i suffissi(postposizioni), ad esempio: 'a Roma' in ungherese è'Rómában'.NOTA: Secondo le nuove ricerche le lingue samoiedevengono considerate appartenenti alla comune famiglialinguistica delle lingue ugrofinniche. Ad est degli Urali,nella Siberia settentrionale, i popoli che parlano lelingue samoiede sono numericamente i seguenti: gliEnjezi (100), I Njenjezi (24mila), i Nganasanai (1000), iSelkupi (1800)².¹ N.d.R.: l'h nell'ungherese viene pronunciata aspirata.² I nomi di questi popoli sono stati resi dalla Traduttrice conun neologismo, dato che nei vocabolari e nelle enciclopedienon si è trovata alcuna voce corrispondente.Traduzione dall'Ungherese © di Melinda B. Tamás-TarrAnche sull‘internet:http://digilander.iol.it/osservletter/congrugrofinn.htmFestival dei Poeti a Nettuno: allaricerca della poesia perduta nelmito di Castel PorzianoSi è svolta a Nettuno laFiera dell‘Editoria di Poesia, omeglio un Festival dei Poetiche, quasi sottovoce eall‘ultimo minuto, si èidentificato con un‘autenticamaratona poetica, in terminiqualitativi come purerappresentativi. In tantihanno affollato il palco nelcortile e le relative saleallestite oltre l‘areaespositiva editoriale, comepure diversi sono stati gli spazi riservati agli addetti ailavori. Particolarmente seguiti, tra i tanti, gli incontripredisposti da Lietocolle, Linfera e Akkuaria. L‘emozionedi ritrovarsi insieme, scoprirsi e confrontarsi ha prevalsosono parenti prossimi, e tra loro si capisconoabbastanza facilmente.Vari popoli che parlano la lingua ugrofinnica vivono inRussia ad ovest degli Urali. Hanno uno status direpubblica denominata a seconda del nome dellapropria lingua, alla quale però appartiene unaminoranza e l'uso della propria lingua è limitato.L'istruzione scolastica in madrelingua è sempre più incalo e capita che il presidente della Repubblica non parlineppure la lingua della minoranza nonostante che laRepubblica porti il nome della lingua minore. Qui sielencano le seguenti lingue (tra parentesi si riporta lacapitale): Sirieni - 350mila (Siktivkar), Votiaki - 520mila un po‘ tutti nell‘incessante andirivieni di persone che169OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


giungevano persino da Treviso, Venezia ed altrelocalità, senza neppure porsi il pregiudizio poco poeticodi non esser stati selezionati al concorso; questo, di persé, è già un trionfo della Poesia. Esemplare in tal sensoquanto ponderato da Rocco Paternostro, presidentedella giuria di Detto-Scritto, sulla logica e lo spirito di unconcorso. Spesso, infatti, una società mediaticocompetitivacome la nostra non riesce più a intendereche chi vince non è ―detto‖ che sia il migliore e, amaggior ragione, capace di testimoniare un futuro―scritto‖, soprattutto quando si tratta di Poesia. Sirammenta che questo concorso si è distinto per la suasezione performativa, parte integrante nel bando, ed èstato determinate nel creare quel clima osmotico e dicontinuità dello spettacolo poetico, che non è maivenuto meno. Il Tavolo dei Poeti, iniziativa che hariscosso numerose adesioni oltre a quelle di Detto-Scritto, riporta ad un clima più equilibratonell‘interazione tra esordienti e professionisti ancorapossibile, proprio come nel ‘79, ma senza debordare inatteggiamenti equivoci. Se Tomaso Binga e la suaavanguardia espressiva sono di fatto evocativi dellospirito di tempi andati (ma sempre attuali), latrasgressione, con la relativa ricerca e il suo contraltaredi dolore nel clima degli anni Settanta, viene ancormeglio incarnata da Antonio Veneziani mentreripropone il suo Brown sugar, significativo poemettod‘epoca ripubblicato da Castelvecchi nonché corpointegrato in una beat generation praticata più cheelaborata in seno alla cosiddetta scuola romana, apartire dai contenuti, dal poeta italiano, a tutt‘oggi, tra ipiù vicini a quel mondo. Chiara Daino, della sezione delquartetto performativo, ha interpretato la formatrasgressiva di anni ed esperienze ben più recenti e chevogliono ricondurre, nella provocazione, ladestrutturazione della forma verso una rievocazioneteatrale di un ruolo poetico dissociato ma nondimenosaldamente presente, vissuto nelle amplificazioni ditensioni emotive attraverso un logorroico, ma a trattianche estatico, delirio versificato in dialogo. Quintalirica, sezione coordinata da Francesco De Girolamo nelpomeriggio del sabato, ha visto emergere le istrionichee sarcastiche stravaganze comico-poetiche di MatteoCapogna che, per certi versi, ricordano un Corbièrefuoriuscito oltre un‘ipotetica linea sancita da CastelPorziano. Nondimeno, alla stessa stregua di ben altripercorsi già scorsi su due ruote nella sempre feconda ecreativa Sicilia, torna la tradizione dei cantastorie, conGiovanni Di Salvo e il suo Meli e Feli. A tal proposito,anche in una sezione video, compariva un debitoomaggio etimologico sulla CicloPoEtica durante la primadelle tre giornate no-stop trascorse insieme.Complessivamente si è trattato di una manifestazioneche, nelle sue circostanze poetiche, ha saputospontaneamente determinare precise etiche, a partiredall‘originalità dei contenuti e senza prendere a prestitoo pretesto, parafrasando, altrove. Molto gradito, ancheper il collegamento realizzato in streaming, il laboratoriopoetico di Letizia Leone, seguito da più persone che conlei hanno informalmente interagito godendo anche dellasimultaneità di più eventi, a partire dalla Sala delCamino, perlopiù utilizzata per una serie divideoproiezioni a tema, ma anche mostre e istallazioni,come quelle situate nello spazio de Le Casette e che,tra gli altri, hanno visto protagonista l‘emblematicaflemma del deflagrante estro di Gianni Piacentini. Emily,Gabriella e le Altre, conversazione con Gabriella Sica, hacontraddistinto la sezione che prende spunto da unarecente opera dell‘autrice aprendosi per andare oltre iconfini della pubblicazione, a partire dalla stessaDickinson che, nelle ―Altre‖, vede correlate evoluzionidelle poetiche al femminile del Novecento, ma ancheimportanti ascendenti come la Bronte e la Barrett. Unapoesia che, soprattutto, è espressione di dignità elibertà al femminile e già ai tempi, la Dickinson, perpreservarla non esitò ad evitare pubblicazioni. Nelfrattempo il mercato editoriale è divenuto alla portata ditutti nella lusinga della facile pubblicazione, mentre lapoesia, per sua natura, non ha mercato ma soltantouna lunga gestazione di tempo che ne filtra sporadici,postumi clamori. Quello dell‘editoria, peraltro, è undibattito che non solo ha avuto luogo attraversospecifici interventi volti al coinvolgimento del pubblico,come quello di Beppe Costa e Monica Maggi, ma anchetramite i social network, in un vivace ed apertoconfronto comunque finalizzato al dialogo nella poesiada parte di tutti. Con Lidia Gargiulo e il suo raffinato esemplificativo gusto alla rivisitazione dei classici ci si èavventurati, con l‘intramontabile Catullo, negli inevitabilinodi e le nuove opportunità che caratterizzano dasempre la traduzione, per entrare in un mondo che,nella grande tradizione, si è cinto di un‘aura di eternonell‘integro effluvio poetico che lo preserva, proprio diquel carattere di unicità non riproducibile a banale usoe consumo, così come lo stesso Benjamin già avvertenel dilagare di una società di mercato sulla produzioneartistica. Dante Maffia, insieme a Giorgio Linguaglossa eMaria Teresa Ciammaruconi, hanno ulteriormenteintensificato un complessivo coinvolgimento nonostanteun insidioso sole pomeridiano che, a dire il vero, non èquasi mai mancato a coronare questo evento di finestagione. Un dibattito suggellato dall‘incipit de LaBiblioteca di Alessandria, con versi capaci di una grandetensione evocativa e visionaria intervallati da digressionia tutto campo su poeti e intellettuali che hanno animatola più vivida Roma nel corso degli anni Settanta.Attraverso Dario Bellezza e Gregory Corso, ormaiaccumunati dalla stessa terra ma non del tutto sottrattiall‘oblio dei più nel cimitero degli Inglesi, sono scorsi,inevitabilmente, i riferimenti più sentiti. Numerose sonostate le positive testimonianze di critici, poeti e sempliciintervenuti giunte agli organizzatori e, sia per spazioche per organicità del discorso, ne vengono riportatesolo alcune parole che lo stesso Maffia ha volutotributare alla manifestazione, possibile sintesi di uncomune auspicio per future premesse. ―In tre giorniavete mosso mezzo mondo creando un interesse e unapartecipazione che sono davvero cose rare oggi chel'indifferenza verso l'arte è quasi trionfante‖. ―È stato unbel tuffo in un mondo che andrebbe sempre piùvivificato e reso visibile‖. Se Castel Porziano, nellamemoria dei più datati come pure nell‘inconscio di chinon c‘era, ha rappresentato di per sé un ideale nelvuoto comunicativo con la platea poetica susseguito, aNettuno ci sono stati tutti i segnali di un risvegliocompartecipato per la poesia contemporanea.Nota di Enrico Pietrangeli - <strong>2010</strong>- Roma -170OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Terre di Aquileia:bicicletta e culturaQuello delle Terre di Aquileia, organismo già da anniimpegnato in un interessante progetto che verte suambiente, cultura e turismo, è stato un educational cheha avuto corso nella prima settimana di ottobre.Coordinato con tour operator e giornalisti del settore, siè svolto in un itinerario articolato nella provincia diUdine e predisposto, in fase di preparazione, per gruppida cinque a venti persone. Testando diverse parti deipercorsi proposti, il gruppo ha avuto così modo nonsolo di constatare i tratti in bicicletta, ma anche service,degustazioni ed animazioni culturali, quest‘ultimeperlopiù previste nel corso del convivio serale. Unaserie di strutture consociate (alcune realtà economichee associative dell‘area insieme a Comuni che cooperanoper la valorizzazione territoriale, le sue risorse el‘introduzione di un turismo ecosostenibile) prevedonodei punti Tabike con noleggio cicli assistito in sede,diverse soluzioni di pernottamento e una cucina che,fedele agli intenti preposti, fornisce il meglio dellatipicità locale. Immancabili sono i vini. Oltre adaffermate, storiche realtà del territorio, pregevolicantine artigianali lavorano ancora nel rispetto di unavinificazione che, ancor prima che biologica, risente diuna forte tradizione orale che resiste. Tutto questoanche grazie all‘impegno profuso da Federico Orso, acui va il grande merito, tra gli altri, di aver raccolto,strutturato ed archiviato centinaia di ore diregistrazione di memorie e narrazioni della regione, inoltre trent‘anni di attività e ricerche. Tabike è prima ditutto una sorta di guida multimediale satellitare creataper il cicloturismo, con un software capace anche diricostruzioni tridimensionali, oltre ad essere un marchiocorredato da una completa assistenza in caso dinecessità, nonché transfer, service bagagli e altro. Ipercorsi si sviluppano per tematiche attraverso varieopzioni che vanno dalle numerose piste ciclabili aglisterrati lambendo gli affascinanti argini lagunari. Tra isentieri previsti non poteva mancare quello denominatodei Longobardi, perfettamente godibile nei suoi circaventicinque chilometri che si snodano fino a Cividale,con inclusa la visita nella preservata quotidianità chedemarca il tempo di villa De Claricini Dornpacher. Conla via dei Cavalieri di San Giovanni, percorribile in soliquindici chilometri, si arriva a Rocca Bernarda, mentreattraverso quella dei Patriarchi si tocca l‘abbazia diRosazzo cogliendo una più elevata sensazione d‘incantodal paesaggio circostante. A Strassoldo non solo sisoddisfano oltre trenta chilometri di percorso,assaporando meglio il mezzo, ma si finisce col ritrovarsiin un borgo d‘epoca con oltre un millennio di storiasovrapposto, il tutto circondato dalla diramazione di untorrente in un pregevole parco, con tanto di acquerisorgive. Il sentiero di Aquileia in meno di ventichilometri comprende la visita alla Basilica e la cittàromana e paleocristiana. La laguna, con Grado e i suoicasoni , include un‘allettante escursione in mare, qualeappendice al pedale. Da qui riecheggia l‘arcaico venetogradese del poeta Biagio Marin, peraltro incluso aprogramma con alcune letture la sera precedente: ―E'ndéveno cussì le vele al vento/lassando drìo de noltriuna gran ssia,/co' l'ánema in t'i vogi e 'l cuorcontento/sensa pinsieri de manincunia‖. (E andavanocosì, le vele al vento/lasciando dietro di noi una granscia,/con l‘anima negli occhi e il cuor contento/senzapensieri di malinconia). I versi sono tratti da Fiuri detapo, silloge del ‘12. Poco più tardi, dopo l‘attentato diSerajevo, l‘autore verrà richiamato nell‘esercitoasburgico, ma Firenze e i contatti con l‘entourage de LaVoce lo porteranno, infine, volontario dall‘altra parte delfronte. Territorio davvero singolare nella suaconformazione è il Friuli e, in particolare, quello dellaProvincia di Udine. In pochi chilometri di estensione,facilmente percorribili in bicicletta, sussiste una forteconcentrazione di risorse eno-gastronomiche,imbattendosi spesso in cantine e masseriesettecentesche. Sotto l‘aspetto geofisico il patrimonionaturale è, a dir poco, suggestivo e variegato,raccogliendo praticamente tutto: montagna, collina,piana, depressione e laguna a portata delle due ruote.Qui la storia segna un importante, remoto crocevia conascendenze celtiche, protoslave, germaniche e latine,una condizione geopolitica che, attraverso certe feriteche segnano i margini di una più profonda piaga cheaffonda nei Balcani, riporta alla prima guerra mondalenel presupposto di porre una più degna attenzioneanche ad un turismo storico-culturale, che prevedepersino percorsi su sentieri e trincee della GrandeGuerra. È nella Basilica di Aquileia, a tutt‘oggi fornita diun esaltante mosaico di pavimentazione originale del IVsecolo, che si scelse la bara del Milite Ignoto per poitraslarla sull‘Altare della Patria a Roma, nell‘immediatodopoguerra del ‘21. Taluni retaggi filo asburgici,identificabili, perlopiù, con la figura di Franz Joseph,sono tuttora presenti tra alcune discendenze delle fascerurali, un orgoglio di essere centro più che periferialegato all‘identità stessa friulana, che non va confuso,quindi, con un‘identificazione austriaca. Un‘eredità dicentralità peraltro ben sedimentata fin dai tempidell‘impero, quale punto nevralgico di scambicommerciali e rotte tanto a est quanto a ovest, oltreche militarmente strategico e di contenimento. Qui,secondo la tradizione, approdò l‘evangelista Marco e,dopo Attila, occorre arrivare intorno all‘anno Milleperché il Patriarcato, nel frattempo trasferito a Cividale,acquisisse nuovo prestigio sull‘area sino all‘arrivo deiveneziani, a quali si avvicendò l‘annessione asburgicacon la breve parentesi di sconvolgimenti napoleonici.Dal punto di vista religioso lo scisma tricapitolino segnapure, insieme a quello politico, un‘importante posizioned‘indipendenza da Roma come da Costantinopoli. Daqui partì pure l‘evangelizzazione delle popolazioni slave,attraverso l‘opera di Cirillo e Metodio. Nel medioevo lemire espansionistiche di Ezzelino da Romano, efferatosignorotto dei tempi, ebbero diversa sorte di quelle diAttila, ma al prezzo di un allineamento del Patriarcatosull‘asse guelfo. Un territorio, quindi, inevitabilmentericco di storia, tutta da pedalare e riascoltare, senzapregiudizi, nei racconti dei più vecchi, identità cheaccomuna e preserva un popolo.Nota di Enrico Pietrangeli - <strong>2010</strong>- Roma -171OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


CicloPoEtica <strong>2010</strong>: un‘esperienzad‘incontro e confronto nella dialetticapoeticaCicloPoEtica è la terza rassegna itinerante recentementeultimata dopo due edizioni del Sicilia Poetry Bike,con la ―poesia in bicicletta‖ che approda lungo il corsodel fiume Po mediante una denominazione preposta perrendere, sotto altra forma, l‘iniziativa permeabile ainuovi territori coinvolti e, nondimeno, rafforzarne icontenuti già insiti negli originari intenti. Vieneevidenziato il lemma ―ciclo‖ in funzione della maggiorediffusione della bicicletta nell‘area interessata, comepure a sancire una continuità nel perpetuarsidell‘evento con altre titolazioni in diversi luoghi, voltotanto alla divulgazione quanto al consolidamento di unacultura d‘innovazione nella tradizione. Inoltre, persillabazione, viene estrapolato il fiume ―Po‖ in quantopercorso determinante una comunanza geofisica che siriflette nei limitrofi insediamenti. L‘assonanza èdeterminata da quanto viene evidenziato per esteso con―poetica‖, relativa a costituire identità e peculiarità nonsolo in quanto espressione artistica, ma ancheattraverso un immaginario collettivo nella funzionemitopoietica, quale collante di popoli e rispettiveculture. In evidenza, inoltre, un ulteriore concetto,quello di ―etica‖, quale comune e nondimenodiversificato impegno per ciascuno di noi.Coerente all‘idea di un ―pensiero‖ poetico attivo, hosostenuto le molteplici tematiche insite nellamanifestazione con la sola sintesi della poesia, quelladel movimento lento, assecondato dalla zavorra di oltremezzo quintale complessivo tra carico e mezzo.L‘impegno civile nasce dalla stessa azione poeticaintrapresa, volta a svincolare il verso dai circuiti chiusiinnescati dall‘ego del poeta. Un‘efficace poetica è di persé un ideale strumento politico, il solo autonomo etrasversale nonché capace di condizionare la stessapolitica. Viceversa, lasciare spazio alla politica nellapoesia significa condizionare contaminando quanto, persua natura, dovrebbe essere etica stessa del vivere.Faccio quel poco che posso perché la poesia sia aperta,libera da recinti e qualitativamente accettabile, a partiredalla condizione esistenziale che l‘ha generata è,peraltro, quanto commentavo in un post poco primadella partenza. Un‘altra idea di fondo resta anche quelladi uno strumento idoneo alla riappropriazione di untempo narrativo, capace di sedimentare nella memoriadilatandosi. La visione di un film come ―Poeti‖,sollecitata ed accolta dall‘amico e poeta Biagio Propato,mi ha reso ancor più cosciente di quanto, di fatto, lapoesia sia divenuta ristagnante nella suacomunicazione, quindi incapace di tramandareraccontandosi, soprattutto se sullo sfondo si sollecita lacompresenza del festival di Castel Porziano del ‗79, ilcontrasto appare più che mai evidente.Un‘incomunicabilità che persiste a prescindere daisuccessivi sviluppi telematici agglomeranti areed‘interesse. Dunque anni Settanta che, tutto sommato,non erano poi tanto bui e dogmatici come spesso sivuol far credere, se non per una fagocitante minoranzadi fanatici; anni soprattutto umanistici, per ruoli ecentralità della persona che risorgevano preminenti,destrutturando l‘assetto ideologico sovrapposto al ‘68con uno spontaneismo finalmente libero da censure dicostume. Quindi l‘amore libero, da trasgressioneideologica, evolve in consuetudine di un libero vivere econdividere, apertura ed espressione di ogni individuonel gruppo, un atto privato, finanche poetico, che vienea coincidere con quello pubblico divenendo politico. Colriflusso è l‘egoismo trasgressivo a prevalere,complementare a spinte conservatrici e reazionarie, inuna comune, apodittica solitudine. L‘amore non saràmai più libero bensì asservito a pornografici fini, trasempre più labirintiche, ipocrite tutele di facciata.Per il terzo anno consecutivo, incredibile ma vero, hotrovato ancora abbastanza energie per inseguire utopiepercorribili nella malsana quotidianità che ci circonda.Una settimana di poesia e libertà, vissuta con un motolento ma efficace, tanto nel verso quanto nel pedalecadenzato e capace, nel variare dei registri, di unsincretismo ancora possibile, quello percepibileattraverso un mezzo meccanico come la bicicletta,quale adeguato strumento per una poetica dellacondivisione. Otto tappe con eventi-sosta no-stop, daTorino a Venezia, si sono susseguite dal 2 al 10 agosto,sino all‘epilogo di congedo: un happening tra stradefrapposte a traghettamenti sulla laguna. Spesso, nellepiù brevi pause del tragitto, ho avuto occasionedell‘incontro conviviale con lo straniero, situazioneperaltro evidenziata da un carico inclusivo di tenda,sacco a pelo e strumentazioni tali da essere soventescambiato per un tedesco. Una velocità di crocieraintono ai 16 chilometri orari, scandita perlopiùcontrovento ed in falsi piani sugli oltre 500 chilometricomplessivi di percorso effettuati zigzagando lungo ilfiume Po, ha caratterizzato il mio incedere. A renderepiù colorato ed epico il tutto, non sono mancatesequenze d‘imprevisti. L‘acquazzone di Pavia hacertamente contribuito ad un adattamento più anfibiodella specie ―ciclopoetica‖, culminato con la bicicletta in172OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


mezzo metro di fango poco più avanti. A coronare lasequenza di avverse vicissitudini, seguirà il cedimentodel copertone. Significative, tra le altre, alcuneperformance svoltesi in movimento con l‘ausilio delmegafono propagante ―loop poetici‖, un neorealismoche il tempo restituisce come dispensatore di poesia e ilcomune cinismo rende adulterato nell‘omologanteregistrazione di un ―arrotino‖ privato del suo fiato, unafflato poetico popolare ormai disperso nel disincanto.Variegata, indipendente e affiatata è parsa subito lacompagine di oltre una dozzina di ciclisti partecipantitramite iscrizione al Circolo dei Lettori. Una coerentepreparazione atletica ha permesso loro di ultimare iltour gioendone a pieno. La presenza di meno biciclettestoriche, elaborate o fantasiose a vantaggio di piùcollaudati e moderni cicli, ha prevalso nel gruppo che, aprescindere, come tale ha comunque avuto grandecapacità d‘impatto e visibilità. Due soltanto sono stati iciclo-poeti al seguito, Ugo Magnanti ed Enrico Lazzarin,mentre si annoverano piuttosto presenze di ciclo-artisti,cicloamatori e cicloturisti. La poesia, in ogni caso, èstata comune denominatore ed espressione attraversopiù forme per oltre una settimana trascorsa insieme.Rilevante e degna di nota la presenza di Irene Cabiati ele sue ―orecchie poetiche‖, capaci di suscitare congruaattenzione soprattutto durante il congedo alla volta diVenezia, per mezzo di un‘istallazione mobile realizzatasulla rispettiva bicicletta; altrettanto validi e pressochécostanti gli interventi del ―suonicista randagio‖ DanieleContardo. Certamente tra i più vicini all‘iniziativa, siapure non prendendo parte agli spostamenti, è statoTiziano Fratus, nelle determinanti tematiche socioambientaliche lo caratterizzano. Notevole anche illivello di diversi artisti che si sono susseguiti nelle varietappe, sebbene sia impossibile elencarli tutti,doverosamente ne rammento alcuni, come LucaBertoletti, Michele Marziani e Giancarlo Micheli, senzaescluderne altri. Itinerari coinvolgenti, non sempreconvergenti e tuttavia significativi si sono alternati trapiste ciclabili, statali, provinciali e sterrati,assecondando ampi tratti di argine del Po. Alla viaEmilia, sempre trafficata e pullulante di punti di ristoroed accoglienti trattorie, si sovrappone il sole accecanteche si riflette nei canali dei viottoli di campagna, traindefinite quantità e varietà di zanzare con serviziocontinuato, nell‘anelata ricerca di un primo borgo utileper rifocillarsi. Pedalare è la costante fede chetutt‘intorno disperde un paesaggio lentamente, sfumatotra pensieri e motivetti che cadenzano il ritmospezzando la fatica in sempreverdi canzonetteevocative. Arrivare spesso all‘ultimo momento,percorrendo fin oltre tratti di cento chilometri. Doccerimandate ed altrettanto appassionato sudore permontare attrezzature e conoscere i poeti del posto.Rapidi scambi di scalette ed efficaci, naturali dosid‘improvvisazione coinvolgono un pubblico sempreattento e numeroso. A Pavia si sfiorano un centinaio dipresenze, arrivando non lontano dal gremito pubblico diMessina del 2008, con ospite Diana Battaggia e diversiautori di Lietocolle, come Dona Amati, intervenuti per laserata. Notevole impegno viene pure testimoniato daEugenio Rebecchi di Blu di Prussia nella piovosa tappapiacentina. Ferrara, nondimeno, con gli ScrittoriFerraresi e Melinda Tamas Tarr cristallizza suggestivimomenti poetici, mentre Parma coniuga benearchitetture e versi in una piazza. Momenti oltremodocondivisi in diretta streaming, perlomeno laddovepossibile, con congrue punte d‘audience di diversedecine di curiosi e afecionados, ma forse anche disemplici amanti della poesia.CicloPoEtica è un progetto che nasce come direttaconseguenza del precedente Sicilia Poetry Bike,realizzato insieme ad Ugo Magnanti nonché curato eorganizzato con Andrea Ingemi e Vittoria Arena.Inizialmente assemblato durante il tour del libro ―AdIstanbul, tra pubbliche intimità‖ a Varese, è statocurato e organizzato con Daniela Fargione.Determinante l‘apporto al coordinamento di GloriaScarperia e, per la gestione della sezione grafica, quellodi Claudio Cravero. Complessivamente, in tre anni diattività ―ciclopoetiche‖, sono stati coinvolti quasi uncentinaio di collaboratori e circa duecento artisti,evidenziandoli in tutta la comunicazione svolta, oltreventi sono state le località toccate in un costante,seppure a tratti gravoso, spontaneo palcoscenicopoetico capace di suscitare adeguata attenzione deimedia lungo tutto il percorso. Notevoli i riconoscimentipervenuti da enti ed associazioni. Esigui e perlopiùprivati gli sporadici concreti sostegni ricevuti.Nota di Enrico Pietrangeli – <strong>2010</strong>- Roma -IMMAGINI DELL‘INCONTRO FERRARESEAlcune immagini dell‘evento in ordine cronologico ditutti gli intervenutiLuogo: Sala Conferenze del Palazzo Bonacossi diFerrara 08/08/<strong>2010</strong> ore 17 e 30Articolo de La Nuova Ferrara del 9 agosto <strong>2010</strong>Vivamente si ringrazia i dottori Angelo Andreotti edEmilio Diedo che di seguito alla mia richiesta hannopreso contatto con Enrico Pietrangeli ed hanno dato illoro contributo indispensabile per la realizzazionedell‘incontro nella nostra Ferrara, città estense.............173OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Il direttore dell‘<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> ha accolto gliorganizzatori dell‘evento:3. Recital in duo (Melinda B. Tamás-Tarr, EnricoPietrangeli, poeta, giornalista pubblicista (Foto ©G.O.B.):Claudio Cravero (fotografo torinese) – la poetessa e traduttriceMelinda B. Tamás-Tarr (direttrice dell‘<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>) - Enrico Pietrangeli (poeta e giornalistapubblicista, organizzatore) Foto © G.O.B.Gli organizzatori della CicloPoEtica, la Prof.ssa DanielaFargione, docente d‘inglese dell‘Università di Torino, ilpoeta e giornalisa-pubblicista Enrico Pietrangeli nelmomento dell‘apertura dell‘incontro (Foto © G.O.B.):Il poeta Claudio Gamberoni, socio del GruppoScrittori Ferraresi mentre parla della loro associazione erecita come il poeta Giancarlo Micheli recita la suapoesia. (Foto © G.O.B.):Ad aprire il reading sono stati in ordine di successione:1. Alberto Canetto, assessore alla cultura, pubblicaistruzione e sport di Massafiscaglia:Stefano Caranti di S. M. Maddalena (Ro) (Foto ©G.O.B.):2. Melinda B. Tamás-Tarr, Dir. Resp. &Edit. dell'<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>, scrittrice, poetessa,traduttrice letteraria, docente di L. eL. Ungherese-Storia-Italiano/LC2parla della ns. rivista e delle sue attività:174OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Michele Marziani (al centro), accompagnato daIsabella Bordoni e Paolo Vachino (Foto © G.O.B.):Alcune immagini del video della diretta TVstreamingMelinda B. Tamás-Tarr presenta l‘<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong> e della sua attività editoriale:Il poeta Riccardo Carli Ballola (Foto © G.O.B.) :Daniele Contardo, il suonatore randagio, giullare etrovatore del XXI secolo (Foto © Mttb)Il fotografo Claudio Cravero è in azione... (Foto ©G.O.B.):Melinda B. Tamás-Tarr ed Enrico Pietrangeli recitano lepoesie ungheresi e le poesie del poeta in bilingue, cioé175OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


in ungherese ed in italiano, nella traduzione delladirettrice:Egizio di Torino. Le scoperte, seppure significative,avrebbero dovuto essere pubblicate come era neidesiderata del direttore della missione, ErnestoFonte e l‘integro reportage fotografico:http://www.osservatorioletterario.net/immagini_ciclopoetica<strong>2010</strong>.pdfMttbI tesori del Medio Egitto al SanDomenico di ForlìSchiaparelli, che curò l‘edizione di due volumi dedicatialle attività archeologiche in Egitto, in particolare allascoperta dell‘eccezionale corredo della tomba di Kha aDeir el Medina (Tebe) e delle pitture e tombe dellaregina Nefertari e dei principi reali, figli di Ramesse IIInella Valle delle Regine (Tebe). Rispetto alla zonatebana, ove ebbe sede una delle più importanti capitalidell‘antico Egitto e uno dei massimi centri religiosi delPaese, i documenti esposti in mostra illustrano la vita didue località dell‘amministrazione periferica dello Statofaraonico in un momento storico molto particolare epoco noto oltre l‘ambito specifico della ricercaegittologica. È il Primo Periodo Intermedio,caratterizzato da dissesto politico e crisi del poterecentrale con affermazione delle autonomie locali in lottafra loro per l‘egemonia territoriale. È in questo quadroche si situano i reperti selezionati, pertinenti alla localitàdi Assiut, in Medio Egitto, all‘ingresso della pista checonduceva nei territori meridionali nubiani, e all‘area diGebelein, a 30 chilometri a sud di Tebe e in direzionedel confine meridionale con la Nubia. Sebbene distantitra loro e nel panorama frazionato dei poteri locali,entrambe rivelano testimonianze di comuni tradizioni,nelle quali si riflette l‘eredità del centralismo politico eculturale del periodo precedente, caratterizzato dalforte potere monarchico gestore della complessità dellerisorse nazionali e artefice di quella ricchezza che avevaconsentito la costruzione delle grandi piramidi di Giza.Un ―Egitto mai visto‖ è esposto a Forlì dall'11 settembreal 9 gennaio. Allestita nei Musei San Domenico, lamostra presenta quattrocento reperti di quattromilaanni fa scoperti nei primi anni del secolo scorso dalgrande egittologo Ernesto Schiaparelli nelle necropoli diAssiut e Gebelein e conservati nei depositi del Museo176OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


L‘esposizione delle scoperte degli scavi di Assiut, ingran parte inediti, è integrata da una serie di reperti dietà successiva selezionati tra le antichità egizie dellaraccolta torinese per completare aspetti e temi diparticolare interesse per il pubblico scolastico. Tra lecuriosità esposte: sarcofagi con corredo completo,mummie comprese, sepolture in tronchi di sicomorosecondo l'uso nubiano e tuniche di lino intatte. "Egittomai visto. Le dimore eterne di Assiut e Gebelein" èrealizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlìin collaborazione con Comune di Forlì e Civita Servizi, ecol Ministero per i Beni e le Attività culturali e laSoprintendenza per i Beni archeologici del Piemonte.Curatrici della mostra sono Elvira D'Amicone eMassimiliana Pozzi Battaglia. Il logo della mostra è unpaio di occhi come quelli dipinti sulle tombeperconsentire al defunto di continuare a guardare. Saràaperta da martedì a venerdì dalle 9.30 alle 17.30,sabato e domenica dalle 10 alle 18, e chiusa i giorni diNatale e Capodanno. Per info: www.civita.itIL SACCO DEI NON CONFORMIdi Yoani SánchezDalla rivista clandestina VOCES 2 - settembre 2001Umberto Pasqui- Forlì -Un‘immagine edulcorata mostra Cuba come un paesedove ha trionfato la giustizia sociale nonostante unnemico potente come l‘imperialismo nordamericano. Peroltre mezzo secolo, è stata alimentata l‘illusione di unpopolo unito attorno a un ideale, coraggiosamenteimpegnato per raggiungere l‘utopia sotto la saggiadirezione dei suoi capi. La propaganda politica eturistica, presentando una falsa immagine della nostrarealtà, hanno diffuso la voce che gli oppositori dellacausa rivoluzionaria siano mercenari senza ideologia alservizio di padroni stranieri.Viene da chiedersi come sia possibile che milioni dipersone che vivono su questo pianeta possano credereche l‘unanimità si sia insediata - in maniera naturale evolontaria - in un‘isola di centoundicimila chilometriquadrati. Come possano credere alla favola di unanazione ideologicamente monocromatica e di un Partitoche tutti sostengono perché rappresenta le istanze diogni abitante.Nell‘anno 1959, quando trionfò l‘insurrezione contro ildittatore Fulgencio Batista, i barbudos giunti al poteremisero nel sacco dei loro nemici coloro che definirono―sbirri e torturatori della tirannia‖.Durante gli anni Sessanta, come conseguenza delleleggi rivoluzionarie che finirono per confiscare tutte leproprietà produttive e lucrative, la definizione iniziale siampliò e furono aggiunti al novero dei nemici ―iproprietari terrieri e gli sfruttatori dei poveri‖, ―coloroche vogliono ritornare al mortificante passatocapitalista‖ e altre categorie identificate con lo stessotaglio classista.Arrivati gli anni Ottanta caddero nel deposito deicontrari al sistema anche ―coloro che non sono dispostia sacrificarsi per un futuro radioso‖ e ―le scorie‖,un‘invenzione linguistica che pretendeva di definire unsottoprodotto della fornace dove si forgiava non solo lasocietà socialista ma anche l‘uomo nuovo, che avrebbeavuto il dovere di costruirla e un giorno anche il piaceredi beneficiarne.Le etichette ideologiche non rimarcavano la differenzatra chi si era opposto subito alle promesse ditrasformazione sociale e chi ci aveva creduto ma avevavisto frustrate le sue aspirazioni di fronte alle promesseincompiute. Perché ogni promessa ha una scadenza,soprattutto se è politica e quando scadono le prorogheproclamate nei discorsi, termina la pazienza e vengonofuori posizioni difficili da etichettare per gli eterniclassificatori di cittadini. Per questo motivo da diversidecenni a Cuba alcune persone sostengono che le cosedovrebbero essere fatte in un altro modo e concludonoche un‘intera nazione è stata spinta alla realizzazione diuna missione impossibile, ci sono molti cittadini chevorrebbero introdurre alcune riforme e altri chepretenderebbero cambiare tutto.Ma il sacco è ancora lì con la sua insaziabile boccaaperta e la stessa mano pronta a cacciare dentro chi siazzarda a confrontarsi con la sola possibile ―verità‖monopolizzata dal potere. Non importa se siasocialdemocratico o liberale, democristiano oecologista, o semplicemente un non conformeindipendente; se non è d‘accordo con i precetti del solopartito consentito - il comunista -, viene considerato unoppositore, un mercenario, un traditore della patria ealla fine viene classificato come un agente al soldodell‘imperialismo.Molte persone continuano a guardare con ostinazionel‘immagine edulcorata che esibisce un processo socialecapace di fare giustizia e cercano di giustificarel‘intolleranza che lo accompagna a partire dai suoirisultati - ormai piuttosto deteriorati - nei campi dellasalute e dell‘educazione. Queste persone non possonocapire che i modelli usati per caratterizzare l‘immaginetrionfalista del sistema cubano, sono ben diversiquando scendono dal piedistallo dove sono stati messi.Paziente ospedalizzato e alunno di una scuola non sonosinonimi di cittadini di una repubblica. Quando uomini edonne in carne e ossa - con propri sogni e aspirazioni -si trovano fuori dalla ―zona dei benefici dellarivoluzione‖, scoprono di non possedere uno spazioprivato per formare una famiglia, né un salariocorrispondente alla quantità di lavoro, né un progetto dibenessere lecito e onesto. Quando riflettono su qualisiano le strade disponibili per modificare la lorosituazione, comprendono che resta solo la scelta diemigrare o di delinquere. Se pensano a come potermodificare la situazione del paese, pieni di paura sitroveranno di fronte il minaccioso dito accusatore diuno Stato onnipresente, l‘insulto che scredita,l‘intolleranza rivoluzionaria che non ammette critiche oproposte. Si renderanno conto di essere finiti nel saccodei dissidenti, nel quale per il momento troverannosoltanto stigmatizzazione, esilio e carcere.NOTIZIETraduzione di © Gordiano LupiUNA MOSTRA SOCIALMENTE UTILESabato 25 settembre <strong>2010</strong>, alle ore 18.00, presso leSale espositive di Casa di Ludovico Ariosto (via L.Ariosto, 67) è stata inaugurata. MAMA, l‘Africa diGiovanni Marozzini.1<strong>77</strong>OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


La mostra, a cura di Fabrizio Boggiano, si distendeattraverso un percorso interiore dal quale l'Africaemerge in tutti i suoi aspetti più intimi e profondi. Circa90 fotografie scattate in questi anni in Somalia, Etiopia,Zambia, Angola e Camerun. Marrozzini non vede, nondocumenta, ma sente, e quello che introietta simetabolizza nell‘anima tanto da fuoriuscire in scattifotografici di un‘intensità così rara da soffocare qualsiasicommento. Con audace curiosità, penetra i luoghi piùarcani del continente africano e con umanapartecipazione li riporta ai nostri occhi. Il suo raccontosi fa interprete di un‘impetuosa carica espressiva,attraverso un‘articolata e consapevole successione diinquadrature. Con discrezione e rispetto del vero,dunque, Marrozzini ci conduce alla scoperta delcontinente africano del XXI secolo, mettendone in lucegli aspetti sociali e culturali più arcani e inspiegabili.Esse possiedono una forza espressiva e una densità disignificato tali da poter aspirare a una presa diposizione da parte di chi le osserva, ad una riflessionesulla storia e sulla memoria e idealmente a un collettivoe audace risveglio delle coscienze.Tra le sezioni presenti, una segnalazione particolare vadata a ―Eve‖ (che affronta con rara sensibilità il temadell‘infibulazione), e a ―Falene‖ (che sa raccontare condelicata tenerezza gli sguardi di non vedenti etìopi).[Angelo Andreotti]È STATO PRESENTATO IL LIBRO del ns. abbonatoDott. Angelo Andreotti:...........................................Nel verso della vita (Poesie)Este Edition, <strong>2010</strong>, Ferrara, pp. 88, € 10ISBN 9<strong>78</strong>-88-96604-19-9Hillman. Fare poesia e fare anima, in bordi ecletticil‘ultimo lavoro del <strong>2010</strong> Nel Verso della Vita (EsteEdition) : quasi un ritorno neobarocco o manieristico (inaccezione non negativa) nel comporre versi con perdutaperizia tecnica rinascimentale e squisitamenteumanistica, come ben sottolineato dal prefatore criticoPaolo Vanelli. (Roberto Guerra)Angelo Andreotti (15/09/1960)vive e lavora a Ferrara. Hapubblicato: Polaroid, Ferrara1999; Porto Palos, Bologna2006; La faretra di Zenone(con disegni di RiccardoBiavati), Ferrara 2008.Curriculum: Laurea in FilosofiaEsperienze professionali(incarichi ricoperti):1. Dal 1986 al 1991 Docente di ruolo in Storia dellaFilosofia; 2. Dal 1994 al 1998 Direttore di Palazzo Bellinidel Comune di Comacchio. In questa veste ha direttotutte le mostre allestite a Palazzo Bellini; 3. Dal 1998 al2002 Curatore mostre e musei delle Gallerie d‘ArteModerna e Contemporanea del Comune di Ferrara; 4.Dal 2002 al 2003 Responsabile U.O. Gallerie d‘ArteModerna e Contemporanea del Comune di Ferrara(competenze sul Museo Giovanni Boldini, Museodell‘Ottocento, Museo d‘Arte Moderna e ContemporaneaF. De Pisis, Padiglione d‘Arte Contemporanea, MuseoMichelangelo Antonioni). In questa veste ha direttotutte le mostre allestite al Padiglione d‘ArteContemporanea, e quelle promosse dal Comune diFerrara al Palazzo dei Diamanti; 5. Dal 2003 a oggiResponsabile U.O. Musei Civici d‘Arte Antica delComune di Ferrara (competenze su: Palazzo Schifanoia,Civico Lapidario, Palazzo Bonacossi, Palazzina Marfisad‘Este, Casa di Ludovico Ariosto, Monastero diSant‘Antonio in Polesine, Chiesa della Madonnina,Tempio di San Cristoforo alla Certosa, e Musarc dal2005 al 2006). In questa veste ha diretto tutte lemostre allestite negli edifici di pertinenza. Dal 2003dirige i lavori di restauro delle opere d‘arte e degliarredi del Tempio di San Cristoforo alla Certosa diFerrara. (Fonte: http://www.comune.fe.it/)ULTIMO ARRIVO DOPO LA CHIUSURA DELLE RECENSIONI.....Se anche il titolo - Nel verso della vita - con la sua Barbara Prestianni: Moti d'Essere (Raccolta diallusiva ambiguità e la sua polivalenza semantica, con Poesie) Gruppo Albatros, <strong>2010</strong>...............................la sua struttura metrica dall‘accentazione pariniana eABBIAMO RICEVUTO, PUBBLICHIAMO:con i suoi richiami letterari, appartiene ad un discorsoBuongiorno, il mio nome è Barbara Prestianni.poetico, non è azzardato supporre che i versi in cuiInvio questa mail alla Vostra redazione nella speranzastiamo per addentrarci rispondano ad un‘idea di poesiadi destare il Vostro interesse sulla mia prima raccolta difondata sul rigore stilistico e sulla preziosità della parolapoesie.e dell‘immagine. In effetti, la lettura di quest‘opera miSono consapevole del fatto che il mio nome Vi è delha fatto pensare a Dante, al suo continuo richiamo allatutto sconosciuto, ma sono un'esordiente e stonatura fabbrile dello strumento espressivo, cioè allacercando di fare conoscere i miei versi eproposta di una poesia che si configura come il luogo diSOPRATTUTTO i messaggi che con quei versi vorreiuna sfida di pregnanza stilistica, in cui le parole sonocomunicare.frutto di una distillazione che è insieme formale eHo 26 anni, vivo a Bronte (CT) e ho cominciato asostanziale, e, ripulite, si tendono nel loro massimocomporre i miei primi versi all'età di 13 anni, ma "Motiarco di senso e di potenza. (Paolo Vanelli)d'Essere" è la mia prima silloge edita.La poetica specifica di Andreotti, distillata dall‘esordioNel marzo <strong>2010</strong> mi sono laureata in Scienze delladel 1999, (peraltro anche saggista con brillanti lavori suComunicazione, corso di laurea scelto per assecondareCezanne) con appunto rara affascinante pigriziala mia passione per la scrittura.attraversa la sua ghianda, per dirla con il celebre James1<strong>78</strong>OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Il titolo della raccolta vuole porre in evidenza quello cheè il filo conduttore dei componimenti (37 poesie sceltetra le 130 scritte fino a oggi): gli sbalzi del cuore, idiversi e imprevisti sussulti dell‘anima quandosperimenta le differenti emozioni che l‘essere umanopuò provare, emozioni diverse nell‘individualità dellapersona ma universali nella loro essenza.Traendo spunto dalla realtà concreta e quotidiana,indago sia i lati bui che quelli luminosi dell‘esistenza,perché tutti gli uomini attraversano zone d‘ombra ezone di luce, di diversa intensità a seconda dei casi,certo, ma il messaggio che si snoda tra i miei versi è unmessaggio di speranza, la speranza che dopo la notte ilsole sorga di nuovo, il dovere e il diritto di combattereper questa alba anche quando «Penseresti di essermorto / se solo non sapessi / di esser / vivo.» (da"Penseresti...").Attraverso queste poesie vorrei parlare da cuore acuore, affinché le mie parole, messe nero su bianco,possano dare a chi le legge un attimo di serenità, lafiducia che non è mai troppo tardi per rialzarsi.Amo dire, mutuando da Pascal, che «l‘uomo è canna alvento», preda dei turbini della vita, ma per mel?importante è non spezzarsi anche quando la vita tipiega con una forza tale che la rottura sembrainevitabile.«Come corda protesa da ambo i lati» / Ma non sispezza?? / MAI!? (da "Ma non si spezza."): ed è questo,per me, un imperativo vitale.Dalla prefazione:Semplice, eppure preziosa. Fresca, eppure matura.Questi forse gli aggettivi migliori per descrivere Motid‘Essere, prima silloge edita di Barbara Prestianni, conla quale l‘autrice pone sul foglio la sua vita, il suo intimosentire, ma in un modo estremamente personale. Nonsi tratta, infatti, di una rielaborazione di emozioni ericordi nel senso più stretto del termine. Sebbene lecomposizioni traggano evidente spunto e incipit dallequotidiane meraviglie «nel bene e nel male» cheaccadono a ogni essere umano, in ognuna di esse èpossibile ritrovare l‘aspirazione a un sentire condiviso euniversale, a una forma di compartecipazione in cui siapossibile trasformare il proprio vissuto interiore.Il reale è presente, ma appare come un‘eco: non se nenega l‘influenza, anzi si attesta che è origine delleproprie riflessioni e del proprio essere, ma lo si lascia insecondo piano, quasi a evitare che diventi motivo didistrazione. Solo così le parole potranno esprimere tuttala loro vitalità.RingraziandoVi per la cortese attenzione e confidandoin un Vostro riscontro positivo [...].Cordiali saluti.Barbara PrestianniCONGRATULAZIONI VIVISSIME AL NS. FRANCOSANTAMARIA!Domenica, il 3 ottobre <strong>2010</strong> alle ore 10.00durante la cerimonia di Premiazione del Premio<strong>Letterario</strong> Internazionale ―Ida Baruzzi Bertozzi‖come personalità di spicco distintasi nel camposcientifico, artistico o letterario gli è statoconferito il riconoscimento con la Medaglia dellaPresidenza della Camera presso la Sala ―GhioSchiffini‖, Società Economica - Chiavari (GE), viaRavaschieri n. 15IL TRAGUARDO DELLA NOSTRA RIVISTA:.............L‘OSSERVATORIO LETTERARIO È PRESENTEANCHE SULL‘ARCHIVIO DIGITALE DELLA BIBLI-OTECA NAZIONALE UNGHERESE DI BUDAPESTSULL‘ESPLICITA RICHIESTA DELL‘ENTE:.............................http://epa.oszk.hu/01800/01803.........................................................................................................Sezione: Letteratura ungherese contemporanea,(letteratura, scienza della letteratura)..................SULLA SCIA DEL «TURUL»....................................Come ho già scritto nel mio editoriale del fascicolonn. 55/56 marzo-aprile/maggio-giugno 2007 e nellamia presentazione online, posso ringraziare l‘O.L.F.A.per tante belle cose: prima di tutto per avermipermesso di poter continuare anche in certo senso lamia professione originale, di docente ed il giornalismo,per avermi consentito l‘insegnamento dell‘ungheresecome lingua straniera ai laureati italiani, infine peravermi offerto la possibilità di eseguire traduzioni edinterpretariato sia per la rivista che per i vari enti edistituti giudiziari, culturali e scolastici italiani ed esteri.Attraverso questi contatti ho avuto modo di fareconoscenza con tanti validi personaggi: scrittori, poeti,traduttori poetiche, professori, ricercatori, studiosi intutto il mondo e di scambiare con loro idee su variargomenti letterari e su varie ricerche ed su argomentidisparati. Posso inoltre ringraziare la rivista anche per ilfatto che i miei allievi mi contattano in un numerocrescente, anche dopo 24-28 anni mi scrivono dellebellissime lettere rievocando con nostalgia le lezioni dame impartite. Che gioia maggiore può avere unaprofessoressa, se non queste gratificazioni da parte deisuoi allievi bravi e anche meno bravi?! Ricevocontinuamente parecchie lettere ed anche dopo tantianni mi ringraziano per il mio impegnonell‘insegnamento e nell‘educazione. Quando leggoqueste lettere mi commuovo inevitabilmente ed hoveramente nostalgia per la mia carriera interrottad‘insegnante e pedagoga. Poi non soltanto i miei exallievi prendono contatto con me, ma anche loroconoscenti o amici perché mi ricordano quando nellemie ore buche ho sostituito i miei colleghi assenti nelleloro classi. Erano piacevoli quegli anni, anch‘io li ricordovolentieri, fino a quando ebbe inizio la persecuzionepolitica comunista orientata ad eliminare la mia famigliacon tanti altri «dissidenti politici»… Comunque mi rende179OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


tanto felice, che anche dopo di più di due decenni nonmi hanno dimenticata. È una stupenda esperienzaumana e professionale! Non posso però nascondereche in tutti questi anni ho purtroppo incontrato anchedei personaggi scorretti, falsi, consapevolmenteambigui, ineducati sia tra italiani che ungheresi onell‘altrove...Infine, posso ringraziare la mia rivista anche per lemaggiori, però e purtroppo sempre occasionali,prestazioni professionali. Così ho avuto la possibilità diavere alcuni impegni di lavoro con istituti giudiziari.Personalmente presentando le copie d‘obbligo a Digos– allora si poteva depositarle presso il Digos – propriogli addetti di quest‘ente proponevano il mio nominativoper gli impegni di interpretariato con la questura.L‘ufficio stanieri della questura invece ha indirizzato dame una giovane coppia ungherese per effettuare letraduzioni autenticate dei certificati di studio e dimatrimonio... Ho conosciuto i ragazzi personalmente,più volte erano presentati a casa mia a causa dei lavoridi traduzione affidatemi. Poi ci siamo persi, non ho0 piùavuto le loro notizie. Ed ecco, l‘8 agosto <strong>2010</strong>, nelgiorno dell‘evento CicloPoEtica, li incontro tramite ungran servizio su il Resto del Carlino! Come ero felice dileggere la loro storia che ho conosciuto, sapevo cheLászlo Boda e sua moglie Anita Nagy finalmente cel‘hanno fatta! Il loro sogno italiano si è realizzato.Finalmente una gran bella notizia dei connazionaliungheresi e non quella della deliquenza che si sentemaggior parte ed ho anche assistito durante le indaginiod i processi, come il favoreggiamento allaprostituzione, clonazione delle carte di credito, altrifurti, spaccio di droga e così via...Nell‘esteso articolo intitolato Sulla scia di «Turul» ilcollega Mario Rebeschini racconta la loro storia. Nellarubrica «Cultura/Il caffé della Domenica» sottol‘immegine disegnato (v. sopra) si legge: «dall‘Ungheriaa Goro, dalla puszta all‘adriatico. È il lungo viaggio diLászló Boda, alla ricerca di un futuro, trovato infine abordo di un peschereccio.Non sapeva neppure comefosse il mare, fino a dieci anni fa, ma quando l‘ha visto,ha capito che qui doveva fermarsi. In Italia è arrivatolasciandosi alle spalle il lavoro di camionista e qui hainiziato a lavorare in un circo. Poi l‘arrivo nella cittadinadel Ferrarese e la decisione di diventare pescatore.L‘acquisto di un‘imbarcazione, ribattezzata ‗Turul‘, ilnome dell‘uccello mitologico che per i magiari significala lotta contro il male, e adesso la soddisfazione diessere un ‗padrone del mare‘, seguito passo passo daun marinaio di nome Anita, la moglie, che per lui halasciato l‘Ungheria e l‘università.»Ecco qualche tratto dall‘articolo della loro bella fiabadi vita:«‖In Ungheria facevo il camionista giravo tutti i paesidell'est fino a Mosca ma i miei pensieri correvanosempre ad ovest. Sentivo che là sarei riuscito a cresceree realizzare sogni che qui non avrei mai potuto.‖Così inizia a raccontare la sua storia László Boda 32anni, di Nyiregyháza, città con oltre 100mila abitanti,capoluogo della provincia di SzaboIcs-Szatmár-Bereg,nell'Ungheria nord-orientale, gemellata con Udine.Grazie al diploma di perito meccanico, a 16 anni trovalavoro nell'officina della Bosch Service. Lavorare neimotori è sempre stata la sua passione fin da bambino equando in officina entrava un'auto solo sentendo ilmotore al minimo capiva i problemi che aveva e lirisolveva. Purtroppo non era pagato abbastanza perpotersi mantenere. Tornare a casa la sera proprio nongli piaceva, la sua era una famiglia disastrata.―Nel camion trovo tutto quello che mi serve cuccettacompresa - continua László -. Non ho più bisogno ditornare a casa. Non solo, Anita la mia ragazza fa moltiviaggi con me. L'avevo conosciuta in una manifatturaper la lavorazione della frutta. La storia sembrava nonfunzionare ma poi, una domenica sera mentrepasseggiavamo chiacchierando nel centro diNyiregyhàza, il carillon della chiesa luterana iniziasuonare, senza accorgermene le prendo la mano. Anitala stringe. ‖László è capace di guidare 24 ore di seguito bevendosolo caffè. Il problema non è il lavoro ma le tantepattuglie di poliziotti che lo fermano pretendendo ilpizzo. La volta che si rifiutò lo caricarono di botte lasciandolosemisvenuto a terra con i documenti buttatisotto il camion. ―Qualunque posto ma via da qui‖,continua a ripetere ad Anita. Pensa persino di arruolarsinella legione straniera. Da Marsiglia gli assicurano chedopo avrà la cittadinanza francese. Aspetta. Sa che lavita regala sempre delle opportunità, basta aspettare ecoglierle al volo quando passano.Finalmente l'occasione: ―Circo italiano cerca assistenti‖,legge su un giornale che gli capita tra le mani duranteuna sosta per il decimo caffè. ―Sapevo che l'Ovest miavrebbe chiamato‖, dice ad Anita e parte per l'Italia acercare il circo. Lo trova nella periferia di un paese dellaLombardia. Arriva mentre nella grande tenda colorata,circondata da roulotte, si muovevano, applauditi dalpubblico, clown, animali, trapezisti illuminati da fasci diluce colorata e lo speaker che in perfetto italianopresentava gli artisti accompagnato dalla colonnamusicale. ―Bello! - si sorprende a gridare László mentresi godeva lo spettacolo -. Qui in una settimana imparo180OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


l'italiano‖. Era l'ultimo spettacolo della settimana.Spente le luci subito a smontare il tendone, caricarlo suicamion, raggiungere un altro paese e rimontarlo per lospettacolo della sera. Tutto il lavoro in silenzio, sologesti. Nessuno parla italiano, i lavoratori del circo sonoindiani, turchi, romeni, slavi, cechi, slovacchi. ―Qualeitaliano per quattro soldi, sarebbe stato disposto alavorare 20 ore al giorno senza mai un giorno di festa,dormendo in un bilico in cui sono state ricavate cinquecelle da due metri? - dice ancora László -. Con il mioarrivo tutti gli argani cominciano a funzionare bene, noncigola più niente e i motori dei camion non lasciano apiedi più nessuno. Imparo tutti i mestieri e l'italiano delcirco: signore e signori buona sera, tra poco assistereteallo spettacolo più bello del mondo che i nostri artistihanno preparato per voi. Ecco Laila la nostra bellissimatrapezista che vi lascerà con il fiato sospeso. Ogni voltache lanciavo il cono di luce su Laila rivedevo Anita.Allora le spedisco una lettera: ‗Mi manchi molto‘ scrivo ela invito a venire a lavorare nel circo come cassiera ebarista. ‖―Aspettavo questa lettera - ricorda ancora Anita.Non riuscivo a vivere senza László e avevo semprepaura di perderlo. Senza pensarci interrompol'università e, contro il parere di tutti amici e genitoriparto per uno sconosciuto paese in Piemonte‖. Trova ilcirco e László molto dimagrito ma sempre tonico epositivo. Insieme non hanno più paura di nulla esuperano tutte le difficoltà. Cambiano circo e nelsettembre del 2000 con il nuovo circo arrivano a Goro.Rimangono ore a guardare il mare, è la prima volta chelo vedono. La targa ungherese crea curiosità. Ilcomandante di un peschereccio sta cercando aiutanti echiede a László di lasciare il circo e lavorare per lui.Accetta la proposta e due giorni dopo diventatomarinaio, ecco affrontare il mare che aveva visto solonei film.Il settembre del 2000 è ancora ricordato come unmese terribile con vento, piogge e mare sempre intempesta. Appena si apriva uno squarcio di luce tutti ipescherecci mori. «Non credevo che il mal di marefosse così brutto - ricorda László -. Vomitavo in continuazione,mi mancava persino l'aria ma non ho maiabbandonato il mio posto di lavoro. Era una sfida trame e il mare. Dopo alcuni mesi cambio nave, mi chiededi lavorare per lui il comandante Giovanni Turri. Nellacasa di Turri trovo una famiglia e l'affetto che nonavevo mai avuto nella mia. Con lui imparo il mestieredifficile del pescatore. È talmente bella per me questascoperta della famiglia che chiedo ad Anita di sposarmi.Anita risponde sì con la testa. Partiamo venerdìpomeriggio per l'Ungheria e sabato 10 novembre 2001nel comune di Nyiregyháza ci sposiamo. Il ritorno aGoro è il nostro viaggio di nozze. Arriviamo lunedìmattina io in tempo per saltare sulla nave e Anita percorrere nel ristorante dove aveva trovato lavoro».Nel 2004 László compra una barca. Rimette a nuovoun'imbarcazione e la battezza con il nome dell'uccellomitologico simbolo della lotta al male. E ora a bordo c'èanche la moglie.»Sono passati sei anni dal varo del Turul, hannocomprato una casa a Mesola dove sono circondati –come dice Antia – ―con vicini meravigliosi che tisalutano, che si fermano a parlare e se possono tiaiutano.‖L‘articolo si conclude con le parole di László: ―Orastiamo pensando di sposarci in chiesa nella nostra parrocchiadi Nyiregyhàza con una bella cerimonia, unabella festa e un bei viaggio di nozze e aspettare ibambini che Dio ci manderà‖...QN Il Resto del Carlino – La Ne – Il Giorno, Cultura Caffé della Domenica /Estate – La Storia, dell‘8/8/<strong>2011</strong>81OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


