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Tesina su FLEXICURITY INDICE - Scienze della Formazione

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Tommaso Mele - Paolo Orlando<strong>Tesina</strong> <strong>su</strong> <strong>FLEXICURITY</strong><strong>INDICE</strong>1 - Introduzione alla Flexicuritycommistione dei concetti di flessibilità e sicurezza …………............................................... pag. 22 - Il modello danese: un esempio da seguire ..................................................................... pag. 43 - Un sistema di servizi integrati per lo sviluppo <strong>della</strong> persona ..................................... pag. 74 - Flexicurity: trasferibilità in Italia?Un traguardo raggiungibile attraverso le riforme ................................................................... pag. 95 - La formazione: un importante ruolo strategico comune al livello europeo e un elemento internoalla Flexicurity ...................................................................................................................... pag.12Bibliografia ....................................................................................................................... pag. 13


Introduzione alla Flexicuritycommistione dei concetti di flessibilità e sicurezzaIl termine Flexicurity nasce dalla fusione di due parole, o meglio, di due concetti : “flessibilità” e“sicurezza”.Il concetto di flessibilità, in ambito lavorativo, è in relazione con la capacità del mercato lavorativodi mantenere sempre un certo grado di elasticità, di mobilità e di dinamicità. Per poter interagire contali fattori dinamici è necessario utilizzare tutta una serie di servizi di <strong>su</strong>pporto, sopratutto nellecosiddette fasi di “transizione”, che abbiano la funzione di mantenere e garantire le condizioni postedal sistema senza danneggiare il lavoratore, ma bensì inserendolo adeguatamente ed integrandolo almeglio nel sistema stesso.Per quanto invece riguarda il problema sicurezza, esso non va più inteso semplicemente comesicurezza <strong>su</strong>l lavoro, ma comprende tutta una serie di iniziative finalizzate a tutelare il lavoratore,rendendolo sempre in grado di affrontare nelle migliori condizioni possibili la ricerca di nuovepossibilità occupazionali .Naturalmente, lo spostamento d'attenzione dal "posto di lavoro" al "lavoratore" è una necessitàdettata dalla evidente trasformazione dell'intero mercato del lavoro e conseguente ad una realtàattuale, sempre più dinamica e interconnessa.Pertanto, nuova attenzione viene ora rivolta allo sviluppo di quelle "meta-competenze" chedovrebbero rendere ogni lavoratore in grado di modificare la propria carriera, sapendosi manteneresempre competitivo ed aggiornato.La dinamicità del lavoro, quindi , va utilizzata per acquisire sempre nuove conoscenze ecompetenze sempre più specifiche e non più vis<strong>su</strong>ta, come spesso accade, unicamente comesinonimo di precarietà.A fronte degli obiettivi proposti per Europa 2020, ricordiamo al riguardo che uno di questi èl'innalzamento del tasso di occupazione, sino al raggiungimento del 75%. La flexicurity rappresentaun punto focale <strong>su</strong>l quale devono attivarsi le nuove politiche nazionali ed internazionali, che hannocome fine ultimo quello di garantire un miglioramento complessivo delle condizioni di lavoro, chevengono così maggiormente tutelate, favorendo l'attività produttiva ed la qualità totale del lavoro,con un conseguente contenimento del rischio povertà.2


