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«Ti adoro, mio Dio, ti amo con tutto il cuore, ti ... - Colle Don Bosco

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È la trappola costruita ad arte, <strong>con</strong> una tecnica perfetta ein assoluta autarchia: fa <strong>tutto</strong> da solo, <strong>il</strong> ragno. Anche <strong>il</strong> luogoè accuratamente scelto. Agganciata ai pampini della vite o trai rami di un profumato roseto, <strong>il</strong> solerte tessitore vi si collocasuperbamente al centro o si nas<strong>con</strong>de ai margini, da dovemanovra i f<strong>il</strong>i, paziente ma pronto all’aggressione. È così chel’insetto, nella suo volo, attratto dai colori e profumi, vi finisceinvischiato; inu<strong>ti</strong>le dibattersi, è troppo tardi. La trappola hafunzionato e la vita del ragno è assicurata.Tutto avviene sotto la spinta dell’is<strong>ti</strong>nto: nessuna cat<strong>ti</strong>veria,solo ricerca di sopravvivenza; un ciclo di natura.Anche per l’uomo ci sono trappole invisib<strong>il</strong>i, ma posizionate<strong>con</strong> intelligente malizia, persino pubblicizzate comeluoghi di liberazione, per trarne diabolici profit<strong>ti</strong> da chi,nell’esercizio della propria libertà, sia pure <strong>con</strong> leggerezza oincauta presunzione, ha la sventura di rimanerne invischiato.Sono tante. Penso ai moderni e sofis<strong>ti</strong>ca<strong>ti</strong> strumen<strong>ti</strong> informa<strong>ti</strong>ci.Navighi e <strong>ti</strong> trovi, anche per imprudente leggerezza,invischiato in una rete pensata per catturare la curiositào scatenare l’irruenza di is<strong>ti</strong>n<strong>ti</strong> non <strong>con</strong>trolla<strong>ti</strong>. Se non te neliberi subito ci rimani dentro sempre più invischiato. Il tessitorenascosto è sempre lui, <strong>il</strong> maligno che <strong>ti</strong>ene i f<strong>il</strong>i dellaragnatela. E <strong>ti</strong> è sopra per succhiar<strong>ti</strong> all’ul<strong>ti</strong>ma goccia quellapurezza solare che <strong>il</strong>lumina la vita.Così per certe disinvolte amicizie. Un occasione di svago,una nuova esperienza: i f<strong>il</strong>i sot<strong>ti</strong>li già <strong>ti</strong> hanno invischiato. Fa<strong>il</strong>a tua vita, sembrerebbe normale, ma i f<strong>il</strong>i della ragnatela <strong>ti</strong>tengono stretto; se non lasci subito, ne sarai prigioniero. E latua vita, la tua famiglia ne esce risucchiata, dissanguata.E che dire delle «ragnatele» delle ideologie, dell’idolatriadel successo, del profitto, del danaro: una rete che non lasciascampo, che, anzi, ab<strong>il</strong>ita a tessere altre ragnatele per catturarealtri incaute vit<strong>ti</strong>me.E le «ragnatele» delle sette religiose o delle pra<strong>ti</strong>che supers<strong>ti</strong>ziose?Sono un po’ dapper<strong>tutto</strong>, persino nei giardinifiori<strong>ti</strong> delle persone «devote», tra gli angoli insignifican<strong>ti</strong> delquar<strong>ti</strong>ere… Il predatore astuto sa come distruggere quei«fondamentali» della fede e della fedeltà alla Chiesa, appresialla scuola dei padri, come pun<strong>ti</strong> indiscussi di riferimento.E si potrebbe <strong>con</strong><strong>ti</strong>nuare. Valga per tut<strong>ti</strong> l’ammonimentodi San Pietro, alle prime comunità cris<strong>ti</strong>ane, anch’esse esposteal rischio delle trappole: «…vig<strong>il</strong>ate. Il vostro nemico, <strong>il</strong> diavolo,come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli,saldi nella fede» (1 Pt 5,8-9).Oggi <strong>il</strong> maligno usa nuovi strumen<strong>ti</strong> piazza<strong>ti</strong> un po’ dovunque.Dunque: «Vig<strong>il</strong>ate!» Ma c’è un radar sicuro che ne indicala presenza: è la coscienza, alimentata costantemente dallapreghiera, dai sacramen<strong>ti</strong>, dalla Parola di <strong>Dio</strong> e della suaChiesa. Sarà essa a segnalare i pericolo e a indicare la direzione.Così prega <strong>il</strong> cantore sacro: «Scrutami, <strong>Dio</strong>, e <strong>con</strong>osci <strong>il</strong><strong>mio</strong> <strong>cuore</strong>, vedi se percorro una via di menzogna e guidami sullavia della vita» (Salmo 138,23-24). E ancora: «A te, Signore, sonorivol<strong>ti</strong> i miei occhi; proteggimi dal laccio e dalle trappole che mitendono» (Salmo 141,9).<strong>Don</strong> Em<strong>il</strong>io ZeniIL PUNTOlaragnatela


l’angolodelle curiositàNataleCERRATOFacezie giovan<strong>il</strong>i<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>, già in Seminario a Chierie poi nei primi anni torinesi, non mancòdi rivelare <strong>il</strong> suo gusto per la battutascherzosa, la descrizione umoris<strong>ti</strong>ca anchedelle sue più serie avventure. Ce nedanno tes<strong>ti</strong>monianza le ben note MemorieBiografiche (MB) e le sue personaliMemorie dell’Oratorio (MO).<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>, foto del 1878(par<strong>ti</strong>colare).Il rasoio di legnoDa giovane seminarista a Chieri, Giovannisapeva tenere allegri i compagni<strong>con</strong> la sua <strong>con</strong>versazione ricca di spun<strong>ti</strong>umoris<strong>ti</strong>ci.Un giorno annunziò loro di essere capacea farsi la barba <strong>con</strong> un rasoio di legno.I compagni, benché abitua<strong>ti</strong> ai suoischerzi di parola, ne rimasero sorpresi egli risposero che era impossib<strong>il</strong>e. Ma <strong>il</strong>chierico Giovanni <strong>Bosco</strong> (Bòsch in piemontese)lo affermò risolutamente. Siscommesse ed all’ora fissata i compagnine fecero la prova. Corsero nella cameratae lo trovarono occupato a radersi labarba <strong>con</strong> un rasoio auten<strong>ti</strong>camente metallico:– E dov’è <strong>il</strong> rasoio di legno?– Oh, bella! Il <strong>mio</strong> cognome qual è?– <strong>Bosco</strong>!– Questo rasoio di chi è?– E tuo!– Dunque è rasoio di <strong>Bosco</strong>, e voiavete perduto la scommessa!Scommessa e dialogo, naturalmentevennero fat<strong>ti</strong> in piemontese e in piemontese“bòsch” significa “legno”. I compagni,rimas<strong>ti</strong> sorpresi, dovettero dargli ragione!(cf MB 1,387).Castello di Cinzano (Torino).Uno scherzo tra amici questa volta enon più una battuta mordace. Giovanniaveva davvero fatto un bel progresso.A Cinzano in casa del prevostoNell’estate del 1837 durante le vacanzees<strong>ti</strong>ve <strong>il</strong> chierico <strong>Bosco</strong> si recò ingita <strong>con</strong> degli amici a Cinzano per visitare<strong>il</strong> prevosto, zio del suo amico LuigiComollo. Giunto in paese venne a sapereche <strong>il</strong> prevosto era assente. La gitaera avviata e bisognava pur far qualcosa.Il chierico <strong>Bosco</strong> s’informò del nomedella donna di servizio di <strong>Don</strong> Comollo.Gli dissero che si chiamava Maddalena.Bussò alla porta della canonica, ma ladomes<strong>ti</strong>ca non l’aveva mai visto e l’accolsefreddamente.– Mi rincresce – le disse <strong>il</strong> chierico<strong>Bosco</strong> –, perché <strong>Don</strong> Comollo è <strong>mio</strong>grande amico e poi ero venuto anche per<strong>con</strong>oscere la signora Maddalena che midissero essere una persona molto gen<strong>ti</strong>le!– Maddalena sono io!– Oh, lei, la padrona?– Che padrona! Io sono una poveraserva!– Non dica questo. <strong>Don</strong> Comollo nonha parole per lodarsi di lei!– Tutta bontà sua! Faccio quello cheposso!– Mi rincresce proprio; avevo fatto<strong>con</strong>to di passare la giornata <strong>con</strong> lui, mapazienza!– Ma no. Ha già pranzato? Non facciacomplimen<strong>ti</strong>, si accomodi!


