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libertàciviliPrimo Piano /<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>In questo numero interventi di: Ban Ki MoonCorrado BeguinotGraziano DelrioChiara GiaccardiMario GiroMarco OmizzoloFranco P<strong>it</strong>tauVincenzo ScottiFrancesco VecchioBIMESTRALEDI STUDIE DOCUMENTAZIONESUI TEMIDELL’IMMIGRAZIONE


libertàcivili4/11DELL’IMMIGRAZIONEBIMESTRALEDI STUDIE DOCUMENTAZIONESUI TEMI


libertàcivililibertàciviliBIMESTRALEDI STUDIE DOCUMENTAZIONESUI TEMIDELL’IMMIGRAZIONEPrimo Piano / <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>In questo numero interventi di: Ban Ki MoonCorrado BeguinotGraziano DelrioChiara GiaccardiMario GiroMarco OmizzoloFranco P<strong>it</strong>tauVincenzo ScottiFrancesco VecchiolibertàciviliRivista bimestrale del dipartimentoper le Libertà civili e l’Immigrazionedel ministero dell’InternoPiazza del Viminale 1- 00184 Romatel. 06 46525869fax 06 4827209<strong>libertacivili</strong>@interno.<strong>it</strong>redazione.<strong>libertacivili</strong>@interno.<strong>it</strong>info.<strong>libertacivili</strong>@interno.<strong>it</strong>Com<strong>it</strong>ato scientificoPresidenteEnzo CheliVice presidenteemer<strong>it</strong>o della Corte cost<strong>it</strong>uzionaleComponentiVincenzo CesareoProfessore ordinario della facoltàdi Scienze pol<strong>it</strong>iche - Univers<strong>it</strong>àcattolica del Sacro Cuore - MilanoMario GiroResponsabile per le relazioniinternazionaliComun<strong>it</strong>à di Sant’EgidioAntonio GoliniProfessore ordinario di Demografia- facoltà di Scienze statistiche -Univers<strong>it</strong>à degli studi di Roma“<strong>La</strong> Sapienza”Angelo MalandrinoPrefetto - Autor<strong>it</strong>à responsabiledel “Fondo europeoper l’integrazione di c<strong>it</strong>tadinidi Paesi terzi” 2007-2013Mario MorcelliniPreside della facoltà di Scienzedella comunicazione - Univers<strong>it</strong>àdegli studi di Roma “<strong>La</strong> Sapienza”Riccardo CompagnucciPrefetto - vice capo dipartimentovicario per le Libertà civilie immigrazioneSerenella RavioliResponsabile ufficiocomunicazione ist<strong>it</strong>uzionaledel ministero dell’InternoGiuseppe RomaDirettore generale CENSISDirettore ed<strong>it</strong>orialeAngela PriaPrefetto - capo dipartimentoper le Libertà civilie l’ImmigrazioneDirettore responsabileGiuseppe SangiorgiRedazioneAlessandro GrilliClaudia SvampaResponsabile organizzativoStefania NassoProgetto graficoStudio Francesca CantarelliMilanoFotografieCopertina © Frontepagina;pag. 22 © Mark Garten | UN Photo;pag.31 © Daniel T.Yara-morgueFile.com;pag.43 © Alberto Bordi;pag.50 © Associazione Esenosen;pag.55 © Ian J.Young-morgue-File.com; pag.69 © KevinConnors-morgueFile.com;pag.91 © Eskinder Debebe | UNPhoto; pag.106 © Alex France-morgueFile.com;pag.109 © Africa FreeDig<strong>it</strong>alPhotos;pag.132-136-142 © FondazioneMondo Dig<strong>it</strong>ale;pag.146-148 © morgueFile.com;pag.154 © Luke Powell | UN PhotoCopertinaStudio Francesca CantarelliAutorizzazione Tribunale di Milanon. 579 del 18.12.2009Bimestrale - Poste Italiane SpaSped. in Abb. Post. - D.L.353/2003(conv. in L. 27.02.2004 n.46)art.1, comma 1 DCB MilanoCopyright © 2011by Ministero dell’InternoStampaTipografia Iprint SrlVia Tiburtina Valeria km 18,30000012 Guidonia-Montecelio RomaAnno IIQuarto bimestre 2011fin<strong>it</strong>o di stampare ottobre 20112 2011 luglio-agosto


Ed<strong>it</strong>orialeCostruire una nuova polis che rimetta al centro l’uomodi Angela Pria 5L’interventoLe c<strong>it</strong>tà, i veri “hub” nell’era della mobil<strong>it</strong>àdi Ban Ki Moon 7IndicePrimoPiano<strong>La</strong> road map della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>di Giuseppe Sangiorgi (con Corrado Beguinot) 11Il documento finale della conferenza 15<strong>La</strong> scheda/ I contenuti del progetto 17<strong>La</strong> crisi delle c<strong>it</strong>tà del mondo: cause, rimedi, iniziativedi Vincenzo Scotti 21I pericoli della crisi libica per la sopravvivenzadelle nuove c<strong>it</strong>tà multiculturali nel Saharadi Mario Giro 25Hong Kong e Guangzhou: dall’Asiaesempi di metropoli interetnichedi Francesco Vecchio 28Aperta, sicura, collaborativa: la “c<strong>it</strong>tà delle persone”esiste ed è in val PadanaColloquio con Graziano Delrio (sindaco di R.Emilia) 35<strong>La</strong> partecipazione pol<strong>it</strong>ica quale strumentodi inclusione nell’esperienza dei consiglieri stranierial comune di RomaTestimonianze raccolte da Franco P<strong>it</strong>tau 40<strong>La</strong> via all’intercultura nasce dalla casadi Chiara Giaccardi 46Dalla polis monocentrica ai nuovi spazi social<strong>it</strong>ransurbani e interetnicidi Marco Omizzolo 52I dir<strong>it</strong>ti culturali, la via da percorrerecontro i pericoli del “comun<strong>it</strong>arismo”di Roberto Mongardini 62Le RubricheEuropaC<strong>it</strong>tà etniche al centro dell’Europadi Andrea Fama 74<strong>La</strong> Commissione europea approvail Programma annuale 2011 del Fei 79Dir<strong>it</strong>to d’asiloCooperazione europea e sistema comune d’asilo:iniziative e propostedi Enzo Rossi 80Uomini e donne in fuga: il Rapporto 2010 dell’Unhcr 89libertàcivili2011 luglio-agosto3


Indice<strong>La</strong>borDa beneficiari a “creatori” di welfare:i lavoratori immigrati negli archivi Inpsdi Maria Paola Nanni 92Immigrati: oltre il 70% ha un conto corrente.Quasi sette imprend<strong>it</strong>ori su 10 sono stranieriDialogo interculturale<strong>La</strong> mediazione interculturale nel nostro Paese:questioni aperte e prospettivedi Massimiliano Fiorucci 102InsiemeMi impegno, dunque sonodi Raffaele Bracalenti - Attilio Balestrieri 112Oltre la pauraLe trappole amministrative nel rinnovodei permessi di soggiorno per motivi di studiodi Alessia Damonte e Berna Yilmaz 124Il buon esempioPer l’accoglienza integrata… “Ricominciodatre”di Alfonso Molina 134ImaginariumUna canzone per bagagliodi Alberto Bordi 14498Sullo scaffale 150Documentazionee StatistichelibertàciviliPercezione dei richiedenti asilo e flussi in Europaa cura di Luca V<strong>it</strong>ali 153iSteve, goodbye geniusdi Claudia Svampa 1594 2011 luglio-agosto


Costruire una nuova polische rimetta al centro l’uomodi Angela PriaMartin Heidegger ha scr<strong>it</strong>to che “Il costruire ... non è soltantomezzo e via per l’ab<strong>it</strong>are, il costruire è gia in se stessoun ab<strong>it</strong>are”.Questa osservazione, in sé apparentemente semplice,sottende una serie di implicazioni molto delicate, perché investonogli “archetipi” culturali di una data società.Se il “costruire” è un “ab<strong>it</strong>are in potenza”, ciò vuol dire anche cheil “costruire” porta in sé un’idea o, se si preferisce, un “progettoideale” del dove e del come una data società decida di vivere.Dovremmo, allora, chiederci cosa significhi, in Italia, costruireuna c<strong>it</strong>tà.C’è stata un’epoca nella quale intellettuali, uomini di governo,arch<strong>it</strong>etti e filosofi proposero al riguardo il progettodi una “c<strong>it</strong>tà umanistica”, dove la persona umana veniva postaal centro del costruire e dell’ab<strong>it</strong>are e dove il costruire e l’ab<strong>it</strong>areerano entrambi posti in funzione del “bello”, valore che la culturaclassica, greca e latina, aveva tenuto in altissima considerazionee che l’Umanesimo e il Rinascimento avevano riscoperto e studiato.Tutto ciò è emblematicamente riassunto nel famoso dipintoquattrocentesco “<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà ideale”, che nuovi studi hannorecentemente attribu<strong>it</strong>o alla mano di Leon Battista Alberti,autore del “De Re Aedificatoria” e poliedrico intellettualedel nostro Rinascimento.Oggi quella proposta culturale di mettere l’uomo al centrodella polis può essere, in chiave moderna, recuperata, aggiornatae messa in pratica secondo alcune coordinate normative offertedalla nostra Cost<strong>it</strong>uzione: la tutela della persona umana(art.2 Cost.), la promozione dello sviluppo della cultura(art.9 Cost.) e la tutela del paesaggio e del patrimonio storicoe artistico della Nazione (art.9 Cost.).Alla luce di tali principi è, quindi, possibile immaginareun progetto di “c<strong>it</strong>tà ideale” anche per l’Italia del XXI secoloEd<strong>it</strong>orialelibertàcivili2011 luglio-agosto5


Costruire una nuova polis che rimetta al centro l’uomoEd<strong>it</strong>orialeed elaborare pol<strong>it</strong>iche urbanistiche che definiscano un “costruire”organico e razionale.Abbiamo urgentemente bisogno di c<strong>it</strong>tà ancor più integratefra centro e periferia e di periferie che, a loro volta, siano il centrodinamico di aree metropol<strong>it</strong>ane più vaste o siano il tra<strong>it</strong> d’unioncon le campagne circostanti. Abbiamo bisogno di c<strong>it</strong>tà moderneche siano non solo funzionali alle esigenze e ai tempi,talvolta frenetici, della modern<strong>it</strong>à, ma anche belle da vedersie da “ab<strong>it</strong>are”. Abbiamo bisogno di c<strong>it</strong>tà aperte al nuovo,come quelle del Rinascimento, le quali, svest<strong>it</strong>i i panni dei centrifortificati del Medioevo, si proposero come luoghi d’incontro,di cresc<strong>it</strong>a civile, d’arte e di cultura.Per dirla con Heidegger abbiamo, in defin<strong>it</strong>iva, bisognodi un “costruire” che metta in relazione l’uomo e lo spaziocircostante, come un ponte che non si lim<strong>it</strong>i a collegare solamentedue rive già esistenti: “Il collegamento stabil<strong>it</strong>o dal ponte.. fa sìche le due rive appaiano come rive. Le rive, poi, non costeggianosemplicemente il fiume come indifferenziati bordi di terra ferma.Con le rive, il ponte porta continuamente di volta in voltaal fiume l’una e l’altra distesa del paesaggio retrostante. Esso portail fiume e le rive e la terra circostante in una reciproca vicinanza…riunisce la terra come regione intorno al fiume...”.6libertàcivili2011 luglio-agosto


Le c<strong>it</strong>tà, i veri “hub”nell’era della mobil<strong>it</strong>àL’interventoIl segretario generale dell’Onu: “le comun<strong>it</strong>àottengono risultati migliori quando ognunoha un ruolo e la possibil<strong>it</strong>à di mostrare il suopotenziale”. È la chiave per la convivenzanelle sovraffollate aree urbane del futurodi Ban Ki MoonSegretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Un<strong>it</strong>eLe personevarcanosempre di piùi confinidegli Statiper trovareuna v<strong>it</strong>amiglioree le c<strong>it</strong>tàsono i centridell’azione,i magnetidove entranoin contattofra loroe coesistonoPubblichiamo il discorso tenuto dal segretario generaledell’Onu, Ban Ki Moon, in occasione della conferenza internazionale“<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>” (The Interethnic C<strong>it</strong>y) del1 giugno scorso a Roma, evento collocato all’interno dellecelebrazioni del 150° anniversario dell’Un<strong>it</strong>à d’Italia.Sono felice di trovarmi qui. Voglio ringraziare i nostri osp<strong>it</strong>i,il ministero <strong>it</strong>aliano degli Esteri che ha organizzato questo eventosotto il patrocinio dell’Alleanza delle civiltà delle Nazioni Un<strong>it</strong>e.Mi trovo qui in Italia per unirmi alla celebrazione del 150ºanniversario dell’unificazione <strong>it</strong>aliana. Gli anniversari sonomomenti volti a celebrare il passato, ma dal mio punto di vistaessi in realtà si rivolgono al futuro.Questo è esattamente ciò che la conferenza tratta. Ci siconcentra su questioni centrali del XXI secolo. Come costruiresocietà inclusive? Come promuovere fiducia e rispetto reciprocoall’interno delle comun<strong>it</strong>à? Come beneficiare al massimo dellanostra crescente divers<strong>it</strong>à?Questo difficile comp<strong>it</strong>o richiede un contributo da ognuno di noi. C<strong>it</strong>roviamo in quella che definirei “età della mobil<strong>it</strong>à”. Si tratta di un’erain cui le persone varcano confini in maniera sempre crescente neltentativo di trovare opportun<strong>it</strong>à e speranze di una v<strong>it</strong>a migliore.Le c<strong>it</strong>tà sono i maggiori centri dell’azione, i fulcri, i magneti,i luoghi dove le persone entrano in contatto e coesistono. Entroil 2030, oltre cinque miliardi di persone vivranno nelle maggioric<strong>it</strong>tà del mondo. Già ora metà della popolazione mondiale risiedelibertàcivili2011 luglio-agosto7


L’intervento di Ban Ki Moon alla conferenza sulla c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>L’interventolibertàciviliGli immigratisono unfacile caproespiatorioquandomancanoposti di lavoroe gli stipendisi riducono,ma essicompensanoe nonsost<strong>it</strong>uisconoi lavoratorinazionalie sono spessoaltamenteistru<strong>it</strong>ie qualificatinelle aree urbane. Entro il 2050, ci si attende che questapercentuale salga a due terzi.Che si tratti di minoranze o di immigrati, molte persone grav<strong>it</strong>anoattorno alle c<strong>it</strong>tà per opportun<strong>it</strong>à economiche e per libertà.Tuttavia, le c<strong>it</strong>tà presentano difficoltà sia economiche sia socialinel creare un ambiente inclusivo. In tale clima, si delinea unatendenza ad add<strong>it</strong>are “l’altro” o a vedere “l’altro” come coluiche prosciuga l’economia locale.L’Italia ha accolto molti immigrati in fuga dal caos pol<strong>it</strong>ico, dallapovertà e dall’insicurezza. Spesso vi è disagio nel gestire ladivers<strong>it</strong>à di chi proviene da origini diverse. Infatti, in ogni angolodel mondo, il fenomeno della migrazione è oggetto di accesodibatt<strong>it</strong>o – una leva per provocare tensioni sociali, portare lapol<strong>it</strong>ica verso i suoi estremi, alimentare la fiamma della discriminazionee dell’odio.Gli immigrati e le minoranze divengono un facile caproespiatorio quando vengono a mancare posti di lavoro e gli stipendivengono ridotti. Ma i dati offrono una visione diversa. I migrant<strong>it</strong>endono a compensare, non a sost<strong>it</strong>uire i lavoratori nazionali.Creano una domanda aggiuntiva. Spesso occupano posizionilavorative, le quali vengono trascurate dai lavoratori nazionali,anche in tempi di crisi economica.Dovremmo ricordare che il profilo del lavoratore migrante nonsempre corrisponde al pregiudizio che noi abbiamo. Non sempresono lavoratori sottopagati e poco istru<strong>it</strong>i. Al contrario, in moltiPaesi e c<strong>it</strong>tà rappresentano i migliori e più brillanti professionisti:medici, infermieri, ingegneri e altri esperti altamente istru<strong>it</strong>i. Sonoimprend<strong>it</strong>ori che rilanciano i quartieri e creano nuovi posti di lavoro.Le loro figure sono accolte benevolmente da qualsiasi società.Senza dubbio, in ogni parte del mondo, si può fare molto di piùper costruire luoghi in cui i nativi e i nuovi arrivati si uniscanoper uno scopo comune; luoghi in cui tutte le famiglie possanoaccedere all’istruzione e alla san<strong>it</strong>à e ad altri servizi v<strong>it</strong>ali.Solo pochi decenni fa, l’Italia era un paese di emigrazione.Milioni di <strong>it</strong>aliani emigrarono all’estero, alleviando in tal modola disoccupazione, mentre le rimesse da loro inviate erano fondamentaliper il sostentamento delle loro famiglie. L’Italia hamostrato come la migrazione internazionale possa cost<strong>it</strong>uire unatripla v<strong>it</strong>toria: per i Paesi di origine, per i Paesi di destinazionee infine per i migranti e le loro famiglie.L’Italia dovrebbe portare questa saggezza all’interno deldibatt<strong>it</strong>o globale. <strong>La</strong> migrazione è tra i temi significativi del nostrotempo. Per questo motivo, nel 2006, abbiamo lanciato il Forumglobale su migrazione e sviluppo – una serie di incontri che ha8 2011 luglio-agosto


L’intervento di Ban Ki Moon alla conferenza sulla c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>Il ruolodelle autor<strong>it</strong>à,delleassociazionie dei gruppilocali èfondamentaleper la riusc<strong>it</strong>adellaintegrazionee per unagestioneefficacedelle divers<strong>it</strong>àculturalipermesso ai governi di fare progressi reali su un tema complessoe delicato. Ma dobbiamo fare di più per sfruttare appieno ivantaggi. Nel 2013, l’Assemblea generale organizzerà unsecondo dialogo ad alto livello sulla migrazione internazionalee sullo sviluppo. Questa sarà un’occasione fondamentale per lacomun<strong>it</strong>à internazionale.Il ruolo dei leader locali è fondamentale. Le autor<strong>it</strong>à localisono essenziali per la riusc<strong>it</strong>a dell’integrazione dei migranti edelle altre minoranze etniche, e per la gestione efficace delladivers<strong>it</strong>à culturale. I gruppi locali della società civile possonofar avanzare l’integrazione dal popolo. Le aziende possonoadottare misure speciali per rendere la divers<strong>it</strong>à una prior<strong>it</strong>ànel reclutamento di forza lavoro, procurare nuovi forn<strong>it</strong>ori eraggiungere nuovi clienti. Le fondazioni e gli ist<strong>it</strong>uti di istruzionelocali possono fornire alle persone di etnie diverse spazi sicuriaffinché possano discutere delle loro differenze e agire per i loroobiettivi comuni.Signore e signori, sono pienamente consapevole della difficoltàdi questo argomento.Viviamo in un mondo dove troppo spesso la divisione èpresente. Essa vince voti e prende punti. È molto più facileaccusare gli altri invece di noi stessi. Eppure, ovunque io vada,ho trovato qualcosa d’altro – una crescente consapevolezzadel trovarci in questo insieme. Una comprensione più n<strong>it</strong>idadelle c<strong>it</strong>tà e delle comun<strong>it</strong>à, le quali ottengono risultati miglioriquando ogni persona ha la possibil<strong>it</strong>à di mostrare il suo pienopotenziale, quando tutti hanno un ruolo.Questa consapevolezza è ciò che attira tutti noi insieme.Inoltre contribuisce ad animare il lavoro delle Nazioni Un<strong>it</strong>e –che è per molti versi come una c<strong>it</strong>tà inter-etnica – cercando dicostruire la solidarietà e la cooperazione tra i rappresentantidi tutto il mondo.Insieme, cerchiamo di approfondire il nostro impegno per ivalori comuni di inclusione e di accettazione sociale, istruzionee comprensione.libertàciviliL’intervento2011 luglio-agosto9


PrimoPiano<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>I problemi di convivenza e integrazione postidalle migrazioni chiamano oggi l’antica polisa trasformarsi in una nuova civ<strong>it</strong>as, apertae inclusiva, ma anche luogo di valori e di unordine sociale condiviso e rispettato. Il temadella c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>, modello di riferimentourbanistico, civile e pol<strong>it</strong>ico, è oggetto di unainiziativa <strong>it</strong>aliana per una risoluzione Onusu questi temi, sostenuta dal nostro Governo


<strong>La</strong> road mapdella c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>Primo PianoProsegue il percorso per fare del progettouna risoluzione dell’Onu. A colloquiocon l’arch<strong>it</strong>etto Corrado Beguinot, protagonistadi questa avventura che il Governo <strong>it</strong>alianosostiene nella sua proiezione internazionaledi Giuseppe SangiorgiVice presidente emer<strong>it</strong>o della Corte cost<strong>it</strong>uzionaleUnarivoluzionepacificache haun obiettivonon solourbanistico,ma anchepol<strong>it</strong>ico,riallineandoil significatostesso dellaconvivenzacivileai mutamentiepocalidegli ultimidecenniPresentato una prima volta all’Onu nel settembre del 2009(vedi libertàcivili di gennaio-febbraio 2010), il progetto della“c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>” del XXI secolo ha compiuto altri passi versoil traguardo che lo vedrà diventare una risoluzione ufficialedell’Assemblea delle Nazioni Un<strong>it</strong>e sulla crisi della c<strong>it</strong>tà e lesoluzioni per porvi rimedio: un’arch<strong>it</strong>ettura del dialogo, delletecnologie e del “funzionamento delle funzioni” alla luce di unnuovo personalismo sociale. L’obiettivo non è solo urbanisticoma pol<strong>it</strong>ico: questa pacifica rivoluzione tende a riallineare ilsignificato stesso della convivenza civile ai mutamenti epocalidegli ultimi decenni, segnati dalla “mescola genetica” delmulticulturalismo e della multietnic<strong>it</strong>à, fenomeni che chiamanodirettamente in causa le migrazioni interne ed esterne deidiversi Paesi.Che cos’è dunque la c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>? Sorride nell’ascoltarela domanda l’arch<strong>it</strong>etto Corrado Beguinot, che ha dedicato unalunga v<strong>it</strong>a di studioso e di progettista a elaborare e svilupparequesta idea: una idea nuova ma con un cuore antico, se giàAristotele descriveva la c<strong>it</strong>tà dei suoi tempi non come unasemplice comun<strong>it</strong>à, ma come una “comun<strong>it</strong>à di comun<strong>it</strong>à”. Erapart<strong>it</strong>o dal tema della c<strong>it</strong>tà cablata Beguinot, per comprenderepoi che la riflessione andava portata oltre. Oggi è un fatto cheil progressivo aumento di megalopoli di dieci milioni di ab<strong>it</strong>anti,i servizi che scoppiano, i fenomeni di degrado urbano hannomutato radicalmente il volto della c<strong>it</strong>tà di una volta, cinta dallesue mura protettive e rassicuranti. Il mese di agosto del 2011resterà nella memoria per le immagini degli incendi e dellelibertàcivili2011 luglio-agosto11


Il progetto della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>Primo PianolibertàciviliPer l’arch<strong>it</strong>ettoBeguinot“il degradodella c<strong>it</strong>tàsi combattecon rimedifrutto di alcuniprincipi-base,tra i qualil’uso delletecnologie eun’arch<strong>it</strong>etturaurbanadel dialogo”violenze che hanno devastato le periferie di Londra, in unesplosivo collegarsi di forme di delinquenza e di vandalismocon disagi e tensioni sociali di una portata profonda e lontananel tempo, non rimuovibili con semplici interventi di ordinepubblico.Eppure l’uomo ha bisogno della c<strong>it</strong>tà, essa è il suo hab<strong>it</strong>atelettivo: in questo luogo l’essere umano si definisce, si esprime,organizza la propria v<strong>it</strong>a. Perciò deve declinarne nuovamentel’ident<strong>it</strong>à; un’ident<strong>it</strong>à che poggia paradossalmente sulla matricegenerativa della divers<strong>it</strong>à. Il progetto della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>, sortonell’amb<strong>it</strong>o della fondazione di studi urbanistici Aldo Della Rocca(un giovane arch<strong>it</strong>etto morto prematuramente in un lontanoincidente automobilistico), è stato fatto proprio dal Governo<strong>it</strong>aliano, che lo sostiene oggi nella sua proiezione internazionaleattraverso il ministero degli Esteri e il sottosegretario VincenzoScotti (che interviene più avanti in questo numero di libertàcivili).Il progetto è il frutto di un grande e trasversale gruppo di lavoroe di saperi: urbanistici ma anche economici, sociali, umanistici,storici.Corrado Beguinot non si stanca di proporre la sua analisi: “Ildegrado delle c<strong>it</strong>tà si combatte con rimedi frutto di alcuni principibase: una arch<strong>it</strong>ettura urbana del dialogo, l’uso delle nanotecnologie,il chilometro zero come prossim<strong>it</strong>à spaziale deiservizi rispetto ai c<strong>it</strong>tadini, un welfare inteso come prevenzionedei problemi urbani, la creazione della figura di un ‘garanteinteretnico’ per la cura delle c<strong>it</strong>tà”. Come raggiungere questiobiettivi? “Stiamo lavorando da tempo a un manifesto-concorsosul tema della c<strong>it</strong>tà sostenuto dai grandi premi Nobel, a uncatalogo dei saperi per una nuova enciclopedia della scienzache affronti il tema della c<strong>it</strong>tà su scala planetaria, e stiamolavorando sulla formazione di classi dirigenti in grado di gestirela compless<strong>it</strong>à della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>”.<strong>La</strong> road map di questo lavoro, dopo l’incontro avvenuto aNew York nel settembre 2009 con una serie di agenzie delleNazioni Un<strong>it</strong>e è prosegu<strong>it</strong>a con un calendario di altri importantiappuntamenti: Rio de Janeiro nel maggio 2010, Napoli neldicembre 2010, Roma nel giugno 2011, di nuovo a New York nelsettembre 2011. A Rio de Janeiro, organizzato proprio da unadelle agenzie che fanno capo al Palazzo di vetro, l’Alleanzadelle civiltà, si è svolto un convegno internazionale sul temadella “c<strong>it</strong>tà condivisa”. Si è discusso di coesistenza, di c<strong>it</strong>tadinanzainterculturale, di come non nascondere le differenze, maviverle insieme. L’Italia era presente con una delegazione delministero degli Esteri e una della fondazione Della Rocca.122011 luglio-agosto


Il progetto della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>Il contributo<strong>it</strong>alianoal progetto:due volumi cheraccolgonosaggi e ideesul temadella c<strong>it</strong>tà<strong>interetnica</strong>e il lavorocostantedi un gruppodi riflessionecost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>oda numerosistudiosidi variedisciplineL’incontro di Rio è stato importante per una ulteriore messaa punto del progetto e la sua condivisione con gli studiosidegli altri Paesi.Dopo Rio de Janeiro, nel dicembre 2010 è stata la volta diNapoli con un seminario di preparazione in vista della successivaconferenza di giugno a Roma. Nella c<strong>it</strong>tà partenopea si è riun<strong>it</strong>oil “gruppo di riflessione” <strong>it</strong>aliano, che coinvolge esperti e docentidelle maggiori univers<strong>it</strong>à del Paese, da Torino e Trieste fino aPalermo. Si è arrivati così alla conferenza mondiale per la c<strong>it</strong>tà<strong>interetnica</strong> che si è svolta a Roma, in Campidoglio, il primogiugno 2011, alla presenza del segretario generale dell’Onu,Ban Ki Moon, il cui intervento pubblichiamo in apertura di questonumero della rivista. Il Presidente della Repubblica, GiorgioNapoletano, ha inviato un messaggio sulla necess<strong>it</strong>à di definireuna nuova pol<strong>it</strong>ica sulle divers<strong>it</strong>à; numerosi interventi di parte<strong>it</strong>aliana sono venuti dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dallavice presidente del Senato, Emma Bonino, dal rappresentantedella comun<strong>it</strong>à di Sant’Egidio, Mario Giro, dal sottosegretarioal lavoro, Nello Musumeci.L’Italia ha presentato in questa occasione una seconda pubblicazionededicata alla c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>. <strong>La</strong> prima era stata“The C<strong>it</strong>y Crises, Causes, Remedies” (Giannini ed<strong>it</strong>ore, Napoli2009). <strong>La</strong> seconda ha avuto per t<strong>it</strong>olo “The C<strong>it</strong>y Crises. ThePrior<strong>it</strong>y of the XXI Century” (Giannini ed<strong>it</strong>ore, Napoli 2011). Idue volumi, curati da Beguinot, cost<strong>it</strong>uiscono un unicum nellastoria dell’urbanistica per l’ampiezza e lo spessore degli studie delle proposte avanzate. <strong>La</strong> sera prima della conferenza,nel teatro di Santa Chiara, poco distante dal Campidoglio,aveva avuto luogo un’altra riunione del gruppo di riflessione<strong>it</strong>aliano, con la partecipazione di numerosi studiosi, autori deisaggi pubblicati nei volumi dei quali s’è detto.In un contesto non solo <strong>it</strong>aliano dominato spesso dai confl<strong>it</strong>ti,dagli egoismi sociali, dai calcoli d’interesse questo gruppo distudiosi faceva effetto per le parole d’ordine che caratterizzavanogli interventi: occorre realizzare un mondo di pace che nondivida ma colleghi… se l’economia riparte dalle c<strong>it</strong>tà starannomeglio le c<strong>it</strong>tà e l’economia… l’educazione e la cultura devonofar dialogare le divers<strong>it</strong>à… è necessario comprendere che gli“altri” non sono diversi da noi… dobbiamo rivendicare al nomadismo,anche se mosso dalla necess<strong>it</strong>à, il fatto di essere undir<strong>it</strong>to e un valore… la c<strong>it</strong>tà va concep<strong>it</strong>a come comun<strong>it</strong>à apertae come una sorta di media proporzionale tra l’intero pianeta e lasingola persona…Intorno a queste motivazioni ideali e culturali si vuole darePrimo Pianolibertàcivili2011 luglio-agosto13


Il progetto della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>Primo PianoNecessario ilcoinvolgimentotrasversaledi governi,ist<strong>it</strong>uzionisopranazionali,organizzazioninongovernativev<strong>it</strong>a a una resurrezione della c<strong>it</strong>tà e dei c<strong>it</strong>tadini impiegando ilmeglio delle scienze urbanistiche, di quelle sociali e delle piùrilevanti innovazioni tecnologiche. Ecco perché la proposta dellac<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> come modello condiviso e la road map dellasua affermazione richiedono il più ampio e trasversale coinvolgimentodei governi di Paesi di ogni continente, di ist<strong>it</strong>uzionisovranazionali, di organismi non governativi, di soggetti socialie culturali capaci di dialogo e di influenza internazionale,come sottolineato anche nel documento finale della conferenzadi Roma (che di segu<strong>it</strong>o riportiamo integralmente). Nell’estate2011, in attesa della 66ª sessione delle Nazioni Un<strong>it</strong>e, erano incalendario nuovi incontri e seminari propiziati dal Consigliod’Europa e dalla Comun<strong>it</strong>à di sant’Egidio. Quanto maggiore saràquesto coinvolgimento, tanto maggiori saranno le possibil<strong>it</strong>àche il tema della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> venga inser<strong>it</strong>o all’ordine delgiorno dei lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Un<strong>it</strong>e.C’è da sottolineare una continu<strong>it</strong>à fra questo tema e almenodue filoni storici di attenzione dell’Onu verso i problemi generalidel pianeta, quello dei dir<strong>it</strong>ti umani e quello dell’hab<strong>it</strong>at. Inentrambi i casi – il dir<strong>it</strong>to alla c<strong>it</strong>tà come un aspetto dei dir<strong>it</strong>tiumani e come parte integrante delle pol<strong>it</strong>iche dell’ambiente –si tratta dunque di proseguire lungo una strada già intrapresadall’Onu. Una strada, ha auspicato Ban Ki Moon, che portiverso una civiltà del convivere priva di paure, che faccia deldialogo non una tecnica dei rapporti ma il modo per renderetutti assieme protagonisti della vicenda umana. Ci vuole l’utopiaper costruire la realtà.Per la “Risoluzione dell’Onu” - <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> condivisalibertàcivili1989 <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tàcablataNew Yorksettembre 2009Rio De Janeiromaggio 2010Napolidicembre 2010Romagiugno 2011▼1994 <strong>La</strong> carta2002 <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tàdi Megaride<strong>interetnica</strong>▼1° EventoSulla c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> - <strong>La</strong> proposta progettuale▼2° Evento<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> condivisa▼Seminario di preparazione▼▼3° EventoConferenza mondiale per la c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> condivisa▼Verso la risoluzione Onu per la c<strong>it</strong>tà ideale del XXI Secolo142011 luglio-agosto


Il documento finaledella conferenzaPrimo Pianodi Stefania NassoViceprefetto aggiunto - ministero dell’InternoInternational Conference on the Inter-ethnic C<strong>it</strong>y(Rome, 1 of June 2011)Final StatementConsidering that:Under the auspices of the UN in<strong>it</strong>iative on the Alliance ofCivilisations, attention is increasingly being paid to the evolutionof urban centres, marked by globalisation, migration and theintermingling of culturally and ethnically diverse commun<strong>it</strong>ies.Previous discussions held in New York in 2009 (and Rio deJaneiro in 2010) placed great importance on the mer<strong>it</strong>s of findingways and means to address this complex issue, bearing in mindthat scientific and technological developments coupled w<strong>it</strong>hincreased ethnic and cultural divers<strong>it</strong>y pose challenges the c<strong>it</strong>yhas not been able to respond to, thus generating contemporaryurban crisis.Extensive work has been carried out on urban themes, inparticular by international organisations such as the OIM andUN-HABITAT and regional bodies, as well as various eminentexperts and research centers, among which the “Aldo della Rocca”Foundation. They have all put forward practical solutions aimedat managing divers<strong>it</strong>y and promoting integration, tolerance,understanding in multicultural and multiethnic societies andthen the remedies, the in<strong>it</strong>iatives and the procedures to adaptthe c<strong>it</strong>y to the needs of a radically changed society.An International Conference on the Inter-ethnic C<strong>it</strong>y was heldin Rome on the 1st of June 2011 (on the eve of the celebrationsof Italy’s national day and <strong>it</strong>s 150 year long unification), uponlibertàcivili2011 luglio-agosto15


Il documento finale della conferenzaPrimo Pianothe in<strong>it</strong>iative of the Italian Ministry of Foreign Affairs and w<strong>it</strong>hthe support of the Municipal<strong>it</strong>y of Rome and of the ItalianMinistry for <strong>La</strong>bour and Social Policies.The high level representatives of international and regionalorganisations, countries and c<strong>it</strong>ies across the world took uponthemselves to pursue the valuable work undertaken so far andbuild upon the best practices developed and concrete proposalsmade to address the challenges faced by inter-ethnic and interculturalc<strong>it</strong>ies.Participants highlighted the importance of ensuring a continuousinvolvement of civil society organisations and academicsin the process of devising and implementing measures to respondto the problems of today’s inter-ethnic c<strong>it</strong>ies.They took note of various concrete proposals, including acomprehensive project proposal aimed at responding to individuals’needs and demands through an urban environmentdesigned to promote respect and civil coexistence among differentpeoples. Today’s c<strong>it</strong>ies are going through a complex trans<strong>it</strong>ionthat requires new functions, activ<strong>it</strong>ies and services. Participantshave discussed the possibil<strong>it</strong>y of creating new facil<strong>it</strong>ating roles,and among others the idea of having an “inter-ethnic guarantor”who would advice municipal<strong>it</strong>ies on multi-cultural issues.Participants agreed to pursue efforts aimed at placing theissue of urban transformation at the heart of the agenda of selectedinternational agencies and programmes w<strong>it</strong>h a view to takingappropriate action at the level of the relevant Un<strong>it</strong>ed Nationsbodies, including the possibil<strong>it</strong>y of a resolution of the GeneralAssembly.libertàcivili162011 luglio-agosto


<strong>La</strong> scheda /I contenuti del progettoPrimo PianoSfogliando le oltre mille pagine del volume The C<strong>it</strong>y Crises.The Prior<strong>it</strong>y of the XXI Century – che segue il primo volumeThe C<strong>it</strong>y Crises, Causes, Remedies pubblicato nel 2009 – ci si puòfare un’idea dei passi concreti finora compiuti nell’elaborazionedi idee e progetti per la c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> e in particolare della“proposta <strong>it</strong>aliana”. Il volume – disponibile in due lingue, inglesee <strong>it</strong>aliano – può essere consultato anche on line, in formatopdf, all’indirizzo www.fondazionedellarocca.<strong>it</strong> ed è corredatoda una serie di disegni realizzati dall’arch<strong>it</strong>etto Mario Casolaroche illustrano i vari aspetti del progetto, aiutando il lettore avisualizzare i concetti espressi.<strong>La</strong> Carta di Megaride del 1994segna la nasc<strong>it</strong>a del percorsoverso la c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>:dieci dichiarazioni di principioper un progetto di ricerca apertoe di alto valore scientificoUn po’ di storiaNell’articolo di Giuseppe Sangiorgi in apertura del Primo pianoviene tracciata sinteticamente la road map degli ultimi due anni,ma il progetto nasce da un lavoro ultradecennale che inizianel 1994 con la “Carta di Megaride” (dal nome dell'omonimoisolotto che si trova a Napoli), documento di principi che siinnesta nella tradizione delle carte dell'urbanistica.<strong>La</strong> Carta di Megaride si articola indieci dichiarazioni di principio e si esprimesull'interazione tra c<strong>it</strong>tà e natura, popoli,c<strong>it</strong>tadini, mobil<strong>it</strong>à, compless<strong>it</strong>à, tecnologia,recupero, sicurezza, bellezza e tempo. Si trattadi un documento scientifico, un progetto diricerca aperto e può essere considerata ilpunto di partenza di questo percorso versola c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>.Questa rete internazionale di ricerca si è poi trasformata inun gruppo chiamato “International Group Charter of Megaride(IGCM 94)” che ha partecipato al Forum delle NGO nell’amb<strong>it</strong>odella conferenza “Hab<strong>it</strong>at II” di Istanbul e, nel 1997, alla 16ªCommission on Human Settlements in Kenya. Successivamenteha maturato la decisione di aderire alla rete del Global Urbanlibertàcivili2011 luglio-agosto17


I contenuti del progettoPrimo Pianolibertàcivili<strong>La</strong> proposta progettualeesamina le ragioni della crisidelle c<strong>it</strong>tà e dei problemiche le attanagliano,promuovendo rimedie iniziative per ridisegnarleObservatory dell'Unchs (Un<strong>it</strong>ed nations center for humansettlements) attivando un Osservatorio dedicato.Si arriva così al 2007, quando Link Campus Univers<strong>it</strong>y eFondazione Aldo Della Rocca realizzarono a Napoli una seriedi seminari denominata “I lunedì per Napoli”, con la partecipazionedi studiosi e operatori, volti ad approfondire i diversiaspetti della compless<strong>it</strong>à della c<strong>it</strong>tà e a elaborare concreteproposte di “governance”. <strong>La</strong> riflessione dell'ultimo decenniosi è focalizzata sul tema del “Dir<strong>it</strong>to alla c<strong>it</strong>tà” e si è sviluppatanegli importanti appuntamenti internazionali già c<strong>it</strong>ati (Rio DeJaneiro, Napoli e Roma) che, auspicabilmente, dovranno portarealla risoluzione Onu.Il progettoLo stato dell’arte attuale, sia dal punto di vista del percorsoconcretamente compiuto verso la risoluzione Onu sia dal puntodi vista delle ricerche e dei progetti elaborati, è frutto dunquedi almeno un decennio di studi; del coinvolgimento della comun<strong>it</strong>àscientifica internazionale; di interviste a personal<strong>it</strong>à europee,rappresentative di vari saperi; di pubblicazioni; di iniziativeculturali; di partecipazione per la diffusione dei risultati dellungo percorso.Oggi si è arrivati a una proposta progettuale che esaminale ragioni della crisi della c<strong>it</strong>tà e dei problemi che le attanaglianoe propone rimedi e iniziative per ridisegnare la c<strong>it</strong>tà stessa.L’idea di fondo è che la caratteristica principaledella c<strong>it</strong>tà attuale sia la compless<strong>it</strong>à; essadiventa sempre di più il “luogo delle differenze”,lo “spazio condiviso dove si concretizzano esi tramandano i valori comuni della cultura che,in molte parti del pianeta, è una cultura urbana”,ma anche “un luogo in cui si esasperano iproblemi e le tensioni dei c<strong>it</strong>tadini, preesistentie di nuova immigrazione, al punto da produrreincongruenze nel modello di sviluppo, degrado, carenze strutturali,congestioni, mobil<strong>it</strong>à coatta, assuefazione al degrado,differente veloc<strong>it</strong>à di trasformazione della c<strong>it</strong>tà fisica, della c<strong>it</strong>tàdelle relazioni, della c<strong>it</strong>tà del vissuto, alterazione irreversibiledel rapporto tempo-spazio-veloc<strong>it</strong>à: quindi aumento progressivodella distanza tra la c<strong>it</strong>tà e le esigenze della società urbana”.Questa c<strong>it</strong>tà va riprogettata, facendo in modo che essacontenga una serie di funzioni nuove a supporto della convivenzacivile delle divers<strong>it</strong>à, favorendo il dialogo, la cresc<strong>it</strong>a comune,la comunicazione e la coesistenza. Tra i fattori fondamentali182011 luglio-agosto


I contenuti del progettoTecnologie e conoscenzadiffusa sono due pilastrinella riprogettazione dei nostricentri urbani a supportodella cresc<strong>it</strong>a comune e di unamigliore convivenza civileper un nuovo modello di c<strong>it</strong>tà ci sono da un lato le tecnologie,che cost<strong>it</strong>uiscono un aiuto indispensabile in questo processodi “ridisegno” dei nostri spazi urbani e dall’altro la conoscenza,risorsa fondamentale che richiede investimentiadeguati e immediati per la formazionedi coscienze e di competenze che mettanoin condizione in primis i gestori della cosapubblica e poi noi tutti di affrontare, nei modipiù efficaci, la compless<strong>it</strong>à della c<strong>it</strong>tà di oggi.È bene sottolineare che quello della c<strong>it</strong>tà<strong>interetnica</strong> è un progetto aperto, di cui siauspica l’arricchimento continuo attraversonuovi contributi e nuove adesioni da parte di studiosi ed espertidi tutti i settori, dall’altro, di un work in progress, in attesa diuna definizione completa.Primo PianoIl contributo <strong>it</strong>alianoL’Italia, da cui il progetto è nato e si è sviluppato grazieall’impegno di Corrado Beguinot e della fondazione Della Rocca,ha visto la cost<strong>it</strong>uzione un Gruppo di riflessione interdisciplinarecost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da 65 membri, che ha elaborato le proprie proposte,con un approccio un<strong>it</strong>ario e multidisciplinare. In particolare illavoro dei partner del gruppo si è concentrato su cinque punti:1. L’interetnic<strong>it</strong>à espressa dall’“arch<strong>it</strong>ettura del dialogo”2. L’innovazione tecnologica data dalle nanotecnologie3. <strong>La</strong> filosofia del Km. 04. L’approccio ai problemi della c<strong>it</strong>tà orientato alla prevenzione5. <strong>La</strong> formazione delle nuove figure professionaliQuesti cinque punti fanno forza su dieci principi chiave cheguidano la sperimentazione progettuale:1. <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà periferia del mondo verso Urbs Civ<strong>it</strong>as Divers<strong>it</strong>as2. <strong>La</strong> veloc<strong>it</strong>à della trasmissione dei fenomeni3. L’arch<strong>it</strong>ettura del dialogo per il dialogo4. <strong>La</strong> prevenzione per la cura dei mali della c<strong>it</strong>tà5. L’incontro delle divers<strong>it</strong>à6. <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> cablata, motore per la soluzione della crisiurbana7. Tutto il mondo, ricco e povero, sta andando a vivere in c<strong>it</strong>tà8. <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà incarna sempre più il concetto di compless<strong>it</strong>à9. L’emblema della c<strong>it</strong>tà è oggi l’entropia, generata dalla incapac<strong>it</strong>àdi gestire la compless<strong>it</strong>à10. Per governare la compless<strong>it</strong>à e quindi la trasformazione dellac<strong>it</strong>tà è necessario mettere in circolo i saperi.libertàcivili2011 luglio-agosto19


I contenuti del progettoPrimo PianoI saggi riportati nel volume The C<strong>it</strong>y Crises. The Prior<strong>it</strong>y of the XXICentury, corredati anche dalla loro interpretazione grafica,cost<strong>it</strong>uiscono un’ampia panoramica interdisciplinare delle analisie delle riflessioni finora elaborate, e una prima base concretadi progetti da sperimentare per trovare rimedio alla crisi della c<strong>it</strong>tà.A questa base conosc<strong>it</strong>iva si aggiungono i contributi di 10intellettuali europei impegnati in diversi settori del sapere – tra iquali filosofi come Reinhard Brandt o André Jacob, un sociologoquale Edgar Morin, il linguista Jürgen Trabant, il geografo ManuelFerrer Regales – sotto forma di interviste sul tema della c<strong>it</strong>tà<strong>interetnica</strong>.Le iniziativeA sostegno del progetto si collocano poi tre iniziative:la costruzione, ancora in fieri, di una Squadra di garantiinteretnici che dovrebbe coinvolgere vari Premi Nobel, le ist<strong>it</strong>uzionirappresentative di Paesi dei sette Continenti scelte suindicazione dei governi, i rappresentanti della Comun<strong>it</strong>àscientifica internazionale e la cui base è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dagli studiosie dalle ist<strong>it</strong>uzioni che finora hanno contribu<strong>it</strong>o al progettocon un approccio multidisciplinare, tale squadra dovrà dare unassetto defin<strong>it</strong>ivo al “Catalogo dei saperi” finora sviluppato perdare luogo a una “Enciclopedia della Conoscenza”, baseconosc<strong>it</strong>iva per la definizione di un linguaggio comune e discelte condivise nella fase di sperimentazione sul campo deiprogetti elaboratiil lancio di un “Manifesto-Concorso intercontinentale di idee”,patrocinato dall’Onu, band<strong>it</strong>o da Agenzie e Programmi Onue curato dalla fondazione Della Rocca, che consentirà didiffondere l’iniziativa e, nel contempo, di identificare i soggettiattuatori e i casi-studio da porre in campo in breve tempo, peruna sperimentazione che trasformi conoscenze, enunciazionie intuizioni in soluzioni concrete e correttamente interpretate.libertàcivili202011 luglio-agosto


<strong>La</strong> crisi delle c<strong>it</strong>tà del mondo:cause, rimedi, iniziativePrimo PianoIl Governo <strong>it</strong>aliano è da tempo impegnato sul temadella c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>, favorendo intese con lediplomazie di altri Paesi, per giungere a definireuna proposta progettuale (e normativa) che risolvai problemi delle metropoli del XXI secolodi Vincenzo ScottiSottosegretario agli Esteri<strong>La</strong> complessaquestionedelle relazionifra pol<strong>it</strong>icae formaurbana, tratecnologiae infrastrutture,tra tradizionie interetniaL’analisi dei processi di urbanizzazione conduce alla comprensionedei fenomeni che hanno causato l’attuale alterazionedegli equilibri di qualsiasi ambiente urbano. Le relazioni tragovernance e struttura urbanistica, tra pol<strong>it</strong>ica e forma urbana,tra tecnologia e infrastrutture, tra tradizioni e interetnia, sonoquestioni complesse e cr<strong>it</strong>iche.<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà è da sempre il luogo della divers<strong>it</strong>à e della memoriacollettiva, lo spazio condiviso dove si tramandano e si concretizzanoi valori della cultura. Ma oggi è anche il luogo dovesi esasperano i problemi e le tensioni, così da generareincongruenze nei modelli di sviluppo, degrado, congestione,diseconomie, insicurezza. Le veloc<strong>it</strong>à di trasformazione dellac<strong>it</strong>tà fisica, della c<strong>it</strong>tà delle relazioni e di quella del vissuto, nonviaggiano più sullo stesso binario. <strong>La</strong> società pone domandealle quali la c<strong>it</strong>tà non è in grado di rispondere.In che misura la c<strong>it</strong>tà deve affrontare la questione, soprattuttonegli amb<strong>it</strong>i dove si amplificano i fenomeni e si moltiplicano ifattori di analisi? Quali sono le aspettative? Quali le differenze e,invece, i punti in comune tra le diverse realtà?Negli amb<strong>it</strong>i in cui si amplificano i confl<strong>it</strong>ti e, troppo spesso,si annientano i dir<strong>it</strong>ti dell’individuo, la multicultural<strong>it</strong>à, l’interetnia,le differenti espressioni di culto rappresentano una risorsa e unproblema allo stesso tempo. Riconducono, come l’insieme deiproblemi emergenti, alla stessa questione di fondo: la capac<strong>it</strong>àdi governance.Le grandi trasformazioni sociali, pol<strong>it</strong>iche, terr<strong>it</strong>oriali continuanoin un contesto generale di incomprensioni, di scarso confronto,libertàcivili2011 luglio-agosto21


C<strong>it</strong>tà del mondo in crisi: cause, rimedi, iniziativePrimo Pianodi insufficiente scambio culturale. <strong>La</strong> sopravvivenza dei valor<strong>it</strong>radizionali ha vacillato. Forme di avvicinamento tra culture hannocausato, in reazione, movimenti in difesa delle tradizioni, dellereligioni e delle strutture societarie.Le c<strong>it</strong>tà mondiali vivono la stessa grande sfida, sebbenecon punti di vista profondamente differenti per tipologia dipopolazione immigrata, per struttura organizzativa, per culturaetnica, eccetera.Le comuni final<strong>it</strong>à di coesione sociale, integrazione, devonocondurre a individuare punti di analisi condivisi, a una migliorereciproca conoscenza, al riconoscimento di rimedi per unagovernance globale che, però, riconosca e rispetti le divers<strong>it</strong>à.In tal modo deve potersi conseguire un livello di capac<strong>it</strong>àgovernativa che possa limare le incomprensioni interne e trale parti e possa, il più possibile, ridurre o annientare i relativiconfl<strong>it</strong>ti.libertàcivili222011 luglio-agosto


C<strong>it</strong>tà del mondo in crisi: cause, rimedi, iniziative<strong>La</strong> crisidella c<strong>it</strong>tànascesoprattuttodallaincapac<strong>it</strong>àdi metterein atto azionipol<strong>it</strong>icheefficaci,in gradodi affrontarela crescentecompless<strong>it</strong>àurbanaIl focus del confronto deve partire da una riflessione generalesulle ragioni che hanno condotto la più diffusa tipologia d’insediamentoumano a una crisi che sembra non dare spazio aquella speranza di una v<strong>it</strong>a migliore che ne è stata da sempreil motore dello sviluppo. <strong>La</strong> constatazione dell’acuirsi della crisie del diffondersi di un allarme sociale e ist<strong>it</strong>uzionale in mer<strong>it</strong>oinduce ad affrontare questo tema da molteplici angolazioni e conun intento propos<strong>it</strong>ivo e operativo.L’incapac<strong>it</strong>à di dispiegare azioni pol<strong>it</strong>iche efficaci, in gradodi affrontare la crescente compless<strong>it</strong>à urbana e l’accelerazionedel mutamento sociale, culturale, relazionale e materiale,sono le ragioni della crisi della c<strong>it</strong>tà. Dalla riflessione suquesti temi – che investono tutte le c<strong>it</strong>tà del mondo, pur conricadute differenti – deve scaturire il ruolo di un nuovo approccioprogettuale, fondato sull’arch<strong>it</strong>ettura del dialogo, per affrontarela questione con una prospettiva di lungo termine.Occorre il ridisegno della c<strong>it</strong>tà per la società delle differenze;un nuovo quadro pol<strong>it</strong>ico-strategico per reinventare il terr<strong>it</strong>orio.Alla base deve porsi un programma di obiettivi: i processimigratori, interni ed esterni, devono diventare risorse per latrasformazione; i grandi progetti di recupero fisico e funzionaledevono trovare fondamento nella civile coesistenza di genti eculture. Possono aiutare alcune sperimentazioni storiche,come il Progetto per Rio (1929-1936), quello per Algeri (1931), leNew Towns, le azioni compiute dalla Tennessee Valley Author<strong>it</strong>y,ed altro ancora.Primo PianoIl Governo <strong>it</strong>aliano è da tempo impegnato sul tema dellac<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>, favorendo intese con le diplomazie di altriPaesi, nell’intenzione di vedere partecipato il problema suscala planetaria e giungere alla definizione di una propostaprogettuale (e normativa) risolutiva dei problemi della c<strong>it</strong>tàdel XXI secolo.Ma come si è arrivati a tanto? Un breve excursus delle piùimportanti tappe può tornare utile: ricercatori <strong>it</strong>aliani, agli inizi deglianni Ottanta, hanno intu<strong>it</strong>o la necess<strong>it</strong>à di studiare le modal<strong>it</strong>àdi applicazione dell’innovazione tecnologica alla c<strong>it</strong>tà europeain crisi. È così nato il progetto interdisciplinare di ricercadenominato “<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà cablata”, presto partecipato da molti Paesidel mondo. Agli inizi degli anni Novanta, il programma haprodotto i principi della nuova Carta dell’urbanistica, la “Cartadi Megaride, per la c<strong>it</strong>tà della pace e della scienza”, poidivulgata, nel 1994, con un convegno mondiale a Casteldell’Ovo in Napoli.libertàcivili2011 luglio-agosto23


