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come le vicende del bue rosso si intrecciano col gusto ... - Sardegna

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CUCINA E IDENTITA’DI M ARINA D ESSÌ B ERLINGUERFiori di zafferano.Prima fase lavorazione<strong>del</strong>la pasta.1È un grande territorioin provincia diOristano caratterizzatoda un vastocomp<strong>le</strong>sso vulcanicoricoperto da <strong>col</strong>atebasaltiche e laviche,ricco di bellis<strong>si</strong>meforeste di <strong>le</strong>cci,roverel<strong>le</strong>, agrifogli etasso, che confina<strong>col</strong> Sinis, una <strong>del</strong><strong>le</strong>zone umide piùimportanti <strong>del</strong> mediterraneo,ricca distagni, fa<strong>le</strong><strong>si</strong>e espiagge sabbiose.2G<strong>rosso</strong> centro<strong>del</strong>la provincia diOristano, deriva probabilmentedallaromana CurulisNova.3Ricco di monumentipreistorici,sempre in provinciadi Oristano: quil’azienda SosMolinos, produceprodotti di buonaqualità e genuinitàsfruttando l’ottimacarne <strong>del</strong> Bue <strong>rosso</strong>,il ca<strong>si</strong>zolu, la ricotta,e <strong>le</strong> molte erbespontanee <strong>del</strong> territorioquali borragine,ortica, asparagiselvatici, funghi porciniecc.4Centro <strong>del</strong>la provinciadi Oristanoche conserva numerosetestimonianzearcheologiche.COME LE VICENDE DEL BUE ROSSOSI INTRECCIANO COL GUSTODELLA BUONA TAVOLAIn un precedente lavoro, v. Mare Nostrum,Primavera 2006, avevo accennato alla realtà<strong>del</strong> mondo agropastora<strong>le</strong> sardo, al<strong>le</strong> innumerevoliattività <strong>le</strong>gate alla pastorizia nonché al<strong>le</strong>tradizioni mil<strong>le</strong>narie che tuttora vengono tramandatedi padre in figlio. Tali attività, anche secaratterizzate da un immobilismo qua<strong>si</strong> sacra<strong>le</strong>nella succes<strong>si</strong>one dei ritmi cadenzati dal cicloproduttivo, oggi risultano certamente meno faticoseper l’intervento <strong>del</strong>la meccanizzazione, perl’utilizzo di specifici vacini e di diverse misure diprofila<strong>si</strong>, ma ancherisultano notevolmentepiù redditizie per <strong>le</strong>nuove capacità managerialied imprenditorialidei conduttori<strong>del</strong><strong>le</strong> aziende.Mentre nel succitatoarti<strong>col</strong>o <strong>si</strong> faceva riferimentoqua<strong>si</strong> esclu<strong>si</strong>vamenteal patrimonioovino presente in largamisura su tutta l’isola, questa volta soffermeremola nostra attenzione sul con<strong>si</strong>stente patrimoniobovino presente dalla preistoria e, che ha rappresentato<strong>col</strong> trascorrere dei tempi, non soltantouna fonte di sus<strong>si</strong>stenza ma spesso di benessereo, <strong>come</strong> detto prima, di grande agiatezza,soprattutto nella parte nord-occidenta<strong>le</strong> <strong>del</strong>laregione: nel territorio <strong>del</strong> Montiferru 1 , nei gros<strong>si</strong>centri di Cuglieri 2 , Bonarcadu 3 , Seneghe 4 etc.Non a caso abbiamo accennato al con<strong>si</strong>stentepatrimonio bovino presente addirittura dallapreistoria: ritroviamo infatti il <strong>bue</strong>, in veste sacrae <strong>si</strong>mbolica, nel<strong>le</strong> protomi taurine 5 <strong>del</strong><strong>le</strong> domusde Janas 6 e <strong>del</strong><strong>le</strong> tombe dei giganti 7 di epocanuragica, nonché negli stes<strong>si</strong> bronzetti nuragici(amazzone cavalca toro); ma anche nell’adorazione<strong>del</strong> <strong>bue</strong> Api degli egiziani, <strong>del</strong> vitello d’orodegli Ebrei durante l’esodo dall’Egitto, <strong>del</strong>Minotauro di Creta, e nella Tauromachia ancorapraticata in Spagna. D’altra parte, <strong>le</strong> diverse <strong>le</strong>ggendeche cir<strong>col</strong>avano in tutta l’area mediterraneaparlavano di navigatori nel<strong>le</strong> varie sedi, dirapporti etnici sardo-iberici, nonché di popolazionilibiche e quindi <strong>del</strong>la relativa diffu<strong>si</strong>one dimiti, credenze ed economia.Tutto questo <strong>si</strong>gnifica chiaramente che era ta<strong>le</strong>l’importanza <strong>del</strong> <strong>bue</strong> per la vita e l’economia<strong>del</strong>la sopravvivenza, dafinire <strong>col</strong> trascenderel’impiego utilitaristicoper divenire <strong>si</strong>mbolosacro, divino, fautore<strong>del</strong>la fertilità e <strong>del</strong>l’abbondanza.L’al<strong>le</strong>vamento bovino èstato molto importantenell’isola, almeno perquanto riguarda i prodottiforniti all’esportazionea partire dal 1864, ed è curioso che lamaggior parte dei capi imbarcati per il continentee soprattutto per la Francia provenisse dallaprovincia di Sassari; questo po<strong>si</strong>tivo rapportocommercia<strong>le</strong> fu interrotto nel 1887, in seguitoalla rottura dei trattati commerciali con laFrancia; questo non <strong>si</strong>gnificò però un regressonell’al<strong>le</strong>vamento, ma anzi, un aumento di capiche favorì il