– Ma lei ha troppo da fare e poi... hoanche altri amici!– Li faccia venire!A farla breve <strong>il</strong> chierico <strong>Bosco</strong> potéportare dentro tut<strong>ti</strong> i suoi amici a godersiun buon pranzetto in allegria.A <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>, sin d’allora non mancavanoné l’arguzia né l’ab<strong>il</strong>ità di ottenereciò che voleva (cf MB 1,428-431).Un curioso quadrettoA Torino <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> aveva appenatrasferito <strong>il</strong> suo Oratorio ambulantenel chiostro del Cimitero di San Pietroin Vincoli, Ed ecco ciò che <strong>il</strong> Santo nescrisse anni più tardi:«Ma in quel sito esisteva un terrib<strong>il</strong>erivale, da noi ignorato. Era ques<strong>ti</strong> nonun defunto, che in gran numero riposavanonei vicini sepolcri, ma una personavivente, la serva del cappellano. Appenacostei cominciò a udire i can<strong>ti</strong> e le vocie, dici<strong>amo</strong> anche, gli schiamazzi degliallievi, uscì fuori di casa su tutte lefurie, e colla cuffia per traverso e collemani sui fianchi si diede ad apostrofarela mol<strong>ti</strong>tudine dei trastullan<strong>ti</strong>. Con leiinveiva una ragazzina, un cane, un gatto,tutte le galline, di modo ché sembravaessere imminente una guerra europea»(MO 148).Come si può notare lo s<strong>ti</strong>le scherzosodi questo incidente che causò l’allontanamentodell’Oratorio di <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> costrettoa cercare un altro sito, è più cheevidente.<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> impazzito?Gli inizi dell’Oratorio di <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>in zona Valdocco, quando egli era giovanesacerdote a Torino, furono tutt’altroche fac<strong>il</strong>i. La difficoltà di trovare unabase sicura, la mancanza di comprensioneda parte di chi lo vedeva nella zona acapo di una banda di ragazzi di strada,la sua stessa salute, mentre egli sognavadi una sede stab<strong>il</strong>e <strong>con</strong> chiesa, locali euna fiorente at<strong>ti</strong>vità, indusse dei sacerdo<strong>ti</strong>suoi amici a credere che fosse un uomoscosso nella salute e decisero... Ma sen<strong>ti</strong><strong>amo</strong>ciò che egli stesso descrive nellesue Memorie:«Intanto prevaleva ognor più la voceche <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> era divenuto pazzo. Imiei amici si mostravano dolen<strong>ti</strong>; altri ridevano;ma tut<strong>ti</strong> si tenevano lontani dame. L’Arcivescovo lasciava fare; <strong>Don</strong>Cafasso <strong>con</strong>sigliava di temporeggiare, <strong>il</strong>Teologo Borrelli taceva. Così tut<strong>ti</strong> i mieicollaboratori mi lasciavano solo in mezzoa circa quattrocento ragazzi.In quell’occasione alcune rispettab<strong>il</strong>ipersone vollero prendersi cura della miasanità.– Questo <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>, diceva uno d<strong>il</strong>oro, ha delle fissazioni, che lo <strong>con</strong>durrannoinevitab<strong>il</strong>mente alla pazzia. Forseuna cura gli farà bene. Conduci<strong>amo</strong>lo almanico<strong>mio</strong>, e colà coi dovu<strong>ti</strong> riguardi, sifarà quanto la prudenza suggerirà.Furono incarica<strong>ti</strong> due di venirmi aprendere <strong>con</strong> una carrozza e <strong>con</strong>durmial manico<strong>mio</strong>. I due messaggeri mi salutaronocortesemente; di poi, chiestemino<strong>ti</strong>zie della sanità, dell’Oratorio, del futuroedificio e chiesa, trassero infine unprofondo sospiro e proruppero in questeparole:– È vero!Dopo ciò mi invitarono di recarmi secoloro a fare una passeggiata.– Un po’ d’aria <strong>ti</strong> farà bene; vieni; abbi<strong>amo</strong>appunto la carrozza, andremo insiemeed avremo tempo a discorrere.Mi accorsi allora del gioco che mi volevanofare, e senza mostrarmene accorto,li accompagnai alla vettura, insistet<strong>ti</strong>che essi entrassero primi a prendere postonella carrozza, e invece di entrarcianch’io, ne chiusi lo sportello in fretta,dicendo al cocchiere:– Andate <strong>con</strong> tutta celerità al manico<strong>mio</strong>,dove ques<strong>ti</strong> due ecclesias<strong>ti</strong>ci sonoaspetta<strong>ti</strong>» (MO 163-164).Ciò che seguì è fac<strong>il</strong>e immaginarlo.l’angolodelle curiositàCimitero di San Pietroin Vincoli (Torino).Chiesa di Cinzano (Torino).Gli inizi dell’Oratoriodi <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>,in zona Valdocco,quando eragiovane sacerdote,furono tutt’altroche fac<strong>il</strong>i.5


San Vincenzo De Paoli.vedova del segretario di Maria de Medici,regina di Francia. È quella Luisa diMar<strong>il</strong>lac che, di<strong>con</strong>o i biografi, «forse unpo’ cucita male, ma che Vincenzo cucìbene, facendone una grande santa». Attornoa essa, nello spirito di Vincenzo,sorsero le Figlie della Carità, un esercitodi suore per i tempi nuovi, non più diclausura, ma a vivere, colme di Gesù, nelmondo, mai del mondo, e a servire i piùpoveri. Napoleone, un giorno, vedendopassare una di loro – di quei tempi – disseai suoi ministri:– Voi tut<strong>ti</strong> insieme non valete mezzaFiglia della Carità.Nel ’600, la storia di Monsieur Vincente dei suoi Pre<strong>ti</strong> della Missione edelle Figlie della Carità, è una singolareepopea della carità teologale, non dif<strong>il</strong>antropia né di umanitarismo: di carità<strong>con</strong> Gesù al centro, come unico Amato.Dai sacerdo<strong>ti</strong>dipende <strong>il</strong> Cris<strong>ti</strong>anesimoLa fama di Vincenzo arrivava dovunque.Il popolo lo amava, la corte reale los<strong>ti</strong>mava. Ebbe l’amicizia di Luigi XIIIe del poten<strong>ti</strong>ssimo cardinale Richelieu:quello dei Tre moschet<strong>ti</strong>eri. Alla mortedi Luigi XIII, la regina volle Vincenzonel Consiglio Reale. E allora si vide unadelle cose più diverten<strong>ti</strong> della storia francese:<strong>il</strong> povero Vincenzo, figlio di <strong>con</strong>tadini,sedere nel Consiglio della Coronaaccanto al successore di Richelieu, <strong>il</strong>cardinale Mazarino: <strong>il</strong> primo <strong>con</strong> la testapiena di Gesù e dei suoi poveri, dei pre<strong>ti</strong>da rendere sempre più san<strong>ti</strong> per salvare leanime; <strong>il</strong> se<strong>con</strong>do, cardinale, ma non sacerdote,<strong>con</strong> la testa occupata dagli intrighiper la grandeur della Francia.Mazarino si sen<strong>ti</strong>va um<strong>il</strong>iato, nonostantela porpora, alla presenza di quelpovero prete, profumato di Cristo. Vincenzosoffriva per le manie di potenzadi quell’uomo che pure avrebbe voluto<strong>con</strong>quistare alla visione dell’<strong>amo</strong>reuniversale di Cristo. Anche a Mazarino,Vincenzo faceva sen<strong>ti</strong>re l’urgenza diquanto diceva ai pre<strong>ti</strong>, i suoi, e a quelli diFrancia e di Europa:«Se un buon sacerdote può fare ungrande bene, quanto male fa uno cat<strong>ti</strong>vo,quando vi si applica. O Gesù, <strong>mio</strong> Salvatore,quanto dobbi<strong>amo</strong> darci da fare noimissionari per formare buoni pre<strong>ti</strong>, ciòche è l’opera più diffic<strong>il</strong>e, più nob<strong>il</strong>e epiù importante per la salvezza delle animee <strong>il</strong> progresso del Cris<strong>ti</strong>anesimo!»E non si stancava di spiegare:«Figli miei, <strong>il</strong> carattere dei sacerdo<strong>ti</strong>è divino e incomparab<strong>il</strong>e, dà potere sulCorpo di Gesù Cristo, così che gli angel<strong>il</strong>o ammirano, e ha la facoltà di rimetterei pecca<strong>ti</strong> degli uomini. Non c’è nulla dipiù grande e di più mirab<strong>il</strong>e? Oh, signori,che grande cosa è un santo sacerdote!Dai sacerdo<strong>ti</strong> dipende la felicità del Cris<strong>ti</strong>anesimo:perché se i parrocchiani vedonoun santo prete, un caritatevole pastore,l’onorano e seguono la sua voce esi fanno san<strong>ti</strong>. Oh, come dobbi<strong>amo</strong> cercaredi renderli tut<strong>ti</strong> buoni, san<strong>ti</strong>, i pre<strong>ti</strong>,perché questo è <strong>il</strong> nostro ufficio e <strong>il</strong> sacerdozioè realtà tanto sublime» (cfr Conferenzeai pre<strong>ti</strong> della Missione, EdizioniVincenziane, Roma 1959, pp. 27-37).Se ne è andato <strong>con</strong> Gesù, <strong>il</strong> 27 settembre1660, proprio 350 anni fa, ma oggic’è forse un discorso più attuale e stringentedel suo?La san<strong>ti</strong>ficazione dei sacerdo<strong>ti</strong>, l’impegnoass<strong>il</strong>lante, bruciante per la salvezzadelle anime, l’essere un altro Gesù:solo questo può appassionare dei giovania diventare oggi, sacerdo<strong>ti</strong> veri, luminosi,felici.annosacerdotaleInizi dell’Is<strong>ti</strong>tutodelle Figlie della Carità.Santa Luisa de Mar<strong>il</strong>lac.7