C<strong>it</strong>tà del mondo in crisi: cause, rimedi, iniziativePrimo PianoDi qui, l’attenzione del filone di ricerca ha incluso i temi dellac<strong>it</strong>tà multietnica e multiculturale. L’intenso lavoro, tradotto inuna densa produzione scientifica ed ed<strong>it</strong>oriale, ha stimolatol’interesse di grandi ist<strong>it</strong>uzioni (prima fra tutte, il ministerodegli Affari esteri <strong>it</strong>aliano) e, a seguire, delle Nazioni Un<strong>it</strong>e.Ne sono derivati, come a voi tutti noto, tre eventi: uno a NewYork nel settembre 2009, a chiusura dell’Assemblea Generaledelle Nazioni Un<strong>it</strong>e, per sottoporre all’Onu i risultati dellaricerca; un altro a Rio De Janeiro nel maggio 2010, nell’amb<strong>it</strong>odel terzo Forum di Alleanza delle civiltà, per preparare l’intesasulla risoluzione Onu per il Dir<strong>it</strong>to alla c<strong>it</strong>tà; l’altro ancora aRoma nel giugno 2011, in forma di conferenza mondialefinalizzata a una risoluzione sul tema.Per la curadei malidelle nostrec<strong>it</strong>tàin un’otticad’integrazioneè necessarioun approccioterr<strong>it</strong>oriale,scientificoe pol<strong>it</strong>icototalizzantee pluridisciplinareÈ evidente, dunque, che la continu<strong>it</strong>à di tanto impegno sta nelleattuali e future azioni del gruppo di ricerca, delle ist<strong>it</strong>uzionicoinvolte e da coinvolgere, e dell’Onu attraverso le sue agenzie,per avviare la sperimentazione in c<strong>it</strong>tà significative dei diversicontinenti.“Un<strong>it</strong>à nella divers<strong>it</strong>à” è la parola chiave. In questo vannoriconosciute le condivise aspettative delle Nazioni Un<strong>it</strong>e e dinoi tutti.Sul concetto di autonomia moderna condivisa, sulle auspicabilibasi del dialogo internazionale, sulla condivisione di metodi esperimentazioni, sui paragoni tra culture e ist<strong>it</strong>uzioni pol<strong>it</strong>iche,sulle relazioni tra democrazie e sviluppo economico, sull’influenzadelle diverse culture di governance nell’affrontare temisociali e ambientali, sulle divers<strong>it</strong>à dei principi cost<strong>it</strong>uzionali,deve essere impostato l’impegno. Solo le Nazioni Un<strong>it</strong>e possonoaffrontare questa prior<strong>it</strong>à del XXI secolo per garantire il dir<strong>it</strong>toalla c<strong>it</strong>tà, ultimo in ordine di tempo fra i dir<strong>it</strong>ti umani e per unfuturo urbano.Ricordiamo infine che l’ottica dell’integrazione richiede unapproccio terr<strong>it</strong>oriale, scientifico e pol<strong>it</strong>ico totalizzante e pluridisciplinare,per meglio focalizzare gli eventi che hanno condottole differenti realtà urbane all’attuale divenire e per individuarele migliori cure.libertàcivili242011 luglio-agosto


I pericoli della crisi libicaper la sopravvivenzadelle nuove c<strong>it</strong>tàmulticulturali nel SaharaPrimo PianoUn’area geografica fior<strong>it</strong>a in questi anni,in cui si intrecciano etnie, trafficanti, commercianti,miliziani, immigrati, ribelli, nomadi e terroristiè oggi a rischio isolamento con il probabilemutamento delle vie di passaggio degli immigratidi Mario GiroResponsabile per le relazioni internazionali - Comun<strong>it</strong>à di Sant’EgidioIl Sahel non è l’area vuota aiconfini del deserto del Saharache i media occidentalidipingono, ma un’affollata viadi trans<strong>it</strong>o per i migrantiin viaggio verso l’EuropaNiger e Mali sono divenuti da tempo zone di trans<strong>it</strong>o permigliaia di candidati al passaggio in Europa, verso il Maroccoe la Libia (prima della guerra) prevalentemente,ma anche terr<strong>it</strong>ori di interscambio tracontrabbandieri, miliziani, terroristi e trafficantidi ogni genere. Alcune c<strong>it</strong>tà saheliane, comeGao o Agadez, poste a nord dei rispettiviStati, rappresentano tappe importanti per ogn<strong>it</strong>ipo di traffico. Per l’area saheliana passanoogni anno circa 65mila candidati all’emigrazioneverso la costa (A Bensaad, “Agadezcarrefour migratoire sahélo-maghrébin”, in Revue européennedes migration intrenationales, 2007, vol.19, n .1).L’immagine del Sahel per lungo tempo consegnata dai mediaoccidentali, quella cioè di una zona “vuota” posta ai confinidel deserto del Sahara e meta soltanto del turismo estremo,non corrisponde più da tempo a una realtà magmatica in cuisi intrecciano – e talvolta si scontrano – etnie, trafficanti, commercianti,contrabbandieri, miliziani, immigrati, ribelli, nomadi eterroristi di varia specie. I media internazionali se ne sonoaccorti dopo la recente serie di sequestri di turisti europei.Camion pieni di migranti sub sahariani vanno verso nord supiste desertiche e oltrepassano invisibili frontiere, utilizzandogli antichi tracciati dei tuareg e delle altre etnie nomadi(Zaghawa del Darfur, Toubou del Ciad e Niger, Reguibi, Kountao Beraber del Mali).Sono costoro che si incaricano di gestire questi passaggi,libertàcivili2011 luglio-agosto25


Nel Sahara, nuove c<strong>it</strong>tà multiculturali in pericoloPrimo Pianolibertàcivili<strong>La</strong> guerra in Libia ha resopericolosa questa zona,piena di miliziani mercenaripro-Gheddafi, che hannorivenduto nell’area le armisottratte alle caserme libichealmeno fino al lim<strong>it</strong>are del deserto. Di c<strong>it</strong>tà in c<strong>it</strong>tà, i nomadi diieri sono diventati gli attori della mobil<strong>it</strong>à di oggi. <strong>La</strong> loro disseminazionetra vari Stati, assieme all’urbanizzazione delle vecchieborgate desertiche del Sahara centrale, ha favor<strong>it</strong>o la nasc<strong>it</strong>adi un sistema di trasporti alla cerniera sahelo-sahariana. Legrandi vie di passaggio delle migrazioni transahariane sonoall’origine delle vie di emigrazione attuali.<strong>La</strong> guerra in Libia ha reso questa enorme area ancora piùpericolosa. C’è una diretta conseguenza mil<strong>it</strong>are: le miliziepro-Gheddafi sono compos<strong>it</strong>e e formate in parte da mil<strong>it</strong>ariprovenienti dal Ciad, Mali e Niger. I milizianiciadiani lavorano da tempo in Libia, ma pernigerini o maliani si tratta di nuove leve. Sicalcola che circa 26mila ex combattenti tuarego di altre etnie siano andati a combattere perdenaro. Un’altra conseguenza è legata allacircolazione delle armi. Le caserme libichesono state saccheggiate e le armi vendutenell’area. Si dice che terroristi e altri ribellisiano venuti in possesso di armi pesanti. C’è anche una conseguenzaeconomica, tenuto conto del blocco delle esportazioniverso la Libia (soprattutto bestiame) e della fine dei finanziamentilibici nell’area (cfr. S. Bredeloup e O. Pliez, Migrations entreles deux rives du Sahara in “Autrepart” 26, 2005). Infine oltre200mila lavoratori nigerini, che avevano trovato un’occupazionein Libia, sono ora rientrati in patria dopo aver perso tutto.<strong>La</strong> crisi libica cambierà le vie di passaggio e le c<strong>it</strong>tà ingrossatedai flussi migratori e economici di questi ultimi tempi, fortementearricch<strong>it</strong>e, si r<strong>it</strong>roveranno presto in una condizione diisolamento. Le principali c<strong>it</strong>tà sahariane, s<strong>it</strong>uate al lim<strong>it</strong>e trastrade asfaltate e piste, hanno a lungo beneficiato della mannadei traffici e del trans<strong>it</strong>o migratorio. È il caso di Agadez nelNiger, di Tamanrasset in Algeria ma anche di Sebha e di Kufrain Libia o di Gao in Mali e Abeché in Ciad. I vecchi caravanserraglie posti di commercio del Sahara sono stati i pivot deimovimenti transfrontalieri. A Sebha, porta di entrata in Libiadal Niger e dal Ciad, circa il 40% della c<strong>it</strong>tà è ab<strong>it</strong>ato da quartieridi rifugiati o migranti.Tra questi grandi centri sono fior<strong>it</strong>i anche decine di piccoliagglomerati che crescono grazie alla loro posizione sulle piste,fungendo da stazioni di posta, di rifornimento, servizio o riparazionedei veicoli. È il caso dei centri alla frontiera algerina olibica. Tra Agadez e il sud libico, Dirkou conta oggi circa10mila ab<strong>it</strong>anti anche se ufficialmente ne dichiara duemila.262011 luglio-agosto


Nel Sahara, nuove c<strong>it</strong>tà multiculturali in pericoloFlussi migratori e circolazione nel SaharaPrimo PianoFlussi di migrantiPassaggioverso l’EuropaAreedi percorsi nomadiPercorso carovaneConfl<strong>it</strong>tiFlussi di rifugiatiFronte armatoGiacimentidi idrocarburiFonte: Pons (1997), Schm<strong>it</strong>z (2000), et enquèt terrain (2001)Quartieri “africani” spuntano a Gardaia, Tamanrasset, Adrar eDjanet. Il franco-africano soppianta arabo e berbero. <strong>La</strong> trasformazioneè anche imponente a Nouadhibou, sulla costamaur<strong>it</strong>ana, dove i migranti che cercano di continuare il loroviaggio per la Spagna si fermano e trovano lavoro nel settoredella pesca. A Sebha i migranti sub-sahariani alloggiano in grandibidonville di periferia (cfr. ancora S. Bredeloup e O. Pliez).Tutto questo mondo è ora destinato a restringersi notevolmente,se non a sparire.libertàcivili2011 luglio-agosto27


Primo PianoHong Kong e Guangzhou:dall’Asia esempidi metropoli interetnicheIl microcosmo economico parallelo e marginaledi africani e sudasiatici che collaborano dividendoil lavoro su base etnica nelle due c<strong>it</strong>tà cinesi puòdiventare un laboratorio per studiare processipresenti anche nei centri urbani dell’Occidentedi Francesco VecchioMonash Univers<strong>it</strong>y Hong Kong - Corrispondente IsmulibertàciviliMolte c<strong>it</strong>tàasiatiche sonocaratterizzateda un intrecciodi etniee popoli,ma l’armoniasocialeche finorale ha governateè oggi postasotto esamedal continuoarrivo di gentisempre piùdiverseUno straordinario intreccio di etnie e popoli diversi cost<strong>it</strong>uisceoggi il tessuto sociale di diverse c<strong>it</strong>tà asiatiche. Da un semplicesguardo alla conformazione urbanistica che questi centri hannoassunto negli anni si comprende la ricchezza culturale che li connota.Nella più antica delle cap<strong>it</strong>ali cinesi, ad esempio, l’odierna Xi’An,all’interno delle mura fortificate della c<strong>it</strong>tà antica si estende ilvasto e colorato quartiere musulmano sorto all’ombra della torredei tamburi e intorno alla grande moschea. Nell’attuale cap<strong>it</strong>alecinese, Pechino, la variegata presenza di templi, moschee, esoprattutto insegne e prodotti nei negozi, un<strong>it</strong>amente ad altrisimboli urbani, suggerisce il succedersi di culture e genti che dasecoli vi prendono dimora. In c<strong>it</strong>tà come Singapore, Bangkok,Jakarta e Yokohama ci sono distinti quartieri cinesi o arabi, spessocelebrati quali local<strong>it</strong>à turistiche eccellenti per assaporarestrutture arch<strong>it</strong>ettoniche fuori dall’ordinario e deliziosi piatti“locali” in terra straniera.Se però, oggi, gran parte di tale visibile esposizione delladivers<strong>it</strong>à soddisfa un r<strong>it</strong>orno di immagine, richiamandosi peraltroa un passato storico di grandi movimenti migratori interni alcontinente, più recentemente la supposta armonia socialeche superficialmente governa tali local<strong>it</strong>à di profusione etnicaè stata posta sotto esame dal continuo arrivo di genti semprepiù diverse, che in gran numero originano da culture e areegeografiche che si estendono ben oltre i confortanti lim<strong>it</strong>i delconosciuto, per includere migranti provenienti, in particolare,dall’Africa sub-sahariana, dall’Asia meridionale e dall’America<strong>La</strong>tina. Sono soprattutto le c<strong>it</strong>tà partecipi alla finanza e al282011 luglio-agosto


Dall’Oriente esempi di c<strong>it</strong>tà interetnichecommercio internazionale, defin<strong>it</strong>e sovente “globali” per ilruolo di nodi di scambio dall’accentuato sapore cosmopol<strong>it</strong>ache le contraddistingue, che attraggono il maggiore numerodi queste persone. È la loro presenza che poi contribuisce adaccrescere la divers<strong>it</strong>à e le relazioni internazionali, che leganoPaesi e c<strong>it</strong>tà anche lontane tra loro, creando le premesse perulteriori movimenti migratori verso destinazioni dove sonomaggiori, o perlomeno così vengono percep<strong>it</strong>e, le opportun<strong>it</strong>àdi assicurare per sé e la famiglia un futuro migliore.Primo PianoHong Konge Guangzhouin Cina,nel corsodell’ultimodecennio,sono diventatela metadi consistentiflussi migratoriche le hannotrasformatein c<strong>it</strong>tàdal carattereinteretnicoNella Cina meridionale, Hong Kong e Guangzhou (Canton) sonodue c<strong>it</strong>tà per molti aspettii diverse tra loro. Nel corso dell’ultimodecennio, tuttavia, entrambe sono diventate la meta di consistentiflussi migratori di diverso genere, che le hanno trasformate in c<strong>it</strong>tàdal carattere interetnico.Per la ver<strong>it</strong>à, Hong Kong, pur rimanendo una c<strong>it</strong>tà cinesedal passato coloniale, è sempre stata ab<strong>it</strong>ata da genti diverse.Oltre a br<strong>it</strong>annici ed europei, un nutr<strong>it</strong>o gruppo di sudasiaticiera già a Hong Kong all’arrivo degli inglesi, alla metà deldiciannovesimo secolo; essi contribuirono significativamenteallo sviluppo del terr<strong>it</strong>orio (Wh<strong>it</strong>e, 1994). I primi poliziotti dellacolonia furono gli indiani Sikh introdotti dall’Impero (Pluss, 2005).<strong>La</strong> prestigiosa Univers<strong>it</strong>à di Hong Kong e il famoso Star Ferryfurono fondati con cap<strong>it</strong>ali di origine indiana. Sino a tempi recenti,i Gurkha nepalesi formavano l’avamposto mil<strong>it</strong>are br<strong>it</strong>annico aHong Kong. E poi, alla conclusione del confl<strong>it</strong>to in Indocina, oltre250mila vietnam<strong>it</strong>i si riversarono nella colonia tra gli anniSettanta e Novanta, sollevando non poche proteste da partedella popolazione locale (Thomas, 2000), che dall’ascesa delPart<strong>it</strong>o Comunista in Cina già accoglieva numerose e periodicheondate di migranti e persegu<strong>it</strong>ati pol<strong>it</strong>ici cinesi, che a HongKong entravano anche in violazione delle norme imposte dalgoverno br<strong>it</strong>annico per regolarne l’afflusso.Pur appartenendo al medesimo gruppo etnico, i nuovi arrivaticinesi parlavano talvolta lingue diverse. Ma, lungi dal creareeccessivi confl<strong>it</strong>ti sociali, il loro arrivo portò nella piccola coloniacap<strong>it</strong>ali, risorse e la forza lavoro necessaria per lo sviluppoindustriale della c<strong>it</strong>tà (<strong>La</strong>m e Liu, 1998). Oggi, invece, sisegnala soprattutto l’arrivo di numerosi africani e sudasiatici,che attratti in Cina e a Hong Kong dallo straordinario sviluppoed espansionismo economico cinese, e dalla difficoltà diottenere il visto per i Paesi più sviluppati, cercano qui, conostinazione, la difficile via del successo, che però soltanto unnumero estremamente lim<strong>it</strong>ato di loro è in grado di percorrere.libertàcivili2011 luglio-agosto29


Dall’Oriente esempi di c<strong>it</strong>tà interetnichePrimo PianolibertàciviliA Hong Kongarrivanomolti africanie sudasiaticiattratti dallaesperienzaeconomicacinese;a Guangzhougià oggisi contano100milaafricani,fra i qualimolti piccoliimprend<strong>it</strong>oriche spessodiventanoricchi in CinaIn questa parte di mondo giungono i piccoli commerciantiprovenienti dall’Africa e da altri Paesi in via di sviluppo percomprare i manufatti cinesi, come vest<strong>it</strong>i, telefoni cellulari eprodotti elettronici, a basso costo, che i loro Paesi non produconoe che difficilmente potrebbero comprare altrove a prezzi piùvantaggiosi. Qui arrivano i richiedenti asilo, in particolare quelliche non hanno il tempo di attendere il permesso di soggiornoper l’Europa o il Nord America, ma che qui possono entrare senzavisto oppure con un permesso rilasciato in due settimane. Inqueste terre vengono scaricati i più disperati, che pagano perottenere sicurezza e prosper<strong>it</strong>à lontano da casa, abbandonatida contrabbandieri privi di scrupolo che celano ai clienti ladestinazione e le condizioni di arrivo. Ma soprattutto, qui arrivanoi piccoli imprend<strong>it</strong>ori e avventurieri che, stanchi della corruzione,della povertà, delle guerre e del nepotismo del loro Paese,sperano di diventare ricchi in Cina, aprendo un’attiv<strong>it</strong>à diimport-export o arrangiandosi in vari modi soprattutto quandoentrano nell’illegal<strong>it</strong>à, spesso quale conseguenza di un businessmalriusc<strong>it</strong>o, alla prima esperienza all’estero.Nella sola Guangzhou, la vera cap<strong>it</strong>ale dell’export cinese,ci sarebbero, tra regolari e irregolari, oltre 100mila africani(Bodomo, 2010), in una c<strong>it</strong>tà di quasi 12 milioni d’ab<strong>it</strong>anti, checomprende anche diversi milioni di migranti interni cinesi.Molti di questi businessmen vivono e commerciano con budgetlim<strong>it</strong>ati, tuttavia valorizzati da capac<strong>it</strong>à professionali personalie da una più o meno estesa conoscenza dei potenziali acquirentinel Paese d’origine. Interi mercati cinesi, quali quelli nell’areadi Sanyuanli e nei dintorni del centro commerciale di Tianxiu,nel quartiere di Xiaobei, sono oggi dei veri e propri labirinti diprodotti di ogni sorta destinati ai Paesi in via di sviluppo, tantoda essere chiamati dalla popolazione locale “chocolate c<strong>it</strong>y” inriferimento al colore della pelle delle genti che le popolano.Similmente a Hong Kong, i quartieri popolari di Sham ShuiPo e Kam Tin e la vecchia c<strong>it</strong>tadella formata da cinque torri dadiciassette piani l’una di Chungking Mansions, nella centralee turistica Tsim Sha Tsui, rappresentano i centri del commercioalternativo dei prodotti destinati ai mercati poveri. In questiluoghi ab<strong>it</strong>ano, in ostelli dalla dubbia legal<strong>it</strong>à e in case spessofatiscenti, ma economiche, i mercanti e i piccoli commerciantistranieri, i richiedenti asilo, gli overstayers, i cinesi meno abbientiprovenienti dalla Cina popolare, e gran parte delle comun<strong>it</strong>àetniche locali meno privilegiate.In quella che apparentemente potrebbe sembrare la riproduzionedi attiv<strong>it</strong>à economiche da Terzo Mondo, ognuno di302011 luglio-agosto


Dall’Oriente esempi di c<strong>it</strong>tà interetniche<strong>La</strong> divisionedel lavorosu base etnicae legale,connessaal possessoo menodel permessodi soggiornoquesti gruppi collabora con gli altri, in una sorta di divisionedel lavoro su base etnica, e soprattutto legale (a seconda delpossesso o meno di un permesso di soggiorno), finalizzataalla massimizzazione e condivisione del prof<strong>it</strong>to. A ChungkingMansions, ad esempio, in un dedalo di negozietti, ristoranti,guesthouses e rivend<strong>it</strong>ori all’ingrosso, la proprietà è in generecinese, l’esercizio commerciale è di proprietà o gest<strong>it</strong>o dapiccoli imprend<strong>it</strong>ori locali di origine pakistana, la forza lavoroè forn<strong>it</strong>a da connazionali, indiani e nepalesi, molto spessorichiedenti asilo oppure “turisti” in possesso di un permessodi 40 giorni rinnovabile fino a un massimo di sei mesi(Mathews, 2011); mentre i clienti sono generalmente africani,quelli che almeno due volte all’anno si recano a Hong Kong eGuangzhou e acquistano telefoni cellulari, orologi, vest<strong>it</strong>i,gioielli e parti di automobili usate, che poi trasportano da soliin valigia oppure spediscono via mare in containers aff<strong>it</strong>tati conaltri per ridurre i costi relativi al trasporto. Diversi overstayerse richiedenti asilo a Hong Kong e Guangzhou svolgono poi il ruolodi intermediari, mettendo in contatto i compratori connazionalie i rivend<strong>it</strong>ori cinesi, sia che questi siano le fabbriche cheproducono su ordinazione, come nel caso della Cina (grazieanche alla mediazione di un numero crescente di donne cinesiche sposano gli africani), sia piccoli grossisti che in tempi diPrimo Pianolibertàcivili2011 luglio-agosto31


Dall’Oriente esempi di c<strong>it</strong>tà interetnichePrimo PianolibertàciviliLo sviluppocap<strong>it</strong>alisticodelle due c<strong>it</strong>tà,un<strong>it</strong>o allamental<strong>it</strong>àimprend<strong>it</strong>orialedi chi vi ab<strong>it</strong>a,contribuiscea riproporreil m<strong>it</strong>o delself-made mane a generareuna fortetensioneal lavoroglobalizzazione hanno saputo reinventarsi per dare un segu<strong>it</strong>oalla domanda di manufatti a basso costo proveniente dai Paesiafricani e sudasiatici.Di questo microcosmo economico parallelo e marginale,rispetto ai cap<strong>it</strong>ali mossi e al lusso esib<strong>it</strong>o nei centri finanziaridi Hong Kong, fanno parte anche oltre 250mila badanti e collaboratricidomestiche indonesiane e filippine e centinaia di prost<strong>it</strong>uteafricane, indiane, malesi e cinesi, talvolta trafficate con la promessadi fare la cameriera, ma spesso consapevoli dell’attiv<strong>it</strong>à dasvolgere. Se gran parte delle migrazioni e delle comun<strong>it</strong>à etnichelocali sono formate da popolazioni maschili, la femminilizzazione dicerti tipi di arrivi è in cresc<strong>it</strong>a. In particolare, si nota il costanteaumento, anche in periodi di crisi economica, delle collaboratricidomestiche straniere, assunte per sollevare dalla responsabil<strong>it</strong>àdella casa le donne locali che entrano nel mercato del lavoro(Young, 2004). Specialmente negli ultimi anni, è aumentatoanche il numero di africane dirette a Hong Kong e in Cina, inparticolare da quei Paesi che godono di un sistema agevolato diconcessione dei visti, quali l’Uganda e il Kenya, ma anche dicommercianti di origine ghanese, togolese e persino somala, checommerciano in vest<strong>it</strong>i e pietre preziose.<strong>La</strong> v<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à e il dinamismo di questi spazi socialmente riprodottiattraverso il continuo movimento e scambio di beni e personeè reso possibile, oltre che dall’individual<strong>it</strong>à dei singoli, ancheda s<strong>it</strong>uazioni contingenti che compongono la struttura pol<strong>it</strong>icoeconomicadella ex colonia e in minor misura di Guangzhou.Lo sviluppo cap<strong>it</strong>alistico delle due c<strong>it</strong>tà, e in particolare illaissez-faire di Hong Kong – un<strong>it</strong>amente alla mental<strong>it</strong>àimprend<strong>it</strong>oriale di chi vi ab<strong>it</strong>a e all’ideologia di autosufficienzaeconomica, per cui a Hong Kong i più poveri vengono incentivatiad arrangiarsi, stigmatizzando i sussidi statali (Chan, 2011) –apparentemente contribuiscono ad allargare il gap esistentetra i ricchi e i poveri, ma ripropongono anche il m<strong>it</strong>o del “self-mademan”, e l’ormai parallela ostentazione della ricchezza acquis<strong>it</strong>a,la quale viene raggiunta soltanto attraverso il lavoro, anchequando non del tutto eticamente corretto. Inoltre, mentre ilsistema di visti liberale e la riduzione del costo dei trasportiinternazionali aumentano le opportun<strong>it</strong>à di ingresso legalegarantendo ampie possibil<strong>it</strong>à di movimento e il ripetersi diaccordi che avvengono tram<strong>it</strong>e l’incontro personale, il minimointervento dello Stato permette alle parti di eserc<strong>it</strong>are il commercioanche al di fuori degli stretti vincoli normativi imposti dallalegislazione locale, quando la transazione non rientra in attiv<strong>it</strong>àapertamente criminali.322011 luglio-agosto


Dall’Oriente esempi di c<strong>it</strong>tà interetnicheHong Kongè il luogoin cui icommerciantisemi-abbientidella classemedia deiPaesi in viadi sviluppodiventanola classepoveradei Paesipiù ricchi;pochiriesconoa fare prof<strong>it</strong>tie a emergereSe in tal modo le opportun<strong>it</strong>à di mantenersi senza ricorrereallo Stato sembrano aumentare per le minoranze etniche e icinesi più poveri, la possibil<strong>it</strong>à che questi scalino le rigidegerarchie sociali imposte dal cap<strong>it</strong>alismo moderno appaionotuttavia abbastanza ridotte. In un certo senso, si potrebbeaffermare che, specialmente per quanti giungono dai Paesiin via di sviluppo, Hong Kong può diventare il luogo dove icommercianti semi-abbienti della classe media dei Paesi in viadi sviluppo, che può permettersi di viaggiare e investire discretesomme di denaro in Cina, formano la classe povera dei Paesipiù ricchi, in quanto raramente i cap<strong>it</strong>ali invest<strong>it</strong>i produconoun prof<strong>it</strong>to sufficiente per entrare a fare parte dell’ammirato,ma ristretto circolo dei ricchi nei Paesi di destinazione.Ciò nondimeno, tutt’altro che episodici casi in cui l’individuoriesce a crearsi una nicchia di business e generare prof<strong>it</strong>ticonsistenti crescono parallelamente al numero di persone chesono attratte in questa parte del mondo dal medesimo propos<strong>it</strong>odi successo. Mentre alcuni falliscono nell’impresa, molti altririescono a emergere e a sistemarsi, mentre altri ancora riesconopersino a guadagnarsi la possibil<strong>it</strong>à di emigrare verso Paesi piùamb<strong>it</strong>i, quali il Canada e l’Australia, oppure di entrare stabilmentee a maggiore dir<strong>it</strong>to nel tessuto sociale di Hong Kong attraversoil Cap<strong>it</strong>al Investment Entrant Scheme o uno degli altri schemi checompongono l’elaborato e compet<strong>it</strong>ivo sistema immigratoriocon cui Hong Kong assicura il continuo afflusso dall’esterodi cap<strong>it</strong>ali e “talenti”, in cambio del permesso di soggiornopermanente.Primo PianoÈ forse questo uno degli aspetti più significativi da notareriguardo la formazione di moderne c<strong>it</strong>tà interetniche in Asia.Mentre i governi di Stati e c<strong>it</strong>tà non lesinano sforzi con programmipensati ad hoc per attrarre personale straniero qualificato chegestisca gli scambi finanziari su cui poggia la prosper<strong>it</strong>à economicadel Paese, gli strati meno privilegiati delle società multiculturalipiù ricche si adattano alle trasformazioni sociali ed economichedi cui sono partecipi, contribuendo al cosmopol<strong>it</strong>ismo dellac<strong>it</strong>tà attraverso legami personali, commerciali e culturali cheinstaurano nel perseguire l’interesse economico, spesso neldisinteresse, se non addir<strong>it</strong>tura nell’ostil<strong>it</strong>à generale, e inassenza di pol<strong>it</strong>iche governative che accomodino la divers<strong>it</strong>à.A Hong Kong e Guangzhou, così come in c<strong>it</strong>tà culturalmentepiù omogenee come Seoul e Tokyo, la presenza straniera è undato visibile, riconoscibile, e ormai “normale”, anche se nonsempre accolto con favore quando il colore della pelle dellolibertàcivili2011 luglio-agosto33


Dall’Oriente esempi di c<strong>it</strong>tà interetnichePrimo Piano<strong>La</strong> divers<strong>it</strong>àdi cultureè un datovisibilein questemetropolie contribuisceal benesseredegli stratimeno agiatidellapopolazionelocale, che siadattanomeglioa questatrasformazionestraniero non corrisponde alle presunte possibil<strong>it</strong>à pecuniariearb<strong>it</strong>rariamente associatevi dalla popolazione locale. Allo stessomodo, il dinamismo di certi settori ed economie, ormai etnicheper l’alto numero di stranieri e minoranze che vi partecipano,e l’estendersi di legami multiculturali e transnazionali chequesti alimentano, quando difficilmente quantificabili in termini dir<strong>it</strong>orni economici per la c<strong>it</strong>tà, rivelano tuttavia come la divers<strong>it</strong>à,quella meno ricercata e apprezzata dai governi, ha le potenzial<strong>it</strong>àdi contribuire significativamente al benessere degli strati menoagiati della popolazione locale e quindi della c<strong>it</strong>tà stessa.In tal senso, diverse c<strong>it</strong>tà asiatiche, e in particolare Hong Konge Guangzhou, pur con le loro individual<strong>it</strong>à, potrebbero interpretarsiquali moderni centri di sperimentazione sociale post-industriale,ovvero laboratori multietnici e multiculturali dove osservare queiprocessi sociali ed economici individuati anche in Occidente,quali polarizzazione sociale, impresa etnica, riqualificazioneurbana, che qui però appaiono concentrarsi quasi all’eccessoin una miriade di flussi e legami transnazionali di crescente portatache molto probabilmente, in un futuro non troppo lontano, cost<strong>it</strong>uiranno,al pari dei grattacieli, dei teatri e del lusso di granparte del recente sviluppo cap<strong>it</strong>alistico globale, il tratto distintivonon solo di queste c<strong>it</strong>tà, ma di gran parte delle società economicamentepiù avanzate.libertàciviliBibliografiaBodomo, A. B., The African TradingCommun<strong>it</strong>y in Guangzhou: An EmergingBridge for Africa-China Relations, in“China Quarterly”, vol.203, pp.693-707,2010Chan, K. C., Hong Kong: Workfarein the World’s Freest Economy, in“International Journal of Social Welfare”,vol.20, pp.22-32, 2011<strong>La</strong>m, K. C. e Liu, P. W., Immigrationand the Economy of Hong Kong, C<strong>it</strong>yUnivers<strong>it</strong>y Press, Hong Kong, 1998Mathews, G., Ghetto at the Center ofthe World: Chunking Mansions, HongKong, Chicago Univers<strong>it</strong>y Press, Chicago,2011Pluss, C., Constructing GlobalizedEthnic<strong>it</strong>y: Migrants from India in HongKong, in “International Sociology”, vol.20,n.2, pp.201-224, 2005Thomas, J., Ethnocide: A CulturalNarrative of Refugee Detention in HongKong, Ashgate, Aldershot, 2000Wh<strong>it</strong>e, B. S., Turbans and Traders: HongKong’s Indian Commun<strong>it</strong>ies, OxfordUnivers<strong>it</strong>y Press, Hong Kong, 1994Young, K., Globalisazion and theChanging Management of MigrationService Workers in the Asia Pacific, in“Journal of Contemporary Asia”, vol.34,n.3, pp.287-303, 2004342011 luglio-agosto


Aperta, sicura, collaborativa:la “c<strong>it</strong>tà delle persone”esiste ed è in val PadanaPrimo PianoIntervista a Graziano Delrio, neo eletto presidentedell’Anci e sindaco di Reggio Emilia, dove il 17%della popolazione è straniera, unica c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>alianadel programma europeo Intercultural C<strong>it</strong>iese capofila del Network <strong>it</strong>alianoA cura di Stefania NassoRicercatrice - univers<strong>it</strong>à Vrije di Amsterdam, Migration and Divers<strong>it</strong>y CentreSignor sindaco, parliamo in questonumero di crisi della c<strong>it</strong>tà, di c<strong>it</strong>tà chenon sembrano strutturate per vivere le“differenze”. Reggio Emilia si dichiara“c<strong>it</strong>tà delle persone”, una comun<strong>it</strong>àaperta all’accoglienza, come suggerisceil vostro logo. Certamente un taleapproccio ha radici culturali ben defin<strong>it</strong>e.Vuole spiegarci la “filosofia” della suac<strong>it</strong>tà, e i modi in cui questa si è caratterizzataper una particolare attenzionealle persone?Rispetto alla crisi che descrivete, lec<strong>it</strong>tà nascono, al contrario, come luogodi scambio e di incontro, come comun<strong>it</strong>àe come comun<strong>it</strong>à aperte. Pensiamo allapolis greca, modello su cui nella storiasi sono configurate le c<strong>it</strong>tà, e all’agoràcome luogo di intreccio di culture. Unac<strong>it</strong>tà che si chiude su se stessa e siarrocca è destinata a spegnersi. Perquanto riguarda Reggio Emilia abbiamovoluto sottolineare questa caratteristicadel suo Dna: una c<strong>it</strong>tà in cui l’autonomiae la creativ<strong>it</strong>à individuale si accompagnanocon la condivisione e il progettocollettivo. <strong>La</strong> stessa nasc<strong>it</strong>a della bandieratricolore, con quattro c<strong>it</strong>tà diverse che siunirono in una Repubblica per esserelibere, avvenne nel 1797 a Reggio Emiliasotto questo segno.Affiancare allo stemma comunale il logo“c<strong>it</strong>tà delle persone” significa sottolinearel’aspetto della relazione. Il temadella c<strong>it</strong>tadinanza stesso non va interpretatosolo come un dir<strong>it</strong>to personalema come un dir<strong>it</strong>to alla c<strong>it</strong>tà, un dir<strong>it</strong>toche ti mette in relazione con la comun<strong>it</strong>à.Alla base del nostro lavoro c’è questoprincipio: sia nell’organizzare i servizisociali, sia nel pensare le ciclabili e lamobil<strong>it</strong>à, sia nel riqualificare le piazzeper renderle spazio di convivenza, unodei progetti di riqualificazione in cuiabbiamo creduto di più. Chi condividequesta idea di c<strong>it</strong>tà come una comun<strong>it</strong>àaperta, in cui fare crescere il proprioprogetto e dare un futuro ai propri figli,a Reggio Emilia è il benvenuto.Attualmente il 17% della popolazioneresidente a Reggio Emilia è compostada c<strong>it</strong>tadini stranieri. Quali sono lecomun<strong>it</strong>à più numerose? Come e in chelibertàcivili2011 luglio-agosto35


Intervista al sindaco di Reggio Emilia, Graziano DelrioPrimo Pianolibertàcivilimisura partecipano alla v<strong>it</strong>a della c<strong>it</strong>tà?Al 31 dicembre 2010 a Reggio Emiliasi contano 28.456 c<strong>it</strong>tadini stranieri parial 17% di tutta la c<strong>it</strong>tadinanza (166milaab<strong>it</strong>anti). Questi dati pongono ReggioEmilia tra le c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane più toccate dalfenomeno migratorio. Tra le nazioni piùrappresentate ci sono Albania e Marocco,poi Cina, Ucraina, Romania e Ghana.L’Italia è un Paese che produce stranieri,anche senza nuova immigrazione, comeben sanno i lettori di questa rivista. Bastanascere in Italia da gen<strong>it</strong>ori non <strong>it</strong>aliani,anche se presenti da molti anni, e si èanagraficamente “stranieri”. Questo accadeanche a Reggio Emilia. Negli asili nido,tutti i bambini di origine straniera iscr<strong>it</strong>tiin questi anni sono in realtà bambininati in Italia. È in primo luogo per ev<strong>it</strong>arequesto paradosso che ci siamo impegnatinella campagna di modifica della leggesul dir<strong>it</strong>to di c<strong>it</strong>tadinanza “L’Italia sonoanch’io” (vedi box successivo).I migranti arrivati a Reggio Emilia sonostati finora soprattutto uomini alla ricercadi un lavoro e di un progetto di v<strong>it</strong>a,quindi, nel tempo,questa immigrazioneha preso la forma difamiglie e di gen<strong>it</strong>oricon bambini. Il luogodi lavoro e la scuolasono di conseguenzadue luoghi nevralgiciper l’integrazione ela partecipazione. <strong>La</strong>scuola dell’infanzia ela scuola primaria sonoun primo passaggio incui c’è la possibil<strong>it</strong>à di coinvolgere lefamiglie. Le donne hanno un ruoloimportantissimo nell’aprire le famiglie direcente immigrazione alla relazione conla c<strong>it</strong>tà. Abbiamo un progetto, “MammeIl posto di lavoro e la scuolasono due luoghi nevralgiciper l’integrazionee la partecipazione.Fondamentale è il ruolodelle donne per aprirele famiglie di recenteimmigrazionealla relazione con la c<strong>it</strong>tàa scuola”, con cui cerchiamo di favorirel’alfabetizzazione di queste mediatricinaturali. L’Amministrazione è inoltre incostante dialogo con le comun<strong>it</strong>à di stranierie il numero delle associazioni attivesul terr<strong>it</strong>orio oggi conta oltre 60 realtà.Il rapporto del Consiglio d’Europa“Combinare divers<strong>it</strong>à e libertà” c<strong>it</strong>ala sua c<strong>it</strong>tà come uno degli esempivirtuosi di applicazione di pol<strong>it</strong>iche afavore dell’integrazione degli immigratie della coesione sociale, tantoda guadagnare la definizione di c<strong>it</strong>tà“aperta, sicura e collaborativa”. Qualipol<strong>it</strong>iche si sono rivelate più efficaci?Quali sono gli strumenti principali e iprogetti più importanti che avetemesso in campo?Con realtà come Berlin Neukoelln,Lione, Oslo e altre, Reggio Emilia ha fattoparte, unica c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliana, del progetto“Intercultural c<strong>it</strong>ies”, coordinato dalConsiglio d’Europa ed è promotrice diuna analoga Rete nazionale “Networkdelle c<strong>it</strong>tà del dialogo interculturale”per lo scambio dellebuone pratiche inamb<strong>it</strong>o interculturale.Le pol<strong>it</strong>iche segu<strong>it</strong>equindi sono quelledella promozione deldialogo interculturale,l’inclusiv<strong>it</strong>à di tutti ic<strong>it</strong>tadini, la diffusionedella convivenza, ilrispetto di dir<strong>it</strong>ti, doverie regole della comun<strong>it</strong>à.Abbiamo unassessorato dedicato alla Coesionesociale, ma il tema della convivenza ecoesione è trasversale a tutti gli amb<strong>it</strong>idell’Amministrazione.<strong>La</strong> migliore gestione dell’integrazione36 2011 luglio-agosto


Intervista al sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrioe delle divers<strong>it</strong>à è, a mio parere, quellache arriva a non dover distinguere traquote e provenienze, ma a decideresolo in base ai dir<strong>it</strong>ti di c<strong>it</strong>tadinanza e aidir<strong>it</strong>ti umani. Oggi il mondo genericamentedefin<strong>it</strong>o dell’immigrazione comprendecasistiche molto diverse tra loro e avrebbebisogno di un vocabolario comune piùarticolato per essere descr<strong>it</strong>to. Ci sonopersone perfettamente inser<strong>it</strong>e, ma anches<strong>it</strong>uazioni di precarietà ed emergenzaper cui sono necessari gli interventi deiservizi e delle cooperative sociali.Il tema della presenza di stranieri havissuto anche a ReggioEmilia, come in tuttele c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane, la fasedella paura e dellainsicurezza, sollec<strong>it</strong>ataimmotivatamente, ma digrande efficacia mediatica.Questa fase harichiesto una reazioneenergica da partenostra, con incontri coni c<strong>it</strong>tadini e una fortedeterminazione a dimostrarecon i dati la realtà delle cose. Inquesta fase, in cui c’era la necess<strong>it</strong>à dirasserenare il clima e risolvere problemidi convivenza, abbiamo messo in attoprogetti organici nelle zone ad alta dens<strong>it</strong>àcon interventi a più livelli, sociale, urbanistico,culturale, che oggi dimostranodi aver avuto efficacia. È poi moltoimportante un lavoro di rete perché ic<strong>it</strong>tadini di diverse origini imparino aconoscersi. Da molti anni è attivo il Centrointerculturale Mondinsieme, oggi fondazione,in cui lavorano c<strong>it</strong>tadini <strong>it</strong>aliani diorigine straniera, che è fondamentale inun’azione di impegno sulla “frontiera”tra le diverse culture presenti in c<strong>it</strong>tà,nei quartieri, nelle scuole.Anche Reggio Emilia havissuto la fase della pauraper la presenza di stranieri,superata attraverso incontricon i c<strong>it</strong>tadini e la fortedeterminazionedell’amministrazionea dimostrare con i datila realtà delle coseL’opinione più comune è che metterein atto una strategia organica per l’integrazionecomporti costi sostenutiper le amministrazioni. È così? A qualirisorse attingete?È importante scegliere una organizzazionestrategica del lavoro dell’amministrazionepubblica che, senza rinunciarea presidi specifici, ponga il tema dellacoesione e dell’integrazione come prior<strong>it</strong>àtrasversali a tutte pol<strong>it</strong>iche.A fianco di questo, le risorse, umaneed economiche, sono fondamentali: temicomplessi, come la convivenza nei quartier<strong>it</strong>ra vecchi e nuovi c<strong>it</strong>tadini,richiedono diripensare intere zonee di rileggerne le funzioni.C<strong>it</strong>o, ad esempio,uno dei nostri progettipiù complessi, al qualestiamo lavorando daanni: quello della zonastazione di ReggioEmilia, dove c’è unaconcentrazione altissimadi c<strong>it</strong>tadini stranieriresidenti (90%), insieme ad alcuni residentistorici. Abbiamo elaborato un progettostrategico che ha messo in atto: riqualificazioneurbana (da una nuova illuminazioneal riordino della mobil<strong>it</strong>à, allaricerca di spazi di quartiere), iniziativedi dialogo, culturali e di convivenza,mediazione condominiale, introduzionedi attiv<strong>it</strong>à commerciali equosolidali,ordinanze per ev<strong>it</strong>are commercio di alcole così via. Solo per la realizzazione, alposto di un ex parcheggio, di una piazzacon chiosco, alberi, panchine e giochiper i bambini abbiamo invest<strong>it</strong>o circaun milione di euro, con un contributodella regione Emilia-Romagna. Con ilcalo di risorse degli enti locali, stiamoPrimo Pianolibertàcivili2011 luglio-agosto37


Intervista al sindaco di Reggio Emilia, Graziano DelrioPrimo Pianolibertàcivilicercando di convogliare finanziamentinazionali, regionali ed europei, ma contributisporadici tolgono struttural<strong>it</strong>à e lapossibil<strong>it</strong>à di programmare.Per gestire queste attiv<strong>it</strong>à è certamentenecessario personale qualificato,in grado di rappresentare un interlocutorecredibile per gli immigrati e per le stesseist<strong>it</strong>uzioni; il riferimento è in particolarea figure-chiave come quella dei mediatoriinterculturali. Come reper<strong>it</strong>e questerisorse umane?Dell’importanza di “mediatori, costruttoridi ponti, saltatori di muri, esploratori difrontiera” ha scr<strong>it</strong>to a suo tempo congrande saggezza Alex <strong>La</strong>nger. Uno deipassaggi fondamentali della convivenzaè certamente quello della mediazione,anche della mediazione del confl<strong>it</strong>to,soprattutto per le s<strong>it</strong>uazioni di precarietàed emergenza.Grazie all’interesse nato attorno alCentro Mondinsieme è cresciuta un’ottimagenerazione di giovani preparati,grazie ai quali abbiamo rapporti confamiglie, associazioni, nuovi c<strong>it</strong>tadini chetutti gli anni incontriamo in sala Tricolore.Ci sono ottime risorse ed esperti inComune, nelle aziende per gli alloggipubblici, nell’azienda san<strong>it</strong>aria, nellecooperative sociali che si occupano dirifugiati ed emergenza. Non sono lerisorse umane che mancano, ma quelleeconomiche che, alla fine, penalizzanoquesti servizi e l’utilizzo di queste grandicapac<strong>it</strong>à. Depotenziare tali servizi, cosìcome gli sportelli di mediatori sociali esan<strong>it</strong>ari, di mediazione condominiale,scolastica, gli sportelli informativi per tuttele pratiche che riguardano l’arrivo e lapermanenza in Italia o per le assistentifamiliari significa impoverire una comun<strong>it</strong>àe la sua tenuta sociale.Reggio Emilia è a tutti gli effetti unac<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>. Quale ruolo hannosvolto le divers<strong>it</strong>à come fattore di sviluppoeconomico e culturale? Come ècambiata la percezione dei suoi c<strong>it</strong>tadiniverso la realtà dell'immigrazione?Reggio Emilia ha avuto fino ad oggiuna economia basata sul manifatturiero.Nel 2009 era tra le prime realtà <strong>it</strong>alianeper Pil e tasso di occupazione e assorbivasignificative quant<strong>it</strong>à di forza lavoro. Ilbenessere e lo sviluppo di questi annisono in gran parte dovuti alle personeche sono arrivate con le loro braccia asostenere la nostra economia.In questa c<strong>it</strong>tà, dove c’è un atteggiamentoquasi religioso verso il lavoro, illavoro è stato, nonostante ciò cuiaccennavo prima, un lasciapassare socialeper essere rispettati. Gli stessi sondaggihanno dimostrato che la percezione diinsicurezza legata all’immigrazione si èfortemente ridimensionata in questi ultimianni, acquisendo la consapevolezza chel’immigrazione è stata una risorsa. Oggisiamo in una fase nuova perché la crisimorde, mettendo in discussione i postidi lavoro di tutti e in particolare quellidegli immigrati: su 8.353 disoccupatiiscr<strong>it</strong>ti al Centro per l’impiego, il 40% circasono stranieri. Quello che ci preoccupaoggi non sono le tensioni culturali, ma ildisagio sociale di tutti e la mancanzadi prospettiva delle nuove generazionidi <strong>it</strong>aliani, con gen<strong>it</strong>ori <strong>it</strong>aliani o stranieri,cui spetterebbe di scrivere il futuroeconomico e culturale di questa c<strong>it</strong>tà edel nostro Paese.Per finire sindaco, come immagina lac<strong>it</strong>tà del futuro? Come la disegnerebbe?Le direttrici della Comun<strong>it</strong>à europeaper il 2020, “cresc<strong>it</strong>a inclusiva, sostenibile,intelligente” possono orientare il nostro38 2011 luglio-agosto


Intervista al sindaco di Reggio Emilia, Graziano DelrioPaese nelle scelte, facendo crescere lec<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane in innovazione, convivenza ebenessere. Non ci si può lim<strong>it</strong>are a parare icolpi della crisi, occorre rilanciare peressere comun<strong>it</strong>à e c<strong>it</strong>tà diffusive diopportun<strong>it</strong>à.Uno dei passaggi cruciali in Italia èsicuramente la riforma della legge suldir<strong>it</strong>to di c<strong>it</strong>tadinanza. <strong>La</strong> attuale legge91/92 sta generando <strong>it</strong>aliani di serie B,come le ragazze e i ragazzi di secondagenerazione, nati in Italia da gen<strong>it</strong>oristranieri o arrivati piccolissimi, perfettamenteintegrati ma cui vengono negatele opportun<strong>it</strong>à dei coetanei <strong>it</strong>aliani.Questa condizione di ingiustizia socialeè un freno per un Paese un<strong>it</strong>o che vuoldarsi obiettivi comuni. Per questo motivo,come accennato prima, stiamo sostenendo,nel 150° dell’Un<strong>it</strong>à d’Italia, la raccolta difirme per le proposte di legge di iniziativapopolare della campagna “L’Italia sonoanch'io”, portata avanti da una ventinadi associazioni della società civile. <strong>La</strong>proposta di riforma della legge 91/92intende riconoscere la c<strong>it</strong>tadinanza apersone che oggi sono <strong>it</strong>aliane di fatto,ma non di dir<strong>it</strong>to: i minori nati da gen<strong>it</strong>oriregolari o che arrivano in Italia da bambini,oppure che frequentano un ciclo di studi,come in molte c<strong>it</strong>tà europee, diventinoc<strong>it</strong>tadini. Inoltre si propone il dir<strong>it</strong>to alvoto amministrativo ai lavoratori stranieri,i quali in modo così massiccio contribuisconoal welfare nazionale. In entrambi icasi si recepiscono convenzioni europeerimaste finora lettera morta.Purtroppo questi temi, sconosciutiall’opinione pubblica, sono fer<strong>it</strong>e nellev<strong>it</strong>e delle persone e sono molto sent<strong>it</strong>inelle scuole, negli ambienti di lavoro,nelle famiglie, nelle comun<strong>it</strong>à. Non sipossono più rinviare.Primo Piano<strong>La</strong> campagna “L’Italia sono anch’io”In occasione del 150° anniversario dell’Un<strong>it</strong>à d’Italia, 19 associazionidella società civile e l’ed<strong>it</strong>ore Carlo Feltrinelli hanno lanciato“L’Italia sono anch’io”, campagna per i dir<strong>it</strong>ti di c<strong>it</strong>tadinanza eil dir<strong>it</strong>to di voto per le persone di origine straniera. Il Com<strong>it</strong>atonazionale, presieduto dal sindaco di Reggio Emilia, è vasto etrasversale: ne fanno parte Acli, Arci, Asgi, Car<strong>it</strong>as Italiana, CentroAstalli, Cgil, Cnca, Coordinamento enti locali per la pace eTavola per la pace, Emmaus, Fcei, Fondazione Migrantes, Ilrazzismo è una brutta storia, Libera, Lunaria, Rete G2, PrimoMarzo, Libera, Sei Ugl, Terra del Fuoco. Oltre all’impegno perportare all'attenzione dell’opinione pubblica e del mondo pol<strong>it</strong>icoe culturale il tema dei dir<strong>it</strong>ti di c<strong>it</strong>tadinanza e di partecipazione,la campagna promuove la raccolta di firme per la presentazionedi due leggi di iniziativa popolare: una che riformi la normativasulla c<strong>it</strong>tadinanza, aggiornando i concetti di nazione e nazional<strong>it</strong>àsulla base del senso di appartenenza a una comun<strong>it</strong>à determinatoda percorsi condivisi di studio, di lavoro e di v<strong>it</strong>a e l’altra chericonosca ai migranti il dir<strong>it</strong>to di voto nelle consultazioni elettoralilocali, quale strumento più alto di responsabil<strong>it</strong>à sociale e pol<strong>it</strong>ica.Tutte le informazioni sul s<strong>it</strong>o http://www.l<strong>it</strong>aliasonoanchio.<strong>it</strong>libertàcivili2011 luglio-agosto39


Primo Piano<strong>La</strong> partecipazione pol<strong>it</strong>icaquale strumento di inclusione<strong>La</strong> storia personale, l’impegno e gli auspiciper il futuro di Tetyana Kuzyk, Victor EmekaOkeadu, Romulo Sabio Salvador, MadissonGodoy Sanchez, i membri aggiunti elettidagli immigrati nel Consiglio comunale di RomaTestimonianze raccolte da Franco P<strong>it</strong>taulibertàciviliI consiglieristranieripossonoparteciparealle sedutesenza dir<strong>it</strong>todi votoe possonoproporremozioni.Accantoa loro operala Consultac<strong>it</strong>tadinacompostadai primi 19non elettiLe prime elezioni dei consiglieri stranieri aggiunti si sonosvolte a Roma nel 2004 (a metà consiliatura) in attuazionedella delibera n.190 del 14 ottobre 2003 (a sua volta basatasu una proposta avanzata nel 1995). Sono stati designati direttamentedagli immigrati quattro consiglieri al Comune e unconsigliere in ciascuno dei 19 municipi della c<strong>it</strong>tà. Negli anniprecedenti, le questioni riguardanti i residenti stranieri venivanotrattate da un consigliere comunale a cui il sindaco conferivala delega alla multietnic<strong>it</strong>à.<strong>La</strong> seconda tornata elettorale si è svolta nel 2006. Gli eletti,tuttora in carica, partecipano con dir<strong>it</strong>to di parola, ma senzadir<strong>it</strong>to di voto, alle sedute del Consiglio e alle riunioni dellecommissioni consiliari permanenti e possono proporre mozioni.È inoltre attiva anche una Consulta c<strong>it</strong>tadina composta dai primi19 non eletti dei quattro Continenti.I consiglieri aggiunti di Roma Cap<strong>it</strong>ale cost<strong>it</strong>uisconoun’importante realtà perché rappresentano numericamente ilterzo gruppo all’interno dell’Assemblea cap<strong>it</strong>olina. <strong>La</strong> loroesperienza è stata oggetto di divergenti interpretazioni daparte di qualche associazione che si occupa di immigrazione:un avvio pos<strong>it</strong>ivo seppure incompleto oppure un “contentino”che distrae dall’obiettivo effettivo che consiste nella partecipazioneal voto amministrativo? Si è r<strong>it</strong>enuto opportuno farerispondere i diretti interessati, una donna e tre uomini, inrappresentanza delle quattro aree continentali.Il punto di partenza non può essere che la loro biografia,che presenta molteplici motivi di interesse.402011 luglio-agosto