APPENDICE/FÜGGELÉK____Rubrica delle opere della letteratura e della pubblicistica ungherese in lingua originale e traduzioni in ungherese ____VEZÉRCIKK + 1LAUDATIOJUBILARISKétnyelvű folyóirat évfordulójátköszöntendő mindkét nyelvenérthető két szóval illendő kö-15szönteni. Tizenöt esztendőjébelépett, a Ferrarában kiadott, a világsok táján élő magyaroknak és olaszoknakegyaránt jelentős folyóirataz, „<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>‖.Ember életében gyerekidő ez, a kamaszkor lázadóéveinek kezdete, de egy rangos irodalmi lap számáratiszteletreméltóan hosszú időszak, már-már korszakosidő. Kevés az olyan rangosnak számító folyóirat, amelyennyi időt megélt. Több az, amely néhány szám, vagyesztendő után erejét vesztve az érdektelenségbe, aközönybe fulladt. Ignotus és Babits „Nyugat‖-ja,Herczeg Ferencék „Új idő‖-je éltek meg, valóbankorszakuk izlésvilágának támogatásával ilyen időt.De a Ferrarában szerkesztett „Ossservatóriót‖egyetlen személy - ráadásul egy nő - szerkeszti,tudomásom szerint a maga erejéből. Legfeljebb olvasóiés családtagjai támogatását élvezve. Melinda asszonyvállalkozása és törekvése ezért inkább NémethLászlónak a harmincas években megindítottegyszemélyes folyóiratához, a „Tanú‖-hoz hasonlítóvállalkozás. Ám annak fejfájára az lett ráírva „Élt 3esztendőt.‖ A pénzhiány, az érdektelenség, és a többijelentős írótársa támadása miatt szűnt meg. Azegyetlen barát és kritikustárs Gulyás Pál kivételévelössztűz alá vették.Az „<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>‖ nem úgy egyszemélyeskiadás, ahogy a „Tanú‖ volt. De mégis egyszemélyes,hiszen egyetlen személy, Melinda asszony válogatja,gyűjti, keresgéli a bekerült írásokat. Valahogy úgy,ahogy a virágokat kedvelő lélek, a mezőn a szebbnélszebb illatozó növényeket. Egyszerre két réten, az olasznyelv rétjén és a magyarok mezején gyűjtögeti avirágokat.És ezt oly módon, hogy bár karakteresen, igaziműgonddal, azt is mondhatnánk, hogy kisséasszonyosan szeszélyesen, ahogy a két virágzó rétenszedett növényeket csokorba köti, a közös folyóiratvázájában elénk helyezi. Nem úgy, hogy előbb az egyiknyelven születettek olvashatók, hanem elegyesenváltakoztatva, értelmet egyáltalán nem zavarósorozatokban állítva.Mi az, amit egy ilyen, sokak érdeklődésére szítófolyóiratnak kínálnia kell? Korszakalkotó nagy műveketritkán közölnek először folyóiratokban. Amúgy is ritkánszületik ilyesmi, manapság egyre kevesebb számban.De már megjelent remekművekre illik és tudni kellvigyázni. Akár azok újra közlésével, a kétnyelvűségkihasználásával, a művek gondos átültetésével.Számtalan példa mutatja, hogy a szerkesztőnő eztmennyire fontosnak érzi. S hogy ebben a sajáttehetségével is kiállva közreműködésre bíztat másokat.Aztán méltatlanul elfelejtett, többnyire nem is irodalmiokok, hanem világnézetük miatt száműzött vagyagyonhallgatott tehetségek műveinek bátorközreadásával, jelentőségük méltatásával, valamilyenigazság - ha az irodalomban, vagy bárhol létezhet ilyen- helyreállításával. Az egyik mostani legnagyszerűbbpélda és kísérlet erre Tormay Cécile méltatása ésnagyszerű életművének bemutatása, a róla szóló idegennyelvű kritikusok és hazai írótársak méltatásánakbemutatása. Micsoda fájdalmasan igaztalan sorsa voltennek az életében is halálra üldözött írónőnek, melyetaz „<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>‖ emlékünkbe idéz. A „KeletNépe‖ egykori szerkesztőnőjeként számos - későbbnagynevű - írótársának adott helyet és teret, ésközülük, alig emlékeztek rá írásaikban. Talán egyedülSzerb Antal a kivétel ezen a téren, aki a MagyarIrodalomtörténet-ének utolsó fejezetében méltatjaregényeit és írásait. De - és ez se hallgattassék el - akésőbbi kiadásokból ezt a fejezetet kivették. Ugyanúgy,ahogy a szerző munkáját és munkásságáról szólóméltányos kritikákat.Ne várjon senki jót és elismerést, aki az irodalmi életingoványos mezejére rálépni merészkedik. Engem, hogysaját példámat említsem, Illyés figyelmeztetett erre,mielőtt elküldte volna néhány veresemet az „Új Írás‖akkori szerkesztőjének. «Gondold meg jól, valóbanközzé akarod-e tenni írásaidat? Vedd tudomásul, hakiadod, sokkal több károd, békétlenséged támad,haragosaidnak száma hatványozottabban fognövekedni, míg azok, akik, szívükbe zárnak, csakegyesével-kettesével néha. Változtass nevet legalább,hogy azonnal rád ne támadjanak, elvégre orvos vagy.Sokan ismernek, még többen fognak rátámadni azért,hogy „kiírtad‖ valamelyik rokonának nem éppendicséretre méltó cselekedetét.» És volt is okommegbánni a magányból való kilépést, de nem errőlszeretnék most beszélni.Egy folyóirat szerkesztőjét még több oldalról és mégtöbben támadják, és okolják, a maguk sikertelenségéértis. Németh László még halálos ágyán is gyűlölettelemlíti Babits nevét. Őt, és persze Osvátot okolja azért,hogy megölték benne a költőt. Nem volt igaza, márcsak azért sem, mert mint novella és esszéírót ugyanőktárt karokkal fogadták be maguk közé. És milyenhamar, és milyen fiatalon. És Babitsot nemcsakNémeth, hanem mások is, szinte csapatostólkárhoztatták. Köztük, egy remek versében József Attilais, igaz, később egy ugyancsak remek versébenkiengesztelte. De hát mit ér az ilyesmi…Nagy vonalakban két nagy csapatra lehet osztaniazokat, akik egy, a színvonalra vigyázó lap - és az„<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>‖ ilyen - szerkesztőjét támadják.Egyfelől vannak azok, akik beküldött írásait lapjábannem hajlandó közölni. Nem tudom, de remélem, hogyezekre is szán időt Melinda asszony, de ha nem, ezt ismeg tudom érteni. Igazából én is csak egyetlen ilyenlelkiismeretes szerkesztővel találkoztam, az egykoripécsi „Jelenkor‖ sajnos már szintén néhaiszerkesztőjével, Tüskés Tiborral, aki szinte napokonbelül válaszolt minden hozzá küldött levélre, akár182OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


hajlandó volt közölni a hozzá küldött anyagot, akárvalamiért el kellett utasítania.Persze a szerzők többsége akkor is neheztelni fog, hakedvesen-udvariasan, de kosarat kap. Ilyenekből áll aharagosak egyik tábora. A másoké, az igazángyűlölködőké azokból, akik a lapban megjelent írásokmiatt kelnek haragra. Ezek a veszedelmesebbek, merttöbbnyire előítéletes, s legtöbbször nem irodalmiokokból neheztelnek a közlés miatt.Hányszor és milyen mértékben volt az eltelt tizenötesztendő alatt az „<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>‖szerkesztőnője, s ezért emiatt egyedül felelősségetmagára vállaló asszony, nem tudhatom. De – eztszintén Illyéstől tudom – Babits szinte belerokkantazokba a támadásokba, amelyek a „Nyugat‖szerkesztőjeként érték. S Csak Németh, József Attila ésmás nagyságok, mint a más okok miatt szintén gyakranmellőzött Szabó Lőrinctől is hány és mifélegyalázkodások. Igaz, ő egy rangos, és hazaiviszonylatban meglehetősen nagy pénzzel járódíjazásnak is kiosztogató főkurátora volt. Melindaasszony szerencsés, hogy ilyennel nem rendelkezik.Kevésbé szerencsés amiatt, hogy még annyival sem,hogy a leközölt írásokért szerzői honoráriumot fizessen.De azért kap ő is eleget, hideget-meleget amegjelentetésekért éppúgy, mint a kihagyásokért.Ha még egyszer lesz módom legalább telefononbeszélgetni vele, meg is kérdezem tőle, hogy mibőlmenyit kapott. S hogy – mégiscsak, a gyöngébbnemhez tartozóan – hogy tudta elviselni a szidalmakat,éppúgy, mint az elismeréseket. Mert néha ezeket sekönnyű, főleg, ha nem olyantól kapja, akitől igazánszeretné.Férfiukat meghaladó erő kell ehhez. Akaraterő, kitartás,csakazértis ragaszkodás ahhoz, amire az életét feltette.Amihez hozzákötötte magát. Pedig Melinda asszony –amint az fentebb leíródott, gyöngédséggel, érzelmekkeltele nőies nő. Hogy némi férfias erő is kapcsolódikjelleméhez, az kell a küldetéses munkájához, amitmagára vállalt. Ilyen küldetéses erő kell, hogy legyenbenne, másképp lehetetlen lett volna vállalni ezt aműködést.Vajon szerencsésebbek, vagy szerencsétlenebbektársaiknál akik küldetést kapnak valamire? Nekeressünk misztikus magyarázatokat. Egyszerűen csakelgondolkodtatnak, hogy mire képesek, mivelhasználhatnának. Tudni vélem, hogy amikor több mint15 évvel ezelőtt, mikor már anyanyelv szinten beszélteaz olaszt és talán álmai egyik felét is ezen a nyelvenélte, vált alkalmassá, képessé arra, hogy egy ilyenkettős nyelvű folyóirat megindításába kezdjen. Tövirőlhegyirekellett ismernie mind a két nyelv irodalmát,kultúráját, történelmét s a két nép között a zivatarostörténelem során kialakult hol szoros, hol elfeledettkapcsolatokat. A magyar nép és nyelv egyedisége, ésárvasága, rokontalansága miatt mostohája akontinensünknek, létszáma is alig ötöde az olasznyelvet beszélőknek. A szorosan vett újlatin nyelvekkultúrnépei pedig egymás nyelvét könnyen megértik,talán százszorta többen vannak. Ám ha valamiben,akkor éppen ebben, ősi nyelvünknek az irodalombanelsősorban megőrződő, kifejeződő szépségénekhordozásában velük egyenlők vagyunk. És másnépekkel is vetélkedhetünk – tegyük hozzá.Az egyszerre két nyelven megjelenő, egymásbafonódó, egymást erősítő irodalmi alkotások révénnemcsak a két nyelvi kultúra közelíthet egymáshoz,hanem az egymásra hatás következtében valami,újdonság is létrejön. Bátran merek hozzászólni ehhez afolyamathoz. Hiszen anyám, a Modenában született ésapámhoz, a magyar katonához hozzáment leányzórévén - bár soha nem tudtam irodalmi szintenelsajátítani a nyelvüket, ahogy ezt munkáim: verseim,drámáim, prózáim és esszéim is tanúsítják - félig mégisaz olasz kultúra bűvöletében élek. Ennek auráját érzem,úgy mint a magyar nyelvnek ízeit, amikor valamelyikművemet megfogalmazom.Valami ilyesmi járhatta át Melinda asszony tudatát is,amikor ennek a két kultúrának különbözőségeitgondosan megőrizve közelítésén fáradozott. Ez aküldetés, ami a legfőbb erővel kisugárzik az„<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>‖ hasábjairól.A kitartó erőfeszítés már nem csak az irodalmikapcsolatok felkutatására szolgál. Úgy vélem, éppenemiatt fogadta lelkesen és tette elsőként közrefolyóiratában azt a csak néhány példányban megjelent„Cronaca Illustratá‖-t, amelyik egyik, olaszunokatestvérem és magam együttműködése révén egysajátosan magyar-olasz művészkedésként bontakozottki. A díszes csempék, stufák áruként is elkeltek, biztostöbb anyagi sikert hoztak, mint Melinda asszony ésremete jómagam alkotásai.Mégis, ha valami, a legkevésbé fontos, az ez. Nagyelszántság, okosság és ügyesség is kell ahhoz, hogy aküldetést teljesíteni lehessen. Önzetlenül, még azt semmérlegre téve, ami nyilvánvaló, hogy nekünk, kevésbéismert nyelvű néphez tartozóknak, fontosabb, többetjelent ez a lehetőség, mint a világ legnagyobb nyelvűnépek irodalmához magukat hozzámérni tudóolaszoknak. De érdeklődésüket szórakoztatásukon túltudásukat az ő nyelvükre lefordított magyar agyakbanszületett versek és írások is fel tudják kelteni. Különbecsülendő és köszönet azért, hogy mindkét nyelvbenjártas költői tehetségével ehhez a szerkesztőnő maga ishozzá tud járulni.Utolsó gondolatként emiatt térek vissza a tágas olaszmezőkön és a szűkösebb magyar réteken csokorbaszedhető s köthető virágok hasonlatára. Nem vázábakerülnek ezek, hanem gyökerestül átültetve abba akülönleges kertecskébe, amelyet ez a Ferrárába kerültmagyar asszony gondoz. Shelley csodálatos verse juteszembe erről „Az érzékeny Plánta‖. Az első sorai:„ Egy kertbenegy Érzékeny Plánta nőttHarmattal a szél dajkálta őt‖….És aztán a második részben, Babits nagyszerű átültetésében:„S ez Édenkertben egy bűvös ErőÉlt, titkos Éva, gondviselőVarázs, altatni és költeni ottMindent, mint Isten a csillagotEgy Hölgy….‖Hosszú évtizedeken, majd fél évszázadon keresztülpróbálták elhitetni velünk a materialisták, hogy az183OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


anyagi erők terméke minden, tehát a szellem, a kultúra,a művészetek, az egész Civilizációnak nevezett,emberek által is létrehozott világ. Pedig nyilvánvaló,hogy ez nagy butaság. Az anyag képtelen szellemi erőtteremteni, alkotni; nem képes isteni energiák nélkülbármit is létrehozni, megvalósítani, fenntartani.Érjen meg még számos szép jubileumot Melindaasszony a maga szép Édenkertjében, ebben akülönleges növényzetű, kettős nyelvű Osservatoriójában!Bodosi Györgyalias Dr. Józsa Tivadar- Pécsely -Lectori salutem!Mindenekelőtt nagyon szépenköszönöm Bodosi György írónak éskritikusnak az «<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>»15 éves születésnapja alkalmábólküldött írását. Sorai olvasása soránvalóban meghatódtam s egyszerűennem találtam rá szavakat. Ilyen jókritikát és elismerő szavakat kapni egy olyan embertől,akitől különösen a nőköltők rettegnek, bizony nem kisdolog, különösen nagy, megtisztelő, kitüntető ésfelbecsülhetetlen elismerés! Még egyszer NAGYONSZÉPEN KÖSZÖNÖM!Olaszországi szakmai utam, elsősorban az «<strong>Osservatorio</strong><strong>Letterario</strong>» útja megegyezik itteni életutammal.Az olasz nyelvű vezércikkemben jeleztemdokumentumokkal alátámasztva igazságtalanságokat,amelyeket velem szemben elkövettek irodalmi-,kulturális, sajtó- és kiadói vállalkozásommal szemben:megpróbáltak zsarolni állítólagos jogtalan közlés miatt,szerencsére a mitomán szerző erősen célt tévesztett,márcsak azért is, mert ő maga kérte a pozitív elbírálásesetére a közlési lehetőséget... Aztán olyanok is voltak,akik kifogásolták, belekötöttek kezdeményezéseimbe,mondván, hogy egy külföldi mi jogon bírálhatja el azolasz irodalmi alkotásokat, ha ő maga nem tudkorrektül olaszul írni, megerősítvén, hogy ők bizonynem vesznek részt az általam meghírdetett irodalmipályázatokon. (Jól is tették, s így legalább megkíméltekaz esetleges kiselejtezésük miatti zsörtölődésüktől,vádaskodásuktól, támadásuktól.) Belekötöttek arészvételi díjakba, az irodalmi díjakkal járó kiadóiprogramokba és még sorolhatnám... Persze mindeztegyetlen kivétellel a hátam mögött hangoztatták,nekem egy árva szót nem írtak ilyesmiről, kerülő útonjutott el hozzám. Szemtől szembe nekem nem szóltak,nem írták meg nemtetszésüket. Azt megtanultam, hogya szép Itáliában, ha valami működik, irígységbőlmindent elkövetnek, hogy tönkretegyék; vagy hogybármit is kezdeményez vagy tesz egy idegen, gyanúvalfogadják, s bizony sok olasznak nincs ínyére, de ha asaját fajtájuk tevékenykedik ugyanazon a területen, azrendben van s ha netán még törvényellenesen is, azelőtt viszont szemet hunynak... Van is erre jóközmondásunk... 1996- és 1998 közötti időben egyfolyóiratban 6 részes sorozatban közöltirodalomtörténeti esszém publikálását is kifogásolták,mondván, hogy nevem túl gyakran szerepel abban afolyóiratban, s tiltakoztak emiatt a lap tulajdonosánál.Vagy ne említsem a sok áskálódást, ármánykodást,amit tevékenységem ellen elkövettek. Vagy agerinctelenséget mind olasz, mind magyar részről. Ne isszóljak arról, amikor, valószínű irígységből, tisztelthonfitársaim ledigóztak. Erre is akadt példa. Ráadásulsokszor olyanok részéről érkeztek a piszkálódások,visszaélések vagy inkorrektségek, akiktől a legkevésbévárta volna az ember, vagy akiknek segítségére voltammég anyagilag is, amellett, hogy lehetőséget adtammegjelentetésre olyan időkben, amikor régóta mellőztékőket... Olyan is előfordult, hogy a kritikaimegjegyzésemre, s majd annak felkérésre tettkifejtésemre ―kikérték maguknak‖ az én szemszögembelimeglátást, de azt megelőzően természetesenlevegőnek tekintettek... Nem csodálkoznék azon sem,ha ennek következtében bizonyos műfordítóiversenyeken éppen ezért nem jutok el a megérdemeltdíj odaítéléséig... Azt is felhozhatom, hogyha bizonyosegyetemen oktatóknak szükségük van rám,megtalálnak, de az én kérésemre nem reagálnak, vagycsak akkor - s ilyenkor nem sajnálják az időt hosszúlevélben ecsetelni a kifogásokat, erre van idő - amikorhosszú idő után válasz nem érkezvén, még annyi sem,―hogy sajnálom, de elfoglaltság miatt nem tudokérdemben válaszolni‖ bátorkodtam azt írni kb. így:«sikerült megoldanom a fordítást, így szívestudomására hozom, hogy nincs már szükségem szívesközreműködésére, s kérem ne fáradozzon ügyemben,mert már nem érvényes. Köszönettel és tisztelettel...»Vagy ne beszéljünk a szőrszálhasogatókról, akikolyanokat olvasnak ki a szövegeimből, amelyek megsem fordultak a fejemben... Hányszor előfordult az is,hogy az ígéretek be nem tartása miatt nekem komolyanyagi káraim keletkeztek: kiadványok szerkesztésénekés megjelentetésének előzetes megrendelése miatt máshasonló munkákat vagy fordítói- és tolmácsmunkákatnem vállaltam el, hogy eleget tudjak tenni amegrendeléseknek, s mikor elkészültem a munkákkal,amelyekbe rengeteg időt és fáradságot öltem, anyomtatás előtt – még jó, hogy nem utána –visszaléptek a megrendeléstől, így elestem mindenleendő kereseti lehetőségtől. Előleg fizetésébe persze -kevés kivétellel - senki nem ment bele. Ez is jótanulópénz volt. Az ember bizalmával így és másképp isvisszaéltek. Az is megesett, hogy valaki azt híresztelte,hogy ő a folyóirat tulajdonosa, főszerkesztője s ez egykulturális rendezvényen véletlenül került felszínre, aholfel kellett világosítanom a tévedésben lévőket, hogynem én vagyok a bedolgozó, hanem az, aki kiadjamagát a periodikám főszerkesztőjének... Az ismegtörtént olasz és magyar részről egyaránt, hogyírásaimat saját munkájukként tüntették fel, még arrasem fordítottak fáradságot, hogy legalább atagmondatokat tévesen elválasztó vesszőket kijavítsák.Nem csoda, hogy ezek után nincs bizalmam azemberekben, s nem is előlegezem meg a bizalmattöbbet senkinek sem. No, de nem is csodálkozom azidegenek irígységből, szakmai- vagy presztizsféltékenységből, ellenszenvből vagy egyszerűenrosszindulatból fakadó viselkedésén, ha a legközelebbállóktól is sokszor még igazságtalanabb reagálásokérkeznek... Mint például olyan esetben, amikor nemlehet mindent aprólékosan megírni, mert adott esetbenannak nincs jelentősége, vagy nem tartozik oda, elég184OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


csak egy utalás, s akkor azzal vádolnak meg, hogyelhallgattam dolgokat... Vagy azért, mert tömörenkellett fogalmaznom, vagy pedig mert a szerkesztőkvágtak ki írásaimból innen-onnan részleteket s ezértnem szerepelnek az írásban bizonyos információk... Ittvan pl. egy iskolai évkönyv esete, amelynek alkalmából,amelyet a magyarországi utolsó munkahelyem 25.évfordulója alkalmából adtak ki, s az ebbe való írásra,mint egykori kollégát engem is felkértek. Arendelkezésemre álló korlátozott hely miatt nemtérhettem ki részletesen arra, hogy tulajdonképpen mimódon választottam a tanári pályát. Akkor mindazt megkellett volna írnom, hogy az érettségi után, apácakéntszerettem volna tanári pályára menni s bent maradni azárdában egy fogadalmam következtében, s mindentelkövettek szüleim, hogy ne maradjak bent, mondván,ha majd később is úgy gondolom, akkor visszameheteka nővérekhez; rábeszéltek, hogy a vízgazdálkodásifőiskolára jelentkezzem, holott tudtam, hogy elvérzekazon a felvételi vizsgán, nem nekem való pálya azüzemmérnökség... A szintén szüleim javasolta jogipályára bizony a történelem felvételi vizsga miatt nemakartam menni, mivel utáltam a hazugság-történelmet,s mivel zene- és énektanár, zeneszerző, nagyanyainagybátyám, adjunktus vagy docens - már nememlékszem pontosan - Privler Gyula András, a mi Bandibácsink tehetségesnek tartott s javasolta nekem amagyar- és ének-zene szakot, erre jelentkeztem s én isezt találtam a legalkalmasabbnak számomra azongoratanulmányaim alapján is - ahol a zongorarzástis folytattam, mivel egy hangszeren is kellett tudnizenélni -, s nem hallgattam édesanyám ellenvetésére,hogy ének-előképzettségem nem lévén ahangszalagjaim nem fogják bírni. A felvételi előttlakóhelyemen külön szolfézs- és énekórákra jártam egyzeneiskolai tanárhoz s egy zongoratanárnőhöz.Édesanyám jóslata bevált sajnos s emiatt kénytelenvoltam szakot változtatni. A magyar–orosz szakotválasztottam s erre jött édesanyám levele, hogyazonnal módosítsam a szakpárosítást, mert harendszerváltozás lesz - ez is bekövetkezett, de jóvalkésőbb – nem fogok tudni mit kezdeni az orosszal. Ígyesett a választásom a történelemre, mert a mégfennálló német – és angol szaktárgyakat nemválaszthattam. Azt is megemlíthettem volna, ha ideillőlett volna, hogy a gimnáziumban volt lehetőségkülönórában olaszt tanulni, de ehhez nem járultakhozzá a szüleim, mondván, hogy nem világnyelv, mit iskezdhetnék majd az életben az olasszal – lám-lám,mintha megéreztem volna akkor, hogy a számomranagyon vonzó nyelv ismerete hasznomra válhat -; smivel szülői beleegyezés kellett, nem jelentkezhettemerre a különórára. Ellenben német különórára járattakaz olasz helyett s a németet pontosan a kényszerítetttanulása miatt nem szerettem, nem is tanultam ezt anyelvet becsületesen a gimnáziumi időszakban. Későbbfiatal felnőtt fejjel, a főiskola előtti évben, a megyeibírósági gazdasághivatali napi adminisztrátori munkámlejárta után, a késő délutáni és esti oktatásokkeretében szívesen jártam Kemény Géza tanár úr (akiköltő is volt) TIT-óráira, a vegyipari egyetemi műszakirajzolói tanfolyam és a zongoratanulmányaim mellett,de ez nem volt elegendő a német szak felvételéhez. Alegrosszabb esetben, alternatívaként az angollal iskiegyeztem volna – mégha ez nem is vonzott – agimnáziumi angol különórát illetően, de szüleim, anémet mellett döntöttek. Nem soroltam fel, hogy a fentés lent említett Bandi a tanító diplomával rendelkezőanyai nagyanyám bátyja volt, akinek édesapja, azaz azén dédnagyapám, valamint férje, az én anyainagyapám szintén tanítói képesítéssel rendelkeztek,édesanyám testvérei mind pedagógusok voltak, anővére tanár, a két húga óvónő, unokahúga szinténzenei vonalon docens volt... Nos, mindezek nem islettek volna odaillők s tömör megfogalmazásommalutaltam arra – amit kérkedésnek minősítettek s amibenmindezek benne foglaltatnak –, hogy örökölt tanárihajlamomnak köszönhetően tudatosan választottam ezta hivatást.... Arra sem tértem ki, hogy a negatívtapasztalatok miből álltak az oktató-nevelő munkám ésa tanulóéveim alatt, sem arra, hogy az akkorikommunista szellemű, kádári rezsim kiszolgálói mimindent el nem követtek, hogy a nekik nem tetszőket,a «másként gondolkodókat» megakadályozzák atovábbtanulásban, érvényesülésben, így velem is hogyviselkedtek, de ennek ellenére mégiscsak sikerült tanáridiplomát szereznem... Tanulmányaim alatt,kisgyerekoromtól kezdve érezhető volt a nyomás, s ez asikeres felvételi vizsgára is rányomta bélyegét:fellebbezés lehetőségével elutasítottak, nem vettek fel,de végülis szerencsésen végződött édesapámközbenjárásának eredményeként, aminekkövetkeztében rajtam kívül az összes fellebbezésjogával elutasított felvételizőt felvették Pécsre abban azesztendőben... Legalábbis annak idején ezt állítottaédesapám. Nos, íme az iskolai évkönyvbeli írásomrakapott atyai reagálás, amely 1999. december 22-énérkezett az általa kiemelt részekkel, így legalábbnyilvánosan, világraszólóan pótolva az általa kifogásolt,«szülőkbe való belerúgás»-ként minősített mulasztásompótolván közzéteszem bármi félreértés elkerülése végettédesapám által kiemelt részeket tartalmazó kislevélcetlijét, beillesztve a 2008. május 5-ipostabélyegzős leveléből is egy részletet, amiben annakellenére, hogy ismerte hazai és akkori ittenikörülményeimet azt írta nekem, hogy «[...] Szerencsésvolt külföldre, mégpedig egy nyugati országba férjhezmenned az akkori Magyarországból, mint kis pénzértitthon dolgozni. Ott viszont nem tetted le azokat avizsgákat, amelyekkel elismertethetted volna az itthonszerzett tanári képesítésedet. Mi itthon éljük életünketIsten adta lehetőségeink keretei között [...]»:185OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Íme az erősen kifogásolt írásom, amelyben «szinte kérkedve»hivatkozom többgenerációs örökségemre és nem említemmeg, hogy ez anyai ágon öröklődött át:«Egy évkönyv lapjairaKedves Kollégák! Arra kértetek, hogy írjak valamit atervezett évkönyvbe, melyet az iskola fennállásának 25.évfordulója alkamából szeretnétek megjelentetni. Ennélnagyobb örömet nem is szerezhettetek volna!Hogy írjak valamit?... De nem is olyan könnyű...Rengeteget lehete írni, meg semmit.Emlékek... Idővel a szomorú, kellemetlen eseményekeltörpülnek, s csak a szépre emlékezik az ember,különösen az, aki távol él hazájától. Más szemüvegen átszemléli a múltat és jelent, más mércével mérlegel már,s hajlandó a megbocsátásra, még akkor is, ha annakidején bizonyos cselekedetek, személyek igen mély éssokáig vérző sebeket hagytak lelkében... Én is ígyteszek: „csak a szépre emlékezem...‖Szerettem a Botevet. Örömmel jártam ide tanítani,nagyon szerettem a munkámat. Tudatosan készültemerre a pályára szüleim ellenkezése és lebeszéléseellenére. Nekem, akinek a véremben van, többgenerációs örökségként már a génjeimben találhatóezen hajlam — a sors és akarat nem sugallhatott mást,mint ezt a pályát választani. Emellett egy másik nyomósokom is volt: mégpedig a sok elszenvedett, politikaiszemléletben gyökerezett igazságtalanság, amely arraösztökélt, hogy megmutassam, lehet igazságosan isoktatni, nevelni. Talán nem szerénytelenség aztállítanom, hogy nagyjából sikerült önmagam előttbizonyítanom.Nem felejtem el a „néma" Robi alakját és esetét,akiből senki sem tudott egy szót sem kihúzni. Az elsőalkalmakkor én is így voltam vele, s aztán megtörtént acsoda: minden egyes órámon úgy jelentkezett, hogymajd kiesett a padból, s ragyogó arccal válaszolt akérdéseimre. Pista, az akkori igazgatóhelyettes ismeglepődött: óralátogatásai során maga tapasztalhattaezt a nagy változást. A fiú felismerhetetlen volt, minthakicserélték volna. Nagyon is jól emlékszem, hogyamikor feleltettem, az egész osztály úgy drukkolt neki,mint egy sportversenyen: Hajrá, Robi, meglátod,sikerülni fog! — s felelete végén, amikor a megérdemeltosztályzatot megkapta, kitört a vastaps.Vagy Tibi, egy másik egykori hetedikesem a BástyaÁruházban köszönt rám. Nagy örömmel nyújtottam akezem kézfogásra, mire a magas fiatalemberrécseperedett, hajdani szöszke, szemüveges, korábbankissé modortalan kisfiú „kezét csókolom‖-mal s mélyenmeghajolva, valóban kezet csókolva köszöntöttengem...Vannak, sajnos, szomorú események is. Ilyen egyelhunyt kis tanítványom, az osztályombeli Évatragédiája: 18 évesen távozott el, de nagy akaraterővel,súlyos betegen, az utolsó pillanatig tanult, le isérettségizett. Egészségi állapota dacára is készült azÉletre.Nézzük a tárgyi emlékeket... A kedves vázák, könyveks egyéb kis ajándéktárgyak a szalonomat díszítik mégmost is, úgyhogy nincs nap, hogy ne jussanak eszembevolt tanítványaim. Itt van például a bizsus dobozombanKriszti meglepetése: az általa készített, színesgyöngyszemekkel díszített makramé nyakörv.Születésnapomra ajándékozta nekem (egyazon napon,december 12-én születtünk mindketten). Vagy atantestület nászajándéka: a teáskészlet, amely mégmindig megvan majdnem hiánytalanul.Nagy szeretettel és hálával emlékezem vissza KovácsJános igazgató úr alakjára, aki az első pillanattól kezdveelismerte munkámat. Ez igen ösztönző hatással voltrám, még néhány kudarc ellenére is — mert ilyenek isvoltak, mint mindenütt az életben.Gyakran barangolok gondolatban hazai tájakon.Eddig, legtöbb alkalommal, amikor magyar földreléptem, torkom, gyomrom összeszorult, szívdobogásommegszaporodott a nagy boldogságtól. Tizenöt éve élektávol, s a hazámra gondolva elhatalmasodik rajtam ahonvágy, amely nagyon erős, s csak ideig-óráig lehetelhallgattatni. Azóta, hogy Olaszországban élek,szülőföldem minden zuga kedvesebb, jelentékenyebbszámomra. Ha tudnám, átölelném az egész hazámat! Ittmindennek: égnek, földnek, levegőnek más a színe,186OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


más az illata. Magyar színek, magyar illatok... az édesszülőhaza illata!Befejezésül hadd idézzem Apolide című versemet —magyar változatban —, melyet eredetileg olasz nyelvenírtam, s azt hiszem, hogy hűen kifejez mindent, nemkell megmagyarázni mondanivalóját:HontalanMikor valaki mondja:„Szerencsés vagy,két hazád van!‖ —nem is tudja,mennyire bántezen megállapítása...Két haza!Bár ezt mondhatnám!De nem így van —s gyötör a hontalanság.Igaz, kettős az én jogállapotom:magyar s olasz állampolgár vagyok...De Magyarország már csakkülföldinek tart engemet,s itt ezen a félszigetenmég nem vagyok olasz egyed.Két haza!...De groteszk egy helyzet!Valójában nem vagyok más csakgyökértelen ember:Nem tartozom mára magyarok földjéhez, —s új hazámbanItáliábannem eresztettem gyökeret...Dr. Bonani Tamás-Tarr Melinda»Most pedig a periodikám megalakulási körülményeirőlés tevékenységéről szólok, amely most október végén,rövidebb formában, az olasz részben látható képek egyrészének illusztrálásával jelent meg a PécsiTudományegyetem Bölcsészettudományi Karának <strong>2010</strong>-es XI. Hungarológiai Évkönyvében, amely a magyaregyetemek hungarológiai műhelyeinek kiadványsorozata:«HUNGAROLÓGIA A NAGYVILÁGBAN:Bemutatkozik az <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>/ B.Tamás-Tarr Melinda: Egy olaszországi hungarikum:a ferrarai olasz–magyar kulturális és irodalmifolyóirat – hungarológiai aspektusaival».Mivel a kilencvenes évek végéhez érve sem sikerültbiztos és állandó állást szereznem, csak rövid lejáratú,alkalmi fordítói, tolmácsolási, nyelvi- és kulturálisközvetítői és oktatói megbízatásokat és hogyszellemileg el ne satnyuljak, állandó szellemi munkátbiztosítsak magamnak, az újságírást gyakorolhassam,hogy felvételt nyerhessek az olasz újságírókszövetségébe 1997. októberében megalapítottam az<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> – Ferrara e l‘Altrove (rövidenO.L.F.A. vagy <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>) c. kéthaviirodalmi és kulturális folyóiratomat, s ebben ahónapban publikáltam a 22 oldalas első és kísérletiszámát, a 2007./0. számot, amely azóta már 99-250oldal közötti könyvterjedelművé gyarapodott. A 0-1.számok kísérleti számok voltak, a 2. és a 3. szám a«Fantasy» újdonsült ferrarai folyóirat mellékletekéntjelent meg, s 1998. április 14-i 98/6-os cégbíróságibejegyzéstől a 4. szám már önálló folyóiratomkéntjelent meg (ld. az olasz nyelvű részben a képeket). Alapalapítással az is volt célom, hogy legalább, ha másmódon is, de tovább folytathassam tanári hivatásom, amagyar-történelem- és olasz oktatómunkámat, ezútonis végezhessem nyelvi- és kulturális közvetítőitevékenységemet, valamint, hogy ne várjam hiába aszerkesztőségektől, kiadóktól kapott üres ígéreteket –amelyek a mai napig sem teljesültek –, hogy hangotadjak mindazon tehetségeknek, akik a hivataloskánonon kívül állnak... A fent felsorolt motivációkmellett e non-profit, individuális, kereskedelmen kívülisajtóvállalkozásom létrehozásához ötletet adtak atechnikai tényezők is: a nemzetközi és olasz nemzetipályázatokra készített irodalmi alkotásaimat, cikkeimet,a napilapok és folyóiratok szerkesztőségeibe küldötthozzászólásaimat hagyományos hordozható, mechanikusírógéppel írtam. Hogy éjjel ne zavarjam acsaládot és a szomszédokat a billentyű-kopogtatással,egy halk villanyírógépet kaptam ajándékba. Csakhogyaz eladó elfelejtette közölni, hogy csak alkalmankénti smaximum 20 perces levélírásra alkalmas ez aszerkentyű, nem pedig órákig tartó írásra. Bizony, ezenismeret hiányában azonnal leégettem a motort, azírógép nem bírta az általam diktált több mint nyolcórás üzemeltetést. Így férjem megajándékozott egyszámítógéppel és egy nyomtatóval, majd pedig 1999-ben internettel. Az előfizetett irodalmi folyóiratokatlapozgatva, s a számítógépet használva felvillant az agondolat, hogy tulajdonképpen én is meg tudnékszerkeszteni egy teljes folyóiratot. Ezt a felvillanásthamarosan tett követte: megszületett a kulturális ésirodalmi periodikám és folyóiratom 0. kísérleti számánakmegjelenési hónapjában, egy járási irodalmi rendezvényalkalmából, a hivatalos bemutatására is sor került.Mivel a több mint harminc díj elnyerése miatt nevemismertté vált – amiről a helyi, megyei és az országosnapilapok Olaszország-szerte és külföldön is hírt adtak–,valamint a különféle megyei és országos napilapokbabeküldött, majd megjelentetett ingyenes publikációimnakköszönhetően, még a folyóirat megjelenése előtt azáltalam meghirdetett és szétküldött nemzetközi irodalmipályázatokra szép számmal jelentkeztek résztvevők. 7éven keresztül az alábbi levelező irodalmi pályázatokatszerveztem és bonyolítottam le: Premio <strong>Letterario</strong>Internazionale Janus Pannonius, Praemium Auctoris,Premio Almanacco, Premio Selezione. Ezeknek arészvételi díjából fedeztem a díjazott és kiemelt szerzőkjutalmait – emléktáblák, kupák, pergamen oklevelekbeszerzési költségeit, a nyertesek és kiemeltekantológiája és önálló irodalmi füzeteik publikálásánakkiadásait – valamint az adminisztrációs és szervezésiköltségeket, a folyóirat cégbírósági bejegyzésénekilletékeit, valamint a folyóirat kiadási és postázásiköltségeit. Ehhez járult egy éven keresztül (1998/1999)egy biztosító társaság kéthavonkénti kétszázezer lírástámogatása, ami aztán véglegesen megszűnt... Ezutánnégy esztendeig csak az egyszerű és támogatóelőfizetésekre (ld. http://www.osservatorioletterario.net/chi.htm)és az irodalmi pályázati részvételi díjakratámaszkodhattam. A folyóirat működésének 5-6-7.esztendejében viszont jelentősen megcsappant apályázók száma, így beláthatatlan időre először a187OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Praemium Auctoris és Premio Slezione pályázatokatfüggesztettem fel, s az utolsó (7.) évben pedig afennmaradó kettőt. Factotum lévén még a mai napignem tudtam újraindítani ezeket az irodalmipályázatokat, mert a folyóirat megnövekvő és egyreösszetettebb és komplikáltabb munkálatai és egyébelfoglaltságaim nem teszik lehetővé ennek a plusz ésnagy energiát felemésztő tevékenységnek az ellátását.Ezen csekély bevételen kívül a folyóirat semmiféleanyagi támogatásban nem részesült s mivel azelőfizetések nem fedezték és nem is fedezik manapságsem a megjelentetési és postázási költségeket, az éveksorán összegyűjtött alkalmi honoráriumaimból és aférjemtől havonta biztosított apanázsomból álltam ésállom ma is a kiadását. Ez utóbbi is veszélyben avilágválság miatt: több mint egy esztendeje a családmegélhetését biztosító egyetlen biztos keresettelrendelkező férjemet is sújtja, – nem sokkal anyugdíjazása előtt – ami havi nem kisjövedelemcsökkenéssel jár. A világ minden tájárólleginkább a kispénzű magánszemélyek – akik ennekellenére nem sajnálják a kultúrától ezt az áldozatot –,s mint intézmények csak egy észak-olaszországikönyvtár és egy tiszteletbeli magyar konzulátus fizetnekelő, semmiféle erre hivatott magyarországi vagyolaszországi bank, oktatási- vagy kulturális intézménynem támogatta és támogatja ezen egyáltalán nemjelentéktelen - mint ahogy írják is - magas színvonalúmissziómat. Bizony elég lehangoló...Ezen individuális sajtó- és kiadó vállalkozásom fentjelzett célkitűzései mellett a mai napig fontosfeladatomnak tekintem a tehetségek felkutatását,hangot adni azoknak, akiket a harsogó média nagyobborgánumai elhallgatnak vagy egyszerűen tudomást semvesznek róluk, a lehetőségekhez képest elsősorban amagyar- és olasz kultúra, irodalom stb. bemutatását,valamint más nemzetek alkotásaira való kitekintésttartottam és tartom szemem előtt. A folyóiratelsődlegesen italianisztikai- és hungarológiai profilúsajtótermék. Jelen bemutatásomban ez utóbbithangsúlyozom. Az ingyenes távmunkatársaim és egyébklasszikus és kortárs szerzőim munkáinak beválogatásátkövetően a folyóirat összeállítása, megszerkesztése, azelső eredeti példány kinyomtatása, a példányokösszefűzése, postázása mind az én munkám volt.(Jelenleg kísérletezem tökéletesebb megoldással, mintez az ünnepi szám.) Ehhez még hozzájön a sajátcikkeim, tanulmányaim, műfordításaim és egyéb írásaimelkészítése is. Kezdetben az általam kiírt irodalmipályázatok nyerteseinek, jelzettjeinek munkái, majdpedig még a publikálásra érdemesített alkotásoktöltötték be az olasz nyelvű rovatokat. Az internetenvaló megjelenéstől viszont már folyamatosan jönnek avilág minden tájáról az olasz, spanyol, francia, magyarnyelvű ajánlatok az esetleges publikálás reményében,amelyek közül eddig még bőven válogathatok.Természetesen magam is meghívok néha általam arraérdemes szerzőket. Sajnos a fent jelzett anyagihelyzetem miatt nem tudok tiszteletdíjat éstiszteletpéldányt biztosítani. Annak örülök, hogy a 15.esztendőbe lépve még mindig jelen van a jó hírűfolyóiratom.A legelső szám A4-es formátumú, 22 oldalas vékonykis periodika volt, a borítólapot a legelső számítógéppelrajzolt geometriai illusztrációmmal díszítettem.A legelső, a 0. szám az alábbi tartalommal indult: avezércikkemet máris egy magyar vonatkozású rövidtanulmányom követi Chi era Janus Pannonius? (Ki voltJanus Pannonius?) az alábbi olasz nyelvűepigrammáival, az én fordításomban tolmácsolva: LausGuarini, De eodem, Ad Leonellum Ferrariae principem,valamint néhány latin nyelvű epigrammája és egyItáliában írt elégiája olvasható. Ebben a számban kevés– de a jelenlegi folyóirat alapját adó – rovat található,s azok elhelyezésének sorrendje még nem végleges. AGrandi tracce... (Nagy nyomok...) és Chi l‘ha scritto?Indagini letterarie (Ki írta? Irodalmi nyomozások),Profilo d‘Autore (Szerzői profil), Epistolario (Episztola)időnként kimaradó, de alkalmanként vissza-visszatérőrovatok.A következő számok terjedelme fokozatosannövekedett, olyannyira, hogy az évi hatszorimegjelenést már képtelen voltam pontosan betartani,így 1999. márciusától a III. évf. 1999/7-8. márc.-ápr./máj.-jún.-i számától évente háromszori duplaszámú és terjedelmű megjelenéssel biztosítom az évihat számot.A folyóirat mostani szerkezete alapján az alábbirovatokra épül: Editoriale (Vezércikk), Poesie &Racconti (Versek & Elbeszélések), Grandi Tracce (NagyNyomok), Epistolario (Episztola), Diario di Lettura:Galleria Letteraria & Culturale Ungherese/Liricaungherese, Prosa Ungherese, Saggistica ungherese(Olvasónapló: Magyar Irodalmi és KulturálisGaléria/Magyar líra, Magyar próza, Magyar esszé),Recensioni & Segnalazioni (Recenziók & Jelzések),Profilo d‘Autore (Szerzői profil) – ennek a rovatnak afolyóiratbeli helyzete változó ill. néha kimaradhat,Tradurre – Tradire – Interpretare – Tramandare(Fordítani – Ferdíteni – Tolmácsolni – Átörökíteni),L‘Arcobaleno: Rubrica degli Immigrati Stranieri in Italiaoppure Autori Stranieri d‘altrove che scrivono etraducono in italiano (Szivárvány: olaszországi külföldiemigránsok avagy másutt élő olasz nyelven író ésfordító külföldi szerzők rovata), Cocktail delle musegemelle: Lirica – Musica – Pittura ed altre Muse(Testvérmúzsák koktélja: Költészet – Zene – Festészetés más Múzsák), Saggistica generale (Általános esszé),Il cinema è cinema (Filművészet, az filművészet), L‘Eco& Riflessioni ossia interventi di varie opinioni, critiche edi altre cose (Visszhang & Elmélkedések avagyhozzászólások és különféle vélemény-nyilvánítások,kritikák és egyebek), Notizie (Hírek);Appendice/Függelék: Rubrica delle opere dellaletteratura e della pubblicistica ungherese in linguaoriginale e traduzioni in ungherese/ A magyar irodalomés a publicisztika alkotásai eredeti nyelven és magyarnyelvű műfordítások rovata: Vezércikk, Lírika, Próza,Esszé, Episztola, Szerzői profil, Útinapló (alkalmi),Könyvespolc, Postaláda.E folyóiraton keresztül, a megjelenésétől kezdveteljes odaadással dolgozom az Olaszország ésMagyarország közötti kulturális értékek kölcsönösátadásán, természetesen lehetőséget adva – mintahogy már említettem – más nemzetek irodalmára éskultúrájára való kitekintésnek is. Nincs olyan szám,188OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


amelyben ne lenne szó századok óta tartó olasz- szerzőm készített (VI. évf. 2002/25-26 - XI. évf.magyar kapcsolatokról, amelyek hatással voltak 2007/57-58.), pugliai fényképfelvételeim (XI/XII. évf.egymásra és saját kultúrájukra, művészetükre.Különösen nagy lelkesedéssel adok teret a magyarművészi alkotásoknak, általában a magyar kultúrának,hogy az olasz olvasók az «<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>»lapjain keresztül közelebb kerülhessenek szülőhazámhoz.A legrégibb időktől napjainkig válogatok kultúránk,művészetünk, nemzeti örökségünk színes spalettájáról aklasszikusoktól a kortárs alkotóinkig. Lehetőségeim2007-2008/59-60 – <strong>2010</strong>, a múltkori, 75/76-os számmalfejeződött be a pugliai felvételeim címlapra vitele). Mostpedig Csontváry-képekkel kezdem az ünnepi szám ésaz évfordulós év számainak címlap-illusztrálását.Az <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> 15 éves tevékenységétdokumentáló általam szerkesztett néhány weboldal, azolasz nyelvű vezércikkben tanulmányozható a kiadottpéldányszámok képeivel együtt.szerint nemcsak a hivatalos kánon szerinti alkotók A folyóiratban a IX. évf. 2005. 43/44. márciusáprilis/május-júniusimunkásságát népszerűsítem folyóiratom lapjain, hanema tehetséges, de hosszú évtizedeken át elhallgatott, számától van magyar nyelvűfüggelék, a magyar nyelvű vezércikk viszont csak aháttérbe szorított rég- és közelmúltbeli nagyjainkat és XI./XII. évf. 2008/2009. 59/60. novemberdecember/január-februáritehetséges, arra érdemes, de háttérbe szorított,számában jelenik meg, amelyagyonhallgatott kortárs alkotóknak is szívesen adok a legtöbb esetben az eredeti olasz nyelvűnek csakpublikálási lehetőséget. Mindezekre külön rovatokat részbeni fordítása, annak kissé eltérő, módosítottbiztosítok (ld. a felsorolt rovatokat), ahol csak magyarszerzők alkotásai jöhetnek szóba, ezeket publikáltam éspublikálom olasz nyelven, lehetőleg a tükörhasábban azeredeti magyar szöveggel együtt. Sőt megragadokminden alkalmat, hogy a nemcsak magyaros rovatokba,változata.1998. október 31-én a folyóirat pontosan egyéveslétezése után elnyerte «Az ezer legjobb vállalkozó ötletegyike» címet, mely pályázatot a Milánói Népi Bank(Banca Popolare di Milano) és a Corriere della Serahanem mindenhová beiktathassak magyar vagy országos napilap hirdetett meg. 2001. március 25-énmagyar-olasz vonatkozású, olasz nyelvű írásokat. Apárhuzamos, kétnyelvű publikálást rövidebb lírai vagyprózai alkotások esetében valósítom meg az errepedig az olasz Radio Rai1 trentói kirendeltsége jelezte afolyóirat tevékenységét a Rai 1 Sergio Tazzer vezetteMittel Europa c. műsor Est Ovest rovatában. A folyóiratlétrehozott rovatokban, vagy a magyar nyelvű indulásakor nagy öröm volt ez a két elismerés,függelékben jelentetem meg a szóban forgó, nagyobb csakhogy csak erkölcsi elismerésből nem lehet megélni.terjedelmű eredeti magyar szöveget. Fordított 1997-től rengeteget fejlődött, gazdagodott a periodika,helyzetben is ugyanez fennáll. Az olasz nyelvűműfordítások legnagyobb részben az én munkáim, dede ennek ellenére és több mint egy évtizedes fennállásaóta semmiféle ilyen jellegű elismerést az «<strong>Osservatorio</strong>fordítottak magyarból szülőhazámban és <strong>Letterario</strong>» nem kapott, holott azóta inkábbOlaszországban élő magyar honfitársaim is, de olaszokis, mint pl.: Erdős Olga, Gács Éva, Luigia Guida,Preszler Ágnes, Rényi Andrea, Mario De Bartolomeis,Amedeo Di Francesco, Fabrizio Galvagni, AdolfoSalomone.A folyóirat kortárs szerzői közül a világ majdnemminden tájáról találhatók magyar és neolatin (olasz,spanyol, francia) nyelvű szerzők.A borítólapon is többségében magyar vonatkozásúmegérdemelhetné, mint egyéves létezésekor...Az Országos Széchenyi Könyvtár <strong>EPA</strong>-Archívumában iselérhető néhány teljes szám és a magyar nyelvűfüggelék a 2005-ös 43/44-es duplaszámtól márarchívált: http://epa.oszk.hu/01800/01803... Még egyújabb előrehaladás az ismertségi és jelentőségiranglétrán, amelyet pár hónappal ezelőtt, véletlenülfedeztem fel: a periodika bekerült az olasz és magyarnyelvű Wikipedia Szabad Enciklopédiába:képeket publikáltam fekete- fehérben, mint pl. az elsőszámok számítógéppel alkotott fedőlap-illusztrációim:Geometriai fantáziák (I. évf..1997/0-1., I./II. évf. 1997-1998/2., II. évf. 1998/5.), színes fotómontázsom abolognai honfoglaláskori kiállításunkon és Göncz Árpádtiszteletbeli doktorrá avatásáról készített fényképeimből– ez az egyetlen színes borítólap-illusztráció s ahovásaját alakomat is beillesztettem – (II. évf. 1998/3.), azakkor 12 éves leányom, Alessandra Bonani általkészített «Színes csillogó vonalfantáziák» c.illusztrációja fekete/fehér változata (II. évf. 1998/4.),Victor Vasarely: Angyal 1945 (III./IV. évf. 1999-2000/11-12.), Szent István, Magyarország első királyaa Képes Krónikából (IV. évf. 2000/13-14.), GáborMihály Flamenco c. szobra, amely Budapesten aFlamenco Hotelnál található - a szobrot ábrázolóképeslapot tőle kaptam személyesen -, (IV./V. évf.2000-2001/17-18.), André Kertész: Washington Square,New York, 1954 (V./VI. évf. 2001-2002/23-24.), azerdélyi Gy. Szabó Béla Dante Alighieri IsteniSzínjátékához készített könyvben megjelentdomborműsorozatáról készített fényképfelvételek,amelyeket egy, a folyóiratot négy évig támogató189OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Édesapám és szerény személyem is bekerült, eztviszont szeptember közepén, az alkotói szabadságrólvaló hazatérésem után, szintén véletlenül fedeztem fel:Ezúton s itt szeretnék ezért köszönetet mondani azonismeretlen wiki-szerkesztőknek, akik erre érdemesnektartottak. Nagy meglepetést és örömet szereztek ezzelnekem. A laptörténetet böngészve tapasztaltam, hogyaz olasz wikipedián valakiknek bántotta a csőrét az«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>» bekerülése, mert javaslatottett valaki annak a Wikipédiából való törlésére arrahivatkozva, hogy újszülött, ismeretlen periodika, mígegy más, rövid ideje működő, nem enciklopédikushíreket tartalmazó online portál - amely ráadásul nemnevezhető sajtóterméknek, sem online periodikának éséppen ezért nincs is a cégbíróságon bejegyezve – ottvirul, és senki sem javasolta törlésre. Továbbböngészve a laptörténetet egy másik wiki-szerkesztőkutatni kezdett, s felfedezte, hogy bizony nem isismeretlen, hiszen külföldön is ismerik és utalnak rá, sjelezte a Touring Kiadó «Ungheria» c. utazási könyvét,ahol megemlítik a folyóiratom - ez egy újabbmeglepetés volt számomra, mert erről sem tudtam -:Hát ennyit arról, hogy egyes rosszindulatú alaknak mitjelent, ha az «<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>»-ba ütközik...Mennyi megaláztatással, keserűséggel, visszahúzóerővel kellett megküzdenem, míg idáig eljutottam!...Amikor elnyertem az olasz állampolgárságot - az aztkimondó minisztériumi határozatot követően 1986márciusában, két tanu előtti hivatalos eskütétel utánvégképp, hivatalosan olasz állampolgár lettem –nagyobb intenzitással hozzáláttam az álláskereséshez, aszélrózsa minden irányába szétküldtem a szakmaiéletrajzomat, beiratkoztam a munkaközvetítő irodába skézhez kaptam a munkanélküliséget igazoló kiskönyvecskémet, amelyet a munkanélküliségemetigazolandó meghatározott időszakonkét le kellettbélyegeztetnem. Közben folytattam a tanulást, hogy nezökkenjek ki, hogy elejét vegyem a szenilitás koraijelentkezésének, ami minden embert fenyeget,különösen azokat, akik hirtelen felhagynak a rendszeresszellemi tevékenységgel. Az iskolai oktatási napokszerinti órabeosztással igyekeztem eltölteni a napjaimataz újszülött gyermekkel járó és a családi egyébkötelezettségek mellett. Eltelt öt esztendő, lejártam alábamat is, egy csomó pénzt adtam ki fénymásolatokra,posta- és fax-költségekre, telefonokra eredménytelenül:segélyre jogosulatlan munkanélküli maradtam, azalkalmi fordítói- és oktatói tevékenységeim nembiztosítottak rendszeres kereseti munkalehetőséget.1991-ben a szokásos, megalázó jelentkezés alkalmábólmég nagyobb megalázás ért: új munkanélküliségikönyvecskét bocsátottak ki s abban a gimnáziumi és atanárképzői főiskolai végzettségem összegyúrásávaliskolai végettségemet ledegradálták itteni, tanítóiszakközépiskolai végzettségre, annak ellenére, hogybirtokukban volt az összes iskolai végzettségemetigazoló hitelesített fénymásolat a hiteles fordításokkíséretében. A helyesbítési kérelmemre a nyegle,tejfölös szájú hivatalnok félvállról az válaszolta, hogyörüljek neki, hogy így megúsztam, hiszentulajdonképpen iskolai végzettség nélkülinek, tehátanalfabétának tekinthetnek. Nem akart hallani semmitsem az érvelésemből. Teljesen kikészülve és remegveértem haza, férjemnek alig tudtam, s csak dadogvaelőadni, hogy hogyan jártak el velem. Amikorlecsillapodtam, azonnal írtam egy ajánlott levelet a«Chiama Epoca» rovatnak a homonim nevű havilaprovatának, jelezvén emberi jogaim tiprását ésmegsértését. Ugyanezt a levelet egyidőben, ajánlottanmegküldtem az akkori olasz munkaügyi miniszternek is.Nem telt el egy hét sem, máris választ kaptam a jogivégzettséggel rendelkező Maurizio Costanzo híresújságírótól, aki e rovatnak volt a rovatvezetőszerkesztője, amelyben közölte velem, hogy jelezték avelem történteket a munkaügyi miniszternekmegküldvén az én bejelentésemet tartalmazó levelemetis, s az ő kísérő levelük másolatát mellékelte nekem. Dr.Costanzo jelzését követő harmadik héten amunkaközvetítő iroda igazgatója hivatott s közöltevelem, hogy helyesbítették a beírást, kijavították aziskolai végzettségemre vonatkozó bejegyzést. Igaz,hogy ez sem pontos, de legalább az itteni olaszegyetemi végzettségnek megfelelő bejegyzésrejavították: «Laurea in Lettere [conseguita in Ungheria]»(«Bölcsészdoktor [Magyarországon szerzett diploma]»):ami Olaszországban hagyományosan doktori címmeljár, ugyanis a «laureá»-val redelkező diplomások minddoktorok, még a doktorrá proklamálás nélkül is. A«laurea in lettere» bölcsészdoktorátust jelent. Az igaz,hogy abban az időben csak az állami intézményekbennem fogadták el automatikusan a külföldi iskolaivégzettségeket, de arra nem adhatott jogot, hogy190OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


