Dalla quadreria nasce il museo - Montichiari Musei
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Le stanze dell’arte<br />
LA DONAZIONE LECHI<br />
di Matteo Zambolo<br />
fotografie di Marco e Matteo Rapuzzi<br />
Aprirà <strong>il</strong> 30 settembre <strong>il</strong><br />
Museo Lechi di <strong>Montichiari</strong>,<br />
dove è esposta un’ampia<br />
selezione delle opere donate<br />
al Comune dai fratelli Luigi<br />
e Piero Lechi. Cuore della<br />
collezione sono i 185<br />
dipinti, disegni e stampe,<br />
principalmente di scuola<br />
bresciana e lombarda, per<br />
alcuni dei quali un gruppo<br />
di studiosi ha già delineato<br />
nuove provenienze e<br />
attribuzioni.<br />
<strong>Dalla</strong> <strong>quadreria</strong><br />
<strong>nasce</strong> <strong>il</strong> <strong>museo</strong><br />
NON È COMUNE, di questi tempi, trovarsi<br />
a scrivere di un <strong>museo</strong> <strong>nasce</strong>nte.<br />
Nel nostro territorio in particolare, ma<br />
in tutto <strong>il</strong> Paese in generale, le realtà di<br />
promozione culturale sono più spesso<br />
messe nelle condizioni di estinguersi e <strong>il</strong><br />
Museo Lechi di <strong>Montichiari</strong>, costituito<br />
per esporre e valorizzare la Donazione<br />
dei fratelli Luigi e Piero Lechi, incarna<br />
un’evidente e felice eccezione.<br />
Dal 1957 al 1999 Luigi Lechi (1926-<br />
2010) svolge la professione di notaio a<br />
<strong>Montichiari</strong> e in 42 anni diviene una<br />
vera e propria istituzione per <strong>il</strong> paese,<br />
instaurando con esso un legame anche<br />
affettivo. Il cospicuo lascito al Comune<br />
di <strong>Montichiari</strong> si deve certamente intendere<br />
in questo senso, ma è anche <strong>il</strong> frutto<br />
di una precisa volontà che Luigi e Piero<br />
Lechi ebbero modo di dichiarare: “…per<br />
tenere uniti gli amati dipinti, garantendo<br />
ad essi quel valore espresso non con<br />
ambigui calcoli monetari ma tramite gli<br />
strumenti della Storia dell’Arte”.<br />
Da un lato vi è dunque la scelta nob<strong>il</strong>e<br />
e generosa di due fratelli, due collezionisti<br />
che hanno deciso di donare <strong>il</strong><br />
loro patrimonio artistico alla collettività.<br />
Dall’altro vi sono <strong>il</strong> coraggio e la lungimiranza<br />
di un’amministrazione comunale<br />
che in controtendenza rispetto al trend<br />
attuale – che troppo spesso vede nella<br />
cultura un lusso evitab<strong>il</strong>e – accoglie <strong>il</strong> lascito<br />
e lo valorizza attraverso l’istituzione<br />
Un interno del Museo Lechi in fase di<br />
allestimento.<br />
NELLA PAGINA A SINISTRA: in alto, Alessandro<br />
Bonvicino detto <strong>il</strong> Moretto, Ritratto di un conte<br />
Martinengo, 1540 ca.; sotto, Rocco Marconi,<br />
Madonna col Bambino tra i Santi Sebastiano,<br />
Rocco, Pietro e Andrea, 1515 ca.<br />
di uno specifico <strong>museo</strong>. La donazione di<br />
Luigi Lechi risale al maggio 2005 ma solo<br />
dopo la sua scomparsa, nel novembre<br />
2010, si è proceduto al trasferimento dei<br />
materiali a <strong>Montichiari</strong>. Tale donazione<br />
si compone di 185 opere tra dipinti, disegni<br />
e stampe, principalmente di scuola<br />
bresciana e lombarda, oltreché di un<br />
