4° Numero 3d Magazine

ED. OMAGGIO
#3D Ottobre 2015 - Numero 4
Michele PLACIDO
#CONGLIOCCHIDIUNUOMO
“Le donne le guardo così”
CLEMENTINO
#PLAY
“Un RAPPER italiano a New York”
#PSICOLOGICAMENTE
“Come scegliamo il PARTNER”
Romina D’AGOSTINO
#SONODONNAE...
“La vita è una partita di POKER”
#GIOVANITRAGUARDI
“Da Firenze la nuova frontiera delle it bag
disegnate da tre studentesse under 30”
#UNAMELAALGIORNO
“Perché non arrivano i figli...”
Reg. Trib. di Napoli n. 44 del 18 luglio 2014
MONICA SARNELLI
il coraggio della sciantosa
1 #3D

#3D
2

3 #3D

DIRETTORE RESPONSABILE
Carmine Bonanni
VICEDIRETTORE
Brunella Cimadomo
ART DIRECTOR
Palma Sopito
UFFICIO CENTRALE
CAPOREDATTORE
Manuela Giuliano
REDAZIONE
Valeria Aiello
Eleonora Bruttini
Brunella Cimadomo
Nico De Corato
Emma Di Lorenzo
Antonia Fiorenzano
Manuela Giuliano
Alessandra Libonati
Mirella Paolillo
Daria Simeone
SEGRETERIA DI REDAZIONE E PRODUZIONE
Angela Vozza
PHOTO EDITOR
Noemi Commendatore
GRAFICA EDITORIALE
Domenico Tafuro
ADVERTISING DIRECTOR
Giovanni Salzano
SOCIAL MEDIA E WEB
Anna Ventrella
WEB DEVELOPER
Francesco De Stefano
FOTOGRAFI
Massimo Russo per Romina D’Agostino
#PSICOLOGICAMENTE a cura di
dott.ssa Carolina Alfano
Psicologa, Psicoterapeuta
in Gestalt e Analisi Transazionale
Docente IGAT di Napoli
dott. Vincenzo Barretta
Psichiatra, Psicoterapeuta,
specialista in Medicina delle Dipendenze
Direttore Scientifico del Centro Noesis di Napoli.
#UNAMELAALGIORNO
dott. Fabrizio Paolillo
Medico-chirurgo
Specialista in Ostetricia e Ginecologia
#COLTINELSEGNO
Riccardo Sorrentino
IN COPERTINA
Monica Sarnelli
Fotografia di Ilaria Abbiento
SHOOTING #TRADIZIONIDICLASSE
Model:
Angela SantaMaria Carrubba Pintaldi
Photographer:
Noemi Commendatore
Foulard:
MARINELLA
Abiti:
LESS - Via Bisignano, 33 - Napoli
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CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITÀ
EDITORE
Palma Sopito
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IN COLLABORAZIONE CON
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Via Traversa Fondo D’Orto, 37
80053 Castellammare di Stabia (Na)
#3D 4
viale Gramsci 21 - 80122 NAPOLI
Progetti integrati per il risparmio di spesa della pubblica amministrazione.

#ILCAMBIAMENTOSIAMONOI
Ci sono molti modi per raccontare la donna. Quello classico, che ci propone
un ‘modello’ al quale da sempre siamo abituati. Quello moderno, che sorvola
le vite delle tante ‘eroine’ del quotidiano. Quello ardito, che va a scavare nel
lato ‘proibito’ di ognuna. La doppia copertina di questo numero di #3D sceglie
quest’ultima strada, attraverso le storie di due personaggi che hanno voluto osare
con stile, eleganza e intelligenza.
La prima è Monica Sarnelli che, dopo anni passati a calcare i palchi nostrani, è
riuscita a scrollarsi finalmente di dosso l’etichetta di “quella della sigla di un posto
al sole”. Oggi Monica è una donna serena, convinta della sue scelte e innamorata
del personaggio della sciantosa che, grazie alla penna di Federico Vacalebre, ha
finalmente regalato al teatro partenopeo qualcosa di “classicamente innovativo”.
Il suo coraggio in queste settimane ha raggiunto le prime pagine dei quotidiani,
trasformandola anche in un simbolo della lotta contro i clan.
La seconda copertina, quella contraddistinta dal bollino rosso, è invece di Erika
Lust, regista porno svedese che vive e lavora a Barcellona. “Il mio lavoro - confessa
Erika al nostro magazine - migliora la mia vita privata, rappresenta uno strumento
per conoscere meglio me stessa e la mia sessualità”. Un colpo di spugna
a secoli di pregiudizi e diffidenze per un mestiere da sempre indissolubilmente
legato all’idea del maschio voyeur seduto dietro la macchina da presa.
“Ci sono solo due errori
che si possono fare
nel cammino verso il vero:
non andare fino in fondo
e non iniziare.”
Buddha Siddhārtha Gautama
BUONA LETTURA
L’editore
Palma Sopito
Una doppia copertina, quindi, per un numero ricco di storie che meritano la
vostra attenzione. Come quella delle donne dell’Associazione “Noi genitori di
tutti”, che combattono la loro quotidiana guerra di giustizia nella terra dei fuochi.
O quella di Emmilienne Ouba, che da otto anni vive in Italia da rifugiata
politica. Ma c’è tanto altro ancora da leggere.
Il nostro #3D raggiunge la meta del quarto numero. Per dirla in gergo calcistico,
è un po’ come vincere il titolo di campione d’inverno. Un traguardo virtuale,
forse, ma importante per noi. Lo abbiamo raggiunto grazie alla convinzione di
un manipolo di coraggiose “sognatrici” che vivono ogni giorno questa esperienza
con grande amore per rivoluzionare il concetto di comunicazione di genere.
Mettendosi a disposizione di un progetto editoriale che sicuramente andrà lontano.
Lasciateci sognare ancora.
5 #3D

sommario
#SONODONNAE...
9
di
Manuela
Giuliano
Ventidue mesi
per sempre
di
Manuela
Giuliano
22
Monica
Sciantosa, Sirena
e Malafemmena
13
di
Emma
Di Lorenzo
di
Carmine
Bonanni
26
Alberta Saladino.
Io preferisco
il lunedì
Il bluff perfetto
è quello che porti
avanti fino alla fine
17
di
Valeria
Aiello
Emmilienne Ouba,
L’altra faccia
dell’immigrazione
di
Mirella
Paolillo
30
Cervelli che fuggono,
cuori che restano
20
di
Brunella
Cimadomo
L’arte degli smalti,
quando il fuoco
tatua i gioielli
98
Di Lorenzo
di
Emma
Erika Lust,
è tempo di un porno
per le donne
#PSICOLOGICAMENTE
#3D
6
77
dott.ssa
Carolina
Alfano
Il partner non capita
mai per caso.
A sceglierlo siamo noi
80
dott.
Vincenzo
Barretta
L’olfatto, custode delle
radici più antiche
della nostra vita

34
di
Valeria
Aiello
#CONGLIOCCHIDIUNUOMO
L’appassionato Michele Placido
e il suo sguardo sulle donne
#rubrica
36
di
Palma Sopito
Brunella Cimadomo
#CONGLIOCCHIDIUNUOMO
Il re delle cravatte
parla alle donne
di
Valeria
Aiello
66
#ADAMOEDEVA
Ottica Pedone
40
di
Daria
Simeone
#GIOVANITRAGUARDI
Tre ragazze e l’inizio di
una rivoluzione
Rosa
Migliardi
69
#ARTE&ARTI
L’artista che usa fili
come strumenti di disegno
42
di
Antonia
Fiorenzano
#PLAY
Clementino, il rapper
arrivato fino a New York
di
Eleonora
Bruttini
72
#INVERSI
Fantasy:
Queste oscure materie
46
di
Alessandra
Libonati
#OLTRELAMODA
Free Philosophy
by Elio Fiorucci
di
Eleonora
Bruttini
74
#INVERSI
Una bimba perduta
48
di
Daria
Simeone
#STYLE
Zainetto e Jeans, si torna
a scuola (e agli anni 90)
di
Fabrizio
Paolillo Diodati
82
#UNAMELAALGIORNO
Perché non arriva?
51
Ph.
Noemi
Commendatore
#TRADIZIONIDICLASSE
Shooting Style: Marinella, Less
Angela SantaMaria Carrubba Pintaldi
di
Idea
Bellezza
84
#BEAUTYCASE
Torna l’autunno.
Pelle perfetta
62
di
Nico
De Corato
#OLTRECONFINE
Le quote rosa
della motonautica
di
Brunella
Cimadomo
89
#INFOOD
Virtù (senza vizi)
della Carne di Bufalo
64
di
Mirella
Paolillo
#3DPOLITICA
E se tornasse il re?
di
Riccardo
Sorrentino
92
#COLTINELSEGNO
Oroscopo
7 #3D

ImmobiliareNapoli.it
Affari & Mediazioni di Fabio Sopito
Piazzetta Matilde Serao N° 7 Napoli
Tel.: 081 1956 6651
www.immobiliarenapoli.it
Vendere o comprare case è come andare per mare.
Tutto deve essere chiaro e ben visibile.
Più di 10 anni di esperienza nel settore della mediazione immobiliare e
finanziaria mi hanno confermato, che solo la trasparenza può garantire
la felice conclusione di una compravendita.
Fabio Sopito
#3D
8

#SONODONNAE...
VENTIDUE MESI
PER SEMPRE
Meno di due anni. È stata questa la vita del piccolo Riccardo, vittima innocente della Terra dei
Fuochi, morto nel 2009 per una leucemia linfoblastica acuta. Anna è la sua mamma, è nata e cresciuta
a Caivano, uno dei 57 comuni della Campania appartenenti a quell’area di 200mila metri quadri
diventata famosa in Italia per la presenza di rifiuti tossici e roghi incessanti. Con altre 12 donne che,
come lei hanno un angelo in cielo, Anna oggi porta avanti la sua battaglia per la legalità e il sostegno
alle famiglie che vivono lo stesso dramma. Insieme hanno fondato l’Associazione “Noi genitori di
tutti” con Don Maurizio Patriciello e meritano che si ascolti la loro storia perché è la storia di ognuno
noi.
Come si parla a chi conosce il dolore più
profondo che possa esistere senza cadere
in errore e senza essere patetici? Come si
trova il punto di equilibrio tra il contegno
e il compianto? Quale strada si deve
percorrere per arrivare a quel cuore senza
sbagliare, rassicurandolo che non ci sia
una caccia a spettacoli della sofferenza,
ma solo desiderio di informazioni preziose
che aiutino la comunità a capire, a fare, a
risolvere, ad agire e ad intervenire. Per chi
fa questo mestiere, quello del giornalista,
arrivano i momenti come questi. Quelli
in cui non sai come cominciare la tua
intervista. E non sai come e se riuscirai a
portare la tua storia a casa con dignità e
rispetto. È il mestiere che ti concede però
l’onore di ascoltare e raccontare storie di
persone Grandi che ti cambieranno la
faccia il giorno dopo e ti riconsegneranno
ad una nuova vita. La mia prima persona
Grande è arrivata. Dopo 12 anni che
faccio questo mestiere.
Si chiama Anna Magri e chi è ve lo dirò
tutto in un fiato esattamente così come
ve lo direbbe lei. Anna è una giovane
mamma di Caivano che 6 anni fa ha
perso suo figlio Riccardo morto per una
leucemia linfoblastica acuta. I medici
non hanno mai saputo dire se potesse
esserci una correlazione tra la malattia e
l’inquinamento delle terre di quel pezzo
di Campania, ma la dura verità è quella:
Riccardo si è ammalato ed è morto
perché viveva nella terra dei roghi tossici.
La conferma per Anna arriva quando
incontrerà altre mamme a cui è toccato
lo stesso atroce destino. Tutte donne di
Caivano, Afragola, Casoria, Succivo,
Orta di Atella e Caserta. “Quando perdi un
figlio hai solo due strade davanti: o muori di dolore
o trovi la forza e il coraggio per andare avanti. Io
il mio conforto l’ho trovato nel mio parroco, quello
con cui sono cresciuta e che da sempre vedevo
occuparsi di un’area difficile come quella del Parco
Verde di Caivano, Don Maurizio Patriciello. Lui
ti sa ascoltare ed è per questo che soffre e che ha
un carattere complesso. Perché ascolta troppo.
Non dispensa consigli e non ti dice nulla, ma alla
prima occasione e alla pima omelia arriva al tuo
cuore. E quel messaggio indirizzato a tutti in
realtà è il tuo messaggio per darti coraggio e farti
restare viva. All’inizio mi sono rivolta a lui quindi
9 #3D

“Gli aiuti veri ci arrivano solo dalle famiglie
e dalla gente comune.”
solo per trovare conforto. Poi abbiamo capito che
insieme dovevamo fare qualcosa, perché i funerali
che celebrava erano più dei battesimi”.
Nasce così l’associazione “Noi genitori
di tutti”, fondata da mamme e papà con
il dolore sovrumano in comune di aver
perso un figlio. Scelgono di denunciare
quanto accaduto per trent’anni in
Campania senza che nessuno dicesse
nulla e di adoperarsi per tutelare e aiutare
i bambini e le famiglie del territorio.
“Facciamo qualunque cosa ci sia da
fare. Aiutiamo soprattutto chi, oltre ad
affrontare la malattia, combatte anche
con difficoltà economiche – racconta
Anna – Se necessario prendiamo le nostre
auto e accompagniamo chi ha bisogno
in ospedale. Facciamo l’elenco delle cose
che ci occorrono, dal mobilio a tutti i
beni primari per l’infanzia, e chiediamo
sostegno a chi può e vuole aiutarci. Ci
vediamo tra di noi per organizzarci,
quando possiamo, in una piccola stanza in
chiesa da Padre Maurizio. C’è una forza
speciale in quella stanzetta, c’è un’unione
che aleggia molto difficile da spiegare.
E anche se siamo molto diverse e non
sempre è facile, tra di noi ci rispettiamo,
ci vogliamo bene, ci compensiamo nelle
nostre diversità” e poi mi dice ridendo
“quando Padre Maurizio passa e ci
guarda parlare e confrontarci dice sempre
“c’aggio cumbinato?”.
Sullo sfondo di questa terra oltraggiata,
sulla quale rimbomba il dolore di queste
madri e donne incredibili, le istituzioni
sembrano non accorgersi di nulla. O
almeno sembrano non aver capito che in
atto c’è una vera e propria guerra e che
le prime vittime sono bambini innocenti.
“Per noi sono tutti assenti. Abbiamo fatto
appelli e abbiamo invitato sia Giorgio
Napolitano che l’attuale Presidente
Mattarella. Stiamo ancora aspettando.
Gli aiuti veri ci arrivano solo dalle famiglie
e dalla gente comune”.
Intanto la vita di Anna va avanti, scorre,
come quella di tutte queste mamme
incredibili nella loro forza e nella loro
dignità. Anna ha ancora tanto da fare e
da dare. A parte quello che ogni giorno fa
per Riccardo, ha un figlio di 11 anni e una
bimba, Aurora Rita, nata due anni fa. Ha
un marito militare che dopo la tragedia è
tornato a vivere accanto alla famiglia e che
la sostiene, supporta in tutto e come dice lei
scherzando “che la sopporta sempre”. Ha
un lavoro che la impegna fino alle sette di
sera ogni giorno. Ha deciso di riprendere
gli studi e di concludere l’università e in
queste settimane sta studiando per dare
due esami. Sembra incredibile ma quello
che Anna è, è tutto vero e reale. Così
come è reale la sua convinzione che non
si possa lasciare la terra in cui si vive solo
perché ci fa paura o perché non è come
ce l’aspettavamo “Questo è il principio
di base secondo il quale dovrebbe vivere
l’essere umano. Come si può voltare le
spalle a quello che succede. Io non posso
immaginare né accettare che ad un altro
bambino del mio quartiere o della mia
città succeda quello che è accaduto a
Riccardo. Anche se ho paura tutti i giorni,
non me ne vado e non me ne andrò. Noi
viviamo nell’incubo di ciò che mangiamo.
Controlliamo qualunque etichetta e ogni
provenienza. E compriamo solo da filiere
autorizzate. Per la carne e la verdura
andiamo solo da chi ci fidiamo perché
ci sono ancora persone e contadini a cui
potersi rivolgere”.
La Campania, infatti, non è solo terra dei
fuochi. E anche questo è un messaggio
importante che deve arrivare a voi tutti.
Ed è da parte di Anna.
- MANUELA GIULIANO
#3D
10

#SONODONNAE...
COME POSSIAMO AIUTARE L’ASSOCIAZIONE “NOI GENITORI DI TUTTI”
I soci fondatori dell’Associazione Noi Genitori di Tutti sono tutti genitori che hanno perso il proprio figlio a
causa del cancro vivendo in una terra scempiata dallo smaltimento illegale di rifiuti industriali.
È possibile sostenerli facendo donazioni alle famiglie con bambini oncologici in difficolta economiche.
Si possono fare donazioni in denaro direttamente sul conto corrente bancario dell’associazione
IBAN IT 11 V 03599 01899 050188529165 intestato al presidente Marzia Caccioppoli.
Donazioni di generi alimentari generici che l’associazione consegna alle famiglie dei piccoli con scadenze
programmate, alle quali, è possibile anche partecipare se viene richiesto dal donatore.
Donazioni di generi alimentari di base e prodotti per igiene della casa (prodotti neutri e disinfettanti).
Donazioni di prodotti specifici: Omogeneizzati frutta/carne/pesce, Pappa Lattea Humana vari gusti,
Merendine e biscotti sigillati, Latte generico a lunga conservazione, Pannolini se possibile Pampers taglie
3/4/5/6 - Occorrente cambio pannolino e prodotti per l’igiene personale neutri.
Donazioni di Buoni benzina per servizio navetta a favore delle famiglie da e per i presidi medici.
Donazioni in denaro e acquisto dei prodotti sotto elencati per aiutare una mamma che sta combattendo la sua
battaglia per la vita: Essiac tisan, Panaceo Basic, Bacche di Goji, Alkawater integratore, Pasta Garofalo 3 cereali
senza glutine.
Prodotti igiene personale per dermatite atopica, per aiutare un piccolo eroe nella sua battaglia quotidiana.
Contatti
Parco Verde - Via Circumvallazione Ovest - 80023 Caivano - Napoli
Presidente Associazione Sig.ra Marzia Caccioppoli cell. +39.348 0345230
noigenitoriditutti@gmail.com - Maggiori informazioni http://www.noigenitoriditutti.it/
11 #3D

#3D
12

ALBERTA SALADINO
IO
PREFERISCO
IL LUNEDÌ
#SONODONNAE...
Interior designer napoletana
apprezzata in tutto il mondo,
ci apre le porte del suo antro delle meraviglie:
la galleria “Esprit Nouveau”.
Ottimista, eclettica, colorata e positiva:
quattro aggettivi per definire Alberta
Saladino, interior designer napoletana e
collezionista di opere d’arte, che dirige la
galleria “Esprit Nouveau”, un paradiso di
bellezza e antiquariato del ‘900 custodito
tra le mura di un antico palazzo a Napoli,
in via Calabritto.
Entrare nel suo regno è un po’ come
seguire il coniglio bianco di Alice
attraverso la strada che conduce al
paese delle Meraviglie. Ama il colore e
non sopporta il nero: l’ambiente che la
circonda e il suo stesso abbigliamento
lasciano adito a pochi dubbi in merito.
Un filo rosso lega le opere presenti nella
galleria “Esprit Nouveau”: è il lavoro
di una donna, amante della bellezza,
che si impegna quotidianamente nella
ricerca di ogni singolo pezzo della propria
collezione. Colpisce la cura maniacale
dei dettagli, la varietà nella composizione
dell’arredamento e l’unicità di ogni
pezzo, così perfettamente in armonia con
il resto, da trasformare l’insieme in un
esempio della magia del design. Vent’anni
di esperienza e un bagaglio teorico e
pratico legato ad una passione ereditata
dai geni. Una madre collezionista del
‘900 e una zia con la quale ha condiviso
una collaborazione decennale sul
campo. L’esperienza è poi nel tempo
diventata un amore grande per il design
contemporaneo, a cui ha affiancato, e
non sostituito, la sua prima passione. La
fusione tra innovazione e tradizione è,
infatti, uno dei principi su cui si fonda la
ricerca di Alberta Saladino: “è impossibile
ignorare le nostre radici, utilizzare solo il
nuovo non si addice né alla mia persona,
né al mio gusto” confessa.
Antico e contemporaneo si fondono
nel design e nella ricerca del mobile,
tradizionale e innovativo insieme, la cui più
forte manifestazione è “Esprit Nouveau”,
galleria che nasce dall’appassionata
ricerca di oggetti rari tra mercatini e fiere
di brocantage. Viaggi che durano ormai da
più di venticinque anni con l’obiettivo di
realizzare un arredo domestico personale.
Da questa passione nasce il progetto di
avviare un’attività che si occupasse di
antiquariato del ‘900 e, in particolare,
del decennio prediletto ‘50-’60, basato
sulla ferma convinzione dell’importanza
di un investimento nel campo del design,
il cui mercato viaggia ormai in parallelo
a quello dell’arte contemporanea. Lo
dimostra Art Basel, manifestazione che si
13 #3D