A tal proposito è stato rilasciata dalla commissione europea la versione definitiva del libro verde(22/11/2006). In esso sono state definite le proposte di modernizzazione <strong>su</strong>l lavoro e <strong>su</strong>ggerite le lineeguida utili agli stati membri, per orientare ed ottimizzare gli interventi <strong>su</strong>l proprio territorio.“La modernizzazione del diritto del lavoro costituisce un elemento fondamentale per garantire lacapacità di adattamento dei lavoratori e delle imprese. Questo obiettivo deve essere perseguito allaluce degli obiettivi comunitari del pieno impiego, <strong>della</strong> produttività del lavoro e <strong>della</strong> coesionesociale. Tale obiettivo è conforme all'invito del Consiglio europeo di mobilitare tutte le adeguaterisorse nazionali e comunitarie al fine di promuovere una forza di lavoro preparata, formata eflessibile e mercati del lavoro in grado di rispondere alle sfide generate dal duplice impatto <strong>della</strong>mondializzazione e dell'invecchiamento demografico in Europa”.Utile notare come il carattere comunitario degli intenti non definisca leggi comuni , ma , tenendoconto delle difformità culturali dei vari stati membri, si limiti a proporre precise linee guida dicarattere generale. Di fatto è quindi possibile identificare diversi modelli di flexicurity presenti inEuropa nei vari stati e tali esempi saranno oggetto di analisi approfondita nei paragrafi <strong>su</strong>ccessivi .Per concludere, secondo le direttive europee, le strategie politiche da portare avanti si dovrebberosviluppare attorno a quattro principali interventi:−La costituzione di forme contrattuali flessibili e affidabili, attraverso la creazione dinormative apposite e contrattazioni collettive.− La programmazione di nuove strategia <strong>della</strong> formazione, che perseguano il principio <strong>della</strong>LifeLong Learning, in modo da rendere i lavoratori capaci di un continuo percorso di crescita che lirenda sempre occupabili ed adattabili, qualora dovessero cambiare impiego.− L'istituzione di nuove ed il potenziamento delle agenzie per l'impiego, già presenti,così dafacilitare l'incontro <strong>della</strong> domanda e dell'offerta, all'interno del mondo del lavoro.Ciò limiterebbe i periodi di disoccupazione e l'insorgere <strong>della</strong> sfiducia, sia aumentando di fatto leinterconnessioni necessarie, nelle fasi di transizione, di un lavoratore già inserito nel mercato siaagevolando l'accesso ai nuovi lavoratori in cerca del primo impiego.−L'as<strong>su</strong>nzione di rinnovati sistemi di sicurezza sociale, in grado di fornire un adeguato<strong>su</strong>pporto al reddito, capaci di stimolare una reazione positiva nei confronti <strong>della</strong> disoccupazione,3


Il governo tedesco, ad esempio, ri<strong>su</strong>lta maggiormente focalizzato <strong>su</strong>ll'accentramento <strong>della</strong> gestionedei servizi pubblici per l'impiego, in una struttura che, seppur territorialmente decentrata, fa capoall'Ufficio Federale del Lavoro. I <strong>su</strong>oi principali compiti prevedono la formazione, l'orientamentoed il collocamento. Nella stessa sede vengono trattati aspetti rivolti alla formazione <strong>della</strong> classedirigente, incentivazione delle piccole imprese nascenti e l'erogazione di <strong>su</strong>ssidi per i disoccupati,come ulteriori elementi di forza per il mercato.Similmente all'esempio <strong>della</strong> Germania, il governo Olandese ha seguito negli ultimi anni unpercorso legislativo che ha posto molta attenzione <strong>su</strong>lla regolamentazione del mercato del lavoro,con la “Legge <strong>su</strong>lla flessibilità e sicurezza” (Wet Flexibiliteit en Zekerhei), con un focus rivolto allacreazione di leggi adatte a <strong>su</strong>pportare una più flessibile contrattazione di lavoro. Anche in questocaso è stato posto l'accento <strong>su</strong>ll'importanza di creare una struttura di più facile e immediato utilizzo,seguendo una visione definita “One Stop Shop”, che prevede la collaborazione dei diversi attoriinteressati alla attivazione di servizi per il lavoro (come le agenzie per l'impiego, per la formazionee per la gestione del lavoro interinale) in un'unica sede.Questo meccanismo, pur tutelando l'indipendenza di queste società di servizi, agisce secondo unalogica di condivisione, operando in un contesto organizzato, implementando politiche per il lavoroassociate, in un'ottica di gestione comunitaria delle risorse finanziarie.Tabella rias<strong>su</strong>ntiva dei tre approcci alla Flexicurity affrontati:Danimarca Germania Olanda6