formar<strong>si</strong> di una nuova classe diimprenditori economicamente più forti, piùintraprendenti ed attenti al<strong>le</strong> innovazioni.Così, nella seconda metà <strong>del</strong>l’ottocento gli al<strong>le</strong>vatorisardi <strong>del</strong>la zona <strong>del</strong> Montiferru cominciaronoad importare dalla provincia di Ragusacapi di razza Modicana 8 che vennero incrociaticon i bovini ros<strong>si</strong> autoctoni. Da questo incrocionacque la razza sardo-modicana che miglioròulteriormente il reddito degli al<strong>le</strong>vatori infattiquesta nuova razza di stazza più grossa <strong>del</strong>laprecedente dava ottimo latte anche se limitatonella produzione, ottima carne ed era parti<strong>col</strong>armenteidonea ad essere impiegata da tiro e dasoma.Attualmente però <strong>si</strong> as<strong>si</strong>ste ad un fenomenoimportantis<strong>si</strong>mo da attribuire al grande interesse<strong>del</strong> mercato naziona<strong>le</strong> ed europeo per questapregiatis<strong>si</strong>ma razza che è normata da un disciplinaredi produzione 9 che ne garantisce l’altaqualità dei prodotti. I terreni <strong>del</strong> MontiferruSAS PANADAS 15LE IMPANATINE AL BUE ROSSOIngredienti:per il ripieno: 1/2 Kg di polpa di <strong>bue</strong> <strong>rosso</strong>, 150 gr di buon lardo dimaia<strong>le</strong>, 3 o 4 pomodori maturi a pezzetti, 1 pomodoro secco dissalatoin acqua calda e tritato con la mezzaluna, 4 carciofi, 1/2 Kgdi favette fresche, un pizzico di stimmi di zafferano 16 , sa<strong>le</strong> fino, 1/2di bicchiere da vino di vernaccia, 1 spicchio di aglio, un pic<strong>col</strong>o mazzetto di prezzemolo,2 cucchiai di olio vergine di oliva.per la pasta: 1/2 Kg di semola sarda rimacinata, 150 gr di strutto buono, sa<strong>le</strong> fino,acqua q.b.Esecuzioneper il ripieno: per prima cosa <strong>si</strong> tagliano carne e lardo a pic<strong>col</strong>i pezzetti che <strong>si</strong> passanoin una capiente terrina, <strong>si</strong> condiscono con un trito finis<strong>si</strong>mo di aglio e prezzemolo,olio, vernaccia, pomodoro fresco e secco, stimmi di zafferano, carciofi freschia spicchietti (<strong>si</strong> utilizza solo la parte tenera avendo l’accortezza di maneggiarlicon la punta <strong>del</strong><strong>le</strong> dita bagnate nel succo di limone), <strong>le</strong> favette pic<strong>col</strong>is<strong>si</strong>mecrude. Si amalgama il tutto con un cucchiaio di <strong>le</strong>gno, <strong>si</strong> copre con una pelli<strong>col</strong>ae <strong>si</strong> fa insaporire al fresco o in frigo per circa un’ora.per la pasta: disporre su una spianatoia la farina a fontana dopo averla passata alsetaccio, fare un <strong>le</strong>ggero incavo sulla sommità e disporvi i pezzetti di strutto tenutofuori dal frigo. Durante la lavorazione tenere vicino una tazza d’acqua tiepidadove <strong>si</strong>a stato sciolto un g<strong>rosso</strong> pizzicone di sa<strong>le</strong>. S’inizia a preparare la pasta lavorandolain profondità, tirandola e ripiegandola su se stessa, inumidendo<strong>si</strong> spesso <strong>le</strong>mani per renderla soda, elastica e lucida. Non aggiungere altra farina durante lalavorazione; qualora l’impasto risultasse troppo duro, al<strong>le</strong>ggerirlo proseguendo lalavorazione, unendo acqua ma sempre in pic<strong>col</strong>is<strong>si</strong>me quantità. È molto importantenon ammollare l’impasto perché risulterebbe appiccicoso, osta<strong>col</strong>ando l’esecuzionefina<strong>le</strong>. Quando la pasta è pronta (ci vorrà una buona mezz’ora), <strong>si</strong> copre conun panno bianco inumidito e <strong>si</strong> procede all’esecuzione vera e propria.Si taglia la pasta in gros<strong>si</strong> pezzi che di volta in volta vengono ste<strong>si</strong> con un matterelloin sfoglie non troppo sottili che <strong>si</strong> ritagliano con un tagliapasta o, semplicementecon un bicchiere, in tondi più grandi (circa 10 cm.) per la parte inferiore, e dicirca 5 cm. per la parte superiore.Nel centro <strong>del</strong> tondo più grande <strong>si</strong> mette un cucchiaio <strong>del</strong> ripieno di carne, <strong>si</strong> sol<strong>le</strong>vano<strong>del</strong>icatamente i bordi pizzicandoli per formare una specie di sco<strong>del</strong>lina,succes<strong>si</strong>vamente <strong>si</strong> sovrappone il disco pic<strong>col</strong>o facendolo ben aderire; <strong>si</strong> adagiainfine sul piano di lavoro l’impanatina tenendola <strong>le</strong>ggermente di sbieco e realizzandoil semplice, clas<strong>si</strong>co cordoncino di chiusura. Proseguire con <strong>le</strong> restanti pasta ecarni.Regolare il forno a 180°, dopo dieci minuti ridurre il calore a 150°, infornare <strong>le</strong>impanatine e cuocere per circa un’oretta. Ci vuo<strong>le</strong> molta attenzione perché la carneall’interno deve cuocere nel suo saporito amalgama ma la pasta deve conservar<strong>si</strong>bianca o poco <strong>col</strong>orata.Osservazioni1. Il carciofo sardo a differenza di altre