La prima domanda che faccio ad un cliente è
“che cosa possiedi e cosa ti manca?”
tiene in Svizzera a Giugno e che unisce
questi due mondi.
Leitmotiv della galleria di Alberta Saladino
è, dunque, l’antiquariato del ‘900,
affiancato da tessuti, carte da parati, wall
painting, installazioni e opere di artisti,
contemporanee e d’epoca, una galleria di
‘arti applicate’, un antro delle meraviglie,
diversa da tutte le altre presenti in Italia.
Aspetto non trascurabile di “Esprit
Nouveau” è quello umano: la consulenza
di Alberta Saladino è parte integrante
della sua galleria, pronta a far fronte alle
esigenze del cliente che voglia arredare
una casa o un albergo, uno chalet in
montagna o una villa al mare. Il colore e
le forme rendono il lavoro un gioco serio,
una passione tale da portare Alberta a
preferire i lunedì alle domeniche e, con
essi, ogni nuovo inizio, che si tratti di un
progetto personale o di un lavoro esaltante
ancora da scoprire. Il minimale è bandito,
“Esprit Nouveau” vuole essere la casa del
colore, no al bianco e nero e all’acciaio, a
meno che non sia melangiato con l’oro o
l’ottone, sì invece al delabrè e al decadente,
sintomo di una grande attenzione al
vissuto. È la bellezza di un risveglio al
mattino alla riscoperta di un’opera tanto
agognata, come un cassettone di Giò
Ponti, una libreria di Albini, un’opera
contemporanea o una scultura luminosa,
e l’attitudine all’ascolto di chi interpreta
l’altrui desiderio, realizzandolo con il fine
di rendere un ambiente accogliente e a
misura del committente. L’integrazione
tra innovazione e tradizione
nell’arredamento parte dalla domanda
posta al cliente prima di iniziare un lavoro
“che cosa possiedi e cosa ti manca?”. Il
‘cassettone della nonna’ non si getta via,
piuttosto si reinventa e si integra. Quindi
si acquista solo ciò che manca, a seconda
del gusto e della tipologia di cliente, alla
ricerca costante di una fusione perfetta.
E, d’altronde, l’arte è soprattutto questo:
empatia con l’altro, senza dimenticare o
annullare mai se stessi. E la moda viene
intesa nell’accezione di stile e personalità
uniche, non usa e getta, ma piuttosto la
tendenza ad un vintage che non stanca
mai.
I tanti lavori di Alberta Saladino sono
stati spesso oggetto di un apprezzamento
internazionale: l’ideazione di corner di
un giovane brand, in una grande catena
italiana, con copertine della rivista Vogue
degli anni ‘60, fuse con l’intervento
artistico di Antonella Romano che
lavora la maglia in fil di ferro e realizza
abiti proprio in questo materiale. I lavori
della Romano sono presenti anche
nella galleria “Esprit Nouveau”, in una
forma particolare: illuminati da un luce
all’interno in modo da renderli oggetti
di arredamento. Anche con Isaia, antico
brand sartoriale napoletano, c’è una
collaborazione - iniziata nel 2007 - per la
boutique a Milano, in largo Pietro Verri.
Uno spazio di 440 metri quadri, il cui
arredamento porta la firma di Alberta
Saladino, affiancata da James Irvine,
compianto architetto inglese, e tanti altri
negozi in tutto il mondo, da Tokyo a Kiev,
corner in USA, da Los Angeles a Madison
#3D
14

Il ‘cassettone della nonna’ non si getta via
piuttosto si reinventa.
#SONODONNAE...
Avenue, New York.
Alberta Saladino, donna e manager di
una vita complicata da gestire nei suoi
molteplici aspetti di professionista, creativa
(anche se non osa definirsi tale) e leader,
ma anche di madre e moglie. Tutto questo
mondo si fonde in un amalgama perfetto
di scelte, apparentemente caotiche, ma in
armonia con la sua “Esprit Nouveau”, un
luogo dell’anima e di sogno.
All’interno della galleria: Giò Ponti,
Fornasetti, Albini (libreria con solo 20
esemplari esistenti, con bassorilievo di
Pomodoro, sculture luminose di Jacopo
Foggini, installazioni di Michele Iodice,
sculture in terracotta di Paolo Sandulli,
affreschi e light boxes di Marco Nero
Orotelli, fotografie di Sergio Riccio, opere
di Mimmo Iodice, il Cactus prodotto
dalla Gufram in 33 esemplari, dedicato
al tristemente noto episodio accaduto
all’inizio del 2015 nella redazione di
Charlie Hebdo. L’acquisto è legato sia
alla sensazione che al vero e proprio
investimento.
- EMMA DI LORENZO
Il colore e le forme rendono il lavoro un gioco serio.
Una passione che ti toglie il respiro
e che ti fa preferire i lunedì alle domeniche.
15 #3D

#3D
16

“Qui c’è accoglienza ma poi sei abbondata a te stessa.”
#SONODONNAE...
EMMILIENNE OUBA,
L’ALTRA FACCIA
DELL’IMMIGRAZIONE
Storia di una donna arrivata in Italia dal Burkina Faso completamente sola
e che ha trasformato la sua dura esperienza in un impegno civile e di integrazione.
Da mesi ormai sono al centro di dibattiti politici, della cronaca quotidiana e i loro volti
invadono le bacheche dei social network. Sono le storie e le immagini di immigrati
che cercano di sbarcare sulle coste italiane, utilizzando ogni mezzo per raggiungerle al
costo della vita. Foto shock e video testimonianze di popoli che affrontano i viaggi della
cosiddetta “speranza”, per scappare da paesi e culture dove . Ognuno di loro ha una storia da raccontare, fatta di sofferenze
e rinunce, ma anche di riscatto e soddisfazioni. Come quella di Emmilienne Ouba,
una donna normale, nata in un paese dalle forti tradizioni, dove la donna è prima di
tutto madre, dove . Impegnata
nel settore socio/culturale (tra cui il festival del cinema di Ouagadougou), nel 2007
abbandona il suo Paese, il Burkina Faso, lasciando sua figlia, la piccola Sahadatou di
appena otto anni, dai parenti per venire in Italia come rifugiata politica.
Si trasferisce a Napoli dove impara la lingua e diventa mediatrice culturale. Sono anni
di difficoltà e sacrifici, ma qui trova una seconda patria. Attualmente collabora con
la DE.DA.LUS, una delle associazioni più importanti del Terzo settore nel campo
dell’accoglienza degli immigrati. Dal 2014 inizia anche a lavorare come operatrice di
accoglienza e mediatrice culturale, con la LESS nel progetto I.A.R.A. ( Integrazione e
Accoglienza per Rifugiati e Richiedenti Asilo politico).
A Napoli il suo impegno sociale non si arresta e diventa presidente dell’Associazione dei
Rifugiati di Napoli. Nel frattempo promuove e diventa coordinatrice dell’associazione
delle Donne Burkinabè della Campania.
Nel 2007 arrivi in Italia lasciando il tuo paese di origine: da dove provieni e
di cosa ti occupavi in Africa?
Vengo da una grandissima famiglia, mio padre ha avuto 13 mogli ed era il primo capo
del mio villaggio, in Burkina Faso, che noi usiamo chiamare re.
Sono cresciuta con 60 persone nella
stessa casa, tra mogli e figli di donne che
per me sono tutte madri e sorelle. Mia
madre muore quando avevo 5 anni e cosi
cresco sotto la protezione e l’educazione
della prima moglie di mio padre che,
essendo sterile, non aveva avuto figli. Nel
mio paese lavoravo come segretaria e mi
occupavo di teatro di sensibilizzazione
sulle malattie, infibulazione ed
emancipazione femminile. Le donne nel
mio paese non sono sempre istruite, né
hanno la possibilità di studiare, per cui
spesso hanno bisogno di aiuto e supporto
nelle scelte di vita.
E tu hai fatto una scelta sofferente e
coraggiosa
Ho scelto di abbandonare il mio paese, la
mia famiglia, mia figlia quando aveva otto
anni purtroppo. Faccio fatica a parlarne,
è una ferita ancora aperta ma oggi sono
più serena perché lei vive in Francia dove
studia e sta bene e posso vederla e sentirla
quando voglio.
17 #3D

Perché prima non era possibile?
Cosa ti ha spinto a scappare?
Purtroppo ho incontrato un uomo che non
mi ha reso felice, voleva che mi piegassi al
suo volere, i suoi genitori mi ripudiavano
e non ho neanche avuto l’appoggio della
mia famiglia. Mi impediva di vedere e
sentire mia figlia, le facevano credere che
fossi morta. Cosi presa dalla disperazione
sono scappata via, con la consapevolezza
che avrei fatto qualsiasi cosa per
riabbracciarla.
Ci sei riuscita a quanto pare
Sì. Dopo anni di lontananza, sacrifici
e dure scelte, mia figlia mi ha raggiunta
qui in Italia nel 2014. Oggi è felice, ha 17
anni, sta bene e studia a Parigi. Trascorro
molto tempo con lei nei week end e sono
fiera di tutto quello che ho fatto e ancora
faccio per lei.
Puoi raccontare il tuo viaggio verso
l’Italia e cosa si prova ad essere un
immigrata?
Arrivo a Napoli con un visto, passaporto e
con un pò di soldi, mi avevano detto che ci
sarebbe stato qualcuno ad aspettarmi ma
non era vero. Per fortuna una coppia di
persone del Burkina Faso mi ha ospitato
per un pò e nel frattempo ho fatto richiesta
per avere asilo politico in questura. Dopo
nove mesi me l’hanno accordato.
Oggi è ancora più complicato farlo, ci
vogliono tre mesi solo per la richiesta. In
Italia ti rilasciano il permesso di soggiorno,
ma poi resti da sola, non hai assistenza e
se non conosci persone che ti consigliano
resti in grande difficoltà, rischi di finire in
ambienti al limite della legalità.
Non mi sono mai persa d’animo, ho
cominciato fin da subito a lavorare
come domestica presso diverse famiglie.
Purtroppo, nonostante il duro lavoro
e la propensione a fare, sei vittima
di discriminazione e del pregiudizio
soprattutto da parte degli uomini che ti
considerano sempre una prostituta. La
La prima parola che ho imparato
quando sono arrivata qui è stata “andiamo”.
Ti considerano sempre una prostituta, purtroppo.
#3D
18

prima parola che ho imparato quando
sono arrivata qui è stata >,
perché tutte le volte che aspettavo alla
fermata dell’autobus c’era qualcuno che
mi diceva andiamo.
Inizialmente non capivo, poi mi hanno
spiegato il significato e ci sono rimasta
molto male. Non capisco perché pensano
cosi, la prostituzione è una scelta o il più
delle volte una costrizione.
Come sei riuscita poi a diventare
mediatrice culturale?
Ho studiato la lingua e ho capito dalla
mia esperienza che è importante dare
assistenza alle donne che arrivano nel
paese di accoglienza. Quando arrivano
non trovano adeguata protezione e non
vedono rispettati i loro diritti, anche
quando sono riconosciute come rifugiate.
Senza il sostegno della famiglia, sole spesso
con bambini, si trovano in condizioni di
estrema vulnerabilità. Le donne migranti
o rifugiate subiscono ancora una volta
deprivazioni, soprusi e violenze, nel paese
in cui sperano di ricevere protezione.
Cosi ho deciso di collaborare con
delle associazioni sul territorio, presso
ambulatori e consultori, facendo appunto
da mediatrice. Ormai sono anni che mi
occupo di accoglienza agli immigrati,
sono presidente dell’Associazione dei
Rifugiati di Napoli e coordinatrice
dell’associazione delle Donne Burkinabè
della Campania.
Che tipo di assistenza date agli
immigrati?
Ci occupiamo della mediazione di
prossimità. Arrivano immigrati da
Afghanistan, Pakistan, Nigeria, Burkina
Faso e il più delle volte hanno informazioni
sbagliate sui loro diritti, quindi cerchiamo
di conquistare la loro fiducia, per poi
cominciare un percorso che porti
all’integrazione ovviamente. Abbiamo
diversi laboratori che partono dallo studio
della lingua alla musica, dal teatro alla
cucina. La cosa incredibile è che appena
hanno il permesso di soggiorno vanno via
dall’Italia, per loro questo è un paese di
passaggio, nessuno vuole restare qui.
Il 70% degli immigrati che arriva poi
si trasferisce in Norvegia, Danimarca,
Inghilterra, Belgio, Francia.
In questo momento molti non vogliono
farsi neanche identificare, perché non
intendono restare, dal momento che negli
altri paesi europei hanno l’assistenza di
cui necessitano.
Un rifugiato ha diritto ad una casa,
assistenza medica, finanziaria, qui c’è
accoglienza ma poi sei abbondonato a te
stesso.
Cosa si può fare per migliore
l’assistenza e l’integrazione di
queste persone?
Va coinvolto ogni settore della società:
dal sistema giudiziario a quello sanitario,
dalla scuola al mondo politico e religioso.
L’integrazione qui è molto difficile, sia
per la comprensione dell’italiano, sia per
i vostri rapporti personali, che spesso,
risultano ipocriti e di interesse. Tante
donne non hanno l’istruzione necessaria
per imparare la lingua e ciò diventa
un ostacolo all’integrazione, ma più di
questo c’è la delusione subita da almeno
un amico italiano. Non c’è un immigrato,
soprattutto di colore, che non abbia subito
un torto o sia rimasto deluso. Io ho studiato
sociologia e psicologia, cerco di andare
a fondo e capire che siete un popolo
particolare e che usate la discriminazione
anche tra di voi, indipendentemente
dal colore della pelle. Inoltre tendo a
diffondere non solo la nostra tradizione
ma anche il rispetto per quelle del paese
che ci ospita, in particolare della città
in cui vivi. Stabilire delle regole per chi
arriva qui è fondamentale per una sana
convivenza.
Noi siamo abituati a vivere come in una
grande famiglia, anche se non è quella in
cui sei nato e cresciuto, ci sentiamo tutti
fratelli e sorelle. In maniera spontanea
siamo solidali.
C’è un detto nel nostro paese che descrive
bene quello che facciamo: “con una mano
sola non si può raccogliere la farina”.
Significa che insieme si è più forti. Uniti
si va lontano.
- VALERIA AIELLO
#SONODONNAE...
“La natura ci ha reso superiori agli uomini,
ma spesso ci lasciamo abbattere e mortificare da loro
per motivi più grandi di noi.”
19 #3D

L’ARTE degli SMALTI,
Quando il FUOCO
TATUA i GIOIELLI
Incontro con la signora
delle miniature,
Anna Petacca
Non un’opera artigianale, piuttosto una magia. Veder rinascere piano piano i lineamenti oramai irriconoscibili di un papa russo
piuttosto che di un San Gennaro nostrano nel restauro di una miniatura antica smaltata a fuoco, è come ricevere un messaggio in
bottiglia scritto secoli fa.
Un’emozione che abbiamo provato nel laboratorio partenopeo di Anna Petacca, una delle ultime restauratrici di smalti ancora presenti
in Italia, che ci ha permesso di assistere alle varie fasi di lavorazione di una delle sue creazioni, una miniatura smaltata a mano.
Prima la base, la forma del supporto prezioso in oro o argento, realizzata a mano dal fratello Antonio. Poi il colore, dipinto a mano
lentamente su quella forma. Infine, la cottura. Quel passaggio a 800 gradi che renderà eterna l’opera artigianale. Il risultato è un
incantesimo del fuoco che consentirà al manufatto di superare il tempo e lo spazio: grazie all’uso del forno a elevate temperature, il
silicio resterà impresso sul metallo e quello smalto sarà indelebile. Come un tatuaggio sul gioiello. Eppure la lavorazione degli smalti
a fuoco su metalli preziosi, il restauro e, soprattutto, la realizzazione delle miniature, non vengono quasi più eseguite. A Napoli una
23enne, Marcella Luisa Petacca, sta proseguendo la tradizione, grazie agli insegnamenti della madre, Anna e dello zio Antonio. E
tiene in vita il mestiere del restauratore. Ne abbiamo chiesto il motivo alla maestra, Anna Petacca.
Come mai gli smalti a fuoco non si
utilizzano quasi piú?
“Questo tipo di lavorazione si è fermata
agli anni ‘70 quando ci fu il boom degli
orologi smaltati. Cambiò la moda e nacquero
gli smalti sintetici che tentarono
di prendere il posto di quelli a fuoco, ma
senza successo”.
Come mai?
“Gli smalti sintetici non necessitano di alte
temperature. Vanno asciugati al massimo
a 100 gradi ma si deteriorano facilmente,
anche al semplice contatto col sudore.
La lavorazione dello smalto a fuoco, che
invece è permanente, richiede più fasi di
preparazione e una notevole perizia proprio
per le alte temperature alle quali è
esposto”.
Diciamo la verità: queste miniature,
le medagline smaltate che si regalavano
ai battesimi, non vanno più di
moda...
“Vede, la richiesta c’è, in particolare però
per il restauro di smalti antichi”.
Come mai, allora, questo mestiere è
stato abbandonato?
“La difficoltà consiste nel fatto che i pezzi
#3D
20

già smaltati in precedenza, spesso hanno
problemi ad essere reimmessi nel forno
poiché, proprio le alte temperature, potrebbero
alterare il gioiello di oro o di argento
a base dello smalto. A quel punto,
non ci sarebbe più nulla da fare e l’artigiano,
invece di guadagnare ci rimetterebbe.
Un rischio che nessuno più è disposto a
correre”.
Lei, dunque, è una temeraria.
“All’inizio degli anni ‘80 ho inventato una
tecnica che consente di restaurare proprio
quei pezzi antichi che non possono rientrare
in forno”.
In che cosa consiste?
“La tecnica non può essere rivelata, ma
posso raccontare un episodio importante
dal quale si evince chiaramente la difficoltà
di trattare gioielli smaltati. Un artigiano
siciliano, già restauratore, non riusciva a
sistemare un quadretto ovale di alto valore
raffigurante papi russi. Il pezzo evidenziava
una frattura centrale che aveva
frammentato lo smalto sovrastante, rendendo
irriconoscibili i profili delle figure.
Il rischio del restauro era altissimo poiché
raddrizzare la base del quadro significava
contribuire in modo definitivo allo sgretolamento
di tutto lo smalto”.
Come ha risolto il problema?
“Ho prima restaurato le varie immagini
smaltate, successivamente ho riempito il
vuoto che si era determinato nel pezzo di
argento utilizzando smalto possidico trasparente.
Ne ho sovrapposti vari strati fino
ad allineare il piano”.
In pratica, come sistemare un cristallo
sopra l’opera.
“Esatto. Ma restava da risolvere il problema
del retro, che era convesso. La questione
è stata superata inglobando il quadro
in una cornice a castone in argento”.
Lei ha una fortuna: quella di lavorare
gomito a gomito con suo fratello
Antonio, creatore di gioielli in oro
e argento interamente realizzati a
mano. Quanto è importante questo
connubio?
“È fondamentale. Insieme riusciamo a
garantire risultati perfetti anche a restauri
impegnativi e a dare vita a gioielli nuovi
composti dalle sue creazioni in oro o argento
che io poi smalto a fuoco. Di recente
abbiamo utilizzato smalto cattedrale
per alcuni orecchini. È stato mio padre
Marcello, esperto artigiano orafo, a tramandarci
la tradizione. Lui, il gioiello lo
curava in tutte le fasi, dall’inizio alla fine.
Mio fratello Antonio ha ereditato quella
capacità e dagli anni ‘70 disegna, incide e
trasforma le sue idee in opere d’arte in argento
e oro. A dire il vero, quando si poteva,
anni fa, le creazioni erano solo in oro.
Oggi l’impennata dei prezzi ci ha imposto
un adeguamento al mercato. Antonio, a
differenza di nostro padre che preferiva
una linea classica, è al passo con i tempi e
da sempre è attento alle mode pur riprendendo,
non di rado, i riferimenti allegorici
di antiche civiltà”.
Adesso tocca a voi trasferire il mestiere
“In laboratorio con noi c’è oggi mia figlia
Marcella Luisa, 23 anni. A lei io sto tramandando
l’arte degli smalti e del restauro.
Mentre mio fratello Antonio le insegna
la manifattura del gioiello. L’idea è quella
di fare in modo di riunire nuovamente in
lei la completezza artistica del capostipite
di cui porta anche il nome”.
#SONODONNAE...
Marcella Luisa Petacca è già all’opera
“Il suo tentativo ideale è quello di uscire
dall’anonimato avvicinando i giovani ai
gioielli artigianali. Sicuramente ad oggi la
sua è una linea meno pretenziosa dal punto
di vista economico, cioè più abbordabile
anche per i giovani, ma ugualmente
artistica poiché eseguita a mano”.
- BRUNELLA CIMADOMO
21 #3D

“Canto da quando ho 5 anni…
alle mie amichette di scuola
dicevo sempre che avrei fatto la cantante, e così è stato.”
MONICA
SCIANTOSA, SIRENA
E MALAFEMMENA
La Sarnelli comincia la nuova stagione teatrale con lo spettacolo scritto per lei da Federico
Vacalebre e che ha riscosso grande successo lo scorso inverno. A chi la ricorda ancora come la
cantante di Un Posto al Sole risponde “Sono felice di essere stata la voce di un progetto che ha dato
lustro alla mia città. La mia carriera è tanto altro, ma non rinnegherò mai quello che mi ha dato
popolarità.”
Un 2015 dedicato alle donne. A tutte.
Ma in particolare a quelle veraci.
Sciantose, sirene o malafemmene che
siano. Questo anno Monica Sarnelli
lo aveva cominciato così. Con uno
spettacolo teatrale dedicato al mondo
femminile, un recital anti misogino
sulla donna nella canzone napoletana.
Ed in altrettanto modo ha deciso di
concluderlo. Lo spettacolo “Sciantose,
Sirene, Malafemmene e altre storie
di donne veraci” - scritto per lei dal
giornalista e critico musicale Federico
Vacalebre - si prepara, infatti, a tornare
nei teatri di Napoli e della Campania
nella stagione appena cominciata.
Noi di #3D riusciamo a rubarle
un sabato mattina di sole prima
che si catapulti di nuovo nel vortice
della tournée e che non riesca più a
raccontarci con calma chi è veramente
Monica Sarnelli, come artista ma anche
come donna. Proviamo infatti a curiosare
tra le mura di casa sua cosa succede e
come vive il suo ruolo di madre.
Lei della donna e della femmina ha tutto.
Bella, profumata, truccata, gentile ma di
corsa, vera e concreta, e scoprirò subito
anche molto tecnologica e “social”.
Arriva al nostro appuntamento di corsa.
E mi raggiunge al tavolino del bar come
se fosse un’amica di sempre pronta a
raccontarmi gli ultimi aneddoti del
venerdì sera. Basta un attimo, neanche
il tempo di ordinare il caffè e già siamo
in confidenza “Scusa il ritardo, c’era
un traffico pazzesco. Ho fatto un video
in auto mentre ti raggiungevo e ho
anticipato ai miei fan su facebook che
stavo per incontrarti. Così li incuriosiamo
un pò”. La prima Monica che ho davanti
è una donna che ha l’arte e la musica
#3D
22

nel sangue ma che sceglie di presentarsi prima di tutto come madre di
Ciro e Francesca e come una donna che riconosce al padre dei suoi
figli un grande appoggio e tanta disponibilità “Canto da quando
ho 5 anni. Ho cominciato questo mestiere da giovanissima e
per fortuna non sono mai stata scoraggiata dai miei genitori.
Alle mie amichette di scuola dicevo sempre che avrei fatto la
cantante, e così è stato. Ho fatto però anche la scelta di avere
dei figli e una famiglia, quindi ho arginato la mia carriera,
ho rinunciato a proposte all’estero e ho provato a togliere
meno tempo possibile alla mia famiglia. Questo non mi
ha permesso di arrivare al grande pubblico ma io
sono felice così. Le donne non sono uguali agli
uomini in questo ambiente e non perché
ci siano particolari discriminazioni.
Ma noi abbiamo troppe cose da
fare in più. E gli orari del mio
mestiere sono proibitivi. A volte
finisci alle 5 del mattino e
poi devi alzarti alle 7 per
portare i bambini a scuola.
È una lotta continua
per conciliare tutto
e provare a farlo
nel miglior modo
possibile”.
Quello che ha
seminato,
poco alla
volta,
intorno a
sé e nella sua
terra è però
molto profondo
ed è di grande
qualità. La gente
la riconosce e
la adora. Non ci
staccano gli occhi
di dosso e la caccia
al selfie, il nuovo
autografo nell’era dei
social, da parte dei
nostri vicini di tavolo, è
inevitabile. “Il mio pubblico
è uguale a me. Mi assomiglia
molto, non è un pubblico
superficiale e mi emoziona.
Per questo adoro fare
teatro perché mi dà la
possibilità di stabilire
un legame intimo con
i miei fan” – continua
“Non vedo l’ora di
ricominciare questo
bellissimo spettacolo
“Sciantose, Sirene,
Malafemmene e
#SONODONNAE...
23 #3D