<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> vistodai suoi <strong>con</strong>temporaneiClaudioRUSSO<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> visto da <strong>Don</strong> MLA FAMA DI SANTITÀBeato <strong>Don</strong> Michele Rua(quadro di Enrico Reffo).La coper<strong>ti</strong>na del libro nelquale si trovano diversibrani delle tes<strong>ti</strong>monianzequi riportate.8A volte capita di essere «e<strong>ti</strong>chetta<strong>ti</strong>»dagli altri, per una caratteris<strong>ti</strong>ca, un pregioo un difetto, una qualità buona o cat<strong>ti</strong>vache emerge sulle altre. Ci fa piacere,se l’e<strong>ti</strong>chetta è bella; altre volte ce la vorremmoscrollare di dosso perché la percepi<strong>amo</strong>come un giudizio severo, perchénon corrisponde a quel che vorremmoessere, o a ciò che ci sforzi<strong>amo</strong> di fareogni giorno. In ques<strong>ti</strong> casi ci pesa. Equanta fa<strong>ti</strong>ca per <strong>con</strong>vincere gli altri chenon si<strong>amo</strong> così come ci vedono!<strong>Don</strong> Giovanni <strong>Bosco</strong> fu «e<strong>ti</strong>chettato»come «santo». Lui non fece nulla percercare questa «e<strong>ti</strong>chetta». O meglio: fecedi <strong>tutto</strong> per amare <strong>Dio</strong> e <strong>il</strong> prossimo.Ma l’e<strong>ti</strong>chetta, a lui, non interessava. Glifu appiccicata da tante persone che lo <strong>con</strong>oscevanoe ammiravano le sue opere.<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> a Parigi (quadro di Nino Musìo).Castelnuovo, Chieri, Torino«Fin da quando era giovinetto, già eratanto s<strong>ti</strong>mato per le sue virtù, che tanto aCastelnuovo quanto in Chieri i buoni genitoridesideravano vivamente che i lorofigli frequentassero la compagnia delgiovane <strong>Bosco</strong> – tes<strong>ti</strong>moniò don MicheleRua al processo di bea<strong>ti</strong>ficazione e canonizzazione–. (…) Quando poi ricevettel’abito chiericale dalle mani del suo parroco,fu una commozione, e direi una festagenerale, per Castelnuovo d’As<strong>ti</strong>, suopaese; mentre per altri, che presero l’abitoquell’anno stesso o negli anni preceden<strong>ti</strong>e seguen<strong>ti</strong>, non se ne faceva caso.Non saprei attribuire tale gaudio se nonalla grande s<strong>ti</strong>ma e <strong>con</strong>seguente affettoche si aveva per le virtù del giovane <strong>Bosco</strong>.In seminario lasciò di sé molto buonaopinione, sia nei superiori sia nei colleghi».Era appena all’inizio del suo cammino.Ma Giovanni <strong>Bosco</strong> aveva già individuatola sua «strada», che <strong>con</strong><strong>ti</strong>nuerà apercorrere <strong>con</strong> l’aiuto di <strong>Dio</strong> e <strong>con</strong> determinazione.«Fatto sacerdote, si sparse ben tostoin Torino la fama della sua san<strong>ti</strong>tà – proseguedon Rua –. Ricordo che quando venivaa dire la Messa agli allievi dei Fratellidelle Scuole Cris<strong>ti</strong>ane, pareva cheuna corrente elettrica muovesse tut<strong>ti</strong> queinumerosi fanciulli. Tut<strong>ti</strong> gli erano attornoper baciargli la mano, mentre, venendoaltri sacerdo<strong>ti</strong>, anche più autorevoli,nulla si vedeva di tale trasporto. Quandopoi <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> veniva per le <strong>con</strong>fessioni,gli altri <strong>con</strong>fessori avevano poco da fare,tut<strong>ti</strong> cercando di andare da lui».Le mo<strong>ti</strong>vazioniQuesta s<strong>ti</strong>ma nasceva da fat<strong>ti</strong> <strong>con</strong>cre<strong>ti</strong>.«Quando <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> divenne fondatoredell’Oratorio e Ospizio di San Francescodi Sales, quando si videro i suoibei libri, tanto edifican<strong>ti</strong> ad uso della gioventùe del basso popolo, quando lo sivide cimentarsi <strong>con</strong> le “Letture Cattoliche”<strong>con</strong> gli ere<strong>ti</strong>ci, facendo <strong>con</strong> tantocoraggio argine alla loro invasione, crebbee si diffuse immensamente l’opinionedella sua san<strong>ti</strong>tà – rac<strong>con</strong>tava don Rua –.


ichele Rua 3Malgrado gli scrit<strong>ti</strong> che si pubblicarono<strong>con</strong>tro di lui dagli ere<strong>ti</strong>ci stessi e dai liber<strong>ti</strong>ni,non diminuì niente la fama dellasan<strong>ti</strong>tà di <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>, anzi, andò ancorcrescendo di modo che da tutte le par<strong>ti</strong> sicominciò a ricorrere a lui per <strong>con</strong>sigli negliaffari più intrica<strong>ti</strong> come a persona superiormenteispirata e assis<strong>ti</strong>ta <strong>con</strong> donispeciali da <strong>Dio</strong>. (…) La fama di san<strong>ti</strong>tà di<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> si andò sempre più estendendoallorché si videro opere sommamenteardue compiersi per suo mezzo, come glioratori fes<strong>ti</strong>vi, orfanotrofi, scuole, collegi,chiese, santuari, sommamente grandiosi,e tanto più quando si videro glieffet<strong>ti</strong> delle sue preghiere e benedizioni<strong>con</strong> guarigioni prodigiose, <strong>con</strong> la <strong>con</strong>servazionedei frut<strong>ti</strong> della campagna, <strong>con</strong>la <strong>con</strong>versione di anime perdute, ecc.; equando si videro verificarsi le sue predizioni<strong>con</strong>tro ogni umana probab<strong>il</strong>ità.(…) Si deve veramente credere che questafama di san<strong>ti</strong>tà abbia avuto originee si sia sv<strong>il</strong>uppata per la <strong>con</strong>templazionedi quella carità ardente <strong>con</strong> cui cercavai fanciulli più abbandona<strong>ti</strong> e dissipa<strong>ti</strong>,quali erano gli stessi carcera<strong>ti</strong> corrigendi,i giovani che vagavano sulle piazzee sulle vie in pericolo di diventare furfantelli,facendone ot<strong>ti</strong>mi cittadini, ferven<strong>ti</strong>cris<strong>ti</strong>ani e provvedendo in seguitocol suo zelo e sollecitudini mol<strong>ti</strong> e buonioperai alla Chiesa».<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> vistodai suoi <strong>con</strong>temporaneiUn punto di riferimentoConsiderato ancora in vita un santo,<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> diventò per tan<strong>ti</strong> un puntodi riferimento non solo per un <strong>con</strong>siglio,ma anche per un aiuto, una intercessione.«Si ricorreva a lui per ottenerel’appoggio delle sue preghiere, avere lasua benedizione, ottenere l’aiuto celesteper qualche necessità. Dacché intrapresela fabbrica del Santuario di Maria Aus<strong>il</strong>iatrice,io – tes<strong>ti</strong>moniò <strong>Don</strong> Rua –, chesempre gli ero accanto e che dovevo risponderealla massima parte delle letterea lui indirizzate, posso osservare che eranocen<strong>ti</strong>naia e talvolta migliaia le lettereche egli riceveva ogni set<strong>ti</strong>mana, <strong>con</strong>cui si imploravano le sue orazioni, comequelle di un santo che <strong>tutto</strong> può presso<strong>Dio</strong>. Né solamente persone di bassa <strong>con</strong>dizione,che a lui ricorressero, ma i ricchipiù che i poveri, i dot<strong>ti</strong> più che gliignoran<strong>ti</strong>, gli ecclesias<strong>ti</strong>ci di ogni grado,non esclusi i vescovi, i cardinali a lui ricorrevanoper ottenere l’assistenza dellesue orazioni. Quando poi i suoi affari loportavano nei paesi o nelle città più coltee più popolose, eccitava le meraviglie diognuno <strong>il</strong> vedere di quanta venerazioneper la sua san<strong>ti</strong>tà fosse dovunque cir<strong>con</strong>dato.Vidi io stesso in parecchi v<strong>il</strong>laggiinginocchiarsi <strong>il</strong> popolo al suo passaggio,portargli infermi per averne la benedizione».L’ul<strong>ti</strong>mo viaggio a Roma«Quando nel 1887 si portò per l’ul<strong>ti</strong>mavolta a Roma, da me accompagnato– <strong>con</strong>clude don Rua –, non erano piùsolamente gli individui o le famiglie checercassero la sua benedizione, ma eranole comunità religiose, i vari Seminari,che venivano attrat<strong>ti</strong> dalla fama della suasan<strong>ti</strong>tà, per avere la fortuna di vederlo, diimplorare le sue preghiere e di essere dalui benedet<strong>ti</strong>».<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> fu proclamato ufficialmente«santo» dalla Chiesa nel 1934. <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> in<strong>con</strong>tra Pio IX(quadro di Nino Musìo).Il portare la crocedella mor<strong>ti</strong>ficazioneinterna ed esternafu <strong>il</strong> quo<strong>ti</strong>dianoeserciziodi <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>.9