megvonják az iskolai végzettségüktől a külföldiállampolgárokat. Egyébként a magánszektorban akülföldi diplomásokat minden probléma nélkülalkalmazták az annak megfelelő pozíciókban. Hát eznagy elégtétel volt számomra, de sokszor eszembejutott, ha Dr. Costanzo nem lépett volna közbe, nemjött volna segítségemre, akkor a miniszter úr ugyanúgyintézkedett volna?!Az is eszembe jut, hogy hány munkafelvételipályázaton vettem részt, nemcsak lakóhelyemen sannak környékén, hanem járáson, megyén kívül is nemkis összegeket költve illetékbélyegekre – mert akkorilletékbélyeges jelentkezőlapot kellett leadni – és aziskolai végzettségeket tanúsító hiteles fénymásolatokra,amelyek bizony nem voltak olcsó kiadások... skiderült – mint ahogy ma is így van – mindezek csakszínjátszások, az adott önkormányzati pénztárgazdagítása, s olyan az áhított munkalehetőségelnyerése, mint a telitalátos lottó szelvény eltalálása!Többszáz jelentkező 1-10 állásra... Ráadásul már apályázat nyilvános meghírdetése előtt tudják, hogy kinyeri meg azt. (Most is így megy, most a lányom éli átugyanazt, amit én annak idején.)Ugyanez volt a helyzet, amikor hiába feleltem megminden tekintetben a jogtudományi egyetem könyvtárosiállásának, s ráadásul egyetlen jelentkező voltam,nem kaphattam meg az állást: arra hivatkoztak, hogy 1v. 2 napja töltöttem be a megjelölt életkorhatárt, nemnyerhetem el még akkor sem, ha én vagyok csak azegyetlen jelentkező. Az alkalmazott mutatta is, hogy alistán csak az én nevem szerepelt, mint pályázó. Ez isbizonyítéka annak, hogy azt a munkakört mármegkapta valaki – lehet hogy belső körökből – , demivel hivatalból meg kellett hírdetni az állást,nyilvánossá tették... Hát így zajlottak és zajlanak adolgok a baloldali Emilia-Romagna és függetlenül apolitikai színtől, az egész szép Itália földjén...1989/1990-ben az is megesett egy import-exportcsempekereskedő cég esetében, hogy nem fizették kiaz elvégzett munkám után járó honoráriumomat és aköltségek visszatérítését, a cégigazgató ügyvédje révénazt írta, hogy soha nem lettem megbízva mindazzal,amit végrehajtottam. Én írásos megbízást akartam, deférjem, aki jártas volt a munkaerő felvételben is, aztjavasolta, hogy elégedjem meg a szóbeli megbízással,mert bizamatlanság lenne a részemről az írásbelimegbízás kérése. Nos, másfélmillió lírába került mígmindent megszerveztem a magyarországi üzletkötéstilletően. Mindezt jeleztem a cég városirendőrkapitányságának, a bejelentésem a ferraraifőkapitánysághoz került, s az ügyintéző rendőrtiszt aztmondta, hogy a bíróságnak kell feljelentést tennem, hatovább akarom vinni az ügyet, de barátilag javasolta,hogy álljak el ettől; a horribilis ügyvédi költségek miattnem ajánlja a végtelen hosszúra elnyúló, bíróságieljárást. Így aztán nem tettem feljelentés a ferraraibíróságon, ismervén az igazságszolgáltatás ittenihelyzetét... A magas ügyvédi költségek miatt sokanhasonlóképpen cselekszenek, mint ahogy én tettem, sezért is mernek így viselkedni ezek a gazemberek. Mertaz ilyenek azok. Ez csak egy kis kóstoló a sokigazságtalanságból, amiben itt részem volt...Természetesen ilyen és egyéb panaszaimra jól esettvolna néha egy kis vígasztaló, megértő szó a «te akartálelmenni itthonról», «ahhoz, hogy otthon bezárva légy,kár volt tanári diplomát szerezned», «bezzeg mások,így és úgy...», «jobban örülnénk, ha befejeznéd azegyetemet» és ezekhez hasonló «finomságok» helyett.Ilyenkor enyhítőként hatottak az irodalmi sikerek,díjazások, amelyek csak nekem jelentettek sokat, itteniés hazai hozzátartozóim közül egyeseknek csaklekicsinylést... Ezek után már le is szoktam akitüntetéseimről és egyéb eredményeimről bármiféletájékoztatást adni a magyarországiaknak, az itteniekmeg csak a napilapokból, vagy országos lapokbólértesülhettek elért eredményeimről... Szerencsére anegatív jelenségek eltörpülnek a pozitív tapasztalatokmellett, s még hasznosak is voltak, mert egyre inkábbösztönöztek, serkentettek. Minél jobban piszkáltak,bántottak, annál inkább a legjobbakat tudtam kihoznimagamból s nem hagytam el sosem magam, még aleküzdhetetlennek látszó akadályok ellenére sem.Nagyon ritkán történt meg, hogy valamit feladtam,általában lehetetlen nem ismerek... Mindig is szerettema kihívásokat s addig nem nyugodtam, amíg meg nemvalósítottam... Igyekszem mindig a legjobb tudásomszerint dolgozni, képességeim, felkészültségem,tehetségem és hiányosságaim tudatában töretlenül akitűzött célok elérésére fordítom minden energiámat,amelyekben benne foglaltatnak az olaszországifolyamatos, intézményes-, oktatásügyi-, önkormányzatistb.és egyéni tanulmányok, képzések, továbbképzések,mint a két legutóbbi posztegyetemi egyetemiolasztanári és kiadói, újságírói maszterek is... Ezutóbbiakat életem második legtragikusabb időszakábanvégeztem el, édesanyám betegsége és elhunytaévében... Mindezt a saját műveltségem, szakmaiképzésem érdekében, ami a tevékenységeimhezszükséges, elkerülhetetlen, hiszen a korom miatt márhosszú idő óta nem reménykedhetem biztos, fizetettállásban. Sajnos 2008 őszétől tanítványok nélkülmaradtam... Szellemi szabadfoglalkozásúként alkalmimunkákat végzek, ha van rá igény és kereslet, hakapok megbízást s ezekből állom a sajtóvállalkozásomköltségeit. Szerencsémre, a legkritikusabb,legreménytelenebb időszakokban mindig akadt egymentőöv, amibe belekapaszkodhattam, mindig olyankoradódtak nagyobb lélegzetű vagy huzamosabb ideigtartó megbízások...Az <strong>Osservatorio</strong> Letterariónak mindenesetre éstulajdonképpen nagyon sok mindent köszönhetek,elsősorban az olasz újságírói tagságomat, majd azalkalmi fordítói- és tolmács munkaköri lehetőségeketkülönféle intézményeknél, szak- és műfordításokatfordítóirodáknak, nemcsak lakóhelyem körzetében,hanem városon kívül, más megyékben, tartományokbanis, valamint egyetemi diplomások magyar nyelvűoktatását. A periodikámnak köszönhetően nagyon sokértékes emberrel találkoztam a világ minden tájáról,akik magyarul, angolul, franciául, spanyolul és latinul írtleveleikkel kerestek fel. Nagy meglepetést és örömetszerzett az a tény, hogy a legkülönbözőbb kutatásiterületekről számos világhírű tudós a világ mindentájáról, hazánkat is beleértve; hazai kiváló, írók, költők,művészek jelentkeztek levélben vagy telefonon, akikközül néhányan az <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> levelezőivé,távmunkatársaivá is váltak. Elég csak végiglapozni azeddig kiadott példányokat, nyomon lehet követni az191OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> nagyszerű szerzői gárdáját.Ennél nagyobb elismerést, ennél jobb bizonyítványt elsem lehet képzelni a lapomnak, ez bizony nagyon-nagyörömmel és büszkeséggel tölt el, hiszen azt tanúsítják,hogy érték az, amit eddig csináltam, hiszen atudományok és a kultúra területén nagyra becsültszemélyiségek olvassák a lapom nyomtatott vagyinternetes oldalait, vagy egyéb más irodalmi- éskulturális internetes portálon olvasható irodalmi,történelmi, lingvisztikai, írásaimra reagáltak/reagálnak,így adva visszhangot. Még kutatók és egyetemisták isfordultak hozzám segítségért, tanulmányaikban vagydiplomamunkájukban a forrásban hivatkoztak is az<strong>Osservatorio</strong> Letterarióra vagy az én munkáim egyikére.Nem volt könnyű ez a majdnem három évtizedesolaszországi élet, de a hivatásszeretetemnekköszönhetően örömmel végeztem minden adandómunkámat, s ennek köszönhetem, hogy sosem fordultmeg a fejemben, hogy nem bírom tovább. Az lesz azigazi tragédiám, ha bármi oknál fogva már nemfolytathatom az «<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>» kiadását.Hálát adok a jó Istennek, hogy mindeztmegvalósíthattam, hogy ezen vállalkozásomnakköszönhetően kereseti lehetőségekhez - még haalkalmiak is – jutottam, leginkább kiváló embereketismerhettem meg, s egyben kérem is, hogy adjon mégerőt és egészséget, hogy megünnepelhessük a 20.évfordulót, majd pedig, hogy legalább még egy másikévtizedig, 15 évig – de, ha lehet, még tovább –folytathassam ezen lapszerkesztést és kiadást, mellettetovább írhassak, műfordíthassak, kutató munkátvégezhessek.Szabad időm jóformán nincs, mert a szakmaielfoglaltságaim mellett a család, a háztartás köti leminden energiám és időm. De ha muszáj, kicsit lazítok,s akkor zongorázom, zenét hallgatok, a szerkesztőitevékenységen kívül is olvasok, filmet (művész-,ismeretterjesztő- és dokumentumfilmeket) nézek,sakkozom, a családdal kirándulok az idő és lehetőségekfüggvényében: ilyen szép kirándulások voltak pl. a2006-os bajorországi útunk, a 2007-es nyáriszabadságunk idején a dél-olaszországi barangolásunk,amelyről 6 részes fényképekkel és videókkal gazdagonillusztrált útinaplót írtam (ld. Testvérmúzsák magyarnyelvű kiegészítő portálom nyitó oldalán), 2008. júliusitoszkánai és ugyanez év októberi párizsi kirándulásaink,e két utóbbiról a váratlan és tragikus kimenetelűesemények miatt nem volt időm feljegyezniélményeimet s ezért ezen beszámolókkal még adósvagyok. Nem tudom, hogy annyi idő elteltével sikerül-eösszeállítanom s ha igen, úgy, hogy az olvasóknak isélvezetesek legyenek leírásaim... Ez a jövő titka...Legeslegutóbbi szép élményünk a <strong>2010</strong>. augusztus 18-24-i londoni tartózkodásunk volt. Ennek megírása ismég várat magára...Befejezésül íme egy-két válogatás a jelentősebbszerzői- és olvasói véleményekből, amelyek ugyanlelkesítenek és erőt adnak a további munkákhoz, denem oldják meg a kiadással járó óriási anyaginehézségeket:«Kedves Igazgatónő! Megkaptuk a folyóirat 15/16,17/18 számait és köszönjük. Szeretnénk kifejezésrejuttatni elismerésünket a számok gazdag tartalmáért,amelyek a tanszék könyvtárába lesznek beillesztve.Igen sok jót, jó munkát, kívánok.Hajnóczi GáborTanszékvezető» (Prof. Hajnóczi Gábor, Pázmány PéterTud. Egyetem, Olasz Tanszék, Budapest/Piliscsaba,2001. 03. 26. [Olaszból én fordítottam.](1943-2005)«Tisztelt Asszonyom, nagyon köszönöm, hogyelküldte a RAI adásában elhangzott hír szövegét.Minthogy abban nem csupán tényközlés, hanemértékelés, sőt elismerés is van, engedje meg, hogyszívből gratuláljak. További jó munkát kívánok. HajnócziGábor » (Prof. Hajnóczi Gábor, Pázmány Péter Tud.Egyetem, Olasz Tanszék, Budapest/Piliscsaba, 2001. 03.26.)«Kedves Melinda! Nagyon köszönöm érdekes ésszínes folyóiratának, az <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>-nakmegküldését és azt, hogy rólam is megemlékezettbenne. Igazán szép és dicséretes, hogy Olaszországbaköltözött magyar asszonyaink ilyen lelkesen ésodaadóan szentelik magukat a kultúra és benneMagyarország szerepe ápolásának és terjesztésének, –gondolom nem volt könnyű ezt a vállalkozást elkezdeniés eredményesen folytatni. [...] Tevékenységéheztovábbi kitartást és szép eredményeket kívánvaszívélyes üdvözlettel: Jászay Magda» (Dr. Prof. JászayMagda, történész; Budapest, 2001. 03. 21., [J.M.1920-2005.])«Kedves Melinda, örömmel vettem a „Reimsi angyal‖fordítását, publikációját a folyóiratában... Jó tudni,kedves a szívemnek, hogy felfigyelt a munkáimra ésszereti őket! Olasz nyelven még kb. 20 évvel ezelőttjelent meg rólam hosszabb méltatás és novellák, az„Ungheria oggi‖ (ha jól írom) kiadványban, de ezinkább hivatalos volt. [...].Gratulálok életviteléhez: nem lehet könnyűmagyarnak lenni, még szép Itáliában sem; de lám, segíta szerelem, a gyerek – és az a nemes eltökéltség, hogysegítse hazája kultúráját megismertetni. Ezért csakköszönet jár – s férjének is, hogy magával tart amunkában!Remélem, hallunk még egymásról. Bánjonnovelláimmal tetszése szerint! Szeretettel üdvözlöm: J.Anna.U.i.: Egy szál virág mellékelve...» (Jókai Anna, író,tanár; Budapest, 2001. 03. 25.)«Kedves Melinda! Nagyon köszönöm április 2-ileveléhez mellékelt „Le voci magiare‖ című fordításantológiáját.Nagyon jó és reprezentatív a válogatás ésigazán szép munka a fordítás. Tudom tapasztalatból,hogy a fordítás nem könnyű vállalkozás és kétszeresennehéz, ha költeményről van szó. Kicsit lehangoló, amitsaját verseiben ferrarai beilleszkedése nehézségeiről ír.Pedig eredményei, sikerei nem ezt mutatják.Keveseknek sikerülne ilyen stabil irodalmi-kulturáliskezdeményezést megvalósítani és ehhez megfelelőalapokat és értő közönséget találni. Tudom, mind ehhezbátorság, energia és kitartás szükséges, de úgy látom,ezeket bőségesen kamatoztatja. Magyar kulturálisvezetésünk örülhet, hogy Olaszországban ilyen lelkesképviselői vannak ügyünknek.Még egyszer köszönöm kedves figyelmét ésmunkájához további szép eredményeket kívánok.192OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Szívélyes üdvözlettel. Jászay Magda» (Dr. Prof.Jászay Magda történész, Budapest, 2001. 05. 2.,[J.M.1920-2005.])«Kedves Melinda Asszony! Nagy-nagy örömmel kaptammeg levelét és szívből köszönöm Önnek, hogy újabbkiadványokat, CD-lemezt küldött. Külön megtisztelésszámomra, hogy levelemet is lefordította ésmegjelentette az anyagban. Nagyon gazdag az irodalmimunkássága Melinda asszonynak és én, mint a magyarirodalom egykori tanára, csak a legnagyobbelismeréssel tudok erről szólni. Ismerős, voltkollégáimat is örömmel és büszkeséggel tájékoztatom,hogy akivel együtt dolgoztam egykor, nagyszerű költőés író, de műfordítóként is igen nemes munkát végez,amikor az olasz olvasókkal megismerteti a magyarköltészet gyöngyszemeit és ezzel hazánknak komolyszolgálatot tesz. Költeményein átsüt a mai napig is kishazánk, a szülőföld szeretete és ez azért jelentős, mertirodalmi értékeinket szíve mélyéből tudja más nyelvenreprezentálni.Ismételten köszönöm küldeményeit, kedves sorait.Kívánok Önnek további sikeres munkásságot. Szívbőlköszönti Önt és családját: Kovács János» (Veszprém,2001. 07. 18. Nota: magyar–orosz szakosiskolaigazgatóm volt a Botev Ált. Iskolában, aholutoljára tanítottam)«Kedves Melinda! Néhány napja kaptam meg a«Kedves Melinda, a füzetet köszönettel megkaptam, lapokat és a könyvet. Gratulálok!!! Igazán.örülök, hogy sort kerítettél a fordításra. Amit az olasz Ugyan még nem olvastam el mindent, de már így isnők helyzetéről írsz, elkeserítő. Nem tudom, hogy nagyon sokat tanultam az írásokból. Érdekes,érvényesülnék abban a közegben! Neked egy biztosfogódzód azért van: a magyar nyelv és a vállalt feladat.Nem kevés!Szeretettel gondolok Rád, forgalmas életem kellőstudományos, szívhez szóló cikkeket találtam bennük.Renátónak (férjem) is átadtam olvasásra, néhány óramúlva közölte velem: «È una superdonna!» Majd mégkét óra elteltével nagy nevetéseket hallok. Mi történt? Aközepéből: Anna» (Jókai Anna, író, tanár; Budapest, «Viaggio di nozze bis»-t olvasta. Kijelentette, hogy2001. 05. 15.)Csehov és Bulgakov olvasása óta nem nevetett ilyen jót,«Kedves Melinda Asszony! Nagy-nagy örömmel mint most. Ennyit, nagyon röviden.kaptam meg küldeményét [...], a számomra igen Legközelebb egy példánnyal többet nyomtassatok,értékes anyagot. Szívből gratulálok nagyszerű irodalmi mert mi is előfizetők leszünk.munkásságához, gratulálok Önnek, mint költőnek és Köszönök mindent! Baby» (Greksa Erzsébet, Salernoműfordítónak. Egy költeményét már ismertem a Botevévkönyvből2004. 03. 19.)magyarul, most olaszul is olvashatom.Ritkán olvas az ember ilyen nagyszerű költeményt.Veszprémi személyes ismerőseimet is felfedeztem, Dr.Paczolayt, Kemény Gézát. Nincs olyan nap, hogy nevenném kézbe küldeményének egy-egy füzetét. Mostnéhány szót engedjen meg magamról. Én 1943-banérettségiztem olaszból, innen van némi tudásom.Kétszer műtötték gerincemet, mindkét alkalommalsokáig béna voltam, ágyhoz kötött és ekkor vettem előrégi olasz könyveimet, hogy a lakáshoz kötöttségethasznosan töltsem. [...] Napjaim főleg a lakásomonfolynak, csupán rövid sétákra vagyok képes. Már nemveszek részt irodalmi vagy egyéb művészirendezvényeken. Viszont naponta előveszem Melindaasszony könyvecskéit és mondhatom: örömmelforgatom ezeket. Köszönöm ismételten, hogy ilyen szépélményben részesített engem, egykori munkatársát .Sok-sok szeretettel üdvözlöm Önt és családját,kívánom, hogy irodalmi tevékenységét további sikerekkoronázzák, nagy dolognak tartom, hogy magyar költőkverseinek olvasását lehetővé teszi az olaszok számára.Ismételt üdvözlettel és őszinte tisztelettel: KovácsJános» (Kovács János ny. Iskolaigazgató; Veszprém,2001. 05. 31.)«Tárgy: Kapcsolatfelvétel és üdvözlet Varga GézátólTisztelt Dr. Bonaniné Tamás-Tarr Melinda!«Kedves Melinda, több ízben összefutottunk már aneten és talán emlékszel is rám. Rómában élek 31 éve,magyar, befejezetlen jogi tanulmányaim után ittvégeztem a La Sapienza bölcsészkarán, a német-magyarszakon, még 1982-ben.Egy jónevű irodalmi ügynökségnél van egy részidősállásom, ahol híres olasz kiadók (pl. Laterza) könyveitmutatom be német és angol nyelven külföldi kiadóknáljogmegvételre és egy szintén neves római kiadóvalműködöm együtt mint lektor (német és angol nyelvűszép- és szakirodalmat olvasok és ajánlok, vagybuktatok meg).Mindezt azért írtam le Neked, hogy lásd, értekvalamennyire a szakmához. Az <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> -t(http://www.osservatorioletterario.net/archiviofascicoli.htm )rendszeresen követem on-line (korábban küldtél mindiglinket az új számokról, de idén már sosem) és nagyontetszik, fogadd őszinte elismerésemet! [...]További jó munkát kívánok és szívélyes üdvözletemetküldöm: Rényi Andrea» (Dr. Rényi Andrea, Róma,2004. 11. 02.)Örömmel fedeztem fel kegyedet az interneten s egyírását, amelyben az etruszk írással foglalkozik. Én 35 évefoglalkozom a székely írás eredetének kérdésével ésnéhány érdekes tudományos jellegű eredményt márelkönyvelhetek e téren. Az anyagiakat illetően hasonlócipőben járunk. Indítottam egy rovatot a www.index.hutörténelem fórumcsoportjában "50 000 éves magyarírásbeliség" címmel. Nézzen be és olvassa el, mirejutottunk. Persze a fórumok beszélgetésre valók, nemhelyettesíthetik a tanulmányokat és a köteteket.Örömmel bocsátanám a rendelkezésére néhányírásomat, bár nem tudom, melyik lenne érdekes ezekközül az olaszok számára. Az mindenképpen érdekelhetiőket, amit az írás eredetéről tudok mondani. Ennek akérdésnek egy korábbi feldolgozása olvasható azinterneten: http://ikint.uw.hu/konyvek.htm "Az Édenírása". Ebből lehetne valami rövidebbet csinálni.Ami az etruszk írást illeti, ezzel eddig nem nagyonfoglalkoztam, pedig érdemes lenne.Bodnár Erika és a korábbi etruszkológusok munkájábanaz írásjelek hangzósításában mutatkozik a193OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


leglényegesebb eltérés. Azaz a hagyományosok a görög(latin, sémi) jelekkel rokon hangértékeket tulajdonítjákaz etruszk jeleknek is, míg Bodnár Erika a székely jelekhangértékéből indul ki. Mindkét megoldás lehet részbenjó és részben hibás. Aprómunka szükséges annakeldöntéséhez, hogy melyik jel esetében melyik a helyeshangzósítás.Ebben a kérdésben, az etruszk és a magyar nyelv és íráskapcsolatának kutatásában, úgy lehetne továbblépni(ellenőrízni), ha előszednénk azon etruszk szavak etruszkírásképét, amelyeket Alinei és mások eléggé hihetőenmagyarrral azonosítottak. Ez a betűzés tehát azonaz újabb feltételezésen alapulna, hogy az etruszk és amagyar nyelv rokonok. S ezeknek az immár jobbáraismert hangzású szavaknak a jeleit kellene összevetni aszékely írás jeleivel. Így kaphatunk egy (az eddigieknélvalamivel igazoltabb hangzású) új etruszk ábécét (azetruszk jelek új, vagy ellenőrzöttebb hangzósítását),amely a további megfejtések kiinduló alapja lehet.Bodnár Erika olvasatát egyébként hibásnak tartom, merta kapott szöveg zavaros és értelmetlen. A szellemes ésballadai magyarázattal együtt is az. Ennél hihetőbb, hogya kő határkő volt. Persze az etruszkok éppen elégsírfeliratot (emlékkövet) is hagytak maguk után.Gratulálok a kitartásához, nagyon fontos lehet az olaszmagyarkapcsolatok ápolásában és egyéb téren is.Üdvözli: Varga Géza írástörténész» (Varga Géza,irástörténész, 2006. 03. 07.)«Köszönöm Melinda... én nagyon hiszek a magyarköltészetben... rengeteg vér folyik ereiben, epikus érzék,a mélységekben kutatás képessége... és szükség vanminőségi alkotásokra, mert hiányzik és mertmegérdemli.» (Enrico Pietrangeli, újságíró,irodalomkritikus; Róma 2009. 08. 31. [Olaszból énfordítottam.] A Danima ad anima/Lélektől lélekig c.fordítás-antológiám folyamatban lévő recenziójakapcsán kapott e-mail. Kétnyelvű recenzió:http://www.osservatorioletterario.net/da_anima_ad_anima_recensione.pdf )«[...]Gratulálok az <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> legújabb, 250oldalas, szép és gazdag tartalmú 71/72, 2009-<strong>2010</strong>(november-februári) számához. [...]» (Dr. PaczolayGyula, ny. egyetemi docens; Pannon Egyetem,Veszprém, 2009. 10. 29.)«[...] Hallod, te hatalmas munkát végzel!Elkápráztató, mekkora anyaggal dolgozol! Nembeszélve még az olasz nyelvről, a fordításokról! IstenemMelindám, nem tudom képes lenne-e valaki Helyettedutánad csinálni!? [...] Szóval, belegondolni iselképesztő, mekkora a te tudásod! Csakszuperlatívuszokban lehet rólad beszélni. ... és arról,hogy valahol minden összejött…. Azirodalomszereteted, stb…. Leírni is hosszú lenne!Nem tudom, bárki is egyáltalán fel tudja-e fogni ésértékelni mekkorát teszel mindkét nyelvűirodalomért??? Hatalmas munka!! [...][...] Azt hiszem, te egyedülálló vagy, úgy észben, mintszorgalomban, akaratban, emberségben, mindenben![...] Gondolom, az is közrejátszik, hogy értelmiségicsaládból jöttél, és már az értékrendszered is más,sokkal magasabb, mint másé! Tudnak-e egyáltalánbárhol, bárki értékelni téged? Mit érzel belül? Temagaddal meg vagy elégedve, vagy még többetszeretnél? Ennél többet már nem lehet! … Szóval hálaés köszönet illet meg nemcsak tőlem, mindenkitől, akitérdemesnek találtál bevenni ismereteid, ismerőseid, ésbarátaid közé! Nem beszélve magáról a hazádról!Elvihetnék Neked a Kossuth díjat, vagy az irodalmiNobel- és békedíjat! Nem vicc! Még megérheted.!!! Úgylegyen! [...]» (Hollósy Tóth Klára, ny. főelőadó, költő;Győr 2009. 10. 30.)«Nagyon szépen köszönöm a gazdag anyagúküldeményedet. Nagyon sok munkád van benne ésnagyon-nagy anyagi áldozat az elkészítése... [...]Sok-sok köszönet a küldeményeidért. [...]» (PékBéláné, ny. tanító; Székesfehérvár 2009. 11. 27.)«A "Forlì történetei" c. füzettel egy pillanatrahátratekintettem és láttam, hogy sok év eltelt az elsőegyüttműködéstől. Az egész a 2001-es Janus Pannoniuspályázaton való részvételemmel kezdődött, ahovábeválogattál két elbeszélésemet. Így ismerkedtem mega folyóiratoddal, s így kedveltem meg [...]. Azótacrescendo a közreműködésem: az utolsó füzettel hetetpublikált az <strong>Osservatorio</strong>... Az elbeszélések számaviszont több mint 30, pontosabban 32... Nem számítvaa cikkeket és minden más beküldött éspublikált anyagot, közülük munkáim recenzióit. Nemgyakori ilyen közelséget, érdeklődést tapasztalni, tehátnekem privilégium Veled és a folyóiratoddalegyüttműködni, amely szerintem sosem unalmas,sosem banális, mindig alapos és érdekes, pozitív, szép,nyílt és gazdagító, sznobizmus, akadémizmus,intellektualizmus nélküli [...] Köszönet anagyrabecsülésért, amely sosem hiányzott [...].Hamarosan, remélem, nyilvánosan is elismerik amunkádat, amit évek óta végzel. Pillanatnyilag ígymondok köszönetet, akkor is, ha többet érdemelnél. Jómunkát és kívánom, hogy legyen vidám az életed!» (Dr.Umberto Pasqui, Forlì 2009. 12.06. [Olaszból énfordítottam.])«Kedves Tamás-Tarr Melinda tanárnő! Érdekes, hogymindennapjaink városában jelenlévő néhánykiválóságról véletlenszerűen, az interneten keresztülszerzünk tudomást.Belepillantottam a folyóirat szájtján letölthető pdffájlba és benne hasznos információkat, érdekesesszéket és minőségi szerzők ajánlatát találtam.Egyszóval előfizettem rá [...]. Gratulálok a munkájához[...].» (Dr. Angelo Andreotti, képzőművész, költő,Ferrara 2009. 12. 11. [Olaszból én fordítottam.])« Kedves Melinda!Őszintén gratulálok a jeles munkához! Legyen olasz,latin avagy francia az anyag, amikor fordításról van szó,a maga érdeme elvitathatatlan! Viszont vég nélkültovábbra is vitatott kérdés a műfordítás elveivel sérdemeivel kapcsolatos téma.Különben „a műfordítást - ahogy Babits írja -, sokkalnagyobb és fontosabb dolognak tartom, mintamilyennek látszik.‖ Ha valaki ilyen munkába belefog,nézetem szerint annak nemcsak az adott kor sajátosgondolkozásával, irodalmi nézeteivel kell tisztábanlenni, hanem Arany János szavaival: „Ismerni kell anyelv szellemének élő nyilatkozatait‖ is. Hiszen egyesmű fordításánál akadnak talányos, szerfelett elvontgondolatképek. Jó példa erre a Divina Commedia194OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


terzinái, amely Babits véleménye alapján: „mégtalánynak is tökéletesebbek minden más talánynál,melyet alkotás valaha műfordító elé állított.‖ Mint pld.azon misztikus átlényegülés, amelyről - mint személyestranszcendentális élményről - , az egyik kantójábanDante beszámol.Mindenesetre, szerény meglátásom szerintelsősorban csak az bírálhat el jogosan műfordítást, akimár maga is fordított. Sőt, kiváltképpen azok hivatottakerre, kik a magyar líra remekeit egy idegen nyelvrefordítják le.Asszonyom, az antológia kiadásával nagy fába vágtaa fejszét! Egy ilyen választékos munka közreadásárahatározottan csak egy olyan irodalmár tud sikeresenvállalkozni, mint maga, aki nemcsak hogy teljesfelkészültséggel, hosszú gyakorlattal és kiváló irodalmiműízléssel rendelkezik, hanem merőben ismeri azt anyelvet, amelyen kiadja.További jó sikereket kívánok: Imre²(P.s. Amúgy is, ki merne egy ilyen jeles fordítóvalnyílt vitába szállni, ki az egri nők módjára tudja forgatnia pennát!)¹ Melinda Tamás-Tarr Bonani: Da anima ad anima(Lélektől lélekig fordítás-antológia, magyar, francia,spanyol, latin versek az eredeti szöveggel együtt)Edizione <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> Ferrara e l‘Altrove/O.L.F.A., Ferrara, 2009, 150 old. (²Americo Olah/OláhImre, vallástörténész, Cypress, CA, (U.S.A.), <strong>2010</strong>. 02.08.)«Drága Melinda, megkaptam a folyóiratot. Nagyonnagyonörülök a recenziódnak, mert teljesen eltaláltaköltészetem szimbolikájának legigazabb jelentését.Végsőkig hálás vagyok a recenziódért és a kultúráért is,amit a szép folyóiratoddal terjesztesz.Még egyszer köszönöm és szeretteljes üdvözletem:FrancoS» (Dr. Franco Santamaria, olasz-francia tanár,költő, festőművész; Poviglio (Re), <strong>2010</strong>. március 21.[Olaszból én fordítottam.])«Kedves Melinda, köszönöm kedves leveledet.Csodálom továbbra is azt a hatalmas munkát, amitvégzel.Én sokat beszélek róla a tanítványoknak, felvettem akurzusaim tematikájába.[... ] Szeretettel üdvözöl: Judit» (Dr. Józsa Judit,egyetemi adjunktus, Pécsi Tudományegyetem, OlaszTanszék; Pécs, <strong>2010</strong>. március 21.)«Szia Édes Melindám!Nagyon köszönöm a könyvnyi folyóiratot. Megkaptam.Dicséret és hódolat illet érte. Nem tudom, tisztábanvannak-e értékével, értékeddel, hogy milyenerőfeszítéseket teszel a magyar és a világirodalomért seidődet, se erődet, se idegzetedet, se türelmedet nemkímélve.Megint hatalmas munka fekszik e lapok között.Lenyűgözött új hazádban való barangolásod. Mindenreodafigyelsz, minden természeti és emberi csodára. Mertmindenféle művészet csoda is, a lélek, az istenáldottatehetség csodája, amire te kifinomult lélekrezgésselreagálsz. Aztán nem beszélve azon tehetséges íróról,mint Tormay Cecile, közlöd írását, mert értékesnektartod, és itthon még csak meg sem említik. Aztánsorolhatnám, de te tisztában vagy lapod értékével.Igen, sem hálás lenni, sem megköszönni nem lehet,csak silány utalást tenni rá, hogy valami igazi,kézzelfogható, nemes hála illet meg téged. Óh, ha énlehetnék a Művelődési miniszter, vagy valami irodalmivezető, Kossuth díjra jelölnélek! Nem vicc, nem üresbók Melindám, megérdemelnéd… és lehet, nyitottkapukat döngetek, és egyszer tényleg meg is kapod.Köszönöm neked amit értem is teszel, s a megőrzendőértékekért.A napokban várd a postást, remélem, megkapodlevelemet!Kívánok neked minden jót, boldog Húsvétot,feltámadást, melyben nemcsak Krisztus támad fel, deaz emberi tisztaság, nemes értéke is. A „válaszka‖leveledet külön köszönöm. Én szintúgy érzek veledszemben, mint te velem! A Jó Isten legyen Veled,kísérje életedet!Sok szeretettel ölellek: Klára» [...]» (Hollósy Tóth Klára,ny. főelőadó, költő; Győr, <strong>2010</strong>. március 24.)«Kedves Melinda!Őszintén szólván érdekes és válogatott anyagothozott az OLFA. Eddig is mindig kedvenc olvasmányomvolt az Antiche tracce magiare c. rovata. Végtelencsodálom mily szépen összeszedte és kidolgozta a lettesemények hátterét. Kushkumbaev pompás cikke pedigegy külön adomány volt számomra, ezt úgy veszem,mintha nekem szánta volna. Kérdés, ugye van ennek ajeles kutatónak weboldala? Aztán sorolhatnám tovább:dr. Benkő Mihály tanulmányát s vitairatát egyarántérdekesnek és felvilágosítónak találtam.Most pedig áttérve a tervezett II. részre, amivelkövetkező a helyzet. Eddig azt véltem, hogy a múzsáktörténetével fejezem be a cikket. Kész! Igen ám, deközbejött egy különös véletlen - már ha egyáltalánvannak ilyen véletlenek-, ki tudja? Mert hogyan lehetaz, hogy amikor az ember olykor keres valamit s közbentiszta véletlenül rátalál valami egészen másra? Tessék:Il Poema dell'Uomo-Dio, di Maria Valtorta.http://valtorta.org/Ahogy látni fogja, magában véve ez egyegyedülálló s különös érdemű terjedelmes munka! Depersze legyen mindenki saját magának a bírája. Amikorbeleolvastam részemről olyan benső gondolat támadt,hogy a témába vágó, tehát szűz Máriára vonatkozórészleteket, valahogy meg kéne szólaltatni - a magasegítségével-, az ―Egyetemes Anyá‖-ban. Ugyanis ittegy kis fordításról lenne szó, s ez pedig közös munkátigényelne. Mit gondol Melinda? Nem tudom...,Hiába....?Boldog húsvéti ünnepeket kívánok: Imre» (AmericoOlah/Oláh Imre, vallástörténész, Cypress, CA, (U.S.A.),<strong>2010</strong>. 04. 01.)Életutam: 1968 nyarán bútorgyári diákdolgozómunkás, 1969 nyarán az akkori Szivárvány áruházidiákdolgozó eladói munkakörben, 1972-73 a VeszprémiMegyei Bíróság Gazdasági hivatalában adminisztrátor,19<strong>77</strong> júliusában újságírógyakornok az "Újságírókerestetik" országos pályázat eredményeként elnyertMÚOSZ ajánlásra, , 19<strong>78</strong>-79 tanár a veszprémi 3. sz.Általános Iskolában, 1979-1983 szept. 30-ig tanár aveszpémi "Hriszto Botev" Általános Iskolában, 1983dec. 5-én - a hazásságom követően - kitelepültemOlaszországba; 1986-tól alkalmi magánóraadó tanár,195OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


tolmács, szak- és műfordító, 1989-től kb. 1997-igpublikáltam alkalmilag cikkeket, leveleket a milánói"Corriere della Sera"-ban, az emilia romagna megyemegyei- és városi napilapjaiban "Il Resto del Carlino"-ban, a "La Nuova Ferrara"-ban, 1989/90 magánzongoratanítás, a nápolyi Velardiniello Akadémiatiszteletbeli tagja, 1990-95 aktív énekkari tagja voltama ferrarai "Accademia Corale Vittore Veneziani"Vegyeskórusnak (szoprán); 1994-ben publikáltamnéhány cikket a veszprém megyei napilapban, a"Napló"-ban 1996-97 cikkeket, tanulmányokatpublikáltam a torinói, újszülött "Penna d'Autore" és1997-ben a szintén újszülött, messinai "Noialtri" kéthavifolyóiratokban, 1996/97 önkéntes irodalomtanításbemutató óraadással egybekötve a ferrarai "G.Leopardi" 5 osztályos Elemi Iskolájában. 1997-benmegalapítom s azóta még életben tartom az«<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> - Ferrara e l'Altrove"» c.kulturális és irodalmi periodikát. Jelenleg alkalmiműfordítói- és kiadó, tolmács- és oktatási munkákatvégzek, ha van rá igény és ennek következtébenfelkérést, megbízást kapok.A saját periodikámon kívül rendszeresebbenpublikáltam az amerikai "Kaláka", a magyar ―Fullextra‖és ―Aranylant‖ on-line irodalmi- és kulturális lapokban.Mind otthon, mind Olaszországban részesültemirodalmi- és újságírói- és szónoki elismerésben, amitnem tartok érdemesnek megismételni (ld. az olasznyelvű írást), mert tulajdonképpen, mintha nem islennének: előszobám falain díszelegnek az elsőhelyezéseket dokumentáló oklevelek, melyekreményeket, álmokat és öröm- és bánat könnyeketrejtenek, s a végén csak nekem kedves emlékűmegsárgult pergamenek… Rajtam kívül másoknak ennyisem…Hol itt- hol ott a világhálón on-line és nyomtatottformában jelentek/jelennek meg olaszul és magyarulírásaim itthon is, otthon is és a világ minden táján, másszaklapokban is - magyaroroszágiban is - a sajátkiadványaimon kívül is... Tehát, szinte természetfelettiteljesítményű munkáim eredményeként sok mindentletettem az asztalra, de az már egészen más nóta, hogymunkáim után pénzt már ritkán láttam és látok! Alkalmikereseti lehetőségeim - tanítás (magán- ésközoktatásban), fordítás, tolmácsolás, igazságügyinyelvi szakértőség, nyelvi és kulturális közvetítőitevékenység magyar immigránsok, dolgozók ésgyermekeik esetében, családfakutatás... -, amelyeknem biztosítottak és biztosítanak önálló anyagiegzisztenciát, csak időkénti zsebpénzt jelentenek aférjemtől kapott havi apanázzsal egyetemben –amelyeket a sajtó- és kiadói vállalkozásom életbentartásához használok fel a kapott honoráriumaimmalegyetemben, mivel az előfizetői díjak nem fedezik azezzel járó költségeket - ebben a déli, még igen erősenpatriarchális országban, ahol a legnehezebb azelőítéletekkel és a bizalmatlansággal való küzdelem,ahol a nőket szívesebben látják a modernizált mosó- ésmosógatódézsák fölött, mint a háztartáson kívül - elégcsak megszámolni, hány nő jut ezer parlamentiképviselőre (!!!), s ahol a nőket még mindig szívesentekintik a férfi népség legalacsonyabb szexuálisfantáziájának tárgyának s nem egyenrangú,gondolkodó, önálló, élőlénynek, társnak (!!!), annakellenére, hogy ezen a téren erősen hátul kullogóOlaszországban ha lassan is, de történtek előrelépéseka nők helyzetét illetően, de még mindig nemelegendően.Hálát adok a jó Istennek, hogy tanult családbaszülethettem, még akkor is, ha sokszor volt részemcsaládon belül is igazságtalanságban, hálás vagyokmindazért, amit a szüleim értünk tettek nehéz ésküzdelmes életük során; minden pozitív és negatívélményért köszönetet mondok, mert mindezekhozzásegítettek emberi- és szakmai életutamelőrehaladásában! Mindezek nélkül nem jutottam volnael oda, ahová a sors, az isteni akarat irányított...Mindezek tudatában bátran mondhatom, hogy ezt a27 esztendőt, ezen belül a 15 éves sajtóvállalkozóiéveket nem töltöttem el tétlenül és haszontalanul, atöbboldalról érkező támadások ellenére, abizalmatlansággal, a gyanúkkal, intrikákkal, irígységtőlszült ellenségeskedésekkel, hitetlenségekkel megküzdveelég sok mindent tettem le az asztalra (publikációk,könyv-és lapkiadás, fordítások, és egyebek)...Legfrissebb, most megjelent könyvek: Umberto Pasqui:«Trenta racconti brevi» az én előszavammal, MaximTábory: «Ombra e Luce», U.S.A.-beli magyar időshonfitársam (sz. 1924.) verseskötete az énfordításomban, amelyen tavaly november óta, megállásnélkül dolgoztam, az olasz nyelvű részben olvasható akötetről néhány sor, valamint néhány kötetbeli vers)...Emellett folyamatban van a folyóirat és a <strong>2011</strong> nyaránbelüli kiadásra tervezett ünnepi antológia mellettnéhány önálló kötet sajtó alá rendezése... ha Isten isúgy akarja, hamarosan napvilágot látnak ezek is. 27évnyi tevékenységemről részletesebben a kiadványomhonlapján lehet tudomást szerezni (vagy elég a Googlekeresőbe beütni nevemet akár ékezettel, akár anélkül),tagadhatatlan dokumentumok, nem nemlétezőszellemvállalkozás, nem handabanda, mint másoknálnagyon sok esetben...Ezek után átadom a helyet alkotóinknak és aközeledő évvégi ünnepségek alkalmából kívánokminden kedves Szerzőnek és Olvasónak szentkarácsonyi ünnepeket és áldásos, boldog új évet s nemutolsó sorban jó egészséget, valamint kellemesszórakozást, olvasást kívánok, természetesenköszönetet mondva, hogy eddig kitartottak mellettem.Az újonnan érkezőket pedig sok szeretettel, tártkarokkal fogadom: Isten hozta Mindnyájukat!LÍRIKABodosi György (1925) ― PécselySzót kell váltani néha ésHaszontalan följegyzéseket tenniPedig csak nyílni szeretnékMint a keserű bokor.Bozontosan csak arra figyelniAmire ő, a ráereszkedő harmatra,És a fura legyekre.Csupa olyan maradAmilyennek találtamDr. B. Tamás-Tarr Melinda- Ferrara (Itália) -196OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Titeket is kérlekNe akarjatok mindigVáltoztatni rajtamÁltalad óvtam megMagamat magamtól.Olyan lettél és olyan vagyokMint egy szabályAmely soha nem érvényes.Ahhoz van hozzátennivalómAzt szeretném kiegészíteniAmi mindig elmaradIlyen egyedüllétről szólokÉsÖlemben viszlekRejtetten mint a szívverést.(Csupa, a kőmalac vígasztalására írt sorok)Forrás: Bodosi György, Curriculum, VII. Újabb visszavonulások,életérzések a csigaházból; 20. old.PARASZTSZOBÁMBANÜlök egy szív alakú székenMit álmodozva faragottKemény tölgyből százévnyi régenEgy paraszt, ki ehelyt lakott.Fáját faragva - ma úgy vélem -Bús sorsán elgondolkodott,Azért cifrázta-véste szépen,Mert árva volt, mert elhagyott.De hányszor az volt az én népem!Írni, olvasni sem tudott.S e tanulatlan, szerencsétlenkéz remekművet alkotott.Korhadt, repedt paraszti székenÜlök, s ím, tőle tanulok.Magam is, mint itt élt művészem,Ilyesvalamit akarok.Bodosi györgy, «Az öröm szavai» c. kötetből (Szépirodalmi,1964)Botár Attila (1944) ― VeszprémÚJABB FÉLCÉDULÁKXX<strong>XV</strong>I.A kétfelé szakító kezdetetmennyi kínnal és átokkal viseljük –Ki férfinak, ki nőnek született,s ritkán, ébredve, érzik: Egy a lelkük.XX<strong>XV</strong>II.A hátra levő? Ahogy a kezdet.A csíra, szár-zöld közönyösen ével.Delek. Lassú délutánok. Estek.Viaskodás az Angyal erejével.XX<strong>XV</strong>III.Itt és a túlsó parton egy kicsitmég hallgatom, Folyambölcs, suttogásod.Körül kizöldell. Göncöl születik,ahol hajnalban evezőcsapások.XXXIX.A szemem itt színekkel megtelik,mint a virágzás elmúlt évszakában.A horizont ontja gyümölcseit:kóstolgatom. Tán utoljára láttam.XL.A törekvő s végórás fajok dúsfürtje néz szemébe. Hűs tekintet.Egy lejtőn térdre döccen a koldus:„A pinceház… Az ének… Hova tűntek?‖Megjegyés: Idő közben megjelent a 2019/<strong>2010</strong>. 71/72-esdupla számunkban bemutatott legújabb, Éneklő nyomokért c.verses kötetében.197OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>ALIGÖrvényesi anzix a LecceA szél vigyázzban álle szív-kövek előtt:derékszög befogói,leszáradt, csonka száraz egyik és törött,olajfák régimódifeszes hálói mára hullást fékezők.Ott igaz, itt valódi?Háromfülű kosár.Emeld, előkelőbb,mint ríva átkozódni.Ami cserét kínáljövőből érkeződ:alig lyukas diónyi –Csata Ernő (1952) — Marosvásárhely (Erdély, mai Románia)AZ ARADI TIZENHÁROMSzerencsétlen szám– azt mondják – a tizenhárom,nekünk a legszerencsétlenebb,mindenképpen,az aradi tizenhárom.Tőlünk ma, csak koszorúra,főhajtásra telik,pedig a mi nyakunkra,semmilyen hóhérokbárdjukat nem fenik.Hiába ébredteknagy szívekben,magasztos, megindító eszmék,ha zsarnok időktatárjai, mind felégették.Hiába hajtott ki a csíra,újra meg újra,szabadnak maradnia Kárpát-medencében,drága volt mindig, nagyon drága.Ezen a tájon labancok,muszkák,vágyainkat, eszméinketbitóra húzva meggyalázták,


itt az emberi méltóságot,gyáván megalázták.Négy főbelövés,kilenc bitó,véretek bosszúja égbekiáltó.Őrjöngött a bresciai hiéna,a kegyelem pedig, nem jött meg,hiába.Áldunk szent sírhely, nemzeti Golgota.1956Egyszer meseszerű hősökké váltunk,a hétfejű sárkánnyal szembeszálltunk.Mi most, egyszer nagyokká nőttünk,több ezer Szentgyörgy nyüzsgött közöttünk.Hiába tapodtak ránk tűzokádók,gyomroztak mérges bolsevik támadók,dobogott millió szív értünk,hősök őszén óriások lettünk.Virultak újra gyászos emlékeink,sírokba szálltak, vérükkel hőseink.Világunk némán, bízva ámult,bénán, dermedve, ismét elárult.Hiába szívták vérünk, tapodták abakanccsal, lánctalppal makacs énünk, lám,sok éven át, még mindig élünk,hogy mártírok hantján újra nőjünk.(alkaioszi strófa)(2005. október 6. )(2001. október 26.)Gyöngyös Imre (1932) ― Wellington (Új – zéland)DANTEÁrtatlan álmú művész mesemondó,életre kelted hímzett másvilágodoly nagyszerűn, hogy képzett ész se gondolmásra, csak mit a lelked szeme lát ott.Agg mestered minden aggodalomtólvédve nyugtatja kész kíváncsiságod,s Veled hűen, kézen fogva barangol,míg mondád csengő szóláncát kitárod.Most mesterem visz szép igéje általmeséden át magyarra hangszerelveamint tudása, szíve, lelke áthallős florenziről új tolnai nyelvre,mely fényében, Költők Költője, rádvall:Magyar nyelvedben büszkeséged telne!1996WASS ALBERT ERDÉLYEsorsunk súlya alatt nem tört meg a lelke,gazdagítja azzal szépirodalmunkat,utat jelöl nekünk és magyarságunknak.Teljes életsorsa nagy szomorúságaErdély sorsával fáj egy nagy gyászba zárva.S amíg a verseit lapozgatja kezem,olvasgatva halkan Erdélyt megkönnyezem.2003SHAKESPEARE-SOROZAT– X.William Shakespeare (1564 – 1616)Shakespeare 12 SonnetWhen do I count the clock that tells the time,And see the brave day sunk in hideous night;When I behold the violet past prime,And sable curls all silver'd o'er with white;When lofty trees I see barren of leaves,Which erst from heat did canopy the herd,And summer's green all girded up in sheavesBorne on the bier with white and bristly beard;Then on thy beauty do I question makeThat thou among the wastes of time must go.Since sweets and beauties do themselves forsake,And die as fast as they see others grow;And nothing 'gainst Time's scythe can make defenceSave breed, to brave him when he takes the hence.Szabó Lőrinc fordításaSzámolva az óramondó időts látva, szép nap rút éjbe hogy merül,hogy kókad az ibolya nyár előtt,s ezüst zúzt hogy kap a fekete fürt,s hogy ejti lombját a sok büszke fa,mely alatt nemrég tikkadt nyáj hűsölt,s hogy hág kévék ravatalairaa borzas ősz-szakállú nyári zöld,sorsodat nézem, a szépségedét:útja a romboló időn visz át,hisz mind búcsúzik, az édes, a szép,s hal oly gyorsan, ahogy mást nőni lát.Csak gyermeked véd a kaszás Kor ellen,hogy dacolj vele, mikor elvisz innen.Wass Albert verseit lapozgatja kezem,halkan olvasgatva Erdélyt megkönnyezem.Gyöngyös Imre fordításaEgy volt ő a sokból, kit Erdélyországból,Ha az időt óránként számolom,otthonából űztek, hazájától távol.látom, amint a hős nap éjbe térs az ibolyát is nyárba fonnyadón,Mikor országunkat a Győzők leszelték,vagy barna fürt, mint lesz ezüstfehér,otthonát, birtokát, hazáját is: Erdélyt,óriás fák, mint nyúlnak meztelen,tűrő székelyeknek fájdalma és könnyehonnan hullt nyájra nemrég árnylepel,műveiből áradt s ma is zokog benne.hol kévékbe font nyári zöld pihenKorunk büntetését vállain cipelte,s ravatalán fakó bajuszra lel.198OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Így szépséged is kérdőre vonom:majd hulladékká őrli az idő,mert báj, szépség magát búcsúztatóngyorsabban hal, mint újonnan kelő.Az Idő-kasza ellen egy dacod,ha magad helyett utódod hagyod.Gy.I. megjegyzése:Az utód-téma az első tizenkét szonettben ismétlődik, de nemérzem a szonettek közötti összefüggést, sőt időbelikülönbözőségeket érzek. A korai kiadóknak nagy szerepe vana szonettek időrendbeli meghatározásában. Forgalomban voltugyanis egy tucatnál több szonett kéziratban, amelyeket1592-95 körül már irodalmi körökben olvashattak. Ezekíródhattak első mecénása, Southampton grófja személyéhez.Senki se tudja, hogy hány íródott ezekből sokkal később,minthogy a szonetteket végül is témáik szerint próbálták akiadók megszámozni. Szerintem a pontos kronológiai sorrendnem megállapítható. Azok a nyelvészek sem járnak közelebbaz igazsághoz, akik a drámák stílusának hasonlóságávalakarják megállapítani a szonettek keletkezésének dátumait,mert a drámák részeinek megírásában is volt Shakespeareneksegítsége, méghozzá kiváló költők! A mítoszhoz ez ishozzásegít!10.) FolytatjukHollóssy Tóth Klára (1949) ― GyőrIN MEMORIAM FALUDY GYÖRGY*Kortárs költők közt te a legnagyobb,Öröklét őrzi lelked tiszta ékét,mondd, vártak-e rád testvércsillagok,fogták-e rád a tűz isteni képét?Látom előttem hajlott alakod,és érzem a lángész ritka erényét,örökké élsz, s az élő mind halott,ki nem ismeri verseid zenéjét.Itt hagytál minket, kiknek mérce vagy,zsenid aranyát tündökli a nap,versharsonákon csengsz a messzeségbe.Reád örök örömök vigyáznak,a madarak versedre trilláznak,halhatatlanságod zengik a fénybe.* A „Szonettek‖ 100 éve született Faludy György költőipályázat II. díjas, ezüst minősítéses szonettje.Legéndy Jácint (1976) ― GödöllőHÓDOLATdongók napoznak a kerítésoszloponés tulipánok szirmait becézgetia szél mint ősi alkimistaa tavasz megannyi rügyből kiszabadítjaaz aranyzöld gyönyörta birsalmafáról gyümölcsmúmiákhullnak és a szomszédban márcsengenek a burkolók ipari hangszereiadrienn teste kibomlik akabátból szép mint a forradalomjácintvirágok bólogatnak neonkékreménységgel elmúlt a tél és nek-tek vadfiúk hódolat a legendáértKötetben: Központi Zóna, Balassi Kiadó, Budapest, 2006SÁPATAG FÉNYBENezt akartam sápatag fényben azablakhoz állni s a kisszekrénymögül egy alkimista boldogságávalfigyelni a diófa csúcsánösszegyűlt hópelyheket hiszen atél igézően alkalmas az emlékezésretehát épp a lélekben zajlóbúvárkodásra s mintha vékonyjég alatt evickélnék a csípőm isremegni kezd mellettem ősvilágihalakként surrognak a múlt képeipéldául érzékelhetem tinédzserönmagam a rajnyi délutántamit kertem vagy a park fái köztaz összehangoltság dimenziójábantöltöttem el messziről értelmezveposztmodern áramlásokatmíg tarkómon a legódonabbfutott a szél akár egy misztikuscheguevara olyan voltam s vagyokmindmáig hiszen a jövőnekakciózom ugyan könnyűsúllyalám vásott bakancsban s a töltényeimlepkék ezért elbűvölőenbiztos hogy továbbra is gyöngédérzékeny forradalmár leszekKötetben: Központi Zóna, Balassi Kiadó, Budapest, 2006Németh István Péter (1960) ― TapolcaKERESZTÚTI. stációECCE HOMO! És moraj. S tömeg.Csodákért kijáró köszönet.Pilátus ítéletről jövet:„Szóval nem én a bűntelent… ŐkSzabták ki, ami eljövend… Ők…‖Tál illatos vizet kér. Kendőt.Beleivódik szövetébeA hóhérok hófehérsége.II. stációMert az Úr már el nem ereszthetMindaddig, míg nem adja ezt meg:Megkapja mindőnk a keresztet,Hogy induljunk vállunkon veleVirágos városból kifele.Terhünk szégyen és Jelek jele.Az út vége a vesztőhely-e?Vagy Paradicsom-fácska helye?Áron viruló új vesszeje?III. stációHogyan is van az első elesés?A látvány esendősége. ÉsAz új érzés, hogy most megtörtént,Amint elfogja a megtört Ént.Hiszen tört a test. A lélek kész.Bármely veszt. Hiába az egész.199OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