“Le donne non sono uguali agli uomini in questo ambiente
e non perché ci siano particolari discriminazioni.
Gli orari del mio mestiere sono proibitivi.
A volte finisci alle 5 del mattino
e poi devi alzarti alle 7 per portare i bambini a scuola.”
altre storie di donne veraci”. Avevo da tempo tanta
voglia di fare una rappresentazione dedicata alle
donne. Nel corso della mia carriera e a tutti i miei
spettacoli riservo sempre un pensiero o una frase
alle donne”. Ce ne sono due in particolare però
che hanno significato più di tutte nella sua vita. La
prima le ha trasmesso il valore della coerenza, il
senso di responsabilità e il rispetto per gli altri ed
è la sua mamma. L’altra è stata invece una musa
ispiratrice come artista e come donna “Sofia Loren
è il mio riferimento. Una grande attrice di fama
internazionale che ha saputo e ha voluto con tutte
le sue forze dedicarsi alla famiglia senza trascurarla
e non perdendo mai occasione per raccontarlo”.
Alla sigla di “Un posto al Sole” da lei cantata e
che l’ha resa famosa, non possiamo non arrivarci.
È il 1996 e Monica da interprete della canzone
napoletana arriva al riconoscimento in ambito
nazionale per essere la cantante della sigla della
soap televisiva di Rai Tre. Il suo è un rapporto di
amore fedele verso quella occasione artistica che
l’ha consacrata ma anche etichettata “Lo so che
sono ancora per molti la cantante di Un posto
al Sole. E la cosa non mi turba. Sono solo felice
di aver contribuito ad un prodotto che ha dato
lustro a Napoli e che ancora oggi prosegue il suo
cammino di successo”.
Ma l’anima artistica di Monica Sarnelli ha un
nome ben preciso. È quello del progetto Lazzare
Felici il cui determinante apporto le è stato dato
dal suo produttore Gigi De Rienzo. Quando
lo inaugura nel 2004 con il primo volume è un
ritorno alle origini, la riscoperta delle sonorità
napoletane. Un progetto che prende spunto da
Pino Daniele e il suo brano “Lazzari Felici” e
che mette insieme due anime. Incisioni di vecchi
e nuovi classici della canzone partenopea che
uniscono da un lato artisti come James Senese,
Marco Zurzolo, Enzo Gragnaniello e dall’altro
Sergio Bruni, Peppino Di Capri, Nino D’Angelo.
#3D
24

“La musa ispiratrice è Sofia Loren… il mio riferimento.
Una grande attrice di fama internazionale
che ha voluto con tutte le sue forze
dedicarsi alla sua famiglia
senza mai trascurarla.”
#SONODONNAE...
“Sono tutte canzoni a cui do una seconda vita e
che mi danno l’opportunità di avere un pubblico di
genitori e figli. È un progetto che mi rappresenta
molto e nel quale voglio che mi guardi il mio
pubblico per capire chi sono veramente”.
Si chiude così la nostra mattinata. La lascio
scappare alla sua giornata anche se prima mi
chiede di fare un piccolo video che farà girare sui
social. Io odio parlare a qualunque telecamera,
anche quella minuscola di un cellulare, ma lei mi
travolge e le dico di sì. Nel frattempo penso dentro
di me “eh sì, è proprio Monica, sciantosa, sirena,
malafemmena e molto social”.
- MANUELA GIULIANO
“Lazzare Felici
è il progetto
che rappresenta a fondo
la mia anima artistica.
È in questo che voglio
mi guardi il mio pubblico
per capire
chi sono veramente.”
25 #3D

IL BLUFF
PERFETTO
È QUELLO
CHE PORTI AVANTI
FINO ALLA FINE
La regina del gaming è beneventana e si chiama Romina D’Agostino.
Del poker dice “è psicologia sì, ma soprattutto matematica”.
Da tv-blogger a regina incontrastata del
gaming.
Romina D’Agostino, beneventana ‘doc’
come il migliore dei rossi sanniti, racconta
la sua storia ad #3D. Partiamo dalle
info segnalate sulla official page di Fb.
“Giornalista di poker sportivo. Una forte
passione per l’Arte Contemporanea, tanti
sogni nel cassetto. In un’altra vita gatto.
Randagio”. La incontriamo in uno dei
tanti bar dell’aeroporto di Capodichino.
Valigia piena e cellulare alla disperata
ricerca di ricarica. Segno di una giornata
intensa. Una delle tante.
“Tutto è avvenuto per caso. La mia
passione è sempre stata l’arte. Mi sono
laureata in conservazione dei beni culturali
al Suor Orsola Benincasa a Napoli. Ho
lavorato un paio d’anni per un Museo di
arte contemporanea a Benevento. Poi,
come spesso accade dalle nostre parti, le
cose buone vanno a finire male. Quindi,
per raggranellare un po’ di soldi, mi sono
guardata intorno, trovando un lavoretto
in una società di gaming a Benevento.
Una delle prime piattaforme in Italia di
giochi on line. Ero addetta al controllo di
questi giochi, un ruolo tecnico”.
Poi cosa è successo?
“Il caso ha voluto che si liberasse un posto
da blogger e così ho cominciato a scrivere
qualche redazionale. Avevo lavorato
presso l’ufficio stampa del Museo. Non
ero mai entrata in un Casinò. Dopo
appena una settimana, nel 2010, era in
programma un evento a Nova Goritza
in Slovenia. Mi sono resa conto che c’era
tutto un mondo fatto di comunicazione
intorno a questo fenomeno”.
Provieni da una famiglia di
appassionati di carte da poker?
“A casa mia si giocava a Burraco e a carte
napoletane. Qualche volta sentivo parlare
i nonni di ‘teresina’”.
Come definiresti il gioco del poker?
“E’ un gioco di abilità, come quello degli
scacchi. Potrebbe rientrare nella categoria
sportiva. Stiamo lottando da anni per
raggiungere questo obiettivo”.
E tanti sono gli appassionati...
“Si. C’è anche un canale Sky, PokerItalia
24, dove ho lavorato in passato.
Intervistavo i giocatori”.
#3D
26

27 #3D
#SONODONNAE...

A
#3D
28
Adesso tu sei un personaggio
televisivo di successo. Com’è
avvenuto il tuo boom mediatico?
“Ho fatto il casting per ‘La Casa degli
assi’, un programma di Italia Uno. Un
reality che si svolgeva a Malta. Sono
arrivata quarta, raggiungendo la fase
finale. Entrare era stato già un successo.
I casting hanno avuto vari step. In casa
siamo entrati in dodici, più altre persone
che sono arrivate attraverso i meccanismi
on-line, in tutto eravamo diciotto”.
Hai guadagnato molti soldi?
“No, perché solo il primo vinceva
una somma di 50mila euro. Eravamo
sottoposti ad una serie di stress psicologici
e la nostra reazione era importante”.
Hai qualcosa da rimproverarti?
“Forse non sono stata molto brava a
distinguere l’aspetto interpersonale da
quello pokeristico. Loro invece tendevano
a fare questo. Mi sono lasciata andare
sul piano personale. Sono una persona
del Sud. Sai come vanno queste cose...
Dodici persone in una casa per cinque
settimane. Completamente isolati, senza
potere uscire”.
I tuoi amici, i concittadini come
hanno preso questa tua esperienza?
“Bene direi. Mi conoscevano già per un
format di una web-tv, Ciao Night, avevo
contatti in discoteche e intervistavo i dj”.
E il tuo compagno?
“All’inizio sopportava bene la situazione.
Poi inevitabilmente all’interno del gioco
si sono sviluppate situazioni di simpatia.
Non c’è stata nessuna storia d’amore, ma
è chiaro che lì dentro ti appoggi a delle
persone, che non sono necessariamente di
sesso femminile, io sono molto portata a
stringere amicizie. Lui sicuramente non
ha fatto salti di gioia. Stiamo insieme da
sei anni. Non prendeva benissimo il mio
dover viaggiare. Adesso quando può mi
accompagna, perché ha capito il mio
mondo. Conosce tutto il contesto. Anche
lui ha un lavoro che lo impegna dieci ore
al giorno”.
Ad un certo punto, la passione si è
trasformata in qualcos’altro.
“Mi sono resa conto che mi piaceva
giocare. Ora mi chiamano per farmi
partecipare ai tornei, ma il mio lavoro
rimane quello della giornalista. Se mi
cercano per fare interviste sono molto più
contenta”.
Qual è il segreto di un bluff perfetto?
“Costruirlo bene e portarlo avanti fino
alla fine. In questi anni ho imparato come
si costruisce un bluff. A volte si ha paura e
non lo si riesce a portare fino al termine.
Bisogna capire quale punto si vuole
dimostrare di avere e giocare come se lo si
avesse. Ovviamente è importante studiare
anche i movimenti del corpo”.
E’ vero che a poker non bisogna mai
giocare con gli amici?
“Conosco tante persone che si scontrano
al tavolo e poi fuori sono amici.
Ovviamente ci sono regole che valgono
in tutti gli sport, come quella del rispetto
dell’avversario. Il poker è psicologia ma
anche matematica”.
Quanto ha pesato la bellezza nella
costruzione del tuo successo?
“All’inizio mi ha aiutato, poi deve scattare
qualcos’altro, bisogna trasmettere
qualcosa in più”.
Quello del poker è ancora un mondo
di uomini?
“Devo dire che all’inizio molti mi
guardavano con sufficienza, al tavolo
soprattutto. Gli uomini hanno sempre
voglia di dimostrarsi più forti. Non è stato
un brutto impatto, però quando cominci
le persone vogliono capire come sei”.
Ti capita mai adesso di fare una
partitina a poker con gli amici?
“Si, e mi piace. Poi con gli amici vinco.
Ho un po’ di preparazione in più...”.
- CARMINE BONANNI
A

29 #3D
#SONODONNAE...

CERVELLI che fuggono,
CUORI che restano
Tre giovani donne, tre storie di talenti finiti lontani dall’Italia.
Ecco perché si sceglie di andare senza riuscire più a tornare.
Gaia, Simona, Alessandra. Tre giovani
donne italiane che hanno scelto di
costruire il proprio futuro in un altro
Paese. Le loro storie personali, in realtà,
sono sovrapponibili a quelle di molti altri
loro coetanei. Quella dell’emigrazione è
la storia di un’intera generazione. Prima
quella dei nonni, ora quella dei nipoti.
Gaia ha 29 anni e vive in Francia, ad Aix-
En-Provance. È cresciuta a Trapani,
insieme alla sua famiglia, fino ai 18 anni,
“poi sono andata a Roma, alla Sapienza, e mi
sono laureata in Lettere con indirizzo spettacolo.
Ho continuato con la specialistica a Siena
concentrandomi sulla linguistica e la filologia.
Dopo la specializzazione ho iniziato a fare degli
stage gratuiti in una scuola, a Siena, per accumulare
delle ore di insegnamento, indispensabili per
l’abilitazione ad insegnare italiano agli stranieri.
Successivamente, ho percepito anche una piccola
retribuzione per le mie ore di lavoro, ma molto
saltuariamente, e in modo assolutamente precario.
Ogni giorno non sapevo se il successivo sarei
stata chiamata e a volte passavano anche dei
mesi in cui non lavoravo, per cui il mio fisso
era dato dal baby-sitting. Dopo questo stage ho
deciso di prendere un’altra laurea in Linguistica
e Didattica dell’Italiano a Stranieri, tutto questo
sempre grazie ai miei genitori che mi hanno potuta
sostenere, perché ovviamente il baby-sitting non mi
permetteva di mantenermi da sola. La molla che
mi ha fatto lasciare tutto è stata proprio questa
esperienza di stage a scuola. Vedevo passarmi
avanti persone senza titoli o con lauree che non
c’entravano niente con questo mestiere. Mentre
io ero sempre lì, a jolly, a sostituire qualcuno
senza mai poter avere un lavoro vero. Quindi
ho deciso da un giorno all’altro di andarmene.
Sono andata prima a Bruxelles e poi a Parigi per
vedere che cosa trovavo. Così, ho scoperto che lì
in Francia c’era la possibilità di fare un concorso
per l’insegnamento, simile ai concorsi a cattedra
che esistevano qui trant’anni fa, quelli che avevano
fatto i miei genitori. Ho deciso di parteciparvi e di
prepararmici prendendo un Master in Formazione
per l’Insegnamento ad Aix-En-Provance. Ecco
perché ora sono qui”.
Anche Simona, 30 anni, adesso è lontano
da casa, a Berlino. È nata a Catanzaro e
ha vissuto lì con i suoi genitori fino ai 19
anni. “Dopo il liceo mi sono trasferita a Perugia,
dove ho studiato, sia per la laurea triennale che
per la specialistica, Scienze e Tecnologie per la
Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali:
#3D
30

un’interfacoltà tra quella di Lettere e Filosofia
e quella di Scienze Matematiche e Fisiche. Nel
frattempo ho fatto l’Erasmus in Inghilterra,
sono stata ad Oxford per sei mesi. Dopo la
specializzazione volevo fare il dottorato, ho
provato ad entrare all’Università di Firenze, ma lì
non ce l’ho fatta ad accedere. Quindi, ho fatto un
altro corso di inglese per due mesi a Nottingham e
successivamente ho fatto domanda per il Leonardo
da Vinci, un progetto dell’Unione Europea simile
all’Erasmus, e lì sono stata presa per un tirocinio
in Galles in un museo di arte contemporanea.
Ma la cosa non mi interessava molto, quindi ho
cercato altro. Così, ho avuto modo di conoscere
un professore dell’Università di Bristol che mi
ha fatto concludere il tirocinio del Leonardo lì e
mi ha permesso di conoscere questo dottorato tra
Berlino e Bristol, dove poi sono stata presa. Anche
in questo caso il dottorato è in un’interfacoltà:
a Berlino lavoro nella Facoltà di Archeologia,
a Bristol nella Facoltà di Chimica. Lavoro in
ambito archeologico ma utilizzando dei mezzi
chimici, al fine di ottenere delle informazioni di
vario tipo sulle civiltà del passato”.
Alessandra è napoletana, ha 27 anni
e adesso vive a Barcellona. Anche lei è
stata con la sua famiglia fino ai 18 anni, poi
ha scelto di andare fuori. “Mi sono iscritta
a Scienze della Comunicazione a
Napoli, ma contemporaneamente,
durante i primi due anni, vivevo
a Roma per studiare presso
un’Accademia di Recitazione e
Doppiaggio. Speravo di continuare
questo percorso, ma alla fine mi
sono resa conto che dovevo prima
concludere l’università. Ma non
volevo restare a Napoli. Grazie al
progetto Erasmus sono approdata a
Madrid e dopo solo un anno avevo
deciso che avrei vissuto all’estero.
L’ambiente era bellissimo, era tutto
nuovo, tutto diverso rispetto a una
realtà come Napoli. Poi lì è arrivato
anche l’amore e per 3 anni sono
rimasta nella capitale spagnola.
Dopo la parentesi madrilena ho
viaggiato per un anno: ho vissuto
un mese in Inghilterra, sono stata
in Marocco, in Francia, e più di
un mese e mezzo in Indocina, tra
Thailandia, Cambogia e Laos. Al
mio ritorno ho scelto di frequentare
un Master in Gestione di Hotel a
Roma. La pratica di fine corso la
ottenni a Barcellona. Da quello
stage non sono mai più andata
via”.
Secondo i dati Istat, nel 2009
i laureati italiani trasferitisi
all’estero erano il 19%, ma
sono già saliti al 24% nel
2013: l’esodo più grande
degli ultimi 10 anni. Siamo
sempre più un’economia che
perde lavoratori qualificati ed
attrae dall’estero lavoratori
con basse competenze,
esattamente il contrario di
quanto stanno facendo i Paesi
nostri principali concorrenti.
Secondo l’indagine
“Rapporto Giovani”,
realizzata dall’Ipsos su un
campione di giovani tra
i 18 e i 29 anni, quasi il
50% dei giovani si dichiara
pronto ad andare fuori Italia
per migliorare le proprie
31 #3D
#SONODONNAE...

“Una volta finiti gli studi mi son resa conto
che avrei voluto continuare a fare quello
per cui mi ero a lungo preparata,
ma in Italia non riuscivo a trovare niente.”
opportunità di lavoro e solo meno del
20% non è disposto ad emigrare; inoltre
i più disposti a trasferirsi per inseguire
migliori opportunità di valorizzazione
del proprio capitale umano sono proprio
i laureati, a conferma del rischio di brain
drain e non solo di brain waste che
attraversa il Paese. Questo fenomeno
costituisce un ulteriore paradosso: siamo
un’economia che lamenta un deficit di
lavoratori competenti che siano all’altezza
di contrastare la concorrenza globale e
nel frattempo centinaia di nostri giovani
vanno ad affollare le università del mondo,
soprattutto quello anglosassone.
Ma ciò che si trova all’estero, è davvero
all’altezza delle aspettative? L’esperienza
di Gaia è stata positiva in tal senso. “Io non
mi aspettavo nulla, sono venuta in Francia solo
per fare il master. Poi invece è successo quello che
non mi aspettavo: da un semplicissimo annuncio
messo su una di quelle bacheche online, mi hanno
chiamata per ricoprire il ruolo di formatrice
di italiano per adulti nella scuola in cui lavoro
tuttora. Dopo ho vinto un bando europeo come
Assistente di Italiano nelle scuole pubbliche, medie
e superiori. Per cui mi sono trovata addirittura
ad avere un doppio lavoro! Qui ho più diritti, ho
contratti formalizzati, un riconoscimento alla mia
professionalità. In Italia il pensiero comune è che
per fare il chirurgo ci vuole la laurea in chirurgia,
per fare l’infermiere la laurea in infermieristica,
mentre per fare l’insegnante di italiano basta
essere italiani”.
Per Simona lasciare tutto e partire per
lavorare all’estero non è stato semplice.
“In realtà io non avrei mai voluto lasciare l’Italia
e ancora adesso, se ci penso, vorrei riprovare a
tornare. Però una volta finiti gli studi mi son resa
conto che avrei voluto continuare a fare quello
per cui mi ero a lungo preparata, ma in Italia
non riuscivo a trovare niente. Poi la voglia di fare
un’esperienza all’estero è per sempre. Ti permette
di formarti, di imparare una nuova lingua, di
conoscere persone nuove, una nuova cultura.
Quindi non ho mai avuto davvero paura di fare
una scelta del genere”.
Molti giovani hanno dovuto abbandonare
l’Italia perché stanchi, delusi e demotivati
da esperienze non proprio soddisfacenti.
Ma per Alessandra non è stato così. “Io
non sento di essermene andata per i motivi per cui
i miei coetanei se ne vanno oggi: per disperazione,
per necessità, per emulazione. Io l’ho fatto per
seguire l’Erasmus e, semplicemente, perché mi
sono innamorata del della Spagna. Quello che
volevo fare era lavorare in hotel e Barcellona. È
una città che vive di turismo, quindi il lavoro non
mi è mancato. Adesso sto provando a mettere su
qualcosa di mio, un’impresa. L’idea è quella di
prendere in gestione case in affitto, ristrutturarle
“È vero, all’estero si vive benissimo,
ma bisogna capire
quello che si perde poi in Italia.”
#3D
32

