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dell’impresa

42-63

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Eventi | Assemblea<br />

La relazione del presidente<br />

Le imprese<br />

e il coraggio<br />

Se non ricostituiamo il tessuto<br />

manifatturiero del Paese<br />

le prospettive di crescita dell’intera<br />

economia rimarranno modeste<br />

negli anni a venire. E le implicazioni<br />

sul contesto sociale non saranno<br />

di poco conto. Dall’industria<br />

di trasformazione prende origine<br />

gran parte dell’innovazione applicata<br />

al sistema produttivo<br />

di cambiare<br />

Lo scenario economico e politico internazionale<br />

presenta numerosi fattori<br />

di complessità e di rischio con inevitabili<br />

ricadute sul mondo delle imprese. La<br />

prospettiva della Brexit, con le implicazioni<br />

del risultato del voto dei britannici che<br />

hanno scelto di uscire dall’Unione europea,<br />

desta parecchie preoccupazioni. Così come<br />

le enormi difficoltà che dimostra la Ue nell’elaborare<br />

una politica comune di regolazione<br />

degli enormi flussi migratori, con i<br />

singoli Stati che tornano a dettare l’agenda<br />

sulla base della loro forza e peso specifico.<br />

Per non parlare poi dei timori e delle grandi<br />

incertezze che generano gli avvenimenti<br />

sempre più frequenti legati al terrorismo<br />

fondamentalista islamico.<br />

E poi la frenata consistente delle cosiddette<br />

economie emergenti. Con la parziale<br />

eccezione dell’India, i Brics sono diventati i<br />

principali responsabili del rallentamento<br />

della crescita mondiale. Il Brasile è precipitato<br />

nell’abisso di una delle peggiori recessioni<br />

della sua storia per una combinazione<br />

di errori politici ed economici. La Russia è<br />

andata pesantemente in crisi a causa del<br />

crollo dei prezzi del petrolio che hanno inciso<br />

in maniera drammatica sulla sua economia,<br />

basata quasi esclusivamente sulla<br />

esportazione di idrocarburi, e a causa delle<br />

Tra i temi trattati da Valter Caiumi<br />

il quadro dell’economia<br />

internazionale, le necessità<br />

delle imprese modenesi<br />

per continuare nella crescita<br />

e l’importanza della digitalizzazione<br />

sanzioni occidentali per il conflitto ucraino<br />

e per le spese militari per l’intervento in<br />

Siria. La Cina è oggi al centro di tutte le<br />

discussioni: saprà gestire la sua crisi o<br />

diventerà il fattore scatenante di una<br />

nuova recessione mondiale? Il suo tasso di<br />

crescita è il più basso degli ultimi 25 anni.<br />

Il rallentamento del commercio mondiale<br />

ha presentato il conto anche all’Italia,<br />

che nei primi quattro mesi dell’anno ha<br />

perso sui mercati Brics, il 4,8 per cento,<br />

vale a dire 2,9 miliardi di vendite in meno<br />

per le nostre aziende. Si tratta del peggior<br />

risultato dalla fine del 2009. Nonostante<br />

questo quadro poco confortante il nostro<br />

Paese, grazie a una buona tenuta sui mercati<br />

europeo e statunitense, nel 2015 è riuscito<br />

a mettere a segno una prestazione di<br />

tutto rispetto, +3,8 per cento; con l’Emilia-<br />

Romagna che si è contraddistinta con un<br />

risultato migliore, +4,4 per cento e Modena,<br />

invece, abbastanza lontana dalle prestazioni<br />

elevate a cui eravamo abituati, che si è<br />

fermata a un +3,5 per cento.<br />

La situazione italiana<br />

e il rischio stagnazione<br />

Come sempre le esportazioni si sono<br />

dimostrate l’ancora di salvezza di un’economia<br />

che si avvicina sempre più alla stagnazione.<br />

Nel primo trimestre la produzione<br />

industriale ha gelato le previsioni di ripresa<br />

fissando l’incremento a un modestissimo<br />

0,7 per cento. Di questo passo, se non avremo<br />

una decisa inversione di tendenza,<br />

anche l’obiettivo di crescita del Pil dell’1,2<br />

per cento quasi certamente non verrà raggiunto.<br />

È pur vero che usciamo da una tremenda<br />

recessione che ci ha fatto perdere il<br />

25 per cento della produzione, ma la risalita,<br />

cominciata lo scorso anno, appare troppo<br />

lenta e incerta.<br />

Nemmeno condizioni esterne abbastanza<br />

favorevoli, come il basso costo del denaro,<br />

la svalutazione dell’euro nei confronti<br />

del dollaro e il basso prezzo del petrolio,<br />

hanno dato una scossa significativa. Il<br />

recupero sta mantenendo un ritmo troppo<br />

blando. Stiamo procedendo a forza di zero<br />

virgola. Troppo poco per parlare di ripresa.<br />

Il presidente<br />

di Confindustra<br />

Modena<br />

Valter Caiumi<br />

Se poi andiamo ad analizzare i motivi di<br />

tutto ciò, sicuramente troviamo che un peso<br />

rilevante lo ha avuto l’andamento stentato<br />

della domanda interna, ma probabilmente<br />

sono ancora più rilevanti i cambiamenti<br />

strutturali avvenuti durante gli anni di<br />

crisi e l’evoluzione dei mercati internazionali.<br />

Perché l’export non basta<br />

È fuor di dubbio che la lunga crisi che<br />

abbiamo vissuto ha determinato una sorta<br />

di frattura nei vari settori dell’industria,<br />

tra chi è riuscito a stare con successo sui<br />

mercati internazionali e chi ne è rimasto<br />

escluso. A questa frattura corrisponde<br />

anche una collocazione territoriale, in<br />

quanto le imprese che fanno da traino sono<br />

concentrate in poche regioni del Nord,<br />

Lombardia, Emilia, parte del Veneto e del<br />

Piemonte. Mentre nelle altre regioni prevale<br />

l’industria tradizionale con mercato prevalentemente<br />

interno. Se poi analizziamo il<br />

segmento delle imprese di successo sui<br />

mercati internazionali osserviamo anche<br />

qui un «bipolarismo» su cui occorre riflettere<br />

a fondo e che è perfettamente speculare<br />

alla situazione fisiologicamente fragile dell’economia<br />

del nostro Paese.<br />

Un bipolarismo, e lo ha illustrato bene<br />

una indagine recente di Prometeia, che si<br />

può esemplificare nello schema «20-80»: in<br />

Italia su cinque milioni di imprese, di cui<br />

550.000 manifatturiere, solamente<br />

220.000 si possono definire esportatrici;<br />

44 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2016 SETTEMBRE/OTTOBRE 2016 - OUTLOOK 45

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