IV. stációMária, Mária, Mária.Fiát, jaj, így kell most látnia.Mária méhének gyümölcsePedig Isten egyszülött fia.Szenvedés poharát kiöntse –Nincsen és nincs, nincsen senki ma,Nem segít Ég, se könny, se ima.Mária! Mária. Mária.V. stációMásokat sikerült. S volna miNehezebb? Magunk megtartani?A súlyt Simon, a cyréneiVállára átvéve érezi.Dolgozik a mezőn naphosszat.Teher s teher. Egyik se rosszabb,Csak amit az iszony növesztett.Félsz nélkül viszi a keresztet.VI. stációLát most Veronika oly arcot,Minél igazabbat nem karcolt,Festett soha, s nem vésett ki ésNem is fog többé emberi kéz.Kezében a kendőnyi szövet,Amin a vér, a könny s a köpetA nyomorúság negatívjátMegszentelődve előhívják.VII. stációA második földrebukást már– mint volt az első lerogyásnál –Tán váratlannak se vélhettékKörülötte: „Megtörténhet még!‖Közös szégyen. Valahogy könnyebb.Mily könnyedén ered el könnyed.VIII. stációHát ez is még hátra: sírva ittLátnom Jeruzsálem lányait.Miért e jajgatás? Nincsen ok,Nincsen, hogy énrajtam sírjatok.Jeruzsálem leányai, ti,Magatokon kell sírva sírni!Ha így jár egy gyümölcshozó fa,Mi vár vajon meddő gazokra?IX. stációLám elesett. Harmadszor is. OttMár egészen ránk hasonlított.Magára vett gyöngeségeinkA vállain nehezebbek, mintA kereszt nehezülő súlya.Lám elesett. Harmadszor. Újra.X. stációBíbor ruháját letépték rég.Repesztik csúfos öltözékét.Nép vihog, hóhér, minden őre.Áll. Mint kő s koponya, oly pőre.Már csak testét nem vetette le.Mezítlen szégyen. S Jelek jele.Bűntudó Ádám. Isten fia.Megdicsőült pornográfia.XI. stációMindaddig az Úr nem ereszt el,Míg nem leszel egy a kereszttel.Íme az ember. És az Isten.Ég, se könny – nincsen ki segítsen.Testét szögekkel általverik.Szenvedés pohara betelik,S nem múlhat el. Ki kell innia.Három órás az agónia.XII. stációMost hasad szét Salamon fátyla.Most a Napot senki sem látja.Állnak hirtelen támadt homályba most.Mindnyájan hallják a századost:„Bizony ez az Isten fia volt.‖Öt sebétől vérzik még a Holt,Vére a kereszt fájára folyt.Véréből egy csepp rám is aláhullBűnösségem bocsánatául.XIII. stációMária. Mária. Mária.Fiát, jaj, így kell most látnia.„Hol volt az angyali légió,Hogy óvja, ha tényleg égi Ő?!‖Csúfolt fiát tartja ölében;Holt fiúkat anyák, miképpenVolt, és most, és lesz mindörökre.Letörölhetetlen a könnye.<strong>XIV</strong>. stációMegmosdattak, Jézus, drága Holt.Áloé. Mirha. Gyolcs. Sziklabolt.Édes Jézus, így mentél halkan,Eltűntél, mint Jónás a halban.Tárt karod hív. Föl így szögeztékA hatalmakra ácsolt eszmék.Ám él a Lélek, a test s a Holt.Harmadnap üres a sziklabolt.Németh István (írói nevén Németh István Péter) (Tapolca,1960. március 8. – ) költő, irodalomtörténész, műfordító,magyar nyelv és irodalom szakos előadó, könyvtáros tanár.«Csendben alkotó, intim lírai alkat, ritka egyéniség a maicsúnya, könyöklő világban.» (Toldi Éva)Iskoláit szülővárosában (a mai Bárdos Lajos Általános Iskolafalai között), majd Pápán (a Türr István Gimnáziumban)végezte; egyetemi diplomáját pedig az ELTE BölcsészettudományiKarán szerezte, magyar-könyvtár szakos „EötvösCollegistaként‖. A Debreceni Agrártudományi Egyetem hallgatójais volt, másoddiplomáját humán-menedzser – vagyisemberi erőforrás – szakon szerezte.1985-től 1992-ig a balatonfüredi Lóczy Lajos Gimnáziumbantanított. A vörösberényi és balatonboglári Balaton Akadémiamegnyitása óta az intézmény munkatársa volt, 1993-tól 2000májusáig. A füredi gimnáziumban könyvtáros tanár volt egyújabb tanévre, majd 2001 augusztusától 2003 januárjáig azánkai Egry József Idegenforgalmi Szakközépiskola, később aSzász Márton Szakiskola tanára Diszelben. Ma a tapolcaiVárosi Könyvtárban, az Iskolamúzeumban dolgozik.Valamennyi munkahelyén vagy kollégiumi szállásán szakköröketés önképzőköröket vezetett. Tanított műalkotáselemzést,filozófiát, filmesztétikát és társadalomismeretet is, szakszerűórahelyettesítésként minősültek zenetörténeti órái is. Komplex200OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


esztétikával foglalkozik, tanításai során a testvérmúzsákat, atársművészeteket együtt is megismertette diákjaival.Diákotthonokban már pályakezdése óta vállalt felügyeletet.Az 1990-es évek első felében a Megyei Pedagógiai IntézetMegyei pedagógiai Körkép című folyóiratánál tagja aszerkesztőbizottságnak. Tudományos ismeretterjesztői előadásainem csupán Veszprém megyére korlátozódnak. Járttöbbek között Görögországban, Olaszországban, Németországban,valamint az összes környező országban.Könyvek, verses irkák: Virágnyi világvég (versek, Budapest,1987.)A szerepek hűsége(irodalmi tanulmányok, Veszprém, 1989.)Utak szeptembere (versek, Budapest, 1990.)Batsányiné Baumberg Gabriella versei (műfordítások, Tapolca,1992.)…a természet örömkönnye (balatoni antológia, Vörösberény,1993.)Koncz István Magamnak mondom című válogatottverseskötete (szerkesztette s gondozta - Tapolca, 1995.)Origósdi (mesék - Kamarás Istvánnal közösen - Tapolca,1996.)Angyalvihánc Manophülében (gyermekversek, Tapolca, 1996.)Égi tetszésre - idelenn (a Balaton Akadémia könyvsorozatánakrepertóriuma, Vörösberény, 1996.)Heine-daloskönyv (Tapolca, 1997.)A boglári parton Adalékok Balatonboglár irodalom ésművelődéstörténetéhez. Balaton Akadémia könyvek(szerkesztette - 1998.)Borággal áldlak - magyar bordaloskönyv - Balaton Akadémiakönyvek (szerkesztette - 1999.)Pannónia dicsérete - előadások a II. magyar írók, műfordítókvilágtalálkozóján Balaton Akadémia könyvek (szerkesztette -1999.)Kamarás István: Világverseny a berekben Németh IstvánPéter verseivel (Cicero Könyvkiadó, 1999.)Herbert Zinkl: Esőének (műfordítások, Balatonfüred, 1999.)Koldus és királyfi (meseopera-librettó, Balatonfüred, 2000.)100 vers (versek, Tapolca, 2000.)Kihullt lapok egy naplóból (naplók, följegyzések, BalácaKönyvek, Veszprém, 2000.)Rilke-képeskönyv (műfordítások, Balatonfüred, 2000.)Gyöngytár és teklatéka (versek, Tapolca, 2001.)Egry ragyogása (versantológia a magyar költők EgryJózsefhez írott verseiből, Balatonőszöd, 2001.)Karácsonyi irka (versek és műfordítások, Zánka, 2001.)"Kalitkám is madár" - Czigány György költészete(tanulmányok, Hungarovox, Budapest, 2006.)Janus-irka Janus Pannonius 50 epigrammája NIPműfordításában/átköltésébenDBD-k: Öleljen Föld, víz s ég! (balatoni irka Nagy Gáspáremlékének, 2007.)Megtaláljon a Karácsony! (karácsonyi versek orgonás zeneialáfestéssel, 2007.)Húsvéti oratórium (húsvéti verses DVD, 2008.)Angyalvihánc Manophülében (gyermekversek, 2008.)A költő verses DVD-it honlapjának rendszergazdája, Dr. SikosLászló készítiElismerések: Egry József országos pályázat, II. hely -Badacsony, 1976.Egry József országos pályázat, I.hely - Badacsony, 19<strong>77</strong>.Baraxa-Soós Alapítvány díja, 1985.FMK országos versíró pályázat, Bp., I. helyB.A.Z. megye jubileumi irodalmi pályázat, Miskolc, 1987., III.helyIRAT irodalmi nívódíj első verses kötetéért, Bp., 1989.Pedagógusként végzett önképzéséért Fonay-díj, Veszprém,1990.Az Élet és Irodalom bordalversenye, III. díj, Budapest, 1992.Salvatore Quasimodo költői verseny, különdíj, Balatonfüred,1994.Salvatore Quasimodo költői versenyben a legjobb 12 között,1998.Országos Illyés Gyula-pályázat a költő 100. születésnapján.Magyar Kultúra Háza, Bp., Corvin tér. Tanulmánya a legjobb10 között, a Móricz Zsigmond Társaság különdíja, 2002.A "Tapolca városért" kitüntetettje, 2001.Forrás: WikipédiaPapp Árpád (1937-<strong>2010</strong>)HAGYATÉKAz asztalon az angyal szárnyából birkózás közbenkitépett toll, tövén a vércseppA markából kicsavart csupasz pengéjű késEgy abbahagyott sorA padlón a két gyerek, kockákkal játszanak kirakósditA megintcsak befejezetlenül maradó világNézte őket, aztán letérdepelt közéjükminthaimádkozni akarna ifjúkora elhagyottistenéhez?S megmutatta nekik, hogyan kell építenitűzhelyet s barrikádotA felszaggatott utcakövekbőlÉJJEL, OLYMPIÁBANValaki odahajolt hozzád, a te gyufádApró lángjával kiemeltél, egyetlen pillanatra,Egy megfejthetetlen arcotAz örökkévaló sötétbőlDEMOSZTHENÉSZHEZMa már nem töprengsz-könnyedén ejtesz ki mindenszót.Tégy vissza a szádba egy-két érdes kavicsot:Kenyér, Szabadság, Szeretet.Hadd botoljon meg rajtuk a nyelved-Dadogni tanulj!KÉT IKONOSZTÁZ-RÉSZLETI. Apám, arany búzatábla- háttérrelSzólították.Vállára vette a kaszát: kicsit még tétovázott.Aztán nadrágszíjára akasztotta a rakományt-Megváltás? Végítélet? Maroknyi fűcsomóval,Kő-nyelű, kő-pengéjű késselBetömött trombitája… FénylőFél-szárnyú angyal. Elindul. Olyan meggörnyedve megy.Föld felé hajlik, akár a vásottKaszahegy.II. Madonna nera con bambino mortoTalán megváltott volna minketHiába ácsoltam meg a jászlat,Hiába a keresztetHiába őrizgettem: nem futkos vele soha az út porábanNeked adom hát gyerekkori abroncs-karikámat-Romolhatatlan, rozsdás gloriola.A «Metszéspontok» c. kötetből (Magvető, 1976)201OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Pete László Miklós ― SarkadA KANDALLÓ TÜZÉNÉLA horizonton sápadtan bolyongA fáradt és erőtlen Napkorong,Csikorgó foggal dörmög a hideg,Szavát egyedül a szél érti meg.A kandallóban izzó fahasábok,Sejtelmesen derengő téli álmok,Az ablakonSzendergő jégvirágok.Sötét palástban szendereg az ég,Egymáshoz bújik férj és feleség,S míg szelíd emlékek virrasztanak;Meghitt melegben vágyak izzanak.A kandalló mindent tud, mosolyog,Pajkos lángocska táncosan ropog,Az árnyék hallgatÉs a csend csacsog.Péntek ImreÁTVONULÁSA változás lecsengett, célhoz ért,milyen remek, hogy csendes, vértelen –izzadt a fényes pofájú értelem,s lessük, jó fiúk, ki kapja most a bért,jutalmat, állást, szent babért,s ki marad megint talpig meztelen,fetrengve porba; mélybe, lenn,pedig egyet mást ő is megtett azért...A massza lágy, de szilárdul már a kéreg,helyet talál magának a féreg és a véreb,az esték lágy szava régi harangkondulás...ez istenverte, szikes, szűk lapályon,hol engedélyezett a koldulás.Forrás: «Búvópatak»Csernák Árpád, a «Búvópatak» főszerkesztője felelősségvállalásávalpublikáljuk, ahonnan átvettük ezt a nagyszerűszonettet..Péntek Imre József Attila díjas költő, újságíró, akár a mifolyóiratunk, ugyancsak 15 éves Pannon Tükör főszerkesztője,egykori újságíró kollégám a veszprémi Naplónál az egyhónapos, 19<strong>77</strong>-es újsagíró-gyakornoki időmben.A székesfehérvári megyei önkor-mányzati portálonolvasható: Első versei 1967-ben jelentek meg az Új Írásban.Péntek lírájának kezdettől fogva egyfajta filozofikus-groteszkhangvétel, a meditációra való hajlam mellett az ironikus,szatirikus, sőt, szarkasztikus elemeket alkalmazó költőibeszédmód, az érzelmességtől elidegenítő effektusokszándékoltan tudatos felhasználása. Péntek költészetének eza sajátságos alaphangja költői pályafutása során lényegébennem változott, költői eszköztárának bővülésével,gazdagodásával azonban időközben fokról-fokra módosult,árnyaltabbá, összetettebbé vált. Péntek Imrekísérletezésének leszűrt, megállapodott (de nem lezárt)eredménye, mai líránk jelentős értéke.Egy jércének kazal fölöttimagasságokba száll a lelke.Egy ostoba a kerítésheztántorog, kinéz a résen.Elképzeli a szerencsétlen,a kinti élet más egészen.......................................Mielőtt még észrevennék,hatalmasan belép a gazda,elviszi valaki testétvérbenázva, megkopasztva.(Borzong a vén tyúk)Forrás: http://kiralyiseta.szekesfehervar.hu/Mintha jártunk volna már e tájon,Sarusi Mihály (1944)HUN FOHÁSZIstenem, Istenünk, Örök-Egy-Isten, Egy-Öregh-Isten, Magyarok Istene, Úr, Urak Ura, Egek,Mindenek Ura, Fű, Fa, Föld, Nap, Hold, Csillag, Víz, Kő, Hegy, Sík, Szél, Tűz, Folyó, Tenger, Csudaszarvas,Mindenek Istene, Boldogasszony Anyánk, Asszonyunk Szűz Máriánk,Szűzanyánk,segíts; segéld meg néped! Segítsd meg híved! Magyar s nem magyar nemzeted, ha nem islegfőképpen, de legalább annyira, mint a többieket, minket hunn-ivadékokat, ősmagyarból,avarból, ótörökből, ugorból, tótból és oláhból, tokosból és bunyevácból, rácból meg ruténból,horvátból, vendből, miegyébből kikevert, egyetlen Kárpát-karéj lakta népünket.Sem tíz,Sem kilenc,Sem nyolc,Sem hét,Sem hat,Sem öt,Sem négy,Sem három,Sem kettő,Sem egyelnyomót ne engedj a nyakunkba telepedni!202OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Egy szemárulót ne engedj közénk férkőzni!Egyetlenördögfia se adhassa ki magát- hamisságával becsapva bennünket -a legkülönb hazánkfiának!Isten! Segítsd e népet, e szanaszét vert, szanaszét szórt, szanaszét irdalt nemzetet, Bendegúz,Atilla, Csaba királyfi népét, Levente magzatát, Álmos, Árpád népét, Szent István és Szent Lászlónépét, Hunyadi János és Mátyás király népét, Bocskai, Bethlen, Rákóczi népét,Kossuth népét, Ötvenhat népét, Mindszenty és Márton Áron népét, a megszületése óta örökösharcra kényszerített, elkeseredett ellenállásba kergetett, ha kell, Érted, a Szent Igazságért,Szent-Magyarországért, a Szabad Magyarországért, Világ-Szabadságért, mindenért, mi szent,szent, szent vagy Uram, ma is csatába szállni képes nemzeted!Segítsd meg, ó Uram, e kicsi, hatalmas, gyönge, erős, letiportan is fejét emelgető, megtaposvais előbb-utóbb bátorságra kapó, magát sárba verten sem megadó, megalázottságábanelkövetett átkozódásából kitisztulva újra hittel hívő szegény, gazdag édes-keserű, bitang drágaTizenötmilliónk!Isten, Istenünk, Mi Urunk!Hittel Hozzád fordulunk.Szerető szívünk Utánad eped,Vágyakozó karunk Feléd tárul,Reménykedve Rád tekintKicsi Magyarhon, Magyarföld, Mindahány-Magyarország, Hunnia, Hungária, Szittyaföld,Mária Országa, Pannónia!TizenötTizennégyTizenhárommillió -Ne tovább! Ne engedj tovább süllyedni, fogyni és apadni, romolni, elillanni, fölszívódni,eltűnni, múlt ködébe, más népbe veszni, ne, ne.Könyörgünk, segíts azzal, hogy erőt adsz az erőtlennek a jövőt vállalni, hitvest szeretni,családot, gyermeket, gyermekeket ápolni, vállalni a közösséget, szülőfalut-szülőhazát,borzasztó-szép, átkozottan gyönyörű Magyarországunkat, melynek határát ne engedd, hogy azAlvilág Ura szabja meg.Isten, Ott Fönn A Mennyben,Bárhol vagy,Tudjuk, mindenütt vagy,Bennünk s rajtunk kívül,Nyújtsd karod,Hogy tovább szolgálhasson e nép.Patkányunk van egy,Hazánk is csak egy,Patkányunk van kettő,Hazánk van, egy,Patkányunk van három,Hazánk csak egy,Patkányunk van négy,Hazánk, van hazánk,Patkányunk van öt,Hazánk, hazánk,Patkányunk van hat,Hazánk, mindenünk,Patkányunk van hét,Haza, haza,Patkányunk van ezerhét,Hazánk meg csak egy.Kánisz, patkánisz, takarodjatok el!Hazánk ez az egy.203OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Istenem, Atyám.Atya, Fiú, SzentlélekÚristen.Boldog Isten, Nagy Isten!Isten-Anyám.Engedjétek, hogy így legyen.Az Örök IstennekAmmen.1944-ben Békéscsabán született, 2001-től Balatonalmádiban él. Édesanyja újkígyósi kisgazdalányként,édesapja kisiratosi zsellér fiából lett iparosként került Békéscsabára. A párja pedagógus, két felnőttgyermekük van, megszületett első unokájuk. Végzettség szerint női fodrász, népművelő, könyvtáros,mozigépész, moziüzem-vezető, újságíró és filozófus, de volt matróz, szövetkezeti és megyeházitisztviselő, nemkülönben éhezőművész is. Eddig legtovább Csabán élt, mindamellett hosszabb időttöltött Veszprémben, Debrecenben, Budapesten, Székesfehérvárt, Balatonfűzfőn s jobbára hírlapírókéntkereste a kenyerét. Sarusi Mihály is kollégám volt az egyhónapos újságíró-gyakornokosdásom idejében19<strong>77</strong> júliusában, egy szerkesztőségi szobában volt Péntek Imrével.Munkái: Magyar Krisztus (Bp., Szépirodalmi K., 1986), Fönn a Jeruzsálemhegyen (Bp., SzépirodalmiK., 1987), Kazal (Békéscsaba, Tevan K., 1991), Eszterberke (Bp., Szépirodalmi K., 1993), Fekete-Zaránd(Békéscsaba, Tevan K., 2002), Hiábahaza (Veszprém, Vár Ucca Műhely, <strong>2010</strong>) [regény]; A csabaiSzajnán (Bp., Magvető K., 1981), Pázsit (Békéscsaba, Békés Megyei Könyvtár, 1983), Hanyattúszás(Bp., Zrínyi K., 1990), Túl-a-Gulág (Veszprém, Vár Ucca Műhely, 2005), Végig a Corvinkán (Békéscsaba, Magyar Téka ErkelSándor Könyvesház, <strong>2010</strong>) [kisregény]; Ugatoló (Békéscsaba, szerzői kiadás, (19<strong>78</strong>/1991), Csavargó ének (Békéscsaba,Magyar Téka Erkel Sándor Könyvesház, 2001) [versek]; valmint utirajzok, falurajzok, széptanulmányok, tudósítások, karcolatok,vallomás.Díjak: 1967 - Szép Szó elbeszélés-pályázat II. díja (Budapest), 1983 – Békés Megye Tanácsának művészeti díja (Békéscsaba),1986 – Darvas József-emlékdíj (Orosháza), 1987 – a Szépirodalmi Könyvkiadó nívódíja (Bp.), 1987 – Füst Milán-jutalom (Bp.),1989 – Gáll István-díj (Bp.), 1994 – Greve-díj (Hamburg-Bp.), 1995 – Petőfi Sándor Sajtószabadság-díj (Bp.), 1999 – JózsefAttila-díj (Bp.), 2003 – a Magyarországért, Édes Hazánkért Kiadó költői díja (Bp.), 2004, 2006 – Bertha Bulcsu-díj(Balatonfüred), 2004 – a „Politikai Elítéltek Közösségéért‖ Érdemkereszt (Bp.), 2005 – Táncsics Mihály-díj (Bp.), 2007 – WieserTibor-emlékérem (Arad), 2009 - díszpolgár Kisiratoson (Arad/-Csanád/ megye), 2009 - Arany János-díj (Bp.).Forrás: WikipédiaSzirmay Endre (1920) ― KaposvárA KÖLTÉSZETA költészet az egyetlen varázslatAmely eszméltet és kijózanít,Megtanít, hogy találhatsz magadraÉs hogyan oszthatsz meg mássalvalamit.láz és látszatcsak a kormozó csöndszáll utánad…amikor a van és leszkörülölelmár mindent megérteszs nem kérdezel.A költészet az egyetlen bizonyságAmely léteddel azonosít,Visszafordít fonák hiedelmeketÉs a vágy béklyóitól megszabadít.A költészet az egyetlen eszközAmelyre nem tapad a gyűlölet vére;Megtanít olyan köznapi csodákraMint a szabadság, a lázadás, a béke.NEM KÉRDEZELAmikor volt és vanmiért nincsen…?neszező vágy matata kilincsen;az esetlegességcsak igézet -a mindent semmireelcseréled;ami előtted voltSalvatore Quasimodo (1901-1968) verseibőlfordítások:Salvatore QuasimodoMORZSÁNYI IDŐVöröslik a narancs a kertbenészrevétlenül,ahogy az idő leng ela vékony narancskérgen,a malom kereke döccena vízzel áradó özönben,de forog tovább,és összefon egy percetaz elmúlt perccelvagy a jövővel. Másféle az időa gyümölcsök forgatagán,a hajlíthatatlan testenvisszaverődik a halál,lesiklik kicsavarodva,s markolatávala szellembe fogódzva írjaegy élet próbáját.204OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Salvatore QuasimodoELÉGIABús lovag ő is.Dombóvár, 1951. április 24Mint fagyos küldönce az éjszakának,csillogón visszatértél a félig leromboltházak erkélyeihez, megvilágítaniaz ismeretlen sírokat --- és a füstölgő földelhagyott roncsait. Itt pihenaz álmunk. Te meg magányosan észak feléfordulsz, ahol minden fénytelenülomlik a halálba -- de te ellenállsz.Forrás : Szirmay Endre, «Nem volt hiába», Versek,versfordítások; Kaposvári Megyei Jogú Város Közgyűlése,Kaposvár, 2009; Sorozatszerkesztők : †Papp Árpàd-SzijártóIstván-Szili Ferenc.Tolnai Bíró Ábel (1928) ― VeszprémÉLETEsti képekSzomorú, felhős őszi est.Odakünn metsző szél dudálJós-hangjával szól egy szamárValahol messze így: iá!S rá a visszhang: iá!... iá!Éj vanÉj van.Néma és borús éj újra.A vágyak alusznak csendben,Meglapulva...Nincsen fa, nincs út, nincs virág,Nincs bú, nincs öröm, nincs világ,Csak Éj és Csend...Mélybe merül minden: bölcső,Temető,S ilyenkor a titkok füve nő...Éjszaka mindig gyászol a Lét:Sok megkínzott, fáradt emberKönny-seregét.Minden alszik... Csak az álomSző, mint a pókTarka himű hálón.Ezzel ad vigaszt, örömet:Hajnalban illanóHarmatszemeket...Éj van:Néma és borús éj újra.A vágyak alusznak csendben,Meglapulva...Este van ismét, csendes est,Mikor a tájra leszáll az álom.Ilyenkor mindig szívembe záromA kóborló, bús magányt.Bús lovag ő is, szomorú,S esti csillaggal cimborál.Néha korhelyül iddogálHarangszó után.Dombóvár, 1950. augusztus 8.Dombóvár, 1951. január 14.Éjszakai álmatlanságAz álmok szétfoszlanakMint a ködS emberszívek, óh,Mint salak,Útfélre hullanak.... ....Az élettőlNincs mit remélniJobb:A sírhanttalFelcserélni...Ma ismét oly szép az est:Meleg, barátságos, puha- Mint egy ránk szabott ruha -.A múltról szól és Rólad,Hogy ki vagy Te és szíved:Szerelem és szeretet.Elidőz egy-egy helyenS kutat az emlékezet.Közben üsszefűz két vén kezet.S mikor kérdezzük: meddig?Gyengén jelzi egy relé:Ballagunk már a sír felé.PRÓZABodosi György (1925) ― PécselyMÚZEUMI BESZÉLGETÉSEK V.A vasgyűrűDombóvár, 1952. január 4.Veszprém, 1989. június 4.Bánkódva, könyörgő hangonesdekelve vallott gazdája társaivalegyütt elkövetett gaztetteiről ameggörbült, pecsétje helyén isbelapult vasgyűrű, ahányszor csakmegálltam előtte a teremben.Tagja volt gazdám annak a martalóc csapatnak, amelya törzstől elszakadva, külön garázdálkodott szerte avilágban, s ahol csak gyengébb törzseket találtmegzsarolta, kirabolta, ha arra támadt kedve, ki isirtotta őket.Így mesélte: – Nem sokan voltunk, de nemcsak azujjunkon viseltünk vasból készült gyűrűt, hanemugyanabból az anyagból készült fegyverekkel isrendelkeztünk. Dárdákkal, kardokkal, késekkel,tőrökkel, hegyes nyílvesszőkkel. Amikor betörtünk egyegyelavult anyagból készült fegyverekkel rendelkezőnéphez, elég volt egyet-kettőt leöldösni közülük, smáris kezünkben tartottuk őket. Ide többször isbetörtünk. Volt amikor csak élelmet követeltünk tőlük,vagy elkötöttük lovaikat, máskor valamennyi állatukatelhajtottuk, mindent elvettük tőlük. Minden óhajunknakeleget tettek, csak akkor álltak ellen, amikor lányokatköveteltünk tőlük. Rimánkodtak, hogy ilyet ne tegyünk,de nem engedtünk. Akkor azt kérték: őkválogathassanak. Hogyisne – mondtuk, hogy a205OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


sántákat, púposokat s más hibásakat adjátok nekünk? Alegszebbeket akartuk. Haladékot kértek, hogyfelkészítsék őket a sorsukra. Ebbe beleegyeztünk, ámmire visszatértünk, egyetlen élőt sem találtunk atelepükön. Dühünkben mindent összetörtünk, akunyhókat sorra felgyújtottuk, aztán hozzáfogtunkmegkeresni a szökevényeket. Ők ezalatt hevenyészvevárat építettek a közeli hegy tetején. Megostromoltuk, smert még nem volt elég erős, bevettük. Nagy öldökléstrendeztünk, néhányan azért meg tudtak futamodni, seltűntek a közeli erdő sűrűjében. Visszatértünk a foglyulejtett néhány java fehérnéppel. Ezeket osztottuk szét.Mindenkinek jutott, csak nekem nem adtak. Ezértmegharagudtam rájuk, s amikor tovább áltak – mertnyugtalan vérünk minduntalan tovahajtott minket –,megszöktem tőlük. A völgy is szép volt, ígyelnéptelenedve is tetszett a szemnek. Inkább ittmaradtam.Amikor az egyik csak félig elpusztult kunyhóbanletelepedtem, számítottam arra, hogy néhányan azéletben maradottak közül visszatérhetnek. Ha sokanlesznek nem bírok velük majd. Ezért inkább azt találtamki, hogy eldobálom fegyvereimet, s már csak ez a gyűrűmaradt az ujjamon, ami áruló jel lett volna. beszélek. Atóba dobott akkor engem. Így kerültem a víz fenekére,én a vasgyűrű- aki most hozzád beszélek- hallatszott atárlóból a szomorú hang. Majd folytatta meséjétgazdájáról…Némának tettette magát a gazember, hogy abeszédjéről rá ne jöjjenek kiféle. Még így is végezniakartak vele, ám az egyik özvegyen maradt asszonyka,akinek nem jutott férfi a megmaradt néhányból,megszánta és kérte hogy magához vehesse.Elvitte, magához vette s még gyerekeket is szült neki.A férfi – egykori gyilkos gazdám –, csak hallgatott ésszolgált mindenben neki. Igyekezett megérteni, majdmegtanulni beszédjüket, szavajárásukat. Nem tartottsokáig, hiszen néhány száz szónál többet az itt élőkakkor még nem használtak. Jelekkel, mozdulatokkalegészítették ki mondandójukat, amiket bárki idegenmegérthetett.Egykori viselőm egyszer elhatározta, hogy megszólal.Előbb csak az asszony előtt mert, aztán mások előtt is.Ám beszédjéről ráismertek, hogy nem közéjük való.Végezni akartak akkor megint vele, de asszonya és agyerekei ekkor körülvették s megvédelmezték.Az asszony az agyagművesek között dolgozott.Gazdám, hogy meghálálja amit érte tett, készített nekiegy ügyes szerszámot, amelyet az ő törzséhez tartozókmár ismerték. Fából, lapos fakorongból, rudakból állítottössze egy korongolót, melynek segítségével gyorsabbanés szebben, vékonyabbra, karcsúbbra lehetett formálniaz agyagot. Asszonya ekkor csodaszép formájúkancsókat s más edényeket készített. Csodájára jártannak mindenki.Jól megvoltak egymással és a törzs lassan gyarapodnikezdő többi tagjával. Csak az asszonya jajdult fel néhaszeretkezésük közben. Istenem – mondta –, mit teszek?Lehet, hogy apámat, bátyámat vagy öcsémet ölte megez a gazember, akinek most jószántamból ágyasalettem. Ekkor ütlegelni, rugdosni kezdte a férfit, s méga saját hajába is beletépett. Végül aztán belátta, amitörtént megtörtént. Semmilyen bűnt helyrehozni nemlehet, csak megbánni.Czakó Gábor (1942) — BudapestTUDATLANODAEgy régi, szeles májusi napon,éppen azon, amelyik előtt végreesett az eső hat száraz hét után,a szél lankadatlanul száguldozotta föld fölött, hogy a tegnapinedvességet az utolsó csöppig kiszippantsa kertből;felhőt gyúrjon belőle, másutt leszórja, majd mentenvisszavegye, no, ezen a napon a társaság a teraszonült. A citromfüves mentateához tanügyi eszmecserétfolytattak az egybegyűltek. Leginkább azt emlegették,hogy az oktatási reformok ostobasága átragad adiákokra, és a tudatlanság szikkadt fekete iszapkéntönti el az iskolákat meg az agyakat. Sorolták apéldákat, hogy bölcsészhallgatóknak gőze sincs, holszületett Arany János, történészjelöltek számára tökismeretlen Rákóczi Ferenc és Marx neve,mérnökhallgatók nem tudnak számolni.– Talán, mert nem tanultak ilyesmit – ütött a szögfejére Szépasszony, miközben a szokottfigyelmességével töltögette a teát.– Mással tömték a fejüket – vette át a szót Lóránt tanárúr. – Emlékszem, hogy amikor Zsófi lányom alsótagozatos volt, a szorzótábla helyett a különféleszámrendszerekkel gyötörték őket, amikből persze egykukkot sem értettek.– Én sem értem őket – büszkélkedett ÉdesszájúLóorvos – pedig már mi is tanultuk.– Éppen akkor, amikor az ember feje alkalmatlan azilyesmik befogadására – szólt Szőlősgazda.– Van nekem egy matematikus barátom – folytattaLóránt tanár úr – akadémiai tag, az ő lánya és az énZsófim egy osztályba jártak. Mondtam neki egyszer,hogy neked könnyű, nem mezei nyelvész vagy, mint én,te el tudod magyarázni a gyereknek a leckét. Fölvontaszemöldökét. Én? Fölhívom azt a volt tanítványomat,aki ezt a marha tankönyvet írta.CENZÚRAA medárdos nyári délutánon, amikor a zivatar mégcsapkodott, de a nyugati hegyek fölül már besütött azesőfüggönyre a Nap, Ősz Hírlapíró mesélt a cenzúrademokrácia-álló új ruhájáról.Rezesorrú Drámaíró mindentudóan bólintott.– Könyvkiadó öcsémtől hallottam…– Az Ősz Könyvkiadó – mosolygott Szépasszony.– Bizony, bizony! Abba a szakmába is bele lehet őszülni.Nos, öcsém a minap tárgyalt egy pénzintézetilletékesével egy jeles magyar író novellásköteténekesetleges támogatásáról. A kiadó ráírná a könyvre,hogy a cég segítette a mű megjelenését, s az összegfejében át is adna neki háromszáz úrias és finom,keménykötésű példányt, melyet a bank az üzletfeleivelszokásos karácsonyi ajándékcsere során szétszórna. Azilletékes bólogatott, igen, az ötlet pompás, mi több,megtisztelő, mert ő ismeri az írót, olvassa, tiszteli,bizonyos benne, hogy a könyv remek, ámde nekik – ígytöbbes számban! – előbb alaposan át kell olvasni,nehogy olyan mondatok legyenek benne, melyeksérthetik a megajándékozottak érzékenységét.206OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Öcsém fölhorkant volna, mire illetékes bankember avállára tette kezét. Ne mondja ki, tudom: ez cenzúra,bizony az, mégpedig a javából.KUTYACSAPDAÉdesszájú Lóorvos a gyakorlatból hozott történetet asúlyos, júliusi kánikulában, amikor a kedves vendégekillatos fagylaltokat kanalaztak a lugasban.– Kijárok egy telepre, amely a határrendőrségnek képezkutyákat. Bizony sok baj van az állatokkal atúltenyésztés miatt.– Mi is kissé túltenyésztettek vagyunk - mélyedtmagába Barna Adjunktus. Töltött egy kis rumot isdiófagylaltra.– Elég gyakori, hogy egyik-másik, nagyjából márbeidomított ebet ki kell selejtezni. Ezeket oda szoktukadni az ott dolgozóknak, ismerősöknek jelképes,lényegében csak a költségeket tartalmazó összegért.Történt, hogy a telep egyik munkása nem várta ki azidőt, vagy sokallta az oltások árát, fogta magát, shazavitte a Mirza nevű farkaskutyát. Nem telt bele kéthét, bűnét bevallva visszahozta.– Miért? – kérdezte Szépasszony.– Ezzel fogadtuk mi is embert. Ő pedig röstelkedvemesélte, hogy a kertjében szedte a barackot, amikorheves hascsikarás fogta el. Nosza rohant be a házba, avécébe, azaz csak rohant volna, mert Mirza alkalmaztavele szemben is a kutyaiskolában tanultakat: amenekülőt el kell kapni. Megtörtént. Szegény pacák kétórán át feküdt az udvaron saját anyagában, amíg hazanem jött a felesége, s ki nem szabadította a szigorúMirza őrizetéből.A NEGYEDIK PARANCSOLATTszanta úr, az ökumenikus népnevelő mesélte azon akülönös májusvégi délutánon, amikor két hónap ótaelőször esett az eső.– Képzeljék, barátaim, szülővárosomban, T.-benelfogtak egy embert, aki betörte református templomajtaját.– Rablás? – kérdezte Szőlősgazda, amúgy szokásosújságolvasó.– A rendőrség is erre gondolt először, hanem amikorelkapták a tettest, az töredelmes beismerő vallomásttett…– Részeg volt – próbálkozott újra Szőlősgazda.– Rosszabb – felelte Tszanta úr. – Gyónni akart aszerencsétlen. Meg akarta gyónni, hogy előzőlegfojtogatta az édesanyját. Ez hamar be is igazolódott, amamát kórházba is kellett szállítani. A vádat így rabláshelyett emberölési kísérletre módosították.– No de reformátuséknál nincsen gyónás! – találta fejéna szöget Édesszájú Lóorvos. – Ha járt volna hittanra,tudhatta volna, s nem töri be a templomajtót.– Ha meg is tanulta volna a hittanleckét – mosolygottSzépasszony – akkor az anyukáját sem fojtogatta volna.BOLDOGASSZONYPéter úr mesélt a szovátai borvíz mellé.2007-ben egy idős, Erdélyből elszármazott orvosismerősöm pénzt szeretett volna átutalni a MagyarokNagyasszonyáról nevezett alapítványunknak. Bement abankba a maga kis dél-dunántúli városában intézkedni.Simán haladt az ügy, amíg a „közlemény‖ rovathoz nemértek.Akkor a kedves bankhölgy föltette a szokásos kérdést:Mit szeretne írni a közlemény rovatba? Ismerősöm nemvéletlenül támogat ilyesféle alapítványokat, ráadásuladóbevallásában föl sem tünteti jótékonykodását,egyszerűen csak annyit felelt: „Szűzanya.‖A tisztviselőnő nem nagyon értette a dolgot, ezért újrakérdezett: Mit írhatok a közlemény rovatba?Írja, amit mondtam: „Szűzanya.‖ Azt nem lehet! –jelentette ki a bankhölgy határozottan. Miért nem? –kérdezett vissza az ismerősöm. Csak! A pénzemért nemírhatok a közlemény rovatba azt, amit akarok? Bármitnem! Miért nem?Ez így ment egy darabig, a bankhölgy konokul nézett adoktor úr szeme mellé, és eltökélten, ám mindenindoklás nélkül hajtogatta: Nem lehet.A történetnek majdnem úgy végződött, mint a mese,kiegyeztek a „Boldogasszony‖ szóban. Látszólag.Hanem a bankleány cselt vetett, két szóban írta: Boldogasszony, és ettől nem tágított.Ismerősöm elnevette magát: Majd elintézik egymásközt, aranyom!Csernák Árpád (1943) ― KaposvárHA DIKTÁL AZ ÚRISTENAz értelem csak a hit általadottat képes artikulálni.Canterbury AnselmusJöjjön már a vihar! Egyelőrecsak távoli cikkanások, késlekedőtompa dörejek. Agyamban roppantfeszültség, fájdalom. Halántékomon lüktető ér, nyakamgörcsös, merev. Jobb oldalamon fekszem,embriópózban, nyitott szemmel. Nem mozdulok. Várok.Kifelé és befelé figyelek. Kint az egyre közeledővillanások, dörgések, belül feszültség, lüktetés,fájdalom. A szoba sarkában karosszék. A felvillanófényben látom: ott ül megint a tar koponyájú csuhás.Már nem is csodálkozom. Nem kutatom, honnan jött,hogyan érkezett. Nem is mozdulok. Ő sem. Csakerőltetem a szemem a félhomályban, várva, lesve apillanatot, amikor a villámlás fényében kiolvashatomtekintetéből: miért jött? Már közel csattognak a fényesdárdák, hatalmas ezüstlemezeket döngetnek szigorúangyalok, zörög az ég, áldásos szél támad, hallom abronzlevelek, az ébenágak surrogását, de ez még nemaz arcom vonásait átrajzoló vihar. Hagyjuk ezeket aszecessziós mondatokat! Ne fogalmazz, ne erőlködj,csak akkor írj, ha diktál az Úristen, és csak azt írd, amitdiktál. Nehéz visszaemlékezni. Amikor itt volt és néztükegymást, akkor nem írtam. Hazugság volna aztállítanom, hogy most van itt. Nem. Most a kutyámszuszog itt mellettem, ebben a pillanatban egyvillanykapcsoló kattant kint, egy ajtó csapódott, aszomszéd szobából beszéd moraja hallatszik, szúnyogzizeg. Az ég hallgat. Sötét és csendes. Az ágy végébenkuporgok, felhúzott térdekkel, és írok egy kis lámpásfényénél. Nehéz visszaemlékezni. Pedig csak néhánynap. De amikor itt volt, nem írhattam. Akkor rá kellett207OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


figyelnem, és most nehéz az emlékezés, az eseményekpontos felidézése. Figyeltem az arcát. Egyregyakrabban és egyre közelebb csapkodtak a villámok,és végre megeredt az eső is. Agyamban oldódott afeszültség, nyakamban a görcs, enyhül a fájdalom.Apám hónapok óta halott. Történeted, nem tudhatod,hol és mikor kezdődött, hol és mikor ér véget. Kilépsz akertbe, végre tavaszi verőfényben, kezedben nyesőolló,vagdosod a kócos szőlő indáit. Ez a te én vagyok. Dejobb, ha távolabbi. Ha nem én, hanem te, sőt ő. Kilép akertbe, kezében nyesőolló, fején még kötött sapka,pedig végre már tavaszi verőfényben vagdossa a kócosszőlő indáit. A ház sarkánál megáll. Itt, a ház sarkánálálltál akkor éjszaka; tiszta volt a levegő, felnéztél acsillagos égre, és nyüszítve bőgtél. Ez a te én voltam.De jobb, ha távolabbi. Jobb, ha te, sőt ha ő. Bőgött otta ház sarkánál, fejét az égre emelve, és tisztán látta,hogy már ott van az apja. Az égről az apja nézett visszará. Az egész ég az apja arca volt. Bent fuldokolt. Nemtudta pontosan, miért megy ki. Aztán megállt a házsarkánál, és bőgött. Májusi éjszaka volt. Most márciusvan és verőfény. Végre tavaszi verőfény. Szép sorban,fától fáig, bokortól bokorig. Amikor ideköltöztetek, csakgaz volt. Gaz mindenütt. Embernagyságú, sűrű gaz. Agyerekek is segítettek irtani. Fekete-rozsdafoltoskutyátok ott szaladgált köztetek az embernagyságúgazban, végre szabadon, a panelház celláibólkiszabadulva. Most zsemleszínű kiskutya ugrándozikkörülötted. Az almafát alaposan meg kell nyesni.Vegyszert nem használsz, s az almafa csemege akártevőknek. Jut belőlük a cseresznyére, még ameggyre is, de vegyszereket nem használsz. A diófaalatt csak megállsz, fölnézel az ágaira, átöleled karcsútörzsét, magadba szívod erős, fanyar illatát. A tujáksorfalán átjutva meglátod azt a kis dombot. Jobb, hatávolabbi. Jobb, ha ő. Meglátja kutyája sírját. Rajtadeszkából összeütött kereszt, aranyeső. Történeted,nem tudhatod, hol és mikor kezdődött, hol és mikor érvéget. Zsemleszínű kutyád ott ugrál körülötted, felnézrád, apró gallyat kap föl, két mellső lábával a fűbelapul, farát magasba emeli, csóválja a farkát. Kiveszeda szájából a gallyat, elhajítod, lohol utána, cikázik akertben, a fák és bokrok között, a verőfényben.Kellemesen zsibbadok. Közelítek. A helyszín és azidőpont teljesen más. De vajon van-e jelentőségük ahelyszíneknek, az időpontoknak? A dráma tovább zajlikkint és bent, és bármikor, bárhol folytatod, ugyanaz atörténet folytatódik. Ha diktál az Úristen. Most egyinfralámpa fényénél és melegénél gubbasztok. Arraébredtem, hogy zuhanok; nem tudom, hogy holvagyok, nem tudom, merre van a fönt és a lent, merrevannak a falak, a padló, a mennyezet. Percekbe került,amíg a holdfény, a tücsökcirpelés és a kutyaugatássegítségével betájolhattam magam abba a reális térbe,ami a szobám. Ha az előszoba felől közelítesz, a nyitottajtón át már láthatod Oláh Mátyás sárga képét, azApokalipszis lovasaival, szélfútta fájával, a semmibemeredő, roskatag téglafalnak támasztott lajtorjával és atéglafal tetején hegedülő kisfiúval; tulipántos ládámfelét, rajta ütött-kopott kisbőröndömet. Volt egyhasonló. Amikor karamboloztam, összetörött. Évekigkerestem hasonlót, nem találtam. Végül - úgy háromnégyévvel ezelőtt - rátaláltam a kaposvárikirakodóvásáron. Egy idős néni előtt volt, akit márismertem. Rendszeresen kijár. Hajdani apáca, fehér ahaja, és mindig nagyon kedves. Felvillanyozva léptemhozzá, és megkérdeztem, mennyiért adja a bőröndöt.Nagy pironkodások közepette mondta, hogy abban csakárut hozott ki, nem szánta eladásra, hiszen annyiraócska, és tele van málnafoltokkal, de ha nekem így ismegfelel, 20-30 Ft-ért odaadja. Mondtam, hogy adokérte ötvenet. Így is történt. Sötétbarna, kopott, enyhénrecés felületű papírbőrönd. Egyik oldalán kis rézlemez,amin egy elefánt áll egy hasonló kis kofferen, és ez aszöveg olvasható mellette: príma hartplatteimprägniert. Egyszer elvesztettem, méghozzáPárizsban, a Gare du Nord-on, egy jegykezelőautomatán felejtettem. Már vagy két emelettel lejjebbvoltam, eltelt 4-5 perc, amikor észrevettem, hogy csakkét csomag van nálam, a harmadik, a kisbőrönd,amiben minden "kincsem" benne van, hiányzik. Mint azőrült rohantam föl. Az ütött-kopott kis koffer ottdíszelgett a kezelőpult nikkelposztamensén. Éjszaka eztálmodtam: Már napok óta mentünk. Hajónk a nyílttengeren. A ládát, amelyben kincseimet őriztem, egészidő alatt magamnál tartottam. Egy percet sem aludtam.Figyeltem, hogyan fúródik hajónk orra a vízbe, ésmeglestem a madarak repülését. Mindenki tudta: ez ahajó elvisz bennünket abba a városba, ahol fehér házakvannak, és mindig kék az ég. Épp a hajó korlátjáratámaszkodva néztem a vizet, amikor a láda, amelybenkincseimet őriztem, hirtelen kifordult a kezemből.Lassan indult a tenger fenekére, gyöngyházkagylók éskorallok közé. Utánavetettem magam. A víz alatt istisztán láttam az útját. Már-már utolértem, amikorhatalmas polipkarok nyúltak utána. Sietnem kellett. Haa polip megöleli ládámat, soha nem tudok átjutni a köréfonódó izmos karokon. Lomhán nyúlt ládám felé: furcsavirág, hatalmas, elrajzolt virágszirmokkal, picivirágfejjel. Elővettem késemet, és teljes erőmből acélpont felé rugaszkodtam. Az utolsó pillanatbanmegérezte ellenségem a veszélyt, és hirtelenösszerándult. Éreztem, hogyan fonódnak derekam köréa vaskos polipkarok, hogyan recsegnek csontjaim.Minden erőmet összeszedtem, és késemet a polipszemei közé vágtam. Gyengült a szorítás. Nem láttamsemmit. Sötét volt, és émelyítő bűzt éreztem. Afelszínre úsztam. A víz teteje tündökölt a fényben,tűzött a nap, csak egy sötétlő folt jelezte harcunkat.Hajónk már messze járt. Fedélzetén jól fésült,pirospozsgás emberek reggeliztek fehér ingben, sötétmellényben, nyugodtan. Tudták: ez a hajó elviszi őketabba a városba, ahol fehér házak vannak, és mindigkék az éj. Újra a víz alá buktam. Sietnem kellett,nehogy megint találkozzam egy ostoba szörnnyel. Akitisztult vízben már messziről láttam ládámat a tengerfenekén: apró ezüst halak úszkálták körül. Történeted,nem tudhatod, hol és mikor kezdődött, hol és mikor érvéget. A dráma tovább zajlik kint és bent. Közelítek.Most a szobámban gubbasztok egy infralámpa fényénél,éjjel. Azt álmodtam, hogy zuhanok. A láda mellett egydézsában pálma. A földön gyékényszőnyeg. Beljebblépve, az első, amit meglátsz, egy paraszt barokkíróasztal, felette, széles fakeretben Nizsinszkij szomorúbohócképe bronzból, Petruska jelmezében. A kép széleskeretében egy kék papíralbatrosz, följebb a Taj-ci ábra,lejjebb, remekbe szabott gót betűkkel megírva Lao-ceTao-te kingjének egyik verse: "A világon mindenki208OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


felismeri a szépet, de ezzel együtt a rútat is" kezdetű. AJang és Jin éremtől jobbra Mátyás dohányszínű képe:magányos diák ül egy padon, és olvas, sziklás tájon, ahold alatt, felette angyal repül. Íróasztalomon írógép,könyvek, papírhalmaz, indigók. Tékáján kavicsok,különböző tengerek és folyók partjairól; egy sakkfigura:szépen faragott fekete huszár. Ha a szoba jobb oldalivégében leülsz öreg gondolkodószékembe, szembeveled, magasan a fal közepén Watteau Gilles-je. Mindenreggel az ő vakító ruháját pillantom meg először. Barnaajtóm felett barna keretben Dürer Szent Jeromosa,balra tőle feszület és az én két Gandhi-képem. Azegyiken a Mahatma bandukol a kihűlő nap alatt, amásikon már koromszínű a világ, és ebben asötétségben világol Gandhi hiánya. A kép kép alatt,ágyam fejrészénél kis szekrényke, rajta barna lámpa,könyvek, folyóiratok, füzetek, amikbe följegyzek néhaezt-azt, ha diktál az Úristen. Unos-untalan kérdéseketteszek föl magamnak, amikre nincs válasz. A tarkoponyájú csuhás is meg-megjelenik néha, és faggat.Nem erőszakosan, inkább szelíden, szeretettel. Apámhalála óta az ő arcvonásait viseli. Jó, ha jössz, de többhitre, erőre volna szükségem, hogy a kérdésekre felelnitudjak. Jössz, kéred a leltárt, de nem közlöd, hogy jóúton járok-e, nem közlöd, hogy amit felmutathatok,jelent-e valami értéket. Magamra hagysz kétségeimmel,csupán felkavarsz. Most már hagyj aludni. Menj el.Zsibbadok. Már nem fáj a fejem. Időben és térben - így- korlátlanul, önámítás nélkül. Kellemes bódulat,zsibbadtság, almaíz a számban, és néha még álmodomis: Reggel hét órakor szólt a vekker. Felkeltem,megmosakodtam. Hideg volt, fáztam. Fázósan léptem kiaz utcára. Nyolc órára a Zöld bogyóhoz címzettvendégfogadóban kell lennem. Ha késem: megölnek. 7óra 30. Elbúcsúztam a feleségemtől, és már megint azutcán voltam. Utána még háromszor elbúcsúztam afeleségemtől. Azt mondta: siessek. Az első villamoson,ami jött, fürtökben lógtak, így képtelen voltam ráfelszállni, de legalább sárga volt. A második villamosfekete volt, de azt hiszem, nem villamos volt, hanemhullaszállító, mert benne zöld emberek álltak, igazfogódzkodtak, de nagyon merevek és kifejezéstelenekvoltak. A harmadik villamos, ami jött, nem létezett, ígyezzel sem tudtam elmenni. Az órám nagyon hangosanketyegett. Nyugtalanított, hogy reggel az erkélyen egyszáraz halat láttam. Visszamentem, hogy vízbe tegyem.Az órámat is otthon hagytam, mert nagyon hangosanketyegett. Elhatároztam, hogy busszal megyek, mertsietnem kell, és még mindig ugyanott vagyok, aholelindultam. Egy buszra sikerült is felszállnom, deellenkező irányba vitt, és amikor ezt észrevettem,leszálltam, és felszálltam egy másikra, igaz, hogy pirosvolt, de legalább jó irányba ment. Később vettem észre,hogy nem szálltam fel rá. A folyón egy hajó úszott, azégen repülőgépek búgtak, annyi, hogy nem is látszottaz ég a sok repülőgéptől. Az úton autók tolongtak.Nagy, fekete bogarak csapódtak az arcomba.Elindultam gyalog a hegy felé. Sietnem kell, a hegytetejére kell jutnom, s már nincs sok időm. Futásnakeredtem. A karomra pillantottam, de eszembe jutott,hogy otthon hagytam az órámat, csak egy zöld folt volta helyén. Sehol a közelben nem láttam embereket.Rohantak mellettem a fák, fordultak velem együtt arétek, porzott az út. A zakómat, az ingemet és anyakkendőmet futás közben ledobáltam. Csupaszfelsőtesttel futottam tovább. Égetett a nap. Izzadtam,és a por a hátamra tapadt. Nagyon nehéznek éreztem acipőmet, azt is levetettem, úgy futottam tovább. Forróvolt a homok, égette a talpamat. Megbotlottam egykőben, elestem, de szerencsére csak a bokámficamodott ki, így fel tudtam állni. Átvillant az agyamon:ha leülnék az út szélére, a fák árnyékában, elnyúlnék afűben és a számba potyogna a szeder, lesétálnék afolyópartra, a folyó felől langyos szél fújna, aztánmegfürödnék, az jólesne. De elhessegettem ezeket agondolatokat. Úgysem tudnék megnyugodni: nekem ahegy tetejére kell mennem. Választhatok: vagyodaérek, vagy elkésem, és akkor meg kell halnom.A történeted nem tudhatod, hol és mikor kezdődött, holés mikor ér véget. A dráma tovább zajlik kint és bent.És bármikor, bárhol folytatod, ugyanaz a történetfolytatódik. Jobb, ha távolabbi. Jobb, ha ő. Nézőpontkérdése az egész. Írhatnám ezt is: Max Red Bartlettéjszaka felriadt álmából. Most egy infralámpa fényénélés melegénél gubbaszt. Hajnali 1/2 4. Bizony, nyikorogaz ajtó, ha kinyitom, meg a lépteim, ahogy lépek, megahogy élek, az bizony - bármennyire igyekszem is -zajjal jár. Így hát a feleségem álmából felriad, ésmegkérdezi: Mi van? Mit csinálsz? És muszáj nevetnem,olyan döbbenettel kérdi. Pedig hát így megy ez éj mintéjt - írja Max. - Azóta vettem egy kályhát a szobámba,és amióta külön alszom - illetve nem alszom -, afeleségemnek visszatértek nyugodalmas éjszakái.Próbálom meggyújtani a tüzet. Vizes a fa. Egy-egybefűtéshez temérdek papírt elégetek. Pernye és füst.Először jöttek a hivatalos papírok, újságok, régi iskolaifüzetek és könyvek, aztán folyóiratok, műsorfüzetek,levelek; most már a novelláimat tüzelem, mert nemszeretek fázni. Pernye és füst - írja Max. - Megintelaludt. Meggyújtsam? Lehet, hogy ma éjjel meg semgyújtom, gondolja. Aztán mégis meggyújtotta. Végülelég volt hozzá egyetlen novellája.Olasz fordítását ld. a «Prosa ungherese» c. rovatban.Csernák Árpád (Budapest, 1943. aug. 19.): Színház- ésFilmművészeti Főiskola 1966. 1967 óta jelennek meg írásaifolyóiratokban, heti- és napilapokban. Többek között aMagyar Naplóban, a Poliszban, a Vigíliában, a Confessióban, aHitelben, a Tiszatájban, az Élet és Irodalomban, az Árgusban,a Kapuban, a Remetei Kéziratokban, a Pannon Tükörben, aNapútban, a Lyukasórában, a Jelenlétben, a Film SzínházMuzsikában, a Somogyban, a Magyar Demokratában, az ÚjDunatájban, az Új Horizontban, a Népszavában, A céhben, aDunántúli Naplóban. Megjelent egy elbeszélése az 1990/2-esÚjhold Évkönyvben. Antológiák: Nem sokaság... (Somogyi írókantológiája II. 2001; Örökség, kaposi Kiskönyvtár 20.); Az évnovellái, 2002, 2003, 2004, 2005, 2007 (Magyar Napló).1992-ben néhány társával létrehozta és szerkesztette aMondat c. folyóiratot. 2002 augusztusában alapította aBúvópatak c. polgári, kulturális és társadalmi havilapot,amelynek jelenleg is főszerkesztője. A Magyar Írószövetség ésa Magyar Alkotóművészek Országos Egyesületének a tagja.Kaposváron él. Két fia és két unokája van.2007 márciusában Petőfi Sándor Sajtószabadság-díjbanrészesült.Eddigi kötetei: Bemutató előtt (novellák; Mondat Könyvek,1992), Este próba (novellák; Nap Kiadó, 1994), A névtelen(novellák; Kaposi Kiskönyvtár, 1996), Fagyosszentek (versek,prózák; Berzsenyi Társaság, 1998), Kések a párna alatt(regény; Kráter Műhely Egyesület, 1999), Felnőtté tiporva209OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


(regény; Kráter, 2003; társszerző: Gerencsér Zsolt), A vörösbohóc és más démonok (válogatott kötet; Magyar Napló,2004), Kék korláton sárga ernyő (válogatott kötet;Hungarovox, 2007) A panzió – The pension (novellák kétnyelven; Búvópatak, 2009) [Forrás: «Búvópatak» honlapja]Kaiser László: «Ha az író: vállalkozás, ahogy Németh Lászlómegfogalmazta, akkor az írás: összegzés. Egyéni, családi,közösségi, hazányi értelemben, a világnak is receptetmutatva. A nagy összegezések, nagy szembenézések is:önmagunkkal, múlttal, jelennel. Kevesen vannak, akikrezzenés nélkül megtehetik. Az író, a színész, az emberCsernák Árpád bátran teheti. Erre is bizonyíték az elmúltévtizedekben és években született, elsősorban újságokban,folyóiratokban publikált írásainak gyűjteménye, a Kék korlátonsárga ernyő.»MEK: színész. 1966-ban, a SzAk elvégzése után a debreceniCsokonai Színházhoz szerződött. 1967-től a Szegedi Nemzeti,1969-től a Békés Megyei Jókai, 1973-tól ismét a SzegediNemzeti, 1975-től a kecskeméti Katona József Színház tagjavolt. 19<strong>77</strong> óta a kaposvári Csiky Gergely Színház művésze.F.Sz. Hunyadi Mátyás (Vörösmarty M.: Czillei és a Hunyadiak);Cléante (Molière: A képzelt beteg); Voltaire, Panglos mester(Bernstein: Candide); Georgi Abasvili, Fogadós (Brecht: Akaukázusi krétakör).Jókai Anna (1932) ― BudapestKISLÁNY, KUTYÁVALA kutya a lány mellett állt,szabályos pózba dermedve, aszeme is üvegszerű, szinte hiányzotta lábánál a talpfa és a kitömöttállatok pléhtáblája. Ámbár erre túlkicsiny, túl hitvány és túl különösvolt ez a kutya. Szemléltetésre mindig az átlagkívántatik; de az átlag felső határa. Mint ez a lány, aki –ma már kinyomozhatatlan okból – egykor az Erzsikenevet kapta. Ennek tizenkét esztendeje. Ő viszontmindössze fél éve nevezte el a kutyát, egyszerűenSzofinak.– Miért éppen Szofi? – kérdezte az anyja.Erzsike vállat vont, a társalgást már jó ideje arrakorlátozta, hogy a napi fagylalt-, sültgesztenye- ésmozipénzét megkaparintsa.– Azért – közölte röviden –, mert a Szofi gyönyörű nő.A kutya viszont kan kutya volt, de Erzsike mégsemtalálta a döntést logikátlannak.– Ha piszkít, agyonütöm – mondta az anyja lágyan, s eza befogadást jelentette. Erzsike jól tudta, hogy az anyjasemmit és senkit nem üt agyon: a legyeket is csaképpen arrébb hessegeti a konyharuhával, a pofonjaisem sikerednek, vagy a sapkát találja el, vagy a kötöttkabát lötyögő ujját, de sohasem az eleven húst. Ámbárez a részvét a tárgyakra is kiterjedt: a maradékot issajnálta a tányérról a szemétbe kaparni, gyakranálldogált a nyitott szemétvödör fölé hajolva, ahulladékot vizsgálgatta, talán még beszélt is az ázottzöldség- és krumplihéjakhoz. Ugyanez okból őrzött megminden kacatot, üres pasztásdobozt, szakadtflanelldarabot, törött kerámiafigurát.– Nincs szívem kidobni – mondogatta – a sötétbe. Asemmibe.Nem a szokásos praktikus szempont vezette: eszébesem jutott, hogy „esetleg még jó lesz valamire‖.Ellenkezőleg.– Ez már semmit sem ér – sóhajtott –, és most még énis… amikor úgyis tönkrement…Erzsike a furcsa jelenséget világosan, tömörenmegfogalmazta:– A mama dilis – mondta egy osztálytársnőjének, még akutya előtt. – Nálunk minden úszik. A pénz is. Mert amama dilis.Az asszony ezért sem haragudott. Tetszett neki a lánya,talán félt is tőle, mert Erzsikének középen összenőtt aszemöldöke. A testalkata is kemény, szabályos volt,csupa parancsoló energia, vádliján, mint két teniszlabda,kiugrottak az izmok.Ahogy álltak a kapuban, a helyzet félreérthetetlenülmutatta: itt a lány vigyáz a kutyára. A kutya alattvaló. Saz alattvalókat – ha függőségüket el nem felejtik –nagyon lehet szeretni.Szofi a hóból jött. A hó alól ásta ki Erzsike, fél évvelezelőtt. Most már engedelmes és tanulékony. A kötelezőhálaérzet még az állatokat is deformálja.– Addig nem megyünk be – mondta Erzsi a kutyának –,amíg az az ember ott ül…Pedig esett is. Láthatatlanul esett, nyirkosak voltak minda ketten, a lány kezében csúszott a hideg póráz.Karácsonyra kapta Szofi ezt a szép pórázt, barna bőr,szegekkel cifrázva. Sokáig nem engedte a nyakábakapcsolni, talán azt hitte, korbács, a végén csakugyanmeg kellett verni. Persze, az asszony akkor is sírvafakadt. Ha sírt, kifutott minden szín az arcából, rengetegkönnycseppet pazarolt, kövér, hurka alakú testeegyetlen könnytömlő volt, amelynek tetején mindenaprócska nyomásra kibuggyan a könny.– Ne bántsd azt az oktalan állatot…– Csak nevelem… Szofi, hopp, Szofi, hopp…Két lábra állni, kérni, igazán nem különleges mutatvány,de Szofi eleinte ezt sem akarta megtanulni. Már-márúgy látszott, inkább lemond a cukorról. Persze, a cukornélkülözhető, de a hús, a csont! Majd pitizik, ha agyomra korog!– Nézni se bírom – sopánkodott az asszony –, olyanéhes…– Két napig kibírja – mondta Erzsike –, mi is kibírtuk kétnapig. Amikor az az ember kiürítette az erszényedet.S az az ember most megint ott ül a konyhában.– Nem, Szofi… nem mozogsz. Nem mozog a jó kutya…Elmegy… el kell mennie…Már a pálcát is átugorja. Egy kicsit szűköl, lapít, a szemenedvesedik, de aztán átviszi.– Szeretlek, Szofi… ha engedelmes, jó kutya vagy… s hanekem fogadsz szót… csak nekem…Mert Szofi neki, egyedül neki, az ő parancsáraprodukálta magát. Ételt sem fogadott el mástól: még azasszonytól sem, Erzsike katonás pofonjai erre ismegtanították.– Mire jó ez? – kérdezte az anyja bágyadtan; mindigfáradt volt, naponta ezerötszáz narancssárga műanyagkacsára való masszát kellett behelyezni a formázógépbe,ez a napi adag, ezerötszáz műanyag kacsa fele, aztán afeleket egy külön asztalnál összeragasztják. Ezért írták amunkakönyvébe: berakónő, még az adminisztrátor ismosolygott rajta. – Minek egzecíroztatod? Nem cirkuszikutya…– Mert irigyled, hogy nekem szót fogad! Neked senkinem fogad szót… hagytad, hogy az az ember is…– Apa – mondta az asszony csöndesen –, apa.210OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


