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Alberto Mario Banti Sublime madre nostra la ... - Isrecsavona.it

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Risorgimento, di avere dimostrato che il Risorgimento non è nostro contemporaneo, anchese molti fingono di crederlo tale nell'enfasi celebrativa. Il lim<strong>it</strong>e di <strong>Banti</strong> è stato, a mioavviso, di non aver sempre tenuto fede al suo assunto, rileggendo talvolta il Risorgimentocon gli occhi di un contemporaneo, e per giunta di un contemporaneo molto sensibile alpol<strong>it</strong>icamente corretto.«La nazione non è un dato di natura» ricorda <strong>Banti</strong> nell'incip<strong>it</strong> del suo ultimo libro (<strong>Sublime</strong><strong>madre</strong> <strong>nostra</strong>. La nazione <strong>it</strong>aliana dal Risorgimento al fascismo, Laterza 2011, pp. 208,euro 18). È infatti creazione re<strong>la</strong>tivamente recente; che però, dal momento in cui prendev<strong>it</strong>a, diviene un fattore fondamentale nel<strong>la</strong> v<strong>it</strong>a degli uomini e nel<strong>la</strong> loro storia. Ovunque <strong>la</strong>nazione si afferma attraverso un rapporto predatorio e selettivo del passato, costruendo epiù spesso inventando tradizioni, e<strong>la</strong>borando un apparato emozionale evocativo di unastoria e di un destino comune.Il libro di <strong>Banti</strong> è costru<strong>it</strong>o attorno all'individuazione di «figure profonde» del<strong>la</strong> narrazione<strong>it</strong>aliana: <strong>la</strong> nazione come parente<strong>la</strong>/famiglia; <strong>la</strong> nazione come comun<strong>it</strong>à sacrificale; <strong>la</strong>nazione come comun<strong>it</strong>à sessuata. Vuole condurre, attraverso c<strong>it</strong>azioni di un ampiomateriale di cultura alta, media e «bassa», una «analisi morfologica del discorso nazionale<strong>it</strong>aliano dal Risorgimento al fascismo». La tesi «forte» del libro è proprio in questacontinu<strong>it</strong>à ininterrotta attraverso le epoche del<strong>la</strong> storia per cui, fissate in epocarisorgimentale alcune strutture discorsive, esse procedono immutate nel tempo, ecolonialismo, imperialismo, razzismo non saranno tali «da modificare o scalzare <strong>la</strong> matricemorfologica originaria del discorso nazionale».Le obiezioni che vengono in mente di fronte a questo assunto sono moltissime, e provo adelencare le principali. Intanto, il procedimento non è solo <strong>it</strong>aliano, ma è comune a tutto ilsentimento nazionale che prende forma in epoca romantica. Il più grande storico <strong>it</strong>alianodell'idea di nazione, Federico Chabod, aveva dimostrato nei suoi corsi degli anni del<strong>la</strong>seconda guerra mondiale, pensati in evidente opposizione allo spir<strong>it</strong>o del suo tempo, comel'idea di nazione nascesse in amb<strong>it</strong>o settecentesco e in terr<strong>it</strong>orio per definizione alieno daspir<strong>it</strong>o guerresco, in Svizzera, tra c<strong>it</strong>tadini con lingue diverse, e in stretto collegamento conle idee di libertà e indipendenza. C'è una evidente forzatura nell'impostazione di <strong>Banti</strong>, nelsaltare <strong>la</strong> distinzione elementare tra principio di nazional<strong>it</strong>à e nazionalismo, tra climaculturale del primo Ottocento e quello del secondo. Si c<strong>it</strong>ano Mazzini e Garibaldi,ovviamente, ma si dimentica che furono tra i fondatori del<strong>la</strong> Prima Internazionale Operaia,assieme a Marx e Bakunin, che Mazzini fondò anche <strong>la</strong> Giovine Europa, che Garibaldicombatté per <strong>la</strong> libertà di molte nazioni. E non è casuale che a Garibaldi venisseroint<strong>it</strong>o<strong>la</strong>te le Brigate di combattenti comunisti, in Spagna e poi in Italia.Nel<strong>la</strong> strofa più goffa e impacciata del nostro inno nazionale, quel<strong>la</strong> che nessuno canta, siaccenna al sangue po<strong>la</strong>cco fatto versare dagli austriaci. C'era solidarietà tra uomini epopoli che si sentivano oppressi, e l'idea di liberazione nazionale si associava anche aquel<strong>la</strong> di un profondo rivolgimento sociale.Di Goffredo Mameli, patriota generoso e poeta discutibile, vorrei che non ci si lim<strong>it</strong>asse adire, come ha fatto Benigni in televisione, che è morto giovanissimo "per l'Italia", cosa diper sé vera ma semplificata. Vorrei che qualcuno ricordasse che era morto per unaRepubblica democratica, quel<strong>la</strong> romana, dal<strong>la</strong> cost<strong>it</strong>uzione modernissima e in tema dic<strong>it</strong>tadinanza molto più moderna delle legis<strong>la</strong>zioni successive. Era morto cioè per una Italiamolto diversa da quel<strong>la</strong> che poi si è realizzata. Col che non si vuole riaprire l'ennesimoprocesso agli es<strong>it</strong>i del Risorgimento: ce ne sono stati fin troppi, conosciamo origine,sviluppi e implicazioni di quei dibatt<strong>it</strong>i, e li assumiamo come un dato del<strong>la</strong> storia. Si vuolesemplicemente ricordare che parliamo di una storia molto complicata, impossibile daracchiudere in formule semplificatorie.Intorno al«Cuore»Nel<strong>la</strong> parte successiva, <strong>Banti</strong> dedica molta attenzione e c<strong>it</strong>azioni al libro Cuore, uno dei