“Spero di riuscire a far “fortuna” all’estero
e tornare con un gruzzoletto
da poter investire
con coscienza nella mia città.”
e subaffittare le camere, con contratto regolare, a
studenti che possano, così, fittare stanze decenti a
prezzi convenienti. L’impresa è stata già avviata
da altri ragazzi a Madrid e io ho deciso di
utilizzare il loro brand ed entrare nel loro circuito.
C’è un’App dedicata e un sito internet. Lì si
chiama Help Madrid, poi loro hanno avviato
anche un primo punto in Italia, a Firenze - Help
Florence - e adesso io sto cercando di dare vita ad
Help Barcellona”.
Queste tre giovani donne sono riuscite
a realizzarsi lontano dall’Italia e hanno
trovato la loro dimensione in altri
Paesi. Eppure, tutti i cervelli un giorno
vorrebbero tornare, però solo qualora
l’Italia garantisse loro qualcosa: contratti
non precari, stipendi dignitosi, fondi e
finanziamenti da poter sfruttare. Gaia
adesso ha impostato tutta la sua vita per
vivere in Francia, “però certo non escludo la
possibilità di tornare. Se aprissero una classe di
concorso per insegnanti di italiano a stranieri
sicuramente parteciperei. In Sicilia ho lasciato
gli affetti, nonostante fossi già abituata a vivere
lontano da casa. Insomma, già non mangiavo più
arancine da tempo! Sì, perché poi alla fine sono
queste le cose che a lungo andare ti mancano: le
cose che facevi da piccola, le cose che ti prepara la
mamma. Un’altra cosa che mi è mancata molto
della mia terra è il mare e per fortuna poi sono
riuscita a trovarlo ad Aix e questo mi fa sentire
molto più a casa”.
ci si abitua mai. La mia famiglia mi manca
terribilmente e sarebbe sicuramente uno dei
motivi per cui mi piacerebbe riavvicinarmi. È
vero, all’estero si vive benissimo, ma bisogna
capire quello che si perde. Io lavoro in ambito
archeologico. Basterebbe pensare a quante
ricchezze abbiamo. Io sarei molto più soddisfatta
se potessi lavorare nel mio Paese, anche con uno
stipendio più contenuto”.
E il sogno di Alessandra? È quello di
tornare a Napoli e continuare a lavorare
nel settore del turismo. “In Italia ho lasciato
la famiglia e gli amici. Ho provato a tornare a
casa ogni tanto, per qualche mese, sperando di
restare; ma poi ogni volta, tristemente, sono dovuta
tornare sui miei passi perché nel mio settore non
c’è niente. Vorrei tornare e mettere su il mio bed
& breakfast nel centro storico di Napoli. Il mio
sogno più grande. Spero di riuscire a far “fortuna”
all’estero e tornare con un gruzzoletto da poter
investire con coscienza nella mia città”.
Gaia, Simona e Alessandra. Tre
esperienze diverse, che hanno tanto in
comune tra loro. Tre cervelli in fuga verso
l’estero; tre cuori rimasti qui. In Italia.
- MIRELLA PAOLILLO
#SONODONNAE...
Anche Simona in Italia ha lasciato le
persone che ama. “Casa mia l’ho lasciata
quando avevo 19 anni, ma comunque non
“Qui ho più diritti,
ho contratti formalizzati,
un riconoscimento alla mia professionalità”.
33 #3D

“Il 50% del mio successo lo devo a mia moglie.”
L’appassionato
MICHELE PLACIDO
e il suo sguardo sulle donne
Abbiamo incontrato l’attore e regista pugliese per parlare del ruolo della donna nella sua vita
artistica: .
Un fiume in piena, uomo entusiasta e
sempre alle prese con nuovi progetti di
lavoro, tra cui, a breve, la regia di una
mega serie tv sulla criminalità organizzata
siculo-americana. Michele Placido,
carismatico e apprezzato attore e regista
italiano, ha poggiato il suo sguardo sulle
donne, riconoscendo in loro .
Molto amato dall’universo femminile,
nei mitici anni ‘80, quando interpretava
l’affascinante commissario Cattani dello
sceneggiato “La Piovra” (di Damiano
Damiani), che gli rende la popolarità
in Italia e all’estero, Michele Placido, di
recente, ha diretto il suo undicesimo film
(“La scelta” con Ambra Angiolini e Raoul
Bova) questa volta su amore, violenza e
maternità e non ha mai smesso di credere
nella forza delle donne e dell’amore
che sono in grado di donare. Uomo
tipicamente meridionale, caratteristica
che sottolinea in ogni occasione, Michele
Placido è un attore e autore a 360 gradi
in cui emerge uno spiccato interesse per
le problematiche sociali, affrontate con
grande sensibilità e coraggio.
Chi è Michele Placido?
Un uomo con un grande sogno, cresciuto
in un piccolo paese della Puglia in una
famiglia numerosissima, terzogenito di
otto figli. “Tutto comincia nel 67’ quando
lascio la mia regione per trasferirmi a
Roma dove entro in Polizia. Molto presto
però mi rendo conto che devo assecondare
la mia naturale inclinazione a recitare.
Decido di entrare all’Accademia d’Arte
Drammatica Silvio D’Amico e debutto nel
1970 a teatro nello spettacolo “Orlando
Furioso” di Luca Ronconi. Tutto il resto
è storia”.
La sua è una storia di ruoli e film
di ogni genere tra cinema e tv:
dall’eroico professore protagonista
di “Mery per sempre” di Marco
Risi a Giovanni Falcone di Giuseppe
Ferrara, Padre Pio nella fiction
televisiva di Giulio Base, sino
all’indiscusso successo di Romanzo
Criminale che ha diretto con grande
maestria: qual è il segreto del suo
successo come regista e come
attore?
Il segreto è lo studio, la conoscenza,
l’approfondimento che metto in ogni
ruolo che interpreto e in ogni film che
dirigo.
Sono rimasto fedele al mio essere diretto
#3D
34

#CONGLIOCCHIDIUNUOMO
e alle origini che mi hanno aiutato molto nella scelta e nell’interpretazione. Inoltre
resto un uomo semplice, non conduco una vita esclusiva, al contrario non riesco
a staccarmi dal quotidiano e mi piace stare in mezzo alla gente, fare passeggiate,
dialogare con tutti.
In fondo aveva ragione il mio grande maestro Giorgio Strehler quando sosteneva:
“Prima viene l’uomo, poi l’artista”.
E come un uomo qualunque lei ha amato, ha lasciato, è stato sedotto,
abbandonato e poi ha corteggiato. Padre di 5 figli con due matrimoni
finiti alle spalle, adesso è sposato con Federica Vincenti: che importanza
ha avuto il ruolo della donna nella suo percorso artistico?
I primi anni la donna non è stata fondamentale, almeno dal punto di vista della
creatività. Negli ultimi, invece, da quando ho sposato Federica, abbiamo intrapreso
un viaggio di vita e imprenditoriale. Lei si occupa dell’organizzazione dei film e
dei miei spettacoli teatrali. Una donna ha una capacità che gli uomini non hanno:
quella di saper rispettare il ruolo dell’artista, come nel mio caso, e nello stesso tempo,
tirare fuori il meglio dal compagno, stimolarlo, organizzare il lavoro. Per cui parte
del successo, almeno il 50%, posso dire che è da attribuire ad una donna come mia
moglie. Credo che nel nostro campo, quello del cinema e del teatro, le donne abbiano
una marcia in più, sono più artiste, hanno più fantasia, passione per il lavoro. Gli
uomini peccano spesso di cialtroneria e pressapochismo, le donne mai, sono sempre
lì, stanno sempre sul pezzo, fanno il loro dovere con grande etica del lavoro.
- VALERIA AIELLO
“Le donne fanno il loro lavoro
con grande etica.”
35 #3D

IL RE DELLE CRAVATTE
parla alle DONNE: I REGALI
sceglieteli con il CUORE
Entra nello showroom della Riviera di
Chiaia. La signora si guarda intorno.
Si dirige sicura al centro della sala e
arriva dritta al tavolo antico che ospita
le cravatte. Ce ne sono centinaia.
Tutte meticolosamente imbustate l’una
accanto all’altra, la sfilza delle classiche,
le regimental e le ultime nate in casa
Marinella. Le osserva per colore. Le blu.
Poi le rosse, le gialle. Basta poco: il piglio
deciso ostentato all’ingresso vacilla, si
sgretola di fronte alla varietà dell’offerta.
E’ allora che, senza neppure preoccuparsi
degli sguardi dei commessi e degli altri
acquirenti, l’elegante lady sfodera il suo
smartphone e fotografa all’impazzata
le stoffe sulle quali, alla fine di un lungo
percorso personale, concentra la sua
attenzione. Gli scatti, con un solo click,
vengono inviati ad amici e parenti (tutti
personal shopper) pronti a dire la loro. Si
procede per votazione. La maggioranza
vince. E così, dopo un affannoso giro di
consultazione si arriva alla scelta finale.
Nell’era di facebook, dei socialnet, anche
il regalo è collettivo, collegiale. Per la
proprietà transitiva: meno personale. A
bocciare senza appello l’uso del telefono
cellulare per l’acquisto in boutique è
proprio il re delle cravatte, Marinella.
“La cravatta va scelta con l’istinto, non
con il ragionamento e possibilmente -
dice - usando meno il telefonino. Adesso
le vendite non sono più come una volta.
Si invia la foto della cravatta al padre che
non è d’accordo sulla scelta e allora, a sua
volta, la manda in visione all’altro figlio. Il
figlio la fa vedere ai testimoni. I testimoni
ragionano tutti quanti insieme e inviano
una risposta. La vendita perde l’emozione,
la spontaneità. Ma oggi noi viviamo nel
mondo del superfluo: le cose vanno scelte
perché piacciono, perché uno si sente
bene ad indossarle o semplicemente per
uno sfizio. La presenza del telefonino
ha distrutto la spontaneità umana ed è
dovuta all’insicurezza. Prima le signore
sapevano sempre che cosa acquistare e
cosa indossare in ogni occasione, avevano
un proprio gusto, un carattere deciso”.
Ma cosa pensa il re delle cravatte delle
donne in senso piú ampio?
Lei è considerato da sempre un
simbolo della moda maschile, le
piacerebbe diventarlo anche per le
donne?
Sono nato nel mondo maschile, ma da
qualche anno mi sto avvicinando a quello
femminile e sto riscontrando grande
successo. Marinella è anche rivolto alle
donne e continueremo su questa strada.
Quando lancia un capo femminile
che idea punta a trasmettere?
Avendo pochi oggetti femminili punto a
trasmettere al meglio possibile Napoli,
i colori della nostra regione. Sui foulard
mi piace imprimere immagini soffuse
della mia città che si confondono con
altri disegni, un pulcinella che balla, o
#3D
36

magari la sua ombra, qualche disegno
portafortuna. In generale quando faccio
le cose, per gli uomini e per le donne, lo
faccio sempre sull’onda di un’emozione,
di una vibrazione, di una passione.
Piú volte le hanno proposto di
candidarsi a Sindaco. Quale
potrebbe essere un progetto
credibile per Napoli?
Sì, è vero che tante volte hanno provato
a tirarmi in politica. Non nascondo che
è gratificante ricevere simili proposte
poiché vengono da schieramenti diversi
e lo considero un segno di stima. Ma io
mi sento di fare politica attraverso il mio
negozio, proponendo sulle mie creazioni
ciò che di più bello Napoli offre. E anche
mostrando il volto di una città laboriosa.
#CONGLIOCCHIDIUNUOMO
Che importanza riveste, per lei, la
figura femminile?
La voglia di migliorarsi sempre.
Se rinascesse donna...
Mi sento troppo maschio per immaginarmi
donna.
Avete appena portato avanti il
progetto di realizzare due foulard
ispirati alle donne di Modigliani,
alla sua arte. Da dove nasce e come
si è sviluppato?
La fondazione Modigliani sta facendo una
mostra itinerante che farà diverse tappe in
Italia ma anche all’estero e ha affidato a
noi il compito di realizzare due foulard
per raccontare il suo mondo femminile. Io
l’ho trovato molto bello. Per me è sempre
motivo di orgoglio quando vengo scelto.
Ho studiato tutta la vita di Modigliani
e, alla fine, sono venuti fuori due foulard
molto apprezzati che alla fondazione sono
piaciuti molto. Ne vado fiero: non è facile
trasmettere quadri su stoffe, per quanto
preziose siano.
- BRUNELLA CIMADOMO
- PALMA SOPITO
37 #3D

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39 #3D

TRE RAGAZZE
e L’INIZIO di una RIVOLUZIONE
NEL MONDO DELLE BORSE
La storia del marchio fiorentino Damai
che raccoglie i disegni di aspiranti stilisti e ne fa it bag
Cosa ci fa un ingegnere civile nell’Accademia Italiana della Moda di Firenze? Si mette a tavolino con tre studentesse di design per
progettare it bag come non ne avete mai viste prima. E’ la storia di Mauro Fabbri, un passato nelle aziende di accessori moda più
famose d’Italia e oggi anima del marchio Damai, made in Firenze, che proprio nel nome della tradizione rinascimentale fiorentina,
vuole essere una sorta di nuovo mecenate, in questo caso di aspiranti stilisti.
Il nome Damai si ispira al gioco della Dama a cui viene aggiunta la “i” di italiana, un gioco lineare in cui - con pochi movimenti - si
possono ottenere molte varianti (che è proprio la filosofia che sta dietro ad ogni accessorio).
Oltre a realizzare borse ispirate alla città
di Firenze e ai suoi valori rinascimentali
di bellezza misurata e di innovazione
delle idee, il brand quindi apre le porte
a giovanissimi creativi e si fa promotore
della crescita dei talenti. Le prime tre
borse in vendita, infatti, sono state
realizzate da tre allieve dell’Accademia
Italiana della Moda di Firenze. Chiara
Manetti è toscana, Eliana Eletto siciliana
e Kristina Danilova è russa. Nessuna
di loro ha ancora compiuto 25 anni e
possono già mettere nel loro curriculum
la realizzazione di una borsa che porta il
loro nome, o quasi. In realtà i tre modelli si
chiamano: Essenza disegnata da Chiara,
in saffiano, completamente smontabile
e personalizzabile nei colori e nelle
forme (ha delle cerniere sui fianchi e sui
manici che consentono di realizzare tante
versioni differenti); Diamante disegnata
da Kristina, che viene realizzata in pelle
e tessuti damascati prodotti con filati
biologici; ed Eva progettata da Eliana, la
borsa-scarpa, infatti alla parte superiore
simile a quella di una doctor bag, viene
applicata una base a forma di carrarmato
(in un materiale a prova di acqua che non
si sporca, non si bagna, non si graffia). Tre
nomi al femminile per tre accessori
ideati da tre giovani ragazze, dove il filo
conduttore è che in ogni accessorio ci sia
un elemento di innovazione per forma,
per design o per materiali. «Il valore
aggiunto delle nostre creazioni non viene
da un pellame particolarmente pregiato o
da un design di moda improntato al trend
di stagione, piuttosto dallo studio di una
forma originale – spiega Fabbri - Si tratta
di creazioni uniche e quindi meriteranno
un loro brevetto».
Come hanno fatto Chiara, Eliana e
Kristina, ogni altro giovane designer che
abbia un’idea innovativa e voglia mettersi
alla prova può candidarsi sul sito www.
damaitaliana.it e firmare la prossima
borsa Damai.
Ogni quattro mesi, infatti, vengono
proposti contest aperti a tutti coloro che
hanno proposte da sottoporre all’azienda.
Il concorso copre quattro categorie di
prodotto: borse, portafogli, cinture e altri
accessori.
. Avete il coraggio
di esplorare il nuovo?
- DARIA SIMEONE
#3D
40

41 #3D
#GIOVANITRAGUARDI

CLEMENTINO
IL RAPPER MATTATORE 2.0
ARRIVATO FINO A NEW YORK
Nome: Clementino Maccaro. Luogo e
anno di nascita: Avellino 1982. Alter ego:
Iena White. Indizi che fanno pensare
a una sola persona, Clementino, il
rapper che nell’ultimo anno è diventato
tra le voci più autorevoli del freestyle
italiano. Tra appassionati e non, quando
si parla di rap nostrano, è innegabile che
il primo nome che venga in mente sia il
suo. Sarà anche perché è tra coloro che
ha compreso a pieno il potenziale dei
social. Basti pensare che, su facebook,
conta 1.031.866 di follower e tutti i suoi
video goliardici o dei backstage, contano,
volendo volare bassi, circa 350.857
visualizzazioni. Potrebbe quasi diventare
un modello per i provetti social media
marketing. Il suo successo sarà dovuto
anche a quella sua indole istrionica, figlia
della sua forte passione per il teatro che,
da bambino, l’ha spinto a seguire corsi
per soddisfare la sua voglia di imparare
e conoscere. Nel 2012 ha recitato anche
nell’adattamento teatrale del film di
Ettore Scola Che Ora è?. Come ha
più volte dichiarato, tutto questo è
stato determinante nell’avvicinarsi
all’hip pop, quasi come l’ascolto
degli adorati rapper internazionali e
napoletani, incoraggiandolo anche nel
2013 a realizzare il Clementino Live
Theater, in cui ha unito il teatro al rap.
Un nuovo mattatore 2.0, arrivato - lo
scorso 21 settembre - fino al Bowery
Electric nel quartiere di Chinatown
a New York per il suo live con cui ha
tenuto a battesimo gli show della web
radio Radio Nuova York.
Clementino ha dato un’ulteriore
testimonianza della sua ascesa anche
con il suo tour estivo Miracolo!,
tratto dal nome del suo ultimo album,
uscito ad aprile, e che tra le prestigiose
collaborazioni vanta, come un dono
prezioso, quella con Pino Daniele. Il
tour ha superato i 100.000 spettatori e
si prepara all’ultima data, che ci sarà
a Napoli l’11 dicembre alla Casa della
Musica.
Outsider o meno, Clementino è uno
di quei ragazzi che possiede sagacia e
intelligenza viva che traspaiono dagli
occhi e da quel particolare modo di
comunicare le sue opinioni che oscilla tra
serio e faceto, come viene fuori durante
la nostra conversazione in cui emerge un
attaccamento viscerale alla famiglia nella
quale madre e sorella sembrano esserne
i cardini: .
#3D
42

43 #3D
#PLAY

“Se rinascessi donna
vorrei essere Jennifer Lopez.
Una portoricana, nata nel Bronx,
che è riuscita a farsi valere,
imponendosi come cantante,
rapper e attrice.”
Clementino, il rap che nacque negli
Stati Uniti era un canto di protesta.
Oggi, in Italia, ha lo stesso valore?
Sicuramente sì, anzi, lo è ancora di più.
Negli anni ’90, a parte qualche gruppo,
nel rap non si osava come stiamo
facendo noi rapper contemporanei. Il
pubblico adesso vuole il rap come un
segno di ribellione. E noi abbiamo una
grande responsabilità, perché dobbiamo
farne capire il significato. Rivoluzione
è nel modo di pensare, non vuol dire
distruggere tutto. Parliamo di una
rivoluzione mentale.
MIRACOLO!
Nella musica rap sono poche le donne. Sembra essere
un’industria dominata dagli uomini. A cosa è dovuto?
Il rap in Italia è nato da poco ed è esploso così forte che
sarà solo questione di tempo e vedremo tante rapper
donne anche da noi, ne sono certo. In ogni mio album
ho voluto che ci fosse il contributo di una donna, infatti
in Miracolo! c’è Mama Marjas e nel mio album
precedente c’era Meg dei 99 Posse. Non mi è mai
appartenuto il personaggio del rapper cattivo e
maschilista. Ho molta fiducia nelle donne. Sono più
responsabili degli uomini e se un giorno dovessi aprire
un’etichetta discografica sicuramente la responsabile
sarebbe una donna. Ti dirò di più, la mia speranza è
che un giorno il Presidente della Repubblica italiana
e il Presidente degli Stati Uniti siano delle donne.
Sarebbe un bel segno di rottura, di cambiamento,
così come è stata l’elezione di Barack Obama, che ha
superato le barriere del razzismo.
E se tu dovessi rinascere donna?
Come vorresti essere?
Come Jennifer Lopez! Al di là della sua bellezza, lei è
una portoricana, nata nel Bronx, che è riuscita a farsi
valere, imponendosi come cantante, rapper e attrice. La
sua è stata una bella scalata. E probabilmente mi rispecchia.
- ANTONIA FIORENZANO
“Spero che un giorno
il Presidente della Repubblica italiana
e il Presidente degli Stati Uniti
siano delle donne.
Sarebbe un bel segno di rottura. Di cambiamento.”
#3D
44

45 #3D
#PLAY

FREE PHILOSOPHY
by ELIO FIORUCCI
Come una grande e fornita biblioteca
delle ispirazioni. È così che, noi studenti di
moda, consideravamo il negozio Fiorucci
in San Babila a Milano.
Tappa obbligata, non solo per appassionati
di stile e design, ma per chiunque cercasse
di evadere usando il grande strumento
della fantasia.
La prima sensazione, appena entrati, era
di esaltazione pura. Una cascata di colori
e di forme ubriacava la nostra vista, in
maniera spasmodica toccavamo tutto,
passando da un reparto all’altro come
invasati, meravigliandoci alla vista di
abiti e accessori che erano sorprendenti,
esilaranti folli, ma al tempo stesso geniali.
In ogni scaffale si scopriva un tripudio di
idee.
Io, quando potevo, compravo sempre qualche accessorio: foulard leopardati, stampati
su materiali mai visti prima o calze con elementi infantili e con colori fluo. Chi indossava
un pezzo Fiorucci aveva qualcosa da dire al mondo. Per non parlare poi del mitico jeans
a vita alta dalla vestibilità perfetta o della maglietta con i due angioletti, uno biondo e
l’altro moro, un mondo multietnico idealizzato e da lui reso adorabile.
Elio Fiorucci si identificava in quei due angioletti, eterno simbolo aziendale, quei
cherubini innocenti e allo stesso tempo rock. Loro rappresentavano il suo vero credo.
Ha sempre creduto che qualunque attività commerciale o imprenditoriale, dovesse
avere al centro del business valori spirituali ed etici, ed era certo che i consumatori
potessero percepirlo a pelle.
Forse nella mia memoria di creativa e di innamorata della moda, potrei collocare in un
paradiso rosa shocking - dove tutti vivono liberi su nuvolette azzurre decorate da piume
e paillettes - Elio Fiorucci e Anna Piaggi, giornalista di Vogue, visionaria ed unica nel
suo genere, colei che ha costruito su se stessa uno stile di scelte precise e ingiudicabili.
Anche di quest’ultima, potrei parlare per ore. Ma uno dei ricordi che la rappresenta
meglio è un nostro incontro a Milano in Fiera, ad una sfilata.
Mi fermò di scatto chiedendomi dove avessi comprato quella pazza cravatta a forma di
pesce che indossavo. Era di Fiorucci. Ovviamente. - ALESSANDRA LIBONATI
Fiorucci adottava un elemento e
lo traduceva in una icona unica ed
irripetibile. Così come aveva fatto con
il suo negozio, dagli arredi trasparenti
e dalla musica ad altissimo volume, in
una Milano borghese sulla quale ancora
scendeva la nebbia.
Parliamo di anni in cui creare una
collezione di gioielli in silicone colorato
era davvero follia, ma la cosa più folle era
riuscire a venderli, e lui ci riusciva!
La filosofia Fiorucci ha influenzato
generazioni per oltre trent’anni e ha fatto
innamorare anche tanti artisti, tra cui
Andy Warhol.
Non è mai passato di moda, proprio per la
sua capacità di rinnovarsi continuamente.
Pur conservando il suo stile, sperimentava
libertà e provocazione e si spingeva sempre
oltre, mescolando tessuti e materiali di
ogni genere.
#3D
46