L’esperienza dei consiglieri stranieri aggiunti al comune di RomaLe primeelezionisi sono svoltenel 2004.I quattrorappresentantiattuali,provenientida Ucraina,Nigeria,Filippine,Ecuador,uno per ogniContinente,sono in caricadal 2006Tetyana Kuzyk è ucraina. È venuta in Italia nel 2000, affidandola figlia di nove anni ai suoi gen<strong>it</strong>ori e facendosi poi raggiungeredopo tre anni. <strong>La</strong>ureata in lingue e insegnante di inglese pressole scuole pubbliche, era insoddisfatta del basso stipendio chericeveva in patria. In Italia, ha lavorato prima come baby s<strong>it</strong>ter,poi per un giornale ucraino e infine ha creato una propriaagenzia per traduzioni e disbrigo di pratiche. È molto impegnata,tra l’altro, per far conseguire ai ragazzi ucraini residenti a Roma,parallelamente con quello <strong>it</strong>aliano, anche il diploma di matur<strong>it</strong>àvalido in Ucraina.Victor Emeka Okeadu, è nigeriano. Arrivato in Italia a 18 anniper studiare, si è diplomato come ragioniere e per<strong>it</strong>o commercialee poi laureato in giurisprudenza con un dottorato in psicologia.Prima di diventare consigliere svolgeva l’attiv<strong>it</strong>à di piccoloimprend<strong>it</strong>ore e consulente legale sui problemi dell’immigrazione:la sua esperienza associativa è di lunga data. Coniugato, hacinque figli in età compresa tra gli 11 e i 23 anni, tutti nati in Italia,il che aiuta a capire la sua sensibil<strong>it</strong>à nei confronti delleseconde generazioni di stranieri per i quali l’Italia è la loro terra.Romulo Sabio Salvador è filippino, di Santa Cruz, a Sud diManila. Venuto in Italia nel 1984 per assistere al matrimoniodella sorella, si è poi fermato. <strong>La</strong>ureato in psicologia, nel suoPaese ha lavorato presso l’ist<strong>it</strong>uto previdenziale locale. InItalia ha svolto diversi mestieri come cameriere e portiere eanche come attore nei telefilm, cosa che fa ancora oggi quandogli cap<strong>it</strong>a di essere chiamato. È t<strong>it</strong>olare di un’impresa di spedizioniche opera tra l’Italia e le Filippine. Sia nel 2004 che nel2006 è stato il consigliere più votato: nel 2004 dovette cedere ilposto a una donna, per assicurare la quota rosa tra i consiglieriaggiunti.Madisson Godoy Sanchez nel 1999 ha lasciato l’Ecuadorper raggiungere la moglie in Italia; qui ha consegu<strong>it</strong>o unmaster in pol<strong>it</strong>iche dell’incontro e della mediazione culturale,che gli consente di operare come esperto in pedagogia interculturalee di partecipare a diversi progetti. In Ecuador èstato insegnante e preside di un liceo, e anche in Italia hainsegnato presso l’Univers<strong>it</strong>à ecuadoriana de Loja e in un ist<strong>it</strong>utosuperiore ecuadoriano. Anche nel suo Paese d’origine si eracandidato come consigliere e, inoltre, era stato assistenteparlamentare. Ha due figli, di 19 e di 7 anni, il secondo natoin Italia e quindi un esempio di seconda generazione.Tutti i consiglieri hanno creato personalmente o hanno operatoe continuano a operare nelle associazioni sorte nell’amb<strong>it</strong>odella loro collettiv<strong>it</strong>à. Avendo una rappresentanza continentale,Primo Pianolibertàcivili2011 luglio-agosto41


L’esperienza dei consiglieri stranieri aggiunti al comune di RomaPrimo PianolibertàciviliTutti hannocreato ooperano nelleassociazioniattivenell’amb<strong>it</strong>odella propriacollettiv<strong>it</strong>àdi riferimento,con unadimensioneinternazionalelegata al fattoche essirappresentanol’interoContinentedi provenienzal’attaccamento all’associazionismo del proprio Paese si componecon l’apertura a quello delle altre nazioni. Interculturali perdefinizione nell’esercizio delle loro funzioni, i consiglierisostengono e rimangono legati alle associazioni, r<strong>it</strong>enutefunzionali alla promozione delle istanze culturali in diversimodi, e i risultati non mancano.Sono profondamente convinti che il tema delle associazionivada affrontato in profond<strong>it</strong>à, così come mer<strong>it</strong>a di esseretrattato seriamente il tema dell’integrazione. Ad esempio, è statacreata la “Rete dell’Europa dell’Est”, che si riunisce periodicamentee promuove diverse iniziative visto che a partire dagli anniNovanta l’immigrazione dall’Est Europa ha dato nuova linfaall’associazionismo femminile. L’associazionismo è anche untema ricorrente di dibatt<strong>it</strong>o all’interno della diaspora africana,interessata alla prospettiva di una maggiore coesione sociale ecivile, dibatt<strong>it</strong>o che coinvolge anche i rappresentanti diplomaticied è finalizzato a creare la “Casa d’Africa a Roma”. Per quantoriguarda l’America è stato dato un grande sostegno all’associazionismo,soprattutto per trovare una soluzione alla mancanzadi luoghi dove potersi riunire e con questo scopo il consiglieredell’area ha proposto la creazione di uno spazio denominatocasa “<strong>La</strong>s Americas”.Comunque, l’associazionismo degli immigrati, pur con i suoiaspetti interessanti, si trova ancora in una fase iniziale, e devecrescere ancora tram<strong>it</strong>e un vero e proprio sviluppo pol<strong>it</strong>ico.Il contributo riconosciuto ai consiglieri da Roma Cap<strong>it</strong>ale per laloro partecipazione ist<strong>it</strong>uzionale è di 36 euro netti al giorno(anche se nello stesso giorno i consiglieri aggiunti partecipanoai lavori del Consiglio e di una o più commissioni), per un massimodi 20 partecipazioni al mese. Questo gettone, dimezzato rispettoa quello dei consiglieri <strong>it</strong>aliani, non è sufficiente per vivere;perciò i consiglieri hanno la necess<strong>it</strong>à di svolgere anche unlavoro proprio e questo non può non incidere, in senso restr<strong>it</strong>tivo,sul tempo da dedicare alla rappresentanza dei bisogni degliimmigrati.I quattro eletti hanno partecipato alle elezioni come consiglieriaggiunti per diverse ragioni. Innanzi tutto per mettere a frutto leproprie capac<strong>it</strong>à e incidere pos<strong>it</strong>ivamente sulla s<strong>it</strong>uazione dellepersone rappresentate: lo slogan di Madisson Godoy Sanchez,ad esempio, è stato “Un amico al Comune per difendere i tuoidir<strong>it</strong>ti – Fai sentire la tua voce”.<strong>La</strong> propaganda elettorale si è basata per ciascuno di lorosul personale coinvolgimento in prima linea, con il supporto di422011 luglio-agosto


L’esperienza dei consiglieri stranieri aggiunti al comune di RomaPrimo Pianoamici e conoscenti: chi è andato nei parchi, chi presso leassociazioni o in altri luoghi di incontro come le chiese. Singolareè la comun<strong>it</strong>à filippina, organizzata in oltre una quarantina distrutture parrocchiali che periodicamente si riuniscono pressola Basilica di S. Pudenziana, dove il consigliere aggiunto puòintervenire per fare le sue comunicazioni e raccogliere gli stimolidalla base.I candidati, per essere eletti, si sono adoperati non solo neiconfronti dei propri connazionali ma anche con gli immigratidegli altri Paesi dello stesso continente. Per tutti la propaganda èstata facil<strong>it</strong>ata dalle relazioni sviluppate in precedenza, non solopresso le associazioni ma anche lavorando nei giornali etnicio collaborando con trasmissioni radiofoniche etniche: la molladi tutto ciò è stato l’interesse ad assicurare una rappresentanzaagli immigrati.<strong>La</strong> loro funzione pubblica consente di fornire agli immigratiinformazioni indispensabili per districarsi in Italia e per assicurareloro anche assistenza e sostegno per il disbrigo di variepratiche, dall’asilo nido al lavoro, dalla scuola alla questura.Naturalmente i consiglieri aggiunti, intervenendo all’internodell’Assemblea Cap<strong>it</strong>olina, possono pronunciarsi non sololibertàcivili2011 luglio-agosto43


L’esperienza dei consiglieri stranieri aggiunti al comune di Romadi formazione pol<strong>it</strong>ica. In attesa di sbocchi giuridicamente piùsignificativi, essi r<strong>it</strong>engono pos<strong>it</strong>iva la loro funzione temporaneaperché può aiutare gli immigrati a integrarsi pol<strong>it</strong>icamente e aconfrontarsi con la pol<strong>it</strong>ica. Pur vissuta con grande impegno,la partecipazione consultiva viene r<strong>it</strong>enuta una soluzioneintermedia, da non trascurare in attesa dell’attribuzione deldir<strong>it</strong>to di voto. È proprio la stabil<strong>it</strong>à della residenza in Italia,più ancora del passaporto, a introdurre ai dir<strong>it</strong>ti di c<strong>it</strong>tadinanzaea una partecipazione più piena.libertàciviliPrimo PianoL’impegnonel Consigliocomunaleè comunquer<strong>it</strong>enuto unaesperienzapos<strong>it</strong>iva,perché puòaiutaregli immigratia integrarsipol<strong>it</strong>icamenteLe loro rivendicazioni vengono avanzate in una maniera chesottolinea l’assenza di allarmismo. Non si ha alcun interesse aportare un attacco alle tradizioni e all’ident<strong>it</strong>à degli <strong>it</strong>aliani,bensì si intende promuovere una convivenza armoniosa eincentivante, per cui è fuori posto gridare che “Annibale è alleporte”. Il vero pericolo, in una società multiculturale a fortepresenza immigrata, è invece che una consistente parte dellapopolazione si consideri esclusa. I dir<strong>it</strong>ti sociali non possonoessere legati solo alla c<strong>it</strong>tadinanza, anche perché non tutti gliimmigrati sono interessati a quella <strong>it</strong>aliana, la cui acquisizioneva peraltro facil<strong>it</strong>ata.Le migrazioni si traducono, insomma, in una forte esigenzadi partecipazione e impongono di ripensare l’idea di Statonazionale e la sua divisione tra quelli che stanno “dentro” egli altri che stanno “fuori”, tra “noi” e “loro”. Gli immigrati sisentono c<strong>it</strong>tadini del Paese di accoglienza, anche se non vi sononati, e la loro valorizzazione come fattore pos<strong>it</strong>ivo di cresc<strong>it</strong>a esviluppo della società va a beneficio di tutti. Il contatto direttocon chi esprime queste esigenze, come qui si è cercato di fareregistrando le posizioni dei consiglieri aggiunti, è un’esperienzaconvincente e rasserenante.2011 luglio-agosto45


Primo Piano<strong>La</strong> via all’interculturanasce dalla casaIn un piccolo centro del Nord Italia,un esperimento di convivenza,uno dei tanti modi possibili per costruirela c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>, riscoprendo il valoredell’ab<strong>it</strong>are come veicolo di social<strong>it</strong>àdi Chiara GiaccardiUnivers<strong>it</strong>à Cattolica di MilanolibertàciviliSpesso la questione dellaconvivenza multietnica rischiadi venire ridotta al tema dellasicurezza, mentre pochissimo èinvest<strong>it</strong>o nell’accompagnamentoverso c<strong>it</strong>tadinanza e integrazioneC’e tanta retorica, buona e cattiva, sul tema degli stranieri.Il dibatt<strong>it</strong>o rischia di rimanere polarizzato tra due metanarrazioniugualmente sterili: quella buonista (siamo tutti migranti, glistranieri ci arricchiscono) e quella criminalizzante (gli stranieri cirubano il lavoro, delinquono, vogliono renderci tutti musulmani).Entrambe queste posizioni sono ugualmenteinutili per affrontare, e possibilmente risolvere,le tante difficoltà che la delicata questionedella convivenza multietnica pone come sfidaineludibile che interpella il nostro presente.<strong>La</strong> prima perché nega, in modo spessoideologico, l’evidenza; la seconda perchéinquadra il problema in modo riduttivo eunilaterale, con effetti che rischiano diessere disumanizzanti.Il modo stesso di inquadrare la questione allontana lapossibil<strong>it</strong>à di una soluzione ragionevole, e la questione dellaconvivenza multietnica rischia di venire ridotta al tema dellasicurezza (come difendersi dallo straniero), mentre pochissimoè invest<strong>it</strong>o nell’accompagnamento alla c<strong>it</strong>tadinanza e all’integrazionee nel superamento degli ostacoli a una convivenzapacifica. Si tratta in ogni caso di un cammino lungo e difficile, maanche dell’unico modo per affrontare una questione ineludibileche, non certo solo per colpa dei migranti, può diventa esplosiva.<strong>La</strong> s<strong>it</strong>uazione, già complessa di per sé, è aggravata dallacrisi. Una crisi che, prima ancora che economica, è culturale:una vera e propria “crisi di uman<strong>it</strong>à”, dalla quale non si può462011 luglio-agosto


Condividere il mondo: l’ab<strong>it</strong>are come via per l’interculturaContro i rischi delle divisioniartificiali e del mancatoriconoscimento dell’Altro,va riabil<strong>it</strong>ata la categoria del“comune”, un bene condivisodi cui tutti sono corresponsabiliuscire con ricette calate dall’alto, con soluzioni ist<strong>it</strong>uzionali,che pure sono importanti, ma non cambiano le mental<strong>it</strong>à. Solocon un cambiamento di postura è possibile immaginare soluzionialla crisi e alle questioni complesse che ci interpellano.Un primo cambiamento a mio avviso necessario e urgenteriguarda la consapevolezza e il necessario abbandono di unaseparazione artificiale e ideologica tra pubblico e privato,individuo e società, che autorizza anche una scissione, assurdaquanto deleteria, tra la faccia pubblica e quella privata dellostesso sé, oltre a incoraggiare un atteggiamento di deresponsabilizzazione,come se spettasse ad altri affrontare e risolverele questioni pubbliche. Credo che sia venuto ilmomento di riabil<strong>it</strong>are seriamente la categoriadel “comune”, un bene condiviso di cui tuttisono corresponsabili, e che coinvolge leindividual<strong>it</strong>à in senso pieno superando lalogica autoreferenziale degli individualismi.<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà è uno straordinario laboratorio inquesto senso: soprattutto la c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliana,che è costru<strong>it</strong>a intorno a un senso (religiosoe laico) più che a uno scopo, e che è pensata a misura d’uomo,di una social<strong>it</strong>à fatta anche di incroci e incontri, resi possibilida spazi percorribili a piedi e da distanze ragionevoli, da luoghiprivilegiati come le piazze e da articolazioni terr<strong>it</strong>oriali vivibili,come i quartieri nelle c<strong>it</strong>tà più grandi. Ma al di là degli aspettiche ne definiscono la configurazione, la c<strong>it</strong>tà rischia di riprodurreoggi quelle divisioni artificiali che generano effetti di ottus<strong>it</strong>àculturale, oltre che di disumanizzazione: una contigu<strong>it</strong>àdisconnessa, una invisibilizzazione e un mancato riconoscimentodelle persone portatrici di istanze culturali altre, che rischianon solo di sciupare un’opportun<strong>it</strong>à straordinaria per quantoimpegnativa, ma anche di creare una s<strong>it</strong>uazione di risentimentocelato che può esplodere nei modi più distruttivi.Va benissimo pensare i corsi per gli immigrati, appoggiarele loro richieste di luoghi di culto e tollerare benevolmente laloro presenza nelle classi dei nostri figli, ma è possibile, comec<strong>it</strong>tadini di un mondo ormai globale, offrire un contributomolto più attivo alla costruzione di una c<strong>it</strong>tà interculturale, chenon sia né frutto di una pianificazione astratta, né il risultatocasuale di processi di cui nessuno è alla fine responsabile ei cui es<strong>it</strong>i non possono che essere quantomeno deludenti.Quello che il presente ci richiede è uno sforzo di immaginazioneesistenziale e relazionale.Primo Pianolibertàcivili2011 luglio-agosto47


Condividere il mondo: l’ab<strong>it</strong>are come via per l’interculturaPrimo PianolibertàciviliUn esperimento di convivenzanato da una riflessionesulla famiglia e sulla suafunzione umanizzante, controla cultura prevalentedell’individualismoHo sempre apprezzato molto, da studiosa dei media, la sottolineaturadi McLuhan sul potere degli ambienti di plasmarci anostra insaputa, tanto più quanto meno ne siamo consapevoli eli diamo per scontati, e sul potere liberante ed emancipantedei “controambienti”: poiché l’essere umano si adatta e tendea reagire alle urgenze immediate, è importante che si diaconsapevolmente dei contesti che lo aiutino a porsi e mantenersiin una direzione sensata, anche con l’appoggio di chi gli sta intorno.<strong>La</strong> famiglia può essere un controambiente, se non si appiattiscesulla cultura dominante dell’individualismo; l’arte lo èspesso per la cultura, quando non ne diviene un megafono erimane capace di suggerire uno sguardo diverso sul mondo;la religione può esserlo oggi, in un mondo dove tutto è sigillatoin una immanenza e material<strong>it</strong>à mortificanti.Con la duplice consapevolezza che oggi è necessarioprendere in mano direttamente le s<strong>it</strong>uazioni che ci sfidano, eche non si può farlo come individui isolati ma occorre costruiredei contesti che supportino gli sforzi individuali e consentanoanche di superarne i lim<strong>it</strong>i inev<strong>it</strong>abili, qualche anno fa ho datov<strong>it</strong>a, con la mia famiglia e un’altra coppia di amici dalla sensibil<strong>it</strong>àaffine, a un esperimento. Mi sento di raccontarlo perché,pur con i suoi lim<strong>it</strong>i, rappresenta uno dei tanto modi possibiliper costruire la c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> (un termine che mi piace piùdi “multiculturale”, perché contiene l’idea direlazione, oltre che di molteplic<strong>it</strong>à) dalbasso e a partire da un nucleo in cui, adispetto dei luoghi comuni e delle retoriche,la negoziazione tra divers<strong>it</strong>à è all’ordine delgiorno, ovvero la famiglia. Un esperimentoche è nato anche da una riflessione sullafamiglia stessa, che nella sua apertura eosmosi con l’esterno può trovare strumentiper educare i figli, per alimentare la consapevolezza del presente,per dare spessore al rapporto di coppia, per eserc<strong>it</strong>are la suafunzione umanizzante; mentre il modello prevalente tende atrasferire la cultura dell’individualismo anche al suo interno,rendendo la famiglia un sodalizio tra individui che massimizzanoil vantaggio personale e riducono gli svantaggi, con gli effettiasf<strong>it</strong>tici che sono sotto gli occhi di tutti.Una via che più che solidale definirei conviviale: condividere ilmondo, come rec<strong>it</strong>a il t<strong>it</strong>olo di un bel libro di Luce Irigaray, èun movimento di reciproc<strong>it</strong>à che rende l’esistenza più mossa,più intensa, anche più allegra, e fonte di continue scoperte.482011 luglio-agosto


Condividere il mondo: l’ab<strong>it</strong>are come via per l’interculturaDa una struttura appartenentea un ordine religioso sono statiricavati alcuni appartamentiautonomi, da cui, a partiredal 2006, sono passate novefamiglie di otto nazional<strong>it</strong>àVivo in una piccola c<strong>it</strong>tà del Nord, dove più della metà dellapopolazione è anziana, oltre il 60% dei nuclei familiari è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>oda uno o due membri, dove a un relativo benessere diffusocorrisponde una miopia culturale che si manifesta anche nelsuccesso elettorale di part<strong>it</strong>i che fanno della chiusura difensiva lapropria bandiera. Come costruire, per me prima di tutto e poiper la mia famiglia, un controambiente in grado di tenere vigilel’attenzione sui lim<strong>it</strong>i di un contesto di questo tipo? Come dare uncontributo perché la c<strong>it</strong>tà in cui i miei figli sono nati e stannocrescendo possa collocarsi pos<strong>it</strong>ivamente in un presentecomplesso, anziché difendersene?Ormai più di cinque anni fa, grazie al generoso interessamentodi un amico sacerdote, allora direttore della Car<strong>it</strong>as, e poi alladisponibil<strong>it</strong>à di un ordine religioso di offrire una struttura ormaisottoutilizzata per carenza di vocazioni, mi sono trasfer<strong>it</strong>acon la mia famiglia e un’altra coppia di amici in uno stabileadatto al nostro progetto. Car<strong>it</strong>as e Cariplohanno finanziato la ristrutturazione e abbiamopotuto ricavare quattro appartamenti autonomie un miniappartamento per osp<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à più brevi,più una serie di spazi comuni. Dal 2006 sonopassate nove famiglie di otto nazional<strong>it</strong>à,cinque di religione musulmana, tre composteda madri sole con i figli, oltre 30 bambini.ll nostro comp<strong>it</strong>o è insieme molto semplicee molto difficile: lo definirei un “vicinato attento”, qualchecosa che per molto tempo, nella nostra cultura <strong>it</strong>aliana, che ilsociologo Franco Cassano giustamente definisce “materna”,si è manifestato come una sensibil<strong>it</strong>à spontanea e che oggi,nell’era dell’iperindividualismo allergico ai legami e ai vincoli,diventa decisamente controcorrente.Primo PianoC’è un r<strong>it</strong>ornello ricorrente, che chiunque non accetti comeun dato il fluire delle cose si sente sempre ripetere: il problema ètalmente grosso che ci sovrasta, qualunque azione si possaintraprendere non è che una goccia in un oceano, non si puòsvuotare il mare con un cucchiaio e così via.Alla luce dell’esperienza, piena di soddisfazioni e frustrazioni,successi e fallimenti di questi anni mi sento di dire esattamenteil contrario: nessuna delle azioni intraprese è risultata vana, aldi là del successo o meno, e per tutte le persone che sonopassate di qui questo ha fatto una differenza enorme nellaloro v<strong>it</strong>a, oltre che nella nostra.L’idea di base è molto semplice: parte dalla famiglia, un’ent<strong>it</strong>àlibertàcivili2011 luglio-agosto49


Condividere il mondo: l’ab<strong>it</strong>are come via per l’interculturaPrimo Pianoimportante che non per forza deve assumere la forma mononuclearedel modello borghese contemporaneo, i cui lim<strong>it</strong>isono ormai evidenti, ma che si esprime nel modo migliore nelmomento in cui si caratterizza come un luogo di accoglienzae di responsabil<strong>it</strong>à reciproca, nel senso di “prendersi cura di”ed “essere disposti a rispondere a”. Come un grembo, e noncome una tana, che tanto prima o poi diventa stretta.L’idea di famiglia allargata e aperta è diversa da quella dicomun<strong>it</strong>à, almeno nel senso in cui la si intende e la si praticaoggi. È molto meno normata, molto più lasca, molto più apertaalle diverse esigenze che via via si presentano. Si traduce inpratiche quotidiane che hanno a che fare con l’attenzione, ilprendersi cura, il pre-occuparsi, l’accettare che a volte il propriotempo, come scrive Emmanuel Lévinas, diventi ostaggio diquello degli altri. Non sempre è semplice, e la convivenzareale, non quella da pubblic<strong>it</strong>à, è fonte di fatiche e anchedelusioni. Eppure nella convivenza qualche angolo si smussa,qualche nodo si scioglie, e soprattutto, quasi sempre si senteche ciò che unisce è più importante di ciò che divide.libertàcivili502011 luglio-agosto


Condividere il mondo: l’ab<strong>it</strong>are come via per l’intercultura<strong>La</strong> sfida della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>potrebbe aiutare tutti noiad abbandonare l’ossessionedel pericolo per stimolarcia rigenerare l’immaginariodella nostra libertàÈ, per noi, un modo di affrontare la crisi e di immaginarenuovi paesaggi urbani, più mescolati e meno segregati. Non ècerto l’unico, né vuole porsi come un modello, ma solo comeun caso singolare che rende concreto a suo modo qualcosadi universale.Ci sono tanti altri esempi riusc<strong>it</strong>i di modi per rendere vivibili eab<strong>it</strong>abili le nostre c<strong>it</strong>tà multiculturali. Uno che conosco è quellodell’associazione dei gen<strong>it</strong>ori della scuolaelementare Di Donato all’Esquilino di Roma(raccontata in www.generativ<strong>it</strong>a.<strong>it</strong>) che hatrasformato un “problema” (l’arrivo massicciodi stranieri, soprattutto cinesi, nel quartiere)in una risorsa, usando la scuola come spaziocomune da valorizzare a beneficio di tutti efacendo le cose “con loro” e non “per loro”:lavorare per iI bene comune è interculturapratica e quotidiana, che non ha bisogno di manuali.Scrivono i geografi urbani che la c<strong>it</strong>tà per essere viva deveessere connessa (anziché una giustapposizione di spazisegregati) e trans<strong>it</strong>iva, ovvero percorsa e attraversata in tuttele sue direzioni (e non solo, per esempio, dalla periferia alcentro). Anche la c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> deve quindi favorire questidue movimenti. Ma, ancora più profondamente, deve riscoprireil valore dell’ab<strong>it</strong>are, valore antropologico fondamentale che haa che fare col senso e la social<strong>it</strong>à.Ab<strong>it</strong>are non è risiedere né soggiornare, non è occupare népresidiare, ma, come scriveva Ivan Illich, “iscrivere le proprietracce e la propria biografia nel paesaggio”. E Heideggerindividuava il tratto caratteristico dell’ab<strong>it</strong>are nell’avere cura,e scriveva che gli esseri umani ab<strong>it</strong>ano in quanto “salvano laterra”. Dove salvare non significa solo strappare a un pericolo, ma,molto di più, significa liberare.Chissà che la sfida della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> non ci aiuti adabbandonare l’ossessione del pericolo (nostro) per stimolarcia rigenerare l’immaginario della nostra libertà.libertàciviliPrimo Piano2011 luglio-agosto51


Primo PianoDalla polis monocentricaai nuovi spazi social<strong>it</strong>ransurbani e interetniciLe migrazioni hanno cambiato le nostre c<strong>it</strong>tà,ampliandone i confini e aumentandone la plural<strong>it</strong>à.Auspicabili un approccio multidisciplinare e unaprogrammazione sociale e urbana basata sulla“divers<strong>it</strong>à” quale collante di questa nuova realtàdi Marco OmizzoloDottorando - Univers<strong>it</strong>à di FirenzelibertàciviliIl modellodi urban<strong>it</strong>àtradizionaleè in via disuperamento,corroso dallaglobalizzazione,con il suocarico dicontraddizionie opportun<strong>it</strong>à,e in particolaredallemigrazioniRiflettere su un argomento complesso come la c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>,quale traguardo auspicabile di un percorso di inclusione socialecapace di tenere insieme diverse culture, etnie e ident<strong>it</strong>à econtemporaneamente, alla luce della compless<strong>it</strong>à della societàcontemporanea, tenere in equilibrio l’articolato intreccio divariabili globali e locali, significa partire da tre presuppostifondamentali.In primis, il superamento, come stanno dimostrando i risultatidi alcune tra le ricerche più avanzate della sociologia urbana,del modello di urban<strong>it</strong>à tradizionale. In questo caso è importantec<strong>it</strong>are quanto scrive Franco Ferrarotti insieme all’arch<strong>it</strong>ettoMassimiliano Fuksas in un saggio del 2006: “l’idea di polismonocentrica e omogenea, così come tramandataci dal nostroglorioso passato e dalla nostra cultura classica (con la c<strong>it</strong>tàsviluppata tutt’attorno all’Agorà e al Pireo) non è più praticabilené può cost<strong>it</strong>uire un ideale: viviamo in un mondo in continuomovimento, siamo tutti migranti e abbiamo bisogno di spazidinamici e policentrici in cui muoverci. <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà deve acquisireuna sua mobil<strong>it</strong>à di sviluppo che in qualche modo riesca a farconvivere una molteplic<strong>it</strong>à linguistica, religiosa, etnica senzaprodurre dei ghetti come invece si tende a fare oggi. I luoghidi r<strong>it</strong>rovo della gente devono essere luoghi interetnici, interlinguistici”.L’idea di un’urban<strong>it</strong>à consolidata, stabile, rigida èsempre più corrosa dal mare in tempesta della globalizzazionecon il suo carico di contraddizioni e opportun<strong>it</strong>à e attraversoessa, in particolare, dai flussi migratori. Questi ultimi sono stati ingrado di superare non solo i rigidi confini degli Stati-nazione522011 luglio-agosto


I nuovi spazi sociali transurbani e interetniciUn nuovomodello diorganizzazioneurbanae sociale si staformandoe i suoi trattipossonoessere giàcolti a partiredai nuovispazi urbanidelle piccolee mediec<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>alianema anche il pomerium invalicabile delle c<strong>it</strong>tà tradizionalmenteintese, quali monadi rigidamente distinte sia al loro interno, inquartieri ognuno con una sua particolare c<strong>it</strong>tadinanza, sia dallospazio rurale circostante, contribuendo a riscriverne l’organizzazioneurbana e riarticolando il complesso delle relazionisociali che caratterizzano le ident<strong>it</strong>à culturali locali. Si tratta,a ben osservare, di un’opportun<strong>it</strong>à straordinaria di rigenerazionee ricreazione di un tessuto sociale nuovo, centrato sull’accoglienza,l’inclusione, il dialogo e la convivenza tra le diverseident<strong>it</strong>à etniche e i suoi diversi patrimoni culturali. Una straordinariae strategica chance di modernizzazione e ri-generazione delPaese, pur nella consapevolezza dei possibili confl<strong>it</strong>ti cheda tale progetto potrebbero scaturire.Il secondo presupposto è relativo, conseguentemente alprimo, alla formazione di un nuovo modello di organizzazioneurbana e sociale, i cui tratti possono essere già colti a partiredai nuovi spazi urbani delle piccole e medie c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane. Le c<strong>it</strong>tàcost<strong>it</strong>uiscono ancora, come sostiene il Segretario generaledella Nazioni Un<strong>it</strong>e, Ban Ki Moon, nell’intervento riportato inapertura, “i maggiori centri dell’azione, i fulcri, i magneti, i luoghidove le persone entrano in contatto e coesistono”. Per i centriurbani vale ancora l’antico proverbio tedesco secondo cui“l’aria delle c<strong>it</strong>tà rende liberi” (Stadtluft macht frei) 1 , anche senon necessariamente uguali, presentando evidenti casi diesclusione sociale. Anche in ragione di questo trend, i confinidelle c<strong>it</strong>tà si sono ampliati notevolmente, dando v<strong>it</strong>a all’evoluzionedi forme urbane nuove. Martinotti definisce questo processo“recessione dei confini urbani”. <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà si proietta sempre piùverso l’esterno, includendo terr<strong>it</strong>ori o aree o quartieri considerat<strong>it</strong>radizionalmente periferici e contemporaneamente anche i lororesidenti, generalmente esclusi dal perimetro urbano e collocatinegli slum trascurati, lontani dai pregiati centri storici. Si trattadi un modello di c<strong>it</strong>tà estroverso che include la divers<strong>it</strong>à legataalla presenza dell’Altro, inteso come migrante.Il terzo e ultimo presupposto è relativo agli spunti di riflessioneforn<strong>it</strong>i dalla recente conferenza internazionale sulla c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>di cui si parla in questo numero di libertàcivili, durante laquale è stata sottolineata la central<strong>it</strong>à delle c<strong>it</strong>tà per il processodi integrazione dei migranti nel tessuto sociale ed economico1 Già negli statuti della c<strong>it</strong>tà di Parma, la libertà era subordinata alla permanenzain c<strong>it</strong>tà per 10 anni, a dimostrazione del valore che aveva l’essere riconosciuti comec<strong>it</strong>tadini e quindi l’assunzione di uno status che garantiva dir<strong>it</strong>ti e vantaggi indubbirispetto a coloro che invece ancora ab<strong>it</strong>avano nelle campagnePrimo Pianolibertàcivili2011 luglio-agosto53


I nuovi spazi sociali transurbani e interetniciPrimo Pianolocale e nazionale. Nel messaggio inviato per l’occasione, ilPresidente della Repubblica, Giorgio Napol<strong>it</strong>ano, ha ricordato che“esclusione e isolamento non possono offrire una risposta alladinamica dell’immigrazione”, mentre lo stesso Ban Ki Moon hasottolineato che “quella odierna è l’era della mobil<strong>it</strong>à in cui le c<strong>it</strong>tàsono i principali centri d’interazione, gli hub in cui si collabora esi convive”. Uno spunto di riflessione importante per incentivarestudi multidisciplinari sul ruolo delle c<strong>it</strong>tà nella società contemporanea,quali centri nevralgici per l’incontro tra migranti eautoctoni e delle relative dinamiche ed evoluzioni.Le migliaiadi migrantiche ogni annoentranonel nostroPaese tendonoa risiederein spazi urbaniperiferici,generandoprocessi,fenomeni ecomportamentietnicamenteconnotatiI migranti sono da considerare ormai come presenza organicadella società contemporanea, sino a immaginare la possibilecostruzione di una futura “c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>” avente una suaspecifica organizzazione urbana e sociale fondata sull’inclusionedella divers<strong>it</strong>à etnica. Si tratta della più chiara evidenza dellecorrette previsioni di molti sociologi, urbanisti e filosofi, chesul finire del Novecento, sulla base anche di talune evidenzeempiriche inconfutabili, correttamente definivano le migrazioni“una delle sfide più impegnative del prossimo secolo”,responsabili del mutamento “nelle relazioni sociali, nei modellisocioculturali di v<strong>it</strong>a e nell’ambiente umano, cioè nella societàglobale in quanto rete di relazioni” (Pollini e Scidà), riconoscendolecome “uno dei meccanismi essenziali di cambiamento inseno alle società” (Noin) 2 .Le migliaia di migranti che ogni anno entrano nel nostro Paesetendono a risiedere in spazi urbani generalmente perifericigenerando processi, fenomeni e comportamenti etnicamenteconnotati che contribuiscono a trasformarne l’organizzazionesociale ed economica, nonché il relativo patrimonio simbolico.Il m<strong>it</strong>o della c<strong>it</strong>tà ha storicamente rappresentato il punto diriferimento per milioni di uomini che per secoli hanno ancoratole proprie esistenze, speranze, relazioni e aspettative a un’organizzazionecomplessa, ma anche rigidamente perimetrataattraverso confini fisici, culturali, economici e sociali che assicuravanoun processo di identificazione forte e rassicurante.Questo riferimento è entrato in crisi con la globalizzazione,libertàcivili2 Si tratta di una delle evidenze maggiori di ciò che Pastore (2004) definisce il“restringimento del mondo”, ossia la straordinaria compressione delle dimensionidello spazio e del tempo e che ha portato Zygmunt Bauman, nel 1998, a parlare di“fine della geografia”. Una conclusione drastica, ma che pure aiuta a descrivere unprocesso che vede nel mutamento tra spazio urbano e spazio rurale il suo elementopiù originale e interessante542011 luglio-agosto


I nuovi spazi sociali transurbani e interetniciobbligando milioni di persone a costruire, mediante l’incontrocon l’Altro globale e spesso senza averne diretta consapevolezza,una nuova organizzazione sociale in cui si mescolano urban<strong>it</strong>àe rural<strong>it</strong>à, ident<strong>it</strong>à culturali diverse, etnie, economie fluide etransnazionali, capaci di superare i rigidi confini dello Statonazionale, in un complesso puzzle ident<strong>it</strong>ario che ha condottoalla contemporanea formazione delle c<strong>it</strong>tà globali e di nuovi spazisociali transurbani e interetnici. <strong>La</strong> nuova organizzazioneurbana e sociale terr<strong>it</strong>oriale si fonda sugli effetti prodottidall’articolarsi della combinazione globalizzazione-migrazioni,producendo una varietà di s<strong>it</strong>uazioni insediative differenziate.Si tratta di una plural<strong>it</strong>à frutto di un’originale convergenza localedi caratteri spaziali e sociali multis<strong>it</strong>uati e multietnici. Lo stessoab<strong>it</strong>are, apparentemente azione rassicurante, diventa nel nuovospazio sociale transurbano e interetnico occasione di incontroe confronto, anche simbolico, che tende a stabilizzarsi nel tempo,sino a definire una nuova forma di coab<strong>it</strong>azione.All’interno di questo processo, le migrazioni svolgono unruolo fondamentale che necessariamente si manifesta nelle formeoriginali e proprie delle culture di cui sono portatrici. Si trattadi nuovi spazi sociali non più circoscr<strong>it</strong>ti nei confini rigidi,libertàciviliPrimo Piano2011 luglio-agosto55


I nuovi spazi sociali transurbani e interetniciPrimo PianolibertàciviliÈ crucialecomprenderecome la nuovaurban<strong>it</strong>àconsentaalle diversecomun<strong>it</strong>àdi migrantiresidentinella stessac<strong>it</strong>tà digestire le lorodifferenzeculturali,permettendounacoab<strong>it</strong>azionepacificae durevolefacilmente individuabili, dei vecchi quartieri urbani, ma invececaratterizzati da pratiche sociali, ident<strong>it</strong>arie, economiche in cuiè evidente l’aumento del potenziale di accessibil<strong>it</strong>à agli altri,nel senso della possibil<strong>it</strong>à di incontri e scambi. Lo stesso spaziofamiliare, con l’insediamento dei migranti e la formazionedella relativa comun<strong>it</strong>à, diventa problematico, ossia non piùriconoscibile nella sua specific<strong>it</strong>à tradizionale. Esso necess<strong>it</strong>adi una riprogrammazione che prevede l’inclusione di nuovi ediversi stili di v<strong>it</strong>a, in modo da costruire le fondamenta di unac<strong>it</strong>tà realmente <strong>interetnica</strong>, quale lento ma costante processodi costruzione e radicamento di un modello socio-urbano nuovoe includente.<strong>La</strong> questione principale è capire come la nuova urban<strong>it</strong>àconsenta alle diverse comun<strong>it</strong>à di migranti residenti all’internodi un medesimo spazio urbano di gestire la compless<strong>it</strong>à dellerispettive differenze culturali, consentendo la durevole eauspicabilmente pacifica coab<strong>it</strong>azione. I punti fondamentaliriguardano l’esistenza o meno di una possibile competizionetra le diverse culture compresenti per il predominio di unasola tra loro quale riferimento prevalente; quali rapporti sigenerano tra le diverse culture (tolleranza, inclusione, dialogo,indifferenza, competizione); e se esiste la possibil<strong>it</strong>à di unarelazione tra loro che permetta l’elaborazione di un patrimoniosimbolico-culturale comune. È evidente che questo genere diproblematiche, legate alla possibile natura <strong>interetnica</strong> della c<strong>it</strong>tà,non possono essere affrontate solo guardando alla residenzial<strong>it</strong>àtra le diverse culture e alla coab<strong>it</strong>azione dei relativi esponentinella condivisione di spazi urbani, ma includendo nell’analisipossibili relazioni economiche, simboliche o di altro genereche presuppongono una riflessione ben più ampia.Da questa premessa emerge l’indispensabile riflessionemultidisciplinare sulla c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>. Non è certo possibilepensare di affrontare questa tematica e di organizzare inecessari presupposti della futura c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> attraversoun’analisi monodisciplinare, solo sociologica o urbanistica oeconomica. <strong>La</strong> sua compless<strong>it</strong>à richiede un dialogo intradisciplinareauspicabile e indispensabile. Peraltro le praticheinteretniche che legano locali e migranti sono intimamenteconnesse alla globalizzazione e alla sua indiscutibile mutevolezza.Si tratta, infatti, di azioni in continuo mutamento e mai date inmaniera defin<strong>it</strong>iva. Ciò richiede un’attenzione continua e un’elaborazionemolto complessa.In particolare, la coab<strong>it</strong>azione <strong>interetnica</strong> urbana, seppurein uno spazio transnazionale, è legata alle ident<strong>it</strong>à dei gruppi562011 luglio-agosto


I nuovi spazi sociali transurbani e interetniciIl nuovospazio socialeè transurbanoe interetnico,al contempoperifericoe centrale,ruralee urbano egli immigratisono i coprotagonistidi questoprocesso diriprogettazioneeconomica,socialee urbanaetnici che si confrontano. Un utile esempio in tal senso è quellodella provincia di <strong>La</strong>tina, il cui tessuto urbano di piccoledimensioni si integra in un paesaggio rurale diffuso, produttivoe organizzato in cui le dinamiche sociali etnicamente connotatedella comun<strong>it</strong>à transnazionale migrante indiana di religione sikh,ad esempio – che in essa pure rappresenta una delle comun<strong>it</strong>àmigranti più numerose e meglio organizzate – sono protagonistedell’evoluzione dello spazio sociale ab<strong>it</strong>ato in cui urbano e ruraleiniziano a con-fondersi sino a dar v<strong>it</strong>a, come sostiene <strong>La</strong>nzani,a una “incerta rappresentazione di una vasta urbanizzazione”,indubbiamente estesa e isotropa. Le azioni quotidiane dei sikhnei diversi amb<strong>it</strong>i sociali in cui essi sono presenti, insieme alle lorodinamiche insediative legate alla propria originale organizzazionesociale, generano la ri-programmazione degli spazi urbani,rompendo le frontiere che dividevano rural<strong>it</strong>à-urban<strong>it</strong>à edando v<strong>it</strong>a a un’originale nuova sintesi urbanistico-sociale<strong>interetnica</strong>.Tali tendenze riguardano nuovi processi di ristrutturazionedel terr<strong>it</strong>orio e nuove forme di fruizione, nuove economie,generalmente transnazionali, una nuova stratificazione sociale enuovi sentimenti di appartenenza terr<strong>it</strong>oriale compos<strong>it</strong>a o ibrida,che consentono, rielaborando il concetto di c<strong>it</strong>tà diffusa(Indovina) o frattale (Secchi, Viganò) o infin<strong>it</strong>a (Bonomi,Abruzzese), di sviluppare questa nuova forma di spazio sociale,quale spazio sociale transurbano e interetnico. Si tratta di unospazio nuovo, periferico e centrale nel contempo, rurale eurbano, in cui i migranti sono i co-protagonisti del processo diri-progettazione e ri-programmazione sociale, economica eurbana degli spazi ab<strong>it</strong>ati e vissuti. Non cambia ovviamentesolo la forma urbana in questa nuova organizzazione spaziale esociale, ma necessariamente anche il modo di vivere chediventa plurale e polimorfico perché condizionato dall’alter<strong>it</strong>àe plural<strong>it</strong>à culturale e ident<strong>it</strong>aria. In questo caso il caratteretransurbano si manifesta nel superamento delle perimetrazion<strong>it</strong>radizionali della società urbana e di quella rurale, realizzatograzie a un nuovo complesso di relazioni sociali, economichee culturali i cui protagonisti sono sia i migranti che gli <strong>it</strong>alianiresidenti, i quali insieme attribuiscono al sistema il carattereinteretnico.È evidente che questo cambiamento è processuale e relazionalee non rigidamente rivoluzionario. Si tratta di un mutamentoche non è repentino e immediatamente visibile, piuttosto di unbradisismo individuabile, in origine, solo dall’occhio vigile eallenato degli specialisti. Sono molti i rapporti che hannoPrimo Pianolibertàcivili2011 luglio-agosto57


I nuovi spazi sociali transurbani e interetniciPrimo PianoÈ in crisiil modellodi c<strong>it</strong>tà “centrocentrica”che subordinale periferieemarginandolee generandoformedi urban<strong>it</strong>àdisperse,confl<strong>it</strong>tuali,ab<strong>it</strong>atesoprattuttodalla divers<strong>it</strong>àeconomicaed etnicasaputo mettere in luce le trasformazioni sociali che le migrazioniinev<strong>it</strong>abilmente innescano nei Paesi verso i quali si indirizzano.Il 2009 Ageing Report (Commissione Europea, 2009) mettein evidenza, ad esempio, con grande competenza, le profondemodificazioni che le migrazioni apportano nei Paesi di accoglienza 3 .Un altro interessante esempio è quello del comune diAcquaformosa, piccolissimo centro urbano del Pollino, che èriusc<strong>it</strong>o a risolvere il problema dello spopolamento grazie aiprogetti Sprar (il Servizio di protezione richiedenti asilo e rifugiatidel ministero dell’Interno), con i quali ha intelligentemente offertoresidenza a diverse famiglie di profughi. Si tratta di un numeroperaltro lim<strong>it</strong>ato di persone (appena trenta, ossia soli quattronuclei familiari), ma che hanno saputo rigenerare il sistemasocio-economico locale destinato al declino.<strong>La</strong> crisi dei modelli centro-centrici, con la dominanza delnucleo storico delle c<strong>it</strong>tà e il connesso subordinamento dellearee via via più esterne (le cinture e le periferie più o menodegradate) ha generato, dunque, in misura crescente, formepolifunzionali, diffuse, disperse, ambivalenti (e a volte confl<strong>it</strong>tuali)di nuova urban<strong>it</strong>à, ab<strong>it</strong>ate sempre più dalla divers<strong>it</strong>à (di classe,culturale, economica ed etnica), da economie, occupazioni eda forme di fruizione del terr<strong>it</strong>orio stesso, del tutto nuove. Il nuovospazio sociale transurbano e interetnico che viene dunque aformarsi, è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un “terr<strong>it</strong>orio ampio, a sviluppoestensivo [...] e a funzional<strong>it</strong>à urbana” (Indovina), con effettidi progressiva reticolarizzazione e destrutturazione delle vecchiegerarchie terr<strong>it</strong>oriali. Il crollo dell’un<strong>it</strong>arietà e organic<strong>it</strong>à qualicaratteristiche tipiche della società urbana tradizionale èanche l’effetto della graduale erosione del legame grupposociale-spazio.Come avevano acutamente esplic<strong>it</strong>ato gli studiosi dellaScuola di Chicago, per quasi due secoli a ogni area o luogodella c<strong>it</strong>tà occidentale era possibile associare specifici gruppi,con particolari connotati sociali, economici e culturali (o almenoquesto era il modello che fuoriusciva dallo studio di numerosicontesti urbani industrializzati). Nel nuovo spazio socialetransurbano e interetnico (il quale si riferisce sempre a realtàlibertàcivili3 In tutti gli Stati membri dell'Unione Europea, l'apporto netto (saldo tra posti creatie quelli invece defin<strong>it</strong>ivamente perduti) che la migrazione fornisce all'occupazionerisulta pos<strong>it</strong>ivo sin dagli anni Novanta e peraltro, almeno stando alle previsionidell'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) del 2009,crescente nel tempo. Per l'Italia, per esempio, nel quadriennio 2003-2007, il contributodei lavoratori migranti è stato quasi tre volte quello rilevato nel decennio 1997-2007582011 luglio-agosto


I nuovi spazi sociali transurbani e interetniciNel passatoa ogni areac<strong>it</strong>tadinaera possibileassociarespecificigruppieconomici,sociali,culturali;oggi questaidentificazionenon è piùpossibilee gli spaziurbani sonodiversamenteoccupatie <strong>interetnica</strong>menteconness<strong>it</strong>err<strong>it</strong>oriali dalle quali sono escluse le grandi metropoli e caratterizzateda un sistema diffuso di medio-piccole realtà urbane),quest’identificazione spaziale connessa alle diverse formesociali che ab<strong>it</strong>ano il terr<strong>it</strong>orio e agli insediamenti produttivi,residenziali e funzionali ivi operanti, non è possibile. Gli spaziurbani sono diversamente occupati e <strong>interetnica</strong>mente connessi.Per questa ragione, molti quartieri che erano tradizionalmenteconsiderati di ceto medio-alto, possono ora essere occupati,e non per degrado degli stessi, dai migranti. Il terr<strong>it</strong>orio urbanonon può essere più descr<strong>it</strong>to, in sostanza, come una un<strong>it</strong>àfunzionale nella quale a ogni porzione corrisponde una determinatatipologia di popolazione, permettendo così di adottarechiavi di lettura della società urbana a partire da una dimensionesocio-residenziale determinata e sempre valida.Ciò che oggi pare manifestarsi nei contesti interessati daprocessi di conurbazione o connessione urbana-rurale per mezzosoprattutto dell’immigrazione, elementi di base nel processodi formazione dello spazio sociale transurbano, è, invece, ilconfigurarsi di un insieme altamente complesso e differenziatodi modal<strong>it</strong>à di v<strong>it</strong>a e di pratiche d’uso del terr<strong>it</strong>orio, in cui imigranti svolgono un ruolo assolutamente primario e caratterizzante.<strong>La</strong> letteratura tende, dunque, in ragione di tale compless<strong>it</strong>à,a definire le nuove figure sociali che ab<strong>it</strong>ano le piattaformeurbane post moderne come ab<strong>it</strong>anti-users, ossia figure mistedi ab<strong>it</strong>anti-lavoratori-consumatori-turisti-migranti “che tendonoa vivere le pratiche di v<strong>it</strong>a quotidiana fruendo di uno spaziourbano sempre più diffuso e policentrico” (Castrignanò), chein questo caso sono anche etnicamente diversamente orientati.Primo PianoLe trasformazioni indotte nelle forme e nei contenuti deilegami sociali, determinate dalla nuova dimensione dello spaziosociale transurbano e interetnico, sono numerose e comportanoproblematiche di grande rilevanza sociologica. Se ne possonoindividuare alcune che possono essere sinteticamente riassuntenel modo seguente:1. Il venir meno di un’ident<strong>it</strong>à speculare tra dimensione strutturalee dimensione sociale, cioè tra forma e composizione del terr<strong>it</strong>orioe comun<strong>it</strong>à di soggetti che vi risiedono. Questa trasformazioneè accelerata dai processi di nuovo inurbamento da parte deimigranti i quali, con la loro stessa presenza e la loro capac<strong>it</strong>àdi tessere relazioni sociali ed economiche transnazionali, ivicompresa la loro capac<strong>it</strong>à di dare v<strong>it</strong>a a iniziative imprend<strong>it</strong>orialietnicamente connotate, rompono le categorizzazioni precedentie obbligano ad analisi orizzontali e aperte. I quartieri urbani olibertàcivili2011 luglio-agosto59


I nuovi spazi sociali transurbani e interetniciPrimo PianolibertàciviliRestala questionedelle periferieurbane,specialmentequelle in cuiemarginazionee omologazionehanno prodottoun’ident<strong>it</strong>àdi quartiereforte, comenel caso delloZen a Palermoo di Scampiaa Napolisemi-periferici in cui vivono i migranti sono sempre più compresiall’interno dello spazio sociale transurbano e tendono a perdereil carattere di marginal<strong>it</strong>à che era loro attribu<strong>it</strong>o dal vecchioschema società urbana-società rurale.2. <strong>La</strong> caratterizzazione dell’agire sociale contemporaneoconsente di sost<strong>it</strong>uire, al senso di appartenenza e radicamentotradizionale, le proprietà inclusive ed esclusive dei sistemifunzionali complessi, ri-generando occasioni di marginal<strong>it</strong>à.In questo senso, l’interetnia cost<strong>it</strong>uisce un principio di convivenzafondamentale e il pilastro di una nuova organizzazione urbanae sociale non più centrata su un’ident<strong>it</strong>à culturale e simbolicanetta o monol<strong>it</strong>ica ma invece diversamente orientata.3. Le crescenti difficoltà ma anche le sfide riaperte dagli individuia “fare terr<strong>it</strong>orio”, ossia a produrre, entro nuove e multiformicondizioni sistemiche e soggettive, nuove forme di terr<strong>it</strong>orial<strong>it</strong>àe di appartenenza, sia pure, nel caso dei migranti, di carattereplurale o compos<strong>it</strong>a.In questa nuova condizione permane la questione delleperiferie urbane, ossia terr<strong>it</strong>ori complessi composti da“ambiente naturale, ambiente costru<strong>it</strong>o e ambiente antropico”(Magnaghi). L’immagine di quartieri degradati ha generalmentecoinciso con quella degli slum, ossia quartieri periferici ai centriurbani i cui standard qual<strong>it</strong>ativi di v<strong>it</strong>a erano assai modesti.L’Ocse ha defin<strong>it</strong>o, nel 1998, le aree degradate come “contest<strong>it</strong>err<strong>it</strong>oriali dove l’esclusione ab<strong>it</strong>ativa è intersecata a quellasociale e dove gli ab<strong>it</strong>anti vengono sempre più spinti ai marginidella società e questo influenza la qual<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a degli ab<strong>it</strong>antie delle imprese sia direttamente che indirettamente”. Uno deiprocessi che storicamente investivano questi luoghi consistevanella standardizzazione dei suoi ab<strong>it</strong>anti verso una condizionesociale comune, omologando la loro relativa ident<strong>it</strong>à sino a farnequasi un’unica ident<strong>it</strong>à di quartiere.Esistono diverse realtà periferiche che, ancora oggi, siapure in forme diverse rispetto al passato, sono arrivate, per ilcombinato disposto di emarginazione, omologazione e standardizzazione,a produrre ident<strong>it</strong>à di quartiere, come nel caso delquartiere Zen di Palermo o le ben note Vele di Scampia. <strong>La</strong>stigmatizzazione che generalmente derivava dall’ab<strong>it</strong>are inperiferie arrivava a definire il carattere e l’ident<strong>it</strong>à di tutti coloroche vi risiedevano. Si trattava di aree deboli dove spesso siriscontrava carenza di infrastrutture e di servizi pubblici,deprivazione socio-culturale ed esclusione delle relativeproblematic<strong>it</strong>à dal dibatt<strong>it</strong>o pubblico, se non nel caso di eventi602011 luglio-agosto


