Fabio landini Roccatederighi un campo d ... - Isrecsavona.it
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DA FABIO LANDINI, SCRITTORE E CONTRIBUTOR DI QUESTO BLOG, RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO<br />
Scrivo questo ricordo da <strong>un</strong> paese della Maremma di 800 ab<strong>it</strong>anti, che non fa Com<strong>un</strong>e a sé. Questo paese, per <strong>un</strong> ordine del Prefetto di<br />
Grosseto del novembre 1943, osp<strong>it</strong>ò <strong>un</strong> piccolo, insospettabile, <strong>campo</strong> di concentramento.<br />
E’ <strong>un</strong>a storia piena di eccesso di zelo, molto <strong>it</strong>aliana nella sua drammatic<strong>it</strong>à, deportazione, contratti d’aff<strong>it</strong>to, liste, Corte dei Conti. Una storia<br />
fort<strong>un</strong>atamente lim<strong>it</strong>ata nei numeri, ma grande come <strong>un</strong> macigno.<br />
Il paese si chiama <strong>Roccatederighi</strong>, e il Capo della Provincia, come si diceva allora, si chiamava Alceo Ercolani. Un f<strong>un</strong>zionario che nel marzo del<br />
1944 esaltò il massacro degli “Undici agnelli” di Maiano Lavacchio, <strong>un</strong> altro piccolo posto in provincia di Grosseto. Dove la Guardia Nazionale<br />
Repubblicana, <strong>un</strong> nucleo di polizia, <strong>un</strong>o di carabinieri e alc<strong>un</strong>i soldati tedeschi, in totale 140 membri della spedizione, stanarono e ammazzarono<br />
11 figli di contadini disarmati e ren<strong>it</strong>enti alla leva repubblichina. “Prego inoltre volermi inviare la relazione sul brillante fatto d’arme” scriveva<br />
Ercolani alla GNR. Ma questa è <strong>un</strong>’altra storia.<br />
Torniamo a <strong>Roccatederighi</strong>, <strong>un</strong> paese a 500 metri di alt<strong>it</strong>udine con <strong>un</strong> paio di strade e <strong>un</strong> borgo medievale. Il 28 novembre 1943, due giorni prima<br />
del decreto ufficiale del Ministro degli Interni Buffarini Guidi sulla deportazione degli ebrei nei campi di internamento, il prefetto Ercolani - per<br />
eccesso di zelo e di sua iniziativa – ist<strong>it</strong>uì nella frazione di <strong>Roccatederighi</strong> <strong>un</strong> <strong>campo</strong> di concentramento “in cui saranno internati tutti gli ebrei<br />
<strong>it</strong>aliani, anche se discriminati, della provincia di Grosseto”. Discriminati qui vuol dire: anche se parzialmente esentati dall'applicazione delle leggi<br />
razziali.<br />
Dove venne localizzato il <strong>campo</strong>? In <strong>un</strong> edificio che domina <strong>un</strong> magnifico scorcio della Maremma. Un bell’edificio a <strong>un</strong> chilometro dal paese,<br />
attualmente in ristrutturazione per farne <strong>un</strong> ricovero per malati di Alzheimer (vox populi). Nell’edificio c’è <strong>un</strong>a lapide che commemora i 38 ebrei<br />
che da lì partirono per la Germania<br />
Il prefetto Ercolani nominò <strong>un</strong> comandante del <strong>campo</strong>, <strong>un</strong> sottufficiale di pubblica sicurezza con f<strong>un</strong>zioni di direttore, a cui mise a disposizione<br />
<strong>un</strong>a somma “per le prime spese di vettovagliamento e cancelleria”. La sorveglianza interna venne affidata a tre poliziotti. Quella esterna, invece,<br />
“l<strong>un</strong>go il reticolato, sia di notte che di giorno” era comp<strong>it</strong>o di 20 Mil<strong>it</strong>i con <strong>un</strong> ufficiale, m<strong>un</strong><strong>it</strong>i di almeno due m<strong>it</strong>ragliatrici e fucili m<strong>it</strong>ragliatori “ed <strong>un</strong><br />
congruo numero di bombe”. Per far fronte alle prime spese, il Capo della Provincia prelevò 100.000 lire dalla cassa prefettizia, che, scrive<br />
Ercolani nell’ordine del novembre 1943, avrebbe reintegrato col “ricavato dei beni mobili ed immobili di pertinenza di detti ebrei”.<br />
Due giorni prima dell’ist<strong>it</strong>uzione del <strong>campo</strong>, il direttore, delegato dal Prefetto, aveva firmato <strong>un</strong>a scr<strong>it</strong>tura privata per l’aff<strong>it</strong>to dell’edificio a <strong>un</strong><br />
canone di mensili lire 5.000, pagamento anticipato. Il canone includeva l’opera di cinque suore per “la cucina, dispensa, guardaroba, infermeria,<br />
nonché per l'ordine nelle camerate delle donne”, mentre per le pulizie e la legnaia venivano messi a disposizione due uomini di fatica. Il<br />
personale avrebbe avuto il v<strong>it</strong>to del <strong>campo</strong> e <strong>un</strong>o stipendio di 300 lire per ogni suora e di 600 lire per gli uomini.<br />
Ci si chiederà come mai cinque suore. Ma andiamo avanti.<br />