prezioso servizio da tavola di porcellana<br />
e di una biblioteca d’arte di circa 1.500<br />
volumi, cui si aggiungeranno i 65 dipinti<br />
e i libri d’arte destinati a <strong>Montichiari</strong><br />
da suo fratello Piero.<br />
L’AMORE DEI DUE FRATELLI per l’arte e<br />
in particolare per la pittura affonda le<br />
radici nel passato della loro famiglia, e<br />
coincide con la storia del gusto e del collezionismo<br />
bresciano dei secoli XVIII e<br />
XIX. Pietro Lechi (1693-1764) raccolse<br />
<strong>il</strong> primo nucleo di dipinti, ma si deve<br />
al figlio Faustino (1730-1800) <strong>il</strong> considerevole<br />
ampliamento e miglioramento<br />
della collezione fam<strong>il</strong>iare. Si costituì così<br />
una delle più importanti raccolte private<br />
d’arte d’Europa, che annoverava tra i<br />
molti capolavori anche lo Sposalizio della<br />
Vergine di Raffaello, oggi alla Pinacoteca<br />
di Brera.<br />
Nel 1799 la collezione subì <strong>il</strong> saccheggio<br />
delle truppe austriache e fu dispersa.<br />
Il figlio Teodoro (1778-1866),<br />
generale napoleonico, riuscì a sua volta<br />
a ricostruire pazientemente una nuova<br />
importante raccolta di dipinti, ammirata<br />
e lodata da visitatori provenienti<br />
da tutta Europa e persino dall’America.<br />
Purtroppo anche questa venne dispersa<br />
tra <strong>il</strong> 1849 e <strong>il</strong> 1859, in seguito all’es<strong>il</strong>io<br />
dei Lechi e alla confisca dei loro beni<br />
parte dell’Impero austro-ungarico.<br />
L’eredità storica dell’appassionato<br />
quanto sfortunato collezionismo fam<strong>il</strong>iare<br />
fu colta, perlomeno sul piano degli<br />
studi, da Fausto Lechi (1892-1979), padre<br />
di Luigi e Piero, storico validissimo<br />
sempre attivo nella valorizzazione della<br />
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PINI
cultura e dell’arte bresciane. Negli anni<br />
Trenta del Novecento, in qualità di podestà<br />
di Brescia, promosse un ciclo di<br />
mostre che <strong>il</strong>luminarono la pittura bresciana<br />
dal Quattrocento all’Ottocento<br />
e, occupatosi a lungo delle collezioni<br />
fam<strong>il</strong>iari, nel 1968 pubblicò gli antichi<br />
inventari ragionati nel volume I quadri<br />
delle collezioni Lechi in Brescia, libro ut<strong>il</strong>issimo<br />
che si fregia di una prefazione<br />
di Roberto Longhi. Le passioni paterne<br />
si trasmisero con naturalezza ai figli,<br />
orientando gli acquisti di Luigi e inducendo<br />
Piero ad approfondire gli studi<br />
sulle collezioni nob<strong>il</strong>iari bresciane come<br />
quelle Avogadro, Fenaroli-Avogadro e<br />
Maffei-Erizzo.<br />
NONOSTANTE LE GRAVI DISPERSIONI, le<br />
collezioni si ampliarono negli anni grazie<br />
ai dipinti giunti per via ereditaria<br />
da altre nob<strong>il</strong>i famiglie estinte, come i<br />
Valotti, i Polini o i Fenaroli-Avogadro.<br />
Oltre alle opere ereditate si aggiunsero<br />
quelle acquistate. Il più attivo sul mercato<br />
fu senz’altro <strong>il</strong> notaio Luigi: negli<br />
acquisti, sempre mirati, si fece guidare<br />
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AB 111 ESTATE 2012<br />
Fermo Stella, San Tommaso d’Aquino tra i<br />
Santi Pietro e Paolo, 1513 ca.<br />
SOTTO, Giacomo Ceruti detto <strong>il</strong> Pitocchetto,<br />
