1. La guerra raccontata: verità o verosimiglianza?Quando scoppia la guerrala prima vittima è la verità.(Hiram Johnson, Senatore USA,1917)Opinione pubblica e guerra. È un binomio che si potrebbe ormai definire indissolubile,data l’importanza vitale che hanno assunto i mezzi di comunicazione in quest’epocadefinita, con un termine del quale ormai si abusa, ‘post-moderna’. Ma, anche senzascomodare Lyotard, possiamo riferirci alla questione informazione-guerra come a unasituazione che pone in essere una contraddizione di fondo pressoché insanabile. Ma diquale contraddizione si tratta? È quella che prevede che in guerra non si possaraccontare una storia pensando di poter dire la verità, ma semplicemente di affidarsi aun principio che si ponga come verosimile. Il perché di questa contraddizione è prestospiegato: si tratta di un racconto che sa di essere frammentato, spezzettato, una sortadi informazione a puzzle, a mosaico, dove i vari tasselli vanno incastrati con gli altri chehanno preceduto e seguiranno un determinato racconto. Un racconto che non puòpretendere di realizzarsi appieno nel suo esplicarsi, ma che ha bisogno di esserevagliato, di essere analizzato tenendo presenti i vari contesti, le varie situazioni, e nonpuò prescindere dalla capacità o meno di saper incastrare questi tasselli. Un raccontoche dunque sembra assumere dei connotati differenti rispetto alla quotidianità, alracconto come lo si intende recepito e recepibile nella realtà di tutti i giorni. In effetti, ilracconto di guerra è semplicemente vittima di quel problema che il senatore degli USA,come viene espresso nell’epigrafe a questo capitolo, è riuscito a rendere conprecisione: il racconto di guerra parte dal presupposto che si tratta di un racconto chenon ambisce alla verità, ma che può al limite essere verosimile.D’altra parte si giunge alla conclusione che “la richiesta di ‘racconto’ che viene rivolto aimedia è in contraddizione con l’inenarrabilità (nel senso letterale del termine) delconflitto, che è frutto della sua mancanza di un senso umanamente comprensibile”(Peppino Ortoleva, 1994).Si tratta di una contraddizione insanabile perché si pone come un racconto che si vaad alienare rispetto alla storia. È la stessa cosa che accade per la realtàcinematografica che indaga il tempo del racconto e il tempo della storia, che possonorisultare cronologicamente affini oppure differenti, provocando una discrasia tra tempodella storia e del racconto, facendo in modo che il primo sia più o meno veloce rispettoal tempo della storia. Lo stesso accade per il racconto di guerra, che vede la6
descrizione di una storia divenendo essa stessa una enunciazione che risultadifferente, per forza di cose, dalla storia originale. Alla creazione di tale contraddizionepartecipano diversi fattori, tra cui occupa un posto molto importante il medium cheviene utilizzato per comunicare. A dimostrazione dell’importanza che assumono i canalicomunicativi in un contesto del genere, basti ricordare cosa scrive McLuhan, uno deiprincipali studiosi interessati ai media, da lui poi differenziati in media caldi e freddi inbase alle reazioni che potevano provocare nell’utenza e nelle modalità di utilizzo:“Tutte le guerre si sono sempre combattute con la tecnologia più nuova che ognicultura aveva a disposizione”. 1 Il suo pensiero non si riferisce esclusivamenteall’utilizzo delle principali scoperte-creazioni a livello militare, ma è applicato anche, senon soprattutto, ai mezzi di comunicazione, che non solo hanno accompagnato, ma avolte hanno decisamente condizionato gli eventi. Non sono pochi a pensare adesempio che la guerra in Vietnam sia stata persa dagli Stati Uniti ‘nei salotti degliamericani’ a causa di una copertura mediatica che verrà per sempre ricordata come lamigliore in ambito bellico (e che difatti servirà da lezione per le successive guerre). Mavi sono altri grossi esempi di ‘esplosione’ di mezzi comunicativi fino ad allora nonsfruttati al meglio e recuperati invece per motivi propagandistici: la radio,principalmente, fino alla Grande Guerra solo radiotelegrafia e poi a causa del bisognodi comunicazione rapida, ebbe un progresso tecnologico impressionante. Lo stessomezzo, venne però sfruttato poi dal fascismo in misura smodata a fini di propagandaed ebbe un risalto particolare nel ventennio, ma subì anche una volontà diinformazione poco addomesticata e più credibile rispetto all’informazione data dalleemittenti italiane, rappresentata dal successo di Radio Londra.McLuhan opera uno studio dei media partendo dal presupposto che è importantestudiare i media non tanto in base ai contenuti che veicolano, ma in base ai criteristrutturali con cui organizzano la comunicazione, riassumendo tutto nella celebre frase“il medium è il messaggio”. Nella sua classificazione, McLuhan identifica come "freddi"i media che hanno una bassa definizione e che quindi richiedono un’altapartecipazione dell'utente, in modo che egli possa "riempire" e "completare" leinformazioni non trasmesse; i media "caldi" sono invece quelli caratterizzati da un'altadefinizione e da una scarsa partecipazione.1 Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Garzanti, Milano, 1986.7
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