– Az az ember – folytatta a lány makacskövetkezetességgel – zaciba vigye a télikabátodat… adögök miatt!– Lovak – mondta az anyja gépiesen –, a lovak miatt…– Dögök. Szappant kéne csinálni mindegyikből. Döglovak. A télikabátodat, a zaciba…– Nem is vették át. Tudod, Erzsike, hogy nem is vettékát…– Hát akkor hol van? – A lány csípőre tette a kezét,terpeszállásba vágta magát a konyhaajtóban. A kutyajobbról balra, aztán balról jobbra megkerülte a két lábat.Azt hitte, ez is kötelesség.– Ott felejtettem a villamoson, drága fiam… – eztmondta a férfi annak idején, széles mosolygással, aztánbejelentette, hogy átmenetileg alkalmasabb helyreköltözik, ahol nem „gátolják‖.Ez a hetedik elköltözése volt. És most újra ott ül. Akonyhában.– El kell mennie… Érted, Szofi? Nem fogadhatja vissza.Egyszerűen megtiltom.Erzsike gyűlölte ezt az embert. Pedig vér szerinti apjavolt. És meg sem ütötte, soha. Sőt. Lágyan szólt hozzá,meg-megsimogatta a haját, ha Erzsike nem eléggégyorsan kapta a fejét félre.Inni sem ivott. A gyomra rögtön visszadobta.– Nők sem – mondta az anyja egyszer a szomszédnak –,nők sincsenek az ügyben. És mégis…Titkos betegségre panaszkodott, ami a belsejétmegrontja: hol a vese, hol pedig a szív táján jelentkezik,és gennyes füldaganatban is megnyilvánul, időnként láztokoz, roncsolja az ideget.Ezért nem volt állandó munkahelye, csak étvágya. Haéppen hazajött, mindig kitalált valami különlegeset:vajas kenyér porcukorral, tehéntúró borssal, szódávalhígított, sűrített paradicsom.Ült az asztalnál, lábát előrenyújtva:– El van rontva a szájízetek – mondta, s csettintett anyelvével. – Amit ti éltek, nem élet… Ha csak egyszersikerül, megmutatom nektek… csak addig tartsatok ki…legyetek következetesek…Erzsike jól emlékezett arra a kemény télre, amikor azapja egyszer sem jött haza, valami albérletben lakott,ahol gejzír melegíti a vizet. Azon a télen el kellett egyhasznált cipőt fogadnia, s a tanítónő kikérdezte.– Mi az apád foglalkozása?– Nem tudom.– Kérdezd meg anyukádat…– Ő sem tudja…– Hát elváltak a szüleid?– Nem. Csak az apám nem tartózkodik a lakásban.– Aha… – mondta a tanítónő. – Különvált. Ezt úgynevezik. A házmegbízott igazolja.De a házmegbízott nem igazolta, mert a férfi nem voltkijelentve.– Micsoda zűrzavar… – sóhajtott a tanítónő. – Mennyibaj lesz még a kereseti kimutatással…Inkább be sem iratkozott a napközibe.Az anyja igyekezett, hogy a legszükségesebb iskolaiköltséget előteremtse. Takarékoskodtak a hasukon,ahogy tudtak. De Erzsikének harmadnapon torkán akadta grízes tészta. Hányt tőle, álmában kukacokat látott,amint nyomakodnak a torkán lefelé.Aztán a férfi öt hónapra visszajött, hivatalosbetegállománnyal.Egyszer befutott a lova. Hozatott egy üveg pezsgőt, dea fele elfolyt, amikor ügyetlenül és mohón kirángatta adugót.Mindig délelőtt tűnt el, amíg Erzsi és az asszony jártak adolguk után.De sosem vitt el többet, mint ami a két kezében elfért.Egyszer a derekára csavart, a zakó alá, két lepedőt,Erzsike látta még, amint a sarkon befordul, de nem mertutánaszaladni, mert az alak túl kövér volt, azt hitte,téved.Hiába szidta az anyját:– Rúgd ki, anya, hallod? Rúgd ki. Ne engedd betöbbet…De anya csak rázta a fejét, és azt sóhajtotta: hiába.Még ha félne tőle! De nem fél. Vastag asszony, erős is,fél kézzel arrébb taszíthat egy ilyen sovány, sápkórosfigurát.– Talán szereti – mondta Erzsike egyik osztálytársa, jólértesülten –, a nők szokták szeretni a férfiakat.De még az sem. A lány éberen figyelte: összemásznak-enéha? De nem. Nem másztak össze, csak annyi történt,hogy az ötödik vagy hatodik megtéréskor Erzsi egyhajnalon arra ébredt, valaki sír. De nem az anyja. A férfisírt, az asszony ágya előtt, alsónadrágban, térdét az ágyszélének támasztva.Úgy hallotta, bognár az apja tanult szakmája. Nem tudtapontosan, mit jelent. Valami homályos, fölösleges és linkdolog, mint körülötte minden.A legrégibb emléke az volt, hogy négyéves korábankapott az apjától egy nagy dobozt. Leemelte a fedelét:csodálatos, hosszú szempillájú baba feküdt a dobozban,nejlonszállal rögzítve, világoskék tüllruhában. Ő márnyúlt utána, ki akarta tépni, ölelni, a karjába venni,Szofi, kiáltotta, ez lesz a neve, de a férfi újra rácsukta adobozra a fedelet.– Szép, ugye? – mondta lágyan. – A tied. Holnap márjátszhatsz vele. És még többel is. Csak sikerüljön.A hóna alá vette, sosem hozta vissza.– Kutyuskám – Erzsi lehajolt, megsimogatta a kutyát –,fázol, ugye? Nemsokára elmegy. Pitizel, és kapsz finomvacsorát.A kutya vakkantott, remegett az oldala.Ha tíz perc múlva sem küldi el – gondolta Erzsike –,rájuk uszítom Szofit.Haragja, a hosszú évek alatt túlterjedt a férfi személyén.Már-már az anyját is elöntötte.Csak ez a kutya, ez volt az övé. Igazán. Már amikor ahóból kiszedte, tudta, miért teszi.– Ha mégis be kell mennünk, oda se szagolj. Érted,Szofi? – rántott a pórázon. Szofi nyikkantott. Erzsike aszíjjal megfenyegette, Szofi visszakapta a pofáját. – No,azért…Nagy, kócos kutya sétált el a kapu előtt, nagy, kócosbundájú gazdájával. Szofi vágyódva emelte mellsőlábát; térdben kecsesen meghajlítva, nyakizma feszült.Erzsike könnyedén rácsapott.– Még csak az kéne… te disznó…Már komolyan esett. A rossz ereszcsatorna éppen rájukcsurgott. Beljebb pedig járt a huzat, és hallatszott azédeskés férfihang, ahogy vicceket mesél, és anyaudvariasan köhent rá, nem nevet, anya nem tudnevetni, arcán odaragasztott selyempapír a mosolygás,mögüle a sötét vászon úgyis kilátszik.– Erzsike… kislányooooom… Erzsi…211OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


– Szofi! Mikor átléptük a küszöböt, vicsoríts, érted?Mutasd az éles fogaidat. Így, Szofi, így: hrrrrr…Szofi próbát tartott, de a morgás egyáltalán nemhangzott félelmet keltőnek.– Hülye kutya… így: hrrrrr… hrrrrr…Ott ültek a konyhaasztalnál, éppen ahogyan Erzsielképzelte. Az apja hanyagul keresztbe vetett lábbal,elképesztően színes zokni kandikált ki a piszkos, devasalt élű nadrágszárból.– Kicsi lányom, üdvözöllek… szépen megnőttél… gyereközelebb apucihoz…– Büdös van – mondta Erzsi, és körbeszagolt.– A borbélynál – a férfi simára borotvált képéhez kapott– hiába kérem, ne alkalmazzanak semmit… Arcszesz.Hogy ne húzódjon a bőr. Hát ez a kutya? Aranyos kiskutya… Mi a neve?– Nincs neve – mondta Erzsi gyorsan –, anya, vedd előa fasírtját.– Istenkém – az asszony félve állt fel, eltüntetett azasztalról egy piszkos tányért. – Istenkém, Erzsike, nincsmeg az a kis fasírt. Odaadtam apádnak – kacsintott is,könyörögve.– Te odaadtad a kutyám vacsoráját? – Erzsike hangjaélesre emelkedett, a szeme fölött sűrűn verdesett apilla. Jártak is emiatt kétszer- háromszor agyermekidegen. Akkor az orvos környezetváltozástjavasolt, egyébként biztatóan nyilatkozott, az emberekkilencven százaléka idegbeteg, így vagy úgy.– A gyerekek is? – kérdezte az asszony szörnyülködve.– A gyerekek is – mondta az orvos.– Erzsike, ne haragudj – próbálkozott –, van még csonttegnapról, az jó lesz a kutyának. Nem tudtam mittalálni. A tésztát nem bírja, árt neki a sok szénhidrát.– Minek kell ezt magyarázni, édes szívem? – A férfividáman nyújtotta kezét a kutya felé. – Örülsz, hogylátsz, Erzsikém?Erzsike nem felelt. Fenyegető pillantást vetett azanyjára.– Megzabálták a husikádat, kutyuskám. Látod? Még ahusikádat is megzabálják… Rajta… Ugass! Ugass!Szofi letelepedett a szemétláda mellé, a fejét lustánelfektette.– Talán gyújtsatok be a szobába – mondta a férfiváltozatlan derűvel. – Nem intelligens dolog akonyhában üldögélni… együtt egy kutyával… ámbárhelyes, aranyos kis kutya… legalább nevet adhattálvolna neki, Erzsike…– Nem mondom meg! – kiáltott Erzsike hisztérikusan.– Például Gáspár… az nem közönséges, viszont illik akutyára… Gáspárral egyszer én már nyertem… Gáspár,gyere ide, gyere gazdihoz…A kutya fölemelte az orrát. Erzsike nagyot csapott rá.– Ez az én kutyám! Hallja? És ne merje hívni… az énkutyámat…– Erzsike – mondta a férfi ünnepélyesen –, a kutya odahúz, ahol szívet érez…– Magának ehhez a kutyához semmi köze! Maga ittvendég!– Erzsike – szólt közbe az anyja, nagyon lassan, nagyonszomorúan. – Az apád. Mégiscsak az.– Vendég! Vendég! – kiáltozta Erzsike. – Hívatlanvendég… megeszi a kutyám vacsoráját…– Erzsike – a férfi engedett a jókedvből –, édes, aranyoskislányom… tudom én, hogy haragusztok… tudom én,hogy haragszol… pedig én miattatok próbálkozom, nemúgy, mint más ember, aki belenyugszik, hogy örökkényomorog a családja…– Hazudik… mindig csak hazudik… – Erzsike leguggolt akutyához, simogatta, csókolta, hangos cuppanással. –Ne hallgass rá, kutyuskám…– Mi a szándékod? – kérdezte az asszony hirtelen. –Arról beszélj.– Az a szándéka – duruzsolta Erzsi a kutyának –, hogymeghízzon egy kicsit a te fasírtodból… Anya, a szekrénytbezártad? Benne van az új csizmám…– Erzsike – mondta a férfi, és már az ő szeme fölött isverdesett a pilla –, te bezárnád édesapád előtt aszekrényt?– Kérlek – mondta az asszony –, nyilatkozz: mi aszándékod?– Édes szívem… minden, de minden lehetséges… csakinnen, a jelenlegi helyemről kellett kikecmeregnem…nem bírom lelkileg… azt a sok nagybeteget szállítani…és nehéz is a hordágy…– Ez nem átjáróház – mondta Erzsike, ismét a kutyának–, és nem szálloda. Bár a szállodában nincs potya.– Miért beszél ez a gyerek ilyen furcsán?– Erzsike nagyon éles eszű – hadarta az asszony –, éskitűnő fogalmazó. A stílusfordulatai meglepőek. Ezt írtáka dolgozatára.– Nektek is előnyösebb, ha maradok – mondta a férfimegnyugodva. – Támasz van a háznál! Elalszom egyszalmazsákon is.– Én nem fekszem veled egy ágyba megint – mondtaErzsike az anyjának –, és ha itt marad, holnapelbujdosom a kutyával.– Erzsike, édes Erzsikém – a férfi utánanyúlt, de nemérte el. – Hát így beszélsz? A te beteg édesapáddal?Akinek talán már csak hónapjai vannak hátra…– Nem dobhatom ki – mondta az asszony. – Hiába. Haegyszer nincs, ahol a fejét lehajtsa.– Tapír. Tapír vagy, anya…Erzsike nem látott még tapírt, de fekete, csuszamlóstestű, egyenletesen szuszogó állatnak képzelte, akisemmit sem érez már: sem szúrást, sem simogatást.Akkor minek él?!– Te olyan jó vagy, szívem. Hogy hálálom meg? Telik-eaz erőmből? – sóhajtott a férfi.– Ez nem jóság – az asszony rekedten beszélt, inkábbErzsikének –, nincs mit tenni, egyszerűen.– …mert hát azért szerettek ti engem – a férfi hirtelenkönnyezni kezdett, ragacsos, piszkos zsebkendőveltörölgette a szemét. – Ugye, Erzsikém, azért szereted ate szerencsétlen apukádat?– Én csak a kutyát szeretem – mondta a lány. Az anyjaránézett. Nem haragosan. S nem is fájdalmas-sértetten.Majdnem bölcs volt a tekintete: bólintott.– Hallod? – jajdult fel a férfi. – Hallod, mit mond agyerekünk? Erzsike… te azt állítod, jobban szeretsz egyállatot, mint…– Mondd neki – szólalt meg az anyja fásultan –, monddneki, Erzsike, hogy őt szereted jobban.– Ez a kutya az enyém. Érti? Nélkülem megdöglöttvolna. És nekem engedelmeskedik! És engem nem hagyel… Most mit bámul?– Hát én titeket elhagytalak? – A férfi most már sírt,szabályosan. – Hiszen mindig visszajövök, nincs nekem212OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


másik családom, csak még nem találtam meg a… nemtaláltam meg a…– Hagyd, Erzsi – kérte az anyja. – Ne kínozd. Mire jó ez?– Gáspár… szép kis kutya… aranyos kis kutya… látod,bántják a gazdit… gyere a gazdihoz…– Ne merje a kutyámat hívni… a nevét úgyse tudja…úgyis hiába csalogatja…– Okos állat – mondta az asszony –, és be van idomítva.Csak Erzsinek van hatalma fölötte. Mástól még afinomságokat sem fogadja el.– Vicsoríts: hrrrrr… vicsoríts: hrrrrr…A kutya erőtlenül mutogatta az ínyét.– Gáspár, gyere ide…Mozgott Szofi füle.– Úgyse mozdul – mondta a kislány csúfondárosan –, hamegpukkad, akkor se…– Senki sem tudja kimozdítani – mondta az anyamegnyugtatólag –, tényleg senki. Kár kísérletezni.Inkább megágyazok a földön magamnak.A férfi szipogott.– Nincs is mivel hívjam. Cukor sincs nálam… Ha volnanálam cukor… Útban vagyok, szívem? Csak egy szóvalkell mondanod, és elmegyek… a térre… a kapuk elé…vagy a mentő összeszed…A kutya nyugtalanul mocorgott.– Fél – mondta Erzsike vádlóan –, fél az ilyenektől.– Olyan szép kutya… szeretném megsimogatni…– Erzsike – kérte az anyja –, szólj a kutyának. Hogytartsa a fejét. Csak egy másodpercig.– Ez az én kutyám! – Már Erzsike is sírt! – Soha!– Gonosz. Gonosz vagy – mondta az asszony, de eztsem szemrehányóan.– Úgy szeretném megsimítani a szőrét… nem bántom…csak megsimogatom… kutyus, gyere ide, gyere idehozzám…Összetette a kezét, úgy hívta. A hangja elvékonyodott,inkább gyerek volt, mint férfi, a hátát is begörbítette, aszeme sóváran csillogott.Erzsike magabiztosan, terpeszben állt izmos lábán. Akutya fölkelt, megrázta a testét. Többször egymás után.– Ülj vissza – szólt rá a lány metszőn.A kutya visszaült, aztán újból felállt, újra megrázta aderekát, mint aki álomból ébred.Erzsi rácsapott a szíjjal.– Gyere hozzám – duruzsolta a férfi, előrehajolt aszéken, a kutya tekintetét kereste –, Gáspár, teboldogtalan kutya… gyere gazdihoz… gyere…A kutya Erzsire nézett, aztán a férfira. Támolyogva tettkét lépést előre.– Nem – kiáltott Erzsike, iszonyúan megijedt, átölelte akutya nyakát: – Nem mehetsz oda… hallod? Énmentettelek meg… Én… Én vagyok az… Miért? Egyetlenkutyuskám, miért?Az egészből semmit sem értett.A férfi már nem beszélt. Előrenyújtott, üres tenyérrelegyensúlyozott a szék szélén, s dúdolt valamit. A kutyapedig lapított hassal, nyöszörögve kicsúszott Erzsiölelése alól, s a fejét beletámasztotta a férfi nyitotttenyerébe.– Jó kutya, derék kutya – mondta boldogan a férfi,szemét behunyta, mámorosan simogatta a puha szőrt. –Látod, Erzsike, nem eszem meg… – fordult a lány felé,újra gondtalanul és vidáman.Erzsike hátrált az ajtóig, majd azon is túl.– Gonosz. Gonosz vagy te is – mondta odabenn azasszony a férfinak.A kislány pedig odakünn megszokott mozdulattalrángatta az üres pórázt. Okos volt, tudta, úgyis visszakell mennie, most már el sem bujdoshat, kutya nélkül.Olasz fordítását ld. «Prosa ungherese» c. rovatban.Forrás: Jókai Anna, Az ifjú és a halász, ÖsszegyűjtöttNovellák, http://www.pim.hu/Szitányi György (1941) — GödöllőSZŐRŐS GYEREKEIM–<strong>XIV</strong>.Néhány nap alatt messzeszálltak azok a boldog idők,amikor Aba csak Bencét tűrtemeg külön rongyocskáján. Arongyocska flanel takaró volt, amit a heverő mellettterítettünk le. Szent felségterület, még Bernátnak isnekiugrott, amikor a jámbor óriás oda akart feküdni,hiszen úgy látta a bölcs öregtől, hogy egy kutyának otta helye.Egynek igen, de az az egy mást nem engedett oda.Aba többször átadta az ágyon a helyét Gidának, decsak amikor így hozta úri kedve.Nem evett, alig ivott, sőt a labdája sem érdekelte,pedig korábban akárhova dugtuk előle, amikormegkérdeztük, hol a labda, az öreg odakocogott, aholvolt. Ha a kandalló tetejére, ott állt meg, és bökdösöttaz orrával a labda irányába, hogy legalább eztmegjegyezhettük volna, ott van, lehet játszani.Nem érdekelte már, és rohamosan fogyott. Akegytemplom nagyon szép vidéken van, oda jártamvele sétálni. Hamarosan nem tudott beugrani a kocsiba.Amikor besegítettem, vadul morgott, hogy nebizalmaskodjam, nincs semmi baja. Amikorvisszajöttünk, szemből még nem volt ajánlatos segíteni,a pórázzal segítettem ki, vagyis kiemeltem.Bence csodálkozva nézegette nevelt fiát, hogy mivan vele, néha közelről is megnézegette, ilyenkor azöreg morgott. Bence nem volt szívbajos. Amikor mégfővárosi macska volt, a kertünkbe költözött egymacskabagoly, aki mindig el akarta kapni a flegmatikusjószágot, de nem járt sikerrel. Bence megvárta, amígrácsap a ragadozó, és az utolsó pillanatban hasravágódva kihempergett alóla. A páromban ezúttal ismegnyilvánult az elveszett költő. Nagyon tetszett neki,hogy a csíkos kópét nem tudja „megragadozni‖ abagoly.Bencének rossz volt a kedve. Loncival nem tudottmár játszani, Abával sem tudott férfimódra bámulni azélet dolgain, ezért szomszédolni kezdett.Aba pedig ijesztően sovány lett.December 21-e volt, az év legrövidebb napja, túléltbalesetemnek, nemkülönben Sztálin születésénekévfordulója. Délután kimentünk Abával a kertbe. Aligállt a lábán. Oda totyogtunk a bokorhoz, és amikorfelemelte a lábát, eldőlt. Talpra állítottam, morgott.Néhány kísérlet után feladta, és mint kiskorában, négylábon állva végezte el a dolgát. A lépcsőre nem tudottfelkapaszkodni. Fölemeltem. Lógott, mint egy kicsibunda, morgott, de hiába, fölemeltem, és bevittem.Letettem. Oda botorkált a rongyocskához, lefeküdt. Egykicsit dünnyögött, amikor jobb kezemmel átfogtam213OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


csirkemellnyire apadt mellkasát. A szíve nagyongyengén vert, de a ritmusa jó volt. Elengedtem, hogyismeretlen oknál fogva megnézzem az órát. Pontosan23.40 volt. Pillanatra engedtem csak el, újra átfogtam amellkasát, hüvelyk és középső ujjam egy-egy hóna alányúlt, ahogy addig voltunk. Akkor elsírtam magam.*Másnap mínusz 20 foknál hidegebb volt, alig tudtamcsákánnyal megásni a sírját. Kiteregettem a flaneltakarót, a közepére tettem, gondosan bebugyoláltam,betettem egy koporsónak alkalmas faládába, és addigástam a sírt, amíg bele nem fért úgy, hogy fölötte islegyen még hely. A láda olyan, hogy költözés eseténmagunkkal tudjuk vinni.Bence reggeli után eljárt, késő délután hazajöttenni, lefeküdt a heverőre, és azzal foglalatoskodott,hogy letúrjon onnan. Szeretett érintkezni alvás közben.Ahogy Lonci, ő is Bernátot választotta ehhez, de amikorfeljött a heverőre, a falnak támasztotta a fejét, és kéttalpával az én lábszáramat tiporta, hogy menjek onnan.Nem mentem. Néha ráförmedtem, volt, hogy odacsaptam a hónom alá, vagy erőszakkal a karombavettem. Ezt hol jól tűrte, hol nem.Volt, hogy jobbmancsának körmeit behúzvasimogatta az arcomat, néha meg is mosdatta reszelősnyelvével, de volt olyan, hogy minden előjel nélkülbevágott egyet, és meg is harapott. Tényleg jóságosvolt: ilyenkor is behúzta a körmeit, és alig lehetettérezni, hogy harap. Amikor unta az ölelgetést, rekedthangjával halkan ordítani kezdett. Ilyenkor jó voltelengedni, mert ellenkező esetben kimeresztette hátsókörmeit, és erőből dobbantott. Méretes jószág volt,nyolc kiló fölött, és erős lábaival még mindig simánkiugrott az ablakon.A tavaszi vedlés után Bumbin is meglátszott, hogyőszül. Már nem szökkent ki a kapu fölött, amikor Gidárakellett vigyáznia, hanem kimászott. A farka ekkor márrövidebbnek látszott, mint hajdan. Ezt nem értettem,amíg meg nem találtam a farka végét a kertkapumögött.Tudtam, ki a tettes. Amikor Bernát megutálta azt,hogy öregszik, és ezért egyre nehezebben mozog, azugribugri vacak kölyök, vagyis Gida után pedig kiugrálBumbi, el szokta kapni. Egyszer nyilván az utolsópillanat után érkezett, és csak a farka végét érte el. Akiszáradt csonkban négy csigolya volt. A páromlehülyézte Bernátot, én hülyéztem Bumbit, így aharmónia fennmaradt.Nyár elején azt vettem észre, hogy Bernát levedlettszőréből még mindig tapad a fiúra, pedig elképesztőmennyiséget fésültem ki belőle. Cicalelkű óriás ebemnem tudott vakarózni, csak ha leheveredett. Láttam,hogy a járása kicsit bicegős lett, de ez Bernát esetébennormális állapot volt eddig. Mindig belelépett valamibe,ami elvágta a lábát. Lefektettem. Ez korábbanúgynevezett karfelszedés révén sikerülhetett csak, demár elég volt kérnem. Kutattam a lábain a sebet, denem volt rajta egy csöpp sem. Megtapogattam acsípőízületét, mert a farkasféléknél gyakori az ízületibetegség. Ott volt a baj. Még egy kísérletet tettem.Nekem háttal a kapunál az utcát figyelte, amikormegszólaltam: ki a tündérke? Lógott a farka,meghimbálta, de semmi több. Hol a cicus? Tudta, hogyez is ő, valamivel jobban lengette a farkát, de semmi.Hátra lesett, vigyorgott egy csöppet, de semmi hevesfarkcsóválást nem produkált.Akkor jutott eszembe, hogy Bernát nem azért nemrohan a kapuhoz üvöltözni, mert megöregedett, hanemmert a két fiatalabb nem engedi.Bernát öreg?Aba viszonylag fiatalon halt meg: még nem volttizenhárom éves, májusban töltötte volna be, de egytacskó megfelelő körülmények között tizenhat-tizenhétévet képes úgy élni, hogy az neki ne legyen nagy teher.Egy nagytestű farkas tíz-tizenegy évet él, haegészséges. Bernát gyomrát tönkretette a falánkság, ésaz, hogy valami miatt egyre nehezebben evett, pedigminden foga megvolt. Lehet, hogy augusztusbantényleg betölti már a tízet?Bumbi és Gida ordítoztak a kapunál, Bernát bent aház mellett heverve, vagyis a lárma rendben volt, demár nem marakodtak a kapunál, hogy ki legyen az elsőugató.*Bumbinak jó partnere lett a vadászkodásban Gida,együtt kergették meg Bence bácsit, amiért tőlemazonnal kihúzták a gyufát, és ez Bumbiban továbberősítette a gyanút, hogy nagyon veszélyescsúcsragadozó vagyok.Ezt volt is módjuk tapasztalni, amikor az öregekelleni hatalomvágytól vezérelve meg-megtámadtákBernátot, és én azonnal megvédtem. Ez Gidábanmegerősítette Bumbinak engem érintő tanításait, éselég volt rászólnom, a kelekótya kutyakoktél nyombanengedelmeskedett.A hátam mögött pedig azonnal forradalomraszervezkedett a kurtított farkú szőrmókkal.Egy dologban volt Bumbi számára is fékezhetetlen:a vacsora kérdésében. Pillanatok alatt mindentfelzabált, és el akarta venni Bumbi vacsoráját is.Bernáté állandóan fogközelben volt, ahhoz nemnyúlhatott.Szerk. Megj.: A tisztelt Olvasók találkozhatnak azelbeszélésben állatokkal kapcsolatban az „aki‖ vonatkozónévmással, amely helyesen „ami‖ lenne. Mivel itt az állatokemberként jönnek számításba – N.B. a valóságban sajnos azállatok sokkal emberibbek maguknál az embereknél! – az íróezért él ezzel – a nyelvtanilag helytelen – névmáshasználattal.Tormay Cécile (1876 – 1937)A RÉGI HÁZ(Budapest, 1914)IV.14.) FolytatjukSokszor volt tél. Sokszor volt nyár. Agyerekek nem számlálták. Közbenegy vasláncos állóhíd nőtt össze a két part felől aDunán. Jégzajláskor sem szedték föl, szép volt és ottmaradt egész éven át. Az országúton sorfákat ültetett amagisztrátus. Esténkint olajlámpák égtek az utcákbanés az Ulwing-ház nem állt már magányosan a parton. Anagy ács telkeinek felszökött az ára. Falak bújtak ki ahomokból. Utcák kezdődtek a puszta térségen, félbenmaradtak, odébb folytatódtak. Munka, élet, házak.Téglaházak mindenütt.214OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Minden más lett. Csak Ulwing építőmester nemváltozott. Okos szeme éles és tiszta maradt. Egyenesenjárt az épületállványokon, az irodában és az ácspiacon.Egy fejjel volt magasabb mindenkinél. A városházánféltek tőle, a vállalkozók gyűlölték. Ő pedig csakvásárolt és épített és lassankint babona lett az a hit,hogy amihez a nagy ács hozzányúl, az arannyá válik.Odabenn, a ház nyugodt, biztos jólétében,egyhangúan ketyegett tovább az oszlopos óra, de agyerekek nem hitték többé, hogy a törpe az, akisántikálva jár a szobákban. Kristóf már azt is tudta,hogy nincsenek tündérek. A nagyatyja mondta megneki. Egyszer, éppen akkor, mikor Szebasztián bácsiolyan szépet mesélt. Kristóf a térdének dülve hallgatta,Anna az ölében ült. Ulwing építőmester felkapta a fejét.Rossz kedve volt. Ingerelte a mese. Egyik pallérjamegszökött az ácsok hetibérével. Haragudottönmagára, hogy akadt valaki, aki őt meg tudta csalni.Öklével az asztalra csapott.A gyerekek ijedten néztek rá.— Mi bajod? — kérdezte Szebasztián bácsinyugtalanul.— Semmi, de ne mesélj többé tündérekről ennek afiúnak!— Nem értelek. — Az órás, mint megdorgált öreggyerek, zavarodottan nézett le a cipője rozsdáscsattjára.Az építőmester úgy állt Kristóf elé, mint egy nagy fa,amelyik bejött a szobába. Rákiáltott és erősen megráztaa vállát.— Hallod-e, nincsenek tündérek és nem segítenekrajtunk. Csak a gyönge emberek számítanak csodákra.Az erős emberek maguk csinálnak csodát.A kis Kristóf félelmes felsőbb lényt látott ekkor anagyatyjában, aki egyetlen pillanat alatt megölte az őtündéreit. Sírni szeretett volna, ellentmondani, valamitmegmenteni magának. És csak tehetetlenül,kétségbeesetten rázta a fejét. De hát akkor mi van asötétségben, a kút vizében, a lángok között, hanincsenek tündérek? Mi van? Kifosztottan állt anagyatyja előtt és mialatt szorongva nézett körül,tekintetében volt valami a vízbefúlók kapkodó kézmozdulatából.Aztán beletörődött ebbe is és már ácspiacnak hívta avilág végét, éppúgy, mint a nagyok. Világos szeme, aritkán mozduló pillák alatt, közömbösen nézett ilyenkora levegőbe. Csak a hangjában volt valami fáradtkiábrándultság, ha az öregeket utánozta és az őnyelvükön beszélt régi kedves dolgairól.Elmúltak az évek és a bűvös barlangból, az udvarfala alatt, gödör lett: a félelmes vaskapuból padlásajtó,a kályhatündérekből közönséges lángok. A zongoraegereknekis végük volt. Ha olykor éjjel elpattant egyegyhúr a zongorában, Kristóf tágranyitotta a szemét éssoká nézte a sötétséget, amely számára üressé lett.— Anna, alszol?— Igen, már régen...— Olyan furcsát álmodtam... egy leányról. A karjátemelgette és hátrahajlott.— Aludj...Kristóf szeme előtt megfoghatatlanul benépesült asötétség, melyet üresen hagytak a törpék és tündérek,mióta nem hitt bennük. Meglátta a leányt, akirőlálmodott, az arcát is, a testét is. Magas és karcsú volt,a melle megfeszült, két karját emelve tartotta és ahaját, mint fekete sörényt csavarta össze a feje felett.Éppúgy, mint Hosszú Gábor testvérnénje a tükör előtt,mikor múlt vasárnap belesett hozzá a kulcslyukon.— Anna...A fiú nyitott szájjal hallgatódzott. Minden csendesvolt a házban. Hirtelen fejére húzta a takarót. Mesélnikezdett magának. Azt mesélte, hogy király,aranykoronát visel és magas, fehér várban lakik, fenn ahegyen. A várban soha nincs sötétség, faggyúgyertyákégnek egész éjjel. Az ágyát rabszolgák őrzik, ők végzikhelyette a leckéket is és egy sötétszemű hercegnőthoznak neki. A hercegnőn láncok csörögnek. „Vegyétekle!‖ parancsolja ő. „Szabad vagy!‖ A hercegnő térdreborul előtte, kérdi, hogy mit adjon kegyéért? „Bontsd lea hajadat és csavard fel megint!‖ Ezt mondja, egészegyszerűen mondja és mosolyog. És a hercegnősokszor lebontja a haját és sokszor felcsavarja... Máraludt. Még mindig mosolygott.Ezentúl gyakran mesélt magának hasonló meséket.Ha ilyenkor szóltak hozzá, összerezzent, elpirult, minthatiltott dolgon kapták volna rajta. Gyorsan elővetteiskolakönyveit és tanulni akart. Egyszeri olvasás elégvolt neki, de nem tudott odafigyelni. Várkastélyokat,leányokat és nagyfülű macskákat rajzolt az irka szélére.Közben kényelmetlenül érezte mozogni lelkiismeretébena Duna mellékfolyóit és III. Béla királyt. Verejtékes letta homloka. Félt, de azért nem tanult, pedig holnapbizonyosan felhívják az iskolában. Mindenki felelt máraz U-betűig.Felhívták, nem tudott. Egy légy dongott a levegőben.Úgy érezte, az ő fejében dong. Az osztály nevetett.Hosszú Gábor hangosan súgott; Walter Ádámodatartotta a könyvét; a tanító kiabált. De azért Ulwingépítőmester unokáját az év végén még se mertemegbuktatni senki.Kristóf láthatatlan védelmet kezdett érezni magakörül minden oldalról. A tanító megmondta, mit fog tőlekérdezni a vizsgán. Hosszú Gábor színes golyókértsúgott a latinból. A kis púpos Gál két krajcárértmegcsinálta a számtani gyakorlatát.„Valahogy csak lesz‖, gondolta Kristóf, mikor nagyonfélt az iskolától és tanulás helyett macskákat ésleányokat rajzolt, mértani rajzok helyett agyagembereketgyúrt a kert végében.— Mindenhez ért ez a gyerek, — mondotta Ulwingépítőmester elégedetten és gondosan elzárta asokfiókos íróasztalba a kis Kristóf rajzait.Kristóf megijedt. Mit akarnak vele a nagyok? Elmenta kedve a rajzolástól és agyagembereket sem gyúrttöbbé az udvar végében. Irigyelni kezdte Annát. Nekikeveset kellett tanulnia és senki sem várt tőle semmit.Anna ebben az időben egyedül érezte magát. Aszeme nyugtalan lett, mintha mindég kérdezni akarnavalamit. Kicsiny teste megnyúlt, ezüstszőke hajamegsötétedett, mintha valahonnan árnyék esett volnarája.Fügerné feltolta pápaszemét fejkötője kikeményítettfodrai közé és figyelmesen nézett rá az ablakból.— Most épp úgy tartottad a fejedet, mint azédesanyád. Szegény jó Krisztina asszony!...Anna az udvar közepén állt és még inkábbfélrehajtotta a fejét, de azért nem bírta megérteni,215OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


hogyan hasonlíthat valaki, aki gyerek, valakihez, akimár olyan öreg volt, hogy az égbe ment.Fügerné sajátságosan mosolygott. És mialatt akisleány nagy fiatalságán át nézve, emléktelengondolataiban végtelen öregnek képzelte el az anyját,akit nem ismert, az asszony öreg fejében végtelenülfiatalnak rémlett az, aki meghalt és mindig fiatalmaradt.— Krisztina asszony tizenhat éves volt, mikor a fiatalUlwing úr Jörg Ulrichéktól megkérte a kezét. Tizenhatéves és magával hozta a viaszbabáit. A férjévelFederballt akart játszani az udvaron. Este pedig mindigbesurrant hozzám, hogy históriákat mondjak neki.Anna mintha hívták volna, átugrotta Henriettaasszony küszöbét. Odabenn frissen súrolt deszkapadlószaga érzett. A nagy szekrényen sok befőttesüveg állt.Összeszáradó hártyaborításuk olykor pattogott acsendben. Anna lekuporodott a zsámolyra éskörülnézett. Tele volt kézimunkával a szoba. A kulcstartóranémet írással volt ráhímezve: „Kulcsok‖, adiványpárnára: „Aludj jól‖, egy zsákra: „Kefék‖.„Fügerék feledékeny emberek lehetnek‖, gondolta akisleány, „mindenen meglátszik, hogy mire való, mégisráírják‖.Henrietta asszony felsóhajtott. Leverően tudottsóhajtani. Orrlukai kitágultak ilyenkor és a szemétlehúnyta.— Hányszor ült itt Krisztina asszony és nekemkísértetekről kellett mesélnem. Szeretett félni... mint agyerekek. Mindentől félt: az éjjeli lepkéktől, a bútorropogástól,az építőmester úr hangjától, a visszajárólelkektől. Aztán este nem mert egyedül átmenni azudvaron, Leopoldin kísérte és fogta a kezét.— Leopoldin? Hát az ki volt?— A leányom, — Fügerné felpillantott egy képre,mely az ablakmélyedés falán függött. Hajból csináltszomorúfüzes sír látszott rajta és körülötte gyöngybőlhímzett fölírás: Ewige Liebe.— Ő is az égbe ment? — kérdezte Anna.— Nem. Sohase beszélj róla. Füger megtiltotta.— Miért?— Az nem való gyerekeknek.— A mamzell is mindig ezt feleli és azt mondja, a jóIsten majd megsúgja, amit tudnom illik. De az Istennem súg semmit.— Krisztina asszony éppen így beszélt. Ő is tudniakart volna mindent. Mikor gyertyát öntöttek acselédleányok, mindig hallgatódzott a beszédjükre.Aztán elpirult és nevetett, énekelt és zongorázott hozzá.És az ácspiacon abbahagyták a legények a munkát.Anna felhúzta a térdét az álláig.— Énekelni is tudott?Fügerné elragadtatással bólintott.— Az volt az élete. Úgy is jött ide be mint egy dal,úgy is ment ki. Áthangzott a házon, még fel semfogtuk, hogy itt van, már vége volt.A kisleány nem hallotta többé az öregasszony szavát.Kiment az ajtón. Egyszerre az anyja szobájában állt.Feltérdelt a kis díványra. Ott függött a falon az arckép,melyet mindig látott, melyet mégis most nézett megelőször. Gyöngéd kis vízfestmény és akit ábrázolt, szintegyermeknek látszott. A tekintete kedves és ijedt volt.Gesztenyeszínű haja fénylett a választéknál és mintha ahaja selyemszalag lenne, egy nagy fésű csokorba fogtaa fejetetején, míg arcát kétoldalt, kicsiny halántékfürtökárnyékolták. A válla vonala fejletlenül hajlott bele akivágott ruhaderékba. Kezében egy rózsát tartottfárasztó, bájos mozdulattal.Anna úgy érezte, hogyha visszajönne, vele sokmindenről lehetne beszélni, amihez a mamzell nem tudés nem tudnak a többiek sem. Eszébe jutottak a Müllerapothecarius leányai, Jörgék, Hosszúék, a kis púposGál, a Walter vászon-nagykereskedőék fia, a Münstergyerekek. Mindnek volt anyja. Mindnek... csak neki nemvolt.És ekkor, mint valami segélyhívás, egy szó tódult aszájába, de oly halkan, hogy nem hallotta, inkább csakérezte a formáját, az ajka között. Aztán közel hajolt aképhez és most már hallotta a csendben a sajátfátyolozott kis hangját, azt a szót, amelynél kétszermegcsókolja az ember az ajkát, mikor kimondja:— Mama...Hirtelen hátrafordult. Szinte szégyelte, hogyhangosan beszél, mikor senki sincs a szobában, csak anapfény, ott a zongorán.Anna lecsúszott a díványról és kinyitotta a zongorát.Poros volt. Kicsiny ujját végighúzta az egyik billentyűn.A zongorából váratlan hang csapott ki. Meleg, világoshang. Mintha mécses lobbant volna fel. Hirtelen megintkialudt. Egy másik billentyűt ütött le: ismét egy mécs.Sok billentyűn húzta végig a kezét: sok mécs. Egyegész sor.Hátraeresztette a fejét és a levegőbe nézett, minthalátná a hangok fellobbanó, kilobbanó kicsiny lángocskáit.Valaki megsimogatta az arcát. Az atyja volt.— Szeretnél zongorázni tanulni?Nem felelt. Tanulás nélkül szeretett volna zongorázniés énekelni hozzá olyan szépen, hogy még az ácspiaconis abbahagyják a legények a munkát.Hubert János elgondolkozott.— A Jörgök mind szerették a muzsikát. Az anyádnakis a zene volt az élete.Anna zöldfényű kék szeme nagy és komoly lett.— Igen, — mondotta elszántan — tanulni akarok.Másnap egy ünnepélyes külsejű úr jött a házba:Sztaviarszky Kázmérnak hívták. Akkoriban ő volt alegdivatosabb tánc- és zenemester a városban.Szénfekete parókát hordott, lábujjhegyen járt, acsípőjét mozgatta és harminc pengőkrajcárt kapott egyóráért. Gyakran emlegette, hogy lengyel királyoktólszármazik. Ha haragudott, lengyelül beszélt.Óra végén Anna sok mindent megtudott tőle.Sztaviarszky mesélt neki Chopinról és a pesti polgáridalárdáról, Mozartról és Jörg nagyapjáról, aki szépengordonkázott és vasárnaponként eljárt a ferencesbarátok templomába orgonázni.A kis leány egyszerre érdeklődni kezdett Jörgnagyapa iránt, akivel eddig nem sokat törődött. Ő másvolt, mint az Ulwingok. A gyerekek furcsának találták éssokszor összenéztek a háta mögött, mikorkönyvesboltjában, kezét dörzsölve, apró mozdulatokkalhajlongott a gyér vevők előtt.Anna ilyenkor elpirult. Nem szerette ezt látni éshirtelen Ulwing nagyatyjára tekintett. Ő nem hajlongottsenki előtt.Jörg Ulrich könyvkereskedése a Kígyó utcaszegletén volt. A bejárat mellett lóca állt a házfalánál,216OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


az utca közepén egy vén almafa, melyet nagy lármávalkerülgettek az elvétve járó kocsik.Anna bedugta fejét az ajtón. Ulwing építőmesterlevette szélesperemű, szürke cilinderét.Az egész bolt tele volt az almafavirág illatával ésJörg nagyapa apró mozdulataival mosolyogva jött elő amennyezetig érő könyvespolc mögül, mely azüzlethelyiséget széltében osztotta két részre. A polcelőtt vásároltak a vevők. A polc mögött, ahová azutcáról nem lehetett belátni, egy faggyúgyertya mellett,többnyire magyarviseletű urak ültek a diványon ésfojtottan sietve beszéltek egymással.Aznap többen voltak, mint különben. Középütt azíróasztal szélén dolmányos, sovány fiatalember ült. Anyaka csupaszan nyúlt előre kihajló, puhainggallérjából. A haja fésületlen volt, de a szemecsodálatosan nagy és égő.Annának először tűnt föl életében, hogy milyen széptud lenni az emberi szem. De aztán észrevette, hogy afiatalember beszéd közben, ferdére taposottcsizmájával, Jörg nagyapa íróasztalának a rézvereteitrugdossa és szertelen mozdulataival mindent feldöntmaga körül. Tiszteletlennek találta őt. Visszament hát apolc elé és tovább olvasott abból a könyvből, melyetnagyatyja választott ki neki. Egy skóciai fiúról szólt, akitRobinson Crusoenek hívtak.Mások érkeztek a boltba. Senki sem vett könyvet. Ésaz öregek úgy néztek ki, mintha fiatalok lettek volna.A polc mögött pedig még egyre beszélt az a lázas,félszeg ember és időnként hallatszott, amint a csizmájasarka a rézveretekhez ütődött. Anna nem figyelte, hogymit mond. Érdekelte a könyv. Egy szó azonban, onnanbennről mégis többször a füléhez ért. De a szó nemszívódott föl az öntudatába. Megismétlődő hangzásmaradt.A bolt közepén egy úr állt meg. A képe csontos voltés csak az álla alatt viselt szakállt. Szűk nadrágjazsebéből sallangos dohányzacskó lógott ki.A szomszédja meglökte.— Beszélhetsz. Magunk között vagyunk.A csontos képű egy írást mutatott.— Hiába járok reggel óta. Az emberek féltik abőrüket. Nincs nyomtatóintézet Pesten, amely ezt aproklamációt kiszedné.Mikor Jörg Ulrich az írás fölé hajolt, kopasz fejénmegcsillant a világosság és a sárgásan ősz hajkoszorúmulatságosan mozgott a füle körül.— Ez nem proklamáció, — súgta valaki — ez revolució.Jörg Ulrich előrenyujtotta a kezét.— Az én nyomtatóintézetem vállalja a kiáltványt, —olyan igénytelenül mondta ezt, hogy Anna nem értette,miért tódulnak az urak egyszerre mind köréje. De mikorránézett, nem találta őt többé furcsának. Apró szemefénylett az ősz pillák alatt és az arca a kis biblia SzentPéteréhez hasonlított.Két suhanc futott el az ajtó előtt.— Szabadság!... — rikácsolták élesen.Anna ráismert arra a szóra, amelyet az előbb a polcmögül hallott. Ezek is azt akarják. Milyen egyszerű,mindenki ugyanazt akarja. Szabadság! Éppen úgyhangzik, mintha azt kiáltanák: Ifjúság. És úgy rémlettneki, hogy valami máshoz is hasonlít ez a szó. Valamimáshoz... Egyszerre eszébe jutott annak a félszegfiatalembernek a lázas szeme.A városháza felől futó alakok jöttek lefelé az utcán:mesterlegények, asszonyok, diákok, cselédek. A németszínház komédiásai is köztük voltak. Anna megismerte arablólovagot és a királynét. A királyné szoknyájarongyos volt.— Éljen a sajtószabadság! Le a cenzorokkal!Ulwing építőmester, aki eddig szinte részvétlenneklátszott, bólintott egyet. A budai cenzorra gondolt,aztán mosolyognia kellett önmaga felett: milyen kicsinyszegletből nézi az ember a világot, amely pedig olyannagy.Az utca kövezete sok lépéstől kopogott megint.Mások jöttek. Azok is futottak, szétvetett tagokkal,egymásnak ütődve. Egyszerre, onnan kinnről egy hanghallatszott, mely, mintha a nagy tavaszból szakadtvolna ki, mindenhatóan áradt szét a levegőben.Valaki beszélt...A könyvesboltban csend lett. Az emberek felálltak.Értük jött a hang. Szemközt kinyíltak a házak ablakai. Ahang betódult a német polgárlakásokba. Betöltötte adohos szobákat, az ósdi üzleteket, az utcákat és amihezhozzáért, tüzet fogott tőle. Ez a hang a láng zenéjevolt.Ulwing Kristóf az ajtóhoz ment. De a küszöbönmegállt. Mögötte megmozdult az egész bolt. Kitódultakmellette az emberek. Jörg Ulrich apró, gyors lépésekkelszaladt a nagyfejű boltosinas mellett. Mind futottak. Azépítőmester is futni kezdett ellenállhatatlanul.Az utcából kiáltott vissza Annára:— Te itt maradsz!A könyvesbolt egészen üres lett és a kisleányszorongva nézett körül, aztán, mintha zenét hallgatna,az ajtófélfának támasztotta a fejét. Nem láthatta azt,aki beszélt, messze volt tőle. Csak a hang lelke jutott ela füléhez, mégis érezni kezdte, hogy idegenül új az,ami történik vele. Szép borzongás gyöngyözött végig ahátán. A hang szédítette és ringatta, vonta és elvitte.Nem állt ellent, odaengedte magát és a kis Ulwing Annaöntudatlanul beleolvadt abba a nagy magyar tavaszba,mely most beszélt először hozzá.Mikor a láthatatlanban elnémult a hang, felrivalgott atömeg.A bolt előtt egy deák teletorokkal kezdett énekelni.Egyszerre az egész utcában feltört az a dal, melyetAnna később sokszor hallott. A deák sebesen felmászottaz almafára és vadul lengette a kalapját. Az arca tüzelt;a gallyak mozogtak alatta: csupa fehér virág lett akövezet.Anna is szerette volna a zsebkendőjét lobogtatni.Énekelni is szeretett volna, mint a deák. A levegőbenegységes, végtelen öröm úszott. Az emberekösszeölelkeztek és futottak.— Szabadság!Sajátos alak közeledett ekkor az utca végéről. Aházak fala mellett jött, óvatos, ingó léptekkel.Minduntalan megállt és bizalmatlanul tekintett körül.Violaszín frakkja furcsán lebegett, fehér harisnyájavastag ráncokat vetett csattos cipője felett.Anna zavaros ijedtséget érzett. Soha sem látta mégSzebasztián bácsit így kinn az utcán, Pesten. Szinteakarata ellenére meglapult az ajtó mögött. „Talán nemlát meg. Talán odébb megy...‖ És közben eszébe jutott217OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


a két lázas szem és az a szó, mely úgy hangzott,mintha azt mondták volna: ifjúság. És a hang... és adal... Szebasztián bácsi olyan öreg és olyan messzevolt.Anna lesütötte a szemét, míg a kövezeten lassanmozgott feléje két otromba cipő rozsdás csattja.A deák hangosan nevetett fenn a fán:— Hát ez micsoda madárijesztő? Miféle régi időksétálnak itt?Anna szomorú lett és a szeme könnybelábadt. Mosttudta meg, hogy mennyire szereti Szebasztián bácsit.— Ő az enyém! — kiáltotta kétségbeesetten éskitárta két karját az öreg ember felé.Szebasztián bácsi semmit sem vett észre azegészből. Leült a lócára a könyvesbolt elé, kalapjátletette a földre és óriási, tarka zsebkendőjével sokátörülgette a homlokát.— Éppen jókor kerültem ide. Micsoda konfúzió.Hová jutunk! Hová jutunk!...Anna megint távol érezte magát tőle, de azértegészen közel húzódott hozzá; hadd lássák az emberek,akik kinevették Szebasztián bácsit, hogy ők kettenösszetartoznak.4) FolytatjukASSISI SZENT FERENC KIS VIRÁGAIFioretti di San FrancescoFordította: Tormay Cécile(Budapest, 1926.)Nádudvaron, 1926-ban, nyáridőben.HARMADIK FEJEZETMiképpen háborkodott SzentFerenc, mikor is Bernardo testvértszólítván, az néki nem felelt.A Megfeszítettnek ájtatosszolgája, Szent Ferenc mester,vezekléseinek keménységétől és a gyakori sírásnakmiatta, majd hogynem megvakult és csak kevésvilágosságot látott. 1 Egyebek között megesettakkoriban, hogy némi napon elindult a helyről, ahol voltés elméne a helyre, hol Bernardo testvért lelni vélte, 2hogy véle istenes dolgokról társalkodjék.És eljutván ama helyre, hol Bernardo testvér lakott,megesett, hogy ő az erdőn volt, imádságnak advánmagát, felmagasztosultan Istennel egyesült. Bemenvénekkor Szent Ferenc az erdőbe, hívta őt, mondván: „Jerés beszélj e világtalanhoz‖. De Bernardo testvér nemfelelt, lévén ő a mély elmélkedésnek embere, kinekelméje ilyenkor eltávolodott és felemelkedett Istenhez;és ezért vala annak a nagy kegyelemnek részese, hogyIstenről azonképpen tudott beszélni, miképpen arrólSzent Ferenc többször bizonyságot vőn és minek okábólvéle társalkodni kívánt volna. Némi haladék utánlegottan másodszor is hívta őt és harmadszor is hívta;de Bernardo testvér egyszer sem vevé észbe, úgy hogysem nem felelt, sem oda nem méne.Ezért Szent Ferenc némi kevés szomorkodássaltávolodni kezdett, lelkében csodálkozván éspanaszkodván, amiért Bernardo testvér, habárháromszor hívta őt, nem jöve hozzá. Miközben szívébenilyeténképpen töprenkedett, mentében mondotta az őtársának: „Várj meg engem‖; és egy magányos helyrement, nem messze az úttól térdreborult és imádságnakadta magát és kérte Istent, nyilatkoztatná ki előtte,miért nem felel néki fráter Bernardo? Mikor imígyenimádkozék, eljöve hozzá Istennek hangja és mondá: „Óte szegény emberke, miért háborultál ezen,elhagyhatja-e Istent az ember valamely teremtettjéért?Mikoron fráter Bernardot hívtad, ő vélem társalkodott,és ezért nem mehetett hozzád, sem hívásodra nemfelelhetett. Ne csodálkozzál tehát, ha ő nem tudottbeszélni, mert oly igen elragadtatott volt, hogy a tebeszédeidből mit sem hallott‖. Nyervén Szent FerencIstennek ilyen válaszát, legottan sebes járássalBernardo testvérhez fordult, hogy magát korábbigondolatáért néki alázatost vádolná.Látván Bernardo testvér őt közeledni, eléje méne éslegottan lába elé vetette magát. Szent Ferenc ekkorfelemelte őt és nagy ájtatost elmondotta néki az őgondolatát és ellene való háborkodását; és azt,miképpen feddette meg őt Isten; végezetül ezeketmondván: „Megparancsolom a szent engedelmességnekmiatta, hogy azt cselekedjed, amit most meghagyoknéked‖. Félvén boldog Bernardo, hogy Szent Ferencmegintlen valamely nagy dolgot parancsol néki,miképpen azt tenni szokta, tisztességgel ki akart térniamaz engedelmességnek előle; ezenképpen felelt tehát:„Kész vagyok engedelmességet tenni, ha viszont ti, énatyám, cselekedni ígéritek, mit néktek parancsolnifogok‖. És ígérvén Szent Ferenc, mondotta fráterBernardo: „Mondjad tehát atyám, mit tegyek a teakaratod szerint?‖ És ekkor mondotta Szent Ferenc:„Parancsolom néked, szent engedelmességnek miatta,hogy az én bátorkodásomnak és szívemvakmerőségének kínjára, most, mikor majd hanyattvetem magamat a földön, egyik lábadat tedd atorkomra és a másikat tedd a számra, és egyfelől ésmásfelől menjél el ezenképpen háromszor felettem,mondván nékem gyalázatokat és egyéb bosszúságokatés kiváltképpen mondván: feküdj csak te paraszt, PietroBernardone fia, honnan a te nagy kevélységed, aki csakhitvány teremtés vagy?‖ 3 Hallván ezeket Bernardotestvér, jóllehet kemény vala ezt néki tenni, azengedelmességnek miatta olyan illedelmesen, ahogyancsak tehette, mégis megteljesíté, miket Szent Ferencnéki parancsolt.És mikoron ez elvégeztetett, mondotta Szent Ferenc:„Most pediglen parancsold meg nékem, amit akarsz,hogy cselekedjem, mert engedelmességet fogadtamnéked‖. Mondá Bernardo testvér: „Meghagyon néked aszent engedelmességnek miatta, hogy ha valamikor isegyütt leszünk, feddj meg engem fogyatkozásaimért éskeményen megszégyeníts‖. Szent Ferenc hallvánezeket, csodálkozással csodálkozék, mert Bernardotestvér oly istenes vala, hogy őt nagy tisztességbentartotta és benne kivetni valót semmiképpen sem talált.És ettől fogva Szent Ferenc a mondottengedelmességnek miatta, őrizkedett a vele valóegyüttlakástól, mert nem talált feddő szavakat veleszemben, akit is oly jámbornak tudott.De mikor látni kívánta őt, avagy hallani Istenről valóbeszédjeit, olyan rövidesen, mint csak tehette,elszakadt tőle és elméne. És édességes ájtatosság vala218OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