Nel contratto sono dettagliati i locali ceduti in locazione, non tutti, <strong>un</strong>a parte restò di pertinenza del proprietario. Segue la descrizione dei locali<br />
ceduti, del mobilio e di quelli che il proprietario riservava a sé, e l'obbligo per la direzione del <strong>campo</strong> di recintare la proprietà con filo spinato “a<br />
garanzia del <strong>campo</strong> e da rimanere in segu<strong>it</strong>o al seminario”.<br />
Perché infatti l’edificio in questione era il Seminario Estivo Vescovile della Curia di Grosseto. E il contratto di aff<strong>it</strong>to fu firmato da Monsignor Paolo<br />
Galeazzi, vescovo del capoluogo.<br />
Nel contratto è scr<strong>it</strong>to che “dietro inv<strong>it</strong>o motivato dalle emergenze di guerra” e “in prova di speciale omaggio presso il nuovo Governo” (quello di<br />
Salò, nato <strong>un</strong> paio di mesi prima), la Curia cede in aff<strong>it</strong>to il Seminario Estivo presso <strong>Roccatederighi</strong> per farvi la sede del “Campo di<br />
Concentramento Ebraico”. Nel contratto si specifica che la cucina economica poteva f<strong>un</strong>zionare per “oltre cento persone”, comprese le stoviglie,<br />
che l’impianto elettrico aveva <strong>un</strong> trasformatore proprio “forn<strong>it</strong>o di tutte le lampadine” e che tutto era in ottimo stato di conservazione, con l'obbligo<br />
di riconsegna “entro <strong>un</strong> mese dalla chiusura del <strong>campo</strong> nelle condizioni in cui viene ceduta”.<br />
Meno di <strong>un</strong> anno dopo, nel settembre 1944, il primo prefetto di Grosseto liberata scrive al vescovo che l’istanza di S.E. Monsignore relativa al<br />
pagamento dell’aff<strong>it</strong>to scaduto non può essere accolta. Perché per la stipulazione di contratti nell'interesse dello Stato si sarebbero dovuti<br />
richiedere la preventiva autorizzazione del Ministero dell'Interno e la “la registrazione alla Corte dei Conti”; il prefetto Ercolani si era mosso troppo<br />
d’iniziativa. Il vescovo replica sub<strong>it</strong>o, scrivendo al Ministero per rammentare che all’aff<strong>it</strong>to si era stati costretti per ev<strong>it</strong>are la “requisizione”. E che a<br />
suo tempo si era protestato contro la decisione di adibire l’edificio a <strong>campo</strong> di concentramento poiché la curia avrebbe dovuto prima o poi<br />
“riaprirvi il seminario”. Ragioni, che paiono indubbiamente collegate al dir<strong>it</strong>to di proprietà. Il vescovo chiede quindi al Ministero il pagamento<br />
dell’aff<strong>it</strong>to scaduto, il versamento degli arretrati alle suore e agli uomini di fatica, e il risarcimento dei danni.
Non sappiamo come sia fin<strong>it</strong>a la questione finanziaria, né come abbiano fin<strong>it</strong>o i loro giorni il prefetto Ercolani e il vescovo, naturalmente speriamo<br />
in buon letto. Anche perché ci sono testimonianze di internati che riferiscono “l'assistenza spir<strong>it</strong>uale del Vescovo, che in quel periodo occupava<br />
<strong>un</strong>'altra ala del Seminario”, e le cure delle Sorelle che alleggerivano il peso della detenzione. Così come è possibile che gli ebrei che si salvarono<br />
furono quelli del posto (i.e.: gli ebrei <strong>it</strong>aliani), attorno ai quali si era cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a <strong>un</strong>a rete solidale “che comprendeva anche alc<strong>un</strong>i mil<strong>it</strong>i”, i quali<br />
compilavano le liste di quelli da deportare.<br />
Ma quanti furono gli ebrei che finirono nel <strong>campo</strong> di <strong>Roccatederighi</strong>, dentro l’edificio della Curia con il panorama mozzafiato?<br />
Nel censimento del 1938 (cinque anni prima) la presenza ebraica nella provincia di Grosseto era di 149 persone. Di queste, 80 furono internate<br />
nel Seminario Estivo Vescovile (41 <strong>it</strong>aliani e 39 stranieri). Poi 17 furono rilasciati per ragioni di salute o perché troppo anziani. Nel febbraio ’44 il<br />
capo della provincia Ercolani scriveva al capo della polizia, perché “coll’avvicinarsi delle azioni di guerra si rende ora indispensabile il<br />
trasferimento di detti ebrei, ammontati a 64. Prego, pertanto, volere compiacersi com<strong>un</strong>icarmi ove gli stessi debbano essere tradotti”.<br />
Fra l’aprile e il giugno ’44 più di metà degli internati di <strong>Roccatederighi</strong> fu trasfer<strong>it</strong>a in campi più a Nord. Gli altri scapparono in giugno dopo la fuga<br />
dei sorveglianti. Ad Auschw<strong>it</strong>z finirono 33 persone, di cui 4 sopravvissero. Ma ce ne sono altri 13 che non partirono per la Germania e di cui non<br />
si è saputo più nulla.<br />
<strong>Fabio</strong> Landini<br />
Pubblicato il 18.02.10 07:42 | Permalink| Commenti(3) | Invia il post