libri di formazione dell'<strong>it</strong>aliano più efficaci e duraturi, che ha aduggiato l'infanzia <strong>nostra</strong>come delle generazioni precedenti. Eppure, anche qui, risulta difficile accettare l'idea cheEdmondo De Amicis fosse un nazionalista sanguinario: era un m<strong>it</strong>e socialista uman<strong>it</strong>ario,che voleva forgiare patriottismo e rett<strong>it</strong>udine con un libro a ben vedere molto strano, chepar<strong>la</strong> di una Italia singo<strong>la</strong>re, dove non c'è nemmeno un prete e non si par<strong>la</strong> mai di Chiesa.Può darsi che le «strutture discorsive» siamo simi<strong>la</strong>ri, e talvolta identiche, a quelle che piùtardi verranno adottate da D'Annunzio, dai nazionalisti e dai fascisti. Le parole sonoimportanti, ma vanno lette e tradotte nel loro tempo. Altrimenti si rischia di riproporre, consegno rovesciato, <strong>la</strong> visione fascista, che poneva il fascismo stesso come realizzazione,«inveramento» del Risorgimento.«La nazione fascista - scrive <strong>Banti</strong> - irrigidisce ed estremizza i tropi elementari del<strong>la</strong>matrice discorsiva originaria», il che non è poco, ma si può dire di più: ne stravolge ilsignificato. Scrivere che «le leggi razziali in fondo non sono che <strong>la</strong> gemmazione coerentedel fatto che <strong>la</strong> nazione è sangue e suolo per i fascisti, come lo era stata per i liberali», misembra francamente uno spropos<strong>it</strong>o. Forse tra cielo e terra del<strong>la</strong> storia c'è molto più che lestrutture discorsive: c'è <strong>la</strong> storia stessa.Ma davvero corriamo oggi il rischio di un neo-nazionalismo aggressivo, che si manifestacon Roberto Benigni al Festival di Sanremo e con Romano Prodi e Giovanna Me<strong>la</strong>ndri checantano l'inno nazionale assieme ai calciatori <strong>it</strong>aliani nel 2006, con «risultato des<strong>it</strong>uanteper un bel pezzo del loro elettorato, più aduso a commuoversi alle note di Blowing in thewind o Imagine, che alle figure sanguinolente del nazionalismo mortuario di epocaromantica»? I giovani americani ascoltano Bob Dy<strong>la</strong>n cantare Blowin' in the wind comeBruce Springsteen che canta Born in the Usa, e quanto alle figure retoriche delpatriottismo ottocentesco, credo che Fabrizio De André le avesse interpretate benetraducendo <strong>la</strong> canzone di Brassens Morire per delle idee («va bè, ma di morte lenta...»).L'antieroe <strong>Alberto</strong> SordiUn libro recente di una storica <strong>it</strong>alo-americana (Silvana Patriarca, Italian<strong>it</strong>à. La costruzionedel carattere nazionale, Laterza 2010 pp. XXVIII-320), dedicato non al<strong>la</strong> «ident<strong>it</strong>à»,concetto sdrucciolevole e impalpabile, bensì al «carattere» che viene forgiato e costru<strong>it</strong>o,partiva non a caso da <strong>Alberto</strong> Sordi, e dagli articoli celebrativi del personaggio apparsi nel2003 sul<strong>la</strong> stampa <strong>it</strong>aliana in occasione del<strong>la</strong> sua morte: «icona nazionale», «tipicamente<strong>it</strong>aliano», «eroe dei nostri difetti». Per rilevare come questa fosse <strong>la</strong> conclusioneparadossale e imprevedibile di un discorso sul carattere <strong>it</strong>aliano part<strong>it</strong>o in epoca prerisorgimentalee che aveva accompagnato gran parte del<strong>la</strong> <strong>nostra</strong> storia, teso a costruireun <strong>it</strong>aliano fiero, virile, guerresco, e sfociato nel<strong>la</strong> esaltazione dell'<strong>it</strong>aliano mammone,indolente, opportunista impersonato tante volte dall'attore romano.Ecco, tra gli estremi di Pietro Micca e di <strong>Alberto</strong> Sordi sarebbe possibile trovare un quidmedium di m<strong>it</strong>e patriottismo sostanziato di senso civico e anche di senso del<strong>la</strong> storia,proprio di c<strong>it</strong>tadini <strong>it</strong>aliani che vogliono restare tali, in una Repubblica libera, retta da leggida rispettare e da una Cost<strong>it</strong>uzione che non è solo da difendere, ma soprattutto daattuare?

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