47 #3D
#OLTRELAMODA

ZAINETTO
E JEANS
SI TORNA A SCUOLA
(e agli anni 90)
Altri due simboli della moda del decennio
scorso ritornano sulle spalle delle star.
E sulle nostre.
Per la serie “A volte ritornano”, dopo i pantaloni
a zampa e le culottes, anche la gonna longuette
di jeans e lo zainetto si sono ripresentati,
direttamente dagli anni Novanta, come le nuove
imprescindibili tendenze di questo 2015.
Il denim in realtà è ritornato così
prepotentemente in gonne ma anche top,
camicie, giacche, abiti e salopette, da
trasformarsi nella tendenza ribattezzata
double denim o anche denim on denim: ovvero
il total look di jeans che è stato per anni
un grande tabù. Sono bastate un paio di
uscite delle varie icone di stile, da Olivia
Palermo a Beyoncé, ma anche Zac
Efron e David Beckham, Rihanna e le
varie sorelle Kardashian/Jenner. E il
divieto del total jeans è stato superato
per sempre, purché ci si attenga ad
alcune regole base: assicurarsi che
i lavaggi dei due capi di jeans che
si abbinano siano completamente
diversi, ed evitare boyfriend jeans
o comunque pantaloni e top
troppo abbondanti.
La benedizione definitiva
al trend denim è arrivata
quando una delle it girl
per eccellenza, la modella
inglese Alexa Chung,
è stata incaricata dal
famoso brand AG Jeans
di realizzare una capsule
collection interamente
in denim.
Perché si sa: se Alexa
decide che è l’ora del
#3D
48

jeans, il mondo riabbraccerà il jeans. Arrivando persino ad indossare obbrobri come le
culottes di jeans.
Grande revival anche per lo zainetto, e non parliamo del ritorno a scuola di settembre.
E’ da questa primavera che stilisti e brand low cost ce lo propongono in tutte le varianti,
sponsorizzato ovviamente da un nutrito parterre di star che si fanno fotografare, zaino
in spalla, sui loro account Instagram e persino sui red carpet.
#STYLE
Di giorno lo zaino in versione più sportiva e casual viene portato con t-shirt, camicie,
jeans e sneakers per un look metropolitano, ma anche con un abitino, un blazer e un
paio di scarpe stringate per un twist preppy. Per la sera lo zaino in pelle lucida, in
paillettes o in velluto si accompagna perfettamente anche a un outfit elegante.
La moda ci piace comoda, sembrano urlare (finalmente) queste due tendenze sportychic
sopravvissute agli anni Novanta. E noi forse ce lo siamo dimenticato quanto
sia vero, soprattutto se l’ultima volta che siamo tornate sui banchi è stato più di un
decennio fa: lo zaino è così comodo che una volta provato non ne possiamo fare a meno.
Avete presente il peso distribuito equamente sulla vostra schiena? E tutto lo spazio a
disposizione per cellulari, pochette col make up e sciarpa per quando tira vento? Ormai
abituate alle scomodissime clutch, a stento riusciamo a portarci appresso cellulare e
carta di credito. Nello zaino ci possiamo nascondere anche le buste dello shopping
compulsivo, soprattutto quando vogliamo mantenerlo segreto.
L’incontro perfetto della tendenza denim e di quella zainetto si chiama Bricolage
Canvas backpack, ed è lo zainetto in jeans firmato Chanel e già abbondantemente
sfoggiato da star e blogger negli ultimi mesi (anche stavolta immancabile Beyoncé).
Firmato nel senso letterale del termine dal momento che il logo è stato disegnato in
stile graffiti con una bomboletta insieme ad una serie di altri spruzzi di colore che fanno
molto grunge anni Novanta. Prezzo del
gioiellino intorno ai 135 euro, ma il nome
“bricolage” suggerisce che ci possiamo
comprare un qualunque zainetto in jeans
e imbrattarcelo anche da sole.
- DARIA SIMEONE
49 #3D

#3D
50

#TRADIZIONIDICLASSE
51 #3D

Borgo Orefici.
Vico Scassacocchi.
Vico Campagnari.
Piazzetta Conceria.
Napoli e i suoi vicoli.
Le piazzette e i suoi intrecci.
Nomi che ricordano le storie degli artigiani e dei vecchi mestieri.
I vicoli che diventano la voce naturale di una tradizione che riesce ancora a stupire.
Gli Orefici nel loro Borgo, gli sfasciacarrozze a vico Scassacocchi
e le fonderie di Campane a Vico Campagnari su Corso Umberto.
Vicoli che si chiamano come gli artigiani che un tempo li abitavano.
Queste sono alcune delle tante strade di una città che fa di arte e tradizione la sua identità.
Angela SantaMaria Carrubba Pintaldi
Una donna.
Un’artista.
Una viaggiatrice.
La voglia di scoprire una città al di là delle vie dello shopping.
Delle luci al neon dei centri commerciali.
Dei ristoranti con gli stessi odori in qualunque città.
Un viaggio nelle viscere.
Nelle botteghe. Nelle storie. Nelle rughe.
Tra pescivendoli, corniciai e botteghe.
L’arte che incontra l’odore dei bassi.
I vecchi mestieri che orgogliosi restano lì nonostante tutto.
Posti senza tempo.
Lenti.
Lontani dalle mode, dal merchandising, dai cartelli di offerta con i prezzi “virgola 99”.
Immuni da concetti di comunicazione e marketing.
Posti che da soli parlano una lingua che tutti possono comprendere.
Quella dell’arte. Della fatica. Della tradizione.
Buona visione
Giovanni Salzano.
#3D
52

Model:
ANGELA SANTAMARIA CARRUBBA PINTALDI
Photographer:
NOEMI COMMENDATORE
Foulard:
MARINELLA Serie “Les Femmes di Modigliani”
Abiti:
LESS - Via Bisignano, 33 - Napoli
Locations:
PESCHERIA MATTIUCCI
Vico Belledonne a Chiaia, 27 - Napoli
TAPPEZZERIA ALLOCCA
Via Ferrigni, 25 - Napoli
CORNICIAIO FRAGAO
Via Ferrigni - Napoli
#TRADIZIONIDICLASSE
53 #3D

Model:
ANGELA SANTAMARIA CARRUBBA PINTALDI
Photographer:
NOEMI COMMENDATORE
Foulard:
MARINELLA Serie “Les Femmes di Modigliani”
Abiti:
LESS - Via Bisignano, 33 - Napoli
Locations:
PESCHERIA MATTIUCCI
Vico Belledonne a Chiaia, 27 - Napoli
TAPPEZZERIA ALLOCCA
Via Ferrigni, 25 - Napoli
CORNICIAIO FRAGAO
Via Ferrigni - Napoli
#3D
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55 #3D
#TRADIZIONIDICLASSE

#3D
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#TRADIZIONIDICLASSE
Model:
ANGELA SANTAMARIA
CARRUBBA PINTALDI
Photographer:
NOEMI COMMENDATORE
Foulard: MARINELLA
Serie “Les Femmes di Modigliani”
Abiti: LESS - Via Bisignano, 33 - Napoli
Locations:
PESCHERIA MATTIUCCI
Vico Belledonne a Chiaia, 27 - Napoli
TAPPEZZERIA ALLOCCA
Via Ferrigni, 25 - Napoli
CORNICIAIO FRAGAO
Via Ferrigni - Napoli
57 #3D

“Sembra rientrare nelle antiche origini e tradizioni
mai cancellate dal tempo ma conservate con amore,
cura, devozione e dignità.”
Angela SantaMaria Carrubba Pintaldi
#3D
58

Model:
ANGELA SANTAMARIA
CARRUBBA PINTALDI
Photographer:
NOEMI COMMENDATORE
Foulard: MARINELLA
Serie “Les Femmes di Modigliani”
Abiti: LESS - Via Bisignano, 33 - Napoli
Locations:
PESCHERIA MATTIUCCI
Vico Belledonne a Chiaia, 27 - Napoli
TAPPEZZERIA ALLOCCA
Via Ferrigni, 25 - Napoli
CORNICIAIO FRAGAO
Via Ferrigni - Napoli
#TRADIZIONIDICLASSE
59 #3D

#3D
60

61 #3D

Le QUOTE ROSA
della MOTONAUTICA
Intervista a Veronica Olderin, pilota di motonautica e prima donna alla guida di un catamarano
estremo e in gara al campionato WPPA UIM XCAT world series.
XCAT è l’abbreviazione di Xtreme
Catamaran, catamarani estremi, una
nuova classe di imbarcazioni da corsa
che prendono parte al World Series
Powerboat Championship organizzato
dalla WPPA (World Professional
Powerboat Association) sotto il patrocinio
della UIM (Union International de
Motonautique). Il 2008 è stato l’anno
di esordio di questo campionato, con
5 gare a Dubai, seguite da altre 4 in
Abu Dhabi; a breve distanza sono state
organizzare gare anche a Fujairah.
Negli anni successivi il campionato ha
raggiunto risonanza internazionale,
valicando i confini degli emirati, con
gare tenutesi in varie città del mondo, tra
cui Stresa (sul Lago Maggiore) e Napoli,
che ha visto la partecipazione come
special guest anche di Diego Armando
Maradona. La crescita di questa formula
è legata ad un perfetto mix di strategia di
comunicazione, competitività accessibile
a tutti e logistica (facilitata dalla
dimensione delle barche, più piccole
rispetto ai catamarani della Classe 1).
A Fujairah, in occasione della prima gara del campionato 2015, la WPPA ha dato il
benvenuto alla prima donna alla guida di un XCAT: Veronica Olderin. Veronica non
è certamente un nome sconosciuto nel mondo della motonautica, avendo partecipato
a gare sin dall’adolescenza. Alla sua prima apparizione nel campionato, Veronica con
il suo team guadagna anche un podio, nella Speed Cat Run (gare di accelarazione stile
dragster). Dopo la gara abbiamo avuto modo di incontrarla per un caffè ai dry pit (lo
spazio dove vengono collocate le barche “a secco”, l’equivalente dei box della Formula
1) e per rivolgerle alcune domande.
Sei la prima donna a pilotare un XCAT. Come ti senti?
È una senzazione meravigliosa! Una grande opportunità per me e per la mia carriera
da pilota professionista. Credo anche sia una bella sfida per i ragazzi avere una donna
che gareggia con loro. E magari questo è solo il primo passo per avere più donne nella
categoria.
Sei un’ispirazione per tanta altre donne. Come si diventa pilota di
motonautica? Come hai iniziato? Ci sono anche altre donne che corrono in
gare di motonautica, chi vorresti avere in squadra con te?
Ho iniziato a gareggiare nel 2006, con mio padre Gunnar Olderin, che ancora corre.
Nel 2008 ho comprato la mia prima imbarcazione offshore e ho iniziato a gareggiare
in diverse categorie. Ho sempre avuto altre donne in squadra con me e negli ultimi
tre anni ho corso con Kristina Coleman, il mio navigatore. [NdA: le imbarcazioni offshore
hanno in genere due persone al commando; il throttleman che gestisce i motori e quindi l’erogazione
della potenza degli stessi, e il driver che invece gestice la timoneria e fa da navigatore, dando quindi
direzione alla barca]. Se potessi scegliere con chi correre, sarebbe Marit Stromoy, la
prima donna pilota nella storia della F1 Motonautica che ha ottenuto la pole position.
#3D
62

Con lei ho fatto alcuni test alla guida
degli XCAT. Lavoriamo bene insieme
e abbiamo lo stesso mindsit. È molto
importante dire che in questo sport non
ci sono aspetti negativi nell’essere donna.
La tua famiglia come ha visto
la tua idea di diventare pilota
professionista?
Avendo un padre pilota, non poteva non
darmi un grande supporto. Lui ma anche
tutta la mia famiglia. Anche mia madre
viene spesso a vedere le gare.
Viaggiare tanto per seguire i
campionati richiede tempo. Come
si concilia con la famiglia? Hai
bambini?
Correre è una parte fondamentale della
mia vita, e in questo momento mi porta
a viaggiare tanto. Non ho bambini, ma
io stessa sono cresciuta seguendo le gare
di mio padre: avere bambini non esclude
la possibilità di fare questo lavoro.
Comunque ci sono cose che mi mancano
quando sono via per tanto tempo.
Cosa farai quando vincerai la
tua prima gara di XCAT? Come
festeggerai?
Sicuramente sarebbe un’occasione da
celebrare. Credo una cena con il team e
poi magari da qualche parte sempre con
loro, a seconda del Paese in cui siamo.
Sei mai stata a Dubai? Cosa di ti
piace di più di questa città?
Negli ultimi mesi sono stata a Dubai 5
volte; adoro questa città e c’è tanto da
vedere: la migliore combinazione per me
di gare, shopping e vacanza. Tutto ciò
che una donna può desiderare.
- NICO DE CORATO
#OLTRECONFINE
Chi ti segue durante le gare? Ci
sono amici o familiari che vengono?
Sono abituata a prendermi cura di me
stessa; il team che abbiamo in Svezia
per le gare locali è composto da me e
Kristina e gestiamo tutto in autonomia.
Sulle gare internazionali, c’è sempre mio
padre che mi segue.
Come ti senti prima di una gara?
In genere mi sento nervosa, ma aiuta
molto quando si corre con gli XCAT,
dove si hanno due piloti a bordo: sai di
non avere tutta la responsabilità.
Pratichi altri sport?
No, la motonautica non mi lascia molto
altro tempo libero
Hai un lavoro? Come gestisci lavoro
e gare?
Lavoro per Trig Social Media, che è
anche uno dei miei sponsor, per cui le
cose si conciliano bene. Inoltre le gare al
momento non portano via tutto il tempo.
Una delle cose che aiuta molto è avere
le persone più care, coinvolte nel mondo
della motonautica, cosi che il correre
coincida con il passare tempo con loro.
63 #3D

E SE
TORNASSE IL RE?
L’Unione Monarchia Italiana esiste nel nostro Paese da più di 70 anni ed ha 70mila iscritti.
Cosa chiedono? Il ritorno della famiglia reale dei Savoia.
L’avvocato Alessandro Sacchi è Presidente Nazionale dell’Unione Monarchia Italiana, la più antica associazione apartitica del
nostro Paese, fondata nel 1944 nella Roma appena liberata dai tedeschi. Oggi conta più di 70mila iscritti e lavora su tutto il territorio
nazionale al fine di proporre il ritorno della famiglia reale dei Savoia a capo dello Stato Italiano.
L’U.M.I. propone “la forma monarchica dello
Stato come alternativa istituzionale alla crisi del
sistema repubblicano”. In cosa consiste, secondo
lei, questa crisi? E quali sono i segni in Italia?
La monarchia è un meccanismo costituzionale
al vertice del quale siede un Capo
dello Stato terzo e imparziale. È quindi un
arbitro della partita che non fa il tifo per
nessuna delle squadre in campo.
La Costituzione Repubblicana – o meglio
– tutte le costituzioni di regimi parlamentari,
individuano il Capo dello Stato come
il “potere neutro”, cioè un potere che –
svincolato da tutti gli altri poteri dello Stato
– assolve una funzione arbitrale; quindi
dirime i conflitti, indirizza, suggerisce,
emenda e, soprattutto, custodisce i valori
costituzionali. Questo, in un enunciato
astratto, è una cosa bellissima. Nella realtà,
un uomo politico – prima di ascendere
al Quirinale – ha compiuto un cursus honorum
che di solito dura cinquant’anni,
durante i quali ha militato e ha fatto parte
di uno schieramento. È una finzione che
da un giorno all’altro chi è stato militante,
a volte anche in maniera accesa, possa
diventare terzo di fronte a un dibattito politico.
Questa è la debolezza dell’istituto
repubblicano.
In che modo il ritorno della monarchia risolverebbe
questo problema?
La monarchia moderna, la monarchia
parlamentare, prevede un perfetto bilanciamento
dei poteri, al vertice dei quali
c’è un soggetto che non ha mai militato in
una parte, non ha mai preso una tessera
di partito. Probabilmente ha anche delle
sue simpatie, ma non ha scheletri nell’armadio.
La monarchia è capace di rinnovarsi nella
continuità.
A quale forma di sistema monarchico pensa? E a
quale successore reale?
Guardiamo la Spagna, il Belgio, la Gran
Bretagna, la Norvegia, la Svezia, il Giappone,
il Lussemburgo, il Lichtenstein e
perfino il Principato di Monaco. Una
grande nazione, come la Gran Bretagna,
continua a tenersi un Capo dello Stato
che ha quasi 90 anni e che, nonostante
abbia una funzione esclusivamente rappresentativa,
è però, ad esempio, il capo
#3D
64

delle forze armate.
In Italia il discendente reale è Amedeo Duca d’Aosta. Se domani
mattina tornasse la monarchia, Amedeo sarebbe re per
i meccanismi che regolano la successione di Casa Savoia.
Cosa accadrebbe alla Costituzione Italiana?
Allora, l’art. 1 della nostra Costituzione è assai curioso, perché
recita: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e
nei limiti della Costituzione”.
Ora, un articolo concepito
così, che è andato in vigore il 1°
gennaio del 1948, si prestava a
tutte le interpretazioni. Perché
è una Costituzione che nasce
dal compromesso di due culture:
comunista e cattolica. Che
significa “fondata sul lavoro”?
Io non l’ho mai capito. Oltre,
poi, ad essere una Costituzione
contraddittoria, perché l’art.1
attribuisce la sovranità al popolo;
l’ultimo articolo, il 139,
enuncia: “La forma repubblicana
non può essere oggetto
di revisione costituzionale”. Il
che è un obbrobrio, perché se
il popolo è sovrano dovrebbe
potersi scegliere le istituzioni
che lo governano. E io, se fossi
repubblicano, lo vorrei essere
perché l’ho scelto io e non perché
me lo impone la Costituzione.
Il padre costituente non
può riservarsi un diritto di veto
nei secoli, per cui le scelte dei
nonni dopo settant’anni vincolano
i nipoti. In Italia non si
può proporre un referendum
costituzionale istituzionale.
Quindi quale sarebbe l’iter per far
tornare la monarchia nel nostro Paese?
Basterebbe sostituire la parola “re” alla parola “presidente”
nella Costituzione e abolire l’art. 139 per restituire la sovranità
al popolo. Una volta abolito l’art. 139, sarebbe riproponibile la
questione istituzionale e, qualora venisse votata la forma monarchica
al referendum, Amedeo di Savoia sarebbe eletto re d’Italia.
Nel parlamento non cambierebbe nulla.
Qual è il ruolo della donna nella monarchia?
La funzione della donna in monarchia è molto importante; le monarchie
da sempre hanno messo la figura di vertice in capo a una
donna. Per avere un magistrato donna siamo dovuti arrivare agli
anni ‘60 del secolo scorso; ma
anche un prefetto donna, un
generale donna. In monarchia
la donna faceva il Capo dello
Stato. Mi viene in mente, ad
esempio, Elisabetta I d’Inghilterra,
o – nel nostro secolo –
Beatrice d’Olanda.
In realtà in Italia, negli ultimi tempi,
sembrano prevalere movimenti
autonomisti e atteggiamenti di tipo
separatista.
Il re risveglierebbe il senso di
appartenenza che abbiamo
perduto. Il concetto di “patria”,
che non è becero nazionalismo,
ma è orgoglio di
appartenere a una comunità.
Una nazione, con la coscienza
di essere una nazione, non
diventa la discarica d’Europa.
E un paese con a capo un re,
potrebbe avere delle reazioni
più dure. Il senso della nazionalità,
della sovranità, dell’appartenenza,
della territorialità,
il dovere civico e quindi la
condivisione e la coscienza di
appartenere a una comunità,
rende ovvio il rispetto dei doveri
da parte di tutti.
La Francia ha un concetto di
grandeur incredibile; la Repubblica,
in Italia, ha invece fatto un lavoro certosino di demolizione
dei valori fondanti.
La monarchia è la risposta. - MIRELLA PAOLILLO
#3DPOLITICA
“La funzione della donna in monarchia
è molto importante;
le monarchie da sempre hanno messo la figura di vertice
in capo a una donna”.
65 #3D