I nuovi spazi sociali transurbani e interetniciSociologi,arch<strong>it</strong>etti,pol<strong>it</strong>icie filosofisono chiamatisempre più ariflettere sullecaratteristichedi unaespansioneurbanache coinvolgele zoneai marginidella c<strong>it</strong>tàparticolarmente drammatici, esasperandone la stigmatizzazionee i processi di esclusione anche per via mediatica. A questopropos<strong>it</strong>o, si può affermare che le periferie urbane cost<strong>it</strong>uivanodegli importanti recru<strong>it</strong>ment magnets, ossia luoghi di confinee di vulnerabil<strong>it</strong>à sociale. All’interno di questi contesti, lemigrazioni erano sicure protagoniste, riuscendo a insediarvisiin modo più o meno stabile in ragione del loro carattere digenerale marginal<strong>it</strong>à, svolgendo la funzione di serbatoi dimanodopera operaia per le attiv<strong>it</strong>à produttive locali e avviandooccasioni di caporalato etnico anche di grande rilevanza.Esiste, dunque, un’espansione urbana che coinvolge lecomun<strong>it</strong>à migranti, in genere socialmente e urbanisticamente aimargini della c<strong>it</strong>tà tradizionale, ossia nelle sue periferie poveree trascurate, che obbliga a una ri-programmazione delle stesse,determinando una sintesi alta tra le divers<strong>it</strong>à etnico-culturalipresenti che cost<strong>it</strong>uisce la vera sfida del futuro. Sociologi,arch<strong>it</strong>etti, pol<strong>it</strong>ici e filosofi sono chiamati sempre più a rifletteresulle caratteristiche di quest’espansione e sulla formazionedel nuovo spazio urbano sociale transurbano, privo di ununico centro e di una periferia lontana e grigia ma multicentricoe indiscutibilmente interetnico, sapendo però governarenon solo questa compless<strong>it</strong>à ma anche i possibili rapporti diforza tra gruppi egemoni e quelli emergenti di qualunquenazional<strong>it</strong>à essi siano. Un auspicio che deve essere tradottoin uno sforzo comune in favore di una programmazione urbanae sociale in cui la divers<strong>it</strong>à etnica deve cost<strong>it</strong>uire il collantedi una nuova forma di c<strong>it</strong>tà, moderna, fruibile, sicura, plurale,le cui diverse etnie migranti sono in costante relazione. <strong>La</strong> stradaè ancora lunga ma la direzione auspicata è chiaramente indicata.Primo Pianolibertàcivili2011 luglio-agosto61


Primo PianoI dir<strong>it</strong>ti culturali,la via da percorrerecontro i pericolidel “comun<strong>it</strong>arismo”Il carattere multiculturale delle c<strong>it</strong>tà non puòessere ignorato e il necessario processodi ricostruzione della c<strong>it</strong>tadinanza dovràpermettere la convivenza pacifica tra gruppiculturalmente ed etnicamente eterogeneidi Roberto MongardiniDocente di Aspetti filosofici dei dir<strong>it</strong>ti umani - Univers<strong>it</strong>à “Niccolò Cusano” di RomaLe “diaspore etniche”sono fra gli attorinon statali più importantidella pol<strong>it</strong>ica mondiale,nell’era della crisidello Stato-nazioneIl fenomeno delle migrazioni che caratterizza la societàcontemporanea solleva, nel mondo accademico e pol<strong>it</strong>ico, undibatt<strong>it</strong>o acceso su questioni quanto mai pressanti, legate ai temidell’ident<strong>it</strong>à, della c<strong>it</strong>tadinanza, dell’incontroe della convivenza di culture differenti. Inun’epoca come la nostra, caratterizzata daquella che viene defin<strong>it</strong>a la crisi dello Statonazione,le migrazioni sono tra le principaliresponsabili del venir meno proprio dell’elementonazionale, inteso nel senso di quellacomunanza di storia, cultura, etnia, lingua,terr<strong>it</strong>orio che cost<strong>it</strong>uisce, per i c<strong>it</strong>tadini, ilcontenuto della loro ident<strong>it</strong>à collettiva. Ne è una prova la diffusione,a livello globale, delle cosiddette “diaspore etniche” cherappresentano uno dei più importanti attori non-statali dellapol<strong>it</strong>ica mondiale, contribuendo al cambiamento della naturadei confl<strong>it</strong>ti internazionali, ed eventualmente complicando ilproblema della sicurezza e del terrorismo globale 1 .Queste comun<strong>it</strong>à, che rappresentano veri e propri networksociali, uniscono persone lontane nello spazio, ma accomunatedall’appartenenza etnica e religiosa, delineandosi, dunque,come una espressione chiave della transnazional<strong>it</strong>à delle culturelibertàcivili1 Cfr P. Berger, The Desecularization of the World, a Global Overview, in ID. (a cura di),The Desecularization of the World. Resurgent Religion and World Pol<strong>it</strong>ics, Wm. B.Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids, 1999, p.14622011 luglio-agosto


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturali<strong>La</strong> costruzione di unanuova c<strong>it</strong>tadinanza passaper la convivenza pacificafra i gruppi culturalmenteed etnicamente eterogeneiche vivono nelle nostre c<strong>it</strong>tàe delle religioni; spesso, infatti, si configurano come vere e proprieenclaves straniere entro i confini di un determinato Stato.A tale propos<strong>it</strong>o, paradigmatico è l’esempio degli Stati Un<strong>it</strong>id’America, dove non a caso, a partire dalla fine della Guerrafredda, molti dibatt<strong>it</strong>i accademici si sono focalizzati sul tentativodi far luce sugli scopi e sulla direzione che la pol<strong>it</strong>ica esteradel Paese assume e sulle forze che li determinano. Da unaserie di studi è emerso un ruolo influente dei diversi gruppietnici nel definire quello che è, a seconda delle s<strong>it</strong>uazioni,l’interesse nazionale che, a sua volta, determina la presa diposizione del Governo sulle più disparate questioni di carattereinternazionale.Differenti opinioni sono state espresse relativamente alcontesto americano: alcuni studiosi comeArthur Schlesinger Jr. o Samuel Huntingtonhanno descr<strong>it</strong>to le cosiddette lobbies etnichecome degli attori estremamente influenti e,dunque, potenzialmente dannosi tanto perla pol<strong>it</strong>ica estera statun<strong>it</strong>ense, quanto perl’interesse nazionale. Al contrario altri, comeMichael Clough e Yossi Shain, consideranol’influenza di tali gruppi moderata e, comunque,benefica in quanto promotrice degli interessi americani all’estero 2 .Da quanto detto finora emerge chiaramente che le c<strong>it</strong>tànelle quali viviamo stanno scoprendo sempre più il propriocarattere multiculturale, che non può certo essere ignorato. Ilnecessario processo di ricostruzione della c<strong>it</strong>tadinanza dovrà,infatti, permettere la convivenza pacifica tra gruppi culturalmenteed etnicamente eterogenei.Primo PianoNel corso della storia, la c<strong>it</strong>tadinanza e i dir<strong>it</strong>ti che ne derivanohanno sub<strong>it</strong>o un’evoluzione, essendo stati defin<strong>it</strong>i in base alrapporto con lo spazio – inteso in senso pol<strong>it</strong>ico, sociale egeografico – cui si riferivano: rispettivamente, la polis, lo Stato,il mondo. Ciascuno di questi spazi ha proprie caratteristiche:1) la polis può essere considerata come la radice stessa dellac<strong>it</strong>tadinanza, in quanto solo chi vi nasce è c<strong>it</strong>tadino; 2) lo Statomoderno, invece, ha tratto la propria origine da un contrattofra individui, basato sul riconoscimento del dir<strong>it</strong>to di ognuno e sul2 Cfr. H. S. Gregg, Divided They Conquer: The Success of Armenian EthnicLobbies in the Un<strong>it</strong>ed States, paper presentato al meeting annualedell’American Pol<strong>it</strong>ical Science Association, Boston, August 28, 2002, p.Vlibertàcivili2011 luglio-agosto63


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturaliPrimo Pianonecessario rispetto del dir<strong>it</strong>to altrui: anche la c<strong>it</strong>tadinanza avrà,dunque, in tale contesto, un’origine contrattualistica; 3) il mondoè alla base del dir<strong>it</strong>to di c<strong>it</strong>tadinanza che si rifà all’idea dicosmopol<strong>it</strong>ismo, la quale era considerata una mera utopiafino a pochi anni fa, mentre oggi appare come un obiettivoconcreto da raggiungere, dati i processi di “mondializzazione” inatto 3 . Questi ultimi hanno prodotto una crescente consapevolezzadel fatto che tutti viviamo in un “villaggio globale” 4 , semprepiù privo di frontiere di qualunque tipo; conseguentemente,ciò rimette in discussione l’essenza stessa dello Stato, intesocome organizzazione pol<strong>it</strong>ica che eserc<strong>it</strong>a la propria sovran<strong>it</strong>àsu un terr<strong>it</strong>orio chiaramente delim<strong>it</strong>ato. Come ha scr<strong>it</strong>to JeremyRifkin “lo spostamento dall’amb<strong>it</strong>o geografico al cyberspazio,dal cap<strong>it</strong>alismo industriale a quello culturale, dalla proprietàall’accesso, è destinato a provocare un radicale ripensamentodel contratto sociale. […] l’accesso sta diventando un potentestrumento concettuale per riformulare una visione del mondoe dell’economia, ed è destinato a diventare la metafora piùefficace della nuova era” 5 .È necessario ripensarel’idea di multiculturalismo,fondata sulla nozioneliberale di tolleranzae sulla central<strong>it</strong>à del dir<strong>it</strong>toalla propria ident<strong>it</strong>àDi fronte a questa s<strong>it</strong>uazione di fatto, sorge la necess<strong>it</strong>à didiscutere e ripensare la nozione di multiculturalismo, fondatasull’idea liberale di tolleranza e sulla central<strong>it</strong>à accordata al dir<strong>it</strong>toall’autoaffermazione di ciascuna comun<strong>it</strong>à, in base alla propriaspecifica ident<strong>it</strong>à, che Zygmunt Baumandefinisce come l’“ideologia della fine dell’ideologia”.Il suo successo sarebbe il frutto di duetrasformazioni legate al carattere “liquido”e deregolamentato della società moderna: il“disimpegno quale nuova strategia di poteree dominio” e l’“eccesso quale odiernaforma di sost<strong>it</strong>uzione della regolamentazionenormativa” 6 . Il sociologo polacco vede nelmulticulturalismo una forza conservatrice, poiché “il suo effettoè una ridefinizione delle ineguaglianze, qualcosa che difficilmentelibertàcivili3 Cfr. A. Tosolini, Ident<strong>it</strong>à, divers<strong>it</strong>à, plural<strong>it</strong>à. <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà in prospettiva multiculturale,in K. F. Allam, M. Martinniello, A. Tosolini, <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà multiculturale: ident<strong>it</strong>à, divers<strong>it</strong>à,plural<strong>it</strong>à, Emi ed<strong>it</strong>ore, Bologna, 2004, p.174 Cfr. M. McLuhan, Understanding Media: The Extensions of Man, McGraw Hill,New York, 19645 Cfr. J. RIifkin, L’era dell’accesso, Mondadori, Milano, 2000, p. 206 Cfr. Z. Bauman, Voglia di comun<strong>it</strong>à, Ed<strong>it</strong>ori <strong>La</strong>terza, Roma-Bari, 2009, p. 121642011 luglio-agosto


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturali<strong>La</strong> distinzione principaleche si può tracciarefra i due concetti di pluralismoe multiculturalismosta nel modo di porsi di frontealle differenzesusc<strong>it</strong>erebbe l’approvazione pubblica, come ‘differenze culturali’,da rispettare e coltivare” 7 .Per comprendere appieno i termini della questione, ènecessario specificare il contenuto e la portata della nozionedi multiculturalismo e distinguere questo concetto da quellodi pluralismo. Seguendo la riflessione di Giovanni Sartori, èindub<strong>it</strong>abile che la buona società sia una società aperta, dunquepluralistica, laddove, bisogna ricordarlo, quella di pluralismoè un’idea già ins<strong>it</strong>a nel concetto di tolleranza,così come si è sviluppato dopo le guerre direligione del XVI secolo. “Si capisce chetolleranza e pluralismo sono concetti diversi;ma è anche facile capire che sono intrinsecamenteconnessi. In questo senso: che ilpluralismo presuppone tolleranza, e quindiche un pluralismo intollerante è un falsopluralismo. <strong>La</strong> differenza è che la tolleranzarispetta i valori altrui, mentre il pluralismo afferma un valoreproprio. Perché il pluralismo afferma che la divers<strong>it</strong>à e il dissensosono valori che arricchiscono l’individuo e anche la sua c<strong>it</strong>tàpol<strong>it</strong>ica” 8 . Riguardo al multiculturalismo, è necessaria unadistinzione preliminare: se in esso si vede semplicemente unostato di fatto, che descrive la convivenza di più culture all’internodi uno stesso spazio sociale e geografico, allora tale concettonon urta in alcun modo con una visione pluralistica dello stesso.Nel caso in cui, invece, esso sia considerato come un valoreda affermare ed, eventualmente, imporre, ciò lo pone inev<strong>it</strong>abilmentein contrasto con il pluralismo. Infatti, scrive Sartori, nonnecessariamente all’aumento del multiculturalismo corrispondeun parallelo aumento del pluralismo.<strong>La</strong> distinzione fondamentale che si può tracciare tra i dueconcetti sta nel modo di porsi di fronte alle differenze. Il pluralismo,infatti, tende ad accettare la s<strong>it</strong>uazione di fatto, nel senso cheincorpora una società come tale, sia nel caso di relativa omogene<strong>it</strong>àche di eterogene<strong>it</strong>à da un punto di vista culturale, etnico,linguistico, religioso ecc., senza tentare di uniformare la primao “pluralizzare” la seconda, ma cercando solo di favorire “queltanto di assimilazione che è necessario per creare integrazione”;il multiculturalismo, almeno nella sua seconda versione, sottintende7 Cfr. Ivi, p.1058 Cfr. G. Sartori, Pluralismo, multiculturalismo e estranei. Saggio sulla societàmultietnica, Bur, Milano, 2007, p.19Primo Pianolibertàcivili2011 luglio-agosto65


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturaliPrimo Pianoche la divers<strong>it</strong>à sia, di per sé, sempre una cosa buona e, perciò,che vada moltiplicata. In questa accezione, tale concetto si rivelauna negazione del pluralismo, in quanto favorisce l’intolleranza,nega il riconoscimento reciproco e fa prevalere la separazionesull’integrazione 9 .Secondo Zygmunt Bauman,la vicinanza degli estraneirisveglia l’istintoalla identificazione e generastrategie che tendonoa ghettizzare il diversoAll’interno delle società occidentali, come già accennatoprecedentemente, il problema della convivenza multiculturaleè piuttosto recente e ha messo in crisi l’autocomprensione intermini di omogene<strong>it</strong>à culturale ed etnica, fulcro del concettomoderno di Stato-nazione. <strong>La</strong> scoperta di questa eterogene<strong>it</strong>àha prodotto spesso reazioni negative, volte alla chiusura dellapropria comun<strong>it</strong>à, allo scopo di difenderla epreservarne l’ident<strong>it</strong>à. Come ha scr<strong>it</strong>toBauman, “la vicinanza di ‘razze estranee’”può risvegliare, e spesso risveglia, “neglielementi locali un forte istinto di identificazione,e le strategie che fanno segu<strong>it</strong>o a taliistinti puntano tutte alla separazione e ghettizzazionedegli ‘elementi estranei’, il che generaa sua volta un impulso all’autoisolamento eall’autochiusura del gruppo coattamente ghettizzato” 10 . Ne deriva,scrive ancora Bauman, una nozione di comun<strong>it</strong>à che corrispondea “identic<strong>it</strong>à, e ‘identic<strong>it</strong>à’ significa esclusione dell’altro,soprattutto di un altro che si ostina ad essere diverso […]Nella figura dell’estraneo (non semplicemente del ‘non familiare’ma dell’alieno, del ‘fuori-posto’) le paure dell’incertezza,radicate nella total<strong>it</strong>à dell’esperienza di v<strong>it</strong>a, trovano la tantoagognata e attesa incarnazione. […] Data l’intens<strong>it</strong>à dellepaure, se non esistessero estranei bisognerebbe inventarli.E, di fatto, vengono inventati, o piuttosto costru<strong>it</strong>i, quotidianamente[…] le ansie frammentarie e fluttuanti assumono unnucleo solido” 11 .Si può affermare, come ha scr<strong>it</strong>to Alain Touraine, che il terminecomun<strong>it</strong>arismo descriva s<strong>it</strong>uazioni diverse fra loro: in generale,comun<strong>it</strong>arista è uno Stato che riconosce al proprio interno il peso,non solo pol<strong>it</strong>ico, dei vari “pilastri” culturali che compongonola società.In una seconda accezione, si definisce come tale un movimentolibertàcivili9 Cfr. Ivi, p.56, 5810 Cfr. Z. Bauman, Voglia di comun<strong>it</strong>à, c<strong>it</strong>., p.10111 Cfr. Ivi, p.112662011 luglio-agosto


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturaliIl concetto di “ripiegamentocomun<strong>it</strong>ario” inteso comeatteggiamento di rifiutodi una parte della popolazionenei confronti dei membridelle comun<strong>it</strong>à minor<strong>it</strong>arieche vuole imporre il proprio monopolio sulla gestione dellerelazioni reciproche tra i membri della comun<strong>it</strong>à, defin<strong>it</strong>a in sensoetnico o culturale, e di quelle fra quest’ultima e, rispettivamente,lo Stato e le ist<strong>it</strong>uzioni internazionali. A parere di Touraine“questa concezione dell’organizzazione sociale può arrivare finoall’identificazione completa degli individui con una certa comun<strong>it</strong>àetnica, nazionale o religiosa. Identificazione che definiscetutti gli aspetti del loro modo di v<strong>it</strong>a e perfino la definizionedei loro dir<strong>it</strong>ti. Se un governo accettasse che sulle carte diident<strong>it</strong>à nazionali alcune donne portino un velo islamico o unchador, questo significherebbe per lo Stato avere relazioninon con c<strong>it</strong>tadini, ma con membri di una comun<strong>it</strong>à. Questas<strong>it</strong>uazione estrema sarebbe il segno di un indebolimentogenerale e della sparizione pressoché completa dello Statonazionale”.Tra questi due tipi di comun<strong>it</strong>arismo, l’uno lim<strong>it</strong>ato, l’altroestremo, ne esiste un terzo che può esseredefin<strong>it</strong>o come “ripiegamento comun<strong>it</strong>ario”:tale espressione indica un atteggiamento dirifiuto della maggioranza, o di una partecospicua della popolazione, nei confrontidegli appartenenti ad alcune comun<strong>it</strong>àminor<strong>it</strong>arie. <strong>La</strong> loro reazione è spesso quelladi “s<strong>it</strong>uarsi al di fuori della scala sociale[…] e di contrapporre agli avversari unadefinizione qual<strong>it</strong>ativa di se stessi” 12 .Primo PianoDi fronte a questo tipo di manifestazioni di chiusura e rigettodell’altro, governi, opinione pubblica e studiosi si interroganoe dibattono nel tentativo di trovare delle forme pos<strong>it</strong>ive diconvivenza e integrazione. Storicamente, tale dibatt<strong>it</strong>o è statocondizionato dalla polarizzazione di concezioni contrapposte:l’assimilazionismo contro il pluralismo, l’universalismo controil particolarismo, l’individualismo contro il differenzialismo. Nesono derivati, almeno nel contesto europeo, tre modelli dipol<strong>it</strong>ica migratoria: l’assimilazionismo “repubblicano” francese,il pluralismo ineguale br<strong>it</strong>annico e la “precarizzazione ist<strong>it</strong>uzionalizzata”tedesca.Il primo si basa sull’idea rivoluzionaria di eguaglianza, per la12 Cfr. A. Touraine, <strong>La</strong> globalizzazione e la fine del sociale. Per comprendere ilmondo contemporaneo, Il Saggiatore, Milano, 2008, p. 228libertàcivili2011 luglio-agosto67


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturaliPrimo PianoTre concezioni diversedei modelli d’integrazione:assimilazionismo francese,“pluralismo ineguale”br<strong>it</strong>annico, “precarizzazioneist<strong>it</strong>uzionalizzata” tedescaquale tutti gli individui hanno i medesimi dir<strong>it</strong>ti e doveri esono, dunque, uguali davanti alla legge, indipendentementedalla loro etnia, confessione religiosa e dalle loro praticheculturali. <strong>La</strong> loro eventuale divers<strong>it</strong>à sotto questi aspetti attieneesclusivamente all’amb<strong>it</strong>o privato della loro esistenza 13 . In uncontesto caratterizzato da una presunta omogene<strong>it</strong>à nazionalee da un forte Stato accentrato, l’integrazione ha sempre presuppostoun’assimilazione culturale e linguistica: gli immigratidovrebbero sostanzialmente abbandonare la propria ident<strong>it</strong>àper diventare “buoni francesi” 14 .Il secondo modello rivela una concezione della societàcome “giustapposizione di comun<strong>it</strong>à etniche e culturali incompetizione, se non in confl<strong>it</strong>to, per il controllo dello Stato.[…] Le ident<strong>it</strong>à locali prevarrebbero sull’ident<strong>it</strong>à nazionale e ognicomun<strong>it</strong>à rispetterebbe in primo luogo i suoi valori particolari,rivendicando al contempo il maggior numeropossibile di dir<strong>it</strong>ti per gli individui che lacompongono. <strong>La</strong> divers<strong>it</strong>à culturale e ident<strong>it</strong>ariainvaderebbe lo spazio pubblico” 15 .In altre parole, l’idea di fondo è che gliimmigrati, indipendentemente dal loro Paesed’origine, non potrebbero mai diventare dei“buoni br<strong>it</strong>annici”. Poiché l’immigrazione,in questo contesto, è stata principalmenteil frutto di crisi di varia natura, scoppiate nei Paesi delCommonwealth, essa ha spesso assunto la fisionomia di unfenomeno non individuale ma di massa, il che ha portato altrasferimento di intere comun<strong>it</strong>à di immigrati sul suolo br<strong>it</strong>annico 16 .Infine, il terzo modello è legato al tentativo dello Stato dicontrollare strettamente il livello di integrazione delle minoranze.In Germania, almeno fino agli anni Settanta, l’immigrazione harisposto a un bisogno di manodopera in determinati settorieconomici e industriali, che, senza molte difficoltà, hannoassorb<strong>it</strong>o i lavoratori stranieri, ma la loro assimilazione culturalenon veniva considerata necessaria, dal momento si supponevafossero “osp<strong>it</strong>i”, residenti a tempo determinato, che prima o poilibertàcivili13 Cfr. M. Martiniello, Le società multietniche, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 4914 Cfr. U. Melotti, Pol<strong>it</strong>ica e migrazioni, in P. Fantozzi, A. Montanari, Pol<strong>it</strong>ica e mondoglobale. L’internazionalizzazione della v<strong>it</strong>a pol<strong>it</strong>ica e sociale, Carocci, Roma, 2008,pp.103-10515 Cfr. M. Martiniello, Le società multietniche, c<strong>it</strong>., p. 4916 Cfr. U. Melotti, Pol<strong>it</strong>ica e migrazioni, c<strong>it</strong>., p.109682011 luglio-agosto


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturaliPrimo Pianoavrebbero fatto r<strong>it</strong>orno nel loro Paese d’origine 17 . Tuttavia, al di làdi questi modelli teorici così diversi tra loro, dai quali, spesso,“le pratiche sociali, pol<strong>it</strong>iche e amministrative locali si distanziano”,si può rilevare, nota Marco Martiniello, “una certa convergenzafra le dinamiche pol<strong>it</strong>iche e sociali in atto in tutti i Paesi europei”,i quali si trovano a dover affrontare problemi del tutto simili“che rappresentano altrettante sfide da raccogliere” 18 .Il pericolo principale, ins<strong>it</strong>o nell’accezione più estrema dimulticulturalismo e conseguente alla negazione del dir<strong>it</strong>toall’assimilazione, è quello dell’atomizzazione sociale, cioè dellaristrutturazione dello spazio pubblico in una serie di comun<strong>it</strong>àchiuse e confl<strong>it</strong>tuali o, quantomeno, ostili e incapaci di comunicarein maniera costruttiva; in altre parole della formazione di ghetti.Loïc Wacquant ha descr<strong>it</strong>to il ghetto come un luogo che combinalim<strong>it</strong>azione spaziale e chiusura sociale: si tratta, dunque, di un17 Cfr. M. Martiniello, Le società multietniche, c<strong>it</strong>., p. 5418 Cfr. Ivi, p. 59libertàcivili2011 luglio-agosto69


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturaliPrimo PianoSecondo il sociologo JürgenHabermas, per sfuggire aipericoli del multiculturalismoestremo si potrebberispolverare il concettodi semplice tolleranzafenomeno al contempo geografico e sociale, che comporta nonsolo una distanza fisica ma anche morale, implicando la nettaseparazione di una comun<strong>it</strong>à omogenea da un punto di vistaetnico-razziale, che si trova al suo interno, dal resto dellapopolazione che vive all’esterno di tale spazio 19 . SecondoBauman “è la s<strong>it</strong>uazione del ‘senza alternative’, la condizionedel ‘vietato uscire’, che caratterizza l’ab<strong>it</strong>ante del ghetto, chefa sentire la ‘sicurezza dell’uguaglianza’ come una gabbia diferro: stretta, opprimente, inevadibile. Tale mancanza di scelta inun mondo pieno di persone libere di scegliere è una condizioneancor più insopportabile del grigiore e dello squallore di unaresidenza non liberamente scelta” 20 .Dal momento che l’isolamento comun<strong>it</strong>ario si nutre della pauradell’altro, i suoi fautori finiscono per temerne la scomparsa e,quindi, tendono a mantenere alta la percezione di pericolo, diminaccia da parte della maggioranza dei c<strong>it</strong>tadini. Di conseguenza,Bauman sottolinea il valore dellasicurezza, in quanto “condizione necessariadel dialogo tra culture. Senza di essa, cisono poche possibil<strong>it</strong>à che le comun<strong>it</strong>à siaprano reciprocamente e avviino un dialogoche possa arricchire tutte loro e migliorarel’uman<strong>it</strong>à in virtù della loro aggregazione.Se c’è sicurezza il futuro dell’uman<strong>it</strong>à appareradioso” 21 . Secondo Jürgen Habermas, persfuggire al pericolo del multiculturalismo “estremo”, che siconfigura come un nuovo comun<strong>it</strong>arismo, si potrebbe “rispolverare”il concetto di semplice tolleranza, nato, come è stato precedentementericordato, nel contesto delle guerre di religione inEuropa, facendone la base per ripensare a una nozione dimulticulturalismo che non si riduca a una mera giustapposizionedi ghetti 22 .Qui si inserisce il discorso sui dir<strong>it</strong>ti culturali. Touraine hascr<strong>it</strong>to che il comun<strong>it</strong>arismo si contrappone all’idea di c<strong>it</strong>tadinanza,come esercizio di dir<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici all’interno di un Paese democratico,libertàcivili19 Cfr. L. Wacquant, A Black C<strong>it</strong>y W<strong>it</strong>hin the Wh<strong>it</strong>e: Revis<strong>it</strong>ing America’s Dark Ghetto,in “Black Renaissance”, 2, 1998, p.14220 Cfr. Z. Bauman, Voglia di comun<strong>it</strong>à, c<strong>it</strong>., p.11521 Cfr. Ivi, pp.137-13822 Estratto della conferenza “De la tolérance religieuse aux dro<strong>it</strong>s culturels”,Sorbonne, Paris, 5 dicembre 2002702011 luglio-agosto


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturaliAlain Touraine proponedi difendere una concezione“aperta” della c<strong>it</strong>tadinanzache riconosca il pluralismoe i principi universalisu cui si basa la modern<strong>it</strong>àin quanto minaccia le libertà individuali. Tuttavia, “sarebbesbagliato credere che la difesa della c<strong>it</strong>tadinanza contro lecomun<strong>it</strong>à risolva il problema delle minoranze. Per questaragione, al fine di ev<strong>it</strong>are simili malintesi, credo sia più giustoparlare di “dir<strong>it</strong>ti culturali”, in modo da costringere le democraziea riflettere su se stesse e a trasformarsi al fine di riconoscerequesti dir<strong>it</strong>ti, così come in precedenza si sono trasformate,pur con aspri confl<strong>it</strong>ti, al fine di riconoscere i dir<strong>it</strong>ti sociali d<strong>it</strong>utti i c<strong>it</strong>tadini. I dir<strong>it</strong>ti culturali sono infatti pos<strong>it</strong>ivamente legati aidir<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici, e di conseguenza alla c<strong>it</strong>tadinanza, contraddettadal comun<strong>it</strong>arismo” 23 . <strong>La</strong> soluzione proposta da Touraine è,dunque, quella di difendere una concezione il più possibileaperta di c<strong>it</strong>tadinanza, che riconosca il pluralismoculturale e religioso, cercando dicombinare l’accettazione dei principi di portatauniversale che sono alla base della modern<strong>it</strong>à(il pensiero razionale e i dir<strong>it</strong>ti dell’individuo),con l’idea che non si possa identificare unpercorso univoco e unilineare di modernizzazione:“la comunicazione interculturale èil dialogo tra individui e collettiv<strong>it</strong>à che dispongono,al contempo, degli stessi principi e di esperienze storichedifferenti per rapportarsi gli uni agli altri” 24 .Ma questa un<strong>it</strong>à di “principi” appare assai difficile a realizzarsi,considerate le evidenti divers<strong>it</strong>à culturali, sociali, pol<strong>it</strong>ichee religiose di cui ogni comun<strong>it</strong>à è portatrice, oggi come nelpassato; né tantomeno sembra possibile richiamarsi a unapresumibile uguaglianza nel dir<strong>it</strong>to, ben sapendo che: “il dir<strong>it</strong>topuò consistere soltanto, per sua natura, nell'applicazione di unaeguale misura; ma gli individui disuguali (e non sarebberoindividui diversi se non fossero disuguali) sono misurabili conuguale misura solo in quanto vengono sottomessi a un ugualepunto di vista, in quanto vengono considerati soltanto secondoun lato determinato [...]: un operaio è sposato e l'altro no; unoha più figli dell'altro, [...] uno è più ricco dell'altro, e così via.Per ev<strong>it</strong>are tutti questi inconvenienti, il dir<strong>it</strong>to, invece di essereuguale, dovrebbe essere disuguale” 25 . Non a caso, queste“aspirazioni”, del tutto occidentali, a considerare comePrimo Piano23 Cfr. A. Touraine, <strong>La</strong> globalizzazione e la fine del sociale, c<strong>it</strong>., p.19224 Cfr. Ivi, p.23825 K. Marx, Cr<strong>it</strong>ica al programma di Gotha, Ed<strong>it</strong>ori Riun<strong>it</strong>i, Roma, 1990libertàcivili2011 luglio-agosto71


C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturaliPrimo Piano“universali” certi principi, sono continuamente sment<strong>it</strong>e neifatti, come d'altronde il ripensamento (fortunatamente, nonsui principi espressi, ma sull’affermazione della loro valid<strong>it</strong>àuniversale come fondamento) sul “dir<strong>it</strong>to dei dir<strong>it</strong>ti” sembraaffermare chiaramente. D’altra parte, la teoria kantiana del dir<strong>it</strong>tocosmopol<strong>it</strong>ico, “può essere considerata come la conclusionedel discorso sin qui condotto sul tema dei dir<strong>it</strong>ti dell'uomo einsieme il punto di partenza per nuove riflessioni” 26 , specie inmateria di multiculturalismo come momento dialettico costruttivo.Appare, dunque, evidente, prima ancora di guardare al prossimofuturo, la necess<strong>it</strong>à di costruirlo giorno dopo giorno attraverso ilricorso al “dir<strong>it</strong>to dei dir<strong>it</strong>ti” come processo di riconoscimentodell'altro, e all'instaurarsi di un rapporto empatico tra gli individuiappena “mediato” dal dir<strong>it</strong>to generale.Se è vero che i dir<strong>it</strong>ti umani sono frutto di un processo diapprendimento, come in effetti è, allora l’unica funzione del dir<strong>it</strong>tosarà quella di dover fornire dei cr<strong>it</strong>eri di carattere generale.L’uomo in sé, come individuo pensante e agente, nell’incontrocon l’altro e nella sfida dell’affermarsi di una cultura dellanon-violenza, forniranno la strada da intraprendere: se avremoil coraggio di seguirla e la capac<strong>it</strong>à di comprendere comecostruirla, insieme.libertàcivili26 N. Bobbio, L'età dei dir<strong>it</strong>ti, Einaudi, Torino, 1997; cfr. I. Kant, Per la pace perpetua,Feltrinelli, Milano, 2006722011 luglio-agosto


Le Rubriche


EuropaC<strong>it</strong>tà etnicheal centro dell’EuropaTra le iniziative finanziate dal Fondo europeoper l’integrazione dei c<strong>it</strong>tadini di Paesi terzi alcunesono rivolte al miglioramento della gestione delladivers<strong>it</strong>à nei quartieri, per promuovere la creazionedi aree urbane in grado di garantire l’inclusionelibertàciviliFra i principifondamentalicomunidella pol<strong>it</strong>icadi integrazionedegliimmigrati UEc’è ilsostegno alleiniziative dipartecipazionea livello localedi Andrea FamaErnst & Young - Financial and Business Advisor per il servizio di assistenzatecnica del FeiDal quadro delle pol<strong>it</strong>iche macro-europee emerge la central<strong>it</strong>àdella dimensione locale in materia di integrazione dei c<strong>it</strong>tadini diPaesi terzi. In questo contesto, la c<strong>it</strong>tà rappresenta il laboratorionaturale per l’attuazione di tali pol<strong>it</strong>iche, nonché l’un<strong>it</strong>à dimisura di base per la valutazione delle prassi adottate e perla sperimentazione di pratiche a loro volta esportabili anche alivello nazionale e comun<strong>it</strong>ario.<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà del ventunesimo secolo si compone di nuove enumerose sfumature, si arricchisce di stimoli e si prepara adaffrontare le cr<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>à derivanti dal carattere sempre più multietnicoche va assumendo. <strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà etnica come un organismocomplesso, dunque, in divenire, il cui corretto “funzionamento”dipende anche dal rispetto di regole e principi comuni.A tale propos<strong>it</strong>o, i Principi fondamentali comuni (Pfb) dellapol<strong>it</strong>ica di integrazione degli immigrati nell'Unione Europeasostengono “la partecipazione degli immigrati al processodemocratico e alla formulazione delle pol<strong>it</strong>iche e delle misuredi integrazione, specialmente a livello locale” (Pfb 9), nonché“l’inclusione delle pol<strong>it</strong>iche e misure di integrazione in tutti ipertinenti portafogli pol<strong>it</strong>ici e a tutti i livelli di governo e di serviziopubblico” (Pfb 10).<strong>La</strong> Commissione Europea rilancia quanto già espresso attraversol’adozione dei Principi fondamentali comuni, sviluppandodei Moduli europei sull’integrazione dei migranti. Si tratta di unnuovo strumento, il cui obiettivo – che si basa su iniziativeprecedentemente sviluppate quali i Principi di base comuni eil Manuale per l’integrazione – è quello di rafforzare ulteriormente742011 luglio-agosto


I progetti Fei per l’integrazione nelle aree urbaneIl focusdell’Europasui diverseneighbourhood,le aree urbanein cuisi concentrail maggioretasso dimultietnic<strong>it</strong>à.Quartierighettoo fucineper un nuovosviluppourbano?l’apprendimento reciproco tra gli Stati membri e di concertare leazioni all’interno dell’Unione Europea.Uno dei moduli fa ancora leva sulla “Partecipazione attivadei c<strong>it</strong>tadini immigrati a tutti gli aspetti della v<strong>it</strong>a della collettiv<strong>it</strong>à”,evidenziando l’importanza della dimensione locale. “I Principifondamentali comuni”, si legge nella nota di presentazionedel modulo, “affermano che l'interazione frequente di immigratie c<strong>it</strong>tadini degli Stati membri è un meccanismo fondamentaleper l'integrazione. Forum comuni, il dialogo interculturale, l'educazionesugli immigrati e la loro cultura, nonché condizioni div<strong>it</strong>a stimolanti in ambiente urbano potenziano l'interazione traimmigrati e c<strong>it</strong>tadini degli Stati membri (Cbp 7)”. Gli elementiche caratterizzano lo sviluppo del modulo sono il dialogointerculturale o religioso, la partecipazione sociale e pol<strong>it</strong>ica,e la c<strong>it</strong>tadinanza.L’Europa attira l’attenzione degli Stati membri anche su unulteriore spaccato della v<strong>it</strong>a dei c<strong>it</strong>tadini immigrati nelle nostrec<strong>it</strong>tà: i diverse neighbourhood. Letteralmente “quartieri diversamenteetnici”, sono le aree urbane in cui si concentra il maggioretasso di multietnic<strong>it</strong>à. “Quartieri ghetto”, li chiama qualcuno;espressione brutale che riflette la segregazione residenzialeche spesso lacera le c<strong>it</strong>tà. Altri, invece, intendono queste areequali fucine per un nuovo sviluppo urbano, richiamando il fondamentaleapporto economico, professionale e demografico forn<strong>it</strong>odai c<strong>it</strong>tadini immigrati ai Paesi di accoglienza.A tale propos<strong>it</strong>o, un recente studio della European Foundationfor the Improvement of Living and Working Cond<strong>it</strong>ion sulla“Qual<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a nei quartieri diversamente etnici” (disponibilesul s<strong>it</strong>o www.eurofound.europa.eu) analizza le condizioni di v<strong>it</strong>adei c<strong>it</strong>tadini immigrati in 15 Paesi europei. Oltre a rilevare sogliedi povertà ed esclusione maggiori nelle aree in questione, lostudio evidenzia la necess<strong>it</strong>à di pol<strong>it</strong>iche sociali integrate inmateria di alloggi, affiancate dal coinvolgimento attivo dellecomun<strong>it</strong>à locali.EuropaTra le misure adottate dall’Europa per far fronte a tali cr<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>àe favorire l’integrazione dei c<strong>it</strong>tadini immigrati nel tessuto socialedegli Stati membri – anche attraverso azioni che coinvolgonodirettamente le comun<strong>it</strong>à locali – vi è il Fondo europeo perl’integrazione dei c<strong>it</strong>tadini di Paesi terzi (Fei).Il Fei si pone quale strumento operativo per dare attuazionealle pol<strong>it</strong>iche e agli obiettivi finora menzionati. A tale propos<strong>it</strong>o,la programmazione comun<strong>it</strong>aria per il 2011 prevede una specificaazione rivolta proprio al miglioramento della gestione dellalibertàcivili2011 luglio-agosto75


I progetti Fei per l’integrazione nelle aree urbaneEuropalibertàciviliI programmipluriennalidel Fei e quelliannuali varatidall’Italiahanno sempresostenutoazionidi mediazionesocialee promozionedel dialogointerculturalea livello localedivers<strong>it</strong>à nei quartieri, promuovendo la creazione di aree urbanein grado di garantire l’inclusione, nonché l’adozione di iniziativevolte a sostenere la partecipazione dal basso.Anche la programmazione pluriennale e i singoli programmiannuali varati dall’Italia hanno sempre promosso azioni dimediazione sociale e promozione del dialogo interculturale inamb<strong>it</strong>o locale. Nello specifico, tale azione intende facil<strong>it</strong>are laconvivenza e il confronto costruttivo tra differenti etnie e culture,promuovendo la conoscenza reciproca, la gestione e la mediazionedei confl<strong>it</strong>ti, quali condizioni essenziali per l’integrazionedei c<strong>it</strong>tadini immigrati nelle società osp<strong>it</strong>anti.Nell’amb<strong>it</strong>o degli interventi di mediazione sociale finanziatia valere sul Programma annuale appena avviato, sono statefavor<strong>it</strong>e iniziative con un focus specifico sulle zone di maggioreconcentrazione della presenza straniera – caratterizzate dacondizioni di disagio sociale e da fenomeni di cr<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>à nellaconvivenza comune – e segnatamente sui terr<strong>it</strong>ori che sonostati teatro di episodi di intolleranza generati dalla difficileconvivenza civile tra comun<strong>it</strong>à straniere e società osp<strong>it</strong>ante.In particolare, l’azione è stata mirata a sostenere interventidi mediazione sociale e gestione dei confl<strong>it</strong>ti in amb<strong>it</strong>o localee urbano, attraverso modal<strong>it</strong>à di progettazione partecipataper la risoluzione delle cr<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>à, la realizzazione di eventiaggregativi e di partecipazione, nonché di iniziative checontribuiscano a migliorare la qual<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a sociale deiquartieri, in un’ottica di sicurezza urbana integrata.Focus sui progetti FeiComune di Venezia - Altrimenti nella c<strong>it</strong>tàIl progetto “Altrimenti nella c<strong>it</strong>tà”, attuato dal comune diVenezia nei terr<strong>it</strong>ori del capoluogo veneto e del comune diPadova, ha affrontato il tema dell’ab<strong>it</strong>are e della convivenzanegli spazi urbani a forte concentrazione di persone immigrate.Sono state realizzate azioni in tre amb<strong>it</strong>i principali di intervento:la mediazione sociale dei confl<strong>it</strong>ti, sia a livello ab<strong>it</strong>ativo chedi comun<strong>it</strong>àl’informazione e l’accompagnamento all’ab<strong>it</strong>are, sia dal puntodi vista dell’accesso all’alloggio che della conoscenza e delrispetto delle regole legate all’uso di un’ab<strong>it</strong>azionela creazione di reti locali sui temi dell’ab<strong>it</strong>are, con particolareriguardo alla mediazione ab<strong>it</strong>ativa.In un anno di attiv<strong>it</strong>à sono stati formati oltre 50 operatoripubblici e privati sulla mediazione dei confl<strong>it</strong>ti; sono stati attivatisportelli per la mediazione ab<strong>it</strong>ativa e un<strong>it</strong>à mobili di strada di762011 luglio-agosto


I progetti Fei per l’integrazione nelle aree urbanefacil<strong>it</strong>atori interculturali, che hanno registrato più di 1.500 accessi;sono stati realizzati incontri informativi sulla v<strong>it</strong>a in condominioe sull’uso della casa che hanno visto la partecipazione di 350c<strong>it</strong>tadini <strong>it</strong>aliani e immigrati. Inoltre sono stati pubblicati opuscoliinformativi, guide multilingue, un manuale sulle buone pratichee una ricerca sull’uso degli spazi urbani. Ed è stato creato un s<strong>it</strong>ointernet – www.progettomediazione.<strong>it</strong> – dal quale è possibilericavare informazioni sul progetto e scaricare i documentirealizzati.Il lavoro avviato a valere sull’annual<strong>it</strong>à 2009 del Fondoeuropeo per l’integrazione proseguirà dopo l’estate, nel quadrodel nuovo progetto Fei di recente approvazione (“Mediare.Com:percorsi di comun<strong>it</strong>à attraverso la mediazione”). Tutti gli sviluppidel nuovo progetto potranno essere segu<strong>it</strong>i tram<strong>it</strong>e il s<strong>it</strong>o internet.EuropaIl progetto“Dir<strong>it</strong>tie culturein c<strong>it</strong>tà”del comunedi Perugia,tra azioniinformative,rafforzamentodegli sportellidi servizioe iniziativedi animazioneterr<strong>it</strong>orialeComune di Perugia - Dir<strong>it</strong>ti e culture in c<strong>it</strong>tàMettere a sistema azioni di mediazione sociale rivolte allapopolazione immigrata e di animazione terr<strong>it</strong>oriale per la comun<strong>it</strong>à,al fine di promuovere l’integrazione e il maggiore coinvolgimentodei c<strong>it</strong>tadini stranieri e delle loro organizzazione nella v<strong>it</strong>a deiquartieri. È questo l’obiettivo del progetto del comune di Perugia“Dir<strong>it</strong>ti e culture in c<strong>it</strong>tà”.Con il primo intervento è stata potenziata l’azione deglisportelli di Frontiera lavoro presso gli Uffici della c<strong>it</strong>tadinanzaper informare e orientare i c<strong>it</strong>tadini stranieri e coinvolgerli inoccasioni di formazione e di confronto. <strong>La</strong> seconda azione,realizzata sugli stessi terr<strong>it</strong>ori della prima, ha inteso realizzareiniziative di animazione terr<strong>it</strong>oriale volte a promuovere il dialogointerculturale. L’obiettivo generale degli interventi è stato quellodi favorire la partecipazione alla pari e lo scambio tra c<strong>it</strong>tadinistranieri e autoctoni, con il doppio fine di far conosceremeglio il terr<strong>it</strong>orio agli immigrati, sostenendo dunque processidi identificazione e di appartenenza, e, contemporaneamente,di promuovere la conoscenza dei “vicini di casa” da partedegli autoctoni, al fine di abbattere forme di pregiudizio emeccanismi di stereotipizzazione.Il progetto, infine, ha previsto un’ulteriore azione di informazionee di orientamento per i c<strong>it</strong>tadini <strong>it</strong>aliani sulle culturedi provenienza degli stranieri, che si è tenuta sempre sui terr<strong>it</strong>oridi competenza degli Uffici della c<strong>it</strong>tadinanza e presso un centrodi accoglienza c<strong>it</strong>tadino.Le iniziative di “Dir<strong>it</strong>ti e culture in c<strong>it</strong>tà” hanno coinvoltocirca 3.000 c<strong>it</strong>tadini tra stranieri e <strong>it</strong>aliani. I c<strong>it</strong>tadini immigratiche hanno preso parte alle attiv<strong>it</strong>à progettuali fanno parte di unlibertàcivili2011 luglio-agosto77


I progetti Fei per l’integrazione nelle aree urbaneEuropalibertàcivili“Diversamente…insieme”è il nomedell’iniziativaportata avantidal comunedi Rosarnoin Calabria,che miraa facil<strong>it</strong>areil dialogointerculturaleattraversodue amb<strong>it</strong>idi incontroe di scambio:il cinemae la cucinanucleo familiare con una presenza di medio-lungo periodo inItalia. È stata riscontrata una sostanziale par<strong>it</strong>à di presenze trac<strong>it</strong>tadini di sesso maschile e femminile, con una percentualedi partecipazione di c<strong>it</strong>tadini stranieri pari al 58,2%. I Paesi diorigine dei partecipanti variano in base al terr<strong>it</strong>orio in cui sonostate realizzate le distinte iniziative e rispettano le caratteristichedei diversi insediamenti presenti nella c<strong>it</strong>tà di Perugia, con unaprevalenza di c<strong>it</strong>tadini provenienti da Marocco, Albania, Nigeria,Perù ed Ecuador.Comune di Rosarno - Diversamente … insiemeL’obiettivo del progetto “Diversamente … insieme”, realizzatodal comune di Rosarno, è quello di facil<strong>it</strong>are la convivenza eil confronto costruttivo tra i c<strong>it</strong>tadini rosarnesi e le diverse etniee culture dei migranti che risiedono nel terr<strong>it</strong>orio, intervenendonella gestione e nella mediazione dei confl<strong>it</strong>ti e promuovendola conoscenza reciproca quale condizione essenziale per l’inclusionedei c<strong>it</strong>tadini immigrati che stabilmente e stagionalmentesono osp<strong>it</strong>ati dalla comun<strong>it</strong>à rosarnese. Il progetto ha intesopromuovere la conoscenza e l’accettazione reciproche sfruttandoil cinema e la cucina quali amb<strong>it</strong>i privilegiati per il dialogo e loscambio interculturale.“Diversamente al cinema” consiste nella realizzazione diuna rassegna cinematografica interculturale sulle tematichedell’emigrazione e dell’integrazione e/o sulle diverse realtà deiPaesi di provenienza degli immigrati. <strong>La</strong> rassegna si è svoltapresso l’aud<strong>it</strong>orium comunale e prevede 16 proiezioni cheverranno introdotte da esperti del mondo del cinema.“Diversamente in cucina” è una fase progettuale che havisto il coinvolgimento di 40 donne, 20 immigrate e 20 locali,un<strong>it</strong>amente agli operatori del mondo del volontariato, del settorepubblico e del settore ristorazione. Ciascun corso di cucina si èrivolto a un massimo di 10 partecipanti e ha previsto lezion<strong>it</strong>eoriche ed eserc<strong>it</strong>azioni pratiche sulle diverse tradizioni culinarie.I corsi si sono svolti con cadenza quindicinale, culminandonell’organizzazione di serate di degustazione a tema. Le eserc<strong>it</strong>azionihanno impegnato i partecipanti inizialmente nellasperimentazione di tecniche e ricette base, e in segu<strong>it</strong>o nellapreparazione di piatti tipici concordati tra corsisti e docenti. Ipiatti realizzati in ogni serata sono stati offerti alla mensa dellaCar<strong>it</strong>as per la cena di circa 80 osp<strong>it</strong>i, quasi tutti immigrati. Ilprogetto si è concluso con una manifestazione pubblica cheha visto la presentazione di piatti etnici realizzati in seno alleattiv<strong>it</strong>à progettuali.782011 luglio-agosto


<strong>La</strong> Commissione europea approvail Programma annuale 2011 del FeiCon Decisione del 13 settembre C(2011)6455, la Commissioneeuropea ha approvato il Programma annuale (Ap) 2011del Fondo europeo per l’integrazione dei c<strong>it</strong>tadini di Paes<strong>it</strong>erzi (Fei). Il Programma, defin<strong>it</strong>o sulla base di un’ampiaconsultazione a livello nazionale e terr<strong>it</strong>oriale, garantiscecontinu<strong>it</strong>à e coerenza con quanto pianificato e realizzatonelle quattro precedenti annual<strong>it</strong>à di attuazione del Fondo.L’Ap 2011 è conforme agli orientamenti strategici comun<strong>it</strong>ariin materia di integrazione e alla programmazione pluriennaleapprovata all’Italia per il Fei e intende svilupparne gli obiettivispecifici. Per l’attuazione dell’Ap Fei 2011, la Commissioneeuropea ha attribu<strong>it</strong>o all’Italia un co-finanziamento pari a27.136.905,22 euro. <strong>La</strong> Decisione di approvazione delProgramma annuale fissa al 30 giugno 2013 il termine ultimoper la realizzazione dei progetti finanziati a valere sull’annual<strong>it</strong>à2011. Gli avvisi pubblici per la presentazione di progetti finanziatidall’Ap 2011 saranno pubblicati nei prossimi mesi.EuropaProgramma annuale-Piano finanziario indicativo -Tabella 1: Piano finanziario d’insieme(in Euro - prezzi correnti) Rif. Rif. Contributo % azione/contribprior<strong>it</strong>à prior<strong>it</strong>à comun<strong>it</strong>ario comun<strong>it</strong>ario dispspecifica1. Formazione linguisticaed educazione civica 1 2 - 3 13.500.000,00 49,75%2. Orientamento al lavoroe sostegno all’occupabil<strong>it</strong>à 1 2 - 3 1.875.000,00 6,91%3. Progetti giovanili 1 2 - 4 - 5 3.375.000,00 12,44%4. Promozione dell’accessoall’alloggio 1 2 1.350.000,00 4,97%5. Informazione, comunicazionee sensibilizzazione 1 4 - 5 1.125.000,00 4,15%6. Mediazione sociale e promozionedel dialogo interculturale 1 4 - 5 2.250.000,00 8,29%7. Sistema di valutazionedelle pol<strong>it</strong>iche e degli interventidi integrazione 2 - 400.000,00 1,47%8. Capac<strong>it</strong>y building 3 - 1.750.000,00 6,45%9. Scambio di esperienzee buone pratiche 4 - 396.429,01 1,46%10. Assistenza tecnica - - 1.115.476,21 4,11%Totale 27.136.905,22 100,00%libertàcivili2011 luglio-agosto79


Dir<strong>it</strong>to d’asiloCooperazione europeae sistema comune di asilo:iniziative e proposteIl principale problema irrisolto è quello dellaripartizione degli oneri dell’acccoglienza fra gliStati membri. I lim<strong>it</strong>i di Dublino II si possonosuperare con un approccio cooperativo chetenga conto anche della volontà del rifugiatodi Enzo RossiCentro di ricerche economiche e giuridiche (Creg), Univers<strong>it</strong>à di Roma “Tor Vergata”Il sistemadel burdensharingescludela ripartizionefisica deirichiedentiasilo fra gliStati membri,prevedendoinvece laperequazionefinanziaria<strong>La</strong> cooperazione europea in campo di asilo ha mostrato,anche di recente, di non funzionare in modo ottimale e di nongenerare pol<strong>it</strong>iche e azioni veramente efficaci 1 . Il vero problemairrisolto, che frena la costruzione di un autentico sistema europeocomune di asilo, è quello della ripartizione degli oneri dell’accoglienzafra gli Stati membri, sul quale in passato sono emerseposizioni divergenti.Il sistema di burden sharing, così come rappresentato nelcosiddetto sistema Dublino II, esclude esplic<strong>it</strong>amente la ripartizionefisica dei richiedenti asilo fra gli Stati membri, mentre èprevista una perequazione finanziaria, effettuata per mezzodei Fondi Fer (Fondo europeo per i rifugiati) a compensazionedei costi affrontati dagli Stati. Questi principi sono stati mantenutinel programma quinquennale UE di Stoccolma del 2009, inmateria di libertà, sicurezza e giustizia, che, per quanto attienealle pol<strong>it</strong>iche di asilo, assume formalmente il sistema Dublinocome un cornerstone dell’intero processo. Il Programma pone fragli obiettivi quello della costruzione di un Common EuropeanAsylum System (Ceas), per il quale è stata cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a unaAgenzia Europea, l’Easo (European Asylum Support Office),cui sono state confer<strong>it</strong>e opportune deleghe.libertàcivili1 Questa nota sintetizza alcuni risultati di una ricerca pubblicata nel volume “I rifugiatiin Italia e in Europa: procedure di asilo fra controllo e dir<strong>it</strong>ti umani”, di Enzo Rossie Luca V<strong>it</strong>ali, Giappichelli, Torino, 2011. Alcuni risultati della ricerca sono riportati inquesto numero di libertàcivili nella sezione Documentazione. Per contattare l’autore:enzo.rossi@uniroma2.<strong>it</strong>802011 luglio-agosto