varietà <strong>col</strong>tivate in diverse regioni quali: Lazio,Sicilia, Puglia, Calabria, etc. ha <strong>le</strong> foglie più appuntite e spinose. È ottimo cotto, maè perfetto da mangiare crudo, intingendo la parte tenera <strong>del</strong>la foglia o <strong>del</strong> gambo inun pinzimonio di buon olio d’oliva e emul<strong>si</strong>onato con sa<strong>le</strong> fino e limone.2. La ricetta di questa impanatine rac<strong>col</strong>ta a Cuglieri non prevede i dadini di lardoche ho aggiunto perché, a mio parere, conferiscono al ripieno maggiore morbidezzaamalgamando meglio gli ingredienti.Impanatina prima <strong>del</strong>lacottura.Favette e carciofi.5Dal greco, busto;e<strong>le</strong>mento decorativostilizzato, testa taurina,da <strong>col</strong><strong>le</strong>gar<strong>si</strong> allareligione cretese,spesso incisa nel<strong>le</strong>pareti rocciose oanche, schema dicostruzioni megalitiche.6Case <strong>del</strong><strong>le</strong> fate,dimore dei defuntiscavate nella roccia,dove <strong>si</strong> ce<strong>le</strong>bravanosacrifici funerari.7Tumbas deGigantes, cir<strong>col</strong>imegalitici detti dei“giganti” per lagrande dimen<strong>si</strong>onedei mas<strong>si</strong> che racchiudevanoil circuitodi questo monumentotomba<strong>le</strong> eche spesso seguivalo schema <strong>del</strong>la protometaurina.8Proveniente dallacittadina di Modica.9Con<strong>si</strong>ste in unin<strong>si</strong>eme di normeche <strong>le</strong> aziende <strong>del</strong>lasarda-modicanadevono osservare, eche garantisce irequi<strong>si</strong>ti di qualità etipicità definiti alivello europeo enaziona<strong>le</strong>, integratidal progetto di qualità<strong>del</strong>la Ass. <strong>del</strong>Bue Rosso.10Antica razza bovinadal<strong>le</strong> lunghe120121


corna che discendedal Bos primigenius,giunto in Italia e in<strong>Sardegna</strong> dallaregione Ucraina<strong>del</strong>la Podolia,all’epoca <strong>del</strong><strong>le</strong> inva<strong>si</strong>onibarbariche.11Secondo alcunistudio<strong>si</strong>, questachiesa con annessoconvento sarebbeappartenuta all’ordinedei templari <strong>si</strong>noalla soppres<strong>si</strong>one diquesto nel XIV sec.e poi passata sottol’ordineGerosolomitano.12Il grande bollito.13Il <strong>bue</strong> ripieno.14Formaggio a formadi pera grande edallungata tipica dimolte zone <strong>del</strong>la<strong>Sardegna</strong> nord-occidenta<strong>le</strong>;oggiSantulussurgiu luogodi produzione pereccel<strong>le</strong>nza, garantisce<strong>col</strong> marchioazienda<strong>le</strong> Ca<strong>si</strong>zholu<strong>del</strong> Montiferru, l’ottimaqualità di questapasta filata che provienedal latte <strong>del</strong><strong>bue</strong> <strong>rosso</strong>. A Sassariè pos<strong>si</strong>bi<strong>le</strong> reperirequesto ed altri ottimiformaggi presso cultori<strong>del</strong>la genuinitàdei prodotti sardi, traaltri, “Sa<strong>le</strong> e Pepe”di Mas<strong>si</strong>milianoPuggioni, salumeriaMangatia e salumeriaAlberti.15Dallo spagnoloEmpanada, schiacciatadi pasta dentrola qua<strong>le</strong> vengonocotti qua<strong>si</strong> a vapore,carne, pesce (soprattuttoanguil<strong>le</strong>), con osenza verdure.16Zafferano d.o.p. di<strong>Sardegna</strong>; gli stimmiprima di essereutilizzati vanno scaldatia fuoco dolcecon poco burro oolio.122CUCINA E IDENTITA’infatti, di origine vulcanica, producono pas<strong>col</strong>i che <strong>si</strong> mantengono abbastanza freschi anche d’estatee sono ricchi di essenze di macchia mediterranea. Questi fattori, uniti alla tecnica <strong>del</strong>l’al<strong>le</strong>vamentosemibrado, consentono agli animali un’e<strong>si</strong>stenza priva di stress a cui <strong>si</strong> devono la bontà, la <strong>del</strong>icatezzaed il <strong>gusto</strong> <strong>del</strong>la carne. Le carni bovine, <strong>si</strong>a quel<strong>le</strong> <strong>del</strong>la razza sarda-modicana che quellapodalica 10 derivate da incroci tra razze locali e piemonte<strong>si</strong>, di montagna e alpina, tutte parti<strong>col</strong>armente<strong>gusto</strong>se, da se<strong>col</strong>i hanno caratterizzato la cucina <strong>del</strong> Montiferru con ricette tipiche. Durante <strong>le</strong> ricercheeffettuate sul territorio che intreccia la sua storia con quella <strong>del</strong> monastero di San Leonardo diSiete Fuentes 11 relativamente al <strong>bue</strong> <strong>rosso</strong>, ho tradotto dal castigliano un’antica ricetta che mi parevalga la pena di riportare. Si racconta che nell’anno 1263, a causa di una terribi<strong>le</strong> carestia, <strong>le</strong> terrenon davano frutto e <strong>le</strong> campagne erano popolate da poveri affamati ma nel monastero di SanLeonardo <strong>si</strong> doveva preparare la festa per il Santo il 2 di giugno, e poiché i frati non sapevano <strong>come</strong>fare per sfamare tutti i pel<strong>le</strong>grini, chiesero aiuto al frate Bernanrdo di Aquitania che al rientro dallaterra santa <strong>si</strong> era fermato per alcuni me<strong>si</strong> in quel convento.Ni<strong>col</strong>ao de Borges Magisteri Templi in Sanct. Leona. de Siet. Font., riferisce che “il giorno di SanLeonardo <strong>del</strong> 1263 i frati prepararono proprio <strong>col</strong> <strong>bue</strong> <strong>rosso</strong>, un Gran Buillon 12 per i poveri ed ilBovinus P<strong>le</strong>natus 13 per <strong>le</strong> e<strong>si</strong>genze <strong>del</strong> convento; tutti mangiarono in abbondanza e con il ballo tondo<strong>si</strong> fece una gran festa per la gloria di nostro <strong>si</strong>gnore”.Gran Buillon: “per far mangiare tanta gente prendere un caldaio e fate bollire molta acqua. Poiprendere <strong>le</strong> ossa i piedi, la tesata di un <strong>bue</strong> <strong>rosso</strong> che ci ha donato il giudice barione e gettali nell’acquabol<strong>le</strong>nte. Nel brodo buttate i fagioli, <strong>le</strong> fave, <strong>le</strong> castagne secche ed erbe commestibili e lasciatecucinare il tempo necessario. Poi <strong>si</strong> può mangiare”. Così ci diceva fra Bernardo di Aquitania.Per i frati <strong>del</strong> convento venne preparata invece, così <strong>come</strong> è riferito; un’antica (anche per quei tempi!)ricetta sarda.Il Bovinus p<strong>le</strong>natus: “per questa ricetta è necessario avere la carne di un <strong>bue</strong> senza piedi né ossané testa. Con la carne <strong>del</strong> <strong>bue</strong> <strong>si</strong> confeziona un grande otre o sacco, dentro di questo <strong>si</strong> mette uncervo, dentro il cervo un maia<strong>le</strong>, dentro il maia<strong>le</strong> una pecora, dentro la pecora un agnello, dentrol’agnello un porcettino, dentro il porcettino un coniglio, dentro il coniglio una gallina. Dentro la gallina,la mollica lavorata con lardo, latte, ca<strong>si</strong>zholu 14 , cipolla aglio ed erbe. Poi <strong>si</strong> scava nel terreno unabuca molto grande, la <strong>si</strong> riveste con pietre vulcaniche riscaldate ad un grande fuoco; sul<strong>le</strong> pietre <strong>si</strong>mette il <strong>bue</strong> ripieno coprendolo con foglie e rami di mirto; <strong>si</strong> copre poi con pietre e terra, sopra <strong>si</strong> faun bel fuoco e dopo quattro o cinque ore sarà pronto”.Questa elaborazione tanto comp<strong>le</strong>ssa ci stupisce ma non più di tanto, perché sappiamo dal<strong>le</strong> cronache<strong>come</strong> banchetti così abbondanti fossero tipici <strong>del</strong><strong>le</strong> società molto povere che in occa<strong>si</strong>oni di rarefeste parti<strong>col</strong>ari, davano sfogo all’al<strong>le</strong>gria rimpinzando<strong>si</strong> in maniera smodata e fanta<strong>si</strong>osa, qua<strong>si</strong> arecuperare in una sola volta il digiuno forzato <strong>del</strong> resto <strong>del</strong>l’anno.Noi oggi certamente rabbrividiamo davanti al racconto di piatti <strong>come</strong> questo, ma il nostro atteggiamentononché l’aspettativa cambia notevolmente davanti ad altre numerose ricette pur elaboratenella loro semplicità, di questo bellis<strong>si</strong>mo altopiano basaltico che dal<strong>le</strong> cime <strong>del</strong> Montiferru degradaal<strong>le</strong> coste di volta in volta rocciose o calcaree o basse o sabbiose ricoperte da lussureggiante vegetazionee dal clima mite, tra <strong>le</strong>cci, querce e ciliegi. Si va dalla petza arrustida (carne arrosto), allapetza in brou, al ghisadu (spezzatino con pomodoro), alla fricassea di interiora per arrivare al<strong>le</strong> prelibateimpanatine, cestinetti di pasta violata <strong>si</strong>gillata su dadini di carne di <strong>bue</strong> <strong>rosso</strong> mes<strong>col</strong>ati a pisellio carote e sedano o funghi o carciofi o favette, così capita che a Seneghe a Bonarcado, aSantulussurgiu, o a Cuglieri <strong>si</strong> gustino queste morbide, profumate sco<strong>del</strong>line, elaborate da esperienzese<strong>col</strong>ari, che utilizzano la carne <strong>del</strong> famoso <strong>bue</strong> <strong>rosso</strong> il cui sapore è esaltato dall’abbinamento con<strong>le</strong> <strong>del</strong>icate verdure di stagione profumate agli stimmi di zafferano.HOTEL TERME AURORAUN’OASI DI SALUTE NEL CUORE DELLA SARDEGNADa 38 anni <strong>le</strong> Terme Aurora operano conla più alta profes<strong>si</strong>onalità nell’ambientealberghiero terma<strong>le</strong>.L’albergo, recentemente ristrutturato, è e<strong>le</strong>gantementearredato; tutte <strong>le</strong> camere sono dotatedi bagno privato, hanno l’aria condizionata, TV,te<strong>le</strong>fono. Il ristorante <strong>del</strong>l’Hotel offre ai suoiospiti una cucina tipica sarda.Dispone di una pa<strong>le</strong>stra, un’accogliente salaconvegni, un campo da tennis immerso in unvasto parco alberato e due meravigliose piscinetermali. In ogni piano <strong>del</strong>l’albergo c’è unreparto per la fangoterapia, con cabine cura perfanghi, bagni e idromassaggi.Nella struttura è anche presente un