OTTICA PEDONE.
Apre un nuovo
PUNTO VENDITA a NAPOLI,
in LARGO VASTO a CHIAIA
Prodotti TOP nello STILE
e nella TECNICA
“Eyewear architecture and optometry” è
lo slogan del nuovo punto vendita Ottica
Pedone di Napoli, sito in Largo vasto a
Chiaia, uno store dove insieme convivono
e si valorizzano a vicenda tecnica e stile.
Moda e professionalità sono l’essenza
del lavoro di una coppia di imprenditori,
Marco Pedone e Sabrina De Luca e, che
in barba alla crisi, hanno scelto di mettersi
in gioco nella neonata ottica sita in
Largo vasto a Chiaia a pochi passi dallo
storico liceo Umberto.
Un nuovo store dove lo spazio, interamente
progettato nei minimi particolari dallo
stesso Marco Pedone, esalta le forme degli
occhiali, dove il cliente attratto dagli stessi
si muove liberamente all’interno di un involucro
dove tutto è facilmente fruibile e
dove ciascuno si sente a suo agio.
Luce, spazio e design caratterizzano la
galleria di occhiali disposti su ripiani
orizzontali bianchi, a contrasto con pare-
ti nere, per mettere in risalto architettura
e stile di un oggetto di cui non si può
fare a meno. Marchio storico, presente
dal 1855, quinta generazione di ottici a
Napoli tra le più conosciute e rinomate,
adesso punta su tradizione e innovazione
“Marco Pedone è sempre alla ricerca
dell’innovazione del prodotto, dello stile
e del design senza mai prescindere dall’aspetto
tecnico dell’occhiale >> sottolinea
Sabrina De Luca, moglie e compagna
nella nuova avventura.
Donna, madre ed ex psicomotricista
cosa ti ha spinto a scendere di
nuovo in campo?
La decisione arriva cinque anni fa. Ero
più libera dal lavoro e dai miei doveri di
madre. Così parlandone con mio marito,
anche su sua richiesta, decido di affiancarlo
nel lavoro, sebbene poi l’idea sia stata
realizzata soltanto quest’anno con l’apertura
del punto vendita.
Lui ha sempre avuto una sua visione imprenditoriale
ben precisa che discostava
dagli intenti degli altri. I dubbi erano tanti,
è vero che l’unione fa la forza, ma se
non rischi non sai mai fino a che punto
puoi osare. Così da soli, forti dell’esperienza
ventennale di mio marito nel settore,
pieni di determinazione e volontà, ci
siamo rimessi in gioco, io per prima. Mio
marito aveva bisogno di un sostegno fisico
e morale ed io volevo spronarlo, fiduciosa
del successo che, di fatto, è arrivato. Oggi
i migliori messaggi e complimenti ci arrivano
da amici, clienti e professionisti del
settore che ci dicono che siamo stati bravi,
#3D
66

#ADAMOEDEVA
coraggiosi. Mio marito è nel campo da
tanti anni, ma ora c’è maggior stimolo, ti
butti anima e corpo in una creatura che
è solo tua.
È noto a tutti quanto non sia “semplice”
vivere e lavorare con il proprio
marito, come riesci nell’impresa?
È vero, non posso negare che sia semplice,
ma il mio segreto è il sorriso e la
positività. Nel privato ci incendiamo e ci
smorziamo continuamente, non avrei mai
pensato di lavorare con lui. Ti rendi conto
che sul lavoro è diverso, sebbene resti te
stessa come moglie, cerchi anche di essere
professionale in tutto e per tutto. Ciò non
toglie che molti ci accomunano a “Sandra
e Raimondo”, l’ironia è fondamentale
in questo lavoro. Siamo persone positive,
siamo professionali, solari, accogliamo
chiunque con il sorriso. E questa è l’arma
vincente nella vita come nel lavoro.
“Si dice sempre che con le mogli
non si lavora” afferma sorridente
Marco Pedone, che nonostante
il detto ha scelto come socia la sua
compagna di vita e si racconta…
Nasco come architetto 25 anni fa. Laureatomi
comincio l’attività professionale nel
campo della progettazione architettonica
ed urbana che ho esclusivamente perseguito
sino a quando mio padre, ottico da
sempre, mi ha chiesto di occuparmi della
sede storica dell’ottica Pedone con sede
a via Toledo. Cosi ho scelto di specializzarmi,
diventando ottico optometrista a
tutti gli effetti e gettandomi anima e corpo
nella nuova attività che tutt’ora svolgo
con passione, ma non più in via Toledo
ma solo presso il nuovo negozio a Largo
Vasto a Chiaia.
Cosa ti distingue dal marchio storico?
La ricerca costante dell’architettura
dell’occhiale unita allo stile dell’occhiale
che meglio si adatta al cliente. Tecnica,
design, attività di ottica ed optometria,
sono i requisiti necessari per un prodotto
targato Marco Pedone. Il mio obiettivo è
soddisfare il cliente con la massima cortesia
e fornirgli il prodotto migliore dal
punto vista tecnico ed estetico.
Cerco lo stile che meglio si adatta al viso
del cliente senza mai tralasciare l’aspetto
tecnico, coniugare i due aspetti col fine di
fidelizzarlo e non deluderlo. Porto sulle
spalle un cognome pesante e continuo la
tradizione, anche se in maniera differente,
in questa avventura che ho intrapreso con
mia moglie.
A quanto pare non è poi cosi difficile
lavorare con la propria moglie?
Sono la testimonianza che è possibile, anzi
lei mi dà più stimoli. Il suo tocco di femminilità
è stato fondamentale anche nella
progettazione del negozio che ben accoglie
il cliente. E’ un supporto a 360 gradi,
siamo uniti nell’intento, anzi mi pento di
non aver fatto prima questa scelta e devo
ringraziare anche mia moglie per la spinta
verso il nuovo inizio. Ci sopportiamo
da tanto. Siamo molto onesti l’uno nei riguardi
dell’altro e ci confrontiamo spesso
anche scontrandoci. E’ questo il segreto
di una coppia che può vincere nella vita
come nel lavoro: non c’è mai appiattimento.
- VALERIA AIELLO
“Eyewear architecture”
67 #3D

A.DI.DO
ASSOCIAZIONE DI DONNE ITALIANE
Viale ANTONIO GRAMSCI, 2 - 80122 NAPOLI
#3D
68
Per info e contatti: +39 081 552 01 48 +39 346 26 91 429
IBAN: IT 28 P 03625 03401 000010137487
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della nostra rete.

Rosa Migliardi
“L’artista che usa fili come strumenti di disegno
e crea reti invisibili che uniscono l’umanità.”
#ARTE&ARTI
Rosa Migliardi è un’artista senza confini. È
originaria di Napoli, ma oggi vive a Londra e
la sua arte appartiene al mondo intero. Le sue
opere sono state esposte in Italia, nel Regno
Unito, in Brasile e nella Repubblica Ceca.
Ma questo è solo e soltanto l’inizio. Nelle sue
opere, Rosa usa i fili come uno strumento di
disegno ricreando la rete invisibile che unisce
tutti noi.
La sua arte indaga il rapporto tra natura e
materia in cui la ricerca della verità e della
bellezza prende forma in queste sue sculture
leggere e allo stesso tempo complesse, ricche
di geometrie.
Isole, nuvole, pollini e bozzoli. Ogni scultura
contiene in sé il labirinto: un groviglio
inestricabile di meandri nei quali è facile
smarrirsi.
Rosa Migliardi a Londra è rappresentata da
Le Dame Art Gallery (www.ledameartgallery.
com) con la quale esporrà, nella la seconda
edizione di artrooms 2016, al Melia White
House Hotel di Londra.
Rosa è anche un’artista contemporanea in
tutti i sensi. È stata una delle prime artiste
italiane ad aderire alla piattaforma
www.artrooms.it che ha rivoluzionato le
regole del mercato dell’arte e vende e noleggia
opere soltanto sul web.
Attualmente è in mostra a Capri con l’opera
“L’Occhio di Partenope”, la sua scultura
alta 1,80 m è stata installata nella hall del
Meliá Villa Capri per la mostra “A Summer
Exhibition in Capri” parte di “Capri - The
Island of Art” una manifestazione che avrà
luogo sull’isola fino ai primi di gennaio 2016.
Siete più che in tempo per non perderla.
69 #3D

Rosa Migliardi
#3D
70

71 #3D

PER GLI APPASSIONATI DI FANTASY:
“QUESTE OSCURE
MATERIE”
La trilogia di Philip Pullman adatta ai giovani adulti ancora alla ricerca di risposte.
La storia di un’esperienza che, prima o poi, tutti viviamo.
“Lyra e il suo daimon si mossero nella crescente penombra del salone, bene attenti a restare da un lato, dove non potevano esser visti dalla cucina. Le tre lunghe
tavole che correvano da un capo all’altro del salone erano già apparecchiate, con cristalli e argenti scintillanti sui quali si raccoglieva la scarsa luce, e con le
panche già sistemate, pronte per accogliere gli ospiti. In alto, nel buio, erano appesi i ritratti dei precedenti Maestri.”
Benvenuti a Oxford, dove strani eventi stanno accadendo. Sempre più bambini spariscono senza lasciare traccia e una misteriosa,
bellissima donna fa il suo ingresso nel prestigioso Jordan College, mentre il ticchettio dei suoi tacchi sul pavimento scandisce una
musica che incanta e ammalia. Si tratta della Signora Coulter, una figura destinata a lasciare il segno nella vita di Lyra, la giovane
protagonista della trilogia Queste Oscure Materie (Salani Editore).
Adatto a…
- Per la lettura di una brillante storia fantasy: studenti delle scuole medie.
- Per cogliere le sfumature più profonde: studenti delle scuole superiori e ogni adulto che sia ancora alla ricerca di risposte.
Giunta a noi nel 1996, la saga fantasy
firmata Philip Pullman e composta da La
Bussola d’Oro, La Lama Sottile e Il Cannocchiale
d’Ambra rimane tutt’oggi un indiscusso
esempio del potere magico della scrittura.
Se è vero, infatti, che la trilogia si rivolge
ai “giovani adulti”, accompagnati da
creature fantastiche come i daimon, le
streghe, gli orsi corazzati e gli angeli
lungo i sentieri innevati di un’avventura
mozzafiato, è altrettanto vero che, al
di sotto del primo livello di lettura, un
intero universo si spalanca per i lettori più
maturi. Ogni personaggio e ogni evento
vive contemporaneamente su due piani:
quello letterale e quello simbolico. Ed
ecco che Pantalaimon, il tenero daimon
di Lyra Belacqua, appare agli occhi più
giovani come un simpatico animaletto
mutaforma che affianca la bambina
nelle sue pericolose imprese; agli adulti,
invece, Pantalaimon si presenta come
il simbolo dell’anima di ognuno di noi,
in continuo cambiamento fintanto che
siamo giovani e inesperti, rivelatore
della nostra vera essenza nel momento
in cui abbandoniamo l’infanzia per
varcare la soglia dell’età adulta. E
questo è solo un esempio della maestria
di Pullman nell’intrecciare la potenza
dei suoi messaggi alla colorata fantasia
che pervade ogni pagina di questa saga.
L’autore, infatti, spiega di aver scritto
Queste Oscure Materie perché “ci sono temi
troppo grandi per la narrativa per adulti”:
i libri per bambini diventano dunque
gli unici mezzi adatti per parlare degli
argomenti scomodi. Argomenti come
crescere, come essere donna, imperfetta
e allo stesso tempo un’eroina. Argomenti
come il primo sbocciare dell’amore nel
cuore degli adolescenti e di tutto ciò che
esso comporta, senza chiudere gli occhi
e fingere che le pulsioni siano un segno
del peccato. Argomenti come il legame
inossidabile tra l’universo e ciascuno di
noi, antiche particelle di polvere di stelle,
destinate a tornare polvere dopo la morte.
Argomenti come il bene e il male, che non
possono definire le persone di per sé, ma
solo i loro gesti.
Queste Oscure Materie, che nel 2007 ha
ispirato il film La Bussola d’Oro, è una
lettura entusiasmante, consigliata per tutti
i giovani adulti pronti a cavalcare un orso
corazzato e a salpare con Lyra e i Gyziani
alla volta di Bolvangar. Il viaggio non
sarà privo di spaventi e ogni tanto il buio
sembrerà più forte della luce, ma l’Aurora
Boreale splenderà sempre sullo sfondo. E
per quei “grandi” che non hanno paura
di addentrarsi tra le pagine oscure di un
libro che nasconde in sé ben più di quanto
non dia a vedere, un solo avvertimento:
avete tra le mani un tesoro. Fatene buon
uso. - ELEONORA BRUTTINI
#3D
72

#INVERSI
Da leggere perché…
La trilogia raggiunge i più giovani nelle
vesti di una coinvolgente avventura
carica di mistero, tensione, amore
e coraggio, ma trova facilmente il
suo posto nel cuore dei più grandi
parlando loro di temi profondi,
da affrontare necessariamente per
crescere.
Da leggere se…
Hai amato la saga di Harry Potter
e quella di Hunger Games.
Ti piace il fantasy, la fantascienza e
qualche elemento di steampunk.
73 #3D

UNA BIMBA
PERDUTA
Il mistero della vita di Emily Dickinson
e la sua poesia fragile e infantile.
Dicono che fosse matta. Qualcuno la definì snervante, la maggior parte semplicemente
incomprensibile. Alcuni la ricordano come un’ombra timida e repentina, altri la
chiamavano “la donna in bianco” per la sua abitudine d’indossare quasi sempre
candide vesti. C’è chi la vuole innamorata e mai ricambiata, chi la vede amante
di un’idea, chi di un giudice, chi della cognata. Ed è Emily Dickinson stessa a non
scegliere chi e che cosa essere, ad affidare alla poesia il compito di definirla ogni giorno
in un modo diverso, ogni giorno dipingendo una nuova oscillazione del suo cuore.
La poetessa è allora a tratti una regina, a volte un bambino, più spesso una bimba
impertinente. È la curiosa testimone della natura che sboccia in variopinti colori o
si cristallizza nell’inverno tutt’intorno. È il mezzo umile e terreno che balla sotto
una pioggia di poesia e la riceve e l’assimila e trasmette, scrivendo per il bisogno di
scrivere e di spiegarsi a se stessa, senza nessun interesse per la fama e per il pubblico.
È la voce impaurita che chiede perché dobbiamo morire. È la voce indignata che
chiede perché dobbiamo redimerci da peccati che non conosciamo. È la voce timida
di una bambina cattiva, messa in castigo per le sue domande inopportune, che
invoca il padre e cerca il perdono. Emily Dickinson è ogni sfaccettatura dell’animo
umano. È ciascuno di noi, è diversa per ogni lettore.
Pochi scrittori del passato hanno attratto la curiosità degli studiosi come questa
fragile, delicata poetessa. Nata nel 1830 in una società fortemente puritana, fu l’unica
della sua famiglia a non abbracciare la religione. Per tutta la vita perdurò in lei la
percezione di essere una “bimba perduta”, destinata fin dal principio a non ricevere
la luce del paradiso. Ma se in gioventù aveva frequentato una scuola femminile e si
era sentita bella, vivace e desiderabile, fu solo quando il padre le impedì di tornare
a scuola l’anno seguente che nacque la leggenda. A poco a poco, Emily Dickinson
si ritirò sempre di più nel rifugio sicuro delle sue stanze e della sua anima. Fino
a che, nell’Aprile del 1862, non rispose all’articolo che Thomas Higginson aveva
pubblicato nell’Atlantic Monthly e che si rivolgeva agli aspiranti giovani scrittori:
“Ho avuto un terrore - dallo scorso Settembre - che non potrei raccontare a nessuno - e dunque canto,
come il Ragazzo canta nel Cimitero - perché ho paura.”
Non ci è dato conoscere la natura di quel “terrore” che sconvolse la vita della
poetessa. Le teorie sono molteplici: si parla dell’inizio della follia, qualcuno vi rivede
i primi sintomi della sua famosa agorafobia, altri ancora vi leggono un’esagerata e
calcolata messinscena per attirare le attenzioni di colui che sarebbe divenuto, dopo
la sua morte, il suo editore. Altre ipotesi, invece, sono ben più oscure e guardano
con sospetto alla figura autoritaria di Edward Dickinson, il padre della poetessa.
Poiché, se è pur vero che non sono state trovate prove per smentire o accreditare
questa teoria, sono in molti a riconoscere in
Emily Dickinson alcuni sintomi delle vittime
di violenza infantile.
“Non bisogna essere una stanza - per essere
Infestati -
Non bisogna essere una Casa -
Il Cervello - ha Corridoi ben oltre
il Luogo Materiale -
(…)
Il nostro Io - dietro di Noi - Nascosto -
Ci dovrebbe spaventare - di più -
L’Assassino - nascosto nel Nostro Appartamento -
Dovrebbe essere il minore degli Orrori.
(…)”
Qualsiasi sia stata la vera storia della
poetessa, ciò che ci resta è l’infinita possibilità
tramandata dalle sue parole. È infatti difficile,
se non impossibile, comprendere il senso
originario delle sue poesie, il significato
profondamente soggettivo e intriso di tutte
le esperienze della quotidianità che Emily
Dickinson attribuiva ai suoi trattini, ai suoi
nomi comuni scritti con la lettera maiuscola,
ai salti delicati che da un verso conducono
all’altro. È invece ancor oggi percepibile la
tensione emotiva che accompagna ogni frase,
che testimonia l’amore della poetessa per il
suo dono, per il “Tesoro/che non ha mai
smesso di piovere” e che dona voce ai suoi
tumulti interiori, permettendole di spiegarsi
#3D
74

e di comprendersi, di rispondersi
quando si interroga sulle grandi
domande o sull’umile saltellare
di un passerotto sul davanzale
della sua finestra.
“Io dimoro nella Possibilità -
una Casa più bella della Prosa -
(…)
Come Ospiti - i più belli -
Come Occupazione - Questa -
L’ampio aprirsi di piccole Mani
per raccogliere il Paradiso -”
È ritmica e musicale, la sua poesia a tratti
infantile, cosparsa di parole semplici
imbevute di interrogativi non proferiti. È
simile alla musica jazz, è da ascoltarsi a
occhi chiusi. È come un quadro di William
Turner: evoca sensazioni che vanno al di
là dei confini fisici di inchiostro e carta.
Ogni parola richiama un suono, ogni
suono un’emozione. Al lettore il compito
e il piacere di scegliere il significato che
più risuona col proprio cuore.
“Una parola è morta, quando è detta
Alcuni dicono -
Io dico che inizia a vivere
quel giorno.”
- ELEONORA BRUTTINI
#INVERSI
75 #3D

luce
Angeli
la
degli
#3D
76

IL PARTNER
NON CAPITA MAI PER CASO
#PSICOLOGICAMENTE
A sceglierlo siamo noi
Tante favole raccontano dell’amore, di
prìncipi che, dopo mille peripezie, riescono
a conquistare e salvare la propria
principessa. Anche tanti film ci fanno
commuovere raccontando storie d’amore
romantiche, alcune travagliate, altre tragiche.
L’amore, dalla notte dei tempi, è stato
raccontato, inscenato, cantato. Sono le
storie che spesso ci appassionano ed emozionano
di più, perché toccano il “sentire
umano” e tutti, prima o poi nella vita,
sperimentiamo questo sentimento. Alcuni
hanno la fortuna di trovare l’amore con la
A maiuscola, altre volte si può passare una
vita a cercarlo.
Ma l’amore lo cerchiamo o è lui
stesso a trovarci?
Spesso si sente dire che quanto più siamo
impegnati nella ricerca del “vero amore”,
più questo si diverte a nascondersi e non
arriva; quando poi smettiamo di cercarlo
è lui stesso a trovarci.
In realtà, secondo alcune teorie psicologiche,
il partner lo scegliamo noi. Ma in
che modo? Sicuramente seguendo l’idea
d’amore che abbiamo imparato e visto
nella nostra famiglia di origine: tendiamo
a replicare quella modalità relazionale
all’interno della coppia che andiamo a
costruire.
Il partner non ci capita, in psicologia
nulla succede per caso, ma facciamo una
scelta, perché ci sono forze inconsce, molto
potenti, che guidano le nostre azioni e
le nostre stesse scelte.
Una persona che si fida poco probabilmente
incontrerà un partner che a tratti
sarà presente e a tratti assente, che quindi
alimenterà la sua idea di insicurezza e di
sfiducia verso l’altro. Così come una persona
che ha paura di viversi una relazione
piena, troverà un partner poco presente,
che in qualche modo la fregherà o la tradirà, per
dare a se stessa la conferma che fa bene
ad avere paura e a starsene a casa con i
propri genitori. Altre volte influisce l’idea
d’amore che si ha. Sento, infatti, spesso
dire dalle persone che “solo quando si soffre
e si provano emozioni forti vuol dire
che si sta vivendo il vero amore”. Si finisce,
così, per scegliere partner e situazioni
disfunzionali e distruttive, seguendo un pò
il modello fare l’amore e fare la guerra.
Ma l’amore è amore. Ben altra cosa è la
sofferenza o la guerra. La sofferenza e la
mancanza che sono legate all’amore, sono
un retaggio che ci arriva dalla letteratura:
il romanticismo, lo stil novo coltivavano
“l’amore di lontano” e la mancanza.
Queste modalità non hanno nulla a che
fare con l’amore, perché sono giochi, manipolazioni,
modi di impiegare il tempo in
maniera non costruttiva e una difesa per
non entrare in intimità. Ci sono momenti
difficili da superare nella coppia, ma altra
cosa è la sofferenza sempre e a tutti i costi.
77 #3D