Iniziative e proposte per la cooperazione europea in matera d’asiloIn coerenza con l’asser<strong>it</strong>a central<strong>it</strong>à del sistema Dublino,queste deleghe riguardano prevalentemente l’armonizzazionee omogeneizzazione delle procedure di esame delle domande.A tal fine, Easo ha il comp<strong>it</strong>o di creare curricula comuni e di altostandard per l’esame delle domande, definire percorsi formativicomuni, implementare un sistema informativo sui Paesi di provenienzadei rifugiati (Coi, Country of Origin Information) percoadiuvare le decisioni sulle richieste di protezione.Sicuramente queste misure di armonizzazione e omogeneizzazionepotranno contribuire a rendere più equo e funzionale ilsistema di asilo europeo, con una diminuzione del fenomenodell’asylum shopping (cioè della presentazione delle richiestenegli Stati r<strong>it</strong>enuti più benevoli) e quindi dei movimenti secondaridei richiedenti asilo fra i diversi Stati europei. Tuttavia, nonr<strong>it</strong>eniamo che esse siano sufficienti a instaurare un efficacesistema di asilo. <strong>La</strong> riluttanza degli Stati, chiaramente dimostrata,a prendere in carico quote di rifugiati, sia nella normal<strong>it</strong>à deiflussi, sia in occasione di movimenti eccezionali e massicci,conduce, nella nostra visione, a comportamenti non cooperativiche rendono meno efficace la gestione dell’intero processo.Nelle note che seguono intendiamo esaminarne in sintesi i motivi,riportando anche le proposte per superarli, per un maggiorrispetto dei dir<strong>it</strong>ti dei richiedenti asilo e, insieme, per una piùefficace gestione del processo migratorio in Europa.Dir<strong>it</strong>to d’asiloTra i lim<strong>it</strong>idel modelloDublino IIc’è quellodi lasciareagli Statidi frontierail caricomaggiorenella gestionedei rifugiatiIl problema del burden sharingIl sistema Dublino, da quanto sommariamente richiamato,appare già di per sé poco cooperativo. Esso esprime la volontàdegli Stati di non assumersi l’onere della presenza fisica deirifugiati, oltre quelli che varcano in prima battuta le loro frontiere.Questo sistema, evidentemente, intende lasciare agli Stati difrontiera il carico maggiore. <strong>La</strong> Germania, in ver<strong>it</strong>à, negli anniOttanta e Novanta, in segu<strong>it</strong>o alle guerre nella ex-Jugoslavia ein relazione a eventi socio-pol<strong>it</strong>ici verificatisi in Asia, è quella cheha registrato gli oneri maggiori.Negli anni Novanta, in occasione della sua presidenzaeuropea, la Germania propose la riallocazione fisica dei rifugiatifra gli Stati, configurando anche possibili indicatori per stabiliredelle quote, basati su popolazione, ampiezza del terr<strong>it</strong>orio, Pile altri fattori più complessi. Tali “indicatori di capac<strong>it</strong>à” sonotuttora riportati, ad esempio, nelle statistiche del Unhcr, ma solocome riferimento, poiché non hanno mai trovato applicazione. Ilmotivo risiede nella contrarietà degli Stati. Apparve chiaramenteuna propensione a lasciare il carico dei flussi dei rifugiati allibertàcivili2011 luglio-agosto81


Iniziative e proposte per la cooperazione europea in matera d’asiloDir<strong>it</strong>to d’asiloGrafico 1. Quote di richiedenti asilo di alcuni Paesi europei (% richieste d’asilo su totale di richiested’asilo in Europa)Fonte: elaborazioni Creg-Tor Vergata su dati Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati)Paese che per sorte ne fosse destinatario. Attualmente, adesempio, i Paesi med<strong>it</strong>erranei e alcuni del Nord-Europasopportano un peso maggiore che non in passato.Il sistema Dublino 2 segna in sostanza un compromesso fraquesti tentativi di cooperazione. Si pensò di risolvere il problemacon trasferimenti finanziari, i fondi Fer appunto, che potesseroricompensare gli Stati per le spese sostenute. Nel contempo,si creava un sistema di rilevazione delle impronte dig<strong>it</strong>ali,Eurodac, per l’individuazione dello Stato di ingresso competentelibertàcivili2 <strong>La</strong> Convenzione di Dublino (Regolamento 2725/CE/2000 del Consiglio, poimodificato dal Regolamento 407/CE 2002) è conflu<strong>it</strong>a nel 2003 nel Regolamentoeuropeo 343/2003/CE, cosiddetto “Regolamento Dublino II”. Per questo e altri riferimentinormativi si veda il libro di Sandra Sarti (2010), L’Italia dei rifugiati822011 luglio-agosto


Iniziative e proposte per la cooperazione europea in matera d’asiloA partiredal 2000gli Stati hannoadottatomisure piùrestr<strong>it</strong>tiveper laconcessionedell’asilo:esami piùseveri delledomande,tasso diaccoglimentopiù basso,inasprimentodeglistandard diaccoglienzaper l’esame delle domande di asilo. È previsto il trasferimentofisico del richiedente asilo in tale Stato, qualora egli vengasegnalato all’interno dei confini di un altro Stato europeo.In ver<strong>it</strong>à, il sistema Dublino ha mostrato carenze e inefficienzeche ne impediscono il corretto funzionamento. <strong>La</strong> stessaCommissione europea, in varie relazioni, ha rilevato più voltetali incongruenze, lamentando il numero di trasferimenti nonrispondente ai casi segnalati e, soprattutto, la carenza e i r<strong>it</strong>ardidi inserimento dei dati da parte di alcuni Stati, segnatamentealcuni Stati della frontiera Schengen.In contemporanea con il varo del sistema Dublino, e cioèdall’inizio degli anni 2000, si assiste all’assunzione di misurerestr<strong>it</strong>tive da parte dei principali Stati europei. Il grafico 1 mostrachiaramente come, ad esempio, la Germania sia passata a numeridi rifugiati decisamente più contenuti che non in precedenzae come sia ora la Francia quella che assume il carico maggiore.Le misure restr<strong>it</strong>tive consistono – ad esempio nella classificazionedi Thielemann (2004) – soprattutto nella clausola di“Paese di origine o di trans<strong>it</strong>o sicuro”, in esami più severi delledomande, con un recogn<strong>it</strong>ion rate 3 più basso 4 , nell’inasprimentodegli standard di accoglienza e di integrazione, con fini dissuasivi.Le misure restr<strong>it</strong>tive provocano un trasferimento della responsabil<strong>it</strong>àdell’accoglienza ai Paesi vicini (si veda su questo i datidella ricerca nella sezione “Documentazione e statistiche”).Esse sono assunte bilateralmente con i Paesi di provenienza edi trans<strong>it</strong>o, al di fuori di qualsiasi schema di concertazioneeuropea. Accordi bilaterali sono incentivati nel Programma diStoccolma come strumento di razionalizzazione del processomigratorio, ma sussistono preoccupazioni sulle risposte dialcuni Stati 5 . Si hanno scarse informazioni sull’equ<strong>it</strong>à dell’esamedelle domande di asilo nei safe third countries 6 , nonché sulleDir<strong>it</strong>to d’asilo3 Il recogn<strong>it</strong>ion rate misura il grado di accoglimento delle richieste di asilo ed è riportatodall’Unhcr nelle sue statistiche4 Nella nostra ricerca (v. in questo numero la sezione Documentazione e statistiche)non abbiamo trovato riscontro di questi comportamenti5 Ad esempio la conclusione nr.40 del Com<strong>it</strong>ato Esecutivo del Unhcr6 In Francia l’Ofpra (Ufficio francese per la protezione dei rifugiati) ha elaborato, apartire dal 2005, una lista di safe countries che secondo diversi osservatori appareeccessivamente ampia, in quanto include paesi quali Benin, Ghana, Mali, India, Senegal,Georgia, Ucraina, Bosnia e Croazia. <strong>La</strong> conseguenza è stata una drastica riduzione(circa l’80%) delle domande di asilo provenienti da questi Paesi. Anche nel Regno Un<strong>it</strong>o,l’adozione di misure restr<strong>it</strong>tive per la concessione della protezione dei richiedentiasilo si è basata sull’introduzione di procedure accelerate e sul principio di safe countryof origin e soprattutto di safe third country in virtù del quale la domanda di asilodovrebbe essere processata nel primo Paese “sicuro” raggiunto dal migrantelibertàcivili2011 luglio-agosto83


Iniziative e proposte per la cooperazione europea in matera d’asiloDir<strong>it</strong>to d’asilolibertàciviliApparenecessariauna riflessioneanal<strong>it</strong>icasulla generalecontrarietàad accoglierei rifugiati,soprattuttoconsiderandoi costi lim<strong>it</strong>atiche essicomportano eil loro numeroscarsoin rapportoallapopolazionee al Pilcondizioni materiali di accoglienza e sulle possibil<strong>it</strong>à di integrazioneofferte ai rifugiati in tali Paesi. Si tratta spesso di Statiafricani, oggetto di cr<strong>it</strong>iche da parte di organismi internazionali,ist<strong>it</strong>uzionali e non. Nelle nostre interviste a rifugiati osp<strong>it</strong>ati neiCara (Centri di accoglienza per i richiedenti asilo), abbiamoricevuto notizia di violazioni di dir<strong>it</strong>ti fondamentali sub<strong>it</strong>e inalcuni dei Paesi in cui gli intervistati erano trans<strong>it</strong>ati.Il numero di rifugiati accolti in Europa appare notevolmentediminu<strong>it</strong>o rispetto agli anni Ottanta e Novanta. Anche se ciòè in parte spiegabile con l’evolversi dei fattori che provocanoi flussi dei rifugiati, rimane il fatto che le misure restr<strong>it</strong>tive ne hannonotevolmente mutato la distribuzione fra gli Stati, aumentando ilgrado di diffidenza reciproca e incoraggiando atteggiamentinon-cooperativi.Motivi della scarsa cooperazioneAppare quindi necessaria una riflessione anal<strong>it</strong>ica circa i motividi questa contrarietà ad accogliere i rifugiati. Nella nostra ricercaabbiamo considerato i costi collegabili all’accoglienza dei rifugiatida parte degli Stati. Basandoci anche su dati e commenti contenutiin uno studio del Parlamento europeo (2010), possiamo affermareche i costi diretti e tangibili, cioè i costi meramente monetari,sono trascurabili. Anche il numero dei rifugiati in Europa èveramente scarso, se rapportato alla popolazione, al terr<strong>it</strong>orioe al Pil. Argomentiamo che una migliore distribuzione e unaumento dei fondi Fer possono sicuramente aiutare, ma non sonorisolutivi. Altri costi, indiretti, sono i costi sociali dell’accoglienza,in termini di utilizzo delle strutture san<strong>it</strong>arie, scolastiche e simili.Anche qui, però, rapportando alle popolazioni europee, i numeriappaiono non rilevanti.Emergono invece, anche nelle valutazione di studi commissionatidal Parlamento europeo (Thielemann et al. 2010), i costipol<strong>it</strong>ici legati alla percezione negativa che popolazioni e governihanno del fenomeno migratorio. Alcuni studi (Neumayer 2004,Thielemann 2004), pongono in relazione le pol<strong>it</strong>iche restr<strong>it</strong>tivesui rifugiati con tali percezioni negative. Argomentiamo però chei timori di alcuni Stati di essere particolarmente attrattivi perchépiù ricchi e più grandi, se valgono per i migranti economici sonoeccessivi nei riguardi dei richiedenti asilo, per i quali prevalgonoi fattori della vicinanza geografica e delle organizzazioni dihuman smuggling (si veda anche Thielemann 2004).Proposte di cooperazioneIn defin<strong>it</strong>iva, gli strumenti comun<strong>it</strong>ari, quelli attuali e quelli842011 luglio-agosto


Iniziative e proposte per la cooperazione europea in matera d’asiloLe propostepiù recentidell’Unhcre dell’Ecrepongonol’accentosullavolontà delrichiedenteasilo, ma nontengono contodi quelladegli Statiprevisti dal Programma di Stoccolma, non sembrano sufficientiper promuovere miglioramenti sensibili, a livello cooperativo,del sistema di asilo europeo. Si propone invece, ad esempioda parte del Parlamento europeo (2010), la riallocazione fisica deirifugiati come il mezzo per garantire meglio i dir<strong>it</strong>ti umani deirifugiati e rendere effettiva una collaborazione in materia di asilo.A questo propos<strong>it</strong>o, un precedente normativo importante è laDirettiva 55/2001/CE, che prevede una ripartizione del carico deirifugiati, peraltro solo in caso di eventi eccezionali e massicci,basato su un principio di “doppia volontà”: la disponibil<strong>it</strong>àdello Stato ad accogliere e la volontà del rifugiato a recarsi in taleStato. Peraltro, la Direttiva non ha mai trovato attuazione (salvoper un numero lim<strong>it</strong>ato di rifugiati iracheni nel 2009 e 2010).Il rispetto della volontà del rifugiato trova spazio nelle proposteche prevedono la riallocazione fisica. Lo schema dell’Unhcralloca la responsabil<strong>it</strong>à allo Stato dove la domanda è presentataper la prima volta. L’Ecre (European Council on Refugees andExiles), più radicalmente, lascia al richiedente asilo la sceltadello Stato responsabile.Entrambe queste proposte pongono in primo piano lavolontà del richiedente asilo, ma non tengono conto dellavolontà degli Stati ad accoglierli. Per questo motivo, gli estensoridello studio del Parlamento europeo del 2010, pur r<strong>it</strong>enendoleraccomandabili, si mostrano pessimisti circa le concretepossibil<strong>it</strong>à di attuazione. Si osserva pertanto che un sistemadi ripartizione dovrebbe essere “obbligatorio” per gli Stati. <strong>La</strong>nostra opinione è che la “obbligatorietà” di una norma rifer<strong>it</strong>aa Stati sovrani, pur con i vincoli comun<strong>it</strong>ari, non induce icomportamenti desiderati se manca la piena convinzione chei vantaggi della cooperazione sovrastino i costi tangibili eintangibili. Le inefficienze del sistema Dublino ne sono unaconferma. Bisogna invece che si r<strong>it</strong>rovino vantaggi comuni,per disegnare un sistema condiviso.Per cercare modelli procedurali adeguati a un’allocazionefisica dei rifugiati, non mancano esperienze effettuate all’internodegli stessi Stati europei. Alcuni hanno applicato principi eprocedure diverse, che tengono conto di fattori di capac<strong>it</strong>àlocali e, in certi casi, della volontà dello stesso richiedente asilo.<strong>La</strong> tabella 1 sintetizza queste procedure.Come si può osservare, alcuni sistemi di ripartizione consideranola volontà del rifugiato e instaurano sistemi di contrattazione perconsiderare la volontà degli stakeholders locali. Nella nostraricerca, anche su queste basi, abbiamo presentato una propostache rispetta il principio della “doppia volontà”. R<strong>it</strong>eniamo cheDir<strong>it</strong>to d’asilolibertàcivili2011 luglio-agosto85


Iniziative e proposte per la cooperazione europea in matera d’asiloDir<strong>it</strong>to d’asiloTabella 1. Sistemi di ripartizione dei Richiedenti asilo (RA) all’nterno di alcuni Stati europeiPaeseRegno Un<strong>it</strong>oVolontàdel RANoStakeholdersRegioniSistemadi ripartizioneCooperazione,con cr<strong>it</strong>eri numericibasati su indicidi capac<strong>it</strong>àInformazioni rilevantiper ripartizioneOrigine etnica, lavoro,lingua, comun<strong>it</strong>àesistenti,posti disponibiliGermaniaNo<strong>La</strong>enderKreise(distretti)I livello: tra i <strong>La</strong>enderin proporzioneal numero di ab<strong>it</strong>antiII livello tra i Kreisein proporzioneal numero di ab<strong>it</strong>antiNon considerateFinlandian.a.Municipal<strong>it</strong>àProcesso volontario,con contratto decennalecon il Governo centralesu base negozialen.a.SveziaCompletalibertàdi sceltaper il RAMunicipal<strong>it</strong>àDiscussione con il RAcontrattazionecon le municipal<strong>it</strong>à.Accordi tra municipal<strong>it</strong>àe Migration BoardEducazione e vocazionedei RA. Possibil<strong>it</strong>àdi lavoro localeFranciaCompletalibertàdi sceltaper il RARegioniProgramma triennalesu base numerica.Coordinamento di OFII(Office Francaisde l’Immigratione de l’Integration)Non previste,ma di fatto: attrattiv<strong>it</strong>àeconomica,reti di connazionali,legami familiariFonte: nostre elaborazioni da Thieleman et al (2010)libertàcivilimeccanismi di contrattazione fra gli Stati e fra questi e i richiedentiasilo possano essere efficaci. Le esperienze effettuate all’internodi alcuni Stati europei possono fornire una traccia per un sistemacooperativo siffatto.In sintesi, si propone un sistema di informazione circa gliStati di destinazione: Country of Destination Information (Cdi).Il Cdi dovrebbe contenere informazioni sulle possibil<strong>it</strong>à diintegrazione presenti nei diversi Stati membri, in termini distrutture di prima e seconda accoglienza e condizioni materiali;sulle condizioni economiche e di lavoro ivi esistenti; sul numerodi richiedenti asilo/rifugiati che in ciascuno Stato membro èpossibile accogliere in modo ottimale; informazioni generalisugli Stati membri.Le informazioni contenute nel Cdi dovrebbero essere trasmesseal richiedente asilo, mediante l’opera di appos<strong>it</strong>e Commissioni862011 luglio-agosto


Iniziative e proposte per la cooperazione europea in matera d’asilo<strong>La</strong> propostadi un nuovosistema diinformazioneche incrocile istanzedei rifugiaticon lepossibil<strong>it</strong>àdi integrazionepresentinei diversiStati membriin terminidi strutturedi accoglienzae condizionimaterialie di lavoroCdi, che dovrebbero essere dislocate nei punti di arrivo deirichiedenti asilo in tutti gli Stati membri. L’omogene<strong>it</strong>à del lavorodelle Commissioni dovrebbe basarsi su un curriculum europeo,che dovrebbe essere studiato da Easo, ampliando i comp<strong>it</strong>iche già gli sono stati assegnati. Si può anche pensare, perrassicurare gli Stati sulla imparzial<strong>it</strong>à delle Commissioni Cdi,che esse siano composte da rappresentati di più Stati membri.Il sistema dovrebbe essere integrato da un’Agenzia europea,avente il comp<strong>it</strong>o di stipulare accordi con gli Stati in tema diripartizione dei rifugiati.Il Cdi dovrebbe essere integrato, a livello informatico, al Coi(Country of Origin Information), per permettere un incrocio frale esigenze specifiche dei richiedenti asilo in base alla provenienza,e le possibil<strong>it</strong>à di accoglienza/integrazione presentinei vari Stati membri. Ciò permetterebbe di fornire alleCommissioni Cdi cr<strong>it</strong>eri comuni di indirizzo.Il sistema Cdi/Coi non ha bisogno di “obbligatorietà” neiconfronti degli Stati, perché contiene un principio di contrattazione:la volontà del richiedente asilo viene confrontata con il possibile“interesse” che uno Stato di destinazione può avere ad accoglierloe il risultato di questo confronto viene codificato in un accordovolontario con una Agenzia europea centralizzata. È un sistemadi domanda/offerta, che tiene conto di fattori di integrazione e delladisponibil<strong>it</strong>à di accoglienza di ciascuno Stato.Pur non ignorando le difficoltà pol<strong>it</strong>iche che possono ostacolareun sistema di riallocazione fisica dei rifugiati, osserviamo chequesta appare l’unica strada percorribile per la costruzione diun autentico Ceas (Sistema europeo comune di asilo). Fino aquando gli Stati guarderanno il problema dell’asilo come unproblema nazionale, non sarà possibile una vera cooperazione.È percepibile, peraltro, che il funzionamento non ottimale ele inefficienze dell’attuale sistema Dublino cost<strong>it</strong>uiscono unaperd<strong>it</strong>a di vantaggi per tutti, anche in termini di controllo. Unsintomo grave di questa mancanza di cooperazione è l’inefficienzadel sistema Eurodac. Viceversa, un sistema Eurodac pienamentefunzionante apporterebbe vantaggi non solo in termini di controllodelle migrazioni in generale, ma anche sui fronti intimamentecorrelati della lotta al crimine e al terrorismo, ai quali Eurodacè stato recentemente esteso. In effetti, il Consiglio europeodi Bruxelles del novembre 2004 7 ha posto il problema di un7 Consiglio europeo di Bruxelles, conclusioni della Presidenza del 4 e 5 novembre2004. DOC 15226/04 del 5 novembre 2004Dir<strong>it</strong>to d’asilolibertàcivili2011 luglio-agosto87


Iniziative e proposte per la cooperazione europea in matera d’asiloDir<strong>it</strong>to d’asilocollegamento del sistema Eurodac con altri dispos<strong>it</strong>ivi di sicurezzaquali Sis (Sistema di Informazione Schengen) ed Europol 8 . <strong>La</strong>recente evoluzione del sistema Frontex, cui si vuole conferire,sia pure in termini lim<strong>it</strong>ati, una autonomia sopranazionale, puòcost<strong>it</strong>uire un primo esempio di questa consapevolezza, daestendere anche al campo delle pol<strong>it</strong>iche d’asilo.In conclusione, a nostro giudizio, la costruzione del Ceascomporta la possibil<strong>it</strong>à della ripartizione fisica dei richiedenti asilo,da effettuarsi su basi cooperative volontarie e non “obbligatorie”.Affinché la cooperazione sia possibile, è necessario che gli Statiacquisiscano la consapevolezza, basata su dati relativi e oggettivi,che i costi pol<strong>it</strong>ici dell’accoglienza dei rifugiati non sono così elevatie che i vantaggi di un sistema comune di controllo prevalgono.Ciò permetterebbe accordi cooperativi incentive compatible. <strong>La</strong>cooperazione, in accordo al principio della “doppia volontà”,dovrebbe realizzarsi per mezzo di un duplice livello di contrattazione:fra i richiedenti asilo e gli Stati e fra quest’ultimi e un’Agenziaeuropea, che abbia il potere di stringere accordi pluriennali sulnumero di rifugiati che ciascuno Stato è disposto ad accogliere.Ciò può avvenire solo con una delega della Commissione. Ledeleghe attualmente confer<strong>it</strong>e a Easo non sono sufficienti percostruire il sistema comune di asilo.Riferimenti bibliograficiCommissione Europea, (2007a), Libroverde sul futuro regime comune europeoin materia di asilo.Commissione Europea, (2007b), Relazionesulla valutazione del sistema di Dublino.Commissione Europea, (2010), Relazioneannuale al Parlamento europeo e al Consigliosull’attiv<strong>it</strong>à dell’un<strong>it</strong>à centrale EURODACnel 2009.European Parliament, (2010), Setting upa Common European Asylum System.Neumayer, E., (2004), Asylum DestinationChoice What Makes Some West EuropeanCountries More Attractive Than Others?,European Union Pol<strong>it</strong>ics, Volume 5 (2).Sarti, S., (2010), L’Italia dei rifugiati, ed.Anci.Thielemann, E., (2004), Why EuropeanPolicy Harmonization Undermines RefugeeBurden-Sharing, European Journal ofMigration and <strong>La</strong>w, Vol. 6, No. 1,http://personal.lse.ac.uk/thielema/Papers-PDF/EJML2004-final.pdfThielemann, E., (2008), The Future of theCommon European Asylum System: InNeed of a More Comprehensive Burden-Sharing Approach, Swedish Inst<strong>it</strong>ute forEuropean Policy Studies, Issue 1,http://personal.lse.ac.uk/thielema/Papers-PDF/Sieps-2008.pdfThielemann, E., Williams, R. and Boswell,C., (2010), “What System of Burden-Sharingbetween Member States for the Receptionof Asylum Seekers?”, Report for the EuropeanParliament, http://personal.lse.ac.uk/thielema/Papers-PDF/EP-BS-Study-FullReportfinal.PDFlibertàcivili8 Con la Decisone 633/2008, è stato anche ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il Sistema informatico visti, Vis, chepermette controlli più accurati sia alle frontiere esterne che all’interno degli Stati membri882011 luglio-agosto


Uomini e donne in fuga: il Rapporto 2010 dell’UnhcrNon sono mai state così numerose, negli ultimi 15 anni, lepersone costrette alla fuga in tutto il mondo: ben 43,7 milioni,quasi come l’intera popolazione della Colombia o della Coreadel Sud, oppure quella della Scandinavia e dello Sri <strong>La</strong>nkasommate insieme. Fuggono dalla guerra, dall’instabil<strong>it</strong>à interna,dal rischio di restare v<strong>it</strong>time di crisi che si protraggono da anni,alle quali vanno aggiunte quelle divampate in Nord-Africa eMedio Oriente negli ultimi mesi. E proprio il moltiplicarsi di nuovecrisi – Costa D’Avorio, Libia, Yemen – insieme alla mancataconclusione dei vecchi confl<strong>it</strong>ti è alla base di questo recordstorico.Questi dati emergono dal Rapporto annuale dell’Unhcr(Alto commissariato Onu per i rifugiati) “Global trends 2010”,presentato a Roma lo scorso 20 giugno.Gran parte di coloro che fuggono, circa tre milioni, arrivanodall’Afghanistan e vivono in 49 Paesi. Ed è proprio il datosulle destinazioni di queste persone a sorprendere di più.“C’è una falsa impressione che i rifugiati vadano verso Nord– ha dichiarato l’Alto commissario dell’ Onu per i rifugiati,Antonio Guterres presentando il Rapporto – ma in realtà adaccogliere l’80% delle persone in fuga sono i Paesi in viadi sviluppo”. Guterres ha voluto sottolineare come il verosforzo di condivisione delle responsabil<strong>it</strong>à nell’accoglienza èespresso proprio da queste nazioni, inv<strong>it</strong>ando tutti i Paesia mantenere i confini aperti, così come hanno fatto Tunisiaed Eg<strong>it</strong>to, nonostante versino in un periodo di transizionedemocratica. E a riprova di questo andamento c’è l’esempiodella Libia: secondo Guterres solo il 2% delle persone infuga è arrivato in Europa, mentre sono un milione quellegiunte in Tunisia ed Eg<strong>it</strong>to.Dunque molti dei Paesi più poveri del mondo accolgonouna vasta popolazione di rifugiati, sia in termini assoluti siain proporzione ai loro sistemi economici, con le conseguenzeimmaginabili per la stabil<strong>it</strong>à di economie già largamente indifficoltà. Il Pakistan, l’Iran e la Siria ne osp<strong>it</strong>ano il maggiornumero, con rispettivamente 1,9 milioni, 1,1 milioni e un milionedi persone accolte. Il Pakistan risente dell’impatto economicomaggiore con 710 rifugiati per ogni dollaro pro cap<strong>it</strong>e del Pilnazionale, segu<strong>it</strong>o dalla Repubblica Democratica del Congo eDir<strong>it</strong>to d’asilolibertàcivili2011 luglio-agosto89


Il Rapporto 2010 dell’UnhcrDir<strong>it</strong>to d’asilolibertàcivilidal Kenya (rispettivamente con 475 e 247). <strong>La</strong> Germania, ilPaese industrializzato con la più alta popolazione di rifugiati(594mila), accoglie 17 rifugiati per ogni dollaro pro cap<strong>it</strong>e del Pil.Entrando più nel dettaglio, delle 43,7 milioni di personecostrette alla fuga in tutto il mondo, 15,4 milioni sono rifugiati(10,55 milioni sotto mandato dell’Unhcr e 4,82 milioni dicompetenza dell’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiatipalestinesi) – ovvero coloro che per timore di persecuzioniper motivi di razza, religione, c<strong>it</strong>tadinanza, opinioni pol<strong>it</strong>icheo appartenenza a un determinato gruppo sociale si trovanofuori dallo Stato di appartenenza (in quanto c<strong>it</strong>tadini o apolidiivi domiciliati) e non possono farvi r<strong>it</strong>orno – mentre 27,5 milionisono sfollati a causa di confl<strong>it</strong>ti interni, ovvero coloro chehanno dovuto abbandonare il proprio Paese o regione d’originea segu<strong>it</strong>o di confl<strong>it</strong>ti armati o s<strong>it</strong>uazioni di grave rischio diviolazione dei dir<strong>it</strong>ti umani. Circa 850mila, infine, sono richiedentiasilo, per i quali è il Sudafrica a guidare la classifica delledomande ricevute con 180.600, segu<strong>it</strong>a da Stati Un<strong>it</strong>i (54.300)e Francia (48.100).Sono s<strong>it</strong>uazioni che spesso si trascinano da tempo: ad oggisono 7,2 milioni i rifugiati che vivono in un altro Paese da piùdi cinque anni (distribu<strong>it</strong>i in 24 nazioni). L’anno scorso, appena200mila dei 15 milioni di rifugiati è potuto rimpatriare (il datopiù basso degli ultimi venti anni), mentre dei 27 milioni di personerimaste nel proprio Paese, hanno fatto r<strong>it</strong>orno a casa 2,9 milioni(in questo caso è il miglior dato degli ultimi quindici anni).Infine, un dato significativo riguarda l’anello più deboledella catena: sono 15.500 i minori non accompagnati o separatidalle proprie famiglie che hanno presentato domanda di asilo,la maggior parte proveniente da Afghanistan e Somalia.Nel complesso l’immagine che il rapporto 2010 consegnaè quella di un drastico cambiamento nell’amb<strong>it</strong>o della protezionerispetto a 60 anni fa, quando l’agenzia Onu per i rifugiati vennefondata. Allora l’Unhcr si occupava di 2,1 milioni di europeisradicati a causa della seconda guerra mondiale. Oggi il lavorodell’agenzia abbraccia più di 120 Paesi e comprende siapersone costrette a fuggire oltre i confini nazionali sia glisfollati all’interno del proprio Paese.Per quanto riguarda l’Italia, i rifugiati sono 56.397, gli apolidi854, mentre i richiedenti asilo ammontano a 4.076 un<strong>it</strong>à. S<strong>it</strong>ratta di cifre contenute, in termini sia assoluti che relativi,rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europea. Ad esempio in90 2011 luglio-agosto


Il Rapporto 2010 dell’UnhcrDanimarca, Paesi Bassi e Svezia i rifugiati sono tra i tre e i noveogni 1000 ab<strong>it</strong>anti. In Germania oltre sette, nel Regno Un<strong>it</strong>oquasi quattro mentre in Italia meno di uno ogni mille ab<strong>it</strong>anti.Alcuni numeri del Rapporto25,2 milioni. Sono le persone che hanno ricevuto protezionedall’Unhcr nel 2010 (10,55 sono rifugiati, 14,7 sono sfollatiinterni)12 milioni. È la stima sulle persone senza nazional<strong>it</strong>àrelativa al 20102 milioni. Sono le persone coinvolte in catastrofi naturaliche hanno beneficiato degli interventi dell’Unhcr nel 201022 Paesi. Sono gli Stati che hanno ammesso rifugiati inbase a processi di reinsediamento, in termini assoluti 98.800persone su un totale di 108mila casi presentati dall’Unhcr44%. È il peso dei minori di 18 anni sul totale dei rifugiati.libertàciviliDir<strong>it</strong>to d’asilo2011 luglio-agosto91


<strong>La</strong>borDa beneficiari a “creatori”di welfare:i lavoratori immigratinegli archivi InpsGli extracomun<strong>it</strong>ari contribuiscono pos<strong>it</strong>ivamenteal bilancio dell’ente e forniscono un ulteriorevalore aggiunto al sistema col lavoro domesticoe l’assistenza alle persone. L’importanzadella regolar<strong>it</strong>à e della mobil<strong>it</strong>à occupazionaledi Maria Paola NanniDossier statistico immigrazione Car<strong>it</strong>as/Migranteslibertàcivili<strong>La</strong> funzione dell’Inps nelgarantire sostegno ai migrantiper facil<strong>it</strong>arne l’inserimentonel mondo del lavoroe per accompagnarlinella loro v<strong>it</strong>a professionaleIn virtù dei principi della terr<strong>it</strong>orial<strong>it</strong>à dell’obbligo assicurativoe della par<strong>it</strong>à di trattamento, ai lavoratori di origine immigrata,siano essi comun<strong>it</strong>ari o meno, si applicano le stesse disposizioniassistenziali e previdenziali previste per i lavoratori <strong>it</strong>aliani, almenoper quanto riguarda le prestazioni a carattereassicurativo, finanziate tram<strong>it</strong>e il versamentodei contributi previdenziali (prestazioni pensionistichee a sostegno del redd<strong>it</strong>o). In linea conqueste prospettive di tutela piena e diffusa,l’Inps, principale ente previdenziale <strong>it</strong>aliano,si trova a svolgere una funzione di sostegnodi grande rilevanza per un lineare e serenoinserimento dei migranti nel mondo del lavoro<strong>it</strong>aliano, nonché, di riflesso, nell’insieme dellestrutture sociali del Paese.L’Ist<strong>it</strong>uto, infatti, garantisce la tutela dei lavoratori non solo in unaprospettiva previdenziale (e non solo con riferimento all’amb<strong>it</strong>olavorativo), ma accompagna i lavoratori assicurati durante l’interacarriera professionale, intervenendo ogni qualvolta si manifestinos<strong>it</strong>uazioni di particolare difficoltà, legate alla cessazione o allasospensione del rapporto di lavoro (disoccupazione, mobil<strong>it</strong>à,cassa integrazione guadagni…) o anche alla riduzione dellacapac<strong>it</strong>à lavorativa (in caso di invalid<strong>it</strong>à, malattia, ma anchematern<strong>it</strong>à, patern<strong>it</strong>à…).Ecco quindi che il sistema previdenziale, oltre che garantirele tutele dovute al migrante in quanto lavoratore, ricopre ancheun significativo ruolo di orientamento e di mediazione nel922011 luglio-agosto


Il IV Rapporto Inps sui lavoratori di origine immigratacomplesso percorso di confronto, interazione e scambio tra ic<strong>it</strong>tadini migranti e il nuovo contesto sociale e ist<strong>it</strong>uzionale diriferimento. Ne consegue, tra le altre cose, che i dati raccoltinegli archivi previdenziali, relativi ai lavoratori assicurati pressol’Inps e ai beneficiari delle prestazioni erogate dall’Ist<strong>it</strong>uto,permettono di inquadrare in modo organico non solo il ruologiocato dai migranti all’interno del sistema economico-produttivoe occupazionale <strong>it</strong>aliano, ma anche di valutare il loro impattocome utenti del sistema della previdenza sociale: informazionipreziose per ricondurre le percezioni comuni ai “dati” di fatto e,quindi, focalizzare i nodi problematici da sciogliere e le virtuos<strong>it</strong>àda valorizzare.E sono proprio queste le due principali piste d’analisi chehanno orientato l’impostazione del “IV Rapporto sui lavoratori diorigine immigrata negli archivi Inps”, frutto della collaborazione,ormai continuativa, tra l’Ist<strong>it</strong>uto nazionale della previdenza socialee il Dossier statistico immigrazione Car<strong>it</strong>as/Migrantes.<strong>La</strong>borSono 2.727.254 i lavoratorinati oltre i confini dell’UnioneEuropea che sono registratinegli archivi Inps,incidendo per quasi il 13%sul totale degli iscr<strong>it</strong>tiI migranti nel mondo del lavoro e del welfare:centrali e marginali allo stesso tempoNell’insieme, fatta eccezione per gli iscr<strong>it</strong>ti alla gestioneseparata, i lavoratori nati oltre i confini dell’UE a 15 per i quali,nel corso del 2007, l’Inps ha registrato almeno un rapporto di lavorosono oltre 2 milioni e mezzo (2.727.254). Un livello di assolutorilievo, che attesta la valenza strutturale che la componenteimmigrata è andata gradualmente assumendo per il buonandamento del sistema occupazionale e produttivo <strong>it</strong>aliano.Ne dà conto, con maggiore immediatezza, il fatto che questilavoratori incidono per oltre un ottavo (12,9%)sull’insieme degli iscr<strong>it</strong>ti negli archivi previdenzialinel corso dello stesso anno (21.108.368),un valore che varia considerevolmente aseconda della categoria occupazionale diriferimento. I lavoratori di origine immigrata,infatti, non si distribuiscono nei vari settori diattiv<strong>it</strong>à in modo analogo al resto dei lavoratori,ma seguono specifiche traiettorie di inserimento,orientate dalle esigenze del sistemaproduttivo nazionale (che solo in determinati amb<strong>it</strong>i e funzionimanifesta un bisogno di manodopera aggiuntiva) e poi condizionate,e in parte “cristallizzate”, anche da fattori di altra naturache finiscono per bloccare la mobil<strong>it</strong>à occupazionale dei migrantie, di riflesso, la stessa flessibil<strong>it</strong>à del mercato del lavoro.In sintesi, i lavoratori di origine immigrata vengono fortementelibertàcivili2011 luglio-agosto93


Il IV Rapporto Inps sui lavoratori di origine immigrata<strong>La</strong>borlibertàciviliOccupano i posti alla basedella piramide occupazionale;tre lavoratori domesticisu quattro sono immigratie pesano per un quinto fra gliaddetti agricoli e all’ediliziacanalizzati negli amb<strong>it</strong>i che potremmo dire più marginali (almenorispetto all’attrattiva che eserc<strong>it</strong>ano sui lavoratori <strong>it</strong>aliani), postialla base della piramide occupazionale e segnati da uno scarsoriconoscimento, tanto sul piano retributivo che su quello delprestigio sociale, per quanto cruciali per l’intero equilibrio delsistema Paese.Lo attesta, in modo quasi emblematico, la marcata “sovrarappresentazione”nel gruppo dei lavoratori domestici, che inoltre i tre quarti dei casi sono di origine immigrata, 77,5%(479.133 su 618.032), o anche, seppure in misura più contenuta,il loro peso sul totale degli operai agricoli odegli addetti all’edilizia, tra i quali copronopiù di un quinto del totale (231.663 su1.032.308: 22,4%; 335.105 su 1.482.803:22,6%), un’incidenza che arriva a un quarto se,nel gruppo degli occupati in edilizia, si restringel’analisi ai soli operai (25,6%). E, d’altra parte,i dati sui livelli occupazionali ci dicono chei lavoratori dipendenti da un’azienda, se diorigine immigrata, in nove casi su 10 ricopronoruoli a bassa qualifica (operai: 81,9% del totale; apprendisti:7,4%), un rapporto che tra gli <strong>it</strong>aliani scende a sei ogni 10,a riprova della divers<strong>it</strong>à delle rispettive traiettorie di inserimentooccupazionale.Non mancano, ovviamente, le ripercussioni sul pianoretributivo. In conseguenza dei diversi modelli di inserimento,infatti, i lavoratori dipendenti di origine immigrata percepisconoretribuzioni mediamente ridotte di quasi i due quinti rispettoagli <strong>it</strong>aliani (-39,9%: 12.121 euro lordi annui contro 20.161),sperimentando, a riprova delle scarse prospettive di mobil<strong>it</strong>àoccupazionale, un aumento della retribuzione durante l’interacarriera lavorativa dimezzato rispetto ai lavoratori nel lorocomplesso, per cui, a 60 anni, mediamente guadagnano quantoun dipendente d’azienda generico prima dei 40.Tornando alla distribuzione per macrosettori, i dati Inpsattestano come i lavoratori di origine immigrata in oltre un sestodei casi sono addetti al settore domestico (17,6%, in quasi novecasi su 10 donne: 86,9%), mentre il comparto agroalimentare,considerato nel suo insieme, assorbe un assicurato ogni 10(10,3%). Nel variegato gruppo dei dipendenti dalle aziende delPaese, invece, che raccoglie ben oltre la metà degli assicurati diorigine immigrata (63,2%), prevalgono gli addetti al commercio(26,3%) e, in seconda battuta, all’edilizia (12,3%) e al compartometalmeccanico (8,7%).942011 luglio-agosto


Il IV Rapporto Inps sui lavoratori di origine immigrataLe produzioni principedel “Made in Italy” si fondanosull’apporto dei lavoratori diorigine neo o non comun<strong>it</strong>aria,senza che questo loro ruolovenga riconosciutoGli autonomi sono poco più di un decimo del totale (il 6,3% d<strong>it</strong>utti i lavoratori registrati in questa posizione), attivi per lo piùnell’artigianato (52,1%) e nel commercio (46,3%), ma il loronumero cresce di anno in anno, secondo r<strong>it</strong>mi piuttosto sostenuti(sono aumentati di oltre la metà tra il 2004 e il 2007: +51,4%),evidenziando la diffusa aspirazione a emanciparsi dalle posizion<strong>it</strong>endenzialmente “periferiche” in cui i lavoratori migranti si r<strong>it</strong>rovano“relegati” nel contesto occupazionale <strong>it</strong>aliano. A crescere, però,sono soprattutto commercianti e artigiani, mentre restano contenutii dati relativi all’inserimento dei migranti come autonomi del settoreagricolo (4.804, +9,6% tra il 2004 e il 2007), seppure con unes<strong>it</strong>o opposto a quello rilevato tra gli <strong>it</strong>aliani, tra i quali si registraun decremento speculare, almeno in termini relativi (-9.6%, paria 53mila persone). I coltivatori diretti in Italia, infatti, hannosuperato i 65 anni in più di un caso su 10 (11,1%), con forti difficoltàdi ricambio generazionale e con gli stessi migranti che soloraramente si fanno carico del subentro, soprattutto in ragione deicosti particolarmente elevati che segnano la fase di avvio.Resta il fatto che l’inserimento dei migranti in agricoltura, inparticolare come operai agricoli, in largaparte a carattere stagionale (+58,9%, pari a+86mila addetti tra il 2004 e il 2007, a frontedel -2%, pari a -33mila persone, rilevato tragli <strong>it</strong>aliani), è di fondamentale importanza perla stessa tenuta del settore e, quindi, dell’interosistema produttivo nazionale, che proprio nelcomparto agroalimentare trova una delle suepunte d’eccellenza.I dati quindi ci ricordano come le stesseproduzioni-principe del “Made in Italy” si fondino sull’apportodi lavoratori di origine neo o non comun<strong>it</strong>aria ai quali, però, avolte, non solo si stenta a riconoscere questo ruolo produttivo diinnegabile rilevanza, ma si fa fatica anche a garantire le tuteledovute. Parallelamente, il massiccio inserimento nel settoredomestico e di cura alla persona, spesso deregolato e schiacciatonell’informal<strong>it</strong>à, sottolinea come i lavoratori immigrati (e le donnein particolare) siamo divenuti un tassello fondamentale per la tenutadel sistema di welfare nazionale, che davanti alla progressivaemancipazione della donna dalla sfera puramente domestica nonè ancora riusc<strong>it</strong>o ad attivare efficaci forme di sostegno alternative.Ecco quindi che i dati degli archivi previdenziali ci ricordanoanche come i migranti, oltre a contribuire e beneficiare delleprestazioni di protezione sociale erogate a livello ist<strong>it</strong>uzionale,vanno parallelamente inquadrati come “creatori” di welfare, quel<strong>La</strong>borlibertàcivili2011 luglio-agosto95


Il IV Rapporto Inps sui lavoratori di origine immigrata<strong>La</strong>borlibertàciviliIl loro contributo al sistemadi welfare è pos<strong>it</strong>ivo: nel 2007incidevano mediamenteper il 9,3% sui percettoridi prestazioni, pur essendoil 12,9% degli assicuratiwelfare informale, invisibile, leggero che prende la forma del lavorodomestico e di assistenza alla persona di cui sono gli addettipressoché esclusivi.D’altra parte, le poche indagini finora condotte sull’impattodei migranti sul sistema di welfare nazionale attestano uncontributo sostanzialmente pos<strong>it</strong>ivo per le casse statali, con unbilancio costi-benefici in attivo, in quanto la relativa concentrazionedei migranti nelle fasce più svantaggiate e, quindi, potenzialmentepiù rappresentate nel gruppo dei fru<strong>it</strong>ori di servizi di protezionesociale è largamente bilanciata dalla loro scarsa rappresentazionenel gruppo dei beneficiari di prestazioni per la vecchiaia, cherappresentano la principale voce di spesa sociale nel nostro Paese(oltre il 60% di quanto stanziato per la protezione sociale nel 2006).Non disponiamo di dati aggiornati all’attuale fase di recessionerispetto al loro impatto sul gruppo dei beneficiari delle prestazionia sostegno del redd<strong>it</strong>o (a base contributiva)erogate dall’Inps (disoccupazione, mobil<strong>it</strong>à,cassa integrazione guadagni). Sappiamo peròche in un momento di congiuntura pos<strong>it</strong>iva,come il 2007, questi si qualificavano più comecontributori che come fru<strong>it</strong>ori del sistemaassistenziale (e previdenziale) gest<strong>it</strong>o dall’Ist<strong>it</strong>uto:incidevano mediamente per il 9,3% sui percettoridi prestazioni a sostegno del redd<strong>it</strong>o, afronte di un’incidenza del 12,9% sul totaledegli assicurati, mentre all’inizio del 2010 il loro impatto sul totaledelle pensioni erogate dall’Inps non arrivava verosimilmenteall’1% del totale (considerato l’impatto delle migrazioni <strong>it</strong>alianedi r<strong>it</strong>orno, il loro numero si stima intorno alle 110mila un<strong>it</strong>à).<strong>La</strong> regolar<strong>it</strong>à del lavoro e la mobil<strong>it</strong>à occupazionalecome strumenti di coesione socialeNonostante un ricorso ancora relativamente contenuto deimigranti al sistema di welfare, condizionato anche dalle molteplicibarriere di natura giuridica, gli stessi dati Inps attestano la loroparticolare esposizione alle dinamiche della povertà e dell’esclusionesociale: ne danno conto emblematicamente le medieretributive prima richiamate, che rimangono basse tanto rispettoa quelle del resto dei lavoratori <strong>it</strong>aliani che rispetto al costo dellav<strong>it</strong>a, sottolineando come la persistenza di modelli di inserimentooccupazionale che vedono gli immigrati fortemente canalizzativerso le posizioni più umili induca, inev<strong>it</strong>abilmente, percorsi diinserimento socio-economico orientati alla marginal<strong>it</strong>à, tanto piùin considerazione della particolare esposizione al sommerso dei962011 luglio-agosto


Il IV Rapporto Inps sui lavoratori di origine immigrata<strong>La</strong> regolar<strong>it</strong>à dell’occupazionee la mobil<strong>it</strong>à dei lavoratoriimmigrati porta beneficial sistema previdenzialee favorisce i processi diinclusione e coesione socialeprincipali settori di impiego della popolazione immigrata (lavorodomestico, agricolo, in edilizia).Si pone quindi l’esigenza di individuare, sul piano ist<strong>it</strong>uzionale,misure in grado di rispondere adeguatamente alle esigenzesocio-economiche dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie,senza per questo innescare dei meccanismi deleteri di competizionecon la popolazione autoctona rispetto all’accesso alle prestazionidi welfare, considerando tutti all’interno di una piattaforma di dir<strong>it</strong>ti(e di doveri) il più possibile condivisa, in linea con il principio di par<strong>it</strong>àdi trattamento che già informa l’approccio del sistema previdenziale.Su questo piano, l’analisi degli archivi previdenziali mettein evidenza due aspetti sui quali riflettere. Da un lato, emerge laquestione della regolar<strong>it</strong>à dell’occupazione e la relativa garanziadella copertura contributiva, che, va da sé,rappresentano un fattore di inserimento dicruciale importanza, tanto più per i noncomun<strong>it</strong>ari, visto lo stretto legame che unisceil dir<strong>it</strong>to al soggiorno con la t<strong>it</strong>olar<strong>it</strong>à di unregolare contratto di lavoro (senza contare ibenefici per il bilancio del sistema previdenziale,già sostenuto dai contribuenti immigrati).Dall’altro, la mobil<strong>it</strong>à occupazionale. Purtutelando le esigenze del sistema produttivonazionale, infatti, orientare in senso par<strong>it</strong>ario i processi di inclusioneimplica la capac<strong>it</strong>à di stemperare la rigid<strong>it</strong>à dei modelli di inserimentooccupazionali fin qui consolidati e quindi di favorire – neltempo – la mobil<strong>it</strong>à dei lavoratori migranti. Questo è particolarmenteimportante nei confronti delle seconde generazioni, semprepiù numerose anche in Italia: se non si attivano nei loro confrontidei reali meccanismi di mobil<strong>it</strong>à sociale che li sgancino dalleposizioni umili e subordinate generalmente occupate dai lorogen<strong>it</strong>ori, non solo si alimenta una progressiva “etnicizzazione”dell’esclusione sociale, e di riflesso della richiesta di protezionesociale, ma si rischia di fomentare il confl<strong>it</strong>to che ne discende,come ci ricordano i fatti delle banlieue.In altri termini, favorire la regolar<strong>it</strong>à del lavoro e – nel tempo –la mobil<strong>it</strong>à occupazionale dei lavoratori immigrati, oltre a implicareun beneficio per il bilancio del sistema previdenziale, significaanche sostenere concretamente i processi di inclusione e coesionesociale, oggi e in prospettiva.<strong>La</strong>borlibertàcivili2011 luglio-agosto97


<strong>La</strong>borlibertàciviliImmigrati: oltre il 70% ha un conto corrente. Quasi setteimprend<strong>it</strong>ori su 100 sono stranieriSempre più spesso, gli indicatori economici segnalano lacrescente stabilizzazione degli stranieri nel nostro Paese.Due dati recentemente diffusi lo testimoniano ulteriormente:nel 2010 oltre il 70% dei migranti adulti residenti in Italia possiedeun conto corrente; inoltre, al 31 dicembre 2010, i migranti t<strong>it</strong>olario soci d’impresa in Italia sono 336.583 (il 6,5% del totalecontro il 5% registrato nel 2006).Questi dati emergono dalla terza ricerca sull’evoluzionedel processo di bancarizzazione dei c<strong>it</strong>tadini stranieri in Italia,realizzata dall’Abi (Associazione bancaria <strong>it</strong>aliana) insiemeal Cespi (Centro studi di pol<strong>it</strong>ica internazionale). L’indagine– pubblicata nel volume C<strong>it</strong>tadinanza economica dei migrantie rapporto con le banche <strong>it</strong>aliane – si basa su un campionerappresentativo di quasi il 90% degli stranieri di 21 nazional<strong>it</strong>àresidenti in Italia.Gli immigrati e le bancheIl processo di bancarizzazione si è dunque consolidatonel suo insieme, anche se procede a veloc<strong>it</strong>à diversa aseconda delle aree del Paese. Al Sud è meno rapido, anchese proprio qui si registra la maggiore incidenza dei prest<strong>it</strong>iper l’acquisto della casa (uno su tre è un mutuo). Il rapportosegnala anche come, tra il 2007 e il 2009, nonostante la crisieconomica, l’integrazione economico-finanziaria dei migrantisia prosegu<strong>it</strong>a a r<strong>it</strong>mi significativi, anche con una forte tendenzaall’utilizzo di prodotti e servizi bancari finanziariamente piùevoluti, persino maggiore rispetto alla clientela <strong>it</strong>aliana.Per rispondere alle crescenti richieste e per facil<strong>it</strong>arel'accesso degli immigrati in banca, illustrare i principaliprodotti e servizi e contribuire all'educazione finanziaria,l’Abi – in partnership con altre ist<strong>it</strong>uzioni quali le Acli (Associazionicristiane lavoratori <strong>it</strong>aliane), l’Anci (Associazione nazionalecomuni <strong>it</strong>aliani), l’Arci, la Car<strong>it</strong>as <strong>it</strong>aliana, lo stesso Cespi, ilCiss (Cooperazione internazionale Sud Sud) e l’Unhcr (Altocommissariato delle Nazioni Un<strong>it</strong>e per i rifugiati) – ha realizzato“Benvenuto in banca”, la brochure multilingue destinata aic<strong>it</strong>tadini immigrati e ai beneficiari di protezione internazionale;la prima di una serie di iniziative tese a realizzare strumentiutili per l’inclusione finanziaria e sociale dei c<strong>it</strong>tadini stranieri.982011 luglio-agosto


Gli immigrati e il rapporto con le banche<strong>La</strong> brochure è stata realizzata in <strong>it</strong>aliano e anche in albanese,arabo, cinese, francese, inglese. Il testo, una quindicina di pagineper ciascuna lingua, è semplice e chiaro e i c<strong>it</strong>tadini stranieri v<strong>it</strong>rovano risposte a domande quali: “Come posso mandaredenaro nel mio Paese?”, “Vorrei comprare una casa, come possofare?” oppure ancora “Come posso aprire un conto correnteper accred<strong>it</strong>are lo stipendio?”. <strong>La</strong> brochure è stata stampatain 100mila copie ed è in corso di diffusione a Bari, Milano,Palermo, Roma. “Benvenuto in banca”; sarà anche scaricabiledal s<strong>it</strong>o Abi (www.abi.<strong>it</strong>) e da tutti quelli delle organizzazionipartner.<strong>La</strong>borCrescono gli imprend<strong>it</strong>ori e le imprese stranieriPer quanto riguarda i dati sull’imprend<strong>it</strong>orial<strong>it</strong>à, gli oltre336mila migranti t<strong>it</strong>olari o soci d’impresa segnano un aumentodel 4,9% rispetto al 2007. In quattro anni le aziende guidateda un immigrato sono aumentate del 68%, in media il14% in più per anno. Si tratta per lo più di società nuove,solo il 12% è un’attiv<strong>it</strong>à rilevata da altri imprend<strong>it</strong>ori. In primopiano, in questo particolare settore, ci sono le donne: sonooltre 50mila le imprend<strong>it</strong>rici immigrate, cresciute a un tassoparticolarmente apprezzabile (+4,1%) tra dicembre 2009 egiugno 2010. Rappresentano il 6% dell’imprend<strong>it</strong>oria femminile<strong>it</strong>aliana e il 20% di quella immigrata complessiva. <strong>La</strong>maggior parte dei migranti t<strong>it</strong>olari di imprese è entrata inItalia dopo il 1990 (80% circa), mentre l’avvio delle attiv<strong>it</strong>àimprend<strong>it</strong>oriali è iniziato dal 2000. Si tratta per lo più di personefra i 25 e i 45 anni, con un buon livello di istruzione.Il rapporto ha fotografato anche questo fenomeno, con loscopo di analizzarne le potenzial<strong>it</strong>à per lo sviluppo di tutto iltessuto economico <strong>it</strong>aliano e per individuare gli strumentifinanziari migliori per sostenere queste potenzial<strong>it</strong>à. Uno su tutti,la microfinanza che, comprendendo una plural<strong>it</strong>à di prodotti siasul lato della raccolta che degli impieghi, potrebbe permetteredi risolvere alcune delle problematic<strong>it</strong>à presenti soprattuttoin una prima fase di bancarizzazione.I rapporti finanziari con il Paese di origineInfine, si segnala anche un’altra questione significativanell’amb<strong>it</strong>o della relazione tra la banca e i c<strong>it</strong>tadini stranieri,presa in considerazione dalla ricerca Abi-Cespi: il rapportofinanziario con il Paese di origine. In particolare, uno dei terrenilibertàcivili2011 luglio-agosto99