dialogoin famigliaGiovannaCOLONNAVita di parrocchiaPerché non riesco ad andare d’accordo<strong>con</strong> <strong>il</strong> <strong>mio</strong> parroco?Perché non lo capisco?Perché non vedo in lui una guida, unesempio, una persona di fiducia?Vita dura quella dei parroci: sono soli,sono pochi, hanno m<strong>il</strong>le incombenze evogliono essere pre<strong>ti</strong>, pastori, fratelli <strong>con</strong>i fratelli; invece sono amministratori,giardinieri, padri di famiglia, idraulici,elettricis<strong>ti</strong>, catechis<strong>ti</strong>, animatori di oratorio,guide turis<strong>ti</strong>che, psicologi…Vita dura quella dei parrocchiani, almenodi quelli che vorrebbero dare unamano, collaborare alla pari, e sono tratta<strong>ti</strong>e <strong>con</strong>sidera<strong>ti</strong> come «esseri inferiori»,incapaci di pensare e di pensare <strong>con</strong> s<strong>ti</strong>lecris<strong>ti</strong>ano, caren<strong>ti</strong> per la formazione, inadegua<strong>ti</strong>per l’oratorio, non <strong>con</strong>formi <strong>con</strong><strong>il</strong> pensiero del parroco, <strong>il</strong> quale si senteinves<strong>ti</strong>to della <strong>con</strong>oscenza per vivere se<strong>con</strong>do«verità e gius<strong>ti</strong>zia».Diffidenza, sospetto, mancanza di fiducia;oppure, per coloro che ries<strong>con</strong>o adentrare nelle grazie del padrone di casa,prepotenza, arroganza, sfrontatezza. Lecomunità cris<strong>ti</strong>ane pullulano di pregi e didifet<strong>ti</strong>, di persone di buona e di cat<strong>ti</strong>vavolontà, di coloro che sono di Cristo e dicoloro che sono del mondo.Cris<strong>ti</strong>ani sì, ma non in parrocchia.Cris<strong>ti</strong>ani sì, ma non <strong>con</strong> <strong>il</strong> parroco.Le omelie scialbe, gli in<strong>con</strong>tri di formazionemediocri, l’attenzione alla formapiuttosto che al <strong>con</strong>tenuto; le aule dicatechismo pulite e ordinate, ma privedel passaggio dei catechis<strong>ti</strong> e dei bambini;sala riunioni addobbata da tante stampe,tutte prive di significato per coloroche non frequentano determina<strong>ti</strong> gruppio aderis<strong>con</strong>o a determinate inizia<strong>ti</strong>ve; unprato ben rasato ma solitario: i ragazzidove sono?Le riunioni sono sempre in parrocchia,nelle aule oppure in casa dal parroco,sempre al chiuso, non si gioca mai…gli anziani seguono <strong>con</strong>ferenze e partecipanoad un pellegrinaggio una voltaall’anno… i genitori non hanno un gruppo,le giovani coppie non sono coinvoltein alcuna at<strong>ti</strong>vità… non ci sono at<strong>ti</strong>vità…si raccolgono soldi, raramente, e lasolidarietà termina dove arriva <strong>il</strong> <strong>con</strong>tenutodel portafoglio.La cri<strong>ti</strong>ca è fac<strong>il</strong>e ed abbondante, mala ricerca di pregi ed opportunità assai fa<strong>ti</strong>cosae scarsa di risulta<strong>ti</strong>: perché i parrocinon si fidano dei parrocchiani e viceversa?


Perché i parroci non affidano le «cosedi famiglia» alle famiglie?Perché coloro che <strong>con</strong>vivono <strong>con</strong> inonni non possono occuparsi dei nonnidella parrocchia?L’esperto che presenzia alle interessan<strong>ti</strong><strong>con</strong>ferenze che cosa può sapere dipiù di un figlio che si preoccupa del genitoreanziano, solo, <strong>con</strong> qualche malanno?Perché i ragazzi non tagliano l’erbanel prato dove possono giocare durantela set<strong>ti</strong>mana?Dove sono i gruppi famiglia che si fannocarico dei bisogni della parrocchia?I poveri, i senza lavoro, i separa<strong>ti</strong>,divorzia<strong>ti</strong>, stranieri, ragazze madri?Aule e sale vuote, fredde, senza voce,però pulite e ordinate.La parrocchia non è casa mia, è troppolinda e precisa. La parrocchia non èaccogliente: <strong>il</strong> clima che si respira sipuò paragonare al calore che emana uncubetto di ghiaccio.Com’era la casa di Gesù?Abitata da una famiglia, e la famigliaè in orario ma a volte è in ritardo,malata, distratta, si dimen<strong>ti</strong>ca di un appuntamento,ma sa farsi perdonare, perchésenza la famiglia non si impara atollerare, ad aspettare e rispettare i tempidi tut<strong>ti</strong>, a migliorare i pregi ed a correggerei difet<strong>ti</strong>, a perdonare, ascoltare,aiutare.La parrocchia è <strong>il</strong> riferimento deicris<strong>ti</strong>ani, perché in parrocchia trovo <strong>il</strong>sacrificio che mi salva, ed è in parrocchiache <strong>il</strong> sacrificio si <strong>con</strong>divide perl’avvento del Regno; la parrocchia è<strong>il</strong> <strong>mio</strong> terreno di missione, è l’emanazionedella carità che provo a vivere infamiglia ed è <strong>il</strong> luogo della correzionefraterna e della ri<strong>con</strong>c<strong>il</strong>iazione.Sicuramente i parroci dovrebbero ricordarsidella loro famiglia, dei genitoriche imparano giorno dopo giorno a viverela loro vocazione, dei fratelli e dellesorelle <strong>con</strong> cui hanno <strong>con</strong>diviso gioiee dolori, segre<strong>ti</strong>, bugie, fughe e ritorni;le feste, i lut<strong>ti</strong>, gli impegni: <strong>tutto</strong> è <strong>con</strong>ditonel piatto comune della <strong>con</strong>vivenzae della tolleranza.Sicuramente noi parrocchiani dobbi<strong>amo</strong>ricordarci della solitudine deinostri parroci, della loro paura di essereun piccolo resto, della forza che devonosfoderare di fronte ad incombenzeestranee dalla loro scelta di vita.Le famiglie trovano <strong>il</strong> loro senso e <strong>il</strong>loro coraggio nella loro stessa natura difamiglia.Il parroco trova senso e coraggio <strong>con</strong>i parrocchiani.Cristo voleva le parrocchie?Cristo vuole le sue creature felici,amate, realizzate e tut<strong>ti</strong> noi possi<strong>amo</strong> essereveri cris<strong>ti</strong>ani e ones<strong>ti</strong> cittadini in famigliae in parrocchia, soprat<strong>tutto</strong> quandocerchi<strong>amo</strong> di rendere più fam<strong>il</strong>iare laparrocchia e più aperta e disponib<strong>il</strong>e allaparrocchia la nostra famiglia. dialogoin famigliaLa parrocchiaè <strong>il</strong> riferimentodei Cris<strong>ti</strong>ani,perché in parrocchiatrovo <strong>il</strong> Sacrificioche mi salva...perché è <strong>il</strong> <strong>mio</strong> terrenodi missione11


Cartolina-ricordodell’Ostensione del 1898.Il Santo Volto.Giuseppe Enrie.Le Ostensionipiù recen<strong>ti</strong> e significa<strong>ti</strong>vedella Santa SindoneL’ostensione del 2010Come an<strong>ti</strong>cipav<strong>amo</strong> nel precedentear<strong>ti</strong>colo, fra poche set<strong>ti</strong>mane dal 10 apr<strong>il</strong>eal 23 maggio avrà luogo nella Cattedraledi Torino la Solenne Ostensione dellaSindone. (L’organizzazione è stata affidataa un Comitato composto dall’Arcidiocesidi Torino, dal Comune di Torino,dalla Provincia di Torino e dalla RegionePiemonte).È un evento importante per la Chiesalocale e per <strong>il</strong> territorio <strong>tutto</strong>, che porteràprobab<strong>il</strong>mente 2 m<strong>il</strong>ioni di pellegrinia Torino per vivere una forte esperienzadi ricerca e un cammino spirituale sullapassione e la sofferenza.Il motto ricorda proprio ques<strong>ti</strong> aspet<strong>ti</strong>presen<strong>ti</strong> nella vita di tut<strong>ti</strong> noi:Passio Chris<strong>ti</strong> Passio Hominis.Nell’era della televisione potrebbebastare fare vedere delle belle immaginidella Sindone e rac<strong>con</strong>tare la storia,gli studi e le ricerche. Ma <strong>il</strong> sensodell’Ostensione è proprio diverso, è ricerca,<strong>con</strong>divisione <strong>con</strong> l’altro, riflessione,ascolto, provocazione per le nostrecertezze, preghiera.Il percorso di avvicinamento al Duomosarà realizzato attraverso spazi moltosugges<strong>ti</strong>vi e normalmente non accessib<strong>il</strong>ial pubblico: i Giardini Reali bassi delMuseo di An<strong>ti</strong>chità, la Manica Nuova diPalazzo Reale nel cosiddetto infernotto,l’area archeologica del teatro romano.All’uscita dalla Cattedrale sarà possib<strong>il</strong>esostare per la meditazione e la <strong>con</strong>fessionepresso le sale di Palazzo Chiablese,appositamente ristrutturate e arredate.Un elemento che caratterizzerà anchequesta Ostensione saranno i volontari,4000, che cureranno gli aspet<strong>ti</strong> di accoglienzae servizio d’ordine e saranno tes<strong>ti</strong>monidel territorio e della nostra Chiesa.Ormai si<strong>amo</strong> abitua<strong>ti</strong> a queste figureattente che accompagnano gli «even<strong>ti</strong>».Per l’Ostensione i volontari si dis<strong>ti</strong>nguerannoanche per la capacità di creare climadi s<strong>il</strong>enzio, <strong>con</strong>sentendo uno staccoforte dalla vita quo<strong>ti</strong>diana che ci sommergedi messaggi frastornan<strong>ti</strong> e inu<strong>ti</strong>li.PASSIOCHRISTI 2Il 14 settembre 1578 la Sindone vennetrasferita da Chambéry a Torino per abbreviare<strong>il</strong> viaggio dell’Arcivescovo diM<strong>il</strong>ano, San Carlo Borromeo, che avevafatto voto di andare a venerare <strong>il</strong> SacroLino. Da allora venne esposta in varieoccasioni, in Duomo e in piazza Castello,per le feste liturgiche o per le ricorrenzedinas<strong>ti</strong>che della Casa di Savoia.1898: dal 25 maggio al 2 giugnoDurante questa esposizione Se<strong>con</strong>do Piaha fotografato <strong>il</strong> Lenzuolo mettendo inluce, attraverso l’immagine del nega<strong>ti</strong>vofotografico, par<strong>ti</strong>colari del Telo maipercepi<strong>ti</strong> prima. Indetta in <strong>con</strong>comitanza<strong>con</strong> una grande esposizione di Arte sacrae per celebrare <strong>il</strong> quarto centenariodella costruzione del Duomo di Torino, <strong>il</strong>terzo anniversario della fondazione dellaConfraternita del Santo Sudario e <strong>il</strong> 50°anniversario dello Statuto Alber<strong>ti</strong>no1931: dal 3 al 24 maggioOstensione in Duomo, in occasione dellenozze tra <strong>il</strong> principe Umberto II di Savoiae la principessa Maria Josè. Durantel’ostensione <strong>il</strong> Telo è fotografato da GiuseppeEnrie.1933: dal 24 settembre al 15 ottobreOstensione nel Duomo per celebrarel’Anno Santo straordinario.1969: dal 16 al 18 giugnoEsposizione nella cappella del Crocefissoa Palazzo Reale, per <strong>con</strong>sen<strong>ti</strong>re auna commissione di studio, nominatadal cardinal Michele Pellegrino, di effettuareuna ricognizione sul Telo. Furonoscattate le prime foto a colori.1973: 23 novembrePrima ostensione televisiva in diretta. LaSindone venne esposta ver<strong>ti</strong>calmente nel