szemlélhetni, mily nagy könyörületességgel éstisztességgel és alázattal beszélt vala ilyenkor SzentFerenc atya Bernardo testvérrel, ő elsőszülött fiával.Krisztusnak dicsőséges dícséretére. Amen.1Ez Egyiptomból való visszatérte után történt.2Valószínű, hogy e hely a Subasio hegy alatti Carceriremetesége volt.3 Szent Ferencnek ez a keménysége önmaga iránt jellemzi aző gyöngédségét társai iránt az elvadult korban, mikor abosszúállás kötelességteljesítés volt.Forrás: http://tormayc.webs.com/EPISZTOLA----- Original Message -----From: "Dr. Francesco Barral del Balzo"To: " Dr. Bonani G.O.-né Prof.ssa Tamás-TarrMelinda"Sent: Tuesday, January 17, 2006 4:54 PMSubject: köszönöm a folyóiratotKedves Melinda!A téli szünet idején nagy érdeklődéssel olvastam afolyóiratodat és gratulálni szeretnék az óriási munkáhozés eredményhez! Azon is csodálkozom, hogy már tízéve csinálod.A sok-sok dolog között, nekem elsősorban a"Tradurre-Tradire" tetszett nagyon.A fordítás mindig az én gyűlöletem-szerelmem volt:szerelmem, mert mind az iskolában, majd mindhobbyból gyakran foglalkoztam a fordítással;gyűlöletem, mert mindig azt gondoltam, hogy a legjobbfordítás sohasem lehet olyan, mint az eredeti.Az a mély meggyőződésem, hogy semmi sem szebb,mint közvetlenül, az eredeti nyelven olvasni a szöveget.Nekem mindig hatalmas húzó erő volt a nyelvektanulásában és párhuzamosan, az olasztól nagyoneltérő nyelveknek, pl. az ógörögnek, a magyarnak atanulása ezt a meggyőződésemet megerősítette.Manapság, úgy tűnik nekem, ezt a problémát túlgyakran elbagatelizálják, sokszor mindazok, akik akülföldi szöveg átvitelével foglalkoznak, legyen azakármilyen rétegben, legyen akármilyen típusú...Hányszor nem halljuk a tv-ben is - mint az amerikaifilmekben -, hogy a cégek "fanno bancarotta", vagyhogy búcsúzó emberek úgy mondják egymásnak, hogy"abbi cura di te", vagy hogy egy bizonyoscselekményről "non ci sono evidenze" stb... Mindezekangolról gondatlan fordítások.Még az ún. közeli vagy rokon nyelvekből valófordításokban is a gondatlanság uralkodik: a latinklasszikusok fordításainak néhány híres kiadásábanolyan ijesztő hibákat olvastam, amelyeket mi agimnázium IV. osztályában sem szoktunk csinálni.És ez igaz és nemcsak vigyázatlanságról - vagytudatlanságról- van szó, de főképp szándékosválasztásról. Szerény véleményem szerint a fordítómunkája szolgáló munka az irodalomban, olyan mint arestaurátoré a szépművészet területén. Ezt mindig szemelőtt tartottam, amikor igyekeztem fordítani valamit:célom csak az volt, hogy lehető leghűbben ismertessemaz olvasóval a szöveget... Sohasem akartamelbizakodottan újra- vagy újjáírni azt.Vállalnom kell, hogy talán egy kicsit "talebán" vagyokebben: pl. Tiziana barátnőmmel - a Sacchetti Giannozzoíróval kapcsolatban - sokszor vitatkoztam arról, hogy őaz "alkotó" fordításban hisz, valahogyan, valamikor...Érzésem viszont az, hogy némely fordító ahhoz aszerény (de azért nem kevésbé mágnás) munkáhozvalahogy nem akar alkalmazkodni és valahogyan afordítás révén a művészeti (újra)alkotásban is résztkíván venni, ami szerintem nem jogos.Ezért "Tradurre tradire"-ből nemcsak érdekesolvasmány, hanem fontos "memento" is létrejön!...Na most a tárgyra térve, a "Tradurre-tradire"-táttekintve, Neked a "Ce n'est pas moi qui" c. versselkapcsolatban például, sok különböző jó megoldástsikerült felsorolnod, de mindig a nyelvtani ésjelentéstani értékeket hűen tiszteletben tartva...Mindez nemcsak a nyelv bírását, hanem élénkfogékonyságot is igényel.Ezenkívül, Hanák Péter történelmi kivonatánakfordítását is oktató jellegűnek találtam, főképp az olaszolvasók számára, mert új fényben világítja meg azt atörténelmi időszakot, amely, az osztrák császársággalvaló kapcsolat miatt sok eltérő nuance ellenéreOlaszországgal is közös, amelyeket itt kevesensejtenek.Érdeklődéssel várom a folyóiratod következő számát,ha küldeni akarod majd, ...és ahhoz is jó munkát kívánok!Búék!FB** Dr. Francesco Barral del Balzo eredeti, magyarul írt levele.Az olasz fordítását ld. az olasz nyelvű részben, amelyet magaa levélíró végzett kérésemre.IN MEMORIAM PAPP ÁRPÁDElhunyt Papp ÁrpádPapp Árpádot szűkebb pátriájában, Somogyországbanmediterrán költőkénttartják számon, mert a mediterrán orországoklírikusainak egyik legismertebbfordítója volt.Somogyaszalón született 1937-ben kisparaszticsaládban. 1955-ben érettségizetta kaposvári Táncsics MihályGimnáziumban, majd az ELTE magyar-latin szakánszerzett diplomát. Tanulmányai alatt Kardos Lászlóműfordítói szemináriumát is látogatta. VisszakerültKaposvárra, a hajdani gimnáziumában tanított latint,irodalmat és olasz nyelvet, később az iskola archívkönyvtárát gondozta és közben szerkesztő volt aSomogy című folyóiratban.1966-tól a Világirodalmi Lexikon újgörög és ciprusigörög irodalommal foglalkozó részének főszerkesztőjevolt. Dolgozott a Világirodalom Gyöngyszemeisorozatban és a Modern Olasz Költők Antológiája kötetszerkesztésében.Papp Árpád Athénban, Cipruson, Krétán, Rómában ésPalermóban ösztöndíjasként képezte tovább magát, amáltai La Valetta Egyetemen pedig vendégprofesszorvolt. Több mint száz könyv megjelenését segítette.Egyetlen saját verseskötete, a Metszéspontok című1972-ben jelent meg a Magvető Kiadónál, versei 1971-től külföldi folyóiratokba és antológiákba is bekerültek.219OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Mindeközben megszerezte az irodalomtudományokdoktora tudományos fokozatot.Papp Árpád többek között részt vett a magyar írókelső világtalálkozójának szervezésében és a MagyarokVilágszövetsége kaposvári központjának létrehozásában.Athénban 1982-ben megkapta a Parnasszosz Irodalmiés Művészeti Társaság aranydiplomáját. Papp Árpádotkitüntették Pro Urbe Kaposvár díjjal, majd 2001-benKaposvár díszpolgára lett – közölte az MTI...PAX ET BONUM!Az előző számunkban, amikor nagy örömmelszerkesztettem Papp Árpád anyagait, amellyelperiodikánkkal való együttműködése kezdődöttvolna, nem gondoltam, hogy a következő segyben ünnepi számunkban a nekrológját fogomösszeállítani...Szabadságon tartózkodtam, internetes elérhetőségemnem volt, így csak egy szabadságomelső részének eltelte után értesültem csak errőla döbbenetes eseményről.Előzmények: Dr. Józsa Judit <strong>2010</strong>.07.06. 19Kedves Melinda, csak jelzem, hogy ma megkaptam afolyóiratot, köszönöm szépen. (A Titkárságon mindenkimegcsodálta a gyönyörű bélyegeket, el is kunyerálták).A hétvégéig kitanulmányozom.Miközben írni kezdtem, Papp Árpád telefonált, nagyonörül, hosszan mesélte olaszországi élményeit. Írni foglevelet Neked, addig is engem kért meg, hogytolmácsoljam köszönetét. Ő már, ahogy kivettem aszavaiból, végigolvasta a lapot, és minden nagyontetszik neki.JuditSajnos az ígért levele nem érkezett meg hozzám,talán el sem tudta kezdeni... Augusztus 24-én repültemhaza Londonból, az @-postaládámat csak másnap, 25-én éjszaka tudtam részben ellenőrizni, s megrendültencsak ekkor értesültem Dr. Józsa Judit 18-án,Londonba repülésem napján írt leveléből, aBadacsonyban élő, 73 éves költő, műfordító,irodalomtörténész, szerkesztő és tanár kolléga, PappÁrpád haláláról, s aznapi Kaposvárott történőtemetéséről:elhunyt. 10 nappal ezelőtt öt órán át beszélgettünk, ésörömmel mutatta az <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>t benne aBúvópatak-különszámról és róla szóló összeállítással.Ha bármiben segíthetek, kérem jelezze.Tisztelettel és szeretettel: Csernák Árpád főszerkesztőAmikor nagy szeretettel és lelkesedéssel válogattamaz anyagot a bemutatására, nem gondoltam, hogy alegközelebbi s ünnepi számban jelenléte csak a régimunkáin és a róla szóló emlékezéseken keresztül leszjelen...Nagyon vártam Papp Árpádmegígért levelét, nagyonkíváncsi voltam kritikai véleményére,örömmel vettemvolna tőle esetleges újötleteket... Szegény talánhozzá sem tudottfogni... Szerettem volna tőlefriss anyagokat kérni az OL15 éves ünnepi számába,amellyel megkezdődött volnaszemélyes közreműködése az<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>val...Papp Árpád(Fotó Csernák Máté)Íme Csernák Árpád, a Búvópatak főszerkesztőjének,Papp Árpád halálát megelőző levele, amelyet szinténcsak augusztus 19-én, a gyászhírek után találtam megés olvashattam:Búvópatak <strong>2010</strong>. 07. 31.Kedves Melinda Tamás-Tarr!Papp Árpád mutatta az OSSERVATORIO LETTERARIOlegutóbbi számát, amelyben a Búvópatak Papp ÁrpádKülönszáma alapján közölték kedves költőbarátunk verseit.Ennek nagyon örültünk. Kérjük, pillantsanak rá honlapunkra:www.buvopatak.huHa bármi felkelti érdeklődésüket, állunk rendelkezésükre.Nagy örömünkre szolgálna, ha az imént említett lapszámbólmi is kaphatnánk egyet. Postacímünk: [...]A jövőbeni együttműködés reményében tisztelettel ésszeretettel: Csernák Árpád főszerkesztő<strong>2010</strong>.08.18Subject: rossz hírKedves Melinda, nem tudom, mikor olvasod ezt azüzenetet. Ilyenkor tudom, nem vagy elérhető.Papp Árpád meghalt, ma temetik Kaposvárott.Remélem, máskor jobb hírt tudok írni.Jó pihenést a nyár hátralévő részére:JuditAdjon Isten neki örök nyugodalmat!Csak augusztus 19-én találtam rá az alábbi üzenetekrea hosszú távollétem alatt felgyűlt ezernyi e-mail között,amelyekre nyomban válaszoltam:Búvópatak <strong>2010</strong>. 08. 11 Tárgy: Papp ÁrpádKedves Melinda Tamás-Tarr!Papp Árpád Hunyadkürti György színésszel fog kezet, aki aMegrendülten tudatom, hogy Papp Árpád költő, 2006-os Búvópatak-esten elmondta a «Duna-Don sirató» cműfordító <strong>2010</strong> augusztus 10-én délután 1 órakor versét. Kettejük között Csernák Árpád. (Fotó Csernák Bálint)220OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Most pedig íme Papp Árpád halálának alkalmából azösszeállításunk:Csernák Árpád (1943) ―KaposvárPapp Árpád költőt <strong>2010</strong>. augusztus 10-én délután 1 órakor magához szólí-tottaaz ÚrKedves barátom, Árpád! Harminc éve beszélgetünk…,és a legutóbbi nyolc évben különösen sokat, hiszentéged kértelek föl először, hogy legyél a Búvópatakmunkatársa…, és – úgy gondolom – a jövőben isfogunk beszélgetni…, talán örökké… Erről nehezentudnánk lemondani…, és – végülis – minket ki vagy minémíthatna el?Legutóbb július 30-án beszélgettünk Kaposváron, aBerzsenyi utcai lakásodban, öt órán át. Sok mindenrőlszó esett. Mondtam, – mint mindig – jó lenne, ha aszámítógépedet villámlevelek küldésére is tudnádhasználni, mert akkor sokkal könnyebben ésgyorsabban jutnának el hozzám az írásaid, és fiaid,unokáid tudnának ebben segíteni…, mondtad – mintmindig –, hogy persze-persze, és mosolyogtál… Hát,erre most már nem lesz szükség.Mondtad, hogy az októberi számba feltétlenül akarszírni, mert találtál a jegyzeteid között egy 1956.októberében írott verset, a szerzője ismeretlen, denagyon szép a vers… Nem tudom, hogy ez valahaelőkerül-e papírhalmaid közül, de ha igen, feltétlenülközöljük a Szilánkok – húsban, emlékezetben címűrovatodban. Megbeszéltük, hogy a szeptemberiszámban hozzuk annak a hozzászólásnak a szövegét,amit Matyikó Sebestyén Jóska 1975-ös költői estjénmondtál el, és amit – csodával határos módon –megörzött egy magnószalag…Ezen az estén nagyon jó formában voltál.Lendületesen, energikusan beszéltél, tele voltáltervekkel. Örömmel mutattad az olasz OSSERVATORIOLETTERARIO című folyóiratot és az athéni Szellemi életet,amelyekben olyan jeles költők, írók között mutattakbe téged, mint Ady Endre, Márai Sándor, Ottlik Géza…,és mindkettőben a Búvópatak 2008-ban megjelentPapp Árpád különszáma alapján. Az olasz folyóiratközölte is a különszám borítóját, amelyen a róladSomogyaszalón készült arckép látható…Persze – miközben pálinkát kortyolgattunk és a tebadacsonyi kertedben termett piros diót ettük – szóesett, mint mindig, hazánk sorsáról, az irodalomhelyzetéről… Van hát még miről beszélgetnünk.Nekünk, ittmaradottaknak, akik szeretünk, fájdalmasvolt megélni távozásod, fájdalmas lesz elviselnihiányod…, de – tudod – mi is „útrakelünk‖ egyszer, ésakkor találkozunk újra…, csak várj türelemmel… Odaáttalán már nyugodtabban és derűsebben tudsztársalogni Fekete Gyulával, Nagy Gazsival, Berta Árpibácsival, Vallató Gézával, Tüskés Tiborral…, hogy csaka nemrég eltávozott barátok, írótársak közül említseknéhányat…, aztán majd jövünk mi is, szépen, sorban…Ha módodban áll Árpád, kérlek: készítsd elő nekünk a„terepet‖…, szólj néhány jó szót az érdekünkben,próbáld megmagyarázni az „illetékeseknek‖, hogy olyansúlyos bűnöket mi sem követtünk el, hogy netalálkozhassunk, ne beszélgethessünk többé…Addig pedig – megígérem – neved ott lesz aBúvópatak impresszumában, a munkatársak között,amíg csak létezik a lap…, mert továbbra is szükségünklesz arra a szigorra, igényességre, az igazság örököskeresésére, az igazság melletti mindenkori éskövetkezetes kiállásra, amit Te is képviseltél egészéletedben.Kikísértél. Már az előszobában mondtad: Mostanábansokat nézegetem Dsida Jenő szép négysorosát, aSírfeliratot: „Megtettem mindent, amit megtehettem, /kinek tartoztam, mindent megfizettem, / Elengedtemmindenki tartozását, / felejtsd el arcom romló földimását.‖ Hát, én nem tettem meg mindent… Nekem eztvalahogy így kellene átírni: Megtettem mindent mitmegtehettem? / Vigalmak, torok kántor-papja lettem /Mivel alig gyűlt az életben másom / Engedjétek elminden tartozásom… Persze ez így nem jó, nem isakarom megjelentetni… de, valahogy így gondolom…Már éjfél volt. A lépcsőházban még megismételted:…szóval, engedjétek el minden tartozásomat… Aztánhozzátetted: Jó, hogy eljöttél…, tudtunk egy kicsitbeszélgetni. Majd folytatjuk, Árpád…, mondtam. Majdfolytatjuk. Isten veled.Baráti szeretettelCsernák ÁrpádPapp Árpád GencsoHrisztozov bolgárköltő barátjával a«Búvópatak PappÁrpád különszáma»bemutatóján 2008-ban.(Fotó Csernák Máté)221OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


(életpártiságunkban) bármilyen vitánk lett volna, de énitt, csak e ponton vitatkoztam a szép tétellel. Énugyanis kamaszkoromtól fogva beköltöztem afélelembe. Ott lakom, Árpád. De talán éppen ígybeszélhetünk egyugyanazon dologról, illetve ki-ki éppenarról hallgatott. Így nem voltam és vagyok gyávautánad. Térdedben egy 1956-ban kapott lövedékethordoztál, ereklyéd és talizmánod volt. Testednek részelett, mint valami profán úrvacsora. Balatonfüreden, avasútállomáson adhattam kezedbe Buda Ferenc verséta tizenéves holtakról. Olvastad, s megszűnt a köröttedlévő külvilág pár percre. Fontos pillanatok voltak azokis, amikor meg Kelenföldtől hozott a vonat minket –szintén a kilencvenes évek elején – amikor Pál Jóskánakés nekem Krisztus utolsó megkisértéséről meséltél.Szavanként, görög szavanként fordítottad a regényt,minden ízét ismerted a Kazantzakisz-szövegnek, arról,hogy keresi Isten is a földieket, közülük a választottat,akivel folytatni tudja a Teremtést illető tervét.Sokat foglalkoztatott a görögök halálképe. Szerintedaz Átkelőket már nem szabadna zavarni semmiben –ahogyan ők tanították. Hadd igyák ki a Léthe vizét, afelejtés poharát. Rettenetes lenne anélkül menni aHádészba. Mi minden borzalmat kellett elfeledniAntigonénak és testvéreinek, gondoljunk bűnre,gyászra, harcra, végzetre, átok sújtotta családra.Legalább a Halottnak meg kell békélnie, ha már az Élőnem felejthet. Mert aki odaátra ér, nem csupán egy-két– kibírható – emberöltőnyi időből kapja ki részét.Így van-e, Árpád?Németh István PéterPapp Árpád Csernák Árpádnak 2008-ban írt leveleNémeth István Péter (1960) ― TapolcaDrága Árpád!El nem küldhető levélPapp ÁrpádnakAugusztus van, tegnap Máriát kérleltük, hogy ne feledkezzenel szegény magyarokról. Meteorrajok érik el aBadacsony fölött a légkört, kigyúlnak, s lassan tudvatudjuk a fölfoghatatlant, hogy valamelyikőnk csillaga,éppen a Tiéd, leszaladt hirtelen. Szeretted a hűs bort.Szeretted a kenyeret, de úgy, hogy a morzsákat ismegbecsülted, szemet sem hagytál az asztal alá hullani.Mit is mondhatnék még? Talán azt, hogy egy haldoklópályatársadnak, aki szintén szerette a görög kultúrát,kismagnóra vetted Epidauroszban a tücskök ciripelését,s hazahoztad az Isten ege alatt rögzített hangversenyt.Te költőként majd‘ negyven esztendőn át hallgattál, ámtehetted, hiszen a hetvenes évekre már elkészítetted aromolhatatlan verseidet. (A Metszéspontokat, amitNagy Gáspár a közelében tartott, mint Ady a Bibliát.)Prevelakisz-regényfordításodban a halál lámpásavilágítja meg a legfontosabb dolgokat. Azt tolmácsoltadTe is Vrettakosz versével, hogy a költők kívül laknak afélelmen. Nem azért, mert a leglényegesebb dolgokbanPapp Árpád és Sarusi Mihály (Fotó Csernák Máté)Nikiforosz Vrettakosz: A költők dolgaA költők kívül laknak a félelmens ahogy a nap, kéretlen is, világol - szólalnakszólítatatlan. Nincs kéz, mely befoghatná szájukat,gúzsba köthetné isteni szenvedélyük. Tudják,mi a különbségzsarnok parancs és emberi törvények között.Egymásnak adják, ahogy a strázsák az őrszót:A költőa föld szelleme: felébred, amint sötétedik,s ragyog, akár tüzes villám-darab,az éjszaka magasában.(Papp Árpád fordítása)222OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


A költők dolgaA költők nem ismerik a rettegést.Hasonlók a naphoz, mely merőlegesen ontja fényét,ők is nyílt-egyenesen szólnak. S nincs erő, ami szájukathallgatásra bírná, ihletüket bilicsbe verné. Tudják, mit[érnektrónok, dinasztiák. Nem királyi törvénykönyvekhez -ők a Legfőbb Törvényhez igazodnak.S a tiltott igazságot, mint szignált a börtönfalon,ismétlik makacsul egyre...A költőkszellemei a földnek, melyen állnak,s ha ködhomály ereszkedik alá, fölragyognakvillám-darabkákként, az űr hatalmaséjszakáját hasítva.(Kerék Imre fordítása)Németh István Péter (1960) ― TapolcaGYÁSZ – VÉGTELENÍTETT TÜCSÖKDALLAL(Írások Papp Árpád közeléből)<strong>2010</strong>-08-10A pünkösdi rózsák, amiket májusközepén letéptem Háromfán, még ajúniust is megérték Ilike sopronivázájában. Vonat visz Keszthely feléKerék Imréékhez, Alsó-Bélatelepre. ABece-hegytől visszanézve régenláthattam már ilyen szépnek aBadacsonyt. Nem is emlékszem,mikor? Takáts Gyula bácsi pincéjét elmulasztom avonatablakból szemügyre venni, megvan-e még kétoszlopa? (Ilike hiába kereste őket legutóbb tekintetével aműútról.) Nem ereszt el a Badacsony. Kerék Imrénektöbb gyönyörű prózaverse is van, az egyiket PappÁrpádéknál tett látogatása után írta:Egy nyári nap emlékePapp ÁrpádnakÜltünk a hegyi ház előtt, mélyen alattunk gyöngyfényűkagylóként kinyílt a táj. Balról a Badacsony ormótlantömbje terpedt súlyosan, jobbra Szigliget ormaimagasodtak: a Királyné szoknyája, Rókarántó, smögöttük fönt a csorbafalú várrom. Szemközt a Balatonzöldüveg tükrén fehér hajó úszott az Aranykagyló-öbölfelé, fölötte sirályhad kerengett. A völgyben kanyargóúton egy ember lépdelt, nyakában gyerekkel, minthaSzent Kristóf lenne Egry vásznán. Barátom kis kosárbanszőlőt, mandulát, hasas korsóban bort rakottasztalunkra. Köröttünk vadméhzümmögés, rovarzsongás,lepkék zizegő libegése; görbe tőkék tövén rigókneszeztek, aranyzöld gyíkok itták lüktető torokkal a forgónapkorongból sárga patakokban lecsorgó égi mézet.Kortyolva olykor a szürkebarátból, halkan cserélgettük aszót. Szeferisz, Ritszosz verssorai keringtek, fölrebbenvezizzenő könyvlapokból. S mintha Hellász sugaras-kék egeborulna fölénk, hallani véltük a Tempe-völgyikecskepásztor elnyújtott, szélbe-foszló énekét, sEpidaurosz tücskei reszelték ezüst ráspolyaikkal afűszálak élét. Feketefürtű görög lányok cipóhéj-barnaarca parázslott, éjszínű szembogara villant, ahogybeúsztak oldalt a képbe, bőrükön sós tengervíz illatával.Kizökkent ritmusából az idő, mintha örökös ünnepköszöntött volna ránk: a mediterrán ragyogásbanlebegett velünk a hegyi ház, a kert, ég s föld közöttimbolygó léghajóként.Szegény Árpádról az a legutolsó hír, hogy lázát mérik,nő-e, süllyed-e, de ő már nem nyitja szemét. Néhányéve – akkor is Kerék Imréhez vonatoztam egyetlen nyárialkalomra, Árpáddal – aki Kaposba utazott – együttzötykölődtünk. S előtte is: korántsem jelképesen,hányszor ültünk együtt vasúti fülkében, autóbuszon,ismerősök, barátok gépkocsijában vagy éppen hajón?!Ha összeadnánk a kilométereket, a legtávolabbi görögszigetre is eljuthatnánk a Balatontól. De hát mi nemakarunk innen elmenni. A kicsinyke állomás peronjánImre vár. Átvágunk a síneken Ilike minden földi jóval lát:hosszútésztás húsleves, csirkepörkölt, kovászos uborkaés muffin-sütemény… Egy csodagyerek rímes munkáit isa kezembe kapom, az A/4-es lapok egyikén rajz,hátoldalán pedig éppen egy muffin-sütemény receptje.Muffint akart sütni nekem, erre éppen a leírást kaptakézhez. Ezt sütötte meg Ilike nekem a hirtelensegítségére kelt papír szerint csokoládé és sárgabarackdarabkákkal. Rágondolt és ott termett. Mint nekemegyszer Somogyjád előtt, amikor egy papírszelet kellettvolna csak, hogy feljegyezzek egy eszembejutottverssort. Nem volt velem notesz sem. Ám bekopogott afülkémbe egy ádventista jóember szórólapokkal, skezembe nyomva az egyiket tisztelettudóan köszönt, scsupán annyit mondott: Isten küldte.Kisétálunk a strandra, látom a Szent György-hegyet,látom a Badacsonyt. Soha ilyen ünnepien nem kéklettegyütt az éggel és a vízzel. Aztán vissza Imréékhez, akertbe,a fa alá, a házba, a kis vadszőlővel befuttatottverandára. A kilencvenes években így, a nyár utolsóheteiben szoktak találkozni Fodor Andrásékkal is.Aztán Imre és Ilike elmesélik, hogy megint itt járt az amadár… Melyik madár?Kérdeném, de Ilike Imrének a másik prózaversére utal:Ének az ismeretlen madárrólLassan három éve már, minden augusztus utóján, a nyárvégi verőfénybenkertünkbe száll ez madár. Körbesétál, meg-megáll, tollászkodva elidőzik.De még sosem látta senki, csak egy rozsdaszínű tollat, ében sávokkal szegettenhagy a fűszálak között, jeléül annak, hogy itt járt. S találgatjuk: mitüzenhet tarka tollával nekünk a rejtélyes ismeretlen, s hol a fészke és kiküldte? Talán a loppal közelgő ősznek hírnöke lehet? Messzeföldi, ritkavendég, ki csak éppen megpihen, aztán fölszáll s tovaröppen téres, fénylő223OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


távolokba? Vagy itt lakik a közelben? De miért bújkál előlünk, miért titkoljanevét? Lehet, hogy hiába várom jövő augusztusban ismét, nem láthatomsohasem? Megmarad ős rejtelemnek, s csak a tollak szaporodnak évről-évrea befőttes üvegben, asztalomon? Talán még, gyermekkoromban láttam őtegy pillanatra, s tán azért kísérget olykor, mint egy árnyék? Nem tudom.Minden augusztusban eljött eddig, <strong>2010</strong>-ben is itt volt.Csak a szárnytollát hagyta hátra, kicsit korábbanjelezve, hogy ősz jön. A fa alatt sms-t jelzett amobiltelefonom. Még nem tudom, hogy már PappÁrpád halálhírével.Hazafelé közeledem az ünnepi Badacsonyhoz. Becehegymajd Ederics után egy négyfele tépődöttbárányfelhő formál keresztet, amely a gyorsvonatablakából hirtelen egy tárt karú Emberre kezd elhasonlítani, akinek megnyúlt arcát akár El Greco isfesthette volna.Papp Árpád talán utolsó verséről(levélváltás Csernák Árpáddal)1.Kedves Árpád, Drága Kata!Most is csak köszönni tudom a mai napot,de így éjféltájban az a törleszthető adósságom maradt,hogy ideírjam Papp Árpád tán utolsó négysorosát,amiről azt írta dedikációjában 2009 július elsején,hogy:Dsidára is emlékező, formálódó "búcsúvers"(Ő tette még idézőjelbe a búcsúverset... De holnapküldöm beszkennerezve.)Megtettem mindent, mit megtehettem?Vigalmak, torok kántor-papja lettem.Mivel alig gyűlt az életben másom -Engedjétek el minden tartozásom.s csak akkor elviselhető a súlyuk, ha szétoszthatók.Ragaszkodással: PistaU.i.:A dedikáció a vers előtt:Németh István Péternek ajánlom -az indiai "aprózóhoz" egyre közeledőszívveréssel, lélegzetvétellel. Dsidárais emlékezve ezt a formálódó "búcsú-verset":....Az indiai aprózó itt utalás a róla írott verstanitanulmányomra. Ahogy az indiai költészetben, ősiverselésben több rövid szótag kerül egymás mellé. Titi-ti-ti-ti-ti-ti-tá...Stb.Papp Árpád (Fotó CsernákBálint)Papp Árpád (1937-<strong>2010</strong>)SZILÁNKOKDr. Andrásfalvy BertalanMiniszter úrnakBudapest*Alulírott Papp Árpád,görög-magyar-latin szakostanár, volt Eötvös-kollégista/1955—1959/, harminc évenát a kaposvári Táncsics Gimnázium tanára, 1985-től aKollégium óraadó, 1989. dec. 15-től meghívott rendestanára, a Mediterrán Műhely /görög, újgörög, latin,Szívszorítan szép, mit is mondhatnék? Ragaszkodással:olasz szakcsoport vezetője, a Magyar Írószövetség és aPistaP.E.N. Club tagja, olasz, görög, ciprusi irodalmiművészeti+társaságok elnökségi tagja – felháborodá-somat és tiltakozásomat fejezem ki.2.Jóformán még meg se száradt Miniszter Úr aláírásadr. Szijártó István kandidátus, az ELTE címzetesdocense igazgatói kinevezésén, máris a „lehetőKedves István!legdemokratikusabb‖ módon megbuktatta egy tegnapÁtírtam... Pedig nekem nem így mondta..., de ígyeste sebtében összehívott „közgyűlés‖, melyet két hetessokkal jobb...hiába, más a megfontolt leírt szöveg, ésamerikai útja alatt készítettek elő. Ha igényli, szívesenmás a szóbeni improvizáció...kifejtem véleményemet kollégistáink szakmai, emberi,Jó éjt!politikai kvalitásairól, ezúttal csak annyit: nem tartomBarátsággal: Árpádőket alkalmasnak, illetékesnek ilyen horderejű szakmai,emberi, politikai döntés meghozatalára.3.A késő éjszakába nyúló beszélgetésen egyetlen olyanDrága Kata, Kedves Árpád!súlyú szakmai-pedagógiai, etikai érvet, vádat semtudtak említeni, mely arányban állna döntésükMegy az ígért oldal - tán még több variáció is előkerül,következményeivel. „Egyetértési jogukra‖ hivatkozvaaddig is a polcomról...(negyven igen-t, ötvenhat nem-et kapott az igazgató)(Igyekszem nem csak megőrizni a fontosat, de küldeni,azonnal felmondtak neki, s megpróbáltak „ügyvezetőNéktek is tovább - az Olvasók kezéig egészen.)igazgatót‖ kinevezni. Ezt a megjelent tanárok közülKöszönöm a jó kívánságokat, az elismerést -senki sem vállalta el, s öten kijelentettük: szolidárisakgyönyörűek a kincsek,vagyunk az igazgatóval, osztozunk a sorsában.224OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Tisztelt Miniszter úr! A próbálkozás nem új keletű.Éppen egy évvel ezelőtt, megtagadva azegyüttműködést, lemondott a diákbizottság, így akartalehetetlenné tenni az igazgató és a tanári kar munkáját,helyzetét. Engem december elején idéztek az„igazoltató bizottság‖ elé, s szintén késő éjszakábanyúló számonkérés során alázták meg önmagukat istudatlanságuk miatt, és engem is újólag, de hát én eztmegszoktam az elmúlt harminc év Magyarországánmind a pedagógia, mind az irodalmi, költői-műfordítóimunkásságom során. Kikérem magamnak, hogy eddig adiktatúra, most valami nyálas, demokráciának nevezettkisszerű rosszindulat vallasson megint csak engemebben az országban! Szijártó István bizonyára nemhibátlan ember, és nem hibátlan pedagógus. Deszakmai, emberi kvalitásai, alkalmassága mellett kiállok.Kétkedve figyelem a mai ifjúságot! Lehet, hogy aszakmában többet tud, mint mondjuk az én generációmhúszéves korában. De mert ahhoz erőtlen, hogymegismételje az én generációm nagyon is vérre menőharcait, úgy látom, szájaláshoz, pótcselekvésekhezfolyamodik. Ha mindenáron valamiféle hősi pózbanakar feszelegni, tegyen rendet az országban: számosolyan ember van, akinek érdemes lenne a körmérenézni, aki kifejezetten károkat okozott – közvetve,közvetlenül – ennek az ifjúságnak is: de hagyjon békétazoknak, akik az érdekében munkálkodtak, évekkelezelőtt az akkori fölöttesek roszallását, haragját magukravonva!Tisztelt Miniszter úr! Nem hibának, bűnnek tartanám,ha Ön az efféle vádpontok alapján: „arisztokratikus,mindig kirítt a kollégiumból‖, „középiskolai tanárosanmerev‖, „utasítgató‖, „türelmetlen‖, „nem tudszemélyes kontaktust teremteni‖, „nem informál‖ ügyetsem vetve arra, hogy másfél évvel ezelőttminisztériumi, egyetemi előljárói, felettesei, nagynevűakadémikusok, neves írók, és azok a mostani negyedötödévesek,akik a leghangosabbak, erősítették megigazgatói tisztében, megbízva a Kollégium centenáriumiünnepségeinek előkészítésével, elmozdítaná helyéből,valami látszatdemokrácia nyomásának engedve,igazgatói székéből! Szijártó István az elmúlt év sorántöbbször kifejtette írásban és a rádióban igazgatóiprogramját, elképzeléseit. Ha ezeket támadták volnakomoly érvekkel, melyek azt tükröznék, hogy ezt azifjúságot egyáltalán komolyan érdekli a kollégium sorsa,akkor azt mondom: hallgassunk oda a szavukra, hiszenkötelességünk. Így azonban egyéni sérelmek szította,hangulatkeltő, kicsinyes áskálódásnál többnek nemtartom ezt a szavazati eredményt, és arra kéremSzijártó Istvánt, hogy a negyven igen, és a tanári karegyöntetű kérése kötelezze arra, hogy éppen aszerencsétlen sorsú Eötvös Kollégium jövője érdekében,vonja le a közgyűlésből adódó tanulságokat, ésmaradjon!Azokat pedig, akik úgy vélik, hogy „rossz úton jár akollégium‖, „nemzetiszínpántlikás‖, ‖túl gyakranhivatkozik Németh László minőségeszményére és tiszteligróf Teleki Pál volt kurátora a kollégium érdekébenvégzett munkáját‖, akiket esetleg ingerel, hogy ez akollégium szabadon akar szolgálni, netán irritálja őket,hogy a nemzeti szellem egyik világra tárt ablakú ésajtajú őrhelye kíván lenni, a magyar vidéket minőségitanárokkal ellátó centrum, kereshet ízlésének, emberi,szakmai, politikai felfogásának alkalmasabb őrhelyet,ebben a ma már pluralista, mindenféle törekvésekettoleráló hazában.A magam nevében, de személyes elfogultságaimontúlmutató felelősségem, a hányatott sorsú Collegium, aránk bízott fiatalok iránti felelősségem tudatában,Tisztelettel üdvözlöm.Papp ÁrpádBuda, 1991.március 14-én hajnalbanP.s. Szíves engedelmével a ma este Benda Kálmánelnökletével összeülő öreg és mai diákok előttfelolvasom jelen levelem.*A levelet Bakos István miniszteri titkárságvezető vetteát, aki később az MVSZ főtitkára lett. Akkor aztajánlotta, hagyjuk a kollégium „(v)értelmetlen‖forradalmárait. Sz.I.-ra rábíz egy többszázmilliósoktatási projektet, én se aggódjam: Olaszországbanéppen három lektori állás is üres…(2004. március)Egy – a szerzője által – majdnem elfeledett versNemrég tartott egy konferenciát a Berzsenyi Társaság(Elfeledett irodalom címmel) – Sinka, Erdélyi, Petelei,Jankovich Ferenc és Lengyel József munkásságáról.Hogy miként kerültek az összefogó cím alá olyannyirakülönböző emberi-alkotói életutak fel sem merült, semaz előadók, sem a hallgatóság részéről, mint ahogy azsem, hogy talán nem is elfeledettekről van szó, hanemmás-más okokból elhallgattatott, elhallgatott (mármintszerkesztők, kritikusok, irodalomtörténészek által)irodalomról, egyikük estében pedig nem csakirodalomítész, hanem népbíró elmarasztalásáról is…Számítottam, legalábbis Sinka és Erdélyi esetébenperújrafelvételre, s ebben illetékes Pomogáts Béla is,aki tanúvallomást tett kettejük ügyében. Táskámban ottvolt, s egy másik hallgató kezében is láttam: Az újabbmagyar irodalom, 1945—1981 c. monográfiája, ésgondoltam az előadók közül valamelyik legalább utal rá,hiszen biztos vagyok benne, hogy ismerik és forgatjákirodalomtörténészi munkájuk során. A monográfiaszerzőjétől szívesen hallottam volna, hogy mi avéleménye ma Sinkáról és Erdélyiről, mint a mozgalmársorsa által hányattatott írói-emberi sorsú Lengyel Józsefelhallgatott drámájáról… Persze, talán ma semmondhatna mást, mint amit akkoriban leírt - tehetségüksajátos, vitathatatlan, de mindketten szélsőjobbosokvoltak a két világháború között, fasiszta, antiszemitafelhangokkal, a népbíróság által is elítélve…Mindenesetre a perújrafelvétel elnapolódott… Persze,belátom, nem lenne ez olyan egyszerű gesztus, amégoly „független‖ irodalmi ítészek esetében sem.Talán sokak számára visszatetsző, ha most azemlékezetemben, de némiképpen a húsombansorsombanbujkáló szilánkokból egy jelentéktelentfelidézek. Első verseskötetem kapcsán írta PomogátsBéla a Mozgó Világban, miután ő mutatott be azÍrószövetségben, bizonyára túlzó szakmai elismeréssel:Meg kellene nézni, mi az oka, hogy negyvenéves vénfejjel jelenik meg a Magvetőnél az első kötetem. Havalaki, akkor ő igazán tudhatta, mennyire ravasz ez aköltői kérdés, akkor még csak a szövegek ismeretében,azóta bizonyára akadt a kezébe olyan kihallgatási225OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


jegyzőkönyv, dokumentum, miegyéb, amelybenolvashatta az ELTE viselt dolgaival kapcsolatban az énnevemet is… Akkor nem is vártam tőle választ, azazonban elgondolkoztat, hogy az elmúlt 16 évben sempróbált meg felelni a maga által feltett kérdésre… Talánma is kockázatmentesebb Lengyel Józsefről beszélni,mint az irodalomtörténet által nagyon is megjegyzett, -bélyegzett Sinka és Erdélyi munkásságáról…Végezetül – hogy egy, a szerző által már-márelfeledett írásról szóljak. Nemrég kért számon rajtamSzili Ferenc barátom egy verset, melyet 35 éve őrizkéziratban, amelynek szövegét egyetlen eddigikötetemben sem olvasta. Annak idején elkérte tőlem, smegőrizte - a kivándorlók, új hazát keresők, kifosztottcselédek, doni katonák és munkaszolgálatosokpanaszlevelei, szenvedéseiket megvalló elküldött vagyelküldetlenül maradt levelei, dokumentumai között,melyek a történész számára nélkülözhetetlen forrásokegy nép, nemzet sorsát illetően, és több kötetnyit tettmár közzé belőlük. Persze, az én kis dokumentumomkorántsem olyan fontos, mint azok, de vállalom. Hiszenvállalnunk kell(ene) kimondott vagy leírt szavainkat, sőtazokat is, amelyek félelemből, kenyérféltésből,gyávaságból, kimondatlanul rohadtak a szánkban. Akára kemény, akár a nyálasabb, bársonyosabbdiktatúrában, mind a félmúltban, mind a gyorsanfélmúlttá váló napjainkban…(2008. november)Ha már…Ha már nem élhetsz úgy, ahogy szeretnél,ne alázd meg magad, hogy válaszolsz az[ostobáknak.Ha már mindenki árulónak bélyegez,ne alázd meg magad se véd- se[vádbeszéddel.Húzódj csak félre szótlanul, hadd forrjon össze újbólajkad nyers sebe,Legyints, ajtó, amelyen át szabadba jutsz –nagy, lélegző fák és lüktető csillagok[közé.Ne zúzd szilánkká szelid tekinteted kő-arcukon –Elég, ha volt egy múlhatatlan semmi-pillanat,Elég, ha van egy cigarettaparázs, hogy melengessed[magányod,Miként nem vagy élője senkinek, halottja sem leszel,Ne szerezd meg hát nékik azt az örömet,hogy sírni lássanak.(1972)Papp Árpád beszéde díszpolgárrá avatása alkalmábólTisztelt Képviselő Testület! Polgármester Úr!Kedves Barátaim!Jómagam ecsetelhetném bizonytalanságomat –hogyan lépjek abba a sorba, melynek élén SzéchenyiIstván áll, s amelyben a holtak és az élők közöttakadhatnak olyanok, akik nem szívesen vállalják velem,nem hogy a sors-, de még a sor-közösséget sem.Tudatukba kell hát idéznem, hogy olyan generáció tagjavagyok, amelynek, útravalóul, népek hamujában sütöttpogácsástarisznyát akasztott nyakába a történelem,később pedig olyan gitárt, melyet valódira cserélhettekaz utána jövők; amelyet röpcédulákon hívottmolotovkoktél-partikra a Szabadság; amelynek inkább anemzeti bűntudatát, nem pedig a tudatátformálgatták…A harmadik alkalom az életemben, hogy itt – Kossuthszigorú, Deák megértőbb tekintete előtt szólhatok.Először 1994. márciusában „A határokon túli magyarokés a haza‖ tanácskozáson – számomra fontosabb volt acserepeire töretett nemzet „mozaik‖-jainak legalábbszellemi összerakása, mint akkoriban a pártokkeretében megfogalmazódó törekvések; a MagyarokVilágszövetsége – Csoóri Sándor, Sütő András, DurayMiklós gondjai és gondolatai… Másodszor – nemrég – aSzázak Tanácsa által, Fekete Gyula elnökletével, amagyar föld védelmében tartott tanácskozáson, melyenarról beszéltem, hogy a „szülöttem föld‖ mindig is többvolt szántónál, rétnél, s aki csupán árunak tekinti,könnyen elárulhatja; óvnunk kell, hiszen a polgáritársadalomban, akinek nincs a nevén a telekkönyvben,az legföljebb futhat rajta – földönfutó…Anteusz példáját idéztem, akit Gaia, a föld szült –amiképpen mindannyiunkat, hiszen porból lettünk ésporrá válunk, még akkor is, ha egyesek azt képzelikmagukról: aranyporból –, s akit mindaddig nem lehetettlegyőzni, amíg érezve, hogy ereje fogytán, újra megújra megérintette szülőanyját. Maga Héraklész is csakúgy tudta legyőzni, hogy a levegőbe emelte.Én bárhová jutottam el, mindig magammal vittem asárgaföldes, mestergerendás apai házban, ebben avárosban, iskolámban öröklött vagy szerzett egyszerű,de alapvető emberi, kulturális értékeket, igyekeztemmegismertetni őket más országokban is, ugyanakkorigyekeztem gazdagítani a Krétán, Szicíliában, Cipruson,Máltán megismertekkel, lefordítva őket arra a nyelvre,melyet édesanyámtól örököltem, aki sokszor megtetteaz utat Aszalótól a városig, fején fűzvesszőkosárbansorsom terheit cipelve, rongytekercsglóriásan…Ebben az ember és természet támasztottatragédiákkal teli világban, melyben egyre többembernek nincs szülőháza (kórházban születnek éshalnak meg), melyben egyre több embernek veszik odaszülőföldje és hazája (lassanként egyetlen nagymenekülttáborrá válik Európa is), miben hihet,reménykedhet, és mibe kapaszkodhat az ember? Talán,ahogyan Tranzit c. versemben írom 1975-ben:„Tudom, tudom, rettentő áradások ideje jön még,de ne félts, –nekem elég, ha idesodródik egyetlen szál abbóla gyerekkori, kertvégi szalmakazalból‖ –kiegészítve azzal, amivel ifjabb költőtársam, NagyGáspár egy új dimenzióba emelte ihletett pillanatában:megtart bennünket az a szalmaszál, ha a betlehemiistálló alomszalmájából való…2002. januárAz első szavak csak a köszönet szavai lehetnek.Megköszönöm hát, engedve a kialakult szokásoknak, akitüntetettek nevében, hogy figyelmük ezúttal reánkirányult; tudatában, hogy számosan munkálkodnak,talán még eredményesebben is, mint mi. Azt reméljük,hogy nem kell az idő múlásával szégyellniük adöntésüket, sem az ajánlóknak, sem a Testületnek, sema kitüntetetteknek…226OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


ESSZÉCzakó Gábor (1942) ― BudapestA MAGYAR NYELV SZERKEZETÉRŐLA magyar középiskolai nyelvtankönyvekbőlvajmi keveset tudunkmeg anyanyelvünk szerkezetéről.Egyáltalán arról, hogyilyesmije volna, lehetne neki.Jobb e kérdésben a magyartanulókat tudatlanságban tartani?Idegenek számára készült tankönyvekben olvashatunkilyen mondatokat: „A magyar nyelv szerkezete,felépítése alapvetően eltér a legtöbb világnyelvétől, ígyaz angol nyelv szerkezetétől is.‖ Hanem a részleteskifejtés elmarad. Az a jelentéktelen kisebbség, amelykomolyabban érdeklődik anyanyelve iránt, az innenonnanrendszertelenül fölcsipegethet valamit nyelvünkrendszeréről. Például azt, hogy a magyar ragozó. Eddigrendben. De mit ragozunk? A tövet. Mi a tő? Ahánykönyv, sőt, ahány bekezdés, annyi meghatározás. Szótőa szótári alak, amit toldalékolunk, pl.: „gomolyg (kötöttszótő)+ ó (melléknévi igenévképző)‖, morféma,szóelem. A nyelvtanok nyakig merülnek a különféleszótő-osztályozásokban. Bájos a tanulók számárakészült Lapoda kislexikon meghatározása: „Az a szóalak(morféma), amelyhez semmiféle toldalék nem járul:alaki és jelentésbeli (lexikológiai) egység, a szó szótárialakja.‖ Ni csak, egyszerre három! A kettőspont aztjelzi, hogy az első meghatározás azonos a másikkettővel. Pedig nyilván nem. A gomolygó szótári alak,melyet toldalékok hoztak létre. Ha eltávolítjuk aragadmányokat, akkor előbb egy igét kapunk:gomolyog, aztán egy főnevet: gomoly, végül ezt avalamit: gom. Ha ezt más toldalékokkal látjuk el, akkorgombot, gombócot, gombát – a hunfalvysták szerint ahorvát ‘gléva‘, származéka! - gombolyítót alkottunk,miközben arra lehetünk figyelmesek, hogy agomolygás, gömbölyűség jelentéskörét nem hagytuk el.Ha így van, akkor a gömb is innen dudorodott elő, mega gömböc is a göbével és göböllyel, valamint a gümő ésa gumó, a guba és a gubó. Vagyis ha képesek vagyunkértelmesen, logikailag ellentmondásmentesenmeghatározni a magyar szó alapját, akkor a magyar szótoldatlan gyökeréhez, gyökéhez jutunk.Ezt a magyar mindenkor tudta. A Magyar TudományosAkadémia is, melyet elsősorban nyelvünk kutatásáraalapított Széchenyi István, pályázatokkal serkentette agyökkutatást. Egyik díjazottja volt Bolyai Jánosháziorvosa, Engel József. A magyar nyelv gyökérszavaic. munkájával nyert száz aranyat.Kresznerics Ferenc sági plébános és akadémikusMagyar szótára (1831) a gyökérszavak, „a magyarnyelv természetes rende‖ szerint csoportosítottaszavainkat. Ő ébresztette föl álmából ragaszt igénk raggyökét, s ő hívta föl a figyelmet hangrendünkre,melynek „vezérhangját‖ a gyökérszó adja.Nyelvkutatásunk máig legnagyobb alkotása, A magyarnyelv szótára (1862-1874), a Czuczor-Fogarasi – CzF, ekét zseniális nyelvész műve már a gyök fogalmáthasználja. Kimutatta, hogy nyelvünk szókincse kb. 2200gyökre épül. Előbbi példaszavainkból sejthető, hogy agom-göm-göb-gub-güm visszavezethető valamelyalapgyökre. Hogy mire, egyelőre nem tudjuk. Azt sem,hogy a többi gyökünk rokonalakjai: ker-kör, tár-tér-ter,tip-tap-top és a többi miből ered. A finnugornyelvrokonság elmélet hunfalvysta kisajátítása az ilyenirányú kutatásokat a „tudományosság teréről leszorítá.‖A kínai írásjelek mindegyikében szerepel 214alapjelentés valamelyike – ez mértéke lehet az értelmesés takarékos közlésnek. Ilyenformán a magyaralapgyökök mennyisége e szám környékére,mindenesetre ezer alattira becsülhető.Czuczorék elemezték a képzők, ragok, jelek eredetét,működését is, de a gyökök szerkezetét is górcső alávették. Kiderítették, hogy gyökelemekből állnak, kezdőpéldánkban, ezek a go-gu, gö-gü, sőt, arra isfölfigyeltek, hogy g hang különösen gyakran szerepelgörbeséget, gömbölyűséget jelentő szavakban.Szervtársával, a szintén torokhang k-val együtt. Az r302 recsegés, erő stb. értelmű gyök alaphangja. Ahangoknak tehát lehet bizonyos „érteményük‖,jelentéshajlamuk. Ilyenformán kétségtelen, hogy gördülszavunk gör gyöke rokona a kör-nek, az pedig a kernek,kar-omnak, kal-ézolnak, kaj-lának és ezernyi!származékuknak, melyek hatalmas, közös ősgyökérbőlfölhajtó facsoporthoz hasonlítanak, amelyNyelvédesanyánk erdejében virul számos más kisebbnagyobbbokorral, szóligettel együtt, ágaikon virágzó ésolykor elhervadó jelentésekkel.A posztmodern nyelvészet szerint a szavak jelentésemegállapodás kérdése, nem függ össze a hangzással.Elveti a hangértemény lehetőségét is. Nos, lehet, hogyez pl. az angolra nézve igaz, de a magyar szavaknakkb. 60 %-a hangutánzó, hangfestő, nógató, vagyvalamely természeti jelenség „kinyomata‖! Tehátértelme és alakja közös: recseg, topog, villan. Haelképzelünk egy csecsemőt, aki ajkát evéshez nyitja: e,majd a cicin összezárja, m, megképlik em igénk, melymég él emlő, emse, Emese, emészt stb. szavainkban.Nem véletlen, hogy e a gyöke az eszik, etet, étetigéknek, i az isziknek, és az itt, idének, ígynek is.Meglehet, persze, hogy ez egy másik i, a régiségbentöbb volt. Lám, lám, magas hangzóink közelség jelentésformálásában buzgók, a mélyek távolságban: ott, oda,arra.A hunfalvysták nyelvünk szerkezeti és gondolati rendjéttagadják, mert számos finnugor, szláv, stb. levezetésükés doktori értekezésük összeomlana. Szerintük pl. a köra körül származéka, sőt, tagadják a kör és a kerösszefügését, mert más-más rokonnyelvekben találtákmeg őket – no, ezzel a szamársággal a Történetietimológiai szótáruk német kiadásában már nemmertek a „művelt világ‖ elé állni… Hasonlóképpenszétszerkesztették a nyal, nyel, nyál, nyelv szóbokrot.Kapál szavunkat kiszakították a hatalmas kapgyökcsaládból, hogy szláv lelencbe adhassák, mertszerbül kapál: okopati. Ámde! Kapar: izrovariti vagyćešati, kaparás: grebanje, kaparó fn.: strugac, mn.:grub, kap ige: dobiti, primiti, kapocs: spajilca, stega,spona, kopča. Hab a tortán, hogy a kapa Belgrádban:motika. A szalmából szlovákot csináltak, noha a szálszárgyök nincs meg náluk.A gyökrenden alapszik a magyar külső és benső:szellemi szerkezete.Vegyük sorra. A gyökök matematikailag kimutathatók 1 .Gyök nélkül mi a túrót toldalékolnánk?227OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Innen a szóhangsúly: a gyök adja a szó értelmét, teháta gyökre eső szótagot nyomjuk meg, ezért ereszkedőnyelvünk, sőt zenénk lejtése 2 . A gyökrendre épül anyelvújulás, a szószaporodás, a becézés, nyelvünkszilárdsága: a tájbeszéd nálunk nem egységbontó,hanem gazdagító! Pl. az ező, őző fel-föl gyökpárszármazékai fele, föle, felé, fölé stb. mindkét nyelvjáráskincse lett, így nem elválasztja, hanem összekapcsoljaőket.A gyökrendre támaszkodik nyelvünk szellemiszerkezete: személetessége, hálószerűsége, egészből arészekre következtető- valamint analógiás természete,ellentéteket egyben látó képessége, filozófiája stb.Nyelvtanunk és észjárásunk valójában a gyökrendalkalmazása. Kresznerics írja: „az egész Magyarnyelvnek tudománya ezen gyökér-, és rag-szóknakismeretében fekszik, és azon igen rövid, és egyszerűTörvényekben, mellyeket a'Nyelv' Geniussa a' szóragasztásbankövet, és mellyeket már a' véle való élés,és szokás meg állapított, föl szentöltt.‖______________________1 Czakó Gábor-Juhász Zoltán: Beljebb a magyar észjárásba64. skk. old. CzSimon könyvek, Bp. <strong>2010</strong>.2 U.o., 209. skk. old.HUNFALVYZMUS, HANTIK ÉS DAKOTÁKAkadémiánk legerősebb embere a Bach korszaktól1891-ben bekövetkezett haláláig Hunfalvy Pál jogászvolt. Ő volt a főkönyvtáros, a szaklapok szerkesztője,nyelvészeti és néprajzi művek szerzője, főrendiházi tag,vagyis teljesen rendben volt, ami a rangokat,hadállásokat és a kapcsolati tőkét illeti. Mindezekbirtokában Budenz József segítségével kezében tartottaaz a nyelvészutánpótlás nevelését több nemzedéken át.Minden erejével küzdött azért, hogy nyelvünknek aCzuczor-Fogarasi szótárban kifejtett szerkezete,szemlélete és gyökrendje „a tudományosság terérőlleszoríttassék.‖ A Szótár ugyan nem cáfolja a finnugorrokonítást, de mást is megenged. Hunfalvyék a magyarnyelv vizsgálatát éppen e rokonításon keresztülvégezték, és semmi mást nem engednek meg.Számítógéppel megvizsgáltuk a Czuczor-Fogarasi és aMagyar nyelv történeti-etimológiai szótára, a TESz.nyomán készült Magyar Etimológiai Szótár, a MESz.szóelemzéseit. A MESz. a gyökrend elvetése folytángyakorlatilag megfordítja magyar szóképzés irányát,továbbá, a magyar-finnugor viszonyban pedig kizárólagfinnugor→magyar szófejlődési irányt enged meg. Ezkomoly módszertani hiba. Először azért, mert szótátvenni csak egy nyelvből lehet. Ámde „finnugor nyelv‖mint olyan, nincsen, és egy olyan sem akad köztük,amely a többinek ősnyelve volna, mint a gót anémetnek, a latin az olasznak, spanyolnak.Hacsak nem a magyar? E pajkos kérdést komolyrafordítva: mi az oka annak, hogy a finnugor és ugorősnyelv szavait döntően a rokonokéból vezeti le aTESz? Miért nem elsősorban a magyarból, amely atöbbinél, különösen az ugoroknál, sokkal régebb ótaadatolt, és szemlátomást nagyságrendekkelállékonyabb?*A ragozó – szabatosabban toldalékoló nyelvben –elvileg és alapesetben kétféle saját szó létezik 1 . Azegyik az önálló gyök, pl.: ‘becs‘, a másik a gyök2ragasztásával készül, ‘becsül‘ . A hunfalvystanyelvészet ezt nyíltan nem megtagadva szétdúltanyelvünk „természeti rendét‖ 3 . Elemzéseiben a magyarragozóból hovatovább elvonó nyelvvé alakult. Például‘hossz‘ szavunk nyelvújítási elvonás a ‘hossza‘ alakból. A‘kanyar‘ a ‘kanyarít‘-ból vonódott el, az ‘inger‘ az‘ingerel‘-ből, (a hangutánzó ‘karc‘ egyrészt a szinténhangutánzó német kratzen átvétele, másrészt elvonás a‘karcol‘-ból. Ha valaki azt hinné, hogy hunfalvystanyelvtársunk titokban sem tud a gyökökről, téved.Szerinte a ‘kör‘ a ‘körül‘-ből, a ‘ker‘ a ‘kerül‘-ből. ‘Ír‘népnevünk az ‘Írország‘ szóból vonódott el.Nyelvédesanyánk ostobaságában azt hitte, hogyÍrország annyi, mint az írek országa.)Hogy nem alkalmi tréfáról, hanem előrehaladott,„tudományos‖ folyamatról van szó, arról a MagyarEtimológiai Szótár 4 vall. Szerinte 41 szavunk keletkezettvalamely „tő‖ toldalékolásával és 245 – hatszor annyi! –„szóelvonással‖, vagy picit értelmesebben:„elvonással‖! 5E logika szerint előbb állt össze a fogat, s belőlefejlődött ki – elvonással – a ló.*E nyelvbűvészeti eljárás összefügg a Budenz-szabállyal,miszerint az igazi finnugor szavak mind kéttagúak ésmagánhangzóra végződnek. Ez pl. a finnben így is van.Hanem a magyar gyökök egy tagúak. Kívülük személyesnévmásaink, mutatószavaink, továbbá számos egyébszavunk pl. ‘fa‘ egy tagú. Molnár Zsolt és CzeglédiCecília számításai szerint szókincsünk kétharmada (!)hang- és jellegutánzó 6 . Hogy ezeknek a konokegytagúságán kifogjanak, a TESz. szerint pl. a ‘loccs‘,‘kop‘, a ‘loccsan‘-ból, ‘koppan‘-ból keletkezettelvonással, mintha a loccsanó vízcsöpp, vagy koppanódió ragozta volna magát pottyanás közben.Nyirkos István írja, hogy korai igéink közt nemtaláltatott olyan, mely szervetlen szóvégimagánhangzóval bírna. (Nyirkos, 2009) 7 Vagyis nemvolt kéttagú. Ráadásul a magyarnak közel 200 – aMESzben188 – szava egyszerre ige is, főnév is, mint pl:les, nyom, fűz, stb. Általános vélemény szerintigeneveink száma hajdan magasabb volt, ami valószínű,hiszen a kezdeti beszéd nyilván egyszerűbb lehetett, amainál kevesebb nyelvtani szempontra tekintett.Mindebből az következik, hogy kettős szerepet játszó„korai igéink‖ serege főnévi működése alkalmából semvált két tagúvá, és a Budenz-szabály kedvéért semejtődtek példaszavaink lesunak, nyomunak, füzunak. Akérdésben sokat hivatkozott Tihanyi Alapítólevél (1055)elhíresült utu szóalakja ugyanott outnak is íratott, snem outuként, s előfordul ott a kut is, a fok isvégmagánhangzó nélkül.Lényeges, hogy valamennyi magánhangzónkönmagában is gyök: á-sít, e-szik, ó, ő-zik, u-gat 8 amiismét azt erősíti, hogy a magyar alapszó a régiségbennem volt kizárólag kéttagú.*TESz. tömérdek példájából vegyük alaposabbanszemügyre ‘becsül‘ szavunkat. 1416-ban kelt iratbanmaradt ránk, s ugyane századból még vagy hat alakja228OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