Gli immigrati e il rapporto con le banche<strong>La</strong>borlibertàcivilidi maggiore interesse è la possibil<strong>it</strong>à di sviluppare il canalebancario per il trasferimento di risparmio all’estero da parte delmigrante, anche attraverso lo sviluppo da parte delle banchedi pacchetti di prodotti e servizi che integrino i processi diaccumulazione e impiego fra i due Paesi, quello di provenienzae quello di residenza.Un tema di attual<strong>it</strong>à, anche in base a quanto risulta dalmon<strong>it</strong>oraggio sul fenomeno delle rimesse compiuto dal Cespiattraverso il suo s<strong>it</strong>o www.mandasoldiacasa.<strong>it</strong>, secondo il qualei costi di invio delle rimesse dall’Italia tra il 2009 e il 2011 si sonoridotti, ma i margini di diminuzione sono ancora ampi. Dall’analisidei principali corridoi di rimesse (Albania, Bolivia, Brasile, Cina,Colombia, Costa d’Avorio, Ecuador, Filippine, Ghana, Marocco,Nigeria, Perù, Romania e Senegal) è possibile osservare unmercato sempre più dinamico nel quale, per ora, si gioca laconcorrenza tra operatori di trasferimento monetario, banchee sistema postale.Tre sono le componenti che determinano il costo totaledell’invio: la commissione pagata al momento dell’invio dellarimessa, quella pagata al momento della ricezione e il marginesul tasso di cambio applicato dall’operatore nel momento incui il denaro ricevuto dall’estero è cambiato in valuta locale.Il dato più rilevante, come sottolineato, è che nel periodomon<strong>it</strong>orato, dall’ottobre 2009 al febbraio 2011, il costo totaledi un invio di 150 euro dall’Italia verso i 14 corridoi rilevatidal s<strong>it</strong>o si è ridotto di quasi un punto e mezzo percentuale:dal 9% al 7,7% dell’ammontare inviato. Ulteriori riduzioni sihanno per importi maggiori o in caso di accettazione d<strong>it</strong>empi più lunghi di consegna del denaro.Il decremento maggiore ha riguardato i Money TransferOperators (MTOs), anche se i loro prezzi sono superioririspetto agli altri operatori: ad esempio, inviare 150 euro conun MTO costa in media il 7,3%, con una banca il 5,8%. Lebanche costano meno soprattutto se si inviano importi piùalti – 1,2% è il costo per inviare 1.000 euro con una bancarispetto al 4,9% dei MTOs – anche se molte banche non sonoancora trasparenti rispetto al margine sul tasso di cambioapplicato e ai tempi di consegna del denaro.Costa di più inviare denaro nei Paesi europei e asiatici(11% per l’Europa e 10,7% per l’Asia), rispetto ai trasferimentiverso l’America <strong>La</strong>tina e l’Africa (rispettivamente 7% e 6,9%). Icosti degli invii verso due tra i Paesi più rilevanti, Cina e1002011 luglio-agosto


Gli immigrati e il rapporto con le bancheAlbania, sono quelli che hanno sub<strong>it</strong>o la maggiore contrazione(2,9 punti percentuali in meno fra Italia e Cina, dal 12,7% dell’ottobre2009 al 9,8% del febbraio 2011, 1,6 punti percentualiin meno fra Italia e Albania).L’analisi mostra, dunque, come il mercato delle rimessestia evolvendo molto rapidamente. <strong>La</strong> pressione crescentedella concorrenza, maggiore trasparenza e informazione, e unaserie di riforme nell’amb<strong>it</strong>o legale e dei sistemi di pagamento,può agire a favore di un miglioramento delle condizioni delmercato. Lo scopo è l’adempimento dell’obiettivo di dimezzareil costo medio globale di trasferimento delle rimesse dal 10%al 5% in cinque anni (obiettivo “5x5”) sottoscr<strong>it</strong>to nel 2009dal G8 dell’Aquila sotto la presidenza <strong>it</strong>aliana ed entrato a pienot<strong>it</strong>olo a far parte dell’agenda del G20.(a.g.)libertàcivili<strong>La</strong>bor2011 luglio-agosto101


Dialogo interculturale<strong>La</strong> mediazione interculturalenel nostro Paese:questioni aperte e prospettiveCruciale per l’accoglienza e l’integrazione,il mediatore è un agente di “democratizzazione”che favorisce l’acquisizione di una c<strong>it</strong>tadinanzapiena e consapevole da parte degli immigratidi Massimiliano FiorucciUnivers<strong>it</strong>à degli studi Roma Tre - Creifos (Centro di ricerca sull’educazioneinterculturale e sulla formazione allo sviluppo)“Dell’importanza di mediatori, costruttori di ponti, saltatoridi muri, esploratori di frontiera. Occorrono ‘trad<strong>it</strong>ori dellacompattezza etnica’, ma non ‘transfughi’”(A. <strong>La</strong>nger, <strong>La</strong> scelta della convivenza, e/o, Roma 1995, p.39)libertàciviliPer iniziare…Le definizioni della mediazione spaziano dalla filosofia allapsicologia, dalla sociologia alla pol<strong>it</strong>ica, dalla teologia al dir<strong>it</strong>tocivile, fino al dir<strong>it</strong>to internazionale. A queste ne potremmoaggiungere molte altre relative alla mediazione familiare, aquella educativa e pedagogica, linguistica, sociale, culturale,interculturale, ecc. Tutte hanno in comune l’idea che l’agire eil pensare degli uomini si esprimano attraverso una dialetticatra diversi fattori che di volta in volta raggiungono punti di sintesi,di parziale ricomposizione tra spinte diverse, che a loro voltapreparano il terreno per ulteriori confl<strong>it</strong>ti e ulteriori eventualimediazioni. <strong>La</strong> mediazione, quindi, come forma della dialettica.“<strong>La</strong> via della ricerca, […] se vuol farci comprendere, come èsuo comp<strong>it</strong>o, le vicende degli uomini, è sempre indiretta […].<strong>La</strong> parte migliore, reale, della dialettica [consiste nella] nostraimpossibil<strong>it</strong>à di fare a meno della mediazione, di andare al dilà e della storia e del nostro tempo” (Sichirollo 2003, p. 21).In campo pedagogico, la mediazione si configura comeuna delle funzioni centrali della relazione educativa. <strong>La</strong> stessapedagogia “è mediazione per eccellenza [nella] saldatura traprospettiva filosofica, ricerca delle scienze, ‘arte’ come abil<strong>it</strong>à1022011 luglio-agosto


Un’autenticamediazionepresupponeuna qualcheformadi dialogoe di relazionefra pari,mentre oggisi configuraspessocome unarelazioneasimmetricaSulla figura del mediatore in Italiapratica applicativa. Il motivo della mediazione, del raccordo ècaratteristico del suo stesso cost<strong>it</strong>uirsi come scienza” (Cives 1973,p. XII). Ne consegue che “l’educatore lavora come mediatoretra il ragazzo e il mondo sociale che lo riguarda (famiglia,gruppo dei pari, figure del controllo sociale…) facil<strong>it</strong>ando lacostruzione o il ripristino di relazioni adeguate, l’elaborazionee la soluzione dei confl<strong>it</strong>ti, l’incontro o il passaggio con nuovedimensioni sociali (inserimento scolastico, inserimento nel mondodel lavoro…). L’educatore è altresì mediatore dell’incontro traun allievo e un comp<strong>it</strong>o di apprendimento diventando uno deivertici del triangolo socio-cogn<strong>it</strong>ivo” (Bertolini 1996, p. 242).In altre sedi ci si è concentrati su questo aspetto, dilatandoi confini classici della figura del mediatore culturale, funzioneche dovrebbe essere centrale in ogni educatore: “l’attiv<strong>it</strong>à dimediatore è propria di ogni insegnante, è una funzione chepervade tutta la professional<strong>it</strong>à pedagogica di chi opera nellascuola, indipendentemente dai bambini che ha di fronte e dallecose che deve insegnare. Insegnante/mediatore è, dunque,ogni insegnante, in quanto professionista della comunicazione”(Fiorucci 2000, p. 96). <strong>La</strong> mediazione si configura quasi sempreall’interno di una relazione asimmetrica in cui due parti occupanoposti differenti nella scala delle relazioni socio-culturali. In realtà,un’autentica mediazione presuppone una qualche forma didialogo, cioè una relazione tra pari, fra soggetti che sono ingrado di far valere la propria soggettiv<strong>it</strong>à, le proprie esigenze,i propri interessi e i propri dir<strong>it</strong>ti.Dialogo interculturale<strong>La</strong> mediazione in Italia<strong>La</strong> mediazione è dunque una strategia che si concretizza adiversi livelli ma è anche e soprattutto una scelta pol<strong>it</strong>ica cheha a che fare con il modello di società che si vuole costruire.Non è indipendente, quindi, dalle pol<strong>it</strong>iche di integrazionemesse in atto a livello nazionale e a livello locale.Il quadro della s<strong>it</strong>uazione <strong>it</strong>aliana che emerge è quello diuna grande varietà di esperienze in termini di pol<strong>it</strong>iche locali,risorse per l’intercultura, pratiche innovative. A fianco dellestrutture e dei servizi che fin dal primo momento sono staticoinvolti dalle migrazioni, e dove il tema dell’intercultural<strong>it</strong>à haavuto la possibil<strong>it</strong>à di sedimentarsi, esistono altri servizi che, acausa di resistenze e rigid<strong>it</strong>à, scontano maggiori r<strong>it</strong>ardi nelpercorso di adeguamento delle proprie metodologie operativeper tentare di rispondere a un’utenza sempre più complessa. Iservizi, tuttavia, hanno bisogno di essere sostenuti adeguatamente(in termini economici e di personale) da parte del Governo elibertàcivili2011 luglio-agosto103


Dialogo interculturalelibertàciviliSulla figura del mediatore in ItaliaIl problemacruciale delle“secondegenerazioni”che, sesostenutein modoadeguato,possonosvolgerenaturalmenteun pos<strong>it</strong>ivoruolo dimediazionedelle ist<strong>it</strong>uzioni per migliorare le proprie risposte e per agire sulleprincipali aree di riferimento per le dinamiche di integrazione(economica, sociale, culturale, pol<strong>it</strong>ica e demografica). Si trattaper l’immediato futuro di migliorare e rinforzare quanto già realizzatopassando da un visione reattiva (di risposta alle emergenzee ai bisogni essenziali) a una prospettiva propos<strong>it</strong>iva, chevada incontro alle persone (nei loro luoghi di v<strong>it</strong>a e di lavoro)nel loro complesso, attraverso un sistema di servizi sul terr<strong>it</strong>oriocapillare, garantendo dir<strong>it</strong>to di c<strong>it</strong>tadinanza anche ai bisogniculturali e di partecipazione attiva della popolazione immigratain vista di una “piena integrazione”.Un tema cruciale in questa direzione è quello delle cosiddette“seconde generazioni”. Gli adolescenti di origine immigrata inItalia vivono, infatti, una condizione difficile perché ai problemiclassici dell’adolescenza si aggiungono – in alcuni casi – quellilegati alla “doppia ident<strong>it</strong>à” e alle “appartenenze multiple”. S<strong>it</strong>ratta di una generazione cruciale per il futuro del Paese, unagenerazione che si s<strong>it</strong>ua tra bisogno di ident<strong>it</strong>à e desiderio diappartenenza e i cui esponenti rappresentano i “pionieri involontaridi un’ident<strong>it</strong>à nazionale in trasformazione” (Ambrosini 2006, p. 89).Le cosiddette “seconde generazioni” possono svolgere, seadeguatamente sostenute, un pos<strong>it</strong>ivo ruolo di “mediazione”.Per quanto concerne più specificamente la professione dimediatore sembra utile fare riferimento agli studi di GraziellaFavaro e Franca Balsamo che hanno ricostru<strong>it</strong>o, rispettivamente,le fasi di impiego dei mediatori nei servizi e una breve storia dellamediazione in Italia (Balsamo 2006, pp. 71-78). Riprendere talistudi consente di formulare qualche previsione per il futuro d<strong>it</strong>ale professione. Graziella Favaro sostiene che ripercorrendole diverse fasi di utilizzo dei mediatori è possibile individuare:l’origine esperienziale del dispos<strong>it</strong>ivo, che si colloca agliinizi degli anni Novanta e che riguarda i primi tentativi e sperimentazionicondotti in servizi che hanno aperto la strada,contando sui mediatori “pionieri”la diffusione progettuale della mediazione, avvenuta in unafase successiva e che ha consolidato una metodologia di lavoroed esplic<strong>it</strong>ato obiettivi precisi, declinati sulla base degli amb<strong>it</strong>i,dei differenti servizi e dei bisogni degli utentila visibil<strong>it</strong>à nella normativa, ovvero: il passaggio dalla periferiaal centro. L’esperienza e le pratiche di mediazione hanno trovatoe trovano attualmente spazio e attenzione in alcuni documentie normative, a livello nazionale, regionale e locale (Favaro2004, p.18).Nella sua lucida ricostruzione della breve storia della1042011 luglio-agosto


<strong>La</strong> storiae l’evoluzionedella figuradel mediatorein Italia:dalla fasedella sperimentazione,a quella dellaformazione,fino alladiffusionedei servizisul terr<strong>it</strong>orioSulla figura del mediatore in Italiamediazione culturale in Italia, con particolare riferimento allas<strong>it</strong>uazione piemontese, Franca Balsamo individua quattroperiodi. “Il primo periodo è quello della sperimentazione e della‘creativ<strong>it</strong>à’; a questo è segu<strong>it</strong>o un secondo periodo di sviluppo dellivello formativo (cento corsi fioriscono); il terzo periodo (chein certa misura si sovrappone a quello precedente) è quellodella diffusione e del silenzio-isolamento; il quarto è quello dioggi, quello in cui si apre una nuova azione autonoma verso lacost<strong>it</strong>uzione di una categoria professionale” (Balsamo 2006, p. 71).Il primo periodo (della “creativ<strong>it</strong>à”) è, secondo la Balsamo,contemporaneamente un’epoca di sperimentazione sul terrenoe di elaborazione teorica. Nel momento in cui i mediatoricominciano a operare nei servizi fioriscono una plural<strong>it</strong>à didefinizioni e di interpretazioni più o meno ristrette: dal mediatorecome mero interprete linguistico al mediatore come informatoree traduttore delle regole in una logica di inclusione socialeassimilatoria fino a letture più profonde di tale figura. “Il sensopiù forte e proprio della mediazione è stato comunque, a mioavviso, quello dell’interpretariato culturale dei bisogni. Poichéi bisogni […] sono cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i socialmente e culturalmente all’internodi diverse tradizioni e contesti socio-ambientali, il/la mediatriceculturale reinterpreta sostanzialmente i bisogni, ne evidenzia esostanzia la leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à (non riconosciuta in contesti culturalidiversi), alla luce dei codici culturali e comportamentali entro cuisi generano e mette in evidenza anche attraverso la decodificaculturale delle risorse che gli immigrati esprimono, non semprevisibile agli operatori. […] Il mediatore/la mediatrice, in questainterpretazione, rende agibili i dir<strong>it</strong>ti sostanzialmente, non soloformalmente” (Balsamo 2006, p. 73). Il mediatore viene vistoanche come agente di cambiamento, trasmett<strong>it</strong>ore di culture,promotore dei dir<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici, sindacali, sociali. “Periodo dunque disperimentazione di progetti […] che si coniugavano anche conla riflessione e dove pratiche, prospettive teoriche e pol<strong>it</strong>ichesi tenevano intrecciate insieme” (Balsamo 2006, p. 75).Il secondo periodo è stato quello dell’investimento in formazione.Se la prima formazione aveva coinvolto le migliori risorse terr<strong>it</strong>orialimettendo insieme associazioni, ist<strong>it</strong>uti di ricerca e univers<strong>it</strong>à,successivamente si è assist<strong>it</strong>o a una proliferazione di agenzieformative impegnate in quest’amb<strong>it</strong>o senza che vi fosse un’adeguataverifica della qual<strong>it</strong>à della formazione. Durante questa faseanche le univers<strong>it</strong>à, all’interno del loro percorso di autonomia,hanno cominciato a proporre percorsi formativi per mediatoriculturali. I due tipi di percorsi formativi (quello delle agenzie equello univers<strong>it</strong>ario) hanno segu<strong>it</strong>o strade separate e parallele,Dialogo interculturalelibertàcivili2011 luglio-agosto105


Dialogo interculturaleSulla figura del mediatore in Italiasalvo rarissime occasioni in cui si sono incrociati e integrati.Il terzo periodo, sempre secondo Franca Balsamo, è quellodella diffusione della mediazione sul terr<strong>it</strong>orio e nei servizi, maal tempo stesso dell’“isolamento”. “All’aumento del numero deimediatori presenti sul terr<strong>it</strong>orio corrisponde tuttavia il loroisolamento: fin<strong>it</strong>o il periodo formativo i singoli operatori(mediatori culturali) si trovano ‘buttati’ nei servizi senza nessunprogetto che preveda un periodo (e risorse, di denaro e d<strong>it</strong>empo) dedicate all’aggiornamento, alla riflessione sul lavoro,al coordinamento, alla valutazione, allo sviluppo di quellemicro-reti tra i servizi che proprio grazie alla presenza delle/deimediatori si erano attivate nei primi progetti sperimentali. Nessunpercorso di accompagnamento e di formazione permanente èprevisto” (Balsamo 2006, p. 77). I mediatori vengono quindilasciati a loro stessi senza avere occasioni di confronto e diriflessione sul proprio lavoro. Ciò impedisce al mediatore diessere un professionista pienamente riflessivo (Schön 1993)producendo frustrazione e atteggiamenti routinari che inibisconoquella “spinta creativa e trasformativa che inizialmente erastata il sogno da realizzare” (Balsamo 2006, p. 78).libertàcivili1062011 luglio-agosto


Oggii mediatorisi stannoconfigurandocome unanuovacategoriasocioprofessionaleautonoma,con un profiloben defin<strong>it</strong>oSulla figura del mediatore in Italia<strong>La</strong> quarta fase, quella odierna, presenta ancora una varietàdi percorsi formativi possibili per i mediatori. “Sul versantedella mediazione a livello locale […] i mediatori culturali sicost<strong>it</strong>uiscono in organizzazioni autonome, nello spir<strong>it</strong>o diriqualificare il loro lavoro, con un autocontrollo sulla propriaformazione, sulla qual<strong>it</strong>à, sull’accesso, sul mercato del lavoro”(Balsamo 2006, p. 78). I cambiamenti in corso sono profondi: imediatori locali “passano da essere rappresentanti degli ‘stranieri’e degli immigrati all’essere c<strong>it</strong>tadini mediatori di diverse‘culture/lingue’ presenti nella società multiculturale. In corrispondenzaa questa trasformazione societaria, i mediatori si stannocost<strong>it</strong>uendo come una nuova categoria socio-professionaleautonoma. E questo è un passo cruciale. Ma la loro stessapresenza di mediatori culturali, la loro stessa necess<strong>it</strong>à puòessere allo stesso tempo indicatore di un duplice rischio. Ilprimo, che la mediazione sia necessaria perché c’è l’inclusionesubordinata dei nuovi c<strong>it</strong>tadini. L’altra faccia è il rischio chediventino i rappresentanti di ‘comun<strong>it</strong>à’ culturali/etniche separatee forse ‘inventate’, alla cui invenzione loro stessi finiscono colcontribuire (o hanno contribu<strong>it</strong>o)” (Balsamo 2006, p. 78).Dialogo interculturaleLe questioni aperteMolte questioni, tuttavia, restano oggi aperte: dalla precarietàlavorativa 1 (Fiorucci, Susi 2004) alla discontinu<strong>it</strong>à, dallaquestione della formazione allo sfruttamento fino alla mancanzadi riconoscimento del loro valore sociale sia in termini retributivisia in termini di progettual<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica.Sembra utile, a tale propos<strong>it</strong>o, fare riferimento ad alcunidocumenti nazionali. Nel 2000 il Cnel (Consiglio nazionaledell’economia e del lavoro) ha elaborato un importante documentodal t<strong>it</strong>olo Pol<strong>it</strong>iche per la mediazione culturale. Formazione edimpiego dei mediatori culturali (Cnel, 2000) che ha rappresentatoa lungo un valido punto di riferimento. Recentemente taledocumento, attraverso un percorso partecipato e condiviso conle ist<strong>it</strong>uzioni e le associazioni che hanno maturato le esperienzepiù significative di formazione e di impiego dei mediatori interculturali,è stato riveduto e aggiornato e reso pubblico con ilt<strong>it</strong>olo Mediazione e mediatori interculturali: indicazioni operative1 Secondo i risultati di un’indagine nazionale, i cui risultati sono stati pubblicati nelvolume Fiorucci M., Susi F. (a cura di), Mediazione e mediatori in Italia. <strong>La</strong> mediazionelinguistico-culturale per l’inserimento socio-lavorativo dei migranti, Anicia, Roma2004, solo il 20% del campione era impegnato a tempo pieno nella professione dimediatore e riusciva a vivere svolgendo solo questo lavorolibertàcivili2011 luglio-agosto107


Dialogo interculturaleSulla figura del mediatore in ItaliaTra le questioniaperte restanoquelle dellaprecarietàe delladiscontinu<strong>it</strong>àlavorativa,dellaformazione,del mancatoriconoscimentodel valoresociale dellamediazione(Cnel, 2009) 2 . Il documento tenta di fare chiarezza sul ruolodel mediatore e offre utili indicazioni per l’accesso alle professionee sulla formazione di base e specialistica dei mediatori culturali.Un altro significativo documento a livello nazionale – che haaffrontato almeno in parte le questioni ancora aperte – è rappresentatodalla Nota per la discussione del Gruppo di lavorointerministeriale 3 , nata dall’esigenza di elaborare un testocomune per fare il punto sui bisogni di mediazione culturalerilevati dalle amministrazioni più direttamente coinvolte nellepol<strong>it</strong>iche di gestione del fenomeno migratorio. Nella Nota, ilmediatore viene indicato quale “traduttore di lingua e di strutturevaloriali, dei modi di pensiero, dei modi di interpretare ilmondo, del senso religioso […]; figura professionale di supportoa operatori e servizi; figura terza tra utente, paziente, alunno,servizio, ist<strong>it</strong>uzione; facil<strong>it</strong>atore di relazioni” (Gruppo interministeriale,2002). Il documento si sofferma, inoltre, sugli amb<strong>it</strong>idi intervento del mediatore mettendo in luce problematiche especific<strong>it</strong>à relative ai singoli settori (pubblica sicurezza, giustizia,san<strong>it</strong>à, scuola, lavoro).In tempi più recenti è stato elaborato un documento, ancorapiù rilevante per il carattere nello stesso tempo ampio, anal<strong>it</strong>icoe concreto, dal t<strong>it</strong>olo Linee di indirizzo per il riconoscimentodella figura professionale del Mediatore interculturale delGruppo di lavoro ist<strong>it</strong>uzionale per la promozione della mediazioneinterculturale 4 che, a partire da una ricognizione sullo statodell’arte e dopo aver individuato le principali cr<strong>it</strong>ic<strong>it</strong>à legate allafigura professionale del mediatore (dalla formazione al ricono-libertàcivili2 Il Cnel, attraverso il Gruppo di lavoro “Pol<strong>it</strong>iche per la mediazione culturale.Formazione e impiego dei mediatori culturali” dell’Organismo nazionale di coordinamentoper le pol<strong>it</strong>iche di integrazione sociale degli stranieri (Onc), ha svoltouna serie di consultazioni con esperti e operatori al fine di redigere la versioneaggiornata del documento del 2000 che tenesse conto delle ricerche e delleesperienze maturate nel corso degli ultimi anni. Il risultato di tale lavoro è conflu<strong>it</strong>onel documento: Cnel, Organismo nazionale di coordinamento per le pol<strong>it</strong>iche diintegrazione sociale degli stranieri, Mediazione e mediatori interculturali: indicazionioperative, Roma, 29 ottobre 20093 Gruppo interministeriale, Nota per la discussione, Padova, giugno 2002. Talenota è stata redatta da: ministero del <strong>La</strong>voro, ministero dell’Interno, ministerodella Giustizia, ministero dell’Istruzione, ministero dell’Univers<strong>it</strong>à, ministero della Saluteed è stata presentata nell’amb<strong>it</strong>o del convegno Ponti fra due culture, organizzatodal ministero del Welfare e dalla regione Veneto e svoltosi a Padova nei giorni25-26 giugno 20024 Gruppo di lavoro ist<strong>it</strong>uzionale per la promozione della mediazione interculturale,Linee di indirizzo per il riconoscimento della figura professionale del Mediatoreinterculturale, Unione Europea, Progetto cofinanziato dal Fondo europeo perl’integrazione di c<strong>it</strong>tadini di Paesi terzi 2007-2013, ministero dell’Interno dipartimentoper le Libertà civili e l’Immigrazione, direzione centrale per le Pol<strong>it</strong>iche dell’immigrazionee dell’asilo, Assistenza tecnica e scientifica del CIES, 21 dicembre 20091082011 luglio-agosto


Sulla figura del mediatore in ItaliaDialogo interculturalescimento) si sofferma sulle proposte condivise a livello interist<strong>it</strong>uzionaleindicando le strade per il futuro sviluppo della professione.Il documento, oltre a indicare competenze, capac<strong>it</strong>à epercorsi formativi del mediatore, propone percorsi per il riconoscimentoe la validazione delle competenze apprese daimediatori sul campo nel corso di esperienze pluriennali, neltentativo di non disperdere quel patrimonio di saperi acquis<strong>it</strong>iattraverso la pratica professionale.Nell’amb<strong>it</strong>o del dibatt<strong>it</strong>o sulla mediazione vi è chi ha individuatonella cost<strong>it</strong>uzione di un albo professionale dei mediatori unapossibile, parziale soluzione ai problemi sopra menzionati,così come è avvenuto per molte professioni sociali. E, tuttavia,si stanno modificando anche le funzioni della mediazione.Rimane valida e sempre più attuale la funzione pol<strong>it</strong>ica “socioculturaledi accompagnamento alla partecipazione ai dir<strong>it</strong>ti dinuovi c<strong>it</strong>tadini di ‘seconda categoria’, cui si riconoscono i dir<strong>it</strong>tisociali ma non pieni dir<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici” (Balsamo 2006, p. 79).Il mediatore in questo senso diventa un agente di “democratizzazione”che favorisce l’acquisizione di una c<strong>it</strong>tadinanzapiena e questo sembra essere il suo ruolo principale oggi e neiprossimi anni. <strong>La</strong> sua presenza nei servizi di accoglienza eorientamento contribuisce alla riconfigurazione in chiave interculturaledei servizi andando oltre un’accoglienza di tipoemergenziale, per costruire canali di accoglienza e di rispostaai bisogni che tengano conto delle diverse specific<strong>it</strong>à di cuisono portatrici determinate fasce sociali. Il mediatore puòlibertàcivili2011 luglio-agosto109


Dialogo interculturalelibertàciviliSulla figura del mediatore in ItaliaSembranomaturi i tempiper ilsuperamentodei servizidedicatiagli stranierinella direzionedei serviziper tutti, ancheattraversola cost<strong>it</strong>uzionedi équipe dicollaboratori“etnicamente”mistefavorire processi di empowerment e promozione di dir<strong>it</strong>ti.“Partendo dal presupposto che la condizione sociale dell’immigratoè una s<strong>it</strong>uazione di debolezza che va rimossa, unapol<strong>it</strong>ica dell’immigrazione non può esimersi dal promuovere esostenere iniziative atte a far acquisire, alle persone immigrate,conoscenze e strumenti per interloquire in una posizione dipar<strong>it</strong>à. Per questo è necessaria la valorizzazione della personae della soggettiv<strong>it</strong>à in un contesto sociale attraverso attiv<strong>it</strong>à diformazione, sia come scuola di c<strong>it</strong>tadinanza – intesa comeavvicinamento a e appropriazione di fondamenti, potenzial<strong>it</strong>à,opportun<strong>it</strong>à e lim<strong>it</strong>i della realtà <strong>it</strong>aliana e locale – sia in terminidi aggiornamento delle competenze professionali” (Jabbar2006, p. 94). Si tratta, quindi, di lavorare per la realizzazione diun progetto interculturale di c<strong>it</strong>tadinanza creando le condizioniper cui “c<strong>it</strong>tadini immigrati e c<strong>it</strong>tadini autoctoni possano ridefinireuna casa comune, uno spazio di interazione e di collaborazione”(Jabbar 2006, p. 94).<strong>La</strong> funzione di “democratizzazione”, tuttavia, deve esserepropria di ogni operatore che deve farsi garante del riconoscimentodei dir<strong>it</strong>ti di tutti. Gli operatori dei servizi, quindi, sonoloro stessi mediatori culturali. Se la società <strong>it</strong>aliana sarà capacedi garantire alle seconde e terze generazioni un’integrazionenon subalterna forse si potrà fare a meno di professionisti cheoperino in qual<strong>it</strong>à di “mediatori culturali”. Se anche ai c<strong>it</strong>tadini<strong>it</strong>aliani di origine immigrata sarà offerta la possibil<strong>it</strong>à di diventareinsegnanti, medici, avvocati, ecc. si potrà fare a meno dellafigura del mediatore culturale.Al momento, tuttavia, le cose sembrano stare diversamente.Siamo ancora in presenza, molto spesso, di servizi specificidedicati alla popolazione immigrata. Sembra giunto almenoil momento per arrivare al superamento dei servizi dedicati(servizi speciali per stranieri) andando nella direzione dei serviziper tutti, che siano in grado di rispondere effettivamente aibisogni di tutti. Il mediatore culturale può assumere un ruoloimportante all’interno di questo percorso che potrebbe portare,come suo traguardo, alla presenza all’interno dei servizi di unaéquipe di collaboratori “etnicamente” mista.Il progetto interculturale rischia, tuttavia, di rimanere a livellodi pura intenzione se non prevede al suo interno i requis<strong>it</strong>i difondo di una prospettiva dialogica che presuppone una relazionetra pari, fra soggetti che siano in grado di far valere la propriasoggettiv<strong>it</strong>à. Tale prospettiva non può prescindere da alcunielementi quali:promozione dei dir<strong>it</strong>ti umani degli immigrati e rimozione1102011 luglio-agosto


Sulla figura del mediatore in Italiadelle cause di debolezza socioeconomica e pol<strong>it</strong>ico-giuridicapartecipazione autentica e attiva dei nuovi c<strong>it</strong>tadini dentro iluoghi in cui si individuano progetti e percorsi di attuazione,non solo sui temi dell’immigrazione, ma su tutti i temi e leproblematiche che caratterizzano la comun<strong>it</strong>à osp<strong>it</strong>ante;possibil<strong>it</strong>à per gli immigrati di contribuire a definire le “regoledel gioco” (Jabbar 2006, p. 95).Dialogo interculturaleBibliografiaAmbrosini M. (2006), Nuovi soggettisociali: gli adolescenti di origine immigratain Italia, in Valtolina G.G., Marazzi A. (acura di), Appartenenze multiple. L’esperienzadell’immigrazione delle nuove generazioni,FrancoAngeli, Milano, pp. 85-104Balsamo F. (2006), Autonomia e rischidella mediazione culturale, in Luatti L.(a cura di), Atlante della mediazione linguisticoculturale. Nuove mappe per laprofessione di mediatore, FrancoAngeli,Milano, pp. 71-78Belpiede A. (a cura di) (2002), Mediazioneculturale. Esperienze e percorsi formativi,Utet, TorinoBertolini P. (1996), Dizionario di Pedagogiae Scienze dell’Educazione, Zanichelli,BolognaCatarci M., Fiorucci M., Santarone D.(a cura di) (2009), In forma mediata.Saggi sulla mediazione interculturale,Unicopli, MilanoCives G. (1973), <strong>La</strong> mediazione pedagogica,<strong>La</strong> Nuova Italia, FirenzeCnel, Organismo nazionale di coordinamentoper le pol<strong>it</strong>iche di integrazionesociale degli stranieri (2000), Pol<strong>it</strong>icheper la mediazione culturale. Formazioneed impiego dei mediatori culturali, RomaCnel, Organismo nazionale di coordinamentoper le pol<strong>it</strong>iche di integrazionesociale degli stranieri (2009), Mediazionee mediatori interculturali: indicazionioperative, RomaFavaro G., Fumagalli M. (2004), Capirsidiversi. Idee e pratiche di mediazioneinterculturale, Carocci, RomaFavaro G. (2004), Dialogo a più voci, inFavaro G., Fumagalli M., op. c<strong>it</strong>.Fiorucci M. (2000), <strong>La</strong> mediazione culturale.Strategie per l’incontro, Armando, RomaFiorucci M. (a cura di) (2004), Incontri.Spazi e luoghi della mediazione interculturale,Armando, RomaFiorucci M. (a cura di) (2007), Dossier<strong>La</strong> mediazione interculturale e le sueforme: contesti, esperienze e proposte, in“Studi Emigrazione”, Rivista trimestraledel Centro Studi Emigrazione di Roma, n.165,anno XLIV, marzo 2007, pp. 61-168Fiorucci M., Susi F. (a cura di) (2004),Mediazione e mediatori in Italia. <strong>La</strong>mediazione linguistico-culturale per l’inserimentosocio-lavorativo dei migranti,Anicia, RomaGruppo interministeriale (2002), Notaper la discussione, Padova, giugno 2002Gruppo di lavoro ist<strong>it</strong>uzionale per lapromozione della mediazione interculturale(2009), Linee di indirizzo per il riconoscimentodella figura professionale delMediatore interculturale, Unione Europea,Progetto cofinanziato dal Fondo europeoper l’integrazione di c<strong>it</strong>tadini di Paes<strong>it</strong>erzi 2007-2013, ministero dell’Interno,dipartimento per le Libertà civili el’Immigrazione, direzione centrale per lePol<strong>it</strong>iche dell’immigrazione e dell’asilo,Assistenza tecnica e scientifica del CIES,21 dicembre 2009Jabbar A. (2006), Disuguaglianza socialee differenze culturali: per una interculturademocratica, in L. Luatti (a cura di), op. c<strong>it</strong>.<strong>La</strong>nger A. (1995), <strong>La</strong> scelta della convivenza,e/o, Roma 1995Luatti L. (a cura di) (2006), Atlantedella mediazione linguistico culturale.Nuove mappe per la professione dimediatore, FrancoAngeli, MilanoLuatti L. (2011), Mediatori atleti dell’incontro.Luoghi, modi e nodi della mediazioneinterculturale, Vannini Ed<strong>it</strong>rice, Gussago (BS)Schön D. (1993), Il professionista riflessivo.Per una nuova epistemologia della praticaprofessionale, Dedalo, Bari 1993Sichirollo L. (2003), Dialettica, Ed<strong>it</strong>oriRiun<strong>it</strong>i, Romalibertàcivili2011 luglio-agosto111


InsiemeMi impegno,dunque sonoUna prospettiva psicanal<strong>it</strong>ica sulle ragioni chespingono i migranti ad agire nel volontariato, sianelle associazioni autoctone sia in quelle su baseetnica, e sul valore anche “ident<strong>it</strong>ario”che questo assume nel loro percorso migratoriolibertàcivili<strong>La</strong> duplicenatura delvolontariato,comportamentoumanoal contemponaturalee innaturaledi Raffaele Bracalenti - Attilio BalestrieriPresidente dell’Ist<strong>it</strong>uto psicoanal<strong>it</strong>ico per le ricerche sociali -Socio fondatore dell’Ist<strong>it</strong>uto psicoanal<strong>it</strong>ico per le ricerche socialiIl tema “volontariato e immigrazione” è stato declinato secondoprospettive diverse. <strong>La</strong> prima – forse più studiata – riguarda larisposta del volontariato ai bisogni dei migranti e il suo ruolo nelfavorire i processi d’integrazione. Da un altro punto di vista, sonostate osservate le forme dell’associazionismo dei migranti, chepure cost<strong>it</strong>uiscono strumenti e veicoli d’integrazione e indicano lacapac<strong>it</strong>à propria degli immigranti di rispondere a esigenze socialie di rappresentanza. Infine, si è guardato – in termini quant<strong>it</strong>ativie qual<strong>it</strong>ativi – al contributo che gli stranieri impegnati in attiv<strong>it</strong>à divolontariato apportano a questo mondo, nelle società osp<strong>it</strong>i.Il nostro articolo fornisce una lettura in parte inusuale – ancheper il ricorso a chiavi interpretative proprie della psicoanalisi –e prende le mosse da due ques<strong>it</strong>i: quali motivazioni animano imigranti che fanno volontariato? Sono rintracciabili le ragioni cheorientano la scelta dei migranti di impegnarsi negli organismidel volontariato per così dire autoctoni o, invece, nelle formedell’associazionismo su base etnica o nazionale?Le due domande sono fortemente interconnesse e traggonospunto dalle ricerche condotte nell’amb<strong>it</strong>o delle scienze sociali inmer<strong>it</strong>o alle motivazioni che spingono a fare volontariato, per capireun comportamento umano che appare al contempo naturale einnaturale. Naturale in quanto realizza la forma più spontanea direlazione tra esseri umani, quella non normata all’interno diuno scambio economico. Nel contempo la più innaturale poichériguarda la messa a disposizione gratu<strong>it</strong>a di talenti e competenzeche “normalmente” sono poste sul mercato per esigere uncompenso.1122011 luglio-agosto


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icaLe considerazioni che seguono sono frutto in parte dello studiodella letteratura e in larga parte di due ricerche – l’una acarattere nazionale, l’altra realizzata nel <strong>La</strong>zio 1 – su quest<strong>it</strong>emi. Anche a ragione della scelta di privilegiare la chiaveinterpretativa psicologica e psicoanal<strong>it</strong>ica, ci si riferisce quialle risultanze delle indagini qual<strong>it</strong>ative, effettuate tram<strong>it</strong>einterviste in profond<strong>it</strong>à e focus group con migranti – siano essivolontari in organismi del volontariato (Odv) o in associazionietniche – e con responsabili di Odv. Per i risultati delle analisiquant<strong>it</strong>ative – sulla partecipazione dei migranti al volontariatoe sul ruolo che le Odv e le associazioni di migranti giocanonel favorire l’integrazione – si rimanda alle relazioni finalidelle due ricerche, in via di pubblicazione.Nel parlare di ident<strong>it</strong>à e di crisi che i processi migratoriproducono, senza dimenticare i lavori di Erik Erickson, questolavoro fa riferimento a una linea di pensiero che è part<strong>it</strong>a daSigmund Freud e passando per Wilfred Bion giunge alla teoriadell’inconscio sociale di Sandro Gindro.InsiemeL’impegno nel volontariato: motivazioni di baseArticolandosi tra lo psichico e il sociale, l’impegno in attiv<strong>it</strong>àgratu<strong>it</strong>e e accomunate da final<strong>it</strong>à sociali – in cui le personeimpiegano il proprio tempo secondo un principio radicalmentediverso da quello che governa le logiche del prof<strong>it</strong>to e dellavoro retribu<strong>it</strong>o – si pone al centro di uno snodo fondamentale,sul quale ha posto l’accento, tra gli altri esperti della materia,Piero Amerio: “il volontariato è un fenomeno che si trova al centrodi un chiasma dialettico tra individual<strong>it</strong>à e social<strong>it</strong>à, assumendouna singolare caratteristica che è quella di rappresentare, inmodo tangibile e operante, il punto di articolazione tra processi1 <strong>La</strong> prima ricerca è <strong>La</strong> partecipazione degli immigrati all’associazionismo comeveicolo d’integrazione sociale, indagine promossa dal dipartimento per le Libertàcivili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno, nell’amb<strong>it</strong>o del Fei 2007-2013 erealizzata da un RTI (Raggruppamento temporaneo di imprese) composto daStrategie Srl e dall’Ist<strong>it</strong>uto psicoanal<strong>it</strong>ico per le ricerche sociali (Iprs). Lo studioquant<strong>it</strong>ativo è stato effettuato tram<strong>it</strong>e l’analisi di 91 questionari somministrati aorganismi di volontariato (iscr<strong>it</strong>ti nei registri regionali) e di 94 questionari somministratiad associazioni d’immigrati (tra quelle iscr<strong>it</strong>te al “Registro delle associazioni edegli enti che operano a favore degli immigrati”). L’affondo qual<strong>it</strong>ativo è statocondotto attraverso quattro focus group terr<strong>it</strong>oriali (che hanno complessivamentecoinvolto 53 partecipanti) e attraverso 11 interviste vis a vis. L’altra ricerca èImmigrazione, volontariato ed integrazione, svolta dall’Iprs e dai Centri di servizioper il volontariato del <strong>La</strong>zio Cesv e Spes. L’analisi quant<strong>it</strong>ativa è stata svolta sullabase di circa 100 questionari somministrati a responsabili di OdV e di circa 45questionari somministrati a responsabili di Associziaoni d’immigrati, presenti nel<strong>La</strong>zio. Lo studio qual<strong>it</strong>ativo è consist<strong>it</strong>o nell’analisi di circa quaranta interviste vis a vis,con migranti impegnati in attiv<strong>it</strong>à di volontariato e responsabili di strutturelibertàcivili2011 luglio-agosto113


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icaInsiemepsicologici e processi sociali, cost<strong>it</strong>uendo uno degli elementiimportanti di quella comun<strong>it</strong>à che nella partecipazione trovail senso di un bene comune” (Amerio P., Gattino S. Psicologiadi Comun<strong>it</strong>à, Il mulino, Bologna 2000, p. 45).In accordo col punto di vista della psicologia sociale, DanielBatson e <strong>La</strong>ura Shaw 2 suggeriscono che il volontariato si puòeserc<strong>it</strong>are in base a motivazioni prevalentemente altruisticheo egoistiche e, nondimeno, in base a entrambe. Né si puòescludere che, a volte, le motivazioni non siano ascrivibili néall’altruismo né all’egoismo (sono infatti difficili da ricondurrea queste categorie altre motivazioni, quali l’aspirazioneall’empowerment, o il desiderio di rafforzare i legami traappartenenti alla medesima comun<strong>it</strong>à). In alcuni casi si parladi motivazioni egoistiche perché una persona che fa volontariatosi aspetta una ricompensa, oppure tenta di ev<strong>it</strong>are una punizioneo, ancora, desidera alleviare un’ansia – o una qualsiasi formadi disagio personale – che sente connessa alla percezione dellasofferenza altrui. In altri casi si parla di motivazione altruistica,nata dal sentimento di empatia per chi è in difficoltà: quil’impegno nel volontariato mira a ridurre, per simpatia 3 , ildisagio dell’altro.In una prospettiva sociologica, Donatella Bramanti e VincenzoCesareo 4 individuano quattro elementi di fondo, che conduconoall’azione volontaria: 1) orientamento al sé o orientamentoespressivo; 2) orientamento al comp<strong>it</strong>o (sempre legato al séma più spostato in direzione del comp<strong>it</strong>o); 3) orientamentolibertàcivili2 Evidence for altruism: toward a pluralism of prosocial motives, in “Psichologicalinquiry” 1991, 2, p.107-1223 Riferendosi a questo termine nel suo significato etimologico di “sentire insieme”,Sandro Gindro ha spesso parlato di simpatia per descrivere gli aspetti “proiettivi” che,lungi dall’avere valenza solo difensiva, cioè egoistica, favoriscono l’interazione pos<strong>it</strong>ivacon l’altro: “Ho detto che la proiezione è un meccanismo originario e ineliminabile;ho detto inoltre che può essere usata come difesa. C’è – anche in questo caso – unaproiezione sana e una proiezione malata. <strong>La</strong> proiezione sana voglio chiamarla:‘simpatia’, sentire insieme. Non soltanto soffrire o godere, ma sentire… Il mondo, glialtri, entrano in noi attraverso l’identificazione e la proiezione e allo stesso modonoi veniamo a contatto col mondo. Tutto è mosso dal desiderio; ma il desiderionon si accontenta di illusioni; il desiderio vuole la realtà; che è presente e nascosta,che si manifesta e si cela. Perciò, all’identificazione e alla proiezione, bisognaaggiungere il “riconoscimento”: l’altro da noi deve essere riconosciuto. SoltantoEros ci può guidare per questa strada ed insegnarci a riconoscere l’altro, chedeve essere percep<strong>it</strong>o o conosciuto in un abbandono senza smarrimento. L’altroda noi deve comunicarci qualcosa di sé, del suo presente e del suo passato, e noi,nel riconoscerlo, riconoscenti, ci abbandoniamo a lui, senza paura” (<strong>La</strong> via delriconoscimento, in “Psicoanalisi Contro”, n.18, dicembre 1985, p.1)4 Cesareo V., Rossi G., Boccacin L., Bramanti D., <strong>La</strong> Regione Lombardia e ilvolontariato. Nuovi bisogni, nuove forme emergenti, Rapporto di ricerca, Milano,19921142011 luglio-agosto


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icaalla cura; 4) orientamento al dovere. Sulla stessa linea, ElenaMarta ed Eugenia Scabini 5 giungono a precisare cinque profilidi volontari: a) espressivi, che agiscono in un’ottica di compensazionenarcisistica, con riferimento a motivazioni autocentrantie legate alla propria attiv<strong>it</strong>à lavorativa; b) autonormativi, checombinano l’orientamento al sé a una norma o a un valore(volontariato doveristico); c) compartecipi, cioè persone conalto tasso di identificazione empatica; d) proiettivi, dotati diun alto orientamento esterno, che tuttavia non riconoscono laparte del sé implicata nell’azione e rischiano di percepire leproprie necess<strong>it</strong>à come se fossero dell’altro; e) altruisti, checombinano il forte orientamento all’altro con un senso deldovere di tipo religioso. Mentre i compartecipi e i proiettivipongono la propria attiv<strong>it</strong>à al centro della loro esistenza esono soprattutto orientati all’altro, gli altruisti e gli autonormativivedono la propria attiv<strong>it</strong>à come componente esistenziale, madanno anche importanza a norme e valori. Invece gli espressivisentono l’attiv<strong>it</strong>à come elemento di transizione e sono soprattuttoorientati al sé.InsiemeL’impegno nel volontariato: le motivazioni dei migrantiIn mer<strong>it</strong>o alle motivazioni alla base della loro propensioneal volontariato, i migranti intervistati hanno esplic<strong>it</strong>ato ragioniannoverabili tra quelle “tradizionali” e comuni alle personeche svolgono tale attiv<strong>it</strong>à, cioè del tutto sovrapponibili ai profilimotivazionali dei volontari non migranti. Pare perciò leg<strong>it</strong>timoaffermare che la base motivazionale risulta trasversale allediverse culture.Considerazioni analoghe valgono per la motivazione chespinge a impegnarsi all’interno delle associazioni d’immigrati(su base etnica o nazionale). A propos<strong>it</strong>o di questa forma diassociazionismo, la letteratura descrive alcune caratteristiche,tra cui: l’aspetto strumentale, l’aspirazione al riconoscimento,il bisogno di rafforzare i legami tra i membri della comun<strong>it</strong>àimmigrata 6 . Si tratta di proprietà parimenti riscontrabili nel5 Giovani volontari. Impegnarsi, crescere e fare crescere, Giunti Ed<strong>it</strong>ore, Roma 20036 L’aspetto strumentale caratterizza la motivazione del volontario che si adopera nelfornire appoggio a coloro che condividono la sua appartenenza. L’aspirazione alriconoscimento spinge a svolgere azioni spontanee e gratu<strong>it</strong>e, finalizzate a promuoverel’immagine della propria comun<strong>it</strong>à e della propria cultura. Il bisogno di rafforzarei legami si riferisce all’impegno nella realizzazione dell’insieme di attiv<strong>it</strong>à culturali,ludiche e ricreative, attraverso cui si mantiene il contatto con la terra d’origine, siconserva il patrimonio di lingua, usi e costumi, si dà luogo a occasioni di incontroe di scambiolibertàcivili2011 luglio-agosto115


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icaInsiemeSul pianomentalel’attiv<strong>it</strong>àvolontariaè intesaallo stessomododa migranti enon migranti;per tuttila spintaad agireè orientataall’altro da sé,al comp<strong>it</strong>o,al dovereprofilo della spinta motivazionale dei volontari non migranti,ad esempio impegnati nelle Odv che favoriscono ciò che sipuò a buon dir<strong>it</strong>to definire l’empowerment degli associati,oppure nelle Odv orientate a promuovere il riconoscimento dialcune categorie di soggetti, nonché in quelle che offronooccasione di condivisione di interessi e amicizie.Il senso attribu<strong>it</strong>o all’esperienza volontaria è dunque ilmedesimo sia per i migranti sia per i non migranti: per tutti laspinta a impegnarsi nel volontariato è orientata all’altro e al sé,al comp<strong>it</strong>o e al dovere. Per tutti prende le forme dell’espressiv<strong>it</strong>à,della proiezione e dell’empatia compartecipe; sottende lasimpatia o, nondimeno, denuncia un mancato riconoscimento. Iltema della motivazione si può allora leggere alla luce dellespecific<strong>it</strong>à del soggetto che fa volontariato. Nel caso delmigrante, una specific<strong>it</strong>à 7 è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dalla sua storia dimigrazione, intesa nel senso di dislocazione ident<strong>it</strong>aria, contutti i risvolti psicologici che tale processo comporta. I migrantiintervistati hanno espresso – in maniera più o meno esplic<strong>it</strong>a econsapevole – le seguenti motivazioni al loro coinvolgimentoin attiv<strong>it</strong>à di volontariato:sul versante dell’altruismo empatico (descr<strong>it</strong>to da Batsone Shaw) è costante il riscontro di quella “simpatia” (nel significatoetimologico di “sentire insieme”, in cui Gindro individua ilpresupposto per il “riconoscimento” dell’altro) che rimandadirettamente al bisogno relazionale, essenziale e cost<strong>it</strong>utivosul versante dell’orientamento “al comp<strong>it</strong>o” (secondoBramanti e Cesareo) l’elemento centrale sembra connesso aldesiderio di “rest<strong>it</strong>uire” all’altro l’aiuto a propria volta ricevuto(l’aiuto che si è ricevuto in ragione della propria condizione diimmigrato)all’interno della tipologia dei “compartecipi” (secondo Martae Scabini) pare prevalere una dinamica psichica caratterizzatadall’identificazione con l’esperienza di sofferenza dell’altro –ovvero dall’identificazione proiettiva nella condizione di bisognoin cui l’altro è supposto versareancora all’interno della tipologia dei “compartecipi” (secondoMarta e Scabini) e ancora sul versante dell’orientamento al“comp<strong>it</strong>o” (secondo Bramanti e Cesareo) fa la sua comparsalibertàcivili7 Certamente, la spinta del migrante al volontariato poggia su dimensioni psicologicheche derivano dall’intreccio tra caratteristiche individuali e influenze dei sistemisocio-culturali di appartenenza (molti volontari immigrati hanno in realtà soltantoprosegu<strong>it</strong>o in Italia un’esperienza di volontariato già intrapresa nel Paese di origine)oltre che dalla storia personale, caratterizzata dalla migrazione1162011 luglio-agosto


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>ical’esigenza di partecipare al micro-contesto rappresentato dalmondo del volontariato, dopo aver sperimentato le difficoltàincontrate nel voler partecipare al macro-contesto della societàosp<strong>it</strong>e, talvolta percep<strong>it</strong>o ancora estraneo ed estraniantea metà strada tra l’orientamento al sé (secondo Bramanti eCesareo) e la tipologia “proiettiva” (descr<strong>it</strong>ta da Marta e Scabrini)appare altrettanto costante l’aspirazione a mostrare, attraversoil coinvolgimento in attiv<strong>it</strong>à di volontariato, che il migrante èpersona capace di fornire aiuto e non solo persona bisognosa diaiuto. Si tratta, in sostanza, di un’esigenza di riconoscimentoident<strong>it</strong>ario.Insieme<strong>La</strong> strettaconnessionedell’impegnonelleassociazionicon il temadella“rest<strong>it</strong>uzione”da partedel volontarioche sentedi avercontrattoun deb<strong>it</strong>omorale con chil’ha aiutatoIl frequente richiamo – nella narrazione dei migranti intervistati– al tema connesso alla “rest<strong>it</strong>uzione” rimanda alla questione del“deb<strong>it</strong>o” morale, contratto da chi è stato aiutato, nei confrontidi chi ha aiutato. Come diceva un’intervistata peruviana “èimportante non sentire il ricatto morale che spesso si puòsentire quando si viene aiutati”. In altri casi, il bisogno direst<strong>it</strong>uire rimanda al desiderio di “correggere” le forme diaiuto ricevute, che si r<strong>it</strong>iene siano state “difettose”: “ero moltogiovane quando sono arrivata, stavo dalle suore insieme a unamia amica che aveva un bambino molto piccolo. Ci aiutavano, èvero, ma in cambio chiedevano di dar loro una parte delnostro stipendio, quasi la metà … questo ci ha molto fer<strong>it</strong>e”.L’idea di “rest<strong>it</strong>uire per colmare un deb<strong>it</strong>o” nei confronti delPaese d’arrivo sembra prender piede e dar luogo all’azione(la scelta di fare volontariato) in genere quando il migrante sisente più stabilizzato: “mi sento molto integrata nella società<strong>it</strong>aliana, lo ero già prima di iniziare il volontariato, anzi, forse nonlo avrei fatto se non fossi stata già integrata”. Non si riscontratuttavia un rapporto lineare e unidirezionale tra propensione arest<strong>it</strong>uire – attraverso l’attiv<strong>it</strong>à di volontariato – e livello d’integrazione.Del resto, dal punto di vista dell’esperienza psicologica,è molto difficile dire cosa significhi integrazione ed è ancorpiù difficile quantificarla 8 . <strong>La</strong> questione del “deb<strong>it</strong>o” e della“rest<strong>it</strong>uzione” certamente si matura nel corso di una fase disedentarizzazione ma appare relativamente indipendente dalraggiungimento di un ipotetico livello d’integrazione. Essaparla piuttosto degli interrogativi che il migrante si pone intorno8 È più facile quantificare l’integrazione in base a parametri sociologici, relativi allacondizione occupazionale, ab<strong>it</strong>ativa e di redd<strong>it</strong>o, oppure al grado di accesso ai servizie ai dir<strong>it</strong>ti di c<strong>it</strong>tadinanza attivalibertàcivili2011 luglio-agosto117