modernis<strong>si</strong>moreparto cure inalatorie. In un appo<strong>si</strong>toreparto viene praticata la fi<strong>si</strong>oterapia e vari tipidi massaggi. Le cure vengono praticate conl’utilizzo <strong>del</strong>l’acqua terma<strong>le</strong> e per tutte <strong>si</strong> è ottenutoil riconoscimento terapeutico.Alta profes<strong>si</strong>onalitànell’esp<strong>le</strong>tamento<strong>del</strong><strong>le</strong> cure e nellaloro prescrizione.Un soggiorno dibenessere e relaxper il tuo corpo,grazie al<strong>le</strong> cure termalicon acqua solfureasalsobromoiodica,idromassaggiosubacqueo, fanghi,massaggi.salute e benessereHotel Terme AuroraLocalità San Saturnino07010 Benetutti (SS)Tel./fax 079/796871079/797013Tel. 079/796964www.termeaurora.itinfo@termeaurora.ittermeaur@tin.itVeduta diurna<strong>del</strong>la struttura con,in primo pianola piscina terma<strong>le</strong>.Doccia nasa<strong>le</strong> micronizzatae aerosol.Fangoterapia: cura parti<strong>col</strong>armenteindicatanel<strong>le</strong> forme di patolgieartroreumatiche edosteoarti<strong>col</strong>ari.Veduta notturna <strong>del</strong>lastruttura.123


cultura e storiaCOMUNE DI NUOROComune di Nuoroufficio turismo <strong>del</strong>comune di Nuorovia Dante, 4408100 Nuorotel. 0784216715 /798fax 0784216798turismo@comune.nuoro.itwww.comune.nuoro.itSu Filindeu, pastatipica.CULTURA E GASTRONOMIADELLA CITTÀ DI NUOROè il cuore vergine ed originario<strong>del</strong>la <strong>Sardegna</strong>(…) è un“Nuoropaese a doppio fondo, ma vergine.La sua verginità è la sua e<strong>le</strong>mentarità.Quello che vi era di sardo puro è rimasto ta<strong>le</strong>qua<strong>le</strong> <strong>col</strong> carattere originario”(V. Lilli, Viaggio in <strong>Sardegna</strong>) .A Nuoro il vi<strong>si</strong>tatore può conoscere la<strong>Sardegna</strong> più autentica e tradiziona<strong>le</strong>; è l’unicacittà totalmente sarda priva di ingerenze estraneeche fanno la bel<strong>le</strong>zza <strong>del</strong><strong>le</strong> altre grandi cittàsarde. Le case <strong>del</strong> centro storico, <strong>le</strong> chiese, <strong>le</strong>vie rispecchiano la realtà <strong>del</strong>la Barbagiadescritta in maniera magistra<strong>le</strong> dalla De<strong>le</strong>dda eda Salvatore Satta nel<strong>le</strong> loro opere. Capoluogodi provincia dal 1927, è per tradizione la patriaspiritua<strong>le</strong> e cultura<strong>le</strong> dei Sardi: tanti degli intel<strong>le</strong>ttuali,dei giuristi, dei <strong>le</strong>tterati, degli artisti chela <strong>Sardegna</strong> può vantare sono nati e vissuti inquesta città, oltre Salvatore Satta e GraziaDe<strong>le</strong>dda, Francesco Ciusa, Antonio Bal<strong>le</strong>ro,Sebastiano Satta, solo per citarne alcuni.Nùoro dovrebbe essere vi<strong>si</strong>tata cercando dicogliere l’atmosfera che vi <strong>si</strong> respira, apprezzandola cordialità e l’ospitalità <strong>del</strong>la gente,osservando <strong>le</strong> piazze, gli edifici, <strong>le</strong> chiese, percoglierne la bel<strong>le</strong>zza in rapporto ad uno sti<strong>le</strong>unico, espres<strong>si</strong>one dignitosa ed e<strong>le</strong>gante <strong>del</strong>l’identitàdi un popolo.Il <strong>si</strong>to su cui sorge l’abitato era frequentato<strong>si</strong>n dall’epoca prenuragica e nuragica, <strong>come</strong>testimoniano <strong>le</strong> aree archeologiche di caratteresepolcra<strong>le</strong> presenti nel territorio <strong>come</strong> <strong>le</strong>Domus de Janas in loc. Borbore ( 4000 – 2000A.C.) ed in due nuraghi inseriti nel contestourbano. Da vi<strong>si</strong>tare <strong>le</strong> Chiese di Santa Croce eSan Salvatore <strong>del</strong> XVI se<strong>col</strong>o, la Chiesa <strong>del</strong>laMadonna di Valverde, <strong>del</strong><strong>le</strong> Grazie e di SanCarlo tutte <strong>del</strong> XVII se<strong>col</strong>o. La Cattedra<strong>le</strong>,dedicata a Santa Maria <strong>del</strong>la Neve risa<strong>le</strong> inveceal 1835, tra i tesori custoditi vi sono duete<strong>le</strong> di Bernardino Palazzi raffiguranti La Cenadi Emmanus e una Depo<strong>si</strong>zione, di notevo<strong>le</strong>pregio è poi la Via Crucis dipinta nel 1053 inocca<strong>si</strong>one <strong>del</strong> centenario <strong>del</strong>la consacrazione<strong>del</strong> tempio da Carmelo Floris e GiovanniCiusa Romagna.La città è anche riconosciuta <strong>come</strong> la capita<strong>le</strong><strong>del</strong> folklore e <strong>del</strong><strong>le</strong> tradizioni sarde <strong>del</strong>l’isolagrazie alla presenza <strong>del</strong> più grande ed importanteMuseo Etnografico Sardo e <strong>del</strong><strong>le</strong> variemanifestazioni qua<strong>le</strong> la Sagra <strong>del</strong> Redentore,in onore <strong>del</strong>la statua deposta nel 1901 sullacima <strong>del</strong> Monte Ortobene, che ogni anno il27/28/29 agosto ripropone una sfilata di circa3000 costumi provenienti da tutte <strong>le</strong> parti<strong>del</strong>l’Isola. Nel mese di agosto 2007, giorno29, Nuoro ce<strong>le</strong>bra 107 anni di storia <strong>del</strong>laSagra <strong>del</strong> Redentore. Una storia cominciatanel 1899, quando a Nuoro (la città, in<strong>si</strong>emecon altri luoghi, era stata scelta da un organismoVaticano <strong>come</strong> sede dove innalzare unastatua al Redentore, in omaggio alla dedicazione<strong>del</strong>l’intero XX se<strong>col</strong>o alla figura diCristo) fu costituito un comitato con il compitodi raccogliere i fondi necessari per la realizzazione<strong>del</strong> monumento. Il luogo scelto perl’installazione fu il monte Ortobene, e l’operafu affidata allo scultore Vincenzo Jerace, giovaneartista formato<strong>si</strong> alla scuola napo<strong>le</strong>tanadi Saverio Altamura. Il gigantesco monumentoal Redentore fu inaugurato la mattina <strong>del</strong>29 agosto 1901, alla presenza di diecimilafe<strong>del</strong>i e pel<strong>le</strong>grini provenienti da tutte <strong>le</strong> parti<strong>del</strong>l’Isola.“Erano lì sulla cresta in attesa – scrisse uncronista <strong>del</strong>l’epoca – erano vecchi patriarchidalla barba bianca e prolissa, vissuti nei pianidesolati, nei greppi <strong>del</strong><strong>le</strong> ferrigne ombregiganti, spose e madri arrivate lassù in pel<strong>le</strong>grinaggiolungo e faticoso”.Un momento magico, insomma, per Nuoro eper il suo territorio, cuore di un’isola che pertutta l’Italia di quel tempo era ancora, in granparte, una terra oscura e lontana.Il Redentore è una festa di <strong>col</strong>ori, di al<strong>le</strong>gredanze, di costumi, di opere d’artigianato, dispecialità gastronomiche: ma è anche e soprattutto,una festa religiosa che dal 1901 chiamaad un atto di devozione i suoi partecipanti. Ledue anime <strong>del</strong>la sagra, non sempre facili daconciliare, costituiscono uno spetta<strong>col</strong>o dipopolo veramente indimenticabi<strong>le</strong>, per lagenuinità d’espres<strong>si</strong>one che contribuisce adavvicinare i sardi ai sardi, questi ai continentali,e tutti in<strong>si</strong>eme agli stranieri in manieraautenticamente cosmopolita. Simboli di tuttociò sono l’immagine <strong>del</strong> Redentore e il MonteOrtobene, che Grazia De<strong>le</strong>dda vol<strong>le</strong> ce<strong>le</strong>brarecon queste paro<strong>le</strong>: ”No, non è vero chel’Ortobene possa paragonar<strong>si</strong> al<strong>le</strong> altre montagne,l’Ortobene è uno solo in tutto il mondo, èil nostro cuore, è l’anima nostra, il nostro carattere,tutto ciò che c’è di grande e di pic<strong>col</strong>o, didolce, duro e aspro e doloroso in noi”.Chi avrà la fortuna di trascorrere un’affascinantevacanza in <strong>Sardegna</strong>, dominata dal so<strong>le</strong>e dal vento, non potrà prescindere dall’as<strong>si</strong>steread uno degli spetta<strong>col</strong>i impareggiabiliche più riassume l’anima, la cultura e la tradizioneautentica <strong>del</strong><strong>le</strong> popolazioni sarde. Si troveràdi fronte, per l’occa<strong>si</strong>one, al più policromoaffresco di <strong>col</strong>ori che mai nessun pittore<strong>si</strong>a riuscito a mettere in<strong>si</strong>eme su una tela. Unagrande festa, dunque, per quanti, abbandonateper un giorno <strong>le</strong> spiagge, vogliano avvicinar<strong>si</strong>al<strong>le</strong> tradizioni autentiche <strong>del</strong>l’isola, maanche un’occa<strong>si</strong>one per tutti i sardi di ritrovaree riconoscere con emozione nei <strong>si</strong>mboli <strong>del</strong>vestiario, nel<strong>le</strong> mu<strong>si</strong>che e nel<strong>le</strong> paro<strong>le</strong> i segnidi una identità cultura<strong>le</strong>, che oggi più che maiè necessario proteggere e valorizzare.SAGRE E FESTELa Sagra <strong>del</strong> Redentore, 27/28/29 AgostoLa Sagra di San Francesco di Lula,1° sabato <strong>del</strong> mese di maggio e 1° sabato <strong>del</strong>mese di Ottobre;La Festa di Sant’Antonio Abate, 17 GennaioI Riti <strong>del</strong>la Settimana SantaGASTRONOMIA TRADIZIONALEPane Carasau - pane tradiziona<strong>le</strong> - dischi sottilis<strong>si</strong>mie croccanti ottenuti mediante cottura alforno a <strong>le</strong>gna; il pane, abbrustolito e cosparsodi olio e sa<strong>le</strong> pende il nome di Pane Guttiau;Su Pane Frattau - primo piatto realizzato conil pane carasau immerso nell’acqua bol<strong>le</strong>ntee disposto in strati conditi con abbondantesugo e formaggio pecorino;Sos Maccarrones Cravaos - ver<strong>si</strong>onenuorese degli gnocchetti sardi;Sos Maccarrones <strong>del</strong> Busa - gros<strong>si</strong>bucatini fatti stendendo la pasta attornoad un appo<strong>si</strong>to ferro;Sos Maccarrones Furriaos - gnocchetticonditi con formaggio pecorino freschis<strong>si</strong>mofuso con la semola fino a formareuna sorta di crema;Sa Minestra e Merca - pasta, patate,pomodoro e latte di pecora cagliato;Su Filindeu - pasta di semola finis<strong>si</strong>ma intrecciata<strong>come</strong> una