PASSIOHOMINISSalone degli Svizzeri di Palazzo Reale ela sua immagine ha raggiunto le case dim<strong>il</strong>ioni di persone. Nell’occasione venneropreleva<strong>ti</strong> alcuni f<strong>il</strong>i e frammen<strong>ti</strong> pereffettuare analisi ematologiche e microscopiche.1978: dal 26 agosto all’8 ottobreOstensione per <strong>il</strong> quarto centenario deltrasferimento da Chambery a Torino.Prima ostensione dopo 45 anni.Oltre tre m<strong>il</strong>ioni i pellegrini. Al terminedell’ostensione, distesa su un tavolo girevole,la Sindone è stata oggetto di esamidiret<strong>ti</strong> (misure e osservazioni per 120ore <strong>con</strong>secu<strong>ti</strong>ve) compiu<strong>ti</strong> da 44 studiosiitaliani e stranieri.Nel periodo della se<strong>con</strong>da guerra mondiale<strong>il</strong> cardinal Maur<strong>il</strong>io Fossa<strong>ti</strong>, portòla Santa Sindone al santuario di Montevergine(Avellino).1980: 13 apr<strong>il</strong>eOstensione privata durante la prima visitaa Torino di Papa Giovanni Paolo II.1998: dal 18 apr<strong>il</strong>e al 14 giugnoDue m<strong>il</strong>ioni e 400 m<strong>il</strong>a visitatori. Il mottodell’Ostensione: «Tut<strong>ti</strong> gli uomini vedrannola tua salvezza», scelto dal CardinalGiovanni Saldarini, ha dettato le lineeguida delle proposte pastorali e culturalirealizzate durante l’evento.Il Papa Giovanni Paolo II viene in visitaalla Santa Sindone <strong>il</strong> 24 maggio.2000: dal 12 agosto 22 ottobreL’ostensione nell’anno del Giub<strong>il</strong>eo. Lapiù lunga della storia recente, 72 giorni.Oltre un m<strong>il</strong>ione di visitatori, alta la percentualedi stranieri.3.225 i volontari che hanno offerto la lorodisponib<strong>il</strong>ità.La macchina fotografica della prima fotografia (1898).Giovanni Paolo II in preghiera davan<strong>ti</strong> alla Sindone<strong>il</strong> 24 maggio 1998.La visita è gratuita ma per accedere alDuomo è necessario prenotare attraverso<strong>il</strong> sito www.sindone.org o al numero verdeda rete fissa 008000sindone. È proprioattraverso la prenotazione che si ries<strong>con</strong>oa garan<strong>ti</strong>re flussi ordina<strong>ti</strong>, tempibrevi di attesa e soprat<strong>tutto</strong> un clima diprofonda attenzione. Certo qualche sacrificioè inevitab<strong>il</strong>e, ma <strong>il</strong> senso del pellegrinaggioè proprio questo: mettersi inviaggio <strong>con</strong> pazienza, sopportando anchequalche scomodità, per trovare le risposteche vanno cercando <strong>il</strong> nostro <strong>cuore</strong>e la nostra mente.Si stanno organizzando mol<strong>ti</strong> momen<strong>ti</strong>di approfondimento <strong>con</strong> al centrola figura di Gesù, dalle ricostruzioni storicheagli spettacoli teatrali, dai <strong>con</strong>cer<strong>ti</strong>alle mostre d’arte (anche di grandissimovalore), dalle tes<strong>ti</strong>monianze di personalitàalla Via Crucis tut<strong>ti</strong> i venerdì. Saràdavvero una grande occasione per laChiesa ed anche un’opportunità per ciascunodi noi per offrire una tes<strong>ti</strong>monianzadi <strong>con</strong>divisione e partecipazione.Credo che molto diffic<strong>il</strong>mente questaoccasione si ripresenterà a breve!Maurizio BARADELLODirettore Generale del Comitatoper la Solenne Ostensione della SindoneSe<strong>con</strong>do Pia.Il Santo Volto.I Principi Umberto II e Maria Josè.


le parolee i s<strong>il</strong>enzi di Mariadon GiorgioCHATRIANSANTA MARIA PREGA CON NOIDopo <strong>il</strong> saluto dell’angelo, Maria «rimaseturbata e si domandava che sensoavesse un tale saluto» (Lc 1,29).All’annuncio dell’angelo Maria glidisse: «Com’è possib<strong>il</strong>e? Non <strong>con</strong>oscouomo» (Lc 1,34).Turbamento, stupore o addiritturaspavento se qualcuno ci saluta. Nessunturbamento invece quando nessuno sipone (o pone ad altri) domande sul sensodella vita alla luce della fede: <strong>Dio</strong> èmorto o, più semplicemente, non è unproblema.Più <strong>con</strong>cretamente, chi si interrogaoggi su chi sono? Da dove vengo e dovevado?Sull’affet<strong>ti</strong>vità poi… Le domande nonsono su come scoprire e vivere un camminodi relazioni sempre più profonde, maal massimo su tecniche per poter usare egiocare <strong>con</strong> i corpi. Maria ci insegna acredere senza aver paura dei dubbi checi bombardano <strong>il</strong> cervello di «perché?»Anzi, solo ponendoci domande profonde,potremo trovare risposte in Cristola Verità. Lei ci precede ed accompagnain questo i<strong>ti</strong>nerario.Non ho avuto paura di chi è entratoin casa mia e mi ha salutato: mia madreAnna mi aveva insegnato che risponderead un saluto: era già ospitalità. E poi <strong>il</strong>1non avdi avenuovo venuto aveva un volto sereno edun fare rassicurante. Però, dal come miha salutata chiamandomi “piena di grazia”e aggiungendo poi che tu, o Signore,eri <strong>con</strong> me, ho messo le mani sulle tempiee mi son chiesta, chiudendo gli occhie scuotendo la testa, che senso avesseroquelle parole.Ri<strong>con</strong>osco che tu, o Padre, sei statotante volte <strong>con</strong> me, in me, nei miei pensierie nel <strong>mio</strong> <strong>cuore</strong> di ragazza che <strong>ti</strong>scopriva in tutte le bellezze che le sonofiorite attorno e che hanno reso la vitameravigliosa e degna di essere cantata evissuta per Te.Io – me lo hai insegnato tu, Signore –non mi sono mai sen<strong>ti</strong>ta prima, arrivata,a posto: però sen<strong>ti</strong>rmi chiamare “piena digrazia” mi ha decisamente turbato, perchévolevo capire, cogliere <strong>il</strong> senso profondodi quelle parole.L’Angelo mi ha detto che sarei diventatapresto madre di un bimbo. Com’erapossib<strong>il</strong>e questo? Io mi ero già impegnataufficialmente a sposarmi <strong>con</strong> Giuseppe,<strong>il</strong> falegname che aveva la bottegasulla strada e che, lavorando, cantava.In casa mia can<strong>ti</strong>cchiavo i suoi mo<strong>ti</strong>vet<strong>ti</strong>preparando <strong>il</strong> corredo in attesa del giornoin cui sarei stata accompagnata, <strong>con</strong>una grande festa a casa sua per vivere inpieno <strong>il</strong> matrimonio. E sognavo, sogna-