#3D
78

Claudio Naranjo, psichiatra e psicoterapeuta
di fama mondiale, ritiene che
ognuno di noi abbia tre amori dentro di
sé: l’amore erotico, l’amore compassionevole
e l’amore ammirativo.
L’amore erotico è l’amore più istintivo,
dove spontaneità e corpo vanno di pari
passo con il piacere e il godimento (non
solo corporale ma anche spirituale).
L’amore compassionevole è quello
più materno, più accogliente, che attiva
maternage, dolcezza.
Quello invece ammirativo è un tipo di
amore più paterno, fatto di stima, rispetto
per l’altro, gli stessi che si possono provare
per un maestro, il valore che ha l’altro
secondo noi.
Ognuno si specializza in una forma d’amore,
agisce quel tipo d’amore e lo ricerca
nell’altro vivendo incompletezza. Si
finisce così, molte volte, per cercare l’altro
come “bisogno” per sopperire a delle
mancanze. Ma finché in amore c’è il bisogno,
questo stesso amore è destinato a
fallire, perché è l’ego che ha sete e vuole
essere dissetato a tutti i costi. Con la pretesa,
con la voglia di risarcimento e con
la mancanza ogni rapporto è destinato a
concludersi, prima o poi, o a procurare
insoddisfazione.
“Ma l’amore è amore.
Ben altra cosa è la sofferenza o la guerra.”
Quante volte attraverso l’amore
dell’altro ci sentiamo amati, visti,
ammirati? Ma se l’altro va via da
noi, cosa ci rimane?
Spesso ci sentiamo devastati non tanto
per l’amore perduto, quanto per il bisogno
di esser visti o ammirati, quello a cui
il partner sopperiva.
La domanda dovrebbe essere: quanto io
amo davvero me stesso? Spesso per
nulla e questo lo si vede soprattutto quando
l’altro diventa necessario per darci un
valore e quindi amore. Solo nel momento
in cui ci centriamo possiamo essere in grado
di trovare l’amore con la A maiuscola.
Quando coltiviamo in noi tutti e tre gli
amori, diventiamo completi e il compagno
non diventa più una necessità. Finalmente
può esserci un incontro reale e non
un incontro tra due ego carenti e manipolatori,
che guardano solo al loro bisogno e
che neppure sanno guardarsi per davvero.
LA PSICOLOGA
RISPONDE
L’altro non è la “nostra vita” o il “nostro
bisogno”, questa è dipendenza non amore
pieno.
Partendo dalla dipendenza e dal bisogno
sicuramente prima o poi ci sentiremo feriti,
traditi, saremo insoddisfatti e molleremo
per continuare la nostra ricerca.
La nostra centratura, l’amore per se stessi,
ci consente di approcciarci all’altro guardandolo
davvero e mostrando parti di noi
reali. Solo se due individui si incontrano
realmente, senza confermare idee e fantasie,
possono scegliere di camminare nella
stessa direzione, decidendo di volta in volta,
se percorrere la strada l’uno a fianco
all’altro o meno. Mantenendo la propria
identità, senza fondersi e confondersi con
il partner.
DOTT.SSA CAROLINA ALFANO
Psicologa, Psicoterapeuta
in Gestalt e Analisi Transazionale
Docente IGAT di Napoli
Scrivi a
psicologicamente@magazine3d.it
LE VOSTRE DOMANDE
SARANNO PUBBLICATE
IN FORMA ANONIMA
#PSICOLOGICAMENTE
L’altro non è la “nostra vita” o il “nostro bisogno”,
questa è dipendenza non amore pieno.
79 #3D

L’OLFATTO
CUSTODE DELLE RADICI
PIÙ ANTICHE DELLA NOSTRA VITA
Sono gli odori a scatenare in primis repulsione o passione,
accendendo il desiderio erotico o spegnendolo con un soffio.
Scopriamo perché con lo psichiatra e psicoterapeuta Vincenzo Barretta.
Quante volte abbiamo provato una strana
attrazione verso chi, a prima vista, non
rientrava affatto nei canoni delle persone
per noi attraenti. Eppure, qualcosa ci
spingeva verso di loro. Abbiamo provato
a darci spiegazioni, come ad esempio, la
forza dell’inconscio. Già! L’inconscio. La
dimensione ignota della nostra attività
psichica che senza dubbio entra in gioco
quando si parla della dinamica sottile
dell’attrazione amorosa. Ma senza addentrarci
in complesse disquisizioni psicoanalitiche,
dobbiamo riflettere sul fatto che
sono inconsci anche alcuni meccanismi
con cui agisce il nostro cervello. D’altra
parte inconscio è ciò di cui non siamo consapevoli.
Molti meccanismi che pertengono alla
neurobiologia sono di fatto inconsci, non
consapevoli, eppure talvolta molto potenti
ed in grado di determinare spinte
o repulsioni che avvertiamo sotto forma
di forti emozioni. Le radici più antiche
della nostra vita emotiva affondano nel
senso dell’olfatto. Sono cioè legate al lobo
olfattivo o “rinencefalo”. Nei rettili, negli
uccelli, negli anfibi e nei pesci quest’ultimo
rappresenta la regione suprema del
cervello.
Per questi animali l’olfatto era, ed è, un
senso di importanza fondamentale ai fini
della sopravvivenza.
Il centro olfattivo era costituito da un sottile
strato di neuroni in grado di recepire
lo stimolo odoroso e di classificarlo nelle
varie categorie: nemico o pasto potenziale,
sessualmente disponibile, commestibile
oppure tossico.
Un secondo strato di cellule inviava, attraverso
il sistema nervoso, messaggi riflessi
per informare l’organismo su cosa occorreva
fare: avvicinarsi, fuggire, inseguire,
mordere, sputare.
Dal momento che, per noi umani, gli
stimoli olfattivi sono divenuti meno importanti,
nel corso dell’evoluzione questo
sistema ha assunto altri ruoli. Con la comparsa
dei primi mammiferi, dal lobo olfattivo
cominciarono ad evolversi gli antichi
centri emozionali, che, ad un certo punto
dello sviluppo evolutivo, divennero abbastanza
grandi da circondare l’estremità
superiore del tronco cerebrale (che è la
parte più primitiva del cervello e controlla
la vita vegetativa). Per questo motivo
tale area cerebrale venne chiamata sistema
limbico, dal latino “limbus” che vuol dire
anello.
#3D
80

Questa nuova parte del cervello aggiunse
al repertorio cerebrale quelle reazioni
emotive che hanno più specificamente a
che fare con le fondamentali funzioni della
sopravvivenza (nutrizione, lotta, fuga,
riproduzione) e le emozioni che gli sono
proprie: ira, rabbia, paura, piacere, desiderio
etc. Infine, milioni di anni dopo, da
questi centri emozionali si evolsero le aree
del cervello pensante: la cosiddetta neocorteccia.
Recentemente, un team di ricercatori
della “George Washington University”,
ha pubblicato un importante studio,
effettuato su cellule embrionali di topo,
col quale hanno confermato che olfatto
e sesso (e alimentazione) sono uniti dalla
nascita. Gli studiosi hanno scoperto che
da un medesimo gruppo di cellule embrionali
si svilupperebbero sia i recettori
olfattivi che i neuroni che controllano le
“gonadotropine”, un gruppo di ormoni che
rappresentano gli “organizzatori chimici”
dell’intero comportamento sessuale.
Tutto questo potrebbe spiegare allora
perché l’olfatto sia così importante nella
scelta di un partner. Sono proprio gli
odori a scatenare in primis repulsione o
passione, accendendo il desiderio erotico
o spegnendolo con un soffio. E’ proprio
l’odore stesso della pelle ad essere il più
forte afrodisiaco ed è uno dei fattori più
incisivi nell’attrazione sessuale, essendo
unico e legato alla singola persona.
La capacità di percepire gli odori risiede
nel sistema neuronale della mucosa nasale.
Esiste, però, anche un altro sistema
olfattivo, che si chiama accessorio e serve
per riconoscere l’odore prodotto dagli
individui della propria specie. Particolare
importanza rivestono alcune sostanze
prodotte dalle ghiandole sudoripare della
bocca, ascelle, seno e area genitale che
prendono il nome di feromoni. I feromoni
hanno una sola funzione: influenzano il
comportamento sessuale! Sono loro infatti
che sono in grado di provocare stimoli e
risposte comportamentali. Ne esistono di
due tipi: i feromoni di segnalazione veloce
– che agiscono immediatamente su chi
li riceve - e feromoni ad azione ritardata,
la cui azione originaria risale invece alla
vita prenatale, ma i cui effetti si rifletto-
no anche nella vita extrauterina. I primi
sono alla base dei comportamenti sociali:
ci si avvicina e “si fa gruppo” se attratti ed
eccitati, ci si disperde e si cerca un altro
branco se impauriti e aggressivi. Sono gli
odori a stimolare queste reazioni, mentre
la memoria olfattiva rimane presente fin
all’età adulta, essendo alla base dell’attrazione
affettiva e sessuale. Questi segnali
odorosi sono dei veri e propri campanelli
che stimolano la scelta del partner e la
competizione per “accalappiarselo”.
DOTT. VINCENZO BARRETTA
Psichiatra, Psicoterapeuta,
specialista in Medicina delle Dipendenze
Direttore Scientifico del Centro Noesis di Napoli.
#PSICOLOGICAMENTE
“Le radici più antiche della nostra vita emotiva
affondano nel senso dell’olfatto.”
81 #3D

PERCHÉ
NON ARRIVA?
Le ultime stime Istat ci dicono che in Italia
le coppie infertili sono ogni anno tra le 60 e 80mila.
Circa il 20-25% delle 300mila nuove unioni.
Un dato confermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
che nei paesi industrializzati attesta il fenomeno
in circa il 15-20% di coppie.
Paola e Valerio si conoscono dagli anni
del liceo. Dopo aver completato il ciclo
di studi e patito la frustrazione di non
aver fatto quello che desideravano fin
da ragazzi, hanno trovato un lavoro e
preso una delle decisioni più importanti
della loro vita: vivere insieme e mettere
su famiglia. Un po’ con i proventi del
proprio impiego e un po’ con l’aiuto dei
genitori, hanno affittato una piccola casa,
non al centro, ma accogliente e arredata
con gusto. Il desiderio di avere un bimbo
fa presto ad affacciarsi nella loro nuova
vita. Ma passano i mesi e niente. Non
accade nulla. Non ci fanno subito caso,
ma con il passare del tempo, all’arrivo
del ciclo mestruale, un senso di delusione
comincia a farsi sentire. Da un pò di
tempo Paola, su consiglio di un’amica e
dopo aver consultato qualche forum in
rete, ha iniziato ad utilizzare quegli stick
che indicano i giorni fertili attraverso le
urine. Valerio sta al gioco e fa finta di non
accorgersi che Paola, in alcuni giorni del
mese, in quei giorni, è più desiderosa di
fare l’amore. Anche tutti i giorni, se il
tempo e gli impegni lo permettono. Un
mese, due, tre. Ancora niente. Passa un
anno. Cosa c’è che non va? L’amica è
appena uscita incinta il mese scorso. La
cugina, (incredibile!) un solo rapporto non
protetto per errore e ha fatto due gemelli.
Due splendidi gemelli. Ma che succede?
Possibile che moltitudini di bambini di ogni
età, anche neonati, appaiano ovunque
intorno, e a loro niente? Le domande
di genitori, amici, a volte velate, talvolta
sfacciate “e voi? quando vi decidete a
fare un figlio?” iniziano a infastidire e
non fanno altro che accrescere l’ansia
e la paura che ci sia qualcosa che non
funziona. Basta. Inutile stare lì a piangersi
addosso. Si va dal ginecologo. Quello di
mamma, che è bravo e ha fatto nascere
proprio Paola. Sono passati trent’anni
ormai, ma va bene così. Il dottore visita
Paola, le prescrive delle vitamine e la
rassicura sul fatto che è sana come un
pesce, che deve aver pazienza, che al
momento opportuno il bambino arriverà.
Da una parte rassicurati dalle parole del
dottore, dall’altra dalla convinzione che
non sia normale attendere tanto tempo
per avere un bimbo, Paola e Valerio
tornano alla loro vita più confusi di
prima. E non hanno tutti i torti. L’OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità)
l’ha definita una patologia: infertilità.
Con questo termine s’intende il mancato
raggiungimento della gravidanza dopo 12 mesi di
“Ma quali sono i principali fattori che portano all’infertilità?
E dipende di più da lui o da lei?”
#3D
82

apporti tendenti alla fecondazione, frequenti, non
protetti e possibilmente mirati.
Secondo le ultime stime ISTAT, in Italia
le coppie infertili sono ogni anno tra
le 60.000 e le 80.000, rappresentando
all’incirca il 20-25% delle 300.000 nuove
unioni. Un dato confermato anche
dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) che attesta il fenomeno
in circa il 15-20% di coppie nei paesi
industriali avanzati. Ma i casi non sono
tutti uguali, esiste un’ampia variabilità tra
le coppie. Fin dal 2002 alcuni specialisti
(Evers et al.) avevano effettuato una
suddivisione delle coppie in rapporto
al loro grado di fertilità distinguendo i
seguenti gruppi:
Superfertili (coppie in cui si ha il
raggiungimento della gravidanza entro
6 mesi nel 100% dei casi), normalmente
“L’obiettivo finale del ginecologo
è dare ad una coppia “normale”,
ma spesso stressata e male informata,
la gioia di stringere il proprio figlio tra le braccia.
Il percorso inizia ritrovando un clima di serenità,
adottando stili di vita corretti,
sottoponendosi a pochi ma indispensabili esami clinici.”
“Quanto è facile avere un bambino?
Nelle coppie normalmente fertili la percentuale è solo del 20%.
Ciò fa capire - come di per sé - la specie umana
sia nel complesso una specie a basso tasso di fertilità.”
fertili (entro 24 mesi nel 100%),
moderatamente subfertili, severamente
subfertili, infertili (coppie in cui non si ha
mai il raggiungimento della gravidanza).
Già da questa classificazione è quindi
evidente come quanto più lunga sia la
storia d’infertilità, tanto maggiore sia la
gravità della situazione. C’è da dire però
che, in proporzione, il numero di coppie
infertili è piuttosto basso. La maggioranza
delle coppie rientra nel gruppo della
subfertilità, che è quella condizione in
cui alcuni fattori, per lo più individuabili
e correggibili, rendono difficoltoso o
improbabile il concepimento. Ma, quanto
è “facile” avere un bambino? Nelle coppie
normalmente fertili la percentuale di
gravidanza in un rapporto nel periodo
fertile è solo del 20%. Ciò fa capire come
di per sé la specie umana sia nel complesso
una specie a basso tasso di fertilità.
Ma quali sono i principali fattori che
portano all’infertilità? E questa da chi
dipende di più, da lui o da lei? Dagli
ultimi dati, le cose stanno così:
In circa il 25% dei casi dipende da lei
(infertilità femminile) e in circa il 25% da
lui (infertilità maschile);
Un’altra fetta (circa 2 casi su 10) è causata
da problemi di entrambi (infertilità di
coppia):
Un’altra fetta (circa 3 casi su 10) è
senza una causa apparente (infertilità
inspiegata).
In quale fetta rientra il caso di Paola e
Valerio? Questa è la prima sfida per il
ginecologo che si occupa d’infertilità di
coppia. Una prima sfida importante,
perché dalla correttezza dell’iter
diagnostico dipenderà tutta la successiva
fase terapeutica. E dalle terapie dipendono
i risultati. L’obiettivo finale è dare ad una
coppia “normale”, ma spesso ansiosa,
stressata e male informata, la gioia di
stringere il proprio figlio tra le braccia.
Il percorso inizia subito, ritrovando un
clima di serenità e di fiducia, adottando
stili di vita corretti, sottoponendosi a
pochi ma indispensabili esami clinici,
eliminando pian piano tutti quegli ostacoli
che rendono difficile il concepimento di
quella nuova vita, da tanto tempo attesa
e desiderata.
- FABRIZIO PAOLILLO DIODATI
Medico-chirurgo
Specialista in Ostetricia e Ginecologia
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83 #3D

TORNA L’AUTUNNO
ECCO I SEGRETI
per una PELLE PERFETTA
dopo SOLE ed ESTATE.
L’estate è già un vago ricordo. E il rientro
dalla vacanze e l’inizio dell’autunno si sa,
per molti, sono già di per sé un trauma.
Vedere poi la pelle non avere più quel colorito
guadagnato con tanta fatica, certamente
non aiuta.
Ma non preoccupatevi, bastano pochi
semplici trucchi per avere una pelle sana
e luminosa ed iniziare La stagione autunnale
con la marcia giusta.
La vostra pelle vi tira, spella e sembra
davvero molto secca? È possibile che durante
l’estate e durante i viaggi non abbiate
potuto curarla come si deve e ora bisogna
porre rimedio a questa situazione.
Il sole, il mare, l’acqua e anche viaggiare
in aereo possono danneggiare l’epidermide,
rendendola secca e arida. Prima ancora
dei prodotti di bellezza, è necessario
bere molto. In questo modo, si riporterà
la giusta quantità di liquido nel corpo e la
pelle sarà più idratata e morbida.
La cura del viso deve essere mirata al
rinnovamento cellulare e alla massima
idratazione. Solo in questo modo si può
evitare “l’ingrigimento” dell’epidermide
tipico dell’autunno. Lo scrub, una buona
crema idratante e una maschera purificante,
sono tutto ciò che serve per permettere
alla pelle di superare indenne il
periodo post vacanze.
Per iniziare l’autunno con la giusta marcia
è importante ridare nuova vita alla pelle
del viso. Eliminare le cellule morte e la
secchezza accumulata è fondamentale per
poter aver un incarnato luminoso e fresco.
La parola d’ordine è detergere in profondità
i pori ostruiti ed eliminare tutte le cellule
morte. Uno scrub fatto in casa o acquistato
in profumeria risveglierà la cute
donandole splendore e regalandole un
aspetto levigato. Associare una maschera
purificante è fondamentale per dare
nuova vita alla pelle. E i risultati si vedono
in breve tempo. Scegliete una base di argilla
per un’azione depurativa e per preparare
la pelle ai trattamenti successivi.
Per quanto riguarda la scelta del trattamento,
evitate di acquistare una miriade
di prodotti e cercate un siero idratante
e una crema specifici per il vostro tipo
di pelle. Solo in questo modo avrete un
effettivo beneficio con l’utilizzo. Nella
scelta noi vi consigliamo di prestare attenzione
all’INCI evitando prodotti che
contengono petrolati e siliconi, mentre vi
suggeriamo di puntare su trattamenti che
aiutano a combattere l’invecchiamento
cutaneo e favoriscono il rinnovamento
cellulare. Per il giorno l’ideale è usare
prodotti specifici che contengano molecole
capaci di “attirare” l’acqua, come ad
#3D
84

esempio acido ialuronico, acido lattico e
aloe. Come trattamento da notte, è bene
optare per prodotti più nutrienti contenenti
proprietà elasticizzanti e che donino
compattezza, come burro di karitè, oli vegetali,
vitamina E.
#BEAUTYCASE
Per finire, per avere un viso perfetto è
importante non stressarlo con un uso eccessivo
del fondotinta, enfatizzate
l’abbronzatura con una crema colorata e
un velo di bronzer sulle guance, in questo
modo il viso apparirà più luminoso e fresco.
C’è tutto l’inverno per tirar fuori dal
cassetto il caro vecchio fondotinta.
Abbiamo parlato del viso, ma non trascuriamo
il resto del corpo. Sebbene abbiamo
riposto gli outfit vacanzieri, l’autunno
ci dà ancora modo di mettere in mostra
gambe e braccia. Anche per la pelle del
corpo il primo step da seguire al rientro
dalle ferie è lo scrub.
Applicatelo sulla pelle umida e massaggiatelo
con movimenti circolari cosicché le
particelle, sfregandosi a vicenda, liberino
le sostanze nutritive, perché, oltre ad esfoliare,
questi prodotti nutrono e proteggono
l’epidermide. Le formule più innovative
di gommage e peeling sono realizzate
con un gel detergente o un’emulsione cremosa
che contiene micro-particelle vegetali
o minerali, ricchi di elementi idratanti
e nutrienti che si sciolgono a contatto con
la pelle.
Sotto la doccia fate però attenzione ai bagnoschiuma.
Oltre a far andare via l’abbronzatura,
un detergente sbagliato può
inaridire la pelle. Prendetene uno cremoso,
arricchito con del latte, e idratante. In
questo modo eviterete che la pelle si secchi.
In alternativa, potete anche usare un
olio da doccia che avrà la stessa funzione
di lasciare la vostra pelle morbida e setosa.
Infine non siate parsimoniose nell’uso
della crema idratante. Spalmatene un’abbondante
quantità su tutto il corpo per
mantenere la pelle elastica e luminosa ed
evitare la fastidiosa “spellatura”.
CAPELLI SANI
e STOP alle DOPPIE PUNTE!
Dopo le follie d’estate,
l’autunno si caratterizza per le fastidiose doppie punte.
Ricorrere al taglio non è l’unica soluzione.
Ecco alcuni semplici consigli G-cube per nutrire la capigliatura
e prepararci alle stagioni più fredde.
Il fenomeno delle doppie punte, detto anche tricoptilosi, dipende da un danneggiamento
della struttura del capello. Per cui, se le cause non vengono
individuate, tagliarsi i capelli sarà una soluzione del tutto temporanea. Per
combattere le doppie punte e i capelli che si spezzano con facilità, vi consigliamo
di evitare tutti i trattamenti chimici (tinture forti, permanenti, decolorazioni,
ecc). Inoltre è necessario effettuare un impacco di olio nutriente,
ad esempio l’olio di Argan, e proseguire il trattamento con prodotti delicati
che non danneggiano il fusto del capello.
Nonostante esistano dei trattamenti mirati, il primo rimedio per le doppie
punte è la prevenzione, che consiste in uno stile di vita sano che parta da una
corretta alimentazione e che fornisca la nutrizione necessaria a rinforzare i
capelli.
PRODOTTI CONSIGLIATI:
Maschera Antiage + Siero Lucidante Giorno Antiage (da utilizzare a capello
asciutto per un’azione lucidante giornaliera) + Olio di Argan Aromatherapy
(da utilizzare sul capello bagnato prima dell’asciugatura o come
impacco pre-shampoo).
85 #3D

#3D
86

Aphròs
Via le Botteghe 12a, Capri
tel+39 081 8375436
info@aphros.it - www.aphros.it
87 #3D