tela, cotta nel brodo di pecoracon aggiunta di abbondante formaggio fresco;Sa Sebada - un disco di pasta sotti<strong>le</strong> che racchiudeun ripieno di formaggio fresco aromatizzatoal limone, fritto e ricoperto di mie<strong>le</strong> ozucchero;Sas Casadinas - tortine di pasta ripiene di formaggioo ricotta;Sos Coricheddos - dolce di mandor<strong>le</strong> e mie<strong>le</strong>finemente decorato con motivi floreali – tipicodei matrimoni;DA VEDEREMAN Museo Arte provincia di NuoroVia Satta, 15 tel. 0784252110Museo <strong>del</strong>la Vita e Tradizioni PopolariSarde,Via Mereu, 56 tel. 0784257035Museo Archeologico Naziona<strong>le</strong>Via Mannu, 1 tel. 078431688Casa Museo di Grazia De<strong>le</strong>ddaVia G. De<strong>le</strong>dda tel. 0784258088Chiesa di San Carlo, P.zza San Carlo, 11Chiesa di Santa Croce, V. Francesco Sulis, 8Chiesa di San Salvatore, P.zza S. SalvatoreChiesa di N.S. <strong>del</strong><strong>le</strong> Grazie, V. <strong>del</strong><strong>le</strong> GrazieChiesa di Nostra Signora <strong>del</strong>laSolitudine, Via<strong>le</strong> <strong>del</strong>la SolitudineNuraghe Tanca Manna, Via Martiri <strong>del</strong>laLibertàNuraghe Ugolio, Via UgolioINFORMAZIONI Ufficio Turismo <strong>del</strong> comunedi Nuoro via Dante, 44 - 08100 Nuorotel. 0784216715 /798 fax 0784216798turismo@comune.nuoro.itwww.comune.nuoro.itPunto Informa, C.so Garibaldi Nuorotel. 078438777 – 07841941372L’ultimo capolavoro<strong>del</strong>lo scultore nuoreseFrancesco Ciusa“Il Fromboliere”(1939-1940)Sos Coricheddos,dolce tipico124125


PESCA SPORTIVADI A LBERTO R UIULA PESCA DEI CALAMARIUna serata fortunata.E' bene provare diver<strong>si</strong>tipi di totanare.Calamari appenapescati.126LIl calamaro è un mollusco cefalopode chevive in pros<strong>si</strong>mità <strong>del</strong>la costa, durante ilgiorno predilige acque profonde, mentrenel<strong>le</strong> ore notturne <strong>si</strong> porta nei bas<strong>si</strong> fondalialla ricerca di prede, costituite da pic<strong>col</strong>i pesci.La taglia media <strong>si</strong> aggira tra i duecento e i cinquecentogrammi, anche se sono frequenti,specialmente nella stagione fredda, catture diesemplari che superano abbondantemente ilchilo di peso. Negli ultimi anni la pesca al calamaroè entrata prepotentemente a far parte<strong>del</strong><strong>le</strong> tecniche praticate dai pescatori di<strong>le</strong>ttanti,perché poco impegnativa, molto divertente esoprattutto gratificante sotto l’aspetto gastronomico.Nasce infatti <strong>come</strong> metodo semi-profes<strong>si</strong>ona<strong>le</strong>ad uso e consumo dei praticanti lapic<strong>col</strong>a pesca costiera. I <strong>si</strong>stemi più utilizzatisono due: la pesca con l’imbarcazione ancoratae la pesca a “scarroccio”. La pesca a barcaferma <strong>si</strong> effettua nei fondali prospicienti <strong>le</strong>coste alte, dove la profondità raggiunge rapidamentei trenta - quaranta metri, con fondoroccioso misto a prateria di po<strong>si</strong>donia, ocomunque in quei posti dove la presenza deicalamari è ben nota e definita. Si possono utilizzare<strong>le</strong>nze a mano avvolte su sugheri oppurecanna e mulinello, mentre il calamento saràsempre lo stesso, un trave di <strong>le</strong>nza con duetotanare <strong>le</strong>gate a bandiera su un termina<strong>le</strong><strong>del</strong>lo 0,25 a circa cinquanta centimetri l’unadall’altra e portante in fondo un piombo ditrenta – quaranta grammi. Con la <strong>le</strong>nza amano sarà necessario imprimere al<strong>le</strong> eschedei movimenti verticali sol<strong>le</strong>vando il braccio,mentre con <strong>le</strong> canne basterà il movimento <strong>del</strong>cimino, sufficientemente sen<strong>si</strong>bi<strong>le</strong>, ad animarel’inganno. In realtà <strong>si</strong> possono utilizzareanche contemporaneamente, la canna impostatasu un reggicanna orientato opportunamentee recante un calamento con poca piombatura(venti grammi), che lavori perciò amezz’acqua, la <strong>le</strong>nza a mano provvista di unpeso maggiore (cinquanta grammi) <strong>si</strong> cala apicco sotto la barca <strong>si</strong>no a raggiungere ilfondo. Questa tecnica rende bene nel<strong>le</strong> areedove la presenza dei calamari <strong>si</strong>a accertata, sufondali compre<strong>si</strong> tra i 10 e i 30 metri. Baie,ca<strong>le</strong>tte, punte rocciose e antemurali portuali,sono da preferire, così <strong>come</strong> sono da tenere inforte con<strong>si</strong>derazione i punti di costa molto illuminatida luci artificiali. La pesca a scarroccioè <strong>si</strong>curamente la più usata e, spesso, redditizia.Si basa su una perfetta conoscenza deifondali e <strong>del</strong><strong>le</strong> aree frequentate dai calamari.Rende molto sul<strong>le</strong> cigliate rocciose e sui bordi<strong>del</strong><strong>le</strong> secche che variano dai 20 ai 50 metri epuò essere praticata anche su fondali omogeneidi fango e po<strong>si</strong>donia. La "passata" a scarroccio<strong>si</strong> effettua