• Deregolamentazione del• Gestione• Regolamentazionemercato del lavorocentralizzata dei servizi perdelle nuove forme• Incentivazione <strong>della</strong> crescitail pubblico impiegocontrattualiApproccioalla flexicuritydi servizi privati per 'impiego.• Elevato grado di flessibilità• Efficace sistema di sostegnodel reddito• Politiche attivenella formazione deidirigenti d'impresa• Efficace sistema di• Semplificazione<strong>della</strong> struttura burocraticasecondo il modello “OneStop Shop”• Politiche attive del lavoro.sostegno del reddito• Contestoorganizzativo comunitariosecondo un'ottica dicondivisione degli obiettivi.Un sistema di servizi integrati per lo sviluppo <strong>della</strong> personaPossiamo riscontrare come nei paesi che hanno adottato efficaci mi<strong>su</strong>re, al fine di migliorarel'occupabilità, vi sia la presenza di politiche sociali attive che si integrano alla vita del cittadinolungo il percorso formativo, di orientamento e di impiego.“ Il problema non è il posto di lavoro, ma la tua competenza.Quello che sai fare e quanto sai migliorare nella vita ”.Queste sono le parole con cui Marie Louise Knuppert, responsabile degli affari internazionali delsindacato dei lavoratori in Danimarca, sottolinea dei concetti importanti che in maniera evidentevedono l'impegno del governo danese.E' grazie alla considerazione, che un governo può e deve avere, delle dinamiche <strong>della</strong> vita formativae poi lavorativa di un uomo, che è possibile agire con opportuni interventi.Il ri<strong>su</strong>ltato sarà determinato dalla effettiva capacità degli stessi di adattarsi ai percorsi di vita deigiovani alla ricerca del primo impiego come alle fasi di transizione di chi sta cambiando lavoro osta attraversando un periodo di disoccupazione.7


Sul piano formativo, particolare attenzione viene data al problema degli “early leavers”, ossiacoloro che terminano il loro percorso formativo prima di aver conseguito un diploma o lacompetenza considerata “necessaria” secondo i target nazionali di sviluppo.Questo fenomeno, più generalmente conosciuto come “drop out” (di fatto traducibile con“rinuncia”), rappresenta una problematica in crescita, pertanto per evitare che ci siano questetipologie di abbandoni le più avanzate policy intervengono <strong>su</strong> almeno due aree sensibili:• L'aumento <strong>della</strong> qualità dell'offerta formativa;• Lo sviluppo di più accurati sistemi per l'attivazione di percorsi individualizzati e per larilevazione dei ri<strong>su</strong>ltati ottenuti.Una terza tipologia d'intervento ricade invece <strong>su</strong> coloro che, non alla ricerca del primo impiego, sitrovano in una fase di transizione lavorativa, attivando servizi per la formazione continua, per larilevazione del bilancio delle competenze e incentivando le stesse aziende a provvedere per uncontinuo aggiornamento delle proprie risorse umane.Quest'ultima tipologia rientra in un concetto più ampio di Lifelong Learning, concetto che si stafacendo strada nella cultura lavorativa.E' infatti indubbio come le politiche rivolte al <strong>su</strong>pporto <strong>della</strong> crescita professionale e <strong>della</strong> mobilitàdiano come ri<strong>su</strong>ltato un miglioramento delle opportunità lavorative dando la possibilità dimigliorare la propria posizione, sia in senso verticale all'interno di una stessa azienda, sia all'esternoverso nuovi posti di lavoro.Ed è in questo contesto che le agenzie, pubbliche o private, per l'impiego trovano il loro campod'azione. Solo attraverso un nuovo intervento formativo ed un'adeguata mediazione è possibilefornire le giuste connessioni tra la domanda e l'offerta di lavoro, ponendo una soluzione a quellediscrepanze tra competenze richieste e occupazione.Possiamo così dedurre come un riequilibrio tra percorso di istruzione scolastico e formazione neiperiodi <strong>su</strong>ccessivi rappresenti un reale vantaggio per lavoratori e aziende.Ulteriori leve attraverso cui le politiche pubbliche potrebbero intervenire <strong>su</strong>lle transizioni lavorativedi primo o re-impiego, riguardano:− un'accurata regolamentazione dei contratti di lavoro− l'attivazione di ammortizzatori sociali.8