er paurar paurale parolee i s<strong>il</strong>enzi di Mariavo, perché mancava ancora molto tempoa quella mèta.Avere un figlio subito? Non era possib<strong>il</strong>e.Signore, io amavo troppo <strong>il</strong> <strong>mio</strong>sposo e mai e poi mai avrei bruciatole tappe del nostro cammino d’<strong>amo</strong>re.Averlo da qualcun altro? Possib<strong>il</strong>ità mainemmeno sfiorata. Confesso che, nel turbiniodi ques<strong>ti</strong> pensieri, ho sen<strong>ti</strong>to unavampata di calore sul viso: senz’altro erodiventata tutta rossa.Ma quando ho cominciato ad intuireche quel <strong>mio</strong> figlio sembrava avere tuttele caratteris<strong>ti</strong>che del figlio promesso daIsaia e nato da una vergine, proprio comeero anch’io, che tempesta nel <strong>mio</strong> <strong>cuore</strong>!Com’era possib<strong>il</strong>e che si realizzasseproprio in me <strong>il</strong> sogno segreto ed impossib<strong>il</strong>edi tutte le ragazze ebree che sen<strong>ti</strong>vanorac<strong>con</strong>tare in casa del Messia futuro?Il Figlio di <strong>Dio</strong> Al<strong>ti</strong>ssimo, <strong>il</strong> discendentedi Davide, <strong>il</strong> Santo crescere nel<strong>mio</strong> grembo, nutrirsi al <strong>mio</strong> seno, chiamarmimamma? Vederlo diventare adultoe, se<strong>con</strong>do la parola dei profe<strong>ti</strong>, predicare,guarire i ciechi, sanare i mala<strong>ti</strong>, liberarei prigionieri, vincere <strong>il</strong> potere delletenebre?Signore, questo mi sembrava troppo.Ricordo che, a capo chino, mi tormentavole mani e non riuscivo a mettere incolonna i miei sen<strong>ti</strong>men<strong>ti</strong>. Mi ero sempresforzata di seguire la legge, di ricambiarei tuoi doni <strong>con</strong> la preghiera e di <strong>con</strong>dividerli<strong>con</strong> gli altri attraverso i piccoli serviziche sapevo fare.La volontà di seguire i tuoi pianic’era, ma quel giorno ero <strong>con</strong>fusa e <strong>il</strong><strong>cuore</strong> mi stava per scoppiare.Allora tu, o Padre, mi hai fatto capireche i tuoi metodi non erano i miei e chele tue strade non erano quelle che preferivoio, tranqu<strong>il</strong>le e sicure da percorrerea volte, in mezzo a due muri di pietre cheriverberavano <strong>il</strong> calore del sole sul visoed altre presso alberi alla cui ombra sitrovava ristoro. Tu avevi scelto una diret<strong>ti</strong>ssima,una strada che mettesse subitoin collegamento <strong>il</strong> tuo cielo <strong>con</strong> la mia,nostra terra.Lo Spirito Santo avrebbe posato su dime la sua ombra ed ecco <strong>il</strong> sogno diventarerealtà. Mi avevi anche lasciato unsegno <strong>con</strong>creto del tuo s<strong>ti</strong>le: Elisabetta,mia cugina, incapace di generare da sempreed ormai avan<strong>ti</strong> negli anni aspettavaun figlio ed era già al sesto mese!Prima di lei, altre donne ster<strong>il</strong>i avevanopartorito: Sara, madre di Giacobbe,Anna di Samuele.Davvero nulla è impossib<strong>il</strong>e a te, <strong>mio</strong>Signore.Anche una vergine, anch’io posso<strong>con</strong>cepire: sei tu e solo tu <strong>il</strong> <strong>Dio</strong> dellaVita e della Storia! E dopo di me, altrevergini dimostreranno tutta la loro o,meglio, la tua forza, affrontando senzapaura <strong>il</strong> mar<strong>ti</strong>rio per restare fedeli a tuoFiglio: Cec<strong>il</strong>ia, Lucia, Agnese durante lepersecuzioni romane, Maria Goret<strong>ti</strong> agliinizi del secolo scorso.Grazie, o Padre!15


emergenzaeduca<strong>ti</strong>vaa cura diS<strong>il</strong>viaFALCIONEè diffic<strong>il</strong>eeducare OGGI?Intervista a <strong>Don</strong> Domenico Ricca, Cappellano del Ferrante Apor<strong>ti</strong>, Torino«... Non pochigenitori e insegnan<strong>ti</strong>sono tenta<strong>ti</strong>di rinunciareal proprio compito...»16Vorrei par<strong>ti</strong>re da una provocazione diPapa Benedetto XVI che dice:«Educare non è mai stato fac<strong>il</strong>e e oggisembra diventare sempre più diffic<strong>il</strong>e:perciò non pochi genitori e insegnan<strong>ti</strong>sono tenta<strong>ti</strong> di rinunciare al propriocompito, e non ries<strong>con</strong>o più nemmenoa comprendere quale sia, veramente, lamissione loro affidata. Si parla perciòdi una grande “emergenza educa<strong>ti</strong>va”,<strong>con</strong>fermata dagli insuccessi a cui troppospesso vanno in<strong>con</strong>tro i nostri sforzi performare persone solide, capaci di collaborare<strong>con</strong> gli altri e di dare un senso allapropria vita. Viene spontaneo, allora, incolparele nuove generazioni, come se ibambini che nas<strong>con</strong>o oggi fossero diversida quelli che nascevano nel passato.Si parla inoltre di una “frattura fra le generazioni”,che certamente esiste e pesa,ma che è l’effetto, piuttosto che la causa,della mancata trasmissione di certezze edi valori».Oggi si<strong>amo</strong> di fronte a una vera e propria“pol<strong>ti</strong>glia valoriale e comportamentale”,sempre più accettata dal corpo sociale,che porta ad una generale deregula<strong>ti</strong>ondei comportamen<strong>ti</strong>: la trasgressionenon scandalizza più e ci si trova di frontead un “cas<strong>ti</strong>ng personale di massa”.È la fotografia scattata dal Censis aigiovani fra i 18 e i 30 anni in una ricercapresentata a Roma. Un numero sempremaggiore di ques<strong>ti</strong> giovani pensano cheavere successo nella vita significa soprat<strong>tutto</strong>realizzare le proprie aspirazioni(37,9%) ed essere se stessi (25,4%),e che <strong>il</strong> modello vincente che la societàpropone è quello di diventare ricchi ef<strong>amo</strong>si (31,3%) (Censis, Giovani, la trasgressioneche non scandalizza, RedattoreSociale 16 giugno 2009). Però, ungiovane su quattro <strong>con</strong>sidera importante<strong>il</strong> “fare qualcosa di u<strong>ti</strong>le per gli altri”.La gerarchia delle cose importan<strong>ti</strong>della vita vede ancora <strong>con</strong>fermare <strong>il</strong> primatodi quegli aspet<strong>ti</strong> lega<strong>ti</strong> alla sfera piùprivata ed in<strong>ti</strong>ma della persona: famiglia,<strong>amo</strong>re, amicizia. Ma sembra leggermenteaccrescersi l’importanza attribuitaall’impegno sociale, culturale, religiosoe la stessa at<strong>ti</strong>vità poli<strong>ti</strong>ca segnala <strong>il</strong> <strong>ti</strong>midorisveglio di attenzione verso problemie bisogni della vita collet<strong>ti</strong>va.Anche l’atteggiamento verso <strong>il</strong> futurosubisce influenze nega<strong>ti</strong>ve se siguarda alle <strong>con</strong>dizioni di partenza.L’atteggiamento <strong>con</strong> <strong>il</strong> quale si affrontala vita varia molto a se<strong>con</strong>da delle<strong>con</strong>dizioni in cui ci si trova a viverlae degli strumen<strong>ti</strong> che si hanno a disposizioneper affrontarla.Il maggior tasso di fatalismo è presentetra coloro che sono inat<strong>ti</strong>vi, segui<strong>ti</strong>dai disoccupa<strong>ti</strong>, mentre sia gli studen<strong>ti</strong>sia coloro che svolgono un lavoro si collocanonell’area dell’autodeterminazione.Anche le <strong>con</strong>dizioni fam<strong>il</strong>iari influis<strong>con</strong>osu tale atteggiamento.Inoltre coloro che provengono da famiglieculturalmente povere, si collocanodecisamente nella zona del fatalismo,al <strong>con</strong>trario di chi invece ha i genitori<strong>con</strong> gradi di istruzione eleva<strong>ti</strong>.La mancanza di un futuro come promessaarresta <strong>il</strong> desiderio nell’assolutopresente. Meglio star bene e gra<strong>ti</strong>ficarsioggi se <strong>il</strong> domani è senza prospet<strong>ti</strong>va.Quali sono, se<strong>con</strong>do la tua esperienza,i maggiori bisogni educa<strong>ti</strong>vi dioggi?In un clima di frag<strong>il</strong>ità e frammentarietà,dove sono saltate le grandi cornici,i ragazzi hanno bisogno di una cura maggiore,di un accompagnamento discreto,ma costante, di non essere abbandona<strong>ti</strong> ase stessi. Hanno bisogno di adul<strong>ti</strong> competen<strong>ti</strong>.Ma chi è l’adulto “abbastanza competente”.I genitori no, gli insegnan<strong>ti</strong>neppure... Sarà lo specialista, <strong>il</strong> terapeuta?No, per ques<strong>ti</strong> adolescen<strong>ti</strong> l’adultocompetente è chiunque col<strong>ti</strong>vi ed esprimauna forte passione per «qualcosa».