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icaInsiemeal significato dell’appartenenza e dell’integrazione: “Secondome fai volontariato perché già ti senti parte …”. In manieraanaloga, una volontaria nigeriana racconta che “ad un certopunto ho avvert<strong>it</strong>o una spinta civica derivante da un amoreper questo Paese … è così che ho iniziato a fare volontariato”.Dice un altro volontario: “la cultura del volontariato non si puòtrasmettere, perché una cultura del volontariato … devi averladentro”.Volontariato dei migranti nelle associazioni d’immigratie nelle OdvNon v’è dubbio che, rispetto al tema dell’integrazione, lapartecipazione del migrante al mondo del volontariato, in sée per sé, rappresenta uno strumento d’integrazione (cioè unveicolo per approfondire gli scambi con la società in cui ilmigrante è “contenuto” e per approfondire il suo senso diappartenenza ad essa) e un indice d’integrazione (cioè un segnodi pos<strong>it</strong>ivo sviluppo dei percorsi d’integrazione).Ma quale ruolo giocano, ai fini dell’integrazione, ciascunodei due “modi” di fare volontariato? <strong>La</strong> letteratura sociologicaè generalmente orientata a r<strong>it</strong>enere che prestare lavoro volontarionelle Odv <strong>it</strong>aliane – siano esse più o meno impegnate aoccuparsi dei bisogni della popolazione immigrata – rappresentiil segno dell’avvento di una fase più avanzata e più maturadel processo d’integrazione. Secondo una sorta di logica“sequenzialista”: dapprima il migrante è più propenso a mil<strong>it</strong>arepresso le associazioni etniche o nazionali (di cui è spessomembro); in una fase successiva, segno di una migliore integrazione9 , il migrante s’impegna a far volontariato presso leOdv del Paese d’arrivo, soprattutto in quelle che si occupanodei bisogni della popolazione immigrata; in ultimo, il coinvolgimentodel migrante nel volontariato tout court (cioè all’internodelle Odv non specificamente “vocate” a fornire aiuto allapopolazione immigrata) cost<strong>it</strong>uisce l’indice di un percorsod’integrazione completo e coronato da successo.In questa prospettiva, la spinta motivazionale a impegnarsilibertàcivili9 Si r<strong>it</strong>iene che in questa fase il migrante abbia risolto i problemi connessi alprimo insediamento (problemi che cost<strong>it</strong>uivano anche una ragione in più per cercareappoggio nelle associazioni etniche o di connazionali) e abbia conquistato unastabil<strong>it</strong>à occupazionale, ab<strong>it</strong>ativa e di redd<strong>it</strong>o che, un<strong>it</strong>amente alla maggiore familiar<strong>it</strong>àcon i servizi e con le risorse disponibili nel contesto d’insediamento, gli consentel’accesso ai dir<strong>it</strong>ti di c<strong>it</strong>tadinanza attiva. Tutto ciò metterebbe il migrante – comein effetti in molti casi accade – nella condizione di poter pensare di dedicare partedel proprio tempo ad attiv<strong>it</strong>à di volontariato, anche all’interno delle Odv “autoctone”1182011 luglio-agosto


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icaOptareper l’attiv<strong>it</strong>àin una Odv<strong>it</strong>alianao in unaassociazionedi migrantirispecchiaun diversomododi pensarel’integrazione;nel primocaso prevalel’adesioneai valoridel contestoosp<strong>it</strong>e,nel secondola dimensionedello“scambio”all’interno delle associazioni etniche sarebbe tipica di una faseancora immatura, dal punto di vista delle prospettive d’integrazione.Scelta meno avanzata, sorta di momento di passaggioe destinata ad esser successivamente soppiantata, se cresce illivello d’integrazione, dalla scelta di far volontariato presso leOdv “autoctone”. I risultati delle interviste inducono a prenderele distanze da quest’interpretazione o, quanto meno, a sottoporlaa severa revisione cr<strong>it</strong>ica. Piuttosto che espressione di un“diverso grado” d’integrazione, l’optare verso l’una o l’altratipologia di organismi di volontariato (le Odv <strong>it</strong>aliane o le associazionidi immigrati) sembra porsi quale espressione di “diversimodi” di pensare l’integrazione, cioè di modi diversi per stabilirerelazioni col contesto osp<strong>it</strong>e da parte del migrante che fa volontariato.Entrambi i modi veicolano l’integrazione (a conferma chela scelta di fare volontariato indica comunque un’integrazionein corso) perché in entrambi i casi l’universo in cui si collocala decisione del migrante è l’integrazione: processo bidirezionaleattraverso il quale si realizza l’incontro, l’interazione pos<strong>it</strong>iva e loscambio tra migranti e contesto d’arrivo. Ciò che cambia èinvece la modal<strong>it</strong>à relazionale che il volontario migrante tenta diinstaurare con la società in cui è inser<strong>it</strong>o o in cui si va inserendo.Due stili attraverso i quali il “contenuto” costruisce un’interazionepos<strong>it</strong>iva e sostenibile nei confronti del “conten<strong>it</strong>ore” di cui staentrando a far parte.Nella narrazione di tutti gli intervistati prevalgono espressionilegate al tema del dono e della rest<strong>it</strong>uzione, nonché al tema dellagratificazione. Gratificazione derivante dall’impegno nel volontariato,che produce integrazione (dal punto di vista psicologico),determinando, per molti versi, una sorta di riappropriazionedella propria v<strong>it</strong>a. Dice una volontaria peruviana: “facendovolontariato ti accorgi di avere molte risorse e sviluppi anche nuovecapac<strong>it</strong>à, valorizzi la tua stessa v<strong>it</strong>a”. Una volontaria nigerianaafferma: “mi sento gratificata, ripagata da ogni sacrificio”.Tutti i migranti vogliono “dare” qualcosa: per grat<strong>it</strong>udine, persolidarietà verso coloro a cui si sentono più simili e sotto la spintadi tutto ciò che è stato già detto. Ma ciascuno “rest<strong>it</strong>uisce” asuo modo. Il migrante che fa volontariato nelle Odv <strong>it</strong>alianecolma un deb<strong>it</strong>o di riconoscenza, rest<strong>it</strong>uendo quel che ha trovatoe ricevuto nel Paese d’arrivo, quello che mil<strong>it</strong>a nelle associazionid’immigrati offre ciò che proviene dal suo Paese d’origine,quel che ha portato in prima persona o quel che altri possonoportare, anche grazie al suo aiuto (lingua, tradizioni e quant’altro).L’esigenza di mantenere un forte legame con l’ident<strong>it</strong>à d’originenon necessariamente si pone in ant<strong>it</strong>esi rispetto alle possibil<strong>it</strong>àInsiemelibertàcivili2011 luglio-agosto119


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icaInsiemedi integrarsi: “tra il desiderio di conservare le radici culturalidei Paesi di origine e il tentativo di creare contemporaneamentequalcosa di nuovo qui non c’è contraddizione, ma un percorsodi ricerca di senso”. Si può persino ipotizzare che i percorsid’integrazione dei volontari impegnati nell’associazionismoetnico siano più coerenti con una concezione effettivamente“bidirezionale” dell’integrazione, che si realizza nello scambio tral’autoctono e il “nuovo” arrivato: colui che rest<strong>it</strong>uisce qualcosache ha a che fare col luogo – e con lo spazio mentale – delleorigini, piuttosto che con quello di arrivo.Il migrante che opta per l’attiv<strong>it</strong>à di volontariato presso le Odv<strong>it</strong>aliane sembra interpretare in altro modo il tema del deb<strong>it</strong>o edella rest<strong>it</strong>uzione. Qui l’oggetto dello scambio e della rest<strong>it</strong>uzioneè ciò che si è ricevuto. <strong>La</strong> società d’arrivo ha aiutato il migrante,nella fase di prima accoglienza e in quella di progressivoinserimento. Molte volte, i tram<strong>it</strong>i e gli attori di quest’aiuto sonostate proprio le Odv <strong>it</strong>aliane 10 . E il migrante ripaga con lastessa moneta: la moneta che principalmente ha corso legalenel Paese osp<strong>it</strong>e, in accordo con una sorta di accettazione“adesiva”, invece che “trasformativa” o apportatrice di elementidi nov<strong>it</strong>à.In sintesi, la differenza sembra riferibile all’universo simbolicoin cui si colloca il dono. Nel caso dei migranti che fannovolontariato presso le Odv <strong>it</strong>aliane, il significato della rest<strong>it</strong>uzioneè connesso all’universo simbolico della società d’arrivo: l’attiv<strong>it</strong>àvolontaria è frutto di un’adesione a valori che il migrante hatrovato nel contesto osp<strong>it</strong>e e ha fatto propri, per r<strong>it</strong>rovare séstesso. In tal senso, quell’attiv<strong>it</strong>à è veicolo d’integrazione.Anche i migranti che fanno volontariato presso le associazionid’immigrati hanno bussato alle porte ma nella dimensionepsicologica di chi è venuto a portare, oltre che a chiedere. Ilsignificato della rest<strong>it</strong>uzione va rinvenuto nel rapporto tral’universo simbolico del Paese d’origine e quello del Paesed’arrivo. Anche per questa ragione non è facile da comprenderea prima vista. L’impegno nel volontariato rappresenta percostoro un dono agli ancestors e un tentativo di portare qualcosalibertàcivili10 In effetti, sin dagli esordi del fenomeno migratorio che ha interessato l’Italia,il volontariato e il Terzo settore sono stati tra i primi a occuparsi dei migranti,avendoli riconosciuti come destinatari di sostegno e di varie azioni, tra cui la forn<strong>it</strong>uradi servizi, anche per compensare i r<strong>it</strong>ardi delle risposte ist<strong>it</strong>uzionali, in mancanzadi un quadro normativo preciso in materia d’immigrazione. E la stessalegge quadro, promulgata sul finire degli anni Novanta del Novecento, ne ha esplic<strong>it</strong>amentericonosciuto il ruolo1202011 luglio-agosto


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icadell’universo simbolico delle origini nell’universo simbolico incui debbono e vogliono integrarsi. <strong>La</strong> scelta di dedicare ilproprio tempo all’associazionismo su base etnica o nazionaleparla della volontà di essere presenti e di preparare il terrenoalle generazioni successive. Nel voler esser presenti, essicercano lo scambio, vivono dello scambio e attraverso loscambio intendono integrarsi.InsiemeFiliazione, riconoscenza e riconoscimentoChi è il destinatario del dono? Detto in altri termini: con chisi è contratto un deb<strong>it</strong>o? Nel caso del migrante che fa volontariatopresso le Odv autoctone, palesemente si parla di undeb<strong>it</strong>o contratto nei confronti della società di “accoglienza”, onei confronti di alcuni suoi segmenti. Nel caso di coloro chescelgono di far volontariato presso le associazioni etniche, siè – o ci si sente – in deb<strong>it</strong>o nei confronti del Paese d’origine.<strong>La</strong> dimensione in gioco è ovviamente quella psicologica:un sentimento di riconoscenza. Dal punto di vista della psicologia“del profondo” – in arte: psicoanalisi – l’idea di riconoscenzarimanda a quella di filiazione – la propria – e alla percezionedi una presenza gen<strong>it</strong>oriale, rappresentata dalla societàd’accoglienza in un caso, dalla rete relazionale del Paesed’origine nell’altro. Nel primo caso: giunti fragili viandanti si èstati accolti in casa e fatti figli. Nell’altro caso: si è ricevutaun’invest<strong>it</strong>ura (un investimento anche economico) un<strong>it</strong>amenteall’incarico di andare in nome e per conto di… in quanto figlio.Secondo un approccio interpretativo old fashion 11 nelprimo caso vige l’impegno nella risoluzione della dinamicaedipica verso i gen<strong>it</strong>ori “adottivi”, nel secondo vige l’impegnonella risoluzione della dinamica edipica verso i gen<strong>it</strong>ori “biologici”.11 L’interpretazione in chiave edipica, di classica impostazione freudiana, è statautilizzata anche dai coniugi Grinberg, con riferimento alle dinamiche psichicheconnesse all’immigrazione (Grinberg L., Grinberg R., Psicoanalisi dell’emigrazionee dell’esilio, FrancoAngeli, Milano 1990, Madrid 1982). In particolare, questi autorihanno anche stabil<strong>it</strong>o una simil<strong>it</strong>udine tra adozione e integrazione: “Le espressioni‘terra d’adozione’ o ‘paese adottivo’ vengono usate con molta frequenza quandoci si riferisce a persone la cui v<strong>it</strong>a e le cui attiv<strong>it</strong>à si svolgono, o in forma temporaneao defin<strong>it</strong>iva, fuori del loro paese d’origine. All’epoca in cui le grandi masse migratoriesi trasferivano in nave, le persone con cui si stabiliva durante la traversata unrapporto di amicizia venivano chiamate ‘fratelli’ di viaggio; erano rapporti che sicercava di mantenere per ricostruire una ‘famiglia’ di fratelli nel nuovo paese e peravere dei connazionali che dessero la sensazione di rimanere un<strong>it</strong>i al mondo conosciutoe perso, e che allo stesso tempo servissero da ponte verso il nuovo. Tutto ciò èvincolato alla fantasia inconscia di stare affrontando una nuova nasc<strong>it</strong>a, per la qualeè importante contare sull’appoggio (holding) del nuovo ambiente circostante, di nuovi‘gen<strong>it</strong>ori’ che ricevano il soggetto e lo accettino” (p.199)libertàcivili2011 luglio-agosto121


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icaInsiemelibertàciviliIl confrontocon ladimensione“gen<strong>it</strong>oriale”,rappresentatadalla societàd’accoglienzao dai proprigen<strong>it</strong>orinaturali;in entrambii casil’impegnovolontariorisolveuna dinamicaedipicaA complicare le cose: nel primo caso i gen<strong>it</strong>ori sono presenti,nel secondo sono lontani.Quanti sono impegnati nel risolvere il loro confl<strong>it</strong>to edipicocon i gen<strong>it</strong>ori biologici hanno un comp<strong>it</strong>o preciso: riuscire nellasocietà d’arrivo e portare a termine il mandato che è stato loroassegnato. Dimostrare che quell’investimento iniziale non èstato un errore ma sarà un successo. Anche per questo motivo,l’impegno nell’associazionismo etnico è un lavoro che va nelladirezione di dar corpo e sostanza al proprio tentativo d’integrazionee di aver successo nella società osp<strong>it</strong>e. Chi è impegnatonell’Edipo con i gen<strong>it</strong>ori adottivi sente il deb<strong>it</strong>o di riconoscenzain modo molto più pressante di quanto non avverta l’esigenzadi avere successo: gran parte dei suoi bisogni (in termini diriconoscimento e accoglienza) sono stati placati. Costoro sisentono più “arrivati”, ovviamente in molti sensi. Anche nel sensodi sentire di aver raggiunto una meta sociale, oltre che geografica.Non sorprende che quanti mil<strong>it</strong>ano nell’associazionismo etnicomostrino un’indipendenza psicologica nei confronti delle figureparentali, ovvero nei confronti dell’autor<strong>it</strong>à dei Paesi d’arrivo.Costoro appaiono meno inib<strong>it</strong>i nella possibil<strong>it</strong>à di un confronto –anche dialettico e confl<strong>it</strong>tuale – con la società che li accoglie.<strong>La</strong> rivendicazione ident<strong>it</strong>aria, connaturata alla scelta di farevolontariato in un’associazione etnica, implica un confrontotra adulti, in cui la richiesta sostanziale è quella del riconoscimento.Nel caso di chi lavora nelle Odv, la rivendicazioneident<strong>it</strong>aria è invece di tipo sostanzialmente “assimilazionista”:nasce dal desiderio di esser parte della famiglia, cercando laconferma di un processo di accettazione e inclusione, peraltrogià avvenuto. Per costoro, infatti, l’esigenza e la richiesta diriconoscimento ident<strong>it</strong>ario appaiono meno pressanti. Cosìcome più debole appare la capac<strong>it</strong>à di sostenere il confl<strong>it</strong>to.Proprio perché l’accettazione da parte della società osp<strong>it</strong>e èil presupposto dell’agire e quest’accettazione non si può metterein discussione, se non a costo di sofferenza psichica.L’accettazione, nel caso di coloro che operano nell’associazionismoetnico, proprio perché sempre ricercata e non giàdata per scontata, può anche esser messa in dubbio. Comedire che il dubbio in mer<strong>it</strong>o all’accettazione per costoro non èforte motivo di sofferenza psicologica.Ancora: se nel caso dei migranti attivi nelle associazionietniche è centrale – sul piano mentale – il tema del riconoscimento,nel caso dei migranti che fanno volontariato all’internodelle Odv è centrale il tema dell’identificazione (l’identificazione,adesiva, con i modelli proposti dal contesto osp<strong>it</strong>e). Tutto ciò1222011 luglio-agosto


Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>icapuò rendere più chiare le strategie che i percorsi d’inserimentosociale (nelle forme di partecipazione al volontariatoprese in esame) sembrano richiedere di attivare. Nel caso deimigranti che mil<strong>it</strong>ano nelle associazioni etniche, la questionedell’integrazione appare proiettata all’esterno, condivisa inuna logica di gruppo, elaborata congiuntamente con altri, in unadimensione più collettiva che individuale. Nel caso dei migrantiche fanno volontariato nelle Odv, la questione dell’integrazione èaffrontata in termini di esperienza interiore, appartiene alla sferadell’intimo, dell’individuale più che del sociale. Vengono proiettativerso il mondo esterno principalmente i temi relativi al disagioe alla solidarietà, che debbono essere tradotti in azioni dasvolgere in comune con la società osp<strong>it</strong>e. A volte si sceglie dilavorare – come volontari – in settori che non hanno direttamentea che fare con i bisogni della popolazione immigrata, quasi avoler allontanare l’esperienza migratoria.Le interviste non hanno consent<strong>it</strong>o di esplorare adeguatamentecome il tutto riverberi all’interno delle strutture familiari, inparticolare all’interno delle seconde generazioni. Si può tuttaviaparlare di una sorta di conferma dell’ipotesi di Arnold Epstein 12 ,ancorché riformulata. Nel caso della partecipazione alle associazionietniche, per quanto esplic<strong>it</strong>amente impegnate nellarisoluzione di una loro ricerca ident<strong>it</strong>aria, le seconde generazionisi trovano, in parte, il lavoro già fatto. Sono più emancipatedall’urgenza di scegliere e possono avvalersi anche delle stradeaperte dalla generazione precedente, nonché delle soluzioniche essa ha individuato. Nel caso del coinvolgimento nelleOdv, permane invece un confl<strong>it</strong>to in parte inespresso e noncompletamente affrontato sul piano sociale (come si diceva,ha qui prevalso la dimensione personale e intimistica) cheprobabilmente viene lasciato in ered<strong>it</strong>à alle seconde generazioni.In accordo con Epstein, la questione dell’integrazione non sirisolve nell’arco di una sola generazione e il modo in cui essaviene affrontata dalla prima generazione influenza significativamenteil percorso delle generazioni successive.Insieme12 Nel terzo dei suoi celebri studi sull’ident<strong>it</strong>à (L’ident<strong>it</strong>à etnica. Tre studi sull’etnic<strong>it</strong>à,Loescher Ed<strong>it</strong>ore, Torino 1983, Londra 1978) int<strong>it</strong>olato Identificazione con i nonnie ident<strong>it</strong>à etnica, Epstein pone l’accento sulla dimensione temporale dei processid’integrazione, necessaria a fornire i legami tra le generazioni e tra passato e presentelibertàcivili2011 luglio-agosto123


Oltre la pauraLe trappole amministrativenel rinnovo dei permessidi soggiornoper motivi di studio<strong>La</strong> storia esemplare di Berna, dottoranda turca.<strong>La</strong> ricerca di un equilibrio fra esigenze di sicurezzae necess<strong>it</strong>à di snellire le procedureper una categoria di immigrati essenzialenello sviluppo del nostro Paesedi Alessia Damonte e Berna Yilmaz 1Univers<strong>it</strong>à Statale di MilanoPer i c<strong>it</strong>tadini dei Paesi noncomun<strong>it</strong>ari gli adempimentiamministrativi risultano di fattopiù pesanti, soprattutto per unproblema legato alla scarsao nulla conoscenza dell’<strong>it</strong>alianoBerna è una dottoranda in scienze pol<strong>it</strong>iche dell’Univers<strong>it</strong>àdegli Studi di Milano. Viene dalla Turchia. Ha un master in Relazioniinternazionali dell’Univers<strong>it</strong>à Bilkent – l’ateneo privato ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>oad Ankara nel 1984 sul modello delle univers<strong>it</strong>à americane,con una reputazione regionale di eccellenza. Quando ha inviatola sua candidatura al dottorato, nel 2007, le lettere di presentazionedei suoi docenti la posizionavanonel “top 1%” degli studenti locali. Parla unottimo inglese – requis<strong>it</strong>o fondamentale in undottorato che condivide fortemente gli obiettiviministeriali dell’internazionalizzazione, eche perciò ha deciso di impartire tutta ladidattica in lingua. Appena arrivata, nonconosceva una sola parola di <strong>it</strong>aliano, nétantomeno le “regole del gioco” del contestoin cui si sarebbe r<strong>it</strong>rovata, né qualcunoche potesse spiegargliele. Molto presto si è resa conto che questorappresentava un problema nei rapporti con le burocrazie –una sfera fondamentale per chiunque, ma specialmente per unostraniero. Per i c<strong>it</strong>tadini dei Paesi non comun<strong>it</strong>ari, infatti, gliadempimenti amministrativi, che già appaiono onerosi ai nazionali,risultano di fatto più pesanti.libertàcivili1 Il presente lavoro riflette soltanto le opinioni degli autori e non implica necessariamentela condivisione con la loro ist<strong>it</strong>uzione di appartenenza1242011 luglio-agosto


Permessi di soggiorno per studio: le trappole della burocraziaI tempi d’attesa per le varie fasidella procedura di rinnovosi dilatano ben oltre quelliprevisti dalla legge, specie ingrandi c<strong>it</strong>tà come Milano dovele domande sono numeroseCome i nazionali, Berna subisce i tempi di risposta dellaburocrazia <strong>it</strong>aliana, e le relative conseguenze.In quanto studente, la legislazione le fa obbligo di rinnovareil suo permesso di soggiorno ogni anno; ma quella stessalegge prescrive che, in presenza dei requis<strong>it</strong>i, il permesso “èrilasciato, rinnovato o convert<strong>it</strong>o entro 20 giorni dalla data incui è stata presentata la domanda” 2 . Sulla base della suaesperienza, però, in una realtà amministrativa congestionatacome quella di Milano, dall’invio del “k<strong>it</strong> giallo” al rilascio delpermesso da parte della questura possono passare dai due aisette mesi 3 ; e non è possibile anticipare le pratiche, perchéper la conferma del permesso servono innanzi tutto i certificatidi ammissione all’anno accademico successivo rilasciatidall’Ateneo.Il collo di bottiglia risulta particolarmente visibile al momentodella convocazione in questura per il fotosegnalamento e ilcontrollo di conform<strong>it</strong>à dei documenti, che va ripetuta a ognirinnovo del permesso. Secondo Berna, qui <strong>it</strong>empi di attesa, stabil<strong>it</strong>i automaticamentedal sistema di Agenda elettronica introdottodal 2008 4 , per Milano possono arrivare finoa cinque mesi, a seconda del numero didomande da evadere al momento, dal livellodi decentramento delle pratiche ai commissariati,dal personale assegnato alla gestionedelle pratiche (quindi sottratto ad altre prior<strong>it</strong>à).L’effetto complessivo è quello di una profondaincertezza nei tempi del rinnovo. <strong>La</strong> possibil<strong>it</strong>à di tracciare laprocedura attraverso il “Portale immigrazione” non aiuta a ridurrei tempi, perché anche se al sistema la pratica può apparirevirtualmente chiusa, in realtà il permesso può non essereancora pronto per la consegna da parte dell’ufficio.Per un dottorando questa incertezza ha conseguenzeimportanti. Una volta scaduto il permesso, infatti, lo studenteresta, come tutti gli immigrati, in possesso di una ricevuta cheOltre la paura2 Legge 6 marzo 1998, n.40, art.5, modificato dalla Legge 30 luglio 2002, n.1893 Ma lo stesso ministero dell’Interno, nella Direttiva Prot. N. 1050/M(8) riconoscecome fenomeno generale che “l’oggettiva maggiore compless<strong>it</strong>à delle proceduredi rinnovo del permesso di soggiorno, determinata dalla legge n.189 del 2002e dagli altri interventi normativi di settore, ha comportato, di fatto, l’impossibil<strong>it</strong>à,per gli uffici, di rispettare il termine di 20 giorni per la conclusione del procedimentodi rinnovo”4 Circolare prot. n.1698 del 10 aprile 2008libertàcivili2011 luglio-agosto125


Permessi di soggiorno per studio: le trappole della burocraziaOltre la pauraattesta che il rinnovo è in corso, e che nelle more gli permettedi muoversi solamente tra il Paese di provenienza e quello diaccoglienza attraverso lo stesso valico di frontiera usato peril primo ingresso 5 . Quindi, fino al rilascio del nuovo permesso,gli è sostanzialmente preclusa la possibil<strong>it</strong>à di presentare isuoi lavori a convegni fuori da questi due Paesi. L’incertezzadei tempi rende difficile a questo studente programmare, oespletare, una delle attiv<strong>it</strong>à tra le più significative della suaformazione, quella del confronto e dello scambio entro lacomun<strong>it</strong>à scientifica internazionale.Problemi ci sono anche nellainterazione con il personaledelle amministrazionie nella modulistica, quasi maiprodotta in una linguacomprensibile all’immigratoA differenza dei nazionali, però, all’inizio Berna ha scontatoanche la scarsa conoscenza dell’<strong>it</strong>aliano. Nella sua esperienza,questo problema emerge in due modi. Da un lato, nell’interazionediretta con il personale delle amministrazioni: agli sportellidella questura, negli uffici postali, nel back office dell’univers<strong>it</strong>à,la conoscenza delle lingue straniere appare spesso ancoraun’eccezione, e farsi comprendere una questionecomplicata. Dall’altro lato, il problemasi fa sentire nella gestione della modulistica.Nella legislazione, dal 1986 vige inalterata laprevisione secondo cui “gli atti sono tradotti,anche sinteticamente, in una lingua comprensibileal destinatario, ovvero, quando ciò nonsia possibile, nelle lingue francese, ingleseo spagnola, con preferenza per quella indicatadall’interessato” 6 .Questa previsione, nella pratica delle amministrazioni,sembra implicare che solo la comunicazione riguardo agli atti,e non gli atti stessi, debbano essere prodotti in una linguacomprensibile a questa speciale categoria di utenti. CosìBerna non ricorda di aver mai avuto un modulo per la richiestadi visto o per il suo rinnovo che non fosse in <strong>it</strong>aliano. Una voltaimparato l’<strong>it</strong>aliano, ha inoltre realizzato con qualche stuporeche la lingua della modulistica resta comunque poco comprensibile,e l’autocompilazione a rischio di errore.Come tutti gli altri immigrati, anche lei dipende quindi dallamediazione di chi abbia competenze in materia. Al momentolibertàcivili5 Ministero dell’Interno, Circolari N400/C/2006/779/P/12.214.32/II e N400/C/2006/400272/P/12.214.3.2/II6 Legge 6 marzo 1998, n.40, art. 2; Legge 30 dicembre 1986, n. 943, art.11262011 luglio-agosto


Permessi di soggiorno per studio: le trappole della burocraziaBasta un piccolo errorenel completamento dei moduli,anche non dipendentedalla volontà del richiedente,per bloccare la procedurae far ricominciare l’<strong>it</strong>er da capodel suo ingresso, il supporto è stato forn<strong>it</strong>o direttamente dagliuffici amministrativi dell’univers<strong>it</strong>à; ma, dopo l’ottenimento delprimo permesso, Berna ha realizzato come quel supporto nonpotesse essere continuativo. Per quanto disponibile, l’ufficio,oggi composto da cinque collaboratori e una dirigente,appartiene infatti alle strutture centrali di Ateneo e serve tuttele facoltà; inoltre è t<strong>it</strong>olare di una missione più ampia e glistudenti stranieri rappresentano solo una parte delle suecompetenze ordinarie 7 .Per i rinnovi, Berna ha deciso di affidarsi quindi al supportodegli sportelli dedicati negli uffici postali. Questa soluzione perònon si è rivelata a prova di errore. In due rinnovisu tre, una volta arrivata all’appuntamentoin questura ha scoperto che la pratica erastata “bloccata” dal sistema informatizzato:una volta per l’assenza della prova di assicurazionesan<strong>it</strong>aria, che allo sportello dellePoste avevano garant<strong>it</strong>o non sarebbe serv<strong>it</strong>a;una seconda volta per la mancanza di un datochiave (la data di primo ingresso in Italia)nel modulo stesso, di cui nessuna amministrazionesi è assunta la responsabil<strong>it</strong>à. Questi errori di compilazioneo di completamento della modulistica rappresentano momentidi autentico sconforto, perché non sembra possibile venganorisolti nel momento in cui vengono scoperti. Per “sbloccare lapratica” le è stato detto che era necessario ricominciare da capoe ottenere un nuovo appuntamento in questura, passando ancoraper i tempi dell’Agenda elettronica e aumentando così l’effettodi incertezza.Oltre la pauraCome c<strong>it</strong>tadina extra-UE, infine, Berna va soggetta moltopiù degli <strong>it</strong>aliani a quella “cultura del sospetto” che ha semprerappresentato la cifra della nostra come di altre amministrazioni7 L’Ufficio “Dottorati, master, corsi di perfezionamento e studenti stranieri” … sioccupa principalmente della gestione amministrativa delle più comuni praticherelative ai diversi momenti dell’iscrizione: dall’ammissione ai concorsi all’esamefinale, dall'immatricolazione all’allestimento delle pratiche per lo svolgimento diperiodi di ricerca all’Estero o per l’interruzione temporanea o defin<strong>it</strong>iva del corso.L’Ufficio fornisce informazioni relativamente alle scadenze e ai vari adempimentiamministrativi; distribuisce moduli e fac-simili per la produzione delle varie istanzee il disbrigo delle pratiche amministrative a carico dei dottorandi e dei docenti,coordinatori e membri di commissione d’esame; emette i certificati e le attestazionirelative alla carriera dei dottorandi; cura l’espletamento delle pratiche per il rilasciodel t<strong>it</strong>olo; si occupa dell'aggiornamento delle pagine web dedicate ai dottoratidi ricerca.” http://www.unimi.<strong>it</strong>/ricerca/dottorati/2324.htmlibertàcivili2011 luglio-agosto127


Permessi di soggiorno per studio: le trappole della burocraziaOltre la paurapubbliche nazionali, e che anni di interventi semplificativi edi dig<strong>it</strong>alizzazione sono probabilmente riusc<strong>it</strong>i a trasformarein “cultura del servizio” in diverse amministrazioni ordinarie e inmolte realtà locali (Barabeschi 2006, Cerase 1990, Caringella/Garofoli/Sempreviva 2010) ma, per ragioni strutturali, non in quellelegate alla sicurezza pubblica, dove – non solo in Italia – si èfatta più visibile la tensione tra rispetto dei dir<strong>it</strong>ti civili e obiettividi controllo (Balzaq e Carrera 2006, Palidda 2000, der Boer1995). Per impedire comportamenti opportunistici se noncriminali, la regolazione è diventata sempre più preventiva,spostando l’onere della prova su chi entra. A fare problema,agli occhi di Berna, non è il principio, ormai diffuso e la cuirazional<strong>it</strong>à appare comprensibile; piuttosto, è il modo in cui vienetradotto in pratica.In alcuni casi, il nodo risiede nel tipo di prova che vienerichiesta. L’iscrizione al dottorato avviene “senza lim<strong>it</strong>azioni di etàe c<strong>it</strong>tadinanza”, ma è subordinata al conseguimento di “laureao di analogo t<strong>it</strong>olo accademico… estero” 8 . In Italia come altrove,in materia di riconoscimento vale però ancora quanto previstodal Regio decreto del 1933: i t<strong>it</strong>oli accademici consegu<strong>it</strong>i all’esteronon hanno valore legale in Italia, al di fuori di specifici accordibilaterali – che, tra Italia e Turchia, ad oggi non esistono. Perciòsono i singoli atenei a stabilire l’equivalenza dei t<strong>it</strong>oli, sullabase di diversi documenti decisi dal ministero dell’Univers<strong>it</strong>àin conform<strong>it</strong>à con quanto prescr<strong>it</strong>to a livello europeo nella cornicedel Processo di Bologna per il Diploma Supplement, tra cui ilcertificato con il dettaglio dei corsi segu<strong>it</strong>i e degli esami sostenutiall’estero per conseguire il t<strong>it</strong>olo accademico straniero 9 , finoal livello dei moduli o delle un<strong>it</strong>à interni al corso, con i relativi8 Decreto del 30 aprile 1999 n. 224, art.5 co.1libertàcivili9 Oltre questo certificato e alla sua traduzione giurata in <strong>it</strong>aliano, in Italia la valutazionedi equipollenza chiede al richiedente di produrre anche: “(a) originale del t<strong>it</strong>olo finaledi scuola secondaria superiore (o certificato sost<strong>it</strong>utivo), che sia valido per l’ammissioneall’univers<strong>it</strong>à del Paese in cui esso è stato consegu<strong>it</strong>o; (b) traduzione ufficiale in <strong>it</strong>alianodel certificato o diploma di cui alla lettera a); (c) dichiarazione di valore sullo stesso t<strong>it</strong>olodi cui alla lettera a), rilasciata dalla Rappresentanza Diplomatica o Consolare <strong>it</strong>aliananel Paese al cui ordinamento didattico si riferisce il t<strong>it</strong>olo stesso; (d) t<strong>it</strong>olo accademico –in originale – di cui si richiede il riconoscimento, anch’esso accompagnato dallatraduzione ufficiale in <strong>it</strong>aliano e da dichiarazione di valore, rilasciata dalla RappresentanzaDiplomatica o Consolare <strong>it</strong>aliana nel Paese al cui ordinamento univers<strong>it</strong>ario il t<strong>it</strong>olofa riferimento; […] (g) programmi di studio (su carta intestata dell’univers<strong>it</strong>à straniera oavvalorati con timbro della univers<strong>it</strong>à stessa),di tutte le discipline incluse nel curriculumstraniero, con relativa traduzione in <strong>it</strong>aliano; l’autentic<strong>it</strong>à di tali programmi, comepure di tutta la documentazione precedente deve essere confermata dalla RappresentanzaDiplomatica o Consolare <strong>it</strong>aliana in loco. http://www.miur.<strong>it</strong>/0002Univer/0052Cooper/0069T<strong>it</strong>oli/0359Il_ric/0361Docume/1482Equipo_cf2.htm; http://www.esteri.<strong>it</strong>/MAE/IT/Ministero/Servizi/Sportello_Info/DomandeFrequenti/ScuoleT<strong>it</strong>oliStudio1282011 luglio-agosto


Permessi di soggiorno per studio: le trappole della burocraziaAgli studenti dei cicli di altaformazione si applicanocategorie secur<strong>it</strong>arie pocoidonee a una fasciadi stranieri consideratacruciale per il nostro Paesecred<strong>it</strong>i e, nel caso, i voti consegu<strong>it</strong>i . Ma mentre il sistemaeuropeo specifica che l’official transcript va inser<strong>it</strong>o se l’informazioneè disponibile 10 , per la procedura <strong>it</strong>aliana il certificatooriginale dettagliato è l’unico documento plausibile previsto –anche quando, come nel caso di Berna, la sua univers<strong>it</strong>à diprovenienza si è adeguata ai cr<strong>it</strong>eri di Bologna solo negli ultimianni, e il principio domestico consolidato rende accessibili leprove intermedie di es<strong>it</strong>o dei singoli moduli, depos<strong>it</strong>ate negliarchivi dell’univers<strong>it</strong>à, solamente dietro richiesta di un tribunale 11 .In altri casi, il punto consiste nella ridondanza delle proverichieste, come la raccolta degli stessi dati biometrici effettuata aogni rinnovo del permesso di soggiorno.In altri casi ancora, il nodo risiede nellarelativa instabil<strong>it</strong>à dei modi in cui le proverichieste per la concessione del permesso oper il suo rinnovo debbono essere prodotte:così, in un dato anno, per la prova dei mezzidi sostentamento può bastare la fotocopiadella carta di cred<strong>it</strong>o, mentre per l’annosuccessivo può invece essere necessarioprodurre un estratto dei movimenti del proprioconto corrente bancario. All’incertezza dei tempi si sommaquindi anche quella delle regole del gioco, rendendo i rinnoviun’autentica prova di volontà.Oltre la pauraBerna rappresenta parte di un fenomeno numericamentemarginale per la nostra realtà, quello degli studenti nei cicli di altaformazione. In Italia, i dottorandi stranieri sono relativamentepochi: secondo la rilevazione del ministero dell’IstruzioneUnivers<strong>it</strong>à e Ricerca 12 ammontano complessivamente a pocomeno di 3.300, e cost<strong>it</strong>uiscono l’8,7% degli oltre 37mila studentiiscr<strong>it</strong>ti ai diversi anni. Non c’è da stupirsi che la normativa,semplicemente, “non li veda”, riconducendoli più o menoforzatamente alle categorie più ampie soggette a controllo –stranieri iscr<strong>it</strong>ti ai trienni e bienni, stranieri extraeuropei tout-court.In quanto tale, a Berna e ai suoi colleghi si applicano innanz<strong>it</strong>utto le categorie secur<strong>it</strong>arie, accentuate da comportamenti10 http://ec.europa.eu/education/lifelong-learning-policy/doc/ds/ds_en.pdf al punto 4.311 Nelle more, l’Ateneo in questo caso ha poi deciso di riconoscere il t<strong>it</strong>olo sullabase della dichiarazione di valore rilasciata dall’Ambasciata <strong>it</strong>aliana12 Ufficio di Statistica del MIUR, Rilevazione del post-laurea 2009-2010, Modello 26,http://statistica.miur.<strong>it</strong>/scripts/plol_10_pub/modulo1.asplibertàcivili2011 luglio-agosto129


Permessi di soggiorno per studio: le trappole della burocraziaOltre la pauraorganizzativi che, per competenze ered<strong>it</strong>ate o per disegno, dalmomento dell’ingresso in poi mettono ogni anno alla prova lasolid<strong>it</strong>à delle loro intenzioni.Ma la macchia cieca proiettata dalla normativa, e i comportamentidelle amministrazioni nazionali, così facendo mettono sottopressione una categoria di stranieri particolarmente cruciale. S<strong>it</strong>ratta di giovani che hanno costru<strong>it</strong>o il proprio progetto migratorioattorno alla fiducia nella capac<strong>it</strong>à delle ist<strong>it</strong>uzioni formative<strong>it</strong>aliane di sviluppare le loro personali conoscenze e competenze,e che contribuiranno a costruire il cap<strong>it</strong>ale futuro di reputazionee relazioni. Più banalmente, a livello aggregato, definiscono il pesodi un indicatore sempre più rilevante nella valutazione internazionaledella qual<strong>it</strong>à dei sistemi educativi di alta formazione, e perestensione della compet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à di un Paese (Ederer, P., P. Schuller eS. Willms 2008). Anche senza dover ricorrere alle sol<strong>it</strong>e comparazioninon particolarmente lusinghiere con quei sistemieducativi, anche europei, che hanno deliberatamente costru<strong>it</strong>oun mercato dell’educazione superiore aperto e ricco di servizisenza per questo tradire il paradigma secur<strong>it</strong>ario, è sufficienteosservare come, a livello interno, in sé la capac<strong>it</strong>à di attrazionedi studenti stranieri dia forma a una geografia accademicareputazionale, dei programmi di insegnamento più legatialla ricerca, ma anche dell’ampiezza dell’offerta formativa,dell’imprend<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à e dell’apertura degli atenei (tabella1).Tabella 1. Studenti di dottorato per ateneo: statisticheAteneinr.dottorat<strong>it</strong>ot.studentinr.studentistranieri%stranierisu totaleiscr<strong>it</strong>tinr.studentiperdottoratonr.stranieriperdottoratolibertàciviliLU Bolzano 2 53 25 47,2 26,5 12,5U CommercialeBocconi Milano 7 137 48 35 19,6 6,9Pol<strong>it</strong>ecnico Torino 40 745 197 26,4 18,6 4,9UdS Torino 26 1.302 117 9 50,1 4,5Pol<strong>it</strong>ecnico Milano 42 914 182 19,9 21,8 4,3UdS Camerino 14 187 50 26,7 13,4 3,6UdS Trento 49 539 161 29,9 11 3,3LU San Raffaele Milano 6 191 18 9,4 31,8 3U per stranieri Siena 2 29 6 20,7 14,5 3UdS Ca’ Foscari Venezia 21 376 57 15,2 17,9 2,7UdS Ferrara 24 356 53 14,9 14,8 2,2LU Jean Monnet 2 35 4 11,4 17,5 21302011 luglio-agosto


Permessi di soggiorno per studio: le trappole della burocraziaAteneinr.dottorat<strong>it</strong>ot.studentinr.studentistranieri%stranierisu totaleiscr<strong>it</strong>tinr.studentiperdottoratonr.stranieriperdottoratoUdS Roma Tor Vergata 102 1.429 200 14 14 2UdS Milano 92 1.462 166 11,4 15,9 1,8UdS Udine 20 462 30 6,5 23,1 1,5UdS Roma Tre 41 622 59 9,5 15,2 1,4LU ISS Guido Carli Roma 15 166 19 11,4 11,1 1,3UdS Bologna 170 1.750 222 12,7 10,3 1,3UdS Roma <strong>La</strong> Sapienza 219 2.963 287 9,7 13,5 1,3UdS Roma “Foro Italico” 6 51 7 13,7 8,5 1,2UdS Genova 118 1.025 138 13,5 8,7 1,2UdS Verona 49 607 57 9,4 12,4 1,2Media Nazionale 8,7 11,2 1,2UdS Basilicata 18 186 20 10,8 10,3 1,1UdS Siena 90 938 99 10,6 10,4 1,1UdS Tuscia 21 298 22 7,4 14,2 1UdS Bergamo 17 250 17 6,8 14,7 1U per stranieri Perugia 3 15 3 20 5 1UdS Pavia 52 641 49 7,6 12,3 0,9U Pol<strong>it</strong>ecnica Marche 47 432 40 9,3 9,2 0,9UdS Trieste 62 374 47 12,6 6 0,8LUdS San Pio V Roma 3 8 2 25 2,7 0,7UdS Cagliari 46 431 33 7,7 9,4 0,7UdS Firenze 110 1.293 74 5,7 11,8 0,7UdS Milano-Bicocca 41 611 30 4,9 14,9 0,7UdS Pisa 135 932 98 10,5 6,9 0,7UdS Salerno 44 544 29 5,3 12,4 0,7UdS Sassari 32 355 21 5,9 11,1 0,7U Calabria 45 444 32 7,2 9,9 0,7UdS Sannio 5 158 3 1,9 31,6 0,6UdS Insubria 26 226 15 6,6 8,7 0,6UdS Padova 155 1.507 92 6,1 9,7 0,6Pol<strong>it</strong>ecnico Bari 17 200 8 4 11,8 0,5U Cattolica “Sacro Cuore” 100 675 46 6,8 6,8 0,5UdS Bari 105 1.058 56 5,3 10,1 0,5UdS Napoli Federico II 122 1.612 67 4,2 13,2 0,5UdS Orientale Napoli 22 171 10 5,8 7,8 0,5U Salento 60 609 27 4,4 10,2 0,5UdS Piemonte orientale 12 170 5 2,9 14,2 0,4UdS Macerata 48 257 19 7,4 5,4 0,4UdS Napoli Parthenope 14 136 6 4,4 9,7 0,4UdS Reggio Calabria 30 243 13 5,3 8,1 0,4Oltre la pauralibertàcivili2011 luglio-agosto131


Permessi di soggiorno per studio: le trappole della burocraziaOltre la pauraAteneinr.dottorat<strong>it</strong>ot.studentinr.studentistranieri%stranierisu totaleiscr<strong>it</strong>tinr.studentiperdottoratonr.stranieriperdottoratoU Campus Bio-MedicoRoma 9 73 3 4,1 8,1 0,3UdS Brescia 25 186 8 4,3 7,4 0,3UdS Modenae Reggio Emilia 139 450 36 8 3,2 0,3Seconda UdS Napoli 102 534 22 4,1 5,2 0,2UdS Carlo Bo Urbino 27 230 6 2,6 8,5 0,2UdS Cassino 29 147 6 4,1 5,1 0,2UdS Catania 121 946 28 3 7,8 0,2UdS l'Aquila 32 301 5 1,7 9,4 0,2UdS Parma 62 475 13 2,7 7,7 0,2UdS Perugia 106 551 25 4,5 5,2 0,2IU Suor Orsola BenincasaNapoli 18 55 2 3,6 3,1 0,1UdS Catanzaro 14 150 2 1,3 10,7 0,1UdS Foggia 31 149 4 2,7 4,8 0,1UdS Messina 163 1.237 23 1,9 7,6 0,1UdS Palermo 147 764 14 1,8 5,2 0,1UdS Teramo 25 126 2 1,6 5 0,1UdS Chieti e Pescara 110 467 9 1,9 4,2 0,1UdS Molise 22 91 1 1,1 4,1 0Legenda: IU = Ist<strong>it</strong>uto Univers<strong>it</strong>ario; LU = Libera Univers<strong>it</strong>à; U = Univers<strong>it</strong>à; UdS = Univers<strong>it</strong>à degli StudiNota: sono esclusi dal computo gli ist<strong>it</strong>uti parificati ai dottorati, come il SUM o l’IMT, e gli atenei senza stranieri iscr<strong>it</strong>tiFonte: elaborazione dati MIUR, rilevazione del post laurea per l’AA 2009/2010, Modello 26,http://statistica.miur.<strong>it</strong>/scripts/plol_10_pub/modulo1.asplibertàcivili1322011 luglio-agosto


Permessi di soggiorno per studio: le trappole della burocraziaNon sappiamo se, in tempi di auster<strong>it</strong>à, sia davvero possibilemodificare i comportamenti organizzativi delle amministrazioniattualmente coinvolte nella gestione della procedura per il rilasciodei permessi di soggiorno, o le competenze e dotazioniamministrative degli atenei. Resta forse possibile immaginareuna procedura meno onerosa e ridondante, che continui a faresalvo l’obiettivo della sicurezza interna senza minare le motivazionidi progetti migratori leg<strong>it</strong>timi quanto strategici per lo sviluppo.libertàciviliOltre la pauraRiferimentiBalzacq, T. e S. Carrera (2006), Secur<strong>it</strong>y versus Freedom?A Challenge for Europe’s Future, Londra, Ashgate.Barabeschi, B. (2006), Qual<strong>it</strong>à della pubblica amministrazionee sviluppo delle società locali, Milano, FrancoAngeli.Caringella, F., R. Garofoli e M.T. Sempreviva (2010),L’accesso ai documenti amministrativi, Milano, Giuffré.Cerase, F.P. (1990), Un’amministrazione bloccata. Pubblicaamministrazione e società nell’Italia di oggi, Milano,FrancoAngeli.der Boer, M. (1995), “Moving between bogus and bonafide: The policing of inclusion and exclusion in Europe”,in Miles, R. e D. Thränhardt (a cura di), Migration andEuropean Integration. The Dynamics of Inclusion and Exclusion,Londra, Pinter, pp. 92-111.Ederer, P., P. Schuller e S. Willms (2008), “Univers<strong>it</strong>y systemranking: C<strong>it</strong>izens and society in the age of knowledge”, theLisbon Council Policy Brief, III, 1, http://www.lisboncouncil.net/publication/publication/38-univers<strong>it</strong>y-systems-ranking-c<strong>it</strong>izensand-society-in-the-age-of-knowledge.html.Palidda S. (2000), Polizia postmoderna, Milano, Feltrinelli.2011 luglio-agosto133


Il buon esempioPer l’accoglienza integrata…“Ricominciodatre”<strong>La</strong> fondazione Mondo dig<strong>it</strong>ale proponeun modello innovativo di sostegno ai rifugiatibasato sull’uso delle nuove tecnologie,per accelerare il processo di inserimentoe di integrazione nel Paese di destinazioneUn internetcafé, corsidi formazionedig<strong>it</strong>ale, eventisul terr<strong>it</strong>orio,lavorodei rifugiati:questi alcunidegli strumentisu cui si basal’azione dellafondazionedi Alfonso MolinaDocente di Strategie delle tecnologie all’univers<strong>it</strong>à di Edimburgoe direttore scientifico della fondazione “Mondo dig<strong>it</strong>ale”I rifugiati sono persone che devono intraprendere un percorsod’integrazione nel Paese che li accoglie recuperando gradualmenteil controllo di se stessi. Ogni rifugiato diventa un “progettodi v<strong>it</strong>a”. L’obiettivo deve essere l’empowerment della persona,cioè la capac<strong>it</strong>à di rafforzare le sue competenze, usufruendodelle opportun<strong>it</strong>à che gli vengono offerte e costruendo unfuturo che porterà benefici sia al rifugiato stesso sia al Paesedi accoglienza.È in questo contesto che si inserisce l’insegnamento dellenuove tecnologie, così come quello della lingua <strong>it</strong>aliana. <strong>La</strong>fondazione Mondo dig<strong>it</strong>ale presso il centro Enea di Roma 1sperimenta dal vivo un modello innovativo di accoglienzaintegrata basata sull’uso delle nuove tecnologie, per accelerareil processo di inserimento e di integrazione nel Paese diaccoglienza: gestisce un internet café, organizza corsi diformazione dig<strong>it</strong>ale, promuove eventi sul terr<strong>it</strong>orio con la collaborazionedelle scuole romane e coinvolge alcuni rifugiati inun’esperienza lavorativa all’interno della propria organizzazione.L’integrazione è un dialogo tra il rifugiato e il Paese che loaccoglie: maggiori sono le opportun<strong>it</strong>à che gli vengono offerte,libertàcivili1 Il centro Enea (www.centroenea.<strong>it</strong>) è una struttura di seconda accoglienza perrichiedenti asilo, rifugiati e t<strong>it</strong>olari di protezione sussidiaria nata a Roma nel 2007. Èun progetto sperimentale voluto dal comune di Roma in sinergia con il ministerodell’Interno, che offre continuazione ma anche sviluppo e implementazione delpercorso di integrazione cominciato in Italia grazie alla rete di prima accoglienzagià attiva sul terr<strong>it</strong>orio nazionale1342011 luglio-agosto


Il progetto “Ricominciodatre” per l’accoglienza integratapiù sarà semplice per lui e per l’intera società crescere insieme.Il lavoro della fondazione Mondo dig<strong>it</strong>ale mira a questa ricchezzadi opportun<strong>it</strong>à, stimolando azioni di sistema basate sulla solidarietàe la collaborazione con altre organizzazioni: tutti insiemeper la sfida dell’integrazione.Il buon esempio<strong>La</strong> fondazione Mondo dig<strong>it</strong>ale<strong>La</strong> fondazione Mondo dig<strong>it</strong>ale è un’organizzazione senzascopo di lucro guidata, dalla sua nasc<strong>it</strong>a nel 2001, comeconsorzio Gioventù dig<strong>it</strong>ale, dal professor Tullio De Mauro.Ha come missione principale la diffusione delle tecnologiedig<strong>it</strong>ali nel mondo della scuola e a tutti c<strong>it</strong>tadini, con attenzioneparticolare alle categorie a rischio di esclusione sociale (anziani,immigrati ecc.). Opera in diverse aree, promuovendo ovunquel’uso inclusivo delle nuove tecnologie, e si occupa di ricerca esviluppo per l'azione. <strong>La</strong>vora per una società della conoscenzainclusiva, coniugando innovazione, educazione, inclusionee valori fondamentali: i benefici che provengono da conoscenze,nuove tecnologie e innovazione devono essere a vantaggiodi tutte le persone senza alcun tipo di discriminazione.Il progetto “Ricominciodatre”Quest’anno, con sei osp<strong>it</strong>i, la fondazione Mondo dig<strong>it</strong>ale hasperimentato “Ricominciodatre”, un progetto pilota di “sostegnoall’autonomia e all’inserimento lavorativo”, che coniuga sociallearning, animazione terr<strong>it</strong>oriale e collaborazione con le scuole.Dal potenziamento della mobil<strong>it</strong>à sul terr<strong>it</strong>orio alla ricollocazioneprofessionale, le diverse proposte del piano di interventosono state costru<strong>it</strong>e a partire dai bisogni reali dei rifugiati edalle difficoltà che hanno incontrato, nonostante la costruzionedi percorsi personalizzati. I sei candidati, dopo aver frequentato ipercorsi formativi presso le scuole romane, hanno partecipatoanche a tirocini all’interno di aziende della durata di due mesi.Durante tutto il percorso sono stati segu<strong>it</strong>i da tutor qualificati.Le proposte sono state diversamente calibrate per duratae impegno – dalle 20 ore del patentino alle 80 della certificazioneECDL (la “patente europea del computer”) – ma tutte hannoofferto competenze e conoscenze facilmente spendibili nelmercato del lavoro.I risultati del progetto sono stati presentati in occasione dellaGiornata mondiale del rifugiato (20 giugno 2011), nel corso dellatavola rotonda “Accoglienza integrata: scuola, terr<strong>it</strong>orio, lavoro”,libertàcivili2011 luglio-agosto135