Con la prima si introdurrebbe un livello minimo di protezione in tutte le forme contrattuali,incentivando magari nuove as<strong>su</strong>nzioni, con l'abbassamento del costo del lavoro attraverso sgravifiscali per le imprese, inoltre questo rappresenterebbe un'azione volta anche al contenimento delfenomeno del lavoro nero.Con la seconda, si favorirebbe una politica volta al rientro nel mondo del lavoro attraverso uncomplesso di mi<strong>su</strong>re finalizzate al sostegno del reddito dei lavorati che hanno perso il posto dilavoro.Flexicurity:Trasferibilità in Italia?un traguardo raggiungibile attraverso le riformeIl sistema economico italiano è ancora distante da quelle che sono le linee guida proposte dallacommissione europea (Lisbona 2000) in tema di sviluppo del lavoro, in tema di Flexicurity.In Italia forme di lavoro flessibile sono state utilizzate o in termini di flessibilitànell’intensificazione (ossia in un’ottica strategica Labour intensive) <strong>della</strong> mole di lavoro con lafinalità di un aumento <strong>della</strong> produzione, oppure in termini di flessibilità contrattuale ossiacontrattazioni a tempo determinato e atipiche (contratti a progetto, partite I.V.A.) utili al datore dilavoro, ma a svantaggio del lavoratore, al fine di diminuire il costo del lavoro. Mantenere i costi diun lavoratore con partita I.V.A. o contratto a progetto ri<strong>su</strong>lta una spesa meno onerosa per chigestisce l'impresa. Non c’è stato in Italia un meccanismo funzionante che regolasse il ricorso delleimprese a contrattazioni flessibili; un sistema di controllo che permettesse il ricorso a forme dilavoro flessibile solamente a quelle imprese che concorrono realmente <strong>su</strong>l mercato in termini diinnovazione: che hanno una reale capacità di innovarsi nella produzione di beni sempre nuoviorientati a quelle che sono le richieste dei clienti che comprano, capacità di innovarsi in termini diprocessi di lavoro modificandoli quando questi processi ri<strong>su</strong>ltino inefficaci e inefficienti, capacitò diinnovarsi in termini di tecnologie implementando di nuove attraverso la sperimentazione e la9


icerca, innovarsi in termini organizzativi riorganizzando la divisione del lavoro. Dato che lecontrattazioni flessibili consentono ai datori di lavoro di risparmiare soldi <strong>su</strong>l costo del lavoro, comesopradetto, un “sì” all’utilizzazione di queste forme di contratto ma a patto che i risparmi ottenutisiano effettivamente investiti ai fini dell’innovazione, e che sia un’innovazione che possa esserevalutata in termini concreti. Per citare dei principi prettamente economici l'Effetto Riccardoafferma, in collegamento con quanto detto sinora, che la produttività dipende dagli investimenti chesostituiscono lavoro con capitale attraverso specifici cambiamenti tecnologici. Le contrattazioniflessibili in Italia hanno permesso ai datori di lavoro di risparmiare anche in termini di salari, constrategie di moderazione salariale (diminuendo i salari). In questo caso il rischio è quello di uncollasso del sistema produttivo ossia di far diminuire la domanda aggregata dei con<strong>su</strong>matori datoche i lavoratori, meno retribuiti, tenderanno a risparmiare <strong>su</strong>i con<strong>su</strong>mi. In termini economici èl’Effetto Smith che ci insegna che la produttività dipende dall’espansione <strong>della</strong> domanda aggregatae, per ricollegarci al discorso di prima <strong>su</strong>ll’importanza dell’innovazione organizzativa, che ladomanda aggregata si espande attraverso una riorganizzazione e divisione del lavoro (quindi coninnovazioni organizzative o <strong>su</strong>i processi di lavoro) e non di certo diminuendo i salari dei potenzialicon<strong>su</strong>matori.Un problema che se risolto può influenzare positivamente il mercato del lavoro in termini disicurezza è quello del ruolo di due attori del sistema e cioè i C.P.I. (Centri pubblico impiego) e leagenzie per il lavoro le quali forniscono lavoro con contratti di somministrazione. Per daresicurezza ai lavoratori in termini di occupabilità C.P.I. e agenzie dovrebbero agire attraverso unsistema collaborativi di scambio di informazioni più efficace di quello attuale e migliorare in quelleche sono le loro competenze (ossia selezione, allocazione, formazione e orientamento <strong>su</strong>l mercatodel lavoro). L’attuale scenario italiano mette in evidenza una inadeguatezza tecnologica dei C.P,I, euna scarsa efficacia delle agenzie nella capacità di attivare posti di lavoro. In questo sfondo è forte ildivario di qualità tra i C.P.I. del nord, più idonei a quelli che sono gli standard qualitativi minimifissati per legge, e i C.P.I. dislocati al <strong>su</strong>d e nelle isole che presentano ancora forti segni diarretratezza.Centri per l’impiego 200810