<strong>Don</strong> Domenico Ricca.Ecco, quando individuano qualcuno chese<strong>con</strong>do loro va bene, in base a criterianche diffic<strong>il</strong>i da decodificare, possonoesserne soggioga<strong>ti</strong>. Anche un docenteun po’ svitato, ma realmente appassionatodella sua materia, diventa un puntodi riferimento, una risorsa. Gli altri adul<strong>ti</strong>– quelli opachi – non sono <strong>con</strong>testa<strong>ti</strong>,non sono avversari da abbattere, semplicementerimangono del <strong>tutto</strong> irr<strong>il</strong>evan<strong>ti</strong>.Penso ad adul<strong>ti</strong> che sappiano aiutarea dar senso ai significa<strong>ti</strong>, che sappiano<strong>con</strong>iugare <strong>amo</strong>re-tenerezza <strong>con</strong> <strong>amo</strong>refermezza.Un figlio deve in<strong>con</strong>trare anche, crescendo,l’<strong>amo</strong>re‐fermezza, ossia una seriedi regole coeren<strong>ti</strong>, adeguate all’età, euna guida. Le regole danno sicurezza e<strong>con</strong>sentono di fare delle previsioni; indicanoche i genitori hanno <strong>il</strong> <strong>con</strong>trollo dellasituazione, che sanno che cosa è beneper loro e che cosa si aspettano da loro.L’<strong>amo</strong>re fermezza (che è l’oppostodella durezza, della freddezza e dell’indifferenza),ha come obiet<strong>ti</strong>vo l’apprendimentograduale dell’arte di vivere,l’acquisizione di una progressivaautonomia e fiducia in se stessi.Penso ad adul<strong>ti</strong> che aiu<strong>ti</strong>no i ragazziad accogliere e accompagnare le emozioni.Oggi l’educazione emo<strong>ti</strong>va è lasciataal caso e tut<strong>ti</strong> gli studi e le sta<strong>ti</strong>s<strong>ti</strong>che<strong>con</strong>cordano nel segnalare la tendenza,nell’attuale generazione, ad avere unmaggior numero di problemi emozionalirispetto a quelle preceden<strong>ti</strong>.Questo anche perché oggi i giovanissimisono più soli e più depressi, più rabbiosie ribelli, più imprepara<strong>ti</strong> alla vita,perché privi di quegli strumen<strong>ti</strong> emo<strong>ti</strong>viindispensab<strong>il</strong>i per dare avvio a quei comportamen<strong>ti</strong>quali l’auto<strong>con</strong>sapevolezza,l’auto<strong>con</strong>trollo, l’empa<strong>ti</strong>a, senza i qualisaranno sì capaci di parlare, ma non diascoltare, di risolvere i <strong>con</strong>flit<strong>ti</strong>, di cooperare.E allora quale pedagogia oggi?Senza fiducia, non c’è educazione.Solo l’instaurazione di questa relazionedi fiducia tra <strong>il</strong> giovane e l’educatore permettedi costruire l’autorità di quest’ul<strong>ti</strong>mo.L’elaborazione di una relazione educa<strong>ti</strong>vabasata sulla fiducia per permettereal giovane di proiettarsi verso <strong>il</strong> futuroessendo tes<strong>ti</strong>moni di speranza. Dobbi<strong>amo</strong>imparare a vivere insieme tra giovanie <strong>con</strong> gli adul<strong>ti</strong> stab<strong>il</strong>endo delle alleanze.Sono tre le parole chiave dell’educazionealla maniera di <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>: fiducia,speranza, alleanza.Come costruire questa fiducia?<strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> non raccomanda nessunatecnica educa<strong>ti</strong>va par<strong>ti</strong>colare, rispondesolamente attraverso l’affetto. <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>è l’educatore che, nel XIX secolo davan<strong>ti</strong>a tutte le corren<strong>ti</strong> pedagogiche iperrazionalistedel secolo dei lumi, ha riab<strong>il</strong>itatol’affet<strong>ti</strong>vità, l’<strong>amo</strong>re nella relazioneeduca<strong>ti</strong>va. Senza affetto, non c’è fiducia.Senza fiducia non c’è educazione.Un’educazione fondata sulla fiduciaè un’educazione basata sulla ragione.L’educatore agisce in maniera ragionevole,sempre <strong>con</strong>vinto che <strong>il</strong> giovane èdotato di ragione ed è capace di comprenderedove si trova <strong>il</strong> suo interesse. Èsu questa <strong>con</strong>vinzione che si fonda <strong>il</strong> sistemapreven<strong>ti</strong>vo.Infine, un’educazione fondata sullafiducia è basata su una fede indefet<strong>ti</strong>b<strong>il</strong>enell’educab<strong>il</strong>ità del giovane qualsiasisiano le sue difficoltà nel presente.Credere nel giovane è accogliere <strong>il</strong>giovane, anche immigrato, come una opportunitàdi crescita per <strong>il</strong> gruppo e per lasocietà e non come un peso.Quando sono dentro una relazione<strong>con</strong> un adulto abbastanza competente,sono molto e<strong>ti</strong>ci.A dispetto delle apparenze, sono affet<strong>ti</strong>vi:ad esempio, la loro vita di coppiaè molto più evoluta di quella degliadolescen<strong>ti</strong> di un tempo, hanno un livellodi autonomia reciproca elevato, a vantaggiodi una certa pacatezza e stab<strong>il</strong>ità.Soprat<strong>tutto</strong> hanno introdotto unaparite<strong>ti</strong>cità reale tra masch<strong>il</strong>e e femmin<strong>il</strong>eche senz’altro avrà una ricadutasui loro rappor<strong>ti</strong> più maturi, sulla genitorialitàfutura, sulla vita fam<strong>il</strong>iare e neirappor<strong>ti</strong> <strong>con</strong> i figli...A me non sembra poco. emergenzaeduca<strong>ti</strong>vaLe regoledanno sicurezzae <strong>con</strong>sentonodi faredelle previsioni.Senza fiducianon c’è educazione.L’adulto educatorecompetenteè coluiche sa <strong>con</strong>iugare<strong>amo</strong>re-tenerezza<strong>con</strong> <strong>amo</strong>re-fermezza.17


ChiesaLa redazioneQuadro di van Gogh.Va’ e anche tu fa’ cosìDal Messaggio di Benedetto XVI per laGiornata Mondiale del Malato (11 febbraio2010)«Con l’annuale Giornata Mondiale delMalato, scrive <strong>il</strong> Papa, la Chiesa intendesensib<strong>il</strong>izzare cap<strong>il</strong>larmente la comunitàecclesiale circa l’importanza del servizionel vasto mondo della salute, servizio chefa parte integrante della sua missione…Gesù, Medico divino “passò beneficandoe risanando tut<strong>ti</strong> coloro oche stavano sotto<strong>il</strong> potere del diavolo” (At 10,38). Nelmistero della sua passione, morte e risurrezione,l’umana sofferenza at<strong>ti</strong>nge sensoe pienezza di luce».«Il Signore Gesù nell’Ul<strong>ti</strong>ma Cena,si è chinato a lavare i piedi degli Apostoli,an<strong>ti</strong>cipando <strong>il</strong> supremo atto di <strong>amo</strong>redella Croce. Con tale gesto ha invitato isuoi discepoli ad entrare nella sua medesimalogica dell’<strong>amo</strong>re che si dona specialmenteai più piccoli e ai bisognosi (cfGv 13,12-17).Seguendo <strong>il</strong> suo esempio, ogni cris<strong>ti</strong>anoè chiamato a rivivere, in <strong>con</strong>tes<strong>ti</strong> diversie sempre nuovi, la parabola del BuonSamaritano, <strong>il</strong> quale, passando accanto adun uomo lasciato mezzo morto dai brigan<strong>ti</strong>sul ciglio della strada, “vide e ne ebbecompassione. Gli si fece vicino, gli fasciòle ferite, versandovi olio e vino; po<strong>il</strong>o caricò sulla sua cavalcatura, lo portòin un albergo e si prese cura di lui…”(Lc 10,33-35). A <strong>con</strong>clusione della parabolaGesù dice: “va’ e anche tu fa così”.Con queste parole si rivolge anche anoi. Ci esorta a chinarci sulle ferite delcorpo e dello spirito di tan<strong>ti</strong> nostri fratellie sorelle che in<strong>con</strong>tri<strong>amo</strong> sulle strade delmondo; ci aiuta a comprendere che, <strong>con</strong>la grazia di <strong>Dio</strong> accolta e vissuta nella vitadi ogni giorno, l’esperienza della malat<strong>ti</strong>ae della sofferenza può diventare scuola disperanza… Non è la fuga davan<strong>ti</strong> al doloreche guarisce l’uomo, ma la capacità diaccettare la tribolazione e in essa di maturare,di trovare senso mediante l’unione<strong>con</strong> Cristo che ha sofferto <strong>con</strong> infinito<strong>amo</strong>re (cf Enciclica Spe salvi, 37).Nell’attuale momento storico-culturale,si avverte anche più l’esigenza di unapresenza ecclesiale nella società capacedi trasmettere in maniera efficace i valorievangelici a tutela della vita umana in tuttele fasi, dal suo <strong>con</strong>cepimento alla suafine naturale».Il Papa ricorda ancora <strong>il</strong> messaggio aipoveri dato dai Padri Conc<strong>il</strong>iari al terminedel Conc<strong>il</strong>io Ecumenico Va<strong>ti</strong>cano II:“Voi tut<strong>ti</strong> che sen<strong>ti</strong>te più gravemente <strong>il</strong>peso della croce… riprendete coraggio:voi siete i preferi<strong>ti</strong> del regno di <strong>Dio</strong>, sietei fratelli del Cristo sofferente; e <strong>con</strong> lui,se lo volete, voi salvate <strong>il</strong> mondo” (Ench.Vat., I, 523).18Infine Benedetto XVI rivolge poi uncaldo ringraziamento «a quan<strong>ti</strong>, ognigiorno, svolgono <strong>il</strong> servizio verso i mala<strong>ti</strong>e i sofferen<strong>ti</strong>», e <strong>con</strong>clude <strong>con</strong> un invitoforte e paterno ai sacerdo<strong>ti</strong> «a non risparmiarsinel dare <strong>con</strong>forto e cura a chi soffre.Il tempo trascorso accanto a chi è nellaprova, scrive, si rivela fe<strong>con</strong>do di graziaper tutte le dimensioni della pastorale».E ai mala<strong>ti</strong>: «Vi domando di pregare eoffrire le vostre sofferenze per i sacerdo<strong>ti</strong>,perché possano mantenersi fedeli alla lorovocazione e <strong>il</strong> loro ministero sia riccodi frut<strong>ti</strong> spirituali, a beneficio di tutta laChiesa».