köztük a ‘becsületlenség‘, a becsület‘, a ‘becsületes‘.Maga a radix, a gyökér/gyök, a ‘becs‘ 1456 körüli. ATESz. magyarázatában ezt írja: „Ismeretlen eredetűszócsalád. Tagjainak egymáshoz való viszonya nemvilágos; lehetséges, hogy a névszók elvonások akorábbinak látszó becsül-ből.‖ Tehát a szócsalád nem abecs gyök toldalékolásával, hanem elvonássalkeletkezett. Kíváncsi vagyok a műveletre! Vajon mit,miként kellett és lehetett! elvonni a becsül 5 betűjéből,hogy eljussunk a becstelenség 11 hangjához?A szótárban ‘becs‘ szócikk nincs.*Ha az ember észrevesz ilyesmiket a szakirodalomban,akkor nem tudományos vita indul, mivel ahunfalvyzmus párbeszédképtelen, hanem ráfogják azilletőre, hogy finnugor-ellenes. Na és? Vonná meg avállát bárki a művelt világban, ahol tudják, hogy a„tudomány a hatályos tévedések összessége‖ – acáfolatok révén halad előre a megismerés. Nálunk, akiilyen gyanúba kerül, annak vége. „A tudomány ottvégződik, ahol a magyar nyelv finnugor eredetételkezdik kétségbe vonni. – Szögezte le Engel Pálakadémikus 9 . S hozzátette: – „Ami ezen a ponton túlvan, az a szellemi és politikai alvilág.‖Ez az ítélet elhangzott ellenem a Magyar TudományosAkadémián és a Magyar Rádióban is. Természetesenkijelentő módban, érvelés, és védekezési lehetőségnélkül. Esszét írtam ugyanis Nyelvédesanyánk meg ahunfalvyzmus címmel, amelyben kimutattam, hogynyelvtudományunk hatalomtudománnyá vált az utóbbimásfélszáz évben, mely anyanyelvünket egy elavultmódszertan szerint sanyargatja a nyelvrokonítás örvealatt. A dolgozat először a Kortársban, végleges alakbana Beljebb a magyar észjárásba c. könyvben jelent meg.Ez a mű Juhász Zoltán népzenész, kutatómérnökkelközös.A vád természetesen hamis, mint általában a hatalmivádaskodás. Rajk Lászlónak sem kellett titóistaügynöknek lennie ahhoz, hogy elvtársai e vád alapjánkivégezzék.Bizony, bizony, az elítélt dolgozat elején, a másodikbekezdésében ez áll: „…a finnugor nyelvrokonságtény.‖ A rokonság-kérdés tárgyalása és vitathatóságaezzel persze nem ért véget. A tudományban ugyanisörökre lezárt ügyek nincsenek, továbbá a magyar nyelvkülönleges természete miatt. Hunfalvy Pál, BudenzJózsef és követőik máig nem tudták beillesztenirendszerükbe se ezt, se azt.A rokonságot kezdetben nyelvi és korabeli szóval: fajiegységként értelmezték. Trefort Ágoston (1817-1888)vallás- és közoktatásügyi miniszter, aki a finnugorőstörténet hivatalossá tétele ellen tiltakozómagyaroknak – sokak szerint – ezt válaszolta:„Tisztelem az urak álláspontját, nekem azonban – mintminiszternek – az ország érdekeit kell néznem, és ezérta külső tekintély szempontjából előnyösebb finnugorszármazás princípiumát fogadom el, mert nekünk nemázsiai, hanem európai rokonokra van szükségünk. Akormány a jövőben csakis a tudomány ama képviselőitfogja támogatni, akik a finnugor eredet mellett törneklándzsát.‖ 10 A származás és eredet szavak jelzik a „faji‖egységet, noha a kortársak is látták, hogy nemhasonlítunk sem a mongoloid ugorokra, sem azészakias észtekre-finnekre. Róluk az is kiderült, hogyzenéjük is távol áll a miénktől.Népdalaink száma nagyjából negyed millióra tehető,több, mint a finnugor és germán népeké összesen.Zenénk nagysága mellett különleges is. Kodály Zoltán,nem mellékesen Akadémiánk elnöke, írta: „Zenénktörzse épp oly rokontalan Európában, mint a nyelvünk.Eredetéből ezerévnyi érintkezés, idegen hatás semtudta kiforgatni.‖ Nyelvünket sem.Említett közös könyvünkben Juhász Zoltánszámítógéppel megvizsgálta a magyar népzenehatalmas mintáját – 2500 dalt! – és arra az eredményrejutott, hogy népzenénk beszédünkhöz hasonlóangyökökre épül.Juhász népzenénket összevetette 24 másikkal, ésszámokkal, hangzó példákkal bizonyította, hogy a finnminta – 2400 dal – bár lényegében ún. nyugati zene,sokkal közelebb áll a magyarhoz, miként az eddiggondoltuk. Még érdekesebb, hogy magyar legközelebbizenei rokona a hanti: mind a kb. 250 vizsgálható dalamagyar zenei gyökökre épül. Kiderült, hogy igen közeláll hozzánk a kaukázusi karacsáj (1100 dallam) – őketnagy nyelvészünk, Szentkatolnai Bálint Gábor a kazárokivadékainak s rokonaiknak tartotta. A volga-vidéki török(1100) népek a hajdani Magna Hungária területénélnek, ott, ahol Juliánusz megtalálta a magyarokat. Erokoni körbe tartozik at anatóliai török (2200) valaminta dakota (1000) népzene! Kiderült, hogy a hanti zeneigyökök mind a hat rokon zenei nyelvben szépenkimutathatók. Ámde a hantik dalai zömmel csakgyökök, a többiek viszont egymáshoz hasonló strófákaténekelnek.Mi történhetett?A dakoták legkésőbb az utolsó jégkorszak végén, 10-12-ezer évvel ezelőtt keltek át Amerikába, tehát a közöszenei ősnyelv csakis ezt megelőzően alakulhatott ki.Akkor, amikor az említett hat nép elődei még együttéltek valahol, Eurázsiában.Mivel „a hantiknak vannak strófikus dallamaik is,közvetlen bizonyítékunk van egy valamikori, a hantikkalis közös, strófikus dallamokban is bővelkedőzenekultúra létére.‖ Ennélfogva „Nem áll meg az afeltevés, hogy őseink az ugor (hanti) rokonoktól elválvahozták volna magukkal gyökeiket és motívumaikat,amiket később strófákba rendeztek.‖ Véletlenülhajszálra olyanokba, mint a többiek!? „Az valószínűbb,hogy a közös kultúrából kivált és Északra húzódotthantik alakíthatták a strófikus dallamokatmotívikusokká.‖ Vagyis „a hanti zenei „fejlődés‖ amagasabban szervezett állapotok felől haladt azegyszerűsödés irányába.‖ Sajnos, ilyen is van. Semmibizonyíték nincs arra, hogy ami egyszerűbb, az régebbiis volna a bonyolultnál. Egyszóval a rokonság létezik,ám nem mi származtunk a hantiktól, hanem őkmitőlünk.Erős bizonyítékot kapott az ugor-magyar rokonság. Miakkor a baj? Nem ilyen lovat akartak.333-334. Beavatás1 Itt most nem térek ki a jelentésátvitel, a szóhasadás, aszóvegyülés stb. eseteire.2 N.b: mi a túrót toldalékolnánk, ha nem volna gyök? CzuczorGergely – Fogarasi János: A magyar nyelv szótára, Pest,229OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Emich Gusztáv magyar akadémiai nyomdásznál, (CzF.) I. köt.III. Szakasz. Szócsaládosítás. 15. skk. Old.3 Kresznerics Ferenc: Magyar szótár, 1831-32.4 Tótfalusi István, Arcanum DVD Könyvtár VI., 20045 A számolást géppel végeztettem, ám mindkét csoportbólkihagytam a nyilvánvalóan idegen szavakat. A határesetekokozhatnak némi pontatlanságot, de nem érintik azarányokat.6 Molnár Zsolt és Molnárné Czeglédi Cecília (2009): A teremtőmagyar nyelv és tanítása - Első rész: A magyar nyelv lényege(Mikes International, 2009. október-december.http://www.federatio.org/mikes_per.html) MCz 2009/b7 Nyirkos István: Kivétel nélküli volt-e ősi szavainkon atővéghangzó? Magyar nyelvjárások, Debreceni EgyetemMagyar nyelvtudományi Tanszéke, XLVII, 111-117,http://mnytud.arts.klte.hu/mnyj/47/07nyirkos.pdf8 Cz. G.-Juhász Zoltán: Beljebb a magyar észjárásba, CzSimonkönyvek, Bp. <strong>2010</strong> (102. skk. old)9 Engel Pál: Úrigyerekek tévúton, Népszabadság, 2001. május12.10Valószínűleg e hatalmi szóval kapcsolatban írjaSzentkatolnai Bálint Gábor (1901) előszavában: „(…) a baltiprovinciai német tudósok által nagyra fújt finn nyelvetminiszteri rendelettel a két egyetem (azidőtájtMagyarországon csak Budapesten és Kolozsvárt volt egyetem– CzG.) fiatalságára erőszakoltatta az, a kinek egyedülboldogító tanát jószántából egyetlen magyar tanuló semakarta hallgatni (…).‖Czakó Gábor- Budapest -Ajbolat KuskumbajevA MAGYAR (MADIJAR, MADŽAR) ETNONYMKÉRDÉSÉHEZ, KÖZÉP-ÁZSIAI FORRÁSOKALAPJÁN(Angolul/In inglese:http://www.federatio.org/joes/EurasianStudies_0409.pdf)A múltban létező népek (etnikumok), etnikai csoportok,törzsek, nemzetségek elnevezésének ésönelnevezésének kérdése mindig is a szakemberek:történészek, etnológusok, filológusok figyelménekközpontjában állt. Számos olyan etnikai név van,amelynek eredetét sokféle: szociális, kulturális,etnopolitikai, etnográfiai, nyelvi és egyéb tényezőkkel,valamely etnikai egység, nyelvcsoport etnikaiösszetétele kialakulásának speciális vonásaivalmagyarázhatjuk. A történetírásban máig találkozhatunkországneveket adó etnikumok, etnikai egységek,nemzetek legváltozatosabb elnevezéseivel. Ezeknekkülönböző nemzetek nyelvein különféle értelmük éstartalmuk lehet. Például a középkori kipcsakokat a keletiforrásokban (arab és perzsa elbeszélő szövegekben)kyfdžaknak, az ótürk írásokban kybčaknak, a kínaikrónikákban cin‘čának, Oroszországban polovecnek, abizánci és nyugati krónikákban kumannak, kunnak,palócnak, stb. nevezték. Az etnikai elnevezésektémájával foglalkozó kutatók között időnként vad vitákfolynak arról, hogy mi volt az ősi neve ennek, vagyannak az etnikumnak, etnikai csoportnak, törzsnek,illetve nemzetségnek; van-e kapcsolat a nép egykoriösszetétele és neve, és annak napjainkig fennmaradt(vagy megváltozott) formája között. Valamely etnonymtörténelmi korokon keresztüli szilárd fennmaradása nemis annyira az etnikai elnevezés stabilitásáról adhattörténeti emlékeinek fennmaradásáról, a múltjukról,egykori vezéreikről, nemzetségeiknek alapítóiról, stb..Úgy vélem, ehhez a problematikához tartozik aközépkori magyarok magyar, megyer, mogyeriönelnevezése, valamint az „onogur‖-ból származó (Hungarus, Ungarn, Hongroise, Hungarian, huniguri,hunigari, ugri, venger) elnevezései más nyelveken. Úgytűnik, hogy Keleten a legkorábbi információt amagyarokról arab írott források adták. Ibn Ruszta a 903körül, vagy kissé később írott művében, a „Kitab al-a‘lakan nafisa‖-ban „al-Madjfariyah‖ vagy Majghgariyahnéven említi őket. Ebben a névben, ha elvesszük belőleaz „al ‖határozott névelőt és az „iyah‖ képzőt,felismerhető a mai „magyar‖ népnév. Al-Bekri „Kitab elmemalikva-el-meszalik‖ című művében leírja amadžarok országát (Maggariya, „al-Madžarija, vagybilad al-Maggariya). A X–XI. századi perzsa írók isszólnak a madžarokról (magyarokról). A „Hudud alalam‖(anonim perzsa mű) közlést ad „Maggari‖országáról, amely Nyugaton terül el. Al-Gardizinél (Zajnal-akhbar, XI. sz.) szintén „Maggarinak (vagy többesszámban Maggariyannak) nevezik a magyarokat. A„Nuhbat al-dahr fi adzsa ib al-barr va-l-bahr‖ című arabműben a „magyar‖ etnonym „magar‖ formában jelenikmeg. A késő-középkori és modern orosz írottforrásokban, a következő formákban figyelhető meg ezaz etnonym: Madžar/Magar –Možar, Mažar [Levickij,19<strong>78</strong>, 56–60].Egy forradalom előtti orosz szerző, d. A. Hvolszonrendszerezte a koraközépkori magyarokról szólóinformációkat. Olyan hipotézist állított fel, amely szerinta Magyar (Madžar) és Baskír (Basghard) etnonymekközös gyökérrel rendelkeznek. Úgy véli, hogy „baskír‖etnomym eredeti formája „Badžghard‖ volt, amely ígyfejlődött a továbbiak során:Bashgard – BadžgarBashkard – ModžgarBashkart – MadžgarBashkert – MadžarBashkirt – MagyarBaskír. [Hvolszon 1869, 114.]Nem teljesen érthető, hogy az idézett rekonstrukcióbana „B‖ betűből miképpen lett „M‖. Hvolszon ötletétmindenfelé átvették és ismételték, így az egyiktudományos munkából a másikba vándorló elképzeléssévált. A középkori magyarok és a baskírok etnikairokonságával kapcsolatban elfogadom Hvolszon érveit.Azonban ki kell jelentenem, hogy a „Magyar‖ és„Baskír‖ etnikai nevek között nincs nyelvi kapcsolat. Akét elnevezés különböző gondolatokat rejt, ígykülönböző a jelentésük is.R. G. Kuzejev – Lotz kutatásaira hivatkozva –[1956, 679sk.] – három szóra hívja fel a figyelmet a „Magyar‖ szócsaládjából. 1) mogyer – a magyarok országa; 2)magyar – a magyarok vezérének személyneve; és 3)megyer, az etnonym. Emellett a mod szótag, a szótöve, a magyar nép országára utal, míg a med szótagazon törzs nevének (Magyar) az alapja, amely törzs azegész magyarság etnikai önelnevezését adta. [http://shejere.narod ru/kuzeev]. A híres filológus, V. V.Napolszkij úgy véli, hogy a magyarok önelnevezése, amagyar < mažar amely azonos a „megyer


ugor, legalább is az eredetére nézve. (Vö. az osztjáketnikai neveket: mans /déli/, mansci /északi/, man si/keleti/, mant /északi/; mas ‘mosz‘ /az obi ugorok egyikfrátriájának az önelnevezése/). A manc-ar menc-r*szavak második szótagja török eredetű: *ar – „férj,férfi‖ [Napolski, 2002, 246.]. Véleményem szerint enneka nagyon fontos álláspontnak alapvető jelentősége van.Helyesen mutat rá a magyarok önelnevezésének vegyesjellegére, és ezen keresztül a koraközépkori magyarságbonyolult etnikai szerkezetére, vagyis arra, hogy azősmagyarság ugor és török összetevőkből állt máretnogenezisének korai időszakában is.Napolszkij tudományos álláspontja ismét megerősíti azetnológusok és néprajzosok korábbi megalapozottvéleményeit, amelyek szerint sehol, de különösen azeurázsiai sztyeppéken nem léteztek egyetlen etnikaiösszetevőből álló etnikai csoportok, (más szavakkal:tiszta etnikai csoportok), sem a középkorban, sem akorábbi történeti korszakokban. Az eurázsiai népekszámára gyakorlatilag lehetetlen volt megőrizni „etnikaitisztaságukat‖ a nomád élet túlnyomó szerepénekfeltételei között, különösen azon népek körében,amelyek ezeken a végtelen sík területeken éltek, éselsősorban etnikai szempontból nézve, sokrétűkapcsolatokat tartottak fenn egymással. Az ilyen típusúetnikai folyamatokat, egy-egy etnikai csoportkialakulását lehetetlen egyvonalú fejlődési iránykéntvizsgálni. Kétségtelen, hogy a gyakorlati etnikaikutatások komplikáltabb folyamatokat mutathatnak ki atiszta etnikai csoportok létezésének sémájához éskoncepciójához képest, amelyet olyan kutatókalakítottak ki, akiket néha túlságosan is befolyásolnaksaját hipotézisek és szerkezeti elképzeléseik, „logikaikövetkeztetéseik‖. Ráadásul, ezek a kutatók a végsőkigragaszkodnak ahhoz, hogy más kutatók nézeteitegyáltalán ne ismerjék el. Lehet, hogy olyan eretnekgondolatokat vetettem itt papírra, amelyeket elsőlátásra nehéz elfogadni. Véleményem szerint az„etnikumnak‖ a XX. századi etnológia által kidolgozottfogalma a régebbi és modern történelmi korok nomádetnikai-politikai egységeiről, aligha fogadható el teljesegészében, bár ma még túlnyomó szerepet játszik azetnográfiai és egyéb szakirodalomban. Még napjainkbansincs olyan pontos meghatározása az „etnikum‖fogalmának, amely valamennyi tudóst kielégítené,különösen, ha azokról a kutatókról van szó, akik etnikaikérdésekkel (etnogenezisekre vonatkozó problémákkal)szakszerűen és céltudatosan foglalkoznak.A vélemények többsége szerint az ősmagyaroknagyjából a IX. század közepén hagyták el „genetikaifészküket‖ és a rokon keleti népeket. A magyarok keletiőshazájának kérdése már a XIX. század második felétőlkezdve vitatott. A tudósok körében számos hipotézis,álláspont merült fel, és merül fel vele kapcsolatban,napjainkban is. Ha valamennyiről szólnék, messzetúllépném cikkem kereteit. Szükség lenne speciális,egyedül ezzel a kérdéssel foglalkozó kutatásra, azegyes aspektusok külön-külön elemzésével. Jó hír aszámomra, hogy az utóbbi időben ilyen jellegűkutatásokba kezdtek éppen a magyar kutatók [Lásdpéldául: Gyóni Gábor, 2007]. Egy tény kétségtelen: amagyarok a Kárpát-medencébe Kelet felől érkeztek.Bíborban született Constantin bizánci császár egyikevolt az elsőknek azok közül, akik hírt adtak a magyarokKelet-Európába érkezéséről, „De AdministrandoImperio‖ című munkájában tett feljegyzéseiben. Acsászár „Turk‖ etnikai névvel említette művében amagyarokat. Azonban megemlíti azt is, hogy korábban„Savarto asphaloi‖ (szavírok, szabírok, szabarok) volt anevük. A besenyők ellen vívott vesztes háborújuk sorána magyarok kétfelé váltak: keleti és nyugatimagyarokra. „Az egyik rész keletnek ment lakni, aperzsa részek felé, és ezeket a mai napig a turkok réginevén Savartoaszfaloi-nak nevezik. A másik rész pedignyugot felé ment lakni…‖ [Bíborban született Constantincsászár, De Administrando Imperio. 38. fejezet. In: Amagyar honfoglalás kútfői, Budapest 1900, 121.]Nagyon valószínű, hogy a bizánci szerző nemcsakeltorzította a magyarok etnikai nevét, hanem rosszul isértelmezte azt. Azonban, mégis, nagyon fontosinformációt kaptunk tőle: a magyarok egy része valaholKeleten maradt. Azok az események, amelyekkapcsolatban állnak a valamikor egységes magyar népkétfelé szakadásával, nem Kelet-Európában, a Feketetengermellékének északi sztyeppéin mentek végbe,hanem valahol távolabbra Keleten. Könnyen lehetséges,hogy a kettéválás folyamata hosszabb időt vettigénybe, mint ahogy azt a kutatók többsége véli.Elképzelhető, hogy ez az eseménysorozatmegkezdődött már a Volga és Ural-folyók között, éseltartott néhány évtizedig. A magyarok egyik ágaNyugat felé távozott. Vándorútjuk során egyre távolabbkerültek keleti testvéreiktől, és egyre kevésbé tartottákvelük a kapcsolatot. Semmi kétség azzal kapcsolatban,hogy a keleti magyarok létezése a Volga-folyó és azUrál-hegység között történelmi tény volt. A XI–XIII.századok során arab és perzsa szerzők egyaránt hírtadnak a keleti és nyugati magyarokról. (A magyarokönelnevezése és országneve: „Maggari‖, „al-Maggariya‖, „bilad Basgird wa Magar‖; „al-Magar‖:városnév az Északi Kaukázusban).A keleti magyar nép és országa nagy valószínűséggelönállóan létezett a Volga-Ural régióban, délkeletreVolgai Bulgáriától, egészen a mongol hódításig.Azonban azt nehéz megmondani, hogy valóban volt-eállamuk az adott korszakban. A „Mongolok titkosTörténete‖ (1240) szerzője a könyv 262 paragrafusábanbeszél a keleti magyarok országáról. Ez a paragrafusazokról az eseményekről szól, amikor a nagy mongolhadvezér, Szubotáj Bagatur Nyugat felé (a szövegben:észak felé) vonult csapataival, és 11 nemzetet ésországot hódoltatott: „Kanlin, Kibcsaut, Bachžigit,Orosut, Machžarat, Asut, Sasut, Serkesut, Keshimir,Bolar, Raral (Lalat).‖ A mongol hadsereg bővizűfolyókon kelt át: az Idil és Ajakh folyókon. (A Volga- ésUral folyók). Az idézetből világos, hogy a keletimagyarok országának mongol neve „Machžarat‖, vagyismacžar („Machžar(at)‖ etnonym volt, a többesszámotjelző „at‖ szuffixummal. Tehát az adott információéppen a keleti magyar népről és annak országáról szól.Hosszú ideig úgy vélték, hogy ez a név Pannóniára(Magyarországra) vonatkozott. Azonban az 1229-1232-es hadjárat során a Volga-Urál régióban megjelentmongol hadsereg feladatai között nem szerepelt aMagyar Királyság meghódítása, többek között már csakazért sem, mert a Kárpát-medence nagyon messzeterült el a Volga-régiótól. Szubotáj elsődleges feladataakkor a volgai helyi népek: a kipcsakok, bolgárok,231OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


magyarok, szakszinok, baskírok, stb. leigázása volt. AMongolok Titkos Történetének egy másik paragrafusaarról szól, hogy a mongol hadseregnek kemény harcotkellett vívnia ezek ellen az országok ellen: „(Mivelhogy)Szubotáj Bagatur kemény ellenállásba ütközött azoknakaz országoknak a részéről, amelyeket meg kelletthódítania, különösen Kanlin, Kibcsaut, Bachžigit,Orosut, Asut, Sesut, Machžar, stb. részről‖. [Kozin1941, &262, 270]. Nem szabad, hogy megzavarjonminket a Volgától távol fekvő nyugati területek(például: Kijev) említése a Mongolok TitkosTörténetében. A hősi elbeszélés művészi stílusbaníródott, és a mongolok valamennyi hőstettéről be kívántszámolni. Ezért említi egyetlen összefüggésbenvalamennyi meghódított nemzetet. A fenti idézett aMongolok Titkos Történetéből megerősíti az Abu-L-Gazimunkájából kapott információt „a Madžarok ésBaskurdok‖ földjeinek meghódításáról.Julianus barát szintén a magyarok szívós ellenállásárólértesít bennünket a mongolokkal szemben. A magyarszármazású dominikánus szerzetes 1235–1238 közöttkétszer is ellátogatott a keleti magyarokhoz. Julianustazzal a feladattal küldték keletre, hogy találja meg akeleti magyarokat, a Kárpát-medencei MagyarKirályságban élő nép rokonait. Ez az önfeláldozó emberhosszú útja során nagy szükséget szenvedett, éhség ésszomjúság gyötörte, eltemette kísérőit, azonban végülmegtalálta azokat, akiket oly elszántan keresett.Találkozott egy magyar nővel Volgai Bulgáriában. Ez azország a magyarok országától keletre, vagy délkeletreterült el. Az asszony megmutatta Julianus barátnak aszülőföldje felé vezető utat. A következőket olvashatjuka vonatkozó írott forrásban:„Azon ország egyik nagy városában, mely – mintmondják, ötvenezer harcost tud kiállítani, a barát egymagyar asszonyra akadt, akit éppen arról a földrőladtak férjhez erre a tájra, amelyet ő keresett. Ez az(asszony) megmagyarázta a barátnak, milyen úton kellmennie, és azt állította, hogy kétnapi járóföldre kétségnélkül megtalálja azokat a magyarokat (is), akiketkeres. Ez így is történt.‖Megtalálta őket a Nagy Etil folyó mellett… [De factoUngariae Magne. In: Bendeffy László, Az ismeretlenJulianus.Budapest, 1936, 32. sk.]. Tehát a jelentésszövegéből arról értesülhetünk, hogy Julianus barátnakmár nem kellett hosszú utat megtennie a keletimagyarok lakóhelyéig. (Elképzelhető, hogy az Atil-folyóalatt ebben az esetben nem a Volgát kell érteni, hanemvalamelyik mellékfolyóját, feltehetőleg a Bjelaját.)Világosan kiderül a szövegből, hogy a keleti magyarokországa az Edil (Atil, Itil, vagyis a Volga) folyó balpartján terült el. Az útbaigazítást követve, Julianusbarát valóban megtalálta a messzi távolban élőrokonait, akikkel meg tudta érttetni magát magyarul.Találkozása a keleti magyarokkal igazolta reményeit.Ahogy a hivatkozott forrásban írja: „Mikor azokmeglátták, és megértették, hogy keresztény magyar,nagyon örültek megérkezésének; körülvezettékházanként és falvanként, és hévvel tudakozódtakkeresztény véreik királyságáról és országáról. És bármitakart nekik elmondani hitükről vagy egyébről, nagyonszorgalmasan hallgatták őt, mivel a nyelvük teljességgelmagyar volt, és megértették őt, és ő is azokat.Pogányok. Istenről semmi fogalmuk nincs, debálványokat sem imádnak, hanem úgy élnek, mint avadállatok. Földet nem művelnek, ló-, farkas-, és effélehúst esznek, lótejet és vért isznak. Lóban, fegyverbenbővelkednek s a hadakozásban nagyon vitézek.A régiek hagyományaiból tudják, hogy a magyaroktőlük származnak, de hogy (most) hol laknak, azt nemtudták.A tatár nemzet szomszédos velük. Mikor ezek a tatárokhadakoztak velük, nem tudták leverni őket azütközetben, sőt az első csatában (a magyarok) vertékmeg azokat. Ezért is szövetséges társaikká választottákőket, és így együtt tizenöt országot egészenelpusztítottak‖. [Bendeffy L., id. m., 33.] Mindezmegerősíti a mongol forrásból idézett információt,amely szerint a keleti magyarok kemény ellenállásttanúsítottak a mongol hódítókkal szemben, és elsőtámadásuk alkalmával nem váltak alattvalóikká. A keletimagyarok Julianus által leírt életmódja igazi nomádnakmutatja be őket. Ahogy kiderül az elbeszélésből, „lóhústettek és lótejet (kumiszt) ittak‖. A következő itt alegfontosabb információ: a keleti magyarok nemműveltek földet, vagyis nem voltak földművelők, és jólel voltak látva lovakkal, fegyverekkel. Amikor 1238 utánmongol uralom alá kerültek, besorolták őket a mongoltizedes hadiszervezetbe, és attól kezdve a sztyeppe újurainak szövetségeseként aktívan részt vettek aszomszédos államok és népek ellen vívott háborúkban.Rasid-ed-Din is értesít bennünket arról, hogy amagyarok részt vettek a Dzsingiszidák XIII. századihadjárataiban. Amikor ez a híres és hiteles perzsatörténetíró leírja a Dzsucsidák, Dzsingisz kán legidősebbfia leszármazottai birodalmának, az úgynevezett AranyHordának a katonai erejét, kiemeli a következőket:Toktaj és Bajan kánok hadseregének nagy része (XIII.sz. vége – <strong>XIV</strong>. sz. eleje) magába foglalja annak anégyezernek (négyezer mongolnak – A. K.) aleszármazottait, de új, orosz, cserkesz, kipcsak,madžar és más egységeket soroltak hozzájuk az utóbbiidőben‖. [Rasid-ed-Din 1952, 275.] Közismert, hogyTokta egyike volt az Arany horda nagykánjainak (1291–1312), Bajan kán pedig, aki Dzsucsi kán legidősebbfiának Ordának (Ichennek) a leszármazottja volt, a maiKazahsztán területén uralkodott, és fővezére, vagyegyik vezetője volt a Kék Hordának, az Aranyhordakeleti szárnyának.A mongolok, miután meghódították Dest-i-Kipcsakterületét és Eurázsia Kelet-Európára eső területéneknagy részét, új alattvalóikat az uluszok és szárnyakkatonai rendszere alapján osztották szét. Valamennyiharcképes embert (többnyire a férfiakat) beosztották azáltaluk használt tizedes hadirendbe, azért, hogy azokteljesíthessék kötelező katonai szolgálatukat. Ez ahadiszervezet hosszú ideig fennmaradt, és radikálisanmegváltoztatta az etnikai-politikai helyzetet ameghódított régiókban. Az alávetett népességetszétszórták, újra és újra felosztották, oda-visszaköltöztették keletről nyugatra, délről északra. Háborúesetén nomádok, földművelők egyaránt kötelesekvoltak uluszuk vezetőjét követni, bármely irányba. Akeleti magyar népesség eltörökösödése éppen a mongolkorszakban kezdődött (vagy fejeződött be). Közismert,hogy a Dzsucsi Ulusz lakosságának többsége azokból atörök nyelvű népekből állt, amelyek részben Dest-i-232OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Kipcsak őslakosai voltak, vagy a mongolokkal érkeztekKeletről, Belső- és Közép-Ázsiából. A mongolok maguk–ahogy ez kiderül az írott forrásokból – gyorsanasszimilálódtak a helyi etnikai közeghez, de megőriztéktörzsi és nemzetségi etnikai neveiket. Nem okozhatnagy meglepetést az Aranyhorda nomád népességéneksokrétűsége, hiszen azt megerősítik az utóbbi időkbenfelfedezett régészeti leletek és az antropológiai adatokis. Az Arany horda „etnikai kohója‖ a következőképpenműködött: Miután a behódoltak bekerültek a mongoltizedes hadirendbe, a helyi lakosság és az újonnanérkezettek a XIII. század második felétől a <strong>XIV</strong>. századvégéig tartó időszakban többé-kevésbé egységesséváltak. A különféle törzsi-nemzetségi csoportokból„egybeolvadt‖ összetevők új etnikai egységeketalkottak, vagy pedig a legerősebb nemzetségekönelnevezése alatt koncentrálódtak. Az ilyen„nemzetségek‖ a nemzetiségi makro-hierarchiamagasabb és középső fokain nem voltak vérrokonok.Azonban a közös genealógiai fán látszólagos rokonságegyesítette őket. Az itt tárgyalt tények kifejeződésrejutnak a feltételesen magasabb hierarchikuskapcsolatba lépett nemzetségek közös „sadžráiban,sezseréiben‖ (genealógiai táblázataiban). Ha az etnikaipolitikaipiramis alacsonyabb szintjeit nézzük, láthatjuk,hogy azok a családok vagy csoportok, amelyek szorosrokonságban voltak egymással, megőrizhettékönelnevezésüket, és patriarchális vonalontovábbvihették korábbi kapcsolataikat is.Mi történt azokkal a keleti magyarokkal amongolkorban, akiket akkor már sok száz éve„madžarnak‖ neveztek? Lehetséges vajon, hogyeltűntek volna, illetve teljes mértékben asszimilálódtakvolna Dest-i-Kipcsak sztyeppéinek „töröknéptengeréhez?‖ Természetesen egy részükszétszóródhatott a kipcsak nyelven beszélő nomádokközött, és valóban asszimilálódhatott hozzájuk. Az isigaz, hogy a kipcsak törzseknek azt a részét, amelymakacs ellenállást tanúsított a mongolokkal szemben, ahódítók fizikailag megsemmisítették. Más etnikaicsoportok asszimilálódtak az új nemzetségekhez éstörzsekhez, és elveszítették korábbi önelnevezésüket.Megint mások azonban, bekerültek a mongol katonairendszerbe, és megőrizhették korábbi etnikai nevüket.Úgy tűnik, hogy a Nagy Sztyeppén szétszórt, magyaroksorsa a harmadik forgatókönyv alapján alakult. Rasided-Dinfentebb idézett szövege megerősíti azt afeltételezést, hogy mongol hercegek és katonai vezetőkközött felosztott magyar egységek (természetesennemzetségek) más nomád törzsek mellett élték nomádéletüket egyes területeken, és az ulus vezetője katonaierejének részévé váltak. Mindezt bizonyítja a Dzsucsiulusz etnikai (törzsi-nemzetségi) összetétele a <strong>XIV</strong>–<strong>XV</strong>.századok során. A hírneves kazak kutató, T. I.Szultanov több mint 60 ottani nemzetség listájátmutatja be. A felsorolásban a madžarok isszerepelnek. [Sultanov 1982, 8; Istorija Kazakhstana,2001, 255; Isakov, 2004, 34.] Dest-i-Kipcsak törzseineklistája az 1430–1460 közötti évekből ismert Maszud B.Oszman Kuhisztani munkáiból, valamint a 92 üzbégtörzs listájából, az „Ilatija‖-ból, a később, a XIX.században készült „Tuftat at-tavarih i khani‖ alapján. A„Madžar‖ etnonym egyértelműen rögzítve van ezen alistán, amelyen, és ez talán még fontosabb, a „Basgyrd‖népnév is szerepel. A neves etnográfus, S. M.Abramson által rögzített lista kiegészítéseként tudomástszerzünk az üzbégek „Madžar‖ nemzetségéneklétezéséről is [Madžmu at tavarih, 2002, 232 sk.]. Ez anemzetség a Sejbanida kánok, Abu-l-Hair kánnak ésutódainak uralma alatt élt. A „Tavarih-i-Guzida-ijNuszrat-Náméban‖ egy ádáz csata leírása is szerepel. Acsata csúcspontján „Saikh Mazid bagatur a madžaromakból (törzsből) két nyílvesszővel is eltaláltamagát Burunduk kánt.‖ [Materialy, 1969, 22]. A Madžartörzselnevezést említik a közép-ázsiai Sejbnidákdinasztikus történetében, a „Nuszrat Náméban‖, vagyisa „Győzelmek Könyvében‖ is. Egy másik közép-ázsiaiszerző, Hafiz-I Tanys a török-mongol törzsekfelsorolásakor szintén említi a Madžar törzset. MahmudIbn Vali többször is szólt a Madžarokról „Bahr al asrar fimanakib al-ahijar‖ című művében.A kazak regős (írott és improvizációs) irodalomnak egykorai időkre keltezett költeménye váratlanmegerősítését adta ezeknek a fent idézett történetiadatoknak, amelyek világosan mutatják, hogy a keletimagyar etnikai csoport fennmaradt és tovább létezettDest-i-Kipcsak sztyeppéin az Arany Horda későbbiidőszakaiban (a <strong>XIV</strong>–<strong>XV</strong>. századokban) is. Az „Er-Soban‖ (Soban Batir) című vers elmondja, hogy a kazakSalkiiz-zirau (1465–1560) hírt kapott Er-Sobanbetöréséről az Észak-Kaukázusba a Volga-Urál régióból,az Arany Horda területéről. A behatolás során Er-Soban200 lovat hajtott el a Kabardföldön élő Bigazüméneséből. A kabard nagyúr, üldözőbe vette alótolvajokat. Az üldözés során Er-Soban versesbeszédben sorolta fel katonai egységének legkiválóbbharcosait. Több más mellett, a következőkről szól:‖Van még egy vitéz, Kojan, aki csak a harcban él,Zászlaját szilárdan tartja kezében lovasaink élén,Ha ellenséggel ütközünk, ő mindig első a harcban,Mivel e hős vitéz a merész Madžar nembőlvaló.‖A kabard Bigazü ettől a fenyegetéstől annyiramegrettent, hogy úgy döntött: azonnal visszatérszülőföldjére, mert világossá vált számára, hogy ilyenfélelmetes ellenfelekkel szemben végzetes lenne harcbaszállnia. [Poety, 1993, 50].Ahogy látjuk, a költeményben „Kojan vitézről van szó, ahős Madžar nemből‖. Szeretném az olvasó figyelméterre a versszakra irányítani. Itt az eredetileg énekformában,tehát szájról szájra tovább adva terjesztettkölteményben a kérdéses név éppen „Madžar‖formában jelenik meg. Így bizonyítottnak tekinthetjük,hogy ez volt a „Magyar‖ etnonym korai formája a töröknyelvekben, így a kazak nyelvben is.A Madžar név nemcsak az üzbég, hanem a nogajetnikai nomenklatúrában (Nogaj Horda) is megjelent. V.V. Trepavlov alapvető kutatásait összegző művébenfelsorolja a nogaj törzsi-nemzetségi közösségeket,közöttük a „Madžar‖ törzset is. Továbbá, ír ezeknek atörzseknek az elnevezéseiről a <strong>XV</strong>I–<strong>XV</strong>II. századi oroszdokumentumokban, amelyekben említésre kerül aMožarskoje r.‖ is. Ebben az esetben az „r‖ betű az orosz„rod‖ szó kezdőbetűje. Ennek a szónak a jelentése:„nemzetség‖ [Trepavlov, 2002, 502]. Z. Ja. Bojarsinovakutatásaiból ismert, hogy a kazakok Középső233OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Hordájában a kipcsak törzs legnagyobb ága a karakipcsakág volt, amely a Torgaj-fennsíktől az Isim ésIrtis folyókig terjedő végtelen sztyeppéken élt. A karakipcsakoknakjelentős befolyása volt Nyugat-Szibériaszomszédos törzseire is. Bojarsinova a kara-kipcsakokmás etnikai csoportjai között a „Madžar (Magyar)kipcsakokat‖ is említi. (A szerző „Madžar/MagyarKipcsak kifejezését szándékosan idéztem szó szerint. A.K.) [Bojarshinova 1960, 75; Istorija Kazakhstana, 1997,154.]. A kazak törzsi nemzetségi szerkezet későbbileírásai, különösen a kiemelkedő jelentőségű oroszetnográfus, N. A. Arisztov feljegyzései bizonyítják, hogya „мадiар‖ etnikai csoport valóban létezett a kipcsakokközött az Orosz Birodalom SztyeppeiKormányzóságában, az Akmolai Régióban [Aristov,1896, 379.]. Lehet, hogy éppen a <strong>XV</strong>III–XIX. századokfordulója táján történt, hogy a „Madžar‖ etnonymhelyet adott a „Madiar, illetve „Magyar‖ változatainak.Ez a változás a török nyelvekben, ahol a „,dž‖ illetve „ž‖betűk minden további nélkül változhatnak „j‖-re, vagy„i‖-re és viszont, könnyen megmagyarázható. A fenti atudósítások a kazak sztyeppék magyarjairól,összehasonlíthatók F. Scserbinának a XX. század elejéna kazak sztyeppei régiók kutatására szervezettexpedíciójának eredményeivel. A 11. kötetből (OmszkRégió) értesülünk arról, hogy a „4‖ adminisztratívaulban (településen) kizárólag magyarok éltek. Az elsőkazak történészek egyike, M. Tynyspajev komolyerőfeszítést szentelt a kazak nemzetségek genealógiaitáblázatainak kidolgozására. Táblázataiból arrólértesülhetünk, hogy a „madijarok‖ a következőképpenkapcsolódtak be a kipcsakok törzsi-nemzetségihierarchiájába: Bultun – Orys¹ – Madiar. Tynyspajevazt is hangsúlyozza, hogy vannak madiarok a TokalargünökZsogaly-sekty nemzetségében is [Tynyspajev1925, 69, 70.]. A megfigyelések a magyarokról,pontosabban madiarokról argün és kipcsak területekenés közegben megerősítést nyertek a KazahTudományos Akadémia Történeti, Néprajzi és RégészetiIntézetének a XX. század 50–60-as éveiben szervezettspeciális néprajzi expedícióinak során is [Mukanov,1974, 58, 186 sk.].Azok, akikből napjainkra a kazak-madžarok (madijarok)lettek, viszonylag későn egyesültek a kazak néppel.Mindenekelőtt többé-kevésbé egységesen, egytömbben, a nogaj és üzbég etno-politikai egységekhezcsatlakoztak a <strong>XV</strong>–<strong>XV</strong>II. századokban. Kazak-magyarnemzetségek között fennmaradt legendák, mesékszólnak arról, hogy őseik délnyugati irányból, azüzbegisztáni Sejbanidák országából érkeztek a kazaksztyeppékre. Ez az adat nem zárja ki, hogy érkezhettekegyes csoportjaik nyugati irányból is.A fentebb leírt adatokat összegezve, megállapíthatjuk,hogy a középkori szerzők korábbi szövegeiben a„Madžar‖, „Mažar‖, „Machžar‖, a magyarokravonatkoztatható etnonymek szerepelnek egészen azújkorig (<strong>XV</strong>III. sz.).A „madiar‖, madijar‖ formák későbbjelennek meg a kazak nyelvben. Ez utóbbi etnikai nevekváltozatai az üzbégek között napjainkig fennmaradt„madžar‖ etnikai névnek. A „Madžar‖ etnonym, illetvetoponym fennmaradását a nogaj, kazak, üzbégterületeken, a Krím félszigeten, vagy az Észak-Kaukázusnépei között nem magyarázhatjuk meg egyszerűvéletlennel. Ugyanez a jelenség figyelhető meg Eurázsiatörök népeinek etno-nomenklatúrájában másetnonymek esetében is. A kipcsak, argün, najman,kirej/it/, kongürat stb. etnonymek úgyszintén mindenüttléteznek a fentebb felsorolt ázsiai és kelet-európainépek körében. A Magyarországra került kunok,kumánok, polovecek XIII. századi története különösenérdekes és tanulságos ebből a szempontból. Ők sokáigmegőrizték eredeti nyelvüket, és kunnak‖, palócnak‖nevezték őket magyarul.Még egy megjegyzést tennék: a keleti magyarok nemvesztették el önelnevezésüket, és nem is „tűntek el‖,napjaink egyes kutatóinak elképzelése ellenére sem. Azadott kérdésekre csak az utóbbi időben figyeltünk fel,amikor is alaposan és részletesen tanulmányoznikezdtük a még ma is sok rejtélyt, sötét, feltáratlanrészletet is tartalmazó történelmünk etnogenetikai,antropológiai és etnokultúrális problémáit. Véleményemszerint folytatni kell ennek a nagyon érdekes és átfogóproblémának a kutatását. Sajnos, a magyar kollegákcsak nagyon keveset tudnak erről a kérdésről. Azonban,szeretném felhívni a figyelmet a következőkre: Egyretöbb régészeti adat mutat arra, hogy nemcsakősmagyar (ahogy gyakrabban említik: ugor) emlékekmaradtak fenn Észak- és Nyugati-Kazakisztánterületein, hanem olyan régészeti emlékek is, amelyek amagyar kultúra gazdag elemeinek jelenlétére mutatnaksztyeppéinken a korai középkorban. Ezek az elemekalapvető összetevői a Nagy Sztyeppe sokszínű nomádcivilizációjának.IRODALOMАбуль-Гази-Багадур-хан. Родословное древо тюрков.М., - Ташкент - Бишкек, 1996.A magyar honfoglalás kútfői, Budapest 1900, 121.Аристов Н.А. Заметки об этническом составетюркских племен и народностей и сведения об ихчисленности // Журнал «Живая старина». Отделениеэтнографии. Вып. III и IV. СПб., 1896.Ахмедов Б.А. Историко-географическая литератураСредней Азии <strong>XV</strong>I-<strong>XV</strong>III вв.: (Письменные памятники).Ташкент: Фан, 1985.Bendeffy László, Az ismeretlen Julianus.Бояршинова З.Я. 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Левицкий Т. «Мадьяры» у средневековых арабских иперсидских географов // Восточная Европа в древности исредневековье (сборник статей) М.: Наука, 19<strong>78</strong>.Маджму ат-Таварих // Материалы по историикыргызов и Кыргызстана. Бишкек, 2002. 2-е изд.Материалы по истории казахских ханств <strong>XV</strong>-<strong>XV</strong>IIIвеков (извлечения из персидских и тюркских сочинений).Алма-Ата: Наука, 1969.Материалы по киргизскому землепользованиюсобранные и разработанные экспедицией поисследованию степных областей. Акмолинская область.Омский уезд. Т.XI. Омск., 1902.Муканов М.С. Этнический состав и расселениеказахов Среднего жуза. Алма-Ата: Наука КазССР, 1974.Напольских В.В. Баскарт, или Великая Венгрия //Христианский мир и «Великая Монгольская империя».Мат-лы францискианской миссии 1245 года. Крит. текст,пер. с лат. «Истории Тартар» брата Ц. де Бридиа С.В.Аксенова и А.Г. Юрченко. Экспоз., исслед. и указ. А.Г.Юрченко. СПб.: Евразия, 2002.Поэты пяти веков. Казахская поэзия <strong>XV</strong> – начала ХХв. Вст. ст., сост., биогр., спр. и прим. М.М. Магауина. Пер.с каз. Алма-Ата: Жазушы, 1993.Рашид-ад-Дин. Сборник летописей. Пер. с пер. О.И.Смирновой. Прим. Б.И. Панкратова и О.И. Смирновой Ред.проф. А.А. Семенова М.-Л: Изд-во АН СССР, 1952. Т.1.Книга 2.Султанов Т.Н. Кочевые племена Приаралья в <strong>XV</strong> -<strong>XV</strong>II вв. (вопросы этнической и социальной истории). - М.:Наука, 1982.Трепавлов В.В. История Ногайской Орды. М.: Изд-яфирма «Восточная литература» РАН, 2002.Тынышпаев М. Материалы к истории киргизказахскогонарода. Ташкент, 1925.Хвольсон Д.А. Известия о хозарах, буртасах, болгарах,мадьярах, славянах и руссах Абу-Али Ахмеда бен-Омарибн-Даста. СПб., 1869._________________________1 Az „urusz‖ szó a „russzkij‖ fonetikus változata. Ez a formakönnyen megmagyarázható. A török nyelvektől idegen az „r‖betű szókezdő betűkénti használata. Így a „russzkij‖ szóakcentust kapott, és „urus, orus, orys‖ formában jelent meg.Az írott forrásokban találkozhatunk az „arus, ars‖ változattalis, a második változatot feltehetőleg „arys‖-nak ejtették. Az„Urus‖ név meglehetősen elterjedt volt a török nemesek ésDzsingisz kán leszármazottai között, legalább a XII. századtólkezdve. Napjaink kutatóinak értelmezése szerint az Urusnevet általában szőke gyerekek kapták. [Sultanov. Vö.:Kazakhstan: Letopis‘ trekh tysijachletij. 1992, 198.].КУШКУМБАЕВ АЙБОЛАТ КАЙРСЛЯМОВИЧ, доктористорических наук, доцент.(19.12.1969 г.р.), Омская область, РФ. В 1987-1993 гг.учился в КазГУ им. Аль-Фараби. В 1993-1998 гг. работал вИнституте востоковедения им. Р.Б. Сулейменова НАН РК,научным сотрудником, ведущим научным сотрудником. В1996 г. был награжден почетным дипломом за лучшуюнаучную работу среди молодых ученых АН РК. В 1998 г.защитил кандидатскую диссертацию в КазГУ им. Аль-Фараби по теме: «История военного дела казахов <strong>XV</strong>II-<strong>XV</strong>III вв.». С 1998 г. на преподавательской работе в вузахгг. Астана, Кокшетау. Был старшим преподавателем,доцентом, зав. кафедрой, зам. директора по учебнойработе. В настоящее время является доцентом кафедры«Политология и история» Кокшетауского университета.Основные научные интересы связаны с изучениемвоенного дела кочевых народов Центральной Азии иКазахстана эпохи древности и средневековья. Входит всостав международной (венгеро-казахской) научноисследовательскойгруппы по изучению древнихэтногенетических взаимосвязей между казахским ивенгерскими (мадьярским) народами. Автор более 60научных публикаций, в том числе 3-х книг, 2-х учебныхпособий. Основные научные труды: «Военное делоказахов <strong>XV</strong>II-<strong>XV</strong>III вв.», «Военное дело Золотой ОрдыXIII-<strong>XV</strong> вв.».KÖNYVESPOLCMadarász ImreKultusz, vita, feledés – olaszirodalom- és kultúrtörténetitanulmányokHungarovox Kiadó, Budapest, 2008.Egy alkotói karrier sarkalatos pontjaittárja elénk Madarász Imre, a DebreceniEgyetem és a budapesti Eötvös LórándTudományegyetem professzora, irodalomtörténész,Kultusz, vita, feledés című könyvében. A könyv tizenegytanulmányon keresztül szemlélteti, hogyan alakulhat kivalaki körül istenítő kultusz, majd az eztmegkérdőjelező vita, s végül hogyan merülhet el egygéniusz a feledés homályában. Az olaszirodalomtörténet tizenegy meghatározó személyisége„meséli el‖ történetét.Tommaso Campanella az egyik legtragikusabb sorsúitáliai. Nézetei miatt gyakran bírálták, mind akeresztények, mind a liberális felfogásúak. Eretnekneknyilvánították, ugyanakkor a domonkos rend szerzetesevolt. Legnagyobb perében antikatolicizmussal,vallásgyalázással és Szentháromság tagadással vádoltákmeg. Üldözése tovább folytatódott, 1599-ben elfogták aspanyol uralom elleni összeesküvés miatt, s újból perbefogták. Szörnyű kínvallatások vették kezdetét,Campanella csak úgy menekülhetett meg amáglyahaláltól, ha őrültnek tettette magát. Azéletfogytiglani börtönbüntetést azonban nem kerülhetteel, bírái azt remélték, tanait így a börtön falai közézárhatják. Az utókor mégis mint az olasz reneszánszegyik legnagyobb politikai gondolkodóját tisztelik.Machiavellihez hasonlították, pedig Campanellakifejezetten bírálója, ellenpólusa volt. CampanellaNapvárosa félelmetes utópia, a társadalom egy mindenponton ellenőrzött formáját festi meg. A mű több másikállamelmélettel párhuzamba állítható, úgymint PlatónÁllama, Morus Tamás Utópiája, sőt, az irodalom egykegyetlen alakjának művei is hasonlatosak hozzá, Sademárkinak, a szadizmus atyjának. Az államelmélet mármárbeteges utópiája talán nem meglepő, hiszen egyolyan ember tollából származik, aki élete nagy részétüldözésben, kínzások között, börtönben töltötte.Artemisia Gentileschi a Seicento egyik legérdekesebbalakja, I. Stuart Károly udvari festője, aki halála utánméltatlanul merült feledésbe. A XX. század azonbanújra rátalált Roberto Longhinak és feleségének, AnnaBantinak köszönhetően. Élete, munkássága körülvalóságos kultusz alakult ki, melynek csúcspontja AgnesMerlet 1997-ben bemutatott Artemisia című játékfilmje.A feministák jelképükké választották, a freudisták pedigkitűnő alanyt találtak személyében az analizálásrafestményeinek brutalitása és élettörténete miatt. Ezenfelül a szépirodalomnak is kitűnő témát szolgáltatott,235OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


három írónő is tollat ragadott, hogy megörökítseArtemisia Gentileschit. Anna Banti lélektanitudatregényt alkotott, melyben Artemisia legmélyebbénjét kívánja feltárni. Alexandra Lapierre tudományos,dokumentatív könyvet szerzett, mely inkább pontosprecíz szakirodalom a festőnőről, mintsemszépirodalom. Susan Vreeland egyes szám elsőszemélyben mutatja be Gentileschit, fiktív önéletrajzothozva létre ezzel. Mindhárom műben fontos szempontaz Artemisia életében meghatározó szerepet játszószemélyek bemutatása, úgymint Orazio, az apa, amester, a vetélytárs alakja, Agostino Tassi, a férfi, akierőszakot követett el a festőnőn, s végül a férj, a pályaésvetélytárs. A három könyv azonban három különbözőmódon mutatja be, hogy milyen anya, milyen feleség isvolt Artemisia. Mindhárom alkotás jelentős, egyedülállómunka, ám a legjelentősebb Anna Banti műve lett. Alegnagyobb elismerést mégis Susan Vreeland érdemli,hiszen ő a két feldolgozás után is tudott újat mutatni,különös finomsággal ábrázolva Artemisia Gentileschiéletének homályos mozzanatait.A könyv harmadik tanulmányát a szerző Stuart Máriabemutatásának szenteli. A tragikus sorsú királynőmegihlette a legnagyobb olasz szerzőket, többek közöttFederico della Vallét és Vittorio Alfierit is. Federico dellaVale Skócia királynője címmel írt drámát, mely háromnégyévvel a skót királynő lefejezése után látottnapvilágot, így kronológiailag ez az első dráma StuartMáriáról. A mű értelmezését és értékelését rendkívülmegnehezíti, hogy nehéz meghatározni, elhelyezniműfajilag. A dráma ugyanis érdekes egyvelegét alkotjaa történelmi-politikai drámának és a vallásosmisztériumjátéknak. Vittorio Alfieri furcsa módon StuartMária életének tragikumát nem a kivégzésében, s az aztmegelőző perben látta. Drámájának központjában egykorábbi esemény, a királynő második férjénekmeggyilkolása áll. Érdekes választás ez. A szereplőkábrázolása sem a megszokott, karakterük túl gyönge, sa főhősnő ábrázolása sem egyértelmű.Az 1799-es nápolyi forradalmi köztársaság négy nőialakjának kultuszát követhetjük végig a könyv negyedikfejezetében. Eleonora Fonseca Pimentel portugáliaicsaládból származó, emblematikus nőalak, aRisorgimento honleányainak első képviselője. Amagánéletében nem túl szerencsés asszony elveszítettegyermekét, majd férjétől is különvált. Talán ezek azesemények keményítették meg őt ahhoz, hogy oly nagyszenvedéllyel harcoljon az igaz demokráciáért.Menedéket a költészetben, az írásban talált, ő az olaszújságírás úttörője. Híve a felvilágosultabszolutizmusnak, küzdött az oktatás alsóbb rétegekrevaló kiterjesztéséért, s a népnyelvért. Himnusz aSzabadsághoz című költeménye vált a forradalmiköztársaság himnuszává. A sors azonban nem voltkegyes hozzá, szörnyű kínokat kellett kiállnia, kegyetlenmódon végezték ki. Luisa Sanfelice sorsa párhuzambaállítható Eleonora Fonseca Pimentelével. Az ibériaicsaládból származó nő Monitore Napoletanoba írt cikkelett dicsősége, s egyben veszte is. A forradalombanténylegesen nem vett részt, egyedüli „bűne‖ a Bourbonösszeesküvésleleplezése volt. Kultuszának nagyságátmutatja, hogy olyan művészek állítottak neki emléket,mint Alexandre Dumas, vagy éppen Maria AntoniettaMacciocchi, aki Pimetelnek is könyvet szentelt. Éleskontrasztot mutat a két hős asszonnyal Mária Karolinaés Lady Hamilton, azaz Emma Lyonna. Mária Karolinanem volt más, mint maga a megtestesült gonosz, aforradalom kirobbanásának okozója, IV. Ferdinándnápolyi király felesége. Rémuralma alá vonta népét,kegyelmet nem ismerve bólintott rá ahalálbüntetésekre. Luisa Sanfelice is az őkegyetlenségének köszönheti halálát. Lady Hamilton alegbizarrabb és legtitkosabb alakja a forradalomnak.Egy olyan kalandornő volt, aki nem rettent visszasemmitől, rangját is csak férjének köszönhette.Szadizmusa hírhedtté tett őt, a legendák szerint magaSade márki is találkozott vele, s róla mintázta Juliettecímű művének legelborzasztóbb alakját, Lady Clairwilt.Mazzini, a „tiszta Olaszország atyja‖, a II. világháborúután kissé feledésbe merült. A tanulmány három kisebbíráson keresztül mutatja be, hogyan született újjáOlaszország „Apostola‖. Az első Mazzini és Kant közöttipárhuzamokat és ellentéteket feszegeti. Mazzini sokkalgyakorlatiasabb gondolkodó volt, és bár erkölcstanukkülönböző, alaptéziseik ugyanazok: kötelesség,szabadság, erkölcs. Olyan nemzetállamot képzelt el,amely kiteljesíti az emberek jogait és politikaiszabadságukat. Kantot meghaladva fogalmazta meg azalapvető szabadságjogokat, érvelt a halálbüntetéseltörlése mellett, s az 1849-es Római Köztársaság egyikirányítójaként eltörölte a halálbüntetéseket. A másodikírás Mazzini és Marx viszonyát elemzi. Mazzini politikaigondolkodó is volt, nyíltan és élesen bírálta Marx elveit.Kettejük között, pontosabban műveik – MazziniGondolatai valamint Marx és Engels KommunistaKiáltványa – között egyfajta dialógus alakult ki. Mazzinifelveti a nevelés problémáját, erre Marx „válasza‖, hogyMazzinit magát is a társadalom nevelte. Mazzini elítéli abirtokló, kisajátító nemzetet, Marx erre azt feleli, hogy amunkásoknak nincs hazájuk, így nincs mit elvenni tőlük.A harmadik, bizarr párosítás: Mazzini és Oszama binLaden egybevetése egy botrányt kavart könyvben,melynek szerzője Mario Moncada di Monforte. A könyvnem Mazzini befeketítése miatt született meg, hanem akét ember életének, főként ifjúkorának egybevetésecéljából. Nem sikerült azonban maradandót alkotni, amű erőltetett, több helyen is megbicsaklik.A dialektális költészet problémáival foglalkozik ahatodik tanulmány. A dialektális költészet sokkalrégebbi, mint a Dante által megalkotott irodalmi nyelv,s a <strong>XV</strong>III-XIX. század fordulóján teljesedett ki, későbbperiferizálódott. A „romanticismo‖ irodalma, költészeteegyszerre népi és nemzeti, mely megfelel aRisorgimento politikai ideológiájának. A nyelvközösségmegelőz mindent - vallást, identitást -, s mégis, azegységes olasz nyelv csak az irodalomban létezett. ADante kora óta folyó vita végére Manzoni tette ki apontot: műveinek hőseit nemzeti nyelven szólaltatjameg.Carlo Collodi mindannyiunknak kedves figurája,Pinocchio is helyet kap a tanulmánykötetben. Akifejezetten gyerekeknek szánt mese igazi kisfejlődésregény, hiszen tanúi lehetünk annak, hogyhogyan válik hús-vér emberré egy kis fabábu. A XIX.században, a felvilágosodás korában keletkezett alkotásmegteremti a gyermekregény, a kalandregény és anevelődési regény szintézisét. A mese szereplői egytőlegyig egy-egy erkölcsi érték megtestesítői. Geppetto a236OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