Se ci hai apprezzato in Estate, ti aspettiamo in Autunno!!
#3D
88

#INFOOD
VIRTÙ
(senza vizi)
della CARNE
di BUFALO
Una FESTA a NAPOLI
ne svela le PROPRIETÀ
C’è una carne, rossa come il fuoco,
eppure più magra del pollo e del
tacchino. È la carne di bufalo: solo 130
calorie per 100 grammi, contro le 160
delle carni bianche.
È la carne della salute: contiene, infatti,
secondo i dati forniti da Neotron, un’alta
concentrazione di ferro (2,7 mg contro
l’1,3 delle carni bovine e lo 0 assoluto
di quelle bianche), un basso valore di
colesterolo (35 mg contro gli 80 di bovino
e pollo e i 99 dell’agnello), pochi grassi
(1,5 contro i 20 del bovino e i 4 del pollo)
e un buon apporto proteico (il 24%
contro il 22% della carne bovina).
Eppure questa carne, utilizzata in Italia
sin dall’epoca romana, e anche ricca di
vitamine B6, B12 e di potassio, è stata
spesso messa da parte, sottoutilizzata o
sottostimata.
Ad avvicinare i cittadini al consumo
consapevole di questa carne ci ha
pensato il Bufala Fest, una kermesse
partita dalla Campania proprio per
valorizzare i prodotti della filiera
bufalina, dalla carne, alla mozzarella, ai
dolci, ai liquori, alle creme di bellezza.
Gli organizzatori, Renato Rocco, Luca
Staempfli e Antonio Rea, hanno avuto il
merito di aver messo insieme, per la pima
volta, gli operatori di un intero comparto
nel quale, fino a questo momento,
nessuno parlava con nessuno.
E il dato più evidente venuto fuori
dalle 36 postazioni gourmet della
manifestazione - che ha avuto ben
100mila visitatori in tre giorni - è che se
del maiale non si butta via niente, dal
bufalo (e dalla bufala) si ottengono decine
di prodotti del benessere. Carni in primis.
A spiegare come mai non abbiano
avuto fino ad oggi popolarità in cucina è
Francesco Fichera, conosciuto come chef
delle cotture primordiali e consulente,
tra l’altro, di Gma e Buffalo Beef:”La
carne di bufalo - dice - non può essere
sottoposta ad un unico procedimento
come avviene per la carne bovina.
Mentre per cucinare una fettina di vitello
è sufficiente metterla in padella o sulla
piastra, la carne di bufalo va violentata
e poi coccolata. Va cioè trattata in
due tempi: prima con una cottura ad
alte temperature e poi sottoposta a
procedimenti più moderati”.
Al bufala fest è stata proposta anche una
cottura in paglia senza aggiunta di sale.
“Gli unici prodotti con i quali abbiamo
accompagnato le carni sono quelli
garantiti dall’Orto di Lucullo”.
Oltre agli hamburger e alle salsicce di
carne di bufalo campana al 100 per
cento, ha lanciato una novità assoluta, il
89 #3D

Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris con l’Assessore alla cultura,
Nino Daniele e l’organizzatore del Bufala Fest, Renato Rocco.
“In 100mila a Napoli
per il Bufala fest.”
kebuf, apprezzatissimo kebab non di agnello ma di bufalo.
Non solo mozzarella, dunque, al Bufala Fest, ma prodotti
della salute della filiera bufalina. Come le pastiere con
il latte di bufala campana realizzate da Luigi Carfora
dell’Antica Tradizione Carfora o i Cuori di sfogliatella di
Ferrieri o i capricci cilentani e i dolci firmati da Sal De Riso
o ancora i liquori con latte di bufala, Bú di Maurizio Russo
e Guappa dell’antica distilleria Petrone.
Proprio per avvicinare i consumatori a tutto il comparto,
sono state organizzate due tavole rotonde, sui temi “La
Campania del Buono” e “sicurezza alimentare”, condotte
rispettivamente dai giornalisti Luciano Pignataro e
Antonio Corbo, che hanno visto la partecipazione del
mondo accademico e tecnico-scientifico. Tra i relatori,
i Direttori del dipartimento di Agraria e di Veterinaria
dell’Università Federico II di Napoli, professori Masi e
Zicarelli, il professor Luigi Frusciante, genetista agricolo,
Antonio Limone, Commissario dell’Istituto zooprofilattico
Sperimentale del Mezzogiorno, il vice comandante del
Corpo Forestale regionale, Roberto Miele; i presidenti dei
Consorzi di settore, il vice presidente di Slow food, Alberto
Capasso e Corrado Martinangelo, stretto collaboratore
del ministro dell’Agricoltura, Martina, che ha lanciato la
proposta di modifica del Titolo V della Costituzione con
l’inserimento del diritto al cibo di qualità.
E gourmet, cioè basata proprio sulla bontà, sulla genuinità
delle materie prime, è anche la pizza presentata al Bufala
Fest. “Una pizza - ha spiegato il maestro pizzaiolo gourmet,
Luigi Acciaio - per la quale vengono utilizzate solo farine
di tipo 1 o 2, ingredienti dop, igp, tradizionali o dei presidi
slow food, secondo un preciso disciplinare”.
Al centro: Chef Alfonso Crisci e lo chef Francesco Fichera.
Sotto: il presidente dell’Associazione Pizza Gourmet, Luigi Acciaio.
“La carne di bufalo è più magra del pollo e del tacchino.
Solo 130 calorie per 100 grammi,
contro le 160 delle carni bianche.”
#3D
90

#INFOOD
Luigi Acciaio:
“La pizza è gourmet solo se utilizza prodotti di qualità.”
Acciaio presiede oggi un’Associazione,
denominata appunto “Pizza gourmet”,
che è stata ufficializzata proprio nel
corso della kermesse: riunisce e tutela
le pizzerie che preparano le pizze con
questa modalità.
“Bufala Fest - ha commentato
l’organizzatore Renato Rocco al termine
della kermesse tenuta a battesimo dal
sindaco di Napoli, Luigi De Magistris - è
un format che parte da Napoli ma che
ci stanno già chiedendo in altre città
d’Italia e che ha dimostrato di essere, con
i suoi 100mila visitatori, un buon modo
per valorizzare il comparto e l’economia
della Campania. Siamo già al lavoro per
la prossima edizione”.
- BRUNELLA CIMADOMO
L’organizzatore della manifestazione, Renato Rocco in un momento della tavola rotonda sulla
sicurezza alimentare. Con lui il giornalista Antonio Corbo, l’Assessore all’Istruzione del Comune di
Napoli, Annamaria Palmieri e il Direttore del dipartimento di Veterinaria dell’Università Federico
II di Napoli Prof. Luigi Zicarelli.
“Renato Rocco:
“Promuoviamo l’intera filiera bufalina.
Già al lavoro per la seconda edizione.”
91 #3D

#COLTINELSEGNO
A cura di Riccardo Sorrentino
Con Saturno tornato in sagittario a sostenere i segni di fuoco e di aria, e Giove in vergine a coccolare quelli di terra e di
acqua, l’autunno non sarà una stagione qualunque per nessun segno, e per tutti, quindi, tante novità... dietro l’angolo,
da gestire chiaramente con il famoso libero arbitrio, ricordando sempre che, in fondo, le vere STELLE… SIAMO NOI.
ARIETE - ottobre e novembre 2015
In controtendenza! Infatti, in genere, è ottobre il mese più
insofferente per te, ma invece, in amore, proprio in quei
giorni i momenti più “caldi”, più passionali e romantici,
mentre quelli più litigiosi saranno tra il 8 novembre al 5 dicembre.
Con Saturno complice, però, gli obbiettivi sono raggiungibili,
e, quindi, in fondo, dovrai solo metterci maggiore
buona volontà, per frenare le impulsività, dando più spazio
all’ ascolto e alla comprensione. Mercurio non negativo dal
3 novembre, e molto positivo dal 21 novembre al 10 dicembre,
ti indica poi, i periodi da sfruttare per osare nel lavoro.
Amore e eros*** Lavoro** Fortuna*** Forma***
LEONE - ottobre e novembre 2015
Che bello entrare nell’ autunno senza il peso di quel Saturno
negativo che ha, in estate, spesso, messo le nuvole davanti
al sole. Volere è potere… e tranne il periodo tra il 3 e il
20 novembre (con il Mercurio ostile), avrai, costantemente,
un alleato come Marte per quanto riguarda la grinta, l’eros
e l’energia, e, soprattutto dal 21 novembre, con Mercurio
diventato gioviale e positivo, anche la lucidità e la velocità
mentale per trovare lavoro o dare slancio ad un progetto su
cui, magari, lavori da tempo. E anche per l’amore è tempo
di tornare a crederci con Venere che sarà quasi sempre a
sorriderti.
Amore e eros**** Lavoro**** Fortuna*** Forma****
SAGITTARIO - ottobre e novembre 2015
Con Saturno nel segno, e con Giove non più amico, la tua
visione su spese, investimenti, lavoro sarà di certo più realista
e pessimista, e, magari, soprattutto se sei della prima
decade, una questione fiscale e burocratica o la restituzione
di un debito o il mutuo per la casa diventeranno pensieri
sempre più ansiogeni e assillanti. Sarà quindi importante
fare pulizia delle voci economiche inutili. In amore, invece,
decisamente meglio, con la grande possibilità di dare stabilità
ad un amore nato da poco, anche se sarà importante
non farsi condizionare troppo dalle ansie pratiche.
Amore e eros**** Lavoro*** Fortuna* Forma**
TORO - ottobre e novembre 2015
Giove non è solo soldi o legge a favore, ma anche il pensiero
positivo che fa sorridere al risveglio, che fa vedere il
bicchiere di nuovo quasi pieno, e che, quindi, predispone
di nuovo ad osare e... amare. Chiaro che, anche se sarai
molto presa/o per sfruttare al meglio le nuove opportunità
pratiche che si incominceranno a intravedere verso fine
novembre, questi mesi di fine anno saranno ricchi di belle
novità per il tuo cuore, e, in particolare, romantico e sensuale
il periodo tra il 9 ottobre e l’8 novembre, ideale per una
new entry o dare nuova solidità al tuo rapporto di coppia.
Amore e eros** Lavoro** Fortuna***** Forma****
VERGINE - ottobre e novembre 2015
Il tuo autunno parte con il peso del Saturno ostile, ma con
un Giove nel segno che vuol dire (e dare) la carica positiva
per gestire al meglio queste eventuali prove. Un autunno,
quindi, non banale, non scontato, ma, di certo, molto importante
per il tuo futuro, in cui, probabilmente, sarai alle prese
con decisioni delicate (in qualche caso anche di chiusura
definitiva), ma che sarà, comunque, ricco di ottime nuove
opportunità professionali ed economiche (soprattutto con
Mercurio complice tra il 3 e il 20 novembre) e anche sentimentali
(con grande possibilità di incontro fatale tra il 9
ottobre e l’8 novembre).
Amore e eros**** Lavoro*** Fortuna***** Forma***
CAPRICORNO - ottobre e novembre 2015
Sei tra i segni che saranno protetti da Giove, e, quindi, di
certo l’autunno ti riserverà molte novità positive, anche se,
come al solito, il periodo più ostico è sempre in ottobre, con
il Sole ostile a incidere sulla tua forma e sul tuo umore, e
Mercurio a toglierti lucidità e a ostacolare i tuoi progetti.
Decisamente meglio dal 3 novembre in poi, quando Giove
si farà finalmente valere, facendoti avere le soddisfazioni,
anche economiche, che meriti. Molto meglio pure in amore,
anche se, dal 9 novembre, prima Venere e poi Marte, ti faranno
sentire un pò meno bella/o.
Amore e eros*** Lavoro*** Fortuna***** Forma***
GEMELLI - ottobre e novembre 2015
Con questi mesi di fine anno, soprattutto se nata/o ai primi
di giugno, entri in una fase di revisione della tua vita. Periodo,
infatti, impegnativo, alle prese con l’ostilità di Giove
e il transito opposto di Saturno. Poca fortuna e tendenza a
vedere il bicchiere mezzo vuoto, e un cielo che metterà in
grande evidenza tutto ciò che non va nelle relazioni sia d’amore
che di lavoro. I pianeti veloci però (Mercurio e Venere),
tranne poche settimane, saranno dalla tua parte, e, quindi,
vedrai che, con più attenzione, pazienza e libero arbitrio,
potrai vivere anche novità belle e positive.
Amore e eros*** Lavoro** Fortuna* Forma***
BILANCIA - ottobre e novembre 2015
Auguri! Mi leggi nella tua stagione di compleanno, in un
autunno che, ti vedrà come protagonista, con quel Saturno
tornato positivo e costruttivo per il tuo futuro, e con Venere e
Marte ancora complici per il tuo fascino, per la coppia e per
incontrare l’anima gemella. Sul pratico poi, un bel Mercurio
nel segno che, fino al 2 novembre (ma anche con il Mercurio
amico dal 21 novembre in poi), macinerà idee, occasioni
lavorative, lucidità nelle trattative, diplomazia vincente e incontri
utili. Inoltre, con Marte nel segno dal 13 novembre in
poi, potrai contare su tanta grinta, determinazione e ottima
forma fisica.
Amore e eros***** Lavoro**** Fortuna*** Forma*****
ACQUARIO - ottobre e novembre 2015
Con Saturno dalla parte tua, e, rispetto alla prima metà
dell’anno, con Giove non più ostile, ti accingi a vivere la
parte migliore del tuo 2015, con un cielo che, per il lavoro,
tranne dal 3 novembre al 20 novembre, ti riporta al centro
della scena, offrendoti nuove interessanti opportunità,
sponsor molto interessati a quei sogni che eri stata costretta
a tenere nel cassetto, e che, quindi, ti gratificherà per i
sacrifici fatti sia sul piano economico che su quelli dell’immagine.
Idem anche in amore, soprattutto dal 9 novembre,
con un cielo ideale per predisporti ad un legame d’amore
più solido e concreto.
Amore e eros*** Lavoro*** Fortuna*** Forma****
CANCRO - ottobre e novembre 2015
Il sestile di Giove è il grande aiuto astrale che aspettavi
da tempo, e, in amore, farà di tutto per far crescere la tua
autostima estetica, e farti ritornare protagonista con novità
davvero importanti, emozionanti e, soprattutto, possibili e
concrete…e, in molti casi (tra il 9 ottobre e l’ 8 novembre),
con le caratteristiche da vero incontro da metà della mela.
Molto positiva la sua influenza anche sul lavoro, e, in particolare,
già dal 3 novembre, con Mercurio nel segno, avrai
un intuito straordinario, che, abbinato alle idee molto chiare,
ti darà una marcia in più per raggiungere i tuoi obbiettivi.
Amore e eros*** Lavoro*** Fortuna***** Forma***
SCORPIONE - ottobre e novembre 2015
Anche tu festeggerai il compleanno leggendomi, in un autunno
di grande e fortunata evoluzione per te. Infatti, con
Giove a favore e Venere non più ostile dal 9 ottobre, avrai,
tante opportunità per seminare germogli di amore (sarai un
bersaglio preferito di Cupido tra il 9 ottobre e l’8 novembre)
e lavoro (periodo esaltante tra il 3 e 20 novembre con Mercurio
nel segno), destinati a diventare piante lussureggianti,
con la possibilità di raccogliere emozionanti primizie anche
nei giorni prossimi al tuo compleanno (e questo sia in amore
che sul lavoro).
Amore e eros**** Lavoro**** Fortuna***** Forma****
PESCI - ottobre e novembre 2015
Con Giove opposto e Saturno ostile, sul piano economico
e finanziario, sarà un autunno alquanto severo, che merita
quindi molta attenzione. In particolare ti segnalo i giorni
da “bollino rosso” che vanno dal 21 novembre in poi. In
positivo, invece, i giorni tra il 3 e il 20 novembre, quando
Mercurio, in ottimo aspetto, ti aiuterà a rivedere ciò che
non va nelle tue collaborazioni,o a trovare una soluzione
ad un problema economico o burocratico che ti fa stare in
ansia. In amore, invece, tra il 9 ottobre e l’8 novembre, alto
il rischio di nodi che vengono al pettine (soprattutto tra le
coppie… scoppiate di 1° decade).
Amore e eros** Lavoro*** Fortuna* Forma***
#3D
92

Spero che ognuno di voi realizzi un grande successo nel proprio campo, laddove
successo significa non cedere mai,
ma arrivare fino in fondo al cammino che si è scelto.
A questo scopo è importante comprendere che il posto di lavoro è il luogo in cui
formate il vostra carattere e crescete come esseri umani!
Via Alabardieri, 13
Tel. 081 407100
Via Merliani, 136 /A
Tel. 081 5587592
Via Manzoni 154 A/B
Tel. 081 7692911
Via T.Caravita 27/28
Tel. 081 5516266
Via Piscitelli 7
Tel. 081 19857365
93 #3D

#SONODONNAE...
#3D
94

“Stiamo tutti creando
la nostra versione di un’arte
che ci scaldi dal colletto in giù,
con valore e animo femminista,
femminile e creativo.”
Forte: “Il mio lavoro migliora la mia vita privata, rappresenta
uno strumento per conoscere meglio me stessa
e la mia sessualità” confessa la regista. Non c’è ipocrisia
né vergogna nelle sue parole, l’intento è alto: supportare
le donne e promuovere l’uguaglianza sessuale. I suoi
film non conoscono discriminazioni di misure, forme,
gusti, sono per tutti, uomini e donne, e rappresentano
lo specchio di una libertà sessuale ancora lontana, ma
fortemente auspicabile. Conoscere nuove persone attraverso
il suo lavoro e scoprirne le opinioni più variegate
rende Erika Lust una donna di grande esperienza, una
compagna migliore e una madre ancora più comprensiva.
Supporto cruciale della Lust Production sono il partner
di Erika, che la accompagna nella sua personale
ricerca di sé, e le sue meravigliose figlie, Lara e Liv, alle
prese con le proprie vite e le prime visioni del mondo,
del sesso e del femminismo.
Soddisfatta: l’ultimo aggettivo, non certo per importanza,
definisce la vita e il lavoro di Erika, una donna
che persegue un eroico desiderio di cambiare il mondo,
allargando i confini della libertà sessuale, contro ogni
repressione di sorta.
- EMMA DI LORENZO
“Il mio lavoro migliora
la mia vita privata,
rappresenta uno strumento
per conoscere meglio me stessa
e la mia sessualità.”
“I suoi film non conoscono
discriminazioni di misure,
forme, gusti.
Sono per tutti, uomini e donne,
e rappresentano lo specchio
di una libertà sessuale
ancora lontana, ma auspicabile
per il nostro mondo.”
95 #3D

“Xconfessions.com,
un sito internet
sul quale chiunque
è libero di inserire
il proprio racconto
di un’esperienza sessuale,
un grande bacino di vita,
da cui ogni mese
la regista seleziona
la sua storia preferita
per trasformarla
in un film.”
#SONODONNAE...
#3D
96
e obiettivi comuni, capaci di scambiarsi,
opinioni, idee e visioni differenti sul sesso.
La presenza sul sito dei lavori di molte di
queste filmakers e di altri, anche uomini,
trasforma www.lustcinema.com
in una piattaforma sulla quale scoprire
talenti e nuove prospettive nell’industria
del porno. “Stiamo tutti creando la nostra
versione di un’arte che ci scaldi dal colletto
in giù, con animo femminista, femminile
e creativo”, parola di Erika Lust.
Supportare i nuovi talenti del campo
rappresenta anche un modo per arginare
il dilagante e svalutante fenomeno del
porno mainstream di cattiva qualità. La
mancanza di un indirizzo estetico e creativo
preciso lede il genere e non porta ad
alcuna innovazione.
“The Good Girl,
una variazione
sul classico tema
da film porno.”

ordine di tempo, è Xconfessions.com,
un sito internet sul quale chiunque è libero
di inserire il proprio racconto erotico
basato su un’esperienza, un bacino di
vita da cui ogni mese la regista seleziona
la sua storia preferita per trasformarla in
un film. La risposta in termini di consensi
e seguito è stata determinante: per i tanti
contributi del popolo della rete, la serie va
avanti da più di un anno e non sono mancati
i premi, tra i quali Miglior corto e serie
web ai Feminist Porn Awards. Il progetto
trae grande forza dal team di professionisti
della Lust Production che condividono
visioni, obiettivi, processi creativi ed etica
della regista e lavorano strenuamente in
questa direzione.
Lungimirante: Erika Lust si dimostra
tale nel citare ed ammirare il lavoro di
tante altre professioniste del settore come
Ovidie, Tristan Taormino, specializzata
nell’educazione all’erotismo, Jennifer
Lyon Bell e Vex Ashley, che con il suo
“Four Chambers” combina sesso e video,
tra webcam, cibo e movimento, tutte sorelle
non per nascita, ma per scelte di vita
97 #3D

ERIKA LUST
È TEMPO DI UN PORNO
PER LE DONNE
Un’arte che scalda dal colletto in giù,
con animo femminista, femminile e creativo.
Donna, compagna, madre, Erika Lust è
una regista di film porno che vive e lavora
a Barcellona. Nata in Svezia, uno dei paesi
più liberali per quanto concerne il sesso,
rappresenta l’emblema di una donna ordinaria
con una storia straordinaria, costellata
di viaggi, rischi, emozioni e sapori
di paesi differenti, riconoscibili in ogni
suo lavoro. Un modo diverso di intendere
il cinema porno: un genere, considerato
da sempre appannaggio dei soli uomini e
guardato con sospetto dalle donne, diventa,
con la regista svedese, seria occasione
per esplorare la sessualità femminile, i gusti,
i desideri e le passioni di un ambito
fondamentale, ma troppo spesso represso.
Erika si descrive in cinque aggettivi, ognuno
dei quali legato ad un lato differente
del suo carattere e della sua vita.
Coraggiosa: nata nel 1970, vive in pieno
la corrente femminista del periodo. Come
in ogni movimento, anche al femminismo
non mancano le divisioni interne e una
delle più importanti ha rifondato l’ambito
della pornografia. Tra chi la considera degradante
per le donne e chi invece la erge
ad emblema di rivoluzione e parità tra i
sessi, Erika Lust sceglie la seconda strada,
consapevole della mancanza di una
‘voce’ femminile all’interno dell’industria
per adulti. Terminati gli studi in Scienze
Politiche all’Università di Lund, si sposta
infatti a Barcellona, dove il suo interesse
per la regia cinematografica la porta a
realizzare, come progetto finale, il corto
The Good Girl, una variazione sul classico
tema da film porno, con l’incontro casuale
tra una cliente e il fattorino della pizza,
raccontato dal punto di vista di lei e della
sua personale ricerca del piacere. Caricato
su un portale Internet gratuito, il video
raggiunge in poco tempo due milioni di
visualizzazioni e viene premiato come
Miglior Corto all’Erotic Film Festival di Barcellona
nel 2005.
Determinata: forte dei primi traguardi,
Erika fonda una propria casa di produzione,
la Lust Films, che ha ricevuto numerosi
riconoscimenti, ispirato libri e un discorso
al TEDxVienna (conferenza sulle idee per
cambiare il mondo) intitolato “È tempo
che il porno cambi”. Ultimo progetto, in
#SONODONNAE...
#3D
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99 #3D

ERIKA
LUST
UN PORNO
PER LE
DONNE
#3D
100