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Da L'Eco di Acquaviva n. 18/2012 - telemajg

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6 L’ECO DI... ACQUAVIVA - Settimanale n. <strong>18</strong>IL CAMBIAMENTO NON PUO' ESSERE A SENSO UNICOChe il mondo stia cambiando è sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti ese qualcuno non se ne è accorto, tranquilli, provvedonoquoti<strong>di</strong>anamente in un crescendo rossiniano i me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>ogni genere. Va bene, il mondo cambia, gli uominicambiano. È sempre stato così: "tutto scorre" (panta rei)affermava Eraclito <strong>di</strong> Efeso nel 550 a.C. E allora? Dov'èla novità? Dobbiamo accettare il cambiamento che è nellanatura delle cose umane, anche se coloro che siconsiderano conservatori vorrebbero congelare il mondoe mummificarlo per lasciarlo così in ere<strong>di</strong>tà alla loroprogenie, ma è come voler fermare una valanga con un<strong>di</strong>to. Come non possiamo <strong>di</strong>re al sole "più sole" e allapioggia "meno pioggia", così dobbiamo accettare le cosecosì come sono e quin<strong>di</strong> dobbiamo accettareil cambiamento che, se è vero che ci pone <strong>di</strong>fronte anuove problematiche, nello stesso tempo ci offre anchenuove opportunità. Il cambiamento può essere progresso,creatività, curiosità einnovazione, ma anchetimore, ansia <strong>di</strong> perdere quellecertezze che ci infondonosicurezza e per questocerchiamo <strong>di</strong> opporci, <strong>di</strong>frenare ciò che sta giàcambiando. Qualcuno pensa<strong>di</strong> poter bloccare ilcambiamento sul nascere, maquesta è tutta un'ideaoccidentale che ha ra<strong>di</strong>ci nelpensiero platonico, che nonriesce a concepire unatransizione, ma solo un"prima" e un "dopo" escludendo un "mentre". Platonearriverà a concepire un "improvviso", cioè qualcosa cheavviene "fuori tempo": fuori dal prima e dal dopo.Il pensiero orientale, invece, come afferma il filosofo1francese F. Jullien , è in grado <strong>di</strong> andare oltre, concependola "mo<strong>di</strong>ficazione" e la "continuazione" e quin<strong>di</strong> il governodel cambiamento che non ha un atto <strong>di</strong> nascita precisoperché è il frutto <strong>di</strong> tante circostanze, che lentamenteproducono una trasformazione in ogni ambito. Fattaquesta premessa osserviamo il mondo dell'economia edella finanza che, pur essendo riservato a pochi specialisti,incide invece su moltissimi <strong>di</strong> noi. Quello che dovevaesser il "governo della casa" (dal greco Oikos - Nomos)si sta trasformando in "<strong>di</strong>struzione della casa", <strong>di</strong>struzionedel patrimonio. Il gioco assurdo, pericoloso e cinico cheil mondo dell'economia e della finanza sta giocando sullapelle <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> persone non può essere più accettato,si deve cambiare. Deve cambiare una cultura chelentamente e <strong>di</strong>strattamente abbiamo accettato perché<strong>di</strong>stratti da altri interessi. Con l'ubriacatura dellaglobalizzazione, che è <strong>di</strong>ventata la parola d'or<strong>di</strong>ne delnuovo millennio, abbiamo iniziato ad adeguarci alle"creative" teorie neo-liberiste che gli scienziati economici<strong>di</strong> turno ci propinavano. Difatti è cambiato ancheil lessico, sono apparsi termini apparentemente noninsi<strong>di</strong>osi, come: flessibilità, liberalizzazioni, precarietà,mobilità, che si sono sostanziati in nuove forme <strong>di</strong> contratto<strong>di</strong> lavoro, sempre meno rispettosi della persona madell'efficienza e del profitto del datore <strong>di</strong> lavoro.Di conseguenza abbiamo accettato, lentamente, <strong>di</strong> vederearretrare i <strong>di</strong>ritti e avanzare l'incertezza. Paradossalmente,mentre gli impren<strong>di</strong>tori chiedevano al Governo, attraversola Confindustria, più libertà <strong>di</strong> intrapresa, meno vincolida parte dello Stato, nello stesso tempo ai loro <strong>di</strong>pendentichiedevano più obblighi, meno libertà (caso Fiat docet),meno <strong>di</strong>ritti, meno retribuzione. Difronte a questo nuovoscenario così squilibrato, così iniquo pochi hanno dettoqualcosa <strong>di</strong> sensato. In molti si sono adeguati, peril semplice motivo, si <strong>di</strong>ceva, che il mondo andava ormaiin questa <strong>di</strong>rezione: era in attoun cambiamento epocale.Opporsi non era possibile.Perfino i partiti <strong>di</strong> massa <strong>di</strong>sinistra hanno accettato, (menoi sindacati), loro malgrado,fingendosi un po' liberal, <strong>di</strong>farsi promotori <strong>di</strong> uno statosociale più leggero, <strong>di</strong>venendocosì anche loro, alla pari deineo-liberisti, sostenitori del<strong>di</strong>o mercato, del nuovo vitellod'oro da venerare, al qualesacrificare il destino <strong>di</strong> milioni<strong>di</strong> persone. Il nuovo "verbo"per più <strong>di</strong> un ventennio è stato: più mercato, più profitti,più flessibilità che avrebbero prodotto più occupazionee più ricchezza <strong>di</strong>stribuita per tutti. Purtroppo oggiconstatiamo che il canto delle sirene che Ulisse avevasaputo affrontare razionalmente, ha invece attirato fior<strong>di</strong> "esperti" nel baratro del fallimento. Tutti i sal<strong>di</strong> positiviche avrebbero dovuto riguardare le famiglie sono<strong>di</strong>ventati negativi, molti negativi; mentre quelli positiviriservati ad una ristretta elìte sono <strong>di</strong>ventati molto piùche positivi. Quando però il giocattolo, che li stavaarricchendo, si è rotto nelle mani dei nuovi appren<strong>di</strong>stistregoni si è scatenato l'inferno, che è stato scaricato sullespalle <strong>di</strong> tutti noi, inermi citta<strong>di</strong>ni, che combattiamola nostra battaglia quoti<strong>di</strong>ana con red<strong>di</strong>ti sempre piùinsufficienti a sostenere una vita <strong>di</strong>gnitosa. Il denaro,gli affari, non servono più allo sviluppo economico <strong>di</strong>un paese, ma ad alimentare se stesso. Ecco allora chela questione sulla quale dobbiamo tornare a riflettere èquesta: Che funzione ha l'economia all'interno dellasocietà? È la società che deve determinare l'economia ol'economia la società? .Segue1 F.Jullien, La Trasformazione silenziosa, Raffaello Cortina E<strong>di</strong>tore, Milano 2010

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