Signore, non si esalta <strong>il</strong> <strong>mio</strong> <strong>cuore</strong>Salmo 130pregare i salmiRobertaFORAIl salmo 130, definito nella Bibbia Ilcanto dell’um<strong>il</strong>tà, è veramente straordinarioperché, in poche righe, riesce a trasmetterealcune caratteris<strong>ti</strong>che essenzialiper la vita del cris<strong>ti</strong>ano, prima fra tutteproprio l’um<strong>il</strong>tà.Signore, non si esalta <strong>il</strong> <strong>mio</strong> <strong>cuore</strong>,non si alzano altèri i miei occhi.L’um<strong>il</strong>e è colui che non si sente superioreagli altri e non si comporta in modoarrogante, <strong>con</strong>ducendo un’esistenzasemplice, proiettata verso le esigenze deifratelli.No! La mia animanella calma e quiete io tengo.La calma, la pace interiore. In unmondo sempre più velocizzato e rumoroso,sembra quasi una <strong>con</strong>traddizione parlaredi calma, ma essa è essenziale per lanostra anima assetata di «Spirito».Sono innumerevoli le situazioni chepossono inesorab<strong>il</strong>mente distruggerequesta pace: le ansie quo<strong>ti</strong>diane, glieven<strong>ti</strong> tris<strong>ti</strong> e dolorosi. La fede però ciobbliga ad alzare la mani al Cielo perchiedere a <strong>Dio</strong> <strong>il</strong> dono della pace che nontarderà ad arrivare.Da qui l’importanza della nostra preghierafedele e «matura». Una preghierafatta di s<strong>il</strong>enzio, in cui evi<strong>ti</strong><strong>amo</strong> una voltaper tutte, le lunghe e interminab<strong>il</strong>i listedi parole che ci danno l’<strong>il</strong>lusione di poter<strong>con</strong>vincere <strong>il</strong> Signore.Ma <strong>Dio</strong> non ha bisogno della nostraeloquenza, è <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio che ci ri<strong>con</strong>giungeprofondamente a Lui, è <strong>il</strong> mistero dellaSua Pace che ci penetra e diventa lanostra pace.«Lasciate che i fanciulli vengano ame e non lo impedite; perché <strong>il</strong> Regno di<strong>Dio</strong> è per quelli che rassomigliano a loro»(Lc 18,16).Impari<strong>amo</strong> a vivere <strong>con</strong> la semplicitàdei bambini che sono spontanei, sinceri,e nulla desiderano se non l’<strong>amo</strong>re dellapropria mamma. Cerchi<strong>amo</strong> di esserecome loro e di desiderare soltanto di essereuni<strong>ti</strong> a <strong>Dio</strong> e di amarlo.Fidi<strong>amo</strong>ci e abbandoni<strong>amo</strong>ci nelleSue mani sapendo che <strong>il</strong> Suo Amore ègrande come quello di una madre che teneramenteama <strong>il</strong> proprio bambino.Um<strong>il</strong>tà, s<strong>il</strong>enzio nella preghiera, semplicità,fiducia e abbandono in <strong>Dio</strong>: eccogli ingredien<strong>ti</strong> u<strong>ti</strong>li alla riuscita della ricettadel nostro essere cris<strong>ti</strong>ani, che possi<strong>amo</strong>desumere da una lettura attenta eprofonda di questo bellissimo salmo.Signore, rivolgi<strong>amo</strong> a Te la nostrapreghiera perché, sull’esempio di Maria,impari<strong>amo</strong> a vivere nell’um<strong>il</strong>tà enella semplicità.Fa’ che sappi<strong>amo</strong> gustare la pace del<strong>cuore</strong> per nutrire la nostra anima di quels<strong>il</strong>enzio che ci ri<strong>con</strong>giunge a Te.Aiutaci a progredire nel nostro camminospirituale perché in ogni nostragiornata ci fidi<strong>amo</strong> di Te e, <strong>con</strong> um<strong>il</strong>tà,riusci<strong>amo</strong> sereni, ad abbandonarci nelletue mani.Così riusciremo davvero ad amar<strong>ti</strong>,così troveremo la vera Pace.Come un bimbo è la mia anima,un bimbo <strong>con</strong>tro <strong>il</strong> seno della madre.Se osservi<strong>amo</strong> un bimbo fra le bracciadella mamma ci sen<strong>ti</strong><strong>amo</strong> inonda<strong>ti</strong> ditenerezza e pensi<strong>amo</strong> subito alla serenità.La madre culla dolcemente <strong>il</strong> propriofiglio ed egli è sereno perché non desiderapiù nulla, si sente felice e appagato.Ecco, allora, un’altra caratteris<strong>ti</strong>cafondamentale per <strong>il</strong> cris<strong>ti</strong>ano: la semplicitàdei bambini.


Mi presento: Ciao a tut<strong>ti</strong>, sono M<strong>il</strong>ena,sono Salesiana Cooperatrice e mamma.Condivido in pieno la gioia di stareallegri come <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong> e DomenicoSavio ci hanno trasmesso. Per questo hopensato di offrire qualche minuto di gaiezzae strappare qualche sorriso… Buonalettura e su <strong>con</strong> la vita!– Sapete perché <strong>Dio</strong> ci ha crea<strong>ti</strong> <strong>con</strong>un solo mento?– Perché non poteva fare altrimen<strong>ti</strong>.– Dottore, quali sono i funghi che sipossono mangiare?– Tut<strong>ti</strong>, indis<strong>ti</strong>ntamente. Ma alcuniuna volta sola.Una duna nel deserto dice ad un’altraduna:– Speri<strong>amo</strong> che passi qualcheduno.– Devo dir<strong>ti</strong> due cose… una bella euna brutta.– Su, dimmi quella bella.– Piaci a Giovanni.– Evviva! E quella brutta?– Che era uno scherzo.Un giovane marito riceve un bigliettoin cui non c’era scritto nulla. Si rivolge aun amico e gli dice:– Guarda, è di mia moglie.– Come fai a saperlo?Il giovane marito:– È una set<strong>ti</strong>mana che non ci parli<strong>amo</strong>.Al funerale di un ricchissimo imprenditoregenovese un uomo ves<strong>ti</strong>to misera-Durante l’era glaciale, mol<strong>ti</strong> animalimorivano a causa del freddo. Iporcospini, <strong>con</strong>sapevoli di questa situazione,decisero di vivere in gruppi,così avrebbero potuto ripararsi eproteggersi mutuamente. Però le spinedi ognuno ferivano quelli più vicini,proprio quelli che donavano calore.Per questo si separarono gli unidagli altri.Di nuovo cominciarono a sen<strong>ti</strong>re <strong>il</strong>freddo e dovettero prendere una decimenteè in un angolo che piange disperatoe urla di dolore. Un signore gli chiede:– Lei è un parente del defunto?L’uomo tra i singhiozzi:– No….– E allora, perché piange?– Proprio per questo.Sul tram:– Signora, suo figlio mi imita.La mamma:– Perbacco, ha ragione, signora.Poi al figlio:– Pierino, smet<strong>ti</strong>la di fare l’imbec<strong>il</strong>le.Una mortadella si rivolge al coltello:– Ma tu cosa provi nei miei <strong>con</strong>fron<strong>ti</strong>?E <strong>il</strong> coltello risponde:– Affetto!In tribunale l’usciere dice al giudice:– Qui fuori c’è una gallina che attende…– Una gallina? E che vuole…?L’usciere:– …deporre.Lui:– Amore, questa estate che ne dires<strong>ti</strong>di fare una vacanza intelligente?Lei:– Uhm… Cos’è, tu non vieni?Marito e moglie stanno guardando <strong>il</strong>pozzo dei desideri. Lei si sporge troppoprecipitando giù, e lui:– Perbacco… funziona.A presto. M<strong>il</strong>enaL'angolodelsorrisoIL PENSIERINO DEL MESEsione: o sparire dalla faccia della terrao accettare le spine dei vicini. Consaggezza, decisero di tornare a vivereuni<strong>ti</strong>. Impararono così ad accettare lepiccole ferite che poteva causare lorola vita insieme, perché quello cheera realmente importante era <strong>il</strong> caloredell’altro e... sopravvissero.La migliore relazione non è quellache unisce persone perfette, è quellain cui ognuno accetta i difet<strong>ti</strong> dell’altroed è perdonato per i suoi.


Agenda11 febbraio, giovedìAnniversario dell’apparizione della Immacolata a LourdesGiornata Mondiale del Malato17 febbraio, mercoledìLe Sacre Ceneri. Inizio della Quaresima25 febbraio,giovedìSan<strong>ti</strong> Luigi Versiglia, Vescovo e Callisto Caravario, sacerdotePrimi Mar<strong>ti</strong>ri Salesiani in CinaFoto redazioneIMPORTANTE Il <strong>con</strong>to correntepostale inserito in ogni numero, mentreserve all’ufficio spedizioni come e<strong>ti</strong>chettadi indirizzo, intende offrire, a quan<strong>ti</strong> lodesiderano, la possib<strong>il</strong>ità di inviare <strong>il</strong> proprio<strong>con</strong>tributo nei tempi e nei modi preferi<strong>ti</strong>:non è assolutamente un sollecito dipagamento!24AVVISO PER IL PORTALETTERE:GRAZIE a coloro che in varie maniere sostengono lavita e le inizia<strong>ti</strong>ve del Tempio di <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>, favoris<strong>con</strong>o lastampa e la diffusione di questo periodico, <strong>con</strong>dividono<strong>con</strong> noi la costante attenzione per le missioni, per le varieurgenze di carità che da più par<strong>ti</strong> e <strong>con</strong> frequenza chiedonosolidarietà. Ogni ul<strong>ti</strong>ma domenica del mese le cinqueSs. Messe di orario sono celebrate per i benefattori, vivie defun<strong>ti</strong>.COMUNICAZIONE - I da<strong>ti</strong> e gli indirizzi per l’inviodella rivista “Il Tempio di <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong>” sono ges<strong>ti</strong><strong>ti</strong>unicamente dall’amministrazione della rivista.Nel rispetto della legge 675/96, i da<strong>ti</strong> personalidei nostri abbona<strong>ti</strong> non saranno oggetto di comunicazioneo diffusione a terzi se non per ciò che riguardala spedizione della rivista o inizia<strong>ti</strong>ve da essapromosse. In ogni momento potranno essere richiestemodifiche, aggiornamen<strong>ti</strong> o cancellazione.in caso di mancato recapito res<strong>ti</strong>tuire al mittente presso CMP Torino NORD.Il mittente si impegna a pagare la tassa dovuta.

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