Il progetto “Ricominciodatre” per l’accoglienza integrataIl buon esempioI sette moduli formativi di “Ricominciodatre”<strong>La</strong>boratorio multimediale audio-video (60 ore)Certificazione Cisco-CCNA (60 ore)Web graphic design (60 ore)Informatica di base per segretarie d’azienda (60 ore)Certificazione ECDL (80 ore)Patentino per la guida del ciclomotore<strong>La</strong>boratorio di <strong>it</strong>aliano L2-G2libertàcivilicon la partecipazione di enti e associazioni che lavorano nelsettore, quali Vis, Car<strong>it</strong>as o Biblioteche di Roma. A seguire iprotagonisti del progetto “Ricominciodatre” (rifugiati, aziende,scuole e organizzazioni non prof<strong>it</strong>) si sono sfidati amichevolmentenella part<strong>it</strong>a di calcio solidale “Io ci sono”, un appuntamentoormai consueto che la fondazione Mondo dig<strong>it</strong>ale organizzaper sensibilizzare anche le scuole. Un modo per mettere incampo le differenze culturali e per costruire un ponte tra giovanidi nazional<strong>it</strong>à diverse che pur avendo età simili hanno vissutos<strong>it</strong>uazioni completamente diverse.Anche se ha coinvolto un piccolo gruppo di rifugiati il progetto1362011 luglio-agosto


Il progetto “Ricominciodatre” per l’accoglienza integrataPos<strong>it</strong>ivele valutazioniforn<strong>it</strong>e daipartecipantiai percorsieducativiproposti.Tra i maggioriinteressii settori amministrazionee contabil<strong>it</strong>à,dir<strong>it</strong>todel lavoro,<strong>it</strong>aliano,informaticae operazionibancarie“Ricomiciodatre” è stato valutato attraverso la metodologia“Real Time Evaluation” sviluppata dalla fondazione Mondo dig<strong>it</strong>aleper mon<strong>it</strong>orare e ottimizzare l’impatto progettuale, attraversoindicatori qual<strong>it</strong>ativi e quant<strong>it</strong>ativi e il coinvolgimento dei diversiprotagonisti dell’esperienza. Il 60% dei candidati ha valutato ilpercorso formativo molto utile. I percorsi educativi, oltre a susc<strong>it</strong>aremolto interesse, hanno anche rafforzato l’apprendimento dellalingua <strong>it</strong>aliana durante il periodo di formazione, come confermatodalla total<strong>it</strong>à dei partecipanti. Un altro dato che emergedall’analisi dei risultati è la necess<strong>it</strong>à e la voglia di imparareche hanno i rifugiati, necessaria per facil<strong>it</strong>are il loro processodi integrazione. Tutti i partecipanti al progetto hanno dichiaratodi voler continuare a seguire altri corsi. Le tematiche a cui sonomaggiormente interessati sono: amministrazione e contabil<strong>it</strong>à(29%), dir<strong>it</strong>to del lavoro (24%), <strong>it</strong>aliano e informatica (19%),pratiche di archiviazione della documentazione (14%) e operazionibancarie (14%). Le figure degli insegnanti e dei tutor che hannosegu<strong>it</strong>o i partecipanti durante i percorsi sono state valutatemolto pos<strong>it</strong>ivamente: a giudicare il lavoro ottimo è il 30% deipartecipanti, buono il 50% e sufficiente il 20%.I percorsi educativi, oltre ad accelerare il processo generaledi integrazione dei ragazzi, hanno dato loro l’opportun<strong>it</strong>à dicrearsi intorno un contesto di relazioni locali (gli studentidelle scuole romane, i tutor aziendali) e di aumentare il lorolivello di autostima intesa come fiducia nella capac<strong>it</strong>à diapprendere. L’80% dichiara che questo corso gli ha dato lapossibil<strong>it</strong>à di sviluppare una responsabil<strong>it</strong>à personale.Il buon esempioQuanto ti è serv<strong>it</strong>o il corso?Moltissimo10%Abbastanza30%Molto60%NientePocoAbbastanzaMoltoMoltissimolibertàcivili2011 luglio-agosto137


Il progetto “Ricominciodatre” per l’accoglienza integrataIl buon esempioChe tipo di corso vorresti frequentare?19%29%14%24%14%per approfondire le praticheamministrative contabiliper approfondirel’archiviazionedella documentazioneper approfondire il rapportocon i consulenti del lavoroper approfondire il disbrigodelle operazioni bancarieper approfondire<strong>it</strong>aliano e informaticaI protagonisti di “Ricominciodatre”…Adel è un ragazzo sudanese di 30 anni. Come saldatoreprofessionista ha lavorato sia in Italia sia all’estero. Grazieal progetto “Ricominciodatre” ha frequentato un percorsoeducativo di 20 ore per il conseguimento del patentino perla guida del ciclomotore e un corso di 80 ore per la certificazioneECDL presso l’Itis “E.Fermi” di Roma. Adel ha acquis<strong>it</strong>ocompetenze in amb<strong>it</strong>o amministrativo con uno stage pressola cooperativa sociale Queens servizi, cooperativa il cuiobiettivo è quello di inserire delle persone svantaggiate nelmondo del lavoro (ogni tre lavoratori ne viene assunto unoportatore di handicap). Inizialmente si è occupato dell’archiviocartaceo e dig<strong>it</strong>ale per poi arrivare a elaborare autonomamentefatture e preventivi.“<strong>La</strong> strada della v<strong>it</strong>a è lunga e piena di curve, per me èimportante imparare sempre più cose nuove”.libertàciviliAmadou ha 33 anni. Dopo gli studi, in Gambia, ha gest<strong>it</strong>ol’azienda agricola di famiglia. In Italia dal 2007 è entrato alcentro Enea nel 2009 dove ha frequentato corsi di <strong>it</strong>aliano e hasvolto un tirocinio alla Conad per poi lavorare nell’amb<strong>it</strong>o1382011 luglio-agosto


Il progetto “Ricominciodatre” per l’accoglienza integratadella sicurezza. Amadou non si è fermato, per continuare acrescere ha cercato un corso di informatica e ha trovato lafondazione Mondo dig<strong>it</strong>ale e le attiv<strong>it</strong>à di formazione promossepresso l’internet cafè del centro Enea. Parla tre lingue e conoscemolto bene la cultura <strong>it</strong>aliana. Ha partecipato al corso diinformatica di base per segretari d’azienda presso l’Ist<strong>it</strong>utocomprensivo “M.Capozzi” di Roma. Anche Amadou ha frequentatoil percorso educativo per il conseguimento del patentinoe il laboratorio di <strong>it</strong>aliano L2-G2. Oggi presso lo studio commercialeDe Mattheis si occupa di numeri: tra fax, fatture edatabase sta diventando un vero esperto.“Gli insegnanti sono molto gentili, non si stancano mai dispiegare, spiegano e spiegano fino a quando vedono cheho cap<strong>it</strong>o. Mi trovo molto bene con loro”.Il buon esempioDawood, 20 anni, è afgano. Ha svolto tantissimi lavori,dal c<strong>it</strong>ofonista al pasticcere, ma la sua grande passione è ilcinema. Dopo aver frequentato il percorso educativo di webgraphic design presso l’Ist<strong>it</strong>uto di Stato per la cinematografiae la televisione “R.Rossellini” di Roma ha imparato a registraree montare video presso la <strong>La</strong>ser film srl. Il suo hobby? Ovviamenteguardare e commentare i film. Forse anche per questo Dawoodparla un <strong>it</strong>aliano impeccabile.“Studio anche quando torno al centro Enea, mi piaccionotantissimo queste cose: cinema, web, fotografia…”Farhia, ragazza somala di 23 anni. A Mogadiscio dopo ildiploma di scuola media superiore ha iniziato a lavorarecome commessa, poi varie viciss<strong>it</strong>udini l’hanno portata inItalia. Da quando ha cominciato a parlare l’<strong>it</strong>aliano e a farequalche piccolo lavoro per mantenersi è iniziato il suo “difficile”percorso di integrazione. Oggi sogna di diventare infermierao segretaria. Ha partecipato al corso di approfondimentodella lingua <strong>it</strong>aliana basato sui linguaggi giovanili e lacross-medial<strong>it</strong>à presso l’Ist<strong>it</strong>uto comprensivo “M.Capozzi” diRoma e sta completando lo stage presso la fondazioneMondo dig<strong>it</strong>ale.“Ora che lavoro mi sto anche ab<strong>it</strong>uando alla v<strong>it</strong>a freneticadi c<strong>it</strong>tà dove si guarda sempre l’orologio. Vorrei diventareinfermiera per aiutare i bambini malati di tubercolosi e glianziani del mio Paese”.libertàcivili2011 luglio-agosto139


Il progetto “Ricominciodatre” per l’accoglienza integrataIl buon esempiolibertàciviliGo<strong>it</strong>om, er<strong>it</strong>reo, 35 anni, laureato in matematica, è unostudente modello. È arrivato in Italia nel 2009 ed è stato a<strong>La</strong>mpedusa per 10 giorni per poi trasferirsi un mese a Trapani,in Sicilia. Poi ancora uno spostamento a Mazara del Vallo.Dopo cinque mesi ha avuto i documenti per trasferirsi aRoma. È stato al centro San Bruno di Finocchio per un annoe mezzo dove ha imparato la lingua <strong>it</strong>aliana con un corso d<strong>it</strong>re mesi. Dopo un anno è arrivato al centro Enea. Il suo stage,presso Unidata spa, sta portando a ottimi risultati: si occupadi assemblaggio componenti wireless. All’Itis “E.Fermi” di Romaha frequentato il corso per la certificazione Cisco - CCNA. InItalia ha già svolto parecchi lavori: volontario della CroceRossa, receptionist nel settore alberghiero, traduttore. In Er<strong>it</strong>reaera anche insegnante di lingua inglese. <strong>La</strong> sua famiglia èsparsa nel mondo.“Grazie al corso Cisco sto riuscendo a portare avanti lemie passioni, quello per cui ho studiato, e sto imparandomoltissimo. Mentre imparo il pc parlo anche molto in <strong>it</strong>alianoe questa è davvero una cosa buona per me”.Moussa viene dalla Maur<strong>it</strong>ania e ha 38 anni. <strong>La</strong>ureato inScienze pol<strong>it</strong>iche ha lavorato nel proprio Paese comeresponsabile vend<strong>it</strong>e presso la società di telecomunicazioniMattel. In Italia ha lavorato come cameriere e commesso.Investe molto tempo in formazione: ha segu<strong>it</strong>o il corso per lacertificazione Cisco-CCNA, quello per l’ECDL e per il conseguimentodel patentino. Una full immersion all’Itis “E.Fermi”di Roma che lo ha formato per prepararlo allo stage inUnidata spa. Collega di Go<strong>it</strong>om, anche lui si occupa diassemblaggio componenti wireless.“Nel XXI secolo le tecnologie e la comunicazione sonoimportanti; io ho scelto di partecipare al progetto perchévoglio essere al passo con i tempi e perché mi piacerebbelavorare nel campo dell’informatica che rappresenta per noiuno strumento di lavoro. Mi sento fortunato rispetto ai mieicompagni perché sono arrivato a poter frequentare oggi uncorso di formazione Cisco. Ho imparato a fare moltissimecose nuove con il pc. Le nuove tecnologie poi mi permettonodi comunicare con gli amici lontani, i colleghi, mia moglie. Ècome se continuassi a stare nel mio Paese. Internet aiuta lepersone a stare vicine”.1402011 luglio-agosto


Il progetto “Ricominciodatre” per l’accoglienza integrataI docenticoinvoltinel progettosonopersone cheuniscono laprofessional<strong>it</strong>àtipica dellaloro funzionealla capac<strong>it</strong>àdi mediazionedidattica,che significasaper proporrele proprieconoscenzea chi ci stadavanti<strong>La</strong> testimonianza degli operatoriMediazione didattica e innovazione. Monica Nanetti è dirigentescolastico Itis “E.Fermi” di Roma. <strong>La</strong> sua testimonianza: “Il nostroè un ist<strong>it</strong>uto di sperimentazione e innovazione che ha volutoanche questa volta confermare la disponibil<strong>it</strong>à ad accoglieregli studenti provenienti da altre parti del mondo. Nella nostrautenza scolastica abbiamo molti ragazzi stranieri. Nel POFdi Ist<strong>it</strong>uto è inser<strong>it</strong>a una voce specifica dedicata proprioall’accoglienza, all’osp<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à e all’incontro di culture diverse. Idocenti coinvolti nel progetto “Ricominciodatre” sono personeche uniscono la professional<strong>it</strong>à tipica della loro funzione allamediazione didattica: una delle componenti forti del nostropersonale docente e in particolare dei professori coinvolti inquesto percorso con la fondazione Mondo dig<strong>it</strong>ale. Mediarevuol dire saper esporre le proprie conoscenze a chi ci stadavanti, saperle proporre. <strong>La</strong> capac<strong>it</strong>à di aprirsi al terr<strong>it</strong>orio faparte della tradizione della nostra scuola. Attorno all’Ist<strong>it</strong>uto ècresciuta la comun<strong>it</strong>à terr<strong>it</strong>oriale. Si tratta di una realtà aperta,da sempre, ai contatti con l’esterno: terr<strong>it</strong>orio, enti, ist<strong>it</strong>uzioni”.Cooperazione: partire da “sottozero” per ricominciare. ReynaVictoria Terrones Castro è presidente della cooperativa socialeQueens Servizi, dell’associazione Nuovi europei e vice presidentedi Confcooperative <strong>La</strong>zio. <strong>La</strong> Queens Servizi ha ader<strong>it</strong>o al progetto“Ricominciodatre” accogliendo in stage Adel, sudanese di 30 anniche dopo aver segu<strong>it</strong>o il percorso di formazione per segretarid’azienda ha partecipato a un tirocinio in amb<strong>it</strong>o amministrativoimparando a compilare fatture, preventivi, relazioni e moltoaltro. A seguirlo è la vice presidente della cooperativa QueensServizi, Caterine del Alkazar Terrones. “Adel inizialmente nonutilizzava nemmeno la calcolatrice, ora sta imparando acompilare le fatture”, racconta Reyna. “Ha tantissima voglia diimparare e sta acquisendo le competenze che gli saranno utiliper la v<strong>it</strong>a: questo è il motivo per cui ci dedichiamo a lui, perpotergli dare delle opportun<strong>it</strong>à da spendere in futuro nel mondodel lavoro”.Venire in Italia dal Perù per Reyna è stata una vera e propriascelta di v<strong>it</strong>a. Alla domanda “Lei è part<strong>it</strong>a da zero, come ha fattoa fare così tanta carriera?” risponde: “Sono part<strong>it</strong>a da sottozero,perché dire da zero vorrebbe dire già tanto. Arrivare in unPaese come clandestina, senza documenti e senza conoscerela lingua è difficilissimo”. Con la figlia di 11 anni è arrivata in Italia18 anni fa per allontanarsi da una s<strong>it</strong>uazione difficile. In dueIl buon esempiolibertàcivili2011 luglio-agosto141


Il progetto “Ricominciodatre” per l’accoglienza integrataIl buon esempiogiorni di viaggio, per arrivare in Italia dal Perù, Reyna ha persocinque chili senza sapere se sarebbe arrivata viva o morta.Un incidente l’ha costretta a letto per più di 40 giorni. È inquel momento che ha iniziato a ragionare sull’imprend<strong>it</strong>oria,ha studiato specializzandosi nel settore, si è aperta una part<strong>it</strong>aIva e dopo, anni di intenso lavoro, è arrivata a realizzare i suoisogni. “Ho vissuto sulla mia pelle l’esperienza di essere clandestina.Non mi vergogno di questa parola perché lo sono statadavvero insieme a mia figlia. Per questo ho scelto poi di aiutarele persone in difficoltà. Tutte le mie scelte si basano sulleesperienze che ho vissuto”.Professional<strong>it</strong>à e valore sociale. Unidata è un’azienda chesi occupa di telecomunicazioni e system integration (linee diconnessione, hosting, sviluppo software ecc.). Il presidenteRenato Brunetti sottolinea quanto sia importante per l’aziendal’etica e la responsabil<strong>it</strong>à sociale. Valorizzare le divers<strong>it</strong>à, fornireoccupazione possibilmente stabile, collaborare con enti efondazioni sono alcuni dei valori più importanti su cui si basal’attiv<strong>it</strong>à dell’azienda. Il lato umano, oltre ovviamente allapreparazione tecnica, rappresenta un aspetto fondamentale.libertàcivili1422011 luglio-agosto


Il progetto “Ricominciodatre” per l’accoglienza integrataÈ proprio sulla fusione di questi due amb<strong>it</strong>i, professional<strong>it</strong>à evalore sociale, che si basa l’esperienza di Go<strong>it</strong>om e Moussa.“Per noi sono diventati oltre che colleghi dei grandi amici. Perl’azienda sono stati davvero produttivi e poi non si fermano mai.Sono loro che stanno insegnando a noi molte cose”, raccontail tutor aziendale Roberto Monaldi. “Si adattano a fare tutto.Hanno imparato in poco tempo a predisporre apparati wi-fi,assemblare componenti access-point”.Il buon esempioDa esperienzecome quelladel progetto“Ricominciodatre”si puòarrivarea configurareun sistemanazionaledi integrazione,che fa levasoprattuttosullamotivazionee la volontàdi reagiredel rifugiatoConclusioni<strong>La</strong> sfida dell’integrazione dei rifugiati in Italia non è cosasemplice ma si può affrontare con l’un<strong>it</strong>à e la cooperazionedi organizzazioni diverse che hanno come interesse comunela v<strong>it</strong>a e la dign<strong>it</strong>à delle persone disagiate che vivono unmomento di forte incertezza. I rifugiati hanno lasciato i propriaffetti, hanno vissuto esperienze di persecuzione, hanno viaggiatorischiando e sono arrivati in luoghi sconosciuti che li hannoaccolti e protetti per ricominciare a vivere senza paura dimorire. <strong>La</strong> sfida diventa quella di ricostruirsi una v<strong>it</strong>a nuova,di recuperare la possibil<strong>it</strong>à di sognare e intraprendere nuovipercorsi di integrazione per il proprio beneficio e per quellodel Paese.Nel suo piccolo, l’esperienza del progetto “Ricominciodatre”mostra con chiarezza quanto siano importanti la motivazionee la volontà di reagire da parte del rifugiato (in gioco c’è lasua v<strong>it</strong>a) e quanto l’Italia sia in grado di creare reti di solidarietàe collaborazione tra organizzazioni di differenti settori: aziende,scuole, associazioni, fondazioni e ist<strong>it</strong>uzioni. Questo rappresentauna base importante per consentire a un Paese di avere gli“ingredienti giusti per l’accoglienza” e per costruire pol<strong>it</strong>iched’integrazione attraverso alleanze terr<strong>it</strong>oriali. Così, attraverso lacollaborazione, si possono mettere in gioco competenza e innovativ<strong>it</strong>àdi organizzazioni diverse, creando sistemi d’integrazionesempre più ricchi e duraturi. Un insieme di buone pratiche che, sepossibile, dovrebbe essere condiviso e messo a disposizione d<strong>it</strong>utti anche attraverso il web.In breve potremmo dire che, partendo da esperienze terr<strong>it</strong>orialivincenti come quella di “Ricominciodatre”, si può arrivare aconfigurare un sistema nazionale d’integrazione per i rifugiati.Una sfida che farebbe dell’Italia un Paese modello nel contestointernazionale.libertàcivili2011 luglio-agosto143


ImaginariumUna canzone per bagaglioDal brano-simbolo, “<strong>La</strong>mpedusa”, adottato comeinno dal consiglio comunale dell’isola, ai suonidella terra d’origine, che i migranti incidono persentirsi un po’ più a casa, la musica accompagnachi arriva in Italia alla ricerca di una nuova v<strong>it</strong>adi Alberto BordiViceprefetto - ministero dell’Internolibertàcivili<strong>La</strong> musica della propria terra,come un bagaglio trasparentee leggero eppure importante,segue gli immigrati nel loroviaggio verso terre lontane,verso un futuro miglioreSpesso gli immigrati lasciano la loro terra con poche coseal segu<strong>it</strong>o, in molti casi praticamente nulla, ma ad accompagnareovunque i loro passi c’è un bagaglio, trasparente e leggero,impercettibile eppure importante, modulato come la speranzadi una nuova v<strong>it</strong>a in una nuova terra. Questo bagaglio si chiamamusica, quasi sempre quella della terra di origine che conservanogelosamente nella loro memoria nel corso delle tappe di unpercorso faticoso, un insieme di note e di r<strong>it</strong>mi che si intreccianocome le radici della loro esistenza. Ma gli stranieri “in cercadi fortuna” amano anche l’altra musica, tuttaquella che sfiora le corde della sensibil<strong>it</strong>à, cheemoziona e fa sognare in un futuro migliore.Non a caso una delle testimonianze diragazze migranti raccolte da Maria ChiaraPatuelli nel libro Verso quale casa si chiama“Anch’io canto l’Italia” e le parole di Fatima,una giovane donna marocchina toccanodavvero il cuore: “Domani sarò una donnaimportante quando aiuterò il mio Paese.Formerò la mia persona qui nella mia nuova patria alla qualedevo ciò che sono e ciò che sarò. Non dimenticherò ciò che mihai dato, Italia! E poi la mia gente vedrà che non si emigra soloper lavorare e rinchiudersi come ricci nella propria ignoranza.Ho assimilato di te, Italia, le idee di libertà, giustizia, uguaglianza,almeno nei libri di storia. Allora...anch’io sono Italia”.Musica e immigrazione si fondono anche a <strong>La</strong>mpedusa,crocevia della diaspora maghrebina e subsahariana, come nei1442011 luglio-agosto


Musica e migranti“Row row, to <strong>La</strong>mpedusa wego, for a better life we row”rec<strong>it</strong>a la canzone dei SudSound System, dedicata alpopolo dei migranti che rema(row) verso una v<strong>it</strong>a miglioreprimi giorni di giugno, in occasione di “Sus<strong>it</strong>i”, l’evento musicalecon il quale artisti di ogni nazional<strong>it</strong>à, con Claudio Baglioni intesta, hanno voluto celebrare nell’isola siciliana la solidarietàverso i residenti, l’accoglienza ai profughi e la riconoscenzaai soccorr<strong>it</strong>ori. E se tutti conoscono la nuova multiforme realtàdi questa bella isola med<strong>it</strong>erranea, in passato vocata esclusivamenteal turismo, non sono molti a sapere che “<strong>La</strong>mpedusa”,suonata e cantata dal gruppo ragamuffin Sud Sound Systemè la canzone dei migranti ed è stata adottata ufficialmente dalconsiglio comunale isolano come l’inno di <strong>La</strong>mpedusa.Al r<strong>it</strong>mo di “Row row, to <strong>La</strong>mpedusa we go, go, go, for a betterlife we row / oh dolce musa, bring me to (portami a) <strong>La</strong>mpedusa”,il popolo dei migranti canta e rema (row)verso una v<strong>it</strong>a migliore. E se il testo cadenzatodal reggae salentino richiama paesaggidell’Africa selvaggia (“ieu suntu quiddrhuca sfida li leoni puru lu desertu e la sicc<strong>it</strong>à,ieu suntu quiddrhu ca parla cu le tigria amienzu la savana e sutta nu baobab”) nonmancano parole di profonda disperazione“the waters are turbulent raging hard w<strong>it</strong>hthe desperate rave’s all sinking for bettermeant, putting the own lives in a detriment leaving loved wasbehind hoping that they could find in the slice of paradisemaking the ultimate sacrifice”, a ricordare che “nel viaggio” sirischia la v<strong>it</strong>a.A Vedelago, un paese di oltre 15mila ab<strong>it</strong>anti in provincia diTreviso, gli immigrati della zona hanno scoperto un nuovomodo per sentirsi più a casa loro: incidere qualche cd con laloro musica, musica etnica, ma anche musica sperimentale, unrepertorio che li riporta alle loro origini, arabe, cinesi o afroche siano. Entrano in sala registrazione portando anche i lorostrumenti originali e lì si divertono a ricostruire un po’ dellapatria lasciata, cimentandosi a incidere dischi che poi circolanofra gli ab<strong>it</strong>anti del paese, il più delle volte ascoltati conapprezzamento diffuso. Non di rado questa passione musicale,intrisa di nostalgia e di saudade, soprattutto se realizzata dapersone con una discreta cultura musicale alle spalle, diventaun vero lavoro e le copie dei pezzi esegu<strong>it</strong>i diventano compilationdestinate alle zone lim<strong>it</strong>rofe e addir<strong>it</strong>tura vengono sped<strong>it</strong>enella loro terra d’origine.D’altronde la musica accompagnava anche gli <strong>it</strong>aliani che finoal secolo scorso lasciavano il Bel Paese sospinti dal sognoamericano (“...mamma mia dammi cento lire che in AmericaImaginariumlibertàcivili2011 luglio-agosto145


Musica e migrantilibertàciviliImaginariumvoglio andar; cento lire te le do, ma in America no no no...”) enel primo Novecento “Santa Lucia lontana” era diventata l’innodegli emigranti del nostro meridione (“Partono e’ bastimentipe’ terre assai luntane cantano a buordo: so’ napul<strong>it</strong>ane cantanope’ tramente ‘o golfo già scumpare e ‘a luna mmiezz ‘o mare nupoco ‘e Napule lle fa vedè”) mentre i genovesi si commuovevanosospirando in musica “Ma se ghe penso alloa mi vedo o ma,veddo i mae monti e a ciassa da Nonsià rivedo o Righi e mes’astrenze o cheu”, brano ripreso più tardi da Bruno <strong>La</strong>uzi eda Mina.Nel 1925, nella canzone “O tripulino napul<strong>it</strong>ano”, su versi diRaffaele Viviani, Nino Taranto utilizza per la prima volta il terminedi “Vu’ cumprà”, entrato prepotentemente nel nostro lessicoquotidiano (“Songo ‘e Napule e sto ccà. Sto vestuto ‘a tripulinop’’o servizio che aggi’ ‘a fa’. Na parola contro a nnuie: puh, nuschiaffo, t’ ‘o sturdisco. Chillo guarda, io nun capisco, e lledico: Vuo’ cumpra’?”). Negli anni Trenta, alla emigrazione versoil Nuovo Continente si affianca e si sost<strong>it</strong>uisce l’emigrazioneinterna, quella che dal profondo Sud conduce alle fabbrichedel Nord: qui i napoletani, sulle note della “Signorinella” diLibero Bovio, sognano l’amore e il calore lasciati all’ombra delVesuvio, mentre i fiorentini lontani da casa si stringono intorno1462011 luglio-agosto


Musica e migranti<strong>La</strong> musica accompagnavaanche gli <strong>it</strong>alianiche lasciavano il Bel Paeseverso il sogno americano,e più di recente, i meridionaliche andavano al Nordad Odoardo Spadaro con “la porti un bacione a Firenze che l’èla mia c<strong>it</strong>tà, che in cuore ho sempre qui; lavoro sol per rivederlaun dì, son figlia d’emigrante per questo son distante; lavoroperchè un giorno a casa tornerò, la porti un bacione a Firenzese la rivedo glielo renderò...”.Se questa era la musica della malinconia che inev<strong>it</strong>abilmenteaccompagnava ed accompagna chi è costretto a lasciare i propriaffetti, nei primi anni Settanta “<strong>La</strong> ballata di Attilio”, cantata daFranco Trincale, ricorda le tragedie dei migranti <strong>it</strong>aliani nelleminiere belghe di Marcinelle nel 1956 e nel corso dei lavori perla diga di Mattmark, nelle Alpi svizzere nel 1965 (“Se vuoi vederl’inferno, amico mio, vieni con me che ti ci porto io, si chiamaMattmark e Marcinelle”).Nemmeno la stagione dei complessi beat degli anni Settantaha ignorato il dolore e la fatica esistenziale di chi emigra, mirabilmentedescr<strong>it</strong>ta nella canzone di Albertelli e Soffici “Casa mia”cantata dall’Equipe 84 (“Torno a casa,siamo in tanti sul treno, occhi stanchi ma nelcuore il sereno; dopo tanti mesi di lavoro miriposerò; dietro quella porta le mie cose ior<strong>it</strong>roverò, la mia lingua sentirò, quel che dicocapirò...”) mentre i Ricchi e Poveri e JosèFeliciano, nella canzone “Che sarà” ci raccontanodel “Paese mio che stai sulla collina,lasciato all’abbandono, alla noia, al niente”con la triste annotazione che “gli amici sonquasi tutti via”. Sono gli anni in cui tre meridionali doc come MinoRe<strong>it</strong>ano, Al Bano e Marcella Bella ottengono un buon successocon brani (“L’uomo e la valigia”, “<strong>La</strong> siepe” e “Montagne verdi”)che descrivono l’addio, il ricordo e il sogno del r<strong>it</strong>orno di quantiper necess<strong>it</strong>à sono stati costretti ad andare via dalla terra natìa.In quegli stessi anni i famosi Led Zeppelin lanciano, con unsound marcatamente rock, “Immigrant song” il manifesto futuristadella nuova uman<strong>it</strong>à (“I’m here from a land - Sono qui da una terra- Far from my family - Lontano dalla mia famiglia - Brought onthe wave - Portato sull’onda - Of new opportun<strong>it</strong>y - Di unanuova opportun<strong>it</strong>à - Come and help the motherland - Vieni inaiuto alla madrepatria - Is what they said - È quello che hannodetto - Su<strong>it</strong>case in my hand - Valigia in mano - To a foreignland - Per una terra straniera).Anche il festival di Sanremo ha visto protagonisti attenti altema dell’immigrazione, dal trio Pupo, Paolo Belli e YoussouN’Dour con “L’opportun<strong>it</strong>à”, un brano il cui testo fa capire cosasignifichi “vivere l’essere diversi come un’opportun<strong>it</strong>à / benvenutoImaginariumlibertàcivili2011 luglio-agosto147


Musica e migrantiImaginariumamico e anche a chi non ha una casa, né un Paese ma solooffese”; un giovane cantante romano, Enrico Boccadoro, nel 2005,con la canzone “Dov’è la terra cap<strong>it</strong>ano?” propone il temamigratorio in una dimensione rovesciata: dietro la metaforadell’America che, da lontano miraggio di continente dorato,assume ora le sembianze delle nostre coste, descrive la paraboladel rovesciamento del concetto d’emigrazione, quasi segnatadal principio del contrappasso, sulla scia della convinzioneche...si è sempre meridionali di qualcuno.Il tema dell’immigrato sembra particolarmente caro a SamueleBersani e ai Modena C<strong>it</strong>y Ramblers. Il primo, nell’albun “Freak”del 1995 racconta il viaggio della speranza su una carretta delmare stracolma di albanesi e, due anni più tardi, con “Crazy Boy”,la storia di un lavavetri egiziano, che, entrando in un museosull’antico Eg<strong>it</strong>to, scopre di essere “muratore e un po’ faraone”.Il vulcanico gruppo modenese invece con la canzone “Riportandotutto a casa” ci parla dell’ambulante Ahmed che per quarantanotti ha “venduto orologi alle stelle”, al gelo, sotto un porticodeserto, prima di essere aggred<strong>it</strong>o “così per divertirsi o forselibertàcivili1482011 luglio-agosto


Musica e migrantiperché risposi male / mi spaccarono la testa con un bastone…”e poi, con “Ebano” (premio Amnesty Italia 2005) ci presenta unadonna, chiamata “la Perla nera”, che aveva speso tutti i risparmiper il viaggio in Italia per poi finire a Palermo a raccogliereagrumi per poche lire, prima di arrivare a Bologna “ove indossastivali coi tacchi e la pelliccia leopardata / e tutti sanno che la PerlaNera rende felici con poco... Perciò se passate a Bologna,ricordate qual è la mia storia / Lungo i viali verso la sera, ai mieisogni non chiedo più nulla”.Nel 1988, in un memorabile concerto tenuto nello stadio diWembley il gruppo dei Simple Minds si esibisce con la canzonedal t<strong>it</strong>olo “Free Nelson Mandela” dedicata al leader del movimentoanti-apartheid sudafricano, segregato e carcerato per ventisetteanni, poi divenuto primo presidente di colore del Sudafrica epremio Nobel per la pace nel 1993. Come in una favola a lieto fine,il pubblico che riempie ogni centimetro dello stadio londineseassiste al “Mandela’s day” come a un trionfo epocale del bene,alla sconf<strong>it</strong>ta della segregazione, al rispetto del diverso.Questa è storia, questa è la musica che ogni immigrato vuoleascoltare.libertàciviliImaginarium2011 luglio-agosto149


Sullo scaffaleSullo scaffalelibertàciviliStudenti internazionali.Ricerca su condizionie prospettivedegli studenti esterinelle univers<strong>it</strong>àtoscaneAssociazione volontaridel Centro internazionalestudenti Giorgio <strong>La</strong> PiraFirenze 2011Il sottot<strong>it</strong>olo non inganni. I dati e le argomentazioniriguardanti la presenza degli studenti straneri contenuti inquesto volume non sono lim<strong>it</strong>ati alle univers<strong>it</strong>à toscane maabbracciano l’intera realtà <strong>it</strong>aliana dal dopoguerra al 2003per poi proseguire, su alcuni aspetti, fino all’anno accademico2007/2008 e 2008/2009. I dati evidenziano come, dopo unventennio di declino, il trend sia ora in aumento, anche sel’Italia è comunque l’ultima tra i paesi Ocse come Paese didestinazione degli studenti stranieri (la media Ocse è del10%, quella <strong>it</strong>aliana di poco superiore al 3%). Un numeroconsistente del totale è rappresentato da giovani che vivonogià in Italia dove hanno preso il diploma di scuola superiore.Uno studente straniero su cinque è albanese ed è cresciutala percentuale degli iscr<strong>it</strong>ti asiatici, in particolare cinesi anchegrazie all’attivazione del “Progetto Marco Polo” che hagarant<strong>it</strong>o loro maggiori opportun<strong>it</strong>à di accesso.Nel libro viene forn<strong>it</strong>o un quadro della presenza di studentistranieri in riferimento al genere, al Paese di provenienza,alla regione <strong>it</strong>aliana di destinazione, alla facoltà d’immatricolazione,al completamento del corso di studi.Un’indagine svolta tra gli studenti stranieri dell’Ateneofiorentino ha invece voluto evidenziare le caratteristichesocio-anagrafiche degli studenti, le motivazioni che li hannoportati a scegliere Firenze, il loro livello di soddisfazione.Tutti elementi utili a una riflessione per delineare unamigliore strategia di accoglienza.<strong>La</strong> scarsa capac<strong>it</strong>à dell’Italia di attrarre studenti stranieriè indice di bassa compet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à ed è motivata dalla mancanzadi corsi in lingua inglese, di borse di studio, di residenzeunivers<strong>it</strong>arie, dalla scarsa diffusione della lingua <strong>it</strong>aliananel mondo, dalla strategia sinora segu<strong>it</strong>a dalle nostrerappresentanze diplomatiche all’estero di considerarli,in primo luogo, “immigrati”. Una certa consapevolezzadell’importanza di avere nelle aule studenti di altri Paesisi sta comunque facendo strada, come dimostrano leproposte formulate dalla Conferenza dei rettori, da Vision(rete di ricercatori <strong>it</strong>aliani che lavorano all’estero),dall’Associazione <strong>it</strong>aliana dei master in business administration.D’altra parte quello dell’istruzione univers<strong>it</strong>aria è unsettore fiorente. Negli Stati Un<strong>it</strong>i, il Paese con la più forteattrazione studentesca al mondo, rappresenta una tra le1502011 luglio-agosto


Sullo scaffalemaggiori fonti di entrata. Ma l’importanza dell’internazionalizzazionedegli atenei non è ovviamente solo economica.<strong>La</strong> ricchezza della divers<strong>it</strong>à culturale, un maggiore confrontointerno, più solidi legami transnazionali e maggiori sinergierappresentano valori da cui una società globale non puòpiù prescindere.Sullo scaffalePassaporto per l’Italia.Educazionealla c<strong>it</strong>tadinanzae alla Cost<strong>it</strong>uzioneper ragazzi stranieridi Elio Gilberto Bettinellie Paola RussomandoVannini Ed<strong>it</strong>rice, 2011Cosa significa oggi c<strong>it</strong>tadinanza <strong>it</strong>aliana? Un numerocrescente di ragazzi stranieri presenti da tempo in Italiasi trova nella condizione di poter richiedere la c<strong>it</strong>tadinanza<strong>it</strong>aliana; in particolare aumentano quelli nati in Italia eche, avendo la residenza ininterrotta dalla nasc<strong>it</strong>a alcompimento del diciottesimo, possono presentare richiestadi c<strong>it</strong>tadinanza tra i 18 e i 19 anni.I ragazzi stranieri che vogliono diventare c<strong>it</strong>tadini diquali informazioni e conoscenze hanno bisogno? Diventarec<strong>it</strong>tadini non è solo un percorso burocratico ma una scelta,un progetto di v<strong>it</strong>a fatto di attese, aspettative, desideri darealizzare. Non significa solo entrare a far parte di unPaese e di una comun<strong>it</strong>à, ma sentirsi parte di essa, delsuo presente e della sua storia. Accompagnare il camminodi c<strong>it</strong>tadinanza è quanto si propongono gli autori dellibro, inser<strong>it</strong>o nel progetto “Non uno di meno” portatoavanti dalla provincia di Milano insieme al Centro Comedella cooperativa Farsi Prossimo che da cinque annipromuovono e sostengono i percorsi di integrazione deiragazzi stranieri nella scuola superiore.Il testo è utilizzabile sia in percorsi formativi indirizzati aigiovani futuri <strong>it</strong>aliani sia in corsi della scuola secondariadi secondo grado e di formazione professionale doveconvivono ragazzi <strong>it</strong>aliani e stranieri. I contenuti, attraversol’informazione e la formazione sui diversi aspetti deldiventare ed essere c<strong>it</strong>tadini, investono una duplicedimensione: quella delle “virtù civili”, comportamenti, sceltequotidiane e atteggiamenti del vivere insieme, e quelladell’appartenenza, il sentirsi parte di una comun<strong>it</strong>à, senzatrascurare gli aspetti burocratici e pratici del percorso.Vengono interpellati direttamente i ragazzi e vengonoraccolte le loro esperienze, presentati esempi e s<strong>it</strong>uazioniconcrete, stimolata la loro partecipazione, con l’obiettivodi promuovere una c<strong>it</strong>tadinanza consapevole per costruireun futuro di convivenza pacifica. E questo obiettivo nonriguarda solo i ragazzi stranieri ma anche quelli <strong>it</strong>aliani.Perché la capac<strong>it</strong>à di riconoscere e gestire le differenze nellasocietà interculturale è una competenza imprescindibiledella cultura della c<strong>it</strong>tadinanza.libertàcivili2011 luglio-agosto151


DocumentazioneeStatistichea cura di Stefania Nasso


Percezionedei richiedenti asiloe flussi in Europaa cura di Luca V<strong>it</strong>aliCentro di ricerche economiche e giuridiche (Creg), Univers<strong>it</strong>à di Roma “Tor Vergata”Documentazione e StatisticheUn aspetto importante, ai fini della cooperazione europeain tema di asilo, è quello della presunta attrazione che alcuni Statieserc<strong>it</strong>erebbero sui rifugiati 1 . Nella nota di Enzo Rossi in questostesso numero di libertàcivili, argomentiamo come da questoatteggiamento derivi l’impostazione del sistema Dublino e, nelcontempo, atteggiamenti poco cooperativi in materia di asiloda parte di alcuni Stati.Qui riportiamo alcune tabelle che supportano, viceversa,la visione che i pull factors, cioè i fattori di attrazione relativiai vari Stati, non sono determinanti per la scelta del Paese didestinazione dei richiedenti asilo (RA), ma che sono soprattuttoi fattori della vicinanza geografica e l’azione delle organizzazionedi human smuggling ad essere importanti.Riportiamo due livelli di informazione: il primo si riferisce allepercezioni dei richiedenti asilo che abbiamo intervistato nei Cara(Centri di accoglienza per i richiedenti asilo) di Crotone e diCastelnuovo di Porto. Il secondo si basa su una analisi dei flussidi richiedenti asilo in Europa negli ultimi trent’anni, basata suidati Unhcr.Percezioni dei RA osp<strong>it</strong>ati nei CaraTabella 1. Giudizio sull’aiuto ricevuto dal governo e intenzione di rimanere in Italia (valori in percentuale)%CrotoneIntende rimanerein ItaliaCastelnuovo di PortoTotale% Intende rimanerein Italia% Intende rimanerein ItaliaNessun aiuto 7,1 100,0 34,5 100,0 16,5 100,0Poco aiuto 32,1 94,4 17,2 100,0 27,1 95,7Molto aiuto 60,7 94,1 48,3 100,0 56,5 95,8Fonte: Creg-Tor Vergata1 <strong>La</strong> documentazione qui presentata è tratta dal volume I rifugiati in Italia e inEuropa: procedure di asilo fra controllo e dir<strong>it</strong>ti umani, di Enzo Rossi e Luca V<strong>it</strong>ali,Giappichelli, Torino, 2011. Per contattare l’autore luca.v<strong>it</strong>ali@uniroma2.<strong>it</strong>libertàcivili2011 luglio-agosto153


Documentazione e StatistichePercezione dei richiedenti asilo e flussi in EuropaTabella 2. Motivi della partenza (in %)<strong>La</strong> tabella 2 mostra chiaramente che i rifugiati sono soprattuttopersone in cerca di protezione. Questo punto ribalta alcuneconvinzioni circa il ruolo dei fattori di attrazione nel determinarele destinazioni dei richiedenti asilo: i push factors prevalgonoe questo influenza anche la scelta del paese di destinazione.CrotoneCastelnuovo di PortoTotaleGuerra 11,1 8,8 10,4Persecuzione pol<strong>it</strong>ica 35,8 55,9 41,7Persecuzione personale 28,4 26,5 27,8Miglioramento economico 17,3 2,9 13,0Povertà 3,7 2,9 3,5Ricongiungimento familiare 2,5 0,0 1,7Altro 1,2 2,9 1,7Fonte: Creg-Tor VergataUna conferma è contenuta anche nella tabella seguente:Tabella 3. Motivi per aver scelto l’Italia (in %)Opportun<strong>it</strong>à di lavoro 14,3 3,0 10,1Presenza di familiari o amici 3,6 0,0 2,2Presenza di altre reti sociali 0,0 3,0 1,1Maggiore facil<strong>it</strong>à di raggiungerlo 16,1 6,1 12,4Altro 66,1 87,9 74,2Fonte: Creg-Tor VergataCrotoneCastelnuovo di PortoTotalelibertàcivili154 2011 luglio-agosto


Percezione dei richiedenti asilo e flussi in EuropaGli intervistati hanno dichiarato in modo pressoché unanimedi voler rimanere nel nostro Paese al termine del giudizio.Tabella 4. Motivi per restare in Italia (in %)<strong>La</strong>voroCrotoneCastelnuovodi PortoTotaleMolto importante 57,1 48,5 53,9Poco importante - 9,1 3,4Non importante/non risponde 42,9 42,4 42,7Documentazione e StatisticheAmiciCrotoneCastelnuovodi PortoTotaleMolto importante 14,3 3,0 10,1Poco importante 1,8 24,2 10,1Non importante/non risponde 83,9 72,7 79,8Rete di conoscenzeCrotoneCastelnuovodi PortoTotaleMolto importante 8,9 6,1 7,9Poco importante 0,0 27,3 10,1Non importante/non risponde 91,1 66,7 82,0IntegrazioneFonte: Creg-Tor VergataCrotoneCastelnuovodi PortoTotaleMolto importante 39,3 54,5 44,9Poco importante 0,0 9,1 3,4Non importante/non risponde 60,7 36,4 51,7I flussi di richiedenti asilo nei Paesi europei (1980-2010)<strong>La</strong> nostra analisi propone un approccio descr<strong>it</strong>tivo, basatosull’osservazione di alcuni indicatori standardizzati.Il primo di questi indicatori è la quota di richiedenti asilo diun dato Paese d’origine, in un dato Paese europeo, sul totaledei richiedenti asilo in quel Paese europeo e rappresenta lequote w<strong>it</strong>hin-country delle diverse etnie (ad esempio, la quota d<strong>it</strong>urchi che hanno presentato domanda di asilo in Germania sullibertàcivili2011 luglio-agosto155


Documentazione e StatistichePercezione dei richiedenti asilo e flussi in Europatotale dei richiedenti asilo in Germania). Esso è in qualche misuraindipendente dalle misure restr<strong>it</strong>tive adottate dagli Stati, ma èinfluenzato da episodi straordinari (shock) che comportanoafflussi di particolare rilevanza di richiedenti asilo appartenentia nazional<strong>it</strong>à specifiche.Il secondo indicatore è calcolato come la quota di richiedentiasilo di un dato Paese d’origine, in un dato Paese europeo,sul totale dei richiedenti asilo di quel Paese d’origine in Europae rappresenta le quote cross-country delle diverse etnie (adesempio, la quota di turchi che hanno presentato domanda diasilo in Germania sul totale dei turchi richiedenti asilo che hannopresentato domanda asilo in Europa). Esso prescinde, almenoin parte, da episodi che comportano afflussi straordinari, mentre èinfluenzato dall’adozione di misure restr<strong>it</strong>tive nei singoli Paesi.Gli indicatori sono stati calcolati per nove etnie e cinque Statieuropei. Presentiamo, indicativamente, il caso dei richiedenti asiloprovenienti dalla Turchia, che evidenziano gli episodi di afflussoparticolarmente cospicuo.Grafico 1. Quota di RA dalla Turchia sul totale RA in alcuni Paesi (media mobile a 3 anni)libertàciviliFonte: Creg-Tor Vergata156 2011 luglio-agosto


Percezione dei richiedenti asilo e flussi in EuropaGrafico 2. Quota di RA dalla Turchia sul totale RA turchi in Europa (media mobile a 3 anni)Documentazione e StatisticheFonte: Creg-Tor VergataSulla base anche dei grafici relativi ad altre etnie di richiedentiasilo e ad altri Stati europei di destinazione, argomentiamo checome risultato di fattori di spinta e delle pol<strong>it</strong>iche attuate dai variStati, la distribuzione di richiedenti asilo in Europa tende versoun equilibrio stabile, che non comporta, salvo che nei casi dishock improvvisi, quote fortemente squilibrate di ripartizione.Abbiamo infine testato l’ipotesi, avvalorata da numerosi studiosi,che gli Stati ricorrano a restrizioni nel grado di accoglimentodelle domande, soprattutto nei periodi di maggiore affluenza.Presentiamo due grafici relativi a Regno Un<strong>it</strong>o e Italia.Ebbene, l’ipotesi è respinta. Si vede chiaramente che ilrecogn<strong>it</strong>ion rate segue in andamento la cresc<strong>it</strong>a dei flussi: proprionei periodi eccezionali, sembra che gli Stati accettino in misuramaggiore quei rifugiati che provengono da aree di emergenzauman<strong>it</strong>aria.libertàcivili2011 luglio-agosto157


Documentazione e StatistichePercezione dei richiedenti asilo e flussi in EuropaGrafico 3. Indicatori di protezione: Regno Un<strong>it</strong>oGrafico 4. Indicatori di protezione: ItalialibertàciviliFonte: Creg-Tor Vergata158 2011 luglio-agosto


iSteve, goodbye geniusdi Claudia SvampaVisionario, mentore, profeta, guru,maestro, icona, m<strong>it</strong>o, santo laico, ingegneredei sogni e rockstar del dig<strong>it</strong>ale, compiantoal r<strong>it</strong>mo di 10.000 messaggi al secondosulla rete: così il mondo ha salutato SteveJobs da qui.Camera ardente 2.0 allest<strong>it</strong>a sull’homepage della Apple. Primo piano magneticoenfatizzato dal bianco e nero a tutto campoe sostenuto da due sole date, 1955-2011:così Steve Jobs ha salutato il mondo da lì.Semplificazione costante, esteticaassoluta, ricerca della perfezione: è stataquesta l’essenza e la consistenza dell’uomo di Cupertino, unconcentrato di rigore coerente che non ha mai ammesso eccezioni,neanche in occasione della sua morte. Che così aveva stigmatizzato:“<strong>La</strong> morte è la più importante invenzione della v<strong>it</strong>a umana, perchéchiude i conti con ciò che è diventato vecchio e apre la portaal nuovo”.E’ indubbio però che lui, a soli 56 anni rappresentava ancoraquel nuovo verso il quale, con stupore, ci stavamo appassionando.Non solo in termini di hi-tech, di design, di business. Soprattuttoin termini di pensiero.Lui che prendeva un’idea, grezza come la polvere da sparo, ela lanciava in aria facendone fuochi d’artificio. Scintille di luce e poiscie luminose; guardarle significava sentirsi più felici, più magici,più inebriati dalla sua sintesi espansionistica del pensiero globale.“Le persone non sanno ciò che vogliono finché non glielomostri” diceva, e chissà se alla fine ci ha mostrato di più di quantolui stesso non abbia previsto, oggi che Apple “la mela” non è piùsolo un logo, un’azienda, un morso diretto e rapido, senzasbavature, come quello che solo chi è “affamato e folle” sa dare.Lui ha reso Apple un modo di pensare, meglio, una sintesidi pensiero, un concept, che ha plasmato il nostro pensare,libertàcivili2011 luglio-agosto159


iSteve, goodbye geniuse di conseguenza il nostro agire. A partire dal dig<strong>it</strong>al divide chevigeva fino a pochi anni fa tra la gente e le macchine: informaticie computer da una parte, il resto del mondo dall’altra.Lui li ha condotti all’armistizio davanti a un Mac, per siglarequella stessa pace di Camp David che Clinton propose ad Arafate Rabin. Solo che Jobs in mano non aveva una biro ma una melamorsicata. Una tentazione irresistibile, e funzionò.Lui ha spianato il divario generazionale e culturale nelle nostrerelazioni sociali e familiari: un iPad è per tutti. Perchè unisce le manidi nonni e nipoti, stimola la creativ<strong>it</strong>à, agevola la professional<strong>it</strong>à.Mette un touchscreen al centro dei desideri e dei bisogni dichiunque. Tratta l’Economist come fosse Van<strong>it</strong>y Fair e The Sunal pari dell’Herald Tribune: icone uguali per tutti, cr<strong>it</strong>eri diricerca a discrezione dell’utente.Lui ha inventato un iPhone che è anche un telefono, ma che è,soprattutto, un device in grado di connettere due mondi culturali– il vecchio e il nuovo continente – che sulla terra ferma si stannoancora studiando, e nella rete si sono già abbracciati.Perchè per Jobs la comunicazione face-to-face da un capoall’altro del mondo via internet ha incrociato naturalmente le v<strong>it</strong>edei migranti. E non più dei sofferenti e disperati che trasbordanodalla cronaca e rappresentano l’approdo primordiale del multiculturalismo.I suoi testimonial sono già quella seconda generazioneinser<strong>it</strong>a e affermata, con radici ancorate nell’integrazioneculturale del paese osp<strong>it</strong>ante e il cuore lanciato oltre oceano,verso le famiglie d'origine africane, indiane, sudamericane. Ci hamesso il futuro, Jobs dentro questi iPhone, fotografando quellavera integrazione che probabilmente noi non saremo ancora ingrado di costruire per i nostri figli, mentre lui l’ha già regalataanche ai nostri pronipoti.E infine lui ha catturato una “i” strappandola al suo destino divocale. Per trasformarla nel prefisso identificativo di un mondoin divenire: la ”i” iconografica di iPod, iPhone e iPad. Quellainterdisciplinare di iTunes e quella ist<strong>it</strong>uzionale di iMac. <strong>La</strong> “i”innovativa di iCloud, ma anche, in suo omaggio, quella interplanetariadi iSad, che tocca il cuore e vuol dire amore, ultimoemozionato saluto che la iGeneration ha tributato a Steve Jobs.iSteve, goodbye genius.libertàcivili160 2011 luglio-agosto


“L’idea di polis monocentrica e omogenea,così come tramandataci dal nostro glorioso passatoe dalla nostra cultura classica (con la c<strong>it</strong>tà sviluppatatutt’attorno all’Agorà e al Pireo) non è più praticabilené può cost<strong>it</strong>uire un ideale: viviamo in un mondoin continuo movimento, siamo tutti migranti e abbiamobisogno di spazi dinamici e policentrici in cui muoverci.<strong>La</strong> c<strong>it</strong>tà deve acquisire una sua mobil<strong>it</strong>à di sviluppoche in qualche modo riesca a far convivereuna molteplic<strong>it</strong>à linguistica, religiosa, etnica senzaprodurre dei ghetti come invece si tende a fare oggi.I luoghi di r<strong>it</strong>rovo della gente devono essere luoghiinteretnici, interlinguistici”.Franco Ferrarotti, Massimiliano Fuksas(Polis. Dialogo di sociologia urbana,Manni Ed<strong>it</strong>ore, 2006)NEL PROSSIMO NUMEROIl dialogo fra le religionilibertàciviliRealizzato con il contributo del Fondo Europeo per l’Integrazionedei c<strong>it</strong>tadini di Paesi terziBIMESTRALEDI STUDIE DOCUMENTAZIONESUI TEMIDELL’IMMIGRAZIONE

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