Ritratto dell’abate Angelo Lechi, 1730 ca.;<br />
Giacomo Ceruti detto <strong>il</strong> Pitocchetto, Donna<br />
che fa la calza, 1730 ca.<br />
Giovanni Battista Gaulli detto Baciccio,<br />
L’Estate, 1665 ca.<br />
da una consapevolezza f<strong>il</strong>ologica che lo<br />
indirizzò verso dipinti provenienti da<br />
importanti e storiche collezioni bresciane<br />
come quelle dei Martinengo o dei<br />
Salvadego.<br />
Si delinea così, da parte dei donatori,<br />
<strong>il</strong> tentativo di ricostruire la forma e i contenuti<br />
delle numerose raccolte pittoriche<br />
esistenti a Brescia nel Sette e nell’Ottocento,<br />
con un’attenzione particolare per<br />
la cosiddetta “pittura della realtà” di cui<br />
Giacomo Ceruti è considerato uno dei<br />
massimi esponenti. Non a caso la raccolta<br />
di Luigi Lechi annovera ben sette<br />
dipinti del Pitocchetto, tra i quali spiccano<br />
i due ovali con i ritratti degli antenati<br />
Angelo e Maria Gertrude Lechi e la<br />
Donna che fa la calza, uno dei capolavori<br />
della serie di pitocchi appartenuti al così<br />
chiamato “ciclo di Padernello”.<br />
Fervono pertanto i lavori di allestimento<br />
del Museo Lechi ospitato a Palazzo<br />
Tabarino, ex sede municipale, che<br />
<strong>il</strong> Comune ha recentemente restaurato<br />
e riqualificato. Il palazzo, nel quale sono<br />
leggib<strong>il</strong>i alcuni elementi del progetto<br />
originario affidato nel XIX secolo a Rodolfo<br />
Vantini, accoglierà la Biblioteca<br />
d’arte “Fausto Lechi” a uso degli studiosi,<br />
laboratori didattici e uno spazio espositivo<br />
composto da 24 sale distribuite su<br />
due piani. Le sale del piano terra sono<br />
già adibite a mostre temporanee, mentre<br />
al primo piano, in un allestimento<br />
volutamente semplice e lineare, si succederanno<br />
le opere della collezione Lechi,<br />
ordinate in due sezioni: dapprima i<br />
soggetti tradizionalmente destinati agli<br />
spazi più aulici di una <strong>quadreria</strong> storica<br />
come la pittura sacra e profana dei<br />
secoli XV, XVI e XVII, di seguito i protagonisti<br />
e i comprimari della pittura di<br />
genere e della realtà dei secoli XVII e<br />
XVIII, curiosamente considerata poco<br />
più che ornamentale nelle collezioni del<br />
Settecento.<br />
LE PORTE DEL MUSEO apriranno i battenti<br />
<strong>il</strong> 30 settembre 2012, grazie anche<br />
ai contributi della Banca di Credito<br />
Cooperativo del Garda e del Consiglio<br />
Notar<strong>il</strong>e di Brescia. I visitatori potranno<br />
ammirare una selezione di 50 opere<br />
tra le più rappresentative della raccolta<br />
di Luigi Lechi, scelte da un comitato<br />
scientifico composto da Francesco Frangi<br />
(Università statale di Pavia), Alessan-<br />
dro Morandotti (Università statale di<br />
Torino) e Paolo Boifava (direttore di<br />
<strong>Montichiari</strong> <strong>Musei</strong>). Nella realizzazione<br />
del catalogo i curatori sono coadiuvati<br />
da un preparato gruppo di studiosi: r<strong>il</strong>evanti<br />
novità sono già emerse sul piano<br />
delle provenienze e delle attribuzioni, e<br />
<strong>il</strong> Ritratto di un conte Martinengo recentemente<br />
restaurato e restituito al Moretto<br />
ne è solo un esempio.