munka, a nevelés szimbóluma, a Beszélő Tücsök, mintrezonőr szerepel, ő a morális igazságelvekmegfogalmazója. A Tündér alakjában összefonódik azanyai gondoskodás és a tündéri szigor. Pinocchio önfejű„kisgyermek‖, aki csak saját hibái árán képes tanulni. Eza jellemábrázolás szerencsésnek mondható, hiszen ahasonló „rosszcsont kis olvasók‖ könnyebbenazonosulnak ezzel a figurával, így az erkölcsi tanítás iskönnyebben célba ér.Antonio Fogazzaronak, Manzoni legméltóbbörökösének kultuszát ismerhetjük meg a nyolcadikfejezetben. Ő volt azaz alkotó, aki megformálta atörténelmi regényt. Szerinte ugyanis az egyén életénkeresztül kell ismertetni a históriát. Fogazzaro képesvolt egyszerre megújítani és megtartani az olaszregényhagyományt, szintézisre emelte elődei tudását,úgy, hogy saját kézjegyét is beleszőtte.Giovanni Gentile XX. századi filozófus brutálismeggyilkolása komoly visszhangot váltott ki világszerte.A tanulmány a következő kérdést teszi fel, s próbáljamegválaszolni: miért éppen Gentile? Ő lett volna afasizmus hivatalos filozófusa? Nem. De tény, hogy az őnevéhez köthető A fasiszta értelmiségiek kiáltványa,melyben a fasizmust valláshoz hasonlítja, melyet ilymódon nem lehet vita tárgyává tenni. További kétmunkájában is a totalitarizmus doktrínáját fogalmaztameg. Halálos ítélete annak köszönhető, hogy sokkalnagyobb teret kaptak a fasizmust támogatómegnyilvánulásai, mint az antifasisztákat segítő titkostámogatásai. Kivégzésében szerepet játszott ConcettoMarchesi, Gentile kollégája, és földije. Cikkeivel őmondta ki a halálos ítéletet Gentilére. Később ezhatalmas közfelháborodást váltott ki, ekkor márMarchesi is tagadta tettét. A filozófust 1944. április 15-én gyilkolta meg Fanciullacci, a Fegyveres PartizánCsoportok egyik tagja.Az 1848-as magyarországi Forradalom ésSzabadságharc is megihlette az olasz írókat éppúgy,mint az 1956-os forradalom. De nemcsak az írókra,hanem az európai politikára is nagy befolyással volt,Olaszország Kommunista Pártjából közel kétszázezerpolitikus vált ki. Indro Montanelli újságíró megrendítőbeszámolókat, tudósításokat közölt a budapestieseményekről. Montanellit olyannyira megérintette amagyar nép egy emberként való küzdése, hogy atörténéseket színpadra, majd a filmvászonra vitte.Alberto Mondadori, egy olasz könyvkiadó vállalat fejeverseskötetet jelentetett meg a forradalomról, IgnazioSilone tanulmányt írt róla, Roberto Ruspanti Abudapesti vonat című műve pedig nemrégen látottnapvilágot, tanúbizonyságot téve a témakimeríthetetlenségéről.A könyv utolsó tanulmánya Umberto Eco kultuszáteleveníti fel. Híres könyve, A rózsa neve utánnépszerűsége visszaesett egészen a Baudolinóig. Akritikusok azt emelték ki, hogy tudása, műveltségekönyveiben túlságosan nyomasztó, az olvasó nem tudjaélvezni a mű történéseit a nyakukba szakadóinformációmennyiség miatt. A Baudolino azonbanvisszahozta az olvasóknak azt, amiről azt hitték, márrégen elveszett, rendkívül izgalmas, történelmi regény,melyet filozófiával, szellemi izgalmakkal fűszerez az író.Madarász Imre nagy szakértelemmel válogattaki, vizsgálta meg és beszélte el olvasóinak az olaszirodalom és kultúra példás szerzőit és alkotóit, hogyalaposan elemezze a feledés miértjeit és az újrafelfedezés szépségeit.Tegdes ÁgnesSzabó TiborDante életbölcseleteHungarovox Kiadó, Budapest, 2008.Dante Alighieri az európaiirodalom egyik leghíresebb alakja,az olasz köznyelv atyja. A hazaiolvasók is rendszeresentalálkozhatnak a nevével, a velefoglalkozó tudományos írásokbólsincs hiány.Szabó Tibor a Debreceniés Szegedi Tudományegyetemek professzora, a hazaidantisztika jeles képviselője. A firenzei költőről írottharmadik könyve Dantét, a hétköznapi embert kívánjabemutatni az olvasóközönségnek, a sommo poetaéletművének tükrében.A könyv két nagyobb egységre különíthető el.Míg az első rész nyolc fejezeten keresztül DanteAlighieri életfilozófiáját és etikáját mutatja be főbbprózai és poetikai művein keresztül, addig a másodikrész „Dante-műhelyek és –értelmezések‖ címenrecenziókat tartalmaz számos hazai dantológusírásainak bemutatásával.Az új élet című prosimetroban, azaz lírai ésprózai részeket tartalmazó műben, még a fiatal ésszenvedélyes Dantét fedezhetjük fel, neki - mintahogyan ő is írja – „minden gondjának csak Ámor atárgya‖. Az európai irodalom legismertebb múzsájához,Beatricéhez fűződött tiszta, spiritulális szerelme életevégéig elkísérte. Az imádott nő halála után érzettkeserűségének, fájdalmának feloldása végül egy újszerelemben jött el, a filozófiában. A már testileg isbeteljesült „földi‖ szerelem hajszolása mégsem hozta elszámára a megnyugvást, Dantét furdalta a lelkiismeretáhított hölgye feledése miatt. Érdekes azonban látni afolyamatot, mely során Dante igazi férfivá érik,megtapasztalva a plátói szerelmet, s a vad„dorbézolást‖, a magasságot és a mélységet, amelyetSzabó Tibor könyve jól ábrázol.A második fejezet a Rime azaz a Versektükrében adja vissza Dante filozófiáját. Az időközbenbekövetkezett társadalmi változások kötik le a poétafigyelmét, megdöbbenve veszi észre, a világ nagyotváltozott körülötte, s ez a változás nem pozitív iránybahalad. Ez a fajta feleszmélés jól megfigyelhetőműveiben is, melyekben az erkölcsi, morális példázatokveszik át a főszerepet. Hol van már a szerelemtőlszenvedő költő?A Vendégség olvasása során merül fel a kérdés,filozófus volt-e Dante? Igen, laikus filozófus, ahogy arramár a magyar dantisztikában már többen is utaltak.Egyetemes tudása nem vonható kétségbe, ezt atudásanyagot használja fel műveiben is. Dante bátrantámaszkodik Arisztotelész munkásságára, s a filozófusnagysága előtt fejet hajtva viszi tovább hagyatékát. AConvivioban nyelvészeti kérdést tárgyal Dante,nevezetesen az olasz köznyelv és a latin nyelv237OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


viszonyát. Ezt a gondolatsort fejti ki a De vulgarieloquentia című írásában. Ám nem csak ezzelfoglalkozott Dante, politikatudományi kérdéseket isfeltesz, melyeket a De Monarchia-ban tárgyal tovább.A műből tulajdonképpen filozófiai antropológiarekonstruálható, az emberi mibenlét kérdésére keresi aválaszt. Ír az „emberi nemességről‖, a szerelemről, abarátságról, s a különböző életkori szakaszokbanmegjelenő erényekről. Mindezek alapján bátranállíthatjuk, Dante életfilozófiája modern felfogású volt.Az egyeduralom három szóval jellemezhető aleginkább: igényes, univerzális és aktuális. Dante kifejtipolitikai nézeteit, mely életének egy meghatározó, hanem a legmeghatározóbb tényezője volt. Felállítja a jóés rossz államformák értékrendjét, a szabadságelsődlegességét vallja, mely Dante számára a jókormányzás kulcsfogalma. Erős kritikával illeti,egyenesen megkérdőjelezi a pápai hatalmat, mely VIII.Bonifác pápához fűződő viszonya ismeretében nemmegdöbbentő. A világi hatalom, mint írja, Istentől függ,ám a két hatalom - a világi és egyházi – egymástólfüggetlen. Dante bibliai példákkal érvel, szemléleteshasonlatokkal támasztja alá feltevéseit.A „személyesebb‖ Dantét mégis levelein keresztülismerhetjük meg. A száműzetés fájdalma végig áthatjaírásait, melyekben a harag és a düh egyre csakfokozódik imádott Firenzéje iránt. Leveleiben máregyértelmű utalást tesz élete főművére, Az IsteniSzínjátékra.A könyv első részének utolsó fejezetében SzabóTibor, mind terjedelemben mind értelmezésben – melyolvasatok közül itt természetesen az etikai értelmezésszerepel - a Commediára fekteti a legnagyobbhangsúlyt. A mű végleges üzente az emberi lélekmegtérése Istenhez. A három cantica egyenkéntmutatja be a sacro poema etikai rendszerét. Az írósorra veszi a Pokol bugyrainak bűneit s büntetéseit acontrapasso - a bűnök és büntetések közti megfeleléstúlvilági elvének törvénye szerint, A kárhozott lelkekútvesztőjében példaképe, Vergilius jön segítségére.Ezután a Purgatórium körei következnek, ahol Dantét ismegjelölik, s végigjárva a köröket, megtisztul bűneitől.Egyre fokozódik az allegorikus beszédmód, s a canticacsúcspontja Dante találkozása Beatricével. Innen ővezeti tovább a költőt a Paradicsomba, ahol márnincsenek bűnök, nincsenek szenvedések, csupán azörök boldogság és szeretet él. Szent Bernát veszi át akalauzolást, s Dante eléri útjának célját: találkozikIstennel. A canticák bemutatása gazdag idézetekkel,színesítve ezzel a leírásokat. Érdemes volna itt mégfoglalkozni az igaz út elvesztésének időpontjával,melyet pontosan ismerünk: 1300. Ez az év volt a pápaáltal meghirdetett első zarándoklati év.A könyv második felében található recenziók olyanszerzők műveinek összefoglalóit tartalmazzák, mintpéldául Kardos Tibor, Kelemen János, Madarász Imrevagy Pál József. Ezek segítik az olvasót egy átfogóDante-kép kialakításában.A könyv magával ragadó, olvasmányos stílusahiánytalanul gyűjti össze és veti egybe a különbözővéleményeket, áttekinthető és érthető fejezetekreosztva. Haszonnal forgathatják mind a laikusok, mind adantológia szakértői. A könyv végén található olasznyelvű összefoglaló szintén kapaszkodót nyújt atémával foglalkozóknak. Szabó Tibor könyvével újabbalapművel bővült a magyar dantisztika könyvtára!– Filológiai groteszk –AJÁNLÁS- Szerk. Bttm -Tegdes ÁgnesA HELIKON KIADÓ ÚJDONSÁGA:Szörényi LászlóDelfináriumHelikon Kiadó <strong>2010</strong>, 140 old, 1990,- FtSzörényi László irodalomtörténészmár a nyolcvanas években szóvátette a klasszikus szövegek megcsonkítását.Vajon miféle megfon-tolásokból hagytak kigyűjteményes kötetekből egész verseket, olykorstrófákat és sorokat, regényekből, emlékezésekbőlegész bekezdéseket? – Miért csonkol-ták meg JósikaMiklóstól Vörösmartyn, Petőfin, Mikszá-thon, MóriczZsigmondon, Kosztolányin át József Atti- láig azéletműveket, de még Verne: Rejtelmes sziget c.kötetét is?Szörényi professzor, miközben sok-sok utánjárással,filológiai munkával helyreállította az eredeti szövegeket,pompás humorral kommentálta az 1945 és 1989 közöttiidőszak kultúrpolitikájának ostobaságait, cenzorainakéber igyekezetét.A korszakzáró és -nyitó Delfinárium igazi bestsellerlett. – A sokat idézett, boltokból rég hiányzó tanulmánymost javított, bővített kiadásban jelent meg. (Beküldte:dr. Paczolay Gyula)Megrendelhető: Helikon Könyvesház 1065 Budapest,Bajcsy-Zsilinszky út 35. e-mail: konyveshaz@helikon.hu;WWW.HELIKON.HUA http://www.olvassbele.hu oldalról:Szörényi László 1945-ben születettBudapesten. 2001 óta az MTAdoktora. Az MTA IrodalomtudományiIntézetének igazgatója, a SzegediTudományegyetem Klasszika-filológiaés Neolatin Tanszékének egyetemitanára. Szűkebb szakterülete amagyarországi neolatin irodalom.Latin–görög–iranisztika szakon végzett 1968-ban az ELTE-n. Amagyar irodalomtudomány különösen sokoldalú és széleslátókörű kutatóegyénisége: az antikvitás irodalmától aklasszikus korszakokon át a modern jelenségekig terjed azérdeklődése és kompetenciája. Lexikális tudása és előadóikészsége kiemelkedő, elmélyült teológiai, filozófiai ésművészettörténeti ismereteit valamennyi írásában kamatoztatja.Történeti és textológiai munkásságában mindigérvényesíti a komparatív szempontot.A magyar irodalomnak számos nemzetközi összefüggéséttárta fel a humanista irodalomtól kezdve Zrínyi eposzánakolasz műfaji mintáin át Arany János költészetéig. Utolsó ilyentárgyú kötete: „Álmaim is voltak, voltak‖ Tanulmányok a XIX.századi magyar irodalomról (2004).A Kárpát-medence neolatin irodalmának újraértékelésefűződik a nevéhez; ilyen tárgyú kötetei: Hunok és jezsuiták,1993; Memoria Hungarorum, 1996; Studia Hungarolatina,1999; Philologica Hungarolatina, 2000; Harmóniára teremtve,Tanulmányok Mátyás királyról, 2009.238OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Tanulmányainak többsége olasz, francia, német és angolnyelven is megjelent, köteteit neves itáliai kiadók adták ki(Arcades ambo, Relazioni letterarie italo-ungheresi e culturaneolatina, 1999; Fasti Hungariae, Studi sulla filologianeolatina e sulle relazioni italo-ungheresi, 2008).A neolatin irodalom oktatásában és kutatásában iskolateremtőegyéniség, 2006-ban a Budapesten rendezett neolatinvilágkonferencia szervezője, az ország egyetlen neolatinfilológiai PhD-alprogramjának vezetője, több folyóirat éskiadványsorozat szerkesztője.Czakó GáborMisztikai ösvényTitkos könyvMisztikai ösvény – Titkos könyvZsebkönyv méret. Kemény kötésben, 200oldal, Kiadói ár: 1600 FtA Duna tévés esszékre épülőBeavatás-sorozat IX. kötete, aMisztikai ösvény. Czakó Gábor lelkitapasztalatainak gyűjteménye: az imádságról, Jézusról,a Húsvétról, a Megváltó és az ember kapcsolatáról –végső fokon valódi sorsunkról. A mindenséganyagvilágában ugyan semminek látszunk, ámTeremtőnk számára minden lélek az Ő gyermeke, akiolyan fontos, mint az egész.A beleéléssel készült, derűs elmélkedések fölfejtik azEvangélium elejtettnek látszó szavaiba, parányirészleteibe rejtett számos üzenetét. Az egybeszerkesztettírások kisebb része pár éve megjelent Titkoskönyv címmel, ám e kötet mára hozzáférhetetlennévált.Czakó Gábor - Juhász ZoltánBeljebb a magyar észjárásbaKemény kötésben, kb. 320 oldal, CDmelléklettel. Kiadói ár: 2400 Ft.Czakó Gábor és Juhász Zoltán közöskötete a magyar nyelv és zeneszámítógépes kutatásával alapvető, újfölismerésekre vezetett. Összevetette a Czuczor Gergelyés Fogarasi János A magyar nyelv szótára (CzF),valamint a Tótfalusi István által jegyzett MagyarEtimológiai Szótár (MESz) elektronizált kiadásait, ilymódon a magyarnak közel 60 nyelvvel valókapcsolatrendszerét térképezte föl.Az új, tárgyilagos módszertani megközelítésmegvilágítja a magyar nyelv vizsgálatának elmúltmásfél százados történetét, megnyitja a szóelemzés újlehetőségeit, nyelvtanunk valódi természetét – a műveltközönség számára élvezetes és gazdag példa anyaggal.Juhász Zoltán intelligens, öntanuló programjával 25nép zenéjét hasonlította össze, elemezve kapcsolataikat,egymásra gyakorolt hatásukat. Kínai, mongol,különféle török, szláv és finnugor népek zenéje mellettvizsgált Nyugat-európai, Appalache-i kelta és dakotamuzsikát. Harmincezernél több dal összevetésekiderítette, hogy igen mély zenénk és beszédünkösszefüggése, mert zenénk is gyökökre épül,rokonságai messze túlmutatnak az eddig ismert körön.A Függelékben kisebb írások számolnak be anyelvrégészet valamint az ún. „kis nyelvek‖ helyzetéről,a magyar szóbeszéd különleges játékosságáról. A CD-Mp 3 melléklet hallhatóvá és láthatóvá is teszi a vizsgáltnépzenék kapcsolatait.Czakó GáborMagyar-magyar Nagyszótár150 oldal, A/5-ös méretKiadói ára: 1.500.- FtA világban folyó szellemi,gazdasági, kulturális, politikai solykor katonai vetélkedések egyik legfontosabb eszközea nyelv. A küzdők igyekeznek megkaparintani acéljaikhoz hasznos fogalmakat, s értelmüket úgyalakítani, hogy nekik szolgáljanak, míg a számukrakellemetleneket befeketíteni, esetleg kicenzúrázni aközhasználatból, például politikailag nem korrektneknyilvánítva őket.A Magyar-Magyar Nagyszótár szavai a szerző /Eufémiautolsó heteinek hiteles története/ c. regénye (1983)írásakor kezdtek gyülemleni. A harmadik, javítottbővítettkiadás ilyenformán az utóbbi bő negyedszázadszóharcainak tréfás, ironikus gyűjteménye.Czakó GáborAz Antikrisztus és miKiadói ára 1500.- FtEzerféle elemzést hallottunk márkorunkról, de olyant még soha, amelymetafizikai szempontokat is figyelembevett volna. Holott létezik Gazdaságkoréppen abban különbözik valamennyielődjétől, hogy bedeszkázta az eget. Szakított Istennel,és törölte az életcélok közül az üdvösséget, hogy aszellemiek rovására anyagi erőket nyerjen. S lőn.Nyert…A világtörténelemben először hatalmaskodik Földszerteegy kőkeményen és nyíltan istentelen, sőt,Krisztus-gyűlölő civilizáció. Mi a Nagy Kísérleteredménye? Vajon ez ametafizikai váltás mennyibenfelelős a földi létezés súlyosbodó gondjaiért?2008 őszén, a mostani válság kipattanásakor kiderült,hogyha a külső – pénzügyi-gazdasági – növekedés leáll,megtorpan a fejlődés, a gazdaság, a termelésfogyasztáshanyatlik, jön a munkanélküliség, az infláció,a világméretű összeomlás, éhség, zendülés, stb. Mitörténik, ha a válságot kiküszöböljük? Újra indul anövekedés, a szennyezés, a melegedés, az erdőirtás, aCO2 kibocsátás ismét fölszökik, és a csapás a bolygóegész életfönntartó rendszerét sújtja.Lehetséges-e menekülés a csapdából némitakarékossággal, környezetvédelemmel, de metafizikavisszaváltás, azaz metanoia, megtérés nélkül?A kötet további 8 Duna tévés Beavatás esszéttartalmaz a főtanulmány mellett. Könyvheti kiadvány.Megrendelhetők: czakone.eva@t-online.hu239OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


HÍREKA „Szonettek‖100 éve született Faludy Györgyköltői pályázat eredménye:Balázs Sándor Szigethalom III. díj, Arany min.Bankó Béla Barcs oklevélBarcs János Szigethalom III. díj, Bronz min.Bognár Dr. Stefánia Szombathely III. díj, EzüstminősítésBöröczki Mihály Szombathely III. díj, Ezüst min.Bősze Éva Kőszeg oklevélCsíkos Diána Hódmezővásárhely oklevélDömötör Péter Szombathely III. díj, Bronz min.Drgács Gabriella Budapest oklevélFazekas Imre Pál Dunaújváros oklevélGál Éva Krisztina Csákvár oklevélGárdon Ágnes Szolnok oklevélGulyás Katalin Csongrád II. díj, Arany min.Gyarmati Gábor Nagykovácsi oklevélHollósy (Hollóssy) Tóth Klára Győr II. díj, EzüstminősítésHorváth Mihály Budapest oklevélJ. Simon Aranka Miskolc oklevélJuhász Erika Gyula Különdíj, Arany minősítésKántor Gyöngyi Rácalmás oklevélKecskés Rózsa Győr oklevélKiss Klaudia Kelebia oklevélKontra Marika Szvita Szigethalom oklevélKorponay Elza Csilla Gyula II. díj, Bronz min.Kovács József Zalaegerszeg oklevélKővári Tibor Szigethalom oklevélKrausz István Dunaújváros oklevélKubitsch Rebeka Dunavecse oklevélLengyel Géza Csepel II. díj, Bronz minősítésMartonossy Péter Rábacsécsén II. díj, Bronz min.Miczki Gábor Hatvan oklevélMolnár József Vác oklevélÖkördy Kornél Budapest oklevélPásztor Attila Gyula oklevélRéfi János Sümeg I. díj, Arany min.Róth Katalin Budapest oklevélSebestyé István Csongrá I. díj, Ezüst minősítésSlezák Lajos Szentmártonkáta oklevélSzabó Erika Dombóvár oklevélSzabó Zsolt Kisgyőr I. díj, Bronz minősítésSzilágyi Árpád Szeged I. díj, Bronz minősítésTomor Gábor Budapest oklevélTorba Zsuzsanna Budapest oklevélTóthné Berdán Emese Pomáz oklevélVidecz Ferenc Hidas oklevélVisnyei Ferenc Sóskú oklevélZentai Eta Budapest oklevélÖrömmel tudatjuk, hogy a mi Hollóssy(Hollósy) Tóth Kláránk is a díjazottakközött szerepel: a II. díj ezüst minősítését kaptaaz In memoriam Faludy György c. szonettjéért.Az <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> őszintén gratulálHollóssy Tóth Kláránknak és minden díjazottnak!CICLOPOETICA <strong>2010</strong> — Az olasz nyelvű írás és akivonatos fényképriport az olasz nyelvű részben, a 172.oldalon található. A teljes fotóriport, videófelvételekkelegyütt az alábbi web-oldalon tanulmányozható:http://www.osservatorioletterario.net/immagini_ciclopoetica<strong>2010</strong>.pdf.POSTALÁDALevelek 2001/2002 tájáról...A NŐK HELYZETE OLASZORSZÁGBAN...1.«Kedves Szerző! Soraimat annak írom, aki a MagyarElektronikus Könyvtárban található «La storia di Magdolna»című írást produkálta. Előttem nem teljesen világos ki az írásszerzője, mert két név szerepel szerzőként, nehéz voltmegszólítást találnom...Csak annyi megjegyzést szeretnék a kis olasz nyelvű íráshozfűzni, hogy alig hittem a szememnek, amikor a sorokatolvastam. Teljesen véletlen kerültem a MEK honlapra és a sokszerző közül nem tudtam kit válasszak, vaktábankattintgattam!Az ott leírt történet majdnem egy az egyben rám illik.Hihetetlen! Nevem Magdolna, első férjem olasz volt. Igaz én«kitörtem» a bűvös körből és új életet kezdtem Kanadában,mint költő és festőművész, de életem egy része, fiatalkoriemlékeim Olaszországhoz kötődnek.Alig akartam hinni a szemeimnek, amikor a sorokat olvastam,úgy látszik vannak sorstársaim bőven Itáliában, olyanok, akika "casalinga" (Mgj.: "háztartásbeli") nevezetű lélekölőbörtönéletet élik mind a mai napig. Ördögi csapda ez, amitsok honfitársunk önként vállalt, nem sejtve mi vár rá. Ki tudjahány magyar tehetség, ígéretes élet veszett el, morzsolódottszét az olasz konyhák mosogató dézsái fölött? (Képletesenírok, de ez mind igaz.)Szeretném tudni, hogy a történet főszereplője egyképzeletbeli, szimbolikus karakter vagy egy valódi hús-vérmagyar-olasz háziasszonyról szól? Ha létezik az illető, jó lennepár sort váltani vele.Üdvözlet Kanadából és köszönet a cikkért, Magdolna» (B.Magdolna, Kanada)2.«Kedves Melinda! Ebben a pillanatban fejeztem be a La storiadi Magdolna olvasását, és úgy érzem, mintha én írtam volna!Az Apolide fantasztikusan érzékletesen fejezi ki ahelyzetünket. Elnézést kérek a többes számért, de teljesenspontánul jött, mint ahogy az is, hogy tegezve írtam, és csakutána kaptam észbe.Most csak ennyit. Hamarosan megint jelentkezem.Szeretettel, Éva» (G. Éva Udine környékéről)Egy levélrészlet, amelyet felkérésre kaptam 2002-ben egymásfél éve Olaszországban élő 28 éves kismamafiatalasszonytól, a magyar asszonysorsokat bemutató,tervezett, de jelentkezők hiányában megvalósítatlan kötetbe:«Magyarországon óvónő voltam, diplomámat ott szereztem,aminek itt sajnálatos módon semmi hasznát nem veszem.Próbáltam elhelyezkedni, hiszen nekem nagyon fontos lenne amunkám, de itt […] nem olyan a helyzet, mint ahogyreméltem. Otthon, pl. Budapesten, ahol én dolgoztam nem240OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


volt gond óvodát találni, ahol dolgozhattam, de itt igen. Nemragaszkodtam az óvónői munkához, de semmi mást nemtudtam találni.Elkeserítő az itteni helyzet, hogy szinte minden asszonyháztartásbeli, és nincs alkalma munkátvállalni, ha szeretne. Én elvállaltam volna eladói, pultosmunkákat, de itt az illegalitás tombol, afizetések, amit felkínálnak sokszor a napi bejárásra semelegek… Itt a nők igen is korlátozva vannakaz érvényesülési lehetőségükben. Ha a gyermekek máróvodába járnak, vagy iskolába, már nincs olyan nagy szükséga mamaszerepre, mint amikor még otthon vannak agyerekek. Félnapos munkát nyugodtan végezhetnének,kimozdulhatnának.Szinte a délelőtti program mindig ugyanaz: házimunkák.Milyen elismerést hoz az efféle élet hosszú távon? A nőknek isszükségük van dicséretre, és nem csak a főztjüket illetően.Látom a hosszú ideje háztartásbeliként élőket, hogyidegesebbek, ingerlékenyebbek, mint azok, akik elfoglaljákmagukat az élet más területén is. Utóbbiak gyerekeikkelsokkal toleránsabbak, érdeklődőbbek, és aki dolgozik, az betud "számolni" a gyerekeknek, hogy mi történt vele amunkahelyen, nem csak egyoldalú a kérdés az iskola után. Amama is el tud mondani sok olyan dolgot, ami érdekelhetigyermekét, (hol járt, kiket ismert meg, milyen napja volt…)érdekességekkel szolgálhat. A háztartás egyoldalúsága megöliaz érdeklődésüket, a türelmüket, befelé fordulók lesznek ésbeszédtémáik csak egy-két dologra vannak korlátozva.Sajnálatos, hogy ezt kell látnom. Elvesznek az ambíciók […][…] Tehát arra a kérdésre, hogy csalódtam-e az ittenijövőmmel kapcsolatban, sajnos részben igennel kellválaszolnom. Elhagytam az imádott munkámat, helyébesemmit sem kaptam, még csak eladó sem lehetek, mert nincsrám szükség, vagy csak illegális formában. Nem érzemhasznosnak magam, mint ahogy otthon volt, mert a sajátönkritikám szerint többre vagyok képes, mint kizárólagháztartást vezetni. Angol oktatást is szerettem volna vállalni,senki sem érdeklődött. […] Itt a tanulás nem divat.Megtörtént, hogy ingyen vállaltam el két kis srácot, hogyangolt tanítok nekik, eleinte jöttek is örömmel, majd 3-4 óraután láttam, hogy inkább a focizást választották. A szülők erremit sem szóltak. Nem túl nagy luxus? Az itteni iskolában azangol oktatás siralmas, éveken keresztül alig tanulnak valamita gyerekek. Erről nekem az egykori orosz nyelv tunkolásajutott eszembe.Hogy mit szerettem volna tenni az országban, amit másodikhazámnak választottam? Dolgozni, aktív feleségnek lenni ésén is szerettem volna a családi kasszához hozzájárulni.Nyelvtudásom nem 100%-os, de egy egyszerű eladóimunkára bőségesen megfelelt volna. Szerencsénk csak az,hogy a férjem el tud tartani hármunkat, de egy másik kisfizetés nagyon jól jönne mellé.Mit csinálnék másként? Semmit, mert már mindentmegpróbáltam, lejártam a lábam, jelentkeztem ezer helyre,hirdettem, szóval más nincs, el kell fogadnom a helyzetemet,és várni arra, hogy elmehessünk északabbra. […]Sok szeretettel: Ildikó» (K. Ildikó Sziciliából)NAPJAINK POSTÁJÁBÓLTegdes Ágnes – Debrecen (H) <strong>2010</strong>. 06. 17 12:34Tisztelt Tamás-Tarr Melinda!Már huzamosabb ideje követem figyelemmel <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>című internetes folyóiratát, melyet nagyon értékes forrásnak tekintek,többek között tanulmányaim szempontjából is.Tegdes Ágnes egyetemi hallgató vagyok, s immár lassan egy éveélek és tanulok Ferrarában. Magyarországon a debreceni egyetempolitológia és italianisztika szakos hallgatója vagyok, Ferrarábanazonban a jogi egyetemre járok. Eddig az Erasmus nevű ösztöndíjjaltanulhattam kint, de ez sajnos lejárt ez év júniusában.Nagyon megörültem, mikor "ráakadtam" Önre, illetve irodalmitevékenységére, hiszen ezen munkák nagyon nagy segítségetjelentenek majd a szakdolgozatomhoz is. Megtetszett az Öntevékenysége, munkássága, életrajzát is elolvasva a honlapon,hasonlóságokat véltem fölfedezni az én olaszországi kintlétemmelkapcsolatban, így aztán arra gondoltam, felkeresem Önt levélben,remélem nem veszi tolakodásnak!Egy kérdés is megfogalmazódott bennem, méghozzá az, hogyszámomra nem lenne-e valamilyen lehetőség, hogy az újságbanpublikáljak, vagy bármilyen nemű munkát végezhessek. Korábbanhazai lapokban (Művészet és Barátai című irodalmi folyóirat) márjelent meg recenzióm, most is több könyv recenzionálásávalfoglalkozom.Válaszát előre is nagyon hálásan köszönöm, munkájához őszintegratulációm, s a továbbiakhoz sok sikert kívánok!Üdvözlettel:Tegdes Ágnes<strong>2010</strong>. 06. 27. 14:34Kedves Tamás-Tarr Melinda!Nagyon köszönöm kedves válaszát!Csatoltan küldök két recenziót. Ezek magyar nyelven vannak, nemtudom, ez jelent-e problémát, ha igen, átfordítom őket.Terjedelemben az egyik 2, a másik 3 oldal. Nem tudom, ez megfelelőlesz-e, természetesen módosítani ezen is tudok.Nagyon hálás vagyok Önnek ezért a lehetőségért, számomra ez egyhatalmas lehetőség és büszkeséggel tölt el!Várom válaszát!Üdvözlettel:Tegdes Ágnes<strong>2010</strong>. 06. 29. 13:00Kedves Melinda!Őszintén köszönöm a lehetőséget és a kedves fogadtatást!Csatoltan küldöm a képeket a könyvekről. Madarász Imre kötetérőlcsak az internetről tudtam letölteni képet, ugyanis a könyv már nincsnálam, remélem nem gond. A másik, Szabó Tibor könyvéről énkészítettem 2 fényképet. Ha nem megfelelőek, azonnal készítekmásikat, nem probléma!A fordítással kapcsolatban, nagyon szívesen elkészítem. Anyanyelvűolasszal azonban csak július 10-e után tudom átnézetni, akkormegyek ugyanis vissza Ferrarába. Nem tudom, ez megfelel-e mégÖnnek? Ebben az esetben, ahogy javasolta is, lehet, hogy rövidítenékrajta, mindkettőt 1-másfél oldalra. Természetesen ha ez sok, vagyéppen kevés, nagyon szívesen átírom úgy, hogy megfelelő terjedelműlegyen.A honorárium, őszintén szólva, meg sem fordult a fejemben, nekemmár ez hatalmas siker, hogy egy ilyen színvonalú folyóiratbanpublikálhatok![...]Hálásan köszönöm előre is!! További jó munkát kívánok!Üdvözlettel:Tegdes ÁgnesCsordós Róbert – Veszprém (H) <strong>2010</strong>. 07. 02. 09:00Tisztelt Asszonyom!Nagyon köszönjük, hogy megküldte könyvtárunk részéreaz <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong> 75-76. számát, és a Da padre a figlio címűkiadványt. Elhelyezzük állományunkban és olvasóink rendelkezésérebocsátjuk.Üdvözlettel:Csordós RóbertkönyvtárosEötvös Károly Megyei Könyvtár és Közművelődési Intézet8200 Veszprém, Komakút tér 3.Dr. Józsa Judit – Pécs (H) <strong>2010</strong>. 07. 02. 11 :20Kedves Melinda, édesapám hívott, megkapta a számot, most nézegetinagy boldogan.Köszönöm szépen!JuditDr. Paczolay Gyula – Veszprém (H) <strong>2010</strong>. 07. 02. 14:11Kedves Melinda !A új számot a mai postával köszönettel megkaptam - Kellemes nyaratkívánok !Paczolay Gyula241OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


Hollóssy Tóth Klára – Győr (H) <strong>2010</strong>. 07. 02. 15 :05Szia Édes Melindám!Megyek le a postára, hát mit mondanak? Van egy csomagom.Szívrepesve bontom ki, és nagyon örültem. Melindám! Köszönöm!Százszor köszönöm a munkád, amit teszel értem, értünk. Hogyhálálhatnám meg, mondd? Köszönöm a fordítást különösen! Tudom,miért tetted, hogy olvashassa saját nyelvén, olaszul, aki szeretné!Köszönöm neked!!!!Képzeld megkaptam a két leveledet is. Hol kallódhatott? Kérlek írdmeg nekem, mire kell rákattintanom, hol kell keresnem a magyarverseket, mert ott, ahol kellene, a Testvérmúzsáknál, azt írja ki, hogyhibás a lap, és nem lehet megtalálnom.Annyira értékes ez a lap, ahogyan már többször is írtam, és ilyenkorrettenetesen sajnálom, hogy nem tudok olaszul!!! Az olasz nagyonhasonlít a spanyolra! Gondoltam megtanulom, meg tudnámszerinted? Hol tudnék utánanézni a nyelvtanárnak??? Mit tanácsolsz?Olyan jó lenne érteni az olasz szövegeket!!! Mit tehetek ennekérdekében? Van a neten erre jó és hathatós segítség? Vagy nekísérletezzek vele, nem megyek így semmire? Úgy megpróbálnám!Melindám még egyszer köszönöm önfeláldozó munkádat! Hakigondoltad miben tudnám viszonozni, kérlek írd meg! Bármibensegítek, ha szükséged lenne rá és tudok!Tábory Maximot honnan ismered, a Lantról csak, vagy máshonnan is?Úristen, az ő verseivel is mennyit dolgozhattál!!! Kerestem a Lanton,de már nincsen fenn. Kár, jó verseket írt.Ölellek, köszönve ezerszer újra mindent neked!További szép nyarat kívánok, sok szeretettel és sok puszival,öleléssel: KláraErdős Olga – Hódmezővásárhely (H) <strong>2010</strong>. 07. 02. 20:44Kedves Melinda!Köszönöm szépen az értesítést és a legújabb O/L számot is.Ma este érkeztünk haza Hévízről, így az emailjét kicsit megkésveolvasom, viszont időközben ideért a folyóirat is.Nagyon jó pihenést kívánok Önnek a nyár hátralevő részére! Ami azemlékkötetet illeti, várom majd az értesítést annak megjelenéséről is,hogy tudjak vásárolni belőle.Szeretettel ölelem,OlgaDr. Paczolay Gyula – Veszprém (H) <strong>2010</strong>. 07. 05. 09:54Kedves Melinda !A hét végén átfutottam a gazdag tartalmú számot. Őszinténgratulálok hozzá. Úgy gondolom, hogy az ELTE Folklore IntézeteKönyvtára is örülne, ha kaphatna egy példányt a Da padre a figliokötetből. (Vagy ha a nyáron erre járna és hoz egyet Veszprémbe, énis eljuttathatom nekik.) Én nem nyaralok, a Baranyai Decsi anyagondolgozom, amiért egy fillért sem fogok kapni, de csinálom, mert nincsmás, aki ezt megtenné. Sajnos sok plusz munkát okoznak azok, akikahol és ahogy csak lehet, szándékosan akadályozzák a munkámat.Egy másik, sajnos nem elhanyagolható tény, hogy novemberben - hamegérem - betöltöm a nyolcvanat.Szeretettel üdvözliPaczolay GyulaKiss László/Oszk – Budapest (H) <strong>2010</strong>. 07. 05. 11:41Tisztelt Asszonyom!Köszönettel megkaptuk az <strong>Osservatorio</strong> letterario 75/76. számát.Üdvözlettel.Kiss Lászlógyarapító referensOrszágos Széchenyi KönyvtárPálmann Judit /EKMK– Veszprém (H) <strong>2010</strong>. 07. 05. 11:58Tisztelt Hölgyem!A küldemény megérkezett <strong>2010</strong>. július 2-án. Még egyszer nagyonköszönjük adományát.Pálmann JuditigazgatóEötvös Károly Megyei Könyvtár és Közművelődési Intézet8200 Veszprém, Komakút tér 3.Ornella Fiorini – Ostiglia (Mn) <strong>2010</strong>. 07. 07. 13:33Cara Melinda,stamattina ho ricevuto la tua interessante rivista, volevo ringraziarti -anche- per 'l'informazione' relativa al 'reading-cicloPoEtica <strong>2010</strong>'.Ho visitato il sito dell'evento e ho lasciato una 'specie' di commentoche commento non è ...Più che altro ho usufruito dello spazio per dire agli organizzatori che,se farà loro piacere, potrebbero visitare il mio sito e valutare, poichéla tappa del prossimo 7 agosto si farà qui vicino a casa mia, lapossibilità di un mio intervento.Non ho formulato, comunque, nessuna richiesta al riguardo, peròalmeno (sempre se vorranno visitare i links), sapranno che tra me e ilFiume c'è un dialogo lungo da più di trent'anni...Grazie anche a te, per questa attenzione...Un caro saluto, e buona estate.OrnellaZimányi Magdolna – Budapest (H) <strong>2010</strong>. 07. 09. 10:28Kedves Tamás-Tarr Melinda,nagy örömet szerzett levelével. Ahhoz hasonlíthatnám az érzést, mintamikor az egykori tengerész, vagy hajótörött évek múlva értesülarról, hogy a levél, melyet egy tengerbe dobott palackba zárt, évekmúltán végül eljutott a címzetthez.Nagyon köszönöm a szép méltatást, melyet a könyvről írt az<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>ban.A könyvküldés előzményeként az Ön egyik listalevelére emlékszem,amely talán 2000-2002 körül íródhatatott. Sajnos, nem sikerültmegállapítanom, melyik levelezőlistán is olvastam. A könyvtárosokKATALIST listájának archívumában eredménytelenül kerestem. Talána MEK listán, vagy a HIX valamelyik levelezőlistáján olvashattam?Mindenesetre egy olyan levélre emlékszem, amely azt panaszolta,hogy a külföldi magyar intézetek, magyar tanszékek, lektorátusokkönyvtárainak nem elég jó a magyar könyvekkel való ellátása.Ez az "Egy Pesti Polgár Európában" akkoriban jelent meg, s mivel úgygondoltam, hogy sok itáliai vonatkozása miatt talán érdekes is lehet,postára tettem.Nagyon örülök, hogy a könyv végül valóban érdekesnek ésismertetésre érdemesnek találtatott. Még egyszer nagyon köszönöm.A könyv utóéletéről talán annyit tennék hozzá, minden bizonnyalráirányította a figyelmet Giergl Henrik üvegművészi tevékenységéreis. A könyv minden bizonnyal hozzájárult ahhoz, hogy a BudapestiTörténeti Múzeum 2006-2007-ben kiállítást rendezett"Művészgenerációk - A Györgyi-Giergl család három évszázada"címmel, ahol Henrik, valamint a kiterjedt család más művésztagjainakmunkásságát is bemutatták. A kiállításnak meglehetős sikere volt.Katalógusából is szívesen küldenék, de sajnos, már teljesenelfogyott . Összefoglaló képet lehet azonban kapni róla awww.giergl.hu honlapról, amelyet ajánlok szíves figyelmébe.Ha már levelezünk, felvetnék még egy kérdést. A MagyarElektronikus Könyvtárnak (MEK) közreműködője vagyok, aközelmúltig elnökségi tagja is voltam. A MEK-be belepillantva azalábbi dokumentumok mellett fedezem fel a Tamás-Tarr Meiindanevet:Da padre a figlioFiabe e leggende popolari magiarehttp://mek.oszk.hu/00800/00868 - OK 2003-06-17Le voci magiareTraduzioni delle opere letterarie ungheresihttp://mek.oszk.hu/00200/00218 - OK 2002-07-22Traduzioni = FordításokPróza = Prosahttp://mek.oszk.hu/00200/00217 - OK 2002-07-21Traduzioni = FordításokPoesie = Versekhttp://mek.oszk.hu/00200/00216 - OK 2002-06-23Jókai Anna: A reimsi angyalhttp://mek.oszk.hu/02600/02626 - OK 1997-12-18Tisztelettel kérdezem, hogy nem lenne-e lehetséges továbbidokumentumokat is eljuttatni a MEK-nek? A fordított kérdés isérdekes: esetleg volnának-e olyan javaslatok, hogy milyen művekneka MEK-be való felkerülése lenne hasznos az oktatásban?A MEK közlési lehetőségei természetesen a szerzői jog általkorlátozottak. Szerencsére sok esetben sikerül szerzői hozzájárulástszereznünk védett művekre is.Azzal zárom, amivel kezdhettem volna is: talán egyszerűbb leveleznitegeződve: én vagyok az idősebb.Sok köszönettel és szíves üdvözlettelZimányi MagdolnaScaffidi-Nagy Marianna – Montalbano Elicona (Me)<strong>2010</strong>. 07. 09. 21:11Kedves Tanárnő!Igazából már régóta tervezem azt, hogy tollat fogok és levélbenmegköszönöm mindazt, amit az olvasókért tesz a színes, gazdag,sokoldalú, információkkal teli irodalmi folyóiratán keresztül.Bár már 18 éve lakom itt Sziciliában, de csak pár éve fedeztem fel azO.L.F.A.-t, miközben magyar verseket kerestem olaszul az interneten.A fordítások annyira megtetszettek, hogy a lányaimat is arraösztönöztem, próbáljanak ők is magyarról olaszra fordítani. Itt242OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


születtek, itt nőttek fel, s bár tudnak magyarul, természetesenmégiscsak az olasz nyelv és identitás dominál náluk. Eddig a magyarmindig túl bonyolultnak hatott, most viszont oldódni kezd a jég.Kitűnő tanárjaik itt megszerettették velük az olasz irodalmat, talánennek hatására az érdeklődésük egyszercsak magától (s ez fontosvolt számomra) elindult a magyar "kultúra" felé. Ennek jele az a kiskönyv, amit Giorgia küldött és amire kíváncsian vártuk avéleményét. A kötet megjelenése az itteni irodalomszeretők ésművelők segítségének köszönhető.Ezúttal szeretném megköszönni az Ön lelkes véleményét, s afelkínált segítséget örömmel fogadjuk. Mert bár "magyarnak lenninagyon nehéz, de nem lehetetlen." Jómagam is érzem, hogy ha nemteszek erőfeszítéseket ahhoz, hogy ne felejtsem el a magyarbeszédet, együtt a történelemmel, a kultúrával, amihez tartozom,akkor nemcsak hogy én el fogom felejteni, de a saját gyerekeimmelsem fogok belőle megértetni semmit, tehát utánam már elveszik.Nagyra értékelem tehát azt a rengeteg munkát, amit ebbe fektet, azt,hogy a magyar nyelvet itt Olaszországban is megszeressék,tanulhassák és taníthassák.Kitartó munkájához kívánok nagyon jó egészséget!Szívélyes üdvözlettel:Nagy MariannaDr. Szirmay Endre – Kaposvár (H) <strong>2010</strong>. 07. 12.Dr. MELINDA TAMÁS-TARRÍrónő, kritikusegyre kevesebb idő jut olvasni, egymásra is. Én örülök annak, hogyvannak olyan emberek, mint Ön is és az eredeti családja, akik erreeddig is vigyáztak és most is ezt teszik.Giorgia Scaffidi – M. Elicona (Me) <strong>2010</strong>. 07. 16. 11:40Gentile Professoressa,La ringrazio per l'e-mail, le auguro anche a Lei di trascorrere unabuona estate. La saluto anche da parte dei miei nonni che come mehanno ammirato e apprezzato "L'osservatorio letterario" e la stimanoper quello che fa e continuerà a fare, mettendosi a disposizione deglialtri sia dal punto di vista umano che da quello culturale eprofessionale.Le auguro buone vacanze con stima e affettoGiorgia ScaffidiCsernák Árpád – Kaposvár (H) <strong>2010</strong>. 08. 29. 1:34Kedves Melinda, tegnap Utassy József is meghalt. El kell némulni...De a sok fájdalom mellett, amit az idei augusztus hoz (hozott), nagyöröm számomra, hogy (Papp Árpádnak köszönhetően) egy ilyenremek embert ismerhettem meg mint Ön. Küldöm külön-külön anovellákat.Tisztelettel és szeretettel: ÁrpádAmerico Oláh – Cypress CA (U.S.A.) – Debrecen e Gyula (H)OSSERVATORIO LETTERARIO44121 FERRARAITALIAIgen Tisztelt Asszonyom!Kedves Kolléganő!Tegnap kaptam meg Kehidai Kláritól a ferrarai OSSERVATORIOLETTERARIO legutóbbi számát.Örömmel olvastam, hogy felelősséggel számon tartja az itthoni,vidéki irodalom munkásságát. Ezt bizonyítják Papp Árpádról és dr.Szijártó Istvánról közölt írásai is. Meglepetéssel tapasztaltam, hogyrólam, sőt öt éve elhunyt kedves Feleségem munkásságáról isrészletes tájékoztatást adott közre. Gratulálunk és köszönjük!Mivel a látásom nagyon megromlott, kénytelen voltam szerénylevelemet géppel írni.Mellékelten küldöm szeretettel legutóbbi kötetemet.Ez a könyvecske* tömör tájékoztatást ad eddigi, irodalmimunkásságomról.Önnek további eredményes munkát kívánok!Tisztelettel:Dr. Szirmay Endre7400 KAPOSVÁR* Szirmay Endre: Nem volt hiába (Versek és versfordítások), Kaposvár2009.(Örökség, Kaposvári Kiskönyvtár 36.; sorozatszerkesztők: PappÁrpád, Szijártó István, Szili Ferenc; Olvasószerkesztő: Király Lajos,Műszaki szerkesztő: Várnai Károly)Enrico Pietrangeli – Roma <strong>2010</strong>.07.13. 16:19Cara Melinda, Ti porto anzitutto la buona novella che, stamani, larivista è finalmente pervenuta a destinazione … Sono riuscito a dareun‘occhiata all‘indice del numero … grazie per la poesia!Un abbraccio e a prestoEnricoZimányi Magdolna – Budapest (H) <strong>2010</strong>.07.13. 17:01Kedves Melinda,Örülök, hogy a kötet ilyen gyorsan felkerült, jóvá téve a korábbi"elkeveredést".Várjuk a MEK-ben további köteteidet. Még egyszer gratulálok szépmunkáidhoz. További jó munkát és sok sikert kívánok!BarátsággalZimányi MagdolnaDr. Szűcs Tibor – Pécs (H) <strong>2010</strong> 10. 19. 17:56Kedves Melinda!Kb. két hét múlva jön ki a nyomdából az Évkönyv*. Majd akkorküldök is belőle. (Milyen postai címre is?) [...]Kérlek, ne haragudj a hosszú hallgatás miatt, de nehéz idők állnakmögöttem, s még ki sem kerültem a nagy időzavarból. [...]Az Évkönyv végsőre szerkesztése és két korrektúrafordulója iselhúzódott. [...][...] ezúton köszönöm meg hálásan szép küldeményeidet. Bő ésszínvonalas termésedből látom, hogy Te viszont azért mégsemkerültél ilyen időzavarba, pedig soraidból érzékelem, mostanában semtétlenkedsz.Addig is csatolmányban továbbítok egy (többszörösen ismegkapott) szép diás mellékletet arról [...]!Az itt olvashatógondolatok, idézetek, vers stb. már régóta beépültek hungarológiaiGiorgia Scaffidi– Motalbano di Elicona (Me) <strong>2010</strong>. 07. 14. 17:17 óráimba. Különösen a nyelvünk különlegességét vallók.Köszönöm a baráti hangú levelet, sajnos tényleg nagyon lehangoló, S lám, milyen érdekesen egybeeső időzítéssel vált be Mezzofantinéha már tarthatatlan az a mindennapi sietség, amivel a legtöbb jóslata: 1823-ban megszületett Petőfink és Himnuszunk! [...]ember napja elmegy, a kenyérkereset, egy kis jólet utáni vágy, vagy [...]éppen a luxus fenntartása miatt. Aztán tényleg nem lehet csodálkozni Áldásos missziódhoz további kitartást, energiát és jó egészségetaz ember negatív tulajdonságain. Kiürül a szókincs, kiürülnek az kívánok.érzelmek, maga az ember is széthullik. Egyre nehezebb a helyzet, és Sok szeretettel: Tibor243OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


* N.d.R. Hungarológiai Évkönyv XI., Pécsi Tud.egyetemBölcsészettud. Kara, Pécs/Dialóg Campus Kiadó, Pécs <strong>2010</strong> A magyaregyetemek hungarológiai műhelyeinek kiadványsorozata, amelybenbemutatkozik periodikánk:V. HUNGAROLÓGIA A NAGYVILÁGBAN:Bemutatkozik az <strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>B. TAMÁS-TARR MELINDAEgy olaszországi hungarikum: a ferrarai olasz–magyar kulturálisés irodalmi folyóirat – hungarológiai aspektusaivalE bemutatkozásnak lényegesen bővítettebb internetes változata:http://www.osservatorioletterario.net/hungaricum_osservatorioletterario.pdfDr. Czakó Gábor – Budapest (H) <strong>2010</strong>. 11. 08. 15:50Kedves Melinda,A magyar nyelv elképesztően élvezetes!Dec. 6-án, a történelemben először Czuczor-Fogarasi konferenciátrendezünk a Várban, profi nyelvészek fognak Czuczorozni. Elküldöm ameghívót.Szeretettel: czgDr. Paczolay Gyula – Veszprém (H) <strong>2010</strong>. 11. 16 09:26Kedves Melinda !Remélem, hogy kellemesen töltötte a nyarat. Mellékelten küldökegy ismertetést egy kibővített kiadásban most megjelent kiskönyvről. Talán érdekli. A Heti Válasz is közölt róla ismertetést.Szeretettel üdvözliGyulaAmerico Oláh – Cypress CA (U.S.A.) <strong>2010</strong>. 11. 16 18:53Melinda kedves!Ez az értesités a napokban érkezett Michelangelótól.Maga tud róla?Szívélyes üdvözlettel: ImreEurasian Archaeology, Eurázsiai régészet, ŐshazaFurther archaeological, anthropological, historical, and geneticevidence of some Middle Age migrations from Central Asia to Europehas been published on Michelangelo.cn (to Erdély and Hungary; toSzékelyföld, Romania; to Varese, Italy; to the French Basqueterritory; to Astrakhan, Russia; to Berberland, north Africa...).Recent uploads are listed in the page "News" and the correspondinglinks are in red in the texts of the pages of the website.Coming soon: "Genetics", "Erdély and Dacia" (The Daco-Romans),"The Huns".jelenleg legnépszerûbb, Glee c. televíziós sorozatának vezetõszínésze, Iqbal Theba is adományozott a katasztrófa áldozatainak.Szeretnénk köszönetet mondani mindenkinek akik önzetlensegítséget nyújtottak: James Allen, Wilson & Amada Benitez, GeorgeBenko, Jozsef Bereczki, Jeno & Amarill Bognar, Katalin Deak, EndreDobai, Endre & Zsuzsa Dobay, Daniel Gaspar, Agnes Greskovics-Fovenyi, Pal Greskovits, Ferenc Horvath, Pal Katona, Valeria Katona,Karl & Lillian Kliewer, Laszlo Klima, Gabor Koranyi, Eva Kovacs,Sandor & Judith Mate, Eva Matte, Margit Melichner, Sandor Olah, RobPatterson, Anna Schaffer, Kathe Schindler, Kati Seress, Ferenc & JuditSidlo, Dr. Sieghardt, Joseph Spring, Thomas Spring, Eleonora Stevko,Sandor Szoboszlai, Iqbal Theba, Laszlo Vandor, Istvan & GyongyiVemi és több magát megnevezni nem kívánó személy.A produkció még tavaly nemzetközi vetítéssorozatot hirdetett '56 ANAGYVILÁGBAN címmel. A program célja az, hogy minél többhelyre eljuttassa a magyar forradalom üzenetét. A New Jersey-i (USA)és Queensland-i (Ausztrália) egyetemek és középiskolák után, ebbena hónapban Houston, Texasban került bemutatásra A lyukas zászlómelynek otthont - érdekes módon - a helyi Cseh Centrum és Múzeumadott. A film Kaliforniában további meghívásokat kapott melyeknek aprodukció novemberben fog eleget tenni.A nyolcszoros díjnyertes A lyukas zászló c. alkotás széleskörûmagyarországi bemutatása - magyarországi támogatás teljeshiányában - még mindig várat magára. Reméljük ez a helyzethamarosan változni fog.Tisztelettel,A lyukas zászló (Torn from the Flag)Erdős Olga – Hódmezővásárhey (H) - Krakkó (PL)Némi Közép-Ázsiából Európába Erdélybe és Magyarországra;Székelyföldre, Romániába; Varese-be Olaszországba; a francia baszkterületre, Asztrahánba Oroszországba; Berberföldre Észak-Afrikába...)irányuló középkori népvándorlás további régészeti, antropológiai,történelmi és genetikai bizonyítékairól a Michelangelo.cn oldalonolvashatnak.A legutóbb feltöltött anyagok a "News" oldalon találhatóak, avonatkozó linkeket a weboldal szövegén belül pirossal jelöltem.Hamarosan várható: "Genetika", "Erdély és Dacia" (a dáko-románok),"A hunok".Dr. Umberto Pasqui – Forlì (FC) <strong>2010</strong>.11. 16 19:26Ciao!Oggi ho ricevuto i libri... sono veramente belli! È stato un ottimolavoro.Grazie ancora e alla prossima!UmbertoTorn from the Flag/A lyukas zászló <strong>2010</strong>. 11. 17 18:07Tisztelt Olvasók! Hölgyeim és uraim!Ezúton tájékoztatjuk a többszörös díjnyertes A lyukas zászló c.szociopolitikai, történelmi dokumentumfilm-thriller legújabbsikereirõl.Magyarország legnagyobb ökológiai katasztrófájára reagálva,megmozdult A lyukas zászló (Torn from the Flag) c. produkció is. ALos Angelesben található San Fernando Völgyi Református Egyházzalösszefogva, október 23.-án jótékony célú filmvetítést tartottak melysorán félmillió Forint támogatást gyûjtöttek össze. Az összeget azegyház fogja átutalni a Magyar Kármentõ Alap részére jövõ héten.Külön említést érdemel, hogy a film alkotója Kovács Klaudia -hollywoodi kapcsolatai révén - olyan mûvészek támogatását ismegnyerte, akiknek nincs magyar kötõdésûk. Amerikahttp://www.osservatorioletterario.net/http://epa.oszk.hu/01800/01803http:www,testvermuzsak.gportal.huhttp://www.osservatorioletterario.net/OLFA-hirek.htm244OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


245OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>


EDIZIONIO.L.F.A.PoesieRaccontiSaggiAntologie & volumiindividuali246OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l‘Altrove A<strong>NN</strong>O <strong>XIV</strong>/<strong>XV</strong> – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. <strong>2010</strong>/<strong>2011</strong>

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