Agenzie Per il lavoro, 2008Nell’ambito <strong>della</strong> formazione, e cioè quei contesti di apprendimento che permettono di accrescere lacompetenza di un lavoratore incrementandone la possibile occupabilità, incrementandone una certasicurezza di inserimento lavorativo (naturalmente nell’ottica di un sistema lavoro che sappiautilizzare le competenze che il mercato offre), l’Italia si dimostra carente rispetto alla spesapubblica media europea in attività formative.11


La formazione viene fatta quasi esclusivamente all’interno delle grandi imprese (lo 0,1% del totaledelle imprese italiane) e poco o per nulla nelle medio/piccole imprese (il 94% del totale delleimprese italiane).Sul piano delle politiche passive, quindi si parla di sicurezza attraverso forme di sostegno al redditoper i lavoratori disoccupati, l’Italia spende ancora poco e in maniera poco produttiva, ad esempio allivello regionale utilizza parte del “Fondo sociale europeo” (FSE destinato allo sviluppo,all’innovazione, alla formazione e alla ricerca) per pagare gli ammortizzatori sociali di queilavoratori (soprattutto nelle imprese del <strong>su</strong>d) che non hanno maturato contributi <strong>su</strong>fficienti aricevere un’indennità <strong>su</strong>l reddito.Indicatori in termini europei ci informano che la spesa media in politiche attive e passive si attestaal 2,5%; l’Italia nei confronti di queste politiche ha una spesa pari all’ 1,4%, quindi inferiorerispetto alla media europea.In conclusione con quanto detto è possibile prevedere che la trasferibilità <strong>della</strong> flexicurity in Italiasarà possibile soltanto attraverso un coerente piano di riforme:sia delle strutture che si occupano di lavoro (C.P.I. e agenzie) rendendole più efficaci in quella che èla loro competenza, sia un piano di riforma del diritto del lavoro che tenda a snellire l’attuale codicedel lavoro italiano, eccessivamente complesso, contenente norme che si sovrappongono (e che sonospesso contraddittorie) che prevedeno ampi margini di incertezza nella risoluzione dellecontroversie contrattuali; sia una riforma <strong>della</strong> spesa pubblica incrementandola, in linea con lastrategia europea, negli investimenti in politiche passive e attive, le quali politiche determinano unritorno in termini di sicurezza per il lavoratore dal punto di vista reddituale (le passive) e nell’otticadell’incremento dell’occupabilità (le attive).La formazione: un importante ruolo strategico comune al livelloeuropeo, un elemento interno alla flexicurityRi<strong>su</strong>lta necessario, al termine di questa breve panoramica <strong>su</strong>l tema <strong>della</strong> flexicurity, portare avantiuna riflessione <strong>su</strong>lle differenze tra nazioni, che fanno si che si creino altrettanti differenti approcci almercato del lavoro.12


Una governance dovrebbe quindi essere in grado di anticipare alcune dinamiche lavorative,operando in maniera preventiva sin dalla formazione istituzionale.Queste problematiche si intrecciano in una complessità che richiederebbe ulteriori approfondimentie riflessioni, ma al di là di questo la formazione rappresenta un importante campo di azione ancoraaperto e migliorabile prendendo come esempio le best practice applicate da altri paesi europei comepunto di partenza.BIBLIOGRAFIA:2010 TRENTO IRS Esperimenti di Flexicurity(capitolo 1)2011 P.Tridico-FlessibilitàSicurezza-e-ammortizzatori2010 Di Paolo Serreri (a cura di), PERSeO. Personalizzare e Orientare. Il bilancio di competenzeper l’ occupabilità nel Lazio. FrancoAngeli2011 Federighi Analisi delle mi<strong>su</strong>re di flexicurity in alcuni contesti europei2011 Giornale: “Elis Notizie”, anno XXIV, N.56, Dicembre 20112007 ISFOL Il punto <strong>su</strong> flessicurezza2012 Articolo di Carlo Dell’Aringa, pubblicato <strong>su</strong> “Il Sole 24 Ore” il 5 aprile 20122012 Articolo di Enrico Morando, pubblicato <strong>su</strong> l’Unità il 11 aprile 201214

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