cal<strong>col</strong>ando la corrente e risa<strong>le</strong>ndolafino al punto in cui <strong>si</strong> calano <strong>le</strong> <strong>le</strong>nze,in modo che la barca effettui il passaggio sullacigliata o sulla zona prescelta. L’attrezzatura èla stessa utilizzata nella pesca a barca ferma,avendo l’accortezza di calibrare la piombatura<strong>del</strong><strong>le</strong> <strong>le</strong>nze in base all’inten<strong>si</strong>tà <strong>del</strong>la corrente e<strong>del</strong>la profondità di pesca de<strong>si</strong>derata. L’attacco<strong>del</strong> calamaro <strong>si</strong> può manifestare in modi differenti,più spesso sentiremo un deciso appesantimento<strong>del</strong>la <strong>le</strong>nza se stiamo usando l’attrezzaturaa mano, oppure vedremo il cimino<strong>del</strong>la canna f<strong>le</strong>tter<strong>si</strong> ed incurvar<strong>si</strong> decisamente,meno spesso invece sentiremo la <strong>le</strong>nzaal<strong>le</strong>ggerir<strong>si</strong>, in questo caso il calamaro, dopoaver attaccato la totanara, nuota verso l’altoportando<strong>si</strong> appresso la piombatura. I calamari<strong>si</strong> prendono con il buio, ma <strong>le</strong> ore migliori perquesta pesca sono quel<strong>le</strong> che precedono l’albae il tramonto, e nel<strong>le</strong> giornate con il cielocoperto dal<strong>le</strong> nuvo<strong>le</strong>, non è raro che l’attivitàalimentare <strong>si</strong> protragga a lungo dopo l’alba oal pieno giorno. Il recupero dei calamari deveavvenire né troppo veloce, né troppo <strong>le</strong>nto masoprattutto in maniera costante, e quando arrivanoin superficie <strong>si</strong> imbarcano con un movimentodeciso e misurato, pos<strong>si</strong>bilmente direttamentein un capiente secchio evitando allostesso tempo la spruzzata d’acqua e di inchiostroche, guarda caso, prende sempre il nostrocompagno di pesca.


cultura e storiaDI B RUNO M ANUNZAIL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORADI BONACATU A BONARCADOTerracotta policroma<strong>del</strong>la Vergine <strong>col</strong>Bambino.Chiesa di Santa Maria.Bonarcado (Oristano),<strong>Sardegna</strong>.Santuario di NostraSignora di Bonacattu.Acquasantiera.ABonarcado, un bel borgo rura<strong>le</strong> dispostonella piana <strong>del</strong> Milis, <strong>si</strong> trova unodei più interessanti comp<strong>le</strong>s<strong>si</strong> religio<strong>si</strong><strong>del</strong>la <strong>Sardegna</strong>, formato dalla Chiesa diSantamaria, un edificio duecentesco, dairuderi di un antico monastero camaldo<strong>le</strong>se,ed al famoso ed antichis<strong>si</strong>mo Monastero diBonacatu, dedicato alla Vergine. Il nomeBonacatu ha origine as<strong>si</strong>eme al culto affondandotra realtà e <strong>le</strong>ggenda. Si racconta infattiche un cacciatore abbia trovato nel bosco,presso un pic<strong>col</strong>o torrente, una effige rappresentantela Madonna. Da questa vicenda ilnome di Bonacatu o “Buon Incontro”.Del<strong>le</strong> sorti di questa immagine oggi non <strong>si</strong> sanulla ma il culto <strong>del</strong>la Vergine <strong>si</strong> è perpetuatonei se<strong>col</strong>i succes<strong>si</strong>vi con l’omaggio ad unabellis<strong>si</strong>ma terracotta policroma che rappresentala Madonna con il bambino, opera di unartista fiorentino <strong>del</strong>la scuola di Donatello.Il Santuario è il più antico <strong>del</strong>la <strong>Sardegna</strong> e fueretto intorno al IV se<strong>col</strong>o sui resti di un ancorapiù antico edificio pa<strong>le</strong>ocristiano.L’architettura rispecchiava criteri tardo romanie bizantini. All’epoca doveva essere costituitoda una pic<strong>col</strong>a chiesa con pianta a croce grecaed una rozza cupola all’incontro dei bracci.Quando, nel trecento, venne intrapresa lacostruzione <strong>del</strong>la chiesa di S. Maria e <strong>del</strong>monastero camaldo<strong>le</strong>se, il santuario fu ampliatocon uno sti<strong>le</strong> arabeggiante ed assunse laconformazione attua<strong>le</strong> con quattro bracci a<strong>si</strong>mmetricicoperdi da volte a botte. L’edificio benrappresenta, testimoniando un culto più chemil<strong>le</strong>nario, una mes<strong>col</strong>anza di stili architettonicirealmente unica. La facciata costruita conblocchi di pietra grigia è ornata con picco<strong>le</strong>arcate e cioto<strong>le</strong> iridescenti; motivi decorativisemplici ma lumino<strong>si</strong>. L’architettura <strong>del</strong>la chiesaesprime piuttosto bene il culto che ognianno <strong>si</strong> rinnova nella tradiziona<strong>le</strong> festa <strong>del</strong>laMadonna di Bonacatu. I festeggiamenti sonopreceduti da una novena e <strong>si</strong> svolgono neigiorni 18 e 19 settembre con il culmine nellasera <strong>del</strong> 18 in cui l’effige <strong>del</strong>la Vergine vienecondotta in proces<strong>si</strong>one per il paese, seguitada migliaia di fe<strong>del</strong>i.128

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